178
Studia theodisca Philologica II edidit Marina Cometta C U E M

Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

ISBN 978-88-6001-181-7 € 18,00

St

ud

ia t

heo

dis

ca •

Ph

ilolo

gica

II

ed

idit

Mar

ina

Com

etta

Studia theodisca

Philologica II

edidit

Marina Cometta

C U E M

Page 2: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici
Page 3: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

G e r m a n i s t i c a ______________________________________ F i l o l o g i a

Page 4: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

_________________________________________________________

Page 5: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Studia theodisca

Philologica II

edidit

Marina Cometta

C U E M

Page 6: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Proprietà letteraria originaria dell’Università degli Studi di Milano

Sezione di Germanistica del DI.LI.LE.FI

Cooperativa Universitaria Editrice Milanese Via Festa del Perdono 3 – 20122 Milano Fax a disposizione per ordini: 02/76.01.58.40 e-mail: www.accu.mi.it È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Grafica di H. D. Baumann Finito di stampare nel maggio 2008 Lo sfondo della copertina riproduce una pagina (26v) del Cod. Pal. germ. 142 “Pontus und Sidonia”, Stoccarda c. 1475 (Universitätsbibliothek Heidelberg) ISBN 978-88-6001-181-7

Page 7: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Premessa

I tre studi raccolti nel presente II volume di Studia theodisca – Phi-lologica sono dedicati a testi del XIV-XVI secolo, periodo di grande in-teresse ancorché poco studiato, che vede spesso la ripresa di elementi tradizionali e il loro adattamento ai nuovi fermenti religiosi e politici, nonché alle istanze di una maggiore divulgazione avanzate dagli emer-genti ceti cittadini.

Annarita Pogliani, nel suo Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano (Perugia, BA, ms. H 91), si sofferma sulla commistione di elementi tradizionali e innovativi di questo codice i cui testi si mostrano fortemente dipendenti dalle circostanze di vita dei loro fruitori. Le numerose annotazioni in vernacolo tedesco testimoniano così di persone bilingui, le quali, seppure da utenti non professionisti, si interessano alla materia medica per autoterapia o per offrire un aiuto a conoscenti e ad amici. Una scrupolosa disamina codicologica e d’archivio circoscrive l’ultima fase di compilazione del codice ai terri-tori padano orientali, nella fattispecie a Mantova, in un ambiente arti-giano borghese, confermando così i risultati dell’indagine sui contenuti e la forma linguistica.

Un carattere maggiormente pedagogico mostrano, ai tempi della Ri-forma, le raccolte paremiografiche, ampiamente usate nei sermoni quali repertori di formule metaforiche di grande efficacia comunicativa. Ele-na Di Venosa volge allora, ne I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg, la sua attenzione all’attività pare-miografica di Agricola, definendo nei dettagli il rapporto tra questa rac-colta e una delle sue principali fonti, il Renner di Hugo von Trimberg. L’opera del teologo umanista rivela così appieno i suoi intenti didasca-lici, vicini talvolta alle massime di saggezza popolare, talaltra a istanze di carattere politico o sociale, senza peraltro trascurare l’interesse per la conservazione dell’idioma e delle tradizioni tedesche, ed offrendo un quadro delle più comuni usanze degli uomini e donne del Cinquecento

Page 8: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

6

Premessa

Un testo sinora inedito, reperito in un codice della Staatsbibliothek di Berlino, infine, offre l’occasione a Paola Spazzali ne Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449, di i-dentificare ed illustrare nel dettaglio le tre tipologie che caratterizzano, in area alto tedesca tra il XIV e il XVI sec., questo particolare genere di preghiera mariana, dove, ancora una volta, le fonti latine vengono ri-prese nell’ampliamento dell’Avemaria o rielaborate nella “preghiera meditativa”, in cui non è più Maria a insegnare l’orazione, ma è il fe-dele a recitarla, o, infine, integrate con elementi nuovi, quali gli exem-pla. Il confronto con altri otto testi permette di caratterizzare la versione bavarese del Ms. germ. oct. 449, di cui viene anche proposta una tra-scrizione, quale forma di transizione tra l’exemplum e la preghiera in prima persona.

M. C.

Page 9: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Indice dei saggi

Annarita Pogliani – Intorno a un ricettario medico plurilin-gue del Rinascimento italiano (Perugia, BA, ms. H 91)

Elena Di Venosa – I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

Paola Spazzali – Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

p. 9

p. 75

p. 139

Page 10: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

_________________________________________________________

Page 11: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Studia theodisca - Philologica II, 9-74

Annarita Pogliani (Milano)

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano (Perugia, BA, ms. H 91)

A prima vista si è indotti a licenziare il ms. H 91 della BAP come un codice di poco valore, come un quadernetto privo di qualsivoglia ele-mento esornativo, in cui le grafie di mani diverse si affastellano e si so-vrappongono senza regole, disordinatamente.

Tuttavia, uno sguardo più attento potrà cogliere tra le righe i tratti salienti di un’intera società in evoluzione: seppur compilato specifica-mente nel Norditalia, il ricettario rispecchia i tratti tipici di un’epoca di transizione che coinvolge tutto l’Occidente tra XV e XVI sec. Intorno ad esso si sono raccolte persone di lingua diversa e di varia formazione ed estrazione sociale, segno di una maggiore accessibilità al sapere e di un dilagante interesse del ceto medio verso le artes mechanicae e, in special modo, verso l’ars medica e terapeutica, sviluppatesi con grande intensità nei due secoli precedenti.

Contestualmente il ricettario è rappresentativo del progressivo af-fermarsi degli idiomi volgari quali codici linguistici per la trasmissione tecnico-scientifica, di pari dignità rispetto al latino. A tal proposito, no-tevole valore aggiunto gli perviene dalla compresenza di testi plurilin-gue e, in particolare, di testi mistilingue in vernacolo tedesco e italiano, da cui si palesa, non solo la vivace mobilità di persone e di conoscenze in età rinascimentale, ma anche l’estrema adattabilità del modello ‘ri-cetta’ a declinarsi in qualsiasi idioma, mantenendo inalterata la struttura ormai codificata del proprio impianto.

I. Gli aspetti materiali del codice Del manoscritto manca una descrizione puntuale, sebbene sia stato

Page 12: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

10

Annarita Pogliani

recensito nel catalogo di Bellucci1 e in un articolo di Kully2, e sia stato citato in uno studio dedicato alla ricettaristica in ambito artistico.3

Non vi sono dati che illustrino le vicende pregresse del codice, prima che raggiungesse la sua collocazione attuale presso la Biblioteca Co-munale Augusta di Perugia. La segnatura – H 91 – denota l’appartenen-za all’antico fondo della biblioteca, costituito da varie raccolte librarie, fra cui, la più cospicua, è quella del suo ‘fondatore e primo biblioteca-rio’ Prospero Podiani.4 Che il manoscritto rechi al f. 11r l’antico timbro della Biblioteca – voluto dal Podiani stesso e raffigurante un grifo che sorregge un libro aperto su cui è vergata l’intestazione ‘Bibliothecae Augustae’ – non fornisce, tuttavia, prova inconfutabile della sua appar-tenenza alla raccolta personale del Podiani,5 in quanto il timbro venne utilizzato a lungo anche dopo la morte dell’insigne fondatore della bi-blioteca.

I cartigli cartacei presenti nel dorso del manoscritto rimandano ad una prima fase di sistemazione del materiale della Biblioteca Augusta e, ad una delle antiche fasi di catalogazione, rimanda pure la firma appo-sta dal Bellucci alla c. 11r.

Il formato, la carta, la struttura dei fascicoli, l’organizzazione delle pagine e dei testi lì accolti, oltre agli inchiostri e alle mani scribali che si sono avvicendate nella compilazione, insomma, tutti gli aspetti mate-

1 BELLUCCI, p. 163. Della sommaria descrizione ivi offerta colpiscono alcuni punti

che non trovano corrispondenza con lo stato attuale del codice. In particolare, ‘[…] i primi dieci fogli’ conterrebbero ‘una nota dei guadagni per consulti ed operazioni’, mentre in realtà quei fogli riportano un indice del contenuto del codice. E, ancora, ‘[…] “De arte cognoscendi venena Arnaldi de Villa”, incunabulo […]’ di cui non v’è traccia nel volume.

2 Agli inizi degli anni ’70 lo studioso svizzero si interessò al volumetto concen-trando l’attenzione sui testi annotati dagli estensori tedeschi. Se pure il suo studio mette in luce aspetti interessanti, come il grado di familiarità col latino di uno di questi, le sue conclusioni per quanto concerne l’impiego del codice e l’attribuzione geolingui-stica di alcuni dei testi in tedesco risultano fallaci e abbisognano di una revisione.

3 GHEROLDI, p. 38; 83-84. 4 Oltre ai codici podiani fanno parte del fondo antico i manoscritti della raccolta

Oldoini e uno sparuto numero di volumi provenienti dalla soppressione del Collegio perugino dei Gesuiti. Cfr. BELLUCCI, pp. 55-65; BISTONI GRILLI CICILIONI, pp. 405-413; SERRAI. Ringrazio la prof.ssa Maria Grazia Bistoni Grilli Cicilioni per queste in-dicazioni bibliografiche e per aver evidenziato alcuni aspetti utili alla descrizione del codice.

5 A riguardo si veda CECCHINI, pp. 83-84.

Page 13: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

11

riali del manoscritto convengono ad uno zibaldone sottoposto a fre-quente ed agile consultazione, a rimaneggiamenti e ad aggiunte.

Le misure – 205 x 145 mm. – si confanno, appunto, ad un volumetto tascabile e maneggevole. Le 128 carte che lo compongono sono rilegate con due piatti in legno, ricoperti da un doppio strato di pelle e dotati di una chiusura a lacci dello stesso materiale; uno dei due lacci mostra an-cora un’antica fibbia in metallo, modestamente decorata. Il verso del piatto anteriore conserva la nota di possesso, scritta in inchiostro scuro: “Iste liber sia de Sigismondo Carzino da mantua et eius <a/u>scesoris et amici questo non mostransi”.6

Come dianzi menzionato, il codice presenta una struttura piuttosto complessa,7 esito di assemblaggi di fascicoli disomogenei, compilati in momenti diversi, da più redattori. Per questo motivo appare utile e age-vole seguirne la descrizione servendosi di uno schema riassuntivo.

fascicoli filigrane foliazione corrente a

matita

numerazioni antiche

testi mani principali

verso piatto

anteriore

nota di possesso (Sigismondo Carzino)

A

I àncora 1-10 1-10 – sommario del codice A II mano 11-18

[i ff. 14-17 sono stati in-

collati]

1-8 – von den außgeprenten wasser

– ricette di ambito me-dico e artistico in te-desco, italiano e latino

– rituale e formula ma-gica in tedesco

– tetragrammaton – benedizione in latino

B, BD (+ aggiunte

di A)

6 Al f. 121v, ultimando la trascrizione di alcuni rimedi, la stessa mano ha apposto la firma “Sigismondo Carzino scripsit adì 11 setembr<i>s 1535”. Ringrazio la dott.ssa Rossana Guglielmetti per avermi suggerito tale lettura.

7 KULLY (p. 270, n. 9) specifica a ragione che “Die Lagen sind nicht immer mit letzter Sicherheit zu bestimmen, da das Buch am Rücken gelitten hat. Auch die Ent-stehungsgeschichte bleibt weitgehend hypothetisch.” Per questo motivo la presente definizione della struttura diverge in parte dai dati da lui proposti.

Page 14: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

12

Annarita Pogliani

III (segnato A)

forbici 19-36

1-18

IV forbici 37-48 [mancano 5 carte tra i

ff. 37v/38r]

19; 25-35

– rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino.

C

V (segnato B)

forbici 49-66 [manca carta

prima del f. 49]

37-54 – ricette in italiano, in prevalenza di carattere medico

– aggiunte e glosse in te-desco

C + ag-giunte di

B

VI forbici 67-76 [f. 70 inseri-to; mancano carte tra 74 e

75; f. 76r vuoto]

55-62; [19-28]

– ricette in italiano e la-tino

C + ag-giunte di A, D, B,

BD

VII forbici 77-86 63-72 – ricette in italiano

C + ag-giunte di A, D, B

VIII forbici 87-95 73-81; [1-9]

– ricette in latino C

tra l’VIII e il IX fascicolo dovevano trovarsi in origine almeno due fascicoli, poiché l’VIII termina con l’antica numerazione 81 e il IX riprende da 107. Un confronto con l’indice

all’inizio del codice informa che qui vi era un ‘tratatum de pianeti’ IX cigno/oca 96-106

[manca una carta tra 104-105, in corrispondenza della fine del

trattato]

107-118 – trattato in latino sulla lettura delle urine

– ricette mediche in italiano e tedesco

C + aggiunte di B, BD

X mezzaluna 107-119 [mancano tre

carte tra 108-109 e una carta tra

115-116; il f. 115 inserito poste-

riormente]

119-131 – ricette mediche in tedesco, italiano, francese.

– virtù della tormen-tilla e del cocomero selvatico

B, BD, A + aggiunte

di E, F

Page 15: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

13

XI stemma? 120-128 [manca carta do-

po il f. 121]8

132-133; 1-7

– ricette in italiano – rubricha istius

libri prima, 1477

C?, A

Il nucleo principale del codice è costituito dai fascicoli III-VIII, compilati da un’unica mano, qui indicata con C. Il lavoro di trascrizio-ne deve essere stato effettuato in più fasi e senza una previa concezione coerente e unitaria. Infatti, il fascicolo III, contrassegnato ‘A’, contiene rimedi in volgare italiano ascritti a ‘hermete’9, mentre i fascicoli V-VIII – di cui il primo contrassegnato ‘B’ – contengono rimedi adespoti, nu-merati da 1 a 38410, scritti prevalentemente in volgare italiano e spora-dicamente in latino.

A questo corpus ricettaristico è stato unito il fascicolo IX, in cui la medesima mano C ha trascritto un trattatello anepigrafo in latino sulla lettura delle urine.

In seguito sono stati aggiunti i fascicoli II,11 X e XI, in cui i copisti A, B, Bδ, BD, D, E ed F hanno registrato ricette di vario genere in ver-

8 In realtà il fascicolo vero e proprio è costituito dai ff. 122-128, recanti un som-

mario di C (?) riferentesi ad un libro ignoto, estraneo al presente volumetto; il fascico-lo è stato poi incollato a due fogli vergati dal Carzino.

9 Al f. 19r. si legge: “Qui comenza la virtu e l’arte e la dotrina de uno savio philo-sopho el quale se chiama hermete dove tracta de multe medicine e remedi experimen-tati et aprovati per multi altri savii e nobilli doctori edocti de ogni cossa che ti do-mandi”. Il passo testimonia l’enorme credito tributato sin dall’antichità alla leggenda-ria figura di Ermete Trismegisto. L’area veneta, da cui proviene il ricettario, fu, fra l’altro, culla della versione dal greco del corpus hermeticum; la traduzione fu effettua-ta tra il 1463 e il 1464 da Marsilio Ficino, il quale la diede alle stampe nel 1470. Per un’introduzione ad Ermete Trismegisto e al corpus hermeticum, si vedano i volumi di EBELING, YATES, e GARIN.

10 Tra il f. 81 e il f. 82 sono stati levati uno o più bifolia, in quanto il f. 81v termina con la ricetta nr. 257 e la facciata accanto riprende l’elenco delle ricette a partire dal nr. 264.

11 Che il fascicolo II sia stato legato solo in un secondo momento agli altri fascico-li e sia stato utilizzato in precedenza in forma sciolta lo dimostrano le condizioni della prima facciata, f. 11r, evidentemente più sporca e logora delle altre, e i segni di cera-lacca sull’ultima facciata, f. 18v. Questi segni di ceralacca potrebbero indicare che il fascicolo sia stato sigillato e inviato a terzi. Una seconda ipotesi, forse meno probabile ma del tutto verosimile, mi è stata suggerita da una delle due responsabili della Sala Manoscritti della BAP, la dott.ssa Francesca Grauso: poiché le ultime tre pagine del fascicolo (ff. 17v-18v) riportano un tetragramma e incantesimi in tedesco e in latino, si potrebbe anche supporre una sorta di censura effettuata coprendo le pagine interes-sate con un foglio.

Page 16: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

14

Annarita Pogliani

nacolo tedesco, italiano e francese; il volume è stato corredato, infine, di un indice generale, al fascicolo I, stilato da A.

Questa fase di assemblaggio pare essere stata preceduta e seguita da diversi rimaneggiamenti: lo dimostrano l’inserimento e l’estrazione di fogli prima della foliazione cinquecentesca e l’asporto di 25 carte tra i fascicoli VIII e IX, le quali, stando all’indice iniziale, dovevano conte-nere un ‘tratatum de pianeti’ (f. 9v). A parte tale lacuna l’indice testi-monia che nella prima metà del XVI sec. il codice presentava questa me-desima disposizione testuale, poiché i rimandi delle voci citate nel som-mario e la numerazione cinquecentesca si corrispondono alquanto.12

Accanto alla foliazione moderna e alla numerazione cinquecentesca,

segnata ad inchiostro nell’angolo superiore esterno, vi sono anche spa-rute tracce di una foliazione precedente, relativa a singoli fascicoli e forse effettuata dal copista principale, C.

Dall’ispezione del manoscritto risulta che i fascicoli sono formati da

materiale cartaceo di qualità e di provenienza diversa: le carte del fasci-colo I sono contrassegnate da una filigrana ad àncora,13 simile ai nrr. 346-435 del Type It. II.1. nella rassegna di MOŠIN, e in particolare al nr. 413, rilevato in un documento del 1525, ora conservato a Varaždin Za-greb. Questo tipo di filigrana, costituito da un’àncora semplice, rac-chiusa in un cerchio, pare essere caratteristico dell’area veneziana.

La filigrana del fascicolo II è costituita da una mano aperta con fio-re,14 le cui forme assomigliano vagamente ai modelli nr. 10754 e nr.

12 I ff. 11r-15r (antica numerazione: 1-5) presentano questa sequenza di testi: ‘hie-nach frumid verzeichnet die auß gepranten wasser’ introduzione e registro del tratta-tello di Michael Puff aus Schrick sulla virtù dei distillati di erbe (f. 11rv - num ant. 1); ‘von den kranwitber oder wachalter’, (f. 12r - num ant. 2); intero procedimento di preparazione del colore ‘azuro oltramarino’, dal riconoscimento della qualità della pietra (f. 12v-13r - num. ant. [2v]-3), alla calcinatura della stessa (f. 13r - num. ant. 3), alla separazione delle eventuali vene d’oro dal lapislazzulo (f. 13v - num ant. [3v]), al-la preparazione del legante (ibid.) e, infine, alla composizione del pastello (f. 14r - num. ant. 4). La prima voce dell’indice ‘per fina a quatro carte vedirai certi recetine conusuti se non per li<n>gua todischa - 1.2.3.4’ coincide, dunque, solo parzialmente col contenuto di questi fogli, in quanto la ricetta di ambito artistico è scritta in volgare italiano. Poiché questi testi sono stati tutti inseriti da B, è probabile che il compilatore dell’indice - la mano A - li abbia distrattamente considerati come testi alloglotti e ra-dunati sotto la medesima voce.

13 Cfr. f. 3v e 10r. 14 Cfr. f. 12v-13r.

Page 17: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

15

10758 di BRIQUET: il primo esemplare risale al 1509, mentre il secondo esemplare proviene da una carta databile intorno al 1528-1529.

I fascicoli III-VIII sono marcati con una filigrana costituita da un paio di forbici,15 dal disegno affatto vicino a quello dei modelli di Bri-quet recensiti ai nrr. 3670 e 3676 del suo repertorio: la prima marca compare su una carta di Treviso del 1458, mentre la seconda marca è attestata in un documento di Venezia, datato 1473 e presenta una va-riante simile in una carta di Treviso risalente al 1485.

Un’altra filigrana, impressa nel fascicolo IX, mostra un bipede,16 forse un’oca o un cigno, confrontabile solo in parte con il nr. 12225 di Briquet, rinvenuto in un documento di Genova, datato 1498. Rimanda alla medesima epoca (1496-1500) e al medesimo luogo la filigrana al nr. 5236 della raccolta di Briquet, raffrontabile parzialmente con la mezzaluna sormontata da una croce latina riscontrata nel fascicolo X.17

Non è stato possibile rilevare, invece, i dettagli della quinta filigrana del ricettario, visibile nel fascicolo XI18: nell’insieme essa sembrerebbe rappresentare uno stemma costituito da una corona di marchesato, posta sopra ad una sorta di monogramma – concettualmente vicino al nr. 8398 del repertorio di Briquet.

La medesima eterogeneità si osserva anche a livello di organizzazio-

ne dello spazio scrittorio: i primi due fascicoli sono privi di rigatura; i testi sono registrati a mano libera su una ventina di righi e occupano quasi interamente la pagina.

La trascrizione delle ricette nei fascicoli III-IV mostra, invece, una certa progettualità, data da uno specchio di scrittura di 24-27 righi, con ampi spazi marginali per eventuali annotazioni. L’incipit al f. 19r, così come i titoli dei capitoli, sono in inchiostro rosso.

Ai fascicoli V-VI la mise en page cambia: sebbene vi operi la mede-sima mano C del fascicolo precedente, qui i fogli presentano una rigatu-ra ad inchiostro, non compaiono rubriche in rosso, i testi sono separati l’uno dall’altro da un’interlinea vuota e le ricette sono marcate a margi-ne con un numero arabo. Quest’ordine si interrompe al f. 69r, dopodi-chè intervengono altre due mani (A e D), che si alternano alla prima nel riempire gli ultimi fogli del fascicolo rimasti vuoti.

15 Cfr. f. 19v; oppure ff. 29v-30r. 16 Cfr. f. 100v. 17 Cfr. f. 119r. 18 Cfr. ff. 123v-124r.

Page 18: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

16

Annarita Pogliani

Il fascicolo VII è organizzato secondo i criteri eletti per i due fasci-coli precedenti e, come lì occorso, anche qui la trascrizione ‘ragionata’ delle ricette si interrompe al f. 85v, e nelle ultime due pagine si alterna-no annotazioni altrui (D e A).

Nel fascicolo VIII non compaiono rettrici per le linee di scrittura, mentre sono visibili le righe della giustificazione. I testi sono registrati su una trentina di righi e separati l’uno dall’altro da uno spazio vuoto. Solo al f. 87rv sono stati apposti alcuni titoli in rosso.

Lo spazio scrittorio del fascicolo IX è disposto su 24 righi privi di linee guida e con ampi margini laterali, come nel fascicolo III. Apre il capitolo un capolettera semplice, vergato col medesimo inchiostro dei testi.

Il fascicolo X non mostra rigatura e le ricette sono annotate a mano libera, in modo piuttosto disordinato. Parimenti dicasi per il fascicolo XI, salvo i ff. 122-128, provenienti da un fascicolo diverso: la rubricha accolta in questi fogli è disposta su 24-27 righi delineati a colore ed è stato lasciato libero un ampio spazio marginale laterale.

Alla compilazione del manoscritto si sono avvicendate principal-

mente otto mani le cui grafie sono collocabili tra la fine del ’400 e i primi decenni del ’500.19

– mano A: verso piatto anteriore; ff. 1-10; 11v; 15r-17r; 18r; 20r; 24v; 36r; 55v-56r; 61v-62r; 69v; 72v; 74v-75v; 79r; 86v; 108v-109v; 116v-117r; 120-121; 125r; 128; verso piatto posteriore. Fra le mani scribali questa è l’unica a possedere un’identità: si tratta della mano di Sigismondo Carzino, colui che ha registrato il possesso del codice sul verso del piatto anteriore e che ha apposto la propria firma al f. 121v, al termine della trascrizione di alcuni rimedi.20 E’ la mano recenziore, in quanto il suo indice iniziale contempla tutti i testi annotati dalle altre mani. Il Carzino utilizza una corsiva umanistica tarda, piuttosto ariosa e rotondeggiante, fuorché nell’indice iniziale, che ha vergato con tratti veloci, fitti e poco curati. Mentre altrove utilizza una penna a punta lar-ga che accentua il chiaroscuro, nell’indice iniziale la punta è aguzza e le linee sono spezzate e acute. La sua scrittura presenta, molto sommaria-

19 La mescidanza di stilemi e il moltiplicarsi delle scritture private complica

l’interpretazione e la distinzione delle scritture tardo quattrocentesche e cinquecente-sche. Per la presente descrizione mi sono avvalsa dei testi di CENCETTI, MASTRUZZO, ZAMPONI, STEINMANN e BREKLE.

20 Cfr. supra, nota 6.

Page 19: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

17

mente, i seguenti tratti: le <a> sono tonde, vergate in un unico tempo, mentre le <e> sono generalmente tracciate in due tempi e si concludono con un trattino obliquo ascendente; fra i grafi con asta verticale chiude sempre ad occhiello la <d> e talvolta la <l>; la <g> mostra un occhiello inferiore grande, mentre l’asta della <q> si curva a destra fino ad ab-bracciare due o tre lettere successive. Tronca spesso le parole mediante un trattino, in particolare nō per non e cħ per che, mentre abbrevia la preposizione ‘per’ con l’usuale trattino che taglia l’asta discendente del-la <p> e la congiunzione et con un segno simile ad una E maiuscola in-clinata a sinistra e completata da un ulteriore tratto discendente che curva a destra. Sigismondo annota tutti i suoi testi in volgare italiano.

– mano B: ff. 11rv; 12r-15r; 18v; 55r; 56v-57r; 65r; 104v; 105v-106r; 108r-109r; 110r-116v; 118r-119v. Il copista B scrive in una goti-ca bastarda nervosa, disomogenea nelle proporzioni, disordinata e priva di chiaroscuro. La sua scrittura è caratterizzata da una <e> costituita da due brevi tratti paralleli obliqui e staccati, da una <d> vagamente oncia-le, da una <r> rotonda e da una <g> dal corpo triangolare e dall’asta di-scendente aperta e ricurva verso sinistra. Correda le aste delle <p> di un trattino obliquo iniziale e trascina il tratto curvo del corpo del grafo ol-tre l’asta verticale; prolunga il tratto finale di <h> e di <z> e distingue la <s> finale scrivendola come una sorta di 6, mentre altrove impiega la <_> lunga e raramente la maiuscola in inizio di parola. La <u> iniziale ha forma acuta, con tratto iniziale oblungo, talvolta confondibile con <b>. Quale segno di troncamento o di contrazione impiega il trattino soprascritto e, in qualche caso, il ricciolo apicale per il troncamento di -er finale e il segno <X> per il prefisso tedesco ver-. In alcuni testi impiega per <d>, <b> e <k> forme differenti, contraddistinte da occhielli ton-deggianti e vicine a quelle di Bδ. Questo copista scrive soprattutto in volgare tedesco e italiano e, occasionalmente, in latino.

– mano Bδ: ff. 105r-107r. La vicinanza di questa mano con alcune redazioni di B è notevole.21 Tuttavia Bδ si caratterizza per un ductus a-rioso e svolazzante e per gli occhielli alle aste di <l>, <b>, <k>, <h>; rispetto a B, poi, il grafo <d> ha una forma tendenzialmente più oriz-zontale, chiusa e schiacciata. Egli registra esclusivamente testi in volga-re tedesco.

– mano BD: ff. 17v; 18r; 74v; 104v-105r; 106v; 109v; 119v. Anche questa grafia mostra chiare affinità con B; il ductus è però molto più cu-rato, pacato, tondeggiante e, nell’insieme, conferisce al testo un aspetto

21 Si confrontino, ad es. il f. 105r con il f. 12r attribuito a B.

Page 20: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

18

Annarita Pogliani

affatto ordinato. A differenza di B questa mano traccia le <e> in un solo tempo, con un segno molto simile ad una piccola <v> tondeggiante e completata da un breve tratto orizzontale finale. Il compilatore di questi testi correda i grafi <p>, <h> e <u> in inizio di parola di un minuscolo tratto obliquo iniziale ed estende la caratteristica <D> maiuscola gotica a tutte le sedi della parola. Egli raccoglie testi in vernacolo tedesco e i-taliano e in latino. Quando scrive testi in italiano il suo tratteggio si fa oltremodo posato e calligrafico22.

– mano C: ff. 19-71v; 74r; 77r-86r; 86v; 87r-104v + ff. 122r-128r. Il nucleo più antico del codice è vergato in una minuscola umanistica tar-da, chiara e ordinata. La scrittura mostra un andamento eretto, attenuato dai frequentissimi trattini orizzontali impiegati quali segni abbreviativi di contrazione e di troncamento. Pare che questo stesso copista abbia compilato la rubrica finale, datata 1477, redatta in una umanistica calli-grafica. Oltre all’inchiostro scuro il copista impiega un inchiostro rosso per le rubricature di alcune ricette (ff. 19-45v) e per decorare le maiu-scole della rubrica finale (ff. 122r-126r). Questa mano trascrive ricette in volgare italiano e in latino.

– mano D: ff. 71v-73v; 76v; 86r. Per le sue caratteristiche ibridifor-mi questa scrittura potrebbe essere definita gotico-umanistica: essa pos-siede i tratti angolosi della textuale gotica, ma mutua alcuni stilemi dal-la umanistica, come l’andamento eretto delle lettere e l’assenza di svo-lazzi e occhielli a banderuola, tipici della gotica. Le <d> sono vaga-mente onciali, <s> in fine di parola compare alternativamente lunga o tonda. Il testo abbonda di segni abbreviativi. Il tratto è piuttosto spesso e deciso. Il copista scrive in volgare italiano e in latino.

– mano E: f. 104v; 118r; 119v. Anche questa mano appartiene al gruppo delle minuscole bastarde: il tracciato spezzato e nervoso e le <d> con asta chiusa ad occhiello sono tipiche della scrittura gotica. La <r> è segnata in tre modi: in posizione iniziale di parola è diritta e cal-ligrafica, in posizione interna, preceduta da <g> o <t> si stravolge nelle proporzioni: il tratto verticale si allunga verso il basso e si incrocia con il trattino orizzontale apicale; oppure, spezza il tratteggio della classica <r> rotonda, che giunge a rassomigliare ad una <z>. I segni abbreviati-vi compaiono in abbondanza. Per mano di E ci giungono testi in volga-re italiano e in una forma ibridilingue italiano/latino.

– mano F: f. 117v. La mano verga una corsiva leggera, ordinata, ca-ratterizzata da numerosi svolazzi e dai prolungamenti delle aste di molti

22 Si veda, ad esempio, il f. 109v.

Page 21: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

19

grafemi finali. La <g> chiude il tratto discendente in vistosi occhielli; <d> è inizialmente onciale, ma dal terzo rigo in poi l’asta si chiude ad occhiello; <f> e <s> si distinguono decisamente in quanto <f> chiude l’asta superiore in un occhiello, mentre le <s> sono tonde oppure o-blunghe in corpo di parola. Il copista utilizza una penna dalla punta mediamente spessa e conferisce al ductus un’alternanza di chiaroscuro. L’unica ricetta registrata da E è composta in volgare francese.

La rassegna degli aspetti materiali del codice illustra con chiarezza

quanto anticipato nei passi iniziali: il volume nasce da una stratificazio-ne strutturale piuttosto articolata, collocabile tra gli ultimi decenni del XV sec. e i primi decenni del secolo successivo, tra il 1477 e il 1535, se volessimo adottare dei punti di riferimento cronologici offerti dal codi-ce stesso. Nulla vieta di ritenere che esso sia stato compilato proprio a Mantova, o nelle limitrofe zone venete, da cui proverrebbe la maggior parte delle carte impiegate: per le filigrane ivi rinvenute non è stato possibile individuare una localizzazione certa e univoca, ma gli elemen-ti emersi rimandano con insistenza all’area veneta.

II. Le ricette: osservazioni tipologiche Il ricettario non si discosta molto da stile e contenuto di altri testi-

moni coevi, appartenenti a questo genere.23 La più parte dei testi tra-scritti nel codice è costituita da ricette, in prevalenza di ambito medico. Accanto alla ricettaristica vera e propria il volumetto ospita brevi tratta-ti che coprono aspetti di ordine pratico del sapere medico-farmaceu-tico24: l’ambito farmacologico è rappresentato dagli estratti dal trattatel-lo del medico austriaco Michael Puff aus Schrick sulle proprietà tera-peutiche dei distillati di erbe (ff. 11r-12r)25, di cui sono qui tràditi l’in-

23 Molto affine, ad esempio, è il ms. London, BL, Sloane 416, studiato da TOSAT-TI, oppure la tradizione del cosiddetto Thesaurus Pauperum, di cui CORRADINI BOZZI ha analizzato i volgarizzamenti in lingua occitana e RAPISARDA quelli in volgare ita-liano. In generale, sulla ricettaristica, si vedano gli studi di SIEGERIST e di BÜCHI.

24 Occorre di rado che un ricettario accolga testi di esclusivo ambito medico e, an-cor più raramente, che comprenda anche testi di medicina teorica. L’osservazione è in RAPISARDA 2000, p. 107.

25 Per una prima introduzione all’autore si vedano i testi di PASCHER e di WELKER, pp. 85-88. La tradizione del trattato di Schrick è piuttosto articolata e vanta una qua-rantina di testimoni manoscritti di varia estensione e una trentina di edizioni a stampa precedenti il 1500. Ho da poco intrapreso uno studio sistematico dei testimoni al fine di proporre un’edizione critica del testo, ad oggi mancante.

Page 22: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

20

Annarita Pogliani

troduzione, il registro e il capitolo finale sul “vino al ginepro”26; alla diagnostica rimanda il trattato adespota sulla lettura delle urine, pale-semente basato sulla concezione umorale di Galeno (ff. 96r-104v)27. Compaiono poi, frammisti ai rimedi, brevi paragrafi sulle virtù delle er-be e degli animali (ff. 42v-45v)28, che sembrano tratti dal Liber secreto-rum de virtutibus herbarum et animalium di ALBERTO MAGNO. Un ca-pitoletto sulle virtù delle bacche di ginepro (f. 89r) è attribuito, nel pre-ambolo, a Galeno, mentre non è indicata la fonte da cui è tratto il breve elenco di sette erbe che, in tempi diversi, riceverebbero l’influenza di altrettanti pianeti (f. 89v)29. L’interesse verso le proprietà medicamen-tose dei vegetali è decisamente spiccato, poiché troviamo altri paragrafi dedicati a questo argomento: un’ampia descrizione di come si produce un elaterio dal cocomero selvatico (ff. 118r-119r) e delle modalità di raccolta ed essiccazione della tormentilla (f. 114v).

Non è ravvisabile un criterio preciso nella successione delle ricette:

solo nelle carte iniziali del nucleo più remoto del codice sembra che il trascrittore abbia seguito la tradizionale disposizione a capite ad cal-cem, ma tale principio si dissolve già a metà del fascicolo e i rimedi si affastellano in modo disordinato, tanto da motivare l’inserimento a margine di rimandi a cure affini o la compilazione di brevi indici lad-dove i fogli sono rimasti parzialmente vuoti30.

Nei rimedi del ricettario si proiettano in certo qual senso gli acciac-

chi e i malanni che affliggevano la popolazione dell’epoca31; se inter-pretiamo la percentuale di ricette dedicata ad uno stesso malessere co-me riflesso della sua gravità, possiamo ritenere che il problema più sen-

26 Per la tradizione dei trattati sul vino al ginepro si veda l’esteso studio di KUR-

SCHAT-FELLINGER. 27 Al. f. 96v: “Si urina fuerit alba et spissa cotidianaz significat quod sit ex flemate

/ fleuma enim est humidum et frigidum / urina enim ex humiditate spissa ex frigidita-tem alba”. Le teorie umorali di Galeno domineranno la medicina fino al XVII sec. A riguardo si veda BENEDICENTI, vol. I, p. 152.

28 Al f. 43r “Questa he la uirtu de la herba lunaria”, oppure al f. 44r “Questa ella uirtu de la buba (…) Questa he la uirtu del nibio”.

29 Ad esempio, la sassifraga riceverebbe l’influenza del sole, mentre la salvia quel-la della luna.

30 E’ della mano del Carzino il rudimentale indice al f. 120v. 31 I dati emersi dall’analisi del ricettario mostrano profonde analogie con quelli del

succitato ms. Sloane 416. Cfr. ARMOCIDA, pp. 37-43.

Page 23: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

21

tito fosse legato alla vista: i rimedi intendevano curare la ‘machia de li ochi’ (f. 54v), la ‘scurita’, ‘le lagrime de horbi’ o, semplicemente gli ‘ochi rossi’ (f. 58r). Altra afflizione dovettero essere ‘piage’, ‘boalle’, ‘bogoni’ e ‘moroni’, cioè piaghe, vesciche,32 ascessi ed emorroidi, che si tentava di mitigare con unguenti ed acque33. Molto comuni sembrano essere state anche le patologie di ordine traumatico, come fratture e di-storsioni34, scottature35, ferite ed emorragie36. Ricorrono poi diverse prescrizioni contro il mal di denti37, di stomaco e intestino38, contro le coliche renali39, le infiammazioni degli arti40, le emicranie41 e le feb-bri42. Colpisce l’esiguità di ricette – solo tre – in relazione al parto43, laddove una sezione alquanto nutrita comprende prescrizioni afferenti l’apparato riproduttivo femminile44 e le problematiche legate alla ma-

32 Dietro ad alcune di queste ricette potrebbero celarsi, in realtà, anche rimedi con-

tro la sifilide, o, meglio, contro gli effetti più evidenti dell’infezione, cioè le eruzioni cutanee, che nelle ricette in tedesco sono definite con un generico ploteren. Il sospetto sorse già a Kully (p. 273) in relazione alla terapia in tedesco ai ff. 105-106, ma mi pa-re possa valere pure per i testi in italiano (cfr. f. 62r, al membro et ali testiculi inpe-stumati).

33 Ai ff. 16v (a fare aprire uno bogono), 49r (affare maturare uno bugnone), 61v (unguento a piaga; polvere a saldare ogni piaga) , 66r (unguento ad ogni dolore di piaga copioso; unguento da moroni) o 73v (aqua per piague), f. 104v (ein salbe fur die bessen bloteren wen si offen sin).

34 Ai ff. 24v (ad ogni rottura del naso), 56v (ceroto ad infractura), 58v (ad uno nervo indignato), 75r (per fare inguento da saldare), 128v (per una gamba rotta o ve-re uno braza ut membro rotto che avise fatto guma).

35 Ai ff. 23v (chi avesse rosso il naso dal sole), 54v (a scotatura di fuogo), 56v (terra sigillata gelegt auff die gebrente haut).

36 Ai ff. 18v (per stagnare lo sangue), f. 91v (ad sanguinem restringendum). 37 Al f. 36v (contra male de denti). 38 Ai ff. 29r (chi fusse steticho), 55v (unguento da vermij), 92v (ad restringendum

vomitum). 39 Ai ff. 39r (affar vino che bon a fare orinare), 68v (aqua a rumpire le pietre),

93v (qui mingere non potest). 40 Ai ff. 31v (ad ogni infiaxon de piedi), 35v (remedio ad ogni gocta), 51r (un-

guento da gambe; a desempfiare una gamba o bracio), 52r (alla siaticha), 91r (ad crepaturas manus et pedis).

41 Ai ff. 28v (a guarire dolore de testa) e 90v (ad dolorem capitis). 42 Ai ff. 30r (contra ogni febre), 89v (experimentum infalibilo contra tertiane),

92v (febri quartana et cottidiana). 43 Ai ff. 27r (affare zitare fora la creatura morta ala dona; affare partorire le

donne) e 52r (ad una dona che non volgia mai avere la fraolla in sul canidello del parto).

44 Ai ff. 55v (a guarire il fiore de la dona) e 84v (pro pregnatione maturis feminae).

Page 24: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

22

Annarita Pogliani

ternità, per le quali è data particolare risonanza ai rimedi in caso di ma-stiti e ragadi mammarie45. Sul versante maschile la preoccupazione maggiore riguarda il modo di alleviare dolori e ‘riscaldamento’46, forse dovuti anche a prolungati spostamenti a cavallo, tant’è vero che il ricet-tario offre un’ampia selezione di prescrizioni di ippiatria, volte a sanare ‘frature’, ‘costome’, ‘malo de la formicha’ o ‘affare creser le ongie ali caualli’47.

Non mancano poi consigli per risolvere problemi domestici, ad e-sempio, su come ‘cazare machia di panno di lana’48, oppure preparare ‘olio da fuogo’49, ivi comprese ricette su come ‘confetar’ meloni, rane, limoni e zucche50. Le scarse condizioni igieniche dovevano favorire il dilagare di affezioni cutanee, come la tigna e la scabbia51, o di parassiti, quali, ad esempio, le piattole52. D’altro canto, però, non veniva meno una certa attenzione all’estetica del proprio corpo: sono molte, infatti, le ricette ‘affare nasere lj capelli’, ‘affare belli li capilli’, ‘a fare che li capelli non caschano’ o ‘ affare li capelli biundi’53, oppure le ricette per ‘chi vole bella la pelle’54, magari tentando di ‘cavare lentigini dal volto’55 e ingraziosendo l’aspetto con ‘uno bello rossetto’56.

Un buon numero di testi di carattere chimico offre poi consigli su

45 Ai ff. 26v (affare venire il lacte ale done), 52r (ad una dona che habia le nene

stope per tropo lacte), 52v (ad una dona che habia sedulle sulla mamilla). 46 Ai ff. 54v (a dolore di membro), 59v (a mal di verga per riscaldamento). 47 Rispettivamente ai ff. 17r, 18r e 38v. Il ‘malo de la formicha’ è una sorta di can-

cro del fettone, che fa parte dello zoccolo. 48 Al f. 50r. 49 Al f. 53v. 50 Si vedano i ff. 40v, 41r e 95v. Durante tutto il medioevo l’arte di confettare fu

ampiamente utilizzata sia in farmaceutica che in culinaria (cfr. tlio, s.v. ‘confettare’) e consisteva nel far bollire, per lo più spezie e frutti, nello zucchero o nel miele. Non si deve comunque dimenticare che gli speziali, oltre a vendere rimedi medicamentosi, “imbalsamavano cadaveri e preparavano i dolci, le ciambelle, le torte ed altre leccor-nie destinate alle fiere dei villaggi” (cfr. BENEDICENTI, p. 449 e 456).

51 Ai ff. 53v, 64rv, 65v, 66rv, , 67v, 78r, 108v, 116r e 121r. 52 Al f. 38r. 53 Rispettivamente ai ff. 34v, 35r, 52r e 56v. 54 Al f. 51v. Allo stesso scopo i rimedi ai ff. 50v (a fare bella faccia), 63r (a fare

biancha la facia), 83r (ad manus ut faciem faciendam candida; a levar la cufia de la facia; ad faciem clarificandam; unguento ad faciendum pulita faciem), 83v (affare bianche le mani et il viso).

55 Ai ff. 49v e 64v. 56 Al f. 52r.

Page 25: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

23

come produrre pigmenti e tinture57, su come conciare le pelli58 oppure su come fare ‘polvere da bombarda’59 o ‘affinare il salnitro’60.

Dal punto di vista farmacologico gli espedienti proposti sono di va-

ria natura: sono particolarmente frequenti i preparati per l’applicazione locale, come unguenti, oli, impiastri, colliri, cerotti, polveri e acque op-pure i medicinali destinati alla somministrazione per via orale, quali i vini drogati e gli sciroppi.

Per quanto l’uomo contemporaneo sia tentato di attribuire preghiere, benedizioni, amuleti, riti e formule magiche ad altre categorie dell’e-spressione umana, questi, ancora nel XVI sec. venivano considerati alla stregua di veri e propri farmaci61 e annoverati nei ricettari accanto ai preparati di cui sopra. Il codice in esame non si sottrae a questo modulo ormai consolidato e accoglie un nutrito gruppo di tali testi, che, a ripro-va di quanto testè affermato, introduce spesso con la tradizionale im-breviatura ‘R(ecipe)’. Possiamo menzionare, in via esemplificativa, l’orazione ‘tres boni fratres’62, da recitare ‘per stagnare lo sangue’, ampiamente attestata sin dal XIII sec. sia in versione latina che in ver-sione tedesca63, oppure quella da scrivere e tenere al collo come antipi-retico64. Nel volume sono presenti anche diversi rituali che prescrivono una serie di azioni e gesti accompagnati da invocazioni specifiche: in taluni casi si tratta di formule magiche incomprensibili65 ma, più fre-quentemente, di semplici orazioni66 o di benedizioni articolate67.

57 Ai ff. 12ss (azuro oltramarino), 42rv (affare terre bianche; affare terra rossa;

ocra verde), 69r (per tengere una terra), 71r (tinctura), 86r (afare pasta stechi e farla biancha; afarlanegra; afarlaverde; afarla arzura; afarla rosa; setula uoi fare inchar-nata; afarla zalda) e 86v (affare verderamo fino).

58 Al f. 69v sono riportate quattro ricette raccolte sotto la rubrica ‘a voler fare pelli di caprecto che resteno con il fiore’.

59 Al f. 84v. 60 Le ricette sono tutte raggruppate nei ff. 85r-86r. 61 A riguardo BENEDICENTI, p. 12. 62 Cfr. f. 18v. 63 FRANZ, vol. 2, pp. 512-513. 64 Al f. 30v: ‘contro ogni febre scrivi queste parolle et metille al collo acolui chi la

+ xpe vincit + xpe regnat + xpe inperat …’. 65 Si veda in appendice il rimedio anepigrafo in tedesco registrato al f. 17v. 66 E’ il caso della ‘receta de fistula’ al f. 109r che prescrive ‘cum pater noster et

ter ave maria’. 67 Cfr. l’intero f. 82r.

Page 26: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

24

Annarita Pogliani

Fra gli ingredienti utilizzati nei preparati medicamentosi dominano le specie botaniche più comuni, come ad esempio, l’aglio, il timo, la salvia, la vulneraria, la parietaria, il ginepro, l’alloro o l’assenzio, im-piegati in caso di febbri o per la loro azione balsamica ed espettoran-te68; l’artemisia, il fieno greco e la borsa del pastore compaiono soprat-tutto nelle ricette antiemorragiche69; l’aloe, la verbena, la melissa e la borragine sono indicate in caso di ‘infiaxon’ per le loro proprietà emol-lienti70 mentre la ruta, la santoreggia, la salvia, il rosmarino e l’alloro come stimolanti71.

Tra le sostanze minerali, l’‘argento vivo’ è impiegato nella cura di piaghe e ascessi per la sua azione antisettica72; il bolarmenico73 è rac-comandato per cerotti o ‘a rodere carne morta’74, mentre tuzia75, ve-triolo e terra sigillata76 sono citati come addizionanti di composti volti a rimarginare le ferite e arrestare i flussi sanguigni77.

La farmacopea che si evince dal manoscritto annovera anche ingre-dienti provenienti dal mondo animale: il ‘lardo de porcho maschio’78 – citatissimo –, come pure le ossa di porco (f. 24r) per le piaghe di mani e piedi79 o il corno di cervo come emostatico80.

Droghe e spezie esotiche erano diffusissime, soprattutto grazie agli intensi commerci delle Repubbliche di Venezia e di Genova con l’Oriente81, per cui abbondano in queste pagine la noce moscata, i chio-

68 Emblematico a riguardo il rimedio ‘contra il malle dil cataro’ al f. 37r. 69 Cfr. ff. 25v e 37v. 70 Cfr. ff. 24v e 27r, dove sono prescritte ‘ad ogni roctura dil naso … et ad ogni

infirmitade’ oppure durante il parto. 71 Specie in caso di gonfiori alle gambe e dolori in generale. Cfr. ff. 28v, 29r e 32r. 72 Si veda al f. 105v la ricetta per ‘ein ploter salbe’. 73 Il bolarmenico è un’“argilla a base di ossido di ferro impiegata per dorature e, in

medicina, come astringente”. Cfr. TLIO, s.v. bolo. 74 Cfr. f. 77v ‘spaladrapo per le gambe’ e f. 58v ‘polvere a rodere carne morta’. 75 Prodotta dalla sublimazione dello zinco, la tuzia era impiegata in medicina come

essiccante e cicatrizzante oppure come collirio. Cfr. DW, s.v. Tutie. 76 Questa era la definizione di un tipo di argilla, utilizzata anche a scopo medico,

che era così denominata in quanto veniva commercializzata in panetti tondi, corredati del sigillo del luogo di provenienza.

77 Un esempio su tutti: al f. 119v ‘cerona for die blotere’. 78 Cfr. ff. 31v-32r: ‘ad ogni infirmitade’. 79 Cfr. 24v. 80 Cfr. f. 25rv. 81 A riguardo BENEDICENTI, pp. 381-384.

Page 27: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

25

di di garofano, la cannella, lo zenzero, il pepe, l’incenso e la canfora82. Non tanto esotici, quanto piuttosto rivoltanti per l’uomo moderno, gli ingredienti afferenti alla cosiddetta ‘Dreckapotheke’ o ‘farmacopea lu-rida’83 che propone nei medicamenti l’impiego di escreti di animali84.

L’impianto delle ricette rivela, come s’è detto, una perfetta aderenza

allo schema usuale del genere che, cristallizzatosi già in epoca antica, è stato poi mutuato e perpetuato da traduttori, raccoglitori e compilatori medievali85. La struttura si compone, quasi regolarmente, dei seguenti elementi:

a. la rubrica, apposta talvolta in inchiostro rosso, fornisce informazio-ni sulle indicazioni terapeutiche della ricetta (‘contra strectura de pecto’, ‘ad dolorem cordis’, ‘fur die lemen’, ‘per mal francoys’86). Qualora vi siano più ricette con la medesima finalità, queste vengo-no spesso raggruppate sotto la stessa rubrica e le ricette successive alla prima sono introdotte semplicemente dall’abbreviazione di ‘I-tem’;

b. la formula ipotetica introduttiva descrive le circostanze in cui ricor-rere al rimedio e si sostituisce frequentemente alla rubrica (‘dem der sagel gros gescwolen were und der coff och geschwole were’, ‘si cadent capilli’87);

c. l’elenco degli ingredienti, introdotto dall’imbreviatura ‘R’ oppure, talvolta, nei testi in tedesco, dal verbo ‘nim’. Esso è corredato dell’indicazione della quantità degli ingredienti, che può essere e-spressa in forma approssimativa (‘uno pocho de’88) oppure ‘detta-gliata’ (‘dinari .4.’, ‘onze .2.’, ‘una brachata di’, ‘una scudella de’, ‘uno bochalo de’, ‘ein lot’, ‘eýn eyger schalen’89).

82 Si vedano, ad esempio, i ff. 27v, 29r ‘contra el malo de la madre’, e 77r ‘un-

guento a sanare ogni piaga’. 83 Sulla ‘Dreckapotheke’ medievale si veda ARENDS, pp. 142-143. 84 Lo ‘stercho de cani’ è prescritto in una ricetta ‘contra el fruxo del corpo de lo

homo’ (f. 25r), mentre lo ‘stercho de bo et di asino e di cavallo’ per ‘chi fosse caduto dalto’ (f. 30r). Per altri esempi si vedano i ff. 78r, 116v e 117r.

85 SIEGERIST, pp. 168-170; BÜCHI, p. 51. 86 Cfr. ff. 37v, 91v, 116v e 117v. 87 Cfr. ff. 107r e 93v. 88 Cfr. f. 120v. 89 Cfr. ff. 121r, 106r, 109v, 120v, 109r margine inferiore, 119v e 105r.

Page 28: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

26

Annarita Pogliani

d. il procedimento di preparazione (‘fane polvere e meti questa polve-re con…’90);

e, nelle sole ricette di interesse medico, e. i tempi e i modi di somministrazione (‘ein mol den dag býß das

…’91); f. la rassicurazione sull’efficacia della ricetta, che si trova frequente-

mente espressa nell’explicit con formule tipo ‘provato’, ‘noderai miracoli’, ‘heilet auch bald davon’,92 ma può comparire anche all’inizio della ricetta, con una qualificazione del rimedio come ‘po-tio mirabilis’, ‘unguento digestivo buono’, ‘notabile medicamen-tum’93 oppure garantendone il reiterato successo ‘provato piu fiati’, ‘ist an .14. personin gewert’94.

III. I testi in ‘lingua todischa’

III.1. Le caratteristiche testuali I testi in vernacolo tedesco sono stati annotati nel volume per mano

di B, Bδ e BD95 e si concentrano, in particolare, nei fascicoli II e IX. Si tratta, in dettaglio, dei seguenti testi:

Testo Genere foglio mano scribale ‘Hienach frumid verzeichnet die auß gepranten wasser’, attribui-to a Michael Schrick

trattato far-macologico

f. 11rv B

‘von den kranwitber oder wach-alter’

trattato far-macologico

f. 12r B

‘du solt gen an eýnem pfintztag’ rituale magico f. 17v BD fur das fuir glossa f. 55r

margine dx B

90 Cfr. f. 23v. 91 Cfr. f. 106r. 92 Cfr. ff. 60r, 51r e 56v. 93 Cfr. ff. 92r, 62v e 70v. 94 Cfr. ff. 16v e 105r. 95 Ho scelto di chiamare le tre grafie con la medesima lettera non tanto perché tutte

appartenenti a parlanti tedeschi, ma perché le loro caratteristiche formali sono in alcu-ni passaggi così simili da far pensare addirittura alla scrittura di una medesima mano in momenti diversi. Si vedano ad esempio i ff. 104v, 105r, 107r e 119v.

