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Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di laurea magistrale in matematica Sulla didattica delle tabelline: un’alternativa alla mera attività mnemonica Sommario In quest’ articolo ci proponiamo di illustrare una proposta didattica alternativa per la spiegazione di uno degli argomenti più rilevante di tutto il percorso scolastico che affrontiamo: le tavole moltiplicative. Tale argomento, spesso chiamato semplicemente tabelline, viene solitamente affrontato al secondo anno della scuola primaria, e rimane ben impresso nei ricordi scolastici di ciascuno studente. Ciò che desidero con questo lavoro è descrivere una alternativa didattica, ma, necessariamente, mostrarne una quanto più attendibile validazione. La riuscita di quest'ultimo compito sarà cercata tramite una reale esperienza didattica con un’alunna, con cui ho avuto la fortuna, e il piacere, di lavorare. Dopo una veloce introduzione della questione, sarà necessaria una breve parte nella quale esporrò alcune specifiche nozioni e degli interessanti studi con relative teorie da essi sviluppate a cui farò riferimento nel corso dell’elaborato. A questo punto, prima di esporre l'alternativa d idattica, cercheremo di capire quello che accade solitamente seguendo la didattica tradizionale, partendo dal programma ministeriale in riguardo e da una panoramica generale sulle nostre scuole. Nel capitolo seguente presenterò l'alternativa didattica che desidero proporre, mettendola subito in esame ripercorrendo i momenti cruciali dell'esperienza con la mia alunna. Qui presenterò gli obiettivi fissati e in quali termini possiamo considerarli raggiunti. Questo sarà fondamentale per argomentare la mia tesi. A termine dell'articolo troviamo una parte finale, dove riassumere quanto riteniamo di aver concluso con questo lavoro. Maddalena Infante

Sulla didattica delle tabelline: alternativa alla mera ... pdf/tesi... · Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di laurea magistrale in matematica Sulla didattica

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Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di laurea magistrale in matematica

Sulla didattica delle tabelline:

un’alternativa alla mera attività mnemonica

Sommario In quest’ articolo ci proponiamo di illustrare una proposta didattica alternativa per la spiegazione di uno degli argomenti più rilevante di tutto il percorso scolastico che affrontiamo: le tavole moltiplicative. Tale argomento, spesso chiamato semplicemente “tabelline”, viene solitamente affrontato al secondo anno della scuola primaria, e rimane ben impresso nei ricordi scolastici di ciascuno studente. Ciò che desidero con questo lavoro è descrivere una alternativa didattica, ma, necessariamente, mostrarne una quanto più attendibile validazione. La riuscita di quest'ultimo compito sarà cercata tramite una reale esperienza didattica con un’alunna, con cui ho avuto la fortuna, e il piacere, di lavorare. Dopo una veloce introduzione della questione, sarà necessaria una breve parte nella quale esporrò alcune specifiche nozioni e degli interessanti studi con relative teorie da essi sviluppate a cui farò riferimento nel corso dell’elaborato. A questo punto, prima di esporre l'alternativa didattica, cercheremo di capire quello che accade solitamente seguendo la didattica tradizionale, partendo dal programma ministeriale in riguardo e da una panoramica generale sulle nostre scuole. Nel capitolo seguente presenterò l'alternativa didattica che desidero proporre, mettendola subito in esame ripercorrendo i momenti cruciali dell'esperienza con la mia alunna. Qui presenterò gli obiettivi fissati e in quali termini possiamo considerarli raggiunti. Questo sarà fondamentale per argomentare la mia tesi. A termine dell'articolo troviamo una parte finale, dove riassumere quanto riteniamo di aver concluso con questo lavoro.

Maddalena Infante

Introduzione In quest’ articolo tratterò un capitolo molto discusso della didattica della matematica, che ancora oggi è oggetto di controversie tra gli studiosi della materia. Illustrerò, infatti, una panoramica sulla didattica delle “tabelline”, termine con cui comunemente facciamo riferimento alle tavole moltiplicative i cui fattori variano tra 0 e 10. È inutile negare il fatto che le tabelline rappresentano un grande scoglio della scuola primaria. Proporrò, in particolare, delle didattiche alternative a quella tradizionale, basata su un’attività principalmente mnemonica. Prima di addentrarmi nell’analisi degli strumenti teorici su cui fonderò i miei ragionamenti e nella successiva sperimentazione da me eseguita a sostegno della mia tesi, mi sembra interessante riportare brevemente alcuni ricordi legati all’insegnamento delle tabelline, a conferma della portata di un argomento scolastico il cui studio rimane impresso, nel bene e nel male, come pochissimi altri argomenti. Katia (29 anni): “ricordo che in classe la maestra aveva tappezzato l’aula di cartelloni su cui comparivano le tabelline e quando le chiedeva a tappeto cercavo di sbirciare perché non le ricordavo. Invece mi è rimasta impressa una filastrocca che la maestra ci ha insegnato per memorizzare la tabellina del 9 poiché nessuno riusciva a memorizzarla. Ma oggi non riesco a ricordarle.” Marcella (23 anni): “ho un bruttissimo ricordo sulle tabelline. Ricordo dei lunghi pomeriggi chiusa in casa a ripetere fino alla nausea le tavole moltiplicative e quanto questo sforzo fosse vano poiché, passato qualche giorno, non le ricordavo più. Mi ricordo anche dei miei genitori che passavano il sabato e la domenica a interrogarmi per cercare di aiutarmi nella memorizzazione, ma non riuscivano a migliorare la mia situazione.” Laura (26 anni): “ho un ricordo piuttosto positivo. In seconda elementare ho vinto il primo premio, perché in una gara matematica organizzata dalla maestra all’interno della classe sono stata la più veloce. Sono stata molto fortunata perché avevo una buonissima memoria.” Dalle testimonianze raccolte emerge che la didattica adottata si basa eminentemente sulla memoria, causando dunque considerevoli difficoltà negli alunni con minori doti mnemoniche, che forse, tra l’altro, rappresentano spesso la percentuale maggiore.

