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APAT Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici

SUOLO RADICE DELLA VITAIl suolo può essere visto come il “ponte” o la “connessione” tra il mondo inanima-to delle rocce e gli organismi viventi. La sua composizione è molto

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Page 1: SUOLO RADICE DELLA VITAIl suolo può essere visto come il “ponte” o la “connessione” tra il mondo inanima-to delle rocce e gli organismi viventi. La sua composizione è molto

APATAgenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici

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Informazioni legaliL’Agenzia per le Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici o le persone che agiscono per contodell’Agenzia stessa non sono responsabili per l’uso che può essere fatto delle informazioni contenu-te in questa pubblicazione

APAT - Agenzia per le Protezione dell’Ambiente e per i Servizi TecniciVia Vitaliano Brancati, 48 - 00144 RomaVia Curtatone, 3 - 00185 Romawww.apat.it

Dipartimento Difesa del Suolo - Servizio Geologico d’Italia

Copyright APAT, 2008

ISBN 978-88-448-0331-5

Riproduzione autorizzata citando la fonte

Elaborazione graficaStefano Carfora

Grafica di copertinaFranco Iozzoli

Fotografia di copertinaPaolo Orlandi

Coordinamento tipografico e distribuzioneMichela Porcarelli, Simonetta TurcoAPAT - Servizio ComunicazioneSettore Editoria

Il presente volume rappresenta una rielaborazione sintetica e ridotta solo ad alcuni aspet-ti, dei lavori originali prodotti da vari autori nell’ambito della realizzazione del “Libro bian-co sullo stato del suolo in Italia”.

Si ringraziano per i contributi forniti i seguenti autori, i cui testi saranno inseriti integralmen-te nella versione estesa del volume:

Anna Rita Gentile (Agenzia Europea per l’Ambiente)Alfonso Altieri, Nicoletta Bajo, Patrizia Bonanni, Mario Cirillo, Roberto Daffinà, FrancescaGiordano, Mauro Lucarini, Giuseppe Marella, Francesca Quercia, Valerio Silli, StefaninaViti (APAT)Daniela Ballardini, Danila Bevilacqua (CTN_TES, ARPA Emilia Romagna)Stefano Orilisi, Angelamichela Siciliani (CTN_TES, ARPA Marche)Rita Puddu, Stefania Fanni, Daniele Manca (CRAS, Cagliari)Costanza Calzolari (CNR-IRPI, Firenze)Massimo Iannetta, Maurizio Sciortino (ENEA, Roma)Guido Bonati (INEA, Roma)Roberta Barbetti, Maria Frantappiè, Mario Finoia, Giovanni L’Abate, Simona Magini (CRAISSDS - CNCP, Firenze)Claudio Bini (Università Cà Foscari, Venezia)Sandro Silva, Gian Pietro Molinari, Gianmaria Beone (Università Cattolica del Sacro Cuore)Riccardo Scalenghe, Giuseppe Lo Papa (Università di Palermo)Giuseppe Corti, Stefania Cocco, Alberto Agnelli (Università Politecnica delle Marche,Ancona)

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a cura di: A. Di Fabbio & F. Fumanti

Comitato tecnico - scientifico APAT (CTS)

Nicoletta Calace, Andrea Di Fabbio, Marco di Leginio, Fiorenzo Fumanti, Irene Rischia,Daniele Verri

Supervisori:Renzo Barberis - CTN_TES, ARPA PiemontePaolo Sequi - CRA, ISNPLeonello Serva - APAT

Autori- Francesco Angelelli, Nicoletta Calace, Andrea Di Fabbio, Marco Di Leginio, Fiorenzo Fumanti, Carlo Jacomini, Anna Luise, Claudio Maricchiolo, Michele Munafò, Silvia Pietra, Antonio Pugliese, Irene Rischia, Valter Sambucini, Daniele Verri: APAT

- Giovanni Aramini: ARSSA Calabria- Renzo Barberis: CTN_TES, ARPA Piemonte- Stefano Barbieri, Giuseppe Michelutti: ERSA Friuli Venezia Giulia- Paolo Bazzoffi, Edoardo A.C. Costantini, Marcello Pagliai: CRA - ISSDS, Firenze- Francesco Bellino: Regione Puglia- Stefano Brenna: ERSAF Lombardia- Stefania Canestrari: CTN_TES, ARPA Marche- Roberta Cappellin, Paolo Giandon: CTN_TES & ARPA Veneto- Igino Chiucchiarelli, Massimo Paolanti, Rosa Riveccio, Sergio Santucci: ARSSA Abruzzo - Amedeo D’Antonio, Maria Rosaria Ingenito: Regione Campania- Carmelo Dazzi: DAAT, Università di Palermo- Nicola Filippi, Luca Montanarella, Ezio Rusco, Senthil Selvaradjou: JRC-IES, Ispra- Rosa Francaviglia, Federica Riccioni: CRA - ISNP, Roma- Lorenzo Gardin: Studio Gardin, Firenze- Fabio Guaitoli, Maria Gabriella Matranga: Regione Siciliana- Marina Guermandi: Regione Emilia-Romagna- Giosuè Loj: Regione Sardegna- Salvatore Madrau: Università di Sassari- Guido Orsingher, Duilio Porro: Provincia Autonoma di Trento- Mauro Piazzi: IPLA Piemonte- Giampietro Primieri: Regione Umbria- Tito Reale: ARSIAM Molise- Martin Thalheimer: Provincia Autonoma di Bolzano- Mauro Tiberi: ASSAM Marche- Gilmo Vianello: DISTA, Università di Bologna - Andrea Vinci: Regione Toscana- Luigi Viviano: Regione Basilicata

Revisione dei testi a cura di:Rosa Francaviglia - CRA - ISNP, RomaPaolo Giandon - ARPA VenetoMarcello Raglione - CRA - ISSDS, RietiGilmo Vianello - Università di Bologna

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Se è a tutti ben nota l'importanza produttivadel suolo, oggi è necessario evidenziarneanche il rilievo per le politiche di svilupposostenibile. Basti pensare alle funzioni ambien-tali che il suolo svolge, quali ad esempio laprotezione delle acque sotterranee, la capa-cità di limitazione del trasferimento di inqui-nanti nella catena alimentare, la mitigazionedegli eventi alluvionali, la capacità di salva-guardare la biodiversità e il contributo positivoall'effetto serra.E' per questo che le Agenzie Ambientali, eAPAT in primo luogo, intendono sempre più for-nire informazioni sul suolo, allo scopo di dare ilgiusto risalto alla sua importanza ambientale.Ma per essere efficace, l'informazione deveessere anche semplice, stimolante, immedia-tamente comprensibile e non può prescinde-re, per una risorsa complessa e trasversalequale è il suolo, da un'azione sinergica tra ilsettore ambientale e quello produttivo a livel-lo nazionale e locale.Sinergie richieste, e poste in essere, anche alivello europeo, sia dalla Nuova Politica Agri-cola Comune sia nella proposta di direttivasulla protezione del suolo, figlia del Sesto Pro-gramma di Azione Ambientale.Da queste considerazioni nasce un volumeindirizzato al grande pubblico, quindi voluta-mente sintetico, dal quale però possonoestrarre utili informazioni sullo stato e sull'impor-tanza della risorsa anche i decisori politici, gliaddetti ai lavori e gli operatori sul territorio.Una esaustiva introduzione alla tematica eprimo prodotto di un'azione coordinata chesarà duratura e foriera di ulteriori sviluppi.

Giancarlo ViglionePresidente APAT

Partecipo assai volentieri alla presentazione diquesta pubblicazione, alla quale l'Osservato-rio Nazionale Pedologico ed io personalmenteabbiamo offerto molto volentieri il nostro con-tributo. Credo che uno dei più grandi pregi delvolume sia l'efficace e felice collaborazionefra competenze agrarie e ambientali.Una delle più gravi disfunzioni dell'istruzionepubblica viene ricordata anche nella primaparte del volume: la cultura del suolo è estre-mamente carente in Italia. Nelle Università siottiene una buona infarinatura di suolo solonelle Facoltà di Agraria, e neppure in tutti icorsi di laurea, mentre perfino nelle Facoltà ocorsi di laurea in scienze ambientali i relativiinsegnamenti mancano o sono del tuttocarenti. Eppure il suolo è il comparto ambien-tale più importante non solo per la produzionealimentare, ma anche per la chiusura dei ciclidegli elementi nutritivi. E farsi una base discienza del suolo è tutt'altro che elementare,anche perché alcune semplici regole di chi-mica del suolo possono apparire illogiche per-fino al chimico non specialista. L'allontana-mento della popolazione dalle attività prima-rie fa il resto. Non è raro trovare perfino docu-menti ufficiali che riscoprono o ignorano pro-cessi nati millenni fa. Homo sine humo? Che direbbe oggi Columel-la di un "uomo senza suolo"? Penserebbe aduna civiltà nella quale l'agronomia e l'ambien-te non hanno futuro.Buona fortuna a questo volume, che in uncerto senso va contro corrente, e ai suoi obiet-tivi. Benvenuta oggi e in futuro la collaborazionefra l'ambiente e l'agricoltura.

Paolo SequiCoordinatore scientifico dell'Osservatorio

Nazionale Pedologico

P R E S E N T A Z I O N E

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T ornavo in albergo, qualche anno fa, e non sivedeva nulla per la gran quantità di sabbiache era nell'aria. Ad un certo punto ho intra-

visto un trattore che passava, e poi un altro, e poiun altro ancora, e così tanti. Erano guidati dauomini tutti bendati e sul rimorchio, pieno di pietrestavano la moglie e qualche figlio, anch'essi ben-dati allo stesso modo. Con la mia curiosità li hoseguiti ed ho scoperto un mondo per me sino adallora sconosciuto. Dai campi appena arati vola-vano quantità spaventose di sabbia, e questipoveri uomini si affannavano a ricoprirli con le pie-tre che poggiavano su teli, arbusti e quanto altroaffinché si fermasse l'erosione eolica e quindirestasse in loco il piccolo spessore di suolo cheavrebbe garantito il loro raccolto e quindi lasopravvivenza. Pensate, in questi luoghi una tempesta di ventopuò cambiare la vita di migliaia di persone! Quelgiorno ero in Cina, ma potevamo essere in moltealtre parti del mondo. Cose diverse, ma con lastessa finalità, infatti, dopo le ho viste fare allependici delle Ande, in Cile e in Argentina, e sicu-ramente posti simili ce ne saranno moltissimi altriche non conosco.In Italia fortunatamente non abbiamo questo pro-blema, però esiste una scarsissima cultura riguar-do l'importanza del suolo, che rappresenta unarisorsa fondamentale non rinnovabile, almeno allascala di una vita umana, e come tale dovrebbeessere considerata. Nelle nostre regioni, infatti, laconservazione del suolo non è compromessasignificativamente dal vento, o da altri agenti dimodellamento di tipo geologico, bensì dall’azio-ne dell’uomo. Negli ultimi 50 anni, in particolare, lepotenzialità offerte dalla tecnologia e dallo svilup-po economico hanno comportato trasformazionipiù o meno pesanti sull’intero territorio.La crescita esponenziale della capacità d’inter-vento non è stata associata in generale ad unacorretta valutazione degli effetti indotti. Per ilsuolo, anzi, sembra si sia persa (o dimenticata)anche la consapevolezza dei nostri genitori enonni contadini, che lo ritenevano insieme all’ac-qua un elemento insostituibile da proteggere eutilizzare con parsimonia. Ricordiamo, comeesempio, gli splendidi terrazzamenti realizzati perla coltura della vite e dell’ulivo in Liguria, in Sabi-

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na, in Campania e in tante altre regioni, solo con il lavoro delle proprie braccia(i più fortunati con l’aiuto di un asinello).Molti degli aspetti che rendono peculiare, vario e particolarmente gradevole ilterritorio italiano sono riferibili, in tutto o in parte, al suolo. La sua presenza non èdeterminante solo per l’attecchimento e lo sviluppo della vegetazione, e quindiper la “bellezza” del paesaggio, ma anche per la regimazione dello scorrimen-to superficiale, la limitazione nella degradazione delle rocce, la protezione dellacircolazione idrica sotterranea dalle fonti di inquinamento superficiali. Non trala-sciamo poi la ricchezza e la varietà delle produzioni agricole (basta pensare aivini), connesse allo sviluppo di una vasta gamma di suoli, la cui origine è riferibi-le all’esplicarsi di condizioni climatiche molto diversificate su un vasto campiona-rio di sequenze litologiche. Il suolo può essere visto come il “ponte” o la “connessione” tra il mondo inanima-to delle rocce e gli organismi viventi. La sua composizione è molto complessa ela conoscenza sugli equilibri chimico-fisici che presiedono alla sua formazione edevoluzione restano tuttora poco conosciuti. In pratica, il suolo non è sintetizzabi-le in laboratorio e, quindi, non possiamo “fabbricarne” di nuovo, ma solo utilizza-re al meglio quello disponibile. Tutti questi aspetti devono farci riflettere, non solosull’importanza delle condizioni in cui si è sviluppato il suolo, ma anche e soprat-tutto sui caratteri dell’ambiente in cui si trova attualmente e delle sue possibilitàdi conservazione. A riprova, basti guardare all'occupazione selvaggia di pianure, che per definizio-ne presentano ottimi suoli, per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti,magari dalla vita effimera, ma che comunque comportano la perdita definitivadi vaste superfici coperte da suoli evoluti. Il grado abituale di considerazione delsuolo è illustrato, in modo ancora più efficace, dal trattamento che ad esso riser-viamo dopo la sua rimozione: l’accumulo come materiale di risulta dai caratteriscadenti, o peggio un rifiuto da portare a discarica. Quest’ultimo aspetto, forse meno evidente ai non addetti ai lavori, si verificacostantemente nell’attività edilizia. La costruzione di una ferrovia, di una strada,di un edificio, o di qualsiasi altra opera, è preceduta dalla rimozione dello stratopiù superficiale di terreno, lo “scotico” in gergo cantieristico (in genere compre-so tra 0.5 - 1.0 metri), comprendente appunto il suolo. I Progettisti si pongonoraramente il problema di limitare la distruzione del suolo o almeno provvedere alrecupero di quello rimosso, in vista di un possibile reimpiego. La sua presenza,anzi, è vista come un inconveniente che comporta fastidiosi lavori di sbanca-mento e trasporto, aggravato dall’impossibilità di un suo utilizzo ingegneristicoper le scadenti caratteristiche meccaniche.Forse è il momento di rivedere il nostro approccio verso il suolo, prima che que-sta risorsa risulti irrimediabilmente compromessa. Mi auguro, pertanto, che quan-to riportato in questo volume, frutto della collaborazione tra il mondo ambienta-le e quello dell’agricoltura, riesca ad incrementare la sensibilizzazione sull'impor-tanza di mantenere questo tesoro che è il suolo italiano, dalle Alpi agli Iblei.

