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Slide corso – 9 Modelli della comunicazione 2/2 Sociologia della comunicazione Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Corso di laurea in Comunicazione pubblica e d’impresa Prof. Marco Bruno (canale A-L) Anno accademico 2018-2019 1 Corso di NOTA BENE Questo materiale è solo un supporto alle lezioni tenute in aula e non è MAI sostitutivo dei testi d'esame . L’uso scientifico e divulgativo di questi materiali è libero, a condizione che se ne citi l’autore e la provenienza. (M. Bruno, 2018, Materiali del corso di Sociologia della comunicazione, Sapienza Università di Roma, Dip. di Comunicazione e Ricerca sociale) Per informazioni: [email protected]

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Slidecorso–9Modellidellacomunicazione2/2

Sociologia della comunicazione Sapienza Università di Roma Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Corso di laurea in Comunicazione pubblica e d’impresa

Prof. Marco Bruno (canale A-L) Anno accademico 2018-2019

1

Corso di

NOTABENEQuestomaterialeèsolounsupportoallelezionitenuteinaulaenonèMAIsostitutivodeitestid'esame.L’usoscientificoedivulgativodiquestimaterialièlibero,acondizionechesenecitil’autoreelaprovenienza.(M.Bruno,2018,MaterialidelcorsodiSociologiadellacomunicazione,SapienzaUniversitàdiRoma,Dip.diComunicazioneeRicercasociale)Perinformazioni:[email protected]

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I modelli della comunicazione

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Modello semiotico-informazionale

Eco, Fabbri 1965

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Il modello si basa sulla struttura del precedente MODELLO MATEMATICO-INFORMAZIONALE,

cui viene aggiunto il problema della significazione

Centrali in tale modello sono i fattori relativi a:

Modello semiotico-informazionale

Codice

Significante

Sottocodice

Significato

Decodifica

Decodifica aberrante

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La comunicazione è concepita non come trasferimento di informazione ma come trasformazione da un sistema ad un altro.

La linearità è vincolata al funzionamento dei fattori semantici introdotti dal concetto di codice.

Il codice garantisce la possibilità di tale trasformazione.

Eco, 1965

Modello semiotico-informazionale

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Il destinatario del messaggio non si limita a tradurlo in base ad un codice in comune con la fonte ma gli attribuisce un senso, associandolo ad altri codici che gli derivano dalla cultura o subcultura di appartenenza e che sono a loro volta mediati da aspetti psicologici e dalla sua personalità.

Modello semiotico-informazionale

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L’informazione non è più definibile come ciò che rimane costante attraverso le operazioni reversibili di codifica e di traduzione. L’informazione non si propaga secondo un codice uniforme, comune a emittente e ricevente. Si innesta nel processo comunicativo il problema della significazione. La comunicazione rivela la sua intrinseca natura di processo negoziale.

Modello semiotico-informazionale

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Modello semiotico-informazionale

Eco, Fabbri 1965

Il modello mette in evidenza come tra il messaggio codificato alla fonte e il messaggio ricevuto come significato dal

destinatario, possano intercorrere elementi di difformità legati alle:

competenze linguistiche

competenze enciclopediche

competenze comunicative

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In questo modo è definitivamente accantonata l’idea del ricevente come soggetto passivo. La comprensione è strutturalmente problematica. Il feedback è rappresentato dal tentativo di controllo dell’emittente sul livello di decodifica del messaggio, che permette alla fonte una “decodifica anticipatoria”.

Eco, 1965

Modello semiotico-informazionale

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L’identificazione del segnale emanato dall’emittente non implica automaticamente la corretta interpretazione del messaggio da parte

del ricevente

Decodifica aberrante

Modello semiotico-informazionale

derailment of

understanding:

l’uscita dai binari

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La decodifica aberrante

Incomprensione o rifiuto del messaggio per assenza di codice (il messaggio è segnale fisico non decodificato o “rumore”) Incomprensione per disparità dei codici (il codice dell’emittente non è ben compreso dal destinatario) Incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali (il codice dell’emittente è compreso dal destinatario ma è modellato sul

proprio “orizzonte di attesa”) Rifiuto del messaggio per delegittimazione dell’emittente (il codice dell’emittente è compreso dal destinatario ma il senso viene

stravolto per motivi ideologici)

Guerriglia semiologica: decodifica intenzionalmente divergente

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Stuart Hall Direttore del Center of Contemporary Cultural Studies (CCCS) famoso come “Scuola di Birmingham” Lancia la rivista Working Papers in Cultural Studies (1972)

Encoding/Decoding Model

Teorico del modello Encoding/Decoding

(1973) in cui si ribadisce il concetto di

negoziazione del significato e si inaugura

la ricerca sulle dinamiche di fruizione

mediatica da parte del pubblico

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Tre ipotetiche posizioni di lettura che determinano tre differenti modalità di decodifica:

1. la posizione dominante egemonica (lettura preferita)

Si attua una lettura “preferita” quando il telespettatore

“prende il significato connotato da, diciamo, un telegiornale o una rubrica di attualità direttamente e

nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini del codice attraverso il quale è stato codificato”

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

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2. La posizione negoziata

(lettura negoziata: il destinatario accetta il codice

dominante ma elabora proprie definizioni)

L’uso del codice negoziato sottende

un atteggiamento duplice:

“accordare la posizione privilegiata alle definizioni dominanti degli eventi, pur riservando il

diritto di attuarne un uso più negoziato legato a condizioni locali”

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

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3. La posizione “di opposizione”

(lettura oppositiva)

Nella posizione di opposizione, il telespettatore

comprende la lettura preferita costruita e proposta, ma ridefinisce “il messaggio all’interno di una qualche

cornice di riferimento alternativa”.