Strumenti teorici A questo punto è necessario esporre ed analizzare brevemente alcune specifiche nozioni e degli interessanti studi con relative teorie in essi sviluppate a cui farò riferimento nel corso dell’elaborato. L’amigdala L’amigdala è una parte del cervello che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura. Le emozioni scatenate dall’amigdala scaturiscono indipendentemente dal pensiero razionale. L’amigdala è specializzata nelle questioni emozionali, se viene resecata dal resto del cervello c’è un’evidentissima incapacità di valutare il significato emozionale e di conseguenza le interazioni umane perdono interesse; privata dell’amigdala una persona perde non solo la capacità di riconoscere i sentimenti, ma anche la capacità di provare sentimenti. Notizie date dalle Neuroscienze Alcuni ricercatori della Stanford University School of Medicine hanno dimostrato che i bambini con elevati livelli di ansia per la matematica presentano attivazioni cerebrali specifiche e differenti rispetto ai non “matematicamente” ansiosi. La ricerca ha sottoposto a risonanza magnetica funzionale 46 bambini di 7-9 anni (con bassi ed elevati livelli di ansia per la matematica) mentre era loro chiesto di effettuare addizioni e sottrazioni. Nello studio i soggetti sono stati valutati mediante un questionario standardizzato per la misurazione

dell’ansia verso la matematica. I bambini con livelli di ansia per la matematica sia elevati che bassi, avevano comunque punteggi simili in termini di QI e di altre funzioni cognitive così come di ansia generalizzata. Nei bambini con elevata ansia per la matematica si è riscontrata una maggiore attivazione nelle regioni cerebrali associate alla paura, quali l’amigdala e l’ippocampo, che a sua volta determinava una deattivazione delle aree cerebrali implicate nel ragionamento numerico. Le analisi delle connessioni tra diverse aree cerebrali quindi mostrano che in bambini ansiosi per la matematica l’aumento dell’attivazione nel circuito limbico determina la riduzione dell’attivazione nelle regioni deputate al ragionamento numerico. A tali correlati neurali corrispondono parimenti differenze nelle performance matematiche: i bambini più “matematicamente” ansiosi hanno totalizzato un maggior numero di errori e hanno impiegato più tempo nel risolvere i problemi. Noetica e semiotica nel pensiero di Duval Dal pensiero di Duval emerge come in Matematica l’acquisizione concettuale di un oggetto passa necessariamente attraverso l’acquisizione di più rappresentazioni semiotiche. L’autore sostiene che non ci sia noetica (acquisizione concettuale di un oggetto) senza semiotica (rappresentazione realizzata per mezzo di segni), mettendo così in evidenza l’importanza delle diverse rappresentazioni semiotiche. Artefatto La nozione di artefatto cognitivo che useremo ha le sue basi nel lavoro di Vygotskij. La prospettiva Vygotskiana, che include una dimensione evolutiva, interpreta la funzione degli artefatti cognitivi come elemento principale dell’apprendimento e, per tale ragione, sembra offrire un’adeguata cornice per studiare l’uso degli artefatti nel campo dell’educazione. Come vedremo l’artefatto da noi utilizzato è costituito dai regoli. Per la prospettiva Vygotskiana l’insegnante agisce come mediatore che utilizza l’artefatto per mediare contenuti matematici agli studenti. In altre parole, l’insegnante utilizza l’artefatto come strumento di mediazione semiotica. A causa dell’importanza culturale di questo processo, possiamo definire l’insegnante un mediatore culturale. Tale espressione non si riferisce all’atto concreto dell’utilizzare uno strumento per svolgere un compito, ma piuttosto al fatto che significati nuovi, legati al reale utilizzo di uno strumento, possono essere generati e possono evolvere sotto la guida di un esperto. Così un artefatto sarà chiamato strumento di mediazione semiotica quando sarà usato intenzionalmente dall'insegnante per mediare un contenuto matematico attraverso un intervento didattico pianificato intenzionalmente. Didattica del concreto Per Emma Castelnuovo la didattica deve guidare l’alunno alla riscoperta delle leggi, deve coinvolgere l’alunno e avere problematiche concrete come base di ricerca. Questo tipo di didattica deve partire dal concreto e deve essere una didattica costruttiva, non descrittiva. Un ruolo fondamentale per questo tipo d’insegnamento è costituito dal laboratorio che deriva proprio da una didattica che parte dal concreto e motiva l’apprendimento. Didattica basata sull’errore Fondamentalmente una didattica basata sull’errore si predispone come obiettivo quello di non drammatizzare l’errore, ma di utilizzarlo per modificare i comportamenti dell’alunno. L'errore non viene percepito come qualcosa di assolutamente negativo, da evidenziare con segni in blu o in rosso, a seconda della gravità, ma come fondamentale partenza per la formazione del sé e del proprio sapere. Popper esprime un giudizio pienamente in linea con questo tipo di didattica. Infatti, nella famosa metafora di Einstein e l’ameba parlando di Einstein, Popper scrive: “Einstein cerca i propri errori, impara dalla loro scoperta ed eliminazione e grazie a essi si assicura la sopravvivenza”.