Leonello ServaDirettore del Dipartimento Difesa del Suolo

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INDICE

1.IL SUOLOSintesi CTS da testi originali di:

La complessità del suolo(A. Di Fabbio & F. Fumanti)La variabilità dei suoli italiani (E. A. C. Costantini)

Qualità, attitudine e vocazionalità per una agricoltura sostenibile(G.Vianello)

L’uso del suolo in Italia: il ProgettoCORINE Land Cover 2000(C. Maricchiolo, M. Munafò, A. Pugliese &

V. Sambucini)

L’importanza didattica del suolo(G.Vianello)

Le funzioni e le minacce(A. Di Fabbio & F. Fumanti)

2.LE FUNZIONI DEL SUOLOSintesi CTS da testi originali di:

La produzione di biomassaLe colture energetiche, una via percorribile(R. Francaviglia & F. Riccioni)

Il suolo nel ciclo del carbonio(R. Francaviglia)

Filtro, capacità tampone e trasformazione di materiali e sostanze diverse(R. Francaviglia)

Habitat biologico e riserva genetica(N. Calace, A. Di Fabbio & C. Jacomini)

Il suolo e la città(A. Di Fabbio)

Luogo e mezzo di conservazione e tramite d’accesso a giacimentipaleontologici ed archeologici difondamentale significato culturale(F. Angelelli & M. Di Leginio)

Il suolo come mezzo di accessoalle materie prime(M. Di Leginio)

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3.LA DEGRADAZIONE

DEL SUOLOSintesi CTS da testi originali di:

La compattazione(M. Pagliai)

La diminuzione della sostanza organica(A. Di Fabbio)

La perdita di biodiversità(A. Di Fabbio & C. Jacomini)

La salinizzazione(a cura di C. Dazzi)

L’erosione idrica(P. Bazzoffi)Valutazione del rischio di erosione idrica in Italia (N. Filippi, L. Montanarella, E. Rusco & S. Selvaradjou)

L’impermeabilizzazione(R. Barberis)La carta nazionale dell’impermeabilizzazione del suolo(M. Munafò & L. Romano)

La contaminazione diffusa(P. Giandon)

La contaminazione puntuale(a cura di S. Canestrari & S. Pietra)

Le alluvioni(I. Rischia & D. Verri)

Le frane(F. Fumanti & I. Rischia)Il Progetto IFFI (C. Iadanza & A. Trigila)

La desertificazione(A. Di Fabbio, A. Luise & M. Di Leginio)La valutazione della sensibilità alla desertificazione in Italia (A. Luise)

4.LE PROBLEMATICHEDEI SUOLINELLE REGIONI ITALIANESintesi CTS da testi originali di:

Piemonte (M. Piazzi)

Lombardia (S. Brenna)

Trentino Alto Adige (G. Orsingher & D. Porro, TN; M. Thalheimer, BZ )

Veneto (P. Giandon & R. Cappellin)

Friuli Venezia Giulia (G. Michelutti & S. Barbieri)

Emilia Romagna (M. Guermandi)

Toscana (L. Gardin & A. Vinci)

Umbria (G. Primieri)

Marche (M. Tiberi)

Abruzzo (I. Chiucchiarelli, M. Paolanti, R. Riveccio & S. Santucci)

Molise (T. Reale)

Campania (A. D’Antonio & M.R. Ingenito)

Puglia (F. Bellino)

Basilicata (L. Viviano)

Calabria (G. Aramini)

Sicilia (F. Guaitoli & M. G. Matranga)

Sardegna (G. Loj & S. Madrau)

Le altre regioni (da MATTM, 2001

Relazione sullo Stato dell’Ambiente)

Fonti delle figure

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“La terra non ci è stata regalata dainostri genitori ma prestata dai nostri figli”

Proverbio africano

1. IL SUOLO

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1. I L S U O L O

Fig. 1.1 - Schematizzazione delle reciproche relazioni tra la pedosfera e gli altri comparti ambientali. Inneretto sono rappresentati i fattori della pedogenesi. La persistenza e l’intensità dei fattori nel tempodeterminano il grado di sviluppo e la qualità del suolo. Tra gli agenti naturali il principale è, generalmen-te, il clima che influenza, in vario modo, gli altri. Negli ultimi decenni le attività umane hanno assunto unruolo fondamentale nella capacità di modificare le caratteristiche naturali del suolo. L’antroposfera rice-ve dal suolo gli elementi necessari al proprio sostentamento che di contro viene, troppo spesso, trattatocome un elemento di disturbo da rimuovere, un contenitore degli scarti della produzione umana oppureun mezzo da sfruttare con una scarsa consapevolezza degli effetti derivanti dalla perdita delle sue funzio-ni.

Il suolo è un corpo naturale che ricopre, conuna continuità interrotta solo da ghiacci,acque e rocce nude, le parti emerse della

superfice terrestre e rappresenta il supporto ditutta l'attività biotica all'interno degli ecosiste-mi terrestri. Esso deriva da complessi e continuifenomeni di interazione tra aria (atmosfera),acqua (idrosfera), substrato geologico (litosfe-ra), organismi viventi (biosfera), attività umane(antroposfera) e rappresenta la “membrana”attraverso la quale avvengono gli scambi dienergia e materia con la litosfera e gli altricomparti ambientali regolati mediante emis-

sione o ritenzione di flussi e sostanze (Fig. 1.1). L'energia e la materia incorporate al suo inter-no vengono trasformate, tramite un laborato-rio biologico straordinariamente differenziato enon ancora totalmente compreso, compostoda una grande varietà di organismi, in formeutili a sostenere la vita. Il suolo è pertanto un corpo vivente in continuodivenire, composto da particelle inorganiche,sostanze organiche, aria ed acqua, in cui siesplicano i cicli biogeochimici necessari per ilmantenimento degli esseri viventi sulla superfi-cie del pianeta.

LA COMPLESSITÀ DEL SUOLO

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Orizzonte O: orizzonte organico che può essere distinto in O1 (lettiera integra) ed O2 (materiali

organici in decomposizione più o meno riconoscibili dai prodotti d’origine).

Orizzonte A: orizzonte organico-minerale, costituito dall’aggregazione di sostanza organica con i prodotti di alterazione della frazione minerale. Il colore dominante negli ambienti a clima temperato, è bruno scuro.

Orizzonte E: orizzonte minerale, grigio-cenere, in cui si è avuta la perdita di argilla, Fe ed Al o sostanza organica e l'accumulo residuale di minerali poco alterabili.

Orizzonte B: orizzonte minerale, che differisce dal sottostante C per un'alterazione più spinta e/o per un accumulo di argilla, sostanza organica, ossidi, provenienti dagli orizzonti più superficiali.

Orizzonte C: orizzonte di disgregazione in prevalenza fisica, della roccia o del parent material.

R: roccia in posto non alterata.

Tab. 1.1 - Nella nomenclatura pedologica corrente gli orizzonti vengono indicati mediante l'uso di let-tere maiuscole. La lettera principale è di norma seguita da un suffisso, una lettera minuscola, che staad indicare distinzioni che dipendono da particolari proprietà dell'orizzonte in questione (es. presenzadi ferro, di ghiaccio permanente, accumulo di carbonati ecc.). Di norma in un profilo si possono trova-re due o più degli orizzonti riportati in tabella.

Fig. 1.2 - Evoluzione schematica di un suolo e sua variabilità verticale. Appena un corpo roccioso vienea trovarsi in condizioni subaeree inizia la sua disgregazione ad opera degli agenti atmosferici (a). Ladecomposizione dei primi organismi vegetali fornisce sostanza organica che incrementa il tasso didisgregazione della roccia madre; si forma il substrato pedogenetico (parent material) da cui si svilup-perà il suolo (b); inizia la crescita della vegetazione i cui residui vengono trasformati in humus che origi-na un orizzonte bruno-nerastro (orizzonte A) a diretto contatto con il parent material (c). La progressivarimozione dei minerali solubili, disgregazione della roccia, accumulo di sostanza organica, la riorganiz-zazione delle particelle in aggregati e la ridistribuzione dei prodotti grazie all'incessante azione dell'ac-qua portano alla formazione di orizzonti omogenei e differenziati tra loro (D). L’insieme degli orizzontiforma il profilo del suolo la cui composizione è strettamente dipendente dai fattori pedogenetici locali.

La grande variabilità dei fattori pedogenetici si riflette in una forte differenziazione dei suoli nel tempo e nello spazio (Fig. 1.2 - 1.3 - 1.4).

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1. I L S U O L O

Poichè i tempi di formazione di un suolo matu-ro sono, almeno alle nostre latitudini, perlopiùlunghi, è molto probabile che il suo svilupponon segua un processo continuo e linearecome quello esemplificato in Fig. 1.2. Durante la formazione di un suolo possono veri-ficarsi mutamenti nelle condizioni climatiche ela sua l’evoluzione può essere bruscamenteinterrotta da eventi naturali (apporti eolici,sedimenti alluvionali, accumuli di ceneri vulca-

niche, parziale asportazione per movimentigravitativi ecc.) o antropici che possono modi-ficarne profondamente il profilo e le caratteri-stiche e condizionarne la futura evoluzione. Il riconoscimento delle fasi che hanno portatoalla formazione di un suolo rappresenta per-tanto un dato fondamentale nella compren-sione della complessa storia evolutiva dell’am-biente naturale ed antropizzato.

Fig. 1.4 - Esempio di variabilità spaziale. All’interno di aree geologicamente e morfologicamente comples-se sono generalmente presenti diverse tipologie di suolo.

Fig. 1.3 - Esempio di variabilità spaziale. Anche in aree geologicamente omogenee il suolo è in possessodi una variabilità spaziale che è funzione della posizione che esso occupa nel paesaggio. Lungo un pen-dio, in funzione delle diverse dinamiche dell’acqua, i processi che portano alla formazione e allo sviluppodel suolo possono variare sensibilmente.

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Il territorio italiano è caratterizzato da unagrande complessità climatica, litologica emorfologica che condiziona lo sviluppo deidiversi processi pedogenetici e si traduce inuna forte variabilità dei tipi di suolo presentianche a scala locale. Essi possono essere rap-presentati cartograficamente secondo diversilivelli gerarchici. Il primo livello, utile per sintesinazionali ed europee, è rappresentato dallacarta delle Regioni Pedologiche d’Italia (SoilRegions) (Fig. 1.5). Le regioni pedologiche (34sul territorio nazionale) sono state definite sullabase delle principali caratteristiche climatiche,litologiche, morfologiche e sulla base dei suoli

prevalenti, del loro regime termico ed idrico(pedoclima), della loro capacità d’uso, dellelimitazioni permanenti e dei principali processidegradativi. All’interno delle Soil Regions è possibile ricono-scere pedoambienti omogenei per caratteristi-che climatiche, litologiche e morfologiche(Provincie Pedologiche o Soil Subregions; scala1:1.000.000) ulteriormente suddivisibili in SistemiPedologici (scala 1:500.000) e SottosistemiPedologici. Questi ultimi costituiscono le unitàcartografiche delle carte dei suoli alla scala1:250.000, derivanti da rilevamenti di maggiordettaglio (Fig. 1.5).

Fig. 1.5 - Carta delle Regioni Pedologiche Italiane (Soil Regions) elaborata dal Centro Nazionale di Carto-grafia Pedologica, dai Servizi Pedologici Regionali e dall’European Soil Bureau. All’interno di ogni SoilRegion sono presenti molte tipologie diverse di suoli che vengono rappresentate cartograficamente condiverso dettaglio a seconda della scala utilizzata.

LA VARIABILITÀ DEI SUOLI ITALIANI

1:5.000.000

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1. I L S U O L O

Irapidi e radicali processi evolutivi chehanno condizionato l’ambiente nel nostroPaese negli ultimi quarant’anni richiedono

strumenti idonei d’indagine per valutareoggettivamente le cause che hanno contribui-to a tali trasformazioni, sia esse di origine antro-pica che naturale, ed in particolare a quelleche interagiscono con il suolo.Nel recente passato il rapporto tra l’uomo e ilsuolo era fortemente condizionato dai fattorinaturali esterni ed interni ad esso (clima, accli-vità, profondità, rocciosità, etc.), dalle disponi-bilità socio-economiche ma, soprattutto, dallaforza lavoro espressa in addetti al settore pri-mario. In funzione di tali condizionamenti lescelte colturali venivano ad adattarsi ai diversiecosistemi diversificando nel nostro Paese letipologie del paesaggio rurale. In poche paro-le la produttività agro-forestale e zootecnicaera in gran parte legata alle potenzialità natu-rali del sistema clima - suolo - pianta, sfruttan-do al meglio le conoscenze gestionali acquisi-te in secoli di esperienza dagli esperti e daiconduttori delle aziende. Nella seconda metàdel XX secolo l’introduzione della chimica,della meccanizzazione e di svariate formeenergetiche trasforma il mondo agricolo e laricerca risulta protesa al miglioramento delle

capacità produttive dei terreni agricoli e fore-stali in termini sia qualitativi che quantitativi. Le scelte colturali che nel passato venivanoadattate alle condizioni naturali e socio-eco-nomiche dei diversi ecosistemi, vengono aigiorni d’oggi spesso imposte attraverso investi-menti e l’utilizzo di risorse energetiche conside-revoli (monocolture, selezioni genetiche, lavo-razioni profonde, irrigazione, e così via) spessocon effetti controproducenti nel medio elungo periodo (Fig. 1.6).Se oggi è impensabile il ritorno ad una agricol-tura autarchica, è pur vero che l’operatoreagricolo deve riacquisire quella sensibilitàambientale che gli permetta un uso più ade-guato della risorsa suolo conoscendoneoggettivamente i limiti e le potenzialità.Nella pianificazione territoriale la conoscenzadel grado di compatibilità tra le varie funzionidel suolo è di primaria importanza. Per poteregestire e conservare la “risorsa suolo” è indi-spensabile conoscere la distribuzione spazialedelle sue caratteristiche, onde poter evitare ladiminuzione del valore economico, sociale edecologico nel breve e nel lungo termine. L’in-ventario dei tipi di suolo e la predisposizione dicartografia pedologica mirano a tale scopodal momento che solo disponendo di strumen-

Fig. 1.6 - Il suolo: da risorsa condizionante a risorsa condizionata nel corso del ventesimo secolo.

