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Su quale strada siamo noi? PROMOZIONE NO PROFIT giugno 2017 Notiziario di informazione delle Missioni Francescane della Provincia Minoritica di Cristo Re dei Frati Minori dell’Emilia con commento ai fatti del giorno Pia Opera Fratini e Missioni • Via dell’Osservanza, 88 - 40136 Bologna - Tel. 051.58.03.56 • Fax 051.644.81.60 Internet: www.missioni.fratiminorier.it • E-mail: [email protected] Anno XCIII - Nuova Serie - Anno LVIII - Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CN/BO S u quale strada siamo noi? È la domanda che mi esce spontanea, rileggendo il racconto dei due di- scepoli di Emmaus, al capitolo 24° dell’evangelista Luca. Essi compiono il tragitto da Gerusalemme al loro villaggio di Emmaus e, poco dopo, rifanno la strada da Emmaus a Gerusalemme. Ma quale differenza tra il primo e il secondo cammino! Lasciata Gerusalemme, il loro cuore è affranto, anzi il loro cuore è un sepolcro di morte. Dicono al pelle- grino che si fa loro com- pagno di viaggio: “... noi speravamo...”. Ecco la parola-fotografia della delusione più completa: “speravamo...”. Come a dire: tutta la nostra spe- ranza è andata in fran- tumi, ora il futuro è stato inghiottito dalla morte di colui sul quale avevamo posto le nostre attese. È un futuro in- chiodato sulla croce. “Speravamo”. È il clima respirato su que- sta strada di morte. Ma, per fortuna, c’è l’altra strada, quella del ri- torno. I due discepoli sono raggiunti dal pelle- grino senza nome che li ascolta e poi si rivela e svela quello che in realtà è suc- cesso. Non più “speravamo”, non più una speranza fran- tumata ma ora un orizzonte di vita, una strada che si apre davanti agli occhi, un ardore del cuore che mette ali ai piedi. Ciò che ha totalmente cambiato il cammino dei due discepoli è stato l’incontro col Risorto: la speranza è viva ed è davanti a loro ed è talmente grande da investirli e da scoperchiare la pietra tombale posta sul loro cuore. E noi, su quale strada siamo? Il rischio di camminare sulla prima strada, quella del “noi speravamo” è reale. Si tratta di una vita in perdita, in continua sottrazione. È piuttosto un crepuscolo di vita, vissuta in bianco e nero, un senso di fallimento che snerva, ottenebra, rende sor- domuti. È la strada di chi porta nel cuore cimiteri di morti per i perdoni rifiutati e non ricevuti, per la fissa- zione di torti mal digeriti, per drammi sepolti e ricacciati negli scantinati della propria esistenza. Che vita terri- bile, quella vissuta sul sentiero di un’inguaribile delu- sione, del “noi speravamo”! L’altra strada è percorsa col cuore risorto: è piena di vita perché ha incontrato la Vita, è vissuta nel canto per- ché ha ricevuto la melodia dell’Alleluia, è un respiro di ossigeno, è tonificata dalla muscolatura del Signore vit- torioso. Sì, chi ha incontrato il Risorto è colmo di futuro e quindi di speranza. Sa che accanto a lui c’è il compagno divino che lo sorregge, lo guida. Vive una vita a colori, vede il positivo ovunque, nota dapper- tutto germogli di risur- rezione. A noi, cari amici, di scegliere con decisione la strada della risurre- zione! È la via sulla quale viaggiano i piedi missionari. Quelli che, incontrato il Signore, non possono stare fermi e si dirigono ve- loci ad annunciarlo. Non ci può essere un vero annuncio missio- nario, senza aver incon- trato il Risorto! Ogni domenica, il Si- gnore vivo ci attende alla Messa. Ci aspetta per comunicarci le sue energie pasquali: tanta luce e forza! Entra con lo splendore della sua verità nella nostra mente, dona forza vitale alla nostra debole muscolatura. Poi si siede accanto a noi per spiegarci la “scrittura” della nostra vita, per svelarcene i misteri, il progetto divino su di noi. E si spezza come pane per la nostra inesauribile fame di verità e d’amore. Solo l’esperienza del Risorto ci fa vivere da risorti, con l’ardore nel cuore. E con le labbra aperte all’annuncio, con le mani pronte a impastare la carità. A voi, cari benefattori, il nostro grazie perché aiutate i missionari a portare ovunque il volto del Signore risorto. A voi l’augurio di vivere il respiro del Risorto e di portarlo là dove vivete. Così sarete un melodioso Alleluia di vitto- ria da cantare al mondo desideroso di speranza! fra Massimo Tedoldi

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Page 1: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

Su quale strada siamo noi?

