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sommario 4 Tipicità e innovazione per una agricoltura d’eccellenza di Carlo Alberto Roncarati 8 L’Addizione Erculea e le Mura, eccellenze ferraresi di Alberto Guzzon 16 L’Ermitage a Ferrara, prestigioso suggello di una città d’arte e cultura di Vito de Santis 19 Le tipicità enogastronomiche ferraresi, un prezioso patrimonio del territorio di Neda Barbieri e Gloria Minarelli 22 Università di Ferrara, eccellente “fabbrica del sapere” di Fabio Terminali 24 Chimica e ricerca avanzata proiettano Ferrara nel mondo di Stefano Ciervo 26 Parco del Delta, tra valorizzazione ambientale e sviluppo integrato di Moreno Po 32 Turismo ecologico: andar per acque interne di Vito De Santis 36 Le Oasi, scrigno naturalistico del territorio ferrarese di Vito De Santis 38 Duemila anni di cultura ebraica si incontrano a Ferrara di Marco Zavagli 41 La valorizzazione turistica del territorio: le sagre e i grandi eventi di Adriana Galvani e Sara Cavallero 51 Il Palio più antico del mondo di Angelo Giubelli 56 100 anni di Spal: quel rapporto così speciale tra Ferrara e la sua squadra di Mauro Malaguti 60 La città del però di Andrea Poli 63 La Camera di Commercio e l’istruzione professionale di Giorgio Mantovani e Leopoldo Santini 70 Da Longastrino all’O.N.U. di Dante Leoni 74 Giovanni Boldini, maestro anche nella grafica di Lucio Scardino 78 Ricordando il grande pittore Gaetano Previati di Antonio P. Torresi 83 Turismo culturale ed enogastronomico: una coppia vincente di Sauro Baraldi 85 Lo spirito cosmopolita di Franco Farina di Gabriele Turola 90 Lyda Borelli Cini di Maria Cristina Nascosi 94 Cinema: Gualtiero Tumiati e l’allievo Giorgio Strehler di Mirella Golinelli 99 Giancarlo Gentilini e Lucio Scardino Crocevia estense di Corrado Pocaterra 100 Roberto Pazzi Qualcuno mi insegue di Bruna Bignozzi 101 Grazia Vezzelli Grap ad stéll / Grappoli di stelle di Maria Cristina Nascosi COMUNICAZIONE AI DESTINATARI IN OMAGGIO DELLA RIVISTA CAMERALE «LA PIANURA» Ai sensi del Dlgs. 196/2003, si informa che il trattamento dei dati personali dei destinatari in omaggio della rivista camerale «La Pianura» viene svol- to al fine di dare esecutività alla spedizione del presente periodico. Tale trattamento avviene nel rispetto dei principi di riservatezza e sicurezza richie- sti dalla legge. Il responsabile del trattamento è il Dirigente di Settore della Camera di Commercio di Ferrara Cultura Economia Foto di copertina: Alberto Guzzon Direttore Responsabile: CORRADO PADOVANI Comitato di Redazione: CORRADO POCATERRA M. LAURA SERVIDEI PIERPAOLO CORREGGIOLI Fotolito, Impaginazione e Stampa: SATE srl via Goretti, 88 - 44100 Ferrara tel. 0532 765646 fax 0532 765759 Progetto grafico ed elaborazione copertina: partnercomunicazione - Ferrara n. 1 2007 PERIODICO NON IN COMMERCIO n. 1 2007 Rivista quadrimestrale della Camera di Commercio di Ferrara Le “eccellenze” Le “eccellenze” ferraresi ferraresi Le “eccellenze” ferraresi lapianura pianura lapianura lapianura Rivista quadrimestrale della Camera di Commercio di Ferrara Telefono: 0532 783711 e-mail: [email protected] Autorizzazione Tribunale di Ferrara n. 41 del 18.03.1954 È vietata la riproduzione degli artico- li e delle note senza citarne la fonte. Gli articoli firmati rispecchiano sol- tanto il pensiero dell’Autore e non impegnano la Direzione. Concessionaria esclusiva per la pubblicità: P.zza Benini, 6 - 48100 Ravenna Tel. 0544 511311 info@publimedia Tel. 0532 243339 www.publimediaitalia.com Poste Italiane s.p.a. - Spedizio- ne in abbonamento postale - 70% D.C.B. - Ferrara Le “eccellenze” ferraresi libri da leggere

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s o m m a r i o

4 Tipicità e innovazione per una agricoltura d’eccellenzadi Carlo Alberto Roncarati

8 L’Addizione Erculea e le Mura, eccellenze ferraresidi Alberto Guzzon

16 L’Ermitage a Ferrara, prestigioso suggello di una città d’arte e culturadi Vito de Santis

19 Le tipicità enogastronomiche ferraresi, un prezioso patrimonio del territoriodi Neda Barbieri e Gloria Minarelli

22 Università di Ferrara, eccellente “fabbrica del sapere”di Fabio Terminali

24 Chimica e ricerca avanzata proiettano Ferrara nel mondodi Stefano Ciervo

26 Parco del Delta, tra valorizzazione ambientale e sviluppo integratodi Moreno Po

32 Turismo ecologico: andar per acque internedi Vito De Santis

36 Le Oasi, scrigno naturalistico del territorio ferraresedi Vito De Santis

38 Duemila anni di cultura ebraica si incontrano a Ferraradi Marco Zavagli

41 La valorizzazione turistica del territorio: le sagre e i grandi eventidi Adriana Galvani e Sara Cavallero

51 Il Palio più antico del mondodi Angelo Giubelli

56 100 anni di Spal: quel rapporto così speciale tra Ferrara e la sua squadradi Mauro Malaguti

60 La città del peròdi Andrea Poli

63 La Camera di Commercio e l’istruzione professionaledi Giorgio Mantovani e Leopoldo Santini

70 Da Longastrino all’O.N.U.di Dante Leoni

74 Giovanni Boldini, maestro anche nella graficadi Lucio Scardino

78 Ricordando il grande pittore Gaetano Previatidi Antonio P. Torresi

83 Turismo culturale ed enogastronomico: una coppia vincentedi Sauro Baraldi

85 Lo spirito cosmopolita di Franco Farinadi Gabriele Turola

90 Lyda Borelli Cinidi Maria Cristina Nascosi

94 Cinema: Gualtiero Tumiati e l’allievo Giorgio Strehlerdi Mirella Golinelli

99 Giancarlo Gentilini e Lucio Scardino Crocevia estensedi Corrado Pocaterra

100 Roberto Pazzi Qualcuno mi inseguedi Bruna Bignozzi

101 Grazia Vezzelli Grap ad stéll / Grappoli di stelledi Maria Cristina Nascosi

COMUNICAZIONE AI DESTINATARI IN OMAGGIO DELLA RIVISTA CAMERALE «LA PIANURA»Ai sensi del Dlgs. 196/2003, si informa che il trattamento dei dati personali dei destinatari in omaggio della rivista camerale «La Pianura» viene svol-to al fine di dare esecutività alla spedizione del presente periodico. Tale trattamento avviene nel rispetto dei principi di riservatezza e sicurezza richie-sti dalla legge. Il responsabile del trattamento è il Dirigente di Settore della Camera di Commercio di Ferrara

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Carlo Alberto RoncaratiPresidente della Camera di Commercio di Ferrara

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mente vocati, ma avvantaggiatida minori costi di produzione,e con l’introduzione di nuovetecniche impiantistiche, iniziòun lento declino. Attualmente sono comunqueben oltre 20.000 gli ettari col-tivati a frutteto, prevalente-mente a pere, secondo i piùmoderni dettami, da imprendi-tori di ottimo livello professio-nale.La storia dell’agricoltura ferra-rese è una storia di fatiche e ditecniche agrarie all’avanguar-dia, di povertà e di sviluppoeconomico a scrivere la quale,determinante è stato il contri-buto umano. Nel caso ferrareseè particolarmente evidenteinfatti che il paesaggio non è ilrisultato della sola azione natu-rale dovuta agli agenti atmosfe-rici e tettonici, quanto piutto-sto il prodotto di trasformazionisecolari apportate dall’uomo(le testimonianze più antichedi trasformazione programmatadel territorio ad uso agricolorisalgono al periodo medievale,quando si intrapresero le primeopere di bonifica dei terrenipaludosi ad opera dei monacidell’Abbazia di Pomposa),ed essenzialmente finalizzateall’esercizio dell’agricoltura,oltre che naturalmente all’inse-diamento antropico. Tale opera di bonifica, prose-guita con gli Estensi che ebbe-ro grande attenzione per l’agri-coltura quale elemento di fon-

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Le “eccellenze” ferraresi

Tipicità e innovazione per unaagricoltura d’eccellenza

Il settore agricolo riveste, stori-camente, una grande importan-za nel contesto della strutturaeconomica della società ferra-rese: come è noto, lo stessoprocesso di industrializzazioneè stato, nella nostra provincia,fortemente condizionato dallaspiccata vocazione agricoladel territorio, e dalle opportuni-tà offerte dalla trasformazione“in loco” dei prodotti agricoli.Si tratta appunto di una “voca-zione” ancora fortemente iden-tificativa dell’economia locale,nonostante la graduale “esten-sivizzazione” delle coltureintervenuta nel corso degli ulti-mi due decenni. Un processo,

quest’ultimo, che ha contribui-to – come sullo sfondo di unagrande scenografia – a mutareprofondamente nel tempo nonsoltanto il paesaggio agrario,ma anche gli stessi “protagoni-sti” del lavoro nelle nostrecampagne dopo che, a cavallofra le due guerre mondiali delsecolo scorso, iniziò ad espan-dersi la frutticoltura industrialeche negli anni ’60 fece diFerrara la prima provincia frut-ticola d’Europa, ma si potrebbetranquillamente dire delmondo, quanto a superficieimpiantata. Poi, di pari passocon la diffusione della frutti-coltura in altri areali ugual-

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damentale sostegno alla forzadello Stato e al benessere dellepopolazioni, ha avuto terminesoltanto poco oltre la metà delsecolo scorso, allorché furonorecuperate a coltura le terre delMezzano, portando ad oltre180.000 gli ettari di superficieagricola coltivata che vienegeneralmente investita a cerea-li, a leguminose, a coltivazioniindustriali (barbabietola epomodoro) e ad orticole dipieno campo (cocomero, melo-ne, carota, ecc.) oltre che natu-ralmente a frutteto.Se, insomma, l’alta incidenzadel settore agricolo nella for-mazione del reddito complessi-vo è solitamente un indice diarretratezza, il territorio ferra-rese sfugge certamente a que-sto giudizio draconiano ed ilconcorso agricolo al P.I.L. pro-vinciale raggiunge livelli ditutto rispetto.Tanto più che, anche per gliindirizzi che derivano dallapolitica agricola comunitaria(P.A.C.), la competitività nelsettore primario si è andataspostando sulla qualità dellecolture: in tal senso, la fortevocazione produttiva dellanostra provincia favorisce,accanto alle inevitabili e pro-fonde incertezze legate all’an-damento dei prezzi alla produ-zione dipendente da un merca-to sempre più “globale”, ancheprospettive e potenzialità assaiinteressanti, legate allo svilup-po della filiera agro-alimentaree delle attività di produzione edi servizio collegate. In effetti, il settore agricololocale sta vivendo una fase di“riposizionamento strategico”di grande portata. Innanzituttoesso si è andato sempre più

orientando a svolgere un ruolomultifunzionale. Non solo dicarattere strettamente econo-mico, quindi, ma ancheambientale e sociale, tanto cheormai si parla sempre più fre-quentemente di sviluppo “rura-le”, piuttosto che di sviluppo“agricolo” in senso stretto. Inoltre, sono stati avviatiimportanti processi di innova-zione: in particolare, si è pun-tato sulla accentuazione e per-cezione della qualità, sulla rin-tracciabilità degli alimenti (equindi sul monitoraggio delleproduzioni lungo la filiera agro-alimentare), sulla ricerca ditecnologie e biotecnologie fina-lizzate alla sicurezza alimenta-re. Il recente, enorme sviluppodelle più avanzate tecnologieha trovato la sua base nelleconoscenze ottenute dallaricerca, spesso interdisciplina-re, in campi apparentementelontani, quali la chimica, labiologia molecolare, la fisica

dei sistemi complessi, l’infor-matica. Anche se è evidenteche le grandi potenzialità insi-te nelle biotecnologie e nellenano-tecnologie trovano poidifficoltà a trasferirsi al livellodelle produzioni agricole edindustriali, a causa del divarioscientifico e tecnologico chesepara l’ambito della ricerca daquello della produzione.Si è poi preso atto, con unacerta rassegnazione, dell’im-possibilità di reggere la compe-tizione sulle grandi produzioni(commodities), sempre piùancorate ad un mercato inter-nazionale, e si è cercato di con-seguenza di sostenere politichevolte alla valorizzazione delleproduzioni di origine. Questo,in particolare, tramite strumen-ti quali i riconoscimenti comu-nitari DOP, IGP ed STG, ingrado di creare un “valoreaggiunto territoriale”. Essi,infatti, aumentano il livello di“protagonismo” dell’agricolto-

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prevedono agevolazioni a favo-re dei giovani imprenditori agri-coli, essi purtroppo si fermanoai buoni propositi o ad incenti-vi sostanzialmente modesti,certamente non in linea con leattese dei destinatari. Ciò nonostante, applicandosisugli obiettivi della specializza-zione produttiva e della aggre-gazione lungo filiere di elevataqualità e massa critica, questiprocessi innovativi sono desti-nati ad assumere un ruolo sem-pre più rilevante tanto da rap-presentare, essi stessi, il piùefficace antidoto al progressivoinvecchiamento del settore,puntando alla soddisfazioneeconomica dei giovani impren-ditori. E’ ciò che tutti auspicanoperché l’agricoltura continui adessere una componente econo-mica prestigiosa ed importantecome lo è stata sin qui nei lun-ghi anni della nostra storia.

re; tutelano le biodiversità;mantengono l’identità ambien-tale/paesaggistica; qualificanoe rafforzano i settori produttivied economici locali (agricoltu-ra, commercio, artigianato,ristorazione, turismo, ecc.).DOP, IGP ed STG, ma ancheDOC, DOCG ed IGT per il vino,rappresentano in sostanza verie propri “marcatori” dei siste-mi locali e del territorio,aumentandone la “competitivi-tà” complessiva. Sul versante gestionale, si stafacendo un ricorso crescentealle più svariate forme di aggre-gazione per il contenimento deicosti di produzione, ondeacquisire maggiore potere con-trattuale attraverso una forteconcentrazione dell’offerta edun accorciamento della filiera. Così come si sta ricercandouna maggiore integrazione delreddito delle aziende agricoletramite attività complementarifortemente innovative: alriguardo, oltre alle iniziative in

campo agrituristico, sembrapromettente la produzione dienergia da biomasse, il biogas,il biodiesel. Da attività speri-mentali, se non addirittura“pionieristiche” quali eranofino a qualche anno fa, esseconoscono ora una lenta macostante diffusione, anche se ilpercorso da compiere restaancora lungo. Tutto questo,dunque, è indicativo di unimpegno crescente ad introdur-re innovazione nel settore agri-colo ferrarese: un impegno cherichiederà una sempre maggio-re condivisione e diffusione.Un rischio evidente, in talsenso, è che l’invecchiamentodei titolari d’azienda costitui-sca un fattore di freno “struttu-rale” all’innovazione e allaricerca nel settore. Nella nostraprovincia, ad esempio, i titolarie gli amministratori di aziendeagricole con meno di 29 annidi età sono appena 291 su untotale di 10.504. Pur essendonumerosi i testi di legge che

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L’architetto ferrarese BiagioRossetti, a cinque secoli dallasua maggiore impresa, l’Addi-zione Erculea del 1492, si stariaffermando quale portatore diuna benefica carica di stimoliurbanistici e architettonici, chepaiono ancora essere straordina-riamente attuali.Infatti, se tentiamo di immagi-nare una città futura più armoni-ca ed equilibrata di quella con-temporanea, necessariamente(passando da dichiarazioni ver-bali di buona volontà a proposteed esperienze concrete) ci tro-viamo privi di convincentimodelli di riferimento e il nostropensiero tende alla riaffermazio-ne del primato della città storicaconsolidata, piuttosto che orien-tarsi verso la metropoli diffusa ole periferie informi, frutto nongià della mancanza di regole(come si pensava prima delleleggi urbanistiche), ma forseproprio di un eccesso di normeurbanistiche dettagliatissime edi almeno tre “generazioni” dipiani regolatori degli ultimi cin-quant’anni, elaborati da forzepolitiche attente che si sonosusseguite omogenee nei varimandati.L’Addizione Erculea, pur confer-mandosi di grande attualitàrimane materia per addetti ailavori, mentre di essa sembranoessere inconsapevoli i cittadiniferraresi, i frequentatori e i turi-sti, in quanto, il disegno dellemura che la individua, la com-prende e la incornicia comples-

sivamente, è tanto ampio che lasua forma, irregolarmente pen-tagonale, si può cogliere solodall’alto attraverso le fotografieaeree.Il Corso Ercole I d’Este e ilQuadrivio dei Diamanti, invece,tangibilmente ne esprimono inmodo profondo lo spirito e, più omeno consapevolmente, chi lipercorre, magari per visitare unagrande mostra, ormai rituale alPalazzo dei Diamanti, ha l’op-portunità di cogliere, anche soloper pochi attimi, l’atmosferamitologica e spirituale che viregnava nei secoli passati.L’antica via degli Angeli (ErcoleI D’Este), nasce come una viaprivata, della corte, estesa, rettacome una spada tra due giardi-ni, quelli del Padiglione sotto ilCastello e quelli di Belfiore, allato opposto; né deve trarre ininganno la presenza della Portadegli Angeli, che pare avesse

anch’essa natura privata di sem-plice accesso al Barco del Duca(l’attuale Parco Urbano).La strada offre la rara possibilitàdi effettuare un percorso interio-re, dalla città alla campagna,metafisicamente dal dentro alfuori e viceversa. In essa non sitrovano negozi, luoghi d’incon-tro, botteghe artigiane, ma soloil privilegio dei musei, tra altimuri e palazzi. La fuggente pro-spettiva invita ad un’improbabi-le “corsa immobile” e fa sentirel’ansia di non avere il passo giu-sto, d’aver le gambe troppocorte, di proiettare lo sguardonel punto focale a conclusionedella veduta prospettica.Purtroppo, dispiace riconoscer-lo, ma dal confronto emerge lapovertà artistica ed espressivadelle nuove costruzioni nelleparti della città costruite neldopoguerra, delle nuove espan-sioni e lottizzazioni dove, al con-