QUALITÀ, ATTITUDINE E VOCAZIONALITÀPER UNA AGRICOLTURA SOSTENIBILE

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ABITABILITÀ E NUTRIZIONE SONO FUNZIONI ESSENZIALI DEL SUOLO

La funzione di abitabilità del suolo dipende da una serie complessa di condizioni chimiche e fisi-che (struttura, porosità, permeabilità, temperatura, reazione, presenza di sostanze tossiche, ecc.). La funzione di nutrizione è condizionata dalla capacità del suolo di mettere a disposizione gli ele-menti nutritivi mediante la presenza di acqua, composti chimici, colloidi e di attività microbica. Dall’interazione tra queste due funzioni e le piante, e dalla risposta quali-quantitativa di questeultime ai fattori vitali dipende la fertilità del terreno e quindi l’attitudine del suolo a produrre.

ti idonei si possono operare scelte correttenella pianificazione del territorio, come nelcaso della destinazione dei terreni di minor“valore” per produzione agricola ad altre fun-zioni, ugualmente essenziali, quali lo smalti-mento dei rifiuti o l’espansione urbana.Nella logica di una “agricoltura sostenibile” ècompito dell’indagine pedologica fornire indi-cazioni utili per razionalizzare le pratiche agri-cole e per garantire nel tempo una correttagestione della “risorsa suolo” mantenendoneinalterate le potenzialità di fertilità e di produt-tività in equilibrio con l’ecosistema.

La valutazione della capacità d’uso dei suoli afini agro-silvo-pastorali rappresenta una tra lepiù significative applicazioni dello strumentopedologico (Fig. 1.7). I sistemi di classificazione per tale valutazioneraggruppano le unità di territorio in un certonumero di classi ordinate in funzione del valorelimitante espresso da proprietà pedologiche(interne al suolo) ed ambientali (esterne alsuolo); si prevede che tali proprietà siano quel-le che portano a limitazioni più o meno modifi-cabili o permanenti alle possibili utilizzazioni delsuolo.

Fig. 1.7 - La valutazione della capacità d’uso dei suoli prevede la ripartizione in un certo numero di classiche rappresentano limitazioni all’uso crescenti.

IIII IIIIIIIIIIVV

CLASSI DI CAPACITA’ D’USO

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1. I L S U O L O

Nell’attuazione di un procedimento di “Landevaluation” la FAO sottolinea che un progettodi valutazione del territorio dovrebbe essere ingrado di rispondere a questioni del tipo: qualimiglioramenti nelle pratiche di conduzioneagronomica sono possibili?Quali altri usi del territorio sono fisicamente pos-sibili ed economicamente e socialmente rile-vanti?Quali di questi usi offrono possibilità di produ-zioni attuabili senza degrado o altri benefici?Quali effetti negativi, fisici, economici o sociali,sono associati con ogni uso specifico?Quali interventi ricorrenti sono necessari perraggiungere la produzione desiderata e ridurreal minimo gli effetti negativi?Quali sono i benefici per ogni forma di utilizzodel territorio?In questa ottica l’indagine pedologica devefornire risposte adeguate ad una serie di princi-pi fondamentali, quali:

- l’attitudine del suolo in un determinato con-testo territoriale deve riferirsi ad un uso spe-cifico: risulta infatti inutile e talvolta fuorvian-te indicare un’attitudine ad una agricolturageneralizzata quando invece il pianificatore

del territorio ha necessità di informazioni perun uso specifico (Fig. 1.8);

- l’attitudine deve essere per un uso di mante-nimento: ciò significa evitare la degradazio-ne o l‘erosione del suolo, ovvero il costo dicontrollo dell’erosione deve essere conside-rato nella comparazione tra i prodotti otte-nuti e gli interventi necessari per i vari tipi diterritorio;

- la valutazione deve poter comparare più diun tipo di uso del suolo: ad esempio tra l’usoattuale ed un nuovo uso proposto, o tra dif-ferenti colture, o tra sistemi colturali, o trauso agricolo ed uso forestale. Lo studio degli usi alternativi permette diassicurarsi che utilizzazioni vantaggiose nonsiano ignorate;

- la valutazione delle caratteristiche del terri-torio e delle attitudini dei suoli vanno affron-tati in un contesto multidisciplinare: non esi-ste una sola disciplina in grado di copriretutti gli aspetti di tale valutazione, che devetenere nel dovuto conto, tra l’altro, le condi-zioni economiche e sociali.

Fig. 1.8 - Esempio di carta della vocazionalità dei suoli: vocazione delle terre alla coltura del pero, areasinistra Secchia (MN).

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Le moderne tecniche d'analisi spaziale e ditelerilevamento costituiscono uno strumen-to molto potente a supporto delle valuta-

zioni ambientali su ampia scala geografica. Lecarte digitali di uso e copertura del suolo per-mettono di fotografare alcune caratteristichedel territorio e di individuarne le evoluzioni neltempo.

In questo contesto, l'iniziativa CORINE LandCover (CLC) è nata a livello europeo specifi-camente per il rilevamento e il monitoraggiodelle caratteristiche di copertura e uso del ter-ritorio, con particolare attenzione alle esigenzedi tutela. Coordinata dalla Commissione Euro-pea e dall'Agenzia Europea per l'Ambiente

(AEA), la prima realizzazione di un progettoCLC risale al 1990 (CLC90). Le metodologie, le procedure e gli standardper l'aggiornamento del CLC sono state defini-te sulla base delle esigenze conoscitive espres-se principalmente dai decisori politici, dagliamministratori e dalla comunità scientifica.Queste necessità riguardano, ad esempio, la

valutazione dell'efficacia delle politiche regio-nali di sviluppo, la valutazione dell'impattodelle politiche agricole sull'ambiente, l'elabo-razione di strategie per una gestione integratadelle aree costiere, l'implementazione delleconvenzioni sulla biodiversità e delle direttivesull'habitat e sugli uccelli, la gestione integrata

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

L’USO DEL SUOLO IN ITALIA: IL PROGETTO CORINE LAND COVER 2000

Codice CLCUso del suolo CLC

1° Livello

2000

[km2]

1990

[km2]

2000 - 1990

[km2]

1 Superfici artificiali 14.316,10 13.489,40 826,8

2 Superfici agricole utilizzate 156.452,90 157.886,90 -1.434,00

3Territori boscati e ambienti

semi-naturali126.823,70 126.224,90 598,8

4 Zone umide 690,8 690,7 0,1

5 Corpi idrici 3.131,70 3.123,00 8,7

Tab. 1.2 - Variazioni dell’uso del suolo in Italia (1° livello CORINE), nel periodo 1990-2000.

Fig. 1.9 - Distribuzione percentuale dell’uso del suolo per classi di primo livello CLC.

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1. I L S U O L O

dei bacini idrografici, la valutazione delle emis-sioni atmosferiche, la misura della qualità del-l'aria e la valutazione ambientale strategicadelle reti di trasporti.A distanza di circa dieci anni dalla prima rea-lizzazione del CORINE Land Cover (CLC 90),l'AEA e la Direzione Politiche Regionali dellaCommissione hanno lanciato il progetto deno-

minato Image & CORINE Land Cover 2000(I&CLC2000) con l'obiettivo di aggiornare labase dati CLC e quindi di individuare le princi-pali dinamiche di cambiamento di coperturae uso del territorio. Il progetto è stato avviato in Italia nel Dicem-bre 2002. L’ APAT, in qualità di Autorità Naziona-le ha predisposto il progetto nazionale, ideato

Fig. 1.10 - Carta nazionale CORINE Land Cover 2000 per classi di terzo livello.

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sulla base delle esperienze maturate nellaprima realizzazione del CORINE Land Cover,che è stato successivamente approvato dal-l’AEA. La metodologia omogenea utilizzataper la produzione del CLC2000 e per la riprodu-zione del CLC90 ha permesso di analizzare letendenze in atto in Italia per quanto concernela copertura e l'uso dei suoli. Poiché i dati di copertura/uso del suolo CLCsono organizzati in 44 classi su tre livelli gerar-chici, è possibile darne rappresentazioni diver-se a seconda del livello di analisi. Ciascun livel-lo è in grado di fornire indicazioni utili per l'inter-pretazione delle dinamiche territoriali italiane(Fig. 1.9 - 1.10).Un primo ordine di considerazioni si può trarredall'analisi del primo livello gerarchico (Tab.1.2). Al 2000, le regioni che presentano la maggiorepercentuale di aree artificiali (> 6%) sono Lom-bardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Campa-nia mentre quelle meno urbanizzate (< 2%)sono Molise, Basilicata e Valle d'Aosta. La mag-giore estensione di aree boschive e seminatu-rali (> 75%) si registra in Valle d'Aosta, TrentinoAlto Adige e Liguria che sono anche caratteriz-zate dal valore più basso di territorio destinatoall'uso agricolo (< 20%). Le regioni con maggio-re superficie adibita ad aree agricole (> 65%)risultano essere Puglia, Emilia Romagna e Mar-che. Al fine di analizzare le differenze tra l'usodel suolo nel 1990 e nel 2000, è stata utilizzatala banca dati dei cambiamenti (CLC Change)prodotta nell'ambito del progetto. Le variazio-ni nell'uso del suolo interessano una superficiepari all'1,3% del territorio nazionale. Il fenomeno che appare più evidente dal con-fronto della copertura del 2000 con quella del1990 è la perdita di aree agricole, a favoresoprattutto di aree artificiali, di territori boscatied ambienti semi-naturali. In particolare, learee agricole sono diminuite di oltre 140.000ettari, circa 80.000 ettari sono stati "artificializza-ti" (sono sorte nuove aree residenziali, industria-li e commerciali nonché servizi, aree estrattive,strade, ferrovie...) ed i territori boscati e gliambienti naturali o semi-naturali hanno con-quistato quasi 60.000 ettari. L'abbandono col-turale delle aree agricole e pastorali continua,quindi, ad essere una delle principali forze allabase delle dinamiche paesaggistiche in Italia.

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1. I L S U O L O

G li esiti del summit mondiale dell'ONUsullo sviluppo sostenibile, tenutosi nel2002 a Johannesburg, hanno ribadito

l'importanza del ruolo strategico che la scuolae il mondo della ricerca hanno nel perseguiregli obiettivi del programma ONU Agenda 21sancito nel precedente Summit di Rio deJaneiro del 1992.Attualmente in Italia più di 550 Enti aderisconoalla Campagna Europea Città Sostenibili e alCoordinamento Nazionale A21 Locali (A21L),rappresentando oltre undici milioni di cittadini.Le A21L costituiscono iniziative capaci di com-binare approcci integrati ai problemi e coin-volgere trasversalmente gli organi istituzionali,sociali ed economici.Tra i vari punti del summit di Johannesburg vi èquello di accrescere, per il 2010, l'educazionee l'istruzione alla salute e all'ambiente. In tal senso con l'approvazione nel novembredel 2000 delle "Linee di indirizzo per una nuovaprogrammazione concertata tra lo Stato e leRegioni in materia di Informazione, Formazione

ed Educazione Ambientale (INFEA)" molte isti-tuzioni regionali hanno già da tempo avviatola propria programmazione, supportata daspecifiche leggi e da impegni di spesa.Il suolo è una componente naturale, in conti-nua evoluzione a causa di molteplici fattori,che rappresenta il punto di contatto tra litosfe-ra, atmosfera, idrosfera e biosfera. Risulta evidente quindi la sua importante fun-zione di laboratorio didattico interdisciplinaredal momento che per fornire una adeguataspiegazione della sua formazione e successivaevoluzione è necessario affrontare in manierastrettamente correlata i processi fisici, chimici ebiologici che sottendono a tali modificazioni(Fig. 1.11).Nello sviluppo dell'argomento sono elementiqualificanti il concetto di sistema complesso, laquestione della ciclicità degli eventi (collega-mento con i cicli biogeochimici), il concetto dievoluzione differenziata dei fenomeni a secon-da delle condizioni del sistema, il concetto ditempo.

L’IMPORTANZA DIDATTICA DEL SUOLO

Fig. 1.11 - Elementi di base essenziali per la comprensione del suolo come sistema complesso.

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Accostarsi allo studio del suolo in età scolarerappresenta, pertanto, un'importante fase del-l'apprendimento sia come conoscenza com-plessa dell'ecosistema, sia come comprensio-ne del significato di "risorsa".In verità, seppur con limitati contenuti e conuna forte discrezionalità da parte dell'inse-gnante, la tematica suolo trova una discretacollocazione nell'intero ciclo della scuola del-l'obbligo (Tab. 1.3). Nel passaggio alla scuola secondaria superio-re le situazioni divengono estreme e non simigliora davvero passando all’istruzione uni-versitaria dove solo nella Facoltà di Agraria esi-stono corsi di chimica del suolo e, a volte, dipedologia. In altre Facoltà, comprese addirittura molte diquelle di Scienze Ambientali, la trattazione delsuolo è del tutto assente.Il fatto che nei Licei e negli Istituti Magistrali nonsi parli di suolo rappresenta una grave carenzaculturale; del resto scorrendo alcuni libri di

testo di Scienze è frequente che il suolo vengaassociato a tipologie geolitologiche. Il rischio è che gli studenti di questi cicli scolasti-ci concepiscano il suolo come un'entità staticae priva di vita e la cui perdita o degrado risulti-no indifferenti per gli equilibri dell'ecosistema.È indispensabile pertanto che la tematicasuolo trovi, a prescindere dal caso eclatantedelle Università, un'adeguata collocazione neinuovi programmi previsti dal riordino dei cicli diistruzione della scuola e che la sua trattazionerisponda a requisiti e concetti essenziali di:- tematica trasversale (raccordi tra le discipli-

ne chimiche, fisiche e delle scienze dellaterra, naturali e biologiche);

- collegamento tra le discipline geografichee storiche (aree produttive, aree pedocli-matiche, migrazioni umane, localizzazioniinsediative, consumi delle risorse naturali);

- componente essenziale e imprescindibiledell'ecosistema; risorsa limitata per la vitadell'uomo.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

CICLO SCOLASTICO AREA DISCIPLINARE

Scuola dell'infanzia "Le cose, il tempo e la natura" (D.M. 3/6/1991, n.139).

