4
SUL SIGNIFICATO DI 8Ti|iopópo<; PaoOe^ (Hom. A 231) Il primo libro dell'Iliade è in larga parte occupato dal violento scontro ver- bale che oppone Achille ad Agamennone, dopo il sopruso con cui il capo supremo della spedizione contro Troia ha sottratto al Pelide la schiava Briseide, bottino di guerra. Al culmine del litigio Achille, accusando Agamennone di essere un vile, così lo incalza (A 229-231): ri KOXÌ) A.CÓIÓV èoxi m i a oxpaxòv eòp'òv 'A%ai(ov òcop' à7toatpe"io0ai òq TIC, aé0ev àvxiov SITITI §r|u.opópo<; PaotA-eóc,, ènei ot>xi8avoìaiv àvdooetc;- La tradizione antica interpreta il nesso 5rmo(3ópo<; (3aotXe'óq come ó xà KOIVÒ xoó 5rj|Lto\) Kax£a0icov oppure ó xà 5r|u.óaia èo0icov', un'accezione che ora è posta in dubbio da alcuni studiosi 2 , per i quali la prima parte del composto non alluderebbe a xà 5r|u.óata, bensì direttamente a 5f|u.o<;. Riaffermando in un recen- te articolo quest'ultima interpretazione, T. Eide 3 ha proposto di interpretare Vhapax 5r|u.o(3ópoc, come «devouring (the strength of) his men», in forte, polemico con- trasto con l'abituale epiteto 7ioi(iéva À.acov, anche perché il termine si inserisce in un discorso che - a suo giudizio - avrebbe lo scopo principale di dimostrare l'inettitudine di Agamennone nel comando delle operazioni militari. Ritengo che per una piena comprensione del nesso 5Tjuopópo<; fìaGiXevc, si debba considerare soprattutto la seconda parte del composto: che cosa significa, realmente, 'mangiare il popolo'? Paralleli omerici e tarde riprese sembrano indi- care in 8r||iopópo<;, la cui Wortbildung è del tutto analoga a quella del frequente 0D|LiopC)poc; e di molti altri termini 4 , la convergenza di due motivi: l'arrogante ' Si veda l'esegesi diretta a Omero: Gloss. Hom. Urb. gr. 157 (cf. Hesychii Alexandrini Lexicon, ree. et em. K. Latte, I, Hauniae 1956, XXXVII), Apoll. Soph. 58,11 Bekk., Schol. Dyd. ad l. (cf. P. Strassb. 33, c.V 23 [ed. A. Henrichs, «ZPE» VII, 1971, 134]), Eust. ad l. 91,11 (= I 143,16 V.), 1143,46 (= IV 178,19 V.); quindi la lessicografia: Hesych. 5 852 L., I a , I b 193,7 Bachm., Phot. 8 257 Th., Suda 5 438 A., Zon. 494 T. Tale esegesi è adottata anche dai moderni, come G.S. Kirk, The lliad: a Commentary, I, Cambridge 1987, 77: «'devourer of the people', that is, of their property, because they are weak and let him get away with it». 2 Cf. M. Schmidt, in «LfgrE» X (1982) 274. 3 «dotta» LXVI (1988) 142-144. 4 Cf. Chantraine, DELG 175 (s.v. PippcóoKco) e Kretschmer-Locker 471.

SUL SIGNIFICATO DI 8Ti|iopópo

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SUL SIGNIFICATO DI 8Ti|iopópo<; PaoOe^ (Hom. A 231)

Il primo libro dell'Iliade è in larga parte occupato dal violento scontro ver­bale che oppone Achille ad Agamennone, dopo il sopruso con cui il capo supremo della spedizione contro Troia ha sottratto al Pelide la schiava Briseide, bottino di guerra. Al culmine del litigio Achille, accusando Agamennone di essere un vile, così lo incalza (A 229-231):

ri KOXÌ) A.CÓIÓV èoxi m i a oxpaxòv eòp'òv 'A%ai(ov òcop' à7toatpe"io0ai òq TIC, aé0ev àvxiov SITITI • §r|u.opópo<; PaotA-eóc,, ènei ot>xi8avoìaiv àvdooetc;-

