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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA
SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI
Corso di laurea in
LETTERE – CURRICULUM MODERNO
TITOLO DELLA TESI
“Storia ed evoluzione della rivista politica e culturale «Il Mulino» dal 1991 ad oggi.”
Tesi di laurea in
Storia del Giornalismo
Relatore Prof: Angelo Varni Presentata da: Marco Belforti
Sessione prima
Anno accademico 2012-2013
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A Eddi.
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Indice
Indice ........................................................................................................................................... p. 5
Introduzione ................................................................................................................................ p. 9
Capitolo 1 – Il Mulino
1.1 Le origini ............................................................................................................................... p. 11
1.2 L’Associazione ...................................................................................................................... p.14
Capitolo 2 – I direttori dal 1991 ad oggi
2.1 Dagli inizi al 1991 ................................................................................................................. p. 21
2.2 La direzione Evangelisti ........................................................................................................ p. 24
2.3 La direzione Cavalli .............................................................................................................. p. 27
2.4 La direzione Berselli ............................................................................................................. p. 30
2.5 La direzione Ignazi ................................................................................................................ p. 34
2.6 La direzione Salvati ............................................................................................................... p. 37
Capitolo 3 – L’evoluzione digitale
3.1 Il sito web .............................................................................................................................. p. 39
3.2 Il rapporto con i social networks ........................................................................................... p. 41
Intervista a Bruno Simili ............................................................................................................. p. 43
Conclusione ................................................................................................................................. p. 49
Bibliografia ................................................................................................................................. p. 53
Sitografia ..................................................................................................................................... p. 55
Ringraziamenti ............................................................................................................................ p. 57
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«Il Mulino è un porto di mare.»
(Giovanni Evangelisti)
«Più che altro, facciamo delle cene...»
(Luigi Cavazza, in risposta ad un giornalista, che gli domandava quali fossero i metodi di
lavoro di un gruppo di successo come quello del “Mulino”, a seguito della vittoria del
premio Viareggio, nel 1953.)
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Introduzione
La rivista politica e culturale Il Mulino rappresenta uno dei casi editoriali più interessanti,
all’interno del panorama italiano.
Attiva sin dal 1951, ha percorso praticamente l’intero arco repubblicano, giungendo all’età
contemporanea, animata da una costante capacità di rinnovamento e da uno spirito
indipendente.
Lo sviluppo del web, e dei social networks nello specifico, sono la sfida a cui lo storico
periodico bolognese è ora chiamato a rispondere.
In questa tesi ci concentreremo dunque sulla sua evoluzione negli ultimi ventidue anni e sul
suo rapporto con il mondo digitale.
Nel primo capitolo verrà raccontata la genesi della rivista, i suoi primi passi ed il lavoro
svolto nei primi decenni di vita. Ne analizzeremo la struttura, lo stile ed il succedersi della
periodicità. Infine proveremo a spiegare la composizione dell’Associazione Il Mulino, di cui
essa fa parte.
Nel secondo ci soffermeremo sui cinque direttori, che si sono succeduti dal 1991 sino ad oggi.
Da Evangelisti a Cavalli, da Berselli ad Ignazi, per arrivare all’attuale, Michele Salvati.
Cercheremo di capirne le influenze e le linee editoriali, manifestatesi durante i loro periodi di
conduzione.
Infine valuteremo l’aspetto tecnologico, ovvero se, come e quanto Il Mulino si sia adeguato
alle novità della rete.
L’operato del bimestrale emiliano è enormemente più vasto, rispetto al semplice ritratto che
abbiamo l’ambizione di realizzare. Il nostro proposito, per quanto possibile, è soltanto quello
di aggiungere un altro piccolo studio ad esso dedicato, sperando di mantenerne vivo e
fervente il nome anche tra le nuove generazioni. Che, mai quanto in questo momento, hanno
bisogno di punti di riferimento saldi e concreti, come il Mulino, per poter ricominciare a
costruire un paese migliore.
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Capitolo 1 – Il Mulino 1.1 Le origini
Il periodico “il Mulino” nacque a Bologna il 25 aprile 1951, per iniziativa di una brillante
cerchia di giovani intellettuali. Ponendosi alla base dello sviluppo editoriale ed associativo del
gruppo, che si sarebbe realizzato negli anni successivi.
L’ispirazione per il nome derivò in parte dal titolo del romanzo di Riccardo Bacchelli, “Il
mulino del Po”, pubblicato tra il 1938 ed il 1940, ma anche “a sentire l’editoriale di
presentazione, dall’esigenza di non avere «un gigante da abbattere», bensì «un mulino da fare
vivere, ogni giorno, con la sua brava ruota paziente».1”.
I padri fondatori furono alcuni fra i maggiori pensatori bolognesi dell’epoca: Nicola
Matteucci, Pier Luigi Contessi, Antonio Santucci, Federico Mancini, Luigi Pedrazzi, Fabio
Luca Cavazza, Gianluigi Degli Esposti, Renato Giordano e Mario Saccenti. Quasi tutti ex-
studenti del liceo “Galvani”, qualcuno di educazione cattolica, altri di formazione laica, e, in
buona parte, futuri docenti universitari. “Troppo giovani per andare alle armi”, ha scritto
Nello Ajello, in occasione del cinquantesimo anniversario della genesi della rivista,
“sfuggirono anche all' alternativa fra proclamarsi fedeli al fascismo o vestirsi da partigiani.
Gli toccò la fortuna di potersi considerare «postfascisti». Il termine, allora, odorava di
futuro.2”.
All’interno della redazione convivevano dunque anime diverse, che rispecchiavano buona
parte delle posizioni ideologiche presenti nell’Italia della ricostruzione. Liberali, socialisti,
cattolici, appunto, tutti accomunati da un sentire univoco, che li univa nello spirito del
Mulino, consentendo loro di superare le possibili divisioni culturali fra i singoli.
Come scrisse Federico Mancini:
1 Gian Mario Anselmi, Alberto Bertoni, Una geografia letteraria tra Emilia e Romagna, Bologna, Clueb, 1997, p. 349. 2 Nello Ajello, Il Mulino, La Repubblica, 09/04/2001, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/04/09/il-mulino.html
12
“v’era tra noi chi, formatosi sui testi crociani, affrontava la realtà confidando nel metodo
liberale; chi invece – muovendosi tra Gobetti e Gramsci – avvertiva con particolare sensibilità
il problema delle masse e del loro movimento, e ravvisava nella lotta iniziata con la
Resistenza il nuovo “mito” progressivo; v’erano infine tra noi dei cattolici che, sia pure in un
itinerario personale, procedendo da un’educazione gesuitica, e scesi con incarichi
organizzativi sul piano della vita universitaria, avevano trovato in questa l’occasione di un
superamento, in senso liberale, delle loro posizioni d’origine.3”.
Erano gli anni del secondo dopoguerra. In un paese reduce dai bombardamenti e da una
sanguinosa guerra civile, tornò timidamente a germogliare, nella gente, la voglia di uscire, di
incontrarsi. Rifiorì l’interesse a discutere, a cercare un confronto, che da troppo tempo
mancava all’Italia di quei tempi.
I mugnai, come li definì Eugenio Montale, in un articolo apparso il 13 gennaio 1954 sul
Corriere della Sera4, erano amanti del dialogo, della politica, ma slegati da qualsiasi partito; si
sentivano spinti da una forte passione letteraria e dall’interesse a divulgare una cultura che
non fosse più soltanto di nicchia.
Bologna era la città universitaria per eccellenza e fu anche a questo mondo, che si rivolse
inizialmente la neonata rivista. Ma non solo ad esso. Per imparare ad osservare e valutare i
fenomeni umani e politici, secondo i mulinisti era necessario uscire dalla cerchia dei
“palazzi”, dei circuiti accademici e delle élite, affrontando la realtà quotidiana. Provando a
superare quel sistema ideologico, che aveva spaccato in fazioni la società italiana.
Era una mentalità nuova, audace e coraggiosa. Specie in un paese profondamente lacerato da
innumerevoli divisioni, dovute al conflitto appena conclusosi. Come ricordano Anselmi e
Bertoni, rifacendosi alla Relazione introduttiva del I° Convengo degli Amici del Mulino,
datato 1954, “l’intento del gruppo era quello di «promuovere un’opera di rinnovamento dei
metodi e del costume scientifico, e un adeguamento degli strumenti conoscitivi», nel nome di
una radicale «critica dei pregiudizi e dei miti, dei privilegi e delle tradizioni», della «funzione
sociale della cultura», del definitivo «abbandono dell’antitesi arti liberali-arti tecniche».5”.
Nelle prime settimane, sino al 25 giugno 1951, il foglio uscì come "Quindicinale di
informazione culturale e universitario". In totale furono cinque i numeri, in formato giornale. 3 Federico Mancini, Relazione introduttiva, I° Convegno degli Amici e collaboratori del <<Mulino>>, Bologna, il Mulino, 1954. 4 Eugenio Montale, Strani giovani occhialuti fanno andare un “Mulino” a Bologna, Corriere della Sera, 13/01/1954, http://archiviostorico.corriere.it/2004/giugno/27/Montale_tra_quei_ragazzi_occhialuti_co_9_040627088.shtml 5 G.M. Anselmi, A. Bertoni, op. cit., p. 354.
13
Dal novembre di quello stesso anno, "il Mulino" venne poi stampato come rivista vera e
propria, con una periodicità mensile, che, dal gennaio del 1959, sarebbe divenuta bimestrale.
Nei decenni successivi il periodico maturò in culla di discussioni di impegno civile e culturale
del tempo, raccogliendo le adesioni di nomi di rilievo, come lo storico e politologo Giorgio
Galli, che ne fu anche direttore dal ’65 al ’69, Gino Giugni, “padre” dello Statuto dei
lavoratori, lo storico Pietro Scoppola, alla guida della rivista dal ’74 al ’77. Parallelamente,
entrò in contatto con alcune figure di spicco della storia della nostra politica, da Gaetano
Salvemini a Giuseppe Dossetti, fino ad Aldo Moro6.
Con il passare del tempo ed il volgere dei problemi, variarono anche le tematiche da
affrontate e si modificò lo stesso taglio del discorso, l'impostazione dell'analisi. Nel corso
degli anni, il tipo di riflessione che "il Mulino" avviò ed approfondì, si trasforma. Dopo una
prima fase nella quale l'intervento politico era passato prevalentemente attraverso la
riflessione culturale, la pubblicazione, divenuta di periodicità mensile nel 1961, accentuò
l'intervento immediato e puntuale ed il commento incisivo. Nel 1970 ritornò ad uscire ogni
due mesi, gravido di analisi ed accurate documentazioni, con testi caratterizzati da un maggior
contenuto informativo e minori indicazioni operative, spesso collegati al dibattito politico
corrente.
La chiave di lettura dell’esistenza e della storia del “Mulino”, come rivelano i profili dei
collaboratori, gli indici dei fascicoli, i temi trattati e la loro frequenza, e la stessa periodicità
del volume, che è cambiata più volte nel corso del tempo, è quella del rinnovamento nella
continuità: "se da un lato, infatti, esiste un nucleo originario di "padri fondatori", la cui
presenza negli organismi direttivi e fra i collaboratori è costante e assidua, dall'altro, in
maniera particolare a partire dagli anni Settanta, si manifesta un ricambio fondamentale per la
vitalità della rivista stessa.”7.
Pur coscienti del fatto che la soluzione dei problemi sociali e civili fosse, in prima istanza, di
responsabilità dello Stato e delle forze politiche, gli autori della rivista e, successivamente,
dell’Associazione, ritennero che il contributo di studio e di formazione dell’opinione
pubblica, da parte di gruppi indipendenti, potesse essere fondamentale8.
A ciò si aggiunse un visione fortemente riformista ed europeista, oltre ad un vigoroso spirito
indipendente, presenti ancora oggi, che hanno accompagnato l’evoluzione del periodico nel
tempo. 6http://www.treccani.it/enciclopedia/percorsi/scienze_sociali_e_storia/il_mulino - Ultima consultazione 27/06/2013 7 http://www.rivistamulino.it - Ultima consultazione 27/06/2013 8 http://www.mulino.it/associazione - Ultima consultazione 27/06/2013
14
In buona sostanza, per rifarci al già citato articolo di Montale:
“essi non si riconoscono nelle attuali strutture: in quella dei partiti, per esempio; non
comunisti, respingono l'anticomunismo a buon mercato dei conservatori; rifiutano l'antitesi
fra clericalismo e anticlericalismo; chiedono agli storici di non dimenticare l'apporto della
sociologia, ai filosofi di non trascurare la tecnica e la scienza, ai cittadini di pensare con la
loro testa e non con quella del capo-gruppo o del capo-cellula. Colpisce il loro lavorare per
équipe, la moderazione del loro individualismo. Non hanno un capo, non si vede tra loro un
possibile Gobetti. Formano un gruppo, e questo è il loro aspetto più interessante.9”.
E questo varrà anche negli anni a venire, fino ai giorni nostri.
1.2 L’Associazione
L’Associazione di politica e cultura “il Mulino” venne fondata, dai redattori della rivista, il 27
febbraio 1965. Privata e senza scopi di lucro, fu pensata per organizzare istituzionalmente il
gruppo stesso.