PROMOZIONE NO PROFIT giugno 2017Notiziario di informazione delle Missioni Francescane della Provincia Minoritica di Cristo Re dei Frati Minori dell’Emilia con commento ai fatti del giornoPia Opera Fratini e Missioni • Via dell’Osservanza, 88 - 40136 Bologna - Tel. 051.58.03.56 • Fax 051.644.81.60Internet: www.missioni.fratiminorier.it • E-mail: [email protected] XCIII - Nuova Serie - Anno LVIII - Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CN/BO

Su quale strada siamo noi? È la domanda che miesce spontanea, rileggendo il racconto dei due di-scepoli di Emmaus, al capitolo 24° dell’evangelistaLuca. Essi compiono il tragitto da Gerusalemme

al loro villaggio di Emmaus e, poco dopo, rifanno la stradada Emmaus a Gerusalemme. Ma quale differenza tra ilprimo e il secondo cammino! Lasciata Gerusalemme, illoro cuore è affranto, anzi il loro cuore è un sepolcro dimorte. Dicono al pelle-grino che si fa loro com-pagno di viaggio: “... noisperavamo...”. Ecco laparola-fotografia delladelusione più completa:“speravamo...”. Come adire: tutta la nostra spe-ranza è andata in fran-tumi, ora il futuro èstato inghiottito dallamorte di colui sul qualeavevamo posto le nostreattese. È un futuro in-chiodato sulla croce.“Speravamo”. È il

clima respirato su que-sta strada di morte. Ma,per fortuna, c’è l’altrastrada, quella del ri-torno. I due discepolisono raggiunti dal pelle-grino senza nome che liascolta e poi si rivela e svela quello che in realtà è suc-cesso. Non più “speravamo”, non più una speranza fran-tumata ma ora un orizzonte di vita, una strada che siapre davanti agli occhi, un ardore del cuore che mette aliai piedi. Ciò che ha totalmente cambiato il cammino deidue discepoli è stato l’incontro col Risorto: la speranza èviva ed è davanti a loro ed è talmente grande da investirlie da scoperchiare la pietra tombale posta sul loro cuore.E noi, su quale strada siamo? Il rischio di camminare

sulla prima strada, quella del “noi speravamo” è reale. Sitratta di una vita in perdita, in continua sottrazione. Èpiuttosto un crepuscolo di vita, vissuta in bianco e nero,un senso di fallimento che snerva, ottenebra, rende sor-domuti. È la strada di chi porta nel cuore cimiteri dimorti per i perdoni rifiutati e non ricevuti, per la fissa-zione di torti mal digeriti, per drammi sepolti e ricacciatinegli scantinati della propria esistenza. Che vita terri-

bile, quella vissuta sul sentiero di un’inguaribile delu-sione, del “noi speravamo”!L’altra strada è percorsa col cuore risorto: è piena di

vita perché ha incontrato la Vita, è vissuta nel canto per-ché ha ricevuto la melodia dell’Alleluia, è un respiro diossigeno, è tonificata dalla muscolatura del Signore vit-torioso. Sì, chi ha incontrato il Risorto è colmo di futuroe quindi di speranza. Sa che accanto a lui c’è il compagno

divino che lo sorregge,lo guida. Vive una vitaa colori, vede il positivoovunque, nota dapper-tutto germogli di risur-rezione.A noi, cari amici, di

scegliere con decisionela strada della risurre-zione! È la via sullaquale viaggiano i piedimissionari. Quelli che,incontrato il Signore,non possono starefermi e si dirigono ve-loci ad annunciarlo.Non ci può essere unvero annuncio missio-nario, senza aver incon-trato il Risorto!Ogni domenica, il Si-

gnore vivo ci attendealla Messa. Ci aspetta

per comunicarci le sue energie pasquali: tanta luce eforza! Entra con lo splendore della sua verità nella nostramente, dona forza vitale alla nostra debole muscolatura.Poi si siede accanto a noi per spiegarci la “scrittura” dellanostra vita, per svelarcene i misteri, il progetto divino sudi noi. E si spezza come pane per la nostra inesauribilefame di verità e d’amore.Solo l’esperienza del Risorto ci fa vivere da risorti, con

l’ardore nel cuore. E con le labbra aperte all’annuncio,con le mani pronte a impastare la carità.A voi, cari benefattori, il nostro grazie perché aiutate i

missionari a portare ovunque il volto del Signore risorto.A voi l’augurio di vivere il respiro del Risorto e di portarlolà dove vivete. Così sarete un melodioso Alleluia di vitto-ria da cantare al mondo desideroso di speranza!

