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Universit ` a degli Studi di Trieste Dipartimento di Fisica Corso di Laurea Triennale in Fisica Simulazioni di galassie a spirale: analisi della popolazione di galassie satelliti Laureanda: Angela Montanaro Relatore: Prof. Pierluigi Monaco ANNO ACCADEMICO 2015-2016

Simulazioni di galassie a spirale: analisi della ... Montanaro.pdf · Introduzione La costruzione di un modello in grado di descrivere l’evoluzione della struttura cosmica oggi

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Universita degli Studi di Trieste

Dipartimento di Fisica

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Simulazioni di galassie a spirale:analisi della popolazione di galassie

satelliti

Laureanda:Angela Montanaro

Relatore:Prof. Pierluigi Monaco

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

A mamma, papa ed Elena per essermisempre vicini anche se lontani.

E a Nicola, grazie per aiutarmi a guardarei problemi da lontano e non attraverso

la lente di ingrandimento del panico.

Indice

Indice 1

Introduzione 3

1 Il modello ΛCDM 6

1.1 Il Big Bang Caldo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.2 La costante cosmologica Λ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.3 Il modello CDM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Struttura ed evoluzione degli aloni di materia oscura fredda 11

2.1 Formazione degli aloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2 Sottostrutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.3 Effetti barionici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

3 La crisi del ΛCDM su scale subgalattiche 17

3.1 Contesto storico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

3.2 “Too big to fail” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

3.3 Possibili soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4 Le simulazioni analizzate 23

4.1 Aquila-C5 e GA2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

4.2 CLUES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

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5 Analisi e discussione 27

5.1 Analisi della popolazione di galassie satelliti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

5.1.1 Individuazione della popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

5.1.2 Studio della cinematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

5.2 Risultati e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

5.2.1 Caratterizzazione dei satelliti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

5.2.2 Confronto con i vincoli cinematici delle dSph’s . . . . . . . . . . . . 33

5.2.3 Numero cumulativo di satelliti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

Conclusioni 38

Bibliografia 40

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Introduzione

La costruzione di un modello in grado di descrivere l’evoluzione della struttura cosmicaoggi osservata rappresenta uno dei piu grandi successi della Cosmologia moderna. Essoe noto come il modello Lambda - Cold Dark Matter (ΛCDM) e basa la sua formulazionesu due componenti essenziali: l’energia oscura (Λ) e la materia oscura fredda (CDM). Inaccordo con le osservazioni a grande scala, queste due componenti oscure costituiscono dasole circa il 95% del contenuto energetico dell’Universo.

Il modello si e rivelato predittivo, esplicativo e robusto dal punto di vista osservativosu diverse scale: le fluttuazioni del fondo cosmico delle microonde hanno costituito unaverifica formidabile per z ∼ 1089 (circa 380,000 anni dopo il Big Bang); la distribuzione diammassi di galassie e quasar ha confermato le previsioni del modello su scale che vanno dalMpc ai ∼ 100 Mpc; le misure effettuate tramite gravitational lensing hanno rappresentatoun vincolo per le strutture su scala galattica; infine le osservazioni della foresta Lyman αvista in assorbimento nei quasar a z ∼ 2 hanno costituito una verifica per scale ancorapiu piccole. I risultati di Planck hanno poi ulteriormente rafforzato il modello ΛCDM,portando alla sua affermazione come modello standard .

Tuttavia il ΛCDM presenta difficolta non trascurabili a livello teorico. Le due com-ponenti che dominano il contenuto energetico totale - materia oscura fredda e costantecosmologica - hanno una natura fisica non ancora definita: ad oggi qualsiasi tentativodi rivelazione diretta di materia oscura non ha avuto successo e risulta completamentecontrointuitivo e innaturale il valore assunto dalla costante cosmologica secondo le previ-sioni della maggior parte delle teorie quantistiche dei campi. In piu, negli ultimi anni, estata sollevata una potenziale crisi del modello su scale subgalattiche: sono state infattirilevate discrepanze tra i risultati ottenuti mediante simulazioni numeriche inizializzatesecondo il modello cosmologico standard e i dati osservativi circa le proprieta strutturalidegli aloni galattici, le distribuzioni di materia oscura che avvolgono le galassie e nelle cuiregioni interne si verifica l’avvio dei processi di formazione stellare. Le simulazioni cosmo-logiche hanno dimostrato che gli aloni non sono strutture omogenee ed uniformi: al lorointerno si evidenzia la presenza di numerose sottostrutture di materia oscura, i sottoaloni,gravitazionalmente autolegate e comprese entro il raggio di influenza dell’alone principale.

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In questo contesto si colloca il cosiddetto “problema dei satelliti mancanti”, la cuiformulazione, risalente agli anni ’90, si riferisce alla sovrabbondanza di sottoaloni di ma-teria oscura previsti dalle simulazioni numeriche rispetto al numero di galassie satellitiosservate nella Via Lattea e nel Gruppo Locale. In particolare, il modello utilizzato da(Moore et al., 1999) prevede che l’alone di materia oscura di una galassia di dimensioniconfrontabili con quelle della Via Lattea contenga ∼ 500 satelliti, contraddistinti da ve-locita circolari maggiori di quelle di sistemi come la nana del Drago e la nana dell’OrsaMinore. Se si pensa che, ad oggi, e stata confermata la presenza di sole ∼ 30 galassie satel-liti gravitazionalmente legate alla Via Lattea, non e sorprendente l’enfasi posta da Klypinet al. (1999) nell’intitolare il loro articolo: “Where are the missing galactic satellites?”.

La validita dei modelli presentati da Moore et al. (1999) e Klypin et al. (1999) haportato all’attenzione della cosmologia contemporanea il netto disaccordo rilevato, conla conseguente formulazione delle prime teorie in grado di giustificare i risultati ottenuti;assumendo la correttezza del numero di sottoaloni trovato, l’unico modo di riconciliaregli esiti delle simulazioni numeriche con le evidenze osservative e indagare i processi cherendono inefficiente il meccanismo di formazione stellare, facendo sı che il sottoalone ri-sulti invisibile alle osservazioni. Tali meccanismi sono principalmente la reionizzazione delmezzo intergalattico e i contributi di energia termica e cinetica provenienti da supernovee stelle giovani: questi apporti energetici riscaldano la componente barionica presente,contrastandone la condensazione e quindi impedendo la formazione stellare. Modelli semi-analitici in grado di tener conto di questi processi hanno portato alla conclusione chealoni poco massivi non ospitano galassie visibili: l’ingente espulsione di materiale gassosodovuto alla retroazione (feedback) stellare porta infatti alla soppressione dei processi diformazione galattica.

L’apparente eccesso di sottostrutture, pero, non si limita ai soli sottoaloni di picco-le dimensioni: le simulazioni predicono infatti la presenza di sottoaloni sufficientementemassivi perche il processo di reionizzazione non ne infici la formazione stellare - e per-cio definiti da Boylan-Kolchin et al. (2011) “too big to fail”- ma la cui struttura internasembra essere incompatibile con quella dei piu luminosi satelliti osservati.

Recentemente si e avanzata l’ipotesi, basata su ragioni empiriche, di credere che visiano davvero numerose galassie satelliti mancanti nel Gruppo Locale, che sfuggono allanostra capacita di osservazione o che, semplicemente, occupano una regione del cielo ancorainesplorata. Lo Sloan Digital Sky Survey (SDSS; Willman et al. 2005; Belokurov et al.2007) ha infatti rivoluzionato la nostra conoscenza dell’ambiente galattico, fornendoci laprima mappa tridimensionale altamente dettagliata dell’Universo vicino; SDSS, in menodi dieci anni, ha piu che duplicato il numero di galassie satelliti note che orbitano sottol’influenza della Via Lattea (MW) e di Andromeda (M31), permettendo l’osservazione diuna popolazione di galassie cosiddette ultrafaint, meno luminose di alcuni ammassi stellari.

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Tuttavia le galassie nane osservate sono ancora troppo poco numerose per poter costituireuna valida soluzione al problema.

Il lavoro presentato in questa tesi e consistito nell’analisi di quattro galassie a spiralesimulate, paragonabili per dimensioni e morfologia alla Via Lattea. Due di queste, Aquila-C5 e GA2, sono le simulazioni a piu alta risoluzione presentate da Murante et al. (2015) esi distinguono tra loro per la scelta del set di condizioni iniziali utilizzate (rispettivamente,Stoehr et al. 2002 e Springel et al. 2008). Le altre due galassie analizzate appartengonoinvece al progetto Constrained Local UniversE Simulations (CLUES, Gottloeber et al.2010) e sono state inizializzate in modo da riprodurre l’environment del Gruppo Loca-le. L’analisi condotta si e concentrata sull’individuazione dei satelliti gravitazionalmentelegati alle galassie simulate e sullo studio delle loro curve di rotazione. Il confronto tral’abbondanza e le proprieta cinematiche dei satelliti analizzati e quelli della Via Lattea hapermesso di valutare se e in che misura le simulazioni prese in esame risultano affette dal“too big to fail” problem.

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Capitolo 1

Il modello ΛCDM

La nostra attuale comprensione della struttura dell’Universo si basa sul modello ΛCDM,ormai riconosciuto come modello standard ; esso prevede un universo in espansione compo-sto da materia barionica, materia fredda non barionica e radiazione, in cui lo spazio-tempoevolve secondo le leggi della Relativita Generale. I parametri liberi del modello, noti og-gi con ragionevole precisione, costituiscono le condizioni iniziali per la formazione dellastruttura cosmica osservata, ricostruita tramite simulazioni numeriche N-body.

