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SOMMARIO pag. 3 Editoriale pag. 5 Attività del Consiglio pag. 6 Aggiornamento albi pag. 5 Variazioni pag. 8 Comunicazioni: regolamento della pratica forense pag. 9 Materiali: le principali mozioni approvate dal XXXI Congresso nazionale forense pag. 10 La dichiarazione comune sulla responsabilità sociale dell’avvocato pag. 11 Linee guida della riforma “Fornero” pag. 13 Un anno di mediazione pag. 16 Le sezioni specializzate in materia d’impresa pag. 25 La X Conferenza di CassaForense: tra sostenibilità e solidarietà pag. 27 Esercitare la professione di avvocato in Polonia dal 1945 fino ad oggi pag. 29 Il secondo decreto correttivo al codice del processo amministrativo pag. 33 Dall’Osservatorio nazionale del diritto di famiglia pag. 34 Clausole vessatorie, contatti di locazione e di compravendita immobiliare pag. 35 La mediazione vacante pag. 37 Segnali di fumo pag. 43 Giurisprudenza disciplinare pag. 50 Giurisprudenza chiuso in redazione il 5 dicembre 2012 Cronache dal Foro Parmense Anno XXI numeri 2 e 3 – giugno – ottobre 2012 Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma. Autorizzazione del Tribunale di Parma n.14 del 10 giugno 1992. Direttore responsabile: avv. Giuseppe Negri Comitato di redazione: avv. Nicola Bianchi, avv. Andrea Conforti, avv. Emanuela De Roma, avv.Valentina Gastaldo, avv. Alberto Magnani, avv. Alessandra Mezzadri, avv. Giuseppe Scotti Hanno collaborato a questo numero: avv. Daniela Barigazzi avv. Cecilia Barilli avv. Lorenzo Bianchi avv. Laura Cavandoli dott. Giuseppe Coscioni avv. Enrico Maggiorelli avv. Giovanni Mazzitelli avv. Marcello Mendogni dott. Roberto Pascarelli adwokat Jan Rolinski avv. Giacomo Voltattorni la sezione territoriale di Parma dell’Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia ESECUTIVO 05.indd 2 05/12/12 21:08

SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · pag. 27Autorizzazione del Tribunale di Parma Esercitare la professione di avvocato ... SERENA BOSCARATO: Parma, borgo ... MICHELE

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SOMMARIOpag. 3 Editoriale

pag. 5 Attività del Consiglio

pag. 6 Aggiornamento albi

pag. 5 Variazioni

pag. 8 Comunicazioni:

regolamento della pratica forense

pag. 9 Materiali: le principali mozioni approvate

dal XXXI Congresso nazionale forense

pag. 10 La dichiarazione comune sulla

responsabilità sociale dell’avvocato

pag. 11 Linee guida della riforma “Fornero”

pag. 13 Un anno di mediazione

pag. 16 Le sezioni specializzate in materia

d’impresa

pag. 25 La X Conferenza di CassaForense:

tra sostenibilità e solidarietà

pag. 27 Esercitare la professione di avvocato

inPoloniadal1945finoadoggi

pag. 29 Il secondo decreto correttivo al codice

del processo amministrativo

pag. 33 Dall’Osservatorio nazionale del diritto

di famiglia

pag. 34 Clausole vessatorie, contatti di locazione

e di compravendita immobiliare

pag. 35 La mediazione vacante

pag. 37 Segnali di fumo

pag. 43 Giurisprudenza disciplinare

pag. 50 Giurisprudenza

chiuso in redazione il 5 dicembre 2012

Cronache dal Foro ParmenseAnno XXI numeri 2 e 3 – giugno – ottobre 2012

Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Autorizzazione del Tribunale di Parma n.14 del 10 giugno 1992.

Direttore responsabile:avv. Giuseppe Negri

Comitato di redazione:avv. Nicola Bianchi, avv. Andrea Conforti, avv. Emanuela De Roma, avv. Valentina Gastaldo, avv. Alberto Magnani, avv. Alessandra Mezzadri, avv. Giuseppe Scotti

Hanno collaborato a questo numero:

avv. Daniela Barigazziavv. Cecilia Barilliavv. Lorenzo Bianchiavv. Laura Cavandolidott. Giuseppe Coscioniavv. Enrico Maggiorelliavv. Giovanni Mazzitelliavv. Marcello Mendognidott. Roberto Pascarelliadwokat Jan Rolinskiavv. Giacomo Voltattornila sezione territoriale di Parma dell’OsservatorioNazionale sul diritto di famiglia

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3

Da Milano a Barieditoriale

All’indomani dell’insediamento del nuovo Consiglio, in esito alle elezioni di fine gennaio vi è stato, nel successivo mese di marzo il Congresso straordinario dell’avvocatura a Milano; a distanza di otto mesi esatti si è tenuto nei giorni scorsi, a Bari nella splen-

dida cornice del rinato teatro Petruzzelli, il XXXI Congresso nazionale fornese.

In tale arco temporale la nostra professione, non certo immune dai pesanti riflessi di una grave e prolungata crisi economica di cui non si vede ancora la fine, è stata oggetto di numerosi provvedimenti normativi tendenti, con gli strumenti della decretazione d’urgenza e dei regola-menti ministeriali, a svilirne la natura ed a calpestare gli irrinunciabili principi di indipendenza, autonomia, dignità e decoro che ne costituiscono da sempre il fondamento.

Allora – a Milano – il concetto ispiratore dell’assise era compendiato nella titolazione “i diritti non sono merce”, volendosi con ciò affermare con forte determinazione che la professione dell’avvocato non è e non può essere considerata, e neppure in alcun modo assimilata a, un’at-tività di impresa che presta un servizio (quello legale) e dunque ribadire il primato del diritto sull’economia.

Il Congresso barese ha posto, invece, “i cittadini prima di tutto”.

Vi è un sottile ma ben visibile filo rosso ideale che lega i due Congressi, perché in entrambi e con entrambi si è voluto rivendicare la figura dell’avvocato quale difensore dei diritti secondo il ruolo che gli affida la carta costituzionale e dunque ancora una volta riaffermare la supremazia del diritto rispetto alle esigenze dell’economia ed il rifiuto di ancorare le regole che disciplinano l’avvocatura a meri parametri di mercato e di concorrenza.

L’auspicio e l’invito agli organismi – istituzionale e politico – rappresentativi dell’avvocatura riunita nel congresso di Milano erano quelli di compiere ogni passo e di assumere ogni ini-ziativa utile alla sollecita approvazione della legge di modifica dell’ordinamento professionale originariamente nella sostanza condivisa, pur con sfumature varie, da tutte le varie componenti dell’avvocatura stessa (oltre che dal CNF dalle Associazioni Forensi maggiormente rappresen-tative) ed all’epoca già approvata da poco meno di un anno e mezzo dalla camera dei Deputati e giacente in Senato.

Già allora, per la verità, avevano iniziato a manifestarsi segnali di dissenso e di dissociazione rispetto al consenso unitario originario, poi letteralmente esplosi dopo l’imposizione della disci-plina regolamentare via via varata nelle more e senza che si fosse riusciti a condividere gli inter-venti correttivi da introdurre per cercare di salvare la legge di riforma, con il serio rischio di offrire l’immagine avvilente di un’avvocatura, che notoriamente già non gode di buona stampa e del favore in generale di gran parte dei media (e non solo perché questi ultimi sono controllati

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4

da centri di potere ostili, ma anche per colpa propria) ripiegata su se stessa, spaccata e litigiosa.

A Bari, in effetti, vi erano tutti i presupposti per un’implosione perché al di là delle contrap-posizioni che sono parte della normale e necessaria dialettica congressuale che rifugga da piatti unanimismi, si è presentata una scelta di fondo da compiere: comunicare alla politica la volontà dell’avvocatura o di approvare rapidamente la legge con gli ultimi pur non esaltanti correttivi ottenuti (in materia di parametri, società di capitali, procedimento disciplinare, consulenza stra-giudiziale) o di non essere interessati alla legge stessa nella nuova veste assunta e senza significa-tive modifiche, lasciandosi disciplinare dai regolamenti conseguenti alla decretazione d’urgenza varata.

All’esito di un lungo ed acceso dibattito che ha visto, ancora una volta (dopo Milano), l’assenza del Ministro Severino (che pur certamente pressata da impegni vari ha però recen-temente trovato il tempo per assistere all’assemblea di approvazione del bilancio dell’Unione P.se degli industriali!) – circostanza che denota scarsa sensibilità istituzionale – e, viceversa, la presenza del Presidente del Senato (protagonista di un intervento equilibrato), nonché degli on.li Leone e Quagliarello (sonoramente fischiati dalla platea), fra le varie mozioni politiche presentate è stata approvata quella, centrale e di più rilevante portata, di dare mandato al CNF ed all’OUA “di porre in essere tutte le azioni necessarie per conseguire l’immediata approvazione della riforma nel testo approvato dalla Camera dei Deputati”.

La maggioranza (circa il 70%) con la quale detta mozione è stata approvata è forse l’elemento più saliente, in quanto una maggioranza più risicata avrebbe comunque evidenziato l’immagine di un avvocatura fortemente divisa al proprio interno.

Si è probabilmente in tal modo scelto il male minore perché questa legge, ove dovesse tagliare il traguardo dell’approvazione (anche se è lecito dubitarne per la brevità del tempo che ci separa dalla fine della legislatura e dalla molteplicità di leggi che attendono di essere approvate in non più di venti/trenta giorni di attività parlamentare) è largamente insoddisfacente sotto molti aspetti, ma ha perlomeno l’indubbio merito di vedere affermato il principio, mortificato da un processo di delegificazione che pareva inarrestabile, della specificità della professione forense nell’ottica non del riconoscimento di mediocri privilegi bensì del ruolo sociale di difensore dei diritti che la legge da sempre gli assegna.

Ci sono altri importanti aspetti emersi (ancora una volta, dopo Milano e prima ancora Genova) in sede congressuale e da affrontare nel prossimo futuro, tra i quali in primis, quello della governance, dei poteri e del ruolo del C.N.F. (che dovrà probabilmente essere ridisegnato, se si vorrà attuare il principio della separazione dei compiti amministrativi e regolamentali da quelli giurisdizionali), nonché della rappresentanza politica dell’avvocatura affidata all’O.U.A. e che ha visto, al Congresso di Bari, forse il suo tramonto nell’assetto attuale.

Ugo Salvini

editoriale

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5

ATTIVITA’ DEL CONSIGLIODal 27 giugno 2012 al 4 dicembre 2012 il Consiglio si è riunito 20 volte

Elenco delle presenze dei Consiglieri alle adunanze:

avv. Salvini n. 20avv. Gandini n. 18avv. Maggiorelli n. 16avv. Brianti n. 19avv. Bruno n. 20avv. Cagna n. 17avv. Coruzzi n. 18avv. De Angelis n. 20avv. De Sensi n. 19avv. Francalanci n. 20avv. Iorio n. 18avv. Mezzadri n. 17avv. Piombi n. 19avv. Silvagna n. 15avv. Ziveri n. 16

OPINAMENTO PARCELLE

Dal 27 giugno 2012 al 4 dicembre 2012 l’apposita commissione consiliare (ovvero il Consiglio) ha opinato n. 109 parcelle.

VARIAZIONIavv. PASQUALE D’ANTUONO: Parma, strada

G. Cavestro 12, tel. e telefax 0521/1991268, invariati cell., e-mail e posta elettronica certificata;

avv. FILIPPO BATTIONI: Fontanellato (PR), via Priorato 43, tel. 0521/825141 e telefax 0521/825551, invariati e-mail e posta elettronica certificata;

avv. GRAZIELLA CATANZARITI: Parma, strada Cavour 15, invariati tel., telefax, cell., e-mail e posta elettronica certificata;

avv. MARINA BOTTINI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. PATRIZIA GRISENTI: e-mail [email protected];

avv. LUANA CODELUPPI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. ALESSANDRO GAETANI: secondo studio,

Parma, viale Solferino 46, invariati tel. e telefax;

avv. MARCELLO FEDI: posta elettronica certificata studio [email protected];

dott. ANDREA CANTONI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. ERIKA SACCANI: e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

avv. BIAGIO CRAPAROTTA: Parma, galleria Polidoro 7, tel. 0521/1810666, telefax 0521/1810670, invariati cell., e-mail e posta elettronica certificata;

avv. ILARIA BROVARONE: Parma, strada Farini 40, tel. e telefax 0521/571782, invariati e-mail e posta elettronica certificata, casella UNEP 230;

avv. SARAH CONGIA: Parma, viale Campanini 29, telefax 0521/244096, invariati tel. e-mail e posta elettronica certificata;

avv. LUCIA DOSI: Parma, viale Campanini 29, telefax 0521/244096, invariati tel. e-mail e posta

PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

Dal registro dei reclami nei confronti degli iscritti dal 27 giugno 2012 al 4 dicembre 2012:

pervenuti n. 34archiviati n. 16disciplinari aperti n. 5 (di cui 3 riuniti)disciplinari celebrati n. 4 (di cui 2 riuniti)sanzioni disciplinari irrogate n. 1 censura n. 2 avvertimentiprocedimenti cautelari tenuti n. 0

RICHIESTE DI AMMISSIONE AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

dal 27 giugno 2012 al 4 dicembre 2012

pendenti n. 0pervenute n. 161ammesse n. 164 (di cui 3 pervenute prima del 27 giugno 2012 ed ammesse il 3 luglio 2012)non ammesse n. 0revocata n. 1

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6

ALBO AVVOCATI

ISCRIZIONI

ANTONIO CAGNA (3/7/2012)ELENA DI PADOVA (3/7/2012)MANUELA BOATTO (18/7/2012)FRANCESCO CANTARELLI (18/7/2012)DANIELE DE BELVIS (18/7/2012)MARIA CHIARA NOTO (18/7/2012)ROSALIA DI CRISTO (26/7/2012)SILVIA PARONI (4/9/2012)VINCENZO PANUCCIO (25/9/2012)LUCIA VISONE (9/10/2012)CRISTINA ORLANDINI (16/10/2012)VIRGINIA MORI (6/11/2012)

CANCELLAZIONI

GIOVANNI FASAN (delibera 4/9/2012 con decorrenza 1/9/2012)LUCIANA ROCCA dall’Elenco speciale degli avvocati (2/10/2012)CARLO GUELI a domanda (20/11/2012)DONATELLA GUELI a domanda (20/11/2012) Alla data del 20 novembre 2012 gli iscritti all’albo erano in numero di milleduecentotre.

PRATICANTI AVVOCATI

Iscritti: n. 48Cancellati: n. 22

PATROCINATORI LEGALI

Iscritti n. 7Cancellati: n. 9

AGGIORNAMENTO ALBI

elettronica certificata;

avv. ROBERTA TELLA: e-mail [email protected];

avv. DAVIDE GIRARDI: e-mail [email protected];

avv. SILVIA MARIA GRILLO: Parma, strada Farini 15, tel. 0521/230167, telefax 0521/206108, invariate e-mail e posta elettronica certificata;

avv. GIOVANNI BELLI: e-mail [email protected];

avv. GIANANTONIO BELLI: e-mail [email protected];

avv. SERENA BOSCARATO: Parma, borgo Garimberti 6, tel. 0521/482204, telefax 0521/280668, cell. 348/7282075, invariati e-mail e posta elettronica certificata;

avv. SIMONA COMELLI: casella UNEP N. 168;

avv. ENRICO PROST: casella UNEP N. 168;

avv. MICHELE FAVA: primo studio, Parma, viale Tanara 20/A, tel. 0521/242848, telefax 0521/781844, invariati cell., e-mail e posta elettronica certificata;

avv. LETIZIA CAVALLI: Parma, via San Leonardo 197/A, tel. e telefax invariati;

avv. GIUSEPPE SCANDALE: e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

avv. CLAUDIA ANNA RITA QUINTO: posta elettronica certificata [email protected];

avv. MARIANO ALBANESE: tel. 0521/1991268, telefax 1782283415, e-mail [email protected];

avv. ENRICO PIGORINI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. ISOTTA CORTESI: Parma, via Duomo 5, tel. 0521/1830143 – 0521/1830144, telefax 0521/1830171, e-mail [email protected], posta elettronica certificata invariata;

avv. MATTEA ANTONIA MESSINA: Parma, strada Cavestro 12, tel. 0521/232599, telefax 0521/204640, cell. 349/7364279, e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

dott.ssa GIULIA CURZIO: posta elettronica certificata [email protected];

avv. STEFANO BOSELLI: posta elettronica certificata [email protected];

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7

avv. DANIELE CARRA: Parma, viale F. Tanara 5, invariati tel., telefax, e-mail e posta elettronica certificata;

avv. SILVANA CERMINARA: Parma, viale F. Tanara 5, invariati tel., telefax, e-mail e posta elettronica certificata;

dott.ssa LAURA NOTARSTEFANO: posta elettronica certificata [email protected];

avv. CECILIA TANZI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. LUIGI RINALDI: e-mail [email protected];

avv. FRANCESCA ERENDA: Parma, strada della Repubblica 38, invariati tel., telefax ed e-mail;

avv. FABIO MASSIMO CANTARELLI: posta elettronica certificata studio [email protected];

avv. ENRICA COSCELLI: Parma, via Torelli 14, invariati tel., telefax, e-mail e posta elettronica certificata;

avv. SABRINA ALBERINI: telefax 0521/1562417;

avv. SIMONE ALBERICI: telefax 0521/633233;

avv. DANIELE DE BELVIS: telefax 0521/633233;

avv. LIBERO DEL SERE: telefax 0521/633233;

avv. STEFANIA TOMMASINI: e-mail [email protected];

avv. MARTINA CANELLA: Collecchio (PR), via Lemignano 2, tel. e telefax 0521/804706, e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

avv. DAVIDE SARTORI: Parma, piazzale Boito 1, e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected], invariati tel. e telefax;

avv. MATTEO FOLLONI: e-mail [email protected];

avv. CARLO MARIA MAGGIORELLI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. PAOLO MAGGIORELLI: posta elettronica certificata [email protected];

avv. GASPARE CARUSO: Parma, piazza Cesare Battisti 13, tel. 0521/286231, telefax 0521/633233, invariati e-mail e posta elettronica certificata;

dott.ssa MILENA RONDINONE: Noceto (PR)

loc. Ponte Taro, via C. Pavese 8, cell. 339/2476446, e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

avv. MONICA CALLAI: Parma, via Farini 5, telefax 0521/285265, casella UNEP 97, invariati tel. e-mail e posta elettronica certificata;

avv. SILVIA GATTI: Parma, strada Cavour 15, tel. e telefax 0521/711763, casella UNEP 274, invariati e-mail e posta elettronica certificata;

dott.ssa RAFFAELLA SANTORO: Parma, via Furlotti 8, invariati tel. telefax, e-mail e posta elettronica certificata;

avv. ERICA BRINDISI: e-mail [email protected], posta elettronica certificata [email protected];

avv. VITALIANO BACCHI: non più attivo lo studio sito in Parma, via Padre Onorio 1;

avv. MARCO VALENTI: primo studio Langhirano (PR), via XX settembre 49, tel., telefax, e-mail e posta elettronica certificata invariati, secondo studio Parma via Nazario Sauro 7, tel., telefax invariati;

avv. LINO VIGNALI – STUDIO ASSOCIATO: componenti dell’Associazione avv. Lino Vignali e avv. Francesca Vignali;

dott.ssa FRANCESCA GUIDARINI: praticante abilitata;

avv. SIMONE GABBI: Parma, via Carlo Magno 1/a, ufficio legale EFSA, invariati tel., telefax, e-mail e posta elettronica certificata;

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8

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9

Il XXXI Congresso Nazionale Forense, riunito in Bari dal 22 al 24 novembre, ha approvato alcune raccoman-dazioni e numerose mozioni, tra le quali quelle:

- sulla mediazione (in contrasto alla sua obbligatorietà

- sull’utilizzo per la giustizia dei tributi provenienti dal “settore giustizia”

- sulla situazione e sulle prospettive della Cassa Forense

- sulla riforma del corso di laurea in giurisprudenza

- sulla deducibilità fiscale delle spese di difesa in caso di assoluzione

- sulla formazione continua congiunta avvocati – magi-strati

- sulla partecipazione all’iter formativo di leggi e rego-lamenti

- sul sistema delle pene e sulla situazione carceraria

- sulle pari opportunità

- su giurisdizione, difesa dei diritti e valorizzazione del ruolo dell’avvocato anche fuori della giurisdizione

- sulla riforma dell’arbitrato e creazione di Camere arbi-trali presso i Consigli dell’ordine forense

- sulla “geografia giudiziaria” e la soppressione dei “Tri-bunali minori”

- sulla responsabilità civile dei magistrati

- sul sistema tributario, sostanziale e processuale

- sul “filtro” in appello.

CRONACHE pubblica le due mozioni più rilevanti, adottate con ampia maggioranza, con la richiesta di approvazione entro la presente legislatura della riforma dell’ordinamento professionale forense attualmente all’esame, in ultima lettura, del Senato, pur con l’indica-zione di necessarie modifiche da attuarsi nella succes-siva legislatura.

(Mozione n° 15)

“Il XXXI Congresso Nazionale Forense, riunito in Bari nei giorni 22, 23 e 24 novembre

Premesso

- che, in data 31 ottobre u.s., la Camera dei Deputati ha approvato la Riforma della Professione Forense;

che il testo, per quanto presenti serie di criticità, sicuramente in futuro emendabili, evidenzia e sotto-linea nello stesso tempo irrinunciabili principi fon-damentali (messi invece in discussione dai decreti governativi) quali la funzione sociale di garante dei diritti del cittadino, l’autonomia, l’indipendenza, la lealtà, la probità, la dignità, il decoro, la diligenza e la competenza dell’Avvocatura;

- che la professione forense non può essere regolata da decreti ministriali, ma esclusivamente da specifica legge ordinaria;

- che la Riforma propone una figura nuova e moderna della professione forense, in linea con le esigenze della nostra società;

- che la mancata approvazione della Riforma Forense costituirebbe, nella attuale situazione, un danno irreparabile;

tutto ciò premesso,

considerato che non ci sono più i tempi tecnici per la discussione politica su eventuali emendamenti al testo licenziato dalla Camera dei Deputati il 31 ottobre 2012 e che quindi non è più procrastinabile l’approvazione da parte del Senato della Riforma Forense,

DA MANDATO

al CNF ed OUA di porre in essere tutte le azioni necessarie per conseguire l›immediata approvazione della riforma nel testo approvato dalla Camera dei Deputati.”

materiali dal XXXI Congresso nazionale forense

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10

(Mozione n° 35)

“Il Congresso nazionale forense nel riaffermare la centralità del ruolo dell’Avvocato, insostituibile realizzatore del diritto di difesa dei cittadini costitu-zionalmente garantito,

denuncia

la costante opera di compressione e svilimento di tale ruolo e della stessa funzione giurisdizionale dello Stato,

manifesta

la propria contrarietà a tutte le iniziative che negli ultimi tempi hanno indebitamente compresso la funzione dell’avvocato nel processo e anche la giusta remunerazione della sua opera,

evidenzia

però come anche l’Avvocatura, nella costante difesa dei propri valori, debba assumere piena consa-pevolezza delle sfide che le vengono lanciate nel XXI secolo, adeguando le sue funzionalità da un punto di vista organizzativo e tecnologico, favorendo una preparazione generale e specialistica sempre mag-giore e adeguando anche la propria governance alle mutate esigenze della classe forense e della società,

ciò premesso

ribadisce

il dissenso verso una legislazione disarticolata e non risolutiva dei problemi delle professioni intel-lettuali, ivi compresa ogni forma di reintroduzione della mediazione obbligatoria,

delibera

a) di approvare la proposizione di ogni rimedio giudiziario da parte delle Istituzioni forensi, dell’OUA e delle Associazioni maggiormente rappresentative a tutela del decoro, della dignità, dell’indipendenza e della libertà dell’Avvocatura, anche al fine di evitare il persistente smantellamento dei valori e dell’effet-tività della giurisdizione, essenziale funzione dello Stato a tutela dei diritti dei cittadini oggi scoraggiati a ricorrervi dall’esponenziale aumento dei costi e dal restringimento della cognizione in grado di appello;

b) di richiedere al Parlamento, al Governo e a tutte le forze politiche la rapida approvazione della legge di Riforma dell’Ordinamento Forense entro questa legislatura, per modernizzare la figura dell’Avvocato e il suo ruolo socioeconomico, nell’al-

veo dei principi cardine della professione forense, modificando nella prossima legislatura:

1) la governance dell’Avvocatura: con l’introdu-zione di un principio di democrazia nell’ammini-strazione della professione secondo il principio “un Avvocato, un voto”, separando a livello nazionale la funzione disciplinare da quella amministrativa, senza sbarramenti anagrafici;

2) la Formazione professionale continua: con innalzamento dell’esonero dell’obbligatorietà della formazione permanente agli Avvocati con oltre 40 anni di anzianità d’iscrizione all’Albo e con una valorizzazione dell’offerta formativa dei Consigli dell’Ordine, delle Unioni Regionali e delle Associa-zioni maggiormente rappresentative;

3) le Specializzazioni: con l’affidamento delle spe-cializzazioni forensi all’Avvocatura e con l’adozione di una normativa di dettaglio, che possa consentire di formare effettivamente i professionisti specialisti secondo criteri improntati al merito, all’equità e alla reale competitività;

4) l’Accesso: con l’introduzione del numero pro-grammato a Giurisprudenza, per evitare che la pro-fessione forense continui ad essere il parcheggio di migliaia di disoccupati intellettuali negli Albi e per riaffermare il principio che l’Avvocatura non è un ripiego per chi non ha superato altri concorsi”.

materiali

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11

I rappresentanti delle Avvocature europee riuniti a Roma il 16 novembre 2012 in occasione della Terza Conferenza Europea su “Etica professionale e responsabilità sociale dell’avvocato europeo” organizzata dalla Scuola Superiore dell’Avvocatura

e dal Consiglio Nazionale Forense

Riaffermano che lo stato di diritto puó essere garantito soltanto da avvocati liberi e indipendenti. Tale indipendenza, in quanto fondamento del diritto inviolabile della

difesa, oltre che un diritto è anche un dovere deontologico dell’avvocato.

Ribadiscono che gli avvocati, nell’esercizio della professione, sono tenuti al rispetto di un’etica professionale costituita dai canoni deontologici e dai doveri e dalle

responsabilità verso gli altri per la tutela dei diritti umani e fondamentali.

Riaffermano che gli avvocati assolvono un funzione sociale dalla quale derivano responsabilità e doveri specifici.

Raccomandano che gli ordinamenti giuridici riconoscano esplicitamente la fun-zione sociale dell’avvocato intesa non solo come partecipazione alla corretta amministrazione della giustizia, ma anche come adempimento di inderogabili

doveri verso la collettività.Si impengano affinchè l’etica professionale ed in particolare i doveri inerenti alla responsabilità sociale dell’avvocato costituiscano temi essenziali della formazione

professionale dei giovani e continua.

Approvata in Roma nella sede del Consiglio Nazionale Forense il giorno 16 novembre 2012.