fra Massimo Tedoldi

Page 2: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

Primavera di Vita Serafica - 2

Il Centro Missionario Francescano di Bologna accom-pagna da una decina di anni i frati studenti della Cu-stodia del Congo-Brazzaville che soggiornano a Roma,

presso il Collegio Gabriele Allegra, per perfezionare i lorostudi in discipline teologiche e scientifiche.L’iniziativa è nata a motivo del fatto che la “borsa di

studio” copre le sole tasse di iscrizione alle Università.C’era quindi bisogno di un sostegno economico, in parti-colare per le spese di carattere personale e l’acquisto deilibri. Ma anche le relazioni di amicizia sono importantiper giovani che per motivi di studio lasciano temporanea-mente il continente africano. Non solo per superare la so-litudine, ma anche per favorire un’interazione con larealtà del nostro mondo, con la nostra cultura sociale edecclesiale. Questo si è concretizzato con l’offerta di ospi-talità presso il convento dove è ubicato il Centro Missio-nario per momenti di studio della lingua italiana e diriposo. Da parte loro, i frati congolesi in occasione di gior-nate missionarie hanno partecipato in modo attivo dandola loro testimonianza, con la predicazione o con l’anima-zione di momenti particolari. È così nato un rapporto diamicizia con noi frati e con i nostri collaboratori, che ciha arricchito: i valori di entrambe le culture si sono in-trecciati e stanno diventando un patrimonio comune. In questo clima, la conclusione del percorso scolastico

di p. Roch Ekouerembahe, che in questo mese di giugnoha conseguito il grado accademico del Dottorato con unatesi in Teologia Morale dal titolo “Une relecture des tra-ditions matrimoniales en terroir mbochi à la lumière dela révélation biblique. Analyse critique en perspectived'interculturalité”, è stato sentito come un fatto che ci ri-guarda e che ci coinvolge. La meta raggiunta ci rallegratanto da fare partecipi anche voi lettori di Primavera conquesta breve intervista.

P. Roch, sei arrivato al dottorato in Teologia Mo-rale dopo quasi 13 anni di ministero sacerdotale.Che significato ha per te avere conseguito un titolodi studio in Teologia presso una Università Ponti-ficia? E per la tua Chiesa di appartenenza, quelladel Congo-Brazzaville?

Grazie, p. Guido, per l’opportunità che mi è offerta diesprimere e condividere la mia esperienza di studi. Ri-guardo al conseguimento di un titolo accademico, ritengoimportantissime due cose: la prima riguarda la mia ap-partenenza alla Madre Chiesa cattolica. La seconda è laresponsabilità connessa al titolo di studio. Nella Chiesapuò succedere che si vada alla ricerca di un titolo per farecarriera; sarebbe uno sbaglio molto grave. Il titolo deveaiutare ad avvicinarsi sempre più a Gesù Maestro, farloconoscere, e ad avvicinarsi a ogni uomo (essere umano)che Egli vuole salvare.Per la Chiesa del Congo-Brazzaville è un dono in più,

può infatti servire per meglio discernere e produrre fruttiper il suo cammino verso la maturità.

Non sarebbe stato sufficiente il primo gradinodei titoli di studio, il baccalaureato, per esercitarein modo onorevole il ministero del sacerdozio?

Sono molto convinto che l’esercizio onorevole del mini-stero sacerdotale non ha a che fare con i titoli accademici,anche i più alti, però a qualcuno di noi è chiesto di appro-

fondire, nella luce della fede, la conoscenza di alcuni am-biti. Infatti, nel contesto mondiale nel quale si trova"anche la Chiesa", bisogna confrontarsi fraternamentecon l’uomo di questo tempo, aiutarlo a trovare le risposteagli enigmi della sua esistenza e alle sfide che si pongonocon i cambiamenti sociali. Al sacerdote del terzo millenniooccorre un minimo di formazione per essere all’altezzadelle attese dell’uomo di questo tempo, per comunicare ilVangelo della salvezza con frutti.

Con questo titolo quali prospettive ti si apronouna volta ritornato nella tua patria? C’è da sup-porre che avrai più responsabilità di prima.

Il mio credo è questo: lo studio e i titoli che lo accompa-gnano devono servire al bene della persona. Quindi, se-condo le necessità della mia entità francescana, cercheròdi far sì che il titolo conseguito serva alla mia Chiesa lo-cale e alla mia patria. La nobile prospettiva che desideroin questo periodo "scuro" della mia patria è l’educazionedella gioventù. Rimane ancora un sogno da discernerecon il Consiglio della mia Custodia.

La tua vicenda può essere un messaggio che laChiesa in Africa sta camminando in modo decisoverso l’assunzione di una responsabilità più pienacirca la professione della fede nel Signore Gesùcontestualizzata nella cultura e nella società dioggi?