L’Addizione Erculea e le Mura,eccellenze ferraresi

Foto-grafie edisegnidiAlbertoGuzzon

Alberto Guzzon

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alle energie intellettuali del-l’epoca (malgrado gli sforzi perelaborare progetti e programmi)in quanto trasferite e riconosci-bili nell’opera finita, cosicchépossano continuare ad agireanche dopo secoli dalla loroconcezione.I grandi architetti del Rinasci-mento, dal Brunelleschi (cupoladi S.Maria del Fiore) a LeonBattista Alberti (Sant’Andrea aMantova), dal Bramante (S.M.delle Grazie a Milano) a Miche-langelo (San Pietro a Roma),ottennero notorietà universaleper le loro opere sontuose eregali, per i loro capolavori d’ar-chitettura, “pezzi unici” d’insu-perabile bellezza. Gli stessischemi urbanistici delle cittàideali come Sforzinda delFilarete (prototipo di città stella-re del 1460) paiono esseresuperiori come schema geome-trico all’assemblaggio per partidell’Addizione. In definitiva,

trario dell’equilibrio sublime equasi divino dell’addizione ercu-lea, pare regnare la più assolutamonotonia architettonica, asso-ciata a varie forme e aspetti disegregazione sociale, che non siriferisce alle comunità di menoabbienti ma anche alle residen-ze del ceto medio e imprendito-riale, che non avrebbe avutosostanziali problemi economicia realizzare quartieri migliori.Guardare alla maestria e allacultura del passato, espressa inopere tangibili e durature, anco-ra ammirevoli dopo cinquecentoanni d’ingiurie d’ogni tipo,lascia perplessi su alcuni valorimoderni come gli standardsurbanistici o il mito di uno svi-luppo basato sui grandi tracciatistradali “canalizzati” (interquar-tieri e circonvallazioni urbane) alservizio dei centri commerciali,nei quali la componente vitaledella strada tradizionale vienesacrificata a bisogni materiali,

spesso del tutto fittizi. Gli inter-rogativi che più immediatamen-te si pongono sono sostanzial-mente due: il primo, come fareun po’ di chiarezza sul significa-to stesso dell’urbanistica? E inparticolare sulla sua ambiguitànel riconoscere e considerareesemplare un modo di fare urba-nistica del periodo rinascimen-tale, caratterizzato da un con-trollo totale, dall’assetto urbanoagli arredi interni, adottandoregole sapienti e non “norme”astratte, che pare essere oppo-sto a quello attuale di carattereessenzialmente mercantile, chesi attua solo dopo aver percorsoun labirinto burocratico semprepiù lungo e, a volte, stupida-mente impenetrabile; secondo,forse attraverso la chiarificazio-ne del punto precedente sipotrebbe cercare di capire checiò che veramente conta, che inmodo diretto può dar significatoè il poter risalire alle aspettative,

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pare necessario comprendereche l’o-pera del Rossetti non vavista per elementi puntuali insé, che potrebbero anche noneccellere se confrontati al pano-rama delle maggiori corti euro-pee: “Se l’arte è invenzione diforme, Biagio non fu veropoeta…. Il capolavoro, il supre-mo poema del Rossetti non è ilpalazzo di Sigismondo, né SanCristoforo, né la corte diLudovico il Moro: è Ferrara nelsuo complesso, nella sua con-cretezza vivente, il piano regola-tore, la cintura mu-raria, leattrezzature architettonichedella vecchia città e del-l’Addizione nell’indissolubilevincolo che le salda….ma se lacittà è riconosciuta come operad’arte ed ogni sua componenteviene giudicata in funzione del-l’immagine finale, Biagio assu-me la statura di uno dei massi-mi architetti-urbanisti della sto-ria europea” (Zevi pp. 288-291).

Città murateQuindi è stato in un certo sensoriconosciuto che l’interesse del-l’urbanistica ferrarese risiedenella sua unitarietà, ma anchequesto non spiega completa-mente e in modo definitivo ognicosa. Infatti, le città murate inItalia sono innumerevoli, ditutti i periodi storici: dalle ter-ramare dell’età del bronzo, aicastrum bizantini e romani,dagli abbarbicati insediamentimontani e collinari come SanGimignano, o Monteriggioni,alle città vere e proprie, comeMontagnana o Lucca, tanto perfare alcuni esempi. In certi casisi direbbe che la pianura abbiafacilitato la regolarità e incorag-giato l’adozione di perfette geo-metrie tratte dalle teorizzazionidelle città ideali, come Palma-nova nel Friuli o Sabbioneta,ecc. Ma l’aspetto che rendeunica Ferrara è quello di essereun esempio ancora sufficiente-

mente integro di urbanisticarinascimentale, sempre ammes-so che di urbanistica si possaparlare quando la concezioneunitaria e culturale che l’haresa possibile era l’unione deisaperi: esattamente il contrariodella attuale separazione, fram-mentazione, specializzazione,eccetera.Le mura di Ferrara nasconocontestualmente all’espansionerinascimentale che, nel giro dipochi anni, aveva visto la cittàraddoppiare in estensionerispetto al nucleo medioevale.Biagio Rossetti è stato definitoda Bruno Zevi come primourbanista moderno europeo, malo stesso Zevi, arrivando al noc-ciolo dei suoi studi, si chiedevase fosse stato lecito separarel’urbanistica dall’architettura, opiuttosto coniare il nuovo termi-ne, a suo avviso più appropria-to, di “urbatettura”, quandol’esempio che gli stava di fronte

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sembrava un inno all’anelitodell’unità universale dei secolipassati. L’urbanistica modernaaccompagna ed indirizza la pro-grammazione del territorio, l’as-setto regolamentato degli abi-tanti, con maglie viarie, nucleidirezionali, parchi, con lacostruzione planivolumetrica(sostanzialmente in metri qua-dri e metri cubi) e perciò conesiti spaziali finalizzati al pro-cesso economico e produttivo,piuttosto che con il controllodelle forme secondo un comunesentire della comunità che vivee anima quella città. L’architet-tura stessa potrebbe esserevista solo come prodotto cherisponde a determinate richie-ste economico-sociali, attraver-so la distribuzione funzionaledegli ambienti, la loro effettivaconfigurazione e le risorsedisponibili sul mercato.In questa situazione ormaigeneralizzata, è chiaro che inurbanistica, come in architettu-ra, il processo creativo fa partedalle “intenzioni” progettuali,ma solo l’esito finale, il risulta-to, nel caso in cui effettivamen-te lo meriti e non in ogni caso,ovviamente, può definirsi urba-nistica o architettura.

Ferrara e le MuraLe Mura di Ferrara racchiudonodunque il senso stesso dellacittà, anche se, ovviamente,sono altamente rappresentativedi un sistema difensivo cheaveva trovato nel periodo rina-scimentale un livello di perfe-zionamento molto elevato da unpunto di vista tecnico, ma cheancor di più rappresentava lavisione culturale della città-delizia che da Schifanoia, Pa-lazzo Paradiso, Belfiore, BagniDucali e Isola di Belvedere si

diffuse poi nell’ampio ducatocol Verginese, Mesola, Belri-guardo. Una città a misura dellacorte, essendo ancora una so-cietà rurale.Una ragione in più per dotarsi diuna cinta muraria imponente,fatta di terrapieni e pressochépriva di porte, era data dalla

necessità di difesa dalle inon-dazioni per i capricci del Reno ele piene incontenibili del Po.Le mura, con i loro nove chilo-metri di cintura verde, chenemmeno i più illuminati urba-nisti moderni potrebberoimmaginare prima ancora chepianificare, rimasero dimenti-

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cate fino agli anni Ottanta, maoggi sono da annoverare tra ipiù insigni monumenti naziona-li e addirittura “Patrimoniodell’Umanità”. Già nel 1956, il piano regolato-re della città ne prevedeva conlungimiranza la conservazione esempre in quegli anni su di essevenne apposto il vincolo di tute-la monumentale (ottica monu-mentale).Cintura verde aperta da margineesterno e campagna a preziosacornice del centro storico persalvaguardarlo dall’invadenzaincombente dell’espansioneperiferica dispersa e priva diqualità urbana.Agli inizi degli anni Settanta, inoccasione degli studi per ilpiano regolatore del centro sto-rico, s’affacciò la consapevolez-za che di esse facessero parteanche porzioni di territorio agri-colo dalle mura nord della cittàal Po e dalle mura sud-est finoalle sponde del Po di Volano ePrimaro.Ma visitandole, le parti costrui-te in muratura non sono tutto;verrebbe da chiedersi cosa sidebba intendere per mura e per-ché siano tanto interessanti?Oltre alla cortina muraria vera epropria offrono una straordina-ria varietà e continuità di strut-ture fuse insieme in un mirabileed efficiente disegno geometri-co. L’aspetto che più colpisce èquello dei grandi terrapienialberati che le accompagnano,del loro protendersi in monu-mentali bastioni e baluardi,cosicché in essi si identificanole mura perché ne rappresenta-no la parte percorribile, tangibi-le, della quale è possibile fareesperienza diretta. Le murature,le interminabili cortine di rossimattoni paiono essere senza

fine per la carenza di porte, emostrano, anche dopo il concla-mato restauro degli anniOttanta, l’aspetto romanticodella rovina, del rudere, conti-nuamente risarcito nelle lacunee ricucito nelle sue ferite piùprofonde (che, malgrado irestauri, continuano ad aprirsi).Un’altra componente, che soloapparentemente pare essere lameno importante, in quanto piùapprezzabile come parco checome monumento storico, èquella del fossato, dell’anticovallo e degli spalti esterni, chepur essendo costruiti in terraseguivano un disegno moltopreciso e complesso che eraparte integrante della fortifica-zione. Semplici movimenti diterra che oggi potrebbero sem-brare casuali sono invece trac-ciati rigorosamente calcolatinelle angolazioni e nelle quotealtimetriche, come, per fare unesempio, nel caso della viacoperta, che, invisibile dal-l’esterno, seguiva la fortificazio-ne aldilà del fossato, o il sapien-te gioco dei terrapieni esterniche attraverso pendii artificial-mente creati ad arte conduceva-no l’inconsapevole nemico sottoil tiro incrociato delle artiglieriedai baluardi (di questo disegno,similmente, si può ancora oggivedere un’applicazione a Pal-manova del Friuli). Durante il periodo medioevalele mura di Ferrara si presentava-no con andamento particolarecon terragli e torri, ma di questenon vi è più riscontro con lasituazione che ancora oggi pos-siamo osservare, cioè di fareuna grande esperienza nellaassolutamente stupefacenteespansione avvenuta con Ercoled’Este. Infatti, nel 1479, Ercoleentrò in guerra con Venezia e

vide il barco divenire un perico-loso avamposto per il nemico.Accanto alla villa di Belfiore anord del castello Ercole fececostruire una riserva di cacciafuori le mura, ma nel 1479quando entrò in guerra conVenezia si trovò nella necessitàdi proteggere questi nuovi terri-tori con imponenti mura e nel1492 (anno della scopertadell’America!) il nuovo perime-tro era ormai tracciato.Queste nuove fortificazioni,prima semplici terrapieni e poiarricchite con torri e cortinemurarie, oltre ad un doppio fos-sato e terrapieno interno, furonorealizzate dall’architetto ducaleBiagio Rossetti e da AlessandroBiondo. Successivamente, nelCinquecento, il duca Alfonsocompletò l’opera di Ercole nellaparte est con la montagnola diSan Giorgio (Acquedotto delmontagnone). Nel 1581 si pro-sciugò definitivamente il ramosud del Po di Volano, lasciandola città vulnerabile da quel latoche fu dunque rinforzato con gliimponenti baluardi.

Ferrara prima città modernaeuropea: il fenomeno delleaddizioni Partendo dalla individuazionedell’addizione erculea riportatanella carta delle aggregazionistoriche elaborata da Savonuzzi,ripresa poi da Bruno Zevi, finoall’invenzione, avvenuta agliinizi degli anni Settanta, delparco urbano di LeonardoBenevolo, allora consulente delPRG centro storico, invenzionepoi sostenuta e ampliata daItalia Nostra con la felicissimadefinizione di “Addizione Ver-de”, molti sono stati i momentiin cui la città ha riscoperto ipropri confini storici seguendo

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Museale in un periodo, gli anniOttanta, in cui il museo eraancora considerato dai piùcome un luogo polveroso e noio-so dedicato a pochi appassiona-ti. Con l’idea del sistemamuseale si è coniugata la valen-za storico-urbanistica la struttu-ra materiale costruita, la pietra,i mattoni, le strade acciottolateall’anima della città, all’aria chealeggia nei suoi giardini, o aquell’unico sentimento diappartenenza che accomunacoloro che prima l’hanno cos-truita e che poi l’hanno vissuta.Ciò che gli altri, i non ferraresi,vengono a vedere è proprio que-sta mirabile unione di architet-tura e urbanistica, non tantocome fatto tecnico metrico ovolumetrico, ma come fenome-no creativo di una comunitàspecifica che ha un suo gustospiccato per il bello, l’armonia ela riservatezza. Da questo gran-de patrimonio potrebbero ulte-riormente scaturire considerevo-

li energie creative, in campoartistico, imprenditoriale, e nelcampo umano della solidarietàe dell’accoglienza virtuosa.Ecco perché i musei sono daconsiderare una ricchezza sesono vissuti in maniera attiva,che coinvolge le forze locali ingioco, lasciando loro ampi spazie, naturalmente, superando latentazione di seguire altreopportunità. Ferrara, pur non essendo inseri-ta nel gran tour classico chetoccava Venezia, Firenze eRoma, ha acquisito, special-mente dopo gli anni Settanta,grande notorietà prevalente-mente per due dati culturali:per le grandi mostre d’artemoderna e d’avanguardia che siallestivano al Palazzo deiDiamanti e per la riscopertadelle mura che, con i loro novechilometri di sviluppo, sono trale più estese che si conoscano,e il loro emblematico restauro,allo stesso tempo architettoni-

un’interpretazione razionale ditali mutamenti.Nel momento attuale, caratte-rizzato da notevoli incertezzenel campo economico, nei set-tori dell’industria, del commer-cio e probabilmente anche nelcampo dei servizi in genere, unadelle poche prospettive allettan-ti per una città ricca di testimo-nianze storiche e monumentalicome Ferrara è proprio quelladella valorizzazione del patrimo-nio culturale, divenuto negliultimi anni settore di puntadelle politiche di sviluppo italia-ne attraverso il Testo Unico deiBeni Culturali, detto CodiceUrbani, e delle politiche inter-nazionali per la grande opportu-nità di coniugare sviluppo, valo-rizzazione e tutela secondo lemetodologie rivolte ai siti delpatrimonio universale UNESCO.Settore nel quale Ferrara hafatto da riferimento per altrecittà con il progetto di valorizza-zione delle Mura e del sistema

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co, urbanistico, culturale e pae-saggistico, oltre che per l’idealeloro proiezione nel ParcoUrbano esteso per circa 1000ettari tra le mura nord e la spon-da destra del Po: con questi duemomenti di altissimo valore cul-turale la città ha giocato pertempo le sue carte per lo svilup-po, ai primi accenni di crisi delsuo ruolo di riferimento per latrasformazione dei prodotti agri-coli e della zona industriale.

La città modernaL’insegnamento che Ferraraantica può offrire è che attraver-so il riconoscimento delle ragio-ni antiche e profonde possonoemergere gli errori commessinelle varie epoche nonché l’ori-gine delle incertezze e deidubbi che oggi suscita ogninuova proposta di ordinamentourbano. “Occorre innanzi tuttodefinire questo termine cherisulta estremamente ambiguoper gli stessi urbanisti (benchèlo si dia per acquisito, ad esem-pio con la retorica della parteci-pazione): strade, reti tecnologi-che, traffico, ma anche norma-tiva per singoli interventi edilizi,per l’immagine della città, per ilpaesaggio, ecc.” (1). In effetti iltermine urbanistica è piuttostorecente e (comunque molto piùrecente dell’Addizione Erculeaferrarese) viene fatto risalire al1910 quando apparve per laprima volta in uno scritto di P.Clarget, ma ebbe grande fortunanel secondo dopoguerra quandodiventò materia d’insegnamentocon ambizione di scientificità acui far ricorso in luogo delleprecedenti arti urbane.L’urbanistica dichiara di volerrisolvere il problema dell’asset-to della città meccanizzata, chesi era posto ben prima della sua

nascita, prima, cioè, che lasocietà industriale cominciassea prendere coscienza di se stes-sa anche per gli aspetti negativie cominciasse a mettere indiscussione le proprie opere.Ma il grosso equivoco, dal qualenon pare essersi ancora emanci-pata è quello di considerarsiastrattamente scientifica, disso-ciandosi in modo quasi totaledalla struttura sociale che lasottende, che la porta di fattoad abbracciare contemporanea-mente dichiarazioni teoricheidilliacamente rivolte ad uncolto, diffuso e sensibile inte-resse generale, da un lato, e arisultati concreti che finisconoper essere espressione di picco-le logiche di valorizzazione.L’aggettivo moderna, riferito allacittà, può assumere due conno-tazioni antitetiche tra loro: c’èun moderno, più razionale, chepur in una situazione di genera-lizzata bruttura garantisce ilfunzionamento (non importa secaotico, costosissimo e dispersi-vo). Nessuno ha mai potuto fareconfronti e bilanci, perché vieneaccettato come un male“necessario” fatto di inquina-mento, sottrazione di tempo allavita reale, di scarsità di relazio-ni interpersonali, di appiatti-mento dello spessore emotivodella vita. C’è un moderno insenso ideologico che non simisura nemmeno sui fatti con-creti che produce, ma è soste-nuto da enunciazioni, proiezionifuture, progetti, via via semprepiù distanti dalla società reale.Se si pensa alla situazionemiserabile del lavoratore nelperiodo della nascita dellasocietà industriale, allorquandol’industrializzazione agricola etessile provocò l’espulsione dimanodopera dalle campagne e

la fece riversare nei sobborghidelle grandi città, la cittàmoderna era quella da cui fug-gire, che provocava repulsione ereclamava normative igienichee localizzative, non era certoquella aristocratica e borghese,fatta di sontuosi palazzi, di stra-de animate di bella gente enegozi, di parchi ubertosi e pas-seggiate rigeneratrici. La cittàin crisi, la città causa stessadella crisi era quella nascente,moderna, industriale fatta diedifici a forma di scatola dascarpe, di strade senza attrazio-ni, grigie e ripetitive, funzionalisolo al monotono ripetersi dellavoro spersonalizzato e alie-nante, del suo cuore antico,popolare, artigiano, operaio,privato delle sue funzioni piùvitali dall’avvento della ferrovia,delle fabbriche in periferia, ecc.Quindi modernità sta per solu-zione dei problemi elementari edelle emergenze abitative dimasse diseredate, da una parte,e nella costruzione del sognodella città borghese dall’altra(la Parigi di Hausmann e laLondra di John Nash). Il mo-derno poi diviene il modelloprogressista di città, quello chefa riferimento all’“uomo tipo”,con comportamenti omologatiche, estraniato da ogni compo-nente emotiva, esprime gusti,bisogni e attività assolutamenteprevedibili, e quindi standardiz-zabili, basati sulle esigenzedella sua organizzazione, ris-pondenti ad una vaga concezio-ne dell’insieme delle necessitàe di un’ancor più vaga maggio-ranza “silenziosa” anche le sueaspirazioni vengono incanalatefin da piccolo per adattarsi“matematicamente” alle princi-pali esigenze (2). In altre parole,l’analisi razionale consentirà di

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determinare un ordine tipo,applicabile a qualsiasi gruppoumano, in qualsiasi tempo e inqualsiasi luogo (Le Corbusier).Lo spazio del modello progressi-sta è ampiamente aperto, disse-minato di vuoti e di verde; que-sto è quanto richiede l’igiene (omeglio la questione igienicaviene presa a pretesto per inde-bolire la coesione sociale e fami-gliare, per colpire i luoghi piùvitali della città). L’ideale dicittà moderna è dunque disse-minata di spazi verdi, come setutto l’ambiente antropizzatofosse inteso come un unicogrande giardino, dove tutti pos-sano dedicarsi al giardinaggio ealla cura sistematica del propriofisico (corsa sulle mura). L’aria,la luce, il benessere devonoessere disponibili per tutti edivengono simbolo del progres-so. O no?La relazione di prossimità conti-nua a giocare un ruolo impor-

tante nello sviluppo di valoridelle professioni e dei modellidi comportamento. Infine lospazio esploso che abolisce lastrada “apologia del marciapie-de” si è rivelato fonte di disso-ciazione e di disintegrazionementale; ad una forte struttura-zione della città corrispondeuna forte strutturazione psichi-ca degli abitanti. Critica delleregole dell’urbanistica progres-sista integrata alla critica delmetodo e del processo dicostruzione che quest’urbanisti-ca sottende.