La tradizione antica interpreta il nesso 5rmo(3ópo<; (3aotXe'óq come ó xà KOIVÒ

xoó 5rj|Lto\) Kax£a0icov oppure ó xà 5r|u.óaia èo0icov', un'accezione che ora è posta in dubbio da alcuni studiosi2, per i quali la prima parte del composto non alluderebbe a xà 5r|u.óata, bensì direttamente a 5f|u.o<;. Riaffermando in un recen­te articolo quest'ultima interpretazione, T. Eide3 ha proposto di interpretare Vhapax 5r|u.o(3ópoc, come «devouring (the strength of) his men», in forte, polemico con­trasto con l'abituale epiteto 7ioi(iéva À.acov, anche perché il termine si inserisce in un discorso che - a suo giudizio - avrebbe lo scopo principale di dimostrare l'inettitudine di Agamennone nel comando delle operazioni militari.

Ritengo che per una piena comprensione del nesso 5Tjuopópo<; fìaGiXevc, si debba considerare soprattutto la seconda parte del composto: che cosa significa, realmente, 'mangiare il popolo'? Paralleli omerici e tarde riprese sembrano indi­care in 8r||iopópo<;, la cui Wortbildung è del tutto analoga a quella del frequente 0D|LiopC)poc; e di molti altri termini4, la convergenza di due motivi: l'arrogante

' Si veda l'esegesi diretta a Omero: Gloss. Hom. Urb. gr. 157 (cf. Hesychii Alexandrini Lexicon, ree. et em. K. Latte, I, Hauniae 1956, XXXVII), Apoll. Soph. 58,11 Bekk., Schol. Dyd. ad l. (cf. P. Strassb. 33, c.V 23 [ed. A. Henrichs, «ZPE» VII, 1971, 134]), Eust. ad l. 91,11 (= I 143,16 V.), 1143,46 (= IV 178,19 V.); quindi la lessicografia: Hesych. 5 852 L., I a , I b 193,7 Bachm., Phot. 8 257 Th., Suda 5 438 A., Zon. 494 T. Tale esegesi è adottata anche dai moderni, come G.S. Kirk, The lliad: a Commentary, I, Cambridge 1987, 77: «'devourer of the people', that is, of their property, because they are weak and let him get away with it».

2 Cf. M. Schmidt, in «LfgrE» X (1982) 274. 3 «do t ta» LXVI (1988) 142-144. 4 Cf. Chantraine, DELG 175 (s.v. PippcóoKco) e Kretschmer-Locker 471.

10 ROSA

iniquità di chi esercita un potere e la violenta rapacità di chi ne abusa. In numerosi passi epici, infatti, arroganza e cupidigia sono collegate all'immagine del divora­re: nell'Odissea, in particolare, dei pretendenti si afferma spesso che sono intenti a mangiarsi i beni di Odisseo (è5co, KaxéSoo, èa0ico, Kaxea0ico, 8ap8d7ixco, Keipco)5, mentre egli è assente, in contesti che richiamano tutti un'idea di superba alterigia. Ugualmente arroganti, nonché iniqui, paiono infatti i fìaoi'kr\c, 8copo<))dyoi di Hes. Op. 263s. Toruxa (J)i)Àaoaó|ievot, PaoiÀ.f|<;, ì0óvexe u.ó0o\x;,/8copo<t)dyoiò ed ancora di maggior rilievo - in ambito lirico - è il 8ri|jo<J)dyo<; xópavvoq di Teognide: 5n,uo())dyov 5è xópavvov ÒTicoq è0éÀ£i<; KaxccKÀ.ivat/o'ù véu.eoi<; Ttpòq 0ewv (1181 s.), correttamente considerato il parallelo postomerico più vicino al nostro 8r|u.opópo<; . Di estremo interesse è poi il confronto con un passo biblico dove la medesima metafora ('mangiare' il popolo) è segno di ingiustizia: tutti gli operatori di iniqui­tà, ndvxei; oi èpyoc^ójievoi xf|v dvo|iiccv - secondo i Settanta, fedeli all'originale ebraico - sono oi KaxeoOiovxeq xòv À.aóv u.00 (Ps. 13,4 [<- 52,5, dove abbiamo il semplice èo0ico])x.