Una verità che bisognerebbe ricordare, sia per il conti-nente africano sia per l’Europa, continente di vecchia tra-dizione cristiana, è che il cammino è lo stesso, i problemisono pure gli stessi. La fede è una realtà che va contestua-lizzata. La nostra società postmoderna è sottoposta agrandi cambiamenti culturali. Oggi, più che mai, la fededeve essere vissuta tenendo conto di questi cambiamenti.Ci ricordava san Giovanni Paolo II che una fede che nondiventa cultura è una fede non pienamente accolta, noninteramente pensata e fedelmente vissuta. È importanteoggi andare alle radici del percorso della diffusione dellafede cristiana per trovare il modo giusto di radicarla inogni cultura.

Riprendiamo la voce di p. Roch

Page 3: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

• PaPua nuova guinea •

Alcuni flash

Nel territorio di Aitape, inPapua Nuova Guinea, sonopresenti diversi disabili chevivono nei rispettivi villaggi.Le loro abitazioni, comequelle di tutti, sono sprovvi-ste dell’acqua corrente. Poi-ché ci sono pochi pozzi perattingere acqua i missionarida tempo provvedono a for-nire a ogni singolo disabile

un impianto per la raccolta dell’acqua piovana così da ren-dere possibile l’igiene personale, la preparazione del cibo,ecc. L’allestimento è costituito dal tetto in lamiera perl'abitazione, dalle grondaie che conducono l’acqua stessain ampi serbatoi e dall’impianto idrico che la porta dentrol’abitazione. Il costo di tutto l’insieme è di 1.500 euro.

piccoli progetti5 bis • Impianti per la raccolta

dell’acqua piovana

Aitape, 26 aprile 2017Ciao a tutti,spero abbiate pas-

sato una buona Pa-squa. Io sono stato acelebrarla in unanuova parrocchia, tre adire il vero, sulla costaoccidentale, e non ab-biamo internet per co-municare in quell’area.È stata una Pasqua

tranquilla al confrontodi quelle vissute in fo-resta, ma mi sono stan-cato molto per via dellestrade impraticabili.Il Venerdì santo la

Via Crucis è durata 6ore di cammino sotto ilsole e alla fine ho ancheavuto le confessioni perdue ore e mezzo.Il Sabato santo l’ho passato in un’altra parrocchia e

poi la domenica di Pasqua in un’altra ancora.Questa è una settimana molto “calda” ad Aitape, per-

ché si aprono le nominations per le elezioni di luglio e icandidati vengono a pagare l’iscrizione; qui in PapuaNuova Guinea anche molti sacerdoti si candidano per leelezioni, quest’anno più di sei in tutta la Papua NuovaGuinea.Il contributo per le rette scolastiche è arrivato, grazie,

vi terrò informati. Una delle ragazze si è laureata la set-timana scorsa, ha ricevuto un premio speciale ed è finitain prima pagina sul giornale. Vi manderò informazioniappena posso.Intanto vi saluto e vi abbraccio.

fr. Gianni Gattei

Primavera di Vita Serafica - 3

Un tema molto forte di questo numero di Primaveraè la speranza. Fa sorridere in questo momento sto-rico (certamente fra i più complessi dell'ultimo se-

colo) affidarsi alla speranza.Chi sorride di questo è perché non vede con gli occhi

della speranza ma solo con quelli delle cose.Lo diceva Paul Valery: "La speranza vede il punto de-

bole delle cose". L'ho sempre trovata una frase straordi-naria, che rincuora.Cosa voleva dire Valery con questo aforisma?Che c'è qualcosa di stupido nell'intelligenza, che c'è un

calcolo che non torna nella matematica, che gli occhisenza speranza vedono i giorni ma non la vita.In sostanza il poeta francese ci invita a non affidarci

esclusivamente alla concretezza delle cose, all'aspetto piùmateriale e terreno della nostra quotidianità, ma a soffer-marci su quel punto debole, quel piccolo/grande calcoloche non torna; la forza dell'uomo, la sua voglia di sperare.Dirò di più, la speranza di tornare a sperare.Essa nasce dall'individuazione, dalla percezione direi,

che non tutto il senso della nostra vita si risolve nel visi-bile, che non tutto quello che siamo è davanti ai nostriocchi, ma che c'è una parte di noi, forse la più immortale,che sta dentro ai nostri occhi.Essa è speranza, che non è affatto un vagheggiare di

futuro migliore o il riporre fiducia in eventi favorevoli chesupponiamo siano in arrivo.No, la speranza è la forza non solo di non arrenderci