NOTE

(1) Choay, La Città Utopie e Realtà,Einaudi Paperbacks, titolo origi-nale L’urbanisme. Utopies etRéalites, 1965(2) V. Considérant, Description du

phalanstère, 1948, Paris, in Utopiae Realtà

BIBLIOGRAFIA

Alberto Guzzon, Ferrara, primacittà moderna europea. Idee per lacittà futura in AA.VV. Il tipo edilizioe la riqualificazione delle periferieurbane. Documenti per un dibatti-to. Quaderni di studi e ricerche inedilizia, Seconda Università diNapoli, Artegrafica Molinaro,2003, Aversa (CE)Carlo Bassi, Marica Peron,Giacomo Savioli, Ferrara 1492-1992, La strada degli angeli e ilsuo quadrivio. Utopia disegno estoria urbana, Gabriele Corbo edi-tore, Ferrara 1992.Francoise Choay, La città utopie erealtà, Giulio Einaudi editore s.p.a.Torino, 1962Bruno Zevi, Saper vedere l’urbani-stica, Ferrara di Biagio Rossetti, laprima città moderna europea,Giulio Einaudi s.p.a. editore,Torino 1960 e 1971

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Vito De Santis

(chiamato da Venezia dov’era,con il fratello Tullio, il piùimportante scultore moderno)e conservati proprio all’Er-mitage, oltre che al Louvre enella collezione del principe diLiechtenstein. Dopo questoprimo approccio, abbiamo cer-cato e avuto ulteriori informa-zioni. E abbiamo deciso di can-didarci, insieme con Mantova eVerona”.Nel maggio 2006, Piotrovky hafatto visita alle tre città e hascelto, dimostrando di apprez-zare quanto è stato realizzato aFerrara anche in relazione allavalorizzazione del suo monu-mento simbolo, il Castello.“Inoltre – aggiunge il presiden-te della Provincia – ha capitola concretezza delle nostre pro-poste, dopo gli incontri con ladelegazione dell’Ermitage”. Aiquali hanno partecipato, oltrea Dall’Acqua: il sindaco Gae-tano Sateriale, Alfredo Bertel-li, sottosegretario alla Presi-denza della Regione Emilia –Romagna in rappresentanzadel presidente della RegioneVasco Errani, Fabio Donato,docente di Economia del-l’Università di Ferrara, in rap-presentanza del MagnificoRettore Patrizio Bianchi, GuidoReggio della Fondazione Cassadi Risparmio di Ferrara, RenzoRicci Maccarini, del Consigliodi amministrazione della Cassa

L’Ermitage a Ferrara,prestigioso suggello di una cittàd’arte e cultura

Conferenza stampa a Roma il 3 luglio scorso alla presenza del ministroFrancesco Rutelli (nella foto al fianco del presidente Dall’Acqua)

co. Un giusto riconoscimentoalla politica locale nella pro-mozione culturale e quindinella valorizzazione della risor-sa Turismo.L’idea di una ‘mossa’ capace diproiettare Ferrara in un presti-gioso circuito internazionaleera germogliata a fine 2005,quando filtrò la notizia del pro-getto dell’Ermitage. SpiegaDall’Acqua: “Contavamo anchesulla nostra collaborazione conil museo di San Pietroburgo inoccasione della mostra sugliEste tenuta in Castello nel2004 e incentrata sui rilievimarmorei provenienti dal ‘Ca-merino di alabastro’ di AlfonsoI d’Este, eseguiti nel Cinque-cento da Antonio Lombardo

“L’Ermitage, dopo lunga eapprofondita riflessione, dopola nostra missione in Italia edopo aver verificato le propostedella Sua città, ha deciso diaccettare che la sede diErmitage Italia nasca a Fer-rara”. Il comunicato da Mosca,firmato da Mikhail Piotrovsky –direttore di uno dei musei piùimportanti del mondo (autenti-co scrigno d’arte con gli oltretre milioni di pezzi custoditi) –approda in Castello alle 11,24del 4 ottobre 2006. Pochiminuti dopo è sotto gli occhidel presidente della Provincia,Pier Giorgio Dall’Acqua. Cheora confessa: “E’ stato fra imomenti più emozionanti daquando ricopro questo incari-

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di Risparmio di Ferrara, in rap-presentanza del presidenteAlfredo Santini; Roberto Bo-nora, direttore dell’UnioneIndustriali di Ferrara, in rappre-sentanza della Confindustriaregionale; Loredana Deb eStefano Versani, in rappresen-tanza della Direzione regionaledel Ministero per i Beni Cul-turali.Secondo Dall’Acqua “tutto ciò èservito a far capire a Piotrovskyche avevamo costruito un’ipote-si fortemente coesa e condivisa:un punto di forza ai fini dellascelta, che rappresenterà ungrande volano per lo sviluppodella cultura e del turismo incittà e nella provincia. E sappia-mo tutti che il turismo rappre-senta una voce sempre piùimportante per l’economia com-plessiva del nostro territorio edè un settore dove la competizio-ne internazionale si fa ogni gior-no maggiormente aggressiva”.

E’ quindi fondamentale che lasede di Ferrara leghi il proprionome a quella dell’Ermitagedopo Las Vegas, Londra, Am-sterdam e Kazan (capitale delTatarstan e una delle maggioricittà della Russia).“Siamo proprio in una bellacompagnia”, sorride compiaciu-to Dall’Acqua, che sottolineacome la candidatura presenta-ta al museo russo contenessenon soltanto opportunità esposi-tive, “ma soprattutto la messain atto di un Centro studi diricerca nel campo del collezio-nismo, della catalogazione e delrestauro. In più, abbiamo offer-to una proposta logistica imme-diatamente concretizzabile: in-dividuazione della sede di rap-presentanza di Ermitage Italiain Castello e del Centro studinella Palazzina Giglioli di corsoGiovecca”.La sottoscrizione ufficiale delprotocollo d’intesa tra Ferrara e

l’Ermitage si è svolta in duemomenti: a San Pietroburgo e aRoma, presenti autorità istitu-zionali e di governo. L’aperturaufficiale della sede ferraresedovrebbe avvenire nel mese diottobre, una volta completatetutte le dotazioni logistiche.L’attività del Centro studi verràsviluppata da un Comitatoscientifico, presieduto dal diret-tore Piotrovsky, e compostodalle più alte professionalità delmuseo russo e della cultura delnostro Paese. Fra l’altro, sioccuperà anche dell’aspettoinformativo e promozionale.Insomma, sembra proprio chesia stato fatto un ottimo lavoro,apprezzato dallo stesso vicepremier e ministro per i Beniculturali Francesco Rutelli, cheha visto nella decisionedell’Ermitage un “giusto rico-noscimento ad una città che hamolto accresciuto la sua capa-cità di valorizzare il suo patri-

Un’immagine del Museo di Stato Ermitage di San Pietroburgo.

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le diverse attività espositiveche saranno concordate insie-me e che dovranno essere ilfrutto della ricerca e del lavoroscientifico.Attività che saranno svolte daricercatori e studiosi italiani erussi, che potranno utilizzare ilcomplesso di Palazzo Gigliolimesso a disposizione dallaProvincia per le esigenze distudio e soggiorno.C’è da precisare poi che ilCentro sarà posto sotto lagestione e la giurisdizione ita-liana, che svolgerà la propriaattività secondo l’accordo sti-pulato con l’Ermitage, avallatodall’Agenzia Federale allaCultura e dal Ministero dellaCultura russo.Ferrara, città d’arte per anto-nomasia, non tradirà le aspet-tative.

Palazzina Giglioli, sede operativa di Ermitage Italia, messa a disposizione delCentro dalla Provincia di Ferrara

Firma del protocollo d’intesa di Ermitage Italia a San Pietroburgo il 23 febbraio2007. Da sinistra: il sindaco di Ferrara, Gaetano Sateriale, il presidente dellaProvincia, Pier Giorgio Dall’Acqua, e il direttore dell’Ermitage, prof. MikhailPiotrovskij

monio storico artistico. C’èstata una competizione moltotrasparente con due altre gran-di città italiane che certamen-te avrebbero meritato, ma lascelta del museo russo la sot-tolineo con piacere e comun-que con grande rispetto.Adesso – ha aggiunto Rutelli –si tratta di sostenere questacapacità di Ferrara di diventareuna città di musei, oltre cheuna città di grande architetturae di grandi pittori”.Il compito non spaventa il pre-sidente della Provincia, con-vinto che verranno rispettatiscrupolosamente gli otto puntialla base dell’accordo, tra iquali: lo scopo principale diErmitage Italia è legato allaricerca e al lavoro scientifico;l’impegno fondamentale per larealizzazione della catalogazio-ne delle opere presentiall’Ermitage; il rapporto e laricerca comune sul restauro esul collezionismo, con specifi-

che pubblicazioni anche perquesti due settori; le mostre e

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Neda Barbieri e Gloria Minarelli

Le tipicità enogastronomicheferraresi, un prezioso patrimoniodel territorio

Fotografie di Gloria Minarelli

Il territorio ferrarese è frutto diun delicato equilibrio fra ele-menti diversi e contrastanti.E’ fatto di terra e di acqua, diluce e di nebbia, di argilla e disabbie.Proprio questo equilibrio hafortemente condizionato lacultura, l’economia, lo svilup-po e la crescita delle comuni-tà ferraresi. Anche nella tradi-zione enogastronomica trovia-mo numerosi esempi: il dolcee il salato, il fresco e il trasfor-mato, le materie prime e ipiatti cucinati.

Dalla cultura, dall’ambiente,dal paesaggio e dall’economiadi questo territorio, attraversoun’attenta osservazione degliusi, delle tecniche e delle tra-dizioni, è nata circa una deci-na di anni fa la volontà diselezionare prodotti che perqualità e tradizione fossero ingrado di caratterizzare Ferrarae il suo territorio. Attraversoiniziative di singole comunitào le sinergie tra produttori,enti di promozione e di servi-zio, si è giunti oggi a definireun paniere di eccellenze eno-

gastronomiche che forse conun pizzico di pomposità abbia-mo chiamato “perle”.Le “perle ferraresi”, prodottiunici capaci di far conoscere,attraverso la tipicità, Ferrara ela sua provincia. Un paniere ricco e completo.La vista gode del colore doratodei cappellacci di zucca e delpasticcio ferrarese, si passaquindi ai sapori più decisi, avolte un po’ rudi ma genuini,del salame all’aglio magari diVoghiera, alla “zia” o alla piùconosciuta e celebrata salama

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da sugo o salamina ferrarese.L’anguilla di Comacchio e levongole di Goro, insieme alriso del Delta sono in grado dirichiamare alla mente gliesclusivi ambienti vallivi, lesacche salmastre, le solaricoste sabbiose e i terreni tor-bosi delle bonifiche.Sarà l’olfatto il senso stimola-to dal pane, la coppia ferrare-se, e dal dolce pampapato opampepato che dir si voglia.In un territorio di pianuradestinato ad un’agricoltura dipregio, dove tradizione e sape-ri agronomici sono fondamen-tali, insistono anche due mar-chi di Indicazione GeograficaProtetta (secondo ex Reg.Ce2081/92): le pere I.G.P.dell’Emilia Romagna con laregina delle pere ferraresiAbate e le pesche I.G.P. diRomagna.Per creare originali dessert epiatti a base di ortaggi abbia-mo a disposizione cocomero emelone, asparago, carota delDelta del Po, il pomodoro:complementi essenziali ricchi

di vitamine e di salubrità.Fra le emergenze ambientalidi pregio del territorio ferrare-se si annovera il Bosco Spada,parte residua della più ampiaarea boscata presente in pas-sato, chiamata Bosco Eliceoper la prevalenza di Quercusilex (leccio). Pertinente a que-sta etimologia deriva il nomedella Denominazione di Ori-gine Controllata Bosco Eliceo,che contraddistingue i vinidelle sabbie: fortana, merlot,sauvignon e bianco del bosco.Ecco ricomposta la collana di“perle”, attraverso un viaggioideale che tocca i luoghi diproduzione nell’intero territo-rio, abbracciando le diversitàpaesaggistiche e ambientali,ma anche le tradizioni e letipicità della collettività deiferraresi che lo abitano e lovivono.Tanti i soggetti pubblici e pri-vati che in questo progettohanno investito e lavorato,ormai da diversi anni, tante lesinergie create intorno a que-sto paniere: le comunità loca-

li, i produttori, i Comuni, laProvincia, le Associazioni diCategoria, coordinati dallaCamera di Commercio di que-sta città.L’enogastronomia ferrarese ela sua tipicità sono e devonoessere un brand, un marchiocapace di caratterizzare e ven-dere non solo l’agro-alimenta-re ma anche il sistemaFerrara, caratterizzato da qua-lità, stile di vita e ambiente.Tante anche le iniziative chesono cresciute intorno a que-sta rete di prodotti, di relazio-ni e di finanziamenti:• la crescita delle aziende esi-

stenti e di nuove realtà pro-duttive che con dinamismo,caparbietà e professionalitàhanno ampliato, diversifica-to le loro produzioni, affron-tando non solo il mercatonazionale ma anche quelloestero;

• la nascita e lo sviluppo diassociazioni previste dallanormativa regionale quali LeStrade dei Vini e dei Sapori(L.R. 23/2000) o il Club diProdotto (Città d’arte, Costae altri) che hanno saputoaccompagnare le aziende eattuare politiche di promo-zione turistica e commercia-lizzazione dei prodotti;

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• la moltitudine di Sagre eFiere a carattere eno-gastro-nomico, un fenomeno capa-ce di muovere flussi turisti-ci importanti, ma che anco-ra conserva forte il legamecon un mondo di appassio-nati e volontari portatori diconoscenze e tradizionilocali uniche ed inconfondi-bili;

• un’attenzione costante allaqualità dei prodotti affinchénon sia prevalente la promo-zione del territorio rispettoalla natura delle produzioni.Qualità ottenuta grazieall’applicazione di specificidisciplinari che regolanotecniche di produzione, ditrasformazione e di commer-cializzazione, affinché il ter-ritorio stesso possa benefi-ciare del valore e della qua-lità reale dei prodotti, sianoessi freschi o trasformati;

• le esperienze di scambio conl’estero, in particolare congli Stati Uniti, che si susse-guono ormai da tre anni,stanno rafforzando l’idea diFerrara quale città che escedai propri confini versoun’entità moderna, basatatuttavia sui valori della tra-dizione e della qualità.Studenti e chef americanitrascorrono diverse settima-ne di permanenza a Ferraraal fine di scoprire il magicoconnubio tra tradizione/cul-tura/prodotti agro-alimenta-ri. Abbiamo ospitato studen-ti provenienti da MonroeCollege e Paul Smith College(Stato di New York) e daIndiana University (Statodella Pennsylvania).

Il cammino sin qui è statolungo, ma la strada intrapresa

è giusta: lo testimoniano ibuoni risultati alle fiere nazio-nali ed internazionali, l’arrivodel marchio DenominazioneOrigine Protetta per l’aglio diVoghiera (secondo il Reg. Ce510/2006 ex Reg. Ce 2081/92),la maggiore attenzione deimedia nazionali ed internazio-nali per il territorio ferrarese.Quali valutazioni oggi potreb-bero arricchire il progetto edare nuovo slancio?Il modello sinergico delle“perle ferraresi” deve perfe-zionarsi nel modello “prodotto

di qualità/territorio/ambiente”maggiormente capace di com-mercializzazione oltre che dipromozione.E’ necessario rafforzare il rap-porto fra le realtà estere equelle ferraresi, sia a livello diIstituzioni sia a livello di filie-re produttive, in particolaresugli aspetti della commercia-lizzazione, e proprio su questoversante la Camera di Com-mercio di Ferrara sta operandocon nuove proposte e fortiinvestimenti.Per ultimo, ma non menoimportante, è necessario unprocesso di stabilizzazione delprogetto rivolto al futuro; perquesto è indispensabile coin-volgere sempre più le giovanigenerazioni, anche attraversoistituzioni scolastiche edimprese capaci di trasferire ilpatrimonio culturale delle areerurali ferraresi. Il processoavviato sta dando risultati: conla passione e la concretezza, el’ottimismo che contraddistin-gue le buone prassi, è necessa-rio continuare ad investire.