Page 29: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

27

fur fuogo glossa f. 56v margine sx

B

‘terra sigillata gelegt auff die ge-brenten haut’

ricetta anepi-grafa

f. 56v margine infe-

riore

B

‘item nom korn’ ricetta anepi-grafa

f. 57r margine infe-

riore

B

wasser glossa f. 65r margine sx

B

fůr den růden – růde glosse f. 66v interlinea r. 9 e

margine sx

B

‘ein salbe fur die bessen blote-ren’

ricetta f. 104v BD

‘zu arzen einim der die ploteren hat’

ricetta f. 105r Bδ

‘ain wasser fur ploteren’ rubrica f. 105r BD daß ist daß dranck ricetta f. 105v Bδ das ist die salbe ricetta f. 105v-106r Bδ ‘ein ploter salbe’ ricetta f. 105v,

margine infe-riore + f. 107r margine infe-

riore

B

‘ein plotra salbe’ rubrica f. 106r margine infe-

riore

B

‘fur das munt weo’ ricetta f. 106v margine supe-

riore

BD

‘fur das můndt we’ ricetta f. 106v-107r Bδ ‘dem der sagel gros gescwolen were’

ricetta f. 107r B

‘fur die lemen und die bullen an den benen’

ricetta f. 107v B

‘das ist ein olio fur die pestelen-ce’

rubrica f. 110r B

Page 30: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

28

Annarita Pogliani

fur die lemen glossa f. 116v B ‘ein salbe for die blotere in den henden’

rubrica f. 118r margine supe-

riore

B

‘item nom kesselen krut’ ricetta f. 118r B cerona for die blotere rubrica f. 119v

margine supe-riore

B

unguentum deffensium ricetta f. 119v BD

Il gruppo delle registrazioni in vernacolo si compone, dunque, di tredici ricette di carattere medico, di due estratti da trattatelli di farma-cologia, di un incantesimo e di una decina di glosse e rubriche a testi al-loglotti annotati da altri estensori.

Nella selezione delle ricette sorprende la netta preponderanza di ri-medi contro l’affezione definita con il termine generico ploter ‘ve-scic(ol)a’, ‘pustola’ o ‘vaiolo’96. Nella fattispecie il termine testimonia le profonde lacune dell’eziologia medievale e dimostra come fosse co-mune curare il sintomo – di per sé la prima manifestazione della malat-tia – piuttosto che la malattia stessa.97 Analizzando il contesto specifico in cui il termine compare, si può ritenere che questo sostantivo si riferi-sca specificamente alle lesioni cutanee che seguono a un’infezione da sifilide98: lo dimostrerebbero la definizione stessa die bessen bloteren, cioè ‘die bösen Blatter’, letteralmente ‘le vesciche maligne’ – apposta

96 Cfr. KAW, s.v. blātara, BENECKE, s.v. blātere; DW, s.v. Blatter e s.v. Bloter. 97 Per le difficoltà lessicologiche e semasiologiche che questo ambito riserva si

veda lo studio di RAUCH, in particolare pp. 36-39 e 110-111. 98 La malattia si era diffusa in tutta Europa proprio in questo periodo e molti furo-

no i tentativi di cura che ne seguirono e di cui anche il ricettario della BAP ci rende testimonianza. Una registrazione del 1495, tratta da una cronaca della città di Ulm (cfr. Die Chroniken), illustra con efficacia il sentimento di angoscia e di impotenza di fronte al dilagare dell’epidemia: “da kam ain kranckhait her gen Augspurg, die hieß man die plattern oder Frantzosen, und da kund man in aller welt niemandt finden, wie oder in was gestalt man sie vertreiben solt. Es was ain neu kranckhait. Der hertzog von Mailand ließ all doctor in seinem land zusamen berieffen und hielt in dise kranckhait für, aber sie kunden in der geschrift nit finden, daß es ain mensch von dem andren mecht ankomen, oder daß sollich kranckhait vor fil jaren nie mer gewesen sei, dann vor 2 jaren ungefarlich da hett sie erst angefangen in Franckreich.” Per un’in-troduzione alla sintomatologia e alla diffusione del morbo nel XVI sec. si veda COSMA-CINI (pp. 226- 233); per gli aspetti storici, con maggiore attenzione all’area italiana, si veda il volume di TOGNOTTI.

Page 31: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

29

nella rubrica al f. 104v – e la lunga istruzione ai ff. 105r-107r, dove le terapie suggerite contemplano l’assunzione di una bevanda sudorifera nonché la permanenza in una camera molto calda e sembrano destinate ad avere effetti non solo sulle estremità degli arti, ma su tutto il corpo del paziente.99

Kully100 suggerisce a ragione che anche le ricette ai ff. 106v-107v possano afferire a conseguenze di un’affezione di sifilide, in particolare ad alterazioni della mucosa della bocca (‘fur das munt weo’; ‘fur das můndt we’), alle tumefazioni del membro maschile (dem der sagel gros gescwolen were) e alla paralisi e ai linfonodi alle gambe (fur die lemen und die bullen an den benen). Quest’ultima annotazione di B al f. 107v101 desta tuttavia alcune perplessità, che Kully omette di citare: a tutta prima le esitazioni, gli errori ortografici, il testo incespicante e la sintassi approssimativa della prima parte farebbero propendere per una registrazione spontanea e non per una copia. Le indicazioni di questa sezione parrebbero riguardare la preparazione di un unguento per le gambe, come suggerito dalla rubrica. La sezione immediatamente suc-cessiva è separata dalla prima mediante una linea orizzontale e, a giudi-care dal ductus e dalla diversa larghezza del tratteggio, è stata annotata in un diverso momento. I primi tre righi non creano problemi: da dorna nom die salbe fino a und salbe ein monat lang la ricetta sembra prescri-vere un’automedicazione degli arti inferiori (salbe dih bi dem fuoz). Eppure, quanto segue non ha attinenza col resto del testo e sembra piut-tosto provenire da una prescrizione per la cura dei cavalli,102 più preci-samente per la cura di spasmi (wie)103 alla schiena dell’animale (dier),

99 Che si tratti di ricette contro la sifilide è confermato anche dalla voce ‘almale

franzoso tedescho’ del sommario redatto dal Carzino (f. 10r) in riferimento a due ri-cette del f. 118r, una in italiano e una in tedesco, rubricate sotto ‘ein salbe for die blo-tere in den henden’. Essendo registrato subito dopo due rimedi contro i sifilodermi, l’ unguentum deffensium al f. 119v, potrebbe avere le medesime indicazioni terapeuti-che, forse di prevenzione, piuttosto che di cura.

100 Cfr. p. 273. 101 Si veda il testo riportato in appendice. 102 Un altro elemento bizzarro e inspiegabile è dato da un’annotazione sul margine

inferiore del precedente f. 106v: qui una mano molto simile a C ha scritto ‘Queste suono le infirmicta nascer ali caualj’, laddove tutte le prescrizioni ai ff. 106v-107r sono chiaramente dirette a sanare il mal franzoso. Seppure il f. 106v segni la fine di un fascicolo, il testo qui inscritto prosegue sul successivo f. 107r e quindi esclude la possibilità che l’annotazione di C si riferisca ad un foglio andato perduto.

103 Cfr. mat. wē ‘dolore, spasmo’.

Page 32: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

30

Annarita Pogliani

per i quali è richiesto di massaggiarne la spina dorsale (ruck messel)104 con l’unguento. La frase conclusiva – so gochstu105 so tem stulle106 ‘co-sì ti affretterai alla sella’ – dà conferma dell’efficacia della ricetta e ri-sponde perfettamente ai canoni formali del genere. Una spiegazione a tale confusione testuale potrebbe venire dal f. 116v, dove, sopra una ri-cetta del Carzino diretta ‘Al malo de uno caualo sopra la schena’, com-pare l’annotazione in tedesco ‘fur die lemen’, sempre per mano di B. Evidentemente anche il mal di schiena del cavallo o forme di distonia al dorso dell’animale erano rese in tedesco col medesimo vocabolo ‘le-men’107, impiegato per i disturbi neurologici agli arti, tipici di uno sta-dio avanzato della sifilide. Sorge pertanto il dubbio che il testo al f. 107v sia allora piuttosto la trascrizione distratta di due antigrafi, altret-tanto poco curati, di cui uno era diretto a curare l’infermità dell’uomo, l’altro quella del cavallo e che durante la copia essi siano stati confusi tra loro.

Suscita interrogativi di altro genere il trattato di Schrick sulle virtù

dei distillati di erbe, di cui il ricettario propone ai ff. 11rv solo l’introduzione e il registro. L’omissione dei singoli capitoli in cui si il-lustrano le proprietà benefiche di queste ‘aquae’108 può essere dettata da una scelta autoriale o da cause legate alla storia del codice. Il racco-glitore potrebbe aver ritenuto che queste parti del trattato esaurissero i suoi interessi: a garanzia dell’efficacia dei distillati l’introduzione cita l’auctoritas da cui sono attinte le informazioni (meister michel schrick), mentre il registro riassume a grandi linee le indicazioni terapeutiche delle acque (zu dem haubt: salva wasser, bethonien wasser…). D’altro canto, l’omissione di questi capitoli potrebbe derivare dalla perdita di qualche bifolium avvenuta prima della legatura e della recensione nell’indice del Carzino; l’analisi del fascicolo II mostra, infatti, che es-

104 Cfr. mat. rücke meiael. 105 Cfr. DW, s.v. gāhen. 106 Kully vi ha apposto delle cruces desperationis (Cfr. edizione in appendice). Il

testo mostra oscuramento delle vocali aperte (a > o); assordimento delle sibilanti e delle occlusive sonore, enclisi del pronome al verbo e geminazione della liquida; quindi è da leggersi ‘so gachst du zu dem stuol’.

107 Il termine è produttivo sia nel lessico medico, sia in quello veterinario e tradu-ce, ad esempio, vocaboli latini come paralysis, clauditas, morbus articularis, lumba-go. Cfr. DW, s.v. Lähme.

108 Cfr. l’edizione facsimilare del testimone nel ms. C 102b della Zentralbibliothek di Zurigo curata da WELKER, pp. 226-249.

Page 33: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

31

so è costituito da quattro bifolia assemblati anomalmente: il secondo bi-folium (ff. 12:13) non è steso tra quello esterno (ff. 11:18) e il terzo (ff. 14:17), ma è ripiegato su se stesso come se fosse un fascicolo a sé.

A far propendere, però, verso l’ipotesi di una selezione del raccogli-tore concorre, a mio avviso, il successivo testo, attinto dal trattatello sulle virtù del distillato di ginepro109: il trascrittore si è limitato a regi-strarne la parte iniziale, che descrive l’iter di preparazione del distillato, e ha omesso il lungo elenco di indicazioni terapeutiche che segue nella versione completa110. L’impianto del testo non differisce da quello delle ricette: il titolo (von den kranwitber oder wachalter) è seguito da un’introduzione che illustra il contenuto del testo (die tugent der kran-witber), cita la fonte (albertus des heyden)111 e ne garantisce la provata efficacia (die hat man bewart und versucht zu Florintz in der Stat)112. L’istruzione suggerisce il tempo in cui preparare la bevanda (zu der zeit unser lieben frawen verschidung) e i contenitori da utilizzare (‘eine[n] neuen haffen’, ‘ein reines glas’, ‘ein vaß oder […] ein krüg’), descrive i

109 La tradizione a stampa del trattato di Schrick ha accolto due altri trattati indi-pendenti ma affini quanto ad argomento: il succitato testo sul distillato di ginepro e un trattato sull’acquavite. Dissento dall’opinione di KEIL (p. 420, n. 14), secondo cui Schrick stesso avrebbe aggiunto i due trattati in appendice al proprio. Personalmente ritengo si tratti piuttosto di una scelta redazionale voluta dall’editore B(mler di Augu-sta in coda alla seconda edizione dell’opera di Schrick, apparsa nel 1477, poiché non vi è traccia di tale struttura in alcuno dei testimoni manoscritti anteriori alla tradizione a stampa iniziata nel 1476, tre anni dopo la morte del medico austriaco.

110 Cfr. WELKER, pp. 246-248. 111 Anche Kully (pp. 296-297) non ha trovato alcun riscontro diretto per l’autore

citato nel testo; mi pare plausibile la sua ipotesi, secondo la quale possa trattarsi dell’adattamento fonetico di un nome straniero, forse Ibn El-Beitar (o Albeitar), noto botanico di origine araba vissuto tra il XII e il XIII sec. e ritenuto uno dei più alti rap-presentanti della farmacologia araba in Andalusia. Stando a DIETRICH egli nacque a Malaga intorno al 1204 e morì a Damasco nel 1248 dopo aver viaggiato nel Nordafri-ca e in Asia Minore, dove potè approfondire i suoi interessi in ambito botanico e me-dico.

112 Firenze è forse nominata perchè in quei secoli rappresentava l’esempio per ec-cellenza, in Italia e in Europa, di una comunità urbana con alte forme di assistenza pubblica. La profonda esperienza nella medicina practica permise al Collegio cittadi-no dei medici di compilare e pubblicare il rinomato ‘Ricettario Fiorentino’ (Novo Re-ceptario composto dal famosissimo chollegio degli eximii Doctori della Arte et Medi-cina della inclita Cipta di Firenze, Firenze, 1498), con cui si cercò di uniformare la prescrizione e la preparazione dei medicamenti. Il testo costituisce la più antica far-macopea ufficiale e lungo tutto il Rinascimento e negli immediati secoli successivi venne considerato come essenziale punto di riferimento per l’esercizio dell’arte. Cfr. PARK, passim e BENEDICENTI, p. 454.

Page 34: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

32

Annarita Pogliani

passaggi di bollitura del vino e il tempo di macerazione delle bacche di ginepro (siben morgen oder neün); indica, infine, i modi di assunzione (trinck des ersten ders gesotten weins frü des andern gesotten wins trinck des abents) e assicura al paziente il risultato (du wilt schlaffen geen).

In assenza di titolatura non è dato sapere lo scopo preciso del testo

annotato al f. 17v, sebbene l’explicit (so saget dir das kint alle worhayt on allen zweýffel) sembri alludere ad un rituale magico volto a scoprire la verità su qualcosa. L’istruzione esordisce indicando il giorno (an eý-nem pfintztag) e il momento in cui effettuare il rituale (frue wen der tag an get)113. Fornisce poi una complicata serie di azioni da compiere (‘du solt gen […] zu dreýen prunnen die auß der erden geen’, ‘thu drey schrit wiedder hinder dich’), o da evitare (‘rede nichts’, ‘nicht ums se-hest’), fino a culminare con la recitazione di una formula magica dal te-sto incomprensibile. L’intero incantesimo è intriso di elementi legati al-la sfera della superstizione e della magia114. Se si considera il reiterato riferimento all’acqua, al boccale ‘nuovo’, al lato destro del corpo (‘die rechten hant’, ‘das rechte or’), al sorgere del sole115 e al bambino si po-trebbe pensare che lo scopo del rituale soggiaccia ad un iter di purifica-zione poichè tutti questi elementi nella concezione popolare sono legati ad un’idea di purezza e di luminosità. A parer mio, l’ipotesi di un rito purificatore troverebbe un seppur labile sostegno nella terza parola del-

113 La sede e il momento in cui effettuare il rituale magico sono condizioni impre-

scindibili per una buona riuscita dello stesso. In area tedesca pare che il giovedì (pfintz-tag) fosse considerato il giorno della settimana più propizio per tali pratiche magiche. Sul tema si veda HOLZMANN, pp. 47-51.

114 Per un’introduzione all’argomento si vedano gli studi di KIECKHEFER, BEATTIE, TAMBIAH e DIENST. Specificamente per l’area germanica e, in particolare, per quella tedesca si faccia riferimento ai contributi di DE VRIES, HÄLSIG, BÄCHTOLD-STÄUBLI e DIENST.

115 In diversi incantesimi precristiani si indica di volgersi verso il sole che sorge quando si vuole richiedere qualcosa ad una divinità (Cfr. FEHRLE, p. 66). Anche nelle attestazioni moderne studiate da WUTTKE si ritiene che l’acqua di fonte abbia potere terapeutico se attinta “zu heiligen Zeiten um Mitternacht und vor Sonnenaufgang” (p. 14). Interessante, poi, per un confronto con il testo della BAP, un incantesimo contro l’itterizia che mostra notevoli analogie nei tempi e nei modi prescritti per il rituale: “man legt abends einen Dukaten, also etwas Gelbes, in eine Schüssel mit Wasser und ver-scharrt ihn am andern Morgen vor Sonnenaufgang, indem man der Sonne entgegengeht in dem Garten und holt ihn am andern Morgen wieder heraus; alles geschieht schwei-gend” (p. 333).

Page 35: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

33

la formula magica ‘machia’, che, sebbene si trovi accanto a termini mi-steriosi e senza senso, possiede una chiara valenza evocativa. Pertanto, affinché la verità sia svelata – non a caso, dalla bocca di un bambino –, è necessario che il contesto sia perfetto, ineccepibile; ecco allora ricor-rere il numero 3, che è un numero notoriamente magico, legato all’idea di perfezione: tre sono i passi all’indietro da fare appena uscito da casa, tre le fonti a cui recarsi, tre i boccali ‘nuovi’ con cui attingere l’acqua. L’idea di ordine e di perfezione è data dall’indicazione della quantità di acqua da attingere, che deve essere la medesima ad ogni fonte. Infine, com’è tipico della tradizione degli incantesimi, nell’aspetto perfomati-vo del rituale gioca un ruolo significativo la parola: la parola recitata ‘sprich’ o la parola rivelata ‘worhayt’.

III.2. Le caratteristiche linguistiche Tentare di sottoporre ad un’analisi linguistica approfondita i testi

contenuti nei ricettari è spesso impresa disperante, in quanto l’aspetto linguistico è decisamente trascurato, la sintassi è quasi del tutto inos-servata e talvolta si alternano o si sovrappongono codici linguistici di-versi. Questo avviene non solo nel caso di ricette verosimilmente anno-tate a memoria o riassunte o dettate da una fonte orale ma talvolta an-che laddove esse siano state trascritte da una copia. I testi in volgare del codice perugino rivelano una pluralità di fonti e di forme linguistiche: gli stessi brani in vernacolo italiano non possono essere ascritti ad un’unica area linguistica, ma, mostrano di volta in volta sfumature dia-lettali diverse. In linea generale si può comunque affermare che il dato topografico emerso nell’analisi codicologica trova conforto in quello linguistico, poiché la più parte dei brani in volgare italiano mostra una vicinanza con le parlate dell’Italia settentrionale, in particolare con i dialetti di area lombarda e veneta.116

116 Si incontrano, ad esempio, casi in cui /g/, seguita da vocale palatale, è proba-

bilmente mutata in affricata sonora (f. 24r petizene; f. 27r zitare; f. 47r. zemzineri; f. 43r zinistra; f. 63v inzenochiare; f 66r zunture; f. 86r zalda; f. 108r zorni); /t/ intervo-calica ha subito sonorizzazione <d> e in molti casi è scomparsa (f. 59r infiadura; f. 95r infermida; f. 79r dorao, bruxai); /k/ intervocalica, seguita da vocale palatale è pas-sata a sibilante sonora /ś/, scritta <s> (f. 108r dodese). Anche parte del lessico indica la medesima origine, come nene ‘mammelle’ (f. 52v), stope ‘otturate (qui si riferisce all’ingorgo mammario)’ (f. 52v), sonza ‘sugna’ (f. 109v). Cfr. ROHLFS, vol. I, §§ 156, 201, 214 e 218.

Page 36: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

34

Annarita Pogliani

I testi in lingua thodischa non si sottraggono a tale peculiarità: da un’analisi linguistica essenziale emerge che, pur essendo stati registrati da tre estensori ben distinti, con strategie grafiche eterogenee e frequen-temente incoerenti, essi provengono dall’area meridionale, precisamen-te dall’alemanno, ad eccezione dei testi al fascicolo II, che risultano es-sere copie di antigrafi svevo-bavaresi. La difficoltà maggiore nella lo-calizzazione dei testi è data però dalla loro altezza cronologica e, per gli estensori B e BD, dall’assenza di termini regionali. La datazione alle prime tre decadi del XVI sec. esclude infatti da una valutazione finale alcuni fenomeni che, almeno fino al secolo precedente, caratterizzavano certe aree tedesche e che nel periodo interessato si sono già estesi ai ter-ritori attigui.

III.2.1 Le copie svevo-bavaresi All’area centro-orientale del tedesco superiore conducono le seguen-

ti specificità fonetiche: - la labializzazione di mat. /e/ > ted.pm. /ö/, segnata <o>117. Il feno-

meno è tipico dell’alemanno, dello svevo e del francone orientale e si verifica specie quando la vocale palatale è preceduta da /w/ e se-guita da /l/118.

- la dittongazione delle vocali lunghe mat. /i:/, /u:/ > rispettivamente a ted.pm. /ei/, reso con <ey>/<eý> e <ei>119, e ted.pm. /au/, qui rappresentato da <au>, <aw> e <aü>120. L’evoluzione prende av-vio dai territori bavaresi già intorno alla fine del XII sec. Per l’epoca del ricettario perugino si deve considerare una diffusione del fenomeno in gran parte dell’area tedesca centro-orientale, con maggiore radicamento nello svevo e con esclusione, fra le parlate meridionali, dell’alemanno121.

117 wolcher f. 11r (mat. welcher), morretich f. 11v (mat. merretich). 118 Frnhd.Gr., § L 36.2; MOSER, § 66 e A. 1; WALCH - HÄCKEL, § 32, A. 7. 119 eysenkraut, reýssen f. 11r (mat. īsenkrūt, rīaen); weyßwurtz, weyßlilien f. 11v

(mat. wīßwurz, wīßlylie); zeit, wein, contro wins f. 12r (mat. zīt, wīn); dreýen, dreý, geleych, igleýchem, deinem, diernleýn contro haffenlin, fleýssiglichen, zweýffel f. 17v (mat. drī, gelīch, dīn, diernelīn, havenlīn, vlīaiglich, zwīvel).

120 Segnatamente in auß-, brauchen f. 11r (mat. ūß-, brūchen), prawnellen f. 11v (mat. prūne-); laut, darauff, sauber, auß, auff f. 12r (mat. lūt, darūf, sūber, ūa, ūf); auß, hauß, haüs f. 17v (mat. ūa, hūs).

121 Mhd.Gr., § 20; MOSER, § 77; BESCH, pp. 75-76; Alem.Gr., § 96.

Page 37: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

35

- la grafemizzazione di mat. /ü/ e /üe/ con i due segni, funzionalmente distinti, <ü>122 e <ůe>123, secondo un uso scrittorio in voga nei ter-ritori del tedesco superiore fino al XVI sec.. In questo stesso perio-do il digramma <ůe> è, fra l’altro, ampiamente utilizzato nel bava-rese e nelle zone limitrofe124.

- il mantenimento del dittongo mat. /ei/, reso con <ei>/<eý>125 e con <ai>/<ay/aý>126, contro una progressiva monottongazione nel tede-sco centrale. Le due ultime grafie sono rappresentative del bavarese, dello svevo e, in parte, delle vicine aree altoalemanne, dove, molto probabilmente il dittongo /ei/ ha subito un’apertura ad /ai/127. Da notare che, nel testimone di Schrick, è stata operata una distinzione grafica tra il dittongo che prosegue da mat. /ei/, scritto <ei>, e il dittongo sorto da mat. /i:/ reso con <ey>, aspetto che denuncia una riflessione grafica e conferma l’ipotesi di una copia da un’edizione a stampa.128

- il mantenimento del dittongo mat. /ou/, che nel tedesco centrale si monottonga, mentre nel tedesco superiore si evolve ad </au/>/ <aw>129, confondendosi con il dittongo sorto da mat. /u:/. L’evo-luzione del dittongo inizia nelle aree orientali (bavaresi) e si diffon-de progressivamente verso occidente, allo svevo e a parte dell’ale-manno inferiore e superiore, dove il fenomeno si realizza appieno solo tra XVI e XVII sec.130 La forma monottonga in aschlach f. 11r (mat. aschlouch) e wildenknoblach f. 11v (mat. -knobelouch) è pro-

122 hymelschlüssel, künlinkraut f. 11v (mat. himelslüaael, quennel/künlīn). 123 holerblůe, bonblue f. 11r (mat. -blüe; trattandosi di due termini composti sul

medesimo sostantivo è probabile che l’assenza del segno diacritico su bonblue sia do-vuto ad omissione); trückne f. 12r (mat. trückenen).

124 Frnhd.Gr., §§ L 17; 30. 125 meister, verzeichnet f. 11r (mat. meister, verzeichenen); steinbrech f. 11v (mat.

steinbreche); meister, ein-, reines f. 12r (mat. meister, ein-, rein-); ein f. 17v (mat. ein-); heýden f. 12r (mat. heiden); eýn- f. 17v (mat. ein-).

126 aichenlaub f. 11r (mat. eiche-); faim, beschaidenlich f. 12r (mat. veimen, bescheidenlīch); ain- f. 17v (mat. ein-); polay f. 11v (mat. polei(e); nel ms. <y> mo-stra un punto sovrascritto che non posso rendere con i caratteri informatici a mia di-sposizione); haýs, worhayt f. 17v (mat. heiaen, wārheit).

127 Frnhd.Gr., § L27; BESCH, pp. 76; 78-79. 128 Si veda WELKER, p. 96. 129 haubt, augentrost, aichenlaub f. 11r (mat. houpt, ouge-, -loup), segenbaum,

spindelbaum f. 11v (mat. -boum); frawen f. 12r (mat. vrouwe); auch (3v), contro ouch (1v.), schaẃ (mat. ouch, schouwen)

130 Frnhd.Gr., § L 28; BESCH, pp. 81; 83.

Page 38: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

36

Annarita Pogliani

babilmente esito di riduzione vocalica in sillaba posttonica ed è at-testata in tutta l’area tedesca131.

- il dittongo mat. /uo/ è reso precipuamente con <ů>132, sporadica-mente con <u>133 o <ü>134, e in un solo caso con <ue>135. Mentre l’alemanno mostra una predominanza dell’impiego di <ů>, il bava-rese e lo svevo alternano le grafie con o senza segno diacritico: seb-bene qui dominino le forme dittongate <ů/F/ue>, nelle zone meri-dionali centrali e nel bavarese settentrionale si diffonde anche la re-sa col grafema semplice <u/ü>136.

- mat. /b/ compare quasi esclusivamente come <b> sia in posizione iniziale prevocalica e preconsonantica, sia in corpo o in fine di pa-rola137. In quattro casi, tuttavia, si presenta nella forma desonorizza-ta <p>, in posizione iniziale assoluta o indiretta138. Fino alla metà del XVI sec. la grafia <p> in inizio di parola caratterizza le aree centro-orientali del tedesco meridionale; dietro l’influsso di questi territori tale particolarità è poi variamente attestata anche nel fran-cone superiore e renano, nel tedesco centrale orientale, fino a lambi-re il basso tedesco139.

- la grafia <g>, laddove ci si aspetterebbe per etimologia /k/,140 ri-manda in particolare a occorrenze scrittorie di area tedesca centrale, ma non è infrequente nei territori basso alemanni141 e svevi142.

131 STOPP 1978, § 54; DW, vol. 11, col. 1449. 132 wolgemůt, růr f. 11r (mat. -gemuot, ruor(e)), bůchampffer, bermůter f. 11v

(mat. buochampher, bermuoter). 133 kukott, wermut f. 11r (mat. kuo-, wermuot); versucht f. 12r (mat. versuochen). 134 krüg, frü f. 12r (mat. kruoc, vruo). 135 frue f. 17v (mat. vruo). 136 Frnhd.Gr., § L 30; BESCH, pp. 79-80; MOSER, § 25. 137 brauchen, beschriben, geb, auffenblat, haubt, bethonien, holerblůe, bonblue,

abgemacht, erdber, leber, aichenlaub f. 11r; bůchampffer, bermůter, segenbaum, wil-denknoblach, spindelbaum f. 11v; kranwitber, bewart, lieben, gehaben, sauber, ab, beren, behalte, bedecket, siben, beschaidenlich, abents f. 12r; selbich, knaben, gibs f. 17v.

138 gepranten, porrago, himelprant f. 11r; pilsen f. 11v; pret f. 12r; prunnen, pru-nen f. 17v.

139 Frnhd.Gr., § L 44.2. 140 Precisamente in gaffre (mat. gaffer, campfer < mlat. cafura / camphora) e ga-

millen (mat. camille < mlat. chamomilla, camamilla < lat. chamaemelon). 141 Alem.Gr., § 211. 142 Frnhd.Gr., § L 49.2.

Page 39: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

37

- la grafia <ch> per /g/143 in posizione finale indiretta o assoluta ca-ratterizza non solo il tedesco centrale, ma anche un’ampia porzione dei territori settentrionali del tedesco superiore centro-orientale.144

- nella ricetta per il vino al ginepro (f. 12r) /s/ viene resa in cinque ca-si con <z>145; questo uso scrittorio è attestato sia in area bavarese, sia in quella sveva.146

- in un caso147 il nesso /st/ mostra palatalizzazione della sibilante e caduta dell’occlusiva dentale. Il fenomeno è particolarmente docu-mentato nel tedesco superiore centro-occidentale, quindi nello sve-vo e nelle varie aree alemanne.148

- la sequenza fonetica /ks/ che si è evoluta nella fase protomoderna dal mat. /chs/ viene resa graficamente con <chs>149, come in voga nel tedesco superiore orientale a partire dal XV sec.150.

- in frumid (f. 11r) si assiste alla lenizione della dentale nella desi-nenza di III pers. sg. -et > id. Il fenomeno in sé si verifica nel tede-sco centrale, nel bavarese settentrionale e centrale, nello svevo e nell’alemanno inferiore151, mentre rimane un’occorrenza piuttosto marginale nell’ambito flessivo, per il quale il bavarese centrale do-cumenta forme simili152.

La localizzazione di queste copie nei territori svevo-bavaresi è suf-fragata anche da alcune attestazioni lessicali, esclusive di queste zone, come ad esempio haffen(lin) ‘casseruola in terracotta’ (f. 12r, 17v), ti-pico di tutto il tedesco superiore,153 pfintztag ‘giovedì’ (f. 17v), rappre-sentativo dell’area bavarese e austriaca154 e verschidung ‘morte’ (f. 12r), attestato unicamente in epoca media in due cronache delle città di Augusta e Norimberga.155

143 selbich f. 17v (mat. selbig). 144 Frnhd.Gr., § L 56.3. 145 zo, contro quattro casi in cui è segnata con <s>, so. 146 SCHATZ, § 74; Bair.Gr., §§ 150; 153; Alem.Gr., § 184. Bair.Gr., §§ 150; 153. 147 gesch f. 17v. 148 Frnhd.Gr., § L 54.4; Alem.Gr., § 193, p. 161. 149 ochssenzungen f. 11r. 150 Frnhd.Gr., § L 49.2. 151 Frnhd.Gr., § L 78; Alem.Gr., § 183. 152 DAMMERS - HOFFMANN - SOLMS, § 62.1. 153 DW, vol. 10, col. 120-123, s.v. Hafen. 154 DW, vol. 13, col. 1705-1704, s.v. Pfinztag. 155 LEXER, s.v. veschidunge. Nell’espressione unser frowen verschidung il termine

assume il significato di ‘dormitio, assunzione’ (ERSCH, vol. 48, p. 315) e fa riferimen-to al culto del transito del corpo della Vergine Maria in cielo, episodio festeggiato, sin

Page 40: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

38

Annarita Pogliani

III.2.2 Le registrazioni in alemanno di Bδ L’assegnazione linguistica dei testi annotati da Bδ non desta grandi

difficoltà, poiché sia l’aspetto fonologico sia quello lessicale convergo-no verso l’area alemanna. Queste le caratteristiche più rilevanti: - per mat. /i/ si registrano la grafia prevalente <i>156 e la variante

condizionata <ie>157: in esse si riflette la situazione tipica del tede-sco superiore, dove la vocale si è generalmente mantenuta inaltera-ta, mentre in certe condizioni, come nei monosillabi, davanti a /r/, tende ad allungarsi e a frangersi in un suono dittongato </ie/>.158

- mat. /i:/ subisce alterne evoluzioni: in un caso si dittonga ad /ei/, con grafia <eí>,159 altrove rimane invariato e viene reso con <i/ý>160, mentre davanti a fricativa velare ricorre la variante condi-zionata <e>161, che in alemanno trova origine dalla riduzione voca-lica di /ai, ei/ in presenza di /w, h, r/162. Sebbene in posizione post-tonica, anche il suffisso con valore diminutivo mat. -līn è rappre-sentativo di tali circostanze evolutive, in quanto si presenta nelle va-rianti <-lýn, -len e -lÿ>163: se la prima forma è comune a tutto il ter-ritorio tedesco, la seconda è tipica del tedesco superiore, mentre la terza sembra essere una formazione peculiare dell’alemanno supe-riore, attestata nei documenti basilesi in concorrenza con <-lin> du-rante tutta la prima metà del XV sec., e in forma dominante intorno al 1530.164

dall’epoca medievale, il 15 agosto (DE FIORES, vol. 1, pp. 71-99, in partic. pp. 74-75). Risulta degno di nota, a riguardo, che molti rituali di benedizione delle erbe dovessero essere svolti proprio nel giorno di questa festività al fine di garantirne l’efficacia tera-peutica (FRANZ, vol. 1, pp. 398-413).

156 geschriben f. 105v (mat. geschriben); genist f. 106v (mhd. geniset < genesen). 157 wiert f. 105r (mat. wirt). 158 MOSER, § 72 e A1. Nel participio preterito del verbo di I cl. fte. schreiben le

forme con un’originaria vocale semplice mat. /i/ (cfr. geschriben f. 105v) convivono con forme articolate (cfr. geschrieben f. 105r). Cfr. DAMMERS – HOFFMANN – SOLMS, § 100.

159 deím f. 105v (mat. dīnem). 160 zůrtrib, drib f. 106r vertribs, sin 106v (mat. (-)trīben, sīn); blý wýß f. 105v

(mat. blīwīa); trýbs f. 106r (mat. trīben); spýß f. 107r (mat. spīse). 161 under wechen f. 107r (mat. unter wīchen). 162 Alem.Gr., § 36. 163 schůslýn f. 106r; schuslen f. 106r; stublÿ f. 105r, tuchlÿ f. 106v (mat.

schüzzelīn, stub(e)līn, tuchlīn). 164 STOPP 1978, § 28.

Page 41: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

39

- anche mat. /u:/ è sottoposta diverse modalità di trattamento: in un solo caso la vocale ha subito dittongazione ad </au/>165, mentre in altre occorrenze ha mantenuto la sua forma monottonga, indicata dalle grafie <u/ú>.166 Il grafo <ů> in tůbenkroppf167 potrebbe indi-care la palatalizzazione di /u:/ ad /ü:/, attestata nel basso francone renano, nell’alsaziano e nei territori meridionali dell’alemanno su-periore168; tuttavia, potrebbe anche essere spiegato come un caso di ipercorrettismo,169 dato il massiccio impiego di questo grafo nella resa di vari foni.

- laddove mat. /u/ non ha subito abbassamento vocalico ad </o/>170, come frequentemente attestato in tutto il territorio alemanno171, esso è reso con <u>172 oppure <ů>173. Queste stesse varianti concorrenti sono variabilmente impiegate anche per mat. /ü/174 e per i dittonghi mat. /uo/175 ed /üe/176 e rispecchiano la tendenza alemanna a non di-stinguere le vocali labiali semplici da quelle metafonizzate. Nelle occorrenze con <ů> per mat. /u/ si potrebbe però celare il processo di dittongazione che si verifica nel tedesco superiore a partire dal XII sec., soprattutto in presenza di liquida o nasale, e che si conser-va fino agli inizi del XVI sec.177 Per mat. /uo/ il grafo <ů> è la for-ma più comune in alemanno e dovrebbe rappresentare la conserva-zione del suono dittongo originario; verso il XV-XVI sec. si diffon-de la grafia <u>, segno di un probabile processo di monottongazio-

165 auß gang f. 107r (mat. ūaganc). 166 suffers f. 106v, prúnellen f. 105v (mat. sūber, prūn-). 167 f. 105v (mat. tūbenkropf). 168 ZIRMUNSKIJ, pp. 208-209; Frnhd.Gr., § L 25; BOHNENEBERGER, pp. 20-22. 169 Frnhd.Gr., § L 36. 170 dorch ein ander f. 106r (mat. durcheinander). 171 Alem.Gr., § 24. 172 du, und passim, stublÿ f. 105r: (mat. du, unde, stub(e)līn); kummen f. 105r,

106v (mat. kumen); pulffer f. 105v+106r (mat. pulver); luff f. 105v, 106v (mat. luft); ungesoten, durch, durchein ander f. 106r (mat. ungesoten, durch(einander)); zu sa-men f. 106v (mat. zu samene); under wechen f. 107r (mat. unterwīchen).

173 sůnst, důrch ein ander, kůpher f. 105v (mat. sunst, durcheinander, kupfer); kůmpt f. 106v (mat. kumen); můndt, můnd f. 106v můnd f. 107r (mat. mund).

174 fůr, fůnfer f. 105v (mat. vür, vünfer); schůslýn f. 106r (mat. schüaael), contro ubertreff f. 105v (mat. übertreffen) e schuslen f. 106r (mat. schüaael).

175 zů(-) f. 105v, 106rv (mat. zuo); frů, zůrtrib f. 106r (mat. vruo, zurtrīben); důn (mat. tuon); lůg f. 107r (mat. luogen). Di contro thu f. 106rv (mat. tuon); guttý, tuchlÿ f. 106v (mat. guot, tuochlīn); wust f. 107r (mat. wuost).

176 nůchtrem f. 106r (mat. nüehter); kul f. 106r (mat. küele). 177 MOSER, § 74, A1.

Page 42: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

40

Annarita Pogliani

ne iniziato già nel secolo precedente negli attigui territori del tede-sco centrale.178 Nelle due attestazioni che proseguono mat. /üe/, in-vece, è possibile ipotizzare che la variante semplice <u> sia risulta-ta dall’omissione del segno <°>, che, accanto ad altri segni diacriti-ci, compare nelle grafie prevalenti in alemanno tra XV e XVI sec.179

- come avviene nel tedesco superiore durante tutto il periodo proto-moderno, il dittongo mat. /ie/ si è per lo più conservato,180 a giudi-care dal digramma <ie> impiegato nella maggior parte delle attesta-zioni.181 In un solo esempio compare la grafia <ý>182 a segnalarne la monottongazione.183 Il grafo <ů>184 in baselfůrer è spiegabile quale risultato di un accostamento paretimologico di vierer al termine füh-rer, 185 dovuto, forse, anche ad una pronuncia incerta del dittongo.

- per mat. /iu/ i testi di Bδ documentano la grafia <u>186: in alemanno il dittongo era confluito in /ü:/ già nel tardo mat. e in epoca proto-moderna questo suono metafonizzato fu sottoposto a dittongazione, sebbene la distinzione a livello grafico si ebbe solo a partire dal XVI sec.187

- il dittongo mat. /ei/ è rappresentato dalle grafie <ei/eí/eý>188 e, in due singoli casi, dal digramma <aý>189 e dal grafo <e>190. A diffe-renza dei territori tedesco-centrali l’alemanno non sottopone questo dittongo a riduzione vocalica, ma tende a mantenerne intatta la pro-nuncia, mutuando sporadicamente delle varianti aperte dalla vicina area sveva; le varianti grafiche basate su <e> e su <a> diverranno in

178 BESCH, pp. 79-80; MÜLLER, p. 69. 179 MÜLLER, p. 70. 180 MOSER, § 81.1; MÜLLER, pp. 45-46. 181 die passim (mat. die); niechter f. 105r (mat. nieht < niwiht, niwëht); wie, span-

grien f. 105v (mat. wie, spāngrien); sieden, siechen f. 106v (mat. sieden, siech-). 182 flýssen f. 106v (mat. vlieaen). 183 MOSER, § 81, A2. 184 f. 105v (mat. baselvierer). 185 Cfr. DW, vol. 26, col. 290. 186 beschluß f. 105r (mat. besliua). 187 DAMMERS – HOFFMANN – SOLMS, § 88.6; MÜLLER, p. 67. 188 ein-, eýn, heýß, schweýsbad, schweisbat, schweisbad-, eyger, zeichen f. 105r

(mat. ein-, heia, sweiabat-, eier, zeichen); schweýsbad-, eýn, ein-, eín, teil, zweý, kein, kleinem f. 105v (mat. sweiabat-, ein-, teil, kein, klein); speichel, ein-, allein f. 106r (mat. speichel, ein-, allein); zweý, kein, eýger, heil f. 106v (mat. zwei, kein, eier, heil); keim, gescheýden f. 107r. (mat. keinem, gescheiden).

189 aýger f. 106v (mat. eier). 190 sechen f. 106v (mat. seichen ‘filtrare, colare’).

Page 43: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

41

qualche modo distintive, rispettivamente, delle aree occidentale e orientale dell’alemanno.191 Solo davanti a determinati suoni, specie liquide e nasali, si ha di frequente grafia monottonga <e>, docu-mentata in alemanno a partire dal XIV sec.192

- per mat. /a/ e /a:/, oltre alla normale grafia <a>, si hanno alcune oc-correnze oscurate, rappresentate dal grafo <o>:193 mentre l’alto a-lemanno conserva la vocale aperta (salvo davanti a nasale), in tutti gli altri terriori del tedesco superiore e centrale essa si è regolar-mente oscurata.194

- in due casi viene inserita nello iato /ie/ la consonante epentetica <g>;195 il fenomeno è largamente attestato sin dagli inizi dell’epoca protomoderna, nel tedesco centrale e nel tedesco superiore, con par-ticolare frequenza nel basso alemanno.196

- nel verbo salbat197 il morfema flessivo -at di III pers. sg. ind. pres. è tipico del tedesco superiore, dove predomina durante tutto il XV sec. Nelle aree del tedesco centrale si registrano solo sporadiche at-testazioni limitatamente ai secc. XV e XVI.198

L’attribuzione linguistica all’area alemanna è sostenuta dalla presen-za di alcuni regionalismi: se da un lato angster199 ‘orcio’ risulta in uso in tutto il territorio meridionale, e spangrien200 ‘verderame’ è tipico del tedesco superiore occidentale201, d’altro canto, l’impiego del termine ancken202 per ‘burro’, di dick quale avverbio di frequenza203 e della forma sýgen(d)204 per la III pers. pl. del cong. pres. del verbo ‘essere’ circoscrivono l’area di origine dei testi all’alemanno, mentre basel-

191 BESCH, pp. 76-79; MÜLLER, pp. 36-38. 192 Frnhd.Gr., § L 19. 193 dor passim, dornoch f. 105v et passim (mat. dar(-)); ploteren, voch, mol(-), do,

plotren f. 105r, loß 106v (mat. vāhen, blātera, māl, dā, lâa). 194 MOSER, § 75. 195 eyger f. 105r, aýger f. 106v (mat. eier). 196 MOSER, § 62; Frnhd.Gr., § L 48.4. 197 f. 105v. 198 STOPP 1973, § 57, A4. 199 f. 105v, r. 4. Il termine è un imprestito dal mlat. angustrum attraverso l’it. an-

guistara e indica un vaso dal collo stretto. Cfr. DW, vol. 1, coll. 360-362, s.v. angster. 200 f. 105v, r. 8. 201 DW, vol. 16, coll. 1881-1882, s.v. Spangrün. 202 f. 106r, r. 3 e 5. 203 f. 105r, r. 5. Cfr. BESCH, pp. 155-157. 204 f. 105v, r. 3. Frnhd.Gr., § M 149.

Page 44: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

42

Annarita Pogliani

fůrer205 ne precisa l’attribuzione alla città di Basilea o alle zone limitro-fe, dove questa moneta era in uso nel XV-XVI sec.

III.2.3 Le registrazioni di B e BD I testi registrati da B e BD sfuggono ad una immediata valutazione

delle loro caratteristiche dialettali, per diversi motivi: data la poca cura nell’annotazione delle ricette è spesso un compito arduo stabilire quali fra loro sono copiate e quali, invece, derivano da osservazioni o espe-rienze personali del redattore. Ad esempio, a prescindere dai testi al fa-scicolo II, che sono chiaramente copie di antigrafi svevo-bavaresi (par. III.2.1), vi è un forte dubbio, ma non la certezza assoluta, che anche il testo annotato da B al f. 107v sia esito di copiatura confusa e trascurata di due antigrafi altrettanto poco limpidi.206 Pertanto l’apporto di questa registrazione, seppur non ignorabile, sembrerebbe essere non determi-nante ai fini di una localizzazione, in quanto mostra una stratificazione linguistica tale per cui risulta difficoltoso scindere le caratteristiche lin-guistiche del testo-modello dalle innovazioni e contaminazioni dell’e-stensore.

In alcuni casi, tuttavia, proprio un certo tipo di contaminazione può essere assurto a criterio di individuazione dei testi spontanei: B e BD, infatti, dimostrano una grande famigliarità con il volgare italiano, segno inequivocabile di un soggiorno prolungato nei territori padano-veneti. L’apprendimento e, soprattutto, l’impiego quotidiano della lingua ac-quisita li conduce ad utilizzare di frequente nelle loro annotazioni in te-desco dei termini dell’italiano in luogo dei corrispettivi nella propria lingua madre. Ne consegue che queste occorrenze mistilingue, e con es-se, le chiose e le rubriche annotate dai due raccoglitori, possano essere considerate quali esempi di registrazioni spontanee.

I testi scritti per mano di B e BD mostrano, in dettaglio, le seguenti caratteristiche:

205 f. 105v, r. 10. Come già esposto da Kully (pp. 283-284) questa moneta del va-

lore di 4 pfennig era stata introdotta nel 1462 dal cosiddetto ‘Rappenmunzbund’, una confederazione monetaria fondata dalle città di Basilea, Breisach, Colmar e Friburgo che si proponeva l’unificazione e la regolamentazione del sistema monetario locale. Per una prima introduzione all’argomento si possono consultare le pagine online del Münzenlexikon (www.anumis.de/lexikon.html) e dell’Archivio di Stato di Basilea (www.baselland.ch/docs/archive/hist/fragen/001/019.htm), mentre per un approfon-dimento si vedano gli studi di CAHN e di HUGGLE-OHLER.

206 Cfr. supra, par. III.1.

Page 45: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

43

- mat. /a/ e /a:/ compaiono in più casi in forma oscurata </o/>207, se-condo occorrenze riscontrabili in tutto il territorio alto tedesco ma, con maggiore frequenza, nel tedesco centrale, nel tedesco superiore orientale e in basso alemanno.208

- mat. /e:/ in una occorrenza è resa con <ie>209. La grafia è attestata già in epoca media in alemanno e, sporadicamente, nello svevo210, ma potrebbe anche derivare da un’incertezza grafica, data la diglos-sia dell’estensore.

- mat. /i/ si labializza ad <o>, ma solo nell’imperativo di II pers. sg. del verbo nëmen211 e, in un unico caso, nella III pers. sg. del verbo werden212. Come già rilevato da Kully213, questa particolare forma di labializzazione è attestata in turingio nella flessione dei pronomi di III pers. sg.214. Tuttavia, a partire dal XIII sec., anche il basso e l’alto alemanno mostrano una tendenza a metafonizzare ad /ö/ so-prattutto quei verbi che, nella coniugazione del presente, innalzano la vocale radicale /e/ ad /i/215. In tre occorrenze si assiste, invece, ad un abbassamento vocalico di /i/ ad </e/>216. Nel ted.pm. l’abbassa-mento vocalico è per lo più condizionato dalla presenza di una suc-cessiva nasale o da un nesso liquida+consonante ed è attestato dap-prima nel tedesco centrale e in seguito in tutto il tedesco superio-re.217 Nei casi in questione non è escluso che tale fenomeno possa

207 B: ploter f. 105v et passim (mat. blātera); loß, fergon f. 107r (mat. lāa, fergān);

dor mette, dor off f. 107r (mat. dar); dor in, do von, losen, dorna, on don, gochstu, monet f. 107v (mat. da(r), lāaen, an thun, gāhst du < gāhen, mânet); dor in, mole, dornoch, dor oben f. 118 (mat. dar, mâl). BD: bloteren, dor us f. 104v (mat. blātere, dar); dor mit f. 106v (mat. dar).

208 Frnhd.Gr., §§ L 14; 22. 209 B: wie f. 107v (mat. wê). 210 Alem.Gr., §§ 64; 102. Kully (p. 287), basandosi sul Deutscher Sprachatlas

nell’edizione di Wrede – Mitzka – Martin, sostenne che “Die Diphthongierung ê zu ie zieht sich in einem schmalen Gürtel von Oberschlesien bis an die belgische und nie-derländische Grenze. Sie schließt das Alemannische aus”.

211 B: nom f. 57r et passim. BD: nom f. 106v contro nÿm f. 119v (mat. nim) 212 B: wort f. 57r (mat. wird). 213 KULLY, p. 287. 214 MOSER, § 66, A7. 215 Alem.Gr., § 28: per il tardo mat. e per il ted.pm., Weinhold riporta esempi tratti

da “Martina” di Hugo von Langenstein (XIIIex: erlöschit, tröschit) e da Johannes Lenz (1499: entrönnen).

216 B: mette, geneses f. 107r (mat. mite, genist es < genesen); pestelence f. 110r (mat. pestelentz/pestilentz).

217 Frnhd.Gr., § L 33.

Page 46: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

44

Annarita Pogliani

essere stato condizionato dalla presenza di /e/ successiva; si tratte-rebbe, dunque, di casi di assimilazione regressiva.218

- anche per mat. /u/219, /u:/220 e /ü/221 si rilevano sparuti casi di abbas-samento vocalico ad <o>, fenomeno che ha il suo luogo d’origine nei territori del tedesco centrale, già intorno al XIII sec., e si diffon-de progressivamente anche al meridione.222 L’evoluzione appare per lo più condizionata dalla presenza di una nasale successiva, ma è frequente anche in presenza di altri foni. In alemanno, ad esempio, per questo periodo sono molteplici le attestazioni di off in luogo di mat. ûf, per le quali si presuppone una riduzione della vocale lunga, precedente al passaggio ad </o/>.223

- per quanto concerne la dittongazione delle vocali lunghe mat., si nota come mat. /i:/, ad eccezione di un caso224, sia esente da tale fe-nomeno e venga resa con <i>225 o, in una sola occorrenza, con la variante <ý>226. Si registra solo parziale dittongazione di mat. /u:/, per la quale compare in soli due casi il digrafo <au>227; in tutte le altre attestazione la grafia predominante è invece <u>228. La manca-ta (o molto limitata) dittongazione rimanda a quei pochi territori e-stranei al fenomeno, quali il ripuario, l’assiano, il turingio e l’ale-manno229.

- l’unico esempio per mat. /ö:/ giunge dalle registrazioni di BD, dove

218 Circa il termine pestelence, Grimm avverte che “md. und oberd. schon gegen

ende des 14. jahrh. gekürzt pestelentz”. Cfr. DW, s.v. Pestilenz. 219 B: sogcar, geschwols f. 107r (mat. zucker, geswulst/geswolst). BD: onder, mont

f. 106v (mat. under, munt). 220 B: off ff. 57r e 107rv (mat. ūf). 221 B: for ff. 118r e 119v (mat. vür). Pare dubbio che possa trattarsi di una forma

basso tedesca (mat. vor; cfr. DW, s.v. für), in quanto in tutte le altre occorrenze la pre-posizione figura nella variante alto tedesca fur.

222 Frnhd.Gr., § L 33. 223 Alem.Gr., § 24. 224 BD: reib f. 119v (mat. rîben). 225 B: wissen, wiroch f. 105v (mat. wīa-, wî(h)rouch); vin f. 107rv (mat. wīn); bi

dem, linen, tuchelin f. 107v (mat. bî, lînen, tuchelîn). BD: win f. 106v (mat. wîn); glich, wissen f. 119v (mat. glîh, wīa-).

226 sý f. 107v (mat. sî). 227 B: auff, haut f. 56v (mat. ûf, hût). 228 B: uff, ruff f. 57r (mat. ûf, rûfe/rufe); uff f. 107r (mat. ûf); ruden, uff f. 107v

(mat. rûte); krut f. 118r (mat. krût). BD: us f. 104v (mat. ûa); huß wurcz f. 119v (mat. hûswurz).

229 Frnhd.Gr., § L 31; MOSER, § 77.

Page 47: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

45

è stato delabializzato ed è reso con <e>230. I primi casi di delabia-lizzazione si attestano in bavarese a partire dal periodo mat.; per l’epoca del ricettario perugino il fenomeno è diffuso in tutto l’alto tedesco, ad eccezione dell’alto alemanno, del ripuario e di porzioni del francone.231

- per mat. /ü/ la grafia prevalente è <u>232; in un solo caso compare la variante <ů>233; entrambe le grafie vengono utilizzate anche per se-gnalare il medesimo fono lungo234 che, in alemanno, nel francone orientale e nel tedesco centrale, deriva dalla metafonesi di aat. /u:/ a mat. /ü:/ (<iu>).235

- per mat. </iu/> B impiega il digrafo <ui>236 e il monografo <u>237. Il dittongo mat. non metafonizzato in epoca protomoderna subisce evoluzioni alterne, presentandosi come /oi/ nel bavarese meridiona-le e, in parte, in quello centrale, nonché come /ui/ nello svevo e in alcune aree del bavarese centrale.238 Il digrafo <ui> del ricettario potrebbe essere rappresentativo dell’area sveva, dove figura tra le grafie storiche, oppure dell’area alemanna, dove è impiegato in luo-go di /iu/.239 Verso questa seconda ipotesi converge però anche la variante monottonga <u>, che in alemanno corrisponde di frequente ad una riduzione vocalica di tale dittongo.240

- al dittongo mat. /ei/ corrispondono le grafie <ei/eý>, <ai> ed <e>. Il digrafo prevalente è certamente <ei>241, al quale si accosta in un so-lo esempio la grafia <eý> e, in tre casi la variante aperta <ai>242; la

230 bessen f. 104v (mat. böse/bōse). 231 Frnhd.Gr., § L 36; MOSER, § 65. 232 B: fur f. 55r et passim (mat. vür); ruck messel f. 107v (mat. rücke meiael). BD:

stuck f. 119v (mat. stück-). 233 B: fůr f. 66v (mat. vür). 234 B: růde(n) f. 66v (mat. rûde/riude cfr. aat. rûta); sude ff. 107r, 118r (mat. siude

< sieden cfr. aat. siude < siodan). BD: gebutels f. 104v (mat. biuteln cfr. aat. pûtil-). 235 Frnhd.Gr., §§ L 29 e 31. 236 B: fuir f. 55r (mat. viur cfr. aat. fiur). 237 B: fur f. 107v (mat. viur cfr. aat. fiur). 238 Frnhd.Gr., § L 29; MOSER, § 82; BRENNER, p. 80. 239 Alem.Gr., § 76. 240 Alem.Gr., § 47. Secondo BRENNER (p. 81) il dittongo è esente da metafonesi se

seguito da /r/, come nell’attestazione in oggetto. 241 B: heilet f. 56v (mat. heilen); ein f. 57r et passim (mat. ein). BD: ein f. 104v et

passim, eýge f. 104v (mat. ein, ei); zwei f. 119v (mat. zwei). 242 B: kain f. 56v (mat. kein); c<r>anckait f. 110r (mat. krancheit). BD: ain f. 105r

(mat. ein).