1.1 Il Big Bang Caldo

La nascita della cosmologia scientifica contemporanea coincide con la pubblicazione, risa-lente al 1915, del celebre articolo in cui viene presentata la teoria della Relativita Generale.Einstein per primo, poco tempo dopo, applico le sue equazioni allo studio della storia del-l’Universo; sebbene egli propendesse per una soluzione statica, che potesse obbedire alprincipio estetico di massima simmetria spaziale e temporale, il suo sistema di equazioninon ammetteva soluzioni costanti nel tempo. Il problema fu poi affrontato da AlexanderFriedmann, Howard Robertson e Arthur Walker, i quali, nel corso degli anni ’20 e ’30, stu-diarono le soluzioni non statiche delle equazioni di Einstein, sviluppando il modello tuttoravigente. In particolare, la descrizione realizzata prevede un universo dinamico, in cui lospazio stesso deve espandersi o contrarsi sotto l’influenza dell’energia in esso contenuta.

Una conferma della correttezza dei risultati ottenuti si ebbe nel 1929, quando Hubblerese pubblico il suo studio sui redshift caratteristici delle galassie distanti, evidenziandouna correlazione tra la distanza della galassia osservata e la sua velocita di recessione(Hubble, 1929). L’espansione di Hubble implica che, almeno su grande scala, l’universorisulti omogeneo ed isotropo, escludendo quindi l’esistenza di un osservatore privilegiato.Tale assunzione, nota come principio cosmologico, e confermata da una varieta di indagini

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sperimentali, tra le quali si evidenzia in particolare l’isotropia su 4π steradianti del fondocosmico delle microonde (CMB).

Se da un lato l’idea di una espansione dello spazio-tempo rispettava il principio dimassima simmetria spaziale, dall’altro respingeva qualsivoglia tentativo di ancoraggio a unprincipio di simmetria temporale, supportando invece l’esistenza di un’origine dell’asse deitempi alla quale si e dato il nome di Big Bang. Le conferme alla teoria del Big Bang caldosono ormai schiaccianti: lo spettro delle fluttuazioni di temperatura del CMB predetto dalmodello cosmologico risulta in perfetto accordo con i dati ottenuti nell’esperimento Planck;la struttura a grande scala dell’Universo osservata risulta ben riprodotta dal modello; leabbondanze relative degli elementi previste dalla teoria della nucleosintesi primordialerisultano compatibili con quelle riscontrate nell’Universo.

Tuttavia per poter effettuare una corretta stima dell’eta dell’Universo, occorre saperecome esso si espande e questo dipende dal contenuto di materia-energia disponibile.

1.2 La costante cosmologica Λ

L’idea di un universo in fase di decelerazione per effetto gravitazionale della materia inesso contenuta e stata smentita negli anni ’90: il lavoro di Perlmutter et al. (1999) e Riesset al. (1998), premiato con il Nobel per la fisica del 2011, ha portato a una rivoluzione dellaCosmologia moderna. Essi, indipendentemente, hanno studiato il diagramma di Hubbledelle supernove lontane di tipo Ia (SNIa), oggetti che ricoprono un importante ruolo incosmologia poiche utilizzabili come candele standard1 .

Ricavata la luminosita assoluta delle le SNIa vicine - la cui distanza puo essere calco-lata sfruttando altri indicatori - e misurata la luminosita apparente delle le SNIa lontane,e stato possibile ricavare la distanza di queste ultime. I due gruppi hanno cosı scopertoche le SNIa lontane appaiono meno luminose rispetto a quanto predetto in un universopiatto (Figura 1.1): detto altrimenti, le supernove si sono allontanate piu di quanto ci siaspetta per un universo in espansione costante nel tempo. Il nostro universo sta quindiattraversando una fase di espansione accelerata iniziata circa 5 miliardi di anni fa e dovutaa una componente di energia, chiamata energia oscura, che si pensa permei lo spazio e cheagisca come una pressione negativa, contrastando l’attrazione gravitazionale della materia.Un’energia cosı caratterizzata era gia stata ipotizzata da Einstein e introdotta nelle sueequazioni sotto forma di un termine di costante cosmologica Λ, necessario ad impedireche il modello di Universo da lui elaborato collassasse sotto la propria gravita. Rigettataal momento della scoperta dell’espansione di Hubble e bollata da Einstein come il “piugrande errore della sua vita”, l’energia oscura fa oggi parte del modello standard sotto lalettera Λ.

1Oggetti astronomici dei quali e nota la luminosita.

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Figura 1.1: Diagramma di Hubble per supernove lontane che mette a confronto diversi modellicosmologici. Fonte: Riess et al. (2004)

E noto dai risultati di Planck che l’energia oscura a z = 0 costituisce ∼ 70% delladensita di energia dell’Universo (ΩΛ = 0.69, Ω0 = 0.31).

1.3 Il modello CDM

La prima evidenza di materia oscura risale agli anni ’30: la sua esistenza fu inizialmenteteorizzata da Zwicky per interpretare un’anomalia da lui riscontrata nell’analisi delle ve-locita delle galassie all’interno dell’ammasso della Chioma di Berenice (Zwicky, 1933). Legalassie, infatti, sembravano muoversi molto piu lentamente rispetto a quanto atteso perun sistema gravitazionalmente legato con una massa totale pari a quella visibile, lasciandoquindi intuire la presenza di un quantitativo di massa invisibile, incapace cioe di interagirecon la radiazione elettromagnetica. Anche i primi studi sulla curva di rotazione della ViaLattea, piu tardi, sembravano confermare quest’ipotesi: l’andamento kepleriano, tipico deisistemi in equilibrio rotazionale, risultava disatteso dalle osservazioni che evidenziavanoinvece la presenza di massa nelle regioni piu esterne della Galassia, dove non si riscontravapero la presenza di materia luminosa.

Queste prime evidenze non sono comunque riuscite da sole a fornire una caratterizza-zione completa della misteriosa componente individuata: immediatamente dopo le primemisure delle curve di rotazione delle galassie a spirale e stata avanzata l’ipotesi secondo cuila massa mancante rilevata negli aloni galattici potesse essere fornita da una popolazionedi oggetti astronomici convenzionali di scarsa luminosita - quali pianeti di piccole dimen-sioni e nane brune - identificati con l’acronimo MACHO (MAssive Compact Halo Objects).Due evidenze sperimentali hanno ben presto portato al fallimento dell’ipotesi MACHO,

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secondo cui tutta la materia oscura presente avrebbe esclusivamente natura barionica: daun lato il monitoraggio sistematico di alcuni milioni di stelle nelle Nubi di Magellano hapermesso di determinare, per effetti di lensing gravitazionale, la densita di MACHO e diconcludere che essi costituiscono al piu il 20% dell’intero alone galattico (Alcock et al.,2000); d’altra parte la stima dell’abbondanza del deuterio primordiale in ambienti chimi-camente poco evoluti, insieme alla teoria della nucleosintesi primordiale, ha permesso divincolare il parametro di densita associato alla materia barionica (Ωb ' 0.048). Dunque,ricordando che Ω0 ' 0.3, solo il ∼ 16% di tutta la materia disponibile nell’Universo e dinatura barionica. Questo vuol dire che l’∼ 84% della materia totale si trova in una formadi materia non luminosa, non collisionale e non barionica, la cui unica forma di interazionee di tipo gravitazionale: la materia oscura.

Diverse ipotesi sono state avanzate circa le caratteristiche fisiche delle particelle dimateria oscura, formulate con l’intento di riprodurre lo spettro delle fluttuazioni del fondocosmico delle microonde misurato inizialmente dal satellite COBE (COsmic BackgroundExplorer, 1989), successivamente da WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe,2001) e infine da Planck (2009). I candidati non barionici presi in considerazione sonostati suddivisi in tre famiglie: hot, warm e cold dark matter (HDM, WDM e CDM), icui nomi sono indicativi delle velocita caratteristiche delle particelle rappresentative almomento del disaccoppiamento dal resto della materia. Tra le varie particelle proposteper la descrizione dei tre paradigmi, i teorici hanno individuato un neutrino elettronicoleggero come rappresentante per il modello di HDM, un neutrino sterile come candidatopiu attendibile per un modello di WDM e una particella supersimmetrica leggera - o altricandidati come l’assione e il neutralino - per un modello di CDM.

La scelta di un modello piuttosto che un altro ha forti ripercussioni sullo scenario diformazione delle strutture cosmiche: lo stato termodinamico in cui si trova la particelladi materia oscura al momento del disaccoppiamento dalle altre specie - e dunque la suavelocita casuale tipica - influenza la lunghezza di free streaming che regola il collasso deglialoni (vedi sezione 2.1). Di conseguenza, nel caso di HDM con un neutrino di massa mX ∼30 eV disaccoppiatosi in regime ultrarelativistico, la massa caratteristica corrispondentealla lunghezza di free streaming coincide all’incirca con quella dei grandi ammassi di ga-lassie; per un modello di WDM con una particella di massa mX ∼ 2 keV disaccoppiatasiin regime relativistico, essa coincide con quella tipica dell’alone di una galassia nana; nelcaso di CDM con una particella di massa mX ∼ 100 GeV disaccoppiatasi in regime non-relativistico, essa coincide approssimativamente con la massa della Terra. Questo vuol direche le dimensioni delle prime strutture cosmiche formatesi variano significativamente neitre paradigmi: per un modello di HDM la formazione avviene top-down, ossia si formanoinizialmente i superammassi che, frammentandosi, danno poi origine alle galassie; i mo-delli di WDM e CDM prevedono, invece, una formazione bottom-up in cui si verifica primala formazione di oggetti piu piccoli che, per effetto di merging e accrescimenti, crescono

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e danno vita a sistemi piu grandi (con la sola differenza che la formazione di oggetti didimensioni subgalattica e prevista per un modello di CDM, ma non per uno di WDM).

Il paradigma di materia oscura calda e stato ormai abbandonato negli anni ‘80, quandofu effettuata la prima mappa tridimensionale della distribuzione di galassie a grande scala,CfA Redshift Survey (Davis et al., 1982): vi era una netta incompatibilita tra la cosmic webrilevata e la distribuzione prevista dalle simulazioni N-body con HDM. Sebbene il modellodi WDM non sia stato ancora abbandonato e continuino le ricerche per il neutrino sterile,la descrizione di un universo dominato da materia oscura fredda si e ormai affermata comemodello standard.