DICHIARAZIONE COMUNE SULLA RESPONSABILITA

SOCIALE DELL’AVVOCATO

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Il presente scritto riassume l’incontro avuto dai sottoscritti giudici del lavoro con i Sigg. Avvocati il giorno 18 luglio 2012 in merito alla cd. “riforma For-nero”; si tracciano di seguito alcune delle linee guida che i sottoscritti intendono seguire in sede di prima applicazione della legge

Per quanto riguarda le disposizioni processuali, il ricorso allo speciale rito introdotto dalla riforma viene considerato obbligatorio e non meramente opzionale; stante il tenore della norma che parla di controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licen-ziamenti nelle ipotesi regolate dall’art.18 della legge 20 maggio 1970, n.300 e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro , i sottoscritti giudici sono orientati a ritenere che rientrino nel rito speciale intro-dotto dalla riforma Fornero solo le cause nelle quali vi sia stato un vero e proprio licenziamento, posto che vi è un espresso riferimento ai licenziamenti nelle ipotesi regolate dell’art.18 della legge 20 maggio 1970 n.300, e non le cause nelle quali siano in discussione contratti a progetto,a termine, ecc. in cui si sostenga la natura a tempo indeter-minato del rapporto di lavoro e quindi la illegittima interruzione dello stesso; del resto, se spirito della riforma è quello di creare una corsia preferenziale per i giudizi aventi ad oggetto i licenziamenti, ritenere che tutte le cause in cui vi sia stata interruzione del rapporto di lavoro rientrino nel rito speciale signi-ficherebbe semplicemente spostare l’80-90% delle cause di lavoro da rito ordinario a rito speciale, con evidente inutilità della riforma.

Nel decreto di fissazione dell’udienza, il giudice indicherà alle parti se portare o meno eventuali informatori già alla prima udienza.

Per quanto riguarda i termini, quello sulla costi-tuzione del convenuto (non meno di cinque giorni prima dell’udienza) viene considerato perentorio applicando analogicamente l’art.416 c.p.c., per cui il convenuto che si costituisca dopo la scadenza del termine verrà considerato decaduto dalla possibilità di chiedere mezzi istruttori.

La gestione dell’udienza sarà improntata alla mas-sima celerità, per cui non verranno ammesse note di udienza o memorie, ma sarà il giudice a sintetizzare nel verbale le richieste delle parti; a seguito del dibat-tito sul punto, si è convenuto che potranno essere ammessi e depositati soltanto note scritte relative a nuovi capitoli di prova o nuovi testimoni che si siano resi necessari a seguito delle difese del convenuto.

A seguito dell’ordinanza conclusiva della prima fase, in mancanza di contrarie indicazioni tabellari i sottoscritti giudici non ritengono vi sia incompa-tibilità tra giudice della fase sommaria e giudice della fase successiva; vista la natura sommaria del

rito Fornero, non saranno conside-rati ammissibili ricorsi ex art.700 c.p.c. in materia di licenziamento Infine una annotazione sull’onere probatorio; dai primi commenti sulla riforma è emerso che, individuando il requisito dimensionale legitti-mante l’applicazione o l’esclusione delle tutele previste dal novellato art.18 l.n.300/70 come condizione dell’azione, il relativo onere proba-torio graverebbe sul lavoratore; la questione è, ovviamente, contro-versa, considerando che fino ad ora tale onere è sempre stato ritenuto

far capo al datore di lavoro, ma la soluzione contra-ria sembra preferibile in quanto il lavoratore, ricor-rendo al rito sommario, chiede l’applicazione di un rito applicabile solo per le cause di licenziamento soggette all’art.18 della legge n.300/70.

Nell’ipotesi in cui il ricorso cd Fornero venga pro-posto al di fuori dei limiti previsti dalla normativa, si ritiene di dover convertire il rito in applicazione ana-logica dell’art.4 D Lgs 150/2011; qualora invece tale conversione non risulti processualmente ammissibile (ad esempio per carenza di interesse alla relativa domanda), il ricorso verrà dichiarato inammissibile.

Conseguenze licenziamento illegittimo (art. 1, commi 42-43)

Per quanto riguarda i licenziamenti individuali, la riforma non modifica il regime delle causali che pos-sono giustificare il licenziamento (giusta causa o giu-stificato motivo, soggettivo o oggettivo), che riman-

Linee guida della riforma “Fornero”

il ricorso allo speciale rito introdotto dalla riforma viene considerato obbli-gatorio e non meramente opzionale La gestione dell’udienza sarà improntata alla massima celerità, per cui non verranno ammesse note di udienza o memorie, ma sarà il giudice a sintetiz-zare nel verbale le richieste delle parti

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gono quelli noti, ma modifica soltanto il regime degli effetti che conseguono ad un licenziamento illegit-timo.

Nulla cambia anche per quanto riguarda i requisiti dimensionali necessari per l’applicazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970.

Mentre prima della riforma l’effetto del licenzia-mento illegittimo era, sempre e soltanto, la reinte-grazione nel posto di lavoro, con il riconoscimento di tutte le retribuzioni e la contribuzione dovuta per i periodi ante reintegrazione, ora vi sono quat-tro diversi tipi di conseguenze che si applicano ad almeno dieci diverse fattispecie.

I quattro diversi tipi di conseguenze sono:

A) Regime della reintegrazione “pieno”, analoga all’attuale: reintegrazione; risarcimento “integrale” dei periodi pregressi dedotto il cd. aliunde percep-tum; opzione per le 15 mensilità;

B) Regime della reintegrazione “attenuato”: rein-tegrazione; limitazione a non più di 12 mensilità di retribuzione quale risarcimento per i periodi pre-gressi, dedotto l’aliunde perceptum nonché l’aliunde percipiendum, ma con versamento dell’intera con-tribuzione spettante tra il momento del recesso e quello della effettiva reintegrazione; opzione per le 15 mensilità;

C) Regime risarcitorio “pieno”: indennità risarci-toria onnicomprensiva da 12 a 24 mensilità;

D) Regime risarcitorio “attenuato”: indennità risarcitoria onnicomprensiva da 6 a 12.

Il regime della reintegrazione piena (A) si applica:

1) nel caso di licenziamento “discriminatorio” a vario titolo (ad es.. per cause di maternità, matri-monio ovvero licenziamento nullo tra cui quello per motivo illecito ovvero licenziamento orale);

2) nel caso di licenziamento collettivo, ove il licen-ziamento sia privo di forma scritta;

Il regime della reintegrazione attenuato (B) si applica:

1) nel caso di giustificato motivo soggettivo o di giusta causa per insussistenza del fatto contestato;

2) perché il fatto rientra tra condotte che nel ccnl sono punite con sanzioni conservative;

3) nel caso di licenziamento intimato illegittima-mente per ragioni di inidoneità fisica o psichica, in violazione della legge sui disabili, in violazione della disciplina del comporto per malattia;

4) nel licenziamento per giustificato motivo ogget-tivo, nel caso di “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”;

5) nei licenziamenti collettivi, nel caso di viola-zione di applicazione dei criteri di scelta.

Il regime risarcitorio pieno (C) si applica:

1) nella giusta causa o nel giustificato motivo sog-gettivo o oggettivo che non rientri nelle precedenti ipotesi;

2) nei licenziamenti collettivi, per vizi procedurali;

Il regime risarcitorio attenuato (D) si applica:

1) nel caso di licenziamento privo di motivazione scritta (in tal caso su domanda del lavoratore, il giu-dice dovrà accertare se c’è un mero vizio di forma o una vera e propria mancanza di motivazione. In quest’ultimo caso si applicano i regimi sanzionatori più rigorosi, a seconda dei casi menzionati);

2) nel caso di violazioni formali nei procedimenti che precedono il licenziamento.

Il sistema delineato dalla riforma presenta inoltre due norme che potremmo definire “di chiusura” e che hanno una finalità di carattere “anti-elusivo”:

a) in caso di licenziamento affetto da un “vizio di forma” (ivi inclusa l’assenza di motivazione scritta), per il quale trova applicazione il regime di cui alla lettera D, il giudice, su domanda del lavoratore, può accertare l’eventuale ulteriore difetto “sostanziale” di giustificazione del licenziamento. In tal caso, potrà trovare applicazione il diverso regime previsto per quest’ultima più grave violazione (regimi di cui alle lettere A, B e C).

b) per il licenziamenti intimati per giustificato motivo oggettivo, sempre su domanda del lavora-tore, il giudice potrà poi applicare il diverso regime di tutela previsto per i licenziamenti discriminatori o disciplinari laddove ne sussistano gli estremi.

Dott. Giuseppe Coscioni Dott. Roberto Pascarelli

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Il Nostro Organismo – quello istituito, cioè, dal Nostro Consiglio dell’Ordine – ha compiuto, lo scorso 27 Ottobre, un anno di attività.

E’ stato un anno intenso, ricco di avvenimenti, cul-minato con la sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 24 Ottobre che ha spazzato via l’obbli-gatorietà dal sistema.

Ma, nonostante ciò, non si può certamente dire che sia tutto perduto il lavoro svolto e le esperienze maturate. Anzi, il fatto che dopo la pronuncia della Corte vi sia comunque stata la presentazione di un certo numero di domande di mediazione facolta-tiva (in materie, però, ove, prima della sentenza della Corte vigeva l’obbligatorietà), testimonia il fatto di come il mondo dell’avvocatura abbia preso cono-scenza (e coscienza) dell’isti-tuto della mediazione e, nono-stante sia caduto il vincolo dell’obbligatorietà, si rivolga ad esso come primo step per la risoluzione delle controversie.

Ciò non può che fare onore alla figura dell’avvocato - che, mai come in questo momento viene accusato, da ogni dove, di difendere proprie prerogative e tornaconti- il quale, nell’interesse del Cliente, ha valutato utilmente esperibile, prima dell’istaurazione di un giudizio ordinario, il ricorso alla procedura di media-conciliazione.

Questo, infatti, non può che stare a significare che l’impatto avuto col sistema (obtorto collo, in virtù dell’obbligatorietà), ha comunque avuto risvolti posi-tivi se non altro perché ha “costretto” gli avvocati a prendere confidenza con un sistema (ammettiamolo: tutti noi siamo sempre un po’ reticenti ai cambia-menti, gli avvocati in modo particolare, forse anche a causa delle continue riforme degli ultimi anni che nulla hanno portato se non confusione ed incertezza del diritto) che non ha solo i tratti negativi dipinti a tinte fosche da alcuni settori dell’avvocatura asso-lutamente contrari all’istituto, ma ha anche risvolti positivi, consentendo, in taluni casi, di evitare l’insor-gere di un contenzioso, lungo e defatigante, oltre che dispendioso.

Un anno di esperienze maturate, infatti, ci con-sente di trarre le somme (anche se parziali) sulla effi-cacia dell’istituto.

Dati alla mano non possiamo nascondere che in alcuni settori e materie il sistema si è rivelato inef-ficace, dispendioso, in poche parole, inutile. Questi sono l’RC auto, le azioni per responsabilità medica, i contratti finanziari, le usucapioni.

Ciò in quanto il gioco degli interessi delle parti coinvolte prevale sulla volontà di trovare una riso-luzione amichevole della controversia: nell’RC auto, infatti, le parti hanno già in precedenza tentato – tra-mite i consueti contatti fra il liquidatore ed il legale – di addivenire ad un accordo; lo stesso dicasi per i con-tratti finanziari ove, a seguito della richiesta risarcito-

ria, normalmente si instaura un contatto fra i legali delle parti; nel campo della responsabilità medica, invece, la non sempre facile esatta individuazione delle responsabilità, le diverse figure coinvolte (struttura sanitaria, assicurazione, medici, ecc.), rendono spesso vano un tentativo amichevole di com-ponimento della vertenza. (Per le usucapioni non v’è bisogno

di alcun commento essendo ben chiaro a tutti come l’istituto sia fuori luogo in tale frangente.)

Inoltre, in tali ambiti, non vi è il contatto diretto fra le parti, importantissimo al fine di addivenire ad una composizione della lite, svolgendosi l’incontro – nei rari casi in cui questo può verificarsi a seguito dell’adesione della parte chiamata in mediazione – fra legali e/o delegati i quali, ovviamente, hanno limitati poteri dispositivi e non molto possono aggiungere alle valutazioni già fatte a priori dagli organi interni.

Diversa è invece la questione con riguardo alle controversie ove le parti sono coinvolte personal-mente: in questi casi il contatto diretto fra le parti – e proprio per questo è importante portare personal-mente gli assistiti agli incontri in mediazione – favori-sce il raggiungimento di un accordo.

Il mediatore, infatti, ha un campo di operatività

Un anno di mediazione

un’opportunità, un’opportunità di dare, alle legittime aspettative del pro-prio assistito, una risoluzi-one più celere rispetto a quella offerta dall’adire alla Giustizia ordinaria

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molto maggiore rispetto a quello dei legali delle parti potendosi spingere nelle sue considerazioni oltre, ove sarebbe consentito ai legali – in quanto gli stessi, ove ciò facessero, verrebbero inevitabilmente accu-sati dal proprio Cliente di non fare il loro interesse.

Il mediatore, per il suo carattere di terzietà, viene visto dalle parti, pur non essendolo, un po’ come un giudice, un giudice peraltro abbordabile – in contrap-posizione col Giudice tradizionale - in quanto vi è contatto diretto (la parte assistita vuole andare per-sonalmente in mediazione, così come vorrebbe poter andare personalmente in udienza ed esporre le pro-prie ragioni al Giudice), una persona alla quale libe-ramente esporre le proprie ragioni e sfogare le pro-prie ansie ed aspettative, una persona che la sta ad ascoltare; il mediatore, così, per il ruolo che riveste e per come viene visto dalle parti, per il suo carattere di terzietà, ha quindi la possibilità di interagire con le stesse con una maggiore efficacia rispetto ai legali che le assistono; il solo fatto di essere ascoltate e, in qualche modo, comprese, avvicina le parti e rende più facile il raggiungimento di una amichevole composi-zione della lite.

La capacità del mediatore – oltre che, natural-mente, in una buona conoscenza della materia – sta proprio nel saper comprendere le ansie e le legittime aspettative delle parti e nel trovare un punto di equi-librio fra i rispettivi diritti ed interessi; la conoscenza giuridica, pertanto, risulta sempre necessaria proprio perché è solo grazie ad essa che il mediatore può pesare e ponderare sui rispettivi diritti e mediare un accordo che sia bilanciato, oltre che sul piano emo-tivo, anche e soprattutto sul piano giuridico.

I risultati raggiunti in questo anno di attività testimoniano proprio tale stato delle cose; pur non essendo il numero di controversie sfociate in un accordo particolarmente elevato, purtuttavia, il via via crescente, nel tempo, numero di adesioni, sta a dimostrare che vi è interesse per l’istituto anche da parte dei “chiamati”, di coloro che, in teoria, dovreb-bero essere dalla parte del torto, destinatari-conve-nuti in ipotetici giudizi, segno evidente della volontà, comunque presente, di risolvere questioni ed attriti in essere.

Le materie ove si sono raggiunti più significativi risultati sono state le divisioni, i diritti reali, le suc-cessioni ereditarie, le locazioni. Anche il condominio è un ambito che ben si presta alla mediazione per

l’elevato grado di conflittualità che, più che in aule di giustizia, va risolto cercando di contemperare le posi-zioni e ciò proprio per garantire una pacifica convi-venza fra persone che abitano e (con)vivono in un ambito ristretto quale è il condominio.

I nostri iscritti hanno mostrato di aver apprezzato l’istituzione del Nostro Organismo e si sono rivolti ad esso in modo massiccio; basti pesare che in un anno di attività il Nostro Organismo ha ricevuto ben 529 domande di mediazione (di cui 466 nel 2012, fino alla data del 24 ottobre, data della pronuncia della Corte).

Il futuro della mediazione, venuto meno il vincolo dell’obbligatorietà, è ora tutto nelle mani degli avvo-cati; spetta a loro, infatti, valutare la proficua esperi-bilità della procedura e condurre la parte assistita in tale scelta; chiaramente non tutte le materie e tutte le controversie si prestano (il grave errore fatto dal legislatore, è stato proprio quello di aver imposto l’obbligatorietà aprioristicamente per tutta una serie di materie sottraendo al legale la valutazione sull’u-tilità o meno di esperire il tentativo di mediazione).

Per far questo, però, l’approccio deve avvenire con occhi nuovi: l’istituto della mediazione deve essere visto, infatti, non come un inutile perdita di tempo ma come un’opportunità, un’opportunità di dare, alle legittime aspettative del proprio assistito, una riso-luzione più celere rispetto a quella offerta dall’adire alla Giustizia ordinaria. L’avvocato deve quindi saper cogliere gli aspetti positivi che tale strumento offre, sia sul piano dei tempi che anche sul piano degli effetti dell’accordo eventualmente raggiunto in tale sede: non dimentichiamo, infatti, che il verbale di con-ciliazione vale, a differenza di un accordo transattivo raggiunto al di fuori di tale sede, come titolo esecu-tivo, con ogni evidente vantaggio ove lo si debba, in malaugurata ipotesi, far valere in via esecutiva; in tal caso, infatti, la via giudiziaria è assai veloce e spedita non essendo necessario più doversi premunire di un titolo esecutivo che, in alcuni casi, si potrebbe otte-nere solo dopo una pronuncia giudiziale.

Enrico Maggiorelli

S e g u e t a b e l l a

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2011 2012

MAPPATURA ORGANISMO DI MEDIAZIONE

OTTDIC

GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET TOTALE31/08/12

CONDOMINIO 0 0 0 2 2 4 8 3 2 1 22

DIRITTI REALI 5 6 6 4 6 4 6 5 1 2 45

DIVISIONE 3 2 3 1 6 2 2 0 0 3 22

SUCCESSIONI EREDITARIE 11 1 2 2 0 2 2 1 0 2 23

PATTI DI FAMIGLIA 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 1

LOCAZIONE 10 2 7 8 6 8 7 3 2 6 59

COMODATO 5 1 0 1 1 2 0 0 0 0 10

AFFITTO DI AZIENDE 0 0 0 0 1 1 0 1 0 1 4

RISARCIMENTO DANNI DA CIRCOLAZIONE

0 0 0 8 11 26 22 25 5 18 115

RISARCIMENTO DANNI DA RESPONSABILITA’ MEDICA

10 2 7 12 3 2 10 4 0 2 52

RISARCIMENTO DANNI DA DIFFAMAZIONE

1 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2

CONTRATTI ASSICURATIVI 9 0 1 7 3 4 7 5 0 6 42

CONTRATTI BANCARI 4 3 4 1 2 1 0 3 0 2 20

CONTRATTI FINANZIARI 1 2 3 1 0 0 3 1 1 2 14

ALTRO - FACOLTATIVA 4 1 1 5 8 3 11 4 0 1 38

TOTALE MEDIAZIONI ISCRITTE

63 20 34 52 49 60 78 56 11 46 469

% sul totale

% sui verbali

VERBALI DI CONCILIAZIONE

15 15 24 25 33 64 52 66 6 66 366 79%

di cui:

POSITIVI - CONCILIAZIONE AMICHEVOLE

1 3 2 4 5 8 9 13 1 5 51 11% 14%

NEGATIVI - MANCATA ADESIONE P/ CHIAMATA

9 10 15 6 17 43 31 33 2 50 216 47% 60%

NEGATIVI - MANCATA CONCILIAZIONE

5 2 7 13 6 11 10 15 1 11 81 18% 24%

RINUNCE AL PROCEDIMENTO

4 0 0 2 5 2 2 5 2 1 23 5%

RINVII (ancora pendenti) 34 10 12 30 23 29 24 26 0 28 216 47%

MEDIATORI ISCRITTI 53 53 53 53 53 63 63 63 63 62

MEDIATORI OPERATIVI 28 34 34 35 36 45 48 48 48 56

ORGANISMO DI MEDIAZIONE PRESSOIL TRIBUNALE DI PARMA

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SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Competenza per materia. – 3. Competenza per territorio. - 4. Con-nessione e simultaneus processus. – 5. Rapporto tra sezioni specializzate ed altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario. - 6. Composizione e funziona-mento. – 7. Aspetti procedimentali. – 8. L’attua-zione in concreto presso i tribunali e le corti d’ap-pello.

1. Premessa.

Il 22 settembre scorso1 sono diventate operative le Sezioni specializzate in materia di impresa, istituite dal d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infra-strutture e la competitività2,convertitoconmodificazionidallal.24marzo 2012 n. 273;quest’ultimaasuavoltamodificagliarticoli1-5 del d. lgs. 27 giugno 2003 n. 168, istitutivo delle sezioni spe-cializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale.

Nel contesto di riforme volte a restituire competitività alle imprese italiane, le sezioni specializzate in esame nascono dal dichiarato intento di politica economica di incoraggiare gli ope-ratori anche esteri potenzialmente interessati ad investire nel nostro mercato nazionale, ma preoccupati dalla qualità e durata dei contenziosi che ne possono nascere, offrendo una corsia preferenziale ed un giudice “specializzato” per la loro cognizio-ne.4

Alfinediperseguiretalepreminenteenonpiùprocrasti-nabile obiettivo, rispettando i vincoli di spesa pubblica imposti dalla congiuntura finanziaria in atto, il legislatore ha scelto diassegnare tali controversie - “senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato” (nuovo art. 1, comma 1, d. lgs. 168/2003) – a sezioni specializzate modellate su quelle già esistenti per la proprietà industriale ed intellettuale, per la positiva esperienza da queste finoraofferta, avendoegregiamente soddisfatto le esigenzedieconomia processuale e di specializzazione nei giudizi su materie economicamente rilevanti.

Sufficientementeeloquentealriguardoèilmodus operandi del legislatore, che ha dettato il nuovo regime attraverso la modificadellenorme istitutivedelle stesse sezioni inmateriaindustriale.

Le nuove sezioni, inizialmente iscritte nell’unitaria espres-sione “tribunale delle imprese” - poi abbandonata in sede di con-

1 L’art. 2, comma 6, d.l. cit. prevede infatti che le nuove disposizioni si applichino “ai giudizi instaurati dopo il centottantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione, avvenuta lo scorso 25 marzo.2 Pubblicato in Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Uffi-ciale - Serie generale - n. 19 del 24 gennaio 2012.3 Pubblicato in Supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 71 del 24 marzo 2012.4 Si legga la Relazione illustrativa al d.l. n. 1/2012.

versione del decreto istitutivo - si vedono in sostanza assegnate, daunlato, lecompetenzefinoraattribuiteallesezionispecia-lizzate per la proprietà industriale ed intellettuale, che in esse vengono assorbite, e, dall’altro lato, parte delle materie soggette, in un recente passato, all’abrogato rito societario, con l’aggiunta di alcune ulteriori eterogenee (es. violazione della normativa antitrust, esecuzione degli appalti pubblici “sopra soglia comunita-ria”), tutte accomunate dalla speciale rilevanza economica, come meglio si vedrà in seguito.

Per tale ragione, i primi commentatori rappresentano l’in-tervento normativo in esame come un ampliamento della com-petenza delle preesistenti sezioni in materia di proprietà indu-striale ed intellettuale, opportunamente rinominate, appunto, sezioni specializzate in materia di impresa. 5

A dispetto della originaria ed in parte equivoca denomina-zione, queste ultime non costituiscono un giudice speciale, né un “tribunale ad hoc”, bensì rientrano nella giurisdizione ordinaria ai sensi dell’art. 102, comma 2, della Costituzione: tale norma, com’è noto, nel vietare la creazione di giudici straordinari ospeciali – ulteriori rispetto a quelli già in essa richiamati - “sol-tanto” consente l’istituzione “presso gli organi giudiziari ordinari” di “sezioni specializzate per determinate materie, anche con la parteci-pazione di cittadini idonei estranei alla magistratura”.6

Mutando un quadro normativo ancora recente7, la riforma compie delicate scelte incidenti sulla giustizia civile in mate-rie di rilevante interesse anche economico, offrendo tuttavia una disciplina non del tutto compiuta, che richiede sostanziali integrazioni di carattere ermeneutico e pone questioni di non immediata soluzione. Ciò peraltro spiega come il nuovo regime abbia alimentato un dibattito che contrappone sostenitori e voci critiche. 8

5 V., fra gli altri, F. Santagada, Sezioni specializzate per l’impresa, accelera-zione dei processi e competitività delle imprese, in www.judicium.it; M. tavaSSi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corriere giuridico, n. 8-9/2012, pag. 1116.6 V., in argomento, C. ConSolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, Torino, 2012, pag. 7 ss.7 L’istituzione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale (d. lgs. 27 giugno 2003, n. 168) avveniva – peraltro con un certo ritardo – in ottemperanza alle prescrizioni comunitarie contenute nel Regolamento CE n. 207/2009 sul marchio comunitario (art. 95) e nel Regolamento CE n. 6/2002 sul modello comunitario (art. 80) - i quali imponevano agli Stati membri di attri-buire la competenza in dette materie ad “un numero per quanto possibile ridotto di tribunali nazionali di prima e di seconda istanza” - e recepite nell’art. 16, l. 12 dicembre 2002, n. 273 (Delega al Governo per l’istituzione di sezioni dei tribunali specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale).8 Assai critiche appaiono, ad esempio, le posizioni degli studiosi della materia industriale: v., tra i molti, g. Sena, Sezioni specializzate, in Rivista di diritto industriale, n. 3/2012, pag. 113 ss.; C. galli, Sezioni specializzate e tribunali delle imprese: inopportunità di un accorpamento, in www.altalex.com. Altri hanno sottolineato l’inadeguatezza della riforma a conseguire

Le sezioni specializzate in materia di impresa

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2. Competenza per materia.

La competenza per materia delle nuove sezioni specializzate èdescrittadall’art.3,d.lgs.n.168/2003,comesostituitodall’art.2,comma 1, lett. d), d.l. n. 1/2012, conv. dalla l. n. 27/2012, in forma di elenco, composto in gran parte per relationem mediante rinvio a norme di legge.

Ai sensi di tale norma vi rientrano, anzitutto, controversie già attribuite alle sezioni specializzate in materia di proprietà indu-striale ed intellettuale, ovvero:

a) quelle afferenti alla proprietà industriale “di cui all’art. 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e suc-cessive modificazioni” (cd. Codice della propria industriale) (lett. a), nuovo art. 3, comma 1, d.lgs. n. 168/2003): rinviando per il dettaglio delle materie al testo della disposizione appena richiamata,siricordanoatitoloesemplificativotraqueste:ipro-cedimenti giudiziari in tema di proprietà industriale (in senso stretto), quali quelli riguardanti marchi e altri segni distintivi, indi-cazionigeografiche,denominazionid’origine,invenzioni,modellid’utilità, disegni; i procedimenti giudiziari concernenti fattispecie di concorrenza sleale, escluse le fattispecie non interfe-renti neanche indirettamente con l’eser-cizio dei diritti di proprietà industriale, e in materia di illeciti relativi all’esercizio dei diritti di proprietà industriale di cui alla l. n. 287/1990, e di cui agli artt. 81 e 82, Trattato istitutivo della Comunità Europea, in quanto devolute al giudice ordinario, oltre alle materie legate da ragioni di connessione anche impropria a quelle di competenza delle sezioni specializzate; le controversie aventi ad oggetto le invenzioni dei lavoratori dipendenti e dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca di cui agli artt. 64 e 65 d.lgs. n. 30/2005; le controversie in materia di indennità di espropriazione dei diritti di proprietà industriale, in quanto siano devolute al giudice ordinario; le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti del Consiglio dell’ordine di cui al capo VI del d.lgs. n. 30/2005, di cui conosce il giudice ordinario;9

b) le “controversie in materia di diritto d’autore” (lett. b), nuovo art. 3, comma 1, d.lgs. n. 168/2003): deve ritenersi che tale espressione ricomprenda tutti i giudizi aventi ad oggetto l’accertamento (o fondati sull’esistenza) di diritti, morali e patri-moniali, sulle opere tutelate dagli artt. 2575 – 2583 c.c. e dalla l. n. 33/1941, in quanto rientranti nella giurisdizione ordinaria10,

obiettivi di maggiore speditezza dei contenziosi nella materia societaria: v. l. Panzani, Tribunale delle imprese: un intervento troppo timido che lascia l’Italia al palo sulla riscossione dei crediti, in Guida al diritto, n. 7/2012, pag. 7 ss.9 V.P. Celentano, Il commento, in Le società n. 7/2012, pag. 815; l. Serra, Tribunale delle imprese, in www.altalex.com.10 Da ultimo, la Cass., 23 febbraio 2012, n. 2777, in CED Cass. civ.,

ovvero sulle “opere dell’ingegno di carattere creativo che appar-tengono alla musica, alla letteratura, alle arti figurative, all’architet-tura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”, nonché sui “programmi per elaboratore” e sulle banche dati “che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore.” 11 A tal riguardo èverosimilechevengaariproporsilamedesimaquestionegiàposta rispetto alle sezioni specializzate per la proprietà indu-striale ed intellettuale, attinente all’estensione della competenza anche sui cd. diritti connessi al diritto d’autore, ovvero a quei diritti non rientranti fra quelli di cui agli artt. 1 e 2 l. n. 633/1941, ma comunque inquadrati a livello internazionale nella materia della proprietà intellettuale.12

Accantoaquestesonoaffidateallesezionispecializzateperl’impresa le controversie relative alla violazione della normativa antitrust interna e comunitaria, e precisamente:

c) le “controversie di cui all’articolo 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287” (lett. c), nuovo art.