Page 48: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

46

Annarita Pogliani

forma monottonga è invece data da <e>243. Il digrafo <ai> è pecu-liare del bavarese, dello svevo e di zone attigue dell’alto alemanno e del francone orientale. In tutte le restanti aree altotedesche le forme dittonghe in <ei/ey> sono piuttosto comuni, mentre i territori in cui si diffonde la monottongazione sembrano limitarsi all’area setten-trionale del tedesco centrale, al francone renano occidentale e a tut-to il tedesco centrale orientale. Si deve tuttavia sottolineare come certe grafie monottonghe in luogo dell’originario dittongo mat. non siano insolite anche in alemanno.244

- il medesimo discorso vale anche per gli esiti di mat. /ou/245, per il quale i testi documentano le grafie <au>246 e <o>247. La grafia <au> è documentata sin dagli inizi del ted.pm. in bavarese e negli imme-diati territori del francone orientale e dello svevo, attraverso il quale si diffonderà all’area settentrionale del basso alemanno intorno alla fine del XV sec.; nell’area nordorientale dell’alto alemanno la gra-fia è comune già in epoca media. Per quanto attiene all’area del te-desco centrale, nel XV sec. la grafia è attestata anche nei territori meridionali dell’assiano, del turingio e del sassone superiore248. La grafia monottonga è rappresentativa dei medesimi luoghi: wiroch, ad esempio, è documentato in questa stessa variante nello svevo, nell’alsaziano, nell’alto alemanno, nel sassone superiore e nel nurn-bergico.249

- il dittongo mat. /uo/ continua nella grafia <uo>250 e nelle varianti monottonghe <u>251 ed <o>252, che sembrano ascrivibili ai territori meridionali. Il tedesco superiore, infatti, tende a conservare il dit-tongo nella sua articolazione, sebbene poi, nei manoscritti, non vi corrisponda una resa grafica univoca e omogenea: fino al XV sec. il

243 B: clen f. 107r. (mat. klein); benen, ruck messel f. 107v (mat. bein, rücke

meiael). 244 Frnhd.Gr., § L 19, A3; BESCH, pp. 76-79; ZIRMUNSKIJ, pp. 233-234. 245 Frnhd.Gr., § L 28. 246 B: lauffen, auch f. 56v (mat. loufen, ouch). 247 B: wiroch, bom f. 105v (mat. wî(h)rouch, boum); och f. 107r (mat. ouch). 248 BESCH, pp. 81-83. 249 STOPP 1978, § 55. Si vedano anche Frnhd.Gr., § L 22, A5 e MOSER, § 79. 250 B: gluot f. 107r (mat. gluot); fuoz f. 107v (mat. vuoa). 251 B: plut f. 105v + 107r (mat. bluot); tuchelin, stulle f. 107v (mat. tuoch(e)lîn;

stuol). 252 B: do f. 107r, margine inf. (mat. tuo); don f. 107rv (mat. tuo); moschu, so f.

107v (mat. muost du, zuo).

Page 49: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

47

dittongo può essere segnalato variabilmente mediante la vocale semplice <u>, oppure mediante la variante corredata di un segno diacritico sovrapposto (generalmente <ů>).253 Interessante notare come determinati vocaboli vengano regolarmente scritti con la vo-cale semplice, senza che questo usus scribendi sia legato a partico-lari circostanze fonetiche. Solo per mat. zuo si può risalire ad un progressivo indebolimento che ha condotto ad una riduzione vocali-ca a zu.254 In bavarese e nello svevo il dittongo tende ad oscurarsi davanti a nasale, così che non sono infrequenti le grafie con <o> semplice.255 La presenza di <o> in moschu potrebbe essere ricon-dotta, invece all’alemanno, dove la coniugazione del verbo mat. müeaen, registra una lunga sopravvivenza della vocale apofonica /ô/.256

Per quanto riguarda il consonantismo le uniche caratteristiche con valore distintivo sono le seguenti: - davanti a /s/ si assiste alla scomparsa di /h/ <ch>257, secondo occor-

renze sporadiche del protomoderno più recente, rilevabili nel tede-sco centrale occidentale, nel basso alemanno, nello svevo nordocci-dentale, nel boemo e nel tedesco superiore orientale.258

- /ts/ iniziale subisce lenizione a <s>259. Il fenomeno si estende su un territorio intermedio tra il tedesco centrale e superiore, da cui risul-tano estranei lo slesiano, il turingio settentrionale, il ripuario, il francone mosellano occidentale, il bavarese meridionale e l’alto a-lemanno.260

- in moschu il nesso /st/ è confluito nel suono palatoalveolare /R/, reso con il trigramma <sch>. Tale occorrenza è particolarmente frequente in alemanno, svevo e alsaziano nella coniugazione della II pers. sg.261.

253 MOSER, § 81.1, A1; Frnhd.Gr.,§ L 30. 254 MOSER, § 81.1, A3. Di contro il DW (s.v. zu) attribuisce al tedesco centrale la

forma zu, sottolineando come la variante zo sia segno distintivo del tedesco centrale occi-dentale in contrapposizione alle forme zuo, zů e zue, peculiari del tedesco superiore.

255 MOSER, § 81.1, A6. 256 Alem.Gr., §§ 383; 41. 257 B: wesel f. 107v (mat. wehsel-). 258 Frnhd.Gr., § L 56.3, p. 124. 259 B: sagel, sogcar f. 107r (mat. zagel, zucker); so f. 107v (mat. zuo). 260 Frnhd.Gr., § L 78. 261 Alem.Gr., § 193, p. 161.

Page 50: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

48

Annarita Pogliani

Ad eccezione di haffen262, attestato per lo più nel tedesco superio-re263, il bagaglio lessicale apportato dai testi dei due redattori non con-serva regionalismi che parlino a favore di un’area linguistica in partico-lare264.

Dall’osservazione delle peculiarità grafiche dei testi redatti da B e BD emerge insistente il costante rimando all’area occidentale del tede-sco superiore, più precisamente all’alemanno. A fronte di alcune speci-ficità fonetiche, come l’oscuramento di mat. /a, a:/, la delabializzazione di /ö/, la lenizione dell’affricata dentale in inizio di parola o la caduta di /h/ seguita da /s/, la localizzazione di questi testi parrebbe concentrarsi nel basso alemanno e sembrerebbe valere sia per le presunte trascrizio-ni, sia per le annotazioni spontanee.

Non tenendo conto dell’altezza cronologica del ricettario e, soprat-

tutto, omettendo di effettuare un’analisi grafematica puntuale, Kully giunse ad una conclusione diversa e, forse, un po’ azzardata: sulla scor-ta dei casi di monottongazione e di abbassamento vocalico egli ritenne che questi testi fossero stati scritti da “einem aus dem ostmitteldeut-schen Raum stammenden Arzt”265, “… mit einiger Gewißheit…aus dem Umkreis von Erfurt”266. Guardando poi ai termini con <pl> iniziale in luogo di /bl/ – grafia condizionata dalla liquida successiva e, per la data del manoscritto, diffusa praticamente in tutto il territorio alto tedesco267 – egli ipotizzò anche che questo medico “sich möglicherweise auch in einer anderen deutschen Sprachlandschaft umgetan habe, bevor er nach Italien kam”, e che questi forse “auch einige Zeit in Baiern oder einem bairisch beeinflußten Gebiet aufgehalten und gewisse Schreib-gewohnheiten von dort übernommen habe”268.

262 B: f. 107v. 263 Cfr. supra, nota 153. 264 A tutta prima il termine bom oleg (f. 105v) richiama alla mente certe attestazio-

ni del basso tedesco e del dialetto di Nassau, in cui il sostantivo amplia la seconda sil-laba in -g- (olig, ollige, olge). Cfr. DW, s.v. Öl. Il raffronto è tuttavia improponibile, data l’assenza di ulteriori particolarità grafiche ascrivibili ai territori basso tedeschi. La grafia potrebbe piuttosto dipendere dalla collocazione del dittongo /ei/ in fine di parola. Si veda a riguardo Frnhd.Gr., § L 27.

265 KULLY, p. 284. 266 ibid., p. 287. 267 Frnhd.Gr., § L 44.2. 268 ibid, p. 287.

Page 51: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

49

Proprio in relazione allo stanziamento in Italia di B e BD, suscitano un certo interesse i casi di contaminazione linguistica traditi in alcune ricette vergate dai due tedeschi e che ho considerato come criterio per distinguere le annotazioni spontanee dai testi copiati; da queste ricette traspare evidente come i due raccoglitori fossero ormai profondamente ambientati nel contesto linguistico italofono e come ne impiegassero quotidianamente la lingua. Il loro grado di acclimatamento è denunziato dalla frequenza con cui intercalano le annotazioni in tedesco con voca-boli in italiano o latino, segno della mancata immediatezza nel recupero dell’equivalente lessicale nella propria lingua madre. Si vedano, ad e-sempio, l’annotazione relativa alle virtù della terra sigillata269, la ricetta per la tumefazione del membro270, il rimedio per la paralisi e i linfonodi agli arti271, la rubrica per l’unguento contro le vesciche (ceroma for die blotere) e quella per l’unguentum deffensium272, tutte vergate in una mi-stilingua dove i tecnicismi sono mantenuti nella forma alloglotta, quella dell’idioma in cui i due redattori avevano verosimilmente maggiore oc-casione di esprimersi. Questo scarto linguistico non si evidenzia solo nei tecnicismi, ma si estende anche a termini ordinari del quotidiano, come dimostrano la glossa fur fuogo273 e le espressioni und .2. denere melle ‘e 2 denari di miele’ e so fil gebutel<te>s274 farina ‘altrettanta fa-rina setacciata’275.

Tale contaminazione linguistica è condotta agli estremi laddove B applica degli elementi flessivi della lingua acquisita agli imprestiti che il tedesco ha tratto dal latino, segnatamente in ein quarto276, in ein olio e nel seguente febre277. A differenza dei casi precedenti, quest’ultima occorrenza può però non assumere valore distintivo per i testi sponta-nei, in quanto tali interventi scribali in sillaba desinenziale possono ve-rificarsi anche durante il meccanismo della copia.

269 f. 56v. Già in epoca media il tedesco accoglie l’espressione diu versigelt erde su calco traduzione del lat. terra sigillata. Cfr. Mhd.Wb., s.v. versigele.

270 f. 107r: tucia p<r>ep<a>rata. Come per il termine precedente, anche il lat. tu-tia è penetrato in tedesco in epoca media, presentandosi nelle varianti tûzian, tuccia, tutia, tucian, tuttiân. Cfr. LEXER, s.v. tûzian.

271 f. 107v: olie de lore. 272 Al f. 119v, rispettivamente per mano di B e BD. 273 f. 56v. 274 DW, vol. 1, col. 1752, s.v. beuteln. 275 f. 104v. 276 f. 105v. 277 Entrambi al f. 110r.

Page 52: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

50

Annarita Pogliani

IV. Sugli utenti del codice e sul suo genere di appartenenza Il ricettario perugino è un prodotto squisitamente italiano, a partire

dal supporto scrittorio – realizzato nel Norditalia in tutte le sue singole parti –, fino a giungere alla redazione, avvenuta anch’essa in territorio italiano, in momenti diversi e grazie ad estensori diversi. Il primo pos-sessore del codice deve essere stato C, che ne ha compilato il nucleo centrale in italiano e latino, probabilmente intorno alle ultime decadi del XV sec. A giudicare dall’inserimento posteriore di glosse, notabilia e maniculae, C non fu un semplice copista e la sua identità coincide quindi col primo fruitore del codice. C dovette svolgere la professione medica, in quanto si procurò la copia di un trattato di uroscopia, la cui pratica era considerata fondamentale per la diagnosi ed esclusiva della professione medica, tanto che gli statuti delle corporazioni dei medici e degli speziali ne specificavano la competenza e ne fissavano le multe per eventuali infrazioni.278

Come C, le mani D ed E scrivono variabilmente in italiano e latino, F solo in francese, ma il loro apporto al codice è circoscritto a sparute ricette, che non forniscono elementi sufficienti per ipotizzare l’identità dei loro estensori. Si tratta quasi certamente di informatori del posses-sore del codice, i quali vi hanno annotato il loro contributo di proprio pugno.

La medesima tesi può essere valida anche per Bδ, il quale addirittura appone una sigla al termine della sua registrazione (f. 107r, ‘rc’?). Fra i tre redattori ‘teutonici’, Bδ scrive esclusivamente in tedesco, mentre B e BD annotano anche testi in italiano e latino. Al contrario di Kully non escluderei con assoluta certezza che le registrazioni di Bδ possano esse-re copiate. Il suo intervento si limita alla lunga istruzione antiluetica ai ff. 105r-107r, suddivisa in: terapia sudatoria, bevanda, unguento e tera-pia per il cavo orale. Proprio l’estrema accuratezza e sicurezza della re-dazione, evidente nella grafia curata, nel rispetto di un ideale specchio di scrittura e nella separazione tra le varie parti del testo, unitamente al-la lunghezza stessa di questo, all’obbedienza ai canoni formali del ge-nere, ad una certa coerenza delle rese grafiche e alla tipologia di alcuni errori – come i due casi di assimilazione al f. 105v, r. 1 e 3 –, inducono a pensare che egli abbia trascritto i rimedi da un antigrafo. La comples-sità della terapia sembra essere prerogativa di un’attività medica e frutto

278 CARRA – FORNARI – ZANCA, p. 119-124. Sull’origine e le modalità di esecuzio-

ne dell’uroscopia si veda COSMACINI (pp. 173-174).

Page 53: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

51

di un’intensa esperienza nella cura della sifilide, ma non è dato sapere se Bδ fosse latore di un sapere personale o semplice mediatore. Di certo il suo contributo fu un favore dedicato non al Carzino, ma ad un altro pos-sessore del codice, con tutta probabilità B, che potrebbe essere identifi-cato con l’amico e <a/u>scesor indicato nella nota di possesso iniziale.

Data la frequenza e la tipologia delle sue registrazioni, B ebbe libero accesso al codice, ne fruì allo stesso modo e nella stessa epoca del Car-zino279 e quindi egli è l’altro possessore del codice menzionato nella nota sul verso del piatto anteriore. La contemporaneità del godimento del ricettario è dimostrata dalle glosse apposte dal Carzino al testo di Schrick copiato da B,280 e da B ad una ricetta annotata dal Carzino.281 Le parti compilate da B offrono – insieme a quelle di BD –, interessanti spunti per una riflessione sulle interferenze linguistiche: i due compila-tori di origine tedesca devono aver risieduto in territorio italiano per pa-recchio tempo ed essersi profondamente integrati nel nuovo contesto linguistico, tanto da contaminare la propria lingua madre con vocaboli della lingua parlata quotidianamente. Nonostante l’evidente famigliarità con la parlata padano-settentrionale,282 – proprio alla luce di svariate incertezze grafiche, specie a livello desinenziale –, concorderei con Kully283 nel ritenere che B abbia appreso l’idioma oralmente. Anche i testi in latino che egli trascrive non sono esenti da tali perturbazioni e questo fa pensare che egli abbia ricevuto una formazione di non altis-simo livello, seppur comprensiva dei fondamenti della lingua latina.

Come esposto poc’anzi, in alcuni testi riprodotti da BD si palesa la medesima dinamica interferenziale, secondo la quale viene meno l’im-mediatezza nella corrispondenza lessicale tra la lingua madre e la lin-gua acquisita. Pertanto si registrano diversi casi, nei quali è impiegato il vocabolo latino, volgare italiano o volgarizzato, in luogo dell’equiva-lente tedesco. Sul ruolo di BD nella fruizione del ricettario permangono alcuni interrogativi: non vi sono tracce evidenti di un concreto utilizzo, ma le circostanze di alcune annotazioni non riconducono univocamente ad un mero lavoro di compilazione. Kully, notando l’ordine e l’elegan-

279 Diversa è l’opinione di Kully (pp. 269-270), secondo il quale B possedette il codice prima e distintamente dal Carzino.

280 f. 11v: erba jsqama ouero dento caualino che glossa pilsen ‘giusquiamo’ del testo di Schrick.

281 f. 116v: fur die lemen, quale interpretamentum della rubrica al malo de uno caualo sopra la schena.

282 Distintivi a riguardo i termini zonture, dodesi e zorni al f. 108r 283 KULLY, p. 287.

Page 54: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

52

Annarita Pogliani

za della scrittura di BD, inferì che questi avesse particolarmente curato la grafia in quanto egli “einem Freund oder Kommilitonen einen Dienst erweisen oder ein Andenken im ‘Stammbuch’ hinterlassen wollte”.284 Al di là della questione intorno alla categoria di appartenenza del codi-ce, sulla quale rifletteremo tra poco, l’affermazione di Kully non mostra totale coerenza con le registrazioni di BD per i seguenti motivi: a. talu-ne sono vergate a margine (es., f. 106v), b. si notano ripetuti ripensa-menti (f. 105r) c. assumendo che il codice sia effettivamente un liber amicorum, le ricette in tedesco o mistilingue (ff. 104v; 105r; 119v) non hanno gran senso, specie se dedicate a Sigismondo Carzino.285

Il Carzino, infatti, aveva probabilmente solo una vaga conoscenza del tedesco: sebbene apponga una glossa al testo di Schrick, egli non scrive mai in questa lingua; inoltre, nel compilare il sommario del codi-ce, Sigismondo non sempre valuta con correttezza i testi alloglotti da indicizzare.286 Come ipotizzato sopra, sembra condividesse il possesso del codice con un amico di origini tedesche e questo può spiegare un in-teresse o un’eventuale comprensione dell’idioma d’oltralpe, seppur per sommi capi. Col latino esibisce, invece, una maggiore confidenza, an-che se deve averne appreso solo i rudimenti: se da un lato il Carzino in-dicizza coerentemente i testi in latino287 e ricorre alla formula latina per annotare il suo colofone al f. 121v, d’altro canto egli incespica vistosa-mente nel redigere la nota di possesso iniziale, tanto che essa risulta composta in una sorta di ibridilingua latino-volgare italiano. Le ricette, le rubriche e le postille che egli annota nel codice sono rigorosamente scritte in volgare italiano288 e sono volte in gran parte a rimarginare fe-rite (ff. 72v; 74v; 75rv), a guarire piaghe (ff. 16v; 74v; 75v) e a risanare infermità dei cavalli (ff. 17r; 18r; 116v).

Sebbene il Carzino possedesse il ricettario e ne facesse uso, egli non svolgeva la professione medica o farmaceutica, come già suggerito dal-la sua scarsa abilità con la lingua latina.289 Dagli atti notarili conservati

284 ibid., p. 289. 285 ibid., pp. 268-269. 286 Cfr. supra, nota 12. Di contro si veda anche la nota 99. 287 Si veda nel sommario (f. 7v) la voce per una sordita de una oregia, relativa alla

ricetta hoc medicamentum auribus et surdibus (f. 58r). 288 Nei testi vergati dal Carzino si notano spesso dei latinismi che sono tuttavia

frequentemente attestati nei documenti in volgare di questo periodo. Si vedano ad e-sempio gli studi del MIGLIORINI e di LA VALVA.

289 Ho comunque voluto escludere del tutto tali eventualità consultando le liste de-gli iscritti al collegio dei medici e degli speziali della città di Mantova (cfr. CARRA –

Page 55: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

53

presso l’ASMN290 risulta invece che ‘Sigismundus Car(e)zinus’ era ‘furnarius’ e visse a Mantova nella prima metà del XVI sec., dapprima nella contrada dell’Aquila291 e poi nella contrada dell’Orso292. Egli ge-stiva un forno, rappresentava dunque una classe artigiana i cui introiti erano tutto sommato garantiti; inoltre, per eredità famigliare possedeva degli immobili e godeva di una sicurezza economica; è facile allora immaginare che proprio questa condizione sociale gli avesse consentito di ricevere un certo grado d’istruzione.293

Non è dato sapere di come giunse a possedere il ricettario, ma la pre-senza in città di un’importante istituzione quale l’Ospedale Magno294 può avere incentivato la circolazione di medici e di testi di carattere medico a Mantova.

Con tutta probabilità, egli e il suo amico considerarono il codice co-me un manuale terapeutico ad uso casalingo, che ampliarono con ricette annotate personalmente o per mano di amici e conoscenti.295 Il Carzino FORNARI – ZANCA; OSTINO - MASINO), e l’indice dei documenti della Magistratura Sanitaria e la Rubrica G-Affari di Polizia, Affari di Sanità (busta 3105) dell’Archivio Gonzaga presso l’ASMN.

290 L’esame dei registri notarili degli anni 1520-1540 ha permesso il rinvenimento di otto atti riguardanti il Carzino; si tratta, in dettaglio, della definizione dell’eredità di Anselmo, il padre del Carzino, divisa tra Sigismondo e la matrigna Susanna (a. 1534, atto nr. 419 e a. 1525, atto nr. 292), della composizione di un contenzioso (a. 1533, c. 115) e della notifica di atti di acquisto (a. 1527, atto nr. 189; a. 1526, atto nr. 1726), di concessioni d’uso (a. 1527, atto nr. 1028), di proprietà di immobili (a. 1528, atto nr. 1291) e di scioglimento di un debito (a. 1536, c. 799). Devo sentitamente ringraziare la dott.ssa Marta Mangini per avermi aiutata nella lettura di tali documenti.

291 ASMN, Registrazioni notarili, a. 1527, Atto nr. 1028. Nella contrada dell’Aqui-la – compresa nell’attuale quartiere San Pietro - risiedevano durante il XV sec. le “fa-miglie di lunga tradizione di potere e strettamente legate alla signoria”. Cfr. LAZZA-RINI, p. 91.

292 ASMN, Registrazioni notarili, a. 1536, c. 799. Anche la contrada dell’Orso fa parte dell’attuale quartiere San Pietro. Interessante notare che in questa contrada sono diverse le vie che mutuano il nome dalle attività commerciali che vi si praticavano; fra queste spiccano il vicolo del Forno e la via dei Massari. I mazari erano fornai specia-lizzati nella preparazione di una focaccia piatta e consistente.

293 Sulle circostanze e la diffusione dell’alfabetizzazione in Italia durante il Rina-scimento si veda il testo di GRENDLER e in particolare le pp. 113-120 sull’accesso allo studio da parte dei ceti operai.

294 Nel 1450 il marchese Ludovico Gonzaga promosse la fondazione dell’Ospedale Magno, che iniziò la sua attività di assistenza nel 1472. A riguardo si veda il contribu-to di TAMASSIA.

295 Distintiva di un’attività di selezione e raccolta la postilla ‘repo(r)tada K’ che il Carzino ha scritto ai ff. 56r, 61v e 62r, come pure le sigle HR al f. 65r e rc al f. 107r.

Page 56: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

54

Annarita Pogliani

non si limitò tuttavia ad essere semplice raccoglitore di rimedi e a frui-re del ricettario solo in ambiente domestico: in alcune occasioni deve aver messo in pratica qualche cura anche per altri, se al f. 79r, margine dx annota ‘questo fatto per li sore de sa<n>to biasi’.

La questione relativa al genere di appartenenza del codice è stata

sollevata da Kully in seguito alla sua erronea lettura della nota di pos-sesso vergata dal Carzino, la quale recita:

“JSTE Liber sia de Sigismondo Carzino

da mantua ع eius <a/u>scesoris ع

amici questo nō monstransi”.

Egli interpreta infatti le due imbreviature per la congiunzione et co-me semplici segni grafici di separazione e di impaginazione e considera di conseguenza la dichiarazione come una dedica al Carzino da parte di “Freunde des Vervollständigers”, cioè di amici del compilatore.296

Ad inficiare ulteriormente la lettura proposta da Kully concorre an-che la sua interpretazione del termine <a/u>scesoris, che egli accosta al lat. med. accessor, interpretabile, a suo dire, come ‘Mehrer, Vervoll-ständiger’, cioè ‘estensore, compilatore’. In realtà i principali lessici di la-tino e latino medievale297 non contemplano tale significato, ma riporta-no tra le varie accezioni quella di ‘socio’, che meglio si adatta al conte-sto della nota. Nella sintassi della frase il sintagma eius <a/u>scesoris et amici esibisce morfemi flessivi latini che competono con la preposi-zione de del primo rigo; quindi l’unica lettura possibile in tal senso sa-rebbe: “Questo libro [è] di Sigismondo Carzino da Mantova e del suo socio e amico. Questo non [lo] si mostri [ad altri]”. Data l’incerta grafia della vocale iniziale di <a/u>scesoris, la dott.ssa Rossana Guglielmetti mi ha suggerito un’ulteriore ipotesi di lettura del sintagma: il Carzino potrebbe avere omesso di scrivere la consonante iniziale del termine <u>scesoris, perché uguale al suono finale del possessivo che precede; quindi il vocabolo potrebbe anche essere interpretato come [s]uscesoris. In tal caso il rapporto tra il Carzino e l’amico muterebbe: questi non sa-rebbe tanto un socio, bensì qualcuno che gli deve succedere in un inca-

296 KULLY, pp. 268-269. 297 Cfr. DU CANGE, FORCELLINI e BLAISE, s.v. accessor.

Page 57: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

55

rico, forse nella gestione del forno. Sebbene la prima ipotesi di lettura sia da preferirsi, in quanto confortata da molteplici occorrenze in cui il Carzino non cura la completezza dei grafemi, qualsiasi sia stato l’effettivo rapporto professionale tra Sigismondo e l’amico, è fuori d’ogni dubbio che il codice non può essere considerato come uno ‘Stammbuch’.

Questo genere di raccolte risponde a precise regole costitutive che ricorrono anche nei primi testimoni, collocabili nella prima metà del XVI sec.:298 a livello peritestuale il liber amicorum si apre con una tito-latura e un testo introduttivo, con i quali il possessore del volume ne precisa l’identità, ne stabilisce le finalità in base ai suoi gusti personali e determina il gruppo di persone dalle quali gradirebbe avere una dedi-ca. Le iscrizioni dei dedicanti possono essere composte in rima o in prosa, ma si adeguano solitamente all’argomento prescelto dal dedicata-rio.299 Sebbene non manchino esempi di Stammbücher di argomento medico,300 le terapie e i rimedi ivi annotate dai dedicanti si concludono con una firma, unitamente ad un motto, una rima, un’espressione di a-micizia o di stima rivolta al dedicatario. Il manoscritto H 91 della BAP disattende tutti i canoni formali del genere ‘Stammbuch’ ed è da consi-derarsi come una mera miscellanea, sorta dall’assemblaggio di fascicoli di varia origine, contenenti ricette e rimedi in prevalenza di ambito me-dico, frammisti a testi di farmacologia e di medicina practica.

Conclusioni Non già, dunque, all’ambiente accademico perugino301, bensì al con-

testo cittadino della Mantova gonzaghesca, sono da ricondursi le fasi di completamento del codice.

298 SCHNABEL ha studiato diffusamente il genere, recensendo ben 17.500 iscrizio-ni, dalle quali ha potuto trarre dati cospicui sulle caratteristiche formali e contenutisti-che di queste raccolte. Dal suo repertorio emerge che, in territorio tedesco, il primo li-ber amicorum risale al 1536 (p. 607).

299 ibid., pp. 53-113. 300 ibid., p. 546. 301 Le notizie sul Carzino desunte dall’ASMN contraddicono le teorie di Kully cir-

ca il luogo di compilazione del codice e l’identità dei suoi fruitori: riguardo al codice egli ipotizzò che “es handelt sich also möglicherweise um das Geschenk eines Freun-deskreises an ein aus Mantua stammendes Mitglied. Man könnte annehmen, daß der Codex ein gemeinsames Kollegheft oder auch das Geheimbuch eines Bundes von Me-dizinstudenten war, das bei Auflösung der Vereinigung am Ende des Studiums dem flei-ßigsten Kommilitonen überlassen worden sei” (p. 269). Non avendo ottenuto infor-

Page 58: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

56

Annarita Pogliani

Mantova era in quel tempo crocevia di artisti, medici, ingegneri e ar-tigiani chiamati a corte dai Gonzaga e ospitava con una certa tolleranza anche una comunità di ebrei che si era costituita un paio di secoli prima in seguito alla migrazione di tre correnti ebraiche di origini romana, germanica e francese.302 E’ in questo contesto sociale multilingue e par-ticolarmente vivace a livello interculturale303 che Sigismondo Carzino e il suo amico di origine alemanna si premurano di raccogliere consigli, ricette ed estratti di commentari304 per arricchire il loro zibaldone.

Questa ‘semplice’ miscellanea conserva inequivocabili le impronte dei suoi redattori: vi si riconosce l’apporto di chi, come C e, forse, Bδ, non è estraneo all’ars medica; di chi, come B e BD, si prodiga per la cura del nuovo morbo, il mal franzoso, da cui, forse, era afflitto; e di chi, come il Carzino, è formato professionalmente in tutt’altro ambito, ma nutre un profondo interesse verso la pratica medica e veterinaria e custodisce gelosamente il suo ricettario (…questo non monstransi…), di cui fa uso domestico o per la schiera dei suoi conoscenti.

Come molti ricettari affini, il codice della BAP, è frutto dell’opera di selezione dei suoi possessori: pur accogliendo contenuti per lo più ano-nimi, il ricettario è a tutti gli effetti un testo autoriale unico, costituito da materiale di varia origine, ampliato mediante l’osservazione e mazioni sul Carzino dall’ASMN (p. 269, n. 7) egli pensò che “gegen die Annahme, daß Perugia die ursprüngliche Heimat des Bandes sei, spricht nichts, dafür einzig die Tatsache, daß er heute dort liegt. Die deutschen Texte sind also von deutschen Ärzten oder Medizinstudenten vielleicht in Perugia selber eingetragen worden” (p. 280).

302 Di questi tre gruppi, quello di origini tedesche accrebbe con la migrazione degli ebrei askenaziti che, per le accuse di infanticidio rituale, erano stati costretti ad ab-bandonare le loro residenze in Baviera e Trentino. La comunità ebraica tedesca era così numerosa in città che durante il XVI sec. si procedette alla fondazione una sina-goga di rito tedesco. A riguardo gli studi di COLORNI e TOAFF e le pagine di appro-fondimento in MANTOVA, pp. 437-442, in partic. p. 439.

303 Non si deve poi dimenticare che le equidistanti università di Padova e Bologna erano meta ambita di molti studenti d’Oltralpe e che l’ateneo padovano inviò propri docenti a Vienna per sostenere la fondazione della Facoltà di Medicina, avviando in tal modo intensi rapporti con la città austriaca. A riguardo si vedano i contributi di MALECZEK e UIBLEIN. Colonie di tedeschi sono comunque documentate pressochè in ogni grande centro urbano italiano, con maggiore diffusione, forse, nel Norditalia e, in particolare, a Venezia, considerata il più importante porto per i commerci nel Mediter-raneo e con l’Oriente. GLÜCK (pp. 245-263) offre in tal senso un’interessante panora-mica storica e socioculturale.

304 Degno di nota il fatto che i testi in tedesco al fascicolo II siano trascrizioni di copie svevo-bavaresi e che da queste stesse zone giungessero a Mantova molti esuli ebrei perseguitati. Cfr. note precedenti.

Page 59: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

57

l’esperienza personale. Per tale motivo è anche un testo in fieri, il cui completamento giunge a distanza di tempo dall’annotazione del primo contributo, portando in sé la storia intermedia del codice stesso; in que-sto senso può essere definito anche un ‘testo vivo’, non solo per la sua naturale apertura ad accogliere nuovi contenuti, ma anche perché tali contenuti hanno uno scopo pratico e un impiego concreto, come dimo-strato da simboli, notabilia, maniculae, glosse, postille, rimandi ed in-dici di cui è corredato. La redazione degli scritti che accoglie è stata dettata dalle esigenze soggettive dei suoi possessori, caratteristica che ne fa un ‘testo personale’, creato non tanto per trasmettere ad altri un sapere, ma con la finalità primaria di avere a disposizione un rimedio, un consiglio, un sostegno per affrontare le difficoltà del vivere quoti-diano.

Recando in sé le annotazioni di diversi possessori il ricettario divie-ne un ideale luogo di incontro tra fruitori di diversa formazione, lingua e cultura, una sede dove apportare (persino non scientemente) il proprio contributo all’esaltazione di un’utilità comune e di un sapere accessibile anche ad utenti non specialisti.

Page 60: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

58

Annarita Pogliani

I testi in vernacolo tedesco In corsivo lo scioglimento delle imbreviature

e tra parentesi uncinate < > i grafemi dubbi; K per le lezioni di Kully.

Le copie svevo-bavaresi Nei brani in svevo-bavarese viene occasionalmente impiegato il grafo <y>, con un tondo sovrascritto, per i suoni evolutisi da mat. ei, ī. Poiché mi è impossibile riprodur-re tale segno diacritico, in sostituzione ricorrerò al grafo <ý>, con cui è spesso in con-correnza.

Registrazioni di B

f. 11r

5

10

Hienach frumid verzeichnet die auß gepranten wasser, in wolcher maß man die zu den gelidern nutzen und brauchen sol als dann meister michel schrick, doctor der ertznei, die beschriben hat und ist gar gut und nutzlich ze wissen. Item so einem menschen die red geligt, dem geb man salua und auffenblat wasser. zu dem haubt : Salua-, bethonien maiora-, lauendel-, fenchel-, holerblůe wasser. zu den augen : eysenkraut-, rittersporn-, rosen wasser, aberfenchel-, rautten-, au-

gentrost wasser. zu dem angesicht : lilium conuallium-, bonblue-, kukott-, rosen wasser mit gaffre ab-

gemacht wasser. zu dem herzen : porrago-, melissa-, ochssenzungen wasser. zu dem magen : wermut-, mintzen-, rauten-, wolgemůt wasser. zu de[n] lebern : ampffer-, wegwar-, maidistel-, erdber wasser. fur das reýssen oder grymmen : pappelen-, rautten-, matran-, pfifferling-, aschlach

wasser. f. 11r, r. 1: frumid] ms. frumid K steend. Dopo aver recensito, dell’opera di Schrick, solo

otto testimoni, manoscritti e a stampa, Kully ha eletto a testo di collazione l’edizione del 1519 per i tipi di Knoblauch, sul cui confronto si basa la lezione qui proposta.

f. 11r, r. 3: ze wissen] ms., K zewissen. f. 11r, r. 7: K augentrost, <Schellkraut> - wasser. Cfr. supra, nota al f. 11r, r. 1. f. 11r, r. 12: zu den lebern] ms., K zu dēr lebern.

Page 61: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

59

f. 11v

5

f. 12r

5

10

fur die růr : wegrach-, aichenlaub-, himelprant-, ampffer wasser. pestilentz : bůchampffer-, diptam-, valdrian-, prawnellen-, weyß wurtz wasser. fur die bermůter : polaý-, weýßlilien-, Subent gurtel-, gamillen-, tillen-, segenbaum

wass<er>. fur die geschwulst : lustock-, nachtschat-, pilsen-, hauß wurz wasser. zu dem milez : hymelschlüssel-, herserzůngen-, tamaristus wasser. fur die wassersucht : künlinkraut-, atich-, wildenknoblach wasser. fur den sandt in der lend : morretich-, tillen-, spiezigwegrach-, petersil-, stein brech-,

spindel baum-, valdrian wasser. von kranwitber oder wachalter hie ist zu mercken die tugent der kranwitber nach laut und sag meister albertus des heýden. die hat man bewart und versucht zu Florintz in der Stat _______________________________________ Item zu dem ersten so nymb die kranwitber zu der zeit unser lieben frawen verschi-dung – wie vil du wilt –, und seud sy in einem neuen haffen. geüß darauff den besten wein, so du in gehaben magst; setz das zu dem feur und laß es wol er wallen; faim es rain und sauber und wen das geschehen ist, zo geüß den wein ab den beren in ein reines glaß. behalte das wol bedecket. dar nach zo nymb des selben weins auß dem vaß, zo der erste wein auß gelassen worden ist und geuß den selben wein auff die gesotten kranwitber. thü im recht, als vor der erste wein gesotten ist; geuß in, als du dem ersten getton hast. darnach zo nymb die korner und leg sy auff ein pret; trückne sy wol an dem lufft. wen sý dan trucken werden, so thü sy in ein vaß oder in ein krüg. geuß daran

f. 11v, r. 1: bůchampffer] K buchampffer. ibid.: diptam] ms. Siptam. f. 11v, r. 6: atich] ms. arich. f. 11v, r. 8: valdrian wasser] K valdrian, <Spargen> wasser. Cfr. supra, nota al

f. 11r, r. 1. f. 12r, r 1 von kranwitber] ms. von <den> kranwitber, poi espunto. f. 12r, r 12 trucken] <u> mostra un punto sovrascritto; influenzato dalla vicina forma

di imperativo del verbo, il trascrittore stava per apporre anche all’aggettivo la die-resi, ma si è poi interrotto.

Page 62: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

60

Annarita Pogliani

siben mor // gen oder neün also beschaidenlich alle tag ýeein wenig. darnach so trinck des ersten ders gesotten weins frü, des andern gesotten wins trinck des abents. z<o> du wilt schlaffen geen. Registrazione di BD

f. 17v

5

10

15

du solt gen an eýnem pfintztag frue, wen der tag an get, zu dreýen prũnnen, die auß der erden geen, und rede nichts. und wan du zu dem hauß auß gest, so thu dreý schrit wiedder hinder dich und gee also zu den prunnen. und wen du komst zu dem ersten prunnen, so schepff dar auß ein wasser mit eýnem newen haffenlin und geuß das selbich in ainen anderen newen haffan. dar nach ge zu dem anderen prunen und schepff auch als vil, und das thu auch in den anderen haffen. dar nach ge zu den driten prunnen und thu auch also, und schaw, das du geleych wasser schepffest von igleýchem prunnen, und solt ouch mercken, wen du gesch auß deinem haüs, und du nichts redest und nicht umb sehest. dar nach ným eýnen knaben adder eýn diernleýn, und geüs das wasser von den dreýen prunnen in ain news glas und gibs dem kinde in die rechten hant, und sprich ým in das rechte or diese worth: ------------ “ragam ragamat machia ritmas cunctipras ýsreans aufkar anfkýran ufkar ufkaram sünet býuachiti barze dian allencheti alle hýter alchitifitem seo druchteno zebas halýs hýsue si suo zahanar zchar zchosar”. ------------ dar nach haýs das kínt fleýssiglichen an sehen das glas und frag um<s> wort du wilt. so saget dir das kint alle worhayt <o>n allen zweýffel.

f. 17v, r. 1: prũnnen] K prünnen. Il trattino ondulato sovrascritto è un segno diacritico

impiegato nei manoscritti tedeschi per distinguere la vocale <u> dalle nasali, in particolare da <n>. Cfr. Frnhd.Gr., § L 16.

f. 17v, r. 4: eýnem] ms. eýnuē K eynem. f. 17v, r. 7: schaw] ms. schaie. f. 17v, r. 8 haüs] ms. haüs K haus. ibid. und du nichts redest] K omit. du. f. 17v, r. 9 geüs] ms. geüs K geüß. f. 17v, r. 15 ums] K umb. f. 17v, r. 16: <o>n] ms. an? K. an. Il bavarese prosegue sia la forma originaria an, sia

la forma oscurata on, introdotta nel tedesco a partire dal XIV sec. Cfr. DW, vol. 13, col 1210.

Page 63: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

61

I testi in alemanno

Registrazioni di Bδ

f. 105r

5

f. 105v

5

zu arzen einin, der die ploteren hat, und ist an .14. personin gewert. des ersten, so du die person nimst zu arzen, so besc<h>luß sÿ in einen stublÿ, das zimlichen heýß ist, und schweýsbad sÿ allÿ tag – der morgenß frů niechter –, und gib im daß dranck in, daß hir noch geschrieben stet, wen es recht wol erhitzget im schweisbat, alß výl zu mol, alß in eýn eyger schalen mag; und das alß dick, alß du das mensch schweisbadest, und bÿß das die plottren allÿ haruß kummen. wen du sý .6. molen also geschweisbadest und sich nit endret am krancken, so ist es wol ein zeichen, das nichs mer dor innen ist. so voch sý an, zu salben an den ortten, do die plotren sint. daß ist daß dranck, das zům schweýsbad deím menschen ingeben sol werde<n>. Item ním eýn hal<b> lot driackerß, und tůbenkroppf ein glaß vol, und prúnellen wasser ouch eín glaß vol. <lů>g, das die gleser glich groß sýgen, das ein teil den andren nit ubertreff, und misch in einen angster ader sůnst in ein glaß den drýackers und dý zweý wasser důrchein ander, und gib dornoch dem menschen dor von zů drincken, wie ob geschriben stet, und vermach das glas, das kein luff dor in moge.

f. 105r, r. 2: beschluß] ms. bescluß K beschluß. f. 105r, r. 3: schweýsbad] ms. scheweýsbad ante corr. ibid. morgenß] ms. morgenß K morgens. f. 105v, r. 1: daß ist daß dranck] ms. daß ist daß dranck K daß ist das dranck. ibid.: werde<n>] ms. werdeím K werdein. Può trattarsi di un caso di assimilazione

dovuto al precedente deím, cioè dei<ne>m. f. 105v, r. 2: halb] ms. hall. ibid. driackerß] ms. driackerß K driackers. ibid. prúnellen] ms. prúnellen, sebbene le astine della prima vocale si confondano con

quelle della nasale successiva; K primellen. Stando però al DW (vol. 13, col. 2128) il termine ted. Primel è stato introdotto su modello latino intorno al XVIII sec. e, quindi, la proposta di Kully risulta poco probabile.

f. 105v, r. 3: lůg] ms. vug̉ – K lug. Il precedente termine vol può aver causato questo secondo caso di assimilazione; si tratterebbe pertanto di un errore scribale per lůg, forma di imperativo del verbo lugen, ‘vedere’, (DW, vol. 12, coll. 1270-1272). Il segno diacritico è simile al troncamento di <er>, ma qui e al successivo r. 10 non può che indicare l’arrotondamento della vocale, reso, per es., al r. 5 con <ů>. Nel caso di lůg è stato probabilmente annotato per errore sopra <g>, mentre dovrebbe indicare la metafonesi della vocale.

f. 105v, r. 5: drincken] ms. drincken K drinken.

Page 64: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

62

Annarita Pogliani

10

f. 106r

5

f. 106v

5

10 f. 107r

das ist die salbe, do mit man den krancken salbat und wý dů sý machen sollest. Item ným ein lot spangrien, ein lot blý wýß, ein lot mastick, ein lot kůpher wasser und alat oder alon ouch ein lot und stoß das zů kleinem pulffer als důrch ein ander. dar noch so ným fůr ein fůnfer oder .4. denere quecksýlber oder fůr ein baselfůrer und t=d das den morgen frů in der schůslýn, in weler dů die salbe machen wýlt mit nůchtrem speichel, und zůrtrib das quecksilber in der schuslen mit dem finger, býß das das selbig zů mil wirt. dor noch so ným ein halb phůndt oder mer ungesoten ancken und drib den ancken und das getodet quecsilber dorch ein ander, so lang, biß das nich mer dor von gesichst. dar noch so ným das obgeschriben pulffer und thu das in ancken und trýbs so lang durch ein ander, býß das das pulffer vom ancken verzert <wirt>, und dor noch so stel es ettwan an ein ort verdeckt und do es kul stande, und wen du den menschen salbest, so salb in allein an den enden, do er die plotren hadt und das ein mol den dag, býß das die blotren an ým sterben. fur das můndt we wen das můnd we dem krancken kůmp, so vertribs nit. zům ersten laß ým acht tag flýssen; dar noch so ným holder wasser, zweý gleiser vol, und koriander oder kolander, .2. aýger schalen vol oder ein guttý hantt vol, und alat fur .2. phening, und důn das in ein halb messig kentlin als zu samen, und loß das durch ein ander sieden ein mal oder sechen. dor noch so sigs durch ein suffers tuchlÿ in ein engs glas und vermachs das glas vol, das kein luff darin mag. des selbýgen wasser gib dem siechen in sin můnd, zu mol ein halb eýger schalen vol, und <lůg> das er das im můnd behaldt als lang, als er mag; und das thu ein tag .3. oder .4. molen, biß das der můnd genist und heil wiert, und lůg das er sich nit netzen mit keim wasser. den můnd mag er wol stets mit frischem wasser schwencken, do mit der wust ein auß gang habe, und gescheýden milch mag es wol drincken, aber sůnst alle grobe spýß sol es under wechen lassen.

f. 105v, r. 7: salbat] ms. salbat K salbot. f. 105v, r. 8: blý] ms. llý K bly. f. 105v, r. 9: alat] ms. a lat, cui segue ‘ander’, espunto. f. 105v, r. 10: fůr ein fůnfer] ms. fůr ein fůnfer K für ein fůnfer. f. 106r, r. 2: zůrtrib] ms. zůrtris. f. 106r, r. 8: ein] ms. aggiunto nell’interlinea sottostante. f. 106v, r. 2: acht] ms. aggiunta cifra araba nello spazio interlineare superiore. f. 106v, r. 3: zweý] ms. aweý K 3 wey. ibid.: gleiser] la particolare grafia <ei> per mat. <ä> è documentata sia nel tedesco

superiore che nel tedesco centrale. Frnhd.Gr., § L 27. f. 106v, r. 7: vol] = wol. f. 106v, r. 10: wiert] ms. wiert K wirt. f. 107r, r. 3: sůnst] ms. sůnst K sunst.

Page 65: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

63

I testi degli estensori mistilingue Registrazioni di B

f. 55r,

f. 56v,

f. 56v,

f. 57r,

f. 65r,

f. 66v,

f. 66v,

f. 105v,

./. f. 107r,

margine dx, glossa alla ricetta ‘a scotatura di fuogo’: fur das fuir margine dx, glossa alla ricetta ‘(contro) ascotitura da fuogo’: fur fuogo margine inferiore terra sigillata, gelegt auff die gebrenten haut, macht, das kain plasen auff lauffen mag, und es heilet auch bald dauon. margine inferiore Item nom korn und brene das zu puluer und stru das uff den bran, so wort ein r<u>ff dar off. margine dx, glossa alla ricetta ‘(medicina et) aqua (da gambe)’: wasser r. 9, interlinea superiore, glossa a ‘(unguento mirabille) da rogna’: fůr den růden – †angorad† margine sx, all’altezza del r. 10, glossa a ‘rogna’: růde margine inferiore ein ploter salbe: 2 lot mastic, 2 lot wissen wiroch, .i. lot golt glet, .i. lot drachen plut, .3. lot quecksilber, ein quarto terpentin, ein halb phunt bom oleg ×˙⋅ margine inferiore loß die ole fergon uff einer gluot, und wan es kalt wil werden, so do die puluer dar in und do das dracken plut aim besten dar in.

f. 57r, r. 1: stru] ms. precedono due “tentativi di scrittura” - ‘stve stu’ -, espunti. f. 57r, r. 2: ruff] K roff. Nel ms. il grafo per la vocale non è chiaro: sembra essere segnato

in un unico momento ma è piuttosto schiacciato verticalmente e non è chiuso in alto.

ibid.: dar] K dor. Il grafo mostra sulla dx. un tratto più spesso, segno di un’asta discen-dente scritta sull’occhiello.

f. 66v: fůr den růden – růde] ms. fůr den růden – růde K für den rüden – rüde. Il segno diacritico nel ms. è molto chiaro. –– Il glossatore ha espunto da rogna e ha apposto la sua correzione in tedesco nell’interlinea superiore.

f. 105v, r. 1: glet, .i. lot] ms. glet i lit. f. 105v, r. 2: bom oleg] K bom ole.

Page 66: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

64

Annarita Pogliani

f. 106r,

f. 107r.

f. 107v

5

margine inferiore rubrica a ricetta in italiano: ein pl[o]tra salbe Item, dem der sagel gros gescwolen were und der coff och geschwole were, so nom garnaden effel schelten und sude in wisschen vin und wessche den sagel dor mette und don in den vin ein venig sogcar. dar noch nom tucia p<r>ep<a>rata gepoluer clen, und das poluer don dor off, so geneses bal und die geschwols got anwech. fur die lemen und die bullen an den benen nom olie de lore ein onze und peter olie ein onze und als so fil vin, der gutt sý, als die .2. olie, wegen ander woge. und nom ein guten neuen haffen, und don den vin und die olie dor in. und nom den ruden pleter und [don] die in den haffen und macht den haffen vol [open wo] mit mel, do von man brot mit macht, und don den haffen off das fur und losen sich silichen sieden und dorna er kalten ------------------- dorna nom die salbe und salbe dich bi dem fuoz. und nom ein linen tuchelin, on don es dor uff und wesel es nit, und salbe ein monet lang, biss das dier die wie in

f. 106r: plotra] ms. macchia tra <pl> e <tra> K ploter. f. 107r, r. 1: sagel] In origine termine generico per ‘coda’, il sostantivo venne impiegato

in epoca media nel gergo triviale per ‘pene’, ma perse via via tale connotazione ed entrò nel linguaggio corrente quale definizione neutra del membro maschile. Cfr. DW, s.v. Zagel e BOSSELMANN-CYRAN, p. 154.

ibid.: coff] ms. un’altra mano (?) l’ha corretto a margine in copf. f. 107r, r. 2: sude] ms. suste ante corr. ibid.: und] ms. scritto su un precedente vin, ripetuto per dittografia. f. 107r, r. 3: in] ms. segue das, espunto e corretto con den nel rigo successivo. ibid.: p<r>ep<a>rata] ms. peperata K p<r>eparata. Probabilmente è stato omesso

un segno di troncamento per <pr> iniziale. ibid.: gepoluer] ms. gepobuer. f. 107r, r. 4: geschwols] ms. geschwolo ante corr. f. 107v, r. 1: ein onze und] ms. segue olie de, espunto. f. 107v, r. 3: nom den] ms. segue al so fil ruden, espunto. f. 107v, r. 4: und [don] die] ms., K und die. ibid.: vol] ms. segue grafema espunto. ibid: [open wo]] K †open wo†. f. 107v, r. 5: off] K aff. ibid.: und losen] ms. grafema espunto dopo und, simile al grafema espunto al rigo

precedente. Trattasi di sigla o di segno per indicare una pericope da espungere? ibid.: sich silichen] K omit. sich. f. 107v, r. 7: dich] ms. dih ante corr. f. 107v, r. 8: wesel] K †wesel†. Il termine mostra semplificazione del nesso hs > s. A

riguardo Frnhd.Gr., § L 56.3, p. 124; BOHNENBERGER, p. 54. ibid.: monet] ms. segue lange, espunto. ibid.: wie] cfr. supra, nota 103.

Page 67: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

65

10

f. 110r,

f. 116v,

f. 118r,

f. 118r

f. 119v,

den rucken comen. so moschu den ruck messel schmeren mit der salbe, so gochstu sotem stulle. rubrica a ricetta in italiano das ist ein olio fur die pestelen<c>e und fur die warm und fur fil andere c<r>anckait und febre. rubrica a ricetta in italiano: fur die lemen. margine superiore, rubrica a ricetta in italiano: ein salbe for die blotere in den henden. Item nom kesselen krut und sudes in wasser und bade die hende dor in .2. oder .3. mole [dor in]. dornoch salbe die hende mit der salbe, die dor oben stecht. margine superiore, rubrica a ricetta in latino: ceroma for die blotere

Registrazioni di BD

f. 104v

f. 105r,

f.106v,

ein salbe fur die bessen bloteren, wen si offen sin. R das rote von eim eýge, und .2. denere melle, und .2. denere saffaran, und so fil gebutel<te>s farina und mach ein salbe dor us. margine inferiore, rubrica a ricetta in italiano: ain wasser fur ploteren margine superiore, fur das munt weo nom aloe, und rose honig, und win, und mische onder ein ander und wasch den mont dor mit.

f. 107v, r. 9: ruck messel] K ruck †messe†. Il termine è scritto proprio accanto alla

piega interna del foglio e l’inchiostro ha macchiato la pagina successiva. Dopo la seconda <e> è evidente un segno costituito da un’asta verticale che può tranquilla-mente essere letto come <l>. Il termine è quindi confrontabile con mat. rücke meiael ‘spina dorsale’.

f. 107v, r. 10: sotem stulle] K †sotem stulle†. Cfr. supra, nota 106. f. 110r, r. 1: olio] ms. olio K olie. ibid.: warm] K worm. Il tratto di unione tra <a> e <r> parte inequivocabilmente dalla

parte inferiore della vocale. f. 110r, r. 2: c<r>anckait] ms. canckait. f. 119v: ceroma] ms. cerona K Aroma (Hs. Arona). Il primo grafema è inequivocabil-

mente <c>. Il termine è desunto dal latino, dove indica un unguento a base di cera e olio. Cfr. ThLL, s.v. cērōma.

f. 104v, r. 3: gebutel<te>s] ms. gebutels.