Le finalità dei fondatori riguardavano essenzialmente lo studio, la formazione e
l’orientamento dell’opinione pubblica, oltre all’impegno civile e democratico. Come
enunciato dall’articolo 3 dello Statuto, affinché le si potessero e possano tuttora realizzare,
“l’Associazione promuove lo sviluppo di attività di studio e di ricerca, la pubblicazione di
periodici e di volumi, la effettuazione di manifestazioni pubbliche, uniche o collegate e di
ogni altra attività, che possa riuscire utile a tali fini.”10.
L’Associazione, per mezzo di un’Assemblea dei soci, definisce gli scopi delle proprie attività,
ne redige i programmi, approvandone i rendiconti economici e finanziari annuali.
Promuovendo, se necessario, specifiche istituzioni. Di cui regola i lavori, ne designa le
persone che ne abbiano la responsabilità e ne orienta i programmi, valutandone
periodicamente i risultati. Oggi come allora.
Nel corso degli anni, sono stati costituiti quattro rami specifici: la rivista omonima, la casa
editrice “il Mulino, la Fondazione Biblioteca del Mulino e l’Istituto di studi e ricerche “Carlo
Cattaneo”.
9 E. Montale, op. cit. 10 http://www.mulino.it/associazione - Ultima consultazione 27/06/2013
15
1.2.1 La Società Editrice
La casa editrice “il Mulino” fu costituita nel giugno del 1954, per volere dei fondatori
dell’omonima rivista.
Già dopo solo due anni di vita del periodico, questi giovani intellettuali erano diventati un
caso italiano. Il loro successo venne sancito ufficialmente nel 1953, quando vinse il premio
Viareggio, per la prima volta ad una rivista e non a un’opera letteraria o di saggistica11. La
prestigiosa vittoria impressionò l’avvocato Barbieri, capo dell’Associazione degli industriali
bolognesi e amministratore della Poligrafici «il Resto del Carlino», che la aveva finanziata
fino ad allora. Il progetto di una casa editrice poteva essere ora approvato12. Il 23 giugno 1954
nacque così la Società editrice il Mulino, costituita con capitale sociale di 500.000 lire,
sottoscritto per il 95% dalla Poligrafici «il Resto del Carlino» e per il 5% dalla Società per la
gestione dell’Azienda Tipografica «La Nazione»13. «Il Mulino», ha evidenziato il Professor
Bertoni, “si collocava nell’alveo di quella tradizione primo-novecentesca che, dalla “Voce”
alla “Critica” del Croce, all’esperienza di promotore di riviste, poi di editore, del Gobetti,
portava ad ampliare (per il tramite della parallela impresa editoriale) la forza d’intervento del
periodico culturale.14”.
Il nucleo storico fondatore della rivista era composto da Gianluigi Degli Esposti, Mario
Saccenti, Antonio Santucci, Federico Mancini, Nicola Matteucci, Luigi Pedrazzi, Pier Luigi
Contessi e Fabio Luca Cavazza. Gli ultimi quattro componevano anche il comitato tecnico,
che venne confermato solo in seguito, a supporto del Consiglio di Amministrazione.
In un secondo momento Pedrazzi si sarebbe avvicinato concretamente alla politica, divenendo
11 Matteo Lodevole, Il Mulino e la Nuova Frontiera. Una casa editrice bolognese tra politica e cultura, Italia e America, in Emanuela Scarpellini, Jeffrey T. Schnapp, Italiamerica. L’Editoria., Milano, Il Saggiatore/Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2008, p. 69. 12 Dino Messina, I 60 anni del Mulino da Dossetti a Internet, Corriere della Sera, 21/04/2011, http://www.corriere.it/cultura/11_aprile_20/messina-mulino-anniversario_5d9f8ff6-6b5c-11e0-b852-b4a6122a06f0.shtml; Nicola Tranfaglia, Albertina Vittoria, Storia degli editori italiani. Dall’Unità alla fine degli anni Sessanta, Roma-Bari, Laterza, 2000, pp. 452.453. 13 G.M. Anselmi, A. Bertoni, op. cit., p. 357. 14 Alberto Bertoni, Un gruppo intellettuale imprenditore di se stesso: appunti per una storia del «Mulino», in Editoria e Università a Bologna tra Ottocento e Novecento, A. Berselli (a cura di), Comune di Bologna, Istituto per la Storia di Bologna, 1991, pp. 262-63.
16
consigliere comunale a Bologna dal 1956 al 1960, come indipendente di sinistra nella lista
democristiana capeggiata da Giuseppe Dossetti, e vice-sindaco dal 1995 al 1999 nella stessa
città. Fabio Luca Cavazza, invece, ebbe il merito di rendere possibile l’avvio del Mulino,
grazie all’amicizia che legava la sua famiglia all’avvocato Giorgio Barbieri. Dapprima
convincendolo a mettere loro a disposizione carta e tipografia per la rivista, per poi arrivare
alla casa editrice, qualche anno più tardi15. Motore del gruppo, Cavazza iniziò, a metà degli
anni ’50, una serie di visite negli Stati Uniti, che gli consentirono di sviluppare intensi
rapporti con il mondo politico e culturale d’oltreoceano, specialmente di area
postroosveltiana16. Fondamentale fu altresì l’apporto fornito da Nicola Matteucci, soprattutto
per lo studio dei classici della democrazia americana, da Pier Luigi Contessi e Federico
Mancini. Il rapporto da loro stretto con l’Istituto italiano di studi storici di Napoli, permise poi
di entrare in contatto con Vittorio De Caprariis, storico delle dottrine politiche, Francesco
Compagna, meridionalista e attento conoscitore della politica italiana, e Renato Giordano,
esperto di politica. Giorgio Galli, milanese, venne scoperto da Pedrazzi, che aveva letto le sue
piccole note su «Critica sociale». Presto arrivarono anche Pietro Scoppola, romano,
individuato da Matteucci per alcuni contributi storici, e Gino Giugni, genovese, catturato per
via di comuni amicizie liguri con Contessi e una borsa di studio negli Stati Uniti, condivisa
con Mancini17.
Nei primi tempi, furono pubblicate moltissime monografie di ricerca, di matrice
prevalentemente straniera e, in minor parte, italiana. La prospettiva politica e culturale era
analoga a quella entro cui si collocava il periodico, cioè quella di “un impegno rigoroso a dare
un contributo allo svecchiamento della cultura italiana, larga apertura ad apporti provenienti
da una pluralità di ambienti scientifici, culturali e politici diversi.”18.
Come riportato da Matteo Lodevole19, gli osservatori più attenti iniziarono dunque ad
individuare, all’interno della giovane redazione, non solo l’elaborazione dei tratti salienti del
panorama culturale italiano, ma anche il tentativo di superarli. Ne furono prova le recensioni
del primo Convegno degli Amici del 1954, durante il quale i redattori resero esplicito il loro
crescente interesse per le problematiche politiche. Oltre alle parole, già citate, di Montale20, il
«Resto del Carlino», ad esempio, rilevò il desiderio dei mulinisti di superare quelle «posizioni 15 D. Messina, op. cit. 16 N. Ajello, op. cit. 17 Luigi Pedrazzi, Gli inizi del Mulino 1951-1964, Assindustria-Bologna, Bologna, 2001, p. 24. 18 http://www.mulino.it/edizioni/presentazione/sviluppo - Ultima consultazione 27/06/2013 19 M. Lodevole, op. cit., pp. 68-69. 20 E. Montale, op. cit.
17
dove veterani si accaniscono in battaglie anacronistiche (clericalismo e anticlericalismo,
dirigismo e liberalismo). Farina ammuffita osservano i [...] “mugnai” che non può far più
pane. Lo stesso si dica di un anticomunismo puramente negativo, indice di una “cecità
reazionaria, di una classe dirigente invecchiata”»21. Carlo Laurenzi, poi, dalla «Nuova
Stampa» così descrisse i giovani intellettuali: «si riconoscono di origine crociana, gobettiana
o cattolica, irriducibilmente antifascisti, tolleranti increduli nella religione dell’antitesi [...]
affrancati ormai dall’idealismo supino, entusiasti di quelle grandi esperienze che sono state il
New Deal rooseveltiano e il Labour Party britannico»22. Sull’«Unità» uscì invece un articolo
di Antonio Banfi che, più criticamente, consigliò di ridimensionare l’ammirazione per la
socialdemocrazia anglosassone e di restituire al pensiero marxista la paternità delle critiche
alla cultura borghese, mosse dai giovani studiosi23. Come mise in luce Barbara Covili, era
giunta a maturazione quella presa di posizione che Solmi auspicava dal luglio 1952 e che
permetteva alla rivista, tenutasi fino ad allora lontana dall’agone politico, di scendere in
campo. I giovani intellettuali posero dunque le basi per quello che sarebbe stato il loro
coinvolgimento nell’esperimento di centro sinistra, aspirando a moderare il PCI attraverso un
disegno di riforme democratiche24, pur conservando la propria autonomia.
L’obiettivo era quello di un superamento dell’arida radicalizzazione del bipolarismo sul piano
politico e la fine delle ideologie in quello culturale. Un’operazione che la casa editrice
bolognese si apprestò a compiere già dalla metà degli anni ’50, ispirandosi con vivo interesse
proprio ai democratici americani, tramite Cavazza, come rimarcato Giuliana Iurlano, che
accostò l’a-ideologismo del Mulino all’esperienza del New Deal, caratterizzato da una stretta
collaborazione tra intellettuali e governo25.
Per raggiungere questo obiettivo politico e culturale, gli intellettuali del Mulino si affidarono
allo studio di quelle scienze sociali, che vennero da loro per la prima volta tradotte. Nei primi
anni ‘50 si delineò dunque il progetto di una cultura nuova, in grado di andare oltre l’erudito
immobilismo dell’università italiana, fondendo riformismo liberale, sociologia d’oltreoceano 21 Massimo Dursi, Dagli scrittori del “Mulino” nasce il neo-illuminismo, «Resto del Carlino», 11/01/1954.
22 Carlo Laurenzi, Come i giovani «laici» giudicano l’Italia d’oggi, «La Nuova Stampa», 12/01/1954.
23 Antonio Banfi, I neoilluministi del «Mulino», «l’Unità», 25/01/1954. 24 Barbara Covili, Tra impegno culturale e ripensamento della politica: i giovani post-universitari bolognesi de «il Mulino» 1951-1955, «Rassegna di storia contemporanea», 5 (1998), n. 1, pp. 41-58.
25 Giuliana Iurlano, La cultura liberale americana in Italia: “Il Mulino” (1951-1969), «Nuova rivista storica», 57 (1983), n. V-VI, p. 674.
18
e critica letteraria anglosassone26.
I campi di interesse delle pubblicazioni erano e sono tuttora numerosi: storia, filosofia,
linguistica, critica letteraria, antropologia, psicologia, sociologia, scienza politica, economia, e
diritto. A ciò si sono sempre aggiunti manuali universitari e testi strumentali di sintesi ed
orientamento, dedicati in parte alla comunità degli studiosi o, in alternativa, agli studenti o
all’insegnamento negli atenei.
L’editrice ha subito, nella sua struttura, diversi cambiamenti, già a partire dai primi anni ’60.
Precisamente nel 1964, divergenze sul piano politico, provocarono una frattura fra la proprietà
della società (allora sempre in mano alla poligrafica “Il Resto del Carlino”), forse un po’
spaventata dalle simpatie della casa editrice verso il centrosinistra riformista27, ed i giovani
curatori. A seguito di interminabili trattative, i redattori della rivista “il Mulino” ne
acquistarono l’intero capitale, che trasferirono, immediatamente dopo, all’Associazione di
cultura e politica “il Mulino”, da essi istituita proprio per gestire in modo organico le cotante
attività, che il gruppo aveva avviato fino a quel momento.
Nello stesso anno, venne aumentato il capitale sociale e fu avviata una politica d’espansione,
rivolta verso due direzioni: da un lato prese il via la pubblicazione di altre riviste di settore,
nelle medesime discipline, in cui l’editrice fosse già presente, che affiancarono l’ormai
consolidata “il Mulino”; dall’altra vennero create, unitamente alla produzione dei libri
tradizionali, delle nuove collane, molte delle quali pensate appositamente per il mondo
dell’università.
Non solo volumi, dunque. Negli anni, sono sorti svariati giornali d’approfondimento, molti
dei quali editi a tutt’oggi. Alcuni mirati ad un pubblico generale ed offrono un’analisi
equilibrata di argomenti d’attualità. Altri, più specialistici, sono invece destinati alle attività di
ricerca, all’interno degli ambiti proposti dall’attività editoriale del Mulino.
Si passa, ad esempio, da “Equilibri”, quadrimestrale incentrato sullo sviluppo sostenibile, alla
“Rivista di storia economica”, fondata da Luigi Einaudi, sino a “Filosofia poltica”, una
creazione di Nicola Matteucci, o a “Quaderni costituzionali”, che si occupa di diritto
costituzionale. Le pubblicazione sono cospicue, consultabili anche on-line, mediante
l’acquisto di fascicoli o l’abbonamento annuale.
26 M. Lodevole, op. cit., pp. 70-71. 27 N. Ajello, op. cit.; N. Tranfaglia, A. Vittoria, op. cit., p. 453.
19
I mutamenti sono poi proseguiti anche nei decenni successivi, con l’entrata nel mercato dei
libri a basso prezzo ed a più alta tiratura, non più specialistici e fruibili da ampie fasce di
lettori. E’ il caso dei “paperbacks” o della serie “Farsi un’idea”, che offre brevi testi di sintesi,
semplici e rigorosi, sugli infiniti aspetti della realtà contemporanea. Il tutto senza diminuire né
sminuire l’impegno primario della casa editrice, ovvero quello di pubblicare testi di
riferimento per le aree disciplinari già citate.