3, comma 1, d.lgs. n. 168/2003) e quindi le “azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV” della legge medesima, ovvero in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza, abuso di posizione domi-nante ed operazioni di concentrazione (èdanotarsicheild.l.n.1/2012hapuremodificato l’art. 33, comma 2, legge n.287/1990 nella parte in cui attribuisce queste cause alla corte d’appello compe-

tente per territorio, disponendo che la violazione della relativa disciplina possa essere fatta valere davanti al “tribunale compe-tente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata” in materia d’impresa13);

d) le “controversie relative alla violazione della norma-tiva antitrust dell’Unione europea” (lett. d), nuovo art. 3, comma 1, d.lgs. n. 168/2003).

Alle sopra richiamate, si aggiunge la competenza su parte del contenzioso in passato celebrato secondo il cd. rito societario,

rv 621575, ha affermato la competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale sull’azione promossa nei confronti della SIAE per la ripetizione dell’indebito pagamento di diritti per l’utilizzazione economica di opere musicali, mentre spetta alla giurisdizione tributaria l’azione sempre promossa verso la SIAE ma per la ripetizione dell’indebito pagamento del costo dei contrassegni (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2011, n. 1780).11 Cfr. artt. 1 e 2, l. n. 633/1941. V. anche P. Celentano, op. cit., pag. 816.12 In arg. v. P. Celentano, op. cit., pag. 817.13 g. CorSi, e. riCCi, Tribunale delle imprese e attuazione in concreto da parte del Tribunale di Milano, in http://www.diritto24.ilsole24ore.com/sistemaSocieta/eventiBacheca/2012/09/.

Il dettagliato elenco par-rebbe prima facie rassicu-rare l’interprete occupato a definire la competenza delle sezioni; sennonché un più attento sguardo presto rileva le molte questioni poste dal testo

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con elencazione ampliata in sede di conversione14.

Dispone infatti il comma 2 dell’art. 3, d.lgs. n. 168/2003, che “Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società’ di cui al Libro V, Titolo V, Capi V, VI e VII, e Titolo VI, del codice civile (i.e. società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici), alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001” (cd. società europee), “e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003” (cd. società cooperative europee), “nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all’estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento, per le cause e i procedimenti:

a) relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’e-stinzione di un rapporto societario” (tra questi, ad es., l’impugna-tiva delle delibere degli organi sociali)15, “le azioni di respon-sabilità da chiunque promosse” (quindi, si ritiene, anche da parte dei fallimenti)16 “contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo, il liquidatore, il direttore generale ovvero il dirigente prepo-sto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneg-giati, le opposizioni di cui agli articoli 2445, terzo comma e 2482, secondo comma” (i.e. opposizione dei creditori sociali alla delibera assembleare di riduzione del capitale sociale, rispet-tivamente nella s.p.a. e nella s.r.l.), “2447-quater, secondo comma” (opposizione dei creditori sociali alla delibera di costituzione di un patrimonio destinato nella s.p.a.), “2487-ter, secondo comma” (opposizione alla delibera di revoca dello stato di liquidazione di una società di capitali), “2503, secondo comma” (opposizione dei creditori sociali alla delibera di fusione di società), “2503-bis, primo comma” (opposizione alla delibera di fusione di società da parte dei possessori di obbli-gazioni delle società partecipanti alla fusione), “e 2506-ter del codice civile” (opposizione alla delibera di fusione di società pro-ponibile dai creditori sociali e dai possessori di obbligazioni delle società partecipanti alla fusione);

b) “relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti” (si ritengono comprese tra questi, in quanto espressione del diritto di voto, anche le impugnative di delibere assembleari da parte dei soci)17;

14 L’originario tenore della norma di cui al testo non ricomprendeva infatti le controversie relative alle società a responsabilità limitata; alle società per azioni europee (SE), di cui al Reg. CE n. 2157/2001, alle società cooperative europee di cui al Reg. CE n. 1435 /2003, alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costitute all’estero.15 g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.16 g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.17 g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.

c) “in materia di patti parasociali, anche diversi da quelli regolati dall’articolo 2341-bis del codice civile;

d) aventi ad oggetto azioni di responsabilità promosse dai creditori delle società controllate contro le società che le controllano;

e) relativi a rapporti di cui all’articolo 2359, primo comma, numero 3)” (ovvero i rapporti riguardanti le società controllate), “all’articolo 2497-septies” (rapporti relativi all’attività di direzione e coordinamento fra società, inclusa l’in-fluenzadominante,derivantidaparticolarivincolicontrattualiex art. 2350, comma 1, n. 3, c.c.)18 “e all’articolo 2545-septies del codice civile” (società cooperative);

f) “relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una delle società di cui al presente comma, ovvero quando una delle stesse partecipa al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti siano stati affidati, ove comunque sussista la giurisdi-zione del giudice ordinario”19: tali contenziosi si riferiscono dunque all’esecuzione dei contratti “sopra soglia” comunitaria stipulati con le suddette tipologie societarie; da tale innovativa disposi-zione, lacuiopportunitàèstata inveroposta indubbio20, sièdedotto che anche la competenza a decidere sulla impugnazione di nullità ex art. 829 c.p.c. dei lodi arbitrali pronunciati ai sensi dell’art. 241 d. lgs. n. 163/2006 (cd. Codice appalti) spetti ora, nonpiùallacorted’appello,maallesezionispecializzateistituitepresso quest’ultima. 21

Nel precisare che tali competenze si riferiscono sia alle “cause” che ai “procedimenti”, il legislatore sembra lasciare intendere che la competenza delle sezioni specializzate si estenda sia ai giudizi contenziosi, di merito e cautelari, che ai procedimenti non contenziosi, ascrivibili alla cd. giurisdizione volontaria, di carattere unilaterale o plurilaterale. 22

Il dettagliato elenco appena scorso parrebbe prima facie rassicurarel’interpreteoccupatoadefinirelacompetenzadellesezioni;sennonchéunpiùattentosguardoprestorilevalemoltequestioni poste dal testo.

Queste non dipendono soltanto dai frequenti rinvii a con-cetti giuridici, che richiedono un passaggio ermeneutico inter-medio: si pensi soltanto alle controversie “in materia di diritto d’autore”, ai procedimenti relativi “a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario”, nonché alle “partecipazioni sociali” e “diritti inerenti” (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 168/2003).

Dipiù,dubbioèchesitrattidielencazionetassativa,preva-

18 g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit. Si discute se siano incluse anche le cause su rapporti fra società non di capitali; in senso affermativo l. Serra, op. loc. cit.19 Comma 2, art. 3, decreto legislativo 168/2003. 20 v. SalaFia, Il commento, in Le società 2/2012, pag. 155.21 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 822.22 a. Motto, op. cit., pag. 604.

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lendo piuttosto fra i primi commenti l’opposta tesi della natura esemplificativa.

Per tale via vengono fatte rientrare nella competenza “socie-taria” delle sezioni specializzate controversie ulteriori, indivi-duate per attiguità a quelle già espressamente incluse nel campo di operatività delle sezioni; tra queste, in particolare: quelle rela-tive al recesso o all’esclusione del socio; i procedimenti di cui all’art. 2409 c.c.; le opposizioni dei creditori alle trasformazioni eterogenee delle società di capitali loro debitrici; ogni impugna-tiva da parte dei soci, degli amministratori o dei sindaci delle deliberazioni/decisioni degli organi sociali che non implichino modifichedell’attocostitutivo;leazionidiresponsabilitàex art. 2497 comma 1 c.c. da parte dei soci di società sottoposte alla direzione e coordinamento di altri enti nei confronti di questi ultimi; le impugnative delle decisioni degli arbitratori23; ed ancora: i procedimenti per la nomina del liquidatore; per la convocazione dell’assemblea su richiesta dei soci; per la nominadell’espertoaifinidellastimadeiconferimenti o del patrimonio sociale; la nomina del rappresentante comune degli obbligazionisti. 24

Il legislatore tuttavia non enuncia i cri-teriapplicabilialfinediun’esaustivarico-gnizione; cosicché dalla su esposta opzione, laddove accolta, deriverebbe un’incertezza sullacompetenzadiquestiufficiforieradiimmaginabili e preoccupanti ripercussioni sui processi.

Interpretando a contrario le disposizioni dell’art. 3, d.lgs. 168/2003, restano escluse dalla competenza delle sezioni spe-cializzate per l’impresa le cause relative a società di persone, a società di fatto, ai rapporti di natura associativa o consortile,25 sempre che tali società non siano sottoposte o non esercitino direzione e coordinamento ai sensi del nuovo comma 2, art. 3, d.lgs. n. 168/2003, rispetto alle società in precedenza elencate, e sempre che non sussistano ragioni di connessione rilevanti come sopra visto.

Si ritiene, con gli stessi limiti, che siano esclusi pure i con-tenziosirelativiarapporticommerciali,finanziariebancaritrale imprese. 26

Inoltre, si è già fatto criticamente notare come le nuovedisposizioni non consentano l’attribuzione alle sezioni di una serie ulteriore di contenziosi che per contiguità avrebbero potutopiùopportunamenteesserviassegnati,ovvero:quellirela-tivi alla concorrenza sleale cd. “pura” (ovvero quella che neppure indirettamente interferisce con i diritti di proprietà industriale), le controversie in tema di pubblicità ingannevole e comparativa

23 Cfr. in tal senso P. Celentano, op. loc. cit., pag. 817 ss. 24 V. F. Santagada, op. cit., pag. 13, nota 36. 25 a. Carratta, op. loc. cit. 26 a. Motto, op. cit., pag. 603.

ai sensi del d.lgs. n. 145/2007, le liti in tema di pratiche commer-ciali scorrette di cui al d.lgs. 206/2005 e quelle relative all’abuso di dipendenza economica ai sensi dell’art. 9, legge n. 192/1998. 27

In sedediconversionedeld.l.n.1/2012èstata infineeli-minata dal testo la proposta competenza sulle class actions, per ragionidiopportunitàpercertiversicondivisibiliesucuinonèil caso di soffermarsi in questa sede.28

Va ricordato, inoltre, che ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 168/2003, il presidente del tribunale o della corte d’appello può assegnare ai giudici della sezione specializzata in materia d’impresa anche la trattazione di processi diversi dai precedenti, “purché ciò non comporti ritardo nella trattazione e decisione delle controversie di sua competenza”.

La disposizione, che ricalca quanto già previsto per le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, conferma la fun-

zionedi“corsiapreferenziale”affidataalleneo-istituite sezioni.29

3. Connessione e simultaneus processus.

Ai sensi del nuovo art. 3, comma 3, d. lgs. n. 168/2003, le sezioni specializzate sono competenti anche “per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di con-nessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”, ovvero con tutte le cause espressamente assegnate alla loro competenza.

Lanormaèchiaramentevoltaafavorireilsimultaneus pro-cessus30; il meccanismo persegue l’economia processuale, ma produceanche,nellospecifico, lamassimavalorizzazionedellacompetenza specialistica delle sezioni, che risulta assunta quale fonte di vis attractiva.

Illegislatoreperòtacesullaconnessionerilevanteatalfineesui criteri di competenza così derogabili.

L’espressione normativa “ragioni di connessione”, in nessun modo circoscritta, si presta ad interpretazioni estensive, che tut-tavia richiedonouna attenta verifica.Mentre, infatti, nonparesussistano ragioni evidenti di carattere letterale e sistematico incompatibili con l’applicazione della regola ad ogni forma di connessione oggettiva di tipo proprio31 ed improprio,32 diver-

27 M. tavaSSi, Dalle sezioni specializzate della proprietà industriale e intellettuale alle sezioni specializzate dell’impresa, in Corriere giuridico, n. 8-9/2012, pag. 1120. 28 V. per un approfondimento F. Santagada, Sezioni specializzate per l’impresa, accelerazione dei processi e competitività delle imprese, in www.judicium.it, pag. 6 ss.29 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 828.30 a. Motto, op. cit., pag. 604.31 Cfr. g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.; a. Carratta, La “semplificazione” dei riti e le nuove modifiche al processo civile, Torino, 2012, pag. 203.32 Ovvero fondata sulla identità delle questioni di diritto o di fatto, dalla cui soluzione dipenda la decisione delle cause connesse: v. per

L’espressione norma-tiva “ragioni di connes-sione”, in nessun modo circoscritta, si presta ad interpretazioni estensive, che tuttavia richiedono una attenta verifica

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samente deve dirsi con riguardo alla connessione meramente soggettiva, che viene tendenzialmente esclusa.33

La competenza per connessione così definita, secondo latesi prevalente, consentirebbe di derogare a qualsiasi criterio di competenza (territoriale semplice, per materia, per valore), con il solo limitedella competenza funzionale: è il caso, adesem-pio, della competenza del giudice del registro delle imprese e di quella del tribunale sul procedimento per la dichiarazione di fallimento. 34

Ed inoltre, il simultaneus processus potrà attuarsi ex ante, per iniziativa dell’attore, ma altresì a posteriori, ed anche d’ufficio.Quest’ultimo meccanismo, secondo una prima ricostruzione, si realizzerebbe mediante il regime di cui all’art. 40 c.p.c.: qualora la domanda connessa fosse proposta in autonomo processo la connessione sarebbe dichiarata dal giudice adito a favore di quello specializzato35; tuttavia, l’applicazione della predetta disci-plina speciale ne soffrirebbe anche i limiti in quanto riferita alle sole ragioni di connessione di cui agli articoli 31 - 36 c.p.c.36, mentre un’accezione lata di connessione, ove assunta quale rilevante nelle controversie in questione, richiederebbe uno strumentocapacedellapiùampiaoperatività;pertaleragioneappare suggestiva altra tesi37, secondo cui il giudice adito succes-sivamente per la sola causa connessa dovrebbe diversamente dichiarare la propria incompetenza e, per questa via, determi-nare la riassunzione davanti alla sezione specializzata della causa dinanzi a sé proposta.

4. Competenza per territorio.

La dislocazione delle sezioni specializzate ed il conseguente ripartodicompetenzaterritorialeèmutatonelcorsodelladefi-nitiva promulgazione del provvedimento di legge, in recepimento di istanze e pareri38 prontamente mossi sul progetto originario, anche da parte di alcuni fori esclusi.

tutti C. ConSolo in Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, cit., pag. 230 ss. Favorevole all’estensione P. Celentano, op. loc. cit., pag. 823; M. tavaSSi, op. loc. cit., pag. 1119; in termini dubitativi v. a. Motto, op. cit., pag. 604. 33 Esclude la connessione meramente soggettiva P. Celentano, op. loc. cit., pag. 823; la ammette, invece, a. Carratta, op. loc. cit.34 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 823. Diversamente, con riferimento alla competenza per territorio inderogabile, a. Motto, op. cit., pag. 604. 35 a. Motto, op. cit., pag. 604.36 V. per tutti, g. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, Bari, 2009, pag. 179.37 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 823. 38 Si legga in particolare il parere reso dal Csm ai sensi della legge 24 marzo 1958, n. 195, con delibera del 22 febbraio 2012, che si esprimeva negativamente sulla competenza “pluridistrettuale” originariamente concentrata in 12 sezioni e proponeva l’istituzione delle sezioni presso i tribunali del capoluogo di regione, senza escludere “in casi eccezionali …in conseguenza dei flussi e delle caratteristiche del territorio…alcuni minimi accorpamenti” ovvero, in subordine, l’istituzione delle sezioni presso i tribunali capoluogo di distretto, sempre al fine di garantire “…da un lato, la creazione di sezioni sufficientemente specializzate e, d’altro canto, una ragionevole accessibilità per gli utenti”.

Si è così assistito ad un progressivo incremento di sedi:inizialmente previste nel numero di 12, coincidenti con le ori-ginarie sezioni specializzate in materia di proprietà industriale (originario testo del d.l. n. 1/2012: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste, Venezia),infasediconversionesièprevi-sta l’istituzione anche presso il tribunale e la corte d’appello di Brescia ed ancora presso i tribunali e le corti d’appello degli altri capoluoghi di regione (L’Aquila, Potenza, Catanzaro, Ancona, Campobasso, Cagliari, Trento e Perugia), ad eccezione della sola Aosta, per la quale, non essendo sede dicorted’appello,èespressamente indicata lacompetenzadiTorino, così pervenendo all’attuale assetto di 21 fori territoriali. 39

Tuttociòèquantorisultadaltenoreletterale,nellaversionedefinitiva,dell’art.1d.lgs.n.168/2003.

Laregolaoperativaperindividuarelacompetenzaèinfinedescritta dal nuovo art. 4 del d.lgs. n. 168/2003 (Competenza territoriale delle sezioni), ai sensi del quale “Le controversie di cui all’articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell’articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d’ap-pello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le con-troversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d’appello”.

5. Rapporto tra sezioni specializzate ed altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario.

Tra le questioni di maggiore interesse pratico lasciate irri-soltedallariformavièquellavoltaachiarirelanaturadelrap-

39 Tale incremento non ha peraltro accontentato tutti i reclami. Tra questi, quello del foro di Reggio Calabria (con mozione n. 69 del 2/8/2012 – che può leggersi per esteso in http://www.consiglioregionale.calabria.it/hp2/dett_sindisp.asp?Atto=Mozione&Numero=69) il consiglio regionale della Calabria impegnava la giunta regionale “ad intervenire presso il Governo, affinché venga rivisto il criterio di scelta delle sedi presso le quali istituire le sezioni specializzate in materia d’impresa e che, sulla base del principio di uguaglianza, in ogni sezione autonoma di Corte d’Appello e quindi anche a Reggio Calabria, venga istituita una sezione specializzata in materia d’impresa”; il Parlamento non avrebbe tenuto in conto che anche a Reggio Calabria esiste una sede autonoma di corte d’appello, determinando una grave violazione dell’art. 3 della Costituzione Italiana; infatti la decisione del Parlamento di istituire il tribunale delle imprese con dislocazione nei capoluoghi di Regione creerebbe ai cittadini e alle aziende, che hanno necessità di rivolgersi al tribunale, notevoli difficoltà per ottenere giustizia, in quanto costretti ad affrontare distanze e quindi aggravi di costi) e del foro di Bolzano, che pure ha rivendicato l’istituzione di un proprio tribunale delle imprese (la proposta è del presidente della Camera di commercio, Michl Ebner, motivata sull’esigenza di rispettare il processo bilingue italiano-tedesco: V. http://www.ilnordest.info/index.php?option=com_content&view=article&id=1055%3Atribunale-delle-imprese-rivendicata-una-sezione-a-bolzano&Itemid=9).

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porto corrente fra sezione specializzata ed altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario, ovvero a stabilire se la prima comele seconde costituisca una mera articolazione interna oppure diversamente un organo dotato di propria competenza in senso tecnico.40

Dalla soluzione accolta dipende il regime applicabile alla erroneaindividuazionedell’organodinanzialqualeèradicatalalite, poiché in un caso l’errore potrebbe essere sanato senza conseguenze di rilievo da un provvedimento di riassegnazione della causa, mentre, nel secondo, esso darebbe luogo ad una pro-nuncia di incompetenza.

Vero che, laddove si trattasse di un rapporto di compe-tenza e questo fosse violato, il meccanismo di translatio iudicii descritto dall’art. 50 c.p.c. servi-rebbe ad attenuare le conseguenze derivanti dall’aver adito un giudice incompetente, poiché esso consente alle parti di continuare il giudizio tempestivamente riassunto dinanzi al giudice dichiarato competente e di conservare gli effetti prodotti dalla originaria domanda giudiziale41; tale percorso, tuttavia, verrebbe comun-que ad incidere sulle spese, ritar-dando inoltre l’iter procedimentale.

Nel panorama delle opinioni sul tema, la tesi che ascrive il rapporto tra sezioni ad una mera organizzazioneinternaall’ufficio,diffusaspecialmentepressounaparte della dottrina42 e la giurisprudenza di merito43,èstatadirecente avallata dalla Corte di cassazione, con la pronuncia del 22 novembre 2011 n. 24656 44, resa con riferimento alle sezioni specializzate in materia industriale: essa nega alle sezioni la natura diufficiogiudiziarioautonomomuovendodaalcunirilieviancheletterali, primo fra tutti la possibilità descritta dall’art. 2, d.lgs.

40 Nessun dubbio, invece, nemmeno nel pregresso dibattito si poneva circa il fatto che si trattasse di questione di competenza nei rapporti tra sezione specializzata e altro ufficio giudiziario sprovvisto di propria sezione specializzata. Per una sintesi sulla questione, da ultimo, M. naj oleari, Assegnazione snella al tribunale delle imprese, in Il Sole 24 Ore, 09 ottobre 2012.41 C. ConSolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Profili generali, Torino, 2012, pag. 54 s.42 M. SCuFFi, La competenza per materia e per territorio delle sezioni specializzate, in Rivista di diritto industriale, 2006, pag. 78; a. giuSSani, Le sezioni specializzate per la proprietà industriale ed intellettuale e l’art. 25 Cost., in a. giuSSani, Saggi sulle tutele dell’impresa e dall’impresa, 2007, pag. 10. Contra l. C. uBertazzi, Le sezioni specializzate in materia di proprietà intellettuale, in Rivista di diritto industriale, 2003, I, pag. 219; i. M. Prado, Sezione specializzata e assegnazione della causa, ivi, 2006, pag. 582 ss.43 Trib. Milano, 1 giugno 2009, in Rivista di diritto industriale, 2011, pag. 233; Trib. Torino, 24 aprile 2008, in Foro italiano, 2009, I, 1285; Trib. Milano, 13 luglio 2006, in Rivista di diritto industriale, 2006, pag. 582; nonché, da ultimo, trib. Torino, 13 luglio 2012. 44 In Foro italiano, 2012, I, c. 95.

n. 168/2003, di vedere assegnata a queste sezioni la trattazione di processi diversi da quelli di competenza per materia; inoltre, l’uso normativo del termine competenza riscontrabile anche in altrenormechepacificamentenonindividuanoufficigiudiziariautonomi, come gli articoli 413 c.p.c. e 24 l.fall.; conseguente-mente, l’ordinanza ha dichiarato inammissibile il regolamento ex art. 42 ss. c.p.c. avverso i provvedimenti che decidono sulla com-petenza della sezione specializzata.

Tale pronuncia rappresenta tuttavia una posizione isolata nella giurisprudenza di legittimità, il cui consolidato orienta-mentoqualificavainvece“come attinente alla competenza la que-stione relativa alla attribuzione dei giudizi al tribunale ordinario o alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellet-

tuale”. 45

Rispetto alle sezioni specializzate in materia di impresa pare destinata a proporsi la medesima dicotomia; perora,indifettodispecifichepro-nunce, i primi commenti in dottrina offrono interpretazioni difformi.

Un primo orientamento, infatti, sposa la tesi del giudice di legittimità appena ricordata, escludendo l’impu-gnabilità con regolamento di compe-tenza dei provvedimenti di rimes-sione dalla sezione specializzata

a quella ordinaria della medesima sede di tribunale o di corte d’appello,eviceversa,ritenendocheconfiguri inveceunaque-stione di competenza riservata all’eccezione di parte l’aver adito un tribunale sprovvisto di sezione specializzata, salva comunque la competenza funzionale inderogabile di cui all’art. 28 c.p.c.46

Una diversa opinione, che sembra prevalere in dottrina, valorizza invece le nuove sezioni quali organi giudiziari senz’altro dotati di una propria competenza in senso tecnico, ancorché costituentiarticolazioniorganizzativedipiùcomplessiufficigiu-diziari; fra gli argomenti proposti, tale ricostruzione ricorda la diretta istituzione ex lege di queste sezioni, che sono dal legisla-toreunivocamentedefinite specializzate e ripartite secondo una dislocazione territoriale selettiva; l’attribuzione di competenze permateria,espressamentedefinitecometalidallalegge;infine,la ratio e la stessa connotazione dei nuovi organi, fondata sulla specifica professionalità dei loro componenti, che impone ditenerne conto nei rapporti di questi con le altre sezioni.47

45 Cass., 14 giugno 2010, n. 14251, in Rivista di diritto industriale, 2011, pag. 229 ss. In preced., Cass., 25 settembre 2009, n. 20690, ivi, 2010, pag. 50 ss.46 g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit. Propensa alla natura non autonoma delle sezioni anche l. tenaglia, L’istituzione del Tribunale delle imprese, in Corriere giuridico, Speciale, n. 2/2012, pag. 78 s.47 V. per tutti P. Celentano, op. loc. cit., pag. 825 s.; M. tavaSSi, op. loc. cit., pag. 1119; C. ConSolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, III, Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze, Torino 2012, pag.

chiarire la natura del rapporto corrente fra sezione specializzata ed altre sezioni dello stesso uffi-cio giudiziario, ovvero a stabilire se la prima come le seconde co-stituisca una mera articolazione interna oppure diversamente un organo dotato di propria compe-tenza in senso tecnico

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Nel dubbio, chiaramente, quest’ultima soluzione dovrà aller-tare le scelte attoree.

6. Composizione e funzionamento.

Comesièdetto,lenuovesezionispecializzatecostituisconodunqueorganidegliufficigiudiziariordinari,inquadrabilinelpre-cetto costituzionale dell’art. 102.

Nonèchiaroperaltroseglistessipresentinoanchelacon-notazione propria delle sezioni specializzate quanto alla com-posizione,cheviconsentirebbe lapartecipazione,afiancodeicomponenti magistrati, di “cittadini idonei estranei alla magistratura”sceltiperlaspecificaprofessionalitànellamate-ria affidata alla loro cognizione: 48 le norme istitutive infatti si limitano a disporre che “I giudici che compongono le sezioni spe-cializzate sono scelti tra magistrati dotati di specifiche competenze” (nuovo art. 2, comma 1, d.lgs. n. 168/2003).

L’assoluta mancanza di riferimenti a tali soggetti esterni non togati lascia ragionevolmente escludere, allo stato, la possibilità per questi ultimi di entrare a far parte dei nuovi organi.

Per quanto riguarda le componenti “togate”, il nuovo art. 1, comma 1 bis, d.lgs. 168/2003, prevede soltanto che “L’isti-tuzione delle sezioni specializzate non comporta incrementi di dota-zioni organiche”; la successiva lett. b) dispone, come già ricordato, che i giudici investiti di tali funzioni debbano essere scelti per le “specifiche competenze”.

Altro non precisa la legge in ordine ai criteri di selezione dei giudici49, rimessi pertanto ad una certa discrezionalità in fase attuativa.