alle difficoltà e ai dolori, bensì di fare di queste difficoltàe dolori dei veri e propri cannocchiali attraverso i qualiguardare dove la materia e le cose non osano, al cuoredella nostra vita.Il cuore è un organo che non vediamo, eppure ci tiene

in vita. Possiamo sentirlo battere, mandarci avanti.E in questa riflessione ci accorgiamo di un altro (non

irrilevante) dettaglio; la speranza non è fuori da noi madentro. Non occorre attenderla ma scovarla nel nostrocuore, in quell'istinto che ci fa rifiutare il male come qual-cosa su cui non siamo sintonizzati e ci spinge, nonostantetutto, a cercare una felicità e una verità fin da adesso.Nella nostra vita di tutti i giorni.La promessa del paradiso non è un invito a rinunciare

al nostro transito terreno, bensì a fare l'uso migliore pos-sibile senza sprecare giorni nello sconforto, che significasenza lasciare che sia il dolore a delineare il nostro oriz-zonte. Qualunque asperità il Signore ci mandi dobbiamosapere che, molto prima di essa, Lui ci ha dotati di duestrumenti fondamentali, le spalle per sostenere tale aspe-rità e la speranza per camminare oltre il male, per guar-dare fuori dalla finestra ogni giorno.Verso il sole.Chiudiamo questa piccola riflessione con una frase di

un altro grande autore francese, Charles Peguy: "È spe-rare la cosa più difficile. La cosa più facile è disperare, edè la grande tentazione".Abbiamo provato a dirlo, con parole nostre.

c. g.

Continuiamo a sperare

Conto corrente bancarioIBAN: IT 88 Y 02008 02452 000010623957intestato a Pia Opera Fratini e Missioni

presso UniCredit Banca

Page 4: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

• congo-brazzaville •

Tra le spese fisse a cui bi-sogna provvedere al Cen-tro “Padre Angelo Redaelli”di Makabandilu (Congo-Brazzaville) che accoglie iragazzi di strada ci sono gliesami completi del sanguee altri test sanitari. Il costoè di 65 euro per ogni ra-gazzo.Ci sono poi purtroppo leemergenze, non prevedi-bili, e in questi casi le spesesono davvero alte, inaffron-tabili senza l'aiuto di chiha a cuore la vita dei pic-coli e dei poveri.

Bisogna fare tutto per amore e nulla per forza.(San Francesco di Sales)

86 • Esami sanitari e spese mediche

Quella che segue è la testimonianza di Valeria, unagiovane, educatrice ed animatrice, che ha fatto un’espe-rienza nel centro di accoglienza di Makabandilou.

Sono arrivata qui al centro di accoglienza per ragazzidi strada a Makabandilou ventidue giorni fa e sono giàalla fine di questa esperienza. È passato tutto molto infretta. Cerco dentro me le parole giuste per esprimerecosa ho vissuto. Nonostante il lungo viaggio per arrivarequi, in questo periodo non mi sono sentita così lontanadalla mia terra, anzi mi è sembrato quasi di essere dietrol’angolo della strada di casa mia. Non perché qui siauguale a dove viviamo noi (è tutto visivamente molto dif-ferente!!!), ma sento questa sensazione di vicinanza. Forseperché qui è CASA! È casa per loro e lo è per me, è fami-glia per tutti loro e lo è anche per me. Anche se ancoraqualche nome mi sfugge, tutti questi ragazzi hanno presoun posto importante nel mio cuore: il posto di fratelli nelnome di Dio. Sì, perché Lui mi ha voluta qui e adesso!

Dico questo perché in realtà pensavo di vivere questaesperienza con bambini, ma quando sono arrivata quiho trovato ragazzi e inizialmente ho avuto la sensazionedi essere nel posto sbagliato. Nella mia testa c’era laconvinzione di dover stare con i bambini, e quindi didover fare quello che faccio sempre nella mia vita. In-vece no, ragazzi dai 12 ai 24 anni! Tutto questo non èun caso. Sono stata mandata qui per vivere con loro. Pervivere la loro gioia, la loro energia, la loro pazzia, le lorocapacità, il loro lavoro. Sono stata qui per vivere i lorosogni... ma con i piedi per terra! Le loro importantiscelte di vita, che io devo ancora elaborare. Ecco che al-lora tutto diventa più chiaro. Ecco perché il Signore miha mandata qui; questa esperienza è per me, sono loroper me e non io per loro! Per loro questa famiglia è una possibilità, un’alterna-

tiva alla vita di strada! Loro sognano, progettano e stu-diano tanto! L’obiettivo della vita deve essere chiaro esi deve fare di tutto per raggiungerlo. La fatica e il sa-

Qui è casa!