Scuola elementare "Scienze: ambienti e cicli naturali" (D.P.R. 12/2/1985, n.104).

Scuola media"Scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali: scienze sperimentali" (L. 4/8/1977, n. 517).

Liceo Classico e ScientificoLa tematica suolo non compare in nessuno dei curricula scolastici.

Liceo LinguisticoLa tematica suolo non compare in nessuno dei curricula scolastici.

Istituto Magistrale La tematica suolo non compare in nessuno dei curricula scolastici.

Istituto Tecnico per Geometri "Tecnologia rurale" ed "Estimo" (D.P.R. 30/9/1961, n. 1222).

Istituti Professionali e Tecnici Industriali

"Scienze della terra" (D.M. 24/4/1992 e 9/3/1994).

Istituti Tecnici Agrari"Cartografia", "Chimica Agraria", "moduli agroambientali e agro territoriali" (D.L. 16/4/1994, n. 297, mod. 2/998).

Tab. 1.3 - Sintesi sulla collocazione della tematica suolo nei programmi scolastici. La significativa presenzanegli istituti tecnici industriali, agrari e per geometri è dovuta al fatto che i programmi ministeriali sono statirivisti e rielaborati in epoca recente.

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1. I L S U O L O

I nsieme ad aria ed acqua, il suolo è uncomparto ambientale essenziale per l’esi-stenza delle specie viventi presenti sul pia-

neta. Nonostante ciò il suolo, al di fuori della cer-chia dei ricercatori e di parte degli agricolto-ri, è generalmente percepito come il solosupporto alla produzione agricola.In realtà il suolo, in quanto corpo viventecomplesso, esplica una serie di funzioni chelo pongono di diritto al centro degli equilibriambientali (Tab. 1.4).Esso gioca un ruolo prioritario nella salvaguar-dia delle acque sotterranee dall'inquinamen-to, nel controllo della quantità di CO2 atmo-sferica, nella regolazione dei flussi idrici super-ficiali con dirette conseguenze sugli eventialluvionali e franosi, nel mantenimento dellabiodiversità, nei cicli degli elementi nutritiviecc.. Dallo stato di salute del suolo dipendela biomassa vegetale con evidenti ripercus-sioni sull'intera catena alimentare. Il suolo è un complesso corpo vivente, incontinua evoluzione e sotto alcuni aspettiancora poco conosciuto, che fornisceall'umanità gli elementi necessari al propriosostentamento ma è anche una risorsa prati-camente non rinnovabile ed estremamentefragile. Esso può essere soggetto a gravi processidegradativi (derivanti da scorrette praticheagricole, dalla concentrazione in aree loca-lizzate della popolazione e delle attività eco-nomiche, dai cambiamenti climatici e dallevariazioni di uso del suolo stesso) che ne limi-tano o inibiscono totalmente la funzionalità eche spesso vengono evidenziati solo quandosono irreversibili o in uno stato talmente avan-zato da renderne estremamente oneroso e,spesso, economicamente poco vantaggiosoil ripristino.La risorsa suolo deve essere quindi utilizzatanel modo idoneo, in relazione alle proprietà

intrinseche, affinché possa continuare a svol-gere la sua insostituibile ed efficiente funzio-ne sul pianeta. Questo spiega la crescente attenzione cheviene dedicata al suolo a livello europeo, nel6° Programma di Azione Ambientale, nellaPolitica Agricola Comunitaria (con l'obbligodi mantenere i terreni agricoli in buone con-dizioni agronomiche e ambientali) e, soprat-tutto, nella proposta di Direttiva per la prote-zione del suolo (COM (2006) 232) che ricono-sce la funzione ambientale dei suoli, la loroforte interrelazione con le altre matriciambientali e la necessità, a causa della loroestrema variabilità spaziale, di incorporarenelle politiche di protezione una forte com-ponente locale.Essa individua, inoltre, le otto principaliminacce che rischiano di compromettere irri-mediabilmente le funzioni del suolo (erosione,contaminazione locale e diffusa, impermea-bilizzazione, compattazione, perdita disostanza organica, diminuzione della biodi-versità, frane ed alluvioni, salinizzazione edinfine le desertificazione intesa come ultimaforma di degrado). Tali minacce (Fig. 1.12) interessano, in mododiversificato da regione a regione, anche l'in-tero territorio italiano (vedi Cap. 4).La tabella 1.4 riporta quelle che nella lettera-tura del settore sono considerate le funzioniclassiche svolte dal suolo. Si può discutere, almeno per la realtà italia-na, la funzione di deposito e fonte di materieprime, poichè nel nostro paese le attivitàestrattive sono generalmente concentratenel substrato. In questo senso il suolo svolge più una funzio-ne di tramite di accesso alle risorse del sotto-suolo e come tale è soggetto a tutta unaserie di impatti profondamente degradantiche verranno trattati nel capitolo specifico.

LE FUNZIONI E LE MINACCE

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Fun

zio

ni

ec

olo

gic

he

Produzione di biomassa (a scopo alimentare e non)

Il suolo produce cibo e foraggio, fornendo sostanzenutritive, aria, acqua. Rappresenta il substrato fisico perla crescita della vegetazione.

Filtraggio, azione tampone e trasformazione

Il suolo si oppone ad input di sostanze nocive medianteun’azione di filtraggio meccanico dei composti organi-ci, inorganici e radioattivi o tramite processi chimico-fisi-ci (assorbimento, precipitazione) e biologici (decompo-sizione e trasformazione) impedendo così che talisostanze raggiungano la falda acquifera o la catenaalimentare. Tramite la sua capacità di trattenere l’ac-qua svolge un ruolo fondamentale di regolazione dellastabilità dei paesaggi e dei bacini imbriferi.

Riserva genica e protezione di flora e fauna

Il suolo protegge numerosi organismi e microrganismiche possono vivere soltanto in questo ambiente.

Fun

zio

ni

soc

io-e

co

no

mic

he

Supporto a insediamentiumani (abitazioni e infrastrut-ture, attività di svago) e smaltimento dei rifiuti

Il suolo fornisce spazi per la costruzione di case, indu-strie, strade, strutture ricreative e lo smaltimento dei rifiu-ti.

Deposito e fonte di materieprime, inclusa l'acqua

Il suolo e il sottosuolo forniscono numerose materieprime quali acqua, argilla, sabbia, ghiaia, torba e mine-rali.

Protezione e conservazionedel patrimonio culturale

Il suolo, come patrimonio geologico e culturale, è unaparte essenziale del paesaggio e una fonte di testimo-nianze paleontologiche e archeologiche, importantiper la comprensione dell'evoluzione della terra e dellaspecie umana.

Tab. 1.4 - Funzioni classiche del suolo.

Fig. 1.12 - Le minacce che possono compromettere le funzioni del suolo. L’ultima fase di degrado è rap-presentata dalla desertificazione.

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“Il suolo è uno dei beni preziosi dell’umanità. Consente la vita dei vegetali, degli animali e dell’uomosulla superficie della Terra”

Consiglio d’Europa, 1972

2. LE FUNZIONI DEL SUOLO

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

La produzione agricola e alimentare, essen-ziali per la sopravvivenza umana, e la silvi-coltura dipendono interamente dal suolo.

Quasi tutta la vegetazione, tra cui i pascoli, lecolture e le foreste insistono sul suolo che, oltreal supporto fisico, fornisce alle piante acqua esostanze nutritive.Dall'agricoltura dipende quindi l'alimentazioneumana, ma di grande importanza sono anchefibre tessili di origine animale o vegetale, pelli,legname e altri prodotti.

Con l'industrializzazione e la diffusione dellameccanizzazione e di tecnologie innovative(soprattutto a partire dalla fine della secondaguerra mondiale) si è verificato, nonostante ladiminuzione della manodopera e delle terredestinate all'agricoltura, un considerevoleaumento della produttività e della produzioneagricola globale: si èandata affermandocioè un'agricolturac o m m e rc i a l m e n t ecompetitiva e non piùdi semplice sussisten-za. Dalla fine deglianni ottanta è cessatala crescita su scalamondiale delle terredestinate all'agricoltu-ra a causa di una con-trazione che ha inte-ressato i paesi indu-strializzati. Anche inItalia si è riscontratauna contrazione dellasuperficie agricola edelle terre arabili.Nonostante ciò la pro-

duzione ha continuato a crescere sia su scalaglobale (solo nell'ultimo decennio è aumenta-ta del 25% - FAO, Statistical database, 2002) siaa livello nazionale (Fig. 2.1).Dal punto di vista economico e occupaziona-le il ruolo del settore primario italiano è cam-biato notevolmente. Tra il 1950 e 1960, con losviluppo dell'industria nell'Italia settentrionale, èiniziato l'esodo agricolo. Dal 1951 al 1991 i lavo-ratori dei campi sono passati dal 44% al 9%della popolazione: l'agricoltura anziché struttu-

ra portante della società italiana è diventataun settore marginale. Sul piano economico si èverificata una considerevole perdita di impor-tanza relativa: mentre alla fine della secondaguerra mondiale il settore primario contribuivacon il 28 % alla formazione del prodotto internolordo, ora vi partecipa con cifre molto modeste.

Fig. 2.1 - Rapporto SAC/Resa del frumento in Italia.

PRODUZIONE DI QUALITÀ, BIOLOGICA ED INTEGRATA

È importante notare il significativo emergere delle produzioni di qualità (sottoposte a discipli-nari produttivi), biologiche e integrate, caratterizzate da un elevato potenziale, che possonorivestire un ruolo strategico e per le quali è stata per la prima volta registrata la quota di super-ficie impegnata nell'ultimo Censimento generale della Agricoltura dell'ISTAT.Da una parte, infatti, in quanto settore che destina gran parte della sua produzione a fini ali-mentari, all'agricoltura viene chiesto di garantire la sicurezza, la qualità e la salubrità dellematerie prime incidendo sui comportamenti anche delle altre fasi della filiera agro-alimenta-re e di passare da un sistema incentrato sulle aziende agricole e sul contadino a un sistemaincentrato sul consumatore. Dall'altra, lo sviluppo di produzioni certificate e di qualità, in par-ticolare di quelle biologiche, garantisce un plus-valore alle produzioni agricole salvaguardan-do al contempo le risorse ambientali. Tali vantaggi sono ottenibili anche in ambito zootecni-co con prodotti (latte, formaggi, carne ecc.) di qualità in una condizione generale di mag-giore benessere degli animali.

LA PRODUZIONE DI BIOMASSAIL RUOLO ECONOMICO E AMBIENTALE DELL'AGRICOLTURA

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

Contestualmente alla crescita dell'industrializ-zazione nel settore agricolo, a partire agli anni'60, si è sviluppata una generale preoccupa-zione relativa alla sostenibilità dell'attività agri-cola stessa, in rapporto alla degradazione del-l'ambiente naturale che alcune pratiche agri-cole andavano producendo. Incoraggiatoanche dalla Politica Agricola Comune (PAC),nel territorio dell'UE si è infatti verificato unfenomeno di specializzazione che ha portatoad una eccessiva semplificazione degli agroe-cosistemi con conseguente loro maggiore fra-gilità. Durante l'applicazione della riforma MacSharry molti terreni hanno subito un deteriora-mento delle loro caratteristiche fisiche, chimi-che e biologiche a causa di fenomeni di ero-sione, compattamento, perdita di sostanzaorganica, inquinamento delle acque e perditadi biodiversità. Alla luce delle problematichecausate dall'applicazione della vecchia PAC

relative alla produzione ecce-dentaria, alla crescita smisuratadegli investimenti comunitarinonché all'evidenziarsi di danniambientali rilevanti, è stata fattala scelta di una nuova politicaagricola (Agenda 2000) che haportato ad una impostazioneincentrata sulla sostenibilitàambientale.La riforma Fischler vede 4 puntiqualificanti nel disaccoppia-mento, nella modulazione, nellacondizionalità e nello svilupporurale (Fig 2.2). Il punto centraledella nuova PAC è rappresenta-to dal disaccoppiamento degliaiuti al settore primario. Detticambiamenti hanno determina-to le nuove modalità di erogazio-

ne dei contributi agli agricoltori ed alle attivitàpiù importanti dei territori rurali a partire dalgennaio 2005 e fino al 2013. Infatti, se fino adora i fondi sono stati elargiti in base alla tipolo-gia ed alla quantità di prodotto (criterio del-l'accoppiamento) con il disaccoppiamento èstato riconosciuto un pagamento unico perazienda, calcolato sulla base degli aiuti direttistorici ricevuti, indipendentemente dal tipo edalla quantità prodotta e persino dalla stessaesistenza della produzione. Sussiste comunquel'obbligo di mantenere le superfici aziendali,anche in caso di assenza della coltivazione, inbuono stato agronomico. Inoltre, l'erogazionedel premio sarà subordinata all'osservanza diuna serie di requisiti obbligatori in materia disicurezza alimentare, rispetto dell'ambiente,sicurezza degli operatori, salute e benesseredegli animali, definiti nel Regolamento CE1782/2003 (condizionalità).

29

Fig. 2.2 - Schema riassuntivo della nuova Politica Agricola Comune.

“Laudato si’, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa,et produce diversi fructi con coloriti fior et herba”

San Francesco d’Assisi, 1224

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

Il settore agricolo non sempre è stato esclusi-vamente produttore di materie prime a fini ali-mentari. Prima dei radicali cambiamenti del-l'agricoltura, il 20% delle superfici agricole erainfatti destinato alla produzione di energiasotto forma di foraggio, trasformata e utilizza-ta come forza-lavoro animale, o come ener-gia termica mediante la produzione di legnaricavata dai boschi e dalle siepi perimetralidegli appezzamenti.Oggi, grazie alla consapevolezza della neces-sità di attuare uno sviluppo sostenibile e di rag-giungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto ea fronte del continuo incremento del costo delpetrolio, oltre al miglioramento generale deiprocessi industriali ed energetici e del sistemadei trasporti, è indispensabile il ricorso crescen-

te all'uso di fonti energetiche rinnovabili. Dal "Rapporto Energia e Ambiente" dell'ENEA(2003) emerge che il contributo delle fontienergetiche rinnovabili (FER) al bilancio ener-getico nazionale è cresciuto dai circa 14 Mtepdel 1995 ai quasi 16,5 Mtep del 2001, con unaumento del 16,5% circa nell'intero periodo (inmedia, +2,4% ogni anno). Nello stesso periodo,l'energia prodotta dalle FER non tradizionali è

più che raddoppiata (Fig. 2.3). In questo contesto l'agricoltura può svolgereun'importante funzione in quanto è uno deiprincipali settori per la produzione di combu-stibili rinnovabili. In particolare l'utilizzo di bio-masse a fini energetici può assumere un ruolostrategico.Le colture energetiche sono quelle colturededicate alla produzione di biomassa da uti-lizzare come risorsa rinnovabile in alternativaai combustibili di origine fossile. Rientrano inquesta categoria sia le specie legnose sia lespecie erbacee (Fig. 2.4). In questo ultimo decennio le ricerche agrono-miche sono state indirizzate soprattutto all'in-dividuazione di quelle specie ad alta efficien-za fotosintetica (piante a ciclo C4) che richie-

dono pratiche agronomiche a basso costoenergetico (lavorazioni del terreno, concima-zioni, irrigazioni) mentre la ricerca industriale siè occupata dei metodi di conversione dellabiomassa ad alto rendimento. Alla meccanizzazione agraria spetta il compi-to di sviluppare tecniche e macchine cherisolvano i problemi di raccolta e stoccaggioevidenziati nella tabella seguente.