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Capitolo 2

Struttura ed evoluzione degli alonidi materia oscura fredda

Nonostante l’assenza del tratto kepleriano nelle curve di rotazione delle galassie a spiraleavesse portato a una prima teorizzazione della presenza di materia oscura gia negli anni ’30(vedi sezione 1.3), l’idea che le galassie e gli ammassi galattici potessero essere avvolti inaloni massivi di materia oscura si fece strada solo durante gli anni ’70, quando osservazionie simulazioni portarono alla conclusione che la presenza degli aloni fosse necessaria perstabilizzare i dischi delle galassie a spirale e permettere loro di sopravvivere fino a z = 0(Ostriker & Peebles, 1973). Qualche anno piu tardi White & Rees (1978) presentaronoil primo modello di formazione galattica, secondo il quale gli aloni di materia oscuracostituiscono l’unita non lineare fondamentale dell’universo e le galassie si condensano alloro interno.

2.1 Formazione degli aloni

L’omogeneita e l’isotropia dell’universo su larga scala sono caratteristiche che si osservanosu scale piu grandi delle centinaia di Megaparsec; per scale piu piccole si osserva, invece,materia gravitazionalmente legata in galassie e ammassi di galassie.

Lo scenario standard prevede che il processo di formazione delle strutture cosmichesia guidato dalla formazione degli aloni di materia oscura, che avviene per instabilitagravitazionale: il collasso delle perturbazioni primordiali si verifica quando l’autogravitavince sul termine di pressione efficace dovuto al moto casuale delle particelle non collisionalidi materia oscura. Il processo seleziona una massa critica o, analogamente, una lunghezzacaratteristica, detta lunghezza di free streaming, definita come il raggio della sfera che

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contiene la massa critica (nell’ipotesi di Universo quasi omogeneo); definendo v la velocitacasuale tipica delle particelle, si puo ricavare che:

λfs = v

√π

Gρ(2.1)

dove G e la costante gravitazionale e ρ la densita media. Si osserva, in particolare, cheλfs ∼ vtdyn, dove tdyn ' 1√

Gρe il tempo dinamico dell’Universo imperturbato; e bene

comunque ricordare che l’evoluzione delle perturbazioni risulta rallentata dall’espansionedell’Universo, della quale l’eq.2.1 non tiene conto.

Si distinguono dunque due casi: se la fluttuazione di densita presenta un raggioR > λfs, essa sopravvive e collassa sotto la propria gravita; se invece R < λfs la per-turbazione oscilla e viene cancellata dagli effetti di diffusione poiche una sovradensita nonpuo persistere se le particelle che la compongono sfuggono via prima che questa riesca acrescere.

E evidente allora che, come gia accennato nella sezione 1.3, le dimensioni delle primestrutture formatisi dipendono dalla velocita e dunque dalla massa tipiche della particella;per il modello CDM, in cui la materia oscura si disaccoppia dalla componente barionica edalla radiazione in regime non relativistico, la lunghezza di free streaming tipica e moltopiccola e la maggior parte delle fluttuazioni riesce a sopravvivere e ad andare incontro aun’evoluzione non lineare. La formazione avviene bottom-up: le prime strutture a formarsisono i piccoli aloni di materia oscura, secondo un processo inside out, in cui vi e l’inizia-le formazione di un nucleo fortemente legato e la successiva cattura di materiale a raggimaggiori. Gli aloni cosı formati si aggregano in maniera gerarchica per collasso gravita-zionale a formare strutture sempre piu grandi, raggiungendo un equilibrio viriale stabiletra energia potenziale e cinetica. Successivamente i barioni, legati alla radiazione finoal momento della ricombinazione, cadono nelle buche di potenziale della materia oscura,assumendone gli stessi contrasti di densita: il gas, di natura collisionale, converte l’energiacinetica della “caduta” in energia termica e si riscalda, raggiungendo cosı la temperaturaviriale; in seguito, perdite di tipo radiativo portano al raffreddamento del gas, alla suacondensazione e alla conseguente formazione stellare.

La complessita dei processi che caratterizzano la fase non lineare della formazionedegli aloni galattici rende impossibile il loro studio dettagliato con i soli metodi analiti-ci. Si ricorre quindi alle simulazioni numeriche che consentono una modellizzazione piurealistica dei fenomeni fisici rilevanti e, allo stesso tempo, non richiedono l’adozione diapprossimazioni troppo severe. I profili di densita degli aloni di materia oscura ottenutitramite simulazioni N-body (Figura 2.1) risultano ben riprodotti da un semplice modello,il cosiddetto “profilo NFW”(Navarro, Frenk, & White, 1996b):

ρ(r) =ρs

(r/rs)(1 + (r/rs))2(2.2)

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Figura 2.1: Profili di densita didue aloni di materia oscura freddadi differenti dimensioni. Nei modelliSCDM (Einstein-De Sitter: Ω0 = 1,h = 0.5, σ8 = 0.63) e ΛCDM (Ω0 =0.25, Λ = 0.75, h = 0.75, σ8 = 1.3) iraggi sono espressi in kpc e le densitain unita di 1010Mkpc

−3; le unita so-no invece arbitrarie negli altri grafici.La linea continua indica il fit effettua-to con l’equazione 2.2. Si osserva chetutti gli aloni sono caratterizzati dal-lo stesso profilo, indipendentementedalla massa, dallo spettro delle flut-tuazioni iniziali di densita e dai valo-ri dei parametri cosmologici. Fonte:Navarro et al. (1997)

dove rs e ρs sono rispettivamente il raggio e la densita caratteristici e sono legati al raggio,e alla corrispondente densita, per cui si verifica un cambiamento nella pendenza del profilo.Il profilo NFW e infatti contraddistinto da una cuspide:

ρNFW (r) ∝

r−1 se r rs

r−3 se r rs(2.3)

Stabilire la quantita di materiale che appartiene ad un alone piuttosto che a un altronon e una questione banale; convenzionalmente, si identifica la massa di un alone con lamassa viriale, ossia la massa contenuta in un raggio r200, il raggio viriale, che racchiudeuna densita media pari a 200 volte la densita critica ρc dell’Universo:

ρc =3H2

8πG(2.4)

dove H e il parametro di Hubble e G la costante gravitazionale.La scelta piu comune per caratterizzare un alone di materia oscura e comunque quella diricostruirne la curva di velocita che, per una struttura perfettamente virializzata, e definitadalla relazione:

V (r) =

√GM(< r)

r(2.5)

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dove M(< r) e la massa contenuta entro il raggio r:

M(< r) = 4π

∫ r

0x2ρ(x) dx (2.6)

2.2 Sottostrutture

Uno dei principali risultati raggiunti tramite l’utilizzo delle simulazioni N-body e stata ladimostrazione che il clustering gerarchico cui gli aloni sono sottoposti porta alla forma-zione di un grande numero di sottostrutture gravitazionalmente autolegate, i sottoaloni.Essi sono il risultato della formazione bottom-up tipica degli aloni di materia oscura: almomento del merging tra due aloni, la parte interna e piu densa del piu piccolo tra i duesopravvive al processo di fusione e rimane visibile come sottostruturata legata entro ilraggio viriale dell’alone principale appena originato.

La maggior parte dei sottoaloni occupa le zone piu esterne dell’alone principale, inquanto in quelle piu interne i campi mareali sono troppo intensi e portano ad un continuostripping delle strutture e, quindi, alla loro distruzione. Lo stripping mareale che interessai sottoaloni produce principalmente la rimozione di massa degli strati piu esterni al di ladel cosiddetto raggio mareale: esso e definito in modo che in sua prossimita la densitadell’alone principale sia simile a quella del sottoalone. Le parti piu dense del sottoalonesono quindi in grado di sopravvivere anche nella parte centrale dell’alone ospitante: questospiega perche quasi tutti i sottoaloni sono sopravvissuti fino a z = 0, nonostante sottopostia continue e ingenti perdite di massa.

La storia evolutiva dei sottoaloni e relativamente recente: circa il 90% dei sottoalonisopravvissuti fino ad oggi risulta gravitazionalmente legato all’alone in cui risiede solo dopoz = 1 e circa il 70% dopo z = 0.5, indipendentemente dalla massa dell’alone principale(Gao et al., 2004). Inoltre solo l’8% della massa totale dei sottoaloni presenti gia a z = 1sopravvive fino a z = 0 sotto forma di strutture legate.

A causa della variazione continua della quantita di materia oscura gravitazionalmentelegata nei sottoaloni, risulta molto piu conveniente procedere a una loro caratterizzazionebasandosi sulle curve di rotazione piuttosto che sulle masse viriali: le curve di rotazionedei sottoaloni presentano infatti il classico appiattimento che fa sı che le velocita circolarimassime, raggiunte tipicamente a piccoli raggi, risultino debolmente affette dallo strippingmareale che interessa le regioni piu esterne. D’altra parte, definire la massa di un sottoalonesimulato e un lavoro privo di significato fisico: osservativamente infatti non e possibilequantificare accuratamente la massa associata a un satellite, rendendo cosı inattuabile unconfronto tra simulazioni numeriche e risultati osservativi. La scelta di caratterizzare unsottoalone sulla base della sua curva di velocita permette invece un confronto immediato

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con le osservazioni di galassie satelliti e una correlazione con la dinamica del materialestellare e gassoso.

2.3 Effetti barionici

Se da un lato la formazione delle strutture di sola materia oscura fredda e ben compresa,dall’altro l’evoluzione delle galassie, e quindi l’inclusione degli effetti della componentebarionica nelle simulazioni N-body, rappresenta una sfida ancora aperta.