Nonostante l’ingresso di nuovi soci, che hanno affiancato l’Associazione “il Mulino” a livello
di proprietà, garantendo uno sviluppo, che, in alternativa, sarebbe stato molto più difficoltoso,
la linea della Società è rimasta sempre fedele a se stessa, così come l’assetto giuridico-
istituzionale, modificato dopo il passaggio di proprietà del ’64 e tuttora vigente.
Nel 2012 la Società editrice “il Mulino” ha pubblicato 59 riviste, 355 nuovi volumi e 436 tra
ristampe e riedizioni, con un fatturato a prezzo di copertina dei volumi di 17 milioni di euro.
A fine anno i titoli in catalogo erano 512028.
La crisi del commercio dei libri ha però toccato anche i mugnai bolognesi. Nella primavera
del 2013, l’amministratore delegato Giuliano Bassani ha annunciato la cassa integrazione
ordinaria per sessantotto dipendenti, a causa di una flessione nei ricavi del 7,7% l’anno
passato e del 6,8% nei primi cinque mesi di quello corrente29.
Il proposito dovrebbe essere quello di rinnovare ed investire le energie in nuovi settori,
assicurando al contempo la solidità dell’azienda.
1.2.2 La Fondazione Biblioteca del Mulino
Costituita nel 1961, ma formatasi sin dal 1951, anno di nascita della rivista, la biblioteca è
stata aperta definitivamente al pubblico nel 1990, divenendo una Fondazione nel 2004.
Fu negli anni settanta, che essa conobbe una prima trasformazione, concentrando la propria
attenzione solo sui periodici, italiani e stranieri, specialmente di tipo sociale e politico.
Tramutandosi, conseguentemente, in emeroteca.
A partire dal 2007, si è ricominciato a costruire il patrimonio librario, mediante l’acquisizione
di una consistente quantità di volumi, soprattutto di respiro internazionale. Ciò è stato deciso
anche alla luce della scelta di aver reso la Fondazione un centro di attività culturali e luogo di
incontri e seminari. In seguito, sono state aggiunte tutte le pubblicazioni della Società editrice, 28 Ibidem. 29 http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/economia/2013/4-giugno-2013/cassa-integrazione-arrivo-casa-editrice-mulino-2221476462800.shtml - Ultima consultazione 27/06/2013
20
le novità dell’editore Carocci e, nel 2010, un’ingente donazione, di circa 8000 volumi, di
Nicola Matteucci. Arrivando, a fine 2011, a superare il numero di 15000 libri catalogati30.
Fondamentale, nel rinvigorimento e sostentamento della Fondazione, è l’aiuto mosso
dall’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia Romagna e dall’Università di Bologna,
oltre ai tanti finanziatori privati. A testimoniare, una volta di più, il forte legame che unisce “il
Mulino” all’ambiente universitario ed alla propria terra natia.
1.2.3 L’Istituto Cattaneo
L’Istituto Carlo Cattaneo vide la luce nel gennaio del 1965, figlio dell’Associazione di cultura
e politica “Carlo Cattaneo”, costituita dai redattori de “il Mulino” già nel 1956, con lo scopo
di coordinare le attività dei gruppi di ricerca, da essi promossi, che si occupavano di problemi
politico-sociali di particolare rilievo.
La scelta dell’intitolazione a Cattaneo non fu certamente casuale. Patriota italiano, nato nel
1801 e morto nel 1869, viene ricordato in quanto portatore di un pensiero illuminista, oltre
che per la sua visione federalista dell’Italia. Possedeva una salda fede nella ragione, da
mettere al servizio di una vasta opera di rinnovamento della società; scienza e giustizia
dovevano guidarne il progresso, che, però sarebbe derivato principalmente dallo sforzo
collettivo e non da un singolo individuo.
Scambio, confronto e libertà di pensiero. Questi i filoni di ispirazione principali per Cattaneo,
che hanno generato gli spiriti guida dell’Istituto: l’orientamento empirico alla ricerca ed il
riformismo laico31.
Sin dai primi vagiti, quando Matteucci, Pedrazzi e Santucci si recarono, dopo la laurea
bolognese, all’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, con il quale crearono una
sinergia duratura e che li stimolò nella creazione di una sede autonoma di studio e di ricerca,
per arrivare ai giorni nostri, gli apporti della Fondazione Cattaneo sono stati spesso
illuminanti per l’osservazione e la comprensione di molti fenomeni politici e culturali del
nostro paese.
Tanti sono gli intellettuali, i giuristi, gli storici, i filosofi ed i letterati, che si sono cimentati
nella sociologia e nell’analisi di dati elettorali, dando vita, negli anni, ad una vastissima
produzione editoriale, non riservata ed aperta a tutti; sempre coltivando un rapporto
privilegiato con la casa editrice “il Mulino”.
30 http://www.mulino.it - Ultima consultazione 27/06/2013 31 http://www.cattaneo.org/it/chi-siamo/storia - Ultima consultazione 27/06/2013
21
Capitolo 2 – I Direttori della rivista
2.1 Dagli inizi al 1991
Il primo responsabile del periodico “il Mulino” fu Pier Luigi Contessi, che ne rimase a capo
dall’aprile 1951 al dicembre 195832. Di formazione cattolica, fu uno dei padri fondatori della
rivista e, successivamente, della casa editrice e dell’Associazione.
La prima pubblicazione è datata 25 aprile, data simbolica e certamente non casuale. Interrotta
già in giugno, dopo cinque numeri, la serie del quindicinale, “il Mulino” riprese vita nel
novembre dello stesso anno, come accennato nel primo capitolo. Venne inteso come un
mensile di attualità e cultura, chiamato a trattare di arte, storia e scienza, nonché a svolgere
una critica del costume contemporaneo nei suoi aspetti morali, politici ed economici.
L’intenzione, come hanno evidenziato Anselmi e Bertoni, era fortemente quella di “esprimere
le esigenze della generazione, che oggi lascia o frequenta l’Università; e reca il proprio
contributo ad una mediazione fra cultura accademica e cultura ‘militante’.33”.
Poi fu la volta di Nicola Matteucci, politologo laico, considerato uno dei massimi teorici del
costituzionalismo liberale del Novecento. Egli diresse la rivista in tre periodi differenti.
Inizialmente dal gennaio 1959 al dicembre 196034, in un secondo momento dal gennaio 1970
al dicembre ’7335, ed infine, ben più tardi, dal gennaio ’84 al dicembre 199036.
Docente universitario, di scuola bolognese, entrato in contatto anche con l’Istituto italiano di
studi storici di Napoli, negli anni immediatamente successivi alla laurea, fu sempre aperto al
dialogo, in particolar modo con persone di idee diverse37.
Il suo impegno politico fu breve e marginale, mentre l’attività da pubblicista si sviluppò negli
anni, dapprima con una collaborazione con il Resto del Carlino, poi con l’arrivo sulle pagine
del Giornale di Indro Montanelli.
Come lo definì Edmondo Berselli:
32 Fascicoli 1-86 della rivista “il Mulino”. 33 G.M. Anselmi, A. Bertoni, op. cit., p. 350. 34 Fascicoli 87-89 della rivista “il Mulino”. 35 Fascicoli 207-230 della rivista “il Mulino”. 36 Fascicoli 291-332 della rivista “il Mulino”. 37 Edmondo Berselli, Matteucci coscienza liberale, «La Repubblica», 11/10/2006, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/10/11/matteucci-coscienza-liberale.html
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“Matteucci non è stato soltanto uno storico della filosofia, un conoscitore straordinario del
costituzionalismo, un polemista battagliero […].Va da sé che la cultura italiana gli deve
molto: un "classico" come il Dizionario di politica, curato con Norberto Bobbio, i saggi sullo
stato moderno e sulla democrazia, una continua rielaborazione della storia del pensiero
politico alla luce delle sue passioni intellettuali, gli autori di una vita: Tocqueville, di cui non
finiva di ammirare la modernità liberale, e Croce, con cui aveva studiato giovanissimo a
Napoli, dopo la laurea in giurisprudenza conseguita nel 1948 a Bologna.”38.
Dal punto di vista organizzativo, egli operò profonde trasformazioni della rivista, che divenne
bimestrale, modificando il formato e la struttura.
Nel gennaio del 1961, sino al marzo 1965, tra la prima e la seconda direzione Matteucci,
toccò a Luigi Pedrazzi sovrintendere la gestione del periodico39.
Nato nel capoluogo emiliano, il 24 settembre 1927, Pedrazzi fu una delle voci più importanti
del pensiero politico cattolico del centro-sinistra, vicino alla DC, con la quale si candidò a
Bologna, senza successo, nel ruolo di consigliere comunale, a sostegno di Giuseppe Dossetti,
nel ’56. Fondatore, insieme ad Ermanno Gorrieri, del quotidiano Il Foglio, dopo anni di
rifiuti, si ripresentò nel panorama della politica nel 1995, quando accettò l’incarico di
vicesindaco di Bologna dal primo cittadino di allora, Walter Vitali, dei DS, al fianco del quale
lavorò per quattro anni, fino al termine del mandato40.
Attuò, a sua volta, numerosi cambiamenti all’interno del Mulino. La rivista tornò ad essere di
periodicità mensile, si definì una nuova veste grafica ed una diversa formula editoriale: una
copertina illustrata, niente rubriche ed articoli di dimensioni contenute. Nel 1962 venne
inoltre costituito il comitato di redazione, che non incise comunque ulteriormente sullo stile
della pubblicazione.
Nell’aprile 1965 vi fu il passaggio di consegne tra Pedrazzi e Giorgio Galli. L’ex-direttore era
infatti stato nominato presidente della casa editrice, che era confluita nell’Associazione
appena costituita, e dunque non poteva continuare ad occuparsi anche dell’omonima rivista.
Galli, politologo e professore di Storia delle dottrine politiche, da molti ritenuto erroneamente
un ex-comunista, come ricordava Evangelisti, era più vicino a posizioni socialiste e
riformiste41. A capo della testata fino al dicembre 196942, fu solo a seguito della sua
38 Ibidem. 39 Fascicoli 99/100-149 della rivista “il Mulino”. 40 http://informa.comune.bologna.it/storiaamministrativa/people/detail/36525 - Ultima consultazione 27/06/2013 41 Barbara Bechelloni, Università di carta, L’editoria accademica nella storia della conoscenza, Milano, Franco Angeli, 2010, pp. 186-187.
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riconferma, avvenuta dopo due anni di attività, nel 1967, che decise di rielaborarla a modo
suo. La veste esterna non venne alterata, mentre l’intelaiatura mutò completamente: essa fu
strutturata in sezioni dedicate alla politica interna, a quella internazionale, alla cultura ed alla
religione. L’anno seguente vi furono poi ulteriori cambiamenti e l’organizzazione del mensile
venne nuovamente stravolta.
Nel 1969 presero piede diverse ipotesi di trasformazione, molto dibattute nella sede
dell’Associazione. Il periodico si arricchì di varie ed estese collaborazioni, mentre venne
formato un gruppo di lavoro, incaricato di studiare il suo rinnovamento; il progetto ufficiale
fu presentato all’Assemblea dei soci poco prima dell’estate, ma, dopo un periodo di stallo, in
cui si valutò la possibilità di renderlo settimanale, da novembre di quello stesso anno, “il
Mulino” tornò ad uscire con cadenza bimestrale43.
Dopo il primo ritorno di Matteucci, nel 1970, seguito all’insediamento del nuovo Comitato di
direzione, nel gennaio 1974 fu il turno di Pietro Scoppola, che avrebbe diretto il giornale fino
al dicembre 197744.
Titolare, per tanti anni, della cattedra di Storia contemporanea a La Sapienza di Roma, e
d’ispirazione democristiana, Scoppola non rivoluzionò pressoché nulla nella struttura della
rivista, concentrando l’attenzione su dibattiti e argomenti di grande interesse, tra cui il
divorzio, tema a lui molto sentito:
“Nel 1974 fu tra i promotori dei Comitati per il "no" al referendum sul divorzio. La sua presa
di posizione da cattolico militante fu ovviamente importantissima nella vittoria del "no".45”.
Gli albori del 1978 segnarono invece l’avvento di Arturo Parisi alla guida del “Mulino”46.
Futuro direttore dell’Istituto Cattaneo, oltre che Ministro della Difesa e tra i fondatori del
partito “La Margherita”, ne rivide l’assetto generale, mentre la grafica interna ed il formato
restarono immutati. I contenuti erano incentrati soprattutto su tematiche politiche e sociali.
Nel gennaio 1980 fu poi la volta di Gianfranco Pasquino47. Esperto di analisi politiche ed
editorialista, tra gli altri, del Sole 24 Ore, la Repubblica e l’Unità, portò avanti un’ennesima
rivisitazione dell’impianto del bimestrale, che divenne più articolato, mediante l’aggiunta di 42 Fascicoli 150-206 della rivista “il Mulino”. 43 Ibidem. 44 Fascicoli 231-254 della rivista “il Mulino”. 45 Anonimo, E’ morto Pietro Scoppola, lo storico del cattolicesimo, «La Repubblica», 25/10/2007, http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/politica/morto-pietro-scoppola/morto-pietro-scoppola/morto-pietro-scoppola.html 46 Fascicoli 255-266 della rivista “il Mulino”. 47 Fascicoli 267-290 della rivista “il Mulino”.