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Fabio Terminali

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Oltre 17mila studenti, 8 facol-tà, 19 dipartimenti, quasi 700tra docenti e ricercatori. Sono inumeri dell’Università diFerrara, una realtà che in cittàfa rima con eccellenza. Tanto daimmaginare se stessa come uncuore pulsante, dentro e fuori lemura, di una moderna Città delSapere. Non è, come potrebbesembrare, uno slogan: su inno-vazione e ricerca, l’ateneo che“da seicento anni guarda avan-ti” ha puntato forte. E i risultati si vedono. Unarecente indagine del Civr(Comitato nazionale per la valu-tazione della ricerca) ha posizio-nato l’università estense alprimo posto, superando la bla-sonata Scuola di studi superioriavanzati di Trieste, per ciò cheriguarda la ricerca applicata.“Non c’è didattica senza ricercae quando questa è di buon livel-lo c’è anche la capacità di valo-rizzarla”, spiega Patrizio Bian-chi, confermato in maggioMagnifico rettore fino al 2010.Ottimi risultati, come evidenzia-no le cifre: sono 220 i fondi diricerca finanziati dal Far, ilfondo concesso dal Comitatodei sostenitori (dove siedonoComune, Provincia, Camera diCommercio e banche locali),mentre dei 52 progetti naziona-li finanziati dal Ministero, ben14 sono quelli direttamentecoordinati dalla sede di viaSavonarola. Inoltre, il valoredelle attività curate dal

Consorzio Ferrara Ricerche,nato nel 1993 per iniziativa del-l’ateneo e di un gruppo diimprenditori ferraresi, ha rag-giunto il valore complessivo di65 milioni di euro per oltre3mila contratti. “La capacitàattrattiva del nostro ateneo neiconfronti dei privati – aggiungeBianchi – è aumentata del 27%rispetto allo scorso anno e addi-rittura del 40% nel triennio”.Ferrara, poi, si muove in contro-tendenza nel campo delle risor-se di provenienza pubblica: se alivello nazionale gli investimentisono in calando, nella nostrauniversità il trend è crescente,avendo raggiunto nel 2006quota 27 milioni di euro.I successi portano nomi concre-ti. Come quello di Pharmeste,primo spin off universitario inItalia a fare impresa e a muove-re investimenti milionari nelcampo del business farmaceuti-co. Con una dote di 3 milionigrazie alla multinazionaleZambon: e pensare che all’esor-dio, nel 2003, non si andavaoltre i 100mila euro. Un’altrabella avventura è quella diMeteo Snc, la piccola ma batta-gliera azienda formata da tregiovani scienziati ferraresi chehanno inventato e commercia-lizzato un software per il moni-toraggio satellitare dell’inquina-mento atmosferico. “Ma l’uni-versità – ricorda Patrizio Bian-chi – non è solo importantecome azienda: non dobbiamo

dimenticarci che produciamocapitale intellettuale. Oggiricerca è anche muoversi dovenon si vede ricaduta immediata,il lavoro necessario di chi guar-da più avanti, oltre i bisogniattuali di trasferimento tecnolo-gico”. Il crocevia tra didattica e ricer-ca universitaria, a Ferrara,passa per una palazzina di viaScienze 41, già occupata daldipartimento di Chimica poiristrutturata e riadattata a nuovouso. Dallo scorso settembre è lasede dello Iuss – Ferrara 1391,l’Istituto Universitario di StudiSuperiori che da poco più didue anni offre precorsi di forma-zione di elevata qualificazionepre e postlaurea. “Siamo nati dauna costola dell’ateneo – spiegail direttore Giovanni Fiorentini –e ne rappresentiamo, per cosìdire, l’alto di gamma. Il nostroobiettivo è quello di coordinaree promuovere in ambito interna-zionale la parte più avanzatadella didattica, ovvero i dottora-ti di ricerca”.Una quota importante dell’atti-vità dell’istituto è occupata dal-l’offerta di stage e borse di stu-dio per l’estero, per il cui finan-ziamento c’è anche il contributodella Fondazione Carife: in que-sto senso si sono recentementeraggiunti accordi con il Cern diGinevra e con l’università ameri-cana di Ohio State. Ma lo Iussha tra i suoi compiti anchequello di attrarre ragazzi da

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Università di Ferrara, eccellente“fabbrica del sapere”

L’Ateneo brilla nel campo della ricerca applicata. E per i dottorandi c’èlo Iuss

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rispettive opere di ristrutturazio-ne. Lo Iuss opera anche per faci-litare l’arrivo di insigni docenti ericercatori dall’estero attraversoil programma ‘Coper-nicus visi-ting scientist’. In totale sonocirca 400 gli insegnanti e i ricer-catori dell’ateneo cittadino coin-volti nei corsi dello Iuss, unacifra pari a quella degli studentiche seguono le lezioni. “Dal2006 – prosegue Fiorentini –sono attivi 16 corsi di dottorato,raggruppati in 3 macroaree:scientifico-tecnologica, biomedi-cale ed economico-giuridica”. Laspecializzazione e gli studiapprofonditi però non bastano.L’ingresso nel mondo del lavorolocale è al centro di un progettoa cui hanno portato il loro contri-buto diversi soggetti istituzionali:si punta, in pratica, a fare inmodo che le aziende ferraresi,

facilitate da benefici di caratterefiscale, prendano in prova unaserie di dottori di ricercamediante contratti a progetto: “Ilpassaparola tra le imprese stadando buoni frutti, anche sebisogna spingere ancora tanto leaziende a credere nel valoredella ricerca”, commentaFiorentini. La sede di via Scienzenon è però esclusiva delle attivi-tà dello Iuss, “Non è la mia casa,ma quella di tutti”, sottolinea ildirettore. Infatti all’interno ven-gono organizzati cicli annuali diconferenze su un tema di attua-lità che viene affrontato nei suoiaspetti scientifici e nelle impli-cazioni economiche e sociali, eancora iniziative interdiparti-mentali e interuniversitarie diaggiornamento e approfondi-mento scientifico.

fuori città. Per coloro che pro-vengono dalla regione la borsadi studio è pagata per metà,mentre per gli stranieri l’acco-glienza è del tutto gratuita.“L’anno scorso – aggiungeFiorentini – per le 6 borse inpalio sono arrivate 40 domande,segno che il progetto funziona”.A disposizione degli studenti c’èil Collegio di via Fabbri, dovenon è difficile l’effetto ‘Babele’:di norma oltre due terzi deglistudenti ospitati sono stranieri,davvero appartenenti a tutti icontinenti. Ma non c’è solol’area un tempo riservata intera-mente al Seminario arcivescovi-le a disposizione: anche il colle-gio di Santa Lucia, in città, el’ex vinaia della delizia delVerginese, a Gambulaga, ospite-ranno i corsi postlaurea delloIuss, una volta terminate le

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Stefano Ciervo

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Basell è ancora uno dei motiviche fanno pensare a Ferrara nelmondo. Si parla di chimica,naturalmente, e più in specificodi plastica, ma anche di ricercaavanzata e connessioni conl’Università. Superato il primoimpatto con il nuovo azionista,che per la prima volta nella sto-ria recente della multinazionaleè una sola persona fisica(Lev Blavatnik, il finanziere

russo-americano di “AccessIndustries” che ha comprato daShell e Basf), e come tale erastato accolto con una certa cir-cospezione, il sito di piazzaleDonegani e il Centro ricerche“Natta” hanno preso a marciarea passo spedito. Tanti piccoli egrandi segnali convergono nelladirezione di un rafforzamento diFerrara nella galassia Basell,che rimane il primo produttore

mondiale di polipropilene convendite complessive passate indue anni da 6 a 10 miliardi dieuro. Le scosse di assestamentosi sono per ora fermate allachiusura, nel 2005, dell’im-pianto di compound, senza per-dite occupazionali complessiveper il petrolchimico, operazioneche ha stabilizzato a 960 gliaddetti di Basell. Nel frattemposono stati assorbiti trasferimen-

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Chimica e ricerca avanzataproiettano Ferrara nel mondo

Le strategie della multinazionale Basell, al cui interno opera il Centro ricerche “G. Natta”

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ti dalla sede di Milano e si ècostituito un nucleo di una ses-santina di persone impiegate in“altri business”, settore delquale si sa ancora poco ma sulquale il management Basellsembra puntare forte. Il futuroresta comunque assicurato gra-zie ai 700 addetti, un terzo deiquali laureati, che fanno del“Natta” il principale Centroricerche della multinazionale.Per avere un’idea delle propor-zioni, gli altri centri di rilievosono a Francoforte, dove sonooccupate 250 persone, e negliStati Uniti con 65 addetti, men-tre una trentina di altri ricerca-tori rimangono impiegati in altrisiti in giro per il mondo. Nonper nulla il responsabile mon-diale della ricerca Basell, il fer-rarese Massimo Covezzi, èormai di base a piazzaleDonegani, come pure il presi-dente italiano Giuseppe Rossi.Perché il Centro ricerche restauna polizza per il futuro? Moltosemplicemente, perché fa gua-dagnare un sacco di soldiall’azionista. Dal momento dellasua nascita, negli anni ’50, hamesso a punto 4.500 brevettisulla plastica che sono stativenduti in tutto il mondo, oggila registrazione e la tutela diquesti brevetti assorbe il lavorodi 20 persone. Qui è stata svi-luppata di recente la tecnologiadello Spherizone, una evoluzio-ne dello “storico” Spheripoleche un quarto di secolo fa rivo-luzionò il modo di produrre pla-stica, tanto da conquistarequasi il 50% del mercato.Spherizone permette di allarga-re le qualità dei materiali plasti-ci in modo da adattarli a imbal-laggi, tubi, perfino materialisoffici come i pannolini. Del

resto il budget della ricercaBasell è l’1,8% del fatturato, inlinea con le migliori esperienzedel settore e molto superiore allemedie italiane, il che consentedi alimentare sempre il fuoco sulquale mettere il “pentolone dellostregone”, come qualcuno inpiazzale Donegani amava chia-mare scherzosamente la struttu-ra della ricerca sulle materie pla-stiche per ricordarne la compo-nente di imprevedibilità, in ter-mini di risultati finali. Su questaeccellenza della ricerca ferraresesi basa anche l’attrattiva diBasell nel mondo, in mercati inespansione come ArabiaSaudita, Thailandia, Corea eGiappone. Recente è l’accordofirmato con il Kazakistan per unapartnership chimica globale.L’anno scorso è arrivato anche ilriconoscimento di Confindustriacome impresa più innovativa delpanorama chimico italiano. Laparte produttiva dello stabili-mento, dove sono occupate 200persone, sta in piedi non per lasua profittabilità (si tratta diimpianti troppo piccoli e anchepiuttosto vecchi) ma, appunto,per il rapporto con la ricerca. La

capacità produttiva dei catalizza-tori è stata di recente aumentatadel 7% con un investimento di16 milioni di euro, grazie ad unmiglioramento dell’efficienzache investe anche le performan-ce ambientali.E proprio i temi legati alla salutee alla sicurezza stanno diventan-do centrali per il managementBasell (anche nelle buste paga,visto che il premio di risultato èlegato a questi parametri).Problemi di mercato all’orizzontenon ce ne sono, i brevetti giàvenduti sulla nuova tecnologiadel polipropilene sono una deci-na e il lavoro con l’università si èallargato a partner emergenti.Restano da ottenere risultatisempre migliori e misurabili nelcampo delle emissioni dirette inatmosfera, questione crucialenei rapporti con la cittadinanza,e ci sarà da valutare l’impattocomplessivo della nuova centraleturbogas di Sef. Dai piani alti diBasell non si perde occasioneper ricordare come il costo del-l’energia sia troppo elevatorispetto ad altri Paesi, come laGermania.

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Moreno Po (*)

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Sono trascorsi vent’anni dallaemanazione della LeggeRegionale 27/1988 e, quindi,dalla istituzione del ParcoRegionale del Delta del Po.Vent’anni sono un passaggiosignificativo nella vita di unaentità, umana o giuridica che sia.E’ il momento in cui occorrecominciare ad interrogarsi su“cosa si farà da grandi”, a discer-nere tra le tante vie che si apronodinnanzi, scegliendo i primi passidi un percorso di vita che, aDio piacendo, potremo/dovremoseguire per molti lustri a venire.E’ finita la fase della crescita, siadi quella assistita che di quellasemiautonoma, così come i puntidi riferimento personali non sonopiù solo delle comode certezzema cominciano a diventare deipunti di paragone, di confrontosulle proprie reali capacità.Per il Parco del Delta emiliano-romagnolo, credo, la questione sipone negli stessi identici termini,aprendo nuovi interrogativi e pre-ordinando nuove scelte per la col-locazione del Parco – negli anni avenire – tra le Autorità che adiverso titolo governano (o si pro-pongono di governare) un territo-rio complesso quale quello del-l’estrema pianura padana orien-tale.Un parco quello del Delta, findalla nascita – travagliata e sof-

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Le “eccellenze” ferraresi

Parco del Delta, tra valorizzazioneambientale e sviluppo integrato

Fotografie di Federica Orsatti

(*) Architetto, Dirigente Ufficio per ilPiano Territoriale della Provincia diFerrara.

ferta – diverso dagli altri suoiomologhi in ambito regionale,non fosse altro che per essere finda subito “istituito” a tutti glieffetti mentre per gli altri territoriprotetti la istituzione formaledell’Ente parco concludeva unpercorso di concertazione e con-divisione con abitanti ed enti deiterritori interessati. Credo tutti possano comprenderefacilmente come questa differen-za abbia profondamente segnatofin da piccolo il giovine virgulto,sballottandolo tra il bisogno diessere accettato in una famigliafortemente ostile – e, al di là deiconvenevoli, infastidita da quelnuovo membro – e la pulsione adessere l’elemento di discontinui-tà, la “rottura generazionale” diun menage familiare congelato

da molto tempo in un gioco delleparti non più all’altezza delleaspettative che il mondo esternoscaricava su di esso.Anni difficili i primi, resi pergiunta più complicati dallaassenza del supporto morale epratico che sarebbe potuto arriva-re da quel fratello gemello “mainato” sulla sponda Veneta chesolo molti anni più tardi si sareb-be fatto vivo, ma ormai segnatoda profonde differenze di imprin-ting, tanto da potersi sì affianca-re al delta emiliano in alcunescelte strutturali senza però poterveramente “fare squadra” suitavoli regionali, nazionali e comu-nitari.Nonostante questa infanzia diffi-cile però, il Parco regionale delDelta emiliano-romagnolo ha

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in modo che si possa dire: “Haivisto che bello, il mio ragazzo?”.Da lì però ad ammettere che pos-sano mettere bocca negli “affaridi famiglia”, ce ne corre ancora!Ecco, all’alba dei suoi vent’anni,il Parco del Delta si trova adaffrontare la sfida più difficile:diventare un adulto, autonomonel proprio mantenimento, di paridignità nelle decisioni sulle que-stioni importanti di casa, ricono-sciuto dal mondo esterno con ilproprio nome e cognome e nonpiù solo come “il figlio di…”.La questione a questo punto si fatanto complessa da non poter piùessere risolta solo con la buonavolontà delle parti interessate eneppure con l’autorevole inter-vento – episodico – di qualche ziosavio e sufficientemente ricco peressere benvoluto. Adesso sono ingioco le questioni della autoritàvera, non più solo quelle del con-fronto di diversi punti di vista,tutti belli fin tanto che si sa percerto che poi uno – e uno solo –prenderà le decisioni che conta-no. Fossero anche quelle che por-tano la famiglia nei debiti o“sulla bocca di tutti”.Fuori di metafora. Il Parco del

Delta è stato, in questi vent’anni,un elemento fondamentale per lavisibilità (buona!) dei nostri terri-tori costieri, in primis per quellidi Comacchio e di Goro; ha con-tribuito non poco al conferimentodi risorse finanziarie ai progetti disviluppo di quegli stessi territori,così come alla crescita di possibi-lità occupazionali e di reddito perle imprese e le persone che vivo-no ed operano nel Delta.Mi piace pensare, credo non sba-gliando, che il Parco abbia datoalmeno una mano alla positivariscoperta di identità delle popo-lazioni costiere che – è vero –hanno sempre avuto una fortepulsione alla identificazionecome comunità “diverse edaltre”, ma spesso in forme perce-pite all’esterno come non accet-tabili o comunque non positive.Fino ad ora la sua azione si èdispiegata privilegiando il versan-te della autonoma ricerca di visi-bilità nel mondo specifico dellearee protette internazionali, cosìcome quella della creazione econsolidamento di occasioni dicollocazione sul territorio di quel-la raggiunta autorevolezza incampo internazionale. Credo che,

saputo affermare una propria per-sonalità, caratterizzandosi pocoalla volta come soggetto creativo,capace di interpretare e rappre-sentare a tutti un “differente”punto di vista sulle qualità straor-dinarie del territorio deltizio,abbastanza presuntuoso da por-tare questo punto di vista in giroper il mondo “dei grandi” senzacomplessi e senza falsi pudori.Ha saputo nel tempo conquistar-si, se non l’ammirazione, almenol’attenzione degli altri componen-ti della famiglia, grati a questonuovo membro per aver aperto leporte di casa a persone e ideenuove, per aver portato regalianche importanti, per essersiguadagnato buoni voti e rispettotutte le volte che aveva dovutodimostrare i propri progressi dicrescita culturale e caratteriale.Un buon figliolo, insomma, diquelli che danno soddisfazione esi possono citare gonfiando ilpetto nelle chiacchiere con i vici-ni di casa meno fortunati (manon diteglielo, però…), di quelliche vengono bene nelle foto digruppo e che ogni tanto fannociao con la manina nei program-mi televisivi di grande audience,

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in tal senso, iniziative come laBirdwatching International Fairdi Comacchio o la affermazionedi filiere di qualità come l’anguil-la marinata siano paradigmatichee tutt’altro che episodiche.Molto più sottotraccia è rimastala funzione di autorità di regola-zione del territorio – e di emana-zione dei provvedimenti prodro-mici o conseguenti – pur avendoben precisi compiti in tal senso,sanciti e più volte ribaditi nellalegislazione regionale degli ultimi– appunto – vent’anni.Una ritrosia che non mi pare deri-vare tanto dal “carattere schivo”del Parco, così comune ai creati-vi di ogni latitudine, quanto dallanecessità di non entrare in unconflitto dall’esito molto incertocon quelle altre autorità che dalunghissimo tempo hanno il dirit-to/dovere di pianificare l’uso delterritorio e di regolarne le trasfor-mazioni ad opera (e beneficio)dell’uomo.Questione difficile da affrontareper l’ultimo arrivato – il Parco –non solo per la riconosciuta auto-rità di soggetti politici democrati-camente e direttamente eletti(Sindaco, Presidenti della Pro-vincia e della Regione) o per lacollaudata capacità di soggettioperativi “anziani” (Consorzi diBonifica, Autorità di Bacino e viadicendo), quanto per la specificaqualità che si vuole assegnabileal Parco; quella, cioè, di soggetto“conservatore” delle peculiaritàambientali e naturali, con prioritàad esse rispetto a tutte le altrequestioni. Il tutto in un territorio fortementemarcato dall’individualismo deicomportamenti e dalla convinzio-ne della netta superiorità dei“bisogni dell’uomo” (in sensomolto latamente inteso!) su quel-

li di qualsiasi altro spicchio dellasfera naturale.La vicenda di questi giorni, rela-tiva alla progettazione dell’ultimaStazione di Parco ancora da pia-nificare, quella denominata“Centro storico di Comacchio”,rende a pieno la grande difficoltàa far coesistere “nello stessotempo e nello stesso spazio” stru-menti fondamentali per il gover-no del territorio quali il PianoStrutturale Comunale ed il PianoTerritoriale del Parco cui, tra l’al-tro, la legislazione vigente dà unaprevalenza “per diritto” su tuttigli altri strumenti, quelli regiona-li compresi. Da in sintesi tutto ilpathos insito nel dover dichiarareapertamente una ed una solaautorità competente (anzi, me-glio, dirimente) su uno stesso ter-ritorio.E’ mia convinzione che, a questopunto, tutti coloro che hanno acuore la sopravvivenza del Parcofino alla sua quarta età ed oltre,tutti coloro che si ritengono – conragione o con presunzione – padribiologici del Parco del Delta deb-

bano avere il buon senso di met-tere mano al codice di famiglia,consentendo al Parco di avereuna sua effettiva autonoma ragio-ne di esistenza non “a detrimen-to” degli altri componenti delnucleo.Il Parco del Delta non può piùavere le stesse regole, ma soprat-tutto gli stessi compiti, degli altriEnti di Gestione delle aree natu-rali protette in Emilia-Romagna.Gli anni di gestazione del Parco,quelli che vanno dal Quaderno diItalia Nostra del 1974 alla uscitadella LR 27/1988, hanno via viaampliato il territorio interessato,dilatando il concetto di area datutelare dagli straordinari “uni-cum” ambientali del ramo meri-dionale del delta (Boscone dellaMesola, Scanni di Gorino, ValleBertuzzi, canneti di foce Volano)fino a ricomprendere le più signi-ficative tracce della vicendaumana nel delta: il centro storicodi Comacchio, le aree archeologi-che Spinetiche, le pinete “roma-ne” di Ravenna e via, sempre piùgiù, fino allo storico porto di