Inizialmente si riteneva che gas e stelle costituissero una componente ininfluente sullamateria oscura, ma oggi sappiamo che non e cosı: la presenza di barioni, infatti, influen-za significativamente la componente di materia oscura per interazione gravitazionale. Inparticolare, le simulazioni dimostrano l’esistenza di due fenomeni contrastanti che han-no importanti ripercussioni sulla distribuzione di materia oscura e, di conseguenza, sullecaratteristiche strutturali degli aloni galattici: la contrazione adiabatica e l’espansionedell’alone.

La contrazione adiabatica (Blumenthal et al., 1986) rappresenta il meccanismo diinterazione piu semplice tra barioni e materia oscura; il processo e una conseguenza dellacondensazione del materiale gassoso all’interno degli aloni: l’accumulo graduale di barioni -che avviene su tempi scala molto piu grandi rispetto al tempo scala dinamico caratteristicodel sistema - rende piu profonda la buca di potenziale associata alla componente gassosae comporta quindi un progressivo incremento dell’attrazione gravitazionale esercitata daquesta sulle particelle di materia oscura. L’effetto complessivo consiste in una contrazionedell’alone, con il conseguente aumento della sua densita centrale.

Tuttavia due differenti scenari possono modificare questa descrizione, portando inveceall’appiattimento del profilo di densita nelle parti centrali dell’alone.

La prima condizione si verifica qualora il materiale gassoso non sia presente nell’alonesotto forma di un flusso continuo, ma sia invece condensato in grumi compatti e densi;quando un oggetto del genere si muove all’interno di una regione in cui e presente materiaoscura diffusa, una parte della sua energia orbitale viene ceduta all’alone per dynamicalfriction: le particelle di materia oscura, divenute piu energetiche, occupano quindi orbitepiu esterne.

Nel secondo caso, invece, le sorgenti di energia sono costituite dalle popolazioni stellariinterne alla galassia: i rilasci energetici di queste ultime possono tradursi in outflow ingrado di espellere materiale gassoso a velocita ben maggiori di quelle circolari tipiche delsistema (Navarro et al., 1996a). La rimozione, a differenza di quanto si potrebbe pensare,non ha come unica conseguenza la compensazione degli effetti dovuti alla contrazione adia-batica: essa avviene in maniera repentina, portando a un trasferimento netto di energiaalla materia oscura (Pontzen & Governato, 2014). Per chiarire questo punto, si consideri

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Figura 2.2: Effetti di outflow repentini sulla distribuzione di materia oscura in un alone galattico.Fonte: Pontzen & Governato (2014)

una particella di materia oscura che occupa un’orbita vicina al centro dell’alone (Figura2.2), dove si evidenzia la presenza di materiale gassoso condensato. Se si verifica l’im-provvisa rimozione del gas, la forza centripeta gravitazionale che sosteneva la particella inorbita si riduce in modulo di un fattore enorme, permettendo alla particella di allontanarsie occupare le regioni esterne. Anche se il gas dovesse ricondensarsi nella parte centraledell’alone, l’attrazione gravitazionale percepita ora dalla particella sarebbe decisamentepiu piccola rispetto a quella che la legava originariamente ad orbite minori: essa conti-nuerebbe a risiedere nelle regioni piu esterne e, ad ogni evento di outflow-ricondensazione,sarebbe sottoposta a un ulteriore guadagno netto di energia.

Risulta dunque chiaro che le proprieta strutturali di un alone galattico simulato sonodeterminate da come e in che misura il modello utilizzato nella simulazione e in grado ditenere conto dei processi descritti.

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Capitolo 3

La crisi del ΛCDM su scalesubgalattiche

3.1 Contesto storico

Kauffmann et al. (1993) furono i primi a mostrare che negli aloni di materia oscura freddanumerose sottostrutture sono in grado di sopravvivere ai processi di merging. Essi fecerouso di un modello semi-analitico per mostrare che il numero di sottoaloni attesi in alonidi materia oscura associati ad ammassi di galassie risultava confrontabile con quello deisatelliti osservati. D’altra parte, gli stessi calcoli dimostrarono che aloni di materia oscurasimili in dimensioni a quello della Via Lattea dovrebbero invece ospitare un grande numerodi sottoaloni satelliti, con oltre ∼ 100 oggetti abbastanza massivi da poter potenzialmenteaccogliere galassie satelliti osservabili (con L > 105L). Dato che vi sono solo ∼ 10 satelliticosı luminosi attorno alla Via Lattea, gli autori conclusero che la formazione di galassiesatelliti dovesse in qualche modo essere soppressa di un fattore enorme per poter spiegarela discrepanza rilevata.

In realta, il “Missing Satellites Problem” (MSP) - come fu battezzato di lı a poco- non ottenne molta attenzione da parte della comunita scientifica fino a quando questestime semi-analitiche non vennero confermate da calcoli numerici diretti circa 5 anni piutardi. Moore et al. (1999) fecero uso di simulazioni numeriche provviste di una risoluzionein massa sufficientemente alta da risolvere galassie satelliti piccole come quella del Drago epermettere quindi un confronto tra le osservazioni e le simulazioni di aloni massivi; i modelliutilizzati non includevano alcuna componente barionica della materia e le sottostrutturestudiate, tutte collocate entro il raggio viriale dell’alone principale, furono individuate conun algoritmo group-finding.

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Figura 3.1: Distribuzione cumulativa del-le sottostrutture cosmiche presenti entro ilraggio viriale della Via Lattea, dell’ammas-so della Vergine e degli oggetti simulati.Il numero cumulativo di sottoaloni e statograficato in funzione della rispettiva velo-cita circolare, normalizzata a quella dell’a-lone principale cui sono gravitazionalmentelegati. Fonte: Moore et al. (1999)

La Figura 3.1 mostra la distribuzione cumulativa dei sottoaloni simulati dagli autoriper un alone centrale analogo a quello dell’ammasso della Vergine e per due aloni didimensioni simili a quello della Via Lattea; sono presenti inoltre le distribuzioni cumulativedelle galassie satelliti osservate nell’ammasso della Vergine e nella Via Lattea. Il numerocumulativo di sottoaloni non e stato riportato in funzione della massa, bensı della velocitacircolare massima di ciascuna sottostruttura, normalizzata a quella dell’alone principale cuiessa e gravitazionalmente legata: questo, come gia anticipato nella sezione 2.2, rappresentail modo ottimale per caratterizzare una sottostruttura perche risulta meno dipendente daiprocessi di stripping mareale cui essa e continuamente sottoposta. Se la distribuzionecumulativa di sottostrutture a z = 0 per l’ammasso simulato confrontabile con quellodella Vergine risulta in pieno accordo con i dati osservativi, la stessa analisi condotta perle due galassie simulate analoghe alla Via Lattea mostra invece una netta discordanza trarisultati attesi ed evidenze sperimentali: il modello sovrastima di un fattore 50 il numerototale di satelliti che sono piu grandi delle galassie sferoidali nane (dSph’s), ossia di massa> 108M.

3.2 “Too big to fail”

Simulazioni piu recenti, caratterizzate da un numero di particelle maggiore di un fattore∼ 103 rispetto a quelle fino ad allora realizzate, hanno effettivamente confermato le prime

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stime: la funzione di massa prevista per le sottostrutture presentava un picco per le piccolemasse, mentre la funzione di luminosita delle galassie satelliti nane osservate restava, conbuona approssimazione, praticamente piatta.

Boylan-Kolchin et al. (2011) hanno analizzato le popolazioni di galassie satelliti si-mulate nell’Aquarius project - 6 simulazioni con differente risoluzione - (Springel et al.,2008) e in Via Lactea II simulation (VL-II; Diemand et al. 2008). Per ciascuna delle duesimulazioni - caratterizzate da parametri cosmologici leggermente diversi - gli autori han-no selezionato tutti i sottoaloni collocati entro un raggio di 300 kpc dal centro dell’aloneprincipale e con una velocita circolare massima Vmax ≡ max[GM(< R)/R]1/2 maggioredi 10 km/s; le proprieta cinematiche dei sottoaloni cosı individuati sono poi state confron-tate con quelle delle galassie sferoidali nane piu luminose (Lv > 105L) per indagare uneventuale accordo tra simulazioni e dati osservativi.

La cinematica delle dSph’s e stata ricavata a partire dalla misura delle velocita dellegalassie lungo la linea di vista che ha permesso di determinare i loro raggi di meta-luceR1/2

1 e quindi, entro un certo errore, anche le masse dinamiche M1/2 comprese entro taleraggio (Wolf et al., 2010). Poiche le dSph’s sono essenzialmente dominate dalla materiaoscura, i valori osservati di M1/2 sono una misura della massa di materia oscura compresaentro il raggio R1/2. Dati i valori delle masse dinamiche, gli autori hanno potuto quindiindividuare le coppie Vmax, Rmax compatibili con questo vincolo per ciascun satellite,dove con Rmax si intende il raggio per cui si ha velocita circolare massima. La Figura 3.2amostra gli intervalli di confidenza a 1σ cosı calcolati per nove delle galassie sferoidali nanedella Via Lattea.

Il confronto diretto tra i vincoli cinematici osservativi e le sottostrutture individuatenelle simulazioni e evidente in Figura 3.2b: la regione grigia indica l’intervallo di confiden-za 2σ per le nove galassie nane sferoidali della Via Lattea gia considerate in Figura 3.2a;nello spazio Vmax, Rmax sono poi stati collocati i sottoaloni simulati, colorati in manieratale da indicarne la velocita di caduta Vinfall

2 , ovvero la velocita caratteristica della sotto-struttura al momento della sua cattura da parte dell’alone centrale cui e legata. L’analisidel grafico mostra che una buona parte delle sottostrutture simulate risulta consistente coni vincoli cinematici imposti dalle galassie satelliti osservate; tuttavia, ve ne e un numerocospicuo per cui questa concordanza non si verifica: questi ultimi sottoaloni presentanodensita centrali e velocita circolari massime (> 50 km/s) troppo elevate per poter ospitarele galassie sferoidali nane piu luminose; questi ultimi sono inoltre contraddistinti dalle piualte velocita di caduta.