Quanto ai profili organizzativi delle singole sezioni, dal testo delle norme rilevanti si desume che:

a) nei tribunali e nelle corti d’appello aventi sede in tutti i capoluoghi di regione eccetto che nel tribunale d’Aosta, nonché nei tribunali e nelle corti d’appello di Brescia e di Catania, le sezioni sono istituite direttamente ex lege, senza incremento delle relative dotazioni organiche; pertanto, esse vanno incluse nelle“tabelle”diorganizzazioneditaliufficicondecorrenza22settembre 2012;

226, e id., ivi, II, Profili generali, cit., pag. 50, secondo cui l’attribuzione di specifiche competenze per materia rende inapplicabile la regola generale per cui il riparto del contenzioso fra sede centrale e sezione distaccata del tribunale non origina una questione di competenza; la devoluzione o meno di una controversia alla sezione specializzata comporta dunque una questione di competenza, con quanto ne consegue sul regime di rilievo e “sanatoria”.48 In considerazione di tale rilievo, autorevole dottrina ha qualificato le sezioni specializzate un “quid medium” tra giudice ordinario e giudice speciale (Attardi, come ricordato da C. ConSolo in Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, cit., pag. 9.49 Previsti invece dal cd. “Progetto Mirone” del 2001, tradottosi nel d.d.l. C. 7123/XIII, ma mai approvato in legge, per l’istituzione di “sezioni specializzate nella trattazione dei procedimenti che richiedono un elevato grado di conoscenza dei settori economico e finanziario”.

b)èprevistal’istituzionediunasolasezioneperciascunodeitribunali e delle corti d’appello individuati (arg. ex art. 1, comma 1 bis, commi 4 e 5) 50;

c)ognisezioneèrettadaunpresidente,diversodalpresi-dentedeltribunaleedellacorted’appellopressocuièistituita,edalqualesonoaffidatelecompetenzeriservatedallaleggeaquest’ultimi (nuovo art. 5, D.Lgs. n. 168/2003); a tal proposito, si notifind’oracomeinfaseattuativataleprincipioabbiaricevutodiversificataapplicazione,inconformità,delresto,alleindicazioniin tal senso giunte dal Csm: si segnala in particolare la sezione specializzata presso il tribunale di Milano, suddivisa, a quanto consta, in due sotto-sezioni, ciascuna presieduta da un proprio presidente (v. anche infra);

d) la legge non predetermina il numero minimo dei magistrati componenti la sezione, come avvenuto per le sezioni specializ-zate in materia di proprietà intellettuale51; esso deve comunque poter garantire la tempestività dei giudizi52; a rigor di logica e per motivi di opportunità legati alla ampliata competenza per materia, i componenti delle nuove sezioni dovrebbero quanto meno eguagliare per numero quelli delle già esistenti sezioni in materia industriale o comunque non essere inferiori all’organico minimo previsto dall’Ordinamento giudiziario per ogni sezione di tribunale o di corte d’appello53;quest’ultimocriterioèquelloprevalso in fase attuativa: le sezioni specializzate in materia di impresa risultano composte, nella maggior parte dei casi, da quattro magistrati oltre al presidente, talora provvisoriamente ridottiatre,inattesadiundefinitivoriassettodegliorganici54.

7. Aspetti procedimentali.

Il legislatore nulla dice circa il rito o i riti applicati e applicabili dinanzi alle sezioni specializzate in materia di impresa.

È indubbia la mancata previsione di un rito speciale per i giudizi e procedimenti che si svolgono davanti alle sezioni medesime, ai quali pertanto si applicherà generalmente il rito ordinario;55 da tale silenzio può anche desumersi che l’istituzione delle sezioni non pregiudica l’operatività delle norme proces-suali speciali proprie delle materie trattate.

Si pensi, ad esempio, alle disposizioni che prevedono speci-ficistrumentiditutelacognitivaecautelareinmateriadidirittod’autore56 e di proprietà industriale. 57

50 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 827.51 Previgente art. 2, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 168/2003, che ne fissava in 6 magistrati il numero minimo. 52 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 827.53 Ovvero 4 o 5 unità, a seconda che si consideri il presidente. 54 è il caso, ad esempio, della sezione specializzata presso il tribunale di Firenze.55 C. ConSolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, III, Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze, cit., pag. 226.56 V. art. 156 ss. l. n. 633/1941.57 In argomento, v. da ultimo F. Ferrari, Il D.lgs. n. 131/2010 e le norme processuali del codice della proprietà industriale, in Rivista di diritto

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Nonostante l’intervenuta abrogazione dell’art. 2, d.lgs. n. 168/2003, che prevedeva la collegialità della decisione58, le sezioni specializzate in materia d’impresa giudicano in compo-sizione collegiale ai sensi della norma generale di cui all’art. 50 bis, comma 1, n. 3, c.p.c., comunque applicabile.59

In sede di conversione del d.l., peraltro, sono state eliminate le disposizioni relative al numero dei componenti dei collegi giudicanti ed alla trattazione necessariamente monocratica dell’istruttoria delle sezioni, che dunque potrà essere colle-giale.

Sovvengono anche in questo caso le norme generali previste, da un lato, dagli artt. 48 e 56, Ordinamento giudiziario60, inter-pretabiliestensivamente,chefissanointreilnumerodeicompo-nenti dei collegi giudicanti dei tribunali e delle corti d’appello61, e, dall’altro lato, la disciplina del processo ordinario di cognizione davantialtribunaleincomposizionecollegiale,lacuiistruttoriaèsempre monocratica, salvo il disposto dell’art. 281 c.p.c. 62

Notazione pratica di rilievo attiene al contributo uni-ficato previsto per “i processi” di competenza delle sezioni, il quale è raddoppiato rispetto agli importi determinati con riguardo ai procedimenti che si svolgono dinanzi al tribunale ordinario, come risulta dal nuovo comma 1 ter dell’art. 13, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 (cd. Testo Unico in materia di spese di giustizia). 63

Lasceltalegislativaèparsariconducibileafinalitàdeflattivedei contenziosi.64

È poi previsto dal comma 4 dell’art. 2 cit. che il maggior get-tito derivante dalla prescritta duplicazione del contributo sia “versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, quanto ad euro 600.000 per ciascuno degli anni 2012 e 2013, alla copertura degli oneri derivanti dalla istituzione delle sezioni specializ-zate in materia di impresa presso gli uffici giudiziari diversi da quelli nei quali, per effetto dell’articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, sono state istituite le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale e, per la restante parte, al fondo istituito ai sensi dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. A decorrere dall’anno 2014 l’intero ammontare del maggior

industriale, n. 1/2012, pag. 5 ss.58 Previgente art. 2, comma 1, secondo periodo, d. lgs. n. 168/2003. 59 C. ConSolo, op. loc. ultt. citt.60 P. Celentano, op. loc. cit., pag. 827.61 C. ConSolo, op. loc. ultt. citt.62 V. ancora P. Celentano, op. loc. cit., pag. 827.63 Tale norma così recita: «1-ter. Per i processi di competenza delle sezioni specializzate di cui al decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, e successive modificazioni, il contributo unificato di cui al comma 1 e’ raddoppiato. Si applica il comma 1-bis»”. La legge di conversione n. 27/2012 ne ha pertanto ridimensionato l’entità rispetto alla versione originaria del testo della riforma, contenuto nel decreto legge n. 1/2012, per cui il contributo unificato era quadruplicato.64 In tal senso l. Serra, Tribunale delle imprese, cit.

gettito viene riassegnato al predetto fondo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occor-renti variazioni di bilancio.”

I contenziosi già pendenti alla data del 22 settembre 2012 proseguonodinanziaicollegiche li trattavanofinoadesauri-mento; analogamente deve dirsi per le cause radicate con rito societario prima della sua abrogazione65enonancoradefinite.

8. L’attuazione in concreto presso i tribunali e le corti d’appello.

Cosìvistonellelineegeneralil’impiantodellariforma,èinte-ressante notare come detta normativa, seppur in via di prima approssimazione e nonostante i paventati rinvii, abbia ricevuto tempestiva attuazione.

Nell’organizzazione interna, per vero si riscontra qualche differenzatraidiversiufficigiudiziari,maciòrispettaleindica-zioni diramate ai dirigenti dei tribunali e delle corti d’appello dal Consiglio superiore della magistratura con propria risoluzione dell’11 luglio scorso, nella quale quest’ultimo ha individuato molteplicimodelliorganizzativiattuabiliinconcreto:finalitàper-seguitaèquelladiaccordarel’esigenzadispecializzazioneconquelladellamassimaflessibilitàorganizzativadegliuffici,inrela-zione alle dotazioni organiche, ai carichi di lavoro ed alle strut-ture disponibili.

Su questo piano si colloca l’opzione adottata da alcuni fori di suddividereinternamentelasezioneinsotto-collegi,alfinedellaadeguata specializzazione dei loro componenti e di una migliore gestione dei contenziosi e del carico di lavoro. È il caso, ad esem-pio, del tribunale di Milano66,doveciascunasotto-sezioneèpureretta da un proprio presidente, e del tribunale di Bologna, come sivedràpiùavanti.

Le sezioni costituite ex novosonoperlopiùcompostedaquattromagistratioltrealpresidente.Intalunicasi,sièsceltodiincrementare la composizione di un’unità in vista dell’entità del ruolo;inaltricasi,indifettodiorganico,ilnumeroètemporane-amente ridotto a tre.

Per parte sua, il Csm, per l’attuazione della riforma, ha pub-blicato la copertura di 26 posti vacanti nelle funzioni giudicanti di primo grado, a seguito di procedure di interpello, la cui con-clusione era prevista per il 3 ottobre scorso.

65 Avvenuta ad opera dell’art. 54, commi 5 e 6, l. 18 giugno 2009, n. 69.66 In particolarela sezione specializzata presso il tribunale di Milano risulta così suddivisa in sottosezioni: una costituita dai giudici della preesistente sezione specializzata in materia di proprietà industriale, cui è affidata la trattazione e decisione dei contenziosi sulla proprietà industriale, diritto d’autore, concorrenza sleale e antitrust; l’altra composta dai giudici della VIII Sezione civile, affidataria fino ad oggi della maggior parte delle controversie in materia societaria, incrementata di due magistrati scelti per esperienza nella materia, cui sono assegnate le controversie in materia di società e di contratti pubblici d’appalto: g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.

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Presso le sedi dove già esisteva la sezione per la proprietà industriale,aglistessimagistratièaffidatalasezioneperl’impre-sa.67Taledistribuzionedeicontenziosibeneficeràdellaspecia-lizzazione di fatto acquisita dai collegi giudicanti nelle materie suddette68, in linea con le prescrizioni della legge istitutiva.

È facile immaginare che maggiori difficoltà organizzativepotranno riscontrarsi in quelle sedi dove tale sezione non era già presente.

Perquantoriguardal’EmiliaRomagna,chepiùdavicinointe-ressa il nostro Foro, le controversie che “secondo gli ordinari cri-teri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano” dovrebbero essere trat-tatedagliufficigiudiziaricompresinelterritoriodellaregione,dovranno essere proposte dinanzi alle sezioni specializzate isti-tuite presso il tribunale e la corte d’appello di Bologna.

In particolare, la sezione specializzata presso la corte d’ap-pelloèquellastessa III sezionegiàfinora investita, tra lealtre,della materia industriale ed intellettuale ed inoltre delle cause celebrate secondo il rito societario69; essa pertanto continuerà a trattare i contenziosi pendenti nella veste originaria, ricevendo i nuovi in materia di impresa, e così assommando funzioni formal-mente eterogenee, anche con riferimento all’estensione della competenza territoriale (interdistrettuale per i contenziosi già pendenti in materia di proprietà intellettuale, distrettuale per tutti gli altri).

Nel carico complessivo di lavoro, questa sezione dovrebbe comunque riservare alle cause introdotte in materia di impresa una corsia preferenziale di trattazione sotto l’aspetto dei ter-mini, secondo quanto impongono gli obiettivi della riforma.

Maggiori novità si avvertono per quanto riguarda il tribu-nale di Bologna, la cui sezione specializzata risulta formalmente istituita e pienamente operativa in via Farini, 1, dal 21 settembre scorso.70

Al finedi una più efficace gestionedei contenziosi, qui sièoperatacomealtroveunasuddivisione induesotto-sezioni,aventi comunque mera rilevanza interna, fra cui si ripartono i due maggiori rami di competenze per materia, quella societaria e quella industriale.71

67 Così è, ad esempio, presso il tribunale e la corte d’appello di Genova, dove le competenze della sezione specializzata in materia di impresa sono affidate, rispettivamente, alla Sezione IX e alla Sezione I specializzata: informazioni tratte da http://www.ufficigiudiziarigenova.it/%5Cnews_urp.aspx?id=3748. Per il tribunale di Bologna v. infra, nel testo e in nota 71.68 Cfr. ancora g. CorSi, e. riCCi, op. loc. cit.69 Ringrazio per le informazioni ricevute la Dott.ssa Marilena Cerati, Dirigente della corte d’appello di Bologna.70 Per tali indicazioni, ringrazio la Dott.ssa Alessandra Benazzi, Funzionario giudiziario del tribunale di Bologna.71 I Magistrati designati a comporre la sezione industriale, sotto la Presidenza del Dott. Pasquale Liccardo, sono quelli già costituenti la IV sezione civile del tribunale di Bologna (attualmente: Dott. Maurizio

Per una statistica, alla data del 9 novembre scorso risulta-vano iscritte a ruolo 37 cause di merito destinate alla sotto-sezione“industriale”e16perquella“societaria”;ilrapportoècapovolto per quanto attiene alle domande cautelari: alla stessa data ne risultavano pendenti 15 in materia industriale e 2 in materia societaria.

Quanto alla celerità dei nuovi contenziosi, mentre per quelli di merito si osserva una sostanziale uniformità rispetto a quelli affidatialtribunaleordinario,unamaggiorespeditezza,semprerispetto a quelli che si svolgono dinanzi al tribunale, si nota nei procedimenti cautelari, almeno per quanto attiene ai tempi di fissazionedell’udienza.

In sede di prima applicazione della riforma, da quanto diret-tamenteappresopressoirispettiviuffici,iltribunaleelacorted’appello di Bologna seguono una prassi, volta a favorire la cor-retta instaurazione dei contenziosi, che parrebbe determinare l’automatica assegnazione della causa alla sezione specializzata per l’impresa in base al contenuto dell’atto introduttivo indipen-dentementedall’intestazionedelmedesimo,unavoltachel’uffi-ciosiavvedadell’erroneaindicazionedell’ufficioadito.

Taleprassitrovaragionenellaritenutaqualificazionedeirap-porti tra sezione specializzata e sezione semplice di tribunale/ corted’appelloneiterminidiunmeroripartointernoall’ufficio.

A parere di chi scrive, se detto intervento “correttivo” potrebbe essere letto come rassicurante collaborazione degli ufficinell’interessedellabuonaamministrazionedella giustizia,sembra parimenti che esso non esima le parti dall’onere di una corretta individuazione dell’organo adito: ciò se non altro per i riflessi che questa comunquepotrebbe comportare sulpiano delle difese, specialmente nei processi che iniziano con attodicitazione,iscrittiaruoloquandolaliteègiàpendente.Pur tenuto conto della recente pronuncia di legittimità, infatti, laquestionegiuridicasottesa,comesoprasièvisto,nonpareancora del tutto sopita, ed altre questioni potrebbero sorgere per ragioni di connessione o di competenza territoriale.

Consideratalaflessibilitàapplicativadellariformaedalfinedigarantireunaefficacesuaattuazione,ilMinisterodellaGiu-stizia ha ritenuto di sottoporne a monitoraggio gli effetti, i cui esitifinorasisonolimitatiapreventivareinterminipercentualil’aggravio di lavoro atteso per le sedi di sezione e la sostenibilità sul piano degli organici.

Piùchelestatistiche,tuttavia,saràlaconcretaattivitàdiquestinuovi organi a confermarci la bontà del progetto di riforma in terminidiefficienzaedefficaciarispettoagliobiettiviposti.

Emanuela De Roma

Atzori; Dott.ssa Daria Sbariscia; Dott.ssa Manuela Belotti; Dott.ssa Annamaria Rossi); questi stessi Giudici compongono anche la sezione societaria, con l’aggiunta di un componente della III sezione civile (attualmente, il Dott. Marco Marulli).

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Cassaforense ha compiuto 60 anni, celebrati con la sua decima Conferenza, tenutasi a Roma il 21 – 22 settembre 2012. Che il traguardo rag-giunto cada in un momento storico di svolta e di particolare complessità per gli avvocati, non solo sotto il profilo previdenziale, è sotto gli occhi di tutti. All’incessante susseguirsi di istanze ad un’u-nità dell’avvocatura, i rappresentanti delle sue principali componenti (Cnf e Oua, tra tutti) hanno risposto, nel corso della Conferenza, con un soste-gno unanime della riforma forense, al momento in attesa di una non facile approvazione definitiva in Senato. Non è forse molto, visti anche i distinguo di principio sulle modalità con cui raggiungere l’auspi-cata unità, ma è parso comunque un passo avanti. Dal “fronte governativo” e istituzionale, attraver-sato nei mesi scorsi da più di una frattura con la categoria, al di là del rinnovato ricono-scimento del ruolo della Cas-saforense e dell’avvocatura (per voce del Presidente del Senato), è giunta la proposta del Ministro Severino: un per-corso separato di formazione universitaria degli avvocati al fine di riportare il numero degli iscritti nell’ambito di una ritrovata qualificazione della professione. Sui risultati concreti di una tale proposta, che recentemente ha visto coinvolti i vertici di Oua e Cnf in un incon-tro con lo stesso Ministro, è lecito dubitare, data l’imminenza delle prossime scadenze elettorali che mettono a rischio anche l’approvazione definitiva della riforma forense.

Dalle problematiche più generali della profes-sione, la Conferenza ha presto spostato la sua attenzione su quelle proprie, ma non meno dirom-penti, della previdenza forense. Dalla difesa dell’au-tonomia della Cassa e del suo ingente patrimonio - messe in discussione da appetiti governativi e da esigenze di bilancio nazionale - alla sostenibi-lità finanziaria nel lungo periodo all’adeguatezza delle prestazioni, molte sono le questioni dalla cui soluzione dipende il futuro stesso dell’avvocatura e dei suoi giovani. Tuttavia, tre sono gli argomenti

che, forse più di altri, hanno agitato il corso della Conferenza ed il confronto con l’intervenuto Mini-stro Elsa Fornero (e che ancora in questi giorni mostrano di avere un rilievo determinante nel dibattito nazionale dell’avvocatura).

L’obiettivo di sostenibilità di lungo periodo imposto dal comma 24 dell’art. 24 del D.L. 201/2011, c.d. “Salva Italia”, convertito in L. 214/2011 è certa-mente il nodo di maggior complessità e rilevanza. Il citato intervento legislativo ha imposto alle Casse di previdenza dei professionisti di garantire una sostenibilità finanziaria del sistema pari a 50 anni, sulla base di uno “stress test” rigoroso che, oltre-tutto tiene conto solo marginalmente dell’entità del patrimonio accumulato e delle sue rendite,

richiedendo un impianto pre-videnziale sostanzialmente contributivo. Sul punto, la Conferenza ha visto la pre-sentazione da parte dei vertici di Cassaforense delle nuove misure adottate per garantire il rispetto degli obblighi impo-sti, attraverso l’individuazione di un sistema misto (con cor-rettivi al sistema contributivo puro). Al di là della legittima soddisfazione per aver rag-giunto (peraltro solo sotto

un profilo statistico-teorico) una sostenibilità finanziaria di lungo periodo - soddisfazione recen-temente rinverdita dall’approvazione del proposto sistema misto da parte del Ministero competente- rimane indubbio che un tale sistema previdenziale crei nuovi, e forse difficilmente sostenibili, oneri in capo agli iscritti. L’invasivo intervento legisla-tivo -cui, peraltro, come evidenziato nel dibattito in Conferenza, non fa da contraltare un’altrettanta rigidità dei requisiti del sistema previdenziale pub-blico- determinerà nel breve e medio periodo l’aumento del contributo soggettivo, che dall’1 gennaio 2013 salirà al 14% (assorbendo però l’ali-quota dell’1% già della modulare obbligatoria) per poi passare al 14,50% dal 1 gennaio 2017 e, infine, al 15% dal 1 gennaio 2021. Di contro, si è deciso, definitivamente, di modificare il metodo di calcolo del trattamento previdenziale finale, prevedendo

La decima conferenza di Cassaforense: tra sostenibilità e solidarietà.

L’obiettivo di sostenibilità di lungo periodo imposto dal comma 24 dell’art. 24 del d.l. 201/2011, c.d. “Salva Italia”, convertito in l. 214/2011 è certamente il nodo di maggior complessità e rilevanza

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che per determinare la prestazione pensionistica si terrà conto, nel computo della media reddituale, di tutti gli anni di contribuzione effettivamente validi sulla base di un’aliquota per il calcolo delle pen-sioni unificata all’1,40%. Al di là del tentativo di far sopravvivere i criteri solidaristici interni alla cate-goria, è indubbio che tali modifiche da un lato ridu-cono le prestazioni e dall’altro aggiungono un peso notevole agli oneri contributivi determinati con la recente riforma del 2009 e che porterà nel 2021 la soglia dell’età pensionabile a 70 anni per una gran parte della platea di quelli che oggi sono i giovani avvocati. Nessuna modifica è prevista per l’aliquota del 4% del contributo integrativo, né per il contri-buto di solidarietà a carico dei pensionati che pro-seguono l’attività professionale, attualmente pari al 7%, sulla base del sistema di calcolo retributivo e giustificato dall’assolvimento del c.d. patto interge-nerazionale. Quest’ultimo è stato oggetto di criti-che da parte dei colleghi infracinquantenni che ne hanno evidenziato la modesta entità in relazione alla quota di mercato a loro “sottratta”.

Un sistema così articolato, seppure forse neces-sario, non può non determinare, in presenza della nota crisi economica, una difficoltà reale degli iscritti e, in particolare dei giovani professionisti. Riprova ne è l’aumento dei contributi non ver-sati alla Cassa negli ultimi anni e la conseguente morosità che ha rappresentato un altro tema di discussione nell’ambito della Conferenza, anche in ragione dei molteplici problemi legati alle proce-dure di riscossione dei contributi.

Anche negli interventi –a richiesta- dei presi-denti dei Consigli Forensi distrettuali si è posta all’attenzione sull’incremento delle richieste di assistenza da parte degli iscritti e sull’opportunità di provvedimenti in favore dei colleghi residenti nelle zone colpite dal sisma del maggio e giugno scorso.

I numeri stessi dell’avvocatura contribui-scono a destare preoccupazione soprattutto in un momento di crisi finanziaria: al dicembre 2011 erano 220 mila gli avvocati iscritti all’albo (di cui il 45% di sesso femminile) e di questi solo 163 mila erano iscritti alla Cassa, di cui il 42% è donna.

In ultimo, i giovani. Stretti tra le difficoltà del momento e l’innalzamento dell’età pensionabile (70 anni non son traguardo per tutti) come degli oneri contributivi, risulta ben difficile accogliere gli inviti che giungono da Cassaforense di farsi parti attive del proprio futuro pensionistico, magari

attraverso una previdenza integrativa che, nella congiuntura attuale, sembra avere l’unico risultato di evidenziare il solco tra generazioni di professio-nisti, piuttosto che rappresentare una valida pro-spettiva pensionistica. Di queste e di altre proble-matiche si parlerà al XXXI Congresso forense di Bari (non ancora svolto al momento di redazione di questa nota): l’auspicio non può che essere quello di giungere quantomeno all’approvazione della riforma forense, come primo passo per un lungo cammino di rinascita dell’avvocatura italiana e dei suoi giovani.

Lorenzo Bianchi Laura CavandoliPresidente A.g.a.p. Segretario A.i.g.a., sez. di Parma

p o s t i l l aSono passati 60 anni, da quando, nel 1952 con

la legge del 8 gennaio 1952 n° 6 venne istituito il nuovo ente pubblico divenuto poi definitivamente nel 1994, ai sensi del decreto legislativo n°509 del 1994, Fondazione di diritto privato con autonomia statutaria, gestionale ed organizzativa contabile, nei limiti fissati in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta.

Momento celebrativo e volontà di ricordare le evoluzioni della Fondazione tra “storia cambia-mento e futuro”, la conferenza è stata però anche caratterizzata da momenti di studio e di riflessione tra le istituzioni forensi, organismi di categoria e le associazioni dell’avvocatura.

Il Presidente avv. Alberto Bagnoli, nella sua relazione, ha evidenziato che la ricorrenza doveva essere un momento di unione delle componenti dell’avvocatura “affinché con rinnovato spirito di unità e condivisione si impegnino a finalizzare le proprie giuste legittime iniziative per una ferma tutela del ruolo e delle ragioni di una professione di rango costituzionale”.

La necessità di una condivisione nasce anche dalla particolarità del momento storico che stiamo vivendo.

L’articolo dei colleghi Cavandoli e Bianchi ha ben messo in luce tutte le difficoltà che incontrano oggi professionisti di ogni età, difficoltà ben note e condivise anche dal comitato dei delegati che è composto da colleghi avvocati di “quasi” tutte le fasce di età.

decima conferenza Cassaforense

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Il comitato dei delegati, chiamato in questo mandato a rinnovare l’intero sistema previdenziale varando la riforma entrata in vigore nel 2010, è stato impegnato nel 2012 a rispondere al dettato legislativo del decreto legislativo 201/2011 art 24 comma 24 (decreto salva – Italia).

Il varo da parte del comitato dei delegati delle recenti misure tese a raggiungere l’obiettivo richie-sto, cioè la dimostrazione della sostenibilità dei bilanci di Cassa Forense, portata da trenta a cin-quanta anni, ha ricevuto il plauso dell’avvocatura e l’approvazione dei ministeri vigilanti.

Cassa Forense ha ricercato la sostenibilità a cinquant’anni senza imporre nell’immediato nuovi sacrifici economici; si doveva coniugare l’equili-brio finanziario richiesto coi principi cardine del nostro sistema.

Il decreto salva Italia cade in momento storico ed economico difficilissimo, tutto il Paese è chia-mato a rispondere all’appello del governo; anche se vi sono divergenze di vedute la classe forense ha risposto adeguatamente.

Lo scenario però rimane grave; l’avvocatura è mutata profondamente nell’ultimo ventennio, sono aumentati i giovani iscritti, è molto bassa la red-dittualità della componente femminile che ormai è numericamente pari a quella maschile, vi è infine un forte decremento del reddito medio di ogni iscritto.

La situazione economica dei singoli professio-nisti non viene aiutata dal legislatore che vara misure destinate a peggiorare le condizioni della categoria tutta, come le recenti riforme legislative, ben note ai lettori.

Alla Cassa sono iscritti 162.820 avvocati, 25.397 persone usufruiscono di trattamenti pen-sionistici (sono dati al 2011) .

La spesa complessiva per i pensionati è stata pari a 645 milioni di euro per il 2011; rimane in capo ai pensionati che continuano l’attività l’ob-bligo di contribuire, a mero titolo solidaristico, col pagamento di una percentuale sul reddito prodotto. La Solidarietà è principio cardine dell’attuale sistema di previdenza forense: ai colleghi con red-diti alti si chiede di contribuire con un versamento a titolo di solidarietà che va a beneficio di tutti.

La terza sessione della conferenza è stata incen-trata sulla discussione sulle prestazioni assisten-

ziali (welfare); la Cassa ha accolto la sfida che il paese e l‘avvocatura le hanno lanciato, la sfida della solidarietà.

Il sistema assistenza è stato completamente ridi-segnato da un regolamento che è in via di approva-zione e che risponderà alle istanze formulate dagli iscritti e verificate tramite l’elaborazione di un questionario .

Nuovo welfare, nuovi strumenti per far fronte alle richieste e alle necessità delle colleghe donne, dei colleghi che versano in stato di necessità, di colleghi che si trovano in temporanea difficoltà, ai colleghi che non sono pagati dallo Stato per l’o-pera prestata a favore dei non abbienti col gratuito patrocinio.

Cassa s’impegnerà a mantenere il suo ruolo di istituzione per l’avvocato .

Per chiudere, voglio richiamare la riforma pro-fessionale della quale il recentissimo Congresso forense ha chiesto, a grande maggioranza, l’ap-provazione ed è ora all’esame delle Camere. Come è noto, nel provvedimento si prevede l’automatica iscrizione alla cassa forense a seguito dell’iscri-zione all’albo avvocati, senza tener conto del red-dito maturato.