Nel caso precedente avevamo fenomeni di distorsione

della comunicazione, mentre qui non si crea distorsione, ma si attiva la volontà di porre in rilievo le

contraddizioni che una lettura contro le regole del codice egemonico comporta.

Encoding/Decoding Model

S. Hall, 1980

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I modelli della comunicazione di Schramm

La formulazione iniziale ricalca lo schema comunicativo-informazionale di Shannon e Weaver

mantenendo per lo più inalterate le caratteristiche di linearità e unidirezionalità del processo.

Wilbur Schramm, 1954

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I modelli della comunicazione di Schramm

Wilbur Schramm, 1954

Il segnale si trova nel punto di intersezione dei campi di esperienza che il codificatore e il decodificatore mettono

in gioco nella situazione comunicativa.

Si assiste in questo modo ad una parziale

sovrapposizione della fonte e del destinatario.

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I modelli della comunicazione di Schramm

La comprensione tra fonte e destinatario ha luogo

solo se i due soggetti condividono “qualcosa”.

Il campo di esperienza

Tipo di orientamento, attitudini, esperienze personali degli attori protagonisti dell’interazione.

Wilbur Schramm, 1954

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I modelli della comunicazione di Schramm

Si comincia a delineare una struttura già chiaramente semi-circolare del processo comunicativo. Il feedback è tuttavia introdotto soltanto mediante la duplicazione del messaggio. Centralità dell’interpretazione, oltre che della decodifica. Sparisce la chiara distinzione tra emittente

e destinatario (entrambi definiti “interpreti”). Il modello si può “leggere” anche “ribaltandolo”

Wilbur Schramm, 1954

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I modelli della comunicazione di Schramm

Wilbur Schramm, 1954

I

II

III

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Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

G. Gerbner, Towards a general model of communication, in “Audio Visual Communication Review”, 4, 1956

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E rappresenta l’evento percepito M è il soggetto che percepisce l’evento, un uomo o una macchina, che di fatto “vede” E1

Ciò che E1 rappresenta dipende da variabili di selezione, di contesto, di disponibilità

di informazioni che riguardano M

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Il passo successivo è che M voglia comunicare E1 a qualcun altro.

M produce il messaggio SE (statement about event), dove S è la forma ed E il contenuto del nuovo messaggio. Per trasmettere SE, M si affida a canali – media sui quali ha un limitato potere di controllo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Infine, il messaggio SE dovrà essere percepito da un secondo attore comunicativo, M2

Così come E era percepito da M come E1, SE sarà

percepito da M2 come qualcosa di differente, chiamato SE1

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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1. qualcuno 2. percepisce un evento 3. e reagisce 4. all’interno di una particolare situazione 5. ricorrendo a un canale 6. per trasformare le informazioni disponibili 7. in forma di messaggio 8. prodotto all’interno di un particolare contesto 9. che veicola un contenuto 10.e provoca alcune conseguenze

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Il modello di Gerbner si focalizza sul rapporto tra processi di percezione e trasmissione,

personale e mediale della realtà.

A partire dagli scambi relazionali interpersonali si estende ai mezzi di comunicazione di massa.

Il verificarsi di qualsiasi fenomeno può costituire l’oggetto di una comunicazione tra l’osservatore/artefice di quel medesimo fenomeno e uno o più

riceventi.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Rispetto ai modelli lineari, si interpongono, tra fonte e ricevente, una serie di nodi problematici legati alla ricezione e alla decodifica. Si pone l’accento sulla grande variabilità della percezione rispetto all’evento (E), sia da parte degli operatori (E1), sia da parte del ricevente (SE1).

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Si mette in luce:

il carattere creativo ed interattivo del processo percettivo; il valore del “contesto” nella lettura dei messaggi; la natura “aperta” della comunicazione umana: si sottolinea un rapporto dinamico e interattivo tra forma (S=segnale) e contenuto (E=evento) nel processo comunicativo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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La natura creativa e interattiva di ogni processo percettivo riguarda tanto le nostre pratiche quotidiane, basate sull’esperienze immediata, quanto le attività in cui facciamo ricorso ai mezzi di comunicazione. L’ipotesi di una distorsione non è una prerogativa esclusiva degli strumenti mediali, ma una variabile ricorrente in qualsiasi operazione che mira a fornire un resoconto e, dunque, a produrre un potenziale dato comunicativo.