Page 68: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

66

Annarita Pogliani

f. 119v

unguentum deffensium: nÿm rosolen fier lot, boli armini zwei lot, terra sigillata, essig – iedes ein lot –, canffer ein quintlin, nacht schat, huß wurcz – iedes ein hant fol – und stoß die stuck und reib sie mit dem safft und also kalt glich ein<e>r wissen salben.

Testi di riferimento

Jole AGRIMI – Chiara CRISCIANI, Malato, medico e medicina nel Me-dioevo, Torino, Loescher, 1980.

Alem.Gr. = Karl WEINHOLD, Alemannische Grammatik, Amsterdam, Rodopi, 1967 [rist. anast. dell’edizione 1863].

ALBERTUS MAGNUS, Liber aggregationis seu liber secretorum de virtuti-bus herbarum lapidum et animalium quorundam, London, Wil-helmus de Mechlinia, [ca. 1483] consultabile al sito http://eebo. chadwyck.com.

Georg ARENDS, Volkstümliche Namen der Arzneimittel, Drogen, Heil-kräuter und Chemicalien. Eine Sammlung der im Volksmunde gebräuchlichen Benennungen und Handelsbezeichnungen, Ber-lin, 194813.

Giuseppe ARMOCIDA, “Le ricette di interesse medico”, in TOSATTI, pp. 37-43.

Ferdinando ARRIVABENE, Dizionario Mantovano-Italiano, Mantova, Segna, 1891.

Hanns BÄCHTOLD-STÄUBLI (ed.), Handwörterbuch des deutschen Aber-glaubens, Berlin-Leipzig, de Gruyter, 1927-1942;

Bair.Gr. = Karl WEINHOLD, Bairische Grammatik, Wiesbaden, Sändig, 1968 [rist. anast. dell’ediz. Berlin, 1867]

Christa BAUFELD, Kleines frühneuhochdeutsches Wörterbuch. Lexik aus Dichtung und Fachliteratur des Frühneuhochdeutschen, Tübin-gen, Niemeyer, 1996.

John H. M. BEATTIE, “Über das Verstehen von Ritualen”, in KIPPEN-BERG – LUCHESI, pp. 174-212.

f. 119v, r. 1: armini] ms. armeni ante corr. f. 119v, r. 3: ein<e>r] K einner. L’estensore ha scritto un’astina di troppo per la

nasale, senza segnalare in seguito l’errore.

Page 69: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

67

Alessandro BELLUCCI, Perugia. Biblioteca Comunale, in Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, (Giuseppe Mazzatinti, cur.), Forlì, Bordandini, vol. V.

Alberico BENEDICENTI, Medici, malati e farmacisti. Storia dei rimedi traverso i secoli e delle teorie che ne spiegano l’azione sull’or-ganismo, Milano, Hoepli, 1924.

Werner BESCH, Sprachlandschaften und Sprachausgleich im 15. Jahr-hundert. Studien zur Erforschung der spätmittelalterlhochdeut-schen Schreibdialekte und zur Entstehung der neuhochdeut-schen Schriftsprache, München, Francke, 1967.

Maria Grazia BISTONI GRILLI CICILIONI, “Codici della biblioteca Co-munale Augusta di Perugia provenienti dalle soppresse cor-porazioni religiose”, in Università e tutela dei beni culturali: il contributo degli studi medievali e umanistici. Atti del convegno promosso dalla facoltà di magistero in Arezzo dell’Università di Siena. Arezzo-Siena, 21-23 gennaio 1977, (I Deug-Su – Enrico Menestò, curr.), Firenze, La Nuova Italia, 1981, pp. 405-413.

Albert BLAISE, Dictionnaire latin-français des auteurs du Moyen-Age. Lexicon latinitatis Medii Aevi, Turnhout, Brepols, 1975.

Giuseppe BOERIO, Dizionario del dialetto veneziano, Milano, Martello, 1971 [rist. anast. dell’ edizione 1856].

Karl BOHNENEBERGER, Die alemannische Mundart. Umgrenzung, In-nengliederung und Kennzeichnung, Tübingen, Mohr, 1953.

Kristian BOSSELMANN-CYRAN, “Gynäkologische und sexualkundliche Fachterminologie im 15. Jahrhundert. Deutsch als Wissenschafts-sprache in einer Tabuzone”, in Peter Segl (cur.), Mittelalter & Moderne. Entdeckung und Rekonstruktion der mittelalterlichen Welt. Kongreßakten des 6. Symposiums des Mediävistenver-bandes in Bayreuth – 1995, Sigmaringen, Thorbecke, 1997, pp. 149-160.

Herbert E. BREKLE, Zur handschriftlichen und typographischen Ge-schichte der Buchstabenligatur ß* aus gotisch-deutschen und humanistisch-italienischen Kontexten, consultabile alla pagina web http://www-nw.uni-regensburg.de/%7E.brh22505.indogerm. sprachlit.uni-regensburg.de/Ligatur/LIGATUR.htm

Otto BRENNER, Zum deutschen Vokalismus, in “PBB” 20 (1895), pp. 80-88.

Charles Moïses BRIQUET, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600, Mansfield Centre, Martino Publishing, 2000.

Page 70: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

68

Annarita Pogliani

Jakob BÜCHI, Die Entwicklung der Rezept- und Arzneibuchliteratur, vol. I-II, Zürich, Juris, 1982, vol. I: ‘Altertum und Mittelater’.

Julius CAHN, Der Rappenmünzbund. Eine Studie zur Münz- und Geld-geschichte des oberen Rheintales, Heidelberg, Winter, 1901.

Gilberto CARRA – Luciano FORNARI – Attilio ZANCA, Gli statuti del Collegio dei medici di Mantova dal 1313 al 1559, Mantova, Somotti, 2004.

Giovanni CECCHINI, La Biblioteca Augusta del Comune di Perugia, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1978.

Giorgio CENCETTI, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna, Pàtron, 19972.

Francesco CHERUBINI, Vocabolario Mantovano-Italiano, Bologna, For-ni, [rist. anast. dell’ediz. 1827].

Die Chroniken der deutschen Städte vom 14. bis ins 16. Jahrhundert, Historische Kommission bei der Bayerischen Akademie der Wissenschaften (ed.), vol. 25: “Die Chroniken der schwäbischen Städte. Augsburg”, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1966 [rist. anast. dell’ediz. Leipzig, 1896], pp. 271-272.

Vittore COLORNI, “Gli ebrei a Mantova. Sintesi storica”, in Catalogo de-dicato alla memoria di Renato Giusti, Mantova, Museo Civico del Risorgimento e della Resistenza “Renato Giusti”, 1988, pp. 21-26.

Maria Sofia CORRADINI BOZZI, Ricettari medico-farmaceutici medieva-li nella Francia Meridionale, vol. I, Firenze, Olschki, 1997.

Giorgio COSMACINI, L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità ad oggi, Bari-Roma, Laterza, 2005.

Ulf DAMMERS – Walter HOFFMANN – Hans-Joachim SOLMS, Flexion der starken und schwachen Verben, fa parte di Grammatik des Frühneuhochdeutschen, (Hugo Moser – Hugo Stopp – Werner Besch, edd.), Heidelberg, Winter, 1988.

Stefano DE FIORES, Maria. Nuovissimo Dizionario, I-II, Bologna, EDB, 2006.

Jan DE VRIES, “Macht und Kraft”, in Altgermanische Religionsge-schichte, Berlin, de Gruyter, 19562.

Heide DIENST, “Lebensbewältigung durch Magie. Alltägliche Zauberei in Innsbruck gegen Ende des 15. Jahrhunderts”, in (Alfred Koh-ler – Heinrich Lutz, curr.), Alltag im 16. Jahrhundert, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 1987 (Wiener Beiträge zur Geschichte der Neuzeit; 14), pp. 208-213.

Page 71: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

69

Albrecht DIETRICH, Die Dioskurides-Erklärung des Ibn al-Baiţār. Ein Beitrag zur arabischen Pflanzensynonymik des Mittelalters, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1991.

Charles DU CANGE, Glossarium mediae et infimae Latinitatis, Bologna, Forni, 1971-1972, [rist. anast. dell’ediz. 1884].

Dino DURANTE – Gianfranco TURATO, Dizionario etimologico veneto-italiano, Padova, Erredici, 1975.

DW = Deutsches Wörterbuch von Jacob Grimm und Wilhelm Grimm, München, Deutsches Taschenbuch Verlag, 1984.

Florian EBELING, Das Geheimnis des Hermes Trismegistos. Geschichte des Hermetismus, München, Beck, 2005.

Johann Samuel ERSCH, Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste, Leipzig, Brockhaus, 1818-1889 (versione digita-lizzata accessibile all’indirizzo http://gdz.sub.uni-goettingen.de/ dms/load/toc/?IDDOC=141451).

Eugen FEHRLE, Zauber und Segen, Jena, Diederichs, 1926. Egidio FORCELLINI, Lexicon totius latinitatis, Bologna, Forni, 1965

[rist. anast. dell’ediz. Padova, 1864-19264]. Adolph FRANZ, Die kirchlichen Benediktionen im Mittelalter, I-II,

Graz, Akademische Druck- und Verlagsanstalt, 1960. Frnhd.Gr. = Robert Peter EBERT – Oskar REICHMANN – Hans-Joachim

SOLMS, Klaus-Peter WEGERA, Frühneuhochdeutsche Gramma-tik, (Oskar Reichmann – Klaus-Peter Wegera, edd.), Tübingen, Niemeyer, 1993.

Eugenio GARIN, Ermetismo del Rinascimento, Roma, Editori Riuniti, 1988.

Vincenzo GHEROLDI, Ricette e ricettari. Tre fonti per la storia delle tecniche delle arti alla Biblioteca Queriniana di Brescia (sec. XVI-XVII), Brescia, D.G.M., 1995.

Ghino GHINASSI, “Il volgare mantovano tra il medioevo e il Rinasci-mento”, in (Cesare Segre, cur.), Ludovico Ariosto: lingue, stile e tradizione. Atti del Congresso organizzato dai comuni di Reggio Emilia e Ferrara, 12-16 ottobre 1974, Milano, Feltrinelli, pp. 7-28.

Helmut GLÜCK, Deutsch als Fremdsprache in Europa vom Mittelalter bis zur Barockzeit, Berlin-New York, de Gruyter, 2002.

Paul F. GRENDLER, Schooling in Renaissance Italy: Literacy and lear-ning, 1300-1600, Baltimore, 1989 (trad. it., La scuola nel Ri-nascimento italiano, Roma, Laterza, 1991).

Friedrich HÄLSIG, Der Zauberspruch bei den Germanen bis um die Mit-te des 16. Jahrhunderts, (Diss.), Leipzig, 1910.

Page 72: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

70

Annarita Pogliani

Verena HOLZMANN, “Ich beswer dich wurm vnd wyrmin…” Formen und Typen altdeutscher Zaubersprüche und Segen, Bern et al., Lang, 2001.

Ursula HUGGLE – Norbert OHLER, Maße, Gewichte und Münzen. Hi-storische Angaben zum Breisgau und zu angrenzenden Gebie-ten, Bühl-Baden, Konkordia Verlag, 1998. (Themen der Lan-deskunde; 9).

KAW = Gerhard Köbler, Wörterbuch des althochdeutschen Sprach-schatzes, Paderborn [etc.], Schöningh, c1993.

Gundolf KEIL, Zum Geltungsbereich der ‘gebrannten Wässer’ Gabriels von Lebenstein, in “Sudhoffs Archiv” 50 (1966), pp. 418-422.

Richard KIECKHEFER, Magic in the Middle Ages, Cambridge Medieval Textbooks, Cambridge University Press, 1989 (trad. it., La magia nel Medioevo, Roma, Laterza, 1993).

Hans G. KIPPENBERG – Brigitte LUCHESI (edd.), Magie. Die sozialwis-senschaftliche Kontroverse über das Verstehen fremden Den-kens, Frankfurt, Suhrkamp, 1987.

Rolf Max KULLY, Deutsche medizinische Rezepte und Zauberspüche in einer Perusiner Handschrift des frühen 16. Jahrhunderts, in “Sudhoffs Archiv” 59/3 (1975), pp. 267-310.

Sabine KURSCHAT-FELLINGER, Kranewitt. Untersuchungen zu den alt-deutschen Übersetzungen des nordischen Wacholderbeertraktats, (Mittelalterliche Wunderdrogentraktate, 3) [med. Diss., Würzburg, 1983], Pattensen/Han. 1983 (Würzburger medizinhistorische For-schungen, 20).

Maria Provvidenza LA VALVA, Cosmetica in ottave volgari del tardo Quattrocento, in “SFI” 26 (1968), pp. 311-382.

Isabella LAZZARINI, Gerarchie sociali e spazi urbani a Mantova dal Comune alla Signoria gonzaghesca, Pisa, GISEM-ETS, 1994.

Mathias LEXER, Mittelhochdeutsches Handwörterbuch. Zugleich als Supplement und alphabetischer Index zum Mittelhochdeutschen Wörterbuch von Benecke-Müller-Zarncke, I-III, Stuttgart, 1979 [rist. dell’ediz. Leipzig, 1872-1878].

Werner MALECZEK, “Studenti tedeschi nelle università italiane”, in (Sieg-fried de Rachewiltz – Josef Riedmann, curr.), Comunicazione e mobilità nel Medioevo. Incontri fra il Sud e il Centro dell’Euro-pa (secoli XI-XIV), Bologna, Il Mulino, 1997 (Annali dell’Istitu-to storico italo-germanico; 48), pp. 135-167.

MANTOVA. La storia, vol. II: Da Ludovico secondo marchese a Fran-cesco secondo duca, (Leonardo Mazzoldi, cur.), Mantova, Isti-tuto Carlo D’Arco per la storia di Mantova, 1981.

Page 73: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

71

Antonino MASTRUZZO, Ductus, corsività, storia della scrittura: alcune considerazioni, in “Scrittura e civiltà”, XIX, 1995, pp. 403-464.

Mhd.Gr. = Hermann PAUL, Mittelhochdeutsche Grammatik, (Hugo Moser, Ingeborg Schröbler, edd.), Tübingen, Niemeyer, 196920.

Mhd.Wb. = G.F. BENECKE– W. MÜLLER – F. ZARNCKE, Mittelhoch-deutsches Wörterbuch, I-III, Hildesheim, Olms, 1963 [rist. dell’ediz. 1854-1866].

Bruno MIGLIORINI, Note sulla grafia italiana del Rinascimento, in “StFI” 13 (1955), pp. 259-296 (poi nei suoi Saggi Linguistici, Firenze, Le Monnier, 1957, pp. 197-225).

Virgil MOSER, Frühneuhochdeutsche Grammatik, vol. I: Lautlehre, 1. Orthographie, Betonung, Stammsilbenvokale, Heidelberg, Win-ter, 1929.

Vladimir MOŠIN, Anchor watermarks, Amsterdam, The Paper Publica-tions Society, 1973 (Monumenta chartae papyraceae historiam illustrantia; 13).

Ernst Erhard MÜLLER, Die Basler Mundart im ausgehenden Mittelalter, Bern, Francke, 1953.

Giuseppe OSTINO – Cristoforo MASINO, Gli Statuti del Collegio degli Speziali di Mantova del 1401 e disposizioni sull’Arte contenute negli Statuti cornunali e del Collegio dei Medici, in “Archivio Storico Lombardo” serie IX, 10/I-II (1971-1973), pp. 255-272.

Katharine PARK, Doctors and Medicine in Early Renaissance Florence, Princeton, University Press, 1985.

Peter Hans PASCHER, Michael Puff aus Schrick – Büchlein von den ausgebrennten Wässern, Klagenfurt , Armarium Verlag, 1988.

Gasparo PATRIARCHI, Vocabolario Veneziano-Padovano co’ termini e modi corrispondenti toscani, Padova, Tipografia del Seminario, 18213.

Angelico PRATI, Etimologie venete, (Gianfranco Folena – Giambattista Pellegrini, curr.) Venezia-Roma, Istituto per la collaborazione culturale, c1968.

Stefano RAPISARDA, Esperienze di lavoro nell’edizione di ricettarî me-dievali, con qualche considerazione di ecdotica, in “Le forme e la Storia”, 1 (1995), pp. 47-67.

Stefano RAPISARDA, “I volgarizzamenti italiani del Thesaurus paupe-rum”, in Actes du XXIIe Congrès International de Linguistique et Philologie Romanes – Bruxelles, 23-29 juillet 1998, (A. En-gelbert, M. Pierrard, L. Rosier, D. van Raemdonck, curr.), Tü-bingen, Niemeyer, 2000, pp. 107-121.

Page 74: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

72

Annarita Pogliani

Albrecht N. RAUCH, Krankheitsnamen im Deutschen, Stuttgart, Steiner, 1995 (ZDL Beihefte; 84).

Giorgio RIGOBELLO, Lessico dei dialetti del territorio veronese, Vero-na, Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, 1998.

Gerhard ROHLFS, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, I-III, Torino, Einaudi, 1966-1969, (tit. orig. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Berlin, 1949-1954).

Josef SCHATZ, Altbairische Grammatik. Laut und Formenlehre, Göt-tingen, Vandenhoeck und Ruprecht, 1907.

Karl SCHILLER – August LÜBBEN, Mittelniederdeutsches Wörterbuch, Bremen, Kühtmann, 1875-1881.

Werner Wilhelm SCHNABEL, Das Stammbuch. Konstitution und Ge-schichte einer textsortenbezogenen Sammelform bis ins erste Drittel des 18. Jahrhunderts, Tübingen, Niemeyer, 2003.

Alfredo SERRAI, Il Perugino Fulvio Mariottelli primo teorizzatore della biblioteca pubblica, in “Bollettino della Deputazione di Storia Patria dell’Umbria” XC (1993), pp. 5-27, ora accluso alla ristam-pa anastatica del volume di Fulvio Mariottelli [1559-1639], Rag-guaglio intorno alla libreria Podiani, Perugia, Comune di Peru-gia, 2003.

Henry E. SIEGERIST, Studien und Texte zur frühmittelalterlichen Rezeptli-teratur, Leipzig, Verlag von Johann Ambrosius Barth, 1923.

Martin STEINMANN, Terminologie: Gotische Schriftarten, consultabile al sito http://www.codices.ch/codicologica/Terminologie.html.

STOPP 1973 = Hugo STOPP, Vokalismus der Nebensilben II, fa parte di Grammatik des Frühneuhochdeutschen. Beiträge zur Laut- und Formenlehre, (Hugo Moser – Hugo Stopp, edd.), Heidelberg, Winter, 1973, vol. I,2.

STOPP 1978 = Hugo STOPP, Vokalismus der Nebensilben III, fa parte di Grammatik des Frühneuhochdeutschen. Beiträge zur Laut- und Formenlehre, (Hugo Moser – Hugo Stopp, edd.), Heidelberg, Winter, 1978, vol. I,3.

Luisa Onesta TAMASSIA, “L’archivio dell’Ospedale”, in AA.VV., Qua-dri, libri e carte dell’Ospedale di Mantova: sei secoli di arte e storia, Mantova, Tre Lune, 2002, pp. 105-115.

Stanley Jeyaraja TAMBIAH, “Form und Bedeutung magischer Akte. Ein Standpunkt”, in KIPPENBERG – LUCHESI, pp. 259-296.

ThLL = Thesaurus Linguae Latinae, (Accademie tedesche di Berlino, Gottinga, Lipsia Monaco e Vienna, edd.), Lipsia, Teubner, 1900-.

Page 75: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Intorno a un ricettario medico plurilingue del Rinascimento italiano

73

TLIO = Tesoro della Lingua Italiana delle Origini, (CNR, cur.), consul-tabile al sito http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO/ricindex.html

Ariel TOAFF, “Migrazioni di ebrei tedeschi attraverso i territori triestini e friulani fra XIV e XV secolo”, in (Giacomo Todeschini – Pier Cesare Ioly Zorattini, curr.), Il mondo ebraico. Gli ebrei tra Italia Nord-Orientale e Impero Asburgico dal Medioevo all’età con-temporanea, Pordenone, Studio Tesi, 1991, pp. 3-29.

Eugenia TOGNOTTI, L’altra faccia di Venere. La sifilide in Italia dalla prima età moderna all’avvento dell’Aids, (Presentazione di Gior-gio Cosmacini), Milano, Franco Angeli Editore, 2006.

Bianca Silvia TOSATTI, Il manoscritto veneziano. Un manuale di pittura e altre arti – miniatura, incisione, vetri, vetrate e ceramiche – di medicina, farmacopea e alchimia del Quattrocento, Milano, A.B.E.,1991.

Paul UIBLEIN, Beziehungen der Wiener Medizin zur Universität Padua im Mittelalter, in “Römische historische Mitteilungen” 23 (1981), pp. 271-287.

Maria WALCH – Susanne HÄCKEL, Flexion der Pronomina und Nume-ralia, fa parte di Grammatik des Frühneuhochdeutschen. Bei-träge zur Laut- und Formenlehre, (Hugo Moser – Hugo Stopp – Werner Besch, edd.), Heidelberg, Winter, 1988, vol. VII.

Lorenz WELKER, Das ‘Iatromathematische Corpus’ – Untersuchungen zu einem alemannischen astrologisch-medizinischen Kompendi-um des Spätmittelaters mit Textausgabe und einem Anhang: Mi-chael Puffs von Schrick Traktat “Von den ausgebrannten Wäs-sern” in der handschriftlichen Fassung des Codex Zürich, Zen-tralbibliothek, C 102 b, Zürich, Juris-Verlag, 1988 (Zürcher medizin-geschichtliche Abhandlungen; 196).

Adolf WUTTKE, Der deutsche Volksaberglaube der Gegenwart, Leip-zig, Moritz Ruhl, 19254.

Frances Amelia YATES, Giordano Bruno and the Hermetic Tradition, London, Routledge, 2002 (trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1995).

Stefano ZAMPONI, “Le metamorfosi dell’antico: la tradizione antiquaria veneta”, in I luoghi dello scrivere da Francesco Petrarca agli albori dell’età moderna, Atti del Convegno internazionale di studio, Arezzo, 8-11 ottobre 2003, (Caterina Tristano – Marta Calleri – Leonardo Magionami, curr.), Spoleto, CISAM, 2006, consultabile anche al sito http://dida.let.unicas.it/links/didattica/ palma/testi/zamponi3.htm.

Page 76: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

74

Annarita Pogliani

Viktor Maksimovic ZIRMUNSKIJ, Deutsche Mundartkunde. Verglei-chende Laut- und Formenlehre der deutschen Mundarten, Ber-lin, Akademie-Verl., 1962.

Page 77: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Studia theodisca - Philologica II, 75-138

Elena Di Venosa (Milano)

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg*

Risale al 1968 la dissertazione di Heinz-Dieter Grau sulle raccolte di proverbi di Johannes Agricola. Si tratta dell’unico studio relativamente recente sull’argomento;1 proprio per questo motivo esso è fondamentale per conoscere l’opera paremiografica dell’allievo di Lutero.2 Grau de-dica dieci pagine del suo lavoro a una delle fonti principali di Johannes, il Renner di Hugo von Trimberg, e in esse offre un elenco delle corri-spondenze tra le due opere.3 Come Grau sottolinea, “die hier aufge-führte Zusammenstellung der Sprüche Renners, die Agricola über-nommen hat, ist die erste dieser Art”.4 Lo studioso è stato il primo, e fi-nora unico, a compilare un elenco delle corrispondenze tra le due opere; lavoro effettivamente non facile, a causa della lunghezza (quasi 25000 versi) del Renner. Tuttavia, tra i molti pregi, la dissertazione presenta qualche difetto. Prima di tutto essa richiede un aggiornamento, poiché è stata completata prima dell’uscita di due volumi fondamentali: l’edizione critica delle raccolte di proverbi di Agricola a opera di Sander Gilman

* Ringrazio la prof.ssa Maria Colombo (Milano) per avermi introdotta alla pare-

miologia, la dott.ssa Paola Bozzi (Milano) per avermi aiutata a reperire la disserta-zione di Grau, e la prof.ssa Henrike Lähnemann (Newcastle) per le preziose informa-zioni sul Renner.

1 Lo precede solo la monografia LATENDORF 1862. 2 Per informazioni su biografia e opere di Johannes Agricola cfr. il paragrafo suc-

cessivo. 3 GRAU 1968, par. III.7: “Sprichwörter und sprichwörtliche Redensarten Agricolas,

sowie längere gereimte Passagen, die aus Hugo von Trimbergs Renner stammen”, pp. 71-80. L’elenco è riportato anche da GILMAN 1971, vol. II, pp. 365-369.

4 GRAU 1968, p. 71.

Page 78: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

76

Elena Di Venosa

nel 1971,5 e la ristampa, nel 1970, dell’edizione del Renner di Gustav Ehrismann curata da Günther Schweikle.6 È opportuno quindi verificare i dati forniti da Grau alla luce delle edizioni più recenti. Oltre a ciò, nel-la bibliografia stilata da Grau non è segnalata la dissertazione sui pro-verbi del Renner pubblicata da Eva Wagner nel 1962, che avrebbe po-tuto dare un contributo al suo lavoro. Un altro difetto dell’elaborato è l’incompletezza: le pagine dedicate da Grau alle corrispondenze tra i proverbi di Agricola e quelli del Renner consistono solo in una tabella che riporta il numero del proverbio di Agricola affiancato dal numero dei versi corrispondenti del Renner: è assente qualsiasi citazione o commento che permetta di analizzare il testo e la sua fonte. La questio-ne del rapporto tra Agricola e Hugo von Trimberg è rimasta dunque aper-ta; in questa sede si cercherà di chiarire, alla luce di studi e di repertori paremiografici recenti, quale sia la natura dei proverbi scelti dal teologo ispirandosi al poema didascalico Renner. Il presente lavoro è un’occa-sione anche per mettere a disposizione degli interessati alcuni dettagli su una raccolta di proverbi tedeschi poco nota e non più esplorata da quarant’anni, i cui studi sono di numero esiguo e poco accessibili.

1. L’autore e l’opera. Johannes Agricola (latinizzazione di Snitter) nasce a Eisleben pro-

babilmente nel 14947 e si trasferisce a Wittenberg nel 1517 per studiare filosofia e teologia.8 Qui egli diventa allievo e poi assistente di Lutero. Già nel 1520 Agricola entra a far parte del corpo docente della facoltà arti-stica dell’università di Wittenberg e partecipa alla costituzione della Ri-forma. Nel 1525 torna a Eisleben per dirigere la locale scuola evangeli-ca, e negli anni successivi si divide tra l’attività didattica e l’attività di predicatore di corte del principe elettore di Sassonia Giovanni Federico.

Nel 1528, nella sua città natale, Agricola porta a termine la sua pri-ma raccolta di trecento proverbi, la cui prima edizione,9 del 1529, è in-titolata:

5 GILMAN 1971 (due volumi). Lo stesso Grau lamenta la mancanza di una edizione

critica: GRAU 1968, p. 37. 6 SCHWEIKLE 1970. 7 GRAU 1968, p. 29. 8 Per una dettagliata biografia di Agricola cfr. GILMAN 1971, vol. II, pp. 335-353,

SEILER 1922, pp. 113-116 e BAUTZ 1990. 9 Le raccolte di proverbi di Agricola sono trasmesse solo da stampe.

Page 79: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

77

Drey hundert Gemeyner Sprichworter / der wir Deutschen uns ge-brauchen / und doch nicht wissen woher sie kommen / durch D. Johañ. Agricolam von Ißleben / an den durchleutigen / hochge-bornen Fursten und Herren / Herrn Johañ. Fridreich / Hertzogen zu Sachsen u. geschriben / erklert / und eygentlich außergelegt [Gedruckt zu Haganaw durch Johannem Setzerium / ym jar nach der gepurt Christi / M.D. und XXIX.].10

Quest’opera viene tradotta presto in basso tedesco.11 Nel 1529 il teologo partecipa alla Dieta di Spira, e in questa città

conclude la sua seconda raccolta, contenente altri 449 proverbi (seb-bene il titolo ne indichi cinquecento). La prima edizione è:

Das Ander teyl gemeyner Deutscher sprichwortter / mit yhrer auß-legung / hat funfft halb hundert newer wortter. Johann Agricola Eißleben. 1529. [Gedruckt zu Haganaw durch Johannem Secerium / Ym M.D. und XXIX. Jare.].12

Le due raccolte vengono riunite nel 1534 in un unico volume:

Sybenhundert und fünfftzig Teütscher Sprichw=rter verneüwert und gebessert. Iohan. Agricola. zuo Hagenaw / im jar M.D. xxxiiii. am XV. tag des Mertzen.13

10 GILMAN 1971, vol. II, p. 321ss. Questa è l’edizione citata come E1 da Gilman,

ma nello stesso anno ne escono altre tre, rispettivamente la E2 a Zwickau (Gabriel Kantz), la E3 a Erfurt (Conrad Treffer) e la E5 a Norimberga (Friedrich Peypus), oltre alla edizione E4 mancante dell’indicazione del luogo e dell’editore. Nel 1530 vedono la luce altre due edizioni, entrambe di Lipsia (E6 e E7, Michael Blum), e se ne è con-servata una di Magdeburgo senza indicazione dell’anno né dell’editore (EN). Il titolo presenta varianti ortografiche in ogni edizione. Le barre sono già presenti nel testo origi-nale.

11 LATENDORF 1862, p. 41, riconosce che la traduzione basso tedesca si basa sull’edizione Zwickau 1529.

12 GILMAN 1971, vol. II, p. 325ss.; chiamata D1. Risalgono sempre al 1529 anche la stampa D2 di Erfurt (Melchior Sachssen) e una stampa senza indicazione di luogo e di editore (D3); risale al 1530 l’edizione D4 di Norimberga (Johannes Stüch).

13 GILMAN 1971, vol. II, p. 327ss. Seguono questa edizione (chiamata G1) la G2 del 1537 (Hagenau, anch’essa senza indicazione dell’editore), la G3 del 1541 (senza indicazione né del luogo né dell’editore), la G4 del 1548 (anch’essa senza precisazioni sull’edizione) e l’ultima, la G5, del 1558 (anch’essa senza alcuna indicazione). La prima edizione (G1, Hagenau 1534) è pubblicata in GILMAN 1971, vol. I, ed è disponi-bile anche in copia anastatica a cura di HAIN 1970.

Page 80: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

78

Elena Di Venosa

Questa edizione ha ampia diffusione e viene ristampata più volte nel corso del XVI secolo.

Infine nel 1548 Agricola pubblica una raccolta di altri cinquecento proverbi:

Fünfhunddert Gemainer Newer Teütscher Sprüchw=rter / durch Johann Agricola Eyßleben. M.D.XLVIII. | [<Philip Ulhart, Augs-burg>].14

Quest’ultima riscuote successo soprattutto dopo la morte del suo au-tore (Berlino, 1566), come dimostrano ristampe e plagi postumi, oltre a una traduzione latina del 1576.15 La volontà degli stampatori di pubbli-care l’opera di Agricola si era affievolita dopo il 1537, anno in cui il Nostro e Lutero entrano in aperto disaccordo, già iniziato anni prima, su questioni teologiche. È l’anno in cui Agricola torna a Wittenberg per sostituire Lutero nell’attività di predicatore durante le sue assenze. È in questo periodo che diventano palesi le divergenze tra i due riformatori sulla questione della penitenza: mentre Lutero e Melantone asserivano che i dieci Comandamenti sarebbero stati imposti all’umanità affinché l’uomo fallisse nell’attuarli, così da ricevere poi la grazia divina con il pentimento, Agricola è convinto che i Comandamenti abbiano perso va-lidità con l’avvento del Nuovo Testamento, e che la penitenza sia frutto della predicazione del Vangelo (Antinomismo).16 Per insistenza di Lu-tero, Agricola ricusa le sue idee nel 1540 davanti al principe elettore di Brandeburgo Gioacchino II presso il quale si era rifugiato.

Lutero però non si limita a sconfessare le concezioni teologiche del compagno, ma ne critica aspramente anche le raccolte di proverbi:

[…] Magister Grickell [nomignolo con cui Lutero chiamava Jo-hannes] hat nur pöschen und flugs zusamen gelesen, damitt er ein gelechter anrichtett […] (31.3.1540, Tischreden).17

Si tratta di un’accusa senza fondamento: i detti scelti da Agricola sono tutt’altro che maledizioni o trivialità raccolti allo scopo di provo-

14 GILMAN 1971, vol. II, p. 330 (chiamata F; l’edizione del testo è contenuta nello

stesso vol. II). 15 La traduzione latina è a cura di Johannes Glandorpus ed è stata stampata a Basi-

lea (GILMAN 1971, vol. II, p. 330). 16 GILMAN 1971, vol. II, p. 350. Cfr. anche BAUTZ 1990. 17 Citato da GILMAN 1971, vol. II, p. 350s.

Page 81: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

79

care il riso.18 Tuttavia l’attività paremiografica di Agricola aveva già suscitato polemiche nel duca Ulrico di Württemberg, noto per le sue crudeltà, che si era riconosciuto nei proverbi della prima raccolta che trattavano di tirannia, come nel seguente:

Wenn Gott eyn land segnet / so gibt er yhm einen klugen Fursten / der friede helt. Widderumb / wenn Got eyn landt straffen und pla-gen will / so gibt er yhm einen Tyrannen und wueterich / der es al-les on radt mit der faust will außrichten. [prov. 115 (1534)].19

Ulrico, che aveva aderito alla Riforma, si era rifugiato dal langravio Filippo d’Assia dopo essere stato sconfitto nel 1519 dagli Svevi. In se-guito alla pubblicazione della prima raccolta di proverbi nel 1529, Fi-lippo scrive una lettera di protesta al principe elettore Giovanni Fede-rico di Sassonia, presso il quale Agricola stava svolgendo la sua attività di predicatore. Ne scaturisce un carteggio in cui sia Giovanni Federico che Agricola, con le loro scuse, cercano di stemperare gli animi, ma Ludovico di Passavant, un nobile del seguito di Ulrico, redige un duro libello contro Agricola, incolpandolo di difendere i cattolici Asburgo invece che la protestante corte d’Assia.20 Di conseguenza Agricola, nel-la sua raccolta del 1534 in cui sono riunite le prime due raccolte del 1529, cancella molti dei passi che avevano offeso il duca.

2. L’attività paremiografica di Agricola. Le raccolte di Agricola sono suddivise in capitoli generalmente in-

titolati a un proverbio; il contenuto dei capitoli consiste in un com-mento in prosa al proverbio stesso, che ne fornisce un’interpretazione, oppure nella citazione di brani in versi che ne completano il senso. A volte il capitolo è costituito dal solo titolo-proverbio senza alcuna ag-giunta. Nell’edizione del 1534 le interpretazioni consistono prevalente-mente in commenti di Agricola stesso, a volte anche lunghi più pagine, inframmezzati saltuariamente da citazioni in versi; nella raccolta del 1548 le citazioni in versi diventano sempre più frequenti e a volte so-

18 Lutero stesso raccoglie detti di questo tipo, ma non li pubblica. CORNETTE 1997, p. 20s.

19 Le citazioni sono tratte dall’edizione del 1534 o del 1548, in GILMAN 1971. 20 Il libello è intitolato Verantwortung: der schmach und lesterschriftt so Johannes

Agricola Eyßleben genant / im bFchlin außlegung Teütscher sprüchwort wider etlich eeren leüt / und besonders den durch leicht. hochgebornen F. und Herren / Hernn Ul-rich Hertzog zG Wirttenberg etc. on einig ursach im truck außgon lassen ed è pubbli-cato da GILMAN 1971, vol. II, pp. 275-302.

Page 82: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

80

Elena Di Venosa

stituiscono del tutto la parte discorsiva. In questo secondo volume non tutti i capoversi nominano un proverbio: alcuni servono solo a contras-segnare con un numero un brano di commento.21

Ai tempi della Riforma le raccolte paremiografiche sono di utilità pratica quali repertori pronti da utilizzare nelle prediche e nei volantini. I proverbi, soprattutto se di origine biblica o di ambientazione agricola, ma anche quelli che esprimono una critica alla Chiesa, sono ampia-mente usati nei sermoni essendo formule metaforiche di grande effica-cia comunicativa.22 Tuttavia, diversamente da come immaginiamo l’o-pera di un teologo, Agricola non redige un trattato di contenuto pretta-mente religioso. I proverbi e i relativi commenti sono piuttosto di tipo didascalico, così come è nella natura di certe massime di saggezza po-polare, oppure sono di carattere politico, sociale e giuridico.23 Abbiamo appena visto la presa di posizione del teologo contro la tirannia, mentre la sua concezione di giustizia, che si basa sul rispetto dell’ordine, si e-sprime per esempio attraverso il seguente proverbio che egli trae dal Renner:24

Agricola par. 430 (1548) Wer rechtem gewalte sich widersetzet Gottes ordnung er verletzet Dann rechte gewalt von Gotte geht Dem nyemandt billich wider steht.

Hugo von Trimberg, vv. 3147-3150 “Swer rehtem gewalte sich widersetzet, Gotes ordenunge er letzet, Wenne recht gewalt von gote gêt, Dem nieman billich wider stêt.”25

Sullo sfondo di alcuni proverbi e commenti si intravedono anche e-venti storici, come la guerra dei contadini (alla quale Agricola allude quando difende l’ordine sociale esistente),26 e nomi di famiglie notabili del tempo, come i Fugger, simbolo di avidità.27 Il teologo si esprime

21 Per chiarezza chiameremo d’ora in poi “proverbio” o “capitolo” un capoverso

numerato e intitolato a un proverbio; chiameremo “paragrafo” un capoverso sola-mente numerato e non intitolato a un proverbio. Cfr. n. 81.

22 BROEK 1990, p. 164. 23 Agricola non esclude dalla sua raccolta proverbi che potremmo considerare

“neutrali”, che non esprimono alcun insegnamento particolare. Cfr. GRAU 1968, p. 192. Come esempio di proverbio “amorale” o “moralmente indifferente” Grau cita il n. 361 (1534) Hilfft es nicht / so schadet es doch nicht.

24 GRAU 1968, p. 205. 25 I versi sono tra virgolette in quanto riportano una citazione di San Paolo, come

afferma Hugo due versi prima. 26 GRAU 1968, p. 222. 27 GRAU 1968, p. 229.

Page 83: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

81

contro ogni rivoluzione e apprezza il duro lavoro agricolo, come dimo-stra la citazione dei vv. 1407-1409 del Renner:

Agricola par. 387 (1548)28 Ain freyer Baur ist Herrn genoß Und wann er schon ist des gGtes bloß Doch ist er von geburte frey So wol als sein Herr selber sey

Hugo von Trimberg, vv. 1407-1409 Ein frî gebûr ist herren genôz: Alein er sî des guotes blôz, Doch ist er von gebürte frî. Wênt ir daz iht herren sî,29

Agricola elogia i regnanti virtuosi così come il popolo pio; allo stes-so tempo egli condanna, con tono pessimistico, la società in declino, sempre più ingiusta e viziosa, rappresentata nei suoi difetti soprattutto da nobiltà e clero.30 Da tutto ciò emergono le più comuni usanze di uo-mini e donne dell’epoca, che costituiscono una preziosa fonte per la storia della cultura del Cinquecento.31

Dal messaggio dei proverbi si desume che Agricola abbia dato il via alla sua ricca raccolta paremiografica principalmente per passare in ras-segna vizi e virtù della società. Tuttavia egli afferma di occuparsi di proverbi per altri motivi, che oggi potremmo definire “filologici”: il suo amore per la lingua madre e il desiderio di conservare idioma e tradi-zioni tedesche, come si legge nella dedica al duca Giovanni Federico di Sassonia che apre la prima raccolta del 1529:

[…] ich habe […] furgenommen / deutsche sprichw=rter zu schrei-ben / der wir Deutschen uns teglich gebrauchen / und doch nicht wissen / woher sie kommen […] Es bewegen mich aber hierzu fur-nehmlich zwo ursachen / Die erste / das / wer diese spruche haben wurde / der wurde die gantze Deutsche sprach haben / welche sprach wir Deutschen so gar fur nichts achten / das sie auch fast32 gefallen ist / und niemands / odder gar wenig leut sind / die Deutsch reden konnen / […] Die andere / Synte mal gemeyniglich mit der sprache auch die sitten fallen / ist zu besorgen / der Deut-schen trewe und glauben / bestand / warheit / […] werden auch fallen / […] Derhalben hab ich gedacht / die weise rede unser al-ten Deutschen an tag zu geben / auf das doch etliche unter unsern

28 Cfr. commento a questo proverbio a p. 121. 29 Il quarto verso del Renner non è considerato parte del proverbio da WAGNER

1962, p. 33 e 106. 30 GRAU 1968, p. 195 e 242ss. 31 GRAU 1968, p. 268. 32 SEILER 1922, p. 114, indica che fast è da intendere come fest.

Page 84: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

82

Elena Di Venosa

Deutschen mochten gereitzt werden / yhrer foreltern / fußstapffen nach zu wandeln / […] Denn ich hoffe / es sol derselbige geringe fleis E.F.G. und Deutschem lande zu ehren und nutz gereychen.33

I proverbi non sono raccolti secondo un ordine particolare; è possi-bile che Agricola li abbia registrati così come gli venivano in mente,34 o in base alle fonti che di volta in volta aveva a disposizione.35 Dalla pre-fazione all’edizione del 1534 si deduce che Agricola conoscesse la let-teratura tedesca medievale e a lui contemporanea e che abbia voluto se-guire l’esempio di Erasmo da Rotterdam:36

[…] Erasmus von Roterodam hat auß den Schreibern und Lerern / Grichischer und Latinischer sprach einen grossen hauffen zusam-men gelesen / wir Deutschen aber haben so viel forteils nicht. Renner der gelebt hat / Anno / M. ccc. sagt von Ereck / Ywan / Tristrand / Konig Rucker / Parziual und Wiglois / wir kennen sonst den alten Hildebrand / Dietrich von Bern / Herr Ecken / Ko-nig Fasolt / Risen Signot / den edlen Moringer / Ritter Pontus / und was die Taffelrunde vermag. Es ist gerhumet Freidanck / Rit-ter vom Thurn / Marcolphus / die sieben Meister / und was bey unserm gedencken ist new worden / Centinovella / das Narren-schiff Sebastian Brands / der Pfaff vom Kalenberg / Ulenspiegel / und Thewerdanck. Aber bey den allen ist kein hilffe / sprichwort-ter zu holen. […].37

Stupisce che Agricola consideri le opere citate, incluso il Renner, i-nutili per trarne proverbi:38 da ciò si potrebbe dedurre che egli abbia preferito attingere a fonti popolari. Ma in base agli studi di Grau si ri-cava un quadro completamente diverso: la maggior parte dei detti rac-

33 La dedica è edita da GILMAN 1971, vol. II, pp. 304-305. 34 SEILER 1922, p. 114. 35 Come lascia supporre il fatto che molti dei proverbi tratti dal Renner siano uno

successivo all’altro. Cfr. par. 6. 36 Erasmo da Rotterdam ha raccolto circa 800 proverbi tratti da fonti greche e la-

tine nel suo libro Desiderii Erasmi Roterdami veterum maximeque insignium paroe-miarum i. e. adagiorum collectanea, pubblicato a Parigi nel 1500. Cfr. SEILER 1922, p. 105ss.

37 GILMAN 1971, vol. I, p. 4. 38 Effettivamente nella raccolta del 1534 le citazioni sono sporadiche e quelle dal

Renner sono solo dodici; la maggior parte delle citazioni si trova nella raccolta del 1548.

Page 85: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

83

colti deriverebbe da opere letterarie.39 Tutto il capitolo della disserta-zione dedicato alle fonti è costituito in gran parte da tabelle prive, o quasi completamente prive, di citazioni e di commento; troviamo indi-cato tuttavia un buon numero di corrispondenze con i classici latini Plauto, Terenzio, Cicerone, Virgilio, Orazio, Ovidio, Seneca, Persio, Lucano, Giovenale, Gellio e Claudiano; con passi biblici tratti dalle sentenze di Salomone, dal Vangelo di Matteo, dalla storia degli Apo-stoli e da Timoteo; e con proverbi registrati da autori di epoca umani-stica quali Erasmo, Bebel40 e Tunnicius.41 Nelle raccolte di Agricola si individuano inoltre elementi da Freidank, Boner, Stricker, il Narren-schiff, il Wigalois, Meier Helmbrecht e il Welscher Gast, oltre a Murner e a Hans Sachs. Vi sono anche alcuni proverbi che non corrispondono ad alcuna tradizione attestata.42 Controversa è la questione delle corri-spondenze con i proverbi raccolti da Lutero:43 secondo Grau non è pos-sibile stabilire se Agricola abbia preso spunto da Lutero o viceversa, avendo i due operato negli stessi anni44 e avendo entrambi attinto alla raccolta di Erasmo, ma è più probabile che Lutero abbia preso spunto dal suo più giovane collega, poiché i proverbi iniziano ad apparire negli scritti di Lutero solo nel 1530,45 dopo l’uscita delle prime raccolte di Agricola.

3. Definizione e caratteristiche dei proverbi. Nella dedica citata più sopra,46 Agricola afferma che i proverbi sono

frasi formulate da tutti quotidianamente senza sapere da dove proven-gono, e che riflettono le virtù delle generazioni precedenti: se si per-dono i proverbi, si perde anche la memoria delle virtù stesse (mit der

39 GRAU 1968, cap. III “Die Quellen zu Agricolas Sprichwörtersammlungen”, pp.

49-98. 40 Bebel raccoglie proverbi tedeschi in traduzione latina. Cfr. SEILER 1922, p.

107ss. 41 Tunnicius è autore di una raccolta di proverbi bassotedeschi affiancati ognuno

da un esametro latino quale traduzione. Cfr. SEILER 1922, p. 109ss. 42 Come si vedrà più avanti, par. 6. 43 Lutero ha raccolto proverbi solo per uso privato, per impiegarli nelle prediche e

nell’interpretazione delle favole. I suoi proverbi sono stati pubblicati per la prima vol-ta solo nell’anno 1900. Cfr. SEILER 1922, p. 116-117.

44 GRAU 1968, p. 65. 45 CORNETTE 1997, p. 15. 46 Cfr. p. 81.

Page 86: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

84

Elena Di Venosa

sprache auch die sitten fallen). Nella prefazione all’edizione del 1534 egli spiega più esplicitamente cosa intende per proverbio:

Von anbegynn der welt haben die weisen leutt alle gesetze und rechte / ynn kurtze wort verfasset / auff das man sie leichtlich be-halten kunde. […] ynn kurtze schlüsse haben sie das leben der menschen / als ynn kurtze regeln verfasset.47

Secondo Agricola i proverbi sarebbero quindi redatti da anonimi saggi in epoca antica; sarebbero abbastanza brevi da potersi imprimere facilmente nella memoria di tutti; e consisterebbero in formulazioni di regole di vita.48

Come allora, anche oggi è comune la convinzione che i proverbi sia-no frasi di “saggezza popolare” ampiamente diffuse e note sin dai tempi antichi; Friedrich Seiler, nella sua fondamentale Deutsche Sprichwörter-kunde (1922),49 definisce i proverbi in modo simile:

[…] im Volksmund umlaufende, in sich geschlossene Sprüche von lehrhafter Tendenz und gehobener Form. […]50

Questa definizione è messa in discussione da André Jolles:51 se i proverbi avessero una forma troppo “elevata”, non potrebbero diffon-dersi ampiamente tra il popolo; inoltre il concetto stesso di “popolo” è troppo generico, poiché molti proverbi sono diffusi solo in determinati contesti (per esempio nel gergo soldatesco, o tra gli agricoltori, o in li-mitate aree geografiche). Infine Jolles fa notare che i proverbi non han-no carattere “didascalico”: non vengono usati all’insorgere di una de-terminata situazione per fornire un insegnamento o un consiglio, ma al-la fine, per riassumere e concludere l’esperienza già vissuta.

Jolles discute anche dell’origine dei proverbi: la loro “nascita popo-lare” è difficile da ipotizzare, in quanto qualsiasi detto deve essere stato formulato prima da una persona e poi trasmesso ed eventualmente mo-dificato da altre persone: non è possibile tracciare un confine netto tra proverbio e aforisma o citazione. Gli stessi detti che troviamo in opere

47 GILMAN 1971, vol. I, p. 4. Questa asserzione è preceduta dal titolo: “Warzu die sprichwortter dienen.”

48 Alcuni proverbi scelti da Agricola tuttavia non rispondono a questa definizione: a volte egli cita detti piuttosto lunghi o frasi comuni che non esprimono alcuna espe-rienza particolare. Cfr. par. 6 e conclusioni.

49 SEILER 1922. 50 SEILER 1922, p. 2. 51 JOLLES 1930, cap. V “Spruch”, pp. 150-170, qui p. 151ss.

Page 87: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

85

letterarie possono derivare da formule già diffuse tra i parlanti o vice-versa.52 È possibile anche che un proverbio di origine dotta si diffonda oralmente in diverse varianti, come Morgenstund hat die Arbeyt im Mundt (da Morgenstunde hat Gold im Munde) che a sua volta si fissa per iscritto nel 1582: lo scambio tra oralità e lingua scritta è costante e riguarda il proverbio come molti altri generi testuali, quali la fiaba, l’in-dovinello, la saga.53 Da questo punto di vista è appropriata la scelta di Grau di usare spesso in coppia le espressioni Sprichwort e sprichwörtli-che Redensart: non è possibile differenziare la nascita e l’evoluzione dei “proverbi/detti proverbiali”, delle “frasi idiomatiche” e delle “sen-tenze/citazioni”. Solo formalmente possiamo distinguere il “proverbio”, che ha una sua invariabilità e completezza sintattica e che si colloca in un (con)testo senza elementi coesivi,54 dalla “frase idiomatica”, i cui e-lementi e soprattutto il predicato possono essere flessi a seconda delle necessità comunicative.55

Considerata la difficoltà di definire il genere testuale del proverbio e l’impossibilità di stabilirne l’origine, resta valida solo la caratteristica individuata sia da Agricola che da Seiler: il proverbio è una locuzione breve, facilmente memorizzabile, in sé conchiusa. La struttura sintattica e i mezzi stilistici sono gli unici elementi tangibili che possiamo sfrut-tare per valutare la natura del proverbio. Tra le caratteristiche più evi-denti segnaliamo: – il parallelismo, come in Wer da schweyget / der williget [prov. 59

(1548)]; – l’ellissi, come in GGt edel / blGt arm [prov. 276 (1534)] (qui si può

parlare anche di antonimia); – la rima, come in Ist er todt / so isset er nymmer brodt [prov. 517

(1534)];

52 Anche GRAU 1968, p. 53, si pone il problema della distinzione tra proverbio

“popolare” e citazione (biblica o letteraria), ma ammette che non è possibile stabilire se le citazioni scelte da Agricola, ai suoi tempi, fossero ancora tali o se si fossero già cristallizzate in proverbi diffondendosi poi in questa forma tra la gente.

53 MIEDER 1996, p. 236s. 54 FRIEDRICH 2006, p. 24. GRABAREK 2005, p. 693, parla di “microtesti”. 55 Per esempio mit affensalben schmiren, prov. 74 (“ungere con la pomata della

scimmia”, ovvero “adulare”). Cfr. p. 102 per l’interpretazione di questa locuzione e SEILER 1922, p. 4ss. e 231ss.

Page 88: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

86

Elena Di Venosa

– i wellerismi (Sagwörter),56 come Wer mocht das nicht / sagt der Apt von Posen [prov. 160 (1534)];57

– le personificazioni, come in Untrew schlecht yhren eygen herren [prov. 19 (1534)]

e così via.58 Oltre a un’analisi paremiologica di tipo tradizionale come quella di Grau,59 che passa in rassegna ogni struttura sintattica e ogni fi-gura retorica, è possibile distinguere i proverbi anche in altri termini, come propone Matti Kuusi,60 individuando gli elementi “stabili”, im-prescindibili, che trasmettono il messaggio, e gli altri, “labili”, che fun-gono da riempitivi dettati dalla situazione contingente e dal parlante, o che offrono una variante strutturale. Egli propone anche di osservare se i proverbi siano formulati in forme contaminate o se siano composti con altri proverbi; a questo possiamo aggiungere la possibilità che il pro-verbio derivi da una frase idiomatica o viceversa.61

Anche il metodo di Kuusi è tuttavia ancora tradizionale, poiché egli prevede di analizzare contestualmente la forma e il contenuto dei pro-verbi, secondo una visione storico-culturale e linguistico-letteraria del testo.62 Più innovativo sarebbe oggi l’approccio pragmatico, che studia la funzione comunicativa di tali locuzioni,63 ma nel caso della fraseolo-

56 I wellerismi, che raccontano quanto dice un personaggio, sconfinano nella fiaba.

Cfr. SEILER 1922, p. 429ss. 57 Il detto pare si ispiri a un fatto realmente accaduto: con queste parole l’abate di

Bosau avrebbe commentato l’incontro amoroso tra un monaco amanuense e una suora a Merseburg. GRAU 1968, p. 189.

58 All’analisi sintattica e stilistica è dedicato ampio spazio da GRAU 1968, cap. VIII “Die Form der Sprichwörter und sprichwörtlichen Redensarten Agricolas”, pp. 128-190. Grau si appoggia al fondamentale studio sulla forma dei proverbi di TAYLOR 1931.

59 Cfr. nota precedente. Anche PEUKES 1977 opera in questo modo. 60 KUUSI 1966. 61 WATANABE 2004, p. 246, porta l’esempio della frase idiomatica (für jemanden)

Kastanien aus dem Feuer holen, che viene ampliata in mit anderer Finger die Kasta-nien aus dem Feuer holen, e quindi in questa forma trasformata in proverbio grazie all’aggiunta del modale: man soll mit anderer Finger keine Kastanien aus dem Feuer holen. È corretta dunque la scelta di Röhrich (RÖHRICH 1960 e RÖHRICH 1991) di usa-re l’espressione sprichwörtliche Redensart, che racchiude entrambe le possibilità.