24
ricerche, saggi e contributi di taglio politico e sociale, che si sommavano agli articoli di
apertura. Veniva altresì analizzato il sistema partitico italiano, specialmente nell’ottica del
bilancio del decentramento regionale, così come i problemi dell’istruzione e, nello specifico,
dell’università.
In seguito alla sua elezione in Senato, nelle fila della Sinistra Indipendente, nel luglio del
1983, egli lasciò direzione della rivista48, che, come detto, a gennaio dell’anno successivo
tornò nelle esperte mani di Matteucci, che ne rimase responsabile fino al 1991.
2.2 La direzione Evangelisti
Giovanni Evangelisti diresse la rivista “il Mulino” dal gennaio 1991 all’agosto 199449. Classe
’32, di origini bolognesi, dopo la laurea in Scienze Politiche a Firenze, entrò ben presto in
contatto con i giovani mugnai, con i quali, nel 1964, mise in piedi la casa editrice, “quando
essa era ancora qualcosa a metà fra il cenacolo di amici e il laboratorio di ricerca50.”. Ne
divenne fin da subito una figura portante, in qualità di direttore editoriale ed amministratore
delegato, contribuendo a donarle un forte impulso, sia dal punto di vista culturale, che
commerciale. Pur con tutte le dovute attenzioni del caso, legate alla missione originaria, di
divulgazione e riflessione attiva, da lui sempre rispettata e promossa, dell’editrice e
dell’Associazione. Come ha ricordato Ernesto Galli della Loggia, infatti:
“Aveva fatto il suo ingresso nella vecchia sede di via Santo Stefano nel momento in cui «il
Mulino» stava compiendo un salto decisivo: da editrice di tipo prettamente universitario e di
alta cultura, specializzata nelle scienze sociali e con un orientamento marcatamente
liberaldemocratico «occidentalistico», ad una produzione saggistica più varia e curiosa,
ideologicamente più libera, anche più disposta a tener conto delle logiche e dei gusti del
mercato. Verso il quale, però, la sua estrazione cattolica e insieme l'ossequio altissimo che
custodiva segretamente dentro di sé per i valori consacrati della grande cultura lo fecero
essere sempre diffidente. Ai suoi occhi anche la pubblicazione della più agile collana
economica, del titolo apparentemente più di consumo, richiedeva comunque una
48 http://www.treccani.it/enciclopedia/gianfranco-pasquino 49 Fascicoli 333-354 della rivista “il Mulino”. 50 Edmondo Berselli, Addio a Evangelisti, anima del Mulino, «La Repubblica», 05/10/2008, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/05/addio-evangelisti-anima-del-mulino.html
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giustificazione forte che fosse all'altezza delle impegnative premesse con cui la sua casa
editrice era stata fondata e di cui egli si considerava il guardiano.51”.
Fu proprio nel 1991, in occasione del quarantesimo anniversario della nascita della rivista,
che entrò in carica il nuovo comitato di direzione, composto da Remo Bodei, Alessandro
Cavalli, Angelo Panebianco, Arturo Parisi, Gianfranco Pasquino, Gian Enrico Rusconi e dallo
stesso Evangelisti, con Edmondo Berselli nel ruolo di redattore capo. La redazione, nata
formalmente nel 1985, cessò di esistere nel 1990, per poi ricostituirsi dal 2001 al 200852.
Erano anni di transizione. In Italia e non solo. Il muro di Berlino era caduto da poco e lo
scenario, a cui il mondo era abituato, era mutato radicalmente. In Medio Oriente si stava
combattendo la Guerra del Golfo, mentre in Oriente si cominciavano a porre le basi per la
nascita di nuovi imperi economici. Nel nostro paese, intanto, scoppiava Tangentopoli, che
sancì il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, con la conseguente sostituzione di
protagonisti politici.
Il materiale, dunque, era copioso, delicato ed incandescente, da trattare con attenzione e con il
consueto distacco, tipico dei mulinisti e, in particolari modo, di Evangelisti.
Essendo, allo stesso tempo, il direttore editoriale e consigliere delegato della società editrice,
gli risultava più immediato il reperimento di risorse utili ad ottenere una maggiore visibilità
della rivista e gli era altresì possibile lavorare a stretto contatto con la redazione,
quotidianamente, mentre i precedenti e successivi responsabili sono sempre stati esterni,
presenti nella sede di Strada Maggiore solo in occasione di riunioni, appuntamenti o per
motivi particolari. La costruzione della rivista era ed è sempre stata affidata al redattore capo,
che, in quegli anni, rispondeva al nome di Berselli, futuro vicedirettore e poi vertice massimo
del giornale53.
L’impianto della pubblicazione fu ben delineato sin dal primo numero da egli diretto e
sarebbe rimasto tale per tutto il periodo della sua conduzione. Rispetto al passato, vennero
rinnovati sia la veste grafica, che i contenuti.
Si partiva con tre editoriali, ad opera di firme competenti e di grande prestigio, che si
occupavano di diverse questioni. Da Romano Prodi, nella prima uscita, che analizzò il
51 Ernesto Galli della Loggia, Addio a Evangelisti, il “guardiano” del Mulino, «Corriere della Sera», 05/10/2008, http://archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/05/Addio_Giovanni_Evangelisti_guardiano_del_co_9_081005059.shtml 52 http://www.rivistailmulino.it/journal/indicestoricocomitati - Ultima consultazione 20/06/2013. 53 Intervista a Bruno Simili del 27/06/2013, qui, p. 43.
26
capitalismo italiano, distinguendolo dal modello manageriale anglosassone e da quello
tedesco54, a Carlo Azeglio Ciampi, che rifletteva sul ruolo della Banca Centrale Europea,
specialmente nell’ottica dell’Unione monetaria degli anni a venire55. Non mancarono le
opinioni sui personaggi più influenti dell’epoca, come papa Giovanni Paolo II, la cui azione
pastorale venne commentata con cura da Luigi Pedrazzi56, o su temi molto dibattuti, come la
crisi di rappresentatività delle organizzazioni sindacali, esaminata da Giuliano Cazzola57.
Le rubriche successive si ponevano l’obiettivo di aprire una finestra sulle vicende di attualità:
si trattava dell’“Osservatorio Italiano”, dell’“Osservatorio Europeo”, dell’“Osservatorio
Internazionale” e di quello Economico. Nel primo si rifletteva sulla situazione nel Belpaese,
in ambito politico, per mano, ad esempio, di Piero Ignazi58 o di Lorenzo Ornaghi59, lavorativo
(alla questione meridionale ed alle privatizzazioni, per citarne alcuni) e sociale.
Nel secondo, si ragionava, tra gli altri, sui possibili modelli di welfare europei, sulla
Germania unita e federale allo stesso tempo, sulla nuova Russia, sull’immigrazione, la
demografia e l’ambiente. Poi si passava al contesto Internazionale, in cui la situazione
mediorientale, la dissoluzione jugoslava, l’instabilità di molte aree dell’Africa e gli sviluppi di
Cina e Giappone, erano alcuni degli argomenti più discussi. Si terminava poi con il punto di
vista Economico, incentrato principalmente, ma non solo, su disoccupazione, autonomia
fiscale e modelli di privatizzazione.
Infine, gli approfondimenti. Ciascun numero si dedicava allo studio ed alla critica di un
problema specifico, ben definito, interpretato e valutato dai collaboratori della rivista più
competenti in materia. Interessanti indagini vennero svolte a proposito del settore scolastico,
dell’Università e dell’istruzione nel suo insieme, del ruolo del Presidente della Repubblica e
della rinnovamento delle istituzioni, delle scelte della Chiesa, del trattato di Maastricht e del
suo lascito, del mercato del lavoro, dell’identità nazionale e della cittadinanza, di Dossetti, del
Partito d’Azione e della Resistenza, delle elezioni negli Stati Uniti e di un panorama politico
italiano trasfigurato, in cui cominciavano ad imporsi delle personalità inedite, che ne
sarebbero state al centro negli anni a venire.
Nel suo complesso, la gestione Evangelisti si dimostrò sempre precisa e rigorosa, protesa
verso le riforme democratiche e puntuale nel descrivere ciò che accadeva nel nostro paese e
nel resto del mondo. Caratterizzata da un taglio editoriale certamente non facile, economico, 54 Romano Prodi, C’è un posto per l’Italia fra due capitalismi?, Il Mulino, 1/1991, pp. 21-33. 55 Carlo Azeglio Ciampi, Scienza e arte del banchiere centrale, Il Mulino, 1/1992, pp. 5-17. 56 Luigi Pedrazzi, Le frontiere di un papa: ritratto di Giovanni Paolo II, Il Mulino, 6/1993, pp. 1026-1039. 57 Giuliano Cazzola, La gabbia sindacale, Il Mulino, 4/1994, pp. 595-603. 58 Piero Ignazi, L’albero cui tendeva. Nascita e prospettive del Pds, Il Mulino, 1/1991, pp.121-131. 59 Lorenzo Ornaghi, Politica dei cattolici fra pace e giustizia, Il Mulino, 2/1991, pp. 363-367.
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europeo, molto pragmatico e lontano dalle astrazioni. Animata da pensieri e figure
diversissime tra loro, fondamentali per la crescita e l’arricchimento del periodico.
Per rifarci al pensiero di Marco Marozzi, infatti:
“Era un bolognese assolutamente anomalo, Evangelisti, appartato, appartatissimo, silente.
Eppure se mai esiste un maestro di volontà che forse a lui non sarebbe piaciuto chiamare
ottimismo, lui lo era. La storia di Bologna […] passa attraverso la figura di quest'uomo che
quasi nessuno nella città dell'apparire conosce. […] Evangelisti ha guidato la sua «casa» di
pensieri, analisi e libri. Convinto che fosse la cultura alta a indicare le strade, insieme però
capace di capire e gestire la sua discesa in una quotidianità non sbracata. […] Lui, figlio di
famiglia modesta, che per tutta la vita mostrava come massima apparizione pubblica la foto di
alcuni momenti in serie A nella Virtus Basket. Sala Borsa, Anni Cinquanta. Una umanità che
usciva e diventava più affascinante proprio perché inimmaginabile. Come nel piacere della
tavola o nel «lei» che usava spesso in un mondo invaso dal «tu». Ma con un rapporto fin
fisico, la battuta, la stretta, che rendeva tutto nobile e da rimpiangere.60”.
Scomparso pochi anni fa, Giovanni Evangelisti fu un personaggio unico ed universale, vero
“factotum” di tutto il gruppo del Mulino61.
2.3 La direzione Cavalli
Alessandro Cavalli è stato a capo dello storico organo dei mugnai dal settembre 1994 al
dicembre 2002 62 . Nato a Milano nel 1939, già professore ordinario di Sociologia
all’Università di Pavia, presiede, presso lo stesso ateneo, il Centro di Studi e Ricerche sui
Sistemi di Istruzione Superiore (Cirsis).
Il suo periodo di conduzione, tra i più longevi nell’esistenza del Mulino, fu segnato da alcuni
momenti storici. L’Italia stava vivendo la bicamerale, gli inizi e lo sviluppo fenomeno
berlusconiano, il primo governo Prodi e l’ingresso nella moneta unica. Poi, d’improvviso,
l’11 settembre. Ed il mondo cambiò per sempre.
Il neodirettore, che non ha apportato particolari modifiche alla struttura del giornale, mentre,
al sorgere del nuovo millennio, ne variò la grafica, affrontò questi temi con occhio vigile e 60 Marco Marozzi, L’intellettuale che segnò Bologna, «La Repubblica – Bologna», 05/10/2008, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/05/intellettuale-che-segno-bologna.html 61 B. Bechelloni, op. cit., p. 196. 62 Fascicoli 355-404 della rivista “il Mulino”.
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concreto. I cambiamenti più significativi, a livello di sezioni e veste stilistica (quest’ultima fu
rivista anche nel 2002), avvennero nel 2001, in occasione dei cinquant’anni dalla nascita del
periodico.
Il comitato di direzione, nel frattempo, si era arricchito di due nuovi membri, quali Maurizio
Ferrera e Paolo Onofri. Nel gennaio ’97 venne rinnovato, con l’ingresso di Roberto Cartocci,
Massimo Livi Bacci, Paolo Pombeni e Domenico Siniscalco e l’uscita di Panebianco,
Pasquino, Parisi e proprio di Evangelisti, mentre Berselli era diventato il vicedirettore due
anni prima.
Il mandato successivo entrò in vigore dal gennaio 2000, quando il gruppo editoriale venne
così definito: Edmondo Berselli, Paolo Bosi, Marco Cammelli, Roberto Cartocci, Alessandro
Cavalli, Giovanni Evangelisti, Paolo Legrenzi, Paolo Pombeni e Gian Enrico Rusconi, con
Bruno Simili nel ruolo di capo redattore.
Un episodio interessante, legato all’impostazione del giornale, la cui periodicità era stata
ridiscussa, avvenne proprio in questo periodo, come ci ha spiegato appunto il dottor Simili:
“Un passaggio molto importante da citare, a mio parere, è il momento in cui Edmondo
(Berselli, ndr), da vicedirettore, propose il passaggio da una periodicità bimestrale, ad una
mensile. Si era reso conto, infatti, che sei uscite all’anno non fossero sufficienti per seguire
ciò che accadeva e che i tempi si fossero molto accorciati, schiacciati, ancor prima
dell’avvento massiccio di internet. Si ragionò su undici numeri, con un’unica uscita estiva; la
proposta venne discussa ed analizzata, ma non passò, principalmente per motivi
imprenditoriali ed economici, dato che questa eventuale ristrutturazione avrebbe comportato
l’ampliamento della redazione, cosa allora non sostenibile.63”.