Modello della comunicazione di Gerbner (1956)

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Modello della comunicazione di Berlo (1960)

D. K. Berlo, The Process of Communication: An Introduction to Theory and Practice, Holt, Rinehart & Winston, London 1960

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Prende le mosse dalla teoria matematica dell’informazione: la sigla SMCR (Source, Message,

Channel, Receiver) riprende gli elementi dello schema di Shannon e Weaver

Ma in più…

sottolinea l’importanza della cultura e del sistema sociale in cui la comunicazione si svolge

Il flusso comunicativo è concepito linearmente

Modello della comunicazione di Berlo (1960)

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L’esistenza del feedback è soltanto ipotizzata. Il modello suggerisce che alla base di un atto comunicativo riuscito si debba porre l’accordo fra le abilità della fonte e quelle del ricevente. Si assiste ad una valorizzazione del contesto.

Modello della comunicazione di Berlo (1960)

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Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)

T. Slama-Cazacu, Introduzione alla psicolinguistica, Patron, Bologna, 1973

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La dimensione sociale del contesto include le relazioni di status e il ruolo dei partecipanti, le norme e le tradizioni culturali operanti nell’ambiente in cui avviene la comunicazione. E’ il contesto stesso a generare la comunicazione. Il modello sottolinea l’influenza dei contesti come sistemi di riferimento per i componenti dell’azione comunicativa.

Modello della comunicazione di Tatiana Slama-Cazacu (1973)

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Modello di Newcomb (1953)

T. M. Newcomb, An Approach to the Study of Communicative Acts, in “Psychological Review”, 60

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Introduzione della situazione o contesto sociale

entro cui avviene lo scambio comunicativo (X).

Il rapporto fra A e B è concepito come scambio ed

è dunque bi-direzionale.

Modello di Newcomb (1953)

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Secondo Newcomb la comunicazione ha il compito di mantenere l’equilibrio del sistema sociale. In questo modello le relazioni sono interdipendenti: se cambia A, dovranno cambiare anche B e X e viceversa. E’ lo scambio bidirezionale tra A e B a garantire l’equilibrio e la simmetria del sistema.

Modello di Newcomb (1953)

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Modello della comunicazione

di Westley e MacLean (1957)

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Agli elementi già presenti nel modello di Newcomb, si aggiunge la funzione comunicativa redazionale (elemento C) ossia il processo decisionale su cosa e

come comunicare.

Le caratteristiche della comunicazione di massa avvicinano A e C, cioè la fonte e le organizzazioni

comunicative.

C svolge un forte ruolo di intermediazione.

Viene introdotto l’elemento del feedback negativo.

Modello della comunicazione

di Westley e MacLean (1957)

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Il rapporto tra A (fonte) e C, (struttura redazionale dei media) che organizza e trasmette il messaggio, annulla la possibilità che B (ricevente) possa fare esperienza diretta di X (la realtà sociale, il contesto).

Nella società di massa l’unico mediatore tra A e B sono i media. I media espandono l’orizzonte percettivo di B, ma ne condizionano al contempo le modalità percettive e l’orientamento.

Modello della comunicazione

di Westley e MacLean (1957)

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Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

J.W. Riley Jr., M. White Riley, Mass Communication and the Social System, in R.K. Merton, L. Broom, L.S. Cottrell Jr., Sociologiy Today: Problems and Prospects, Basic

Books, New York, 1959

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Il processo di comunicazione viene inserito all’interno del sistema sociale, che influenza sia l’emittente (E) che il ricevente (R).

Tutti i gruppi condividono un’interazione dinamica nella quale circolano messaggi pluridirezionali.

Il pubblico non è impassibile o isolato, ma è composto di riceventi in relazione fra loro.

Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

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Emittente e ricevente sono influenzati nel processo di invio, ricezione e scambio del

messaggio da tre ordini sociali:

il gruppo primario di cui E e R sono membri;

la comunità immediata, sociale, culturale e industriale a cui appartengono;

il sistema sociale nel suo insieme

Modello della comunicazione di massa di Riley & Riley (1959)

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Dance nota che il modello circolare, sebbene sia il più adatto a descrivere il processo comunicativo attuale, “suggerisce che la comunicazione torni indietro, formando un circolo completo, esattamente al punto in cui ha avuto origine. Questa parte dell’analogia circolare è evidentemente sbagliata”

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

F. E. X. Dance, “A helical model of communication”, in Human Communication Theory, 1967

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Il concetto di elica

(o spirale) conserva i

vantaggi della retta e del

cerchio ma elimina gli

svantaggi:

la comunicazione ritorna su

se stessa subendo l’influenza

delle sue fasi antecedenti

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)

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La spirale è funzionale a sottolineare il fatto che il processo comunicativo procede, e ciò che viene comunicato in un dato momento influisce sulla struttura

e sul contenuto di ciò che verrà comunicato in seguito.

Dance sottolinea quindi la natura dinamica del processo comunicativo.

Modello della comunicazione di massa di Dance (1967)