Il Comitato dei Delegati avrà poi un anno per elaborare un regolamento ove individuare sia i contributi che dovranno essere richiesti agli iscritti, sia il regime previdenziale da adottare di conseguenza, tenendo sempre presente la neces-sità di garantire la sostenibilità del sistema.

Gli impegni sono molteplici: auguri, Cassa Forense!

Cecilia BarilliDelegata di Cassa Forense

per Emilia - Romagna

decima conferenza Cassaforense

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Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’albo degli avvo-cati in Polonia comprendeva 3018 avvocati e 180 prati-canti avvocati. Tale situazione era provocata dalla guerra ma anche dall’emigrazione legata alla nuova minaccia – il regime comunista. Il nuovo regime mise in dubbio l’esercizio della professione da parte degli avvocati. I dirigenti credevano all’opinione di Lenin pronunciata il 19 gennaio 1905 secondo la quale “gli avvocati dovrebbero essere presi con i guanti coperti di spine, accerchiati, altrimenti questa marmaglia intellettuale fa casino”. Proprio in tale modo i dirigenti della Repubblica Popolare di Polonia intendevano condurre la loro politica nei confronti dell’albo degli avvocati.

Nei primi anni del dopo Guerra, gli avvocati appa-rivano nei tribunali militari, tribunali segreti e comuni. Molti processi erano legati ai crimini nazisti ma anche al movimento segreto anti-comunista. Sul banco degli accusati c’erano sia criminali che eroi. Per via delle nuove regolamentazioni, il ruolo degli avvocati era molto limi-tato. Tanti avvocati nel dopoguerra volevano sostenere l’etica della professione di avvocato, essendo così sog-getti a persecuzioni da parte delle autorità comuniste che portavano a volte alla pena capitale. Il principale scopo delle autorità era la soppressione dell’albo degli avvocati come sindacato professionale.

A tal fine, fu emesso un decreto sulle regolamen-tazioni temporanee complementari alla legge sull’albo degli avvocati del 24 maggio 1945. Il ministro della Giustizia ricevette il diritto di definire liberamente la composizione ed il numero degli organi dell’albo degli avvocati e di decidere sull’iscrizione nell’elenco degli avvocati e praticanti avvocati. Furono create delle commissioni di verifica per esaminare la correttezza del comportamento di ogni avvocato rispetto alla vita civile, sociale e professionale nei confronti delle nuove autorità. In caso di risultato negativo, l’avvocato veniva rimosso dall’elenco degli avvocati.

Il ministro della Giustizia aveva diritto di scegliere, quasi liberamente, le persone per le posizioni nell’albo e di iscrivere le persone favorevoli alle nuove autorità

negli elenchi degli avvocati.

Nel 1950 fu votata una nuova legge sull’albo degli avvocati che ha introdotto l’obbligo per gli avvocati di “collaborare con i tribunali e le altre autorità per proteggere l’ordine nella Repubblica Popolare comunista e di fornire l’as-sistenza legale secondo la legge e gli interessi del popolo”. Il

criterio principale dell’iscrizione o della cancellazione dall’e-lenco era la promessa di eser-citare la professione di avvocato secondo le regole dell’albo della Repubblica Popolare.

I consigli degli avvocati erano obbligati a creare degli uffici sociali di assistenza legale. Per poter comparire di fronte alla

corte d’appello, era necessario avere il consenso del Ministro della Giustizia. Si poteva perdere il permesso di esercitare la professione per “aver dimostrato un com-portamento contrario agli interessi del popolo”.

Negli anni ‘50 le autorità vietarono agli avvocati di lavorare individualmente e introdussero l’obbligo di lavorare nelle associazioni (delle specie di cooperative). Tutti gli avvocati avevano diritto alla stessa remunera-zione stabilita dal consiglio dell’albo. Il surplus veniva pagato proporzionalmente alla contribuzione di lavoro dell’avvocato.

Gli organi dell’associazione degli avvocati erano composti dall’assemblea dell’associazione e dal Presi-dente dell’associazione. Il Presidente dell’associazione riceveva i nuovi casi e, in mancanza di richiesta da parte del cliente, sceglieva da solo l’avvocato che doveva occu-parsi del caso. Comunque la procura veniva emessa a nome dell’avvocato scelto dal Presidente. Inoltre, il Pre-sidente decideva sull’ammontare e sulla data di paga-mento della remunerazione. L’avvocato esercitava la sua professione in base al contratto di lavoro, ma la remu-nerazione del membro dell’associazione costituiva la somma dei pagamenti da parte dei clienti sul suo conto come remunerazione per le attività professionali, dopo aver detratto i costi amministrativi. Tanti avvocati rinun-ciarono alla professione a causa degli ostacoli creati dalle autorità.

“gli avvocati dovrebbero essere presi con i guanti coperti di spine, accerchiati, altrimenti questa marma-glia intellettuale fa casino”

Esercitare la professione di avvocato in Polonia dal1945finoadoggi.

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Negli anni 1956-1981, si è svolto un gran numero di processi di carattere politico. Tanti avvocati agivano negli interessi dei loro clienti senza guardare alle con-seguenze disciplinari.

I consigli degli avvocati presero una serie di misure per assicurare in modo corretto la partecipazione degli avvocati nelle procedure accelerate e di emergenza durante la legge marziale (1981-1982). Molte volte, gli avvocati assistevano nella difesa senza nemmeno pren-dere in conto la remunera-zione. Con una tale posizione durante la Repubblica Popo-lare, gli avvocati erano molto rispettati dalla società.

Alla fine degli anni ’80, si possono comunque notare dei cambiamenti in positivo. Il cambiamento principale fu il nuovo indirizzo delle atti-vità degli albi degli avvocati, il cui compito era fornire assistenza legale, collaborazione per la protezione dei diritti e delle libertà dei cittadini e per la creazione e l’applicazione della legge. L’avvocato poteva esercitare la sua professione in uno studio legale individuale, in un’associazione di avvocati oppure in una società civile, una società commerciale a nome comune, un partena-riato, una società in accomandita. L’avvocato non poteva esercitare la sua professione se aveva un contratto di lavoro dipendente. Era soggetto soltanto alle leggi.

Il cambiamento del sistema nel 1989 provocò il cambiamento della legge sull’albo degli avvocati in cui si regolava sopratutto la relazione tra l’albo e le autorità esecutive. Il ministro della Giustizia non poteva più con-trollare il sindacato degli avvocati. Gli avvocati erano soggetti al controllo dei tribunali. Il ministro della Giu-stizia poteva soltanto fare ricorso al tribunale.

Nel 2005, sono stati introdotti dei cambiamenti mirati all’apertura dell’accesso alla professione. Il gruppo di persone abilitate all’iscrizione sull’elenco degli avvocati è stato esteso, così come i regolamenti di ammissione alla pratica e all’esame di avvocato. Queste competenze non appartengono più al sindacato degli avvocati, ma alle commissioni di esame presso il Mini-stero della Giustizia. La forma e il contenuto dell’esame sono stati cambiati. Gli avvocati hanno il diritto di sce-gliere la propria sede professionale. Nel 2007 le compe-tenze di sorveglianza del Ministro della Giustizia sono

state allargate. Nel 2009 è stato ampliato il numero di persone abilitate a dare l’esame di avvocato senza pra-ticantato.

Il Codice deontologico forense ha una grande importanza per la professione di avvocato. Secondo il suo contenuto, all’avvocato si richiede di seguire le

norme etiche e di proteg-gere la dignità della propria professione. Lo scopo delle attività svolte dagli avvo-cati è proteggere gli inte-ressi del cliente. L’avvocato dovrebbe svolgere queste attività secondo la diligenza professionale e la migliore conoscenza, con la dovuta onestà ed integrità. L’obbligo dell’avvocato è migliorare sempre le sue competenze professionali e di cercare di mantenere un’alta capacità professionale.

Nel 2010, in Polonia, c’e-rano 16.000 avvocati e prati-

canti avvocati. Questo numero è in continuo aumento. E’ importante ricordarsi che in Polonia esiste anche, oltre alla professione di avvocato, la professione di con-sulente legale (i consulenti legali non sono abilitati a fornire consulenza e rappresentare il cliente nell’am-bito del diritto penale e di famigli). Oggi, il numero di consulenti legali ammonta a 30.000 persone.

Jan Rolinski, avvocato, partner dello studio legale WKB Wiercinski, Kwiecinski, Baehr sp. k. [email protected], +48 22 201 00 00.

L’avvocato dovrebbe svolgere queste attività secondo la diligenza professionale e la migliore conoscenza, con la dovuta onestà ed inte-grità. L’obbligo dell’avvocato è migliorare sempre le sue competenze professionali e di cercare di mantenere un’alta capacità professionale

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La lunga marcia di avvicinamento del processo ammini-strativo all’effettività della tutela si arricchisce, per così dire, di un nuovo capitolo.

Con il decreto legislativo 14 settembre 2012 n.160 sono state apportate modifiche e correzioni al codice del processo amministrativo, approvato due anni or sono e già oggetto di un primo intervento effettuato con il d.lgs. 15 novembre 2011 n.195.

Che si ponesse un problema di effettività della tutela nel processo amministrativo pare evidente: si pensi alle limita-zioni delle azioni esperibili, alla limitatezza dell’ambito della giurisdizione di merito, alla rigidità e fluidità – per non dire incertezza – di un modello fondato sulla evanescente distin-zione fra interesse legittimo e diritto soggettivo, tutti carat-teri fondamentali della procedura disegnata dapprima dai Regi decreti 1054/1924 e 642/1907, e poi rimodellata dalla legge istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (L.1034/1971).

L’evoluzione del diritto sostanziale ha trascinato con sé, necessariamente, anche gli strumenti di tutela processuale, costringendo una giustizia amministrativa sempre molto recessiva rispetto all’apertura a diversi tipi di tutela – mutuati perlopiù dal diritto processuale civile – ad adeguarsi.

L’irruzione massiccia del diritto privato nel diritto ammi-nistrativo ha costretto il legislatore ad aprire il processo amministrativo alle azioni di accertamento e di condanna, anche in materie sottratte alla giurisdizione esclusiva, ha costretto il giudice amministrativo ad applicare le norme generali sulle obbligazioni e i contratti del codice civile agli accordi ex art.11 della l.241/90, istituto che ha assunto via via sempre maggiore importanza nel diritto amministrativo sostanziale, solo per fare due esempi.

Ma la sensazione è che le briglie dell’evoluzione del processo vengano tenute ben salde, al di qua del limite che costringerebbe quasi necessariamente a parlare di unicità della giurisdizione, esito pressoché ineluttabile, ancorché da molti auspicato, di una troppo marcata sovrapposizione fra gli strumenti del diritto civile e della procedura civile e quelli del processo amministrativo. Non si può giustificare una duplicazione di giurisdizioni, quando i processi si assomi-gliano troppo.

D’altro canto, l’art.1 del codice del processo amministra-tivo, secondo il quale “la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondi principi della Costitu-zione e del diritto europeo”, può essere tradotto nella neces-

sità di utilizzare strumenti di tutela già presenti nel nostro ordinamento; e il rinvio esterno operato dall’art.39 del c.p.a. al codice di procedura civile, oltre alla concentrazione delle tutele sancita dall’art.7, possono costituire i principi per la definizione di un ambito specializzato di tutela processuale nell’ambito della giurisdizione ordinaria.

Certo, la velocità di avanzamento ha subito un avanza-mento nell’ultimo decennio o poco più: quando il diritto sostanziale chiama, in qualche modo il processo deve rispon-dere, dalla tutela risarcitoria degli interessi legittimi sancita dalla sentenza 500/99 della Suprema Corte in poi.

L’assestamento del codice del processo amministrativo ha visto, negli ultimi due anni, numerosi e importanti interventi dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha tentato di dirimere problemi di coordinamento fra disposizioni e di fornire un’interpretazione univoca e costante di norme cha a volte difficilmente risultavano coerenti con le esigenze di tutela sostanziale: si pensi alle “acrobazie” argomentative che, nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del 7 luglio 2011 n. 15, hanno individuato i limiti e le modalità di tutela nei confronti della dichiarazione di inizio attività e della segnalazione certi-ficata di inizio attività.

Il secondo intervento correttivo si situa in questo per-corso e, soprattutto, si premura di codificare alcuni esiti ai quali già la giurisprudenza era giunta, oltre a correggere alcuni difetti di coordinamento (non tutti) e difficoltà applicative.

In generale, però, non modifica l’ordito del processo amministrativo.

La modifica forse più importante ha ad oggetto la com-petenza territoriale dei Tribunali Amministrativi Regionali e la competenza per ragioni di connessione.

Quanto alla primo aspetto, gli strumenti previsti dalla for-mulazione originaria degli artt. 13 e seguenti e dagli artt.55 e 62 apparivano fin da subito ridondanti, come se una delle preoccupazioni maggiori del legislatore fosse quella di con-trastare il fenomeno del “turismo giudiziario”, certamente elusivo delle disposizioni di legge ma non tale da costituire un vero e proprio flagello del processo.

La competenza poteva essere rilevata sia in via preventiva che successiva, e sia su istanza di parte che d’ufficio; l’ecce-zione di incompetenza poteva inoltre essere riproposta in appello.

Il secondo decreto correttivo al codice del processo amministrativo

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L’art.15 prevedeva nel testo originario che il giudice deci-desse sulla propria competenza nel momento in cui il ricorso veniva esaminato: se era proposta un’istanza cautelare la veri-fica della competenza veniva effettuata nei ristretti tempi del giudizio d’urgenza, ma se il ricorso era privo di istanza cau-telare la decisione sulla competenza veniva rinviata all’esame del merito. Con la conseguenza che potevano trascorrere alcuni anni prima che, al termine del giudizio, il giudice rico-noscesse la propria incompetenza e imponesse alle parti di sottoporre il ricorso ad altro giudice e ricominciare da capo.

Ora, molto opportunamente, l’art.15 riformulato prevede che l’eccezione di incompetenza proposta entro i termini di costituzione in giudizio venga esaminata in una apposita udienza in camera di consiglio e decisa in tempi decisamente più ridotti rispetto alla decisione del merito, seguendo il rito dettato dall’art.87 c.p.a.

La formulazione della norma lascia intendere che la parte possa formulare l’eccezione di incompe-tenza entro il termine previsto per la costituzione a pena di decadenza; ma nulla dice o modifica della que-stione di competenza sollevata d’uf-ficio, che sarà sempre ravvisabile e che, presumibilmente, potrebbe essere attivata dalla parte anche con la formulazione tardiva dell’ec-cezione: se infatti questa viene pro-posta dopo il termine di costitu-zione di 60 giorni è vero che verrà dichiarata inammissibile, ma è altrettanto vero che il giudice sarà edotto di una que-stione di competenza che dovrà comunque valutare d’ufficio.

Si tratta, in sostanza, di un opportuno correttivo, ma effi-cace a metà, o addirittura vanificato dalla persistente possibi-lità di esaminare d’ufficio la questione di competenza.

D’altra parte, subordinare la proponibilità dell’eccezione di incompetenza alla sola iniziativa della parte a pena di deca-denza avrebbe voluto dire - quanto meno per la competenza territoriale - ritornare al regime previgente, nel quale, in difetto di tempestiva eccezione, la competenza a giudicare rimaneva radicata avanti il giudice adito dal ricorrente.

L’art.15 riscrive, in sostanza, la disciplina del rilievo dell’in-competenza mentre, più organicamente rispetto alla formu-lazione originaria, l’art.16 disciplina il regolamento di com-petenza.

Tale rimedio, l’unico proponibile avverso le ordinanze dei giudici di primo grado che decidono sulla competenza

secondo quanto dispone l’art.15, V comma, è esperibile avanti il Consiglio di Stato entro un termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza stessa o di 60 giorni dal deposito.

Il regolamento di competenza deve poi essere necessaria-mente proposto nel caso il Tribunale Amministrativo presso il quale il giudizio è stato riassunto, dopo che un primo Tri-bunale aveva declinato la propria competenza individuandolo quale Ufficio competente, a sua volta ritenga di non essere competente.

Quanto alla connessione, il secondo correttivo modifica l’art.13, aggiungendo il comma IV bis e modificando il comma IV.

L’Adunanza Plenaria, in difetto di una norma specifica sulla con-nessione contenuta nel testo ori-ginario del codice del c.p.a., si era più volte pronunciata su fattispe-cie nelle quali venivano impugnati più provvedimenti amministrativi che ricadevano nella competenza, sia funzionale che territoriale, di diversi Tribunali Amministrativi: ad esempio, affermando che “qualora col medesimo ricorso siano impu-gnati un provvedimento interdit-tivo (emesso da un Ufficio territo-riale del Governo su sollecitazione di una amministrazione aggiudica-trice) e un conseguente diniego di autorizzazione al subappalto

(emesso dalla medesima amministrazione, i cui atti hanno effetti limitati nella circoscrizione di un t.a.r.), sussiste la com-petenza territoriale inderogabile del tribunale nella cui cir-coscrizione ha sede l’amministrazione aggiudicatrice, poiché il provvedimento interdittivo‘esaurisce’ i suoi effetti nel pro-cedimento che conduce al diniego di autorizzazione, sicché si applica il criterio principale del riparto della competenza territoriale inderogabile, cioè quello della sede della autorità che ha emesso l’atto impugnato, ai sensi dell’art. 13, comma 1, del codice del processo amministrativo (nella specie, la sentenza ha ravvisato la competenza del t.a.r. per la Puglia, e non quella del t.a.r. per il Lazio, a decidere il ricorso propo-sto avverso il provvedimento interdittivo, emesso dall’Ufficio territoriale del Governo di Messina, e il conseguente diniego di autorizzazione al subappalto, emesso da una società tito-lare di pubbliche funzioni, avente sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo per la Puglia)” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 24 settembre 2012 n.33). Ma si possono ricordare, sul medesimo diffuso problema, anche le sentenze 14 novembre 2011 n.19, 16 novembre 2011 n.20 e 25 giugno 2012 n.23.

la sensazione è che le briglie dell’evoluzione del processo vengano tenute ben salde, al di qua del limite che costringe-rebbe quasi necessariamente a parlare di unicità della giuris-dizione, esito pressoché inelut-tabile, ancorché da molti aus-picato, di una troppo marcata sovrapposizione fra gli strumenti del diritto civile e della proce-dura civile e quelli del processo amministrativo.

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Ora, il comma IV bis dell’art.13 stabilisce il principio per cui è competente il Tribunale Amministrativo a cui viene attri-buito l’atto dal quale sorge l’interesse a ricorrere, mentre per gli atti generali o “normativi” rimangono fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza.

La riscrittura del IV comma non è altro che lo sposta-mento della medesima disposizione dall’art.16 all’art.13.

In realtà, il comma IV bis dell’art.13 risolve solo parzial-mente il problema della connessione, limitandosi a dettare la regola secondo la quale la competenza viene attratta dal Tribunale Amministrativo competente per l’atto princi-pale, anche quando l’atto presupposto ricada nella compe-tenza funzionale di altro TAR, disponendo difformemente da quanto affermato in alcune occasioni dall’Adunanza Plenaria, che aveva ritenuto, al contrario, che la competenza funzionale relativa ad un atto attraesse la competenza per il diverso provvedimento impugnato presso un TAR diverso.

Altra rilevante modifica interessa l’art.34, I comma, lett.c), il cui testo è stato integrato dal correttivo con la previsione della possibilità di proporre un’azione di condanna all’emana-zione del provvedimento amministrativo, purché la domanda venga proposta contestualmente all’azione di annullamento del diniego o a quella avverso il silenzio.

L’azione di condanna condivide però i limiti entro i quali era già possibile richiedere tale pronuncia nei ricorsi avverso il silenzio dell’amministrazione (art.31 del c.p.a.).

Ciò significa che un’azione di condanna dell’amministra-zione ad emanare il provvedimento amministrativo che inte-ressa sarà ammissibile solamente quando l’amministrazione sia titolare di un potere vincolato o quando non residuino margini di discrezionalità nella valutazione degli interessi del ricorrente e, quindi, nella definizione del provvedimento amministrativo.

In sostanza, l’amministrazione può essere condannata solamente quando, nel riesame dell’istanza del privato a seguito dell’annullamento, non possa fare altro che accogliere l’istanza stessa ed emanare il provvedimento richiesto.

Che il legislatore, disciplinando l’azione di condanna, abbia pensato quasi esclusivamente al risarcimento dei danni risulta evidente da quanto disposto dall’art.30 del c.p.a., spe-cificamente dedicato alle azioni di condanna.

L’ipotesi di condanna ad emanare il provvedimento favo-revole appare pertanto residuale, soprattutto per i margini alquanto incerti dovuti al fatto che il giudice dovrà valutare se l’amministrazione possieda ancora un margine di discre-zionalità nella valutazione dell’istanza del privato o meno, cosa non sempre agevole.

Ed è anche chiaro che in tale situazione il giudice dovrà in

qualche modo ripercorre il procedimento amministrativo e “rifarlo”; ciò significa che corre da un parte il rischio di inva-dere indebitamente l’ambito di potere riservato all’ammini-strazione, dall’altro quello di tenere un atteggiamento troppo restrittivo proprio per evitare qualsiasi ingerenza nelle valu-tazioni riservate all’amministrazione.

Si può immaginare che l’azione di condanna possa age-volmente essere esperita nei procedimenti che si conclu-dono con un atto autorizzativo, susseguente alla mera valu-tazione del possesso dei requisiti da parte dell’istante; cosa che restringe ulteriormente l’ambito applicativo delle azioni di condanna, a causa della progressiva estensione delle ipo-tesi nelle quali il cittadino consegue l’abilitazione a svolgere una determinata attività sulla base dei requisiti posseduti mediante la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività o una dichiarazione di inizio attività.

L’intervento del correttivo sulle azioni esperibili, in realtà, si è dimostrato timido e conservativo rispetto alle svariate posizioni della dottrina che richiedevano di introdurre il prin-cipio della atipicità delle azioni.

E in effetti, un passo deciso verso la consacrazione nel testo del d.lgs.104/2010 del principio di atipicità era stato compiuto dalla commissione del Consiglio di Stato che aveva esaminato e predisposto il testo del correttivo, nel quale si rinveniva un art.28 bis che così disponeva: “Nell’ambito della giurisdizione amministrativa le parti possono proporre le azioni costitutive, dichiarative e di condanna idonee a sod-disfare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”.

Ma tale disposizione non è stata poi recepita nel testo approvato del decreto correttivo, anche se pare piuttosto probabile, se non inevitabile, che si progredisca in quella dire-zione.

Il decreto inoltre corregge diverse anomalie del codice del processo amministrativo, sfuggite al primo intervento successivo all’approvazione del c.p.a.: modifica l’art.85, VIII comma, stabilendo che nell’appello avverso una opposizione a decreto di estinzione o improcedibilità del giudizio si segua il rito camerale, come in primo grado, mentre in precedenza solamente il giudizio avanti il Consiglio di Stato seguiva il rito ordinario; modifica dell’art.96, V comma, e con esso del ter-mine per il deposito in appello del ricorso incidentale tardivo, precedentemente ridotto ad un termine di 10, disallineato con il consueto termine di 30 giorni, che viene introdotto dal correttivo; modifica dell’art.98, II comma sul giudizio cau-telare d’appello, con la riformulazione della disposizione che nella maniera più ampia, ora, richiama le norme sul giudizio cautelare di primo grado, mentre in precedenza richiamava specificamente alcune disposizioni, dimenticandone però altre (ad es. l’art.55, XI comma); modifica dell’art.105, con la previsione che nel caso in cui il Consiglio di Stato annulli

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con rinvio al giudice di primo grado la parte sia onerata di riassumere il giudizio entro 90 giorni, mentre in precedenza il giudizio proseguiva d’ufficio, con la fissazione dell’udienza di discussione.

Anche in quest’ultimo caso probabilmente è andata per-duta un’occasione di dare attuazione al principio di effettività della tutela (e anche del doppio grado di giudizio), perché nel testo elaborato in Senato era stata presentata la proposta di ricomprendere nei casi di annullamento con rinvio anche le pronunce relative ad una erronea decisione del giudice di primo grado, con riferimento alle declaratorie di inammissi-bilità, improcedibilità e irricevibilità: in questo caso, infatti, il ricorrente avrebbe avuto accesso ad un solo grado di giudi-zio nel merito.

Tale proposta, però, non è stata integrata nel testo del decreto correttivo.

A prescindere da ulteriori disposizioni di dettaglio e da quella relativa al contenzioso elettorale, un’ultima notazione riguarda le disposizioni che interessano specificamente l’atti-vità dell’avvocato.

In particolare, il nuovo art.40 indica il contenuto neces-sario del ricorso, stabilendo che i motivi devono essere pro-posti in maniera specifica, vale a dire nella parte del ricorso dedicata al diritto e con l’esatta indicazione dei profili di ille-gittima del provvedimento impugnato. L’omessa indicazione delle ragioni o la indeterminatezza dei motivi di diritto com-porta l’inammissibilità degli stessi.

Se la previsione di una chiara ripartizione del ricorso in fatto e motivi di impugnazione risponde ad una esigenza di chiarezza, ed al fine di evitare che il giudice debba verificare se determinate argomentazioni contenute nella narrativa in fatto possano di per sé costituire motivi di impugnazione dell’atto, la disposizione che riguarda la specificità lascia un margine interpretativo forse eccessivamente ampio alla giu-risprudenza.

Certamente è onere dell’avvocato svolgere i motivi in maniera tale che non residuino margini di dubbio sulle argo-mentazioni rappresentate e sul loro significato, ma stabilire il limite entro il quale un motivo possa essere ritenuto suffi-cientemente specifico appare un esercizio spesso non sem-plice per il giudice; e nella maggior parte dei casi si tradurrà in un motivo d’appello qualora il motivo venisse dichiarato inammissibile.

Altra questione riguarda il rispetto dei principio di chia-rezza e sinteticità e delle conseguenze in materia di liquida-zione delle spese di giudizio.

Ci si trova anche in questo caso di fronte a principi di difficile definizione: costituiscono un onere per l’avvocato e, a

parte casi macroscopici, sono di difficile valutazione da parte del giudice.

Con la conseguenza che in caso di soccombenza la parte che non ha svolto in maniera chiara e sintetica le proprie difese potrà essere onerata di una maggiorazione delle spese, mentre il vincitore potrà vedersele compensate o ridotte.

Certamente l’argomentazione è necessaria per convin-cere; e a volte esige qualche ripetizione, o la riproduzione del testo di pronunce giurisprudenziali, o comunque una accu-ratezza nella specificazione che possono rendere un ricorso non sintetico.

D’altra parte, la sintetica esposizione dei motivi potrebbe in alcuni casi pregiudicare argomentazione stessa, mentre diventa fondamentale mostrare al giudice ogni passaggio logico del teorema sul quale è costruito l’atto giudiziario.

Il timore è che fra la sintesi estrema, consistente nella sola enunciazione della violazione o del profilo di eccesso di potere, e la prolissità inutile esista una serie molto variegata di possibilità: non si vorrebbe che la sinteticità venisse con-fusa con la essenzialità, con il rischio che le argomentazioni non fondamentali, ma comunque pertinenti, fossero ritenute ultronee e proposte in violazione del principio di sinteticità.

Come tutte le questioni lasciate al buonsenso di avvocati e giudici, che non è argomento di esame né nei concorsi per diventare avvocato né in quelli per l’ingresso nella magistra-tura amministrativa, le possibili ricadute della disposizione inducono una certa ansia.

Infine, l’art.136 introduce la possibilità che tutti gli atti delle parti, dei giudici e degli uffici giudiziari siano sottoscritti con firma digitale.