Primavera di Vita Serafica - 4

È possibile effettuare una donazione direttamente anche dal nostro sito internet

www.missioni.fratiminorier.itche vi invitiamo a visitare.

crificio non esistono, sono solo tutto ciò che bisogna fareper salvarsi da questa vita... per sognare con i piedi perterra!Guardo fr. Adolfo, il Signore per lui ha scelto questo,

nonostante l’abito, ha disegnato una grande famigliacon tanti figli meravigliosi. La sua vocazione l’ha accoltae trasformata in vita per molti. Qui Dio è presente e mi parla attraverso i ragazzi che

cercano di comunicare con me con un sorriso, unosguardo, con una mano tesa, cercando di parlare in unalingua che è un mix di francese, italiano, inglese, spa-gnolo, lingala.Quando mi chiederanno cosa ho fatto durante questa

esperienza, risponderò semplicemente che ho vissutocon loro. Ho condiviso le ansie, le paure, ma anche legioie e i desideri. Ho condiviso la vita di tutti i giorni inquesta mia nuova famiglia che porterò sempre nel miocuore. Questi fratelli sono stati esempio per me! Sonostati strumento d’amore per me... Dio per me!

Valeria

Page 5: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

Primavera di Vita Serafica - 5

Achiamare i fratidella Provincia li-gure sono stati ilebbrosi, servendosi

della voce autorevole del Ve-scovo Ruhuna: “Siete i figli diSan Francesco, non potetelasciare soli questi lebbrosiche vivono a Kayongozi, inBurundi”. A distanza di 44anni, i lebbrosi sono dimi-nuiti, ne rimangono unamanciata; hanno tutti incon-trato sorella morte illumi-nati da un sorriso disperanza, accarezzati da unamano fraterna. Ora, al loroposto, il Villaggio San Fran-cesco ospita bambini malatie malnutriti, ragazzi affetti da varihandicaps, vecchi abbandonati e solie accoglie ogni tipo di malati. Edoffre anche una scuola materna eduna elementare. È un centro pienodi vita, c’è anche una bella chiesetta,dove ogni mattina il direttore delVillaggio, fra Flavio, celebra lamessa e coi bambini prega per i be-nefattori. E proprio i benefattori, in-sieme ai frati, sono stati i grandi

tate molte iniziative per creare postidi lavoro. I bambini adottati sono unbel gruppo, quelli che hanno potutostudiare sono davvero molti e i fruttisi vedono. Ma l’opera d’arte più riu-scita è la rete di affetti e di collabo-razione tra i frati, i benefattori e gliabitanti di Kayongozi. La gente diqui ci ha insegnato molto, con la suapovertà che sa accontentarsi, con lagioia delle cose semplici. Soprattutto

• burundi •

In Burundi, da 44 anniOggi il Villaggio si è specializ-

zato nelle cure, diventando unqualificato Centro medico,senza perdere quel calore fami-liare che si è annidato perfinonei vialetti che portano là dovesi mangia e dove si dorme... Via-letti e piazzuole dove i vecchi e ilebbrosi siedono all’ombra tra lefestose scorribande di bambini.Vi sono strutture allestite percurare occhi e denti, per accom-pagnare le partorienti e visitaregli ammalati, anche quelli chesono portati d’urgenza per feritesul lavoro, per bruciature, perpiaghe. Gli angusti spazi cheospitavano i ragazzi colpiti davari handicaps fisici o mentali

oggi sono divenuti belle sale, dove lacompetenza e l’amore di fra Giu-seppe fa davvero miracoli; per essiha preparato efficaci terapie che sor-tiscono spesso effetti prodigiosi: c’èchi inizia a camminare, chi a parlareo almeno a farsi capire. Alcuni di essifrequentano la scuola materna edelementare presente nel Villaggio.Per tutte le altre cure, provvede ildoctor ad omnia Justin, coadiuvatoda alcuni collaboratori.L’organizzazione della carità è af-

fidata a due nostri giovani che hannorecentemente terminato i loro studiall’università. Eric si occupa deiquattro settori in cui è stata suddi-visa l’opera caritativa, efficace radarche intende captare i segnali di po-vertà che si levano dal territorio, pre-cisamente dai poveri delle colline,per i quali sono costituite alcune coo-perative di lavoro; dai pigmei cheabitano a pochi chilometri da Kayon-gozi e che stanno percorrendo unprogramma formativo preparato ap-positamente per loro; dai malati po-veri che resterebbero senza cure edai ragazzi che vorrebbero frequen-tare la scuola, ma senza averne lapossibilità.Gilbert si occupa dei bambini. Vi-

sita le famiglie nelle case, rileva leurgenze. È attento alla formazionedi ciascuno, alla frequenza scolasticae ai progressi nei vari ambiti.A distanza di 44 anni, frati e be-

nefattori sono grati al Signore perquell’appello lanciato dai lebbrosi diun tempo. È stato bello vivere qui, inquesto Paese africano, quasi un pic-colo cuore che pulsa vita nel grandecorpo del Continente africano. Ed èbello continuare a vivere insiemenello scambio dei doni, nella logicadella carità che, mentre dà, riceve.