Fig. 2.3 - Energia da Fonti Energetiche Rinnovabili non tradizionali in Italia.

RISORSE DI BIOMASSA ATTUALI E POTENZIALI DI MAGGIOR RILIEVO IN ITALIA

- Biomasse forestali- Residui agricoli, forestali e della lavorazione del legno, agro-industriali e dell'industria ali-mentare

- Rifiuti organici e reflui zootecnici- Colture energetiche (bioetanolo, biodiesel)

LE COLTURE ENERGETICHE, UNA VIA PERCORRIBILE

GWh

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Il settore delle biomasse energetiche risultadunque particolarmente significativo in quan-to aumenta le funzioni attribuibili all’agricolturache si rivela sempre più un settore dalle nume-

rose potenzialità e strategico per raggiungeregli obiettivi di qualità ambientale e di sviluppoterritoriale sostenibile.

UTILIZZO DI BIOMASSE DA COLTURE DEDICATE A FINI ENERGETICI

VANTAGGI SVANTAGGI

Riduzione della forte dipendenza dai prodottidi origine fossile, importati per il 90% dall’estero.

Bassa densità energetica delle biomasse.

Diversificazione delle fonti energetiche attra-verso la valorizzazione e l’utilizzo di quelleautoctone e non inquinanti.

Conseguenti problemi gestionali e logistici(trasporto, stoccaggio, produzione agricolanon costante durante l’anno e legata allecondizioni ambientali e meteorologiche =nessuna garanzia di una costante fornitura).

Riduzione delle emissioni di CO2 (non produco-no emissioni rilevanti o soltanto in misura ridottaconsiderandone l’intero ciclo di vita).

Tale produzione genera competizione nell’uso del territorio.

Possibilità di utilizzare terreni marginali o destinati a set-aside.

Fig. 2.4 - Colture energetiche: tipologie e prodotti ottenibili.

Rispetto a quello che sta succedendo sul nostro pianeta il ricorso alle colture energetichenon deve essere solo una scelta di convenienza economica

bensì una scelta basata sul buon senso.

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

L a sostanza organica (SO) del suolo costitui-sce l'insieme dei composti organici derivan-ti da materiale vivente o che lo è stato nel

passato, con l'esclusione della sola biomassavegetale vivente, che si trovano nel terreno osulla sua superficie. La SO viene generalmente espressa come car-bonio (C=SO/1,724), il cui contenuto nel suolo

dipende dal bilancio tra gli apporti (sostanzaorganica esogena e residui animali e vegetali) ele perdite dovute a decomposizione attraversola respirazione e l’ossidazione della sostanzaorganica e a fenomeni di erosione e di liscivia-zione (Fig. 2.5). Essa è in grado di influenzarepositivamente le proprietà fisiche, chimiche ebiologiche del terreno (Tab. 2.2).

Fisic

he Favorisce l’aggregazione e la stabilità delle particelle di terreno. Riduce il rischio di ero-

sione del terreno, di ruscellamento superficiale dell'acqua, di compattazione e di forma-zione di croste superficiali. Regola le proprietà termiche del suolo. Rende i terreni più facil-mente lavorabili.

Ch

imic

he

Aumenta la capacità di scambio cationico del terreno. E’ in grado di formare comples-si stabili con metalli e di legare altri composti presenti in traccia, contribuendo a ridurre leperdite di micronutrienti, la tossicità potenziale dei metalli e dei prodotti fitosanitari non-ché a mantenere in forma assimilabile alcuni ioni che altrimenti sarebbero fissati al suolo.Contribuisce alla capacità tampone nei confronti di agenti acidificanti contribuendo amantenere il pH del suolo a valori naturali. Riduce le emissioni dei gas serra in atmosferafavorendo l’accumulo di carbonio nel terreno.

Bio

log

ich

e

Fornisce l'energia metabolica necessaria per i processi biologici. Stimola l'attività enzima-tica ed incrementa il numero delle specie e l'attività della mesofauna. Fornisce elemen-ti nutritivi (azoto, fosforo e zolfo) agli organismi del suolo. Aumenta la resilienza del suolo.

Fig. 2.5 - Rappresentazione schematica del ciclo del carbonio. Nel suolo agiscono contemporaneamen-te i processi di cattura e liberazione. Parte del carbonio contenuto nei tessuti di piante e animali mortiviene ossidato ritornando come CO2 nell’atmosfera ed in parte segue i processi di fissazione della SO finoad entrare a far parte della frazione stabile del suolo.

Tab. 2.2. - Principali azioni della sostanza organica nel suolo.

IL SUOLO NEL CICLO DEL CARBONIO

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

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In termini quantitativi di stoccaggio di carboniogli oceani costituiscono il serbatoio prevalentema in termini di importanza il serbatoio suolo-vegetazione è quello che prevale in quantoanche se le quantità sono minori (circa il 6% diquello degli oceani) le variazioni e gli scambi dicarbonio risultano essere più rapidi ed inoltre ilbilancio totale può essere influenzato diretta-mente dall’azione dell’uomo (controllo degliincendi, controllo dei fenomeni di erosione,mantenimento o ricostituzione della copertura

forestale, gestione agronomica) (Fig. 2.6). Molti aspetti relativi alla gestione agronomicahanno un effetto positivo nei confronti dellariduzione di gas serra ed in particolare dell'ani-dride carbonica favorendo la cattura di car-bonio.La delibera CIPE n. 123 del 19 Dicembre 2002ha approvato il Piano di azione nazionale perla riduzione delle emissioni di gas responsabilidell'effetto serra. Il Piano individua i programmie le misure da attuare per rispettare l'obiettivo

nazionale di riduzione delleemissioni dei gas serra stabilitodal Protocollo di Kyoto. Taleobiettivo impone che nel perio-do 2008-2012 le emissioni di gasserra siano ridotte del 6.5%,rispetto al 1990, ossia nonpotranno superare i 487,1 MtCO2 eq, a fronte di una stimatendenziale delle emissioni al2010 di 579,7 Mt CO2 eq.; il gapda colmare risulta di 92,6 Mt CO2

eq. L'idea di sfruttare la capaci-tà di immagazzinamento di Cdei suoli può essere una via per-corribile per giungere a questorisultato (vedi box), soprattuttonei climi mediterranei nei qualil’influenza dell’uomo su perditee accumuli può essere determi-

nante.

Fig. 2.6 - Flusso di carbonio (petagrammi di carbonio/anno). Entitàe consistenza delle riserve di carbonio nei vari comparti.

FACCIAMO DUE CONTI...

A fronte di un "gap" da colmare di 92,6 Mt CO2 eq, è sorprendente fare due conti: se un etta-ro è composto da 5x106 kg di suolo, se la SAU in Italia corrisponde a 13x106 ha, la diminuzioneo l'incremento di un semplice 0,1% di C nel suolo (corrispondente a 5x103 kg di C, ossia 1,83x104

kg di CO2 emessa o fissata per ettaro) equivale, a livello dei soli suoli agricoli nazionali, a 238Mt CO2 eq, che come ordine di grandezza è circa la metà delle emissioni totali nazionali pre-viste come obiettivo.

5.6

“La terra pastosa che al taglio del vomere risulta quasi nera e di crosta cedevole è adattissima al grano”.

Publio Virgilio Marone, 37-30 a.C. (Le Georgiche, L. II, 203-205)

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

Il suolo svolge una importante funzione pro-tettiva, tramite un’azione di filtro e barriera,che permette di mitigare gli effetti delle

sostanze inquinanti, ostacolandone il passag-gio nelle acque sotterranee o nella catena ali-mentare. Esso è in grado di controllare il tra-sporto in profondità dei soluti e lo scorrimentodelle acque in superficie, di regolare l'assorbi-mento da parte della vegetazione e di crearecondizioni favorevoli alla degradazione dellesostanze inquinanti. Il valore protettivo dellecoperture pedologiche dipende così dalleproprietà fisico-meccaniche del suolo, chedeterminano un'azione di filtro e di barriera almovimento degli inquinanti, dalle loro proprie-tà chimico-fisiche, che ne determinano lacapacità tamponante, e dall'attività biologi-ca, che consente la decomposizione biochimi-ca e microbiologica delle sostanze immessenel suolo. In generale le azioni di filtro e tampo-ne sono meno pronunciate in suoli caratteriz-zati da elevata permeabilità e dalla presenzadi falde poco profonde.La crescita delle attività industriali, l'incrementodei consumi e la diffusione di pratiche agricoleintensive hanno contribuito ad aumentare ilnumero delle potenziali sorgenti di contamina-zione, influenzando direttamente la qualità deisuoli e limitandone molte importanti funzioni,inclusa la capacità di rimuovere i contaminan-ti dall’ambiente attraverso i processi di filtrazio-ne ed assorbimento. Proprio questa capacità,assieme alla resilienza del suolo, cioè alla suacapacità di reagire agli influssi esterni, fanno sìche spesso i danni al suolo vengano evidenziati

solo quando sono in stato molto avanzato, avolte molto vicini alla fase di non reversibilità.Inoltre, la valutazione di eventuali danni al suolorisulta ancor più complicata dal fatto che la suacomposizione e le conoscenze sugli equilibri chi-mico-fisici alla base delle sue interazioni con glialtri agenti naturali restano tuttora limitate, sia intermini qualitativi che quantitativi. Quando lacapacità meccanica di filtrazione, chimico-fisi-ca di tamponamento e quelle microbiologi-che e biochimica di trasformazione sono esau-rite, gli inquinanti organici e inorganici possonoessere trasferiti dalla matrice suolo alle altrematrici ambientali e contaminare corsi d'ac-qua, falde acquifere e catene alimentari attra-verso la loro assimilazione da parte della flora edella fauna. Meno conosciuta, ma altrettantoimportante per gli equilibri ambientali, è la fun-zione di regolazione dei flussi idrologici tramitela quale viene controllato il deflusso delleacque superficiali limitando l’erosione dei suolied il rischio di inondazione.Una precisa valutazione della capacità protet-tiva dei suoli è quindi di rilevante importanzanell’analisi di molte problematiche ambientali(contaminazione, eutrofizzazione, acidificazio-ne, erosione, inondazioni ecc.) anche perchèl’affidamento alla capacità depurativa delsuolo è frequente in molte attività (es. spandi-mento di fanghi di depurazione urbana, smal-timento acque reflue urbane ed industriali). Talivalutazioni sono effettuate tramite vari model-li, generalmente basati sulle proprietà pedolo-giche quali permeabilità, profondità dellafalda superficiale, granulometria e sulle pro-

RESILIENZA E RESISTENZA DEL SUOLO

Il concetto di resilienza è stato introdotto di recente nella scienza del suolo in materia di eco-logia del suolo e uso sostenibile con lo scopo di descrivere le risposte dei suoli ad impatti odisturbi di vario tipo.La resilienza del suolo è comunemente definita come la capacità di recuperare la sua inte-grità funzionale e strutturale dopo un disturbo esterno continuando a svolgere regolarmentele sue funzioni.Per resistenza del suolo si intende, invece, la capacità del suolo di mantenere invariate le pro-prie funzioni a seguito di un disturbo esterno. Se il disturbo è troppo drastico od il suolo ha una elevata fragilità costituzionale si può avereuna degradazione irreversibile in cui viene meno il recupero delle sue capacità funzionali intempi ragionevoli (lo spazio della vita dell'uomo). In questo caso si ha, infatti, il superamentodelle capacità di resilienza del suolo con un danno permanente oppure la necessità di unintervento di ripristino specializzato e costoso.

FILTRO, CAPACITÀ TAMPONE E TRASFORMAZIONE

DI MATERIALI E SOSTANZE DIVERSE

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prietà chimiche (pH e CSC) utilizzate comeindicatori del potere tampone del suolo. Nellevalutazioni si tende, però, a considerare sepa-ratamente le relazioni tra la matrice suolo e ilsistema delle acque profonde e quelle trasuolo ed acque superficiali. Se, pertanto, sipuò ritenere che la "capacità protettiva neiconfronti delle acque sotterranee" corrispondaalla definizione di "capacità di attenuazionedel suolo" prevista dal D.L.vo n.152/99 per lavalutazione della vulnerabilità intrinseca degliacquiferi, non bisogna tuttavia dimenticare,

nel considerare le relazioni tra suoli ed ambien-te nel suo complesso che, spesso, le caratteri-stiche (quali pendenza o bassa permeabilità)che rendono i suoli protettivi nei confronti delleacque sotterranee, favoriscono invece i movi-menti laterali delle acque, determinando unaminore capacità di protezione delle risorse idri-che di superficie. Ad esempio, l’applicazionedi prodotti fitosanitari può provocare la conta-minazione di corpi idrici adiacenti le superficitrattate, qualora si inneschino processi di ero-sione e/o ruscellamento.

35

Fig. 2.7 - La struttura del suolo, dovu-ta alla presenza di aggregati stabilitra la sostanza organica e la com-ponente minerale, impartisce alsuolo stesso la capacità di agire dafiltro nei confronti dei contaminanti.In particolare il terreno è in grado di“bloccare” i contaminanti, median-te processi di adsorbimento sia chi-mico (formazione di legami chimicitra la superficie delle particelle disuolo e i contaminanti) che fisico(intrappolamento dei contaminantinei vuoti che caratterizzano la strut-tura del suolo).