62 L’appunto rivolto ai paremiografi e paremiologi è di PILZ 1978, p. 109, citato da WATANABE 2004, p. 245.

63 Cfr. a proposito HÄUSERMANN 1977, cap. 5 “Die Sprichwörter”, pp. 113-117, e COULMAS 1981, p. 10ss.

Page 89: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

87

gia storica e delle raccolte paremiografiche, dove il contesto comunica-tivo è pressoché assente, è possibile condurre solo un’analisi di tipo sin-tattico e contenutistico.64 Per la nostra analisi ci serviremo quindi dello studio di Seiler, ancora prezioso oggi per la minuziosa classificazione di tutti gli aspetti formali dei proverbi, e adotteremo con Kuusi il con-cetto di “elementi stabili” ovvero di “nuclei” contenutistici.

4. Il Renner. L’opera monumentale di Hugo von Trimberg (Franconia, 1230 - dopo

il 1313), compiuta nell’anno 1300, è trasmessa da numerosi testimoni manoscritti del XIV secolo (tradizione legata a Michael de Leone) e del XV secolo.65 La editio princeps (Frankfurter Druck) risale solo al 1549. È molto probabile che sia stato proprio Agricola ad aver riscoperto il Renner e a riproporlo, in chiave protestante, in questa prima edizione a stampa.66 In comune i due autori hanno gli interessi didattici, sebbene Hugo von Trimberg fosse un maestro laico e si rivolgesse soprattutto a un pubblico borghese,67 e Agricola si rivolgesse a lettori del ceto nobi-le. L’interesse di Agricola per il Renner risiede probabilmente nel fatto che si tratta di un’opera ricca di informazioni di vario tipo; essa è con-siderata una sorta di enciclopedia del sapere del tempo, anche se l’intento è quello tipicamente medievale di far conoscere il mondo al fine di avvicinarsi a Dio.68 Vi si trovano tra l’altro informazioni sulle arti liberali, sull’astronomia, sulla pedagogia e su altri poeti, il tutto in-frammezzato da parabole e aneddoti. L’opera ha un chiaro intento dida-scalico ed è divisa in sei distinzioni intitolate ai sette peccati capitali (I. Hôchfart, II. Gîtikeit, III. Frâz, IV. Unkiusche, V. Zorn e Nît, VI. Laz-heit): Agricola potrebbe averla trovata una fonte utile dalla quale attin-gere spunti per le sue prediche.

64 Anche FRIEDRICH 2006, p. 14s. espone le difficoltà della fraseologia storica: at-

testazioni lacunose, difficoltà di individuare e isolare un proverbio dal testo, e dubbia possibilità di applicare modelli di classificazione moderni a testi antichi.

65 Per informazioni su Hugo von Trimberg e sulla tradizione del Renner si veda SCHWEIKLE 1983, col. 268ss.

66 GILMAN 1971, p. 365, riporta l’ipotesi di GOEDEKE 1886, p. 6. 67 CRAMER 1990, p. 112ss.; WAGNER 1962, p. 9. 68 CRAMER 1990, p. 113. È un’opera che ha avuto un repentino successo e una ve-

loce e ampia diffusione: da qui forse il titolo Renner, attribuitogli da Michael de Le-one, che lo ha incluso nel suo Hausbuch. Cfr. anche WAGNER 1962, p. 1.

Page 90: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

88

Elena Di Venosa

Il pensiero di Hugo von Trimberg riflesso nel Renner è senz’altro condiviso da Agricola: Hugo critica la decadenza del mondo, che nel poeta è qualcosa di più di un topos letterario:69

Diu werlt wirt von tage ze tage Je wilder und erger, daz ist mîn klage (6187s.)70

Scopo del poema è di conservare e richiamare quei valori che stanno scomparendo dalla società,71 che, come abbiamo visto, è anche lo scopo di Agricola.72 Trimberg critica la diffusa avarizia e ingordigia (Gîtig-keit, Frâz) degli uomini del suo tempo, fa uso del bîspel per ammonire il suo pubblico, e propone di reagire alla laicizzazione dell’epoca dedi-candosi ai valori del Cristianesimo e all’ascetismo. Ma come si inseri-scono i proverbi in un’opera didascalica? Abbiamo visto che secondo una concezione moderna essi non trasmettono insegnamenti, ma rias-sumono esperienze.73 Ma il concetto medievale di proverbio è molto più vicino a quello della parabola: ogni evento viene elevato a exem-plum (anche se a volte con tono ironico o rassegnato),74 quindi i pro-verbi nel Renner sono adeguati all’intento moraleggiante di Hugo, e conseguentemente di Agricola. Si deve sottolineare tuttavia che nel po-ema essi sono parte integrante dell’opera, non vengono evidenziati in alcun modo, quindi resta il dubbio se certe locuzioni in versi siano da giudicare effettivamente proverbi. La Wagner, che ha dedicato uno stu-dio proprio a ciò,75 considera proverbi quelle frasi introdotte da man sprich(e)t (es. Man spricht, swer in dem sacke koufe / Und ofte sich mit tôrn roufe / Und borge sîn guot ungewisser diet, / Der singe vil ofte das klageliet, vv. 6139-6142; oppure Wenne man sprichet, swer frouwen hüete / Und hasen zeme, daz der wüete, vv. 12887-12888), o alle quali l’autore fa riferimento con daz wîze wort (es. Das wîse wort ist niht ge-logen: / Swer âne vorhte wirt erzogen / Und strâfe niht wil behalten, /

69 L’epoca ottimista e tollerante degli Staufer è tramontata e ha lasciato il posto al pessimismo e all’incertezza in una società dove la borghesia non si è ancora del tutto affermata: WAGNER 1962, p. 23 e 37.

70 Citato da WAGNER 1962, p. 7. D’ora in poi le citazioni dal Renner saranno tratte dall’edizione SCHWEIKLE 1970.

71 WAGNER 1962, p. 8ss. 72 Cfr. p. 81. 73 Cfr. più sopra, p. 84. 74 HUIZINGA 19537, p. 246ss. Cfr. anche WAGNER 1962, p. 16s. 75 Citata all’inizio del nostro lavoro, WAGNER 1962.

Page 91: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

89

Der muoz ouch âne êre alten, vv. 12543-12546),76 oppure se il presunto proverbio è introdotto da wenne (= denn) (es. wenne unkrût wehset un-gesât, v. 6487), quando la congiunzione causale introduce una saggezza comunemente accettata.77 Infine sono considerati proverbi (o sprich-wörtliche Formulierungen)78 quelle frasi che tornano nel poema in più punti con la stessa struttura sintattica, come in SchAne weter und herren lachen / Verkêrent sich von kleinen sachen (v. 14195s. e v. 18249s.). Nel Renner emerge anche il termine sprichwort, una volta nell’acce-zione moderna (Si gedenket aber an daz sprichwort niht, v. 12130), e una volta con il significato di “locuzione popolare”, cioè diffusa tra la gente della Franconia:

Ouch sol man noch besunder danken Eins sprichwortes allen frumen Franken: Man sprichet gern, swen man lobet hiute, Er sî der alt frenkischen liute (v. 22311ss.).

Da questi esempi deduciamo che anche per Hugo von Trimberg i proverbi possiedono le caratteristiche viste più sopra: si tratta di espres-sioni ampiamente diffuse tra la gente (man sprichet) che trasmettono saggezze (daz wîze wort), e che sono cristallizzate in strutture sintatti-che particolari. Anche qui tuttavia non si risolve l’incertezza se un detto proverbiale sia una citazione colta o se fosse già diffuso a livello popo-lare, o se sia stato ideato dal poeta stesso.79

5. I proverbi di Agricola tratti dal Renner. Le citazioni dal Renner si concentrano quasi tutte nella raccolta del

1548: si trovano in 198 capitoli su 500; nell’edizione del 1534 se ne contano solo dodici su 750. Esse vengono indicate a volte con il nome “Renner” all’inizio o alla fine della citazione stessa, a volte solo con “R.”, a volte il riferimento manca del tutto. Se accettiamo l’ipotesi che sia stato Agricola a curare la prima edizione a stampa del poema nel 1549,80 le date coinciderebbero: all’epoca della sua ultima raccolta di

76 Come propone anche FRIEDRICH 2006, p. 17, per individuare i proverbi si deve ricorrere a “indizi metalinguistici”.

77 WAGNER 1962, p. 19. 78 WAGNER 1962, p. 29. Anche la studiosa non distingue tra “proverbio” e “espres-

sione, detto, proverbiale”. 79 WAGNER 1962, p. 20s. e 27. 80 Cfr. p. 87.

Page 92: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

90

Elena Di Venosa

proverbi, Agricola aveva già a disposizione l’opera di Trimberg e ne stava completando l’edizione. I passi trascritti dal Renner tuttavia non consistono esclusivamente in proverbi: si tratta di strofe che il teologo trova interessanti e adatte a esprimere il suo pensiero. Gli stessi titoli dei capitoli sono spesso nient’altro che una semplice introduzione al passo citato.

La raccolta del 1548 contiene cinquecento capitoli che, secondo il ti-tolo dell’opera, dovrebbero corrispondere a cinquecento proverbi, così come avviene nella raccolta del 1534. In realtà spesso Agricola assegna un numero anche a singole strofe del Renner che fanno capo a un unico proverbio. In questo modo il numero di proverbi è di molto inferiore a cinquecento.81

Osservando la tabella delle corrispondenze stilata da Grau82 si ha l’illusione che l’elenco, lungo dieci pagine, sia fitto di proverbi coinci-denti in Agricola e Hugo. In realtà Grau si è limitato a elencare i capi-toli e i paragrafi della Sprichwörtersammlung del 1548 che riportano una citazione dal Renner, anche se essa non contiene alcun proverbio (o frasi che per noi siano individuabili come tali). Poiché la tabella si è ri-velata incompleta, reputiamo necessario qui integrarla e corredarla di precisazioni, includendo anche la raccolta del 1534:83

Agricola84 versi del Renner 70 (1534) quattro versi non identificati85 135 ( ″ ) 447-462 193 3623-3626

81 Come accennato a p. 80, chiameremo “proverbi” o “capitoli” i capoversi intito-

lati a un proverbio, e “paragrafi” quelli numerati ma contenenti solo una parte di cita-zione.

82 GRAU 1968, pp. 71-80, riproposta identica da GILMAN 1971, vol. II, pp. 365-369. 83 La tabella qui proposta corregge tacitamente gli errori di battitura di Grau che

indicavano versi errati del Renner o numeri errati di capitoli e paragrafi. Egli a volte segnala discrepanze con la fonte; per questo si vedano le note, che tuttavia non indi-cano le numerose varianti lessicali. I numeri omessi riguardano capitoli che conten-gono un’interpretazione in prosa di Agricola o citazioni di altre fonti (soprattutto Jo-hann von Morsheim e Salomone) o di fonti anonime; alcuni capitoli non sono accom-pagnati da alcun commento.

84 Il numero si riferisce indifferentemente a capitoli e a paragrafi. Quelli già segna-lati da Grau sono in grassetto.

85 Sono stati introdotti da “Renner sagt”. Nonostante la ricerca, mediante parole chiave, nella edizione online del Renner (si veda bibliografia alla voce SCHWEIKLE 1970) i versi non sono stati individuati. Come vedremo più avanti, la versione del po-ema in mano ad Agricola non corrisponde sempre a quella a noi nota.

Page 93: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

91

220 1227-1228 262 1145-1156; 1163-1182 266 691-698; 713-720; 726-730; 733-734 281 12515-12518 (titolo) 282 767-768; 691-692; 739-746 456 451-462 65286 513-522 715 22943-22958 742 133-140; 143-147; 149-150 68 (1548) 1089-1104 69 ( ″ ) 1104-1107 70 1108-1114; 1117-111987 71 1135-1136 (titolo); 1127-1134 (commento) 72 il titolo richiama i vv. 1137-1138 73 il titolo richiama il v. 1140 74 1137-115888 75 1163-1166 76 1167-1170 77 1171-1182 280 133-146 281 14789 282 149-15090 283 207-234 284 238-24491 285 257-266 286 269-272 287 273-300 288 301-310 289 309 (titolo)

86 L’edizione riporta erroneamente 952. 87 A proposito di questo proverbio Grau afferma di aver individuato solo un “wört-

lichen Anklang” con il v. 69 del Renner. Il passo invece coincide abbastanza fe-delmente con i versi qui riportati; solo dopo il v. 1119 ne segue uno non identificabile.

88 A proposito di questo proverbio Grau afferma di aver individuato solo un “wört-lichen Anklang” con i vv. 73-74 del Renner.

89 Qui sono riportati quattro versi, ma solo il primo di essi richiama un verso del Renner: Agricola: Des Bawmes frucht hat uns versert, cfr. Renner, v. 147: Des bou-mes fruht het uns verleit.

90 Anche qui sono riportati quattro versi, ma di essi si possono identificare con il Renner solo il terzo e il quarto.

91 Tra il verso 238 e il 239 ne è inserito un altro non identificato.

Page 94: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

92

Elena Di Venosa

290 311-312 291 313-31892 292 321-386 293 387-39093 294 391-392 296 397-406 297 407-414 298 415-424 299 431-434 300 435-444 301 447-448; 45094 302 401-46295 303 463-468; 473-474; 469-472; 475-482; 485-496 304 497-504 305 505-512 306 513-522 307 523-534 308 535-546 309 547-554 310 555-560 311 561-566; 571-572 312 573-604 313 605-612 314 613-620 315 il titolo richiama il v. 618 316 621-626; 631-640 317 657-660 318 659 (titolo; ripreso in parte dal verso) 319 661-664; 669-671; 675-67696 320 677-678 321 683-68497

92 Seguono due versi non identificati. 93 Gli ultimi due versi sono invertiti. 94 Dopo il v. 448 ve ne sono due non individuati; segue il v. 450, quest’ultimo se-

guito da un altro verso non identificato. 95 Alcuni versi sono disposti in ordine diverso: tra il v. 455 e il 460 ve ne sono tre

nell’ordine: 457, 458, 456. 96 Tra il v. 671 e il v. 675 ve n’è uno non identificato. 97 Grau aggiunge “Wortlaut geändert”, ma questo si verifica in tutti i passi, non so-

lo in questo.

Page 95: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

93

322 685-688 323 691-692 324 693-700 325 713-720; 725-726 326 727-728 327 729-734 328 735-736 329 737-742 330 743-746 331 747-750 332 751-752 333 75398 334 761-762; 759-76099 336 764-766100 337 767-768 338 769-778 339 779-788 340 789-791 <340a>101 792-793; 795-796102 341 797-798 342 803-816 343 819-820 344 823-828 345 831-832 346 833-836 347 837-842 348 843-846 349 847-850 350 851-854 351 867-872 352 873-880 353 882-896103

98 Il verso successivo non è identificabile. Grau indica “753-754”. 99 Le due coppie di versi sono invertite; Grau segnala solo “761-762”. 100 Dopo il v. 766 ne segue uno non individuato. Segnalato anche da Grau. 101 I numeri tra parentesi angolari sono interventi di GILMAN 1971 sulla numera-

zione dei capitoli della stampa del 1548 usata da Grau. 102 Tra il v. 793 e il v. 795 ve n’è uno non identificato. 103 Il primo verso, che precede il v. 882, non è identificato. Grau ne ravvisa somi-

glianza con i vv. 8758-8759.

Page 96: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

94

Elena Di Venosa

354 857-858 355 887-892 356 895-900 357 901-904 358 905-909104 359 911-914 360 915-918 361 931-934 362 943-946105 363 968-969 364 972106 365 973-976107 366 981-990 367 991-994108 368 999-1000 369 1013-1022 370 1043-1044 371 1045-1048 372 1049-1054 373 1055-1058 374 1085-1086 375 1089-1094; 1099-1106109 376 1107-1108110

104 Dopo il v. 909 ne seguono tre non individuati. 105 Grau segnala differenze di contenuto tra il proverbio e il Renner. Si riferisce

probabilmente al v. 944: Agricola: Als ain sch=n Saal / finsternuß vol, cfr. Renner: Als ein schAne sal mistes vol.

106 Il passo consiste in due versi; come nota anche Grau, il secondo verso non è i-dentificato.

107 Il passo consiste in sei versi; come nota anche Grau, gli ultimi due versi non sono identificati.

108 Grau segnala differenze contenutistiche tra il proverbio e il Renner. Si riferisce probabilmente al v. 994: Agricola: Und allen unrath auff uns geerbet, cfr. Renner: Ouch ist der selbe kriec nach geerbet.

109 Grau afferma che “ein Zwischenstück Renners wird bei Agricola weggelas-sen”; infatti dal v. 1094 si passa al v. 1099.

110 In riferimento a questo proverbio, Grau afferma “die Überschrift des Sprich-worts bei Agricola fehlt bei Renner.”. Si tratta di una segnalazione superflua, poiché anche in molti altri casi il titolo del proverbio (in questo caso “Siben zungen”) non è tratto dal Renner. Si tratta inoltre di una indicazione imprecisa, dato che il titolo “Si-ben zungen” si trova nel poema, è ripreso dal primo dei due versi di commento (corri-

Page 97: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

95

377 1109-1114 378 1115-1118 379 1127-1128 380 1135-1136 381 (<381>) 1137-1144 382 1245-1252; 1277-1280111 383 1281-1290 384 1353-1382 385 1383-1386 386 1394; 1395-1404; 1405-1406112 387 1407-1410 <388> 1415-1416113 389 1417-1424 390 1425-1428 391 1429-1432 392 1453-1455114 393 1477-1538 394 1557-1560 395 1561-1564; 1797-1800 396 1835-1836 397 1837-1840 398 1843-1846 399 1847-1862 400 1863-1878 401 1881-1882 402 1883-1884 403 1897-1900 404 1901-1906 405 1912-1913 406 1921-1924

spondenti a Renner vv. 1107-1108): Der nicht siben zungen hat / Von sogethaner mis-sethat.

111 Grau afferma a proposito che il v. 1263 è “stark gekürzt”. Più precisamente, tra il v. 1252 e il v. 1277 vi sono due versi rielaborati includendo parti dei vv. 1263 e 1265.

112 Tra il v. 1394 e il v. 1395 ve n’è uno non identificato; tra il v. 1404 e il v. 1405 ve ne sono due non identificati.

113 Grau attribuisce al par. 387 anche questi versi, a causa della diversa numera-zione degli stessi nell’edizione di SCHWEIKLE 1970.

114 Come riconosce anche Grau, dopo il v. 1455 ce n’è uno non identificato.

Page 98: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

96

Elena Di Venosa

407 1927-1930 408 2123-2126 409 2213-2220 410 2245-2250 411 2251115 412 2449-2460 413 2515-2328 414 2539-2542 415 2555-2590; 2593-2608 416 2689-2702 417 2703-2704 418 2767-2782 419 2811-2816 420 2817-2822; 2824-2830116 421 2831-2834 422 2830 (titolo; ripreso in parte dal verso) 423 2852-2862117 424 2863-2874118 425 2965-2966 426 3037-3042 427 3045-3046 428 3055-3070; 3073-3082119 429 3083-3090 430 3147-3150 431 3131-3134 432 3193-3198 433 3213-3222 434 3223-3238 435 3309-3315120 437 3455-3458; 3460-3580121

115 Il passo riporta due versi; il secondo non è stato individuato. 116 Tra il v. 2822 e il v. 2824 ve n’è uno non identificabile. 117 Come nota anche Grau, il verso che precede il 2852 non è presente nel Renner. 118 Secondo Grau il testo di Agricola è “inhaltlich abweichend”. Probabilmente egli si

riferisce al v. 2868, che Agricola cita in forma più breve: Und mit ernste schwinde, cfr. Renner: Und niht mit zwîfel schrecken swinde.

119 Come segnala anche Grau, mancano due versi tra il v. 3070 e il v. 3073. 120 Come nota anche Grau, dopo il v. 3315 ve n’è uno non identificato. 121 Tra il v. 3458 e il v. 3460 vi sono tre versi che in parte ricordano il v. 3459, ma

non sono identificabili più precisamente.

Page 99: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

97

438 3851-3852 (titolo) 440 3621-3628 441 3665-3678 442 3679-3680 443 3681-3684 444 3685-3686 445 3709-3716 446 3795-3802 447 3811-3820 448 3821-3826 449 3903-3906 450 3935-3938 452 3967-3972 453 3973-3976 454 4033-4040 455 4095-4102 456 4125-4160 457 4203-4208 458 4230 (titolo simile al verso)122 459 4241-4246 460 4253-4254 461 4255-4256123 462 4285-4287 463 4305-4310 464 4407-4408 465 4421-4424; 4429-4430124 466 4431-4432; 4442-4443125 467 4451-4454 468 4511-4514 469 4515-4524 470 4525-4528; 4531-4536 471 4565-4582; 4584-4586; 4589-4590126

122 Qui sono riportati quattro versi; solo il secondo, il v. 4230, è simile alla fonte.

Gli altri tre versi non sono identificati. 123 Il passo riporta quattro versi; dopo il v. 4256 ve ne sono due non identificati. 124 I vv. 4421-4422 del Renner sono invertiti. 125 Il v. 4442 corrisponde solo in parte: Agricola: Wer getrew were on alle ge-

schwinde, cfr. Renner: Swer getriuwe wêre, den sölte wir loben. 126 Il verso posto tra il 4582 e il 4584 non corrisponde al v. 4583 del Renner.

Page 100: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

98

Elena Di Venosa

Come mostra la tabella, Agricola sfrutta la parte iniziale del Renner seguendo in modo abbastanza fedele l’ordine dei versi: i capp. 68-77 includono passi della distinzione I. Hôchfart (vv. 1089-1182); i capp. 280-471 tornano indietro e ripartono dal prologo (vv. 133-266), poi si servono nuovamente di gran parte della distinzione I. Hôchfart (vv. 269-4310, con una parziale ripetizione delle citazioni presenti nei capp. 68-77), e terminano con la parte iniziale della distinzione II. Gîtikeit (vv. 4407-4590). Se non consideriamo le prime citazioni dei capp. 68-77, in parte ripetute più avanti, a partire dal capitolo 280 il teologo sembra aver deciso di sfruttare il poema in modo sistematico ricomin-ciando a consultarlo dall’inizio. Già per la raccolta del 1534 egli aveva scelto brani dalle stesse distinzioni, anche se in modo meno metodico; qui solo i vv. 12515-12518 citati nel titolo del prov. 281 derivano dalla distinzione IV. Unkiusche, e i vv. 22943-22958 del prov. 715 dalla penul-tima sezione Reue und Buße.

A volte le citazioni divergono dalla versione del poema a noi nota a causa di lacune, omissioni, spostamenti di versi e varianti lessicali. Poi-ché l’edizione del Renner di Ehrismann si basa solo sulla tradizione manoscritta,127 sarà utile in altra sede collazionare i passi citati da Agri-cola con il Frankfurter Druck e con l’edizione critica del Renner, per avere eventualmente la conferma che sia stato proprio Agricola il cu-ratore dell’editio princeps del poema.

6. I temi affrontati da Agricola con l’ausilio del Renner. Sebbene le citazioni siano tratte principalmente dalle prime due di-

stinzioni del poema, Hôchfart e Gîtikeit, il temi affrontati dal teologo non si limitano alla superbia e all’avarizia.128 È possibile che la parte scelta, grazie proprio alla ricchezza di spunti offerti da Hugo von Trim-berg, sia stata sufficiente ad Agricola per affrontare tutte le problemati-che religiose e sociali che gli stavano a cuore. Infatti già il poeta aveva inserito, nelle distinzioni dedicate ai vizi capitali, narrazioni e detti pro-verbiali di altro argomento, che ora forniscono ad Agricola spunti per criticare la nobiltà, il clero e la società in generale o per celebrarne le virtù. Poiché l’ordine delle strofe è pressoché rispettato, la varietà e l’alternanza dei temi affrontati da Agricola riflettono lo stesso ordine

127 Cfr. par. 4. 128 Lo stesso prov. 715 (1534) non parla di pentimento e penitenza nonostante la

citazione da Reue und Buße, cfr. p. 125.

Page 101: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

99

sparso con cui essi sono presentati da Hugo von Trimberg. Infatti nelle due raccolte non si riconosce un chiaro filo conduttore degli argomenti trattati. Sono la prima parte della Sprichwörtersammlung del 1548 sem-bra seguire un piano coerente, che poi viene abbandonato: fino al cap. 67 Agricola aveva proposto una serie di proverbi accomunati dalle parole chiave Frage e Antwort, Reden e Schweigen,129 osservando una certa unità tematica, ma in seguito il teologo inizia a spaziare senza una logi-ca evidente o al massimo raggruppando pochi proverbi di soggetto si-mile. Anche i capitoli in cui il Renner non compare sono di argomento alquanto vario e consistono sia in proverbi che in frasi idiomatiche.130

Vista la presenza massiccia del Renner nella raccolta del 1548, sarà proprio questa il nostro punto di partenza per la presentazione dei temi affrontati dal teologo, mentre i pochi proverbi del 1534 potranno solo completare il quadro.131 Il primo gruppo di proverbi ispirati al Renner, i capp. 68-77, è incentrato sui vizi e sulla ipocrisia diffusi a corte; nei ca-pitoli dal 280 al 471 (con qualche parentesi da altre fonti), dove è rag-gruppato il maggior numero di citazioni dal Renner, Agricola affronta tematiche quali il peccato originale, la morte, la giovinezza, le donne (difetti, amore), l’amicizia, l’onore, i vizi dei religiosi e l’avarizia, que-st’ultima in coincidenza con le citazioni dalla distinzione Gîtikeit; infi-ne vi sono diversi proverbi sulla superbia e sui vizi della nobiltà che tornano a più riprese.

Nonostante la disparità dei temi richiamati dai proverbi, abbiamo vi-sto che alcuni di essi sono ricorrenti, soprattutto in tre ambiti sociali: la corte, il clero e la gente comune. Con l’ausilio del Thesaurus Prover-biorum Medii Aevi (TPMA)132 possiamo verificare se i proverbi citati

129 Per esempio prov. 34: Fragen und leeren / Bringt manchen zG ehren; prov. 42:

Wer vil redet / der leüget gerne; prov. 59: Wer da schweyget / der williget; prov. 64: Antworte dem Narren / nach seiner Narrheit / das er sich nit weyse lasse duncken. Il cap. 67 è intitolato Vom Hofe leben e passa a nuovo argomento.

130 Esempi dalla raccolta del 1548: prov. 81: Ainen bart von Stro tr=hen; prov. 93: Rennen mit dem Juden spieß; prov. 126: Hans Schenck hat gnad zG Hofe; prov. 140: Hammer sengen; prov. 157: Gleich und gleich gesellt sich gerne; prov. 163: New Be-sen keren wol, e così via.

131 Quando non indicato, si intende che il proverbio appartiene alla raccolta del 1548.

132 D’ora in poi la sigla TPMA indicherà la presenza del proverbio nel Thesaurus Proverbiorum (cfr. bibliografia). La sigla sarà seguita dal numero romano per indicare il volume, e dal numero arabo per indicare la pagina.

Page 102: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

100

Elena Di Venosa

da Agricola siano effettivamente tratti direttamente dal Renner o se ri-salgano a un’antica tradizione o se, viceversa, manchino di una tradi-zione documentata.133

6.1. Vita di corte. Vizi e virtù dei regnanti. Agricola ha la possibilità di osservare molto da vicino la vita di cor-

te, e dimostra di conoscerla a fondo in tutti i suoi vizi e le sue virtù.

6.1.1. Ipocrisia, maldicenza, adulazione a corte. I proverbi che criticano questi cattivi comportamenti umani sono ac-

comunati dall’immagine delle “sette lingue”, come leggiamo nel com-mento al prov. 69 Fraw Untrew ist Künigin zG Hofe:134

Agricola, prov. 69 Nun ist das leben Der Herren H=fe also verkeret Das selten yemandt da wirt geehret Der nicht siben zungen hat.

Hugo von Trimberg, vv. 1104-1107 […] nu ist das leben in iren höfen gar verkêrt, Daz selten ieman dâ von wirt geêrt Der niht siben zungen hât.

e nel titolo del prov. 70, Siben zungen geh=ren gen Hofe (vv. 1108-1119). Lo stesso passo del poema viene citato in occasione del prov. 376-377 Siben zungen (vv. 1107-1108; 1109-1114) e 378-382 Zungen Schneyder (cap. 378 = vv. 1115-1118).

La figura della “lingua tagliente” ha origine biblica (“flagello della lingua”, Giobbe, 5,21) ed è ampiamente attestata nella tradizione pare-miografica (TPMA XIII, 432) come metonimia di una persona maldi-cente. Per Agricola l’immagine rappresenta piuttosto l’ipocrisia, come egli stesso spiega nell’introduzione al commento al prov. 70: Siben zungen seind / verrhaten / angiessen / und angeben / wie es auch Ren-ner deütet.135 Poiché nella tradizione mancano esempi di proverbi nella formulazione di Agricola, le locuzioni scelte come titolo dei proverbi 70, 376 e 378 potrebbero essere semplici frasi introduttive delle succes-

133 Le Sprichwörtersammlungen sono corredate di diverse glosse marginali an-ch’esse a stampa con parole o brevi frasi in tedesco o latino che solo a volte sono chiaramente attinenti ai contenuti del testo a fianco. Ai fini della nostra analisi non hanno valore e non saranno citati.

134 Sono indicati in grassetto solo i proverbi che compongono il titolo dei capitoli. 135 Anche al prov. 113 Mit zwayen zungen reden, seguito da un suo commento in

prosa, Agricola spiega: “Wer nun mit zwayen zungen redet / der mGß ain falsch hertz haben”.

Page 103: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

101

sive citazioni del Renner. In particolare il titolo Siben zungen geh=ren gen Hofe, ispirato all’immagine delle “sette lingue” ideata da Hugo, po-trebbe aver assunto il valore di proverbio grazie alla presenza della me-tonimia, uno dei tratti caratteristici di questo genere testuale.136

Anche la frase Fraw Untrew ist Künigin zG Hofe (prov. 69), formu-lata da Agricola per introdurre i versi successivi, non corrisponde ad al-cun proverbio né si trova nel Renner. La presenza dello stilema della personificazione, tuttavia, che insieme alla metafora e all’allegoria è uno dei più diffusi nella paremiografia,137 permette di considerarla pro-prio come un proverbio ideato da Agricola, che sfrutta anche l’imma-gine del “mondo rovesciato” (verkeret) già usata da Hugo, e la figura retorica della contrapposizione (Fraw / Herren).138

Il fatto che gli stessi versi siano citati in più punti della Sprichwör-tersammlung non è facile da interpretare, ma potrebbe non essere ca-suale o frutto di una svista. In base all’analisi del prov. 71 possiamo i-potizzare che Agricola ci abbia fornito in questo modo una chiave di lettura del proverbio stesso. Il titolo infatti è Wol im / er ist ain s(lig man / Der sich selbs wol erkennen kan, che riprende l’antica tradi-zione dell’esortazione “conosci te stesso!” (TPMA III, 27-31; 32 n. 5) già presente nella letteratura classica greca e latina (Aristotele, Cice-rone e altri) come monito rivolto a tutti. Agricola estrapola il proverbio dal Renner: Wol im, er ist ein sêlic man, / Der selber sich wol bekennen kan! (vv. 1135-1136), dove però l’ambito è già ristretto alla vita di cor-te, come sanno i lettori del Renner grazie al titolo della sezione,139 men-tre i lettori della Sprichwörtersammlung non possono saperlo. Infatti il prov. 71 è commentato dai versi precedenti quelli del titolo (vv. 1127-1134) in cui l’unico riferimento alla corte è l’affermazione che gli “stu-pidi signori” (die thumme Herrn) sono pronti a credere a qualsiasi adu-latore. I vv. 1135-1136 saranno nuovamente citati al par. 380, che fa capo al prov. 378 Zungen Schneyder. Si potrebbe intravedere qui una sottile ironia nell’esortare i signori a conoscere se stessi perché si ac-corgano della propria ipocrisia o stupidità.

136 SEILER 1922, p. 153. 137 SEILER 1922, p. 153s. 138 Per il paradosso del mondo rovesciato cfr. SEILER 1922, p. 163; per la contrap-

posizione cfr. SEILER 1922, p. 394s. 139 La sezione in cui si trovano questi versi si intitola “Von den hoftuschern vnd

der boesen herren vntugenthaften reten”.

Page 104: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

102

Elena Di Venosa

Il prov. 72 Lecherer seind des Teüfels hecheler Lecherer seind Schmaichler si ispira ai vv. 1137-1138 del Renner: Wizzet daz valsche lecherer / Sint des tiufels hecheler, mentre la seconda parte del prover-bio, Lecherer seind Schmaichler, sembra solo una glossa esplicativa in-serita erroneamente nel titolo. Il proverbio non è accompagnato da al-cun commento, ma anch’esso si ricollega all’immagine della lingua. In-fatti i vv. 1137-1138 sono riportati anche al par. <381>, anch’esso parte del commento al prov. 378 Zungen Schneyder.

Il tema dell’ipocrisia e dell’adulazione è ribadito al prov. 73 Hech-len und bürsten, che richiama il v. 1140 Hecheln künnen und ouch bürsten. Poiché il capitolo manca di un commento, le azioni espresse dal titolo risultano misteriose, ma le persone che assumono questi com-portamenti scorretti sono svelate al par. <381>, che fa capo sempre al prov. 378 Zungen Schneyder, dove sono citati i passi vv. 1137-1144. Dal v. 1139 veniamo a sapere che “ricettare” (hechlen) e “strigliare” (bür-sten)140 sono azioni svolte da Die pfaffen und leien und hôhe fürsten. L’ipocrisia e tante altre cattive azioni legate a questo vizio sono deci-samente un male che accomuna vari ceti sociali sia del Trecento di Hu-go von Trimberg che del Cinquecento di Agricola.

Il titolo del prov. 74 Mit affensalben schmiren è una frase idioma-tica che sintetizza i vv. 1141-1142: Und dar zGo mit affen salben / Sô gar durch smirwen allenthalben. Continua qui il discorso del teologo contro l’adulazione: Agricola sceglie come commento i vv. 1137-1158 del Renner, all’interno dei quali si trovano quei vv. 1137-1144 che poi saranno ripetuti al par. <381>. In questo passo Hugo elenca tutti i vizi diffusi tra Die pfaffen und leien und hôhe fürsten e tutte le virtù che so-no state bandite dalla corte:

Agricola, prov. 74 Trewe / zucht und warhait Demuot / Scham / Ainfeltigkait Keüsche und Masse seind vertriben zG Hofe […]

Hugo von Trimberg, vv. 1145-1147 Triuwe, zuht und wârheit, Dêmut, scham, einveltigkeit, Kiusche und mâze sint vertriben Ze hofe […]

Oggi in tedesco è ancora nota la frase idiomatica jemandem Honig um den Mund (ums Maul, um den Bart) schmieren con il significato di “adulare”;141 mentre la formulazione scelta da Agricola tratta da Hugo,

140 Il verbo bürsten ha qui probabilmente il significato metaforico di “picchiare”. Cfr. KÜPPER 1987, p. 146, RÖHRICH 1991, vol. IV, p. 1354 e DWB, vol. II, col. 551s., dai quali tuttavia risultano attestazioni di questo tipo solo a partire dal XVI sec.

141 Cfr. RÖHRICH 1991, vol. III, p. 735s.

Page 105: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

103

dove troviamo il termine ingiurioso Affe diffuso nel medioevo,142 non è altrimenti attestata, anche se i proverbi sull’adulazione sono numerosi (TPMA IX, 431).

6.1.2. Mancanza di virtù a corte. Gli stessi vv. 1145-1147 erano già stati citati da Agricola nel 1534 in

relazione al prov. 262 Lang zu hofe / lang ze helle (un efficace paral-lelismo asindetico che associa ironicamente la corte all’inferno); nello stesso capitolo la citazione proseguiva con un passo che ritroviamo ora nella raccolta del 1548 al prov. 75 Beschaidenhait ist vertriben zG Hof. Tra le virtù citate al prov. 74 infatti non veniva menzionata la ragione-volezza, che viene nominata qui. Il brano scelto come commento in-clude i vv. 1163-1182, distribuiti tra il cap. 75 e i parr. 76 e 77. La frase scelta da Agricola come titolo della citazione è strutturata come quelle dei prov. 69 e 70, e può essere giudicato anch’esso di tipo proverbiale, anche se la relativa tradizione paremiografica generalmente si concen-tra solo sugli aspetti positivi della virtù (TPMA II, 184-194).

La mancanza di virtù a corte viene ribattuta nella parte centrale della Sprichwörtersammlung nei capp. 307-311. Le formulazioni scelte da Agricola come titolo di questi proverbi non sono attestate altrove, ma possono riallacciarsi a quei detti secondo cui le persone di ceto più ele-vato dovrebbero essere modello di rettitudine (TPMA I, 35).

Il prov. 307 Adel ist nichts on tugent è commentato con i vv. 523-534 in cui Hugo lamentava la troppa superbia dei signori. La frase scel-ta come titolo propone una risposta al quesito posto da Hugo:

Agricola, prov. 307 Was taug / sch=n / Adel und jugent Die fraydig ist / und one tugent

Hugo von Trimberg, vv. 533-534 Waz touc schAne, adel und jugent Diu freidic ist, âne tugent?

Al prov. 308 Kaiser / Künig unnd Fürsten H=fe / sollen der tugent und Erbarkait SchGlen sein Agricola prosegue la citazione della sua fonte; i vv. 535-546 ricordano l’epoca in cui i giovani nobili erano mandati ad apprendere le virtù e l’onore in altri Paesi facendone tesoro per tutta la vita. Anche se la formulazione scelta da Agricola non è atte-

142 Nel medioevo la scimmia era l’animale diabolico per eccellenza, per aver man-

giato il frutto proibito, ed era anche simbolo di superbia. Nei composti aveva pre-valentemente valore di rafforzativo (Affenschande, Affenliebe). Cfr. RÖHRICH 1991, vol. I, p. 69ss.

Page 106: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

104

Elena Di Venosa

stata in altre fonti, rientra nel filone del proverbio precedente, secondo cui la nobiltà dovrebbe essere un modello di virtù e onore.

La critica alla nobiltà continua al prov. 309 Es ist kain zucht mehr an der Herrn H=fe in cui Agricola ricorda che a corte non sono sparite solo le virtù, ma anche la buona educazione. Questa amara constata-zione è accompagnata dai vv. 547-554 in cui Hugo fa notare come ai suoi tempi si preferisca educare i figli alla taverna. Anche se Hugo von Trimberg scrive due secoli prima di Agricola, il discorso è evidente-mente sempre valido. La frase scelta da Agricola come titolo del prov. 309 non è attestata altrove, ma si inserisce senz’altro nella tradizione paremiografica descritta più sopra.

Anche il prov. 310 Wer oben an sitzt / Auff den sihet alle Welt ri-badisce il concetto secondo cui la nobiltà dovrebbe dare il buon esem-pio. Dei sei versi citati (vv. 555-560) sono significativi gli ultimi due:

Agricola, prov. 310 Welche Stette seind auff hohen bergen Die mügen schw(rlich sich verbergen

Hugo von Trimberg, vv. 559-560 Swelhe stete stênt ûf hôhen bergen, Die mügen unsanft sich verbergen:

Le città poste in cima alla montagna, ben visibili a tutti, simboleggiano le persone che sono di ceto sociale più elevato e che sono osservate da chi è più in basso. La struttura sintattica del parallelismo welche…die dei due versi è sfruttata da Agricola per formulare il suo proverbio, che parafrasa i versi citati. Anche se Wer oben an sitzt / Auff den sihet alle Welt non è presente nella tradizione paremiografica, può essere consi-derato un detto proverbiale sia per la tematica, già presentata qui sopra, sia proprio per la presenza del parallelismo delle due proposizioni con-tenenti un pronome relativo e un pronome dimostrativo, molto diffuso nei proverbi.143

Il concetto viene riformulato al prov. 311 Wer auff dem berge steht den sihet yederman, commentato dai vv. 561-566 e 571-572. Agricola crea qui una variante del proverbio precedente sfruttando sempre la struttura del parallelismo, e ribadisce l’importanza che i ceti più elevati diano il buon esempio: dalle persone in vista ci si aspetta onore e virtù.

Anche il prov. 319 Wenig Hofleüte trachten gen himel può rien-trare in questo raggruppamento grazie ai primi versi della citazione che forniscono lo spunto per la formulazione del titolo e che riaffermano la mancanza di virtù nella nobiltà:

143 SEILER 1922, p. 215.

Page 107: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

105

Agricola, prov. 319 Man sihet laider heüte Wenig Hofeleüte Die gegen Himel trachten Und weltlich Ehre verachten Lützel trawe und rechte gFte Wonet in Hofeleüte gemFte

Hugo von Trimberg, vv. 661-664; 669-670 Man siht leider hiute Wil wênic hofeliute, Die gein himel trahten Und werltlicher êre niht ahten: […] “Lützel triuwen und rehter güete Wont in hofeliute gemüete:144

Complessivamente Agricola trascrive i vv. 661-700 divisi tra il cap. 319 e i cinque paragrafi successivi, pur con alcuni salti di versi. Nel passo citato la critica alla nobiltà è piuttosto ampia: mancanza di gene-rosità, di misericordia e di semplicità, vizi celati da abiti eleganti e fal-sità. Mentre manca una tradizione paremiografica del proverbio Wenig Hofleüte trachten gen himel, all’interno della citazione si possono indi-viduare due proverbi formulati da Hugo von Trimberg per esprimere la sua critica alla decadenza morale della nobiltà del suo tempo:145

Agricola, par. 321 Vil unlust und manche schande Findt man bedeckt mit sch=nem gewande Agricola, par. 323 Selten ist er zG Hofe bliben Der ainfeltig war und nicht durchtriben

Hugo von Trimberg, vv. 683-684 Manic unkust und manic schande Wirt bedecket in schAnem gewande. Hugo von Trimberg, vv. 683-684 Selten ist er ze hofe bekliben, Der einveltic was und niht durchtriben.

I due versi che accompagnano il par. 323 sono citati anche nella rac-colta del 1534 al prov. 282 Als bald Petrus gen Hofe kam / ward eyn schalck darauß, che esprime, in modo ironico, quanto la corte possa rappresentare un luogo di perdizione. In questo capitolo si trovano cita-zioni anche di versi riproposti rispettivamente ai parr. 329 e 330 del prov. 325 e al par. 337 del cap. 335 descritti più avanti.146

6.1.3. Altri vizi a corte: superbia, infedeltà e gola. Il prov. 314 Hochfertige Herren haben Hochfertige gesinde e il

prov. 316 Hochfertiger Hern diener / h=ren die armen nicht non sono attestati altrove, ma possono rientrare nella tradizione paremiografica

144 Qui inizia una citazione da Lucano, come Hugo ci fa sapere al v. 668, saltato da

Agricola. 145 WAGNER 1962, p. 30s., cita il primo dei due. 146 Cfr. parr. 6.1.3. e 6.1.5.

Page 108: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

106

Elena Di Venosa

secondo cui il servitore è simile al suo padrone (TPMA VI, 58): un pa-drone superbo sarà circondato da servitori altrettanto superbi. Sia il pas-so citato al prov. 314 (vv. 613-620) sia quello citato al prov. 316 (vv. 621-640 circa) esprimono il rammarico di Hugo von Trimberg, condi-viso da Agricola: egli elenca una serie di servitori e personaggi di-sonesti (Marschålck, Schiltknecht, Thorwalten e altri) che sono adatti, per pari immoralità, a vivere a corte.

Il prov. 317 Du muost zG Hofe valthafft sein, che sintetizza i versi successivi, ha una sfumatura ironica: il verbo müssen sembra voler dire che a corte l’unico comportamento possibile sia la falsità, o che questo atteggiamento sia consigliabile. I versi del Renner citati completano il discorso in modo satirico su quanto la corruzione faccia miracoli:

Agricola, prov. 317 Wer nicht ist valthafft und spitzig Auff b=sen gewin / der ist nicht witzig Pfennig salbe wunder thGt Sy waichet manchen harten mGt

Hugo von Trimberg, vv. 657-660 Swer niht ist falschaft und durchspitzic Ûf bAse gewinne, der ist niht witzic. Pfenning salbe wunder tuot, Si weichet manigen herten muot.

Il prov. 318, non commentato, è una semplice riformulazione sinte-tica del discorso precedente: Pfenning salbe / schmiert sehre zG Hofe.

Il prov. 325 SFsser schlick / sauerer schlack riprende il v. 725 Süe-zer slic hât süren slac. Il proverbio presenta alcuni stilemi tipici di que-sto genere testuale: l’allitterazione, l’asindeto, l’ellissi, l’antitesi, la struttura binaria. In forma estremamente sintetica il detto ci fa capire quanto sia pericolosa la gola: un boccone dolce può essere un amaro colpo, come spiega la storia narrata ai vv. 713-720 del cane che ruba del cibo e viene picchiato. Di per sé il proverbio può essere indirizzato a tutti; dalla lunga citazione del Renner (vv. 713-762 circa, con omis-sioni e varianti, distribuiti tra il cap. 325 e i nove paragrafi successivi) comprendiamo però che il discorso è rivolto soprattutto alle persone che frequentano la corte, dove regnano vari vizi, come già più volte sot-tolineato da Agricola, tra cui la gola:

Agricola, par. 328 Hochfart / Geytzigkait / Fraß / UnkeüscheLernt Hofeleüte vil manch geteüsche

Hugo von Trimberg, vv. 735-736 Hôchfart, gîtikeit, frâz, unkiusche Lêrent hofeliute wol manic getiusche.

Anche se mancano corrispondenze precise con la formula SFsser schlick / sauerer schlack, il detto potrebbe rientrare in una tradizione paremiografica che mette in relazione la gola con l’essere percosso, come Wer nascht, will Schläge haben (TPMA VIII, 411s.).

Page 109: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

107

Una parte dei versi riportati qui si trovano anche nella raccolta del 1534 al prov. 266 Ich hätt mich auch gern gewermet / aber ich konte nicht zum ofen kommen (vv. 691-734 circa), che ribadisce quanto sia rischioso, o impossibile, cercare di raggiungere gli agi.

6.1.4. Mancanza di carità e giustizia a corte. Il prov. 68 Wann kain straffe were / So fresse ain mensch der an-

der esprime la riflessione di Agricola sull’utilità delle pene per preve-nire i crimini. Di per sé la considerazione non è indirizzata a una cate-goria sociale particolare, ma i versi del Renner scelti come commento (vv. 1089-1104) parlano dell’importanza della modestia e della carità nei regnanti, che altrimenti provocano guerre e carestie nelle loro terre. L’osservazione di Agricola non si riscontra nella tradizione paremio-grafica, ma l’intestazione può essere considerata un proverbio in quanto formulata con lo stilema del parallelismo (wann… so), che abbiamo già visto essere tipico del genere testuale del proverbio.

Parti della strofa del prov. 68 (vv. 1089-1094; 1099-1104) sono ci-tate da Agricola anche più avanti, al par. 375, l’ultimo che fa parte del lungo commento al prov. 345 Die würser thGn / dann ir vordern tha-ten. Anche in questo caso il proverbio esprime una constatazione adatta a qualsiasi ceto sociale, ma che allude ai vizi della corte, come dimo-strano i numerosi riferimenti ai signori nelle strofe. Si tratta infatti di una ampia citazione tratta dai vv. 831-1106 del poema (con numerosi salti di versi e varianti) che complessivamente offre esempi sia di vizi che di virtù delle personalità più in vista della società: abbiamo a che fare con una lunga testimonianza di Hugo von Trimberg contro le differenze sociali tra gli uomini, che possono essere ricchi o poveri, giovani o vec-chi; comunque sia, tutti devono vivere coniugando l’onore alla virtù, ri-fiutando avarizia e guerre. Agricola riassume il tutto con la sentenza scelta come titolo, affermando che oggi ci si comporta peggio di prima; si tratta tuttavia di una formulazione non presente nella tradizione pa-remiografica.

Il passo citato fa parte di una sezione importante del Renner, caratte-rizzata proprio da una serie di proverbi, non evidenziati da Agricola, ma semplicemente riportati insieme al brano. Il seguente proverbio formu-lato da Hugo si inserisce nella sua critica ai valori cortesi di Minne e Ehre, che secondo lui sono ormai solo esteriori e svuotati di significa-to;147 egli si augura un ritorno a un concetto più puro di onore:

147 WAGNER 1962, p. 31-32.

Page 110: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

108

Elena Di Venosa

Agricola, par. 356148 Ehre bey Herren / Herre mit ehren Kan gGt / und nutz / und gunst gemehrenHerre on ehre ist ermer vil Dann arm mit ehren / wers mercken wil.

Hugo von Trimberg, vv. 897-900 Êre bî herren, herre mit êren Kan gunst, guot und nuz gemêren; Herre âne êre ist ermer vil Denne arm mit êren, swer ez merken wil

Nella tradizione paremiografica abbiamo una serie di proverbi ana-loghi secondo cui chi non possiede l’onore non possiede nulla (TPMA II, 356).

Anche nel successivo Hugo e poi Agricola ribadiscono l’importanza dell’onore, che ha significato solo se associato alla virtù: più precisa-mente, è grazie alle virtù che si ottiene l’onore (TPMA XII, 21, n. 33):

Agricola, par. 358149 Ehre hat mit tugenten pflicht

Hugo von Trimberg, v. 906150 Êre hât aleine mit tugenden pfliht.

Nel seguente caso invece Hugo sceglie di riprendere la tradizione biblica della Vulgata (Prov. 25,14) per esprimere il suo rammarico per la scomparsa della carità nei regnanti (TPMA XIII, 196ss):151

Agricola, par. 361 Tunckele wolcken on allen regen Seind Herren / die man nu sicht pflegen Vil geloben und lützel geben152

Hugo von Trimberg, vv. 931-933 Tunkel wolken ân allen regen Sint herren, die man nu siht pflegen Vil geloben und lützel geben

Infine Hugo ribadisce la necessità di contrapporre il vero onore e le virtù interiori allo sfoggio di false virtù:153

Agricola, par. 362 Ein Herr one Ehre / leüchtet also wol Als ain sch=n Saal / finsternuß vol Ain baum one laub / haupt one har Feld one graß / Thier on zagels bar

Hugo von Trimberg, vv. 943-946 Ein herre ân êre zimt als wol Als ein schAne sal mistes vol, Buoche ân loup, houbt ân hâr, Velt ân gras, tier zagels bar

Anche questo proverbio rientra in quella tradizione paremiografica che associa l’onore alle virtù (TPMA XII, 21, n. 33) anche se i paragoni

148 Il paragrafo inizia due versi prima. 149 Complessivamente il par. 358 comprende i vv. 905-909 e ulteriori tre versi non

identificati. 150 WAGNER 1962, p. 143 e 32. 151 WAGNER 1962, p. 30. 152 Il paragrafo si conclude con un quarto verso estraneo alla tradizione del Renner. 153 WAGNER 1962, p. 31.

Page 111: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

109

con l’albero senza chioma, la testa senza capelli, il campo senza erba e l’animale senza coda non hanno paralleli con altri detti e sono quindi probabilmente un arricchimento del nucleo operato da Hugo stesso e accolto da Agricola.

6.1.5. Aspetti positivi. I proverbi di Agricola non hanno sempre contenuto polemico; alcuni

sottolineano aspetti positivi degli uomini e della vita in generale. Anche a corte sono presenti esempi virtuosi. Agricola ammette che il Bene e il Male convivono, come si evince dal prov. 335 Es mFssen gGte und b=se unter ainander sein / und mFssen des manns freünd sein / und der sünde und schande feind / sunst were nimmermer kain fride un-der den leüten. La lunghezza dell’intitolazione ci fa capire che non si tratta di un proverbio, ma di una massima di Agricola che invita alla convivenza pacifica nonostante la presenza nel mondo di cattivi com-portamenti. La prima parte, Es mFssen gGte und b=se unter ainander sein, in particolare, si ispira all’antica tradizione paremiografica che sottolinea, in varie formulazioni, la coesistenza di Bene e Male nel mondo (TPMA V, 280). Il pensiero del teologo è poi sostenuto dai vv. 764-791 del Renner, citati nei parr. 336-340, dove Hugo ci fa capire che Bene e Male non si possono scindere:

Agricola, par. 336 Doch kennen wir Kolen bey weisser KreydenAuch Werck und Bast bey linder Seyden Ain Feygenbaum bey bittern Weyden Ain trewen rath bey falschem Neyden.

Hugo von Trimberg, vv. 764-766 Doch kenne wir koln bî wîzer krîden, Werc und bast bî linder sîden: Vîgenboum bî bittern wîden.154

La citazione prosegue con versi in cui Hugo critica il clero, che mira solo ai beni terreni, e il ceto dominante, che ha l’animo corrotto, anche se alcuni santi (Ottone, Daniele, Gottardo, Tommaso di Kantelberg) hanno saputo purificare lo spirito di alcuni signori. Alla fine della cita-zione Agricola prosegue le sue considerazioni avviate con il prov. 335 esponendo in prosa i suoi ragionamenti sul passo appena citato; qui egli trae delle conclusioni dal pensiero di Hugo e afferma che spesso i ve-scovi sono scelti solo per il favore delle corti invece che per meriti. Agri-cola in questo caso amplia il discorso di Hugo, che era piuttosto di stampo morale, e lo trasforma in un pensiero politico.

154 Il testo prosegue in modo diverso e senza rima: il quarto verso citato da Agri-cola manca nella fonte.

Page 112: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

110

Elena Di Venosa

L’esistenza di regnanti virtuosi è ricordata anche dal prov. 383 Frumme Herren haben Gott lieb, commentato dai vv. 1281-1290, in cui vengono lodati quei regnanti che sono grati a Dio per tutte le loro ricchezze. Non si riscontrano equivalenti nella tradizione paremiogra-fica.

6.2. Il clero. Non tutti i proverbi di questo gruppo menzionano esplicitamente i

membri del clero, ma il destinatario del messaggio si evince chiara-mente dalle citazioni del Renner.