fra Massimo Tedoldi

protagonisti di una splendida operad’arte, quella della carità. Qui cele-brata in modi sempre diversi, inmille direzioni, in continue aperturedi occhi e di orecchi per non lasciarfuori nessuno, per non dimenticareniente. Così nei quattro decenni dipermanenza, è stata sviluppatal’opera pastorale della parrocchia,con tutte le succursali attorno, sonostate costruite scuole e acquedotti,case, chiese e centri sanitari, inven-

ci ha fatto dono della grande capacitàdi affidamento al buon Dio, l’unicaassicurazione che conoscono e in cuiconfidano. È stato davvero uno scam-bio di doni, un sacrum commercium.Dopo tanti anni, ci ritroviamo tuttiarricchiti e questo è l’effetto della ca-rità che, da una parte, dà più gioiaquando si dona che quando si riceve,dall’altra apre al sorriso della ricono-scenza e all’impegno di una respon-sabile collaborazione.

Alcuni pigmei intenti a lavorare la creta.

Gilbert con una bimba della missione.

Page 6: Su quale strada siamo noi? - Missioni Francescane

Associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI AMICI DIPRIMAVERA DI VITA SERAFICA. Assi cu ria mo lamassima riservatezza sugli indirizzi custoditi neinostri archivi elettronici (come da Dlgs 196/2003).Li utilizziamo esclusivamente per inviarvi informa-zioni missionarie.

Primavera di Vita Serafica - 6

Poste Italiane S.p.A.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CN/BO

PRIMAVERA DI VITA SERAFICAVIA DELL’OSSERVANZA, 88 - 40136 BOLOGNAP. Guido Ravaglia, redattore e direttore responsabileIn redazione: Cristiano GovernaCon approvazione dell'OrdineAutorizzazione del Tribunale di Bologna n. 2877 del 22-12-1959Registro Naz. Stampa n. 2739 del 01-02-1990Stampa e grafica sab - via San Vitale 20/c - Trebbo di Budrio - BO

Sant’Antonio missionarioPadre GuidorispondeGentile padre Guido,il terrorismo ha colpito di nuovo,

questa volta a Manchester in Inghil-terra. Nei talk show televisivi regna

grande confusione. C'è chi dice che siamo, di fatto, inguerra con l'Islam e chi invece invita a non avere paura ea non fare di tutta l'erba un fascio attribuendo la volontàomicida di pochi terroristi ad un’intera comunità di fedeliche, in realtà, vuole vivere in pace. Credo che, mai comeoggi, sia necessario lo sforzo ecumenico e di ascolto deifrancescani. Chiedo a lei una parola, se non di previsionedi quanto accadrà ai nostri figli, perlomeno di conforto eindirizzo circa quello che Dio si attende da ogni cristianoin questo momento.

Maurizio P.

Caro Signor Maurizio,le sue parole rivelano l'incertezza dei nostri tempi, il do-

lore per quanto continua ad accadere e l'apprensione perquanto il futuro potrà riservare ai nostri figli. Davanti alripetersi di atti di terrorismo, siamo alla ricerca di risposteche ci possano offrire una lettura sufficientemente vicinaalla realtà e una linea di comportamento non banale.Certo la nostra mente e il nostro cuore rifuggono l'idea

che qualcuno possa mandare un ragazzo che suicidandosiuccida altri ragazzi, così da distruggere vite e famiglie perideologia o per fanatismo pseudoreligioso. L'orrore da-vanti all'attentato di Manchester non dovrebbe impedircidi riconoscere alcune lezioni che non dobbiamo dimenti-care. La prima è che davanti a queste stragi l'unico atteg-giamento è la più forte intransigenza in quanto nonpossiamo permettere a questi manipoli di terroristi di im-postare, oggi, la qualità delle relazioni umane di domani,quando nella nostra Europa verranno a convivere popolidi culture e religioni diverse. Alle spalle di ogni kamikazeci sono migliaia di giovani che la predicazione estremista– anche via web – cerca di indottrinare e di arruolare perazioni di terrore. Un altro punto da non dimenticare è chei giovanissimi e i bambini subiscono altri massacri in varipaesi del mondo, geograficamente vicini ma cultural-mente lontani. L'Unicef ritiene che in Siria nel 2016 sianostati uccisi 650 bambini e altri 850 sono stati impiegatinei combattimenti. Così la strage degli innocenti continuain Afghanistan dove secondo le Nazioni Unite ogni setti-mana 53 bambini sono uccisi o feriti e in Iraq nel 2016sempre i minori colpiti dalla guerra sono stati oltre 800.Il dolore che è seguito all'attentato di Manchester ci