L’intelaiatura della rivista era, in buona parte, simile a quella della precedente direzione. Le
novità, che apparirono saltuariamente o con continuità nel corso degli anni, erano costituite da
alcuni nuovi “Osservatori”, che si aggiungevano a quelli già presenti: Istruzione, Formazione,
Comunicazione, Scuola e Università. Nacquero inoltre delle sezioni inedite: “Mappamondo”,
curato da Paolo Pombeni, in cui si parlava dei processi politici, economici e socioculturali in
corso in varie zone del globo, “Mass Media e Poitica”, dove si analizzavano gli eventi politici
dal punto di vista mediatico, “Database”, spazio riservato a ricerche, sondaggi e studi
specifici, e le “Discussioni” su di un argomento particolare. Nel 2001 fiorì anche una rubrica
63 op. cit., qui, p. 44.
29
dal titolo “Lezioni di mezzo secolo”, ove autori come Matteucci, Berselli e Salvati,
spiegavano termini ormai di uso quotidiano (Populismo, Qualunquismo, Statalismo,
Pluralismo…).
La parte iniziale era comunque sempre dedicata agli editoriali. Da ricordare, tra questi, gli
interventi di Arrigo Levi64, che confrontava la propria laicità con la fede di Karol Wojtyla,
Giovanni Sartori65, critico verso la concezione italianistica del sistema maggioritario, Giulio
Tremonti66, che denunciava il passaggio dell’economia da territoriale a globale e le possibili
contromisure dello Stato, Tommaso Padoa-Schioppa67, la cui riflessione si incentrava sui
successi e le incompiutezze dell’Unione Europea, e Remo Bodei68, che si interrogava su
potenzialità e questioni etiche in merito al progresso scientifico.
L’“Osservatorio Italiano” restava preminente. Dall’incontestabile influenza della televisione
nelle elezioni di marzo ’94, secondo Luca Ricolfi69, ai rischi dell’idea secessionista della
Lega, analizzati da Ilvo Diamanti70, passando per il federalismo in Italia, le riforme delle
istituzioni, la sconfitta della sinistra a Bologna e la crisi del calcio nostrano.
Lo stesso valeva per quello Internazionale, minuzioso nel descrivere le trasformazioni in atto
in tutte le aree del pianeta, che si trattasse della guerra in Kosovo o in Afghanistan, del
governo Blair, del misterioso Putin, del Brasile del futuro o della situazione in Israele. Che si
parlasse della forte crescita del mercato cinese, con cui entrare in contatto71, o della Francia di
Chirac72.
Grande spazio venne concesso all’Europa, non solo con il proprio Osservatorio o con i
consueti approfondimenti, con articoli di Enrico Letta, Filippo Andreatta, Tito Boeri, Romano
Prodi e tanti altri collaboratori, ma soprattutto con un supplemento apposito, allegato alla
rivista per tutto il ’95 ed il ’96, più l’intero numero di maggio-giugno del 1998 73 ,
completamente dedicati all’Unione Europea, al rapporto dell’Italia con essa ed all’arrivo della
moneta unica.
64 Arrigo Levi, Le due fedi, Il Mulino, 6/1994, pp. 959-973. 65 Giovanni Sartori, La democrazia delle idee sbagliate, Il Mulino, 6/1995, pp. 959-969. 66 Giulio Tremonti, La guerra “civile”, Il Mulino, 5/1996, pp. 842-856. 67 Tommaso Padoa-Schioppa, Che cosa ci ha insegnato l’avventura europea, Il Mulino, 6/1998, pp. 987-1003. 68 Remo Bodei, Cambiare la vita. Bioetica e biotecnologie, Il Mulino, 2/2001, pp. 195-205. 69 Luca Ricolfi, Elezioni e mass media. Quanti voti ha spostato la tv, Il Mulino, 6/1994, pp. 1031-1046. 70 Ilvo Diamanti, L’improbabile ma rischiosa secessione leghista, Il Mulino, 5/1995, pp. 811-820. 71 Domenico Siniscalco, Cina: rischi e opportunità, Il Mulino, 6/1994, pp. 1035-1040. 72 Aldo Cazzullo, La Francia di Chirac, Il Mulino, 1/1996, pp. 160-166. 73 Fascicolo 377 della rivista “il Mulino”.
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Non mancarono ovviamente i focus tematici. Si spaziava dalla globalizzazione alla mafia, dal
lavoro al welfare, dai problemi della giustizia alla memoria delle stragi, dal terrorismo
islamico alle elezioni, non soltanto italiane.
Gli ambiti più spesso dibattuti ed approfonditi, furono però quelli legati ai giovani,
all’istruzione, all’università ed alle nuove forme di comunicazione, apparsi molto di frequente
tra le pagine della rivista.
A testimoniare, ancora una volta, lo spirito di “rinnovamento nella continuità” che ha sempre
contraddistinto il pensiero del Mulino. Ben incarnato da Cavalli.
2.4 La direzione Berselli
Edmondo Berselli è stato il direttore del periodico da gennaio 2003 a dicembre 200874.
Scrittore, giornalista, intellettuale, nacque a Campogalliano, in provincia di Modena, il 2
febbraio 1951. Entrato a far parte della casa editrice nel 1976, cominciò ad occuparsi della
rivista dieci anni dopo, quando ne divenne capo redattore. Nel 1995 fu promosso a
vicedirettore e, nel 2000, venne cooptato nel comitato di direzione.
Profondo conoscitore dell’ambiente del Mulino, era particolaramente legato a Nicola
Matteucci, con cui, dall’86, condivise anche l’ufficio, e che lo accompagnò, negli anni, nella
sua crescita intellettuale e lavorativa. Così lo descriveva, sulle colonne di Repubblica:
“per apprezzarne compiutamente la personalità era necessario ascoltarne la lezione vivente,
come facevano i suoi studenti e i collaboratori che venivano a trovarlo la mattina nel suo
ufficio al Mulino. Capire i suoi modi un po' bruschi, le sue idiosincrasie sbrigative, il suo
affetto talvolta ruvido, i rabbuffi improvvisi, le rapide riappacificazioni, i congedi senza
smancerie. Dietro quei modi, si poteva trovare lo spessore di un intellettuale che aveva
maturato le sue convinzioni liberali grazie a una sperimentazione incessante, a un mettersi alla
prova con la politica, a un gusto speciale per il discorso pubblico e il confronto di idee. […] E
in ogni momento si poteva apprezzare la nonchalance dello studioso che affronta la sua
giornata con scioltezza, senza accademismi, fuori di ogni retorica, soddisfatto della sua villa
nella campagna bolognese, del suo tavolo di lavoro, delle sue schede bibliografiche, della
scienza liberale da cui non si era mai separato, neppure nel momento della fatica e del
dolore.75”.
74 Fascicoli 405-440 della rivista “il Mulino”. 75 E. Berselli, op. cit.
31
O anche, in tono più leggero:
“di solito era difficile introdurre Matteucci a qualche considerazione culturale, a un discorso
di carattere accademico o intellettuale, a un giudizio su un libro, su un saggio, su un filosofo:
parlare di cultura evidentemente lo annoiava, e preferiva indulgere a pettegolezzi politici e
d’ambiente giornalistico. Ma naturalmente nei quindici anni di convivenza mattutini sono
riuscito a fare il parassita della sua cultura eccezionale, e qualcosa devo avere imparato.
L’aspetto più divertente della personalità di Matteucci era la scarsa attitudine a frequentare
territori estranei alla filosofia, alle dottrine politiche e al costituzionalismo. Per dire, non
capiva e non voleva capire nulla di calcio. Aveva giocato a tennis, ma non seguiva nessuno
sport. Parlava di cinema senza mai ricordare il titolo di un film, e quindi era costretto a
spiegazioni lunghissime.76”.
Più tormentato, conflittuale, ma, allo stesso tempo, affettuoso, fu il suo rapporto con
Evangelisti, soprattutto all’interno dell’editrice.
“sono stato vittima, forse la principale, di Giovanni Evangelisti, il geniale e capriccioso deus
ex machina dell’Editrice bolognese, singolare figura di grasso nevrotico, nonché inventore di
un metodo di lavoro che fingeva di affidare agli altri il potere, attraverso un carosello
vorticoso di comitati e gruppi di lavoro, mentre in realtà il bastone del comando veniva tenuto
saldamente ed esclusivamente da lui, senza mai un tentennamento. Soltanto con il tempo, e
dopo essere uscito dalla casa Editrice, mi sono accorto che, come il Duce, Evangelisti aveva
sempre ragione, soprattutto quando discuteva con me, e ho cominciato a volergli bene perché
non c’era più bisogno di litigare per accettare il suo punto di vista.77”.
La conduzione di Berselli coincise con l’entrata in carica del nuovo comitato di direzione,
composto da Paolo Bosi, Marco Cammelli, Alessandro Cavalli, Giovanni Evangelisti, Paolo
Pombeni ed egli stesso. Venne istituito anche un comitato di redazione, i cui membri erano
Filippo Andreatta, Paolo Ferratini, Franco Mosconi e Loris Zanatta.
Furono entrambi ridisegnati tre anni dopo, quando, nel primo, oltre al saggista modenese,
entrarono Carlo Galli, Piero Ignazi, Loredana Sciolla e Giacomo Vaciago, mentre, nel
76 Edmondo Berselli, Venerati maestri, Milano, Mondadori, 2006, p. 482. 77 Edmondo Berselli, Liù. Biografia morale di un cane, Milano, Mondadori, 2009, pp. 1326-1327.
32
secondo, si aggiunsero Roberto Bertinetti, Guido Formigoni, Franca Maino ed Andrea
Marrone. Il redattore capo era sempre Bruno Simili.
Berselli visse, da direttore, gli anni in cui terminava la legislatura berlusconiana, veniva
incaricato il “mugnaio” Prodi, per poi ritrovare il Cavaliere nuovamente a Palazzo Chigi. Nel
frattempo, negli Stati Uniti, George W. Bush veniva riconfermato Presidente, poi sarebbe
stata la volta di Obama. Con l’esplosione della crisi economica, dilagata in poco tempo in
tutto il mondo globalizzato.
I cambiamenti dell’era berselliana riguardarono principalmente l’aspetto comunicativo, con
l’apertura alla collaborazione di giornalisti di qualità, da Aldo Grasso78 a Giancarlo Zizola79,
con stili di scrittura meno accademici 80 ed accessibili anche ad un pubblico meno
specializzato81. I contenuti analizzavano l’attualità, senza mai dimenticare il passato, con cui
permaneva un forte legame, specialmente nell’ambito politico, sociologico e culturale. Venne
modificata più volte la copertina, mentre, a partire dal 2006, fu parzialmente rinnovata la
veste grafica interna. Lo scheletro del giornale rimase similare a quello passato, ad esclusione
della rubrica “Mappamondo”, che venne comunque ben suddivisa all’interno degli
Osservatori Europei ed Internazionali.
Dunque, senza snaturarne l’essenza, Berselli inserì figure nuove ed argomenti stimolanti, che
contribuirono a rinvigorirne lo spirito e la visibilità.
“Il Mulino ha dato il meglio di sé quando ha offerto ai suoi lettori chiavi per interpretare i
temi più sensibili del momento: il primo centro-sinistra di Moro Nenni e Fanfani,
l'integrazione europea, il confronto fra mondo cattolico e mondo laico. O quando, come nei
primi anni Novanta, ha dato un contributo di rilievo alle riflessioni e alle azioni (movimenti,
referendum) che hanno cercato di sbloccare un sistema politico insabbiato nella direzione
dell'alternanza e del bipolarismo compiuto. […] il "mio" Mulino avrà un' attenzione speciale
alla cultura e alla politica del centro-destra, ma non per compensare inesistenti squilibri
passati nell' altra direzione. La verità è che il governo del centro-destra è la vera novità
sensibile e di forte portata di questo decennio italiano, ma nessuno finora ha intrapreso un
lavoro intellettuale di analisi, di smontaggio profondo della cultura che sta alla base di questo
78 Aldo Grasso, La politica nel salotto televisivo, Il Mulino, 3/2003, pp. 474-480. 79 Giancarlo Zizola, L’elezione di Papa Ratzinger, Il Mulino, 3/2005, pp. 502-515. 80 op. cit., qui, p. 44. 81 Michele Smargiassi, Il Mulino adesso studierà le radici del centro-destra, «La Repubblica», 20/02/2003, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/02/20/il-mulino-adesso-studiera-le-radici-del.html
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fenomeno molto complesso, nebulosa unificata solo da Berlusconi. […] Lavoreremo nel
nostro stile, che è studiare le cose prima che le ideologie. A tutto campo: non ci dedicheremo
solo a un settore del quadro. Per esempio mi sembra necessario lavorare ancora sul filone
centrale, storico della rivista, che è il rapporto fra cattolicità e laicità in Italia, e che è ancora
uno dei fattori centrali che influenzano le scelte politiche di fondo.82”.