La pedagogia dell’errore, inoltre, insegna a sbagliare senza paure. A sostegno di questo insegnamento riporto le parole di Rodari: ”.. gli errori sono necessari. Utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa”. Metodo dei rettangoli Questo metodo consiste nel vedere i prodotti come “rettangoli“ che possiamo comporre e scomporre, considerandone diverse parti o l’intero a seconda della manipolazione mentale che stiamo facendo. Inoltre questo metodo può rafforzare l’uso appropriato di “doppio” o “triplo” e mettere in evidenza la commutatività della moltiplicazione. Questo modo alternativo di spiegare le tabelline si può suddividere in tre attività. 1° attività: si disegna alla lavagna o su un foglio la rappresentazione seguente:

La consegna è

1. Osserva la rappresentazione di 6 per 2 volte. 2. Descrivi la rappresentazione con parole tue. 3. Rappresenta di fianco 2 per 6 volte. 4. Confronta le rappresentazioni: di quanti quadratini sono composti in tutto? Quali differenze noti

tra le due rappresentazioni? 5. Senza fare il disegno come potresti guardare la rappresentazione di 6 per 2 volte per vederla

come quella di 2 per 6 volte? 2°attività: prova a rappresentare 2 per 3 volte e 3 per 2 volte

1. Come potresti descrivere queste rappresentazioni con operazioni? 2. Dati questi diagrammi rettangolo esprimi a voce cosa rappresentano, e rappresentali anche con

operazioni aritmetiche.

3°attività: guardiamo questo diagramma rettangolo:

1. Che cosa può rappresentare questo diagramma? Descrivi con parole tue. 2. E se dovessi descriverlo con operazioni quali useresti? Perché? 3. Guardiamo questo diagramma rettangolo e completiamolo negli spazi mancanti.

i) Che cosa può rappresentare? Descrivi a parole tue ii) E se dovessi descriverlo con operazioni quali useresti? Perché?

Programma Ministeriale Come primo passo, è senz’altro doveroso riportare un breve paragrafo del programma ministeriale del D.P.R. 12 febbraio 1985, n 104 dove sono illustrati gli obiettivi e i contenuti da raggiungere al termine del secondo anno della scuola primaria. Per chiarezza espositiva vengono distinti di seguito alcuni temi matematici articolati per obiettivi.

eseguire con precisione e rapidità semplici calcoli mentali di addizioni e sottrazioni; raggruppare oggetti a due a due contando per due, raggrupparli a tre a tre contando per tre, e

così via; con l'aiuto di quantità adeguate di oggetti calcolare, in collegamento reciproco, il doppio/la

metà, il triplo/il terzo, il quadruplo/il quarto, ecc.; eseguire, almeno entro il cento, addizioni e sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni (con

moltiplicatori e divisori di una cifra) anche con l'ausilio di opportune concretizzazioni e razionalizzazioni.

Presentazione della situazione didattica attuale

Presentiamo ora una descrizione di quello che succede in realtà in alcune scuole primarie italiane, e non solo, al secondo anno. Nel riportare le seguenti informazioni mi sono basata su descrizioni che mi sono pervenute dai racconti di persone che conosco, non provenienti dalla stessa scuola e per quanto ho personalmente vissuto. Poichè la base dei racconti pervenutami era comune nella maggior parte di essi, ho deciso di approfondire l’argomento e mi sono documentata intervistando i docenti delle scuole primarie a me più vicine. Da queste interviste è emerso che le lezioni sulle spiegazioni delle tabelline si svolgono nel seguente modo. L’insegnante presenta l’argomento delle tavole moltiplicative talvolta, addirittura, senza aver introdotto ancora la moltiplicazione. Per facilitare la scrittura delle tabelline, il docente, spiega agli studenti che la parola per si traduce in matematica con il seguente simbolo x. Dopo questa notazione incomincia a scrivere alla lavagna la prima tabellina solitamente quella dello zero . Dopodiché l’insegnante aspetta un tempo sufficiente, in base alla difficoltà memorica che la tabellina può causare, prima di passare alla memorizzazione della tabellina successiva. Questo tempo può variare per ciascuna tabellina da una al massimo tre settimane. I bambini, così istruiti, cominciano a recitare la tabellina del due: «Uno per due, due; due per due, quattro; due per tre, sei; due per quattro, otto» e così via. Quando riescono a recitare questa tabellina alla perfezione, di solito passano a quella del tre e così fino a quella del dieci. L'idea è che a una certa età, di solito otto o nove anni, i bambini dovranno essere in grado di recitare impeccabilmente le tabelline fino al dieci. Vorrei osservare che la situazione attuale si scosta, in un certo senso, dagli obiettivi preposti nei programmi ministeriali, poiché si basa su attività mnemoniche, la quale non è presente nell’elenco degli obiettivi ministeriali. D’altra parte lo stesso programma ministeriale risulta essere piuttosto vago, ma tale caratteristica potrebbe essere comunque vista in accordo con quanto stabilito dal CIEAEM (Commission Internationale pour l'Etude et l'Amélioration de l'Enseignement des Mathèmatiques) nel quale giustamente viene ribadita la necessità di una certa libertà d’insegnamento. Prima di andare a presentare e analizzare le alternative didattiche, vi propongo un estratto tratto dal libro “Intelligenza matematica” di Braian Butterworth che mi ha molto colpito, nel quale si mette proprio in evidenza quanto lo svolgere un lavoro di pura memorizzazione non sia affatto costruttivo. “Un bambino a cui avevo chiesto di recitarmi le tabelline, snocciolò correttamente quella del due, ma rimase perplesso quando gli chiesi quanto facesse, 6 x 2. Il fatto che fosse capace di recitare la sequenza non dimostrava che avesse capito che cosa significassero i componenti della sequenza stessa. Un'altra bambina a cui feci la stessa domanda riuscì a recitare sia quella del due che quella del tre e rispose a un'altra mia domanda: «Quanto fa 3 x 5?». Dopo un po' le chiesi: «Quanto fa 5 x 3?» Guardandomi con aria di rimprovero mi redarguì: «Non abbiamo ancora imparato la tabellina del cinque». Aveva indubbiamente imparato a rispondere alle prime due domande. Ma è possibile – anche se non ne ho la prova diretta – che la sua comprensione della proprietà commutativa della moltiplicazione fosse stata ritardata dal fatto di essere stata costretta a imparare 3 x 5 = 15 e 5 x 3 = 15 come dati del tutto separati. Ci sono tuttavia prove indirette. Nei raffronti internazionali di competenze matematiche, di gran lunga i migliori sono i cinesi, quelli della Repubblica popolare, di Taiwan e di Singapore. In uno studio recente, la prestazione media nei test standardizzati dei bambini statunitensi di dodici anni si collocava all'11 per cento rispetto al campione di Shanghai. Questo significa che l'89 per cento dei bambini di Shanghai era migliore dello scolaro americano medio. In effetti, i bambini dodicenni di Shanghai davano prestazioni simili a quelle dei ragazzi statunitensi di diciassette anni. Ovviamente questi test comportano ben più di semplici moltiplicazioni, ma val la pena di osservare come il sistema scolastico cinese, relativamente positivo, affronti la moltiplicazione.