tocca nel vivo e ci angoscia per il futuro di figli e nipoti;dovrebbe anche darci un forte slancio di impegno moralee politico perché un mondo che non riesce a correggersi ea proteggere i suoi piccoli non raggiungerà nessuna meta.Nella sua lettera lei fa un esplicito riferimento a noi

francescani e chiede una parola di indirizzo. Ebbene, SanFrancesco di Assisi per ben tre volte nei suoi scritti citauna versetto del Vangelo di Matteo piuttosto scomodo epertanto volutamente rimosso. Il Santo di Assisi non soloa noi frati, ma anche nella Lettera a tutti i fedeli cita leparole: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che viperseguitano” (Mt 5,44). Ci possiamo chiedere come tra-durre in proposta educativa queste parole così esigenti. Èopportuno educarci ed educare a riconoscere il male e achiamarlo con il suo nome; a rispondergli con fermezza,vale a dire non con la violenza vendicativa o con la sem-plificazione di leggi repressive. Piuttosto sostenerci nelpregare per il nemico, perché ce lo ha chiesto Gesù, e vi-vere l'ispirazione di bene e di convivenza che da questapreghiera, personale e comunitaria, lo Spirito indicherà.

fr. Guido

Nell’immagine che diSant’Antonio ci haconsegnato la tradi-

zione, possiamo trovare glielementi della sua grandemissionarietà. Tutti noi ab-biamo davanti agli occhi latenera immagine del Santo,quasi sempre scolpita e nor-malmente presente in ognichiesa cattolica. Il Santo, dalviso giovane, porta in braccioGesù Bambino che siede sullibro delle Sacre Scritture,mentre l’altra mano, in at-teggiamento di dono, reca unpane. Il bianco fiore del gi-glio, infine, spunta dal brac-cio e rinvia all’intenso profumo del fiore che proprio nelmese di giugno, in occasione della festa di Sant’Antonio(così è nei Paesi mediterranei), spande la sua fragranza. In tal modo il genio popolare ci ha trasmesso la sintesi

della personalità di questo santo frate, certo tra i più notidel mondo. Se ora analizziamo gli elementi di questa im-magine, scopriremo lo stile e i contenuti di Sant’Antoniomissionario del Vangelo.

Iniziamo con il libro della Parola di Dio su cui siede GesùBambino. Quando nel 1946 il papa Pio XII proclamò San-t’Antonio dottore della Chiesa, scelse il titolo di Doctor evan-gelicus, Dottore del Vangelo, volendo così sottolineare cometutto l’insegnamento e la predicazione del Santo avesseroproprio qui, nella Sacra Scrittura, l’unica fonte. A questa sor-gente della Parola di Dio, Antonio si formò molto bene neisuoi studi svoltisi prima presso la Cattedrale di Lisbona epoi tra i monaci agostiniani dove concluse la sua prepara-zione al sacerdozio, venendo ordinato a Coimbra nel 1220.Successivamente, entrato nei Frati Minori dopo aver visto icorpi dei frati Protomartiri del Marocco, svolse sempre lasua predicazione incentrata sul libro delle Scritture: a Bolo-gna, in Francia, a Pavia, a Padova e durante i suoi moltiviaggi missionari, seminò a larghe mani la semente del Van-gelo, consapevole che solo nella Parola di Dio la vita umanaacquista la vera conoscenza di Dio e quell’ “amore gemello”– come lui lo definiva – cioè l’amore per il Signore e l’amoreper i fratelli e le sorelle. Nello scrivere il suo libro pastorale dei Sermoni, da of-

frire ai predicatori, possiamo comprendere quanto Antoniosia stato studioso serio e fedele della Parola, così comeanche attento osservatore della realtà in cui viveva, così dapoter parlare la Parola di Dio nelle parole umane. Il suostudio, poi, non era un’esercitazione accademica ma calatoprofondamente nella preghiera. Sant’Antonio teneva bena mente quanto San Francesco gli aveva scritto in una pic-cola lettera: “A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco,salute! Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati,purché in tale occupazione, tu non estingua lo spirito dellasanta orazione e devozione, come è scritto nella Regola [Rb5]. Stai bene”. (Cf. San Francesco, Lettera ad Antonio: FF251-252). Ecco, il suo studio e la sua predicazione sono sem-pre calati nello spirito della santa orazione e devozione.

(segue nel prossimo numero)