1Il raggio di una galassia e convenzionalmente il raggio per cui si ha l’emissione di meta della luce totaledel sistema.

2Gli autori hanno definito Vinfall come il valore di Vmax quando la massa del sottoalone e massima(lungo la sua intera rivoluzione) in Aquarius e il massimo valore di Vmax nel corso dell’intera storia delsottoalone in VL-II.

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(a) (b)

Figura 3.2: (a) Regioni di confidenza 1σ nello spazio Vmax, Rmax per nove delle galassiesferoidali nane della Via Lattea. (b) Sottoaloni simulati (cerchi: Aquarius, triangoli: VL-II). Lagradazione di colore indica il valore di Vinfall e la regione grigia l’intervallo di confidenza 2σ perle dSph’s. Fonte: Boylan-Kolchin et al. (2011)

Se da un lato l’inclusione degli effetti barionici, come abbiamo visto, puo portareall’inibizione dei processi di formazione galattica in sottoaloni di piccole dimensioni ericonciliare cosı le previsioni del modello ΛCDM con le osservazioni (Maccio et al., 2010),dall’altro la presenza di sottoaloni troppo grandi perche il materiale gassoso al loro internopossa venire espulso non trova ancora una giustificazione definitiva. Questi sottoaloni sonostati definiti da Boylan-Kolchin et al. (2011) “too big to fail”(TBTF), ossia troppo densie massivi perche processi come la reionizzazione e il feedback stellare possano giustificarela loro presenza.

3.3 Possibili soluzioni

Boylan-Kolchin et al. (2011) hanno indicato diverse vie percorribili per tentare di trovareuna spiegazione al problema. Nell’ipotesi di correttezza delle previsioni del modello diconcordanza ΛCDM, bisognerebbe accettare la presenza di una popolazione di sottoalonipiu massivi di quelli che ospitano le dSph’s e, allo stesso tempo, potenzialmente associatia galassie satelliti ultrafaint, meno luminose delle dSph’s. A questo punto, la formazionegalattica per sottoaloni con Vmax < 50km/s si rivelerebbe completamente stocastica epossibilmente legata piu alla storia di merging individuale del sottoalone che alla massa

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Figura 3.3: Distribuzione cumulativa del nu-mero di sottoaloni in funzione della velocitacircolare massima. Si riportano i risultati ot-tenuti dall’analisi delle simulazioni contenen-ti la sola materia oscura (Dark Matter Only,DMO) e di quelle che includono anche la com-ponente barionica (Galaxies). Fonte: Sawalaet al. (2016).

dell’alone principale. E tuttavia possibile che i modelli finora utilizzati siano ben lungidall’essere completi: l’inclusione di eventuali processi barionici che potrebbero riscaldarela materia oscura, porterebbe ad un appiattimento del profilo di densita dei sottoaloni,rendendoli cosı piu vulnerabili allo stripping mareale e riducendone dunque l’abbondanzaprevista.

Riquantificazioni piu recenti del problema suggeriscono pero approcci differenti. Inparticolare, Jiang & van den Bosch (2015) accusano una poverta di statistica nella tratta-zione del problema che non ne permetterebbe una comprensione profonda. Dal punto divista osservativo, infatti, poiche il TBTF riguarda le galassie satelliti poco luminose chepossono solo essere osservate nell’Universo vicino, le evidenze osservative - origine del pro-blema - sono limitate solo a due galassie principali: la Via Lattea e M31, i cui sottoalonipotrebbero ipoteticamente avere delle funzioni di massa statisticamente anomale rispet-to alle previsioni del ΛCDM. Un test piu efficace del modello andrebbe infatti condottosu un campione piu grande e, data l’attuale irrealizzabilita di una survey del genere, laformulazione stessa del problema perde di rigore. Dal punto di vista teorico, il TBTF estato inzialmente sollevato facendo uso di un set di sole 6 simulazioni (Aquarius project)riproducenti un alone centrale di dimensioni simili a quello della Via Lattea; gli autorisottolineano invece la necessita di disporre di migliaia di simulazioni in grado di risolveresottoaloni anche caratterizzati da Vmax < 10km/s. Per affrontare lo studio del TBTFcon maggiore incidenza statistica, gli autori si sono serviti di un modello semi-analiticoper generare e analizzare migliaia di riproduzioni di aloni centrali confrontabili in dimen-sioni con quello della Via Lattea. L’analisi dei sottoaloni presenti in ciascun campione estata eseguita mediante l’utilizzo di una statistica che ha permesso, considerando i dati

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osservativi di sole nove galassie satelliti della MW con Vmax > 15km/s, di dimostrare chel’1.4+3.3

−1.1% degli aloni centrali simulati presenta una popolazione di sottoaloni in accordostatistico con quella della Via Lattea.

Sawala et al. (2016) ritengono, invece, che la soluzione consista nel considerare simu-lazioni in grado di riprodurre l’environment del Gruppo Locale (LG). Essi hanno fatto usodi un set di simulazioni inizializzate in modo da portare alla formazione di una coppia dialoni che presentassero separazione, velocita di avvicinamento e velocita tangenziali relati-ve simili a quelle della Via Lattea e di Andromeda. Simulando lo stesso volume sia per unUniverso unicamente dominato da materia oscura (indicato in Figura 3.3 con l’acronimoDMO) sia tramite simulazioni idrodinamiche, gli autori, dal confronto tra i risultati otte-nuti nei due casi, sono giunti alla conclusione che il modello che tiene conto degli effettibarionici non e affetto dal MSP: le due galassie pricipali contano infatti un totale di 20+10

−6

e 18+8−5 satelliti con massa > 105M, in buon accordo con le osservazioni delle popolazioni

della MW e di M31. Inoltre le simulazioni idrodinamiche prevedono la presenza, per cia-scuna galassia, di soli 3-4 satelliti luminosi con Vmax > 30 km/s, risolvendo cosı il TBTF(Figura 3.3).

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Capitolo 4

Le simulazioni analizzate

4.1 Aquila-C5 e GA2

Aquila-C5 e GA2 sono le simulazioni cosmologiche a piu alta risoluzione presentate daMurante et al. (2015), realizzate con l’obiettivo di riprodurre galassie a spirale aventidimensioni e proprieta confrontabili con quelle della Via Lattea. Le due simulazioni sidistinguono tra loro per la scelta del set di condizioni iniziali utilizzato: per Aquila-C5 sie fatto uso del set presentato da Springel et al. (2008); GA2 e stata invece inizializzatautilizzando il set descritto da Stoehr et al. (2002).

Le simulazioni sono state realizzate facendo uso di GADGET31 , un codice N-body chetiene conto della gravita tramite il metodo TreePM e dell’idrodinamica tramite il metodolagrangiano Smoothed Particle Hydrodynamics (SPH); all’interno del codice e stato im-plementato MUPPI (MUltiPhase Particle Integrator, Murante et al. 2010), un algoritmoin grado di riprodurre realisticamente il rate di formazione stellare e il suo feedback ener-getico. L’inclusione e la modellizzazione di questi ultimi processi e effettuata da MUPPIassegnando al mezzo interstellare (ISM) un ruolo di grande rilievo: la struttura dell’ISMdetermina infatti l’efficienza con cui l’energia rilasciata dalle supernove e in grado di ri-scaldare il gas circostante. In MUPPI ogni particella di gas che potrebbe potenzialmenteospitare processi di formazione stellare viene trattata come una porzione multifase delmezzo intergalattico, costituita da una fase gassosa calda e da una fredda in equilibriodi pressione; l’algoritmo distingue inoltre una frazione della fase fredda, la frazione digas molecolare, da cui si formano le stelle. Una suddivisione cosı articolata garantisceuna descrizione realistica dei processi coinvolti nella formazione stellare, nonostante essiavvengano su scale ben piu piccole (< 1 pc) di quelle risolte dalle simulazioni adatte ariprodurre un environment cosmologico (> 1 Mpc). La ripartizione in massa tra le diverse

1http://www.mpa-garching.mpg.de/gadget/

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(a) (b)

Figura 4.1: (a) Proiezioni delle particelle di gas (pannelli superiori) e di materiale stellare (pan-nelli inferiori) per la simulazione Aquila-C5 a z = 0. Scegliendo il vettore del momento angolareallineato lungo l’asse z, si sono riportate sui pannelli a sinistra le distribuzioni di densita proiet-tate sul piano xy, su quelli a destra proiettate sul piano xz. (b) Analogamente ad (a), ma per lasimulazione GA2. Fonte: Murante et al. (2015)

componenti non rimane fissa nel tempo: sono infatti possibili scambi di materia tra levarie fasi dell’ISM, determinati dal raffreddamento radiativo del gas, dall’evaporazione edall’avvio della formazione stellare. Tali scambi sono descritti tramite un sistema di equa-zioni differenziali ordinarie, risolto per ogni particella di gas ad ogni iterazione temporale.Il feedback proveniente dalle supernove e introdotto nel modello sia nella forma di ener-gia termica sia in quella di energia cinetica: la prima viene assorbita dalla fase calda, ilcui lungo tempo di raffreddamento ne evita l’irraggiamento immediato; la seconda vieneinvece distribuita su un numero piu limitato di particelle e comporta perdite di massaabbastanza ingenti da evitare una sovrapproduzione di stelle.

Gli autori si sono concentrati tramite una tecnica zoom-in su due aloni galattici isolatidi masse comprese nel range ∼ (1 − 2) × 1012 h−1 M e aventi una storia di mergingquiescente da z ∼ 2 in poi.

Le simulazioni realizzate producono galassie a spirale contraddistinte da un discocentrale realistico e da curve di rotazione piatte, in accordo con la relazione di Tully-Fisher e con la relazione prevista tra la massa stellare e la massa dell’alone ospitante.Come si osserva in Figura 4.1, entrambe le galassie simulate sono caratterizzate dallapresenza di un disco esteso sia nella componente gassosa sia in quella stellare; i bracci

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tipici della morfologia di una galassia a spirale sono evidenti nelle regioni piu esterne.