È il caso del prov. 446 Gespalten Glocke hat b=sen dohn, tratto dal v. 3802. Sebbene il proverbio non nomini il suo destinatario, veniamo a sapere dai vv. 3795-3802 citati subito dopo che il riferimento è ai reli-giosi che nutrono invidia e odio nonostante abbiano fatto voto di rinun-cia. La campana “spaccata”155 (così come sono divisi gli animi di questi religiosi), non suona bene; la metafora serve a spiegare che solo una persona integra è degna di essere ascoltata. Benché esista una tradizione paremiografica in cui si parla di campane,156 la variante citata da Hugo e ripresa da Agricola è presente solo in Freidank (TPMA V, 58s.).

Spesso Hugo von Trimberg unisce in un unico discorso i regnanti e i prelati, come abbiamo visto poco più sopra, a proposito del prov. 335. La quantità di citazioni dal Renner ci fa capire che Agricola sicuramen-te concorda con il suo predecessore; tuttavia nei proverbi che Agricola sceglie come titolo dei suoi capitoli si verifica raramente questo esplici-to abbinamento dei due ceti sociali più in vista. Una buona quantità di proverbi che criticano aspramente il cattivo comportamento dei religio-si è presente, ma in capitoli distinti.

Un’eccezione è costituita dal prov. 450 Ain unnutzer Amptman und Prelate / ist wie ain Affe auff dem dache, che paragona le alte sfere laiche e cristiane a delle scimmie. Si tratta di una parafrasi sintetica dei vv. 3935-3938 citati a riguardo, in cui Hugo parla di prelati che vo-gliono comandare pur essendo incapaci, e che in questo modo assomi-gliano a scimmie sul tetto, che sono inutili. Mentre Hugo aveva parlato solo di prelati, Agricola nel suo proverbio coinvolge anche i funzionari laici. La struttura della frase formulata per parafrasare i versi è da con-siderare un proverbio a tutti gli effetti grazie alla presenza del paragone.

155 LEXER 1872, vol. II, coll. 1064-1065. 156 Si parla di campane grosse o piccole che hanno un suono pieno.

Page 113: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

111

Tuttavia, anche se esiste un filone paremiografico che pone sullo stesso piano animali e sacerdoti,157 mancano proverbi sulla scia di quello di Agricola.

Un altro proverbio che cita contemporaneamente i regnanti sia laici che religiosi è il prov. <340>, che ribadisce l’identità di vizi nei due ceti. Qui troviamo l’unico detto di Agricola in latino: Si essent Ambrosii, Essent quoque adhuc Theodosii, che tuttavia non ha paralleli nella storia paremiografica. Anche questo detto potrebbe essere una semplice con-statazione di Agricola che sintetizza il contenuto della citazione, i vv. 792-828 (con alcuni tagli e modifiche) del poema, dove Hugo menziona più volte l’avidità e la simonia che colpisce ogni tipo di uomo di fede (monaco, parroco, vescovo) e con essi i laici più facoltosi. La citazione è divisa tra il cap. <340> e i parr. 341-344, e inizia con la narrazione redatta in prosa da Agricola su un re di Francia che ha punito un vesco-vo: questo religioso ricorderebbe i tempi dell’imperatore Teodosio, quan-do erano i regnanti a essere puniti dai vescovi. Agricola ci ricorda così che oggi i vescovi non sono più come Sant’Ambrogio, ma sono diven-tati essi stessi dei principi e per questo sono da disprezzare.158

6.2.1. Von Pfaffen. Con il cap. 412 intitolato Von Pfaffen inizia una serie di considera-

zioni sul ruolo dei religiosi. Nel cap. 412 manca la formulazione di un proverbio vero e proprio: Von Pfaffen è solo il titolo dato ai vv. 2449-2460 citati subito dopo, nei quali Hugo afferma che i religiosi dovreb-bero dare il buon esempio invece di commettere peccati. Troviamo co-munque materia paremiografica nei vv. 2457-2460:

Agricola, prov. 412 Dann siben sünde haymeliche Seind mynder sünde dann offentliche Aine / von der ain mensche auff erden Oder zway geergert mügen werden

Hugo von Trimberg, vv. 2457-2460 Wenne siben sünde heimlich Sint minner sünde denne offentlich Einiu, von der ein mensche ûf erden Oder zwei geergert mügen werden.

Questi versi appartengono alla tradizione secondo cui i peccati “na-scosti” sono meno gravi (in altre fonti: più gravi) dei peccati evidenti (TPMA XI, 223).

157 Secondo un proverbio, la casa viene danneggiata da scimmie vecchie, sacerdoti giovani e orsi selvatici. Cfr. TPMA IX, p. 72.

158 A proposito si legga RABE 1991, p. 150s., che presenta la situazione religiosa e politica del Cinquecento in Germania, in cui ormai non si distinguono più chiaramente i ruoli laico o religioso del ceto dominante.

Page 114: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

112

Elena Di Venosa

Il prov. 413 Pfaffen die nu nach den pfrFnden sehen / unnd nit nach den seelen / mit dem Evangelio zG predigen / die seind der Rab den Noah außließ / auß dem Kasten formula un parallelismo tra gli ec-clesiastici e il corvo che Noè fece volare fuori dall’arca e che si dimo-strò infedele perché preferì fermarsi sulla terra a mangiare una carogna invece di tornare indietro (Genesi 8,7).159 Lo stesso episodio biblico è narrato anche dai vv. 2515-2528 del Renner citati in questo capitolo. Anche se sono attestati diversi proverbi sull’avidità dei religiosi (TPMA IX, 75), non è presente nella tradizione paremiografica l’immagine dei religiosi avidi come corvi.

Il prov. 414 B=se Exempel der Pfaffen ist ain mord ribadisce l’im-portanza del buon esempio da parte dei religiosi. Il detto si può inter-pretare in due modi: esso potrebbe affermare che è un delitto compor-tarsi male, oppure che l’omicidio è uno dei cattivi esempi che possono dare i religiosi. I vv. 2539-2542 scelti qui come commento riportano parte di un discorso di San Gregorio in cui il santo effettivamente in-colpa l’uomo di assassinio (Als manigen menschen hâstu erslagen, v. 2539); tuttavia da alcuni versi precedenti tralasciati da Agricola ve-niamo a sapere che San Gregorio aveva rivolto il suo discorso a tutta l’umanità (Ez sî der alte, ez sî der junge, / Swes leben ist ân rehte orde-nunge, vv. 2531-2532). Agricola forse ha omesso questi versi proprio perché la sua intenzione è di criticare il solo clero e non l’uomo in ge-nerale. Anche questo proverbio non è attestato, anche se esiste un filone paremiografico in cui si richiede ai religiosi un comportamento esem-plare (TPMA IX, 70s.).

Il prov. 415 Die gr=ste torhait / nach PfrFnden streben / so doch die Pfaffen nicht erben k=nnen ire gFter include una lunga citazione (con diverse omissioni) dai vv. 2555-2608; 2689-2704; 2767-2782; 2811-2834 distribuiti tra il cap. 415 e i parr. 416-421. I passi scelti ri-guardano vari argomenti: il primo brano narra della parabola dell’uomo che deve donare, in nome del padre deceduto, del denaro alla persona che considera più folle: la persona degna della donazione è l’uomo che accetta di diventare re pur sapendo che nel suo paese c’è l’usanza di de-capitarlo dopo un anno di libero regno. Il passo citato ai parr. 416-417 descrive una scena in cui un anziano gioca in modo sciocco con i bam-bini, con la conclusione che i religiosi avidi sono peggiori di questi an-ziani. Segue al par. 418 una considerazione di Hugo sulla Chiesa come

159 Nella Vulgata e nella versione di Lutero si dice solo che il corvo andò e tornò alla nave finché l’acqua non si ritirò.

Page 115: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

113

mediatrice di grazia (paragonata a una fonte che nutre la vegetazione), il cui ruolo non può essere messo in discussione nemmeno in presenza di funzionari ecclesiastici dalla condotta immorale.160 Il par. 419 invece riporta una citazione di Hugo da Freidank (nominato al v. 2810 omesso da Agricola) che invita a onorare cavalieri, donne e religiosi che sono comunque dei prescelti, anche se cadono nella trappola della superbia: il discorso è condiviso da Agricola, che è a favore del mantenimento dell’ordine sociale esistente.161 I parr. 420-421 infine ci ricordano che così come in una battaglia non si perde di vista il portabandiera, così i religiosi sono i portabandiera di Cristo e devono essere seguiti. Il pro-verbio Die gr=ste torhait / nach PfrFnden streben / so doch die Pfaffen nicht erben k=nnen ire gFter non combacia perfettamente con i conte-nuti delle citazioni a esso collegate, né appartiene a una particolare tra-dizione paremiografica. Si tratta piuttosto di un giudizio politico di Agri-cola sulle prebende e sulla ereditarietà dei beni che ha permesso l’arric-chimento di molti religiosi.162

Il prov. 455 Ungetrewer dann ain Capitels brGder può rientrare in questo gruppo anche se la citazione dal Renner attribuisce le parole a una donna che insulta un’altra con cui sta discutendo (vv. 4095-4102). L’espressione è tratta dagli ultimi due versi citati; si tratta di una locu-zione comparativa,163 non di un proverbio, e non è attestata nella tradi-zione paremiografica. L’insulto ci fa capire che i confratelli dei Capitoli erano considerati uomini malfidi.

Il prov. 422 Der hat nie h=ren im Mayen die V=gel singen sembra voler rappresentare i religiosi in modo più positivo. Nonostante l’im-magine non sia presente nella tradizione paremiografica, essa richiama il v. 2830 Dern gehôrte nie vogelîn in dem meien, già citato da Agricola alla fine del par. 420, dove Hugo sottolineava come cento laici venis-sero ascoltati meno di un singolo parroco. Il cap. 422 è accompagnato da due righe in prosa in cui Agricola parafrasa il proverbio spiegando che è incomprensibile il comportamento di coloro che non ascoltano il canto degli uccelli nella migliore stagione dell’anno. I parr. 423-424 ri-portano infatti una citazione dal Renner che critica coloro che non se-guono il buon esempio dei religiosi; qui essi vengono paragonati ai cani

160 WAGNER 1962, pp. 82-83. 161 Cfr. p. 81. 162 Cfr. RABE 1991, p. 150ss. 163 FRIEDRICH 2006, p. 41.

Page 116: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

114

Elena Di Venosa

che curano le ferite leccandole: anche i religiosi usano la lingua per confortare e curare l’anima di tutti, ricchi, poveri, giovani e vecchi.

6.2.2. Vom Klosterleben. Il prov. 425 Vom Klosterleben, come il 412, si limita a presentare

l’argomento dei versi successivi. Qui addirittura Agricola mette il dop-pio punto dopo il titolo, fornendo un indizio all’ipotesi che certi titoli abbiano un mero ruolo introduttivo, così come l’intestazione Von clo-ster leute leben del cap. XX della distinzione I del Renner, da cui sono tratti i successivi vv. 2965-2966; 3037-3090; 3131-3150; 3193-3238; 3309-3315 (con molte omissioni e varianti). La citazione è distribuita in undici paragrafi. I primi due versi riportati subito al cap. 425 sono una sentenza di Hugo:

Agricola, prov. 425 Ir solt wissen das mFssigkeit Aller sünden Reytzel treit.

Hugo von Trimberg, vv. 2965-2966 Ir sült wizzen daz müezikeit Aller sünden reizel treit.

che rientra nella tradizione paremiografica secondo cui l’ozio porta al peccato (TPMA III, 172). Essa viene usata da Hugo come un’afferma-zione indiscussa che non richiede spiegazioni e che costituisce una premessa di ciò che segue.164 Anche per Agricola essa è adatta a intro-durre una lunga critica alla vita monastica, anche se velata, in quanto il discorso sembra inglobare tutti gli uomini, tranne che per alcuni ac-cenni ai religiosi. Partendo dal tema dell’amore per il prossimo (parr. 426-427), segue l’immagine del serpente diviso in tre parti (par. 428): la testa simboleggia i laici superbi, la parte centrale rappresenta i reli-giosi avidi, la coda simboleggia l’invidia e l’odio diffusi nei monasteri. Qui si trova un famoso brano del Renner, i vv. 3073-3081, caratterizza-to dall’anafora di Argkwon. Non si tratta di un vero e proprio proverbio, data la lunghezza, ma di un passo poetico che sfrutta lo stilema pare-miografico della personificazione, in questo caso del sospetto,165 che rovina la vita a molti, tra cui proprio i monaci. La citazione prosegue ribadendo che l’uomo non deve comportarsi con sospetto, superbia e falsità, e che in monastero egli sarebbe come Giuda, anche se porta il saio. Al par. 435 però l’autore raccomanda di continuare a seguire gli insegnamenti di Dio anche se qualche suo emissario si comporta male.

164 WAGNER 1962, p. 143. 165 WAGNER 1962, p. 94.

Page 117: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

115

Più polemico è il prov. 437 Wann ain Pfaff oder Münch dem an-dern beichtet / so ists eben / als wann ain Hund dem andern flohet. Esso non rientra in nessuna tradizione paremiografica, ma come spiega Agricola all’inizio del capitolo, il detto dovrebbe rappresentare una cri-tica ironica al concetto di confessione e assoluzione (Das ist ain spott der Beicht und der Absolution […]): esse hanno un valore solo se il pe-nitente ne è sinceramente convinto, e la penitenza che i religiosi im-pongono ai loro confratelli è di solito più mite che ai laici. Agricola af-ferma inoltre che la fede in Cristo dovrebbe essere sufficiente al conse-guimento dell’assoluzione, in quanto Gesù si è sacrificato proprio per la salvezza degli uomini. Ai suoi ragionamenti Agricola fa seguire una lunga citazione dal Renner (vv. 3455-3580), non suddivisa in ulteriori paragrafi. Si tratta della narrazione di una fiaba relativa a un lupo, una volpe e un asino che vanno a Roma per fare penitenza e decidono di confessarsi a vicenda. Il lupo e la volpe stabiliscono di punire con la morte la colpa dell’asino, nonostante quest’ultimo avesse commesso un peccato più lieve degli altri due. Così succede nei monasteri, dove è il più debole a soccombere.

Il prov. 438 prosegue la citazione solo nel titolo: Als der Esel umb klaine schulde Der Fuchs behellt des Wolffes hulde (vv. 3581-3582), seguito da alcune considerazioni in prosa di Agricola sull’alleanza tra forti, come il leone e la volpe, a discapito delle persone pie e fedeli.166 Anche in questo caso manca nel capitolo un proverbio vero e proprio.

Il prov. 462 Das Kolster (sic) macht niemandt frumb è accompa-gnato da soli tre versi del Renner (vv. 4285-4287) che affermano che il diavolo ha intrappolato nei monasteri alcune persone che altrimenti gli sarebbero sfuggite. Agricola sintetizza questi versi nel detto scelto come titolo e lo fa diventare un proverbio non altrimenti attestato.167

Infine il prov. 463 Platten / Kappen / seind nicht hailig, ripreso dal v. 4305, afferma che la tonsura e il cappuccio della tonaca non sono sufficienti per rendere santo chi li porta, così come si legge ai vv. 4305-4310 citati come commento. Il proverbio si inserisce perfettamente nel-la tradizione paremiografica nota ancora oggi con il detto Kleider machen

166 Alla fine del brano Agricola rimanda al prov. 94 della stessa raccolta, intitolato

Starcke r(the zG hofe thGn nicht schaden / die schwachen thGnd es. 167 Il proverbio di Agricola è citato in TPMA VII, 101 al par. 4 “Verschiedenes”.

Page 118: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

116

Elena Di Venosa

Leute (TPMA VII, 65ss.).168 Collegato a questo c’è il par. 464, che in-vece riporta i vv. 4407-4408:

Agricola, prov. 464 Wer on sünde kan reiche werden Der mag gerne leben auff erden.

Hugo von Trimberg, vv. 4407-4408 Swer ân sünde kan rîche werden, Der mac gerne leben ûf erde

che richiamano approssimativamente l’inizio del primo Salmo Beatus vir, qui non abiit in consilio impiorum, et in via peccatorum non stetit (TPMA XI, 221).

6.3. Osservazioni di carattere teologico. Il pensiero di Agricola non è rivolto solo ai rappresentanti della

Chiesa, ma anche alla dottrina cristiana: i suoi proverbi esprimono an-che concetti come il peccato originale, la crocefissione e la morte.

Il prov. 280 Eva brachte uns in not / Ave l=ßte uns vom tod è tratto da una variante dei vv. 139-140 Êvâ brâht uns in den tôt / Dô half uns Âvê ûz der nôt, citati anche nel testo di commento, che include i vv. 133-146 del prologo del poema. Questi versi sono preceduti da una breve introduzione in prosa di Agricola stesso, il quale afferma che il proverbio è molto antico: Die rede ist freylich alt / wie ich sy auch in den alten Teütschen BFchern finde. Probabilmente egli si rifà alle Sacre Scritture che narrano del peccato originale, mentre sembra mancare nel-la tradizione paremiografica un proverbio in cui la figura di Eva appaia negativamente o in cui Maria redima l’uomo dal peccato. Gli stessi ver-si vengono citati da Agricola anche nella sua raccolta del 1534 al cap. 742 Drey buchstaben machen uns eygen und frey, frase che riprende il v. 143. Questa è una formula introduttiva comune nei proverbi, in cui si preannuncia il numero degli elementi elencati subito dopo.169 Come spiegano infatti i vv. 145-150 (manca il v. 148), la mela, l’albero da frutta e l’albero della crocifissione ci hanno resi prima schiavi e poi li-beri.

La citazione che nella raccolta del 1534 è attribuita interamente al prov. 742 si trova invece suddivisa in più capitoli nella raccolta del 1548. Infatti l’argomento viene ripreso al prov. 281 e 282. Il prov. 281 Des Bawmes frucht hat uns verderbet è commentato da quattro versi: il v. 147 Des boumes fruht het uns verleit (che però Agricola cita come

168 Sono attestati solo in area spagnola dei proverbi secondo i quali il cappello non sempre corrisponde alle azioni di chi lo porta, cfr. TPMA VI, 320.

169 GRAU 1968, p. 161.

Page 119: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

117

Der Bawmes frucht hat uns versert) e altri tre non riconducibili alla versione del Renner a noi nota. Agricola sostiene, con questo proverbio, che il frutto proibito sia la causa dell’attrazione dell’uomo per il male e della sua fuga dal bene. Il prov. 282 Das Creütz hat uns wider versFnet conclude il discorso: se il melo ha portato al peccato originale, l’albero che ha prodotto la croce di Cristo ha liberato l’uomo dal peccato.

Le meditazioni teologiche di Agricola si estendono a riflessioni sulla vita in generale. È molto noto ancora oggi il prov. 283 Die Welt ist ain recht jamerthal, ripreso dal v. 230 e tratto dall’espressione in valle la-crymarum dei Salmi (83,7) (TPMA XI, 263). La citazione dei vv. 207-234 è un brano che enumera le bellezze del Creato, nonostante le quali il mondo è una “valle di lacrime”.

Infine il prov. 284 Die welt ist im Tod gefangen è accompagnato dai vv. 237-244 (anche se con varianti e spostamenti rispetto all’edizione del Renner nota oggi). In particolare il titolo sintetizza i vv. 239-240 Die werlt haben ümmevangen, / Sît mit des tôdes zangen, riferiti a sorge und arbeit del v. 238.170 La tradizione paremiografica che mette in rela-zione il mondo con la morte (TPMA XIII, 57) o con la vita (TPMA XIII, 335s.) è molto vasta, tuttavia non sono attestati proverbi nella forma riportata da Agricola.

6.3.1. Dal peccato originale alla superbia. Prendendo spunto dalle riflessioni sul peccato originale, Agricola,

sulla scia di Hugo, passa a considerare i vizi capitali, in particolare la superbia; questo tema evidentemente interessa molto il teologo, che ne aveva già ampiamente parlato in proverbi indirizzati ai frequentatori della corte.171 I detti che presentiamo in questa sezione sono invece ri-volti all’uomo comune.

Al prov. 286 Die Erbsünde ist der dorn / davon alle missethat kumbt Agricola non cita la superbia esplicitamente, ma i vv. 269-272 di commento, che egli sintetizza nella formulazione del titolo, sono tratti dall’inizio della prima distinzione del Renner, intitolata “Hie hebet sich an der hofferte dorn Swer dar vf vellet der ist verlorn”. Veniamo dun-que a sapere che già Hugo von Trimberg aveva associato la superbia al peccato originale.

170 La versione di Agricola riporta un v. 238 più ampio: Sorge / mGhe / kummer

und arbeit. 171 Cfr. par. 6.1.3.

Page 120: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

118

Elena Di Venosa

Il teologo ne parla apertamente al capitolo successivo, il 287, Hoch-fart ist die mGter aller sünde. A proposito egli riporta i vv. 273-300 in cui Hugo elenca tutti i vizi che si accompagnano alla superbia. Il pro-verbio si ispira al detto Quoniam initium omnis peccati est superbia (Si-racide 10,13). La tradizione paremiografica descrive in generale la su-perbia come inizio, radice, di tutti i peccati. Agricola innova la tradi-zione con l’immagine della madre, che non è presente nella sua fonte (TPMA VI, 132).

Il prov. 303 Hochfart ist in vilen stucken / da mans nicht mainet è commentato dai vv. 463-496 (con qualche spostamento di versi), uno dei passi più famosi del Renner, dove Hugo insiste sul termine Hôch-fart facendolo tornare, anaforicamente, in una trentina di versi, ognuno associato a una situazione in cui si può incontrare la superbia.172 Il pro-verbio scelto da Agricola non è attestato altrove; potrebbe trattarsi di una semplice sintesi dei versi successivi, per indicare come la superbia si presenti con sfaccettature diverse.

Il prov. 304 Hochfart kundt im himel nit bleiben è abbinato ai vv. 497-504 in cui Hugo cita San Gregorio che paragona a un angelo deca-duto chi si crede superiore agli altri. Anche se il proverbio formulato da Agricola non parla esplicitamente di “caduta”, ma solo di impossibilità di rimanere in Cielo, è evidente un’analogia con il proverbio di tradi-zione isidoriana molto diffuso nel medioevo (TPMA VI, 129-131), se-condo cui chi più si “innalza” nella propria superbia più “cadrà” in pro-fondità.

Anche il prov. 305 Dieweil wir alle von Adam brFder unnd schwe-ster sein so soll sich nyemandt über den andern erheben porta avanti il discorso sulla superbia proseguendo la citazione dei vv. 505-512 del poema. Mentre però Hugo nomina le persone che considera superbe: Pfaffen, ritter und gebûre (v. 505), Agricola estende il discorso a tutti e sembra più interessato a un eventuale sermone che non a una critica po-litica. Il suo proverbio riprende un detto molto diffuso nell’Europa me-dievale secondo cui siamo tutti figli di Adamo ed Eva (TPMA I, 25s.), da cui si trae la conclusione che siamo tutti uguali.

La superbia, che sia chiamata Hochfahrt o Übermut, è trattata più avanti anche al prov. 312 UbermGt strafft Gott / übermGt thet nie kain gGt. Nei vv. 573-604 citati qui, Hugo von Trimberg esorta al penti-

172 WAGNER 1962, p. 104.

Page 121: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

119

mento (Bekenne dich selber und bis gedultic, v. 576) e a seguire l’e-sempio del re Nabucodonosor, che si è pentito dopo essersi comportato in modo malvagio, uccidendo molti dei saggi da lui convocati per inter-pretare un suo sogno svanito (Profezia di Daniele, 2). Il proverbio scel-to da Agricola richiama il v. 577: Ze grôz muotwille wirt nimmer guot e combina due nuclei paremiografici che trattano della superbia: quello secondo cui Dio punisce i superbi (TPMA VI, 127s.), e quello secondo cui la superbia non porta a nulla di buono (TPMA VI, 133s.). Questa seconda parte è citata da Agricola anche al cap. 50 della sua raccolta del 1534: Hoffart thet nie keyn gut.

Il prov. 313 Hochfart wirdt allweg gerochen è seguito dai vv. 605-612 in cui Hugo porta l’esempio del primo imperatore di Roma, che per la sua superbia è stato ucciso con ventitré coltellate. Il proverbio scelto da Agricola non riprende i contenuti dei versi che cita, ma si rifà proba-bilmente a un proverbio attestato in area nederlandese e tedesca (citato da Sebastian Franck e in seguito da Christian Egenolff), secondo cui “la superbia puzza” (TPMA VI, 128s.).

6.3.2. Altri vizi dell’uomo. L’argomento toccato al prov. 306 Tyranney ist wider die Natur fa

pensare che vi sia un riferimento ai rappresentanti della corte, ma il passo del Renner citato, i vv. 513-522, ci ricorda che tra gli uomini av-viene come tra gli animali, cioè che il più grosso mangia il più piccolo. Il proverbio formulato da Agricola, che non è attestato nel Thesaurus, contraddice questa immagine, affermando piuttosto che l’atteggiamento tirannico va contro natura. La stessa strofa è scelta per commentare an-che un proverbio della raccolta del 1534, il 652 Eygener wille brint in der Helle, secondo cui il libero arbitrio può condurre all’inferno.

Il prov. 465 Trew on conterfay riporta i vv. 4421-4424 e 4429-4430 (con invertiti i primi due versi rispetto alla fonte), nei quali Hugo la-menta la scomparsa della fedeltà sincera: Agricola prende spunto dal termine conterfay citato al v. 4424 e la chiama “fedeltà senza falsità”. Il rammarico di Hugo viene ribadito anche ai vv. 18614-18616 (Lâ dich erbarmen, herre Crist, / Daz wir sô manigen hAren klagen / Der triu-wen münze sî verslagen!), e Agricola stesso aveva già espresso la stessa lamentela nella raccolta del 1534 al prov. 15 Sihe fur dich / trew ist mißlich e al prov. 18 Es ist wedder trew noch glawb auff erden.

Al proverbio successivo le parole scelte sembrano inviare un mes-saggio più positivo, smentito però dai versi citati. Il prov. 466 Guldene

Page 122: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

120

Elena Di Venosa

wort reden ricorda il proverbio Reden ist Silber, Schweigen ist Gold,173 anche se in questo caso l’oro è legato al parlare e non al tacere. I versi citati qui e al par. 467 (vv. 4431-4432, 4442-4443 e 4451-4454, con differenti lezioni), mostrano invece il contrasto tra le “parole d’oro” e la falsità nascosta nel cuore.

Il cap. 468 Vom Geytz. Ain guldin ist mir lieber dann ain Freünd contiene un breve racconto in prosa di Agricola su un avaro che muore senza amici, e una citazione dei vv. 4511-4536 (con lacune e differenti lezioni) del Renner, che si estende anche ai parr. 469 e 470, nel quale Hugo parla di un avaro che vuole educare le figlie all’avarizia. Il pro-verbio citato da Agricola nel titolo del capitolo richiama il detto se-condo cui il denaro è il miglior amico dell’uomo (TPMA IV, 344), ci-tato anche da Sebastian Franck (Gelt ist der best freund).

È dedicato all’avarizia anche il proverbio 471 Geytzigkait / hat an ir alle untugendt. Qui Agricola cita i vv. 4565-4590 (con lacune e va-rianti) in cui Hugo spiega che l’avarizia include in sé tutti gli altri vizi. Il proverbio ricorda la tradizione secondo cui l’avarizia è la radice di tutti i mali (TPMA IV, 314ss.), anche se non è attestato in questa for-mulazione.

6.4. Riflessioni sulla società. Un buon numero dei proverbi scelti da Agricola dipinge un quadro

della gente comune dell’epoca, in cui abbondano i cattivi comporta-menti (che emergono soprattutto da una serie di moniti), ma dove sono diffuse anche tante virtù. Ne risulta uno scenario complessivamente po-sitivo, o almeno migliore rispetto a quello dei ceti superiori laici e reli-giosi. Una delle caratteristiche di questi proverbi è la descrizione, in forma estremamente sintetica, di un evento o di un dato di fatto univer-sale che può fungere da ammonimento,174 oppure l’osservazione della società, nel qual caso il detto è più legato al contesto storico.

6.4.1. Osservazioni sulle disparità sociali. È un’osservazione sulla società dell’epoca il prov. 384 Nach dem

wir alle / von ainer MGtter geborn sein / Waher kumbt dann frey und knecht sein, che si ispira alla tradizione paremiografica che ha come

173 Probabilmente è un detto di origine ebraica attestato a partire dal XVI sec. Cfr.

RÖHRICH 1991, vol IV, p. 1234. 174 SEILER 1922, p. 4.

Page 123: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

121

tema la nascita, alla quale siamo tutti uguali (TPMA IV, 173s.); la parte conclusiva del proverbio invece è un interrogativo che si pone Agricola sull’origine delle disparità sociali. I vv. 1353-1386 acclusi narrano dei tre figli di Noè, dei quali due sono cresciuti liberi, e uno, Cam, ha dato vita a una stirpe maledetta perché non ha onorato il padre.

Il prov. 386 Aygen unnd verfluocht sein / kompt von missethat pro-segue il discorso sui discendenti di Cam: ebrei, eretici, pagani, e i cri-stiani che non seguono gli insegnamenti di Dio. Il proverbio scelto da Agricola come titolo di questo capitolo non è presente nella tradizione paremiografica, né riprende fedelmente i contenuti del Renner citati a riguardo: costituisce piuttosto un richiamo al tema dell’uomo libero, che può ottenere la ricchezza – ma anche essere maledetto – a seconda della bontà delle sue azioni. Il detto è commentato dai vv. 1394-1455 (con salti, lacune e variazioni), in cui Hugo von Trimberg gioca con i termini edelinge / eselinge (vv. 1419ss.; par. 389), che dovrebbero essere ben distinti, mentre spesso nobiltà e “asinità” si confondono. Tra i versi citati da Agricola in questo capitolo vi sono anche:

Agricola, par. 387 Ain freyer Baur ist Herrn genoß Und wann er schon ist des gGtes bloß Doch ist er von geburte frey

Hugo von Trimberg, vv. 1407-1410 Ein frî gebûr ist herren genôz: Alein er sî des guotes blôz, Doch ist er von gebürte frî.175

che formulano un proverbio attestato tra quelli che affermano la parità di dignità sociale dei Bauer e dei signori (TPMA III, 458): ne dedu-ciamo che il destino dell’uomo dovrebbe dipendere dalle proprie azioni e non dal ceto sociale di nascita.

Il prov. 452 H(ler und st(ler seind gleich ha origine da un prover-bio giuridico176 che confronta altri due gruppi sociali: quello dei ladri e quello dei ricettatori. Il proverbio è ben attestato in area tedesca negli autori di opere didascaliche come appunto Hugo von Trimberg, Frei-dank, Teichner e Franck, mentre è sporadico nel resto d’Europa (TPMA XII, 144s.). Agricola, nel proverbio, mette sullo stesso piano il ricetta-tore e il ladro, mentre secondo Hugo, citato qui ai vv. 3967-3972, con-sidera il ricettatore molto più colpevole del ladro che ruba per necessità, mentre il primo vuole apparire innocente:

175 Nel Renner il proverbio termina al terzo verso; il quarto è Wênt ir daz iht her-ren sî, con cui inizia un nuovo discorso. Cfr. p. 81.

176 WAGNER 1962, p. 25 e 56, SEILER 1922, p. 330.

Page 124: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

122

Elena Di Venosa

Agricola, prov. 452 Noch schuldiger ist der do hilt Dann jhener der mit sorgen stilt

Hugo von Trimberg, vv. 3967-3968 Noch schuldiger ist jener der dâ hilt, Denne jener der mit sorgen stilt.

Il prov. 453 Wer nicht will wissen / und waiß doch continua il di-scorso iniziato al capitolo precedente; il proverbio è ripreso dal v. 3973, il primo dei quattro versi citati in questo capitolo, in cui Hugo critica coloro che fanno finta di non vedere un crimine. In questo caso non siamo in presenza di un proverbio vero e proprio: sembra un modo scel-to da Agricola solo per evidenziare la citazione seguente.

Il prov. 456 Von ubelgezogenen Herren, un titolo dato come intro-duzione ai versi successivi, propone altri due paragoni: il primo (vv. 4125-4160) narra di una donna pazza allevata con bontà, che però non rinsavisce: a essa Hugo paragona quei signori, sia laici che ecclesiastici, che vengono educati in modo troppo indulgente. Il secondo (vv. 4203-4208), nel par. 457, è il paragone introdotto da alsam, come avviene spesso in Hugo,177 che mette sullo stesso piano coloro che approfittano delle prebende e i cavalli che hanno troppo cibo e per questo si com-portano in modo troppo vivace. Il discorso sull’utilità di un’educazione severa fa riferimento ai signori, ma il discorso è valido per tutta la so-cietà.

Sono concettualmente legati al precedente il prov. 458 e i successivi parr. 459-461, che contengono due proverbi. Quello del titolo, Haiß wasser on feür wirt kalt, è ricavato dal v. 4230 Heiz wazzer ân fiur be-ginnet kalten. I passi del poema citati sono tratti dai vv. 4229-4256 con molte omissioni e varianti; in questi, Hugo chiarisce il significato della metafora: i giovani sono come acqua bollente, che senza il consiglio degli anziani (il fuoco) si raffredda. Questo proverbio è presente in area tedesca solo nel Renner e in Agricola, ma è attestato anche in area fran-cese (TPMA XII, 381). Il secondo proverbio è Wa nicht behalten wirt das feür / So werden Herrn an guoten raht theür, riportato al terzo e quarto verso del cap. 458, anche se mancano nella versione del Renner a noi nota. Il primo dei due versi riprende la metafora del fuoco, e viene fatto rimare con un verso tratto da un altro proverbio di origine giuri-dica, noto oggi nella forma da ist guter Rat teuer (TPMA IX, 184) con il significato di “essere un problema”.178

177 WAGNER 1962, p. 134. 178 RÖHRICH 1991, vol. IV, p. 1227.

Page 125: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

123

6.4.2. I valori della vita. È un caso particolare quello del prov. 393 Von Halb Rittern / unnd

geflicktem Adel. Il tema inizialmente è quello delle differenze sociali, come in alcuni proverbi visti poco sopra, ma poi il discorso si sposta su importanti valori della vita. Il titolo di questo capitolo non è di per sé un proverbio, ma funge da introduzione alla lunga citazione, che si estende per ben diciannove paragrafi, all’interno dei quali si individuano diversi proverbi. Complessivamente è riportata la parte del Renner inclusa tra i vv. 1477-1564, 1797-1930 e 2123-2251, anche se con numerose lacune e varianti rispetto all’edizione nota oggi. Agricola estrapola singole strofe tratte da diversi capitoli del Renner per creare un suo discorso sulla natura di chi è “cavaliere solo a metà” e dei nobili “rappezzati”.179 In questi passi Hugo cita la parabola del re leone che chiama a raccolta tutti gli animali: il mulo si vergogna delle sue umili origini e spiega al re che ha per antenato un cavallo. Il leone sentenzia che certi nobili su-perbi si vergognano di avere amici poveri, e che certi [falsi] amici spa-riscono quando l’amico non è più ricco.

La riflessione prosegue sul valore dell’amicizia, che dovrebbe anda-re anche al di là della natura e della ricchezza dell’amico. All’interno del discorso si possono riconoscere dei proverbi o comunque strofe che richiamano proverbi:

Agricola, par. 394 Dieweil das ich bey gGte bin So hab ich freünde und hohen syn Schwindet aber mir das gGt So schwinden freünde und hoher mGt.

Hugo von Trimberg, vv. 1407-1410 Die wîle daz ich bî guote bin, Sô hân ich friunde und hôhen sin: Swindet aber mir daz guot, Sô swindent friunde und hôher muot.

Con questi versi Hugo riconosce la forza dell’attrazione per i beni ter-reni;180 il proverbio richiama un’ampia tradizione paremiografica se-condo cui l’amicizia cresce quando c’è ricchezza, e sparisce quando l’amico va in disgrazia (TPMA IV, 9-14). L’argomento sta molto a cuo-re anche ad Agricola, che aveva inserito un proverbio simile già nella sua raccolta del 1534, il 68: Freunde sind gut / aber weh dem / der yhr bedarff in der nodt, a proposito del quale aveva citato Freidank.

Altri proverbi subordinati al cap. 393:

179 Per il significato di flicken cfr. LEXER 1872, vol. III, col. 401. 180 WAGNER 1962, p. 52.

Page 126: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

124

Elena Di Venosa

– all’interno del par. 395 troviamo il detto Noch besser ist raine ehre one gGt / Dann unraine ehre die wunder thGt (vv. 1797-1798), analogo a quei proverbi secondo cui l’onore è più importante delle ricchezze (TPMA II, 366).

– il par. 396 Wer alte getrewe freünde verkieset / Mit newen freün-den er verlieset (vv. 1835-1836) appartiene, con diverse formulazioni, a un’ampia tradizione biblica (Siracide 9,10) (TPMA IV, 63ss.). Qui A-gricola ribadisce il valore delle amicizie di vecchia data, che non de-vono essere dimenticate: egli aveva già espresso questo pensiero nella raccolta del 1534, al prov. 138 Die alten Freunde die besten.

– i primi due versi del par. 397, Newer freünd und newer wein / Mü-gen wol gleich ain ander sein (tratto dai vv. 1837-38), proseguono il tema dell’amicizia e la citazione biblica di prima (Siracide 9,10).

I paragrafi successivi proseguono lodando altri valori della vita co-munitaria:

– il par. 401 Dann st(ter mGt hat Ehre und gGt / Unst(ter mGt vil schaden thGt (vv. 1881-1882) elogia la costanza (TPMA 1, 444);

– una parte del par. 403 Und dem man trewen lont mit trewen / Den darff sein arbait nicht gerewen (vv. 1899-1900) si esprime a favore del-la fedeltà; questo proverbio è simile a quelli più diffusi secondo cui ra-ramente la fedeltà viene ricompensata con la fedeltà (TPMA XI, 425).

– infine il par. 406 Welch ding man mit unwillen thGt / Das wirt gar selten ymmer gGt / Was man aber mit willen thete / Lob und lohn es off-te hette (vv. 1921-1924) loda la buona volontà. Anche qui può essere riconosciuto un nucleo paremiografico ricorrente, anche se la tradizione esprime questo concetto in modi diversi (TPMA XIII, 206-209).

6.4.3. Il corretto comportamento. Il prov. 439 Wann ain mensch zwen mund het / alse zway oren /

wann wurde er aufh=ren zG reden ci fa capire che l’uomo è troppo lo-quace. Agricola lascia al cap. 439 solo il titolo, che parafrasa la do-manda posta da Hugo ai vv. 3627-3628 Hêt ieglich mensche zwên mun-de ûf erden, / Wenne sölte irs klaffens ende werden?. Il commento tratto dal poema è distribuito all’interno dei parr. 440-445, che riportano i vv. 3621-3628; 3665-3686; 3709-3716, in cui Hugo parla dei diversi tipi di persone, alcune loquaci, alcune silenziose. Egli aggiunge che abbiamo solo una bocca invece di due appunto perché parlare è meno importante del vedere e dell’ascoltare. Lo stesso concetto era già stato espresso da Agricola nella Sprichwörtersammlung del 1534 al prov. 193 Mit still-

Page 127: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

125

schweigen verantworttet man vil, dove sono citati gli stessi vv. 3623-3626. Qui si riflette la tradizione europea medievale (soprattutto ro-manza, ma anche anglosassone, e in area tedesca a partire da Hugo von Trimberg) di quei proverbi secondo cui abbiamo una bocca sola af-finché parliamo, mangiamo e beviamo poco (TPMA VIII, 265s.).

Tratta del valore del tacere, e della capacità di parlare o tacere al momento giusto, anche il prov. 220 Der ist ein narre / der da redet was im einfellet nella raccolta del 1534, dove alla fine di un suo commento in prosa Agricola cita i seguenti due versi dal Renner:

Agricola, prov. 220 (1534) Wer reden auch und schweygen kan Zu recht / der ist ein weiser man.

Hugo von Trimberg, vv. 1227-1228 Swer reden und ouch swîgen kan Ze rechte, der ist ein wîse man.

Anche se i versi costituiscono senza dubbio un proverbio per la pre-senza di un parallelismo e dell’antitesi reden / schweigen, non vi sono riscontri nella tradizione paremiografica.

Tornando alla raccolta del 1548, troviamo altri proverbi, collegati al Renner, che fungono da monito per tutti.

Il prov. 447 Gotte leben und nicht im selbs è un breve ammoni-mento a disciplinarsi: come spiegano i vv. 3811-3820 citati, chi vive in modo sfrenato non è accolto da Dio, mentre ci si deve sforzare di salvare sia il corpo che l’anima. Non è attestato un proverbio corrispondente, anche se senza dubbio rientra nella tradizione paremiografica che mette a confronto la vita umana e quella all’insegna di Dio (TPMA V, 201s.).

È invece un invito a contenere l’ira e l’insofferenza il prov. 715 della raccolta del 1534 Du kommest wohyn du wilt / so würst du den wirt da heymen finden, che cita i vv. 22943-33958. Qui Hugo parla di una per-sona irascibile alla quale si porta l’esempio del bue che accetta il giogo anche se gli dà fastidio: allo stesso modo le persone devono imparare a sopportare ciò che non possono evitare. La seconda parte del proverbio corrisponde all’odierno Er soll den Wirt zu Hause finden.181

Una esortazione alla moderazione viene dal prov. 448 Masse tregt aller tugent krone, la cui formulazione è tratta dai vv. 3825-3826 Wen-ne mâze mit bescheidenheit / Aller tugende krône treit. Il proverbio si accompagna ai vv. 3821-3826 e 3903-3906 citati rispettivamente al cap. 448 e al par. 449 (con lezioni diverse). Qui Hugo raccomanda mo-derazione e ragionevolezza anche nella penitenza. Il proverbio, anche

181 RÖHRICH 1991, vol. V, p. 1737.

Page 128: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

126

Elena Di Venosa

se con formule diverse, si collega a un’ampia tradizione paremiografica diffusa in tutta l’Europa medievale (TPMA VIII, 132).

Anche il prov. 454 Das ende machts alles gGt appartiene a una lun-ga tradizione, che si estende in tutta l’Europa medievale fino a oggi: l’importanza che qualcosa si concluda bene è descritta sotto forma di proverbio già da Publilio e Ovidio (TPMA II, 464-469). Nel passo del Renner citato qui (vv. 4033-4040) Hugo porta l’esempio di San Paolo, che è diventato santo nonostante i suoi errori, e di Giuda che invece per il suo tradimento ha perso la pietà di Dio: infatti Dio giudica come si con-cludono i fatti, non conta se sono stati fatti errori durante il percorso.

Aggiungiamo a questo gruppo di proverbi, che esortano gli uomini a un corretto comportamento, il prov. 70 della raccolta del 1534 Wer ei-nen pfenning nicht so lieb hat als einen gulden / der wirt selten reych werden und gulden wechseln. A differenza dei proverbi sull’avarizia, in cui si considera errato dare più importanza al denaro che agli ami-ci,182 qui è considerato virtuoso colui che sa risparmiare e sa dare il giu-sto valore anche ai centesimi. Esso è diffuso ancora oggi nella forma Wer den Pfennig nicht ehrt, ist des Talers nicht wert.183

6.4.4. La giovinezza, le donne e l’amore. Agricola non si limita a criticare e ammonire. Conosce le gioie della

vita e ad esse dedica ampio spazio al centro della raccolta: la giovi-nezza, le fanciulle e l’amore sono dipinti da diversi proverbi, anche se alcuni detti sulle donne possono sembrare offensivi per il sesso femmi-nile.

Il prov. 285 Die Jugent ist wie die blFte der beüme è un’immagine molto poetica che celebra la giovinezza e in particolare, come si evince dai versi citati (vv. 257-266), il passaggio dall’infanzia all’età in cui i giovani vanno alla scoperta del mondo. Il detto si ispira ai primi due dei versi citati, nei quali Hugo afferma che gli alberi in fiore danno la stes-sa gioia che prova una madre per il proprio bambino. Anche se questa formulazione può essere considerata un proverbio per la sua struttura comparativa, non ne sono attestati altri che paragonino la giovinezza ai fiori degli alberi.

Il prov. 288 è Kain stoltzer thier / dann ain Weib und ain Pferd. Nel proverbio 287 Agricola aveva dipinto la superbia come la madre di

182 Cfr. par. 6.3.2. 183 RÖHRICH 1991, vol. IV, p. 1164.

Page 129: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

127

tutti i vizi,184 qui invece egli restringe il discorso alla superbia delle donne, come spiega anche il passo del Renner scelto (vv. 301-310). I proverbi sui difetti delle donne sono numerosi e hanno una lunga tradi-zione, ma non è attestato altrove il paragone tra la superbia della donna e del cavallo.185 Si tratta probabilmente di un’immagine ideata da Agri-cola stesso (che manca infatti anche nei versi citati del Renner) che egli aveva già inserito nella raccolta del 1534, il prov. 684 Keyn stoltzer thier auff erden / denn eyn pferd und eyn weib.

Il prov. 289 Kurtzen mGt und lange har non è seguito da alcuna ci-tazione. Qui l’autore si è limitato a ribadire e sintetizzare gli ultimi due versi trascritti al capitolo precedente:

Agricola, prov. 288 Kurtzen mGt und langes har Haben die Meyde sonder bar.

Hugo von Trimberg, vv. 309-310 Kurzen muot und langez hâr Habent die meide sunderbar,

Il proverbio ha una lunga tradizione, presente tra gli altri anche nei Fastnachtspiele, in Teichner e in Sebastian Franck (TPMA III, 344-346), ed è noto ancora oggi nelle varianti Langes Haar, kurzer Verstand e Langes Haar, kurzer Sinn,186 dove non è necessario parlare esplicita-mente della donna, già espressa in forma metonimica dai “capelli lun-ghi”. Dal punto di vista sintattico il proverbio presenta la tipica costru-zione a parallelismo,187 che oggi è asindetico, mentre nel medioevo conteneva la congiunzione e spesso compariva in frasi complete; Hugo in particolare tende a trasformare questi detti in frasi di senso compiuto, anche per esigenze di rima.188 Come dimostra il titolo del capitolo, Agri-cola ha accolto solo la prima parte del proverbio nella variante sindetica di Hugo, ma non il suo ampliamento in due versi.

Al prov. 290 Wer da w=let / der faulbeümet Agricola si limita a pro-seguire brevemente la citazione dal poema aggiungendo i vv. 311-312, che infatti iniziano con un pronome relativo riferito a Meyde del v. 310 (Die zuo irn tagen kumen sint. / Diu wal machet in daz herze blint.). La

184 Cfr. par. 6.3.1. 185 Il proverbio di Agricola è segnalato in TPMA III, 376. Nella tradizione italiana

sono attestati proverbi che parlano sia di cavalli che di donne (TPMA IX, 114), ma non riguardano la superbia: mettono in guardia l’uomo dal possedere bei cavalli o una bella moglie.

186 La prima variante è citata da WAGNER 1962, p. 110, la seconda da TPMA V, 315.

187 SEILER 1922, p. 210 parla in questo caso di Wortkontrastierung. 188 WAGNER 1962, p. 24s. e 110.

Page 130: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

128

Elena Di Venosa

scena raffigura le fanciulle che hanno raggiunto l’età da marito e che vogliono scegliersi un compagno. Il proverbio è tratto dal detto citato da Sebastian Franck wer kurbäumen wil, der faulbäumet gern, che esprime l’esitazione in una scelta che, se protratta nel tempo, può portare a deci-sioni sbagliate.189

Al cap. 291 Agricola propone una frase idiomatica: Mit dem gesich-te BGlen. È commentata dai vv. 313-318 del poema, conclusi da un di-stico appartenente a una tradizione diversa del Renner o composto da Agricola stesso. I versi descrivono gli sguardi che raggiungono il cuore, secondo una tradizione paremiografica (anche se in forme diverse) che mette in relazione gli occhi con l’amore (TPMA I, 284).

Il prov. 292 Man mGß den Junckfrawen m(nner malen afferma, iro-nicamente, che l’uomo ideale per le vergini esiste solo se dipinto. An-che il lungo brano del Renner citato, i vv. 321-386, è ironico: Hugo vi riporta tutte le espressioni di critica con cui le fanciulle giudicano i loro pretendenti. Questo detto non è attestato altrove.

Il prov. 293 Wer ains Weibs darff / sols von Gotte bitten è seguito dai vv. 387-390 (in ordine diverso rispetto all’edizione di Ehrismann), con i quali Hugo parla delle pene d’amore della fanciulla, la quale, con-tinuando il discorso iniziato al punto precedente, non rifiuta l’amore nonostante critichi spesso l’uomo. Il proverbio esprime dunque, forse ironicamente, la fortuna di quegli uomini che riescono a conquistare una donna e che per ottenere ciò dovrebbero pregare Dio. Anche questo proverbio non è registrato nel repertorio paremiografico.

La difficoltà di trovare la compagna ideale è il tema anche del prov. 302 Wem Gott besch=ret ain weib / seines sinnes / der ist s(lig auff erden. Il passo scelto come commento è formato, in modo impreciso ri-spetto alla nostra edizione, dai vv. 451-462, dove viene narrato in forma più discorsiva quello che il proverbio ha già sintetizzato, cioè che sono felici e vivono a lungo le coppie che imparano a sopportarsi e rispet-tarsi. Il tema della brava donna / moglie come dono di Dio ha origine biblica (Proverbi 19,14) ed è rappresentato da molti proverbi espressi tra gli altri anche da Heinrich von Morungen, Hans Sachs e Lutero (TPMA III, 390s.). La stessa strofa viene citata da Agricola anche nella raccolta del 1534190 al prov. 456 Der Ehestandt ist der heyligste orden /

189 Cioè invece di scegliere l’albero più robusto (Kurbaum) si sceglie quello più debole (Faulbaum). Cfr. RÖHRICH 1991, vol. III, p. 911.

190 Tra la versione citata da Agricola nel 1534 e quella da lui citata nel 1548 ci so-no numerose differenze formali.

Page 131: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

129

syntemal er alle andere orden in sich hatt, che elogia l’istituto del ma-trimonio.

L’amore tra uomo e donna è il tema anche del prov. 294 Verborgne liebe ist das hertzelaid, seguito dai vv. 391-392 che concludono il di-scorso iniziato al capitolo precedente con una critica agli amori segreti, che portano solo dolore. Anche questo proverbio manca di una tradi-zione. Agricola torna sull’argomento dell’amore celato al cap. 298 Ver-holen lieb / wirt offt zum dieb. In questo gruppo di proverbi egli tende a seguire fedelmente l’ordine dei versi della sua fonte, quindi la ripresa dello stesso tema più avanti è da imputare a Hugo von Trimberg. Men-tre al prov. 294 l’amore tenuto nascosto porta dolore, al prov. 298 ab-biamo un’immagine diversa dettata dai vv. 415-424, in cui si parla di amore per la donna che distoglie dall’amore per Dio. Molto simile a questo proverbio è quello di Freidank Betwungeniu liebe Wirt dicke ze diebe, dove si parla però di amore forzato e non di amore celato (TPMA VII, 432 e 447).

Un’altra serie di proverbi è incentrata sulla buona educazione delle fanciulle. Il prov. 296 Zucht / und die augen zG feld schlagen / ziert frawen und Junckfrawen mehr / dann silber / gold / oder Berlen è commentato con i vv. 397-406 del poema, in cui Hugo consiglia alle ragazze di chinare il capo, così che si noti la chioma sulla nuca. La formula scelta da Agricola si ispira ai contenuti del Renner, ma è più affine al proverbio di Freidank Hôchvart verderbet alle tugent, Sô zieret zuht die edeln jugent (TPMA VI, 133), che ribadisce l’importanza della buona educazione nei giovani.

Sempre di buona educazione si parla al prov. 297 Arbait und still sitzen behellt die zucht. Il detto non appartiene ad alcuna tradizione pa-remiografica: esso si ispira evidentemente ai vv. 407-414 citati, dove Hugo descrive una giovane sempre in movimento per farsi notare.

Agricola insiste molto sul tema dell’educazione e dell’onore, che de-vono essere un tesoro per le fanciulle, come si legge al prov. 299 Zucht und ehr / ist der gr=ste schatz der Junckfrawen. Il commento del Ren-ner, i vv. 431-434, riguarda le donne che perdono il loro “tesoro” se scelgono un uomo disonesto. Manca anche in questo caso un testimone del proverbio nei repertori paremiografici.

Nemmeno il prov. 300 Junckfrawen soll man nicht verheyraten / noch in die Kl=ster stecken / eh sy zG iren jaren seind kommen appar-tiene a una tradizione paremiografica: Agricola esprime in una sorta di sentenza la sua opinione negativa sull’usanza del suo tempo di allonta-

Page 132: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

130

Elena Di Venosa

nare troppo presto le figlie per mandarle in convento o sposarle. Il commento del Renner (vv. 435-444) paragona queste fanciulle alle pere che vengono staccate dall’albero troppo acerbe e non si sa come man-giarle. Evidentemente questa usanza era diffusa già nel Trecento e pro-segue all’epoca di Agricola.

