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Il Sole 24 Ore Domenica 26 Agosto 2018 17 Terza pagina Capri/ 1. Nell'isola azzurra sulle tracce del barone baltico Jakob von Uexküll, padre degli studi sul comportamento animale, sepolto nel cimitero acattolico caprese con la moglie Gudrun von Schwerin Qui riposa l’etologo che parlò alle zecche P roseguendo dalla Piaz- zetta lungo via Roma, te- nendo poi la destra alla rotonda, verso la strada provinciale che conduce a Marina Grande, in dieci minuti scarsi si arriva ai due cimiteri, contigui ma distinti, Cattolico e Acat- tolico. Il secondo sta più in basso, l’ingresso è segnato da un bell’arco, tutto è quieto e ombreggiato. Le due tombe sono vicine, ma la lapide di Jakob è in frantumi; sono in corso la- vori di restauro. La lapide di Gudrun, invece, è integra, con i versi da L’espe- rienza della morte di Rilke, che nel pe- riodo trascorso dal poeta a Capri era stato ospite di Alice Faendrich, la zia di Gudrun, a Villa Discopoli: «Nulla sappiamo di questo svanire che non accade a noi...». Per gli etologi, ma anche per i let- tori curiosi di belle storie di scienza, Jakob von Uexküll è lo studioso che ha descritto il comportamento della zecca e il suo Umwelt, il mondo per- cettivo nel quale l’organismo agisce e opera come un soggetto. L’aracni- de, racconta von Uexküll, può restare in attesa sopra un arbusto per tempi anche lunghissimi, ignaro del pas- saggio del tempo e di tutto quello che gli sta attorno, solo una singola e spe- cialissima fonte di stimolazione lo può scuotere, l’odore di acido butirri- co emesso dalla pelle di un mammi- fero. Quando lo percepisce, la zecca si lascia cadere sul potenziale ospite, il cui calore la induce poi ad infiggervi il suo rostro per suggerne il sangue, fino a quando, satolla, si lascerà ca- dere sul terreno per deporre le uova (nel caso improbabile che vi fosse ca- ro il benessere delle zecche, conside- rate con attenzione la pratica di rac- cogliere sassi nel bosco, per poi farli cadere a terra odorosi del vostro aci- do butirrico e un po’ tepidi del vostro calore). L’Umwelt secondo von Uexküll è costituito da stimoli significativi per la sopravvivenza, marche percettive che sono le sole cose d’interesse per l’organismo (cfr. J. von Uexküll, Am- bienti animali e ambienti umani, Quo- dlibet, Macerata, 2013). Rifletto sul- l’Umwelt della zecca mentre osservo la mia compagna scuotere i suoi ca- pelli, seguo il movimento della mano che toglie un po’ di terriccio dalla la- pide per poterne leggerne l’iscrizio- ne, e il suono della voce che m’inter- roga, in tonalità si-bemolle. Quanta ricchezza, nel mio Umwelt, e cosa ti perdi povero animaletto, confinato alla sola esperienza del sentore di aci- do butirrico! Il barone estone Jakob von Uexküll (1864-1944) era un uomo abbiente, così da poter condurre fino ai cin- quant’anni una vita da studioso sen- za doversi preoccupare di ottenere una cattedra universitaria. Quando, poi, con la Rivoluzione d’Ottobre si trova a perdere l’intera sua sostanza, il destino gli ha già fatto incontrare a Napoli, durante un soggiorno alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, una giovane aristocratica tedesca, Gudrun von Schwerin, che diventerà sua moglie e la sua compagna di vita intellettuale. Gudrun continuerà a ri- siedere a Villa Discopoli a Capri per molti anni dopo la scomparsa di Jakob, e sarà un personaggio di riferi- mento per la ricca comunità di viag- giatori dello spirito - poeti, artisti, scrittori e studiosi - che hanno scelto l’isola azzurra come patria elettiva. È su insistenza del medico di fami- glia che i due hanno lasciato la gelida Amburgo, dove von Uexküll aveva al- la fine trovato una cattedra, e gli al- larmi notturni che, racconta Gudrun, non giovavano alla salute del marito cardiopatico, per trasferirsi a Capri, nel 1940. In realtà c’è probabilmente più di questo. La ragione del cambia- mento di residenza è anche connessa ai motivi per cui il teorico dell’Umwelt ancora oggi non è riconosciuto dai più come il vero padre fondatore del- l’etologia, e probabilmente va ascritta all’atteggiamento di Konrad Lorenz, che dopo un periodo