Si riportano in Tabella 4.1 i valori caratteristici dei parametri delle simulazioni ana-lizzate che risulteranno utili nel prosieguo.

Tabella 4.1: Valori caratteristici delle simulazioni analizzate. Ω0: parametro di densita di materia;ΩΛ: parametro di densita di energia oscura; Ωb: parametro di densita di materia barionica; H0:costante di Hubble espressa in kms−1Mpc−1; MDM : massa della particella di materia oscuraespressa in h−1M; Mgas: massa iniziale delle particelle di gas espressa in h−1M.

Simulazione Ω0 ΩΛ Ωb H0 MDM Mgas

Aquila-C5 0.25 0.75 0.04 73 1.6× 106 3.0× 105

GA2 0.3 0.7 0.043 70 1.6× 106 3.0× 105

CLUES 0.279 0.721 0.046 70 2.95× 105 4.42× 104

4.2 CLUES

Il progetto CLUES2 (Constrained Local UniversE Simulations, Gottloeber et al. 2010)include una serie di simulazioni cosmologiche vincolate, il cui obiettivo principale e quellodi riprodurre le strutture a grande scala osservate nell’Universo vicino, come la cosmicweb locale, il Superammasso Locale, l’ammasso della Vergine, il Grande Attrattore e ilsuperammasso di Perseo-Pesci.

Le condizioni iniziali utilizzate come vincolo sono state generate sulla base dei datiosservativi dell’Universo vicino; in particolare, si e fatto ricorso alle velocita radiali digalassie osservate in diverse survey e alle proprieta del campo di densita calcolato usandoun campione completo di galassie locali. Il controllo esercitato dai vincoli osservativi ci-tati risulta comunque limitato a scale piu grandi di ≈ 5h−1Mpc (Klypin et al., 2003): lestrutture di dimensioni minori sono difficilmente influenzate dalle condizioni iniziali im-poste e tendono ad assumere caratteristiche stocastiche. Questa condizione ha portatoalla necessita di realizzare una numerosa serie di differenti simulazioni allo scopo di indivi-duare quelle contenenti i migliori candidati a riprodurre correttamente il Gruppo Locale;i metodi di selezione si sono basati principalmente sull’individuazione di un gruppo digalassie contraddistinto da due strutture dominanti simili in massa alla Via Lattea e adAndromeda e poste a una distanza relativa vicina a quella realmente riscontrata. Sonostate cosı realizzate piu di 200 simulazioni a bassa risoluzione, lasciate evolvere da z = 50a z = 0; quelle piu vicine a riprodurre realisticamente il Gruppo Locale sono poi staterisimulate con risoluzione maggiore.

2http://www.clues-project.org

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Figura 4.2: Distribuzione di gas nel GruppoLocale simulato da CLUES. I pannelli a de-stra rappresentano, nell’ordine, la Via Lattea,Andromeda e la Galassia del Triangolo (M33).Fonte: Gottloeber et al. (2010).

La Figura 4.2 mostra la distribuzione di gas nel Gruppo Locale in una delle simulazioniselezionate da Gottloeber et al. (2010), realizzate facendo uso del modello di feedbackpresentato da Springel & Hernquist (2003); le tre galassie principali riproducono la ViaLattea (MW), Andromeda (M31) e M33. Si osserva che M31 e MW presentano dischi piupiccoli rispetto a quello di M33, probabilmente a causa dei merger recenti (z ' 0.6) chele ha viste protagoniste; si osserva inoltre che le caratteristiche tipiche della morfologia diuna galassia a spirale sono chiaramente visibili per la MW.

Le simulazioni oggetto di studio in questo elaborato sono state realizzate mediante ilcodice TreePM+SPH GADGET3 in cui si e implementato MUPPI (vedi sezione 4.1) perincludere la dinamica del gas, il suo raffreddamento, la formazione stellare e il feedbackproveniente dalle supernove; il set di condizioni iniziali utilizzato come vincolo e quellomesso a punto dalla collaborazione CLUES.

L’analisi della popolazione delle galassie satelliti si e concentrata su quattro dellesimulazioni cosı realizzate, differenti tra loro per la frazione di energia cinetica rilasciatadalle supernove e inclusa come feedback in ciascuna di esse. La scelta di prendere inesame il set descritto e stata dettata dalla volonta di indagare una possibile sistematicitanelle caratteristiche dei satelliti presenti in ciascuna simulazione in relazione al feedbackspecifico.

In Tabella 4.1 sono riportati i valori dei parametri caratteristici delle simulazionianalizzate.

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Capitolo 5

Analisi e discussione

Il lavoro presentato in questa tesi e stato svolto allo scopo di stabilire se le simulazionioggetto di analisi, presentate nel capitolo 4, risultano affette dai problemi su scala sub-galattica che, come discusso nel capitolo 3, hanno storicamente costituito una potenzialecrisi per il modello standard ΛCDM. In particolare, l’analisi si e concentrata sullo studiodelle proprieta dei satelliti legati gravitazionalmente alla galassia centrale simulata: l’ab-bondanza riscontrata e le caratteristiche cinematiche di questi ultimi hanno permesso divalutare se e in che misura il “too big to fail” problem interessa le simulazioni analizzate.

5.1 Analisi della popolazione di galassie satelliti

Le simulazioni prese in esame (vedi capitolo 4) sono state dapprima elaborate tramitel’applicazione di due algoritmi: Friends of Friends (FoF) e Sub Find. Il primo di questiappartiene a una classe piu ampia di algoritmi, gli halo finders, in grado di individuaregli aloni di materia oscura presenti in una simulazione a dato redshift. Friends of Friendscomputa la distanza che intercorre tra le particelle simulate e, se questa risulta inferiore auna certa soglia prestabilita, detta lunghezza di legame, le particelle in questione vengonoraggruppate, formando il cosiddetto alone FoF. Successivamente l’applicazione di SubFind permette di individuare le sottostrutture presenti all’interno degli aloni FoF rilevati.L’algoritmo mappa la distribuzione di particelle rilevate in una distribuzione di densita;identificati i picchi di quest’ultima, l’algoritmo ne segue il profilo fino al raggiungimentodi un punto di sella, in prossimita del quale opera un taglio, delimitando spazialmente ilsottoalone.

L’analisi condotta sui sottoaloni individuati da Sub Find puo essere articolata in duefasi operative: durante la prima fase si sono individuate le sottostrutture, oggetto di studio,legate gravitazionalmente all’alone principale simulato; la seconda fase e invece consistita

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nella caratterizzazione delle galassie che risiedono in queste ultime che, come e stato giaanticipato nella sezione 2.2, viene effettuata attraverso lo studio delle curve di rotazionedi interesse.

5.1.1 Individuazione della popolazione

L’individuazione della popolazione di satelliti e stata eseguita mediante ExtractGalaxies,un codice in grado di delineare dettagliatamente le proprieta fisiche delle galassie cherisiedono in aloni e sottoaloni di materia oscura.

Una volta individuata una galassia, ExtractGalaxies allinea l’asse z del suo sistema diriferimento con la direzione del vettore del momento angolare della galassia; le particelle digas e stelle scelte per la computazione del momento angolare sono quelle contenute entroil raggio di allineamento Ralign, assegnato liberamente ad ogni nuova applicazione delprogramma e calcolato a partire dalla posizione del minimo del potenziale gravitazionale.Il codice puo lavorare in diversi sistemi di coordinate; la necessita di determinare le curvedi rotazione degli oggetti scelti, e quindi la quantita di materia compresa entro un fissatoraggio, ha portato alla scelta di utilizzare un sistema di coordinate sferiche: per ognigalassia, ExtractGalaxies identifica una shell sferica, studia le particelle presenti in questovolume discreto ed esegue una iterazione di questo processo a partire da un raggio minimoRmin fino a un raggio massimo Rmax; ad ogni iterazione, il codice fa una valutazione delleproprieta richieste.

Il programma richede in entrata un file contenente i parametri che si desidera adottareper la selezione dei satelliti; la scelta di tali parametri e essenzialmente dettata dallarisoluzione delle simulazioni di cui si fa uso. In particolare, il codice permette di selezionaretutti i satelliti che presentano una massa stellare superiore al limite M?min. E chiaro chemigliore e la risoluzione di cui si dispone, piu ridotte saranno le dimensioni dei satellitiche sara possibile risolvere. Ad esempio, con una risoluzione di 106M per particella, lascelta di M?min ∼ 107M individuerebbe un satellite composto da troppe poche particelleper poter realisticamente parlare di una sottostruttura autolegata.

I valori delle quantita date in input al programma sono riportati in tabella 5.1; si sonoadottati gli stessi valori nell’analisi di tutte le simulazioni esaminate.

Il valore del raggio di allineamento e stato scelto grande abbastanza da evitare cheil bulge della galassia fosse dominante nella determinazione del momento angolare, maadeguatamente piccolo perche eventuali sottostrutture limitrofe non vi contribuissero si-gnificativamente. Il raggio massimo e stato individuato in modo da visualizzare il classicoappiattimento che contraddistingue le curve di rotazione delle galassie centrali e in mododa “contenere” il picco di velocita caratteristico dei sottoaloni. Il valore di soglia assegnatoalla massa stellare minima e stato invece determinato alla luce delle masse attribuite alleparticelle tipiche della simulazione, gia elencate in tabella 4.1.

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Tabella 5.1: Lista delle quantita in input utilizzate nell’analisi delle simulazioni. Ralign: raggioentro il quale si considerano particelle di gas e stelle per il calcolo del momento angolare; Rmin:raggio minimo della shell sferica considerata; Rmax: raggio massimo della shell sferica considerata;N : numero di iterazioni nella computazione delle quantita richieste; M?min: massa stellare minimacontenuta nel sottoalone selezionato.