LA CAPACITÀ TAMPONE

La capacità tampone di un suolo consiste nella sua attitudine a neutralizzare l’effetto disostanze acidificanti impedendo una variazione del suo pH. Essa è legata, in gran parte, alcontenuto di cationi basici, alla quantità della componente argillosa e al contenuto di sostan-za organica. Il rischio di acidificazione può derivare sia da fenomeni antropici quali pioggeacide in seguito ad inquinamento atmosferico, sversamento di contaminanti ecc., sia dafenomeni naturali quali la crescita delle piante che, a seconda delle specie, può portare aduna acidificazione nel volume di suolo occupato dall’apparato radicale. La capacità tampo-ne è la risposta naturale a tali fenomeni.

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

I l suolo è un ambiente molto complesso chefunziona da habitat per un elevatissimonumero di organismi concentrati in preva-

lenza nei primi centimetri dalla superficie (Fig.2.8). Nell'intricata matrice tridimensionale delsuolo, tali organismi interagiscono tra di loro inuna fittissima rete alimentare, dando vita adun complesso sistema di attività biologiche.Alcuni di questi vivono in maniera stabile all'in-terno del suolo, altri vi passano solo alcuni stadidel loro ciclo biologico, o lo utilizzano comeprotezione nei momenti di difficoltà e di stasi(cisti, impupamento, svernamento, estivazio-ne); bisogna comunque sottolineare che,rispetto alla grande maggioranza di quelli chelo popolano, solamente una piccolissima per-centuale è stata finora identificata e classifica-ta.Ad esempio, per quanto riguarda le comunitàmicrobiche, si stima che il 99% sia ancora daidentificare e studiare, costituendo la più

importante riserva di geni tra i vari compartiambientali. Estendendo il discorso ad altrecomunità di viventi, anch'esse ancora da sco-prire, si arriva a parlare di una vasta riservagenetica che, oltre a contribuire alla loro stes-sa stabilità, potrebbe portare alla comprensio-ne di funzioni e processi biologici importantianche per la conservazione della specieumana.

Gli organismi edafici ("edaphon") contribuisco-no attivamente a numerosi servizi critici perl'ecosistema quali:• la formazione del suolo; • la decomposizione della sostanza organica

e di conseguenza la disponibilità di elementinutritivi;

• la fissazione dell'azoto e il sequestro di carbonio;

• la soppressione o l'induzione di parassiti emalattie delle piante;

Fig. 2.8 - Alcuni microartropodi rappresentativi della mesofauna edafica. Da notare gli adattamenti ana-tomici, anche estremi, che coincidono con la perdita di occhi, pigmenti, zampe ed ali. a) Araneide; b)Formicide; c) Coleottero; d) Diplopode; e) Coleottero; f) Collembolo; g) Tisanottero; h) Chilopode; i) Iso-pode; l) Collembolo; m) Larva di dittero; n) Larva di coleottero.

HABITAT BIOLOGICO E RISERVA GENETICA

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• la bonifica, tramite processi biologici ("biore-mediation"), dei suoli contaminati e degra-dati (per mezzo della detossificazione deicontaminanti e il restauro delle proprietà edei processi fisici, chimici e biologici).

Dal punto di vista funzionale, invece, questiorganismi sono riuniti in tre grandi gruppi chesvolgono ognuno un importante ruolo specifi-co nell'ecosistema suolo (Fig. 2.9).

37

Fig. 2.9 - Gruppi e funzioni dei microrganismi del suolo.

“L’aratro è una delle invenzioni più antiche e più preziose dell’uomo, ma molto prima chefosse introdotta il suolo era in realtà arato regolarmente dai lombrichi e non smetterà mai di

esserlo. È lecito dubitare che esistano molti altri animali il cui ruolo, nella storia del globo,abbia avuto un’importanza pari a quella di queste creature d’organizzazione così inferiore”

Charles Darwin, 1881

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

I l suolo è uno degli elementi chiave dell'ecosistema città in quanto supporta diverse impor-tanti attività che vi avvengono, in questo senso è quindi più giusto parlare di "suolo urbano".Il termine suolo urbano è una generalizzazione che viene usata per intendere un qualsiasi

suolo, naturale, modificato o creato dall'uomo, che esiste in un'area urbana od industriale. Inqueste aree il suolo esplica una serie di funzioni del tutto particolari che si sovrappongono aquelle classiche (Fig. 2.10).

Quello di suolo urbano è quindi un concetto molto vasto e, in accordo con le funzioni specificheche esso svolge, anche le forme con cui si presenta sono diverse (Fig. 2.11, Fig. 2.12, Fig. 2.13).

Le pressioni antropiche, associate ai fattori naturali, hanno un significativo impatto sulla fisica,sulla chimica e sulla biologia di questi suoli, tanto che le loro caratteristiche possono allontanar-si moltissimo da quelle naturali arrivando a costituire un insieme di caratteri tipici e ricorrenti. Diseguito verranno citati solo alcuni esempi.

IL SUOLO E LA CITTA’

Fig. 2.10 - Specifiche funzioni svolte dai suoli urbani.

Fig. 2.11 - Central Park, New York:esempio di forte contrasto trasuoli a funzione ricreativa e diverde pubblico con quelli cheospitano il tessuto cittadino intutte le sue componenti.

Fig. 2.12 - Filari e alberature ai latidelle strade rappresentano pic-coli lembi spesso in sofferenza disuolo affiorante che sfuggonoall'effetto "sigillante" di strade,marciapiedi ed edifici.

Fig. 2.13 - Recupero di un Brow-nfield. I suoli di questa vecchiaarea industriale sono stati recu-perati e destinati ad accogliereun’area ricreativa che interessala collettività.

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Innanzi tutto esiste una forte discontinuità nelprofilo verticale con transizione tra gli orizzonti,spesso rappresentati da riporti, altrettanto mar-cato è anche la discontinuità orizzontale dovu-ta alla natura stessa del tessuto urbano. Comu-ne è la mancanza dell'orizzonte organicosuperiore sostituito da pavimentazioni varie edasfalto. La forte compattazione, la presenza dicroste superficiali o di pavimentazioni altera imovimenti di acqua attraverso il profilo, impe-dendoli, o formando condizioni asfittiche permancato drenaggio.La mancanza dell'orizzonte organico, anchequando il suolo è libero da coperture artificiali,unitamente agli apporti di numerose sostanzenaturali e non (specialmente metalli pesanti)ed in concentrazioni tali da risultare tossiche,porta a modificazioni dell'attività degli organi-smi viventi al suo interno fino alla loro scompar-sa totale. E’ da notare che questo fattore influi-

sce in modo negativo sul vigore della vegeta-zione.Il pH spesso risulta molto alto e ciò dipendedall'uso irriguo di acque dure, dal rilascio dicarbonati da cementi e materiali da costruzio-ne o, molto spesso, dallo spandimento di salecome antigelo per le strade (vedi problemadella salinizzazione).Lo studio della natura e delle dinamiche deisuoli urbani è stato finora abbastanza margina-le. Poco si conosce riguardo alle loro potenzia-lità ed altrettanto carenti sono le conoscenzecirca le implicazioni che certi processi (es.accumulo di inquinanti) possono avere sullasalute umana. Una più approfondita cono-scenza di tali suoli sarebbe fondamentaleanche in tema di pianificazione, in quantopotrebbe guidare le scelte fino al punto di evi-tare di commettere errori con risvolti non solo intermini ecologici ma anche monetari.

39

QUANDO L'UOMO È IL FATTORE PRINCI-

PALE DELLA FORMAZIONE DEL SUOLO

Storicamente le aree urbane

sono state ignorate dalla car-

tografia dei suoli e dagli studi

sulla formazione del suolo.

Oggi si riconosce che queste

aree sono di primaria impor-

tanza per la popolazione

umana e come tale è fonda-

mentale una introduzione dei

suoli urbani nella classificazio-

ne ufficiale. Per la WRB (World

Reference Base for Soil

Resources) gli Anthrosol rap-

presentano suoli impostati su

suoli naturali pesantemente

modificati dall'attività umana,

che viene così considerata un

fattore della pedogenesi e

dall'apporto di energia, mate-

riali e sostanze di origine antro-

pica.

“COSTRUIRE SIGNIFICA COLLABORARE

CON LA TERRA, IMPRIMERE IL SEGNO DELL’UOMO SU UN PAESAG-GIO CHE NE RESTERÀ MODIFICATO PER SEMPRE”

MARGHERITE YOURCENAR, 1951

“COSTRUIRE SIGNIFICA COLLABORARE

CON LA TERRA, IMPRIMERE IL SEGNO DELL’UOMO SU UN PAESAG-GIO CHE NE RESTERÀ MODIFICATO PER SEMPRE”

MARGHERITE YOURCENAR, 1951

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

I l suolo, come parte del territorio in cui è inse-rito, è stato da sempre analizzato e studiatoin riferimento al suo interesse economico

rappresentato dalle sue qualità primarie, ricon-ducibili alla sua fertilità e alla sua produttivitàagricola. Tuttavia, negli ultimi anni sono stativalutati anche altri aspetti, prima non adegua-tamente riconosciuti, che considerano il suolo

un importante luogo e mezzo di conservazionedi una serie di valori a tutti gli effetti assimilabili al"bene culturale".Da questo punto di vista, infatti, il suolo rivesteun'importanza ed un interesse culturale notevo-le in quanto può conservare importanti testimo-nianze geo-paleontologiche, archeologichee/o geo-archeologiche. I suoli dei giacimentigeologici e paleontologici possono, ad esem-pio, registrare eventi naturali molto antichi,come le trasformazioni dovute alle eruzioni vul-caniche, le glaciazioni e i cambiamenti climati-ci oppure costituire uno strumento essenziale

per investigare eventi sismici del passato (attra-verso lo studio di “paleoterremoti” e la ricercapaleosismologica, vedi Fig. 2.15). Inoltre, neisuoli antropizzati, la presenza di insediamentiarcheologici può consentire di porre in lucequei tratti paesaggistici indotti dall'uomo (adesempio disboscamenti intensivi o particolaripratiche agricole) utili a stimare l'uso del territo-

rio da parte delle passatecomunità (Fig. 2.16).Questa nuova interpreta-zione rappresenta sicura-mente un valido strumentodi conoscenza del territorioe di tutte le valenze ad essoconnesse, finalizzato aduna gestione consapevole,di tutela e conservazionedei beni culturali/ambien-tali e ad una corretta pro-grammazione territorialeda parte delle Amministra-zioni Pubbliche. La comuni-tà scientifica è impegnataad individuare, inventariaree proporre pedositi; recen-temente sono emersi in let-teratura contributi di pedo-logi italiani volti alla classifi-cazione del suolo secondodifferenti tipologie e gradidi interesse culturale(Fig.2.14). Si tratta di segna-lazioni propositive che, sep-

pur d'importanza, necessiteranno di verifica ediscussione soprattutto perché non sono stateancora raggiunte metodologie standard di stu-dio e di larga diffusione. Bisogna tuttavia evi-denziare che il forte degrado cui sono soggettimolti paleosuoli impone una maggiore attenzio-ne da parte delle Amministrazioni locali affinchévengano tutelati alla pari di altri "monumentinaturali". Fra le molteplici cause che sono allabase di tale incuria vi è sicuramente la mancan-za di un'adeguata legislazione e l'assenza dellepopolazioni locali nei problemi di gestione delterritorio.

LUOGO E MEZZO DI CONSERVAZIONE E TRAMITEDI ACCESSO A GIACIMENTI PALEONTOLOGICIED ARCHEOLOGICI DI FONDAMENTALESIGNIFICATO CULTURALE

Fig. 2.14 - Carta di prima approssimazione dei principali suoli di interesseculturale, sovrapposti alla carta delle Soil Region.

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Fig. 2.16 - Valle di Baccano (Roma). “Mansio” dietà romana: I sec. a. C. - I sec. d. C. - a) area degliambienti termali dopo l’asportazione dei depositie, sullo sfondo, sezione artificiale sul lato occiden-tale dell’antica via consolare Cassia; b) Sezioni-tipo dei depositi. 1- terreno di copertura; 2a - sab-bia; 2b - terreno franco-sabbioso; 2c - sabbia; 3 -terreno franco sabbioso; 4 - materiali di crollo; 5 -strutture della Mansio; 6 - suolo alluvio-colluviale dibase.

Fig. 2.15 - Faglia generata da un terremoto di etàmedioevale, non registrato nei cataloghi storici edindividuato sulla base delle dislocazioni subite daipaleosuoli. (Grotta Carbone, M. Pollino, Calabria).

0 metri

1,0

2,0

3,0

4,0

5,0

6,0

0 metri

1,0

2,0

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4,0

5,0

6,0

Strati

1

2a2b

2c

3

4

5

riporto

6

1

2b

2c

3

5

6

Il suolo è in grado di registrare eventi anche molto antichi, naturali e non, di particolare significato culturale

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2. LE F U N Z I O N I D E L S U O L O

La quasi totalità delle opere umane richie-de l'impiego di materie prime quali roccelapidee e incoerenti, minerali metalliferi e

non, gas naturali, idrocarburi, combustibili edacque. Il suolo in senso stretto è, almeno in Ita-lia, interessato solo marginalmente dal prelievodi materie prime, concentrate principalmentea maggiori profondità (ossia nel sottosuolo;l’attuale situazione nazionale è rappresentatain Fig. 2.18 - 2.19). Tranne rari casi, rappresenta-ti per lo più da cave situate in depositi alluvio-nali e nei paleosuoli rissiani della Pianura Pada-na, il suolo risulta infatti interessato da processiestrattivi soltanto in maniera indiretta in quantorappresenta il terreno di copertura che dovràessere rimosso per poter accedere ai giaci-menti sottostanti. Gli impatti sul suolo generatida cave e miniere sono molteplici; essi inizianodurante l'attività estrattiva e continuano neltempo ad attività conclusa, soprattutto laddo-ve non viene previsto un piano adeguato diripristino ambientale. Le attività preparatoriealla coltivazione di un sito, quali l'apertura distrade di collegamento tra il sito stesso e la via-bilità locale, la rimozione e lo stoccaggiocasuale di terreni di copertura e le opere di

captazione per l'approvvigionamento dell'ac-qua, possono provocare problemi di compat-tazione, di inquinamento della falda acquiferanonché la perdita irreversibile di una risorsanon rinnovabile che si era creata nel corso disecoli e millenni (vedi box). Ad attività conclu-sa i maggiori effetti negativi sono rappresenta-ti da possibili problemi di instabilità dei versantidovuti all'abbandono dei vecchi fronti dicava, fenomeni di erosione accelerata che sipossono innescare su superfici ormai prive diquella coltre vegetativa in grado di stabilizzareil terreno, oltre alle profonde “cicatrici” di note-vole impatto paesaggistico. Nel caso soprat-tutto delle miniere si aggiungono poi i problemilegati alla possibilità di inquinamento ambien-tale dovuto alla presenza di materiale tossico oaltrimenti nocivo, residuo degli sterili di lavora-zione o dei prodotti intermedi o definitivi dellalavorazione stessa. A tutto questo si aggiungo-no i rischi connessi ai problemi di subsidenzache possono derivare dal crollo delle galleriedi coltivazione sotterranee, oltre all'inquina-mento diretto delle falde che, attraverso legallerie e gli scavi possono venire in contattocon il minerale rimasto in situ.