Un rapido passo in avanti nella trattazione informatica del processo amministrativo, processo soprattutto scritto e documentale nel quale si ha a volte l’impressione che la discussione in udienza sia superflua, ma passo soprattutto formale; nell’attesa che l’effettività della tutela divenga effet-tiva.

Marcello Mendogni

decreto correttivo processo amministrativo

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L’Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia (sezione territoriale di Parma) intende segnalare ai colleghi una novità in materia di IMU, in ambito di separazioni e divorzi.

A differenza di ciò che accadeva per l’Ici, che era prevista a carico del coniuge proprietario, il pagamento dell’IMU spetta invece al coniuge asse-gnatario.

I soggetti passivi dell’IMU sono individuati dall’art. 9, comma 1, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, il quale prevede che presupposto per l’appli-cazione dell’IMU è il possesso degli immobili di cui all’art. 2 del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. Tale previsione comporta che se l’immobile è gra-vato da un diritto reale di usufrutto, uso, abita-zione, enfiteusi, superficie, il soggetto passivo cui compete il versamento dell’imposta è il soggetto titolare di tale diritto.

Per l’assegnazione della casa coniugale al coniuge, l’art. 4, comma 12-quinquies, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, statuisce che, ai soli fini IMU, “l’asse-gnazione della casa coniugale all’ex coniuge, dispo-sta a seguito di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”.

In tali casi, pertanto, soggetto passivo obbligato al versamento dell’imposta e a all’assolvimento degli obblighi IMU è il coniuge assegnatario, anche se lo stesso non è titolare, nemmeno pro quota, di diritti di proprietà o di diritti reali sull’immobile.

Per quanto concerne il coniuge non assegna-tario, proprietario o titolare di diritti reali sull’im-mobile, egli non dovrà assolvere alcun onere ai fini IMU e, nel caso in cui risulti proprietario di altro immobile situato nello stesso Comune che costituisca abitazione principale, su tale immobile potrà fruire del regime agevolato.

L’Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia e’ un’associazione di avvocati di famiglia struttu-rata attualmente in 78 sezioni territoriali e oltre 1600 associati.

Ha come obiettivi la ricerca e lo studio dell’e-

voluzione e delle tendenze del diritto di famiglia, nonché la promozione di iniziative di studio, con-fronto, dibattito, formazione e aggiornamento professionali.

Ha una propria rivista trimestrale (Avvocati di famiglia), un proprio programma formativo e riu-nisce gli associati in periodici forum territoriali e in un forum nazionale all’anno.

La sezione territoriale di Parma conforme-mente agli intenti dell’Osservatorio Nazionale, promuove la realizzazione di corsi e convegni per una corretta formazione e qualificazione profes-sionale in una materia “delicata” come il diritto di famiglia.

L’avvocato che si occupa di diritto di famiglia infatti, crediamo debba avere una specifica prepa-razione e la necessaria esperienza per entrare con umanità e competenza nella vita privata delle per-sone che a lui si rivolgono in una fase patologica della loro vita di coppia o familiare.

L’avvocato di famiglia deve sapersi anche con-frontare con professionisti di altre discipline pro-prio per i delicati interessi che entrano in gioco nell’ambito di una crisi familiare.

Per questo intendiamo organizzare, per i nostri associati, alcuni brevi incontri di psicologia al fine di “imparare” a gestire al meglio i conflitti che i coniugi vivono al momento della separazione o del divorzio e che necessariamente vengono portati innanzi all’avvocato nonché alcune lezioni tenute da diversi professionisti aventi ad oggetto materie strettamente correlate con il diritto di famiglia.

Ovviamente, non mancheranno convegni aperti a tutti i colleghi interessati, che affronteranno anche l’attualità del diritto di famiglia.

Fuor di dubbio la terribile combinazione tra crisi economica e crisi della coppia: la profonda crisi che stiamo attraversando non permette ai coniugi in crisi di separarsi, in quanto impossibile, nella maggior parte dei casi, sostenere i costi di una nuova vita. Altre coppie, invece, entrano in crisi proprio a causa della crisi.

dall’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia

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L’esigenza sempre più sentita di garantire chiarezza ed equità nei rapporti tra mediatori, acquirenti e venditori d’im-mobili, è stata colta dalla locale Camera di Commercio che ha creato l’Organismo BI.PAR. nel cui Comitato di Vigilanza l’Ordine avvocati ha delegato la sottoscritta a partecipare.

L’obiettivo principale che la Camera di Commercio si è prefissa è stato quello di regolare, sviluppare ed aggiornare il mercato immobiliare.

E’ noto infatti che in tale settore si sono moltiplicati gli agenti immobiliari, talvolta improvvisati talaltra senza troppi riguardi nei confronti dei contraenti.

S’è dunque palesata l’esigenza di esercitare un controllo sul modo di procedere dei media-tori e delle imprese costruttrici affinché non si utilizzassero con-tratti contenenti clausole capestro a danno di coloro che avessero avuto necessità di rivolgersi ad un’agenzia immobiliare o ad un’im-presa per comprare –o anche solo per affittare- un immobile.

Intelligentemente si è pensato di affidare un primo filtro al testo della modulistica da utilizzare per la stipula dei con-tratti di locazione e di compravendita; di creare un codice deontologico raccolto nel “Decalogo per l’equilibrio e la trasparenza nel mercato immobiliare”; per lo stesso fine di equilibrio e di trasparenza è stato inoltre formato il “Rego-lamento di disciplina degli aderenti” che riguarda le modalità di adesione alla BI.PAR da parte dei mediatori immobiliari operanti nella nostra Provincia nell’ambito del progetto di regolazione del mercato immobiliare.

Nel Decalogo e nel Regolamento citati, è espressamente scritto che gli obblighi negli stessi elencati non si sostitui-scono agli adempimenti ed alle responsabilità di legge previsti dal codice civile e dalle normative del settore ma rappre-sentano invece un ulteriore impegno dei mediatori aderenti, volto a promuovere rapporti negoziali tra professionisti e consumatori improntati a principi di trasparenza e di equi-librio contrattuale.

L’operatività del Decalogo e dell’annesso regolamento di disciplina riguarda i contratti di locazione e di compravendita immobili stipulati tra agenzie immobiliari aderenti e clienti-consumatori intesi come persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale.

Sul rispetto degli obblighi assunti dai mediatori con l’a-desione al Decalogo vigila il Comitato di disciplina istituito presso la Camera di Commercio.

Come si legge nel sito BI.PAR “accreditarsi alla Borsa Immobiliare significa entrare a far parte di un sistema istitu-zionale che ha l’obiettivo e la missione di regolare, sviluppare ed aggiornare il mercato immobiliare”.

La clientela dovrebbe quindi poter ritrovare negli agenti immobiliari accreditati un’impostazione ed un’organizzazione rafforzate dall’utilizzo del marchio di sistema che dovrebbe anche garantire un approccio sereno e farne un ulteriore segno di riconoscimento.

Altro supporto concreto for-nito dalla BI.PAR consiste, come detto, nell’aver predisposto una modulistica contrattuale aggiornata e “certificata”. Ciò si traduce nella certezza del cliente dell’agente immobiliare di potersi avvalere di contratti di locazione e di compra-vendita esenti da clausole inade-

guate ed in ogni caso troppo onerose per esso contraente.

La Giurisprudenza peraltro, in tema di clausole vessatorie, continua a pronunciarsi a favore del contraente debole.

Una recente sentenza (Cass. II 30-4-2012 n. 6639) ha infatti sancito che “l’art. 33 co.2 del Codice del consumo è applicabile anche nel caso della proposta irrevocabile tutte le volte che il consumatore stesso -nel versare, contestual-mente all’impegno assunto, una somma di denaro destinata ad essere incamerata dal beneficiario in caso di mancata sottoscrizione del definitivo da parte del proponente- abbia aderito ad un testo, contenente detta clausola vessatoria, predisposto dal professionista oblato”.

Tuttavia è innegabile che nelle operazioni immobiliari sia non solo opportuna ma addirittura necessaria la celerità nella soluzione di possibili contrasti, a causa degli importanti inte-ressi in gioco. Niente può risultare più utile di un contratto nel quale sia stato preventivamente eliminato il rischio di vessatorietà e di eccessiva onerosità, accompagnato dall’assi-stenza di mediatori preparati e trasparenti.

Daniela Barigazzi

Clausole vessatorie, contratti di locazione e di compravendita immobiliare

chiarezza ed equità nei rapporti tra mediatori, acquirenti e venditori d’immobili

Organismo BI.PAR.

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“Luci ed ombre, insomma. Indubbiamente la mediazione obbligatoria potrà essere utile ai soggetti economicamente deboli, ma molto dipenderà dalla preparazione dei mediatori e dal modo in cui essi sapranno gestire il tentativo di conci-liazione”.

Con queste osservazioni il professor Ugo Carnevali in “I Contratti” n. 5/2010, pagg. 437 e ss. salutava l’introduzione dell’istituto della mediazione obbligatoria.

Utile ai soggetti economicamente deboli?

Le esperienze tratte da chi scrive, mediatore in un set-tore specializzato, sono deludenti.

Dopo un felice avvio, si sta assistendo ad una sistematica diserzione dei soggetti convocati al tentativo di conciliazione, in genere quelli economicamente più forti.

C’è chi si giustifica dichiarando che non esclude una transazione futura “senza gli oneri di tempo e di spese” a cui è assoggettata la mediazione. C’è chi non ritiene possibile alcuna conciliazione e rifiuta il tentativo come perdita di tempo e di spese; oppure, dopo aver depositato una com-parsa di costituzione e risposta, si dichiara non sufficiente-mente a conoscenza dei fatti di causa, e chi, al contrario, si limita a contestare punto per punto sia pure in forma laco-nica e stereotipa le pretese di fatto e di diritto del soggetto istante. Tutto ciò, tanto nella conciliazione preventiva che in quella disposta dal giudice, magari ad opera della stessa parte che ha eccepito la improcedibilità.

Questo comportamento non può essere approvato perché contrasta e inibisce di fatto l’istituto della media con-ciliazione, degradando l’onere della partecipazione ad attività “meramente potestativa”.

In tal modo si distorce la nozione di giustificato motivo di cui al numero 5 dell’art. 8, connotato da impedimenti di carattere “esterno” alla mediazione, facendovi rientrare valu-tazioni di parte sul merito della controversia e sul suo possi-bile componimento.

In “Guida al diritto” n. 27/2012 pag. 49 Marco Marinaro rileva che oltre alle motivazioni relative alle condizioni per-sonali di età e di salute, nella relazione illustrativa al D.lgs. 28/2010 è scritto che “tra i giustificati motivi potrà quindi agevolmente rientrare la mancata partecipazione ad una mediazione proposta davanti ad un organismo senza alcun collegamento con la residenza o sede delle parti, con il loro domicilio o con i fatti oggetto di conflitto” ed anche da man-cata o irregolare notifica della convocazione.

Nella recente giurisprudenza sull’art. 696 bis c.p.c. (con-sulenza tecnica preventiva) si sono valutate le tesi che si dibattono in ordine all’ammissibilità del novello istituto, trovandosi agli estremi quella che apre la strada a tutte le consulenze “esplorative” ad ampio raggio, con conseguente risultato opposto a quello voluto dal legislatore, cioè la defla-zione giudiziaria, e l’altra, restrittiva, che rimette sostanzial-mente al mero arbitrio della parte resistente l’applicabilità dell’istituto. Per giungere ad una soluzione di equilibrio Trib. Mantova 22.3.2011 in Giur. It. 2012, V fasc., pag. 1108, dopo aver rimesso la decisione sull’ammissibilità e rilevanza della istanza alla valutazione giudiziale della sua concreta utilità processuale, quanto alla impostazione “chiusa” la rigetta così motivando: “Se diversa fosse stata la volontà del legislatore la norma avrebbe richiesto il ricorso congiunto delle parti. Inoltre sarebbe davvero frustata l’applicabilità della norma se bastasse la mera ed insindacabile dichiarazione di rifiuto del resistente di voler addivenire ad una soluzione conciliativa della lite”.

Il criterio è ben applicabile all’istituto della media-conci-liazione, a maggior ragione trattandosi di condizione di pro-cedibilità, di guisa che non sono legittime le giustificazioni apodittiche che si riferiscono al merito della mediazione, come contestazioni, ritenuta inutilità del tentativo ecc..

Infatti non hanno alcuna attinenza con la volontà del legi-slatore, risolvendosi concretamente nel rifiuto dell’istituto.

Pertanto motivazioni siffatte non sono da considerarsi giustificative, con la conseguente applicazione dell’art. 8 n. 5.

C’è tuttavia ancora da dubitare che i soggetti econo-micamente forti possano essere indotti a comportamenti virtuosi nonostante il riferimento sanzionatorio all’art. 116 c.p.c. e, nel caso di adesione del convocato, al regime puni-tivo sulle spese previsto dall’art. 13 comma 1 dlgs 28/2010. Secondo tale disposto quando il provvedimento che defi-nisce il giudizio corriponda interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice deve escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che abbia rifiutato la proposta riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e condannarla al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo.

Tale disposto è omologabile con il riformulato comma 1 dell’art. 91 c.p.c., come sostituito dalla legge n. 69/2009, secondo cui il giudice “se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese maturate dopo la formulazione della

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proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’art. 92”. Le due disposizioni recano pertanto una rilevante deroga al principio di soccombenza, ed aggiungono la sanzione del pagamento dei contributi unificati della indennità corrisposta al mediatore e del compenso dovuto all’esperto.

Ma gli artt. 8 n. 9 e 13 in materia di mediazione obbliga-toria introducono “sanzioni” da adottarsi in sede giudiziale. Le parti economicamente deboli non se ne avvantaggiano quando, come accade sovente, mancando la conciliazione, nella specie per ingiustificata partecipazione del chiamato, sono, come sovente accade, scoraggiate dall’intraprendere la causa. E tuttavia, sia detto con una punta di ironia rispetto alle attese egualitarie di taluno, il fine dello sfoltimento del contenzioso è pur sempre raggiunto.

E’ da richiamare la posizione di A. Proto Pisani espressa in una pluralità di interventi su riviste e nella sua stessa ultima edizione di “Lezioni di Diritto Processuale Civile”. Secondo l’illu-stre autore l’attuale legge “avrebbe ben potuto indurre a pre-vedere che nel corso dell’eventuale successivo processo non potessero essere allegati fatti costitutivi, impeditivi, modifica-tivi, estintivi ed indicati mezzi di prova ulteriori a quelli allegati o indicati o che avrebbero potuto essere allegati o indicati nella fase preparativa e negli incontri del procedimento di mediazione-conciliazione”. E conclude: “una simile previsione, niente affatto rivoluzionaria avrebbe dato respiro, possibilità di successo alla conciliazione obbligatoria ed evitato che essa costituisca un inutile passaggio burocratico prima di poter adire il Giudice”. Ma in tal modo l’istituto ne verrebbe proces-sualizzato, oltre modo appesantito, accettuando il sospetto di illegittimità costituzionale per effetto della mancanza della obbligatorietà della assistenza legale delle parti.

Forse è possibile prevedere ulteriori sanzioni, dissuasive del rifiuto di partecipazione.

Giacomo Voltattorni

Questo articolo è stato scritto prima che la Corte Costituzio-nale in data 24.10.2012 dichiarasse la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa del decreto lgs. 04.30.2010 n. 28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione. C’è da scongiurare che il legislatore rimedi alla cen-sura con legge ordinaria salvo parti assorbite con un acritico ed automatico ricorso alla reiterazione, senza tener conto dell’e-sperienza.

In particolare mi è dato oggi di conoscere quali sono i motivi che hanno indotto le banche, e probabilmente anche altri sog-getti economicamente altrettanto forti, a rifiutare la partecipa-zione agli inviti di parte attrice formulati attraverso gli organismi di mediazione.

Innanzitutto ritengono ingiusto pagare un contributo prima di sapere se la conciliazione avrà buon esito, soprattutto quando si ritiene di aver ragione e comunque si è sicuri che non si addi-verrà ad alcun accordo.

Per questi soggetti sarebbe più giusto che fosse solo l’attore ad anticipare il contributo salvo recuperarlo in caso di mancata partecipazione dell’altra parte con detrazione di Euro 60,00= destinate alla spese della mediazione. Una disposizione più giusta sarebbe quella di ripartire gli oneri soltanto a concilia-zione avvenuta, senza anticipazioni per la parte convenuta.

Ecco spiegato per quale motivo le parti convocate che non aderiscono al tentativo di conciliazione adducono “giustificati” motivi che ineriscono, impropriamente, alle ragioni di merito (in sostanza rifiuto dell’istituzione mediatoria). Secondaria-mente ritengono troppo oneroso e complicato doversi munire, per l’indubbia delicatezza della materia, di un avvocato (ancor-ché... convenzionato) nonché di un funzionario da distaccare per illustrare questioni di fatto ignote al legale. Meglio, dunque una transazione diretta inter partes. Tralascio ogni considera-zione per quelle categorie riottose o ribelli che hanno costituito appositi organismi di mediazione.

Con queste premesse non si vede come il meccanismo della media-conciliazione obbligatoria possa funzionare. A meno che, come dicevo sopra, non si introduca un moltiplicatore molto elevato delle sanzioni previste per la parte convocata, ingiusti-ficatamente assente. Prima di legiferare sarà necessario affidarsi alle statistiche sulle esperienze già fatte, per settori e per valori delle controversie, per verificare in che misura percentuale sia sortito successo in sede di mediazione obbligata.

All’esito, se significativo, restringere il campo di applicazione della novella (ad esempio alle vertenze di minor valore come avevo auspicato in un primo tempo) confidando che vi acce-dano almeno i semplici cittadini.

Diveramente non induciamoci a repliche inutili e pregiudizie-voli, che attardano il corso della giustizia, teniamoci la media-zione facoltativa.

G.V.

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il diritto preso sul serio&

il diritto preso sul ridere “La funzione del pun, della battuta umorista o del giuoco

di parole equivale al gesto dell’equilibrista che sentendosi sul punto di cadere dal filo su cui cammina, cerca istintiva-mente di ristabilire un rapporto positivo tra i due versanti del suo percorso. La violazione della regola (quella della legge, come quella della rappresentazione comica) serve a recupe-rare il senso del confine e del giusto rapporto tra due versanti contigui e opposti.

Bisogna ‘camminare sul filo’”.

(Michele Marchesiello – Magistrato)

IntersezioniL’istante: non è questione di un attimo.Cita: non si intende chiamare la scimmia di Tarzan.P. l. balena: non è Moby Dick, ma nemmeno un processua-

lista obeso.Nomofilachia: sembra, ma non è una malattia.G. zagrebelsky: non è un croato, ma un italiano di sana e

robusta costituzione.ICI: non è l’acronimo di Istituzione Chiesa Italiana.Crisanto mandrioli: non è il nome di un fiore cimiteriale, il

cognome non ha a vedere con un passo appenninico.Permuta: non rotola perché non è un barattolo.Società a capitale pubblico: cittadino non ti arrabbiare,

l’importante è partecipare.G. Iudica: non iure sed aequitate judica me domine!Incidente probatorio navale: nihil flectere nihil frangere.Interest rate swap: fidati della volpe e del lupo, ma non

del tasso.Contratto quadro: non è prerogativa dei colleghi reggiani.Segnali di fumo: sebbene non siano emessi dagli indiani

sioux, sono molesti a qualche generale Custer.

Perle forensiDai carteggi epistolari: - Ad un pervicace debitore:“Altro che ben distintamente salutarla!”- Ad un collega che ha deluso:“La mia cordialità è a termine”.- Impersonale e telegrafico ad un collega, avversario in

causa, con cui non corrono buoni rapporti: “Banca habet deciso ect.”

Dai verbali e dalle comparse:“Ci si oppone ad ogni eccezzione e deduzzione avversa-

ria”. Oltranzista.“Il light-motiv della difesa avversaria”. Illuminante.“A questo punto, come si sospettava, controparte indi-

cava a teste X. Y.: tabula rasa!”. Verosimilmente sta per “lupus in fabula”.

Quando l’avvocato si avventura nel metagiuridico:- “Per un buon processo occore una logica riforma delle

leggi sostanziali; il fallimento del processo civile è quello della società e del diritto teorico al processo come fine e non come mezzo. In buona sostanza la differenza tra metodo logico e deduttivo e metodo empirico, tra la teoria generale della bracciata sulla sabbia e la tesi empirico-umida del tuffo senza principi generali dove non si tocca”.

“Amaro è assaggiare il sapore dell’ingiustizia, e per di più tardiva. La nostra è una giusitizia civile anale: ciò non sarebbe grave perché anche Aristotele e Kant erano due ana-listi. Lo era anche quell’ossessivo di Fichte, nessuno più anale di lui persino nella ritenzione dell’io e non io.

Ma chi anal-izzerà l’anal-ista ?”. (Avv. Eugenio Pensini del Foro di Trento: “Psicopatologia del processo civile”).

Il catechismo e la reputazione dell’imprenditoreRenzo Capotosti “Etica e responsabilità per il governo

delle imprese – praeter legem: la legge pone obblighi mini-mali oltre i quali c’è l’etica” quaderni Cesifim, Giappichelli Ed., 2011.

Il titolo compendia il contenuto e l’indirizzo dell’opera, ricca di problematiche ed assolutamente esauriente in ogni aspetto, nessuno tralasciato, della dialettica etica – diritto – politica, di cui si sono occupati giuristi d’impresa, economisti, sociologi e filosofi del diritto secondo le rispettive discipline.

Per il Capotosti il suo è “un libro di pensieri dettati dall’e-sperienza” e come tale “non può essere un libro di dottrina. Perché i pensieri e l’esperienza sono personali, mentre la dottrina è degli altri”.

Secondo l’autore vi è un movimento circolare tra etica e diritto dell’impresa sia privata che pubblica, che coinvolge la politica dei governi, dei parlamenti e delle organizzazioni istituzionali. Se è vero che il diritto ha il vantaggio della forza coercitiva delle sanzioni, accompagnata da strumenti orga-nizzativi appropriati a renderne effettiva l’applicazione, l’etica “ha i suoi momenti di rivincita sul diritto: l’etica è uguale per tutti (coloro che la sentono), e il diritto può, malaugu-ratamente e finché il sistema non reagisce, non esserlo per effetto di eccezioni interpretative o personalizzazioni; l’etica,

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a differenza del diritto, non ammette immunità o prescrizioni o amnistie e indulti; ma soprattutto l’etica può influenzare il legislatore ed essa stessa, attraverso processi di “legifica-zione”, può diventare diritto. E infine l’etica riemerge quando il diritto muore e non è più in grado di esercitare la sua funzione di supremo regolatore della vita sociale”. “Il dibat-tito tra diritto ed etica determina anche il comportamento degli imprenditori e, attraverso loro, la qualificazione repu-tazionale delle imprese nell’apprezzamento commerciale del mercato e si riflette nelle contrapposte visioni tra ontologia (giuridica) e deontologia (etica)”.

Il venir meno della reputazione morale e professionale tiene luogo della coercizione statuale.

Discorso diverso è il rapporto tra etica e politica: tra le due categorie non sono possibili rapporti ravvicinati talché potrebbero non incontrarsi mai. Invero “la politica, sentita come potere da esercitare sulla collettività, ha tendenza “a prendere”; la politica sentita come servizio da rendere senza volontà di predominio, ha tendenza “a dare”. In questo secondo senso la politica valorizza la dignità umana e può avvicinarsi all’etica. O anzi rappresentare la massima espres-sione dell’etica”.

Ma, come subito dopo l’autore riconosce, non viviamo nel migliore dei mondi possibili in quanto oggi “la confu-sione delle ideologie e la perdita di identità politica dei partiti privano gli imprenditori seri dei necessari paletti di riferimento che scelte strategiche stabili di politica impren-ditoriale potrebbero ragionevolmente fissare, e li espone a pericolosi vuoti di sistema nazionale ed internazionale. Poli-tica allo sbando significa anche imprese allo sbando, tra le incognite della globalizzazione e la aggressione degli interessi localistici”. E che l’etica non è spesso in consonanza con la produzione legislativa è sotto gli occhi di tutti.

Secondo l’autore “l’ideologia non corrompe perché è conosciuta, mentre il pragmatismo, che è imprevedibile” è più pericoloso in quanto in mano di tecnocrati facili al compro-messo, lontani dal diritto e lontanissimi dall’etica. Sulla quale affermazione si possono sollevare molte riserve, ad esempio che sovente le ideologie e le appartenenze religiose fungono da schermo a comportamenti tutt’altro che etici.

La importanza della funzione dell’etica sembra sopravva-lutata dal Capotosti rispetto al pessimismo di quegli autori (vedi Guido Rossi) che, con riferimento ai codici etici, vi rav-visano “la morte del diritto” proprio per la loro inutilità in assenza di strumenti sanzionatori efficaci. Tuttavia il Capo-tosti valorizza gli usi praeter legem regolati dall’art. 8 delle preleggi e ne deriva che “il diritto ha dunque bisogno dell’e-tica nel momento in cui, nei passaggi topici della dinamica contrattuale, fa ricorso al principio di buona fede (trattative, conclusione, intepretazione ed esecuzione dei contratti: artt. 1337, 1338, 1369, 1375 c.c.), come ne hanno bisogno la con-suetudine e gli usi, quando fanno riferimento al valore dell’e-quità, che rappresenta il canone etico della intepretazione

negoziale (art. 1374 c.c.)”.Per non dire del richiamo solidalistico espresso dall’art. 2

Cost., e della giurisdizionalizzazione a livello costituzionale (artt. 111 e 102 cost.) e, nel momento finale, nella applica-zione della legge al caso concreto, operata dal giudice anche secondo equità. L’a. rifugge l’idea di modificare l’art. 41 cost. con l’abolizione di ogni riferimento a controlli pubblici e alla utilità sociale, potendo ciò “rappresentare una pericolosa deriva permissiva”.

Egli dunque di fatto si affida all’etica come alternativa ai sistemi giuridici dichiarati obsoleti o insufficienti e la richiama come ispiratrice di soluzioni politiche per ricostruire il diritto secondo il principio della solidarietà.

E di ciò dà vastissima esemplificazione nella sua completa ed esauriente opera ove non manca di spaziare da una tema-tica all’altra con inesauribile competenza.

Le parti più ispirate sono quelle dedicate alla responsabi-lità delle imprese e dei lavoratori, se ne predica la immede-simazione negli interessi comuni, elemento che concorre a favorire il reating etico complessivo delle imprese, al richiamo della cogestione mai decollata in Italia, alle problematiche della localizzazione, all’auspicio di un impegno equilibrato dei sindacati nel conflitto con il capitale. Può l’autore porsi un altro tema di indagine: per quale ragione della cogestione in Italia non si è fatto nulla? Forse perché la sinistra marxista ha temuto la contaminazione della socialdemocrazia di altri paesi?

Come si vede siamo ben oltre rispetto all’individualismo professionale calvinista, e al segno della grazia divina ricevuta, come da saggistica del Weber, bensì in una visione cattolico – sociale moderna di cui il Capotosti non fa mistero.

Qui l’etica sociale se praticata, produce effetti sotto forma di utili imprenditoriali e collettivi, se negletta provoca il default attraverso la sanzione del discredito aziendale. Etica ed economia si congiungono anche prima della mediazione giuridica.

Se è vero che dalle cronache si verifica la bontà di una tesi, potremmo suggerire all’a. di porre ai suoi lettori questa domanda: quali condivisioni al proprio interno, quale appeal per i suoi prodotti può suscitare una grande impresa che, abbandonata la deontologia della parte imprenditoriale, agisce con rappreseaglie contro i propri dipendenti?