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naturali protetti” che si fondasoprattutto sui valori storico-documentali ed identitari dei ter-ritori.Lodevole intenzione di capire lacomplessità della situazione –come evidenziato poche righe piùsopra – vanificata però con l’ap-plicazione della stessa logicagestionale “impropria” sperimen-tata nel Parco del Delta, ovveroindividuando un ulteriore sogget-to gestore ancora una volta altro eaggiuntivo rispetto ai “costituzio-nali” soggetti gestori del territo-rio: Comuni, per primi, eProvince come supporto sullequestioni d’area vasta.La nuova legge regionale non haneppure saputo (meglio, voluto)aggiustare i contenuti di regola-zione assegnati ai Piani dei par-chi, mantenendo uno schematipico della pianificazione territo-riale e urbanistica (tavole dizonizzazione e norme di attuazio-ne) per di più sempre bloccatonella dantesca (quindi un pocomedievale) logica a gironi con-centrici, con la zonizzazione viavia degradante dalle aree piùinterne e più protette fino alleestreme propaggini del limbodelle “zone contigue”, né parconé altro ma terreno di ulterioremitigazione degli effetti (ma per-ché debbono essere sempre“negativi”?) della pianificazionegenerale comunale.Non voglio discutere – nel brevespazio di questa nota – di que-stioni progettuali ma solo farnotare come, anche in questaoccasione, si sia fatto finta dinulla rispetto al Parco del Delta,continuando nella logica di omo-logazione a tutte le altre aree pro-tette regionali.Ma, mi chiedo e vi chiedo: chesenso ha irrigidirsi sulla unitarie-

Classe ed alle Saline di Cervia.Una interessante e lodevole ope-razione, anticipatrice dei concet-ti di patrimonio identitario (anchese un poco confuso) e di unicitàdei valori territoriali che oggi pre-sidiano la nostra attività di paesi-sti e di pianificatori che, però,non è stata accompagnata da unaadeguata evoluzione dei progettidi legge per la costituzione delParco. Evoluzione che desseragione di un mutamento di rottadalla “conservazione della natu-ra” alla affermazione di un biso-gno di “tutela dei caratteri identi-tari”, come noto molto più com-plessa da governare proprio per lasua intrinseca necessità di rego-lare il cambiamento facendosedimentare comportamenti vir-tuosi nella collettività locale.La legge regionale che ne scaturì– dopo evidenti lunghi conflitti diinteresse – fu un timido topolinoche non regolò neppure la faseiniziale del Parco (ricordate lederoghe su tutto previste per lafase transitoria?) pur istituendo“da subito e per tutto” l’area pro-

tetta, rinviando alla legge genera-le (la 11/1988) contenuti e rego-le della pianificazione e gestionedel Parco. Contenuti e regolepensati ed adatti per territori for-temente naturali, poco antropiz-zati, poco conflittuali, pocogovernati da altri strumenti. I par-chi di montagna, per intenderci,oppure piccole entità di riservanaturale regionale.Dopo di allora la Regione haaffrontato in ben due occasioni lamodifica della legislazione nelsettore Aree Protette: con la LR40/1992 prima – un aggiusta-mento “tecnico” della 11/1988 ecollegate – e con la 6/2005dopo, apportando con quest’ulti-ma profonde revisioni soprattuttoal campo di azione settoriale,introducendo le nuove tipologiedi protezione (reti ecologiche,corridoi, core-areas, eccetera)ma, anche, sconfinando abbon-dantemente nel campo di azionedella pianificazione territorialegenerale, in particolare con laindividuazione della nuova tipolo-gia di “paesaggi naturali e semi-

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tà del perimetro e del territoriodel Parco quando – nel caso delDelta – il piano territoriale èpieno di “buchi” derivanti dallanon applicabilità per leggedelle regole del Parco alle areeprotette nazionali? E che buchi!Il Boscone della Mesola, gliScanni di Gorino, le pinete e gliareali di foce fluviale a Volano,le Vene di Bellocchio, la Salinadi Comacchio, sperando di nondimenticarne qualcuno.Mi chiedo e vi chiedo: cosaaggiunge alla tutela del centrostorico di Comacchio, già dotatoda anni di una buona disciplinaparticolareggiata nel PianoRegolatore Comunale, la sovrap-posizione di “zonizzazioni enorme” da parte del Piano territo-riale del Parco? Non mi pare chei recuperi delle parti monumenta-li della città lagunare, la ristruttu-razione dell’edilizia minore, larivalorizzazione di ambiti produt-tivi storici (anzi, identitari) comequelli dell’ex Azienda Valli – incui tanta positiva parte ha avutoil Parco stesso – siano avvenuti inspregio ai principi che hanno por-tato ad inserire a suo tempo quelcentro storico negli ambiti diParco.La storia di questi venti anni èanche la storia di un processo dipianificazione del Parco difficol-tosa, fatta di fraintendimenti, discontri con la lobby dei cacciato-ri ma, anche, con i giusti timoridegli agricoltori e dei pescatori.Una storia fatta di ordini e con-trordini, di conversioni a centot-tanta gradi, di improbabili “righetirate sull’acqua” nel tentativo dicomporre gli scontri più duri (nonsolo in sede locale!) per farecomunque un passo in avanti.Una storia fatta di progressiviaggiustamenti e di dialogo sem-

pre più intenso e concreto tra pia-nificazione territoriale generale epianificazione del Parco. Una storia che ha trovatomomenti alti di condivisione con-sapevole sui terreni in cui piùchiara è stata la manifestazionedelle intenzioni reciproche e piùcomprensibile la portata deglieffetti, nel lungo periodo, dellescelte da attuare: il terreno dei“progetti e delle idee”, non quel-lo dei piani e delle norme.Una storia che, a tratti e conmolti ostacoli talora assurdi, havisto il Parco come soggetto dipromozione economica e cultura-le in un’area molto vasta e com-plessa – quella della costa – chemai prima di allora aveva saputocoagulare le sue tante e splendi-de identità in una immagineforte, credibile, così come forti ecredibili (e positive) sono state leiniziative comuni sostenute dalParco ed identificate con il suomarchio. Una storia in cui la Regionemolto spesso ha recitato sopra le

righe, mettendo enfasi istrione-sca laddove invece serviva la dol-cezza di un dialogo d’amore,declamando in falsetto quandoinvece serviva la stentorea vocedi petto. Molto spesso, sbaglian-do i tempi della battuta. Sempre,rifiutando di mettere via uncopione scritto per altre platee eper altre scene. Oggi, nel momento della etàadulta del Parco, credo sia inelu-dibile prendere tutti l’impegno diaccompagnarlo verso una fecon-da età matura e – si spera – versouna serena e lunga vecchiaia,dotandolo di competenze e pote-ri adatti al territorio in cui opera.Il Delta del Po – non solo quelloemiliano, ovviamente – è unaterra straordinaria ed irripetibile,tanto quanto è stata straordinariaed irripetibile la storia che lo ha“costruito”.Questa straordinarietà non puòessere governata altro che construmenti straordinari, ovviamen-te non nel senso di una separa-zione da quelli che sono i

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diritti/doveri assegnati dallaCostituzione ad ogni entità fisicao giuridica del nostro Paese,bensì come riconoscimento chetali diritti/doveri possono a pienoessere esplic(it)ati solo se eserci-tati in un quadro normativo coe-rente con le finalità per cui ilParco è stato istituito.E’ la mia memoria che cominciaa denunciare cadute senili, otrent’anni e passa fa l’idea diParco del Delta stava dentro(come perno, mica come pagliet-ta da imballaggio!) al disegnostrategico di uno sviluppo econo-mico e sociale della pianuraorientale basato sulla valorizza-zione della sua straordinaria com-ponente ambientale e storica?Dovrei pensare che quel lucidissi-mo e preveggente progetto di svi-luppo (per “un Parco a fini multi-pli”, appunto) voluto addiritturadallo Stato e che oggi senza rite-gni definiremmo “sostenibile”, èstato per strada volutamente svi-lito a sole regole per la conserva-zione del territorio dalle improvvi-de devastazioni dei suoi abitanti? In questi mesi si è molto parlatodi pianificazione strategica –magari equivocando su contenutie finalità della stessa – e quasisempre lo si è fatto richiamandocome origine di questa forma diprogettazione di lungo respiro il“Progetto Ottanta”, quel docu-mento di vision dell’Italia del“dopo congiuntura” che avviò lapurtroppo brevissima stagionedella programmazione economi-ca/territoriale nel nostro Paese.Bene. Se qualcuno non se loricorda, il “Progetto per un Parcoa fini multipli nel Delta del Po”ha la stessa età e la stessa men-talità generazionale del “ProgettoOttanta”, è figlio della stessacapacità di immaginare un futuroin cui lo sviluppo si basa sullo

sfruttamento per “valorizzazio-ne” e non per “consunzione”delle risorse territoriali. Dellerisorse territoriali peculiari di ogniterritorio, disegnando enne traiet-torie possibili, tante quante sonole positive “diversità” territorialidel nostro Paese.Sono convinto che un futuro pos-sibile per l’Ente Parco stia pro-prio nella sua possibilità di esse-re il soggetto motore di un nuovo“Progetto per un Parco a finimultipli”, vale a dire essere apieno titolo l’Agente d’area per losviluppo integrato nel Delta delPo.Senza rinunciare comunque afunzioni più tipiche dei gestoridelle aree protette, ma limitandoquesto campo di attività alla solagestione degli ambiti territorialiche gli sono affidati in via diret-ta ed esclusiva, proprio per con-servarne le straordinarie qualitàambientali e per metterle ocula-tamente a disposizione dei pro-getti di sviluppo integrato,lasciando ad altri il “dovere” dipianificare correttamente l’usodel territorio ed il riordino delsistema insediativo.In questa versione, credo, ilParco del Delta può confermare

a tutto tondo la propria “utilità”al territorio ed alle sue comuni-tà, concludendo quel percorsoche autonomamente – grazie achi lo ha presieduto e diretto inquesti anni – si è tracciato ed haabbondantemente già picchetta-to, da Goro sino a Cervia.Una “utilità”, capita e ricono-sciuta, che cancelli in via defini-tiva l’immagine di “agente ester-no” voluto altrove ed imposto alDelta, a surroga della inaffidabi-lità di chi ci vive ed opera.Per fare questo, ovviamente,occorre rimettere mano alla legi-slazione regionale di settore,così come occorre rimettere sultavolo il ruolo strategico naziona-le del Delta del Po, tanto quantolo sta diventando quello delGrande Fiume a monte. Un ruolonazionale che non può essereconfuso con le etichette/aggetti-vo da porre all’Ente Parco: che sichiami Regionale, Nazionale oPaperino nulla cambia rispettoalla importanza di quegli habitate nulla sposta rispetto alla gran-de sottovalutazione (di ruoli maanche di risorse economiche) dicui oggi godono (?) nelle politi-che di crescita di questoPaese.

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Utilizzo completo dell’interosistema idroviario. E’ l’obiettivodi Assonautica Ferrara fin dallanascita, nell’ottobre 1986. Losottolineò il primo presidente,Angelo Artioli; lo ribadì il suosuccessore, attualmente in cari-ca, Andrea Veronese; ce lo con-ferma, forte della sua continuitàoperativa, Paolo Dal Buono,direttore dalla fondazione e tito-lare di altre cariche fra cui spic-ca quella di vice presidentenazionale. Ed è stato proprio luia sollevare in Italia il problemadella navigazione interna, in pre-cedenza un po’ assopito. Comeha fatto?“Fino al 1986 - ricorda DalBuono - non esisteva nellanostra provincia un punto diormeggio attrezzato, un portoturistico. Assonautica ha con-dotto una battaglia culturale percreare nel territorio, e di conse-guenza nel Paese, alcuni servizi‘pilota’. Ad esempio, il punto diormeggio a Lido degli Estensi(60 posti barca) è stato la carti-na di tornasole, con reazionepositiva, affinché privati ed isti-tuzioni pubbliche, si convinces-sero ad investire nel settore, rea-lizzando i giusti servizi per gliutenti. Fra questi: Marina degliEstensi (privata), qualificantetutti i Lidi; il punto d’ormeggiodi Goro, gestito dal circolo nau-tico Goro Nautica Club e portatoa compimento grazie a fondiFriet (Fondo regionale incremen-to economia turistica), altro

segnale molto forte che richiamala creazione del porto turistico diGoro, in fase di attuazione daparte di istituzioni private (Cmrdi Filo d’Argenta, CooperativaPescatori di Goro e ImpresaSarti di Ferrara)”.Friet ha permesso la costruzionedi altri punti di attracco sulle vied’acqua?“Certamente. Ne ricordo soloalcuni fra i più significativi:quelli di Fossalta gestito dalGommone Club Ferrara e diSabbioncello S. Vittore, neipressi di Villa Mensa; l’ormeggioalle Vallette di Ostellato. Ognunadi queste infrastrutture è andataa buon fine per il loro utilizzo”.In questi anni Assonautica haorganizzato molti convegni sullanavigazione interna, sotto l’egi-da della Camera di Commercio edi altre istituzioni ferraresi,Provincia e Comuni. Quali daricordare particolarmente?“Sono stati tutti importantissi-mi, ma mi sembra fondamentalel’appuntamento di Ferrara aven-te per tema ‘Intermodalità delCorridoio adriatico’”.Per quale motivo?“Nel concetto delle autostradedel mare e dell’Intermodalitàdelle strade, della ferrovia edegli aeroporti, è stato introdot-to il concetto di via d’acquacome modalità imprescindibileper il territorio padano. Sonotutti sassi lanciati nello stagnoper destare forte interesse perl’economia nautica locale, ma

che restano inefficaci se il tes-suto imprenditoriale non recepi-sce. Ed è con soddisfazione cheoggi possiamo annoverareimprese leader nel settore, coninteressi anche fuori dai nostriconfini”.Quali sono?“Molte, ed anche in questo casodevo limitarmi a citarne alcune:l’impresa “Sistema Walcon”,specializzata in porti turistici,con realizzazioni in tutta Italia; iCantieri Estensi, che produconoimbarcazioni da diporto, a vela ea motore, nella zona diMigliarino, barche prestigioseche hanno un florido mercatodentro e fuori il bacino delMediterraneo; la Ditta BenvenutiA. di Bosco Mesola, che vendecordame in ogni parte d’Europae, come del resto quelle citate inprecedenza, ha rapporti com-merciali con la Cina; altre impre-se qualificate e qualificanti perla nostra provincia. Ma tutto ciò,pur pregevole e motivante, nonbasta, se non mettiamo a regimel’insieme del potenziale idrovia-rio ferrarese, in armonia con iterritori confinanti. Insomma,Ferrara va inserita in un ingra-naggio transregionale: aspirazio-ne che ha trovato il momento dimassima sintesi nel convegnotenutosi alla Camera di Com-mercio di Ferrara il 25 e 26maggio scorsi, intitolato – non acaso – ‘Navigazione interna:l’Italia è davvero in Europa?’ eche si è avvalso degli interventi

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Turismo ecologico: andar per acque interne

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di autorevoli rappresentanti diRegioni, Province, Comuni e isti-tuzioni interessati al sistemaidroviario padano-veneto, con-frontatisi con i colleghi euro-pei”.Qualcuno insinua che si trattidello sfizio di pochi appassiona-ti e che, in realtà, non rispondaa un interesse reale di utenti eoperatori.“Interpretazione maliziosa e deltutto sbagliata. L’interesse c’è,eccome. Infatti riscontriamo,tanto per citare un caso, grandeattenzione da parte di circolimotonautici tedeschi, che da 4anni vengono a Ferrara e s’inse-diano nella ‘derelitta’ Darsena diS. Paolo, facendo escursioniquotidiane in tutti i siti raggiun-gibili per via d’acqua. Inoltre,l’apertura della Conca diPontelagoscuro porta a Ferrara

la prestigiosa manifestazione‘Locarno – Venezia’, nella qualeun gruppo di motonauti, scortatida equipaggi della Guardia diFinanza, partono dal LagoMaggiore, in Svizzera, e percor-rono tutta l’asta navigabile, por-tando un forte messaggio pro-mozionale ed ecologico”.Ecologico, in che senso?“I motori di queste imbarcazio-ni sono alimentati da gpl, ridu-cendo così l’inquinamento degliscarichi e promuovendo l’uso diquesto propellente che in altriPaesi, come la Francia, vieneutilizzato anche da categorie dioperatori economici, come imitilicoltori. Chissà se anche inItalia le associazioni di pescato-ri si batteranno per arrivare aquesta scelta, che sarebbeestremamente economica”.Ci sono altre iniziative di

Assonautica che hanno trovatogradimento e riscontro nei fatti?“La prestigiosa Historical RivaSociety, con sede a Milano macon associati in ogni parted’Europa, ha inviato qui appas-sionati con i loro Riva, barched’epoca, veri e propri Stradivaridell’acqua, per navigare traFerrara, Massafiscaglia eComac-chio. Vari altri appunta-menti vengono fissati sullenostre idrovie, e Assonauticaoffre sempre il proprio contribu-to organizzativo e logistico perrichiamare le maggiori attenzio-ni possibili nel mondo dellanautica. Altro motivo di soddi-sfazione: riscontriamo grandeinteresse delle amministrazionilocali. Non c’è Comune prospi-ciente uno dei nostri percorsifluviali che non rivolga partico-lari at-tenzioni al settore”.