IL SUOLO COME MEZZO DI ACCESSO ALLE MATERIE PRIME

Fig. 2.17 - Cava di pianura nei pressi di Roma.

IL RECUPERO DEL SUOLO: UN ESEMPIO DI GESTIONE SOSTENIBILE DI UNA RISORSA NATURALE

Il presupposto principale per giungere ad un corretto schema di pianificazione ambientalenelle attività estrattive dovrebbe essere quello di considerare il suolo non come uno scartodella lavorazione ma come uno strumento fondamentale della successiva fase di ripristino.Ciò significa dedicare un trattamento particolare fin dall'inizio delle fasi di gestione dei can-tieri, prevedendo una qualche forma di conservazione. Significativa è, in questo senso, l'espe-rienza israeliana dove il suolo che deve essere rimosso per far posto alle costruzioni non fini-sce in discarica, ma viene portato in una cava da dove viene successivamente prelevato eutilizzato, quasi a costituire una sorta di "banca del suolo". Va dunque sottolineato che, comecomparto ambientale di importanza prioritaria, il suolo dovrebbe essere regolamentato daapposite normative regionali che ne impongano una conservazione ed un riutilizzo nelle atti-vittà post-estrattive.

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Fig. 2.19 - Numero di cave attive per tipologia di materiale (2006).

Fig. 2.18 - Numero di siti minerari suddivisi per regione e per anno.

Uno dei problemi maggiori legato alle attività estrattiveè dovuto agli impatti che il suolo subisce

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“La nazione che distrugge i suoi suolidistrugge se stessa”

Franklin D. Roosevelt, 1937

3. LA DEGRADAZIONE

DEL SUOLO

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L a compattazione può essere definita come la compressione delle particelle del suolo in unvolume minore a seguito della riduzione degli spazi esistenti tra le particelle stesse. Di normasi accompagna a cambiamenti significativi nelle proprietà strutturali e nel comportamento

del suolo, nonché del suo regime termico e idrico, nell'equilibrio e nelle caratteristiche delle fasiliquide e gassose che lo compongono. Le principali cause che generano il fenomeno ed i suoieffetti negativi sono schematicamente riportate in Fig. 3.1.

La compattazione del suolo è un problema su cui si può agire efficacemente attraverso la pre-venzione. I tipi di pneumatici e le pressioni di gonfiaggio possono essere scelti in modo da atte-nuare l'effetto compattante dei passaggi delle macchine agricole (Fig. 3.2).

LA COMPATTAZIONE

Fig. 3.2 - Macrofotografie di sezioni sottili verticalmente orientate preparate da campioni indisturbati pre-levati nello strato superficiale (0-6 cm) di un suolo franco-argilloso sottoposto a lavorazione minima (sini-stra) e lavorazione convenzionale (destra). Il lato minore misura 3 cm nella realtà. E' evidente la formazio-ne di una crosta superficiale (strato compatto con struttura lamellare) nel terreno lavorato con araturaconvenzionale continua. In questo strato si notano, oltre ai pori allungati orientati parallelamente allasuperficie e quindi non continui in senso verticale, anche i pori sferici originati da bolle d'aria rimastaintrappolata durante il processo di essiccamento (vescicole). Nel terreno interessato da lavorazione mini-ma si assiste ad una struttura poliedrica subangolare con pori allungati e continui in senso verticale sindalla superficie, che facilita così l'infiltrazione dell'acqua a differenza della situazione del terreno lavora-to convenzionalmente in cui prevale il ruscellamento superficiale.

Fig. 3.1 - Schema dei fattori che determinano fenomeni di compattazione del suolo e dei conseguentieffetti.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

Più in generale bisognerebbe riconsiderare l'adozione di macchine agricole meno pesanti epotenti, magari munite di cingolati anziché ruote, nel passaggio su suoli bagnati.L'adozione di sistemi di lavorazione del terreno alternativi alle tradizionali arature è capace diridurre la formazione, all’interno del profilo del suolo, dello strato compatto a bassa permeabili-tà che si genera al limite inferiore della lavorazione nei terreni interessati da continue lavorazio-ni convenzionali (suola d’aratura). In Italia il fenomeno della suola d’aratura è fortemente sotto-valutato anche se questo strato compatto è largamente diffuso nelle pianure alluvionali coltiva-te con monocolture ed è responsabile delle frequenti sommersioni dei terreni coltivati, dovuteall'annullamento del drenaggio, in occasione di piogge intense e concentrate in piccoli inter-valli di tempo. Parte delle risposte vanno, quindi, ricercate nelle "buone pratiche agricole" checontribuiscono a mantenere la struttura. In quest'ottica si dovrebbero evitare le lavorazioni pro-fonde tanto più che i risultati scientifici indicano che l'utiliz-zo di sistemi di lavorazione alternativi, in sostituzione diquelli tradizionali collaudati, non è penalizzante per la pro-duzione anzi ne può anche migliorare la qualità. Per col-ture arboree, vigneti in particolare, si dovrebbe favorire lapratica dell'inerbimento ed indirizzarsi verso una lorogestione a basso impatto ambientale.

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MODERNIZZAZIONE DELL’ AGRICOLTURA

L'agricoltura degli ultimi quaran-

t'anni, oltre all'uso di fertilizzanti

chimici e l'attuazione di colture

specializzate (monocolture e

monosuccessioni), ha adottato

macchine agricole sempre più

potenti e pesanti. Se da un lato

questo processo ha portato ad un

incremento delle produzioni agri-

cole dall'altro ha prodotto, nel

lungo termine, evidenti fenomeni

di degradazione del suolo e di

sconvolgimento delle proprietà

idrologiche che si manifestano

attualmente in maniera anche

catastrofica.

Fig. 3.3 - La sostanza organica nel suolo riveste un’importanzafondamentale nel mantenimento della sua struttura. La perdi-ta di struttura del suolo con il passaggio ad un suolo astruttura-to ha forti riflessi sulla capacità del suolo di esplicare le propriefunzioni.

La compattazione è un fenomeno che altera profondamente la porosità del suolo e conessa le sue normali proprietà idrologiche fino ad essere concausa

dei grandi eventi alluvionali

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L a perdita di sostanza organica (SO) è unadelle maggiori problematiche in grado dicompromettere la funzionalità dei suoli. Se

in passato tale fenomeno è stato determinatodalle grandi trasformazioni d'uso del suolo ope-rate dall’uomo (imponenti deforestazioni,conversione delle foreste o dei pascoli perma-nenti in terreni arabili, ecc.) attualmente esso èprincipalmente legato al forte sviluppo dellepratiche agricole intensive. Una grande ano-malia dei moderni sistemi agricoli è infatti larottura del ciclo della sostanza organica delquale le biomasse agricole rappresentano unpassaggio. In aggiunta, le tradizionali pratichedi reintegro sono state da tempo abbandona-te tanto che l'input di carbonio organico per isuoli impegnati in tali sistemi è principalmenteaffidato ad una gestione, più o meno oculata,dei residui colturali e agli apporti di sostanzaorganica esogena attraverso varie forme.Si ricorda poi che i processi di mineralizzazionedella sostanza organica sono funzione delclima e della tipologia di suolo e pertanto nel-l'area mediterranea la concentrazione di SOnei suoli è mediamente bassa. In un contestocome quello italiano, quindi, la celerità con cuisi accusano problemi del suolo legati alla dimi-nuzione di SO è evidentemente maggiore.Le sistemazioni idraulico agrarie atte a suppor-tare questa nuova agricoltura specializzata edintensiva, oltre che a trasformare in modoimponente il paesaggio agricolo, non sonostate in grado di mantenere un equilibrio tranecessarie pratiche agricole ed ambiente.

L’effetto è stato quello di generare pericolosifenomeni di erosione del suolo e quindi anchedi perdita della sostanza organica, in seguito aldistacco delle particelle superficiali di terrenoricche di SO. Questi fenomeni risultano tantopiù intensi in un territorio come il nostro con ele-vata energia di rilievo.Una buona politica sul suolo sia a livello nazio-nale che europeo, non può prescindere daun'approfondita conoscenza della quantità diSO contenuta nel suolo. In quest'ottica la man-canza di dati pregressi, nonché di misure rela-tive a campioni georeferenziati, rende impos-sibile definire l'andamento e la quantificazionedella diminuzione di sostanza organica neinostri suoli (Fig. 3.4).Secondo quanto riportato dalle stime ufficialidella Comunità Europea, il 74% dei suoli possie-de meno del 2% di carbonio organico nellostrato superficiale quando, per garantireun'elevata efficienza del terreno rispetto alrifornimento di elementi nutritivi per le pianteed al trattenimento di potenziali elementiinquinanti, il livello obiettivo dovrebbe esserepari almeno al 1,5 - 2%. Per quanto riguarda la conoscenza di talelivello nei suoli italiani, l’unica sintesi naziona-le attualmente disponibile è quella riportatain Fig. 3.5. Diverse regioni (vedi Cap. 4) hannoa disposizione elaborazioni, derivanti dallacartografia dei suoli, che si stà procedendoad armonizzare al fine di ottenere un prodot-to che abbia il fondamentale requisito dellaomogeneità.

LA DIMINUZIONE DELLA SOSTANZA ORGANICA

QUALI METODI UTILIZZARE PER INVERTIRE LA TENDENZA?

Molte pratiche agricole non favoriscono il mantenimento o l'accumulo di un contenuto ade-guato di SO nel suolo. La soluzione al problema è duplice: da un lato contenere l'erosione delsuolo (quindi della SO), dall'altro incrementare i livelli della stessa. E' necessario dunque adot-tare tutta quella serie di pratiche agricole che vengono definite "buone". Solo per citarnealcune si possono utilizzare lavorazioni del terreno di tipo conservativo o addirittura non lavo-rarlo, onde evitare l'eccessivo amminutamento dello stesso con una ossidazione della SO piùveloce. Praticare le rotazioni colturali inserendo colture foraggere. Prevedere forme d'uso delterreno diverso per periodi più o meno lunghi di riposo come il set-aside. Prevedere l'aggiun-ta di residui colturali e di ammendanti organici come compost e letami. Mantenere unacopertura vegetale anche in inverno e utilizzare colture intercalari, ossia colture il cui ciclo sisviluppa tra due colture principali, che a fine ciclo sono interrate. Sviluppare le pratiche attea limitare i fenomeni erosivi.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

49

Fig. 3.5 - Stima del carbonio organico(CO) presente nei suoli italiani. Per trasformare il contenuto di COmisurato nel corrispondente contenutodi SO si ricorre all’equazione: SO = CO x 1,724.Sulla base della classificazione adotta-ta la situazione non è rassicurante eallineata alle stime europee: circal'80% dei suoli italiani ha un tenore diCO minore del 2%, di cui una grossapercentuale ha valori di CO minoredell'1%. Tutto ciò si traduce in unagrande percentuale di suoli con valoridi SO minori o poco più alti del 2%.La stima è basata sulle analisi effettua-te per la realizzazione della Carta Eco-pedologica d'Italia integrate con i datidell'European Soil Database. Una ela-borazione di maggior dettaglio, deri-vante dall'armonizzazione delle infor-mazioni disponibili presso gli enti chesvolgono la funzione di Servizio Pedolo-gico Regionale, è in via di realizzazionenell'ambito del Progetto SIAS (Sviluppodi Indicatori Ambientali sul Suolo),coordinato da APAT.

Fig. 3.4 - Variazione del contenuto insostanza organica con la lavorazionedel terreno. Così si può presentare,tipicamente, la situazione in un terrenoa prato-pascolo convertito a mais: 1)situazione preesistente; 2) dopo laprima lavorazione; 3) dopo cinqueanni di lavorazione; 4) dopo dieci annidi lavorazione; 5) dopo quindici annidi lavorazione.

Una scarsa dotazione di sostanza organica riduce la fertilità fisica, chimica e biologicaimpedendo che il suolo svolga correttamente le sue funzioni

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

P er biodiversità del suolo, si intende lagrandissima varietà di organismi che lopopolano. Il concetto, se guardato dal

punto di vista del numero dei viventi coinvolti,è molto più complesso di quanto possa sem-brare. All'interno del suolo la densità degliorganismi raggiunge spesso valori elevati (Fig.3.6). Un solo grammo di suolo in buone condi-zioni può contenere centinaia di milioni di bat-teri appartenenti ad un numero enorme dispecie diverse; in un grammo di suolo aratopossono essere presenti fino a 40.000 individuiappartenenti al gruppo dei protozoi mentre,nelle praterie, i nematodi possono raggiungeredensità pari a 20.000.000 individui/m3.La biodiversità nel suolo, come negli altriambienti, può essere valutata in vari modi e adiversi livelli: diversità genetica, tassonomica,ecologica e funzionale. In questo contesto l'in-teresse maggiore si concentra su quest'ultimoaspetto, ossia su quanto sia fondamentale labiodiversità nel suo ruolo di mantenimentodelle funzionalità del suolo stesso. Nel capitolo2 si è visto che, in condizioni naturali, i suoli con-tengono organismi in grado di degradareagenti inquinanti e quindi di ostacolare la con-taminazione chimica.Tuttavia la funzione protettiva e conservativadel suolo non è infinita e l'idea che il suolopossa essere un contenitore od una barrieraperpetua da poter utilizzare liberamente(numerosi sarebbero, purtroppo, gli esempi incui l'uomo ha abusato di questa funzione) èun'idea a lungo andare perdente. Infatti, una

LA PERDITA DI BIODIVERSITÀ

Fig. 3.6 - Rappresentazione della proporzione esi-stente tra la biomassa contenuta nel suolo e quel-la epigea.