Dalle disuguaglianze ed iniquità fiscali (vedi lo scudo), dalla deregulation del mercato globale, alla proposta di indenniz-zare i lavoratori che perdono il posto per la delocalizzazione della impresa o di alcuni suoi rami, alla soluzione delle contro-versie attraverso arbitrati e mediazioni conciliatorie. “Bilanci poco trasparenti, o addirittura trucchi contabili, lavoro nero, fatturazioni irregolari, evasioni o frodi fiscali, riciclaggio di capitali, pratiche collusive con effetti anticoncorrenziali o abusi di posizione dominante ed altri comportamenti scor-retti, anche se non accertati come reati o illeciti di natura giuridica, sono incompatibili con la nozione del giusto pro-

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fitto. Tali pratiche alterano la dinamica dell’impresa nella sua collocazione sul mercato e non sono eticamente accettabili”.

E parimenti le remunerazioni esagerate dei manager basate sulla stock option.

Si evoca l’irresponsabilità etica delle imprese rispetto al paesaggio, all’inquinamento e al diritto alla salute.

E significativamente: perché ha la cittadinanza a chi evade e porta capitali all’estero, e negarla all’immigrato che lavora in Italia e paga regolarmente le tasse ?

Un profilo delle evoluzioni storico – economiche in Italia: dal fenomeno dell’ingresso dello Stato attraverso l’impresa pubblica nella finanza e nella economia industriale esploso in Italia all’indomani della grande depressione mondiale del 1929, preceduto dalla nazionalizzazione delle ferrovie e dalla municipalizzazione dei servizi pubblici (elettricità, gas, trasporti) e ha interessato, con finalità di salvataggio delle imprese private e delle aziende di credito (lo strumento operativo è stato l’IRI creato nel 1933 come ente pubblico di partecipazione); all’ingresso dello Stato nelle banche e, con il degradarsi delle situazioni economiche delle imprese, all’estensione dell’intervento statale a vari settori strategici (trasporti, energia ect.) fino alla autarchia del regime. Nel dopoguerra l’istituzione dell’Eni con la finalità di opporsi all’invadenza, nell’area mediteranea delle grandi compagnie petrolifere private internazionali, e negli anni sessanta l’Enel con finalità ugualmente privatistiche con lo scopo di fornire energia elettrica. Il new industrial state è notevolmente cre-sciuto negli anni del dopoguerra estendendosi a tutti i settori e in breve tempo ha accupato anche politicamente i centri nevralgici della vita economica e finanziaria nazionale. Sul piano giuridico l’evoluzione verso la formazione di società a partecipazione pubblica o di interesse nazionale fu regolata dal codice civile del 1942 (art. 2458 oggi sostituito dagli artt. 2449 e 2451, dopo la riforma del 2003 del diritto societario). Nei primi anni novanta con tangentopoli, i partiti politici, in grosse difficoltà di credibilità, non sono stati più in grado (di dare e ricevere) sostegno. Si è in altre parole interrotto il cir-cuito con le imprese ed è sembrato che si fosse anche rotto il meccanismo collusivo di reciproco scambio di denaro. E’ stata sintomatica la contestualità della rottura: il sistema dei parititi politici della prima repubblica è imploso e la cosid-detta tenuta delle imprese pubbliche è cominciata a man-care. E’ ripreso ma lentamente con difficoltà il processo di privatizzazione imponendosi alla politica nazionale anche per effetto della filosofia europea di lotta contro gli aiuti di stato e i monopoli e quindi contro i sistemi di corruttela che da quelli derivano, a favore di liberalizzazioni regolamentate. Ma negli ultimi anni il processo di privatizzazione si è arrestato, l’ultima riguarda le Poste Italiane, o si è svolto con forme improprie come nel caso Alitalia, per iniziative legislative di favore dirette a mobilitare il capitale privato tramite liberi imprenditori. L’intreccio affari e politica non si è interrotto: oggi, con il regime del bipolarismo, il sistema della lottizza-

zioni si spezzetta ugualmente tra i partiti appartenenti alle coalizioni di maggioranza, con feroce applicazione dello spoyl sistem, ad esempio attraverso la lottizzazione politica delle fondazioni bancarie. A fronte di queste malattie endemiche di collusione tra politica ed affari, più marcatamente nel settore delle imprese e delle istituzioni pubbliche, l’auspicio dell’au-tore è quello del trasferimento del principio etico in una norma giuridica perché “il principio in sé diventando diritto, si rafforza”. Esempio superiore viene colto nella nostra Costi-tuzione “che nel 1948 ha dovuto rovesciare l’ordinamento giuridico precedentemente in vigore, ha fatto tabula rasa del passato recente ed è quindi, prima che un testo giuridico, un testo di valore etico presentato in termini giuridici”. Sul piano strutturale economico il Capotosti auspica che “l’im-presa privata acquisti la credibilità e la capacità necessaria per sostituire efficacemente l’impresa pubblica nello svolgi-mento di quelle funzioni sociali alle quali la collettività non può rinunciare”.

L’autore dell’opera, incorniciata da una prefazione che cita Lewis Carrol, e da una postfazione che rimanda al Mac-chiavelli, è giurista d’impresa ed ha svolto come dirigente e consulente nel settore assicurativo – finanziario attività di collaborazione presso società e organismi pubblici e privati a Parigi, Bruxelles, Londra, Ginevra.

Welcome to America

E’ significativo contributo etico-politico, non solo un saggio, come quello appena recensito, ma anche gli scritti di ordinaria quotidianità, specie se filtrati attraverso il tempo.

E’ il caso della seguente lettera al direttore del “Times” datata oltre un secolo fa, tratta dal bel romanzo di Melania G. Mazzocco “Vita”, autobiografia di una generazione.

Da non commentare, ma da indurre a riflessioni:

IMMIGRAZIONE SGRADITA

“E’ gratificante vedere un giornale di prima classe come il “Times” suonare una nota di ammonimento per il pericoloso afflusso di stranieri indesiderati che si stanno rovesciando su di noi. L’afflusso non è solo sgradito ma nocivo al benessere del nostro paese. Voi dite che è nostro dovere aprire le porte agli oppressi di tutto il mondo, e dal momento che una per-sona è povera e infelice nel paese in cui è nata può reclamare la nostra ospitalità come un diritto. Ma le nostre leggi per l’immigrazione sono troppo lassiste. Guardate nelle nostre prigioni, negli istituti di pena, guardate il numero di omicidi e crimini quotidiani: sono tutti commessi da stranieri. E perché questi stranieri selvaggi e col sangue caldo sono sempre

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armati di stiletti o revolver ? Nelle nostre strade sono tutti armati. Non molto tempo fa ho visto un ambulante italiano che spingeva un carretto a mano minacciare con un coltello un bambinetto americano che lo aveva provocato prenden-dolo in giro in modo innocuo. Ho cercato un poliziotto per quasi mezz’ora, ed ero a Broadway, a mezzogiorno. Non ho trovato un poliziotto e il potenziale assassino è scappato. Sì, bisogna bloccare in ogni modo questo flusso indiscriminato. Per quaranta o cinquant’anni la porta deve restare chiusa contro questo genere di immigranti”. Samuel Conkey (Bro-oklyn, 28 aprile 1903).

Indovinello natalizio(a cura della redazione: stavolta non ci sono premi): Ragazzi troppo vivaciscendete purche al vòto io vi attendo e al fine della corsavi sospendo

Trattasi di un “coso” in dotazione degli amanti degli sport estremi.

Uno di questi un insospettabile e valoroso civilista del nostro foro.

Giacomo Voltattorni

I SEGNALI DEI LETTORI

In “Segnali di fumo” comparso sulle “Cronache” fasc. 2 - 3/2011 mi occupavo di alcune curiosità “accademiche” riguardanti il professor Emilio Betti, il prof. Giuseppe Ferri e il filosofo Giovanni Gentile. Nel numero successivo sotto questa rubrica è apparso lo scritto di un lettore per alcune precisazioni e contestazioni.

Quel mio pezzo nella sua interezza ha ricevuto ospitalità anche su “Diritto e lavoro nelle Marche” n. 3 e 4/2011 con il titolo “Le drammatiche traversie italiane de “il negozio giu-ridico” di Emilio Betti””. Nel numero successivo della rivista marchigiana cioè n. 1 - 2/2012 compare la replica dell’Avv. Adria Stella Infrasca.

Il dotto e polemico intervento della collega di Ascoli, direttrice della rivista “Toga Picena” ed apprezzata profes-sionista, si segnala per vivacità e passione culturale, storica e giuridica. Per questo motivo lo offro in lettura ai colleghi parmensi , facendo seguire una mia nota di replica.

Ma prima intendo emendare un mio errore: Giovanni

Gentile non risulta tra i fautori delle leggi razziste. Qui di seguito l’articolo della collega picena:

LA VERITA’ SU EMILIO BETTILeggo sul n. 3-4/2011 di Diritto e Lavoro nella Marche

un articolo di Giacomo Voltattorni titolato “Le drammatiche traversie italiane de “Il negozio giudirico di Emilio Betti”. In realtà l’autore non commenta, sia pure in veste critica, il con-tenuto dell’opera ma si limita a definirla “un mattone color mattone” che “riposa in qualche” (dimenticato) “anfratto” (sic!) della sua originale ed evidentemente poco frequentata biblioteca.

In realtà al prof. Betti sono riferibili oltre venticinque pub-blicazioni che spaziano dal Diritto Romano all’Italiano e nel tempo dal 1919 al 1958.

Confessa Voltattorni di avere appreso per la prima volta, tramite l’autore contestato, i termini di “semantica” ed “epi-stemologia” confermando l’opinione di chi scrive che le scuole italiane molto probabilmente hanno subito un grave ed irreversibile declassamento.

Riferisce, inoltre, una mancata esecuzione capitale nel 1943 di Emilio Betti, condannato, a suo dire, a morte salvato dal plotone di esecuzione dal prof. Giuseppe Ferri, partigiano, suo ex allievo che, sempre a suo dire, avrebbe dichiarato rivolto al plotone: “Ma non vedete che state per fucilare un demente? E’ lo scemo del villaggio”. Quanto sopra lascia per-plessi coloro che, come chi scrive, sono stati allievi negli anni sessanta del Ferri, professore ordinario presso l’Università di Roma. Incontrano invero notevole difficoltà ad attribuire un intervento difensivo di così basso livello a chi nella per-fazione della prima edizione della sua notevole ed ancora attuale opera “Manuale di Diritto Commerciale” con rara modestia scrive: “Non sta a me giudicare sino a qual punto l’intento che mi sono proposto sia stato realizzato e fino a qual punto la sistemazione e la trattazione siano riuscite. Ho cercato di fare del mio meglio, né avrei saputo fare di più: affido pertanto quest’opera alle stampe, grato a quegli studiosi che con il loro consiglio e le loro critiche mi consen-tiranno di migliorarla”.

Altrettanto perplessi lascia la riportata pretesa risposta al Ferri del comandante del plotone: “Portate via quell’im-becille”. In realtà Emilio Betti fu arrestato a Camerino nel 1944 e imprigionato per circa un mese per decisione del CLN, per il suo sostegno intellettuale al fascismo. Fu così posto al sicuro dalla minacce che avevano fatto seguito alla sua adesione al regime. Non fu mai condannato a morte, nel 1945, invero, sospeso dall’insegnamento e sottoposto a giu-dizio di epurazione, fu prosciolto da ogni imputazione. (Per inciso Giovanni Gentile non fu, come riferito dal Voltattorni, “fucilato proprio in quei giorni” ma fu vigliaccamente ucciso da anonime revolverate mentre rientrava nella sua casa di Firenze). Le scelte politiche di Betti non compromisero l’im-portanza delle sue opere. Il loro pregio è stato universal-

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mente riconosciuto senza riserve nonostante la sua adesione al Fascismo. Dette opere ammontano a circa 300 ma si ricor-dano in particolare: Teoria generale del negozio giuridico, Teoria generale delle obbligazioni, Teoria generale dell’interpretazione. Fu docente presso le università di Camerino, Macerata, Pavia, Messina, Parma, Firenze, Milano e Roma. Come Gastpro-fessor e Visiting professor svolse corsi presso le università di Francoforte sul Meno, Giessen, Colonia, Amburgo, Porto Alegre, Caracas.

Fin dal 1939 fece parte delle commissioni ministeriali che hanno redatto il Codice Civile del 1942 e la sua influenza fu determinante nella decisione adottata dal Dino Grandi di abbandonare il progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti del 1927, progetto che avrebbe dovuto costitui-re l’attuale quarto libro del Codice Civile. Il 30/11/1946 fu chiamato alla cattedra di Diritto Civile della facoltà di Giuri-sprudenza di Roma e dedicò gli anni successivi a studi e ricer-che. Dal 1952 al 1954 riprese i viaggi. Nel trimestre invernale 1957-1958 fu Visiting Professor nelle università del Cairo e di Alessandria. Tra la fine degli anni quaranta e sessanta pubblicò una serie di opere romanistiche e non. Per inciso Emilio Betti si laureò a 21 anni in Giurisprudenza presso l’Università di Parma e a 23 anni in lettere classiche presso l’Università di Bologna. Nel 1915 vinse il concorso per la libera docenza presso l’Università di Parma e trascorse, come già sottolinea-to, lunghi periodi presso le già riportate università estere. Fu uno dei più importanti giuristi italiani di tutti i tempi e, come universalmente riconosciuto, tra i principali artefici del Codice Civile del 1942, come, altresì, noto, tuttora vigente. Dal 1965 fu chiamato ad insegnare ius romanorum alla Pontifi-cia Università Lateranense. Nel corso dell’attività accademica coprì tutti i rami del diritto in particolare: dal diritto romano, al civile, al commerciale al processuale.

Nel 1955 fondò presso le università di Roma e di Came-rino l’Istituto di Teoria dell’interpretazione. Fu dottore honoris causa delle università di Marburgo, Porto Alegre e Caracas.

Negli ultimi anni si dedicò soprattutto alla teoria dell’in-terpretazione. Il riconoscimento del lavoro svolto avvenne con la menzionata creazione dell’Istituto di Teoria dell’Inter-pretazione e nell’ambito di detti istituti, lasciato l’insegna-mento ufficiale nel 1960 per raggiunti limiti di età, continuò a svolgere corsi e seminari di ermeneutica e sulle sue appli-cazioni negli studi romanistici. Morì a Camerino l’11.08.1968 ma i suoi studi sono stati e restano ancora oggi punto di riferimento per gli studiosi del diritto italiano”.

Adria Stella InfrascaSegue la risposta

GRANDI MAESTRI, GRANDI EQUIVOCI?“La funzione semantica del fonema si sovrappone a quella

meramente apofantica del morfema logico” (E. Betti “Il negozio giuridico”).

Così, a memoria, recita ancora un vecchio compagno di università, dopo quasi sessant’anni, lucido e senza esitazioni. Si era a metà degli anni cinquanta, epoca in cui non sembra essersi ancora prodotto quel decadimento scolastico che, ove fosse stato già in atto, coinvolgerebbe la nostra interlocutrice, la collega Adria Stella Infrasca, (v. “La verità su Emilio Betti” sul n. 1-2 del 2012 di questa rivista, pag. 180 ss.). Ebbene sì, gentile collega di origine napoletana, “io nacqui”.

Il recitante amico Attilio, detto Tillo, esponente del FUAN, tuttora legato a quelle idee, non osava minimamente recare offesa al Maestro, anzi, di quel linguaggio si compiaceva goliar-dicamente (avevamo vent’anni), immedesimandosi nella reto-rica e nella complessità sintattica del luminare. Al punto che ne risentiva, per contaminazione, il giocoso linguaggio quoti-diano, che si estendeva al nostro ottimo e problematico Prof. Scavo Lombardo, docente di diritto ecclesiastico: “Caro Jack, ti dirò che non ti nascondo che dal punto di vista semantico a me sembra, dico a me sembra, che forse si possa dire che…”.

Le caricature, la ironia e la leggerezza abitano degnamente nel pensiero e nella vita, e persino nel gossip accademico (si ricordi, uno per tutti, Walter Bigiavi), e alimentano la vivacità dell’intelletto. O forse siamo inquinati da quello stesso fon-damentalismo che combattiamo in nome dello spirito laico?

Ora, collega picena, perché avrei dovuto essere tenuto a discettare sulle tesi di Emilio Betti? Non è un disvalore libe-rarsi una volta tanto della posa del pensatore di Rodin. Nè è disconoscimento del grande valore delle opere del Betti e della utilità dei nostri studi dare atto che oggi la sua teoria del “negozio giuridico” risulta superata.

Anche sulla anedottica vi è stato da ridire. Al mio scritto “Le drammatiche traversie italiane de “il negozio giuridico di Emilio Betti”, comparso sul n. 3/4/11 di questa rivista, avevo tra l’altro affidato la narrazione di una tragica quanto fortu-nata circostanza, in cui il Professor Betti, messo al muro per essere fucilato dai partigiani, era stato salvato dal più gio-vane prof. Giuseppe Ferri, ordinario di diritto commerciale, partigiano, il quale, presa immediata e coraggiosa occasione dallo stato di scomposta agitazione di cui il Betti era preda, inventò lì per lì, rivolto al plotone, un “ma non vedete che state per fucilare un demente? È lo scemo del villaggio”. La collega trova inverosimile l’episodio che attribuisce al Pro-fessor Ferri “un intervento difensivo di così basso livello”, incompatibile con la sua persona.

Questa poi! Cosa doveva fare il Ferri, declamare un canto del Paradiso? Chi si è trovato in quei frangenti – io stesso, da piccolo, sfollato ad Acquaviva Picena – può testimoniare che in quei momenti di immediato pericolo e di panico, grazie ad una scossa di adrenalina, spesso si è capaci di inventare all’istante espedienti salvifici. C’è da credere che il Betti abbia ringraziato il suo più giovane collega. Figurarsi che lo abbia offeso la patente di imbecille datagli dal comandante del plo-tone, non credo che avrebbe voluto smentirlo pubblicamente.

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Ha invece ragione la collega quando protesta che nel mio testo ho riferito che Giovanni Gentile fu fucilato proprio in quei giorni, non potendo contare su fortunati interventi come quelli di cui aveva beneficiato il Betti. Ma l’Infransca, che la storia conosce, pudicamente precisa che Gentile “fu vigliaccamente ucciso da anonime rivolverate, mentre rien-trava nella sua casa di Firenze”. Perché anonime? Se si intende la dinamica dell’uccisione, è ormai assodato che gli autori furono quattro gappisti in bicicletta, che, fingendosi studenti, sotto braccio nascondevano, dietro i libri, le armi, e aggredi-rono Gentile mentre era in macchina con il suo autista. Tre furono smascherati, il primo era certo Fanciullacci che, arre-stato e sottoposto a torture, per non parlare si uccise get-tandosi da una finestra (andò meglio agli assassini di Matte-otti). Sul quarto, un grande mistero, anzi, il mistero. La prima versione, accreditata dagli antifascisti e soprattutto dal P.C.I., fu la tesi di una rappresaglia per la strage del Campo di Marte in cui vennero uccisi dai repubblichini renitenti alla leva. Ma a questa voce se ne aggiungeva altra: quella secondo cui forte fu l’irritazione degli estremisti fascisti al discorso al Campi-doglio pronunciato dal Gentile, e ai reiterati suoi interventi di fine ’43, nei quali invitava le parti contrapposte alla concordia. Del resto il Gentile era intervenuto per far cessare le rap-presaglie e le ferocie della banda Carità, operante in Toscana. I fascisti ad oltranza non lo perdonarono e Farinacci –lui, proprio lui- lo apostrofò come “vecchio mascalzone”. Ritardi nelle indagini, mancanza delle rituali rappresaglie, difetto di una scorta al filosofo, nonostante la sensazione generale di pericolo, strani silenzi nei ranghi fascisti, imbarazzi, reticenze nella stampa, pseudo necrologi pubblicati il giorno stesso della morte. Per altro verso un certo disorientamento tra gli antifascisti che deplorarono l’uccisione, tranne il P.C.I. che però si rifiutò di rivendicarla e la attribuì a una giusta e spon-tanea iniziativa della base. Si suppone che il quarto ciclista fosse un infiltrato dei servizi segreti inglesi nelle fila dei fasci-sti e degli antifascisti, con il sospetto che i primi sapessero dell’imminente attentato.

Gentile fu dunque il “martire comodossimo” di un omici-dio dalle “molte e diverse matrici”.

Detto questo, rimando al libro di Luciano Canfora “La sentenza”, Sellerio editore, diffusissimo e documentatissimo su queste circostanze. Per sentenza si intende il preteso “annuncio di morte” di Concetto Marchesi pubblicato sul quotidiano socialista luganese “Libera stampa” il 24.02.1944, ma il cui testo nel punto cruciale si assume manipolato e scritto in un periodo non sospetto, ben prima della sua pub-blicazione e della morte di Gentile (15.07.1944).

L’uomo Gentile fu certamente un intellettuale a servi-zio del potere: quando si iscrisse al PNF, con una sua let-tera offrì in dotazione la sua dottrina liberale, un liberalismo che proclamava non la libertà dell’individuo verso lo Stato, bensì l’immanenza dello Stato in ogni singolo individuo. Fu l’ “uomo del manganello”, che nel ‘24 celebrò questa arma

impropria come la “spada della libertà”. Ministro alla P.I., pro-mosse la riforma della scuola, di stampo liberale (fu approvata da Croce). Introdusse il giuramento obbligatorio di fedeltà al regime per i colleghi universitari. Aderì con riluttanza alla R.S.I. Dopo la caduta del fascismo, come i suoi camerati gli rimproveravano, prese a parlare di concordia e a stringere rapporti con il governo Badoglio. Ma, sciaguratamente per lui, nel marzo ’44, meno di un mese prima dell’attentato, in un suo discorso all’Accademia Italiana, ribadì la necessità dell’al-leanza con il nazismo.

Botto finale: della “fucilazione” del Gentile e dell’episo-dio che riguarda il Betti ho appreso da un libro semiscono-sciuto di un altro Maestro, il giurista prof. Francesco Galgano, di recente scomparso “Il diritto e le altre arti – una sfida alla divisione fra le culture”, editrice Compositori 2009. E se l’il-lustre autore avesse preso un granchio anche sull’episodio del Betti? Da qui il titolo interrogativo di questo scritto, che parafrasa il motto di un altro celebre maestro, il Prof. Walter Bigiavi: “Grandi giuristi, grandi errori”.

Sarà stata comununque una occasione per ripassare un tratto di storia contemporanea con gli occhiali (corretti) dei giuristi.

Giacomo Voltattorni

Scrive sull’argomento ancora l’Avv. A. M. Colli:“Non rinvengo il testo in cui si riporta quanto detto da

Concetto Marchesi a proposito di Fanciullacci e l’uccisione di Gentile. Ti prego quindi di provvedere a eliminare dal mio testo quanto ho scritto riguardo a Concetto Marchesi; even-tualmente ritornerò sull’argomento quando avrò rinvenuto il libro”.

La frase sarebbe stata: “Fece più cultura Fanciullacci che Gentile”.

Neanche io ho trovato, nemmeno nel libro di Canfora, che pure è documentatissimo, questa frase. E’ verosimile, considerati i rapporti tra i due, lo è di meno visto che sia pure indirettamente e senza la intermediazione del P.C.I. Concetto Marchesi tenne a far sapere di voler respingere l’accusa di essere il mandante morale dell’uccisione del Gen-tile (v. sopra.).

G.V.

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Avvocato - Procedimento disciplinare - Procedimento davanti al C.d.O. - Valutazione delle prove - Discreziona-lità - Principio del libero convincimento del giudice

Avvocato - Procedimento disciplinare - Procedimento davanti al C.d.O. - Disciplina ragionevole durata del pro-cesso - applicabilità - Esclusione

Avvocato - Norme deontologiche - Dovere di fedeltà - Dovere di verità

Il C.d.O., nella sua funzione di Giudice della deontologia, ha ampio potere discrezionale nel valutare la conferenza e la rilevanza delle prove dedotte in virtù del principio del libero convincimento, con la conseguenza che la decisione assunta in base alle testimonianze ed agli atti acquisiti in conseguenza dell’esposto deve ritenersi legittima, allorquando risulti coe-rente con le risultanze documentali acquisite al procedimento, né determina nullità del provvedimento la mancata audizione degli esponenti, laddove, attraverso la valutazione degli atti, si sia già pervenuti all’accertamento del fatto da giudicare.

In relazione ai procedimenti disciplinari non è applicabile la norma afferente alla ragionevole durata del procedimento, in particolare nella fase di trattazione davanti al C.O.A., non trattandosi di organo giurisdizionale.

Laddove un’avvocato si trovi nella condizione di non poter seguire allo stesso tempo verità e mandato, leggi e cliente, la sua scelta deve privilegiare il più alto e pregnante dovere radicato sulla dignità professionale, ossia l’ossequio alla verità ed alle leggi spinto fino all’epilogo della rinunzia al mandato in virtù di un tale giusto motivo, astenendosi dal porre in essere attività che siano in contrasto con il prevalente dovere di rispetto della legge e della verità. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Viterbo, 29 giugno 2007).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 103 Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. MORLINO - P.M.

GALATI (conf.) - avv. S.D.A.

Avvocato - Norme deontologiche - Doveri di probità e lealtà - Sottoscrizione di atti processuali con firma contraffatta di altro collega - Illecito deontologico - San-zione - Determinazione - Prescrizione di alcuni addebiti - Reiterazione della condotta - Rilevanza

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che sottoscriva atti processuali con la firma contraffatta di un collega. (Nella specie, il CNF, pur confermando la responsabilità dell’incolpato, ha ridotto la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’at-tività professionale per la durata di mesi due in quella della censura per effetto della pronunciata prescrizione per alcuni

degli addebiti contestati, e ciò considerata la gravità del fatto, inserito in una serie di reiterazioni di condotte illecite, ancor-ché prescritte). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano, 23 febbraio 2009).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 104 Pres. ALPA - Rel. MARIANI MARINI - P.M. IAN-

NELLI (conf.) - avv. A.P

Avvocato - Norme deontologiche - Doveri di probità, dignità e decoro - Obbligo di provvedere all’adempi-mento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi - Emissione assegni in difetto di provvista - Violazione

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Dovere di informazione - Dovere di dili-genza - Fattispecie - Sanzione - Misura - Sospensione - Adeguatezza

Avvocato - Norme deontologiche - Principi generali - Dovere di adempimento previdenziale e fiscale - Man-cata emissione di fatture - Illecito deontologico - Sussi-stenza

Va affermata la responsabilità disciplinare del professioni-sta che, in più di un’occasione, abbia richiesto ed ottenuto dai propri clienti il versamento di fondi spese esorbitanti le reali necessità delle singole pratiche, in parte compensati dalla consegna, da parte del medesimo avvocato, di assegni di minor importo e di dubbia provenienza, asseritamente giu-stificati talvolta dalla costituzione di un’impropria garanzia sul buon esito delle pratiche, tal’altra dalla volontà di conce-dere uno sconto al cliente, ovvero dalla insolita necessità di cambiare assegni ottenuti da terzi. (Nella specie, peraltro, tali commistioni finanziarie, di per sé già allarmanti sotto il profilo deontologico, risultavano aggravate dal fatto che gli assegni consegnati dall’incolpato, oltre ad essere postdatati, erano poi risultati insoluti).

Va ritenuta di sicura e grave rilevanza deontologica la con-dotta dell’avvocato che risulti caratterizzata da sostanziale inerzia nello svolgimento dell’attività di assistenza professio-nale e dalla reiterata violazione dell’obbligo di informazione dei clienti sull’andamento delle pratiche, nonostante le nume-rose richieste ricevute. In particolare, deve ritenersi giustifi-cata la sanzione della sospensione dall’attività professionale, in considerazione del danno arrecato al cliente e del grave discredito arrecato alla categoria forense, laddove, come nella specie, l’inerzia del professionista precluda al proprio assistito la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni subìti dai propri familiari a causa dell’intervenuta prescrizione della relativa azione, i cui termini non siano stati interrotti dall’in-colpato nonostante le rassicurazioni fornite al cliente.