Costringono forse i bambini a recitare le tabelline fino a nove per nove? No, non fanno così. Tanto per cominciare, i bambini non devono imparare la tabellina dell'uno. In secondo luogo, non imparano 3 x 5 e 5 x 3. Imparano 5 x 3 nella tabellina del tre, ma la tabellina del cinque comincia dal 5 x 5, che ovviamente non rientra nelle tabelline precedenti del due, del tre e del quattro. (...) Questo metodo non solo riduce il carico mnemonico da 81 a 36 dati, ma aiuta il bambino a capire che 3 x 5 e 5 x 3 sono equivalenti. Perciò non stupisce che quando LeFevre e Liu, psicologi alla CarletonUniversity di Ottawa, raffrontarono le capacità di moltiplicazione degli studenti adulti cinesi e canadesi, i primi fossero risultati più rapidi e accurati. Può darsi che l'apprendimento a memoria della tabellina del tre e dell'otto possa condurre alla comprensione di 8 x 3= 3 x 8. Potrebbe servire come una scala che conduca alla comprensione e che poi possa essere gettata via. Ma perché non cominciare assicurandosi che tutti i passaggi dell'apprendimento abbiano un significato?”

Verso una didattica alternativa Io credo che sarebbe meglio abbandonare il tipo di approccio tradizionale che ricorre esclusivamente alla ripetizione e alla memoria tramite procedure e non promuove l’utilizzo della testa, se non la parte relativa alla memoria! Grazie alla neuroscienza sappiamo che per com’è fatta la nostra memoria contare ci risulta facile perchè si basa su capacità che noi abbiamo innate, invece, ci risulta difficile imparare le tavole di addizione e sottrazione o le tavole di moltiplicazione (come vengono insegnate tradizionalmente) perché sono operazioni formali alle quali il nostro cervello non è predisposto. Quando si memorizzano le tavole aritmetiche nella scuola primaria si possono usare due tipi di memoria:una memoria verbale (vasta e duratura) o una memoria visiva o fotografica (in rari casi). In entrambi i casi non ricorriamo all’intuizione matematica, e dunque non stiamo facendo attività matematica. Credo, pertanto, che l’introduzione nelle scuole di un nuovo metodo sarebbe opportuno per migliorare l’apprendimento di molti studenti e favorire lo svolgimento di un’attività matematica non mnemonica, così come dovrebbe essere! Personalmente vedo un’ottima alternativa alla memorizzazione passiva, nel metodo dei rettangoli precedentemente descritto. A sostegno della mia tesi, ho sperimentato il metodo delle rappresentazioni a rettangolo con una studentessa.

Obiettivi e presentazione della didattica alternativa e di una esperienza pratica In questa sezione riporterò osservazioni e descrizioni dell’esperienza didattica che ho potuto svolgere con una bambina di seconda elementare. L’obiettivo della mia esperienza è confermare l’efficacia di questo metodo rispetto alla memorizzazione che per la mia studentessa ha portato solo ansie e paure nei confronti della matematica. L’esperienza è consistita nel proporre alla bambina una strada alternativa (il metodo delle rappresentazioni a rettangolo, appunto) a quella vista in classe, affiancandola per quattro mesi nello studio delle tabelline. Ciò che mi aspettavo di riscontrare al termine di questa esperienza è un cambiamento del rapporto che la studentessa in questione ha maturato nei confronti della matematica e, in un secondo momento un rafforzamento delle sue conoscenze per evitare di ritrovarsi, poi, nella stessa situazione di ansie e paure. Sottolineo, tuttavia, che, tenendo conto che il test è stato effettuato su un solo individuo e in una situazione privata, non di classe, il raggiungimento dell’obiettivo proposto sarà in grado solamente di corroborare l’idea che una didattica migliore è possibile e potrebbe sostituire l’attuale.

La studentessa in questione è Giovanna, una bambina di sette anni, che è entrata in prima elementare anticipatamente in quanto nata a gennaio. Al momento ha appena terminato la seconda elementare dalle pagelle emerge che è una bambina volenterosa che si applica e riesce a raggiungere gli obiettivi scolastici. Nonostante sia una bambina che affronta la scuola serenamente in quest’anno a causa delle tabelline ha avuto qualche problema in matematica. In lei è nato un sentimento di paura nei confronti della matematica, in quanto agli studenti non piace fare errori e in generale è passato il luogo comune che avere successo in matematica equivale a non fare errori, quando, in realtà, dovrebbe dipendere da come vengono valutati. Nella classe di Giovanna l’insegnante valuta l’errore negativamente provocando nell’alunno errante un sentimento di vergogna davanti alla classe e non utilizzando una didattica costruttiva basata sull’errore (vedi Didattica basata sull’errore). Nell’alunna è nato un sentimento di ansia e paura che, dopo qualche fallimento dovuto al blocco della memoria di lavoro, il quale solitamente viene descritto come limite cognitivo dello studente, ha provocato un calo di autostima nell’alunna e un blocco sempre maggiore (vedi Notizie date dalle Neuroscienze). Giovanna ha iniziato a percepire la memorizzazione delle tabelline e quindi la matematica come una “nemica” da evitare in quanto è la causa delle sue umiliazioni. Ritengo di poter classificare le cause del suo problema in due tipi. La prima basata sul modo in cui le sono state insegnate le tabelline cioè nel modo tradizionale: ripetendo fino a quando non si ricordano. L’altra è determinata dalla valutazione da parte dell’insegnante: questa sarà positiva se l’alunno risponde bene e in fretta alle moltiplicazioni proposte, negativa altrimenti. Parlando con l’alunna è emerso che la maestra premia i bambini che rispondono più in fretta dandogli caramelle oppure facendo un timbrino simpatico a forma di smile sul quaderno del “bravo”, perché svelto, alunno. Questo significa chiaramente che c’e una grande attenzione alla velocità. È proprio questo che emerge anche dal ricordo positivo di Laura, presentato nell’introduzione. Possiamo riassumere il messaggio che passa da questa situazione didattica con la seguente equazione