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In che modo?“Ricordo innanzitutto le pisteciclabili programmate e realizza-te sulle sponde dei fiumi, concapostipite la destra Po daStellata di Bondeno a Gorino.Vorrei citare anche la costruzio-ne del nuovo ponte apribile diMassafiscaglia e di Migliaro,dell’attracco di Ro con il parcoperifluviale, del Mulino sul Po diRiccardo Bacchelli tuttora fun-zionante come ai tempi del gran-de scrittore. Va sottolineato l’in-centivo del Comune diMigliarino che, con la darsenaopera dell’Arni, rende il fiumeassimilato dalla cultura dellapropria cittadinanza mediante leiniziative che su di essa si svol-gono. In occasione della Fieralocale, ad esempio, si è tenutoun concerto della Riverside JazzProjet di Ferrara, che nel set-tembre prossimo si ripeterà.Stessa cosa avviene a Codigoro,per il forte impegno della suanautica: il Circolo Volano ha rea-lizzato un ormeggio sulla spondaantistante la Riviera Cavallottied offre preziosi servizi e atten-zioni al diporto. Il Comune di

Lagosanto, nella frazione diMarozzo ha permesso l’installa-zione di una gradevole darsena,dotata di scivolo per l’alaggio diimbarcazioni, in un contestoambientale ricco di avifauna econ operatori economici che nonfanno mancare alcun genere diconforto all’utenza”.La ricaduta economica è signifi-cativa?“Non c’è alcun dubbio. Bastipensare ai cantieri che dannolavoro senza soluzione di conti-nuità; ai ristoranti, alle trattorie,ai bed & breakfast e agli agritu-rismi attualmente esistenti pres-so i fiumi e che hanno creato illoro punto di ormeggio lavorandobene con il supporto di Asso-nautica. Non va dimenticata,inoltre, la motonave Nena che,dalla Darsena di S. Paolo, cioèdal cuore di Ferrara, consente dicompiere escursioni sull’interaasta oggi navigabile”.Quando sarà possibile utilizzarecompletamente il sistema idro-viario?“Quando saranno superati gliostacoli che adesso non lo per-mettono. Abbiamo preso contat-

ti con operatori di turismo nau-tico italiani e stranieri che, vistele nostre elevate potenzialità,mostrano notevole interesseall’insediamento di loro aziendenel territorio. E ciò potrà acca-dere, appunto, dal momento incui potremo godere di una frui-bilità totale delle vie d’acqua.La realtà ferrarese, con la zonadel Parco del Delta, le aree pre-Parco, il patrimonio architetto-nico, ambientale, culturale, sto-rico ed enogastronomico, rap-presenta una punta di eccellen-za universalmente apprezzata,ma purtroppo non ancora otti-mizzata. I nostri colleghi di altrenazioni hanno riversato sull’ar-gomento attenzioni maggiori,fin da quando noi non sapeva-mo neppure di disporre di untale tesoro. Non abbiamo anco-ra perso il treno, siamo in tempoper qualificarci sulla scenamondiale. Però dobbiamo innanzitutto cre-derci fermamente, non autode-molirci ma puntare con decisionea un obiettivo raggiungibile sol-tanto con la concertazione”.

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al settore, Davide Nardini – loscrigno naturalistico del nostroterritorio abbia ottenuto daparte dell’Unesco il prestigiosoriconoscimento di ‘Patrimoniomondiale dell’Umanità’, oltread essere stato sottoposto anumerose norme di tutelaambientale di carattere interna-zionale, statale e regionale.Le Oasi sono 34, molto diversetra loro. Raffigurano le varietipologie presenti nel territorioferrarese: zone umide, sia sal-mastre che di acqua dolce; areeboschive; le aree agricole piùinteressanti dal punto di vistadella testimonianza del paesag-gio tipico della pianura padana.Elisabetta Mantovani ricordache un tempo le zone eranomoltissime, “ma adesso sonosoltanto 10, estensioni relitte dipaludi una volta molto più este-se, prima che il territorio venis-se bonificato, messo a coltura eoccupato da insediamentiumani”. Si tratta delle Valli diArgenta e Marmorta, dell’IsolaBonello Pepoli, dei Bacini delloZuccherificio di Codigoro,dell’Isola Bianca, di ValleDindona, dei Bacini delloZuccherificio di Jolanda, diMalpasso, di Isola Tieni, delleAnse Vallive di Ostellato e delleAnse Vallive di Porto – Bacinodi Bando. Sette, invece, le zoneboschive: Bosco di Porporana,Bosco della Mesola, SantaGiustina, Boschetti di ValleGiralda, Pineta di Mesola,

Bosco della Panfilia e OasiMulino del Po. Cinque le agrico-le: Lidi Ferraresi Nord, LidiFerraresi Sud, Palmirano,Boscona e Polveriera.“Senza togliere neanche un piz-zico della struggente bellezzadelle altre Oasi, un discorso aparte – sottolinea Mantovani -merita una zona unica nel suogenere, cioè le Dune Fossili diMassenzatica, ricadenti neiComuni di Mesola e Codigoro:oltre che Oasi di protezionedella fauna, costituiscono unariserva naturale orientata di unacinquantina di ettari, di proprie-tà della Provincia di Ferrara eistituita nel 1996 dalla RegioneEmilia–Romagna, mentre leOasi ricadono sotto la normativafaunistico–venatoria”.Perché sono speciali?“Rappresentano uno dei mag-giori apparati litoranei del com-prensorio deltizio padano legatiall’antica linea di costa, origina-tisi tra la fine dell’Età delBronzo e l’inizio dell’Età delFerro, in altre parti distruttidagli insediamenti umani, dalleattività estrattive e di bonifica. Iritrovamenti archeologici diepoca romana effettuati nel-l’area di Monticelli e Massen-zatica testimoniano che nel132 a. C. il console PublioPopilio Laenas fece costruire lavia Popilia, congiungente Ra-venna ad Adria, passando suquesti dossi. I vincoli di tutelache hanno salvato questo pre-

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Le Oasi, scrigno naturalistico del territorio ferrarese

Fotografie di Federica Orsatti

“Sono i gioielli della natura fer-rarese, l‘assoluta eccellenza diambienti ricchi di flora e difauna. Insomma, un ‘trionfo’ dicolori e di vita, che si offre sottoaspetti diversi ma sempre stu-pefacenti”. Sono le Oasi.Elisabetta Mantovani, Dirigentedel Servizio Protezione flora efauna della Provincia di Ferrara,ne parla con aria sognante,come di meraviglie del creatoche riescono – nonostante lasua collaudata esperienza inmateria – sempre a farle prova-re sensazioni nuove e piacevol-mente rabbrividenti. E’ com-prensibile, perchè non è uncaso che – come ha ricordatol’assessore provinciale preposto

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zioso territorio dallo spianamen-to, dal pascolo e dalla messa acoltura, ne sottolineano anchel’elevato interesse vegetazionalee faunistico. Poiché si tratta dirilievi che si ergono, talunianche oltre gli 8 metri, lungo lacampagna circostante – assolu-ta rarità per un territorio piattocome il nostro – per noi sono le‘Dolomiti del Ferrarese’”.La Provincia è proprietaria delleOasi di Canneviè–Porticino,Bacini dello Zuccherificio diJolanda, a metà con il Comunedi Jolanda, e le Anse Vallive diPorto–Bacino di Bando. “Inquest’ultima – informa Manto-vani – c’è un Centro per la rein-troduzione della Cicogna biancae dell’Oca selvatica: da oltre undecennio si è sperimentata laloro perfetta ambientazione,tanto che nidificano regolar-mente; le cicogne rappresenta-no addirittura un’importantefunzione di richiamo su esem-plari selvatici che sorvolano ilDelta del Po durante i passi e iripassi”.Altra ghiotta curiosità: dal 1994la Provincia, insieme con ilCorpo Forestale dello Stato, haavviato presso le Anse di ValleLepri un progetto pilota per latutela genetica della popolazio-ne di ‘Cervo delle dune’ delGran Bosco della Mesola. Sonostati trasferiti un maschio e duefemmine, che finora hanno datoorigine ad altri 33 esemplari.E com’è possibile dimenticarel’Oasi dei Bacini dell’ex Zuc-cherificio che ha fatto romanti-camente di Codigoro la ‘Cittàdegli aironi’? Cessata l’attivitàsaccarifera, nel boschetto retro-stante gli edifici industriali si èinsediata una colonia nidifican-te di aironi (garzaia), censita in

Le valli di Comacchio sono un’oasi per gli appassionati di birdwatching

forma ufficiale nel 1981 daifunzionari dell’Amministrazioneprovinciale di Ferrara in colla-borazione con gli esperti delDipartimento di Biologia anima-le dell’Università di Pavia. Dai490 nidi del 1981 si è passatiai 600 del 1985 e ai 720 del1986, portando così la ‘garzaiadi Codigoro’ ai primi posti inItalia nell’ambito delle coloniedi aironi censite più importantid’Europa.Al termine della già ampiapanoramica su queste autenti-che ‘perle’ del Ferrarese,Elisabetta Mantovani estrae dalprezioso cofanetto un pezzo chele sta particolarmente a cuore:l’Oasi di protezione della fauna‘Mulino del Po’, istituita nel2005 dalla Provincia, su propo-sta del Comune di Ro Ferrarese:291 ettari di aree golenali, argi-ni fluviali e campagne circostan-ti, resi noti dal capolavoro diRiccardo Bacchelli e compresinei territori dichiarati di notevole

interesse pubblico dal Decretoministeriale del 18 maggio1999, denominati appunto‘Luoghi Bacchelliani’. E Man-tovani ha riletto attentamente lecirca duemila pagine del ro-manzo per estrapolarne braniche illustrassero – in un grade-volissimo volumetto, un ‘percor-so d’autore’ cui ha contribuitola Regione con la collaborazio-ne del Centro Studi Bacchelli -paesaggio, flora e fauna del-l’Oasi: “E’ stata una gran fatica,resa però lieve dall’entusiasmodi riassaporare il gusto di pagi-ne immortali, arricchite nellanostra pubblicazione dalla gra-fica di Mario Zanirato, dalleimmagini di Remigio Urro e daidisegni di Chiara Lugli.Penso che Bacchelli, oltre che ungrande scrittore, sia stato unaltrettanto grande naturalista, per-ché ha saputo cogliere, come nes-sun altro nel Ferrarese, la vita delPo e di ciò che lo circonda”.

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Marco Zavagli

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a caso – a Giorgio Bassani.Il Comune intanto prepara il ter-reno a quello che si prefiguracome uno dei più importanti, senon il principale, progetto dimandato, e il 25 luglio 2006stila il primo atto costitutivodella Fondazione museo firmatocon il Ministero per i BeniCulturali. La sottoscrizione del-l’atto, davanti al notaio, è statafatta dal Ministro Rutelli assie-me al sindaco Gaetano Saterialee al professor Michele Sarfatti,in rappresentanza del Centro didocumentazione ebraica con-temporanea di Milano. “E’ unprimo passo importante perdotare il nostro paese di unmuseo che ricordi a noi e ainostri figli l’immane tragediadella Shoah, perché non si ripe-tano più genocidi e si diffonda lacultura della convivenza fra ipopoli e le religioni” ebbe adichiarare nell’occasione il mini-stro Rutelli.L’euforia fa fare passi da giganteai piedi tradizionalmente pigridella burocrazia e in municipiogià si sfregano le mani nell’indi-viduare la futura sede dell’istitu-zione. Sarà l’ex carcere di viaPiangipane ad ospitare il museonazionale della Shoah di Ferrara.“L’edificio si trova a ridosso delcentro storico e nelle vicinanzedel ghetto ebraico - ha sottoli-neato il sindaco GaetanoSateriale. A poche decine dimetri ci sono i più grandi par-cheggi della città, capaci di circa

1.700 posti auto, adeguati perricevere i circa duecentomilavisitatori annui attesi”. Gli spaziinterni all’ex carcere potrannoessere completamente riorganiz-zati in base alle esigenze musea-li. L’operazione consentirà anchela risistemazione urbanistica del-l’area compresa fra viaPiangipane e il sottomura deiRampari di San PaoloPassa l’estate e nemmeno iltempo di alzare i calici che sem-pre da Roma arriva la docciafredda: di mezzo si è messa laRoma “pigliatutto” di Veltroni arimescolare le carte. Ne è segui-to un tira e molla da brivido, finoall’atto finale che premia la cittàeterna e non scontenta quellaestense.Le prime paure che Ferrarapotesse vedersi scivolare dallemani il sogno a lungo accarezza-to di realizzare in città il primoMuseo nazionale della Shoah inItalia erano sorte a ottobre2006, quando in finanziaria erastato inserito un emendamentoche toglieva il nome “Shoah” dalprogetto. Anche se il termine“nazionale” e i 15 milioni dieuro destinati all’impresa nonsono stati messi in discussione,immediata era arrivata la replicastizzita di Sateriale che manife-stò a Rutelli, autore dell’emen-damento, tutta la propria contra-rietà in merito. “Il museo ferrare-se va distinto da quello romano,al quale auguro tutto il successoche merita - aveva detto il sinda-

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Duemila anni di cultura ebraicasi incontrano a Ferrara

Nulla avrebbe fatto pensare a uniter tanto accidentato. Eppure,dopo più di tre anni di confermee smentite, Ferrara avrà il suo“museo forse senza pari inEuropa”, come l’ha definitoMichele Sarfatti, direttore delCentro di documentazione ebrai-ca contemporanea di Milano,suggellando una delle eccellenzeassolute della città.Il Museo nazionale dell’Ebraismoitaliano e della Shoah si farà. E sifarà nella città estense. Un tra-guardo mai scontato fino all’ulti-mo. Nemmeno una legge biparti-san votata all’unanimità dal par-lamento, la 91 del 2003 (di cuiil primo firmatario fu l’on. DarioFranceschini), istitutiva delmuseo a Ferrara, era bastata pertirare i remi in barca.A fine luglio del 2004 arrivainfatti il primo stop. Ad alzare lamano è l’allora ministro Urbaniche, tramite un fax all’assessora-to comunale alla Cultura, infor-mava che i 17 milioni di euro(15 più uno per i primi due annidi gestione) di finanziamento perla realizzazione rimanevanofermi ai blocchi di partenza(“bloccati in misura precauzio-nale in attesa di un quadro com-pleto dei tagli alle spese daaffrontare”). Trascorre la pausaestiva e a fine settembre arrival’atteso placet: la Shoah avrà lasua consacrazione museale aFerrara. Si individua anche unaprima collocazione all’internodel parco urbano, dedicato – non

La città attende il “suo” Museo nazionale dell’Ebraismo e della Shoah

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co poco prima di sapere degliindirizzi decisi successivamentedal parlamento, ma quella èl’iniziativa della città di Roma, lanostra nasce da una legge delloStato”.Poche ore dopo ed è arrivata ladoccia fredda. È stato lo stessoMinistro Rutelli, il 25 ottobre, agelare le residue speranze esten-si, affermando che la pressionedelle comunità ebraiche e i tantifinanziamenti arrivati per l’ipote-si romana da comunità israeliti-che internazionali hanno fattopropendere per una soluzioneibrida che dovrebbe nelle inten-zioni accontentare entrambe,ma che in realtà si traduce in unvero e proprio schiaffo perFerrara.Ci saranno due progetti, ma con“vocazioni distinte”. Nella cittàemiliana sorgerà un museo sullacultura e la storia dell’ebraismo,dove saranno depositate lemigliori testimonianze di oltre20 secoli di storia e culturaebraica. Nella città eterna sicostruirà il museo nazionaledella Shoah in una strutturaall’interno di villa Torlonia, con ilpremio Nobel Elie Wiesel comepresidente onorario della Fon-dazione museo e uno dei mag-giori storici dell’Olocausto,Marcello Pezzetti, come diretto-re. È già pronta anche la dataper il varo, il 16 ottobre del2008, anniversario della razziadel ghetto di Roma e delladeportazione degli ebrei romanida parte dei nazisti. Come sidice, ubi maior minor cessat.Il tempo per metabolizzare lochoc, e a Ferrara si cerca di faredi necessità virtù. “Sino dalmomento della sua ideazione –afferma il primo cittadino in unanota - abbiamo immaginato che

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il Museo nazionale della Shoahdi Ferrara dovesse essere simul-taneamente testimonianza dellosterminio ed espressione dellacultura ebraica che ha segnatola storia del nostro Paese”.L’emendamento apposto daRutelli in finanziaria ha subitoin seguito le modifiche necessa-rie a mettere tutti d’accordo e aFerrara sorgerà quindi il Museonazionale dell’Ebraismo italianoe della Shoah, premiando – oaccontentando come si mugu-gna da più parti – l’importantetradizione di storia e culturaebraica che la città estense puòvantare. “L’emendamento cosìarticolato – ha commentato nel-l’occasione Sateriale – nullatoglie e, semmai, qualcosaaggiunge. Sarà infatti anche for-malmente recepita integralmen-te la vocazione della nuova isti-tuzione culturale, della qualeviene riaffermata la valenzanazionale e rafforzata la missio-ne. Dunque, – concludeva il sin-daco – sembrano a questopunto davvero dissipati i malin-tesi e le contraddizioni che sierano profilati nei giorni scorsi”.Uno scippo ben risarcito, direb-bero i detrattori. Il resto è storiadei nostri giorni.Con una firma dinanzi alMinistro è stato perfezionato il23 gennaio 2007 l’atto fondati-vo del museo della Shoah diFerrara. Anche l’Unione delleComunità ebraiche, dopo ilMinistero per i Beni culturali, ilComune di Ferrara e il Centro didocumentazione ebraica con-temporanea ha sottoscritto lacarta costituente della nuovaistituzione culturale. Ai nomi diFrancesco Rutelli, GaetanoSateriale e del presidente delCdec Giorgio Sacerdoti si è

dunque aggiunto ora quello diRenzo Gattegna. Nella sede ministeriale di viadel Collegio Romano, alla pre-senza del notaio Cinotti, i socifondatori hanno anche provve-duto a modificare lo statuto,aggiornando la denominazionedel museo. Non più, semplice-mente, museo della Shoah, ma– appunto – museo nazionaledell’Ebraismo italiano e dellaShoah, così come ha recente-mente disposto il Parlamento. Con queste integrazioni ilmuseo è ora pronto per passaredalla fase ideativa a quella pro-gettuale e organizzativa, con laprima metaforica pietra appostail 27 gennaio, il giorno dellamemoria.A Ferrara si sono riuniti i rap-presentanti degli enti fondatori(il sindaco Gaetano Saterialeper il Comune di Ferrara, il pre-sidente Renzo Gattegna perl’Unione delle comunità ebrai-che, il direttore MicheleSarfatti per il Centro di docu-mentazione ebraica contempo-ranea) per illustrare le finalitàdella nuova istituzione cultura-le. “Abbiamo davanti due grandiobiettivi – ha dichiaratoSateriale – la definizione delprogetto scientifico e l’avviodell’iter di progettazione delmuseo”. Renzo Gattegna hasottolineato come il museocostituisca “una forma di edu-cazione dinamica, non ingessa-ta nella cultura scolastica tradi-zionale, che può vitalizzare laconoscenza e la consapevolezzadella Shoah nei giovani”. Ma ilpresidente dell’Unione dellecomunità ebraiche ha anchevoluto enfatizzare “l’unicità delmuseo nazionale di Ferrara, che

testimonierà per primo in Italiaanche la cultura e la parte vivadell’ebraismo, documentando iduemila anni di presenza degliebrei” nel nostro Paese. Concorde si è dichiarata laPresidente onoraria del Centrodi documentazione ebraicacontemporanea, LuisellaMortara Ottolenghi, affermandoche “il nuovo museo colmerà lalacuna dovuta all’assenza diuna sede in cui sia coltivata lamemoria dell’Ebraismo inItalia”. Michele Sacerdoti e PaoloRavenna, rappresentanti dellacomunità ebraica ferrarese,hanno rispettivamente segnalato“la congruità dell’impostazionescientifica del museo, oltreall’adeguatezza della sede indi-viduata”, nonché i “molti e fon-damentali spunti per rendere ilmuseo una grande iniziativa intermini di conoscenza, maanche di dialogo interculturale”.A proposito del contenutomuseale, il direttore del Centrodi documentazione ebraica con-temporanea ha segnalato gliinterrogativi ai quali la Fonda-zione dovrà cercare di darerisposta assieme agli espertiche costituiranno il comitatoscientifico, circa l’impostazione(cronologica o tematica, lineareo “a finestre”, storica o geogra-fica...) del museo. “Noi ci impe-gnamo a garantire l’assolutaesattezza di dati e informazioni.Si tratta di una sfida appassio-nante – ha affermato – quella dicostruire un museo storico, dicui in Italia abbiamo poca espe-rienza”. E che Ferrara, dopotanta estenuante attesa, ha lavoglia più viva di vedere realiz-zato.