Come testimoniato anche da Valerio Varesi, infatti:
“Gli anni più impegnativi, ma forse anche tra i più fecondi, sono stati quelli dell' avvento del
centro destra all' inizio del 2001. In quel difficile passaggio, la discussione dentro il gruppo
dei "mugnai" s' è fatta più accesa […].Si confrontano due diverse opinioni su come affrontare
la novità, visto che un forte polo di centro destra impone di analizzare un quadro politico
rinnovato. Una discussione che vede impegnati anche Angelo Panebianco ed Ernesto Galli
Della Loggia, ma alla fine le lacerazioni si ricompongono con la direzione di Berselli. La sua
rotta è quella di affrontare le tematiche portate dal Polo con un approccio di tipo analitico,
senza nessuna implicazione ideologica.83”.
L’organizzazione della rivista rimase, nel suo complesso, molto simile al passato, anche se
non mancarono alcune significative modifiche.
Tra gli editoriali in apertura, spiccavano il testo integrale della lectio magistralis di Giuliano
Amato 84 , tenutasi alla XIX Lettura dell’Associazione “il Mulino”, sui lavori della
Convenzione europea, un pensiero di Carlo Galli85 sulla riforma della Costituzione, ed una
riflessione di Enzo Bianchi86 sul rapporto fra Chiesa e società civile.
Nell’“Osservatore Italiano” si discuteva, ad esempio, di Fiat, di crescita con la ricerca nel
progresso tecnico, di riforme, bipolarismo, da Forza Italia ed Ulivo a PDL e PD, dei casi Cirio
e Parmalat, di lavoro, di diritti civili ed istruzione. In quello Internazionale, dell’Islam non
fondamentalista, di Lula e del Sud America, del protocollo di Kyoto, della guerra in Cecenia,
della situazione in Darfur, del processo di pace in Palestina, dell’Iran di Ahmadinejad e
82 M. Smargiassi, op. cit. 83 Valerio Varesi, Berselli lascia il Mulino, Ignazi nuovo direttore, «La Repubblica», 08/10/2008, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/08/berselli-lascia-il-mulino-ignazi-nuovo-direttore.html 84 Giuliano Amato, L’Europa dal passato al futuro, Il Mulino, 1/2004, pp. 5-14. 85 Carlo Galli, Di debole Costituzione. A proposito dell’attuale revisione della Carta, Il Mulino, 2/2005, pp. 211-220. 86 Enzo Bianchi, Cristiani nella società: il valore dell’uguaglianza, Il Mulino, 4/2007, pp. 585-592.
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dell’occupazione in Cina, mentre in quello Europeo si passava dalla valutazione della politica
di Zapatero, a quella di Sarkozy e di Gordon Brown.
Non mancavano gli approfondimenti tematici, dedicati all’agenda delle riforme (fedele alla
linea di pensiero mulinista), alle idee per la televisione, a Tony Blair, alla Francia di Chirac,
alla crisi dell’economia e dei ceti medi, agli atenei da ridefinire, alla possibile divisione
dell’Unione Europea, alle grandi opere, come la TAV, alle energie rinnovabili ed allo
sviluppo sostenibile, alle elezioni americane, al futuro delle nuove generazioni.
Poi nuove sezioni, come “Interventi” ed “Idee”, dedicate a proposte e riflessioni a ruota libera
di intellettuali e pensatori, “Agenda di Governo”, in cui si analizzavano i provvedimenti
dell’esecutivo, e “La Questione Urbana”, spazio rivolto all’esame critico di una città. A ciò si
aggiungeva il già presente “Database”, che, negli anni, fu ridimensionato.
Lo stile della gestione Berselli fu, in definitiva, sobrio, pragmatico e molto apprezzato;
sempre serio, ma non autoreferenziale, votato all’equilibrio, senza eccessi, né stravolgimenti.
Mancato nel 2010, è considerato universalmente uno dei migliori direttori nella storia del
Mulino87.
2.5 La direzione Ignazi
Il periodo di conduzione di Piero Ignazi andò dal gennaio 2009 al dicembre 201188.
Politologo, classe ’51, insegna Politica Comparata all’Università di Bologna.
Il suo taglio del periodico fu ancor meno accademico, rispetto alla guida precedente, con
articoli più brevi, privi di note, e l’introduzione di sezioni dedicate non solo a politica e
cultura, ma anche a costume, satira, società, arte e letteratura.
“«Dietro il nostro progetto - dice Ignazi - c' è l' ambizione di reimpostare un pensiero critico
legato alla concretezza empirica. In Italia abbiamo bisogno di una voce non partigiana ma
laica, che rifugga dalle posizioni apodittiche. Intendiamo interpretare nell' incarnazione del
Duemila le anime che hanno ispirato le origini del Mulino: il riformismo liberale, socialista,
87 Antonella Beccaria e Davide Turrini, Svolta alla direzione del Mulino, «Il Fatto Quotidiano», 25/10/2011, http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/25/nuovo-direttore-alla-rivista-il-mulino-michele-salvati-succede-a-piero-ignazi/166235/; Luciana Cavina, Il Mulino cambia direttore: sfiducia a Ignazi, c’è Salvati, «Corriere della Sera», 26/10/2011, http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cultura/2011/26-ottobre-2011/mulino-cambia-direttore-sfiducia-ignazi-c-salvati-1901946435380.shtml 88 Fascicoli 441-458 della rivista “il Mulino”.
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cattolico democratico. Ci riteniamo eredi della tradizione illuminista, espressione dello spirito
laico anche grazie al contributo di tanti cattolici».89”.
E ancora:
“«Vogliamo che sia sempre più centrale nel dibattito culturale e politico italiano aprendo
anche ad altre discipline culturali come la letteratura e l' arte. Ecco, se devo indicare il
cambiamento più importante, dico che sarà ampliata la parte culturale della rivista»90”.
La sua conduzione coincise con una rivoluzione della rivista. In questi anni, segnati
dall’aggravarsi della crisi economica in tutto il mondo e dalla definitiva esplosione dei social
network, Ignazi apportò una fondamentale innovazione all’interno del Mulino: la creazione di
un sito internet, in cui pubblicare articoli e dialogare con i lettori.
La veste grafica, sia interna, che esterna, venne restaurata e l’indice arricchito di nuove voci.
In copertina venivano pubblicate delle immagini, come accadeva sui numeri di molti anni
prima. Scomparvero gli Osservatori e praticamente tutte le vecchie rubriche, per dare spazio a
diversi campi di interesse ed a collaboratori più giovani e meno conosciuti.
Si partiva con il consueto saggio breve, per mano di autori come Remo Bodei91 o Amartya
Sen92, per poi proseguire con “Il caso italiano” e “La finestra sul mondo”, che richiamavano
gli sguardi sul nostro paese e sul panorama internazionale, già presenti negli anni passati. Nel
primo, si analizzavano temi di vario genere, tra cui il precariato, il caso Alitalia, le pensioni,
la riforma Gelmini, il rapporto tra politica e giustizia, la corruzione, i sussulti della Lega
Nord, l’utilizzo dell’energia nucleare, il terremoto di L’Aquila, la mafia, la scuola, la
diffusione della droga ed il referendum sull’acqua pubblica; nel secondo, si passava dai rischi
causati dalla Corea del Nord, alla crisi in Grecia, dalla figura di Huga Chavez, al federalismo
belga e tedesco, sino ad arrivare alle rivolte della “Primavera araba”.
Gli elementi di novità erano costituiti per lo più da “La farina del diavolo”, pagine di satira e
polemica, decisamente originali per l’impostazione mulinista, da “Tendenze”, in cui si
esaminavano gli argomenti più in voga al di fuori degli ambienti politico-culturali, da
Facebook, all’industria del cinema, alla musica contemporanea, poi “Stampa e Regime”, dove 89 Dino Messina, “Il Mulino”: illuminismo versione 2000, «Corriere della Sera», 25/02/2009, http://archiviostorico.corriere.it/2009/febbraio/25/Mulino_illuminismo_versione_2000_Indice_co_9_090225067.shtml 90 Valerio Varesi, op. cit. 91 Remo Bodei, La fragilità delle democrazie, Il Mulino, 4/2009, pp. 531-544. 92 Amartya Sen, Sviluppo sostenibile e responsabilità, Il Mulino, 4/2010, pp. 554-567.
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si analizzavano le relazioni tra il potere ed i media. Grande importanza era riservata ai libri,
con “Macinalibri”, la zona delle recensioni, su testi di diversa natura, che si trattasse di
Soros93 o di Baricco94, ed ai personaggi, nella parte “Profili” (tra i tanti, che furono ritratti:
Frederich von Hayek, John Rawls e Ingmar Bergman), “Confronti”, in cui due eminenti
personalità si sfidavano su di una questione specifica, e nella classica “Intervista”.
Di particolare rilievo lo spaccato dedicato all’Istituto Cattaneo, nominato “Cattaneo ricerca”,
ove si analizzavano i dati di ambito sociopolitico, quali, ad esempio, la competizione per la
segreteria del PD o quanto i genitori influenzino i propri figli, sotto questo aspetto.
Per non troncare del tutto i legami con il passato, alla luce di tutti questi cambiamenti, venne
inaugurato “L’anno scorso a Marienbad” (titolo ispirato al celebre film di Alain Resnais), che,
unitamente ai pezzi d’archivio saltuariamente riproposti, si occupava di ricordare vicende
italiane storiche. Vennero addirittura inserite delle graphic novel, per raccontare eventi di un
tempo.
Infine, nel 2011, in occasione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, nonché dei sessanta
dall’edificazione del Mulino, si diede vita a “Se centocinquanta vi sembran pochi”, reparto di
approfondimento della rivista sui grandi temi, che hanno animato il nostro paese dal momento
della sua fondazione, sino a tale ricorrenza.
Il comitato di redazione, con la fine dell’epoca berselliana, non venne riproposto, mentre
quello di direzione era stato ridisegnato a partire dal gennaio 2009. I nuovi componenti erano
Mauro Barberis, Roberto Escobar, Silvia Giannini, Ignazi medesimo, Marc Lazar, Loredana
Sciolla, Marino Sinibaldi e Francesco Vella, con Simili sempre nel ruolo di redattore capo.
All’Assemblea dei soci di giugno 2011, nell’affrontare il futuro del giornale, venne ridiscussa
la direzione Ignazi, le cui scelte erano state poco gradite a diversi componenti
dell’Associazione95.
Tra i più critici, figurava Gianfranco Pasquino, inizialmente tra gli indiziati per la successione
a Berselli, poi superato dallo stesso Ignazi96:
“«Evidentemente — fa i suoi conti Ignazi — quelli che non si sono espressi in assemblea
sono quelli che hanno apprezzato meno il mio operato». Pasquino ribadisce: «La rivista era
diventata brutta, abbondava di articoli che si limitavano a riportare fatti o lettere dell’estero
fino a scivolare verso il trash. L’ho detto pubblicamente. Ha perso presenza culturale». […] 93 Giuseppe Marotta, George Soros - “Cattiva finanza”, Il Mulino, 2/2009, pp. 321-322. 94 Bruno Simili, Alessandro Baricco – I Barbari, Il Mulino, 5/2009, pp. 842-843. 95 A. Beccaria, D. Turrini, op. cit. 96 Valerio Varesi, op. cit.
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Va bene lo spazio ai giovani — continua Pasquino — ma se non sanno scrivere o non sono
originali non vanno bene.97”.
Al comitato di redazione autunnale, al momento di decidere il nome del nuovo direttore,
Ignazi venne battuto da Michele Salvati, che diventò, in questo modo, il quattordicesimo
responsabile nella storia della rivista.
2.6 La direzione Salvati
Michele Salvati è l’attuale direttore del periodico “il Mulino”, a partire dal gennaio 201298.
Nato a Cremona nel 1937, docente universitario, economista ed intellettuale, collabora da
diversi anni con numerosi quotidiani e vanta alle spalle un’elezione alla Camera dei Deputati,
tra le fila dell’Ulivo, con cui contribuì al progetto della bicamerale per le riforme istituzionali.
Al momento della sua nomina, entrò in carica il nuovo comitato di direzione, formato da
Roberto Escobar, Piero Ignazi, Marc Lazar, Loredana Sciolla, Carlo Trigilia, Gianfranco
Viesti e da lui stesso.
In Italia è appena caduto il governo Berlusconi ed ha preso il via il periodo dei tecnici, seguito
da nuove, sconcertanti, elezioni, mentre nel resto del pianeta si assiste alla riconferma di
Obama, alla prosecuzione del periodo di instabilità economica ed al mutamento degli scenari
geopolitici in Nord Africa e nel Medio ed Estremo Oriente.
Salvati è chiamato a descrivere ed analizzare tutto questo e, per farlo, riparte dalle innovazioni
di Ignazi, senza rivoltare ulteriormente lo stile della pubblicazione, ma rivedendone il taglio,
tornato ad essere più classico ed erudito.
Viene studiata una nuova facciata, mentre l’interno resta abbastanza similare a quello
precedente. L’esordio è sempre affidato ad una grande firma, come Martha C. Nussbaum99 o
Gian Enrico Rusconi100, poi si passa al “Caso italiano”, dove si parla di riforma del lavoro, di
Rai, del governo Monti, di immigrati e diritto di voto, del ricambio generazionale, del
97 L. Cavina, op. cit. 98 Fascicoli 459 e ss. Della rivista “il Mulino”. 99 Martha C. Nussbaum, Educare per il profitto o per la libertà?, Il Mulino, 1/2012, pp. 7-21. 100 Gian Enrico Rusconi, La sovranità tedesca e le istituzioni europee, Il Mulino, 5/2012, pp. 767-780.