Successo in matematica = Essere veloci (e non pensare). Imporre la velocità crea ansia. Questo, come abbiamo più volte messo in evidenza, è molto dannoso per l’apprendimento di tutti gli studenti. Giovanna è una bambina a cui non piace fare qualcosa se non capisce la motivazione del perché deve farlo e la ripetizione di una sequenza di numeri, apparentemente senza significato, non riesce proprio ad interessarla. Proprio per questo motivo, non è riuscita ad imparare a memoria le tavole di moltiplicazione e ha incominciato a riscuotere insuccessi. A sostegno del fatto che a Giovanna viene richiesto esclusivamente un esercizio mnemonico sulle tavole moltiplicative descrivo la seguente vicenda. A febbraio, quando ancora l’insegnante aveva svolto in classe le tabelline solo fino alla tabella del 4, Giovanna alla mia domanda «Quanto fa 2 x 6?» ha risposto correttamente ma alla domanda «Quanto fa 6x 2?» mi ha risposto che ancora non aveva fatto la tabellina del 6 (esattamente come descritto nell’articolo proposto precedentemente). Ma c’e dell’altro. Dopo aver fatto la tabellina del 6 alle stesse domande ha risposto correttamente ma per rispondere a 2 x 6 ha recitato la tabellina del 2 e, allo stesso modo, per rispondere a 6 x 2 ha recitato la tabellina del 6 mettendo comunque in risalto lo stesso tipo di problema. Questo ci porta a pensare che per la bambina ogni tabellina sia un qualcosa indipendente dalle altre poiché così le è stato insegnato. Infatti, didatticamente la maestra ha ben distinto la presentazione di ogni singola tabellina presentandole come argomenti distinti, soffermandosi un tempo sufficiente che poteva variare da una settimana a due per l’insegnamento di ognuna ma senza mai intersecarle. Riporto, ora, un altro episodio, sintomo anch’esso di un’attività semplicemente mnemonica. In un incontro con Giovanna le chiesi cosa volesse dire 4×0=0; 4×1=4; 4×2=8. Ma lei mi rispose che non capiva

il senso della mia domanda. Approfondendo la cosa mi raccontò che nessuno gli aveva mai spiegato cosa volesse dire. A questo punto, ho cercato di chiarirle io questi concetti, partendo da una spiegazione figurale. Ho preso un foglio e una penna e ho cominciato a disegnare uno scaffale di una libreria; poi ho domandato a Giovanna “quanti libri ci sono in questa libreria?” Lei ha risposto che non c’è nessun libro. Esatto. Poi ho disegnato tre libri sul ripiano e gli ho posto la stessa domanda. La risposta è stata nuovamente corretta. Allora ho aggiunto uno scaffale e collocato 4 libri anche su quello. Al momento, spiego alla bambina, ci sono 2 scaffali ognuno con 4 libri. A questo punto gli pongo la seguente domanda: ”… Possiamo quindi dire che quattro libri per due scaffali sono 8 libri?” La risposta è affermativa. Dopodiché le spiego che tornando un attimo indietro quando ho disegnato quattro libri, avevo svolto l’operazione 4x1 e quando ne avevo disegnati zero avevo svolto 4x0. Infine, ho ritenuto opportuno soffermarmi anche sul fatto che fare 4 x 2 è come fare 4+4. È importante comprendere il significato dell’aritmetica. Imparare a memoria che 4×2=8 è diverso dal comprendere perchè 4×2=8 e solo in quest’ultimo caso è possibile cogliere l’equivalenza tra 4×2 e 4+4, 2+2+2 e (4×1)+4. Si deve favorire la memorizzazione ragionata delle operazioni aritmetiche. Ancora una volta giungiamo alla stessa conclusione è più efficace l’insegnamento fondato sulla comprensione dell’aritmetica rispetto all’insegnamento basato sull’intenso esercizio mnemonico. Se la matematica non viene spiegata bene, non viene compresa. Se non viene compresa, viene odiata e considerata impossibile! Presentiamo ora una descrizione di quali risultati ha generato questa sperimentazione sulla bambina. Prima parte della sperimentazione didattica Premetto che lavorare con le rappresentazioni a rettangolo con Giovanna rispetto a che con un individuo privo di qualsiasi conoscenza moltiplicativa, ha dato dei risultati probabilmente diversi rispetto quelli che altrimenti possiamo aspettarci. Infatti, lei già conosceva il concetto di “tabellina”, non era la prima volta che ne sentiva parlare e quindi spesso era portata a dare direttamente i risultati senza seguire l’attività proposta. Ad esempio, inizialmente, ogni volta che nelle attività chiedevo di descrivere la rappresentazione del diagramma lei mi rispondeva con l’operazione numerica senza passare dalla descrizione verbale della figura. Similmente nella seconda attività voleva dare direttamente il risultato delle moltiplicazioni richieste senza neanche effettuare il disegno e, non ricordando a memoria il risultato, era evidente uno stato di agitazione, forse per paura che potessi in qualche modo avere un giudizio negativo nei suoi confronti. Dopo aver capito che lo scopo non era vedere quanto sapeva e che non la stavo giudicando si è messa a proprio agio e l’esperienza ha cominciato a fruttare. Evidentemente Giovanna è stata abituata ad una didattica interessata al risultato cioè alla risposta della richiesta e non alla procedura usata per arrivarci. Con il punto 4 della 1°attività, invece, si mette in risalto proprio il contrario che consiste nel prestare attenzione, oltre che al prodotto finale, anche ai fattori cioè si presta attenzione, facendo riflettere l’alunna, a come rappresentiamo i fattori presenti nella moltiplicazione. La prima conoscenza acquisita dalla bambina grazie al metodo dei rettangoli, è la presa di coscienza della proprietà commutativa della moltiplicazione non emersa dalla precedente didattica svolta in classe. Utilizzando il metodo del rettangolo fin dalla prima attività, Giovanna si è sorpresa di come in realtà fare 2 x 6 oppure 6 x 2 sia esattamente la stessa cosa. Infatti, affrontando il punto 5 della 1° attività la bambina dice “i due disegni sono uguali basta girare i fogli” quindi anche le rispettive moltiplicazioni che li descrivono, lo sono. Evidentemente, in lei, l’utilizzo di un registro figurale è molto più utile e forte rispetto a quello algebrico e permette di mettere in risalto la proprietà commutativa naturalmente senza ulteriori spiegazioni (vedi Noetica e semiotica nel pensiero di Duval). Acquisita questa conoscenza possiamo ridurre notevolmente la fatica di imparare le tavole della moltiplicazione poiché la metà di esse risulta già affrontata in precedenza.