Giurisprudenza disciplinare

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Va senz’altro affermata la responsabilità disciplinare del professionista che, a fronte delle somme percepite dai clienti, non provveda all’emissione delle relative fatture, così violando i doveri di adempimento fiscale oltre che i doveri di lealtà, dignità e decoro. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 3 dicembre 2008).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 125 Pres. ALPA - Rel. VACCARO - P.M. IANNELI (non

conf.) - avv. L.M.

Avvocato - Tenuta degli albi - Delibera di ammissione all’albo - Natura - Provvedimento amministrativo - Con-seguenze - Rimedi - Tipicità

Avvocato - Tenuta albi - Albo degli avvocati - Iscri-zione - Condotta non specchiatissima ed illibata - Reti-cenza - Revoca della delibera di ammissione - Legittimità

La delibera di ammissione ad un albo professionale è un provvedimento amministrativo, soggiace ai rimedi tipici per tali atti e potrà pertanto essere oggetto di riesame e di annul-lamento, revoca o modifica da parte dell’organo emanante o di un organo gerarchicamente sovraordinato, quando risulti il difetto dei titoli e dei requisiti per i quali fu emanato il provve-dimento e, come nella specie, disposta l’iscrizione.

La verifica della legittimità del provvedimento assunto in sede di delibazione dell’istanza di iscrizione all’albo professio-nale non può prescindere dall’esame di eventuali circostanze ostative alla iscrizione che - se note all’epoca - avrebbero comportato il diniego all’iscrizione e fra queste rientra, ai sensi dell’art. 17 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, una condotta non specchiatissima ed illibata del richiedente. (Nel caso di specie il CNF ha condiviso la decisione del COA il quale, ai fini dell’annullamento della delibera di iscrizione, ha ritenuto che l’aver il richiedente taciuto la circostanza della sua sospensione dal registro speciale dei praticanti abilitati dettata dal coinvolgimento in un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 479 e 476 c.p., integrasse una condotta non consona alle regole deontologiche della professione forense, tale da incidere sull’affidabilità del soggetto che aspira a svolgere il delicato ruolo attribuito dall’ordinamento al pro-fessionista forense).

La valutazione del requisito della condotta specchiatissima ed illibata, necessario ai fini della iscrizione all’albo professio-nale, va compiuta dal C.O.A. in modo autonomo ed indipen-dente anche dall’esito dell’eventuale procedimento penale che può aver coinvolto l’interessato. Conseguentemente, come la condotta specchiatissima ed illibata non è di per sé da escludere in presenza di una condanna penale, così può essere considerato privo del requisito previsto dalla legge colui che ha tenuto un comportamento che possa compromettere il decoro e la dignità della classe forense, ancorché per gli stessi fatti non vi sia stata pronuncia penale di condanna. (Rigetta il

ricorso avverso decisione C.d.O. di Paola, 21 giugno 2010). Cons. Naz. Forense 21-04-2011, n. 58 Pres. ALPA - Rel. BROCCARDO - P.M. CICCOLO

(conf.) - avv. V.R.

Avvocato - Tenuta degli albi - Albo degli avvocati - Iscri-zione - Requisiti soggettivi - Condotta specchiatissima ed illibata - Valutazione negativa - Oggetto - Diniego - Prov-vedimento amministrativo - Misura afflittiva violativa del principio del ne bis in idem - Esclusione - Fattispecie - Praticante avvocato - Gestione studio legale con orga-nizzazione complessa - Divieto

Il diniego dell’iscrizione all’Albo Avvocati per difetto del requisito soggettivo della condotta specchiatissima ed illibata non costituisce un’autonoma misura afflittiva tale da violare il principio del ne bis in idem, ma un provvedimento ammini-strativo, di natura non sanzionatoria, che viene adottato dal C.O.A. in esito ad una valutazione complessiva della persona-lità del richiedente cui concorre ogni precedente.

In sede di valutazione del requisito soggettivo della con-dotta specchiatissima ed illibata ai fini della iscrizione all’Albo degli Avvocati, la presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva non osta a che vengano valutati negativa-mente comportamenti tali da far dubitare, comunque, dell’af-fidabilità e dei requisiti attitudinali per lo svolgimento della professione forense.

Al praticante avvocato non è consentita la gestione di fatto di uno studio con organizzazione complessa e coordinamento di altri avvocati, potendo la circostanza tramutarsi in un eser-cizio a pieno titolo della professione forense da parte di un soggetto dotato, invece, di uno status abilitativo provvisorio meramente finalizzato all’acquisizione del titolo di avvocato. Costituisce inoltre comportamento deontologicamente non corretto l’utilizzazione della dicitura “Studio Legale” da parte di soggetti che, non essendo iscritti all’albo avvocati, non sono legittimati all’esercizio della professione forense.

L’esistenza o meno dei requisiti attitudinali e di affidabilità del soggetto interessato va verificata sulla base della sua con-dotta complessiva anche in presenza di comportamenti che, pur non aventi rilievo penale, sono significativi in rapporto alla funzione da svolgere. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lecce, 8 luglio 2010).

Cons. Naz. Forense 27-06-2011, n. 92 Pres. f.f. PERFETTI - Rel. PICCHIONI - P.M.

GALATI (conf.) - dott. M.M.

Avvocato - Procedimento disciplinare - Rapporti tra procedimento penale e disciplinare - Sentenza penale di assoluzione con formula ampia - Limitazione del potere disciplinare - Diversità materiale e giuridica dei fatti con-testati - Esclusione

giurisprudenza disciplinare

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L’autonomia dell’organo disciplinare, in presenza di assolu-zione con formula ampia, deve ritenersi ridotta, a seguito della modifica dell’art. 653 c.p.p., a condizione che il giudice penale, abbia configurato i fatti consacrati nel capo d’imputazione in maniera identica a quelli contenuti nel capo d’incolpazione. Qualora, pertanto, i fatti oggetto di contestazione in sede penale e disciplinare risultino sia materialmente sia giuridica-mente diversi tra loro, nessuna limitazione o compressione del potere disciplinare può essere operata dalla sentenza penale. (Nella specie, mentre la contestazione mossa in sede penale ineriva alle fattispecie di infedele patrocinio - mancata presentazione dell’atto di citazione e dei successivi atti di impulso del giudizio - e di appropriazione indebita aggravata, quella mossa in ambito disciplinare addebitava al professio-nista di aver comunicato ai propri clienti di aver promosso giudizio civile ricevendo a tal fine un acconto, senza procedere all’incarico ed attestando “falsamente” la pendenza del giudi-zio). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lecce, 12 luglio 2006).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 115 Pres. ALPA - Rel. MORLINO - P.M. CICCOLO

(conf.) - avv. P.C.

Avvocato - Procedimento disciplinare - Ricusazione - Ricusazione implicita - Inconfigurabilità - Invito all’a-stensione - Differenze

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Inadempimento al mandato - Errore ine-scusabile - Fattispecie

Diversamente dalla mera sollecitazione rivolta ai consi-glieri interessati affinché gli stessi esercitino il loro diritto/dovere di astenersi, l’istanza di ricusazione presuppone una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà in tal senso diretta. Mentre, invero, con la prima ci si attende che sia l’inte-ressato, in presenza dei relativi presupposti, ad astenersi, con la seconda si invoca l’intervento di un terzo che assuma, d’im-perio, il provvedimento di allontanamento dal collegio, non potendo configurarsi una ricusazione implicita.

Ai sensi dell’art. 38 c.d.f., anche l’errore può essere motivo di sanzione disciplinare allorquando sia inescusabile e comun-que manifesti trascuratezza degli interessi dell’assistito. In particolare, il regime delle impugnazioni e le modalità della loro proposizione costituisce bagaglio conoscitivo indispensa-bile ed elementare la cui ignoranza è inescusabile. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Parma, 21 ottobre 2008).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 119 Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. PERFETTI - P.M.

FEDELI (conf.) - avv. L.C.

Avvocato - Procedimento disciplinare - Competenza - Competenza alternativa - Criterio della prevenzione

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Assunzione di incarichi contro ex-clienti - Espressa autorizzazione del cliente a non tener conto del divieto - Illecito deontologico - Esclusione

La competenza a procedere disciplinarmente nei confronti di un professionista spetta, in via alternativa, al COA che ha la custodia dell’albo presso cui il professionista è iscritto, ovvero al COA nella cui giurisdizione è avvenuto o si è realizzato il fatto oggetto di contestazione, in base al principio della pre-venzione.

Il precetto deontologico di cui all’art. 51 c.d. non consente all’avvocato di assumere incarichi contro ex clienti, a meno che sia decorso un ragionevole periodo di tempo, l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in prece-denza e non vi sia possibilità, per il professionista, di utiliz-zare notizie precedentemente acquisite. Conseguentemente, pur quando non ricorrano nella fattispecie tutte le condizioni innanzi richiamate, il rigido tenore della predetta norma può indubbiamente ritenersi superato allorché il soggetto - alla cui tutela la norma è in parte orientata -, autorizzando espressa-mente il professionista a non tener conto del divieto, lo libera dal vincolo deontologico impostogli dal precetto. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Brescia, 25 settembre 2006).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 120 Pres. ALPA - Rel. DE GIORGI - P.M. IANNELLI

(conf.) - avv. G.C.B.

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la parte assistita - Contestuale difesa di due soggetti con interessi contrastanti - Conflitto di interessi - Violazione art. 37 c.d.f. - Fattispecie- Accordo simulatorio - Difesa congiunta

L’assunzione della difesa contemporanea di due soggetti con interessi contrastanti, o che, in virtù di accordo simula-torio, debbano apparire contrastanti, costituisce la negazione stessa della funzione dell’avvocato, il quale deve perseguire fedelmente gli interessi del suo cliente e solo quelli, e, per-tanto, vìola non soltanto i canoni generali di correttezza e probità ma anche quelli di decoro e dignità esteriori della professione, di cui l’articolo 37 c.d. è puntuale espressione. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Novara, 4 feb-braio 2009).

Cons. Naz. Forense 23-10-2010, n. 140 Pres. ALPA - Rel. LANZARA - P.M. GALATI (conf.)

- avv. M.R.

giurisprudenza disciplinare

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Avvocato - Norme deontologiche - Doveri di probità, correttezza e lealtà - Iscrizione a ruolo di cause pro-mosse da attori inesistenti - Falsificazione dei mandati - Sanzione - Cancellazione dall’albo - Adeguatezza

Costituisce condotta gravemente violativa dei principi generali di probità, correttezza e lealtà il comportamento dell’avvocato che sistematicamente ed in un arco di tempo molto ampio provveda ad iscrivere a ruolo cause nelle quali figurino come attori soggetti inesistenti e che, a tal fine, fal-sifichi ed autentichi falsamente le sottoscrizioni apocrife dei presunti attori, allo scopo di determinare l’automatica asse-gnazione della medesima controversia a diversi giudici e la conseguente possibilità di scegliere il giudice stesso. (Nella specie, il C.N.F., in considerazione della gravità, della sistema-ticità e della reiterazione della condotta in un arco di tempo molto ampio, ha ritenuto giustificata la sanzione della cancel-lazione dall’albo inflitta dal C.O.A.). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 29 gennaio 2009).

Cons. Naz. Forense 25-10-2010, n. 149 Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. PERFETTI - P.M.

GALATI (non conf.) - avv. S.R.

Avvocato - Norme deontologiche - Principi generali - Divieto di accaparramento di clientela - Attività pubblici-stica - Stampa periodica - Rubrica di quesiti professionali - Autorizzazione C.O.A. - Indicazione recapito personale di posta elettronica - Illecito disciplinare - Esclusione

In tema di accaparramento di clientela, l’attività pubblici-stica, che certamente deve ritenersi idonea a far conseguire nomea e quindi clienti, non può più dirsi illecita allorquando sia autorizzata dal Consiglio di appartenenza ed esercitata nei termini stabiliti dall’autorizzazione

Non si rende colpevole di illecito accaparramento di clien-tela il professionista che, autorizzato dal Consiglio dell’Or-dine a rispondere ai lettori di un periodico nel contesto di una rubrica mediante pareri giuridici a titolo gratuito, non si limiti ad indicare il proprio nome e cognome, ma riporti un proprio recapito di posta elettronica con espresso invito ai lettori ad ivi far pervenire le loro domande, atteso che, nella specie, l’indicazione dell’indirizzo e-mail risponde ad una reale esigenza e che il suo carattere personale, inserendosi in un contesto provinciale in cui il tenutario della rubrica è noto ed in ogni caso facilmente raggiungibile, nulla aggiunge alla lecita idoneità della rubrica ad incrementare fama e lucri del ricor-rente. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Monza, 9 febbraio 2009).

Cons. Naz. Forense 27-10-2010, n. 158 Pres. f.f. TIRALE - Rel. LANZARA - P.M. CICCOLO

(non conf.) - avv. F.L.C.

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Dovere di riservatezza - Divieto di produzione in giudizio di missiva contenente proposta transattiva - Eccezioni - Inconfigurabilità

La norma di cui all’art. 28 c.d. mira a salvaguardare il cor-retto svolgimento dell’attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi possano dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defen-sionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive. Ciò al fine di evitare la mortificazione dei principi di collaborazione che per contro sono alla base dell’attività legale.

Il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata, in quanto la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del desti-natario, nel senso che il primo, quando scrive ad un collega di un proposito transattivo, non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente, mentre il secondo deve essere portatore di un indispensabile bagaglio di credi-bilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato.

La produzione in giudizio di una lettera contenente propo-sta transattiva configura per ciò solo la violazione della norma deontologica di cui all’art. 28 c.d., precetto che non soffre eccezione alcuna, men che meno in vista del pur commende-vole scopo di offrire il massimo della tutela nell’interesse del proprio cliente. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Treviso, 15 luglio 2008).

Cons. Naz. Forense 27-10-2010, n. 159 Pres. f.f. TIRALE - Rel. CARDONE - P.M. CICCOLO

(conf.) - avv. M.B. ed M.B.

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con la controparte - Pluralità di azioni nei confronti della controparte - Iniziative inutilmente vessatorie - Illecito deontologico

Pone in essere un comportamento contrario ai doveri di probità e decoro l’avvocato che, al fine di conseguire il paga-mento delle proprie spettanze professionali, intraprenda plu-rime e più onerose iniziative giudiziarie di recupero del cre-dito (nella specie introducendo ben sette separati ricorsi per decreti ingiuntivi), aggravando la posizione debitoria della pro-pria ex cliente, senza che ciò corrisponda ad effettive ragioni di tutela dei propri diritti. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Pistoia, 9 maggio 2008).

Cons. Naz. Forense 27-10-2010, n. 163 Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. D’INNELLA - P.M. IAN-

NELLI (non conf.) - avv. A.P.

giurisprudenza disciplinare

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Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i col-leghi - Doveri di correttezza e lealtà - Azione di spoglio violento nei confronti del collega di studio - Art. 22 c.d.f. - Violazione

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Notizie riguardanti il collega - Produzione nel giudizio disciplinare - Uso non necessario - Art. 29 c.d.f. - Violazione

Viola l’art.22 c.d.f. l’avvocato che eserciti un’azione di spo-glio violento nei confronti del collega al fine di riottenere la disponibilità della stanza da questi occupata nello studio.

Deve ritenersi deontologicamente rilevante il comporta-mento dell’avvocato che, nel giudizio disciplinare aperto nei confronti di un Collega a seguito dell’esposto presentato dal medesimo professionista, produca articoli di stampa relativi a procedimenti penali che vedevano coinvolto l’incolpato, senza che tali notizie rivestano rilevanza alcuna nella vicenda, così integrando la violazione dell’art. 29 c.d.f. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 22 febbraio 2010).

Cons. Naz. Forense 02-11-2010, n. 185 Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. ALLORIO - P.M. IAN-

NELLI (conf.) - avv.ti G.F. e G.G.

Avvocato - Norme deontologiche - Rapporti con i colleghi - Mandato professionale - Assunzione ed esecu-zione dell’incarico in sostituzione di altro collega - Man-cata preventiva comunicazione al collega sostituito - Ille-cito deontologico

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che accetti e finalizzi il mandato profes-sionale ricevuto in sostituzione di altro collega senza darne a quest’ultimo preventiva comunicazione, non rilevando la cir-costanza che la parte assistita fornisca assicurazioni in ordine all’intervenuta revoca del mandato al precedente difensore. Il comportamento positivo o omissivo della parte patrocinata, invero, non assolve il professionista dal dovere di diretta e preventiva informazione nei riguardi del collega sostituito, onere che integra vera e propria condizione per l’assunzione dell’incarico. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Palermo, 14 maggio 2009).

Cons. Naz. Forense 13-12-2010, n. 199 Pres. f.f. PERFETTI - Rel. BERRUTI - P.M. GALATI

(conf.) - avv. M.C.

Avvocato - Tariffe forensi - Richiesta onorario supe-riore ai limiti tariffari - Ammissibilità - Condizioni

La richiesta di compensi superiori a quelli tariffari è ammissibile, ma deve trovare corrispondenza nella partico-

lare natura dei fatti e nella complessità delle questioni giuri-diche da affrontarsi. Pone pertanto in essere un comporta-mento deontologicamente rilevante l’avvocato che pattuisca, proponga, richieda o pretenda un pagamento che non trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nell’atti-vità svolta e che non costituisca giusto premio per l’impegno profuso, risultando in tal caso comunque giustificato anche se superiore a quanto previsto dalla tariffa, dovendo sempre trattarsi di un giusto compenso e non di una ingiusta locuple-tazione a danno del cliente. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Trani, 27 maggio 2009).

Cons. Naz. Forense 22-10-2010, n. 122 Pres. ALPA - Rel. FLORIO - P.M. IANNELLI (non

conf.) - avv. M.S.

Avvocato - Tariffe forensi - Richiesta onorario ecces-sivo - Doveri di lealtà e correttezza - Violazione - Diritti - “Corrispondenza informativa” e “Consultazione con il cliente” - Onorari - “Redazione delle difese (comparse conclusionali e repliche)” - Spettanza

L’ambiguità, da parte dell’avvocato, nella redazione del documento relativo al regolamento delle competenze pro-fessionali integra un contegno non commendevole, giacché idoneo a trarre in errore il cliente, in violazione degli artt. 6 (doveri di lealtà e correttezza), 7 (dovere di fedeltà), 8 (dovere di diligenza) e 35 (rapporto di fiducia) del codice deontolo-gico forense.

In tema di competenze professionali, il diritto “corrispon-denza informativa” ed il diritto “consultazione col cliente” spettano per una sola volta per ogni grado del processo civile, e non per ogni lettera inviata. Per quanto, invece, concerne gli onorari, l’onorario per la voce “redazione delle difese (com-parse conclusionali e repliche)” va applicato una sola volta e ricomprende sia la comparsa conclusionale sia la memoria di replica, non potendo essere duplicato per ognuno di tali due scritti difensivi. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso deci-sione C.d.O. di Rimini, 9 giugno 2009).

Cons. Naz. Forense 13-12-2010, n. 202 Pres. ALPA - Rel. BULGARELLI - P.M. IANNELLI

(non conf.) - avv. C.B.

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TRIBUNALE DI PARMA SENT. N. 298 / 2012Giudice: dr.ssa Angela Chiari

La fattispecie

Una cooperativa edilizia procedeva in data 30.03.2000 all’assegnazione provvisoria di un immobile ad una coppia di suoi soci. Successiva-mente, con rogito del 24.10.2002, la suddetta coo-perativa assegnava e trasferiva ad uno di questi l’usufrutto vitalizio e all’altro la nuda proprietà del medesimo immobile. Riscontrando allagamenti del seminterrato dovuti ad infiltrazioni d’acqua prove-nienti dal sottosuolo e un insufficiente isolamento termico ed acustico dell’immobile, i due soci espo-nevano le loro doglianze alla cooperativa, la quale –tramite raccomandata del 10.06.2003- proponeva di porvi rimedio mediante la realizzazione di ulte-riori opere, proposta comunque rifiutata perché ritenuta non idonea ad eliminare in modo defini-tivo i vizi.

I due soci notificavano atto di citazione in data 29.10.2003 chiedendo l’accertamento dei difetti lamentati e conseguente condanna della coopera-tiva al risarcimento di tutti i danni patiti, delle spese necessarie per la loro eliminazione nonché dell’e-ventuale minor valore irreversibile dell’immobile.

La convenuta eccepiva che l’assegnazione dell’immobile non è equiparabile ad un trasferi-mento a titolo oneroso della proprietà con con-seguente inapplicabilità della garanzia per i vizi; in secondo luogo eccepiva di non aver mai ricevuto formale denuncia da parte degli attori dei difetti di isolamento acustico e termico mentre gli allaga-menti erano dovuti ad una imprevedibile ed episo-dica risalita delle acque sotterranee; infine, eccepiva che l’immobile era stato materialmente realizzato da una società terza in forza di contratto d’appalto tra loro in vigore e concludeva chiedendo l’inte-grale rigetto delle domande attrici.

Chiamata in causa la società appaltatrice dei lavori di costruzione dell’immobile con atto di cita-zione notificato in data 08.10.2004, questa eccepiva in via preliminare la nullità dell’atto di citazione del terzo per difetto di indicazione della causa petendi

e del petitum; in via pregiudiziale la decadenza degli attori e della convenuta dalla garanzia per i vizi lamentati, non avendo mai ricevuto alcuna conte-stazione dei suddetti da parte di alcuno, ed ecce-piva il difetto di giurisdizione dell’AGO in quanto nello statuto sociale della convenuta era presente una clausola arbitrale per le controversie che dovessero insorgere tra la cooperativa ed i suoi soci. Infine, nel merito, chiedeva di accertare l’ese-cuzione a regola d’arte dei lavori eseguiti e, di con-seguenza, respingere tutte le pretese attoree nei confronti della convenuta e della terza, in solido o in alternativa tra loro.

Successivamente, anche la convenuta, nella pro-pria comparsa conclusionale, avanzava l’eccezione di arbitrato nei confronti degli attori.

La decisione

In via preliminare il Giudicante ha esaminato le eccezioni avanzate dalla terza chiamata in ordine alla nullità dell’atto di citazione e all’eccezione di arbitrato, poi fatta propria anche dalla difesa della convenuta.

Per quanto riguarda la prima, le specifiche doglianze attoree unite all’articolata richiesta di risarcimento danni sono state ritenute più che soddisfacenti dei requisiti prescritti dal codice di rito, anche considerando che (ex multis Cass. Civ. 14142 del 27.10.2000) è l’insieme delle circo-stanze di fatto esposte dagli attori ad identificare la domanda, residuando al giudice l’identificazione degli effetti giuridici che da tali circostanze discen-dono. Rigettata questa prima eccezione, sorte non differente spetta all’altra eccezione relativa alla clausola arbitrale. Questa viene considerata in modo differente a seconda della parte che la ecce-pisce, ma sempre con il medesimo esito di inam-missibilità. Tale censura deriva dalla natura stessa della clausola di arbitrato, la quale, originando dalla volontà pattizia delle parti di sottrarre le proprie vicende al controllo giurisdizionale dello Stato, può essere eccepita solo tra le stesse parti che la sot-toscrivono e solo a seguito di tempestiva propo-sizione in giudizio. Pertanto, secondo recente giu-risprudenza di legittimità indicata dal Giudicante (ex multis Cass Civ. n.12684 del 30.05.2007), l’ec-

Giurisprudenza

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cezione ricollegata alla clausola in esame è quali-ficabile come eccezione di merito, non rilevabile d’ufficio, e di conseguenza sarà inammissibile: per quanto riguarda la terza chiamata, perché solle-vata da un soggetto terzo ed estraneo allo statuto sociale della convenuta, sottoscritto da quest’ul-tima e dagli attori; per quanto riguarda la conve-nuta, perché sollevata per la prima volta in memo-ria conclusionale, ignorando il rigido sistema delle preclusioni ordinatrici del processo.

Circa l’esame del merito, il Giudicante ha dichia-rato l’infondatezza della domanda attrice inerente i dedotti difetti di isolamento termico e acustico per difetto di prova (anche l’espletata ATP ne esclu-deva la sussistenza) e comunque per intervenuta decadenza in quanto gli attori non avevano provato la denuncia dei suddetti vizi nel termine annuale ex art.1669 c.c..

Quanto alle doglianze relative agli allagamenti del seminterrato, il percorso argomentativo del Giudicante è partito dall’esito della CTU, la quale attestava la mancanza di adeguati esami idro-geo-logici circa i progetti dei seminterrati proposti dalla convenuta come varianti opzionali agli immobili come quello degli attori, escludendo l’impreve-dibilità del difetto progettuale (Cass.Civ. n.19868 del 15.09.2009). Accertato questo macroscopico inadempimento della convenuta nella corretta progettazione delle opere assegnate ai soci, il Giu-dicante ha valutato la natura dell’atto di trasferi-mento posto in essere dalla convenuta in accordo con quella giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. Civ. Sez. II n.16202 del 2007) secondo cui la comunione di scopo, che caratterizza la partecipa-zione dei soci nelle società cooperative che hanno ad oggetto lo scambio di prestazioni o beni tra la società e i soci, non connota anche il rapporto nell’ambito del quale lo scambio avviene, sì che l’as-segnazione di immobili si configura inevitabilmente come un atto a titolo oneroso.

Superata in questo modo la qualificazione giu-ridica proposta dalla convenuta, il Giudicante ha inquadrato la concreta fattispecie in esame all’in-terno delle coordinate giuridiche dell’azione di responsabilità ex art.1669 c.c. confermando innan-zitutto la piena sussistenza della legittimazione attiva in capo degli attori (Cass. Civ. Sez.II n.16202 del 2007) e della legittimazione passiva della con-venuta (Cass. Civ. n.3146 del 25.03.1998). Succes-

sivamente, analizzando quali dovrebbero essere le caratteristiche essenziali del difetto di costruzione che legittimi all’azione ex art.1669 c.c., il Giudicante rimanda a quella giurisprudenza (Cass. Civ. n.2260 del 02.03.1998) che include espressamente le infil-trazioni d’acqua derivanti da carenze di imperme-abilizzazione tra i gravi difetti di costruzione e, di conseguenza, sancisce l’operatività della garanzia ex art.1669 c.c. per l’inutilizzabilità del seminter-rato dell’immobile degli attori. La suddetta norma -procede il Giudicante nella sua argomentazione- è codicisticamente collocata nella disciplina del con-tratto di appalto, ma consolidata giurisprudenza la ritiene sancita per ragioni e finalità di interesse generale, sì da configurare una responsabilità extra-contrattuale estensibile anche al venditore che sia stato anche costruttore della casa (Cass. Civ. n.7634 del 31.03.2006). Infatti, come nel caso di specie, è sì vero che la terza chiamata ha costruito fisicamente l’immobile, ma la convenuta commit-tente non le ha mai lasciato completa autonomia tecnica e decisionale. Di conseguenza, mantenendo il pieno controllo dei lavori, il difetto progettuale del seminterrato (riconosciuto dalla convenuta stessa con la proposizione agli attori di specifici interventi riparatori) viene ascritto alla responsa-bilità della convenuta.

Infine, il Giudicante esonera da qualsivoglia responsabilità la terza chiamata per intervenuta decadenza di tutte le domande attore e della convenuta in quanto (sempre in applicazione del principio dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità ex art.1669 c.c., Cass. Civ. n.10412 del 23.10.1997) nessuna delle due parti ha provato la tempestiva denuncia dei vizi alla terza.

PQM

Il Giudicante condannava la convenuta per i soli danni derivanti dalle infiltrazioni d’acqua, com-preso il danno per la mancata utilizzazione del seminterrato nel periodo per i lavori di ripristino (oltre alle spese di ATP, CTU e spese processuali di parte attrice) e rigettava tutte le domande nei con-fronti della terza chiamata disponendo la compen-sazione delle spese legali tra questa e gli attori in misura della metà, condannando contestualmente gli attori al rimborso della residua metà a favore della terza chiamata.

Giovanni Mazzitelli

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