Ralign Rmin Rmax N M?min

8 kpc 0 15 kpc 80 5.0× 108 M

Gli output elaborati dal programma forniscono, oltre alle quantita peculiari di cui si farichiesta, informazioni aggiuntive proprie di ogni galassia individuata che soddisfa i criteriselezionati; tra questi, si menzionano il raggio viriale dell’alone galattico (gia definito nellasezione 2.1), la collocazione del suo centro di massa all’interno del volume simulato, ilrate di formazione stellare dal Big Bang a z = 0, la massa dell’alone FoF e le masse dellediverse componenti entro il raggio galattico, definito come un decimo di quello viriale.

Il programma identifica e cataloga non solo la galassia centrale e i suoi satelliti, maanche altre galassie, cosiddette di campo, che, pur rispondendo ai criteri selettivi, nonsi trovano sotto l’influenza gravitazionale della galassia principale. Quest’ultima e stataidentificata come la galassia associata all’alone FoF piu massivo, ovvero di massa del-l’ordine di 1012M e percio confrontabile con quello della Via Lattea. La selezione dellegalassie satelliti e stata invece effettuata studiando la distribuzione spaziale dei centri dimassa di tutte le galassie individuate da ExtractGalaxies: quelle collocate all’interno delraggio viriale dell’alone centrale sono state considerate gravitazionalmente legate alla ga-lassia principale e di queste si sono studiate le caratteristiche peculiari; l’analisi di quellecollocate all’esterno del raggio viriale esula invece dagli obiettivi di questo studio.

Le Figure 5.1 e 5.2 mostrano la disposizione spaziale dei centri di massa delle galassiea spirale, simulate rispettivamente in Aquila-C5 e in GA2, e delle popolazioni di galassiesatelliti ad esse associate. In entrambe le simulazioni si riscontra la presenza di quattrosatelliti.

Un’analisi simile e stata condotta anche per le quattro simulazioni del progetto CLUESconsiderate, che, come discusso nella sezione 4.2, sono state realizzate allo scopo di ripro-durre l’environment del Gruppo Locale al variare del feedback fornito dalle supernove (fk);lo studio delle masse degli aloni FoF ha evidenziato la presenza di due galassie centrali,riproduzioni della Via Lattea e di Andromeda. Non e chiaro quale dei due aloni galatticisimulati corrisponda realisticamente a quello della MW: le masse dei due sono pressocheidentiche ed entrambe le galassie collocate al loro interno presentano la morfologia tipicadelle galassie a spirale. Si e cosı scelto di portare avanti lo studio della popolazione di sa-telliti di entrambe le galassie, alle quali, da qui in poi, ci si riferira con i nomi di galassia A

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Figura 5.1: Simulazione Aquila-C5: distribuzione spaziale tridi-mensionale dei centri di massadella galassia centrale e dei suoisatelliti. La sfera rappresentataha raggio pari al raggio viriale del-l’alone principale, Rvir = 234.79kpc.

Figura 5.2: Simulazione GA2:distribuzione spaziale tridimen-sionale dei centri di massa dellagalassia centrale e dei suoi satelli-ti. La sfera rappresentata ha rag-gio pari al raggio viriale dell’aloneprincipale, Rvir = 299.02 kpc.

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Figura 5.3: Progetto CLUES:distribuzione spaziale tridimen-sionale dei centri di massa dellagalassia centrale A (in rosso), del-la galassia centraleB (in blu) e deisatelliti ad esse associati. Le sfe-re rappresentate hanno raggio pa-ri al raggio viriale caratteristico diciascun alone, RvirA = 223.34 kpce RvirB = 259.12 kpc. Si e scel-ta come simulazione rappresenta-tiva quella con feedback cineticofk = 0.5.

e galassia B ; tale studio e stato condotto su tutte e quattro le simulazioni a disposizione alfine di evidenziare una potenziale dipendenza sistematica delle caratteristiche dei satellitidalla frazione di energia cinetica proveniente dalle supernove inclusa nella simulazione co-me feedback. In Figura 5.3 si e rappresentata la distribuzione spaziale dei centri di massadelle due galassie centrali e dei loro rispettivi satelliti per la simulazione contraddistintadal minor contributo di energia cinetica, fk = 0.5.

5.1.2 Studio della cinematica

Lo studio della cinematica di aloni e sottoaloni si basa sulla determinazione delle lorovelocita circolari caratteristiche, definite dall’equazione:

Vcirc =

√GM(< r)

r(5.1)

dove con M(< r) si intende la massa - massa di materia oscura, di gas e di stelle -compresa entro il raggio r e con G la costante gravitazionale che, convertita in unitaopportune, assume il valore G = 4.302× 10−6 kpc

M(kms )2.

Le quantita necessarie a ricostruire le curve di rotazione degli oggetti in analisi possonoessere ricavate a partire dagli output generati da ExtractGalaxies che, come abbiamo visto,ad ogni iterazione esegue uno studio dettagliato delle proprieta di cui si fa richiesta; nelnostro caso specifico, si e proceduto al calcolo del numero cumulativo delle particelle di

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materia oscura, di gas e di stelle presenti, di cui il programma ha fornito la densita volumicain ogni shell. A partire da questa, e stato poi possibile ricavare le masse cumulativeassociate a ciascuna componente.

La Figura 5.4a mostra le curve di rotazione delle galassie centrali simulate in Aquila-C5 e in GA2 a redshift z = 0, gia ricostruite da Murante et al. (2015): il profilo e quellotipico che si osserva in galassie a disco come la Via Lattea. Il classico appiattimento dellecurve, rivelatore della presenza di materia oscura, si riscontra in entrambe le galassie: vie il raggiungimento di un massimo a 11.25 (Aquila-C5) e a 12.19 (GA2) kpc dopo il qualesi osserva un dolce appiattimento. Le velocita circolari massime sono rispettivamente di271 e 299 km/s, piu grandi del 20% della velocita circolare della Via Lattea in prossimitadell’orbita solare (∼ 220 km/s).

In Figura 5.4b si e invece riportata la curva di rotazione di uno dei satelliti di Aquila-C5, scelto come rappresentativo; si osserva anche in questo caso un picco di velocita,raggiunto pero a raggi minori: nello specifico, il satellite considerato raggiunge la massimavelocita, pari a 64 km/s, a un raggio di 2.25 kpc. Questo andamento e caratteristico ditutte le sottostrutture individuate in ognuna delle simulazioni analizzate.

Si riportano in Figura 5.5 le curve di rotazione della galassia A (a sinistra) e dellagalassia B (a destra) simulate nel progetto CLUES; le caratteristiche globali dei profilisono analoghe a quelle descritte per le galassie centrali simulate in Aquila-C5 e GA2, conla differenza che le velocita circolari massime raggiunte in questo caso risultano piu piccolee piu vicine quindi a quella misurata per la Via Lattea sull’orbita solare. In particolare,si osserva una riduzione dei massimi di velocita all’aumentare della frazione di energiacinetica inclusa nella simulazione come feedback: si deduce che, incrementando i contributienergetici provenienti dalle supernove, si produce un appiattimento piu pronunciato dellecurve di rotazione e, quindi, una diminuzione della concentrazione di massa compresa entroun raggio fissato. Questo effetto e una conseguenza dei processi di interazione tra materiaoscura e materia barionica discussi nella sezione 2.3: al crescere del feedback energeticodelle supernove infatti si ha una attenuazione della contrazione adiabatica cui l’alone esottoposto e quindi una diminuzione della sua densita centrale.

5.2 Risultati e discussione

5.2.1 Caratterizzazione dei satelliti

Seguendo Boylan-Kolchin et al. (2011), si sono caratterizzate le galassie satelliti sulla basedella velocita circolare massima raggiunta, Vmax, e del raggio in prossimita del quale questacondizione si verifica, Rmax.

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(a) (b)

Figura 5.4: (a) Curve di velocita per la galassia centrale simulata in Aquila-C5 (in rosso) e in GA2(in blu). (b) Curva di velocita tipica di un sottoalone; si e scelto come sottoalone rappresentativouno dei quattro associati alla galassia centrale simulata in Aquila-C5.

In Figura 5.6 si sono riportate le coppie Vmax, Rmax caratteristiche delle due galassiecentrali simulate in Aquila-C5 e GA2 e di ognuno dei rispettivi satelliti. Il grafico mostrachiaramente la presenza di una popolazione di sottoaloni proprio nella regione in cui non visono osservazioni di satelliti della Via Lattea: non sono mai stati ossservati infatti satelliticon Vmax & 70 km/s (la Grande Nube di Magellano, LMC) o con 30 km/s . Vmax . 50km/s (rispettivamente, la Galassia del Drago e la Piccola Nube di Magellano, SMC). Siosserva inoltre che i satelliti simulati in GA2 risultano contraddistinti da velocita circolarimassime maggiori di quelle riscontrate per i satelliti della simulazione Aquila-C5.

La Figura 5.7 mostra un’analisi analoga ma relativa alle galassie satelliti individuatenelle CLUES; si e distinto lo studio per la galassia centrale A da quello per la galas-sia centrale B. I satelliti simulati, in entrambi i casi, popolano lo stesso gap osservativoprecedentemente menzionato. Il grafico mostra inoltre che le caratteristiche peculiari deisatelliti di entrambe le galassie non sembrano dipendere dalla frazione di feedback prove-niente dalla supernove: non si evidenzia infatti una distribuzione sistematica delle galassiesatelliti al variare dell’entita dei contributi energetici considerati.

5.2.2 Confronto con i vincoli cinematici delle dSph’s

Analogamente a quanto fatto da Boylan-Kolchin et al. (2011), si e condotta un’analisimirata al confronto tra le caratteristiche dei satelliti simulati e i vincoli cinematici imposti

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(a) (b)

Figura 5.5: (a) Curva di velocita della galassia centrale A simulata nel progetto CLUES al variaredel feedback cinetico proveniente dalle supernove. (b) Analogamente ad (a), ma per la galassiacentrale B.

dall’osservazione delle nove galassie nane sferoidali piu luminose (Figura 3.2b).