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Movimento 5 Stelle, delle primarie del PD, di politica industriale, di sanità, corruzione,
Twitter e molto altro. Accanto ad esse, viene aggiunta una nuova rubrica, chiamata
“Riformare le istituzioni” (non sempre presente), in cui si spazia dalla proposta di una nuova
legge elettorale al futuro dei partiti.
Permane attiva “La finestra sul mondo”, aperta sui movimenti arabi, sull’evoluzione cinese ed
indiana, su papa Francesco, sulla situazione in Russia, sul voto negli Stati Uniti, sulla crisi
coreana e su quella in Turchia, così come sull’economia argentina e sulla ricostruzione della
Somalia, solo per citare alcuni dei considerevoli argomenti approfonditi.
Le si affianca “L’Europa necessaria”, una visione qualificata e rigorosa sul vecchio continente
e le sue prospettive.
Sono rimaste, allo stesso tempo, le rubriche culturali, come “Macinalibro” (non più al plurale,
perché riguardante un solo testo per volta), “Confronto” e “L’anno scorso a Marienbad”, così
come l’“Intervista” ed il “Profilo” ad e di una figura di rilievo. Viene recuperato anche lo
spazio per le “Idee”, accantonato durante la gestione Ignazi.
Nasce inoltre un nuovo angolo, denominato “Da dove ripartire”, vengono proposti temi
concreti e stimolanti, per ridare vitalità al nostro sistema, in un’ottica realistica e positiva.
Ripartendo dall’ossatura composta da Ignazi, ma recuperando, allo stesso tempo, la filosofia
originaria dei mugnai, Salvati sta dunque provando ad indirizzare il Mulino verso un futuro
incerto per la rivista e per l’intero mondo dell’editoria, tenendola saldamente legata alle sue
solide basi.
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Capitolo 3 – L’evoluzione digitale
3.1 Il sito web
L’arrivo di Ignazi al vertice della rivista ha segnato un mutamento anche in campo
informatico. Per anni la visibilità del periodico sulla rete si è limitata ad una pagina di
presentazione sul sito dell’Associazione101, puramente informativa e molto semplice.
Come ha ricordato egli stesso, nella nota introduttiva del nuovo indirizzo in rete:
“La cadenza bimestrale della rivista cartacea lascia il tempo della riflessione e
dell’approfondimento, il sito offre l’opportunità del commento e dell’intervento in presa
diretta. E soprattutto consente di aprire un rapido canale di comunicazione con i lettori. Dalla
rivista sceglieremo di volta in volta un articolo significativo da mettere in rete aprendolo ai
commenti, come tutti gli altri contenuti pubblicati online; e, in aggiunta a questo,
riprenderemo alcuni brevi box pubblicati nel numero in corso.102”.
Per il primo anno, a partire dal 24 febbraio 2009103, oltre alla notizia di apertura, legata
all’attualità, comparivano sempre le “lettere internazionali”, redatte da una fitta rete di
collaboratori, che fungevano da occhio attento e curioso sui fatti di tutto il mondo, variando,
in termini di quantità, a seconda degli argomenti trattati. Il resto degli contenuti era racchiuso
dalla rubrica “Sotto la lente”, in cui si parlava un po’ di tutto. Dal 2010 questa scompare,
mentre l’incipit e la finestra internazionale rimangono. Ad esse di sono sommati, nel tempo,
spazi quali “identità italiana”, un’analisi accurata della situazione generale nel nostro paese,
“memoria/memorie”, in cui si ricordano eventi del passato, riproponendoli nel presente, e
“culture”, angolo dedicato all’aspetto più impegnato e sociologico della quotidianità. Tutti
presenti ancora oggi ed aggiornati con buona frequenza, consentendo così una maggiore
copertura dell’attualità, nazionale ed internazionale, rispetto al bimestrale.
Vi sono poi le sezioni destinate alle recensioni librarie ed alle news su incontri e presentazioni
di volumi.
101 http://www.mulino.it/ilmulino - Ultima consultazione 27/06/2013 102 http://www.rivistailmulino.it/news - Ultima consultazione 27/06/2013 103 Mario Baudino, Il nuovo Mulino si fa aggressivo, «La Stampa», 25/02/2009, http://www1.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200902articoli/41371girata.asp
40
Infine, è disponibile l’intero indice storico, unitamente alla ricerca per fascicolo o per autore,
che consente di individuare direttamente un articolo specifico e di acquistarlo in formato pdf.
In un incontro con Bruno Simili, abbiamo discusso della novità rappresentata dall’apparizione
di un’area web propria della rivista, in un ambiente tradizionale ed abbastanza conservatore,
come quello dei mugnai:
“Quello del sito è un cambiamento importante, perché il Mulino, inteso come gruppo, non ha
uno spazio web vero e proprio. Ne ha uno istituzionale, molto datato, che nei prossimi mesi
dovrebbe essere cambiato e che è fondamentalmente “di servizio”, viene cioè usato per
esporre il nostro lavoro e fornire delle utili informazioni su di noi. Quello della rivista è il
vero sito web, che il Mulino decide di inaugurare a febbraio 2009.
Un po’ alla volta, abbiamo aumentato il numero di news, pubblicate settimanalmente, e
migliorato il rapporto con i lettori, che si possono iscrivere, ricevendo la newsletter ed avendo
modo di commentare gli articoli. Oramai è attivo da più di quattro anni e, a differenza della
carta, vede incrementare ogni mese il numero di visitatori. Sfruttando gli strumenti giusti, sul
web riusciamo ad analizzare meglio l’approccio di chi legge, scoprendo quanto stiano sul sito,
se tornino a visitarlo, su cosa si concentrino e per quanto tempo. Analizzando questi dati,
possiamo conoscere meglio i nostri interlocutori (cosa che sul cartaceo è più difficile che
avvenga) ed affermare che i contatti siano in costante aumento.
Non abbiamo il pregiudizio che il web sia necessariamente il nuovo e, quindi, il meglio, ma
effettivamente ci siamo accorti che la sua coesistenza con la rivista materiale sia molto
importante e che potrebbe essere sviluppata.”.
E ancora:
“Ad un certo punto, però, ci siamo fermati, perché non riuscivamo più, con le nostre forze, a
sostenere un’offerta maggiore di quella attuale. Tutto questo, infatti, richiede delle risorse, che
permettano una sempre migliore caratterizzazione del sito ed una presenza dello stesso nel
dibattito pubblico. In redazione siamo in pochi e, dovendo curare anche la rivista, non
riusciamo a seguire tutto come vorremmo.
Comunque adesso anche i nostri interlocutori, intesi sia come autori, che come giornalisti o
accademici, stanno finalmente riconoscendo una pari dignità ad internet ed al giornale, cosa
che fino a poco tempo fa non avveniva. Sia potenzialmente, che nella realtà, ora si è molto più
41
letti online. Avendo oltretutto, in questo modo, la possibilità di colpire i giovani lettori, che
andranno un domani a formare la nuova classe dirigente.104”.
3.2 Il rapporto con i social networks
Il Mulino è attivo su Facebook con una pagina pubblica, che conta più di 2500 contatti105,
aggiornata costantemente e con la possibilità di commentare e condividere i link degli articoli,
collegati al sito ufficiale.
Non è presente, invece, su Twitter, né su altri ambienti social della rete.
Come ci ha raccontato sempre il dottor Simili:
“Il rapporto con i social networks è pessimo, per quanto riguarda Facebook, perché risente
della mia personale opinione in merito. In compenso è complessivamente buono rispetto a
Twitter, anche se su questo non abbiamo creato un nostro profilo, mentre nel primo si,
unitamente ad una pagina pubblica. Non siamo entrati in Twitter perché sappiamo che ciò
comporterebbe un lavoro apposito, da seguire quotidianamente e che andrebbe alimentato di
continuo. Su Facebook ora bisogna esserci, è imprescindibile, ma anche lì si dovrebbe avere
la forza per lavorare con continuità e coerenza, scegliendo delle linee. Cercando insomma di
trovare e farsi trovare dagli interlocutori, dato che sono loro a dover scegliere te. Il punto è
che decidere cosa sia rilevante da pubblicare e cosa no, quando hai migliaia di persone che ti
guardano; diventa faticoso e molto delicato, per cui dovremmo essere meglio organizzati per
gestirli come si deve. Twitter, in ogni caso, è più semplice da coordinare, perché è un canale
molto rapido e diretto, utile a far girare i nostri articoli, se hai i seguaci giusti.
Non possiamo pretendere che qualcuno si interessi al Mulino ogni giorno, ecco perchè
abbiamo creato la newsletter, che informa i lettori che si sono registrati al sito, delle nostre
novità; da questo punto di vista, è più facile che sia Twitter a fornirci visibilità, che non
Facebook.
Curare la parte social è un lavoro a tutti gli effetti, quindi ci vorrebbe qualcuno che se ne
occupi a tempo pieno. Inoltre è fondamentale che dietro ad essi vi sia un’identità
riconoscibile, che abbia la coscienza istituzionale, che gli consenta di esprimersi senza
influenze politiche o slanci umoristici fuori luogo, e che comunque sia identificabile dagli
utenti, che si trova di fronte.
104op. cit., qui, pp. 45-46. 105 https://www.facebook.com/pages/Rivista-il-Mulino - Ultima consultazione 27/06/2013
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Sarebbe prezioso anche per valorizzare ciò che abbiamo fatto in passato: ad esempio, se nel
web, un giorno, si parla con insistenza di un argomento particolare, che noi abbiamo trattato
un po’ di tempo prima, si potrebbe riproporre il pezzo o i pezzi, in cui ne abbiamo parlato. La
cosa che più mi dispiace, nel nostro lavoro, è che ho la sensazione che molte volte si discuta
su questioni, di cui ci siamo già occupati e che gli articoli da noi pubblicati potrebbero essere
molto validi per il dibattito pubblico, ma che non siano sufficientemente noti.106”.
Un cambiamento, all’interno del Mulino, è dunque nuovamente in atto. In un’epoca di
frenesia e grandi trasformazioni, il giornale, che conta sei uscite l’anno, si concentra sempre
di più, ormai da tempo, su approfondimenti, confronti, idee e promozione della nostra cultura,
della nostra storia. Nel mentre, nell’etere, si affrontano le questioni di tutti i giorni, sempre
con occhio critico e competente.
“La domanda è se le riviste cartacee siano ancora valide portatrici di un pensiero lungo
nell'era della rete. […] Ci siamo concentrati su alcuni aspetti nazionali (per esempio la scuola,
l'integrazione degli immigrati, il lavoro) e sui fatti emergenti a livello internazionale,
utilizzando sul sito online un gruppo di circa settanta collaboratori che ci aggiornano sulle
aree cruciali del mondo.107”.
106 op. cit., qui, pp. 46-47. 107 D. Messina, op. cit.
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Intervista a Bruno Simili del 27/06/2013
Il giorno 27 giugno 2013 abbiamo incontrato Bruno Simili, vicedirettore della rivista, con cui
ci siamo confrontati sulla storia recente del Mulino e sulla sua evoluzione tecnologica degli
ultimi anni, presso la redazione del giornale in Strada Maggiore, a Bologna.
Dottor Simili, ci fornisce un breve resoconto delle ultime direzioni della rivista?
“La direzione un po’ di rottura, pur nel segno della continuità, dato che la periodicità era
bimestrale già da un po’ e tale rimase, arriva con Evangelisti, che essendo, tra l’altro, anche il
direttore editoriale e consigliere delegato della società editrice, aveva anche la possibilità di
impiegare risorse e dare una certa visibilità al giornale. Non doveva quindi confrontarsi con
un altro responsabile, a cui rendere conto. Questa svolta lascia il segno anche nelle conduzioni
successive, almeno in quella di Cavalli ed in quella di Berselli.
Al Mulino, se escludiamo gli anni di gestione di Matteucci e di Berselli, in cui vi era anche un
comitato di redazione, è sempre esistito solo quello di direzione, che collabora con il redattore
capo e con il direttore nel realizzare la rivista, quindi Cavalli, che era già presente in esso, nel
periodo di Evangelisti, ne eredita la linea e lo stesso vale per Berselli medesimo, che ha
vissuto il periodico dalla metà degli anni ’80, alla fine del suo secondo mandato, a dicembre
2008.
Con Giovanni Evangelisti, la presenza del direttore fu un po’ più evidente, più che altro nella
costruzione dei numeri, perché, per la prima ed unica volta, il direttore era “interno” al
gruppo, cioè sempre fisicamente presente in sede; di solito, infatti, i suoi predecessori e
successori si sono sempre recati qui da noi per le riunioni o per necessità particolari. Di fatto,
il lavoro di costruzione della pubblicazione lo compie il redattore capo o il vicedirettore, che,
per diverso tempo, è stato appunto Edmondo Berselli; ciò ha permesso di lavorare nel segno
della continuità, con qualche innovazione, sia con Cavalli prima, che con Berselli.
Va ricordato che, per statuto, quest’ultimo dovette dimettersi dalla rivista e diventare membro
dell’Associazione, per diventare direttore, mentre io assunsi la sua precedente posizione.