Concludiamo con il prov. 301 Ain b=ses weib / ist über alle b=se würme, che continua il paragone tra la donna e le pere acerbe: la strofa citata corrisponde ai vv. 445-450 (disposti in ordine diverso rispetto alla nostra edizione del Renner), e sottolinea come le donne cattive, al pari delle pere acerbe, siano peggiori di qualsiasi animale. A differenza di Hugo, Agricola specifica di che animale si tratta: wurm in genere desi-gna un invertebrato oppure un serpente, ma nel contesto è più appro-priata la seconda immagine, che il teologo potrebbe aver tratto dal detto biblico (Siracide 25, 25ss.) che paragona la donna malvagia a una ser-pe: questa similitudine ha dato corpo a molti proverbi (TPMA III, 351). Una parte della citazione è proposta anche nella raccolta del 1534 al prov. 135 Eynem b=sen weibe kann niemandt steüren, che descrive le donne cattive come peggiori degli animali e che hanno bisogno di un brav’uomo per accudirle. La seconda metà della citazione invece corri-sponde a quella già vista al prov. 302 e a sua volta proposta al prov. 346 del 1534.191

7. Conclusioni. Agricola si è dimostrato ampiamente debitore di Hugo von Trim-

berg. Come dimostrano le citazioni alle quali abbiamo affiancato i versi corrispondenti del Renner, il teologo ha usato un testimone del poema con un testo molto simile a quello a noi noto, forse quel Frankfurter Druck che non è stato collazionato con l’edizione di Ehrismann/ Schweikle.192 Le differenze consistono principalmente in una diversa successione dei versi e in varianti lessicali, che comunque non alterano il messaggio originale.

È utile ricordare che il Renner risale all’anno 1300; eppure il pen-siero di Hugo, la sua osservazione della società del Trecento, sono an-cora molto attuali all’epoca di Agricola: i vizi della vita di corte, il mal-costume dei religiosi e i cattivi comportamenti delle persone comuni sembrano non essere cambiati – né in meglio né in peggio – nel corso

191 Cfr. p. 128. 192 Per il Frankfurter Druck cfr. par. 4.

Page 133: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

131

di un secolo e mezzo, anche se le due opere sorgono in contesti storici e sociali diversi: il Renner in ambiente borghese, la Sprichwörtersamm-lung in un contesto aristocratico. Ma così come per un maestro borghe-se come Hugo von Trimberg è legittimo criticare il ceto dirigente, Agrico-la, svolgendo un ruolo di teologo e predicatore di corte, ha il diritto di ammonire il suo pubblico di nobili.

La funzione didascalica e ammonitiva delle raccolte paremiografiche di Agricola, che rispecchia la concezione di proverbio del teologo, se-condo cui tali detti dovrebbero trasmettere regole di vita, è evidente sin dall’edizione del 1534, dove troviamo già alcuni proverbi estratti dal Renner, tra cui quello seguente, indirizzato a lettori di corte: nella ver-sione di Agricola esso presenta delle differenze formali dalla fonte, ma sia Hugo che Agricola mettono in guardia coloro che perseguono la ric-chezza e il potere:193

Agricola, prov. 281 (1534)194 Weiber gemuet / herren gunst / Aprilen wetter und federspiel / verkeren sich offt wer es mercken wil.

Hugo von Trimberg, vv. 12515-12518 herren gunst, abrillen weter, Frouwen gemüete und riusen eter, Würfel, ros und vederspil Triegent ofte, swer ez merken wil.195

In questo caso si tratta di un proverbio composto che contiene due nuclei paremiografici: l’incostanza della donna (TPMA III, 339s.) e il favore, di breve durata, dei potenti (TPMA IV, 365).

Abbiamo visto che oggetto di critica da parte di Hugo von Trimberg è anche il clero. I proverbi a riguardo sono molto attuali anche ai tempi di Agricola, che può sfruttarli per trasmettere messaggi a favore della Riforma. Uno dei proverbi del Renner che decisamente mette in cattiva luce il clero è il seguente:

Agricola, par. 368 Pfaffen krieg und geitzigkait Gibt b=se bilde der Christenheit

Hugo von Trimberg, vv. 999-1000 Pfaffen kriec und gîtikeit Gebent bAse bilde der kristenheit:

Esso non è registrato nei repertori paremiografici, ma la presenza di una rima che collega due concetti contrastanti come l’avarizia e la cri-

193 WAGNER 1962, p. 29s. 194 Il testo non è in versi in quanto funge da titolo del capitolo. 195 Questo proverbio è descritto da WAGNER 1962, p. 96, come una priamel, in cui

l’ultimo verso è riepilogativo dei termini precedenti sia astratti che concreti elencati in forma asindetica.

Page 134: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

132

Elena Di Venosa

stianità fanno di questo distico un proverbio.196 Esso fa parte della lun-ga citazione ricondotta al prov. 345 Die würser thGn / dann ir vordern thaten già analizzato a proposito dei vizi di corte;197 questo riferimento al clero ben si concilia con il mondo cortese del quale fanno parte gli alti prelati più corrotti.198

Come nel caso del par. 368, i proverbi raccolti da Agricola non sono esclusivamente quelli da lui indicati come titolo dei singoli capitoli, ma vanno ricercati all’interno delle citazioni. Nel nostro caso abbiamo un buon numero di proverbi usciti dalla penna di Hugo von Trimberg o che il poeta trasmette da altre fonti. Per valutare il contributo originale del teologo dobbiamo invece esaminare i soli titoli. Scopriamo allora che solo una parte delle intestazioni dei capitoli possono definirsi effet-tivamente dei proverbi. Il più delle volte siamo in presenza di semplici frasi di sintesi del contenuto dei versi citati, soprattutto quando la frase inizia con von, come il prov. 393 Von Halb Rittern / unnd geflicktem Adel o il prov. 425 Vom Klosterleben, ma anche il prov. 73 Hechlen und bürsten.

Degli altri titoli di capitoli contenenti citazioni dal Renner troviamo due tipi di proverbi veri e propri: 1. quelli di eredità classica o biblica o formulati da Hugo von Trimberg,

che Agricola ha ripreso parola per parola dal Renner (e che spesso corrispondono a una precisa tradizione paremiografica);

2. quelli concepiti da Agricola, forse con lo scopo iniziale di conden-sare il contenuto della citazione, ma ai quali egli è riuscito a dare una forma sintattica e stilistica tale da farli risultare proverbi: di questi, alcuni hanno avuto fortuna e sono stati registrati nei repertori pare-miografici, altri sono rimasti circoscritti alla diffusione della Sprich-wörtersammlung. Esempi del primo tipo sono il prov. 71 Wol im / er ist ain s(lig man /

Der sich selbs wol erkennen kan, che riprende l’esortazione classica “conosci te stesso!”; e il prov. 283 Die Welt ist ain recht jamerthal, che ha origine biblica. Un proverbio ideato da Hugo e riportato da Agricola è il prov. 280 Eva brachte uns in not / Ave l=ßte uns vom tod, che si ispira a personaggi biblici soggetto di vari proverbi, ma che non è attestato altrove in questa forma: il distico si trasforma in proverbio grazie al parallelismo e alla rima.

196 SEILER 1922, p. 182s. 197 Cfr. par. 6.1.4. 198 Cfr. RABE 1991, p. 150ss.

Page 135: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

133

Per quanto riguarda il secondo tipo, ricordiamo199 che per Agricola il proverbio deve essere abbastanza conciso da potersi imprimere nella memoria: a questo principio Agricola sembra essersi attenuto, come di-mostra la “breviloquenza”200 di gran parte delle sue enunciazioni. Fan-no eccezione alcuni titoli veri e propri di capitoli che difficilmente pos-sono essere considerati proverbi, come il cap. 296 Zucht / und die au-gen zG feld schlagen / ziert frawen und Junckfrawen mehr / dann silber / gold / oder Berlen, oppure il cap. 335 Es mFssen gGte und b=se unter ainander sein / und mFssen des manns freünd sein / und der sünde und schande feind / sunst were nimmermer kain fride under den leüten, che sono evidentemente dei pensieri di Agricola espressi per esteso.

Altri proverbi di Agricola invece rispettano proprio quegli stilemi che per noi costituiscono un parametro per individuare un proverbio,201 e che sfruttano quegli espedienti retorici che possono facilitare la me-morizzazione del detto. Abbiamo per esempio il parallelismo al prov. 68 Wann kain straffe were / So fresse ain mensch der ander, la personi-ficazione al prov. 69 Fraw Untrew ist Künigin zG Hofe, il paragone e l’assonanza al prov. 450 Ain unnutzer Amptman und Prelate / ist wie ain Affe auff dem dache.

Le raccolte di Agricola hanno un lungo seguito nei secoli successivi a livello colto: i suoi proverbi vengono ripresi nei repertori fino a Georg Schottel nel 1663 e a Josua Eiselein nel 1840.202 Tuttavia tra tutti i pro-verbi ispirati al Renner che abbiamo analizzato solo sei sono diffusi, a livello popolare, ancora oggi: – jemandem Honig um den Maul schmieren (prov. 74: Mit affensalben

schmiren) – Kleider machen Leute (prov. 463: Platten / Kappen / seind nicht hai-

lig) – Die Welt ist ein Jammertal (prov. 283: Die Welt ist ain recht jamer-

thal) – Da ist guter Rat teuer (cap. 458: […] / So werden Herrn an guoten

raht theür) – Wer den Pfennig nicht ehrt, ist des Talers nicht wert (prov. 70 (1534):

Wer einen pfenning nicht so lieb hat als einen gulden / der wirt selten reych werden und gulden wechseln)

199 Cfr. par. 3. 200 GRAU 1968, p. 130s. 201 Cfr. par. 3. 202 GRAU 1968, p. 114-117.

Page 136: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

134

Elena Di Venosa

– Langes Haar, kurzer Verstand (prov. 289: Kurtzen mGt und lange har). Sono proverbi di varia origine: classica, biblica, giuridica e lettera-

ria, che oggi appaiono in forma molto diversa da quella scelta da Agri-cola, tranne Die Welt ist ein Jammertal, un proverbio “internazionale”, proprio in quanto biblico, e per questo molto conservativo.203 Anche se spesso nei proverbi di Agricola sono presenti i nuclei che danno vita a tradizioni paremiografiche di maggiore diffusione, quelli attestati nelle sue raccolte stentano ad affermarsi, infatti i maggiori repertori di oggi, il Thesaurus Proverbiorum e RÖHRICH 1991, non hanno sempre saputo soddisfare la ricerca dei suoi detti. Forse la difficoltà di imporsi nel tempo è dovuta al fatto che i proverbi scelti da Agricola sono forte-mente legati alla sua epoca. Gli anni della Riforma possono essere con-siderati la radicalizzazione e poi la fine di un’epoca ancora di ispira-zione feudale,204 come dimostra l’attualità dei temi di Hugo von Trim-berg fino al Cinquecento. Solo in seguito la società si trasformerà e non riuscirà più a comprendere i proverbi di Agricola. La testimonianza del teologo Johannes resta comunque di grande valore storico, linguistico e filologico, e ci ha dato l’occasione di approfondire la storia della rice-zione del Renner due secoli dopo la sua redazione.

203 GRABAREK 2005, p. 693. 204 HAMM 2001, p. 91ss.

Page 137: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

135

BIBLIOGRAFIA

EDIZIONI:

GILMAN 1971 Sander L. Gilman, Johannes Agricola. Die Sprich-wörtersammlungen, Berlin, New York (2 voll.).

HAIN 1970 Mathilde Hain, Johannes Agricola. Sybenhundert und fünfftzig Teütscher Sprichwörter verneüwert und gebessert. Mit einem Vorwort von Mathilde Hain, Hildesheim, New York.

SCHWEIKLE 1970 Günther Schweikle, Der Renner von Hugo von Trimberg, herausgegeben von Gustav Ehrismann, mit einem Nachwort und Ergänzung von Günther Schweikle, Berlin. Anche in versione online a cura di Henrike Läh-nemann all’indirizzo http://www.uni-tuebingen. de/ mediaevistik/materialien/renner (ultima modifica 21.11.2004)

STUDI CRITICI E OPERE DI CONSULTAZIONE:

BAUTZ 1990 Friedrich-Wilhelm Bautz, “Agricola”, in: F. W. Bautz (ed.), Biographisch-bibliographisches Kir-chenlexikon, Hamm, vol. I, coll. 57-59.

BEYER 1987 Horst und Annelies Beyer, Sprichwörterlexikon. Sprichwörter und sprichwörtliche Ausdrücke aus deutschen Sammlungen vom 16. Jahrhundert bis zur Gegenwart, Leipzig.

BROEK 1990 Marinus A. van den Broek, lieb reden macht gGt freund. Zum Sprichwortgebrauch in der frühre-formatorischen Flugschriftenliteratur, in: “Wir-kendes Wort” 40/2, pp. 164-178.

CORNETTE 1997 James C. Cornette Jr., Proverbs and Proverbial Expressions in the German Works of Martin Lu-ther, Bern, Berlin.

COULMAS 1981 Florian Coulmas, Routine im Gespräch. Zur prag-matischen Fundierung der Idiomatik, Wiesbaden.

CRAMER 1990 Thomas Cramer, Geschichte der deutschen Lite-ratur im späten Mittelalter, München.

Page 138: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

136

Elena Di Venosa

DWB Deutsches Wörterbuch von Jacob Grimm und Wil-helm Grimm, Leipzig 1854-1971.

FRIEDRICH 2006 Jesko Friedrich, Phraseologisches Wörterbuch des Mittelhochdeutschen. Redensarten, Sprichwörter und andere feste Wortverbindungen in Texten von 1050-1350, Tübingen.

GOEDEKE 1886 Karl Goedeke, Grundrisz zur Geschichte der deut-schen Dichtung aus den Quellen, vol. II: “Das Re-formationszeitalter”, Dresden.

GRABAREK 2005 Sylvia Grabarek, Zu inhaltlichen und formalen Ei-genschaften und zur Genese der deutschen Sprich-wörter und zu ihrer Abgrenzung von verwandten For-men, in: “Studia Niemcoznawcze” 31, pp. 691-708.

GRAU 1968 Heinz-Dieter Grau, Die Leistung Johannes Agrico-las als Sprichwortsammler. Ein Beitrag zur Sprich-wortsammlung, Dissertation Tübingen.

HAMM 2001 Berndt Hamm, Die reformatorische Krise der so-zialen Werte – drei Lösungsperspektiven zwischen Wahrheitseifer und Toleranz in den Jahren 1525 bis 1530, in: A. Brady (ed.), Die deutsche Refor-mation zwischen Spätmittelalter und Früher Neu-zeit, München, pp. 91-122.

HÄUSERMANN 1977

Jürg Häusermann, Phraseologie. Hauptprobleme der deutschen Phraseologie auf der Basis sowjeti-scher Forschungsergebnisse, Tübingen.

HUIZINGA 19537 Johan Huizinga, Herbst des Mittelalters, Stuttgart. JOLLES 1930 André Jolles, Einfache Formen: Legende, Sage,

Mythe, Rätsel, Spruch, Kasus, Memorabile, Mär-chen, Witz, Darmstadt 1958 [rist. Tübingen 1930].

KÜPPER 1987 Heinz Küpper, Wörterbuch der deutschen Um-gangssprache, Stuttgart.

KUUSI 1966 Matti Kuusi, Ein Vorschlag fuer die Terminologie der paroemiologischen Strukturanalyse, in: Wolf-gang MIEDER (ed.), Ergebnisse der Sprichwörter-forschung, Bern, Frankfurt am Main 1978, pp. 171-176 [ristampa da “Proverbium” 5 (1966), pp. 97-104].

LATENDORF 1862 Friedrich Latendorf, Agricola’s Sprichwörter, ihr hochdeutscher Ursprung und ihr Einfluß auf die

Page 139: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

I proverbi di Johannes Agricola tratti dal Renner di Hugo von Trimberg

137

deutschen und niederländischen Sammler, nebst kritischen Bemerkungen über die Sprichwörter und Sprichwörtersammlungen der Gegenwart, Schwerin.

LEXER 1872 Matthias Lexer, Mittelhochdeutsches Handwörter-buch, Leipzig, 1872-1878 (3 voll.).

MIEDER 1996 Wolfgang Mieder, Geschichte des Sprichwortes und der Redensart im Deutschen, in “Proverbium” 13, pp. 235-252.

PEUKES 1977 Gerhard Peukes, Untersuchungen zum Sprichwort im Deutschen, Berlin.

PILZ 1978 Klaus Dieter Pilz, Phraseologie. Versuch einer inter-disziplinären Abgrenzung, Begriffsbestimmung und Systematisierung unter besonderer Berücksichtigung der deutschen Gegenwartssprache, Göppingen.

RABE 1991 Deutsche Geschichte 1500-1600. Das Jahrhundert der Glaubensspaltung, München.

REDLICH 1979 Friedrich Redlich, Sprichwort. In: Deutsche Volks-dichtung. Eine Einführung (Autorenkollektiv), Leip-zig, pp. 221-240.

RÖHRICH 1960 Lutz Röhrich, Sprichwörtliche Redensarten aus Volkserzählungen, in K. Bischoff, L. Röhrich (edd.), Volk Sprache Dichtung. Festgabe für Kurt Wag-ner, Gießen, pp. 247-275.

RÖHRICH 1991 Lutz Röhrich, Lexikon der sprichwörtlichen Re-densarten, Freiburg, Basel, Wien (5 voll.)

SCHULZE 1860 Carl Schulze, Die biblischen Sprichwörter der deutschen Sprache, Göttingen.

SCHWEIKLE 1983 “Hugo von Trimberg”, in: Die deutsche Literatur des Mittelalters, Verfasserlexikon, 2., völlig neu be-arbeitete Auflage unter Mitarbeit zahlreicher Fach-gelehrter hrsg. von Kurt Ruh, zusammen mit Gun-dolf Keil et al., Bd. 4, Berlin, New York 1983, coll. 268-272.

SEILER 1922 Friedrich Seiler, Deutsche Sprichwörterkunde, Mün-chen 1967 [ristampa München 1922].

SINGER 1944 Samuel Singer, Sprichwörter des Mittelalters, Bern 1944-1947 (3 voll.)

TAYLOR 1931 Archer Taylor, The Proverb and An Index to The Proverb, Hartboro, Penn. 1962 [rist. 1931].

Page 140: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

138

Elena Di Venosa

TPMA Samuel Singer (begründet von), Thesaurus Pro-verbiorum Medii Aevi. Lexikon der Sprichwörter des romanisch-germanischen Mittelalters, Berlin, New York 1995-1996 (14 voll.)

WAGNER 1962 Eva Wagner, Sprichwort und Sprichworthaftes als Gestaltungselemente im Renner Hugos von Trim-berg, Dissertation Würzburg.

WATANABE 2004 Manabu Watanabe, Historische Phraseologie und Parämiologie als Spiegel der Gesellschaft. Bemer-kungen zu lexikographischen Darstellungen seit dem 18. Jahrhundert, in: K. J. Mattheier, H. Nitta (edd.), Sprachwandel und Gesellschaftswandel. Wur-zeln des heutigen Deutsch. Studien des deutsch-japanischen Arbeitskreises für frühneuhochdeut-sche Forschung, München, pp. 245-264.

Page 141: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Studia theodisca - Philologica II, 139-169

Paola Spazzali (Milano)

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

Per circa due secoli, dalla prima metà del Trecento fino agli inizi del Cinquecento, nell’area del tedesco superiore è circolato un particolare genere di preghiera mariana, la lode delle membra della Madonna. Le testimonianze in volgare sono sporadiche, ma persistenti, e cominciano con quella contenuta nel primo libro di preghiere privato quasi intera-mente in tedesco1.

Sino a poco tempo fa erano note sette versioni manoscritte2 e una a stampa; ora ne è stata identificata una ulteriore, contenuta insieme ad altre orazioni e testi meditativi in un libro di devozione attribuito al 1400 ca., il codice ms. germ. oct. 4493, conservato presso la Staatsbiblio-thek zu Berlin.

1 Le preghiere di lode del corpo mariano 1.1 Il genere

Nella loro ossatura, le orazioni vedono succedersi celebrazioni di

1 La prima attestazione della preghiera si trova nel codice cgm 73, che in area tedesca

è il più antico libro di preghiere privato che contenga quasi esclusivamente orazioni in volgare (si veda P. Ochsenbein, Deutschsprachige Privatgebetbücher vor 1400, in V. Honemann, N.F. Palmer (Hgg.), Deutsche Handschriften 1100-1400. Oxforder Kollo-quium 1985, Tübingen 1988, pp. 379-398, qui p. 382).

2 L’unico studio sulle preghiere mariane alto tedesche che si sofferma anche su que-sto genere elenca sette orazioni manoscritte e non cita quella a stampa (v. P. Ochsen-bein, Gebete, in: R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexikon, St. Ottilien 1988- 1994, vol. 2, pp. 590-596, qui p. 594 s.).

3 Descritto in H. Degering, Kurzes Verzeichnis der germanischen Handschriften der Preussischen Staatsbibliothek. III. Die Handschriften in Oktavformat und Register zu Band I-III, Leipzig 1932, p. 147.

Page 142: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

140

Paola Spazzali

parti del corpo della Vergine, lodate per il servizio reso al Figlio alla nascita o nella sua prima infanzia: vengono evocati gesti compiuti da Maria, appartenenti alle consuetudini quotidiane e alle normali cure materne, ma che si stagliano per la loro unicità, in quanto rivolti al Sal-vatore, al Creatore. Sono lodi che si fondano sullo scarto tra la fisicità umana del Bambino e la sua natura divina, sulla meraviglia davanti all’incarnazione salvifica di Dio, avvenuta appunto nel corpo della Vergine.

Il genere stesso della preghiera è un’evoluzione del saluto evange-lico di Elisabetta, nel quale essa benedice il grembo di Maria. Ad am-pliamento di quella singola lode, dal XII sec. troviamo – soprattutto in area basso tedesca – sequenze di benedizioni di altre parti del corpo mariano, scritte sia in latino, sia in volgare4, chiamate appunto Benedic-tus-Orationen (“orazioni del tipo Benedictus”5). Si veda ad esempio l’inizio di un’orazione del XII sec.:

Ave, Maria, gratia plena, dominus tecum, benedicta tu in mulieri-bus et benedictus fructus ventris tui. Amen. […] Et ideo benedicta tu in mulieribus, iure benedicenda a fidelium animabus, tota pul-chra […] et benedicta, toto corde et ore iugiter benedicenda. Be-nedictum sit capud tuum pulcherrimum, quod super dilectum in-nixa tociens in sinum iocundissime reclinasti. Benedicte sint aures tue santissime, quibus ex eius ore dolcissima verba in corde tuo reponenda excepisti.6

La lunghezza dei testi è variabile, non solo perché in alcuni di essi le benedizioni sono poche mentre in altri vengono elencati fino a 24 arti od organi, ma anche perché, indipendentemente dal loro numero, le singole lodi possono diffondersi o essere scarne. Sono spesso succinte quelle in latino7, ma talvolta anche le formulazioni in tedesco si limi-tano all’essenziale:

4 Per le orazioni in area basso tedesca si vedano le sottovoci Krönlein Unserer Lie-

ben Frau e Krone/Krönlein des Lobs alla voce Krone Unserer Lieben Frau di H. Hild in: K. Ruh et al. (Hgg.), Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfasserlexikon, Ber-lin-New York 1978 ss., vol. V, p. 388 s. e p. 389 s.

5 Sulle orazioni di Benedictus si veda G.G. Meersseman, Der Hymnos Akathistos im Abendland, Freiburg 1960, vol. II, pp. 29-33.

6 G.G. Meerseman, op. cit., vol. II, pp. 180-181. 7 Sono state pubblicate otto versioni latine, risalenti ai secoli XII-XIV (v. G.G. Meer-

sseman, op. cit., vol. II, pp. 177-189).

Page 143: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

141

Gesegenet sigen din aller lústlichen ougen Wenn sy dz götliche wesen ansehent vnd frölichen schowent on ende Aue maria. (UB 477, f. 85r, ll. 2-6) 8

Più di frequente, soprattutto in volgare, le benedizioni assumono una forma più distesa: esse si sviluppano in strutture articolate, in cui si in-treccia una preghiera d’intercessione rivolta a colei che, essendo così vicina al Figlio, può assumere quel ruolo di mediatrice messo in risalto da Bernardo di Chiaravalle9. Così ad esempio nella versione stampata da Michael Greyff a Reutlingen nel tardo XV sec., dal titolo Lob der glyder Marie 10, dove l’orante chiede sia la remissione dei peccati, sia l’aiuto a non commetterne più:

ZG den lefftzen marie. O Aller senfftmütigeste; milteste / demü-tigeste iungfrow vnnd mGter maria / Ich loben / eren vnd rümen dine süßen lefftzen / mit denen du din kynd iesus offt vnd dick-früntlich küss vnser versünung geben hast / Denen ze lob sprich ich zwey Aue maria / Vnd bitt dich müterlichen / das du mir app-laß erholest aller sünden / die ich mit mynen lefftzen ye gethett / vnnd mir erwerbest gnad / das ich fürbaßer myne lefftzen zG key-nem vnrechten yemer gebruch / Amen. (Lob der glyder Marie, c. a7r, ll. 3-18)

Talvolta nell’intercessione è più evidente il tratto meditativo, come nel terzo testo del codice UB 477, destinato a delle consacrate, che si sofferma sulla simbologia della luce e dell’oscurità:

8 Tutte le citazioni sono tratte dai vari manoscritti, poiché le preghiere sono ine-dite. Trattandosi di testi in tedesco protomoderno, dove le peculiarità grafiche hanno rilevanza anche quando i grafemi sono varianti libere, si sono uniformate solo lo gra-fie di s. Sono state sciolte le abbreviature, indicandole in corsivo: si tratta prevalente-mente di contrazioni o troncamenti di n, m, er, r, troncamenti della congiunzione vnd e contrazioni di nomina sacra (ad es. Ihxi per Iesu Christi). Sono state integrate le let-tere e le parole mancanti (le integrazioni delle lettere sono tra parentesi quadre [ ], tra parentesi uncinate < > quelle delle parole). Si è preferito lasciare anche l’uso ori-ginario delle maiuscole, che in alcuni manoscritti interferiscono parzialmente con l’interpunzione, poiché identificano parti della frase.

9 Per la diffusione in Germania della concezione di Maria come mediatrix, si veda P. Ochsenbein, Bernhard von Clairvaux in spätmittelalterlichen Gebetbüchern, in: K. Elm (Hg.), Bernhard von Clairvaux. Rezeption und Wirkung im Mittelalter und in der Neuzeit, Wiesbaden 1994, pp. 214-232.

10 Le citazioni sono tratte dal Lob der glyder Marie che appare in un libro di pre-ghiere stampato da Michael Greyff, di cui un esemplare è conservato nella Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo Sesia. Per un commento del testo si veda: P. Spaz-zali, Il Lob der glyder Marie. Un’analisi, in «Bibliofilia subalpina» (2006), pp. 37-72.

Page 144: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

142

Paola Spazzali

<O> schone sússe reine mGter vnd maget maria jch ermane dich diner junpfrawlichen arme vnd mynneklichen hende [...] Bitte jn dz er mir gebe die arme worer bekintniß des liechtes vnd der vin-sterniß Dz liecht dz er ist Vnd die vinsterniß die ich bin Dz ich jn also vmb vohe Vnd jn jnn min hertz trucke dz er von mir vnd ich von jm nyemer gescheiden werde Amen (UB 477, ff. 96r, l. 4-96v, l. 8)

A rafforzare la preghiera, in apertura o chiusura della lode appare spesso l’invito a recitare una o due avemarie (tante quante gli arti o gli organi celebrati); così ad es. nella prima versione: «Sprich auer zwai aue maria» (cgm 73, f. 42r, l. 4).

L’orazione può essere preceduta (più raramente seguita) da una parte espositiva o narrativa che ne giustifica l’esistenza. Nei testi latini si fa riferimento a una generica auctoritas11, in quelli in alto tedesco invece è spesso la Madonna a istruire un monaco o un predicatore, dopo che questi le ha domandato quale sia il modo a lei più gradito per venerarla, quasi a imitazione del Padrenostro, insegnato ai discepoli da Cristo su loro richiesta:

Ein gGt prediger der pat venser frawen dreizzich iar daz si sich in sehen liezze […] Do fragt er sei waz dienst daz wære da man ir al-ler liebest an diente. do lerte si in ditze gepet. Sprich zway aue maria meinem geh=rn […] (cgm 73, ff. 41r, l. 22 – 41v, l. 22)

1. 2 Le tipologie in area alto tedesca: la forma Dall’area basso tedesca, il genere è giunto in quella alto tedesca e ha

trovato diffusione nella zona alemanno-bavarese12. I testi pervenutici in volgare sono conservati in libri di preghiera sia manoscritti sia a stam-pa, destinati a un uso privato di consacrate o di laici13.

11 «Notandum quod in libro [...] habetur scriptum in hec verba: “Sicut dicunt qui

experti sunt, et testantur qui a sanctis viris audierunt, vix inveniri posset alius modus servicii, qui tantam gloriose virgini complaceret”, videlicet ex quo tanta devocio re-dundaret dicentibus» (G.G. Meersseman, op. cit., vol. II, p. 187).

12 Non è stata ancora indagata la trasmissione della preghiera latina sul suolo alto tedesco. A un primo sguardo, controllando i cataloghi dei manoscritti, sembrerebbe tuttavia che non fosse così diffusa come a nord.

13 In generale, i libri di preghiera del Trecento sono quasi tutti provenienti da mona-steri femminili (P. Ochsenbein, Deutschsprachige Privatgebetbücher, op. cit., p. 392), ma ancora agli inizi del XVI sec. i testi tramandati nel codice UB 477 sono pensati per un pubblico di donne: «O kunigin des himels vnd der erden enpfohe hie dissen gruoß

Page 145: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

143

Le orazioni in alto tedesco di quei secoli sono ancora poco indagate ed è probabile che vi siano altre lodi del corpo della Vergine da portare alla luce. Attualmente i testi di cui si è a conoscenza sono: • cgm 73, ff. 41r-43r, inizi del XIV sec.14, in dialetto bavarese; • Engelberger Gebetbuch (cod. 155, ff. 48r-53r), seconda metà del

XIV sec.15; la preghiera è redatta in dialetto alemanno occidentale; • trascrizione di un testo in alemanno effettuata da Anton Birlinger; il

manoscritto è andato perduto16; • versione a stampa (Lob der glyder Marie), in alemanno (edizione

del 1492 di Johann Amerbach, Basilea) e in svevo (edizione del 1493 di Konrad Dinckmut, Ulma e del 1494 di Michael Greyff, Reutlingen);

• UB 477, ff. 81v-90v (biblioteca universitaria di Friburgo): il codice è un libro di preghiere e meditazioni composto fra il 1507 e il 1518, le preghiere sono in alemanno17;

• UB 477, ff. 93v-94v, in alemanno; • UB 477, ff. 95r-96v, in alemanno; • UB 477, ff. 97r-108v, in alemanno.

A questi si aggiunge la versione in bavarese contenuta nel codice ms. germ. oct. 449, ff. 25v-29r della Staatsbibliothek di Berlino. diner armen dienerin» (UB 477, ff. 82r, l. 12-82v, l. 1). I testi a stampa sono esplici-tamente destinati ai laici, in particolare ai giovani: «Vnd ist trüwlich ze raten allen iungen knaben vnd t=chteren / das sy dise vermanung vnd gebett vil der iungfrowen maria oppferen vnd sprechen» (Lob der glyder Marie, c. c3r, ll. 11-16).

14 Per una descrizione del ms. si veda E. Petzet, Die deutschen Pergament-Handschriften Nr. 1-200 der Staatsbibliothek in München, München 1920, pp. 117-123.

15 Per l’Engelberger Gebetbuch si vedano P. Ochsenheim, Engelberger Gebetbuch, in: R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexikon, St. Ottilien: EOS, 1988-1994, vol. II, p. 342; P. Ochsenbein, Engelberger Gebetbuch, in: K. Ruh et al. (Hgg.), Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfasserlexikon, Berlin-New York 1982 ss., vol. II, coll. 529-530, inoltre P.B. Gottwald, Catalogus codicum manu scriptorum qui as-servantur in bibliotheca monasterii Engelbergensis, Herder, 1891, pp. 150-151.

16 La trascrizione venne pubblicata: A. Birlinger, Gebete; Tractate Meister Eck-harts, des Mönchs von Heilsbronn und andern, in «Alemannia. Zeitschrift für Spra-che, Litteratur und Volkskunde des Elsasses und Oberreins» 3 (1875), pp. 97-119, per la preghiera: p. 100, l. 43 - p. 102, l. 23.

17 Per la descrizione del ms. si veda W. Hagenmaier, Die deutschen mittelalterli-chen Handschriften der Universitätsbibliothek und die mittelalterlichen Handschriften anderer öffentlicher Sammlungen, Wiesbaden 1988, pp. 120-121. Una presentazione delle diverse tipologie di lode del corpo di Maria contenute nel codice si ha in P. Spazzali, La lode del corpo della Vergine nel codice UB 477, in S. Serafin, P. Lendi-nara (curr.), Scritti in onore di Amalia D’Aronco, Udine, Forum, 2008, pp. 385-397.

Page 146: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

144

Paola Spazzali

Pur nel numero limitato di testi (e – ancor più! – dei codici), il pano-rama testimoniatoci dalle preghiere tedesche è variegato e non solo ri-flette la duttilità che il genere presenta anche nelle altre lingue, ma – come si vedrà – ha elementi di innovazione.

Vi è infatti sempre la lode di diverse parti del corpo di Maria per il servizio reso al Figlio e spesso appare qualche forma di supplica, ma vi è più di un modo per proporre la sequenza delle benedizioni: come una sorta di ampliamento dell’avemaria (così accade talvolta nei testi la-tini), oppure all’interno di un exemplum, o ancora come preghiera nuo-va, vale a dire sciolta sia dal saluto evangelico sia dal contesto narrativo dell’exemplum.

Dal punto di vista della struttura i testi possono essere così inqua-drati (in successione cronologica): • exemplum: cgm 73; Engelberger Gebetbuch; versione alemanna tra-

scritta da Birlinger; ms. germ. oct. 449; UB 477, ff. 93v-94v; UB 477, ff. 97r-108v18;

• preghiera meditativa: Lob der glyder Marie; UB 477, ff. 95r-96v; • ampliamento dell’avemaria: UB 477, ff. 81v-90v.

Questa classificazione tiene conto della tipologia di testo, e non im-plica che tra le preghiere appartenenti a uno stesso gruppo vi siano ne-cessariamente somiglianze tali da consentire di ricostruire rapporti di dipendenza.

I testi del primo gruppo esordiscono dunque con un momento narra-tivo più o meno lungo, che allo stato attuale della ricerca sembra essere una specificità alto tedesca. Nella versione più antica (cgm 73) si legge che dopo trent’anni di assidua devozione mariana, un predicatore ot-tiene che la Vergine gli appaia nell’aspetto che essa aveva il giorno dell’ascensione di Cristo. Egli la contempla nel suo aspetto esteriore (dolente e orante) e interiore (il cuore), poi chiede che essa gli parli; al-la promessa della Vergine di esaudire ogni sua richiesta, il predicatore domanda quale sia il «servizio con il quale venerarla nel modo a lei più gradito»19. Seguono undici benedizioni, costituite da tre momenti: l’esortazione a recitare l’avemaria dedicata alla parte del corpo, il ri-

18 Ultima delle quattro preghiere dedicate al corpo della Vergine nel codice UB

477 (e allo stato attuale della ricerca anche ultima testimonianza di questo genere in un dialetto alto tedesco), questo testo ha in realtà una struttura più complessa: tramite un momento di sutura, sulla tipologia dell’exemplum (ff. 97r, l. 1–103r, l. 2) si innesta quella della preghiera a sé stante (ff. 103r, l. 2-108v, l. 14).

19 «waz dienst daz wære da man ir aller liebest an diente» (cgm 73, f. 41v, ll. 19-20).

Page 147: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

145

cordo della relazione di questa con il Figlio, la ricompensa della Ma-donna al fedele. Si veda ad es.:

Sprich auer zwai aue maria. meinen augen vnd man mich der fr=lichen angesicht. daz ich den sach der mich beschaffen hat daz der mensch von mier wolte werden der angesicht man mich. so mGz ich dich parmhertzichleich an sehen. (cgm 73, f. 42r, l. 9-13)

La Vergine conclude assicurando di concedere qualsiasi cosa al pre-dicatore, se egli reciterà le avemarie; in risposta alla sua domanda se debba insegnarle ad altri, Maria garantisce la stessa ricompensa ai futuri oranti. In tal modo è la stessa Madonna a sancire l’importanza e l’utilità di questo tipo di devozione, non solo per il protagonista all’interno del contesto dell’exemplum, ma per qualsiasi fedele che ne seguirà l’esempio.

Questa modalità di giustificare l’atto di devozione non appare nelle versioni latine, ma è frequente in altri tipi di orazione contenuti nei libri di preghiera tedeschi del XIV secolo, tanto da configurarsi come tipo di testo autonomo, detto Gebetsanweisung. In tali “istruzioni alla pre-ghiera” sono spesso Maria e Cristo a rivolgersi all’orante, senza che pe-rò l’apparizione venga sempre inserita in un exemplum20. Il dato inte-ressante è dunque che in area tedesco superiore il testo non è stato sem-plicemente tradotto, ma è stato subito adattato autonomamente a un contesto devozionale diverso.

La ricompensa della Vergine si riempie nel tempo di contenuti più precisi. La versione a stampa interpreterà ulteriormente la possibilità di ricevere una grazia, prospettando ai fedeli l’ottenimento dell’indul-genza21:

Denn von dem engelschen grGß / der darinn gesprochen wirt fünff vnd zwentzig mal / mag eyn yeglicher mensch erholen fünffzehen hundert tag applaß (Lob der glyder Marie, cc. a2r l. 19 – a2v l. 4)22

20 L’insorgere e l’evoluzione delle Gebetsanweisungen non sono ancora stati studiati,

ma secondo Ochsenbein questo genere potrebbe derivare dalle indicazioni su come pre-gare contenute nei salteri latini (P. Ochsenbein, Deutschsprachige Privatgebetbücher, op. cit., p. 396).

21 Recitare un determinato numero di avemarie era una delle modalità più diffuse per ottenere le indulgenze, nel tardo medioevo. Sui libri di preghiera e la remissione della pena temporale si veda N. Paulus, Geschichte des Ablasses am Ausgange des Mittelalters, Paderborn: Schöningh, 1923, p. 293-302.

22 Oltre il riferimento all’indulgenza, la versione a stampa esprime esplicitamente i vantaggi della preghiera: essa procura la protezione di Maria per non cadere nel pec-cato: «das sy dise vermanung vnd gebett vil der iungfrowen maria oppferen vnd spre-

Page 148: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

146

Paola Spazzali

Il Lob der glyder Marie e un testo attribuibile all’incirca allo stesso periodo (UB 477, ff. 95r-96v,) tramandano la seconda forma di lode, in cui la preghiera ha ormai assunto vita propria, benché possa ancora ap-parire una sorta di auctoritas (“uomini santi”) a garantire l’utilità di tale forma di devozione.

Dunque non vi è più Maria che istruisce, né si ha un ampliamento della benedizione di Elisabetta, ma è l’orante in prima persona a rivol-gersi alla Madonna. Nel manoscritto egli la invoca sempre con:

O schöne sússe reine mGtter vnd maget maria (UB 47, f. 95r, ll. 1-3)23

Nella versione a stampa troviamo invece formule variabili, come ad es.: O Aller sch=nste / zierlichste vnd wolgestalteste (Lob der glyder Marie, c. a5r, ll. 19-20)

O Aller hochgelerteste / künstrichste vnd wyseste (Lob der glyder Marie, c. a7v, ll. 1-2)

Dopo avere ricordato quanto la Vergine fece con quella parte del suo corpo per il Figlio, compare la richiesta di grazie future:

Bitte jn dz er mir gebe kúscheit vnd reinkeit an hertz an sele vnd an libe Amen (UB 477, f. 95v, ll. 5-8) Vnd bitte dich dz du mich hútt wellest ansehen vnd alle zit mit di-nen mútterlichen ougen der erbarmhertzikeit (UB 477, f. 104v, ll. 7-11)

Nel Lob der glyder Marie la supplica ha duplice contenuto: si chiede che la Madonna ottenga la remissione dei peccati commessi con quegli arti od organi che sono oggetto della singola lode e l’aiuto a non pec-care mai più con essi24. chen / denn sy da von on zwifel erholen von ire / hilff vnd beschirmung irs libs vnd aller irer glyder vor süntlichem fal» (Lob der glyder Marie, c. c3r, ll. 13-19).

23 La stessa ripetitività si trova pure nella seconda parte dell’ultima preghiera di UB 477 (ff. 103r, l. 2-108v, l. 14) che, come si è detto, è anch’essa un’orazione recitata in prima persona: «Ich lobe dich maria mit zweygen Aue maria zG lop dinem hertzen vnd dinem libe Do jnne du got enpfangen hest» (UB 477, f. 103v, ll. 7-10) oppure «Ich lobe dich maria mit zweygen Aue maria zG lobe dinen ougen» (UB 477, f. 104r, ll. 11-13).

24 Ad es.: «Nun bitt ich dich edle iungfrow / das du mir applaß erwerbest über alle sünde die ich mit mynen füßen ye begieng / vnd fürbaßer sy also regierest / das sy keynen dir mißfelligen tritt yemer thüen» (Lob der glyder Marie, cc. a3v, l. 17 - a4r, l. 3).

Page 149: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

147

Strutturalmente simili tra loro, le due preghiere divergono per lun-ghezza e contenuto: quella del manoscritto contiene quattro lodi contro le dodici del Lob der glyder Marie; le suppliche esaltano i valori mona-stici nella prima (ad es. disprezzo dell’amore terreno, castità, unione con Dio), fanno riferimento a peccati concreti nella seconda; l’una è de-stinata a donne consacrate, l’altra a fedeli laici anche analfabeti.

A differenza dei testi manoscritti, la preghiera stampata avvia infatti a una formulazione individuale, soggettiva, della lode, in modo che possa essere recitata da chi non sa leggere:

Es ist ze wissen das in disem lob marie / die wort m=gen gemyn-dert oder geendert werden / nach eynes yegliche andacht vnnd be-griffung / durch deren willen die nit lesen künnen (Lob der glyder Marie, cc. c2v, l. 17 – c3r, l. 2)

Occorre però che ire glyder genempt werden / vnd die Aue maria gesprochen / vnnd sy vermandt werde des dienstes so sy mit yeglichem dem herren gedient hat als ob stat (Lob der glyder Marie, c. c3r, ll. 2-7)

Qui si esplicita quanto può essere rilevato in genere per molte forme di preghiera del periodo quali il rosario e le preghiere incentrate sui do-lori della Vergine o sulle sue gioie25: il nucleo è costituito dal fare me-moria di un episodio di vita sacra accompagnandolo con la preghiera, mentre la supplica è accessoria.

Della terza tipologia di preghiera esiste un unico testimone. Il colle-gamento con l’avemaria – chiamata in alto tedesco medio engelisch gruoz – appare formalmente anche nel titolo: «Dis ist der grGß aller glider des seligen libes der erlichen maget maria» (UB 477, f. 81v, ll. 12-14). Seguono le istruzioni su come e dove recitare l’orazione26 e la giustificazione di questo atto di devozione: troviamo qui lo stesso rife-rimento a una vaga auctoritas che – come si è detto – è presente nella

25 Per il rosario in area tedesca si veda S. Beissel, Geschichte der Verehrung Ma-

rias in Deutschland während des Mittelalters, Freiburg 1909 [rist. Darmstadt 1972], pp. 511-540. Per quanto riguarda le preghiere incentrate sui dolori e le gioie della Madonna, una panoramica attraverso i secoli viene presentata in P. Ochsenbein, Ge-bete, art. cit., vol. II, pp. 590-596.

26 Anche questo testo, come gli altri del codice UB 477, è destinato a donne consa-crate. L’invito è a recitare il “saluto” ogni giorno, in ginocchio, davanti all’immagine della Madonna o, se possibile, davanti all’altare.

Page 150: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

148

Paola Spazzali

tradizione latina e nella versione a stampa del secondo gruppo di ora-zioni in tedesco, pur con formulazioni differenti27.

A una lunga invocazione e lode di Maria seguono 22 benedizioni ve-re e proprie, che esordiscono cioè riprendendo la formulazione del sa-luto evangelico («Gesegnet bistu ob allen frawen» f. 84r, ll. 5-6): Ge-segnet sint o Gesegenet sig, come in latino. Si tratta di un tratto caratte-ristico e fondante della terza tipologia: nelle altre preghiere le membra vengono “ricordate a Maria” (jch ermane dich) o “lodate” (Ich loben), non benedette. Coerentemente con l’ispirazione originaria e il modello del saluto di Elisabetta, il testo si limita a benedire il corpo della Ver-gine e a invitare a recitare l’avemaria e non unisce una promessa o ri-chiesta di grazia come accade invece quasi sempre negli altri:

Gesegnet sigent din lustlichen lefftzen Wenn sy dick vnd vil jn di-nen mynnsamen kussen den herren Jesum begirlichen vnd sússek-lichen berúret hant Aue maria (UB 477, f. 85v, ll. 5-10)

Le singole lodi echeggiano spesso da vicino quelle latine a noi note, si veda ad es.:

Gesegnet sint din aller heilgesten oren Wenn sy vsser dem sússen mundt iesu also vil gGtter wort enpfangen hant Die du jn din mynn-sames hertz legen solttest. Aue maria (UB 477, ff. 84v, l. 10-85r, l. 1)

e la versione del XII sec.: Benedicte sint aures tue sanctissime, quibus ex eius ore dulcissima verba in corde tuo reponenda tociens excepisti28

Il testo si conclude con una ripresa, ampliata, del seguito dell’ave-maria («Gesegenet ist die frücht dines libes Jesus Christus», f. 90r, ll. 3-4) e con il gloria.

27 Qui: «Vnd also die sagen die es befunden hant so mag man kum vinden einen

besseren dienst der ir also genem vnd wol geuellig sige als disser vnd uß dem also grosse gnod flisset jn die mynnsamen hertzen aller der die sy hiemit loben vnd eren» (UB 477, f. 82r, ll. 3-11). Nella versione a stampa di Greyff: «Vnd sprechent ettlich / das sye geh=rt haben von heiligen menschen / das kGmm m=g eyn andere wyß gefun-den werden / ze dienen der iungfrowen maria / die ir so fast gefellig sig / vnd sye so tieff vermane / vnd von deren so große andacht vnnd frucht m=g entspringen vnd app-laß iren liephabern» (Lob der glyder Marie, c. a2r, ll. 10-19).

28 Codice Bruxelles 9961 del XIII sec. (testo del XII), pubblicato in G.G. Meersse-man, op. cit., vol. II, p. 181.

Page 151: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

149

1.3 Le unità devozionali: i contenuti Confrontando tra loro le nove preghiere si nota che a livello di ma-

crostruttura vi sono dunque differenze di contesto (da cui discendono anche le diverse formulazioni: prescrizione su come pregare oppure be-nedizione/lode pronunciata dal fedele), di numero di parti del corpo ci-tate (si va da un minimo di quattro a un massimo di 2229, ma la maggior parte si sofferma su undici o dodici) e di estensione di ogni singola ce-lebrazione.

Diversa può anche essere la microstuttura, ovvero la struttura della singola celebrazione o unità devozionale: come si è visto, essa può li-mitarsi alla lode e all’invito a pregare oppure può aggiungere una sup-plica, secondo che si tratti rispettivamente di un’orazione di benedi-zione nel primo caso, o di un exemplum o della preghiera autonoma nel secondo. Infine, può variare la successione delle parti del corpo nomi-nate: in UB 477, ff. 81v-90v e nella maggior parte degli exempla si parte dal capo e si scende sino ai piedi, nel Lob der glyder Marie l’ordine è inverso.

Una varietà così ampia di struttura sembra non esserci nelle orazioni di Benedictus latine, dove oscilla il numero delle celebrazioni ed esse possono essere precedute da invocazioni diverse dall’avemaria, ma il nucleo è costante: la benedizione, eventualmente seguita dall’invito a recitare l’avemaria, mai dalla supplica. I tratti di originalità delle pre-ghiere alto tedesche interessano anche il versante del contenuto, poiché il più delle volte le lodi divergono da quelle latine: possono non coinci-dere le parti del corpo nominate, o venir celebrate con altre motiva-zioni, o con parole differenti.

Tuttavia, nella pluralità delle forme giunteci dall’area alto tedesca, vi sono elementi che ritornano e che vanno oltre gli aspetti strutturali del ricordo e della preghiera.

Così in nessun testo in volgare manca la celebrazione del cuore, del corpo, delle mammelle e delle braccia di Maria. Inoltre alcune imma-gini offerte alla meditazione del fedele, seppure con formulazioni non uguali, sono presenti in ogni preghiera, probabilmente perché lo sguar-do si sofferma su gesti comuni della cura del bambino: ovunque le braccia vengono lodate per avere portato e abbracciato Gesù, le mam-

29 Sono quattro nei testi UB 477, ff. 93v-94v e UB 477, ff. 95r-96v; sono 22 in UB 477, ff. 81v-90v. In cgm 73, nella trascrizione di Birlinger e nella seconda parte di UB 477, ff. 81v-90v si hanno undici lodi; nel ms. germ. oct. 449, nel Lob der glyder Marie e nella prima parte di UB 477, ff. 81v-90v ne vengono proposte dodici.

Page 152: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

150

Paola Spazzali

melle sono celebrate per averlo nutrito, le mani per averlo maneggiato, il naso per averne sentito il profumo alla sua nascita, gli occhi per aver-lo contemplato. Quasi tutti i testi benedicono il corpo di Maria come luogo del concepimento o della gravidanza. E viceversa: la stessa im-magine del bacio della madre al Figlio viene utilizzata a proposito della bocca o delle labbra. Due immagini diverse si hanno per i piedi (lodati per avere portato il Figlio bambino in alcuni testi tardi, per avere segui-to Cristo nell’età adulta nelle versioni più antiche) e per l’udito (bene-detto per avere ascoltato l’annuncio dell’angelo o per avere sentito le parole di Gesù).

Anche quando la situazione evocata è uguale nei testi, la descrizione non è identica, ma il più delle volte si ripresentano almeno alcune pa-role. A titolo di esempio si veda il passo dedicati agli occhi in preghiere appartenenti ai tre gruppi:

Sprich auer zwai aue maria. meinen augen vnd man mich der fr=lichen angesicht. daz ich den sach der mich beschaffen hat daz der mensch von mier wolte werden (cgm 73, f. 42r, ll. 9-12)

Ich loben / eren vnd anbetten dyne lieplichen ougen / mit denen du so fr=lichen vnd früntlichen hast anblickt vnd geschout dynen lus-tigen sun / Vß denen du ouch in synem scharpffen lyden vil trehen gossen hast / vnd bitterlich geweint / (Lob der glyder Marie, c. a8v, ll. 7-14)

Gesegenet sigen din aller lústlichen ougen Wenn sy dz götliche wesen ansehent vnd frölichen schowent on ende (UB 477, f. 85r, ll.2-6)30

Anche l’immagine del bacio di Maria al Bambino quale segno di ri-conciliazione tra l’uomo e Dio compare in più testi (non nella prima preghiera di UB 477), ed è probabile che non sia da ricondurre sempli-cemente a una visione teologica del tempo:

Sprich auer zway aue maria. meinem munde vnd meinen lefsen. do got den menschen an sach do chust ich in ze einem vrchFnde

30 Le benedizioni latine hanno formulazioni diverse; si veda ad es.: «Benedicti sint

oculi tui carissimi, quibus Christum, vere iusticie solem, quanto proximius, tanto per-spicacius perspexisti» (XII sec.) oppure «Adoro e benedico speciosissimos oculos tuos, qui sponsum advolare fecerunt, quorum virus et efficacia tanta extitit, ut neque-ant eternaliter mori, quos volueris ex ipsis misericorditer intueri» (v. G.G. Meerse-man, op. cit., vol. II, pp. 181, 188).

Page 153: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

151

stætes su[o]ns tzwissen der gothait vnd der menschait. (cgm 73, f. 43r, ll. 13-17)

ZG den lefftzen marie. O Aller senfftmütigeste; milteste / demü-tigeste iungfrow vnnd mGter maria / Ich loben / eren vnd rümen dine süßen lefftzen / mit denen du din kynd iesus offt vnd dick früntlich küss vnser versünung geben hast (Lob der glyder Marie, c. a7r, ll. 3-11)

Almeno in questi casi si è indotti a pensare a una lontana fonte co-mune31, che non è però ancora nota.

Solo nel primo gruppo di orazioni, quelle che inseriscono la pre-ghiera nella cornice dell’exemplum, troviamo una maggioranza di testi tanto simili tra loro, da poter postulare l’esistenza di una tradizione in volgare, o quantomeno di una stessa fonte latina (o, ancora, di una tra-dizione latina abbastanza omogenea).

Si veda ad esempio la lode delle mammelle della Vergine, dove a di-stanza di circa due secoli troviamo ancora quasi le stesse espressioni:

Sprich auer zwai aue maria. meinen prFstlein. von den got speise genomen hat daz der gerGcht sich speisen von meinem her-tzen. der allez daz speist daz in hymelreich vnd in ertreich ist.

31 Non sempre è così. Le benedizioni dedicate al corpo non presentano ad esempio

elementi linguistici comuni: «Sprich auer zwai aue maria. meinem hertzen vnd meinem leib, in den ich got en-

phangen han, daz ich in meinen chintleichen tagen gotes almæchtichait gelaubt daz daz an mier geschehen mocht» (cgm 73, f. 42r, ll. 4-7).

«Zuo irem lyb vnd hertzen. O Du aller reyneste / demütigeste vnd holtseligegeste magt maria / Ich loben / anbetten vnd selig sagen dyn aller adelichstes büchlyn / dz / du in aller küscheit pur / reyn vnd vnuermaßget gehalten hast / in dem iesus vnser hei-land menschheit an sich hat genomen /vnd du in nün moned darinn getragen hast» (Lob der glyder Marie, c. a4r, ll. 4-15).

«Gesegenet sige din aller kúschester reiner lip ein gulden schloff kemerlin der ruoge des obersten salomonis Dem du dich gantz gegeben hest zuo einem ewigen dienst Dem kunige der engel vnd in die gehorsam Jesu noch allem sinen willen» (UB 477, ff. 83r, l.10 – 89v, l. 4).