in cui elogiò as- sai il lavoro di von Uexküll, accredi- tandolo come fondativo delle sue stesse ricerche, assieme a quello di scienziati come lo zoologo Oskar Heinroth e lo studioso del comporta- mento Douglas Spalding, iniziò ad attaccarlo in maniera feroce, accu- sandolo di vitalismo (l’idea che gli or- ganismi siano irriducibili ai compo- nenti elementari che obbediscono al- le leggi fisiche e chimiche, e che serva un principio teleologico per spiegar- ne le proprietà). Von Uexküll ne fu molto amareggiato, anche perché un atteggiamento di sottovalutazione delle sue ricerche fu assunto da altri studiosi dell’epoca legati a Lorenz, come il fisiologo Erich von Holst, probabilmente preoccupati di essere tacciati dello stesso peccato. La poli- tica, forse, ebbe anch’essa un ruolo, considerate le simpatie di Lorenz per il nazismo. Von Uexküll, invece, non aveva fatto mistero della sua repul- sione per il regime hitleriano, spe- cialmente dopo l’invasione della Po- lonia. Lorenz aveva ragione però a sup- porre che von Uexküll fosse convinto dell’esistenza di un’armonia presta- bilita tra gli animali e i loro ambienti. L’iscrizione sulla sua lapide è di in- certa origine, a quanto mi dice Carlo Brentari, tra i maggiori esperti del pensiero di von Uexküll: «Potrebbe essere di Uexküll per via di quell’ac- cenno alla natura che segue il suo piano; ma potrebbe essere stato an- che uno dei figli a scriverla, [visto] che conoscevano bene la sua visione della natura». Carlo l’ha gentilmente tradotta per me dalla fotografia che ne abbiamo fatto: Beato colui che ha visto maturare il frutto della vita; egli cammina in pace, in quella sera che un benevolo destino gli ha concesso. Sotto il quieto intrico dei rami, nello scambio di voci tra gli uccelli, egli ha trovato l'unità di quel divario, di quel continuo dare e prendere che la natura, seguendo un suo piano, aveva seminato nella sua esistenza con mano decisa. La zecca di von Uexküll e l’idea del piano della natura conducono a due tematiche che sono al cuore della scienza moderna. La prima, ovvia- mente, è che non ha alcun senso con- siderare con condiscendenza, come ho fatto io nelle righe sopra, l’appa- rente pochezza del mondo esperien- ziale della zecca (riecheggiando l’idea di Heidegger che l’animale sa- rebbe «povero di mondo»): il nostro mondo fenomenico è parimenti cir- coscritto, in modi che non ci è dato di conoscere direttamente, ma che cer- to sono palesi ad altre creature (cosa potrebbe pensare un’ape della nostra penosa impossibilità di accedere al- l’abbagliante fulgore dei colori ultra- violetti dei petali dei fiori?). La se- conda, più interessante, ha a che fare per l’appunto con l’armonia tra orga- nismi ed ambienti. Oggi, con Darwin, noi non crediamo che di armonia prestabilita si tratti, bensì del risulta- to dei processi dell’adattamento bio- logico. Di qui, però, il passo è breve a ritenere che i nostri sistemi percetti- vi ci dicano in modo veritiero, seppu- re non in forma completa, come il mondo sia. A voler essere darwiniani fino in fondo, però, non c’è ragione per crederlo. Per sopravvivere e ri- prodursi non c’è bisogno di sapere come il mondo sia davvero, basta che le regole che guidano i comporta- menti funzionino bene. La vasta raccolta di stimoli scate- nanti e superstimoli accumulata ne- gli anni dagli etologi costituisce la prova incontrovertibile che gli ani- mali non percepiscono le cose quali esse sono. Le mamme dei piccoli gab- biani non sono matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse, tutta- via, come ha mostrato l’etologo Niko Tinbergen, sono le matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse che sca- tenano al meglio la beccata dei piccoli di gabbiano. C’è chi ha condotto l’in- terpretazione di queste osservazioni alle sue estreme conseguenze. Lo scienziato cognitivo Donald Hoffman, ad esempio, sostiene che le nostre percezioni sono come inter- facce specie-specifiche a uso del- l’utente, che dirigono il comporta- mento per la sopravvivenza e la ri- produzione, non per la ricerca della verità (www.quantamagazine.org/th e-evolutionary-argument-against-re- ality-20160421/). Impiegando