In Figura 5.8 la regione grigia indica l’intervallo a 2σ di confidenza dei valori Vmax, Rmaxcompatibili con i vincoli cinematici delle sferoidali nane (vedi il capitolo 3.2, Wolf et al.2010). Nei pannelli di sinistra e di destra si sono riportate, rispettivamente, le coppieVmax, Rmax caratteristiche dei sottoaloni simulati in Aquila-C5 e GA2 e nelle quattrosimulazioni del progetto CLUES. Si osserva, in entrambi i casi, che non vi e alcun overlaptra le popolazioni di galassie satelliti studiate nelle simulazioni e la regione compatibilecon i vincoli osservativi propri delle sferoidali nane. Tutte le sottostrutture simulate sonocaratterizzate, a parita di Rmax, da Vmax troppo alte perche si possa verificare un accordotra simulazioni e osservazioni; al contrario, i valori di Rmax sono troppo ridotti per poteressere compatibili, a Vmax fissata, con i vincoli cinematici delle dSph’s.

Questo vuol dire che la popolazione di galassie satelliti analizzata non riproduce quelladelle galassie sferoidali nane della Via Lattea: le dimensioni di queste ultime sono tropporidotte perche la risoluzione delle simulazioni a disposizione ci permetta di risolverle. Lesottostrutture individuate nelle simulazioni oggetto di studio riproducono quindi satellitidi dimensioni maggiori di quelle della nana del Drago e sono da confrontarsi unicamentecon i satelliti piu massivi, quali la Grande e la Piccola Nube di Magellano.

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Figura 5.6: Caratterizzazione delle galassiecentrali e dei satelliti simulati in Aquila-C5 (inrosso) e in GA2 (in blu); sull’asse delle ordi-nate si e riportata la velocita circolare massi-ma Vmax tipica dell’oggetto e su quello delleascisse il raggio Rmax al quale questa velocitae raggiunta.

(a) (b)

Figura 5.7: (a) Caratterizzazione della galassia centrale A e dei suoi satelliti simulati nel progettoCLUES; i differenti colori sono indicativi della frazione di feedback considerata. (b) Analogamentead (a), ma per la galassia centrale B e i suoi satelliti.

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(a) (b)

Figura 5.8: (a) Rappresentazione dei sottoaloni associati alle galassie centrali simulate in Aquila-C5 (in rosso) e in GA2 (in blu). La regione grigia mostra l’intervallo di confidenza 2σ per novedelle galassie nane sferoidali piu luminose della Via Lattea; i vincoli cinematici rappresentati sibasano sui valori misurati del raggio di meta-luce R1/2 e di M1/2 presentati da Wolf et al. (2010).(b) Analogamente ad (a), ma per tutti i sottoaloni simulati nel progetto CLUES; la variazionecromatica e rappresentativa dei differenti feedback considerati.

5.2.3 Numero cumulativo di satelliti

Al fine di valutare se le simulazioni oggetto di analisi risultano affette dai problemi suscala subgalattica di cui si e discusso, si e effettuato un confronto tra la distribuzionecumulativa dei satelliti associati ad ognuna delle galassie centrali simulate e la distribuzionecumulativa osservata per i satelliti della Via Lattea. Le velocita circolari massime relativea questi ultimi sono quelle presentate da Penarrubia et al. (2008). Per le ragioni espostenel paragrafo 5.2.2, si e scelto di limitare il confronto ai soli satelliti piu massivi.E comunque opportuno ricordare che la poverta del campione statistico di cui si disponenon permette la formulazione di conclusioni definitive.

In Figura 5.9a si e riportato il numero cumulativo di satelliti individuati all’internodelle simulazioni Aquila-C5 (in rosso) e GA2 (in blu) in funzione della velocita circolaremassima. Si osserva che la distribuzione relativa a GA2 si allontana da quella osservataper i satelliti della MW: la simulazione prevede infatti la presenza di tre satelliti piu grandi

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(a) (b)

Figura 5.9: (a) Confronto tra il numero cumulativo dei satelliti simulati in Aquila-C5 (in rosso)e in GA2 (in blu) e quello dei principali satelliti della Via Lattea; i dati relativi a questi ultimi sonoquelli presentati da Penarrubia et al. (2008). (b) Analogamente ad (a), ma per i satelliti simulati nelprogetto CLUES; diversi colori corrispondono a simulazioni contraddistinte da feedback differenti.Data la quasi indistinguibilita delle masse dei due aloni principali simulati, si e scelto di considerarlientrambi come realistiche riproduzioni di quello della Via Lattea; si e pertanto operata una mediatra il numero dei satelliti associati alle due galassie in questione.

della Grande Nube di Magellano. In Aquila-C5 si rileva un discreto accordo per quantoriguarda i satelliti piu massivi, aventi velocita circolari massime simili a quelle della LMCe della SMC, ma una discrepanza a velocita minori; satelliti contraddistinti da velocitacircolari massime Vmax . 40 km/s non sono invece stati risolti.

In Figura 5.9b si e riportata la distribuzione cumulativa dei satelliti simulati nel pro-getto CLUES; poiche entrambe le galassie centrali individuate in ciascuna simulazionesono valide riproduzioni della Via Lattea, si e scelto di considerare la media aritmeticadel numero di satelliti relativi alle due galassie centrali. Tutte le simulazioni prediconouna sovrabbondanza di sottostrutture di dimensioni confrontabili con quelle della GrandeNube di Magellano; in particolare, si rileva, in tutti e quattro i casi, la presenza di tresatelliti aventi 65 km/s . Vmax . 70 km/s.

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Conclusioni

Il lavoro presentato in questo elaborato e stato realizzato allo scopo di valutare se lesimulazioni di galassie a spirale prese in esame sono interessate dai problemi su scalasubgalattica che negli ultimi anni hanno minacciato la stabilita del modello ΛCDM; inparticolare, si fa riferimento alle discrepanze che il confronto tra simulazioni numerichee osservazioni ha evidenziato circa l’abbondanza e le proprieta strutturali delle galassiesatelliti gravitazionalmente legate alla Via Lattea (Moore et al., 1999; Boylan-Kolchinet al., 2011).

Le simulazioni oggetto di studio riproducono quattro galassie centrali confrontabili allaVia Lattea per dimensioni e caratteristiche morfologiche, delle quali mai prima d’ora erastata analizzata la popolazione di satelliti. Le simulazioni sono state realizzate mediante ilcodice TreePM+SPH GADGET3 in cui si e implementato MUPPI (Murante et al., 2010),un modello in grado di descrivere il rate di formazione stellare e il suo feedback energetico:due di esse costituiscono le simulazioni a piu alta risoluzione presentate da Murante et al.(2015), Aquila-C5 e GA2, differenti tra loro per la scelta del set di condizioni inizialiutilizzato; le altre due galassie centrali analizzate sono state invece vincolate facendo usodelle condizioni iniziali messe a punto dalla collaborazione CLUES (Gottloeber et al.,2010) e sono state studiate al variare della frazione di energia cinetica proveniente dallesupernove inclusa in ciascuna simulazione come feedback.

L’individuazione delle sottostrutture virializzate sottoposte all’influenza gravitazionaledelle galassie centrali simulate e stata effettuata mediante ExtractGalaxies, un programmain grado di tracciare dettagliatamente le proprieta fisiche di galassie centrali e satelliticontenute all’interno di aloni e sottoaloni di materia oscura. La ricostruzione delle curvedi rotazione dei satelliti individuati ha permesso una loro caratterizzazione sulla base diVmax, la velocita circolare massima raggiunta, e di Rmax, il raggio in prossimita del qualequesta condizione si verifica.

Confrontando la distribuzione cumulativa dei satelliti analizzati con quella presentatada Moore et al. (1999) si osserva un’attenuazione del disaccordo tra l’abbondanza previstadi galassie satelliti e quella osservativamente rilevata; e doveroso comunque ricordare chele simulazioni analizzate da Moore et al. (1999) risulterebbero oggi piuttosto obsolete: esse

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infatti non tenevano conto degli effetti barionici - che, come abbiamo visto, hanno invecegrande incidenza nella determinazione delle proprieta strutturali degli aloni di materiaoscura - e addirittura non includevano il termine di costante cosmologica.

Il confronto tra i risultati ottenuti e quelli esposti da Boylan-Kolchin et al. (2011)evidenzia invece che le simulazioni analizzate risultano affette dal “too big to fail” problemin misura maggiore di quanto non lo siano le Aquarius simulation (Springel et al., 2008)e le Via Lactea II simulation (Diemand et al., 2008): i sottoaloni studiati presentano, aparita di Rmax, velocita circolari massime ben maggiori di quelle che contraddistinguono lesottostrutture individuate dagli autori. Il motivo di questa discrepanza potrebbe risiederenelle caratteristiche del modello di feedback utilizzato e nella sua capacita di includeretutte le possibili modalita di interazione tra componente oscura e componente barionica(vedi sezione 2.3). E infatti probabile che le simulazioni studiate in questa sede sianodominate dai lenti processi di contrazione adiabatica piuttosto che dai repentini outflowdi materiale gassoso; questo porterebbe a un addensamento centrale di materia oscura ebarionica nelle sottostrutture che spiegherebbe di conseguenza i valori di Vmax, Rmaxriscontrati.

Ad eccezione di Aquila-C5, le simulazioni prevedono la presenza di tre galassie satellitidelle dimensioni della Grande Nube di Magellano, due delle quali non hanno chiaramenteriscontro osservativo. Queste sottostrutture sono comunque “too big to fail”, ossia troppomassive perche processi come la reionizzazione e il feedback proveniente dalle supernovepossano portare alla soppressione dei meccanismi di formazione stellare e giustificarnecosı la mancata osservazione. Aquila-C5 sembra riprodurre bene l’abbondanza di galassiesatelliti massive (Vmax & 50 km/s), ma per indagarne il comportamento a Vmax minorioccorrerebbe disporre di una risoluzione maggiore.

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