Proseguiamo analizzando i risultati ottenuti da ogni attività. Nella seconda attività si cerca di svolgere il processo inverso rispetto a quello proposto nella prima. Infatti, si vuole passare da una rappresentazione verbale a una visiva mentre nella prima attività passavamo dalla rappresentazione visiva a quella verbale. Il punto 2 della seconda attività ha lo scopo di far acquisire sempre maggiore dimestichezza o meglio familiarizzare con la rappresentazione di moltiplicazioni viste come rettangoli. Giovanna nella seconda attività si è mostrata molto collaborativa e pian piano vedendo che non le chiedevo niente di più di quello che disegnava, ha aumentato la sua autostima. Questo è stato essenziale per proseguire il lavoro. Penso che sia necessario creare dei successi anche se su quesiti più semplici per tenere sempre vivo l’interesse degli alunni ed evitare così qualsiasi sensazione di inadeguatezza da parte di quest’ultimi nei confronti dell’argomento affrontato, la quale provocherebbe un’estraneazione del soggetto. Nella terza attività introduciamo l’idea di vedere il rettangolo diviso in parti mostrando quella che è detta proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all’addizione. Questa proprietà sarà molto utile per il calcolo a mente scomponendo il calcolo in risultati già acquisiti. Su questa parte abbiamo lavorato ed ancora dobbiamo lavorare perché non sempre la scomposizione viene vista da Giovanna come una semplificazione, poiché ha bisogno ogni volta che qualcuno le dica che quello che sta facendo va bene, altrimenti non prosegue nell’esercizio. Suppongo che questo sia sintomo del fatto che ancora non ha ben interiorizzato l’argomento. È poi ovvio che, come in tutti tipi di didattica, con l’esercizio acquisirà sempre maggiore sicurezza e quindi autonomia. Continuando comunque l’esercitazione sulla terza parte, ho deciso di presentarle la tanto temuta tabella generale delle dieci tabelline che in molte occasioni Giovanna non ha saputo riempire perché non ricordava i risultati. Come prima cosa le spiego come poter sfruttare le conoscenze acquisite dal metodo dei rettangoli per riempire la seguente tabella.

Come possiamo vedere dalla figura numeriamo i quadretti della tabella da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto.

Per spiegare a Giovanna come poter riempire la tabella, le presento un esempio. Supponiamo di voler inserire il risultato della moltiplicazione che ha per fattori il 3 e il 6. Sfruttando quanto imparato dal metodo dei rettangoli, sappiamo che la rappresentazione figurale di 3 x 6 può essere desritta da un rettangolo di lati lunghi 6 e 3. Per poter disegnare il rettangolo nella nostra tabella parto dalla prima riga in basso faccio un lato del mio futuro rettangolo lungo quanto mi indica il primo fattore, e quindi nel nostro esempio lungo 3. Dopodiché muovendomi verso l’alto traccio il secondo lato del rettangolo, di lunghezza pari al secondo fattore, nel nostro esempio 6. Dopodiché scrivo il risultato nell’ultimo quadretto in alto a destra dentro il mio rettangolo. Il risultato potrà essere calcola contando i quadretti del rettangolo.

A questo punto possiamo sfruttare la proprietà commutativa che abbiamo acquisito, infatti, fare 6 x 3 è equivalente all’operazione appena svolta 3 x 6. Per inserire in tabella questo risultato dobbiamo osservare, come abbiamo fatto nella prima attività, che in realtà per ottenere dal rettangolo 3 x 6, il rettangolo 6 x 3, basta “girarlo” ovvero effettuare una rotazione di 90°. Se disegniamo il nuovo rettangolo ruotato, questo conterrà il risultato nella casella che corrisponde al simmetrico della casella contenente il precedente risultato, rispetto alla diagonale. Entrambe le trasformazioni, rotazione e simmetria, portano allo stesso risultato (se alla rotazione è aggiunta una traslazione).