algo- ritmi genetici, Hoffman ha mostrato che creature dedite alla ricerca della mera fitness biologica se la cavano molto meglio di quelle impegnate nella ricerca della verità. Certo, pare improbabile che rap- presentazioni più accurate della real- tà non debbano essere adattative. L’analogia di Hoffman coglie però nel segno se si pensa a quello che un’in- terfaccia nasconde all’utente: non abbiamo bisogno di sapere come i nostri neuroni riconoscano un ser- pente per reagire velocemente alla vi- sta del serpente. Come quando ope- riamo sul desktop del nostro compu- ter, ci basta dirigere il mouse sull’ico- na, i cui segni distintivi, il colore o la forma, gli equivalenti delle marche percettive di von Uexküll, non sono le proprietà del file. Il nostro Umwelt, insomma, sarebbe come l'interfaccia grafica dell'utente dei computer. Mentre stiamo passeggiando nel giardino di Villa San Michele, ad Ana- capri, dove, racconta Gudrun, Axel Munthel invitò Jakob a risiedere nella foresteria durante i mesi estivi per fuggire alla calca dei turisti, ci sor- prende il pensiero che le fragranze che odoriamo, forse memorie alche- miche di Garofilum silvestre caprese, o il blu acceso del dorso della lucerto- la azzurra, Podarcis sicula coerulea (E. Cerio, La lucertola blu, Capri, Edizioni La Conchiglia, 2009), che abita il fara- glione di Fuori, lo Scopolo, potrebbe- ro essere una sola trionfante, ma non vana, allucinazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA Coniugi Qui sopra l’etologo Jakob von Uexküll (1864-1944) e, in alto, il ritratto della moglie Gudrun von Schwerin. I due si conobbero a Napoli e vissero a Villa Discopoli di Capri. Riposano nel Cimitero Acattolico dell’isola LE MEMORIE DI ANNE-MARIE- LOUISE DE MONTPENSIER Grande Mademoiselle Era «Monsieur» per antonomasia, alla corte di Luigi XIII di Francia, l’unico fratello del re; invece con «Grande Mademoiselle» s’indicava la nipote, Anne- Marie-Louise de Montpensier (1627-1693). Di questa donna, divenuta a dieci anni cugina del neonato delfino, il futuro Luigi XIV, Luni Editrice pubblica le «Memorie» (pagg. 272, € 24). In esse, oltre i suoi progetti d’arme e di comando sui troni d’Europa, si scopre come riuscì a rimanere zitella e a trovare l’unico amore alle soglie della menopausa Romaine Brooks. Il culto della bellez- za di un dandy come Jacques d’Adel- sward-Fersen, schiavo dell’oppio, co- me il “collega” Vannicola lo era del- l’assenzio, i tedeschi, gli industriali, i ricchi scappati di casa e le famiglie lo- cali, con Edwin Cerio, re occulto del- l’isola, che ne coglie essenza e maledi- zione e, tra l’altro, organizza quel con- gresso per la tutela del paesaggio (1922!) che è già opera d’avanguardia. E lo fa alla presenza di un tromboneg- giante Marinetti, mai appassionato da tali questioni. I futuristi, sull’isola, erano di casa. Oltre Depero (che dello stesso Clavel organizzerà un libro “premonitore” come Un istituto per suicidi), ecco Prampolini, e Cangiullo, e le mostre, e le solite chiassate, e le serate danzanti, fino al romanzo di Marinetti, con Bruno Corra: L’isola dei baci (1918), o all’«Eros» rivisto e rivista rivelata da Italo Tavolato. E poi Benja- min che corteggia Asja Lacis, e la colo- nia dei russi, un pezzo non indifferen- te della rivoluzione sovietica. Nell’iso- la ferve una “scuola di partito” ai limiti dell’ortodossia, e qui toccherà allo stesso Lenin calare per tenere d’oc- chio i rivali; le sfide a scacchi, di cui resta qualche foto, con Bogdanov e al- tri, sono metafora di ben altre lotte. Capri, del resto, era la base di una star come Maksim Gorkij. Dei due resta un memorabile scambio, la dura repri- menda che Lenin un giorno fa a Gorkij e che quest’ultimo riferisce a Giuseppe Sprovieri. «Capri fa dimenticare tut- to» gli rimprovera il padre della rivo- luzione: ed è pura verità e sottile pre- veggenza, che Lea Vergine, in un en- nesimo passaggio caprese del 2006, in chiusura di libro, fa inevitabilmente suo. Sì, Capri fa dimenticare tutto, compresa la sua stessa grandezza. I cinque big della letteratura americana ospiti delle «Conversazioni» (tra i quali Franzen e Foster Wallace, idoli