Di Sriuopópoq, altrimenti non attestato in età classica, esistono almeno cinque altre tarde ricorrenze, utili a definirne il senso, non indicate dai commentatori.

Va in primo luogo segnalata9 la ripresa filoniana in ad Gaium 108, dove Caligola è detto ó uiaÓTtoÀ.i<;, ó S n u o p ó p o q , T| A/UUT|, XÒ <f>0opOTi:oiòv KOIKÓV. Si tratta, con ogni probabilità, di un'allusione al testo omerico (anche

5 Cf. p 123, % 17, 81, 377, n 110, 127. 389, 431 (è5co); X 116, v 396, 428 (Kcaé5co); 6 318 (èoeid)); y 315 = o 12. n 429 (Kaxeoeico); £ 92 = n 315 (SapSarcTO)); a 378 = (3 143, o 144 (Kdpco). Con analoga metafora Tersite esorta gli Achei ad abbandonare Agamennone a Troia a 'digerirsi' le ricchezze (yépa n:eaoéuev: B 237). Si può notare come in Omero l'im­magine del divorare, mangiare una persona o qualche parte del suo corpo, denoti in più casi particolare ferocia: Achille, spinto dall'ira per la morte di Patroclo, vorrebbe mangiare (è5(ievat) le carni crude di Ettore (X 347); Ecuba bramerebbe, a sua volta, vendicarsi di Achille, divorandogli (èa6é(i£vou) il fegato, dopo averlo strappato (Q 212). Era, infine, nelle parole di Zeus, potrebbe placare la sua ira contro i Troiani solo mangiandosi vivo (Pi(3pcóoKC0) Priamo e i suoi figli (A 35).

Il nesso esiodeo è chiaramente ripreso da Polibio (VI 9,7), che individua il passaggio dalla democrazia al potere della forza e della violenza nel momento in cui il popolo diventa 5a>po8ÓKO<; e Scopo^oVyoq.

7 In Alcae. frr. 70,7 (òanzézo) nóXxv) e 129,23s. V. (Saniei / iàv 7tóA.iv) si tratta di Pittaco che divora la città. In commedia poi - come è noto - l'equivalenza 'divorare' = 'rubare' è una costante nella descrizione dello strapotere demagogico all'interno della polis (cf. J. Taillardat, Les images d'Aristophane, Paris 19652, 413ss.).

s Su questa metafora biblica, cf. M. Ottosson, Theologisches Wòrterbuch zum Alten Testament, I, Stuttgart 1973, 252-259, s.v. 'akal e G. Ravasi, // libro dei Salmi, I, Bologna 1981, 267s. Si vedano anche Prov. 30,14, dove «mangiare i poveri» (KoaeoBieiv xovq zaneivovc,) indica ingiustizia sociale, e Mich. 3,3 (Kaxé^ayov xàq adpKaq IOTJ Àao\>), dall'analogo valore.

9 Cf. ThGL II 1076; LSJ9 386; M.M. Kumpf, Four Indices ofthe Homeric Hapax Legomena. Hildesheim-Zurich-New York 1984, 48.

SUL SIGNIFICATO DI 8nnoPópo>; PaoiX.EUs 1 1

altrove sovente citato da Filone) l0, che forse accenna, nella descrizione del pro­gressivo impazzimento di Caligola, al racconto della violenza rapace posta in atto dall'imperatore a danno dei più ricchi cittadini di Roma e d'Italia. Non escluderei, inoltre, che sulla scelta filoniana di Sruiopópoq possa avere influito l'inclinazione politica di Caligola, sempre più prossimo a modelli dispotici di tipo orientale: non a caso, come testimonia Svetonio (Cai. 22,1), egli amava ripetere l'omerico (B 204s.) OÒK dya0òv rcoA/UKoipavirv eie, Koipavoq èoxa), / e'iq PaoiÀ-eóc;11.