Per facilitare questa visualizzazione si può utilizzare un artefatto. L’artefatto usato con Giovanna è costituito dai regoli. Ho scelto di utilizzare i regoli perché in precedenza la bambina li aveva già utilizzati e gli è rimasto un ricordo positivo inerente all’ esperienza svolta utilizzando tali oggetti. Non è stato pertanto necessario spiegare le diverse lunghezze dei regoli poiché le erano già note. Vi riporto una breve descrizione di come è stato utilizzato questo artefatto nell’attività con Giovanna. Giovanna prendeva in mano i regoli corrispondenti ai fattori presenti nella nostra moltiplicazione da svolgere (nel nostro esempio un regolo lungo 6 e uno lungo 3) e posizionava tali regoli in modo da contornare un ipotetico rettangolo di cui i lati misurano 6 e 3. Giovanna si è accorta che per riuscire a chiudere la figura e quindi per poter costruire il nostro rettangolo, sono necessari altri due regoli lunghi quanto i precedenti. Questa scoperta non è stata per niente banale poiché ha aperto la strada a una nuova conoscenza a cui io volevo che giungesse. Infatti, proprio utilizzando questo artefatto ci siamo anche soffermate brevemente sulle proprietà della figura così ottenuta, osservando che in totale essa ha quattro lati e questi sono a 2 a 2 di uguale lunghezza e quindi che tale figura detta rettangolo ha la proprietà di avere i lati a due a due congruenti. Inoltre ruotando tale figura si ottiene sempre un rettangolo e quindi che il rettangolo è invariante per le rotazioni. Sicuramente questo le sarà utile quando dovrà studiare le proprietà geometriche di figure piane regolari: è proprio questo il potenziale dell’artefatto che abbiamo messo in evidenza nella breve presentazione della teoria di Vygotskij. Infatti, per quanto è noto da tale teroria, proprio grazie allo strumento di mediazione semiotica “REGOLI” abbiamo generato, sotto la mia guida, significati nuovi legati al reale utilizzo di uno strumento, con uno schema d’uso molto particolare. Tornando all’artefatto utilizzato nel contesto della tabella, questo permette di evidenziare i rettangoli che si formano nella nostra mente. Inoltre spostando i regoli possiamo costruire 2 rettangoli nelle posizioni “disteso” e “in piedi” che come già osservato risultano essere congruenti per la proprietà commutativa. Per riempire la tabella possiamo cominciare inserendo i risultati noti, poiché semplificati dalla conoscenza di doppio o triplo. Possiamo quindi riempire le righe corrispondenti alle tabelline del due e del tre naturalmente sempre sfruttando la simmetria della tabella.

Giovanna non ha riscontrato problemi nemmeno nella compilazione della riga corrispondente alla tabellina del 5 e del 10 poiché le erano rimaste semplici fin dalla prima volta che le ha sentite. Infine per riempire gli spazi vuoti rimanenti abbiamo utilizzato il metodo dei rettangoli. Man mano che gli spazi vuoti diminuivano vedevo proprio in lei crescere la soddisfazione e questo è per me la conferma che il metodo alternativo da me utilizzato, almeno per lei, ha portato notevoli vantaggi.

Seconda parte della sperimentazione didattica Per quanto questa prima fase di didattica possa sembrare portare ai risultati sperati, credo che per ottenere una maggiore efficacia, sia necessario un’ulteriore step. In particolare, ritengo opportuno affiancare un processo volto a consegnare allo studente una metodologia per il rafforzamento e perfezionamento delle conoscenze acquisite. Per rendere più affascinante il potenziamento all’alunna su cui ho effettuato la mia sperimentazione, ho cercato di basare la seconda parte del mio lavoro sul gioco, in modo che lei stessa nel tempo libero provi divertimento nell’accostarsi alla matematica. Per me il gioco è fondamentale nella didattica poiché con esso possiamo mettere a proprio agio lo studente e, come mostrato più volte, questo è molto importante ai fini delle prestazioni degli alunni. Ci tengo a precisare che le attività seguenti possono essere inutili o potenzialmente dannose se utilizzate in modo sbagliato. Voglio dire, cioè, che queste risulterebbero ancora insufficienti se basassimo tutta la didattica solo su queste attività. Proprio alla luce di quanto detto preciso ancora una volta che quanto sto per proporre mi è servito e mi sta servendo solo per questa seconda fase di rafforzamento, ugualmente importante per familiarizzare in modo alternativo con le tabelline.

La prima attività che mi sembra interessante introdurre è l’utilizzo di registrazioni canore o video che si possono facilmente trovare in rete sulle tabelline. Si riesce a trovare canzoni associate ad ogni tabellina e poiché la musica è una delle attività didattiche più coinvolgenti e divertenti, perché non sfruttare questo potere?

Un’altra alternativa ugualmente efficace, almeno per quanto ho sperimentato su Giovanna è costituita dalle App sulle tabelline. Trovo molto interessante sfruttare tablet o smartphone per potenziare le prestazioni scolastiche. Per i bambini come Giovanna nati nell’era digitale è naturale l’utilizzo di questi strumenti. Per loro sono state create interessanti app su questo argomento; in particolare, per lei, ho scaricato un app che simula la battaglia navale, naturalmente con le tabelline. La bambina si è dimostrata molto felice di utilizzare un nuovo gioco in cui la conoscenza acquisita sulle tabelline le permetteva di vincere. Anche a scuola con l’introduzione della lavagna lim, ormai presente in molte strutture si possono effettuare, qualvolta, questi giochi-potenziamenti rispetto alle classiche interrogazioni. Sicuramente il sentimento che gli alunni proveranno a essere interrogati in questo modo piuttosto che a tappeto sarà differente!

Ho trovato molto utile anche il seguente esercizio. Viene assegnato agli alunni un cruciverba alternativo. Il termine ‘alternativo’ indica che al posto delle parole, occorre 'indovinare' i numeri che sono il risultato di una moltiplicazione. A mio avviso sarebbe anche interessante introdurre questo tipo di esercitazione nei libri scolastici invece che le classiche tabelle rettangolari da compilare!