dei “tifosi” di letteratura di oggi), ven- gono liquidati, sublime snob, in poche righe: inconsapevoli e immemori co- me sono di ciò che si ritrovano davan- ti: un infinito geografico così nitido, e una Storia, che non passa, più grandi di loro. Un sogno d’isola, che non sa più d’esserlo. Perché, alla fine, la verità di questo libro è questa: i luoghi esi- stono solo se qualcuno li sa e può rac- contare, se ci sono storie e uomini e donne come questi. Altrimenti, certo, un’isola è un’isola è un’isola; ma a non dirla, a non mitizzarla, è tutto nuvole e sciabordìo d’onde, albe e rugiade, tramonti e notti di stelle troppo lonta- ne; vento che passa, e se ne infischia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Capri/ 2. L’irripetibile stagione di anarchia, genio, stravaganza (1905-40) Tutti gli eccentrici dell’«Isola dei baci» G ilbert Clavel, egittologo, scrittore e milionario erede svizzero, abito a tre pezzi, sigaretta in una mano e anello nobiliare nell’altra, porta la ma- no alla fronte, a lambire il curioso co- pricapo che indossa: un imbuto di me- tallo. Accanto a lui, papillon, viso da guascone e piedi convergenti in posa innaturale, il suo protetto, Fortunato Depero, che “indossa” niente meno che un cavalletto di legno. Il sole pic- chia, la polvere imbianca le scarpe, la strada dirupata confonde nel bianco accecante la buffa posa dei due com- plici, il lungo e il gobbo, «o ’scartelluz- zo», come i villani chiamano il ricco Clavel. Stanno provando dei «Balli plastici» («Mimica!» recita la dida au- tografa), è il 1917, e sono gli ennesimi esponenti di un irripetibile momento che vive e si vive nell’isola di Capri. In tutto il primo Novecento qui l’avan- guardia è di casa, il nomadismo intel- lettuale una realtà, l’apertura e la tolle- ranza verso l’omosessualità e l’eccen- tricità un fatto normale, un favore alla storia. Capri ammalia, e attira: è il luo- go dove si coltiva l’impossibile, le idee circolano e a nessuno importa se non sono ortodosse, anzi meglio: all’az- zurro del cielo e del mare corrisponde una celestialità di progetti; la bellezza ineffabile dell’isola e la seclusione che con sé porta l’idea stessa di essere lon- tani da tutto, ma non troppo, sono un cocktail inebriante per anime sensibili e intelligenze acuminate. Capri è un crogiuolo di alternative, isola che cu- stodisce il gusto dell’inusitato. Un li- bro come Capri. Frammenti postumi 1905-1940 di Lea Vergine (con la pre- ziosa collaborazione di Elisabetta Fer- mani e Sergio Lambiase), che ora rive- de la luce meritoriamente per Il Sag- giatore (peccato solo che non ci siano tutte le illustrazioni di precedenti edi- zioni), non è solo il regesto precisissi- mo e trasognato di quelle vicende pur- troppo ormai lontante: è, insieme, una necessaria, amara, constatazione di come le cose siano cambiate e Capri (e non solo) sia appunto “postuma” di sé stessa e di quei personaggi. Eccoli al- lora nella strepitosa sequenza di Lea Vergine: «dissidenti vittoriani, esteti dannunziani, facoltosi disoccupati, dilettanti supremi», e, ancora, «anar- chici, socialisti, futuristi, poeti e profe- ti russi e mitteleuropei, in malattia e stravaganza, nella teorizzazione poli- tica di respiro internazionale come nella ricerca di nuove forme di lin- guaggio», che sulla piazzetta, al caffè, o in clausura, lavorarono, amoreggia- rono, si incontrarono e dissero addio nell’isola della Grotta azzurra, da cui tutto ebbe inizio. Un destino, più che un luogo, il cui magmatico vissuto percola nelle esi- stenze febbrili di donne e uomini uni- ci, come la marchesa Casati Stampa che, ovviamente, non può mancare e scende ad “occupare” la Villa san Mi- chele di Axel Munthe, lei e i suoi levrie- ri, le sue messe nere e la sua magnifica figura, capelli di fuoco e occhi di brace, che stregherà anche l’inquieta pittrice Balli plastici Fortunato Depero (a sx) e il poeta svizzero Gilbert Clavel, suo protettore negli anni capresi, si esibiscono in passi dei «balli plastici», il progetto che li tenne occupati sull’isola I futuristi, Edwin Cerio, i dandy e la colonia russa nei frammenti postumi di Lea Vergine Giorgio Vallortigara Stefano Salis