Altra ricorrenza interessante, sempre di origine alessandrina, è in Or. Sibyll. XI 225 | : , dove i diadochi, succeduti al regno di Alessandro, sono descritti come 8 r | ) i o | 3 ó p o i P a o i À e ì q KOÙ i)Tt£p(|)iaÀ.oi KOÙ àniGXOi. Anche in questo caso l'allusione omerica sembra deliberata, vista la ripresa dell'intero nesso13, sebbene al plurale, e considerato che la seconda parte del verso è reminiscenza altrettanto chiara di T 105s. dc^exe 8è fTpidu.oio [3ÌT|V, ò())p' òpKia xd|iVT| / avxóc,, ÈTtel oi Tcai8e<; \)Tr.£p<|)taA.ot KOÙ dTtiaxoi, riferito da Menelao ai figli di Priamo. Nell'accostamento delle due citazioni omeriche è rilevante l'associazione del nostro Srijiopópoq a ÙKEpfyia'koc,, quasi un epiteto fisso, nell'Odissea, dei pretendenti di Itaca, da cui Telemaco deve guardarsi |if| ... Kaxd Ttdvxa <j)dycoo~i'4.

Si ritrova 8T|u.o|3ópo<; in Gregorio di Nazianzo e Isidoro di Pelusio: il primo se ne serve per attaccare con amara ironia quanti bramano impadronirsi del potere episcopale (Carmina de seipso XIII 75 = PG XXXVII 1233, 6ss.), il secondo lo utilizza investendo Zosimo con una sferza di invettive, chiamandolo xov ÀT|0"xptKO\) OTÌ^OLX; KOposatoi;, Kcà xeov 8r|u.opópcov è^ap^oq, KOÙ xeov r3a0'U|̂ cov Pto'uvxtov o"uvrjyopo<;, KOÙ xeov òp0co<; TcoÀ.ixe'uou.évcov Kaxriyopoc, (Ep. Ili 153 = PG LXXVIII 844d). Non si può escludere, in entrambi i casi, l'allusione omerica, data la buona

10 Per citazioni e allusioni omeriche in Filone, si veda l'Index nominum di I. Leisegang all'ed. di L. Cohn e P. Wendland, VII 1, Berolini 1926, 18. Altre riprese sono segnalate nei commenti di E.M. Smallwood, Legatio ad Gaium, Leiden 1961, 195 e 230 e A. Pelletier, Legatio ad Gaium, Paris 1972, 174.

" Svetonio aggiunge ancora: nec multum afuit quin statini diadema sumeret speciemque principatus in regni formam converteret.

12 L'XI libro degli Oracoli Sibillini, quasi certamente di origine giudaica, viene datato attorno al principio dell'era cristiana: cf. A. Kurfess, Oracula Sibyllina XI (9)-XIV (12) nicht christlich, sondern judisch, «ZRGG» VII (1955) 270-272; J.J. Collins, The Sibylline Oracles, in Jewish Writings of the Second Tempie Period, ed. by M.E. Stone, Assen-Philadelphia 1984, 357-381. Collins, o.c. 376 ritiene inoltre che questo sia «the only early Sibylline oracle that clearly originated in Alexandria».

13 Riprese classiche, anche omeriche, non sono rare in tutti i libri sibillini. Si veda la traduzione commentata di J.J. Collins in The Old Testament Pseudepigrapha, ed. by J.H. Charlesworth, I, New York 1983, 317-472.

14 Cf. y 315 = o 12. I pretendenti sono così definiti anche in 5 790, v 373, % 27, o 315, 71 271, a 167, u 12 e 291, etc. Sebbene di incerta etimologia, 'ÒTtep^iaA.oi; implica quasi sempre, in Omero, arroganza e insolenza, cf. Chantraine, DELG 1158.