Infine con la mia studentessa Giovanna ho voluto anche vivere un esperienza laboratoriale per sperimentare il forte potenziale didattico del laboratorio suggerito da Emma Castelnuovo. (vedi Didattica del concreto) Lo scopo di quest’ attività consiste nel costruire con le nostre mani un gioco didattico per familiarizzare maggiormente con le tabelline, divertendoci sia nella preparazione concreta che successivamente nel gioco vero e proprio. Per il nostro laboratorio abbiamo utilizzato materiali facilmente reperibili come cartoncini bristol, forbici, lapis e pennarelli colorati. Abbiamo creato dei quadretti di misura standard. Per disegnare i quadrati sul cartoncino abbiamo preso una piccola scatola e abbiamo ricalcato la sua sagoma. Una volta disegnati 100 quadrettini con le forbici abbiamo ritagliato i contorni. Dopodiché abbiamo scelto dei pennarelli colorati con cui abbiamo scritto su ogni cartoncino una moltiplicazione nota, o meglio le tabelline da uno a dieci senza i risultati, per esempio 2 x 3. Una volta riempite le facce di ogni cartoncino abbiamo ripreso in mano i quadretti uno ad uno, a questo punto già compilati su di una faccia, e sull’altra faccia abbiamo scritto il risultato. Naturalmente ho lasciato a lei il compito di riempire le facce del risultato per effettuare un ripasso generale. A questo punto il nostro gioco è pronto! Disponendo sul tavolo in modo casuale i quadretti a turno proviamo a dare le risposte ovvero il risultato di ogni operazione presente sui cartoncini. Vince chi si aggiudica il maggior numero di cartoncini.

Conclusione Vorrei concludere questo articolo ripercorrendo i fondamentali risultati a cui sono giunta. L’obiettivo del mio articolo è stato quello di presentare e confermare, attraverso una sperimentazione realizzata su un campione costituito, sfortunatamente, da un singolo individuo, l’efficacia di una didattica alternativa rispetto alla memorizzazione tradizionale. Come specificato in precedenza, sottolineo, che, tenendo conto che il test è stato effettuato su un solo individuo e in una situazione

privata, non di classe, il raggiungimento dell’obiettivo proposto mi permette, solamente di rinforzare l’idea che una didattica migliore è possibile e potrebbe sostituire l’attuale. La didattica da me sperimentata consta di due parti. La prima basata su una spiegazione del significato delle moltiplicazioni attraverso il metodo dei rettangoli e la seconda basata sul potenziamento delle conoscenze basato sul gioco. Ritengo di aver realizzato il mio intento di proporre una didattica alternativa. Infatti, alla luce di quanto abbiamo visto, Giovanna ha cambiato il suo sentimento nel fare matematica ed in particolar modo ha riacquistato fiducia in se stessa, proprio quella che aveva perso a causa della matematica insegnata nel modo tradizionale, che per quanto detto, non può neanche essere chiamata matematica in quanto con la memorizzazione non ricorriamo all’intuizione matematica, e dunque non stiamo facendo attività matematica. Partendo da questo cambiamento è riuscita a superare i suoi blocchi causati dall’amigdala (vedi Amigdala), e quindi ha ritrovato l’autostima che aveva perso iniziando a riscuotere sempre più successi! È riuscita così a concentrarsi e ad applicarsi nel capire il metodo dei rettangoli e successivamente ad esercitarsi, anche autonomamente attraverso giochi per il consolidamento delle conoscenze acquisite. Con le attività di consolidamento che le ho proposto, come il cruciverba con le tabelline o la app della battaglia navale, a Giovanna non sembra neanche di studiare. Talvolta dopo aver svolto i suoi compiti quotidiani assegnati a scuola, mi chiede se può smettere di studiare e se può mettersi a giocare ad esempio con la app della battaglia navale. Con questo fatto si sottolinea proprio quanto osservato: gli esercizi di potenziamento non le pesano come lo studio ma sono dei divertenti giochi da fare nel tempo libero! E quale didattica è migliore se porta oltre che l’apprendimento anche il divertimento? Proprio alla luce di queste riflessioni credo di poter concludere che almeno nella seguente esperienza l’abbandono della didattica tradizionale basata principalmente sulla memorizzazione e l’introduzione di una didattica alternativa da me descritta sia stata necessaria per parlare di attività matematica e per promuovere l’utilizzo della testa e non la memorizzazione passiva. Inoltre nell’ultimo rapporto Pisa (Program for International Student Assessment) dell'Ocse, il nostro sistema educativo viene bocciato, in quanto definito inefficiente, costoso e privo di risorse. In un Paese con una percentuale molto alta di scolarizzazione dei bambini di quattro e cinque anni, sono più numerosi della media internazionale i ragazzi che dimostrano difficoltà nel calcolo, nella scrittura e nelle conoscenze scientifiche. Questo mi fa molto riflettere sul fatto che qualcosa deve cambiare anche a livello di didattica insegnata nelle scuole. Non nego, tuttavia, che comunque a scuola una simile didattica sarebbe molto difficile da realizzare. Sono giunta a questa riflessione leggendo le parole di Marcello Dei, sociologo dell'educazione all'università di Urbino «Sta svanendo il rispetto per l'autorità, se si perde il senso del dovere, e i discorsi sono intessuti in modo colloquiale, la tensione allo studio viene a mancare». Magari, però, la didattica da me presentata può affiancare e integrare quella standard.

Bibliografia e Sitografia

Christina B. Young, Sarah S. Wu, and Vinod Menon. (2012). The Neurodevelopmental Basis of Math Anxiety. Psychological Science, first published on March 20, 2012

il Giornale (20 febbraio 2007). Sette per otto fa quarantotto L’Italia non sa più le tabelline. http://www.invalsi.it/invalsi/articoli_rassegna.php?page=200207

http://www.asphi.org/guida_seconde/GUIDA/struttura/calcolo/pagina%20iniziale%20calcolo.htm