Stefano Salis che parlò alle zecche G - r.unitn.it · Di qui, però, il passo è breve a ritenere che i nostri sistemi percetti-vi ci dicano in modo veritiero, seppu- ... LE MEMORIE

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Il Sole 24 Ore Domenica 26 Agosto 2018 17

Terza pagina

Capri/ 1. Nell'isola azzurra sulle tracce del barone baltico Jakob von Uexküll, padre degli studi sul comportamento animale, sepolto nel cimitero acattolico caprese con la moglie Gudrun von Schwerin

Qui riposa l’etologoche parlò alle zecche

Proseguendo dalla Piaz-zetta lungo via Roma, te-nendo poi la destra allarotonda, verso la stradaprovinciale che conduce aMarina Grande, in dieci

minuti scarsi si arriva ai due cimiteri,contigui ma distinti, Cattolico e Acat-tolico. Il secondo sta più in basso,l’ingresso è segnato da un bell’arco,tutto è quieto e ombreggiato. Le duetombe sono vicine, ma la lapide di Jakob è in frantumi; sono in corso la-vori di restauro. La lapide di Gudrun,invece, è integra, con i versi da L’espe-rienza della morte di Rilke, che nel pe-riodo trascorso dal poeta a Capri erastato ospite di Alice Faendrich, la ziadi Gudrun, a Villa Discopoli: «Nullasappiamo di questo svanire che nonaccade a noi...».

Per gli etologi, ma anche per i let-tori curiosi di belle storie di scienza,Jakob von Uexküll è lo studioso cheha descritto il comportamento dellazecca e il suo Umwelt, il mondo per-cettivo nel quale l’organismo agiscee opera come un soggetto. L’aracni-de, racconta von Uexküll, può restarein attesa sopra un arbusto per tempianche lunghissimi, ignaro del pas-saggio del tempo e di tutto quello chegli sta attorno, solo una singola e spe-cialissima fonte di stimolazione lo può scuotere, l’odore di acido butirri-co emesso dalla pelle di un mammi-fero. Quando lo percepisce, la zecca silascia cadere sul potenziale ospite, ilcui calore la induce poi ad infiggerviil suo rostro per suggerne il sangue,fino a quando, satolla, si lascerà ca-dere sul terreno per deporre le uova(nel caso improbabile che vi fosse ca-ro il benessere delle zecche, conside-rate con attenzione la pratica di rac-cogliere sassi nel bosco, per poi farlicadere a terra odorosi del vostro aci-do butirrico e un po’ tepidi del vostrocalore).

L’Umwelt secondo von Uexküll ècostituito da stimoli significativi perla sopravvivenza, marche percettiveche sono le sole cose d’interesse perl’organismo (cfr. J. von Uexküll, Am-bienti animali e ambienti umani, Quo-dlibet, Macerata, 2013). Rifletto sul-l’Umwelt della zecca mentre osservola mia compagna scuotere i suoi ca-pelli, seguo il movimento della manoche toglie un po’ di terriccio dalla la-pide per poterne leggerne l’iscrizio-ne, e il suono della voce che m’inter-roga, in tonalità si-bemolle. Quantaricchezza, nel mio Umwelt, e cosa tiperdi povero animaletto, confinatoalla sola esperienza del sentore di aci-do butirrico!

Il barone estone Jakob von Uexküll(1864-1944) era un uomo abbiente,così da poter condurre fino ai cin-quant’anni una vita da studioso sen-za doversi preoccupare di ottenereuna cattedra universitaria. Quando,poi, con la Rivoluzione d’Ottobre sitrova a perdere l’intera sua sostanza,il destino gli ha già fatto incontrare aNapoli, durante un soggiorno allaStazione Zoologica Anton Dohrn,una giovane aristocratica tedesca,Gudrun von Schwerin, che diventeràsua moglie e la sua compagna di vitaintellettuale. Gudrun continuerà a ri-siedere a Villa Discopoli a Capri permolti anni dopo la scomparsa diJakob, e sarà un personaggio di riferi-mento per la ricca comunità di viag-giatori dello spirito - poeti, artisti,scrittori e studiosi - che hanno sceltol’isola azzurra come patria elettiva.

È su insistenza del medico di fami-glia che i due hanno lasciato la gelidaAmburgo, dove von Uexküll aveva al-la fine trovato una cattedra, e gli al-larmi notturni che, racconta Gudrun,non giovavano alla salute del maritocardiopatico, per trasferirsi a Capri,nel 1940. In realtà c’è probabilmente