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Foto Luigi Biagini

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Adriana Galvani* e Sara Cavallero*Università di Bologna

all’individuo un’azione proattivanei confronti della salute, nellaquale il buon cibo previene gliscompensi del funzionamentodel corpo. L’alimentazione si situa comeuna necessità basilare dell’uomoma, quando tutti i bisogni sonoampiamente esplicitati, si assistead un “ritorno al cibo” in manie-ra razionale: in particolare, rie-merge la ricerca del cibo genui-no, dopo aver sperimentato tuttigli acquisti possibili dei semprepiù innovativi prodotti industriali. Vi contribuiscono le denomina-zioni e l’attribuzione di marchi,che, al di là della pura forma,concorrono a mantenere le pecu-liarità di originalità, di qualità, diserietà professionale, tanto piùsentita in momenti di adultera-zione spinta che ha tradotto ilcibo in uno strumento di malattiae persino di morte. Si riconduceil tutto quindi al percorso dellaqualità, nuova meta postmoder-na della società dell’eccessoquantitativo.Contestualmente all’abbassarsidei prezzi dei beni alimentari èandato correlandosi un desideriodi differenziazione elitaria che hacondotto ad una rivalorizzazionedei prodotti tipici di antica lavo-razione tradizionale, sostenutad’altro canto, da politiche nazio-

nali e comunitarie, e avvaloratada un maggiore tenore culturaleche impone nell’uso dei cibi unasempre più complessa dote diconoscenze che si interconnetto-no per raggiungere un equilibriosempre più difficile da mantene-re. L’alimentazione assume inquesto contesto un’importanzafondamentale, diviene una tema-tica centrale che coinvolge nonsolo i sensi, ma la cultura insenso lato (RER, 2000, p. 25).Dopo l’abbassamento dei prezziverificatosi nel commercio dellederrate agricole, causato dainterventi di sostegno, da incre-menti produttivi permessi dallatecnologia, da nuove forme didistribuzione e conservazione, si

La valorizzazione turistica del territorio: le sagre e i grandi eventi

* Adriana Galvani è autore dei paragrafi 1,2,6 - Sara Cavallero dei para-grafi 3,4,5.

1 - Cibo tra natura e culturaLa società postindustriale portaad una rivalorizzazione dei terri-tori e dei beni primari legati allaterra, da cui deriva una ricerca dinatura e di benessere che ciporta ad apprezzare i valori sem-plici e tradizionali, legati ad unaoriginalità locale che non deveandare perduta.L’ecologia e i movimenti ambien-talisti propongono una nuovaideologia della qualità della vita,quindi modelli di consumo e stilidi vita fondati su un progetto dibenessere individuale e collettivoad un tempo. La coscienza ecologica, accom-pagnata ad un crescente grado discolarizzazione, che si rivela inamore per la natura, crea unasensibilità agro-alimentare cheporta alla ricerca e alla conoscen-za dei valori legati a determinaticibi o sostanze, non più solo valo-ri riferiti a contenuti quantitativiin vitamine e proteine, ma riferitia componenti qualitativi raridegli alimenti, assieme alladimostrazione della conoscenzadei loro effetti che possono esse-re di carattere medico oppurepsicologico, a cui si aggiungel’interesse per la cura della per-sona, per il fitness, o anche delwellness, che oltre alle diete,forse un po’ consunte, impone

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assiste ad una conversione versola selezione qualitativa, comenuova forma di distinzione diclasse e di affermazione del sog-getto che trova definizione del sénegli oggetti di cui si appropria.Il gusto diventa un linguaggiosegreto per comunicare in unrapporto intimo ed esclusivo conla natura (RER, Assess. Agricol-tura, 1998, p.11).Si tratta di una sensibilità ecolo-gica in senso lato che implicamaggior attenzione alla salute,all’igiene, assieme ad un deside-rio di purezza dell’ambiente e diessenzialità nello stile di consu-mo. Il ritorno alla natura, la con-danna degli sprechi, il bisogno dipartecipazione, il rifiuto dei con-sumi di facciata si accoppianocon abitudini alimentari sempli-ci, con cosmetici e medicinenaturali, in relazione ai valoridelle nostre origini, al fine diristrutturare la frammentazionedella vita attuale, per recuperareun’autenticità sociale, come se,riafferrando i tempi andati, ciappropriassimo dello “spirito deiluoghi”. In un mercato globaledove i consumatori hanno un’am-pia scelta di occasioni affini èdivenuto vitale creare un’immagi-ne distinta, dove il “locale” vieneriscoperto e venduto (Coleman2002, p.3).

2 - Il patrimonio rurale ed enoga-stronomico della pianura padana L’Italia è il secondo paese euro-peo, dopo la Francia, per numerodi produzioni certificate el’Emilia–Romagna emerge nelquadro italiano ed internazionaleper il numero dei prodotti ricono-sciuti con marchio DOP, IGP, IGT,STG, DOC e DOCG per i vini, chesi evidenziano come elementi diqualità agricolo-artigianale, in

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grado pure di attrarre movimentoturistico, creando un valore cheritorna alla terra come incentivoeconomico. L’Emilia-Romagnarappresenta la seconda regioneitaliana, dopo la Lombardia, perimportanza dell’industria di tra-sformazione agroalimentare edinsieme esse contribuiscono perquasi il 40% al valore aggiuntodel relativo comparto nazionale. Per queste implicazioni il ruolodella regione diviene più com-plesso dato che, accanto allanecessità di salvaguardare ilpatrimonio rurale, si inseriscequella di promuovere la “vitalità”dello spazio rurale. La vitalità siinserisce nel contesto di diversi-ficazione dell’attività agricola incui includere nuove opportunitàricreative. Per tali ragioni l’agri-coltura viene a connettersi inevi-tabilmente con il turismo. In pro-posito, la UE definisce che lamodalità più consona al raggiun-gimento degli obiettivi di sosteni-bilità è l’adozione di un approc-cio integrato nelle politiche rura-li che deve comprendere in modopoliedrico la diversificazione eco-nomica, la gestione delle risorsenaturali, il potenziamento dellefunzioni ambientali e la promo-zione della cultura, del turismo edelle attività ricreative anche afini economici (RER, PRSR,

2000, p. 47). Il patrimonio dellanostra agricoltura non è solo for-mato da derrate e luoghi di pro-duzione, ma è anche compostoda conoscenze, saperi e profes-sionalità eccezionali, spesso anti-chi, che contengono non solo tra-dizione, cultura, storia, ma ancheeconomia, lavoro: una ricchezzastraordinaria, che tuttavia moltospesso non conosciamo o cono-sciamo solo parzialmente. La ricchezza culinaria si eviden-zia come la somma di diverseforme di cultura che si oggettiviz-zano in produzioni naturali, arric-chite da lavorazioni esperte econsolidate, che testimoniano ipregi del territorio, del clima,delle capacità di lavoro, che por-tano a scoprire il valore igienicodi un’alimentazione sana, capacedi contribuire alla difesa dell’or-ganismo e più efficace, in quan-to preventiva. Infatti i prodottitipici hanno accresciuto il lorovalore sul mercato grazie ad unapolitica di controllo e supportogovernativo e a un trend di con-sumi che ha premiato i prodottibuoni, sani e sicuri. Negli ultimianni, grazie ad un processo diqualificazione del settore agritu-ristico, si è in grado di offrirenella nostra regione una garanziadi genuinità alimentare intercon-nessa in una rete di servizi cul-

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turali e ricreativi. La promozionedel turismo legato agli ambientirurali presenta molti vantaggi dalpunto di vista economico: attiravisitatori anche in aree poco valo-rizzate, amplia la durata dellastagionalità consueta del turismotradizionale, allarga i suoi impat-ti non solo alle aziende turistichepropriamente dette, ma a tutto ilterritorio nel suo complesso, inun’organicità di offerta e svilup-po. Il turismo rurale sta assu-mendo un ruolo sempre più rile-vante nel processo di differenzia-zione delle attività svolte nell’am-bito delle aziende agricole italia-ne, conciliandosi con gli obiettividi tutela ambientale, di valorizza-zione delle produzioni locali e diripristino del territorio architetto-nico delle aree rurali, rispetto allequali, sia i consumatori che lacollettività si mostrano semprepiù sensibili. La concretizzazione

di una perfetta sintesi tra settoreprimario e terziario, di commer-cio e turismo, viene evidenziatadagli eventi sociali e festivi checon sempre maggior successovengono organizzati in Italia. Essi assumono particolare valorenella provincia di Ferrara per losviluppo turistico delle coste chepuò allacciarsi in maniera sem-pre più sistemica con un’agricol-tura d’avanguardia. La ricca orga-nizzazione di sagre e ricorrenze,evidenziata nel calendario (tav.1) mostra lo zelo degli operatoriche tendono ad offrire, a cittadi-ni e turisti insieme, un quadromultivariegato di occasioni diincontro e di valorizzazione delleattività locali.

3 - Prodotti tipici, sagre e festeenogastronomicheLa città di Ferrara e la sua provin-cia offrono moltissimi prodotti

tipici di cui cinque sono già cer-tificati a livello europeo ed altridodici sono in attesa di ricevere ilmedesimo riconoscimento. Tra iprimi piatti da annoverare comespecialità della cucina ferrarese,ricordiamo i cappellacci con lazucca, serviti con ragù di carne ocon burro e salvia, il riso delDelta del Po e gli spaghetti con-diti con le Vongole di Goro, conolio, prezzemolo ed aglio diVoghiera schiacciato. Tra gli insaccati primeggiano lasalama da sugo, dalla forma ton-deggiante e dal caratteristicosapore piccante dato dalle speziee dal vino rosso aggiunto nell’im-pasto durante la preparazione,che viene consumata soprattuttonel periodo invernale su di unletto di purea di patate; la “ziaferrarese” ed il salame ferrarese,che vanno mangiati obbligatoria-mente insieme ad un croccante

S agre ed eventi E nogas tronomici

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* G li as teris chi indicano la concomitanz a di due, tre o quattro eventi

Sagre ed eventi Enogastronomici

Grandi Eventi

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crostino di coppia ferrarese IGP,il pane - di origine antichissima -la cui forma attorcigliata simbo-leggia l’unione perfetta tra uomoe donna. Tra i secondi piattimolto gustosa è l’anguilla delleValli di Comacchio, di cui oggi siè recuperata l’antica tradizionedella marinatura, che consistenel tagliare a pezzi l’anguilla edinfilzarla in lunghi spiedi sospesiad un girarrosto posto davanti adenormi camini nella Sala deiFuochi di Comacchio. Una volta ultimata la cottura, ipezzi di anguilla vengono dispo-sti in barili con una speciale sala-moia, pronti per la distribuzionee si può consumare accompagna-ta dai vini DOC del Bosco Eliceo. Le verdure tipiche del territorioferrarese sono gli asparagi verdidi Mesola e le carote del Deltaferrarese, mentre tra la fruttamaggiormente prodotta e ricono-sciuta a livello europeo, ci sonole pere IGP, le pesche e le netta-rine IGP, il cocomero e il melone. Il dolce delle grandi occasioni,soprattutto nel periodo natalizio,è il Pampapato o Pampepato chesi rifà, nella prima accezione,alla tipica forma a zucchetto delcopricapo degli ecclesiastici;nella seconda, alle spezie di cuiè insaporito, essendo compostoda farina, miele o zucchero, frut-ta candita, scorza d’arancia,mandarini e limoni, mandorle,cannella e chiodi di garofano,cacao e cioccolato dolce in pol-vere, il tutto ricoperto da unostrato di cioccolato fondentefuso. Può essere preparato incasa secondo la tradizione oacquistato in forni e pasticceriespecializzate della provincia. La voglia di stare insieme inmaniera conviviale, mangiandoprodotti genuini e di prima quali-

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La coppia ferrarese, la ciupèta

tà, sta alla base delle numerosesagre e feste che ogni anno ven-gono organizzate sul territorio fer-rarese, soprattutto durante ilperiodo primaverile ed estivo,quando le giornate sono calde ele serate tiepide fanno venirevoglia di uscire di casa e trascor-rere un po’ di tempo con gliamici di sempre o di andare allascoperta di nuovi piatti e nuovisapori entro i confini della pro-vincia. A quasi ogni prodotto tipico ven-gono dedicati uno o più eventi.Per gli amanti dei primi piatti siva dalle sagre del cappellaccio,che si svolgono a Scortichino, aS. Carlo e a Coronella, alla sagradel risotto di Baura e alle giorna-te del riso di Jolanda di Savoia.Viene dato spazio anche ai tortel-lini a Reno Centese e ai tortello-ni e ai primi piatti in generale aBevilacqua.Innumerevoli le sagre dedicateagli insaccati e alla carne, soprat-

tutto alla brace, che si svolgonosu tutto il territorio. Posto d’ono-re spetta alla salamina, a partiredalla “Sagra della Salama daTai” a Guarda Ferrarese, alla“Sagra della Salamina da Sugo alcucchiaio” a Madonna Boschi,dove dal 2005 si può ammirareanche un monumento dedicato atale prodotto, nonché a Buona-compra. Al salame alla braceviene dedicata la sagra di XIIMorelli, località presso Cento e alcotechino quella di Alberone diCento. A Stellata di Bondeno,famosa per la sua RoccaPossente, si festeggia l’anitra,così come a Pilastrello. Gli aman-ti della buona carne di certo nondisdegnano neppure la sagra delcastrato di Renazzo, quella dellaporchetta di Corporeno e quelladel toro allo spiedo di MasiTorello. Protagonisti della sagradi Tresigallo sono “al maial e laciupeta” cioè il maiale e la cop-pia di pane tipica ferrarese, cotta

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direttamente in piazza ed ilsomarino. Sempre il salame,questa volta con l’aglio, vienefesteggiato a Formignana, men-tre a Cento il protagonista dimolti piatti prelibati è il bue.Ponte Rodoni organizza invece lasagra del cinghiale e PoggioRenatico quella della bondiola,insaccato confezionato con lecarni magre del collo, del guan-ciale e della gola del suino.Macinata a grana grossa, la carneviene aromatizzata con aglio,vino rosso, sale, pepe, aromi einsaccata in budello naturale. Eper chi ha voglia di qualcosa diparticolare, a Casumaro ognianno viene organizzata la sagradella lumaca, mentre a Marrara ea Poggio Renatico si servono le“Rane nel Piatto”. Ferrara è una provincia di terra edi acqua: dalla carne al pesce,quindi. La regina dei prodotti delDelta del Po è sicuramente l’an-guilla, a cui Comacchio dedicaogni anno una sagra, mentre lavongola viene festeggiata a Goro.A Torre Fossa ormai da alcunianni si svolge la “Sagra dalGambar con la Sciarpa” e aGorino quella del pesce. Burana,vicino a Bondeno, porta in piazzail pesce di mare e lo storione esia Filo d’Argenta che Ferrara,dedicano una sagra al pesceazzurro.Altrettanto numerose le sagrededicate agli ortaggi: a Mesola lacaratteristica fiera dell’asparagoe a Voghiera, nell’affascinantecornice del castello di Belriguar-do, quella dell’aglio. Berra, a ini-zio maggio, realizza la sagra delbruscandolo, il germoglio del lup-polo dal caratteristico saporeamarognolo che viene raccoltoallo stato selvatico ed è ottimoper frittate, risotti e minestre. ABosco Mesola si tiene invece la

sagra del radicchio di bosco e aOstellato e a Pontelangorinoquella della zucca, mentreCodigoro celebra il pomodororosso in settembre, a fine raccol-to. Svariate anche le sagre deltartufo e dei sapori del sottobo-sco a Sant’Agostino, a Mesola e aBondeno, dove si tiene anche“Panaria, la festa del pane”.Pure alla frutta vengono dedicatidiversi eventi: Tresigallo organiz-za la sagra della macedonia,Lagosanto invece quella dellafragola. La pera, prodotto IGP,viene festeggiata a Renazzo. Filod’Argenta organizza la sagra delcocomero, che si tiene anche aMezzogoro insieme a quella delmelone. A novembre diverse sonole sagre e le feste dedicate allecastagne ed al vin brulé aCopparo, Porotto e a San Martinoche festeggia, in tale occasione,il suo patrono. Anche il vino trova il suo spazionelle rassegne enogastronomichedella provincia, concentrate asettembre, mese della vendem-mia: a San Giuseppe di Comac-chio viene organizzata ogni annola “Sagra della Vendemmia e delVino di Bosco”, mentre adArgenta ad ottobre si tiene la ras-segna “Soprattutto vino”. Buranadedica al nettare di Bacco laMostra “Buono come il vino”. Accanto alle rassegne dedicate aiprodotti tipici ferraresi vi sono,soprattutto in estate, sagre cheattirano molti giovani e non solo,in cui si possono assaporarepizza, pane e pinzin, come nelcaso di Migliaro e Cassana, frit-telle a Renazzo o la tipica piadi-na romagnola a Marrara eCopparo. Anche le feste dellabirra che si tengono a Tresigallo ea Baura attirano molte persone,soprattutto grazie agli ospitimusicali e ai comici di cabaret

che intrattengono ogni sera ilpubblico. Per trascorrere in allegria ilFerragosto – prima di assistereallo spettacolo pirotecnico aPorto Garibaldi – si può parteci-pare alla “Festa dell’Ospitalità”:si cena tutti insieme lungo ilmolo con pesce azzurro, patatinefritte, vino del bosco Eliceo, otti-mo sia con la carne che con ilpesce, e fette di cocomero.Per chi vuole mangiare e vivere inmaniera sana ed equilibrata sonoappuntamenti imperdibili i mer-catini del biologico a Ferrara e alLido degli Estensi e l’iniziativa“Fattorie Aperte” che dal 1999avvicina i cittadini ai sapori ed aisaperi tradizionali dei contadini.I più spiritosi non potranno inve-ce mancare ad una festa tantoimportante quanto quella mon-diale dedicata alla zanzara, croce(e per nulla delizia) delle estatitrascorse al mare e in città, chesi tiene a Berra.