Per quanto riguarda Alessandro Cavalli, la vera cifra della sua lunga direzione, è l’Europa e
l’analisi del fenomeno europeo, mai in modo acritico, che osserviamo ancora oggi. Nacque il
supplemento “il Mulino Europa”, frutto di numerose collaborazioni assai preziose, che furono
disponibili a lavorare con continuità ed a elaborare questo allegato.
Per il resto egli fu molto coerente con lo stile di Evangelisti, tanto che non modificò il
formato editoriale, le rubriche rimasero quasi tutte le stesse; la grande novità era
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“Mappamondo”, curata dallo storico Paolo Pombeni, che cercò dei corrispondenti in giro per
il mondo, anticipando le attuali “lettere internazionali”, presenti sul nostro sito web;
logicamente cambia la periodicità, dato che online possiamo pubblicarne con maggiore
frequenza ed in diverse quantità, a seconda degli argomenti trattati.
E’ un modo per rimanere fedeli all’anima del Mulino, sempre attento ai problemi di casa
nostra, ma anche a ciò che succede nel mondo, rispettando un vecchio detto: “Il Mulino ha i
piedi a Bologna e la testa nel mondo.”.
Poi è la volta di Berselli, che mantiene, come dicevo, il lavoro svolto nei mandati precedenti,
a cui lui ha contribuito in prima persona.
Un passaggio molto importante da citare, a mio parere, è il momento in cui Edmondo, da
vicedirettore, propose il passaggio da una periodicità bimestrale, ad una mensile. Si era reso
conto, infatti, che sei uscite all’anno non fossero sufficienti per seguire ciò che accadeva e che
i tempi si fossero molto accorciati, schiacciati, ancor prima dell’avvento massiccio di internet.
Si ragionò su undici numeri, con un’unica uscita estiva; la proposta venne discussa ed
analizzata, ma non passò, principalmente per motivi imprenditoriali ed economici, dato che
questa eventuale ristrutturazione avrebbe comportato l’ampliamento della redazione, cosa
allora non sostenibile.
Divenuto direttore, egli aggiornò il gruppo dei collaboratori e, restando comunque fissa la
partecipazione di parecchie firme storiche, aprì le porte ai giornalisti, che già ben conosceva,
per via del suo lavoro all’Espresso e non solo. Da Grasso a Zizola, fino all’economista di
Repubblica Roberto Mania, che scrive con noi tuttora. Fu la rottura di un tabù, per una rivista
di intellettuali ed accademici.”.
Poi ci fu la rivoluzione Ignazi.
“Piero Ignazi, essendo un academico, ripristinò questo tabù ed i giornalisti non vennero più
coinvolti come prima.
La sua direzione si segnalò per un forte impegno verso l’innovazione della rivista, perché
credeva, forse si illudeva, purtroppo, di aprire la rivista ad un pubblico più largo,
aumentandone la diffusione, con un nuovo taglio ed una nuova struttura editoriale.
Cambiò il formato, che divenne più grande, con un’immagine in copertina, come accadeva sui
numeri di molti anni prima, e si trasforma anche la grafica interna. Si decise che la rivista
fosse più agile, più snella, pur restando immutata la periodicità bimensile. Le rubriche in
alcuni casi vennero ribattezzate, altre scomparirono, come nel caso dei focus tematici, e ne
nacquero di nuove, tipo la satira della “Finestra del diavolo”, che fu molto criticata, ma ben
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fatta, secondo me, o il “Macinalibri”, in cui si recensivano più libri, legati fra di loro da un
argomento comune. Oggi il Macinalibro è rimasto, ma si occupa solo di un libro per volta.
Gli articoli erano più brevi, di molte battute in meno rispetto al passato, e più vari, dalla
letteratura contemporanea, alla didattica musicale, al cinema, sino alle graphic novel.
Alla fine del triennio di Ignazi, il comitato di direzione giudicò negativamente il suo taglio
editoriale, quindi la rivista venne affidata a Salvati, che, elegantemente, non stravolse le
innovazioni apportate di Ignazi, il quale è presente ancora oggi nel comitato di direzione, che
appunto restano anche nei fascicoli a lui successivi, seppur con qualche piccola modifica.”.
Qual è il livello delle vendite attuale?
“Ormai da molto tempo, anche per il Mulino, per quanto in tono minore, rispetto ad altre
riviste, c’è un calo della diffusione, sia di vendite, che di idee da esso derivate, che potrebbero
risultare utili, oltretutto, per il dibattito pubblico. E questo è inevitabile.
Siamo testimoni di un vero e proprio mutamento antropologico, in cui non è più il cartaceo il
punto di riferimento principale. Siamo legati ad un mondo che è destinato a scomparire.”.
Come e quando nasce, allora, l’idea di costituire un sito internet del periodico?
“Quello del sito è un cambiamento importante, perché il Mulino, inteso come gruppo, non ha
uno spazio web vero e proprio. Ne ha uno istituzionale, molto datato, che nei prossimi mesi
dovrebbe essere cambiato e che è fondamentalmente “di servizio”, viene cioè usato per
esporre il nostro lavoro e fornire delle utili informazioni su di noi. Quello della rivista è il
vero sito web, che il Mulino decide di inaugurare a febbraio 2009.
Un po’ alla volta, abbiamo aumentato il numero di news, pubblicate settimanalmente, e
migliorato il rapporto con i lettori, che si possono iscrivere, ricevendo la newsletter ed avendo
modo di commentare gli articoli. Oramai è attivo da più di quattro anni e, a differenza della
carta, vede incrementare ogni mese il numero di visitatori. Sfruttando gli strumenti giusti, sul
web riusciamo ad analizzare meglio l’approccio di chi legge, scoprendo quanto stiano sul sito,
se tornino a visitarlo, su cosa si concentrino e per quanto tempo. Analizzando questi dati,
possiamo conoscere meglio i nostri interlocutori (cosa che sul cartaceo è più difficile che
avvenga) ed affermare che i contatti siano in costante aumento.
Non abbiamo il pregiudizio che il web sia necessariamente il nuovo e, quindi, il meglio, ma
effettivamente ci siamo accorti che la sua coesistenza con la rivista materiale sia molto
importante e che potrebbe essere sviluppata.”.
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In questo momento come siete organizzati?
“Ad un certo punto, però, ci siamo fermati, perché non riuscivamo più, con le nostre forze, a
sostenere un’offerta maggiore di quella attuale. Tutto questo, infatti, richiede delle risorse, che
permettano una sempre migliore caratterizzazione del sito ed una presenza dello stesso nel
dibattito pubblico. In redazione siamo in pochi e, dovendo curare anche la rivista, non
riusciamo a seguire tutto come vorremmo.
Comunque adesso anche i nostri interlocutori, intesi sia come autori, che come giornalisti o
accademici, stanno finalmente riconoscendo una pari dignità ad internet ed al giornale, cosa
che fino a poco tempo fa non avveniva. Sia potenzialmente, che nella realtà, ora si è molto più
letti online. Avendo oltretutto, in questo modo, la possibilità di colpire i giovani lettori, che
andranno un domani a formare la nuova classe dirigente.”.
Come vi ponete, invece, con i social networks?
“Il rapporto con i social networks è pessimo, per quanto riguarda Facebook, perché risente
della mia personale opinione in merito. In compenso è complessivamente buono rispetto a
Twitter, anche se su questo non abbiamo creato un nostro profilo, mentre nel primo si,
unitamente ad una pagina pubblica. Non siamo entrati in Twitter perché sappiamo che ciò
comporterebbe un lavoro apposito, da seguire quotidianamente e che andrebbe alimentato di
continuo. Su Facebook ora bisogna esserci, è imprescindibile, ma anche lì si dovrebbe avere
la forza per lavorare con continuità e coerenza, scegliendo delle linee. Cercando insomma di
trovare e farsi trovare dagli interlocutori, dato che sono loro a dover scegliere te. Il punto è
che decidere cosa sia rilevante da pubblicare e cosa no, quando hai migliaia di persone che ti
guardano; diventa faticoso e molto delicato, per cui dovremmo essere meglio organizzati per
gestirli come si deve. Twitter, in ogni caso, è più semplice da coordinare, perché è un canale
molto rapido e diretto, utile a far girare i nostri articoli, se hai i seguaci giusti.”.
In che modo vi state ponendo, allora, a questo mondo, che rappresenta fondamentalmente
una nuova sfida, per l’ambiente dei mulinisti?
“Non possiamo pretendere che qualcuno si interessi al Mulino ogni giorno, ecco perchè
abbiamo creato la newsletter, che informa i lettori che si sono registrati al sito, delle nostre
novità; da questo punto di vista, è più facile che sia Twitter a fornirci visibilità, che non
Facebook.
Curare la parte social è un lavoro a tutti gli effetti, quindi ci vorrebbe qualcuno che se ne
occupi a tempo pieno. Inoltre è fondamentale che dietro ad essi vi sia un’identità
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riconoscibile, che abbia la coscienza istituzionale, che gli consenta di esprimersi senza
influenze politiche o slanci umoristici fuori luogo, e che comunque sia identificabile dagli
utenti, che si trova di fronte.
Sarebbe prezioso anche per valorizzare ciò che abbiamo fatto in passato: ad esempio, se nel
web, un giorno, si parla con insistenza di un argomento particolare, che noi abbiamo trattato
un po’ di tempo prima, si potrebbe riproporre il pezzo o i pezzi, in cui ne abbiamo parlato. La
cosa che più mi dispiace, nel nostro lavoro, è che ho la sensazione che molte volte si discuta
su questioni, di cui ci siamo già occupati e che gli articoli da noi pubblicati potrebbero essere
molto validi per il dibattito pubblico, ma che non siano sufficientemente noti.”.
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Conclusione
La rivista “il Mulino” è germogliata da uno sparuto gruppo di giovani intellettuali bolognesi,
che, in anni in cui in Italia si viveva nella certezza di doversi schierare con un blocco politico
e culturale ben determinato, ebbero il coraggio e l’intelligenza di saper comunicare il loro
pensiero apertamente, dialogando con mentalità differenti e mantenendo salda la propria
indipendenza.
Sospinte da intenti nobili e profondi, di conoscenza e formazione delle nuove classi dirigenti
del paese, le pale del Mulino hanno sempre generato una brezza libera e riformista, avversa ai
paradigmi imposti dalla società ed animata da uno spirito costruttivo e positivo, per quanto
pragmatico. Scintilla indispensabile per la creazione dell’Associazione e di tutti i rami, che
compongono il gruppo, essa ha fotografato ed analizzato la Storia, con la S maiuscola,
nazionale ed internazionale, con uno sguardo sempre attento e approfondito.
E’ interessante notare come, nel corso di questa discesa nell’universo mulinista degli ultimi
ventidue anni, innumerevoli siano i problemi ricorrenti e ribaditi con assiduità, presenti in
fascicoli di periodi diversi, inerenti l’ambito italiano. Sintomo non tanto di una scarsa fantasia
dei suoi redattori, quanto di un paese immobile e gattopardesco, quasi atrofizzato, che il
Mulino persevera nel provare a stimolare, mediante le sue riflessioni ed i suoi dibattiti.
Ora un compito nuovo attende lo storico giornale. Quello di sapersi assestare ai tempi che
corrono, proseguendo a raccontare la realtà in cui viviamo con la consueta serietà e
competenza.
Per continuare a navigare con fiducia verso il futuro, in continuità con il passato.
Pensiero che, per il Mulino, è all’ordine del giorno. Da più di sessant’anni.
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“Alla radice de «il Mulino» c’è la convinzione che esista un segmento consistente di opinione
pubblica che non ha rinunciato a riflettere sui problemi sociali, politici ed economici, sulla
riformabilità dell’Italia, sulla necessità di intensificare coerentemente e costantemente la sua
vocazione europea, sull’importanza di commisurare i problemi interni al contesto
internazionale. Specialmente in un momento in cui appare sempre più intenso l’effetto delle
interdipendenze «globali» sui sistemi nazionali, e mentre di converso sorgono nuove tensioni
e nuovi conflitti, tutti coloro che credono alla possibilità di introdurre schemi di razionalità in
realtà che appaiono vieppiù complesse, e che intendono affidarsi nel metodo al confronto fra
le idee, nel «Mulino» potranno trovare strumenti, analisi e opinioni per misurare con efficacia
ciò che sta così rapidamente cambiando.”.
(dalla “Presentazione”, apparsa sul primo numero del 2000, agli albori del cinquantesimo
anno di attività della rivista.)
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Ringraziamenti
Grazie a mio papà, unico ed insostituibile, che mi ha incoraggiato, rincuorato e ben
consigliato, lungo tutto il cammino.
Grazie alla mia splendida famiglia, alla mia nonna eccezionale, ai miei zii, ai miei cugini ed ai
miei tanti parenti, che mi sono stati costantemente vicini.
Grazie a Marzia Barbieri, ausilio prezioso e consulente indispensabile.
Grazie al dottor Bruno Simili ed al professor Alberto Bertoni, per l’enorme disponibilità.
Grazie al professor Varni, per la pazienza e la cortesia.
Grazie ai miei amici, quelli veri, fonti d’ispirazione e di svago, sostegni formidabili per il
raggiungimento di questo traguardo, ognuno a proprio modo.
Grazie alle persone con cui mi sono confrontato, che mi hanno incuriosito, incitato, criticato
ed arricchito, con spirito sincero.
Grazie a Eddi, al Don, alla Lella ed a tutti i miei cari, che hanno sempre fatto il tifo per me.
Siete la mia forza.
Ed infine, grazie alla mia mamma.
Con tutto il cuore.