più di questo. La ragione del cambia-mento di residenza è anche connessaai motivi per cui il teorico dell’Umweltancora oggi non è riconosciuto daipiù come il vero padre fondatore del-l’etologia, e probabilmente va ascrittaall’atteggiamento di Konrad Lorenz,che dopo un periodo in cui elogiò as-sai il lavoro di von Uexküll, accredi-tandolo come fondativo delle suestesse ricerche, assieme a quello discienziati come lo zoologo OskarHeinroth e lo studioso del comporta-mento Douglas Spalding, iniziò adattaccarlo in maniera feroce, accu-sandolo di vitalismo (l’idea che gli or-ganismi siano irriducibili ai compo-nenti elementari che obbediscono al-le leggi fisiche e chimiche, e che servaun principio teleologico per spiegar-ne le proprietà). Von Uexküll ne fumolto amareggiato, anche perché unatteggiamento di sottovalutazione delle sue ricerche fu assunto da altristudiosi dell’epoca legati a Lorenz,come il fisiologo Erich von Holst, probabilmente preoccupati di esseretacciati dello stesso peccato. La poli-tica, forse, ebbe anch’essa un ruolo,considerate le simpatie di Lorenz peril nazismo. Von Uexküll, invece, nonaveva fatto mistero della sua repul-sione per il regime hitleriano, spe-cialmente dopo l’invasione della Po-lonia.

Lorenz aveva ragione però a sup-porre che von Uexküll fosse convintodell’esistenza di un’armonia presta-bilita tra gli animali e i loro ambienti.L’iscrizione sulla sua lapide è di in-certa origine, a quanto mi dice CarloBrentari, tra i maggiori esperti delpensiero di von Uexküll: «Potrebbeessere di Uexküll per via di quell’ac-cenno alla natura che segue il suopiano; ma potrebbe essere stato an-che uno dei figli a scriverla, [visto]che conoscevano bene la sua visionedella natura». Carlo l’ha gentilmentetradotta per me dalla fotografia chene abbiamo fatto:

Beato colui che ha visto maturare ilfrutto della vita;

egli cammina in pace, in quella serache un benevolo destino gli ha concesso.Sotto il quieto intrico dei rami, nello scambio di voci tra gli uccelli,egli ha trovato l'unità di quel divario,di quel continuo dare e prendereche la natura, seguendo un suo piano, aveva seminato nella sua esistenzacon mano decisa.La zecca di von Uexküll e l’idea del

piano della natura conducono a duetematiche che sono al cuore dellascienza moderna. La prima, ovvia-mente, è che non ha alcun senso con-siderare con condiscendenza, comeho fatto io nelle righe sopra, l’appa-rente pochezza del mondo esperien-ziale della zecca (riecheggiandol’idea di Heidegger che l’animale sa-rebbe «povero di mondo»): il nostromondo fenomenico è parimenti cir-coscritto, in modi che non ci è dato diconoscere direttamente, ma che cer-to sono palesi ad altre creature (cosapotrebbe pensare un’ape della nostrapenosa impossibilità di accedere al-l’abbagliante fulgore dei colori ultra-violetti dei petali dei fiori?). La se-conda, più interessante, ha a che fareper l’appunto con l’armonia tra orga-nismi ed ambienti. Oggi, con Darwin,noi non crediamo che di armoniaprestabilita si tratti, bensì del risulta-to dei processi dell’adattamento bio-logico. Di qui, però, il passo è breve aritenere che i nostri sistemi percetti-vi ci dicano in modo veritiero, seppu-re non in forma completa, come ilmondo sia. A voler essere darwinianifino in fondo, però, non c’è ragioneper crederlo. Per sopravvivere e ri-prodursi non c’è bisogno di saperecome il mondo sia davvero, basta che

le regole che guidano i comporta-menti funzionino bene.

La vasta raccolta di stimoli scate-nanti e superstimoli accumulata ne-gli anni dagli etologi costituisce laprova incontrovertibile che gli ani-mali non percepiscono le cose qualiesse sono. Le mamme dei piccoli gab-biani non sono matite dalla puntafatta a strisce bianche e rosse, tutta-via, come ha mostrato l’etologo NikoTinbergen, sono le matite dalla puntafatta a strisce bianche e rosse che sca-tenano al meglio la beccata dei piccolidi gabbiano. C’è chi ha condotto l’in-

terpretazione di queste osservazionialle sue estreme conseguenze.

Lo scienziato cognitivo DonaldHoffman, ad esempio, sostiene che lenostre percezioni sono come inter-facce specie-specifiche a uso del-l’utente, che dirigono il comporta-mento per la sopravvivenza e la ri-produzione, non per la ricerca dellaverità (www.quantamagazine.org/the-evolutionary-argument-against-re-ality-20160421/). Impiegando algo-ritmi genetici, Hoffman ha mostratoche creature dedite alla ricerca dellamera fitness biologica se la cavanomolto meglio di quelle impegnate nella ricerca della verità.