4 - Grandi eventi storici e cultu-raliAccanto alle feste e alle sagreagroalimentari vi sono moltissimealtre iniziative di carattere stori-co, culturale e naturalistico chela città di Ferrara insieme al ter-ritorio provinciale organizza per icittadini e per i turisti. Uno dei periodi di maggior splen-dore per la città di Ferrara è statosenza dubbio quello legato aldominio degli Estensi, la Signoriaestense fece crescere la cittàdotandola addirittura del primopiano regolatore moderno e dis-seminò la provincia di castelli edelizie. Dei fasti di quell’epocaprestigiosa, in cui la città diFerrara era una potenza, soprav-vive oggi la rievocazione storicadel Palio, che nel XIII secolo siteneva il 23 aprile, festa di S.

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Spettacolo pirotecnico durante laNotte Bianca a Ferrara - Foto D.Simeoli e D. Righi

Balloons Festival - Foto D. Simeolie D. Righi

to di maggio, e che riporta damee cavalieri di un tempo nella cat-tedrale romanico-gotica. Oltre aquello di Ferrara vi sono altri paliinella provincia, uno a Cento nelmese di maggio, gli altri aCopparo e ad Argenta in giugno.Altre rievocazioni storiche, che sisvolgono a inizio e fine estate aFerrara e che richiamano moltopubblico, sono la Giostra delBorgo e la Giostra del Monaco,dalla tipica atmosfera medioeva-le con tornei, combattimenti ebancarelle. Si tiene ad Argenta il “TrigalliaCeltic Festival”, la più lunga esuggestiva festa celtica, cadenzabiennale, che si svolge in Italia.Nel Parco della Pieve di SanGiorgio viene allestito un villaggioceltico con mercato artigianale.Durante i nove giorni dell’evento ivisitatori possono assistere a com-battimenti, spettacoli di teatromolto suggestivi al chiaro di luna,concerti e rievocazioni storiche.Da non perdere, al calar del sole,la cerimonia dell’accensione delfuoco da parte del druido e del redel villaggio, che dà il via ai duel-li e alle prove di coraggio. Un evento dal sapore medioevalesi tiene anche a Codigoro, pressol’Abbazia di Pomposa, il “Pom-posia Imperialis Abbatia”, chericorda la storia del monastero,centro nevralgico che nel passato

è stato importante per tutta laprovincia. Infine non va dimenti-cata la rievocazione storica, pres-so il Lido delle Nazioni, dellosbarco di Garibaldi, insieme allamoglie Anita e ai fedeliGaribaldini, accompagnata dacolpi di cannone e spari di fuciledei Bersaglieri del Po di Ferrara. Gli appassionati di auto e soprat-tutto di quei gioielli che sono leauto d’epoca non possono perde-re né la mitica “Mille Miglia”,che ogni anno passa per Ferraraattirando i cittadini lungo le vieprincipali per assistere alla sfila-ta delle meravigliose automobili,né l’escursione che si tiene tra lacittà e le Valli del Delta in autod’epoca, in occasione del“Circuito valli e nebbie” poichésebbene sia risaputo che ilmezzo di trasporto più amato daiferraresi è la bicicletta, questonon preclude la possibilità di pro-vare un grande interesse ancheper le automobili, basti pensareche la prima Bugatti venne finan-ziata dal ferrarese conte Gulinellie collaudata proprio sulle stradedella città estense. Gli amanti dell’arte non possonoperdere gli appuntamenti orga-nizzati presso il Palazzo deiDiamanti, in Corso Ercole Id’Este che per il 2007 ha orga-nizzato due mostre, la prima dal18 febbraio al 20 maggio dedica-

Giorgio, il patrono della città e il15 agosto, in onore della VergineAssunta. Questa antica tradizio-ne è stata riscoperta e, grazie aricerche storiche approfondite, siè riusciti a ricostruire sia l’atmo-sfera che gli abiti e le usanze del-l’epoca. Il Palio ha il suo culmineogni anno nelle gare che si svol-gono l’ultima domenica di mag-gio nella circolare Piazza Ariosteae che sono precedute dalla sfila-ta delle quattro contrade e deiquattro rioni partecipanti, dalCastello Estense fino alla piazzadove i figuranti, in costumi rina-scimentali, ed il vasto pubblicoaccorso per l’occasione, possonofare il tifo per i propri beniamini.Le gare che si susseguono sonoquella dei putti e delle putte, unacorsa lungo l’anello della piazzache impegna ragazzi e ragazze.Seguono poi la spassosissimacorsa dei somari, guidati dapazienti e ironici fantini e quelladei cavalli, la più ambita poichéchi la vince si aggiudica il tradi-zionale panno di stoffa, il Palioappunto. Durante tutto l’annosono molti gli eventi correlati alPalio, a partire dall’Omaggio alDuca, durante il quale ogni con-trada presenta al Duca Borsod’Este ed alla Corte Estense i pro-pri valorosi campioni, offrendodoni e mostrando la loro abilità indanze e combattimenti. Oltre allegare dell’ultima domenica dimaggio, vi sono altre sfide che sitengono nella cornice dell’affa-scinante Piazza del Municipio,da non molto ristrutturata, qualiquelle degli sbandieratori, la cuifama è nota a livello mondiale,accompagnati dai musici, contamburi e chiarine. Molto sugge-stiva è senza dubbio la benedi-zione dei palii e dei ceri, cheavviene in Duomo, il primo saba-

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ta al “Simbolismo. Da Moreau aGauguin a Klimt”, mentre laseconda, dal 23 settembre al 6gennaio 2008, è dedicata allacittà al tempo degli Estensi“Cosmè Tura e Francesco delCossa – L’arte a Ferrara nell’etàdi Borso d’Este”. Senza dimenti-care che lo State HermitageMuseum di San Pietroburgo hadeciso di aprire la sezioneErmitage Italia proprio a Ferrara.Per gli appassionati di turismoogni anno in Piazza Trento eTrieste, nel cuore di Ferrara, sitiene una rassegna “Arts andEvents - Borsa del Turismo delle100 Città d’arte d’Italia” - dovesi può trovare moltissimo mate-riale informativo e turistico sullepiù belle località del nostroPaese. Per chi ha il ritmo nelsangue la città di Ferrara organiz-za, l’ultima settimana di agosto,l’evento che richiama artisti eturisti da ogni parte del mondo: il“Ferrara Buskers Festival”,durante il quale molti artisti distrada – musicisti, cantanti, sal-timbanchi, ballerini, mimi edindovini – invitati dall’Ammini-strazione Comunale per l’occa-sione, riempiono le vie della cittàtutti i pomeriggi e tutte le sere,incantando e coinvolgendo glispettatori. Il divertimento continua, soprat-tutto per i giovani, presso il“Buskers Garden”, nel sottomu-ra, dove si balla e si ascoltamusica tutti insieme.Moltissime le occasioni di diver-timento all’aria aperta offerte dalterritorio: innanzi tutto ilCarnevale di Cento, riconosciutoa livello europeo ed internaziona-le “gemellato” con il Carnevaledi Rio de Janeiro. Durante ogniedizione sfilano carri colorati egioiosi alti fino a 20 metri.

Parecchi eventi, sebbene alleprime edizioni, sono entratiimmediatamente nel cuore deiferraresi e vengono vissuti congrande entusiasmo sia dai giova-ni che dagli adulti. Molti di que-sti si svolgono nell’ampio ParcoUrbano G. Bassani, appena fuorile mura, a partire dal periodo pri-maverile. In aprile viene organiz-zato il “Festival internazionaledegli Aquiloni” che vanta parte-cipanti da tutto il mondo e per-mette al cielo sopra la città diriempirsi di favolosi aquiloni, daipiù semplici, quasi artigianali, aquelli acrobatici e fluorescenti,per la gioia dei numerosi bambi-ni che accorrono alla manifesta-zione con i genitori. Semprepresso il Parco Urbano di Ferrarasi tiene l’evento clou della “NotteBianca”, che quest’anno si èsvolta il 30 giugno e che offrealla cittadinanza l’affascinantespettacolo di fuochi d’artificio atempo di musica. Durante questa

notte molti negozi sono aperti e iconcerti e gli eventi culturali sisusseguono fino a tardi lungotutte le vie della città. A fine set-tembre il parco accoglie maesto-se e coloratissime mongolfiere inoccasione del “Ferrara BalloonsFestival”, che offre la possibilitàal pubblico di provare l’ebbrezzadi salire su di una vera mongol-fiera e innalzarsi dolcemente perammirare il parco e parte dellacittà dall’alto. Sul Delta, oltre alla “NotteBianca sul Po” tra Goro, Mesolae Ro, si festeggia anche la “NotteRosa”, a Comacchio e lungo lafascia costiera dei sette Lidi, ini-ziativa che vede coinvolta unaparte importante del litoraleAdriatico, dai Lidi di Venezia allaRomagna. Durante la seratamolti stabilimenti balneari tengo-no aperto fino a tardi, vengonoorganizzati concerti e feste sullaspiaggia, nonché uno spettacolopirotecnico di fuochi d’artificio

Foto A. Guzzon

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rosa. Grande successo riscuoteormai da anni la sfilata “Amore eModa”, organizzata nella locationsuggestiva dei Trepponti diComacchio, con la partecipazio-ne degli stilisti più famosi. Gliamanti della natura trovano aFerrara e soprattutto nel Deltadel Po uno spazio adatto alle loroesigenze, grazie alle moltissimeescursioni, in sella a una biciclet-ta, il mezzo di trasporto preferitodai ferraresi doc! Gli itinerari per-corribili sono svariati, a secondadelle preferenze dei turisti: si puòvisitare la città, le delizie estensisparse sul territorio o ammirare lanatura e gli animali delle Valliaprile si tiene “l’International PoDelta Birdwatching Fair” perammirare le numerose specieche popolano il territorio umidodelle valli. Non vanno dimentica-te neppure le tradizioni più anti-che legate al fiume Po, soprattut-to per i contadini e i pescatoriche vivono a stretto contatto conesso, per cui assume un’impor-tanza storica e culturale la “Balain Po, Sposalizio del fiume” chesi tiene ogni anno a Goro, ladomenica dell’Ascensione, 40giorni dopo la Pasqua. Durantequesta celebrazione il parrocobenedice, come un tempo, ilgrande fiume per proteggere ilpaese dalle possibili inondazionie quando le imbarcazioni giungo-no al centro del Po il sacerdotegetta in acqua quattro mazzi dispighe, in direzione dei quattropunti cardinali, nonché una palladi cera, ad indicare il rispetto chegli abitanti del paese hanno neiconfronti del corso d’acqua (1).Durante l’inverno, le manifesta-zioni, soprattutto all’aperto, sifanno più rare, ma le poche orga-

nizzate hanno un fascino ed unaattrattiva particolari. A fine otto-bre, ad esempio, Comacchio sitrasforma e, a suon di zucche efantasmi, festeggia Halloweenlungo i suoi suggestivi canali,mentre durante il periodo natali-zio, oltre alle esposizioni di pre-sepi su tutto il territorio provin-ciale, sono da sottolineare il pre-sepe sull’acqua realizzato, laVigilia di Natale, sia Ferrara chea Comacchio, e la fiaccolata diNatale in acqua, il giorno diSanto Stefano, a Porto Garibaldi.Per salutare il nuovo anno inmaniera adeguata, già da diversotempo viene organizzato, nelcuore di Ferrara, un grandiosospettacolo pirotecnico che cul-mina con una sorta di incendiodel Castello: una cascata di fuo-chi d’artificio ricopre l’interastruttura dell’antica fortezzaestense suscitando intense emo-zioni negli spettatori.

5 - Itinerari turisticiLa vera essenza di Ferrara sipuò cogliere solamente perden-

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(1) Fonte: sito del Comune di Goro

Percorso ciclopedonale sulle Muradi Ferrara - Foto D. Simeoli e D.Righi

dosi tra le viuzze del centro sto-rico durante le calde e assolategiornate di primavera e d’estate,quando il cuore batte al ritmocadenzato della pedalata e losguardo si perde tra i monu-menti medievali e rinascimenta-li e le vetrine degli elegantinegozi. La città, addormentatanella pianura, si lascia pigra-mente scoprire dai turisti piùcuriosi che tengono in unamano la macchina fotografica enell’altra il vademecum “10 iti-nerari in bicicletta in provinciadi Ferrara”, reperibile presso gliUffici di informazioni turistiche,

Foto F. Sandri

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sorta di piccolo castello inminiatura, così come il Castellodi Mesola, a ridosso dell’arginedestro del Po di Goro, che oraospita il Centro di EducazioneAmbientale. La Delizia diFossadalbero invece, un temporiserva ducale di caccia deisignori della città, è stata oggiriconvertita in un prestigiosoCountry club, mentre la Deliziadi Benvignante, nei pressi diArgenta, colpisce per lasua sobria e raffinataeleganza; vi è infine la Deliziadella Diamantina, vicino aVigarano Mainarda, sulla stradaper Bondeno, sorta trametà Quattrocento e inizioCinquecento.Il paesaggio ferrarese, per lasua particolare simbiosi traterra e acqua, offre ai visitatoripercorsi naturalistici incredibilinelle zone del Parco del Deltadel Po e attorno alle lagunedelle Valli di Comacchio. Sono una trentina le oasi sparsesul territorio della provincia chepermettono la salvaguardia e latutela di piante e animali autoc-toni, di zone umide e di dunefossili. Tra le aree verdi più importantiè da ricordare il Bosco dellaMesola e per gli appassionati di

bird-watching vi sono moltissi-me postazioni lungo il corso delGrande Fiume che permettonodi osservare le numerosissimespecie di uccelli nel loroambiente naturale, vivendo astretto contatto con i pescatori egli abitanti del luogo.L’amore che i Ferraresi nutrononei confronti della bicicletta ètale che molti sono gli itineraridi due o più giorni che portanodal centro della città estense almare, seguendo l’argine del Po.Il percorso cicloturistico più fre-quentato è sicuramente la“Destra Po” che, con i suoi 125km, parte da Bondeno ed arrivasino a Gorino ed è inserito nelpercorso Paneuropeo “TheMediterranean Route”. Altri dueitinerari ciclistici proposti da“10 itinerari in bicicletta in pro-vincia di Ferrara” portano allascoperta dei territori bonificatida Copparo a Portomaggiore edel paesaggio rurale sotto l’argi-ne del Po da Copparo a RoFerrarese. Vi è inoltre la possibi-lità di combinare l’utilizzo dellabicicletta a quello della moto-nave, dando vita a piacevoligiornate in cui si vive appieno ilfiume, potendo osservare pae-saggi dalla sorprendente bellez-za, gustando un buon piatto dipesce freschissimo preparatodai pescatori della zona.A Ferrara la bicicletta è il mezzoadatto anche per i buongustaiche vogliono scoprire i saporidella terra, grazie al percorsoenogastronomico “Strada deiVini e dei Sapori” che offre trediversi itinerari che hanno perprotagonisti i prodotti tradizio-nali del territorio e includonogolose soste presso aziendeagricole e vinicole, agriturismi,strutture ricettive, aziende enegozi di prodotti tipici e, natu-

che offre gli spunti migliori perassaporare appieno il territorio.Tra i percorsi artistico-culturalisuggeriti vi sono il classico girosulle Mura della città, cheabbracciano e proteggono laFerrara antica dall’attacco delnemico più grande, il tempoche passa, e l’itinerario che dalcapoluogo conduce a Cento,centro storico al confine traFerrara, Modena e Bologna,nonché patria del Guercino,maestro della pittura italianadel XVII secolo. Oltre al Castelloestense, centro del potere poli-tico tra Trecento e Cinquecento,sorgono sul territorio provincialele magnifiche Delizie che valgo-no la pena di essere scoperteuna ad una: piccoli castelli eville di campagna, realizzate pervolontà degli Este ed utilizzatequali luoghi di riposo e di festeper sé e per gli ospiti, soprattut-to nel periodo estivo. Sono intutto sei e possono dar vita adun interessante percorso chetocca tutti i confini della provin-cia, alla scoperta delle traccelasciate dalla famiglia estense.Quella del Belriguardo, neipressi di Voghiera, è definita laVersailles del Ferrarese; moltobella è anche la Delizia delVerginese; a Gambulaga, una

La Sacca di Gorino con le reti dei pescatori - Foto D. Simeoli e D. Righi

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ralmente, ottimi ristoranti tipicidella cucina ferrarese. La “Viadel Grande Fiume” attraversa leterre strappate al Po e permettedi assaporare l’anatra, la zuccae la salama da taglio. La “Viadelle Corti Estensi” inveceripercorre la storia dell’anticacasata attraverso le dimoresparse sul territorio e, allo stes-so tempo, degustando riso,aglio, tartufo e salama da sugo.La “Via del Delta” infine prendein considerazione la zona vicinoal mare, dove pesci, mitili efrutti di mare la fanno da padro-ni insieme ai vini del BoscoEliceo e all’anguilla. Oltre aitanti itinerari in bicicletta vi èanche la possibilità di riposare etrascorrere in completo relaxqualche giorno ai Lidi diComacchio, dal più settentrio-nale, quello di Volano fino aquello più meridionale, il Lidodi Spina, di origine greco-etru-sca. I Lidi offrono spiagge moltoampie e ben attrezzate, corsi diwindsurf, canoa e vela e serateall’insegna del divertimento neilocali di Viale Carducci al Lidodegli Estensi, in quelli del Lidodi Spina e delle Nazioni, cheospita anche le bellissime“Thermae Oasis”, dotate di una

e c o n o m i a

Le “eccellenze” ferraresi

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moderna spa e dell’innovativopercorso dei Giardini delBenessere.

6 - ConclusioniDopo un passaggio influenzatoda un’infatuazione esotica odell’elaborato industriale che laglobalizzazione aveva diffusosulle nostre mense, si è ritorna-ti a scoprire i giacimenti enoga-stronomici delle nostre terre,che assommano in sé i valoridella tradizione conservata, del-l’artigianato sapiente, di tecni-che antichissime ed eccelse, disapori e profumi di terre feraci.Si tratta quindi di porre in attouna riscoperta delle origini, dellanostra storia, della nostra terra,dei suoi uomini e dei suoi prodot-ti. La celebrazione del nostropatrimonio avviene attraversoescursioni, feste, sagre, cerimo-nie, esaltazioni di questo o quelprodotto, nelle forme derivatedirettamente dalla natura e sottola veste delle più rinomate elabo-razioni.

BIBLIOGRAFIA:

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Foto L. Biagini