«Dz ander wz irer reiner lutterer lip vnd ermanet sy der grossen froiden vnd trost vnd lust den sy het do got vnd mensch ix monet in irem lib verborgen lag» (UB 477, ff. 93v, l. 14 – 94r, l. 6).

«O schone susse reine muotter vnd maget maria jch ermane dich dines reinen kú-schen megetlichen libes jn den du enpfing vnd trúge den suon des himelschen vatters Bitte jn dz er mir gebe kúscheit vnd reinkeit an hertz an sele vnd an libe» (UB 477, ff. 95r, l. 13 – 95v, l. 8).

Page 154: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

152

Paola Spazzali

Swen du mich der speise ermanst. so mGz ich dier erwerfen dein lest speise daz ist mein chint got selber. (cgm 73, f. 42v, ll. 10-16)

Die achten zwei ave maria sein dir gesprochen zu lob vnd zu eren deinen prFstleinen von den got speis genomen hat daz der ge-rFchet ze speissen von deinem hertzen zG nemen der alles daz speiset daz in hÿmel vnd auff erden ist vnd bit dich daz du mir helffest daz got mein speis sei (ms. germ. oct. 449, ff. 27v, l. 12 – 28r, l. 4)

Sprich aber zwei minen brüsten, von den got spise genomen hat, vnd swenne du mich manost des, das der spise von mir ruochte ze nemend, der allein dem spise git, das in himelrich vnd uf ert-rich ist, so muos ich dir erwerben, das got din iungstü spise. (Bir-linger, p.101, ll. 42-46)

Die achtesten zwey sprich minen brusten von den got spise ge-numen het Vnd ermane mich dz er die spise vonn minem hert-zen gerGchte zG nemen Der alles dz spiset dz jn himel vnd vff erden ist Wen du mich des ermanest so mGß ich dir erwerben dz got din jungste spise wurt (UB 477, ff. 100v, l. 6 – 101r, l. 1)

Le fonti latine a noi note fanno riferimento anch’esse a Dio che dà alimento a tutti, ma in modo più succinto o con elementi che non com-paiono nelle versioni tedesche32: è probabile che attraverso il confronto con i testi latini presenti in area alemanno-bavarese si potrà chiarire meglio quanto sia frutto della traduzione e quanto sia innovazione, non solo per questa singola lode o le altre, ma anche per le macrostrutture in generale.

Le differenze di struttura e di contenuto tra le varie tipologie di pre-ghiera non sono che diffrazioni diverse di una stessa modalità di rivol-gersi alla Madonna, in cui l’orante si sofferma sulla memoria delle a-zioni da lei compiute nella cura del Figlio. Questo consente di ricon-durre i testi alto tedeschi a un unico genere, che non coincide più con quello delle orazioni del tipo Benedictus, perché (ed è il caso di otto te-sti su nove) essi presentano un elemento nuovo: la supplica rivolta alla Vergine o una sua promessa d’intercessione. Non più dunque benedi-

32 «Benedicta sint ubera tua uberrima, quibus eum, per quem nec ales esurit, to-

ciens refecisti» (Codice Bruxelles 9961, XIII sec.) e «Adoro et benedico fecundissima ubera tua botris assimilata, virtute celesti replecta, quibus dei filium pro nobis parvu-lum factum, a quo pascuntur omnia, lactasti. » (Parigi, Nat. lat. 1409, XIV sec.). Si veda G.G. Meersseman, op. cit., vol. II, pp. 181 e 188.

Page 155: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

153

zione, ma lode del corpo di Maria, in analogia al titolo che reca la ver-sione a stampa.

2 La lode nel codice ms. germ. oct. 449 2.1 La tipologia e il contenuto

Per le sue dimensioni (9 cm × 13,4 cm), di certo anche questo libro, come gli altri che contengono la lode del corpo di Maria, era destinato a un uso privato.

Il codice raccoglie solo testi in volgare che coprono vari ambiti di devozione: brani di edificazione di ispirazione eckhartiana, orazioni li-turgiche, benedizioni, preghiere rivolte a Dio, a Cristo e ai santi, e – sulla scia della nuova mistica – orazioni e testi di meditazione dedicati alla Passione33. I libri di preghiera in tedesco non sono stati ancora in-dagati in modo approfondito e sistematico, ma rispetto a quanto è sino-ra emerso sulla loro composizione, il codice ms. germ. oct. 449 mostra quantomeno un tratto inusuale: la devozione alla Madonna vi trova po-co spazio. Mentre altrove le preghiere mariane costituiscono quasi sem-pre una parte quantitativamente rilevante del libro34 (così ad es. anche in cgm 7335 e nell’Engelberger Gebetbuch), qui ne troviamo solo un’al-tra, subito di seguito (ff. 29r-29v), benché il libro sia costituito da 185 fogli. Questo potrebbe essere un segno dell’importanza che veniva attri-buita alla lode del corpo di Maria o di una discreta diffusione delle lodi del corpo in generale, che fosse quello di Cristo o della Madre36. Nella stessa direzione indica il fatto che essa sia presente anche nel primo li-bro di devozione privata in tedesco che si sia conservato (cgm 73).

Come la prima versione, anche quella conservata a Berlino si inseri-sce – sia dal punto di vista della macrostruttura, sia del testo delle sin-gole preghiere – nel gruppo più rappresentato, vale a dire quello in cui l’orazione è insegnata dalla stessa Madonna.

33 Sul ruolo delle orazioni e meditazioni incentrate sulla Passione di Cristo nei libri di preghiera e il suo rapporto con la mistica si veda F.X. Haimerl, Mittelalterliche Frömmigkeit im Spiegel der Gebetbuchliteratur Süddeutschlands, München, 1952, passim.

34 P. Ochsenbein, Gebetbücher, in: R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexi-kon, St. Ottilien: EOS, 1988-1994, vol. II, pp. 588-590.

35 P. Ochsenbein, Münchner Gebetbuch des cgm 73, in: K. Ruh et al. (Hgg.), Die deutsche Literatur des Mittelalters. Verfasserlexikon, Berlin-New York 1982 ss., vol. VI, coll. 758-759.

36 La lode del corpo di Cristo è un genere diffuso nei libri di preghiera di area alto tedesca descritti da F.X. Haimerl (v. F.X. Haimerl, op. cit., passim).

Page 156: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

154

Paola Spazzali

Quella dell’inserimento nel contesto dell’exemplum sembrerebbe la prima modalità con la quale la preghiera in lode del corpo mariano è stata proposta al pubblico tedesco. Tale tipologia appare particolar-mente interessante, perché – come si è accennato – è assente nei testi latini a noi noti, dove le benedizioni non hanno una parte introduttiva, oppure si aprono con un’invocazione, una lode o una preghiera (ad es. l’avemaria) più o meno lunghe.

Nel nostro manoscritto però la cornice dell’exemplum si è quasi del tutto dissolta, il riferimento al contesto narrativo è eliminato. È l’unica versione che esordisce direttamente con la promessa della Vergine:

Wer mir die avemaria nachspricht vmb welche sach er im nÿmt des gewer ich in daz hab er auff mein mFterliche barmherczikeit So bin ich gewis gnGk des sol er mir wol getrawen (ms. germ. oct. 449, ff. 25v, l. 13-26r, l. 2)

Negli altri testi tale promessa c’è, ma è rivolta al predicatore solo al-la fine dell’apparizione mariana:

Vnd swenne du mier diu aue maria sprichest vmb swelch sache du mainst verzeich ich dich daz hab auf meiner parmhertzichait. Ich gewer dich sein so pin ich dier gewis genGch. Do sprach der pre-diger frawe sol ich die Aue maria iemant leren. Do sprach Mnser frawe swem du sei lerust als ich dich gelert han swes der ermant des wirt er auch gewert. (cgm 73, f. 43r, ll. 7-14)

Dopo la promessa però, inaspettatamente, nella versione di Berlino vi è un cambiamento di persona. Mentre altrove troviamo la Madonna che parla al fedele per impartirgli le istruzioni:

Sprich zway aue maria meinem geh=rn vnd man mich der fræuden die ich enpfie do mier der engel chFndet daz ich gotes mGter solte werden vnd doch maget pleiben solte so erh=re ich dich vmb swe-lich sache du mich pittest. (cgm 73, ff. 41v, l. 21 – 42r, l. 3)

qui invece il soggetto è l’orante, che si rivolge alla Vergine: Dj eersten zwei sein dir gesprochen ze lob vnd ze er deiner ge-h=rde vnd man dich frewdenreiches grußes da dir der engel kFn-det daz du gotes mGter scholdest werden vnd doch magt beleiben dar vomb erh=r mich vomb alles daz mir n=t sey an leib vnd an sel amen (ms. germ. oct. 449, f. 26r, ll. 3-9)37

37 Qui inizia la parte vera e propria della preghiera, segnalata anche dall’indicazio-

ne sul rigo precedente «Nota primum talis» e dall’iniziale, entrambi in rosso.

Page 157: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

155

Conoscendo le altre versioni dell’orazione, non si può non sentire l’eco dell’exemplum, seppure ridotto al nocciolo della Gebetsanwei-sung. Il testo conservato nel ms. germ. oct. 449 ne potrebbe anzi essere la continuazione ideale: il predicatore ha ormai trasmesso ai fedeli la consegna di recitare tale atto di devozione.

Ciò che era nato come istruzione, in questa versione diventa pre-ghiera autonoma del fedele, la cui validità è sancita da Maria, senza che sia in alcun modo chiaro se sia stata la Vergine a proporre le parole. Basta infatti omettere la frase iniziale per avere la nuova tipologia di orazione: in questo senso, quella del ms. germ. oct. 449 è una struttura di transizione.

Questa trasformazione si iscriverebbe in quella della preghiera tede-sca nel suo insieme, poiché la Gebetsanweisung caratterizza singoli li-bri di devozione del XIV sec., ma è più rara nei secoli successivi38.

Rara, ma ancora gradita, se malgrado l’evoluzione delle preghiere in generale e della lode delle membra di Maria nello specifico sia stata in tal senso, nel codice UB 477 troviamo ancora due versioni dell’exem-plum. L’ultima del codice – al contempo anche l’ultima testimonianza del genere – in cui l’exemplum si conclude con la preghiera recitata dall’orante, esplicita il percorso compiuto: all’inizio l’istruzione della Madonna, al termine il fedele che risponde al suo invito a pregare.

Mentre nella struttura esterna della Gebetsanweisung bavarese si no-ta una trasformazione rispetto alle versioni di cgm 73 e dell’Engelber-ger Gebetbuch che può trovare le sue ragioni nelle tendenze evolutive della preghiera in volgare, le singole lodi mostrano invece spesso una spiccata continuità.

Questa riguarda innanzitutto le parti del corpo citate, che ritornano nello stesso ordine: orecchi, cuore e corpo, occhi, bocca e labbra, lin-gua, naso (o narici), mani, mammelle, braccia, grembo, piedi. Si tratta di undici parti comuni a tutti i testi, accompagnate ognuna da due ave-marie: dunque in tutto ventidue. Tuttavia, il numero originale – e a cui si ritorna spesso – doveva essere ventiquattro: come si ricorderà, già le benedizioni latine elencavano fino a 24 arti od organi e, tra le versioni tedesche, pure il Lob der glyder Marie è strutturato in dodici lodi, cia-scuna delle quali invita a recitare due avemarie39. Anche nel testo ale-

38 P. Ochsenbein, Deutschsprachige Privatgebetbücher, op. cit., p. 396. 39 Nel Lob der glyder Marie le lodi sono dedicate, in successione, a piedi, grembo

e cuore, mani, braccia, mammelle, collo e capo, labbra, bocca e lingua, naso, occhi, orecchi, corpo e anima.

Page 158: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

156

Paola Spazzali

manno trascritto da Birlinger e nell’ultima versione del codice UB 477, Maria ne preannuncia ventiquattro:

Do froget er sy wo mit man ir aller liebest möcht gedienen Do sprach sy dz sint xxiiij aue maria (UB 477, f. 98r, ll. 11-14)

Nei testi tedeschi c’è quindi una potenziale discrepanza tra il numero di parti del corpo da lodare e quello delle avemarie che andrebbero re-citate. La contraddizione è evidente nella versione di Birlinger, in cui manca la dodicesima coppia di avemarie. Le altre preghiere invece, pur non facendo tutte esplicito riferimento a 24 avemarie, le fanno recitare, tranne cgm 73 che contiene undici celebrazioni. Nel testo conservato a Berlino le lodi sono dodici, come indicato nel titolo della preghiera (Daz seind die zwelff aue maria) e lo stesso numero si ha anche nella quarta versione del codice di Friburgo.

I testi che presentano dodici lodi hanno aggiunto un oggetto di devo-zione: nel Lob der glyder Marie si tratta di corpo e anima della Ma-donna (due parti, una per ciascuna avemaria), che già apparivano nelle versioni latine; quelli appartenenti al gruppo della Gebetsanweisung hanno tratto invece il dodicesimo momento di meditazione da un ele-mento che già esisteva all’interno della tradizione tedesca e che era in vaga relazione con i piedi della Vergine.

In tutte le preghiere di questo gruppo i piedi, celebrati per ultimi, vengono ricordati per avere portato Maria ovunque nella fase pubblica della vita del Figlio, e soprattutto fino al calvario40, ma in quella traman-data da Birlinger si aggiunge la narrazione estesa di un episodio riguar-dante l’infanzia di Cristo: mentre Maria accompagnava il Figlio da Bet-lemme a Gerusalemme, un albero chinò un ramo per offrire a Gesù un frutto ed Egli lo benedisse conferendogli virtù terapeutiche. Il nesso con ciò che precede è labile, è dato solo dal fatto che Maria cammina accan-to al bambino, e non convince neppure il salto cronologico, poiché im-mediatamente prima si fa riferimento alla Passione41.

La Gebetsanweisung berlinese e l’ultima versione42 separano tale rac-

40 «Die eilfften zwey sprich minen fússen mit den ich got nochgeuolget han in lie-be vnd in leide Vnd do er zG der martel ging vnd wie ich in in dz ellende wisete vnd alle stette do ich jm ye noch gevolget» (UB 477, f. 101v, ll. 3-10).

41 Così nel testo tramandato da Birlinger: «Sprich aber zwei minen fuossen, mit den ich got dick nach han geuolget, beidü in lieb vnd in leid, vnd do er zuo der marter gie, vnd vergiss, do ich in ze einen ziten an miner hant fuort von Bethleem gen Jeru-salem; swas ich do über gienk, das über sprang er […]» (Birlinger, p. 102, ll. 7-11).

42 Ancora una volta occorre distinguere nell’ultima versione la prima parte del te-

Page 159: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

157

conto dalla lode dei piedi e lo riportano nel dodicesimo atto di devo-zione, che viene dedicato non a un arto od organo (non c’è un unico ge-sto di Maria a cui ricollegarsi), ma alla Vergine stessa:

Dÿe zwelfften zwei avemaria sind dir gesprochen zelob und zu eren und man dich wie du in zu einem mal an der hant fFrest zu je-rusalem und allen den selben wek den du giengt den Fber sprank er allen und sein kintheit teed dir also sanfft daz er alzo kintlichen teed in dem alle weisheit verborgen waz Du in alles an sachst bis daz du Fber sechd daz sich ein paum gen ym geneiget mit frFch-ten und stund dar huber auff dye hant und sprach wan du mir die er erboten hast d=r Gmb mFzz dein frFcht gesegnet sein fFr man-ger hant sichtung amen (ms. germ. oct. 449, ff. 28v, l. 13-29r, l.11)

La presenza di questo specifico episodio è la differenza contenuti-stica più rilevante. Per il resto, i testi, come si è detto, nel complesso si somigliano per il contenuto e, se non per le scelte lessicali, almeno per l’ambito semantico da esse ricoperto. Talvolta vi è quasi identità, come nella lode dedicata all’udito43:

Cgm, ff. 41v, l. 21 – 42r, l. 3 UB 477, ff. 98r, l. 14 – 98v, l. 8

Sprich zway aue maria meinem geh=rn Die ersten zwey sprich miner gehörde

vnd man mich der fræuden die ich enpfie vnd ermane mich der fröiden die ich enpfing

sto, dove l’istruzione della Vergine presenta dodici lodi, di cui l’ultima dedicata a questo episodio, dalla seconda parte, in cui la preghiera autonoma si ferma all’undice-sima parte del corpo (i piedi).

43 Per snellire il testo, si è preferito proporre per il confronto solo la prima versione (cgm 73, ff. 41r-43r) e l’ultima, vale a dire UB 477, ff. 97r-108v, che, come si è detto, contiene in realtà due serie di lodi. Di queste, si cita dalla prima delle due serie, quella in cui è Maria a suggerire le singole preghiere, perché la seconda è una rielaborazione ampliata della prima: al fedele viene proposto di rivolgersi alla Madonna con una formulazione più ossequiosa e celebrativa. Si veda ad es.: «Die ersten zwey sprich miner gehörde vnd ermane mich der fröiden die ich enpfing do mir der engel kunt det dz ich gottes muotter solte werden vnd doch maget bliben Dar vmb erhöre ich dich vmb welliche sach du mich bittest» (UB 477, ff. 98r, l. 14 – 98v, l. 8) e «Ich lobe dich maria mit zweygen Aue maria zG lobe diner gehörde Vnd ermane dich der froiden die du enpfing Do dir der engel Gabriel verkundete dz du ein mGtter solttest werden vnsers heren Iesu Christi Vnd doch ein reine maget bliben Der fröide ermane ich dich Vnd bitte dich dz du mich wellest erhören in allen den sachen dor vmm ich dich an rúffen bin Durch aller diner fröiden willen sprich ij Aue maria» (UB 477, ff. 103r, l. 5- 103v, l. 6).

Page 160: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

158

Paola Spazzali

Do mier der engel chFndet do mir der engel kunt det

daz ich gotes mGter solte werden dz ich gottes mGtter solte werden

vnd doch maget pleiben sollte vnd doch maget bliben

so erh=re ich dich, vmb swelich sache du mich pittest

Dar vmb erhöre ich dich vmb welliche sach du mich bittest

In altri casi invece divergono il momento della memoria oppure quello della supplica, o entrambi. Troviamo non solo variazioni, ma anche sfi-lacciature, somiglianze che quasi mai sono identità:

Cgm, f. 42r, ll. 13-17 UB 477, ff. 99r, l. 13 – 99v, l. 6

Sprich auer zway aue maria. Meinem munde vnd meinen lefsen.

Die vierden zwey sprich minen leftzen

vnd ermane mich der fröiden

Do got den menschen an sach Do ich sach min kint von mir geboren werden worer mensch

Do chust ich in ze einem vrchFnde stætes su[o]ns

do kuste ich in zG hant zG einem vrkunde stet-ter sGn

tzwissen der gothait vnd der menschait Zwusten got vnd dem menschen

So mGß ich allen vnfriden zG stetter sGn brin-gen

Al di là di queste differenze riguardanti elementi mancanti o aggiunti e che sono ardue da valutare, per l’impossibilità attuale di ricostruire la tradizione, si notano variazioni nel lessico non riconducibili ai dialetti, e che inducono a pensare che si tratti di traduzioni dal latino. Si veda ad esempio in tre mss. la formulazione della benedizione dell’albero fatta da Gesù fanciullo, dove per indicare che i frutti saranno benefici tro-viamo tre espressioni diverse:

d=r Gmb mFzz dein frFcht gesegnet sein fFr manger hant sichtung (ms. germ. oct. 449, f. 29r, ll. 9-11)

Page 161: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

159

des muos din fruht für menger hand siechtuom guot sin (Birlinger, p. 102, ll. 16-17) Dor vmb din frúchte nútz sint vir maniger hand siech tagen (UB 477, f. 102v, ll.1-3)

Sarà il rinvenimento delle versioni latine a poter far luce su queste differenze e sul percorso compiuto dai testi tedeschi rispetto alle even-tuali fonti.

Il confronto con le fonti consentirà forse inoltre di chiarire se il pas-saggio a preghiera autonoma sia avvenuto su loro modello, o se sia ve-rificato nel tedesco (anche) per una generale evoluzione delle orazioni. Nella versione berlinese troviamo le caratteristiche stilistiche di tale tra-sformazione, ovvero l’abbandono di alcune formule (ad esempio gli imperativi come: «Sprich auer zway aue maria») a favore di altre. Così nell’incipit delle singole unità:

Di eersten zwei sein dir gesprochen ze lob vnd ze er deiner geh=rde (ms. germ. oct. 449, f. 26r, ll. 3-4)

Di ander zwei ave maria sein dir gesprochen zu lob und zu eren deinem herczen und deinem leib (ms. germ. oct. 449, f. 26r, ll. 10-12)

L’esplicitazione lessicale della lode è peculiare della preghiera auto-noma e – oltre che in quelle tedesche – la si trova anche in una versione latina:

Adoro et benedico obedientes aures tuas (Parigi, Nat lat. 1409, XIV sec., 106r44) Ich loben / eren vnd großmachen dyne durchlüchtigen oren (Lob der glyder Marie, c. c1r, ll. 10-12) Ich lobe dich maria mit zweygen Aue maria zG lobe diner gehörde (UB 477, f. 103r, ll. 5-7)

Nelle versioni autonome di questo gruppo anche la supplica è intro-dotta prevalentemente da una formula («und bit dich [daz du]»45):

Di tritten zwei auemaria sein dir gesprochen ze lob vnd zu eren deinen augen und man dich der fr=lichen angesicht die du seht daz

44 Citato in G.G. Meerseman, op. cit., vol. II, p. 188. 45 Fa eccezione l’invocazione «erh=r mich» nella lode dedicata agli orecchi, che

compare in tutte le versioni.

Page 162: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

160

Paola Spazzali

du des von dir geberde der dich und all menschen geschaffen hat und bit dich daz du mich mit deinen augen deiner barmherzikeit an sechst zu allen zeiten (ms. germ. oct. 449, f. 26v, ll. 2-9) Vnd bitt dich edle gesponß christi / erwirb mir applaß der sünden / die ich mit vnbehGtsamkeit myner ougen ye begangen hab (Lob der glyder Marie, c. a8v, ll. 16-20) Vnd bitte dich dz du mich hútt wellest ansehen vnd alle zit mit dinen mútterlichen ougen der erbarmhertzikeit (UB 477, f. 104v, ll. 7-11)

La ripetitività delle formule sottolinea la microstruttura della pre-ghiera e ne favorisce l’eventuale memorizzazione. Anche alcuni espe-dienti puramente grafici e formali evidenziano nel ms. germ. oct. 449 la singola unità devozionale e scandiscono visivamente il testo: le iniziali o maiuscole in rosso (usate peraltro anche in altre versioni con la stessa funzione) e cinque sottotitoli, sempre in rosso, là dove rimaneva spazio libero sul rigo.

Davanti a questa come alle altre versioni della preghiera si rimane colpiti dagli elementi di originalità che esse presentano, persino quando ritornano le stesse parti del corpo o situazioni e pur essendoci l’identica articolazione in lode, ricordo e supplica. A volte sono differenze mi-nute, a volte tratti decisivi, come in questo testo, dove l’istruzione a pregare non è preceduta dall’exemplum e si sente per la prima volta la voce dell’orante.

Il genere si imprime con i propri elementi caratterizzanti, ma pur nel rispetto dei contenuti e delle forme, in ogni versione sono state esplo-rate le possibilità di esprimere la lode, il materiale è stato adattato, af-finché si mantenesse viva una modalità di pregare.

2.2 Il dialetto A parte il testo più antico, in bavarese, tutti quelli sinora noti si col-

locano in area alemanna e sveva. Il rinvenimento della versione bava-rese del codice ms. gem. oct. 449 lascia supporre che, almeno nel XIV sec., il genere non si fosse ancora concentrato nei territori del tedesco superiore occidentale.

Rispetto alle grafie della preghiera contenuta in cgm 73, che rispec-chiano le principali caratteristiche del bavarese46, quelle della versione

46 Nella versione contenuta in cgm 73, ad es., il dittongo esito di apertura di atm. /ei/ viene reso regolarmente con <ai> e quindi tenuto distinto da quello sorto per dit-

Page 163: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

161

più tarda riflettono tratti dialettali per alcuni versi meno netti, benché alcuni rimandino invece con precisione al bavarese centrale.

Ci si sofferma qui sui riferimenti salienti per localizzare il testo. L’origine tedesco-centrale è esclusa dalla presenza dei grafemi <ie>,

<G>, <F> (ad es. lieb, mGter, mFterlich) per i dittonghi atm. /ie/, /uo/, /üe/, segno che non si è verificata la monottongazione che caratterizza quell’area a partire dall’XI sec47. Fa eccezione atm. zuo, che è reso 18 volte come zu, contro soli due zG, ma 14 attestazioni nella forma ze di-mostrano che in realtà la posizione atona della preposizione nella frase aveva già determinato un indebolimento del vocalismo48. Nel monosil-labo atm. die non appare sempre il digrafo, ma le varianti grafiche li-bere <i, ie, j, y, ÿ, ye> (ad es. Dj ∼ Di ∼ Dÿ ∼ Dÿe ∼ die) attestano che atm. /ie/ si è conservato.

Il testo non si situa in area alemanna a causa della regolare dittonga-zione delle vocali lunghe atm. /i:/, /u:/, /iu/ [y:] (qui <ei>, <au>, <ew> o <eu>, ad es. dein, auff, newnten, leut), presente alla fine del Trecento nel bavarese e nel francone orientale49.

Per quanto riguarda l’apertura dei dittonghi /ei, ou, öu/, nel testo si ha quella regolare di atm. /ou/ ad /au/ (augen, paum) e di atm. /öu/, reso con <ew> (ad es. frewden, glewbig). Più complessa è la situazione per atm. /ei/, che nel bavarese e nello svevo ha subito un’apertura ad [ai], rappresentata dal digramma <ai> (caratteristica distintiva dei due dia-letti50), a differenza del nuovo dittongo sorto da atm. /î/, la cui graficizza-

tongazione da atm. /i:/ (reso con <ei>: v. ad es. zwai ma sein). Elementi bavaresi evi-denti sono anche la grafia <p> per atm. /b/ in posizione iniziale diretta e indiretta (parmhertzichait, gepet) e <ch> per atm. /k/ in posizione iniziale (chæuschist, chom).

47 H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, Mittelhochdeutsche Grammatik, Tübingen, Nieme-yer, 1989, § 43. Per quanto riguarda le grafie dei dittonghi (e soprattutto l’ambiguo <F>) si veda V. Moser, Frühneuhochdeutsche Grammatik, vol. I Lautlehre, 1. Ortho-graphie, Betonung, Stammsilbenvokale, Heidelberg: Winter, 1929, § 81,1.

48 V. Moser 1929, op. cit., § 81,1 e Anm. 3. 49 H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, op. cit., § 42; V. Moser 1929, op. cit., § 77. Nel bava-

rese e nello svevo solo i due suoni metafonizzati vengono colpiti dalla dittongazione, mentre /iu/ non metafonizzata è passata ben presto a /ui/; la grafia differenziata viene abbandonata verso la metà del XV secolo ed entrambi i suoni sono resi con <eu>, <eü> (V. Moser 1929, op .cit., § 82,2, inoltre K. Weinhold, Bairische Grammatik, Berlin, Dümmler, 1867 [ripr. Sändig 1968], §§ 72, 84).

50 M. Bürgisser, Die Anfänge des frühneuhochdeutschen Schreibdialekts in Altbay-ern, Stuttgart, Steiner (Zeitschrift für Dialektologie und Linguistik, Beiheft 57), 1988, p. 72.

Page 164: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

162

Paola Spazzali

zione in genere è con <ei>51. Il bavarese del Trecento e del Quattro-cento mantiene in modo coerente tale distinzione, che però non appare nel nostro testo, per quanto si può dedurre dalle poche attestazioni. Lo scarto rispetto agli usi più frequenti si nota in particolare in zwei e hei-ßen, tuttavia anche in altri manoscritti degli inizi del periodo protomo-derno si trovano parole che presentano regolarmente <ei>. Diverso è il caso di heilge e di ein, in cui la grafia conservativa è regolare anche per il bavarese52.

Manca l’oscuramento di atm. /a/, avvenuto in bavarese, ma anche lì, nei manoscritti accurati degli inizi del tedesco protomoderno, predo-mina <a>53. Atm. /a:/ si è oscurata solo in un’attestazione (un n=ch contro tre nach, dall’atm. nâch); nel bavarese del XIV e XV il fenome-no è raro e avviene davanti a nasale54.

La grafia <=> per indicare /o:/, oltre che in n=ch appare anche in n=t (atm. nôt) e d=r (atm. dâr55) e rimanda al bavarese meridionale e ai ter-ritori occidentali del bavarese centrale, poiché in quell’area la vocale era passata a /o5/, resa con <oe, => nei mss. del XIV e XV sec. 56.

Altri tratti rimandano al bavarese centrale: innanzitutto la dittonga-zione di u > uo davanti a nasale (sGn, atm. sun) e poi il successivo pas-saggio di uo > ue, avvenuto in Mmb (atm. umb; nove attestazioni contro un unico vmb)57. Un passaggio di uo a ue sembra esserci anche in mFzz, ma le grafie con un segno diacritico sovrascritto alla <u> non sempre sono chiare nel manoscritto: potrebbe trattarsi di <o> oppure di <e>.

Mentre è peculiare del bavarese f per b in leb[s]en58, è invece in cer-ta misura inaspettata la conservazione di /b/ e /g/ in posizione iniziale in un testo di questo dialetto: il passaggio a p- si ha in soli tre termini (preht, prF_tleinen, paum) contro tredici b- (in sei lessemi); k- si con-serva sempre (ad es. kFndet, kFst). Di fatto, nel periodo protomoderno

51 V. Moser 1929, op. cit., § 79,1. 52 V. Moser 1929, op. cit., § 79, Anm. 1 e 2. 53 V. Moser 1929, op. cit., § 69. 54 V. Moser 1929, op. cit., § 75,2. 55 La forma d=r non è dovuta a oscuramento, ma a confusione tra dâ e dô (v. V.

Moser 1929, op. cit., § 75, Anm. 6). Nel testo troviamo infatti da (3), do (6), dar (3), d=r (2).

56 H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, op. cit., § 159,15; V. Moser 1929, op. cit., § 78,3. 57 È bavarese centrale e bavarese settentrionale-francone or. il passaggio i, u ,ü >

ie, uo, üe davanti nasale, h, r (H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, op. cit., § 159,15); bava-rese centrale quello uo > ue (H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, op. cit., §159,17).

58 K. Weinhold, op. cit., § 125.

Page 165: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

163

la grafia regolare in tutte le posizioni è <b>; nella stessa area superiore orientale, dove in posizione iniziale tra il XIV e il XVI sec. prevale <p>, sono pochi i testi che hanno solo tale grafema; alcuni paiono poi preferire <p> davanti a vocale scura e alle liquide, ma non sembra il ca-so del nostro59. D’altra parte, per quanto riguarda la labiale si potrebbe anche pensare a un influsso dell’alemanno o dello svevo occidentale, in cui in posizione iniziale si ha <b>60. Non occorre invece postulare l’esistenza di una fonte alemanna o sveva per la gutturale: nel bavarese meridionale e in quello centrale l'uso di <ch> iniziale è regolare in po-chi testi, la maggior parte ha grafie oscillanti e utilizza <k> davanti sia a vocale sia a consonante, senza distinzione61.

Un tratto interessante in ambito morfologico – perché potrebbe indi-care un influsso alemanno – è la desinenza per la 2. pers. sg. ind. pret. nei verbi forti: oltre il morfema 0/ (enphing, vieng) e a -st (sachst), si ha -d/-t (seht (2), sechd, giengt). La desinenza -t appare non di rado nel bavarese del XIV e XV sec., ma è frequente nel tedesco superiore occi-dentale62.

Nel complesso, i tratti non marcatamente bavaresi non sono però in-compatibili con un attribuzione a quel dialetto e non è necessario ascri-verli a una fonte alemanna o sveva. Come testimoniano altri manoscritti del periodo, anche in una stessa area dialettale la realtà delle grafie e delle forme flessive è molto più variegata e tollera un numero di varianti supe-riore a quello che ci si aspetterebbe63.

59 R.P. Ebert, O. Reichmann, H.-J. Solms, K.-P. Wegera, Frühneuhochdeutsche Grammatik, Tübingen, Niemeyer, 1993, § L 44, 1-2. Davanti a liquida si trova sia p-, sia b- (preht, prFstleinen, ma bricht, bringest).

60 V. Moser, Frühneuhochdeutsche Grammatik, vol. I,2: Lautlehre. Konsonanten, Heidelberg: Winter, 1951, § 137, 1a.

61 V. Moser 1951, op. cit., §149, 1aα. 62 H. Moser, H. Stopp, W. Besch, Grammatik des Frühneuhochdeutschen, vol. IV:

U. Dammers, W. Hoffmann, H.-J. Solms, Flexion der starken und schwachen Verben, Heidelberg, Winter, 1988, § 71.

63 Si pensi ad esempio alla forma di 3. pers. sg. ind. pret. preht, che risale a un in-finto brengen, variante di bringen: essa è ritenuta propria del tedesco centrale, ma non è un criterio decisivo di attribuzione a un dialetto, poiché compare sporadicamente nel tedesco centrale e in quello superiore (in testi in francone orientale e in bavarese me-ridionale); si vedano M. Lexer, Mittelhochdeutsches Handwörterbuch, Leipzig 1872, vol. I, col. 353; H. Moser, H. Stopp, W. Besch, op. cit., § 156,1. Con analoga pru-denza va valutato anche il pret. debole geberde del verbo atm. gebern: è attestato so-prattutto nel basso tedesco, ma esiste anche nel tedesco superiore del XV e XVI sec. (H. Moser, H. Stopp, W. Besch, op. cit., § 156,3; K. Weinhold, op. cit., § 323; Deutsches

Page 166: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

164

Paola Spazzali

Anche per la lingua, come per i contenuti della preghiera, non vi so-no dunque elementi univoci che consentano di stabilire se il testo del ms. germ. oct. 449 abbia avuto una fonte redatta in un dialetto superiore occidentale, fosse pure rielaborata, o se sia stato tradotto direttamente dal latino.

2.3 Il testo La preghiera è trascritta in bastarda ai fogli 25v, l. 13 – 29r, l. 11 del

codice ms. germ. oct. 449. Ogni pagina contiene sedici righe. Nel manoscritto compiono le seguenti abbreviature, che sono state

sciolte per ragioni di leggibilità, ponendo le lettere integrate in corsivo: • troncamento di r mediante <c> sopra la vocale precedente (ad es.

“avemaica” per “avemaria”); • troncamento di er mediante <c> sopra la consonante precedente (ad

es. “mGtc” per mGter); • contrazione di ar mediante <c> sopra la consonante precedente (ad

es. “wcd” per “ward”); • contrazione o troncamento della nasale tramite trattino sulla vocale

precedente (“mē_ch” per “mensch”, “deinē” per “deinem”); • contrazione della e tramite trattino sopra la consonante seguente (ad

es. “gartñ” per “garten”); • contrazione di ra tramite trattino sopra la consonante precedente e

seguente (ad es. sovrapposto a tg in “getgen” per “getragen”). Compaiono inoltre contrazioni di parole latine, come ad es. “jrlm” per

“jerusalem” e troncamenti (ad es. trattino sopra m per en in “amen”). L’integrazioni di una lettera mancante è stata introdotta solo perché

necessaria per la comprensione del testo, e appare tra parentesi quadre [ ] (“leb[s]en”).

L’inizio della preghiera è segnalato da un’iniziale rossa ingrandita, che occupa lo spazio di due righi, le singole unità di devozione si apro-no con un’iniziale o una maiuscola rossa e i titoli aggiunti negli spazi vuoti hanno la maiuscola64. Questa appare altrimenti solo nel termine Balsems. Si è preferito mantenere le maiuscole originali e non estender-le ai nomina sacra e ai toponimi, per evidenziarne la funzione.

Wörterbuch von Jacob Grimm und Wilhelm Grimm, Leipzig: Hirzel 1854-1971 [rist. Deutscher Taschenbuch Verlag 1984], vol. IV, col. 1639).

64 Ringrazio Elena Di Venosa per avere controllato gli inchiostri.

Page 167: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

165

Il manoscritto non ha punteggiatura; compare solo un punto a metà rigo quando l’ultima parola non arriva a toccare lo specchio di scrittura. Data la semplicità della sintassi, non si è ritenuto necessario applicare le regole moderne di interpunzione. Nel manoscritto il testo va a capo a ogni iniziale, qui invece, per maggiore chiarezza, si è preferito andare a capo a ogni iniziale o maiuscola.

Non sono state uniformate le grafie di <u> e <v>, <i> e <j>, <y>, <ÿ>, pur trattandosi di varianti libere, né di s, in quanto testimonianza dell’uso dei grafemi nel tedesco protomoderno. La fedeltà all’originale è stata mantenuta anche per quanto riguarda la separazione delle parole.

Daz seind die zwelff aue maria Wer mir die avemaria nach_pricht vmb welche _ach er im nÿmt des gewer ich in daz hab er auff mein mFterliche barmherczikeit So bin ich gewis gnGk des _ol er mir wol getrawen Nota primum talis 5 Dj eer_ten zwei _ein dir ge_prochen ze lob vnd ze er deiner geh=rde vnd man dich frewdenreiches grußes da dir der engel kFndet daz du gotes mGter _cholde_t werden vnd doch magt beleiben dar Nmb erh=r mich Nmb alles daz mir n=t sey an leib vnd an _el amen Dj ander zwei ave maria _ein dir ge_prochen zu lob vnd zu eren deinem 10 herczen vnd deinem leib da du got ein enphing vnd daz du in deinen kintlichen tagen gotes almechtikeit gelaub_t daz daz an dir ge_chehen m=cht dar Nmb mFßen dich al glewbig leut ÿmmer eren Di tritten zwei Dj tritten zwei auemaria _ein dir ge_prochen zelob vnd zu eren deinen 15 augen vnd man dich der fr=lichen ange_icht die du _eht daz du des von dir geberde der dich vnd all menschen ge_chaffen hat vnd bit dich daz du mich mit deinen augen deiner barmherzikeit an _echst zu allen zeiten

1. Daz] maiuscola rossa; titolo in rosso 2. Wer] iniziale in corpo maggiore, rossa 2. die avemaria] die nach avemaria 4. So] iniziale 5. in rosso 6. Dj] iniziale in rosso 10. Dj] iniziale in rosso 14. titolo in rosso 15. Dj] iniziale e parola in rosso 17. geberde] geberder

Page 168: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

166

Paola Spazzali

Dj tritten zwei auemaria _ein dir ge_prochen zelob vnd zu eren deinen augen vnd man dich der fr=lichen ange_icht die du _eht daz du des von 20 dir geberde der dich vnd all menschen ge_chaffen hat vnd bit dich daz du mich mit deinen augen deiner barmherzikeit an _echst zu allen zeiten Dj vierden zwei auemaria _ein dir ge_prochen ze lob vnd ze er deinem mund vnd deinen leb[s]en vnd man dich des frewdenreichen kGßen do du _eht daz von dir geboren waz warer got vnd warer mensch do kFst 25 du in _o zehant zG einem FrkGnde _teter _Gn zwi_chen got vnd dem men_chen vnd bit dich daz du mich ver_Fnest gegen deinen lieben _Gn daz er mir vergebe all mein _Fnde Di fufften zwei .a. Dj fFnfften zwei auemaria _ein dir ge_prochen zu lob vnd zu er deiner 30 zungen wanen du ward der erst men_ch der got lobt vnd ymmer in _einer men_che er bert d=r Nmb mFz dich _elik heißen alles men_chlich ge_chlecht Di vj zwei ave.ma. Dj _ech_ten zwei auemaria _ein dir ge_prochen zu lob vnd zu ere deiner 35 na_en vnd man dich des _Gzzen _makes den du _mecke_t do dein kind geboren wart do _meket es reht alz der einen garten vol Bal_ems auff bricht do _ein heilge gotheit vnd sein heilge men_cheid alzo ward ein ander preht vnd bit dich daz du mir wol _meken mach_t alles daz daz mir unge_mach vnd _wer _eÿ ze leiden durch dein kint 40 Dÿ _ÿbend zwei avemaria _ein dir ge_prochen ze lob vnd ze er deinen henden mit den du in zertlichen handel_t vnd bit dich daz du allen mei-nen wandel genem mach_t deinem lieben kinde. Die achten zwei avemaria _ein dir ge_prochen zu lob vnd zu eren dei-nen prF_tleinen von den got _peis genomen hat daz der gerFchet ze 45 _pei__en von deinem hertzen zG nemen der alles daz _pei_et daz in hÿmel vnd auff erden i_t vnd bit dich daz du mir helffe_t daz got mein _peis _ei 23. Dj] iniziale in rosso 27. lieben] aggiunto in interlinea 29. titolo in rosso 30. Dj] iniziale e parola in rosso 34. titolo in rosso 35. Dj] iniziale in rosso 41. Dÿ] maiuscola in rosso 44. Die] maiuscola in rosso

Page 169: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

167

Dÿ newnten zwei Dj newnten zwei auemaria _ein dir ge_prochen zelob vnd zu eren dei-50 nen armen an den du got getragen ha_t vnd offt Nmb vangen ha_t der frewd erman ich dich wie _anfft daz deinem hertzen tet da du den mit deinen armen Nmb vieng den hÿmel vnd erden nit Nmb greiffen m=cht vnd bit dich daz du mich alzeit mit deinen gnaden Nmb vahe_t Die zehen zwei auemaria _ein dir ge_prochen zu lob vnd zu er deiner 55 _ch=ß auff der got dik gerFchet ze r wo en wanen in deiner _ch=ß hat er gerGet in dem engel vnd men_ch rGve vindet der frewd erman ich dich vnd bit dich daz du mich zu dem ewigen bringe_t numero xi Dj eillfften zwei aue maria _ein dir ge_prochen ze lob vnd ze er deinen 60 fGßen mit den du got nach gevolget ha_t in lieb vnd in leid vnd wie du ÿn in daz elend wei_t vnd wie du nach volge_t do er zu der marter gieng vnd aller der _tet erman ich dich wo du im n=ch gevolget ha_t. Dÿe zwelfften zwei avemaria _ind dir ge_prochen zelob vnd zu eren vnd man dich wie du in zu einem mal an der hant fFre_t zu jerusalem 65 vnd allen den _elben wek den du giengt den Mber _prank er allen vnd _ein kintheit tee d dir also _anfft daz er alzo kintlichen tee d in dem alle wei_heit verborgen waz Du in alles an _ach_t bis daz du Mber _echd daz _ich ein paum gen ym geneiget mit frFchten vnd _tund dar huber auff dye hant vnd _prach wan 70 du mir die er erboten ha_t d=r Mmb mFzz dein frFcht ge_egnet _ein fFr manger hant _ichtung amen

49. titolo in rosso 50. Dj] iniziale in rosso 55. Die] maiuscola in rosso 59. titolo in rosso 60. Dj] iniziale in rosso 64. Dÿe] maiuscola in rosso 69. Du] maiuscola in rosso 71. er] aggiunto in interlinea

Page 170: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

168

Paola Spazzali

Bibliografia

S. Beissel, Geschichte der Verehrung Marias in Deutschland während des Mittelalters, Freiburg, 1909 [rist. Darmstadt: Wissenschaftliche Buch-gesellschaft, 1972].

A. Birlinger, Gebete; Tractate Meister Eckharts, des Mönchs von Heilsbronn und andern, «Alemannia. Zeitschrift für Sprache, Litteratur und Volks-kunde des Elsasses und Oberreins» 3 (1875), pp. 97-119.

M. Bürgisser, Die Anfänge des frühneuhochdeutschen Schreibdialekts in Alt-bayern, Stuttgart: Steiner («Zeitschrift für Dialektologie und Lingui-stik», Beiheft 57), 1988.

H. Degering, Kurzes Verzeichnis der germanischen Handschriften der Preussi-schen Staatsbibliothek. III. Die Handschriften in Oktavformat und Re-gister zu Band I-III, Leipzig 1932.

R.P. Ebert, O. Reichmann, H.-J. Solms, K.-P. Wegera, Frühneuhochdeutsche Grammatik, Tübingen: Niemeyer, 1993.

G. Garavaglia, Tre incunaboli tedeschi alla Biblioteca Civica di Varallo Se-sia, «Bibliofilia subalpina» (2006), pp. 9-36.

P.B. Gottwald, Catalogus codicum manu scriptorum qui asservantur in bi-bliotheca monasterii Engelbergensis, Herder, 1891.

J. Grimm, W. Grimm, Deutsches Wörterbuch, Leipzig: Hirzel, 1854-1971 [rist. München: Deutscher Taschenbuch Verlag, 1984].

W. Hagenmaier, Die deutschen mittelalterlichen Handschriften der Universi-tätsbibliothek und die mittelalterlichen Handschriften anderer öffentli-cher Sammlungen, Wiesbaden: Harrassowitz, 1988.

F.X. Haimerl, Mittelalterliche Frömmigkeit im Spiegel der Gebetbuchliteratur Süddeutschlands, München: Zink, 1952.

H. Hild, Krone Unserer Lieben Frau, K. Ruh et al. (Hgg.), Die deutsche Lite-ratur des Mittelalters. Verfasserlexikon, Berlin-New York: de Gruyter, 1982, vol. V, pp. 388-390.

M. Lexer, Mittelhochdeutsches Handwörterbuch, Leipzig: Hirzel, 1872. G.G. Meersseman, Der Hymnos Akathistos im Abendland, Freiburg: Univer-

sitätsverlag, 1960. V. Moser, Frühneuhochdeutsche Grammatik, vol. I Lautlehre, 1. Orthogra-

phie, Betonung, Stammsilbenvokale, Heidelberg: Winter, 1929. V. Moser, Frühneuhochdeutsche Grammatik, vol. I,2: Lautlehre. Konsonan-

ten, Heidelberg: Winter, 1951 H. Moser, H. Stopp, W. Besch, Grammatik des Frühneuhochdeutschen, vol.

IV: U. Dammers, W. Hoffmann, H.-J. Solms, Flexion der starken und schwachen Verben, Heidelberg: Winter, 1988.

Page 171: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Il genere della lode del corpo di Maria in tedesco e il codice Ms. germ. oct. 449

169

P. Ochsenbein, Bernhard von Clairvaux in spätmittelalterlichen Gebetbüchern, in: K. Elm (Hg.), Bernhard von Clairvaux. Rezeption und Wirkung im Mittelalter und in der Neuzeit, Wiesbaden 1994, pp. 214-232.

P. Ochsenbein, Deutschsprachige Privatgebetbücher vor 1400, V. Honemann, N.F. Palmer (Hgg.), Deutsche Handschriften 1100-1400. Oxforder Kol-loquium 1985, Tübingen: Niemeyer, 1988, pp. 379-398.

P. Ochsenbein, Engelberger Gebetbuch, K. Ruh et al. (Hgg.), Die deutsche Li-teratur des Mittelalters. Verfasserlexikon, Berlin-New York: de Gruy-ter, 1982, vol. II, pp. 529-530.

P. Ochsenbein, Engelberger Gebetbuch, R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexikon, St. Ottilien: EOS, 1988-1994, vol. II, p. 342.

P. Ochsenbein, Gebetbücher, R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexi-kon, St. Ottilien: EOS, 1988-1994, vol. II, pp. 588-590.

P. Ochsenbein, Gebete, R. Bäumer, L. Scheffczyk (Hgg.), Marienlexikon, St. Ottilien: EOS, 1988-1994, vol. II, pp. 590-596.

H. Paul, P. Wiehl, S. Grosse, Mittelhochdeutsche Grammatik, Tübingen: Nie-meyer, 1989.

N. Paulus, Geschichte des Ablasses am Ausgange des Mittelalters, Paderborn: Schöningh, 1923.

E. Petzet, Die deutschen Pergament-Handschriften Nr. 1-200 der Staatsbiblio-thek in München, München: Palm, 1920.

P. Spazzali, Il Lob der glyder Marie. Un’analisi, «Bibliofilia subalpina» (2006), pp. 37-72.

P. Spazzali, La lode del corpo della Vergine nel codice UB 477, S. Serafin, P. Lendinara (curr.), ... un tuo serto di fiori in man recando. Scritti in ono-re di Amalia D’Aronco, Udine: Forum, 2008, pp. 385-397.

K. Weinhold, Bairische Grammatik, Berlin: Dümmler, 1867 [ripr. Sändig 1968].

Page 172: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

* * *

Page 173: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Volumi pubblicati dalla Sezione di Germanistica del DI.LI.LE.FI (Istituto di Germanistica fino al 1999)

Università degli Studi di Milano

Per eventuali ordinazioni: Libreria CUEM – Milano (fax 02/76.01.58.40) I – Volumi collettanei e monografie Letteratura e filologia. Scritti in memoria di Giorgio Dolfini, a cura di F. Cercignani,

Milano, 1987. In Danimarca e oltre. Per il centenario di Jens Peter Jacobsen, a cura di F. Cercignani e M.

Giordano Lokrantz, Milano, 1987. Studia trakliana, a cura di F. Cercignani, Milano, 1989. Sulla traduzione letteraria, a cura di Maria Grazia Saibene, Milano, 1989. Studia büchneriana, a cura di F. Cercignani, Milano, 1990. Studia schnitzleriana, a cura di F. Cercignani, Alessandria, 1991. Vincenzo Errante. La traduzione di poesia ieri e oggi, a cura di F. Cercignani ed E.

Mariano, Milano, 1993. Elena Giobbio Crea, La morale e la favola. «Mutter Marie» – «Die große Sache». Due

parabole weimariane di Heinrich Mann, Milano, 1995. Adalbert Stifter. Tra filologia e studi culturali, a cura di M. L. Roli, Milano, 2001. J. N. Nestroy – Tradizione e trasgressione, a cura di G. Rovagnati, Milano, 2002. Marco Castellari, F. Hölderlin – «Hyperion» nello specchio della critica, Milano, 2002. Rosalba Maletta, «Der Sandmann» di E.T.A. Hoffmann. Per una lettura psicoanalitica,

Milano, 2003. II – Studia austriaca (volumi bilingui aperti a studiosi italiani e stranieri) dal 1995 in collaborazione con l’Istituto Austriaco di Cultura (ora: Forum Austriaco di Cultura) a Milano. Per gli indici si veda http://users.unimi.it/austheod/austheod.htm Voll. I-II (1992-1993), Voll. III-XVI (1995-2008), a cura di F. Cercignani Studia austriaca – Ilse Aichinger (F. Cercignani – E. Agazzi), Milano, 1996. Studia austriaca – Claudia Razza, Musil fenomenologo, Milano, 1999. Studia austriaca – Friederike Mayröcker (F. Cercignani – S. Barni), Milano, 2001. Studia austriaca – Riccarda Novello, Das Leben in den Worten ~ die Worte im Leben,

Eine symptomatische Lektüre zu E. Schlag, M. Fritz, M. Streeruwitz, Milano, 2003. Studia austriaca – “Sprach-Wunder”. Il contributo ebraico alla letteratura austriaca (F. Cer-

cignani – M. Bürger-Koftis), Milano, 2003. Studia austriaca – Miriam Bertocchi, La lingua salvata di Veza Canetti. Vita e opere di

una scrittrice viennese, Milano, 2006. Studia austriaca – Ester Saletta, Immaginare il femminile. «Fräulein Else» nella letteratura

austriaca del Primo Dopoguerra, Milano, 2007. III – Studia theodisca (volumi bilingui aperti a studiosi italiani e stranieri). Per gli indici si veda http://users.unimi.it/austheod/austheod.htm Voll. I-XIV (1994-2007), a cura di F. Cercignani

Page 174: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

(SEGUE) Volumi pubblicati dalla Sezione di Germanistica del DI.LI.LE.FI

(Istituto di Germanistica fino al 1999) Università degli Studi di Milano

Per eventuali ordinazioni: Libreria CUEM – Milano (fax 02/76.01.58.40)

Studia theodisca – Dal giornale al testo poetico. I «Berliner Abendblätter» di Heinrich von Kleist (F. Cercignani, E. Agazzi, R. Reuß, P. Staengle), Milano, 2001.

Studia theodisca – Novalis (F. Cercignani), Milano, 2002. IV – Studia theodisca - Philologica Vol. I, a cura di Marina Cometta, Milano, 2003. Vol. II, a cura di Marina Cometta, Milano, 2008. V – Studia scandinavica mediolanensia Vol. I – Erica Crespi, La Jóns Saga Helga: versioni a confronto, Milano, 2004. Vol. II – Una voce dal Nord. Scritti di Margherita Giordano Lokrantz, a cura di Mas-

simo Ciaravolo, Milano 2005. VI – Studia interliteraria Vol. I – Sara Anelli, Fantasmi dell’Io. Il Doppio nella narrativa gotica di E. T. A. Hoffmann e

di E. A. Poe, Milano, 2006. VII – Filologia Germanica Marco Scovazzi, Scritti di filologia germanica, a cura di F. Cercignani, Alessandria,

1992. Fausto Cercignani, Saggi linguistici e filologici. Germanico, gotico, inglese e tedesco, Ales-

sandria, 1992. Paola Spazzali, Il «Merigarto». Edizione e commento, Milano, 1995. Elena Di Venosa, Il Lapidario di Sankt Florian. Edizione sinottica, Milano, 2001.

Page 175: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

Finito di stampare nel mese di maggio 2008 C.U.E.M. s.c.r.l. – Milano

Page 176: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici
Page 177: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici
Page 178: Studia theodisca a II edidit Marina Cometta · carte tra i ff. 37v/38r] 19; 25-35 – rimedi ascritti a ‘Her-mete’, in italiano e, ra-ramente, in latino. C V (segnato B) forbici

ISBN 978-88-6001-181-7 € 18,00

St

ud

ia t

heo

dis

ca •

Ph

ilolo

gica

II

ed

idit

Mar

ina

Com

etta

Studia theodisca

Philologica II

edidit

Marina Cometta

C U E M