Certo, pare improbabile che rap-presentazioni più accurate della real-tà non debbano essere adattative.L’analogia di Hoffman coglie però nelsegno se si pensa a quello che un’in-terfaccia nasconde all’utente: non abbiamo bisogno di sapere come inostri neuroni riconoscano un ser-pente per reagire velocemente alla vi-sta del serpente. Come quando ope-riamo sul desktop del nostro compu-ter, ci basta dirigere il mouse sull’ico-na, i cui segni distintivi, il colore o laforma, gli equivalenti delle marchepercettive di von Uexküll, non sono leproprietà del file. Il nostro Umwelt,insomma, sarebbe come l'interfacciagrafica dell'utente dei computer.

Mentre stiamo passeggiando nelgiardino di Villa San Michele, ad Ana-capri, dove, racconta Gudrun, AxelMunthel invitò Jakob a risiedere nellaforesteria durante i mesi estivi per fuggire alla calca dei turisti, ci sor-prende il pensiero che le fragranzeche odoriamo, forse memorie alche-miche di Garofilum silvestre caprese,o il blu acceso del dorso della lucerto-la azzurra, Podarcis sicula coerulea (E.Cerio, La lucertola blu, Capri, EdizioniLa Conchiglia, 2009), che abita il fara-glione di Fuori, lo Scopolo, potrebbe-ro essere una sola trionfante, ma nonvana, allucinazione.

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Coniugi Qui sopra l’etologo Jakob von Uexküll (1864-1944) e, in alto, il ritratto della moglie Gudrun von Schwerin. I due si conobbero a Napoli e vissero a Villa Discopoli di Capri. Riposano nel Cimitero Acattolico dell’isola

LE MEMORIEDI ANNE-MARIE-

LOUISE DE

MONTPENSIER

GrandeMademoiselleEra «Monsieur»

per antonomasia, alla corte di Luigi

XIII di Francia, l’unico fratellodel re; invececon «Grande

Mademoiselle» s’indicava la

nipote, Anne-Marie-Louise de

Montpensier (1627-1693).

Di questa donna, divenuta a dieci anni cugina del

neonato delfino, il futuro Luigi XIV,

Luni Editrice pubblica le

«Memorie» (pagg. 272, € 24). In esse,

oltre i suoi progetti d’arme

e di comando sui troni d’Europa,si scopre come

riuscì a rimanere zitella e a trovare l’unico amore alle

soglie della menopausa

Romaine Brooks. Il culto della bellez-za di un dandy come Jacques d’Adel-sward-Fersen, schiavo dell’oppio, co-me il “collega” Vannicola lo era del-l’assenzio, i tedeschi, gli industriali, iricchi scappati di casa e le famiglie lo-cali, con Edwin Cerio, re occulto del-l’isola, che ne coglie essenza e maledi-zione e, tra l’altro, organizza quel con-gresso per la tutela del paesaggio(1922!) che è già opera d’avanguardia.E lo fa alla presenza di un tromboneg-giante Marinetti, mai appassionato datali questioni. I futuristi, sull’isola, erano di casa. Oltre Depero (che dellostesso Clavel organizzerà un libro “premonitore” come Un istituto per suicidi), ecco Prampolini, e Cangiullo,e le mostre, e le solite chiassate, e le serate danzanti, fino al romanzo diMarinetti, con Bruno Corra: L’isola deibaci (1918), o all’«Eros» rivisto e rivistarivelata da Italo Tavolato. E poi Benja-min che corteggia Asja Lacis, e la colo-nia dei russi, un pezzo non indifferen-te della rivoluzione sovietica. Nell’iso-la ferve una “scuola di partito” ai limitidell’ortodossia, e qui toccherà allostesso Lenin calare per tenere d’oc-chio i rivali; le sfide a scacchi, di cui resta qualche foto, con Bogdanov e al-tri, sono metafora di ben altre lotte. Capri, del resto, era la base di una starcome Maksim Gorkij. Dei due resta unmemorabile scambio, la dura repri-menda che Lenin un giorno fa a Gorkije che quest’ultimo riferisce a GiuseppeSprovieri. «Capri fa dimenticare tut-to» gli rimprovera il padre della rivo-luzione: ed è pura verità e sottile pre-veggenza, che Lea Vergine, in un en-nesimo passaggio caprese del 2006, inchiusura di libro, fa inevitabilmente suo. Sì, Capri fa dimenticare tutto,compresa la sua stessa grandezza. I cinque big della letteratura americana