12 ROSA

conoscenza della lingua e dei testi classici da parte dei due autori ; in ogni caso è significativo il fatto che 8ri|uopópo<; sia comunemente collegato a concetti di rapacità e ingiustizia.

Vi è poi un passo di Cristodoro di Copto, in cui è rievocata la figura del poeta comico Cratino, òq noxe 8n,uo(3ópotoi Tto^taooóxoiaiv 'Icóvcov / 0\)|^o5aKei<; è0ócoaev dKovxtaxf|pa<; idupoog, / KCÓUOV de^rjaaq, (|)iA.OTcaiy|iOvo<; èpyov doi8f|<; (AP II 358-360 = Cratin. test. 44 K.-A.), dove è chiaro il riferimento a uomini politici e demagoghi ateniesi contro la cui arroganza Cratino scagliava i propri attacchi, secondo il costume della commedia antica. Va ancora ricordato Xaofìópoq, riferito a Cerbero da Sinesio di Cirene (anch'egli di formazione alessandrina) in Hymn. Vili 21. Il v. 22, che compare solo in alcuni codici, recita ó papoo0evf|(; 8 r | u . o p ó p o < ; , ma esso è concordemente espunto dagli editori come glossa intrusiva del precedente l6. Infine vorrei notare come nella sua Historia de rebus Constantinopolitanis il cronografo bizantino Josephos Genesios (X sec.) utilizzi 8r|(ioPopia in antitesi a 8r|)iOKT|8ia: il primo varrà dunque 'mangiare' il popolo, cioè depredarlo, arrecargli danno (cf. PG CIX 1088b).

Paralleli epici e tarde riprese sono concordi nel qualificare Sr||iopópo<; come )ieyiaxT| Kaxriyopia17, un insulto che quindi pare non alludere all'imperizia mi­litare, ma che è sinonimo di ingordigia violenta, di rovinose angherie esercitate con ferocia nei confronti del popolo da parte di chi detiene un determinato potere: Agamennone è insomma un 8r|u.oPópo<; fìaGiXevq perché abusa della propria po­sizione non solo per arricchirsi, ma anche per commettere con malvagità arbitrii ingiustificati a danno altrui: un odioso prototipo, per nulla privo, come visto, di numerosi imitatori, fino ai «mangiapopoli» del nostro Giusti18.

P I E T R O R O S A

15 Gregorio studiò ad Alessandria d 'Egi t to e Atene, in Isidoro sono frequenti le citazioni classiche, anche omeriche. G.J.M. Bartelink (Observations stylistiques et linguistiques chez Isidore de Péluse, «VetChr» XVIII, 1964, 163-180) ricorda avTo5i5aKTÓi; eì(ii di x 347, ripreso in Ep. IV 30 = PG LXVIII 1084a.

16 Anche N. Terzaghi (Synesii Cyrenensis Hymni, Romae 19492, 265) ritiene che A.aof3ópo<; sia un 'or iginale variazione di Sinesio sul l 'omerico 5r)uopópo<;.

17 Cf. Schol. b ( B C E E 4 ) T. 18 «Credevo di aver chiuso i conti coi m a n g i a p o p o l i , come li chiama Omero, e

non mi pareva vero di aver posato la sferza, che in fondo ho adoperata sempre a malincuore, quando sorse la necessità di dare un poco sulle dita al centimano di piazza [...]. Ma a me basterebbe di non bastonare il vero, e poi lascerei che me le dessero a sine fine dicentes, perché ho in testa che lo scrittore debba essere stanga di mezzo tra l ' impennarsi d e i r e e lo scalciare delle moltitudini», (dalla lettera a E. Bindi del 23/2/1850: cf. Giuseppe Giusti, Epistolario edito e inedito, raccolto, ordinato e annotato da F. Martini, III, Firenze 1904, 384). Altre ricorrenze di 'mangiapopolo ' nella letteratura italiana, con esplicito riferimento a Omero, sono registrate in Battaglia, Grande Dizionario della lingua italiana, IX (1975) 653.