ospiti delle «Conversazioni» (tra i quali Franzen e Foster Wallace, idoli dei “tifosi” di letteratura di oggi), ven-gono liquidati, sublime snob, in pocherighe: inconsapevoli e immemori co-me sono di ciò che si ritrovano davan-ti: un infinito geografico così nitido, euna Storia, che non passa, più grandidi loro. Un sogno d’isola, che non sa più d’esserlo. Perché, alla fine, la veritàdi questo libro è questa: i luoghi esi-stono solo se qualcuno li sa e può rac-contare, se ci sono storie e uomini e donne come questi. Altrimenti, certo,un’isola è un’isola è un’isola; ma a nondirla, a non mitizzarla, è tutto nuvolee sciabordìo d’onde, albe e rugiade,tramonti e notti di stelle troppo lonta-ne; vento che passa, e se ne infischia.

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Capri/ 2. L’irripetibile stagione di anarchia, genio, stravaganza (1905-40)

Tutti gli eccentrici dell’«Isola dei baci»

Gilbert Clavel, egittologo,scrittore e milionario eredesvizzero, abito a tre pezzi,sigaretta in una mano e

anello nobiliare nell’altra, porta la ma-no alla fronte, a lambire il curioso co-pricapo che indossa: un imbuto di me-tallo. Accanto a lui, papillon, viso da guascone e piedi convergenti in posainnaturale, il suo protetto, FortunatoDepero, che “indossa” niente menoche un cavalletto di legno. Il sole pic-chia, la polvere imbianca le scarpe, lastrada dirupata confonde nel biancoaccecante la buffa posa dei due com-plici, il lungo e il gobbo, «o ’scartelluz-zo», come i villani chiamano il ricco Clavel. Stanno provando dei «Balliplastici» («Mimica!» recita la dida au-tografa), è il 1917, e sono gli ennesimiesponenti di un irripetibile momentoche vive e si vive nell’isola di Capri. Intutto il primo Novecento qui l’avan-guardia è di casa, il nomadismo intel-lettuale una realtà, l’apertura e la tolle-ranza verso l’omosessualità e l’eccen-tricità un fatto normale, un favore allastoria. Capri ammalia, e attira: è il luo-go dove si coltiva l’impossibile, le ideecircolano e a nessuno importa se nonsono ortodosse, anzi meglio: all’az-zurro del cielo e del mare corrispondeuna celestialità di progetti; la bellezzaineffabile dell’isola e la seclusione checon sé porta l’idea stessa di essere lon-tani da tutto, ma non troppo, sono uncocktail inebriante per anime sensibilie intelligenze acuminate. Capri è un crogiuolo di alternative, isola che cu-stodisce il gusto dell’inusitato. Un li-bro come Capri. Frammenti postumi 1905-1940 di Lea Vergine (con la pre-ziosa collaborazione di Elisabetta Fer-mani e Sergio Lambiase), che ora rive-de la luce meritoriamente per Il Sag-giatore (peccato solo che non ci sianotutte le illustrazioni di precedenti edi-zioni), non è solo il regesto precisissi-mo e trasognato di quelle vicende pur-troppo ormai lontante: è, insieme, unanecessaria, amara, constatazione di come le cose siano cambiate e Capri (enon solo) sia appunto “postuma” di séstessa e di quei personaggi. Eccoli al-lora nella strepitosa sequenza di Lea Vergine: «dissidenti vittoriani, estetidannunziani, facoltosi disoccupati,dilettanti supremi», e, ancora, «anar-chici, socialisti, futuristi, poeti e profe-ti russi e mitteleuropei, in malattia e stravaganza, nella teorizzazione poli-tica di respiro internazionale come nella ricerca di nuove forme di lin-guaggio», che sulla piazzetta, al caffè,o in clausura, lavorarono, amoreggia-rono, si incontrarono e dissero addionell’isola della Grotta azzurra, da cuitutto ebbe inizio.

Un destino, più che un luogo, il cuimagmatico vissuto percola nelle esi-stenze febbrili di donne e uomini uni-ci, come la marchesa Casati Stampa che, ovviamente, non può mancare escende ad “occupare” la Villa san Mi-chele di Axel Munthe, lei e i suoi levrie-ri, le sue messe nere e la sua magnificafigura, capelli di fuoco e occhi di brace,che stregherà anche l’inquieta pittrice

Balli plasticiFortunato Depero

(a sx) e il poetasvizzero Gilbert

Clavel, suoprotettore negli

anni capresi,si esibiscono

in passi dei «balliplastici»,

il progetto cheli tenne occupati

sull’isola

I futuristi, EdwinCerio, i dandy e lacolonia russa nei

frammenti postumidi Lea Vergine

Giorgio Vallortigara

Stefano Salis