Fig. 3.7 - Esempi di microartropodi viventi nel suolo: a) isopode; b) larva di cicala.

Batteri e funghi 500-5000kg/ha

Attinomiceti 500-2000kg/ha

Alghe 50-500kg/ha

Micro e meso fauna 500-2000kg/ha

Uomo 100kg/ha

a b

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

concentrazione eccessiva di inquinanti puòavere un effetto negativo su molti degli organi-smi del suolo sia direttamente, per emigrazioneo morte degli individui e delle specie più sensi-bili, sia indirettamente, a causa dello sviluppodi organismi resistenti e poco specializzati. In realtà i motivi di perdita di diversità del suolonon sono limitati solo al problema degli inqui-nanti. Tenendo conto che la maggiore attivitàdegli organismi si riscontra nei primi 10-20 cm diprofondità, le pratiche agricole intensive (lavo-razione profonda e frequente) hanno unimpatto negativo su tutti gli organismi delsuolo, creando un habitat sfavorevole.Anche la compattazione, che generalmenteporta ad una riduzione delle dimensioni deipori più grandi e della loro continuità, riducel'habitat favorevole per gli organismi edafici.La diminuzione della porosità provoca unadiminuzione della quantità di ossigeno circo-lante, generando modificazioni nelle catenealimentari ed in particolare modificazioni neltipo e nella distribuzione degli organismi. Una grave perdita di biodiversità si verifica intutte le trasformazioni dell'uso del territorio cheprevedono la cementificazione e l'impermea-bilizzazione del suolo. I mancati apporti disostanza organica rappresentano un'altracausa di diminuzione della biodiversità; laquantità di carbonio, infatti, rappresenta il prin-cipale fattore di crescita per gli organismi eda-fici e la sua carenza può limitare lo svolgimen-to delle attività biologiche.

Altri fattori che limitano la presenza di organi-smi nel suolo sono i seguenti:

1. L'erosione e gli incendi, possono sottrarresostanza organica e pertanto determinareuna notevole diminuzione della diversità.

2. Un incremento in sali o una variazione delpH possono modificare la struttura dellecomunità di microrganismi.

3. L'introduzione accidentale o deliberata dispecie alloctone può determinare che unadi esse trovi condizioni favorevoli per lo svi-luppo generando esplosioni demograficheche rafforzano il successo della specie intro-dotta a spese di quelle autoctone in equili-brio con l'ambiente.

Ancora da studiare, ma da non sottovalutare,sono gli impatti delle colture transgeniche sulsuolo; la persistenza dei transgeni nel terreno,anche dopo molti anni dalla coltivazione, puòportare a modifiche nella composizione e nelmetabolismo della biodiversita' edafica.

Non va per ultimo dimenticato che la diversitàdel suolo è la fonte principale di antagonistinaturali di organismi dannosi e malattie quindiuna sua perdita porta alla scomparsa di unarma efficace a supporto dei sistemi produttiviagricoli.

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Come per la specie umana uno dei segreti del suolo è rappresentato dalla biodiversità che esso racchiude

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

Ogni suolo possiede un naturale contenu-to in sali, essenziali per lo sviluppo vege-tale, che deriva dagli stessi processi che

ne hanno determinato la formazione (salinitàprimaria). Quando fattori naturali o antropicideterminano un accumulo di sali nel suolo finoa un livello tale da compromettere l'attivitàvegetativa e produttiva delle colture e dadeterminare anche effetti indesiderati sull'am-biente (vedi box), i suoli vengono definiti "salini". Fra le emergenze ambientali direttamente lega-te alla salinità del suolo un rilievo particolare vadato ai processi di salinizzazione secondariaanche per quei suoli che, pur non presentandoattualmente il problema, potrebbero ragione-volmente salinizzarsi per via del perpetuarsi dialcune attività antropiche. In particolare la sali-nizzazione secondaria dei suoli a causa dell'irri-gazione (Fig. 3.9) rappresenta un problema

destinato ad aggravarsi non solo per la spintacompetizione esistente fra città, industria ecampagna nell'uso dell'acqua, per il sovrasfrut-tamento delle falde (Fig. 3.8) e per l'impiego inagricoltura di acque sempre meno idonee(acque saline, acque reflue civili e industriali),ma anche per effetto dei previsti cambiamenticlimatici che, incrementando l’aridità, determi-nerebbero una minore lisciviazione ed un con-seguente aumento della salinizzazione. Partico-larmente esposte risultano pertanto le aree aclima tendenzialmente caldo-arido. Per il nostro paese ancora oggi non è disponibi-le, a livello nazionale, una cartografia di detta-glio che dia conto di caratteristiche e distribu-zione dei suoli salini. Solo recentemente unaindagine conoscitiva ha evidenziato che learee maggiormente affette dal problema risul-tano essere la bassa pianura padano-veneta, le

MA QUALI SONO GLI EFFETTI DELLA SALINIZZAZIONE

SUL SUOLO?

L'accumulo di sali nel suolo è un fattore for-temente degradante la sua qualità fisica ebiologica. Tra gli effetti che si presentanoalcuni sono notevolmente negativi:- l'essiccamento fisiologico o comunque gli

squilibri nell'assorbimento degli elementi daparte dei vegetali possono ridurre drastica-mente le rese

- la notevole quantità di sodio genera unadegradazione della struttura del suolo finoa condizioni di tipo massivo persistenti, coneffetti disastrosi sia sugli organismi viventiche sull'incremento dell'erosione.

LA SALINIZZAZIONE

Fig. 3.9 - Sviluppo globale, proiettato al 2020, dell'ir-rigazione e della salinizzazione secondaria dei suoli.Le aree soggette a salinizzazione secondaria sonopiù estese dei territori irrigui in quanto la salinizzazio-ne secondaria influenza, in genere, una superficiemaggiore rispetto a quella irrigua.

Fig. 3.8 - Il sovrasfruttamentodelle falde e/o l’immagazzina-mento della risorsa idrica amonte provoca l’abbassa-mento del livello dell’acqua ela conseguente possibilità diintrusione salina nelle areecostiere. Quando i prelievidelle acque mediante pozzi,captazioni, ecc. sono superiorialla ricarica naturale dellefalde acquifere, il livello del-l’acqua può scendere drasti-camente fino a compromette-re la riserva idrica.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

Fig. 3.10 - Distribuzione dei suoli salini inItalia (in rosso). Si noti la diffusione delfenomeno in Sicilia dove i suoli interes-sati da salinizzazione coprono circa il10% del territorio regionale (circa250.000 ha).

UN ASPETTO POCO CONOSCIUTO…

Nella salinizzazione secondariava considerato anche l'aspettolegato allo spargimento sulla reteviaria di sali in funzione antigelo.Col passare del tempo si ha latendenza all'accumulo croniconei suoli circostanti di soluti, inorizzonti posti sempre alla stessaprofondità, le cui concentrazionidi sali possono arrivare ad essereanche 2-3 ordini di grandezzasuperiori rispetto a quelle presen-ti in origine nel suolo.

aree costiere tirreniche ed adriatiche e le isole(Fig. 3.10). I problemi posti dai suoli salini per il loro migliora-mento non sono facilmente risolvibili e, nellearee irrigue, vengono complicati dalle com-plesse relazioni acqua-suolo che si instaurano infunzione della natura del suolo, della sua granu-lometria e struttura, dell'erosione, delle tecnichedi coltivazione, dei metodi irrigui, della qualità edelle dinamiche delle acque.Un metodo unico, sempre valido ed universal-

mente applicabile per il controllo della salinità odei rischi di potenziale salinizzazione non esiste;di volta in volta si dovrebbe ricorrere alla com-binazione di diverse pratiche da integrare fraloro, da scegliere secondo i casi, tenendo sem-pre presente che le azioni volte alla prevenzio-ne devono avere la priorità sulle azioni di recu-pero. L'adozione di un particolare metododovrebbe essere dettata dalle caratteristichedel suolo, dagli scopi che si vogliono raggiunge-re e dalla economicità dell'impresa.

“La salinizzazione del suolo è uno dei principali processi che contribuiscono alla catastrofebiologica mondiale”

Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L' erosione è un fenomeno naturale che consistenella perdita dello strato più superficiale del terre-no, a causa dell'azione dell'acqua piovana o del

vento.Con l'avvento dell'agricoltura moderna e, soprattutto,con l'introduzione di alcune forme spinte di meccanizza-zione, il livellamento delle pendici, l'abbandono dellesistemazioni idraulico-agrarie tradizionali e la specializza-zione delle colture, l'erosione ha assunto proporzioni pre-occupanti specialmente nelle aree di collina con effettieconomici rilevanti soprattutto nelle aree con colture dipregio.I danni arrecati dall'erosione, che si evidenziano in termi-ni di perdita di suolo, di fertilità, di biodiversità, di modifi-cazione del paesaggio ecc., sono tali da richiedereinterventi correttivi che molte volte consentono solo unparziale ripristino delle condizioni ottimali.L’erosione idrica è distinta in quattro tipologie principali:1) Erosione da azione battente delle gocce di pioggia

(splash erosion).2) Erosione laminare (sheet erosion o inter-rill erosion):

dovuta all’azione combinata dello splash e dello scor-rimento superficiale delle acque sotto forma di un veloche non forma rigagnoli evidenti (Fig. 3.11).

3) Erosione incanalata: rappresenta la principale formaerosiva nei terreni agrari. La perdita di suolo è da impu-tare al distacco ed al trasporto delle particelle causa-to dallo scorrimento dell’acqua nei rigagnoli (rill ero-sion) che sovente si impostano lungo le direzioni dilavoro delle macchine. I rigagnoli possono evolvere informe erosive più severe (per burroni - gully erosion)(Fig. 3.12).

4) Erosione di massa (frane): deriva dall’azione combina-ta delle acque meteoriche e della gravità e, nellearee agricole, è generalmente legata ad una manca-ta regimazione delle acque, all'appesantimento delsuolo a seguito delle piogge e alla presenza di straticompattati lungo il profilo (suola d’aratura) che posso-no rappresentare la superficie di scivolamento di volu-mi, anche notevoli, di suolo (Fig. 3.13).

L’asportazione di suolo dovuta agli attrezzi agricoli (ara-ture, raspature) è denominata “erosione da lavorazione”o tillage erosion.Buona parte del territorio italiano è potenzialmente affet-to da rischio di erosione a causa della notevole energiadi rilievo e dell'erodibilità dei suoli. L'erosione potenzialediventa attuale quando, ai fattori naturali di rischio(aggressività della pioggia, pendenza ed erodibilità delsuolo), si associa un uso del suolo che può esporre inmaniera diversa la superficie del suolo all'azione diretta

L’EROSIONE IDRICA

Fig. 3.11 - Forme di erosione: L= erosionelaminare (o interrill) con formazione dicrosta; R= erosione incanalata (per riga-gnoli); S= zone di sedimentazione; S/L=zone a dinamica complessa (erosionee/o deposizione, secondo la velocitàdelle acque).

Fig. 3.12 - Erosione per burroni (gully ero-sion).

Fig. 3.13 - Flussi di suolo su strati compat-tati dall'aratura.

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della pioggia battente. Dall’ elaborazione deidati forniti dall'ESB su banca dati CORINE(1992) risulta che circa il 30% dei suoli presenta-no un rischio di erosione che supera le 10t * ha-1

* anno-1 (Fig 3.16). Inoltre il rischio d'erosio-ne è aumentato, negli ultimi decenni, anche acausa dell'aumento dell'aggressività delle piog-ge, in relazione con il generale mutamento delclima in atto.Allo scopo di attuare le tecniche agronomicheappropriate per ridurre l'erosione è necessarioconoscere i fattori che influenzano l'erosione delsuolo e le modalità per stimarla. Esistono moltimodelli di stima dell'erosione, la maggior partedei quali richiede dati relativi al suolo, alla morfo-logia, al clima, alle piante e alla conduzioneagronomica. E' anche vero che i modelli forni-scono però un valore di erosione riferito ad unacondizione "media". Di conseguenza è necessa-ria una calibrazione del modello per la singolasituazione analizzata.Per contrastare il fenomeno dell'erosione ènecessario attuare una serie di interventi, riassu-mibili generalmente nelle "buone pratiche agri-cole". In generale tutte le agrotecniche chedeterminino un ostacolo alla formazione deirigagnoli risultano utili. Nello specifico si ricordano: lavorazioni secondole curve di livello (che possono far ridurre l'erosio-ne anche del 50% rispetto alle lavorazioni ese-guite secondo la massima pendenza, cioè a rit-tochino), utilizzo di organi lavoranti che nongenerino superfici compattate nel suolo (suolad’aratura), contrasto dell'eccessivo amminuta-mento delle zolle per la preparazione dei letti di

semina, riduzione della dimensione degli appez-zamenti lungo la massima pendenza, manteni-mento e incremento dei terrazzamenti, sistema-zioni idraulico-agrarie, drenaggi, inerbimenti,limitazione dei livellamenti. Questi ultimi, effet-tuati con macchine per il movimento di terraper l’impianto di colture arboree e specializza-te determinano il troncamento del profilo delsuolo nelle zone di scavo e l’accumulo, nellezone di riporto, di notevoli masse di materialeincoerente a porosità disorganizzata e facil-mente erodibile (Fig. 3.14). In queste condizio-ni, si possono frequentemente raggiungeretassi di erosione elevatissimi. Per il settore forestale è indispensabile unaconduzione idonea con le opportune pratiche(potature, cimature, cura del sottobosco,ecc.) e tenere conto della vocazionalitàpedoclimatica per i nuovi impianti.

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Fig. 3.14 - Asportazione meccanica del suolo (tilla-ge erosion). La raspatura è stata effettuata in vistadell'impianto di un vigneto. Si noti sulla destra ilsuolo originario.

“L'acqua disfa li monti e riempie le valli e vorrebbe ridurre la Terra in perfetta sfericita', s'ella potesse”

Leonardo da Vinci

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L'erosione idrica, soprattutto nelle sue formepiù severe, rappresenta una delle principaliminacce per la corretta funzionalità del suolo. Larimozione della parte superficiale del suolo,maggiormente ricca in sostanza organica, neriduce la produttività e può portare, nel caso disuoli poco profondi, ad una perdita irreversibiledi terreni coltivabili. La conoscenza di questofenomeno risulta, quindi, particolarmente utilecome strumento decisionale per la pianificazio-ne degli interventi di conservazione del suolo. Lavalutazione del rischio d'erosione sia essa idricache eolica viene generalmente realizzata attra-verso la modellizzazione del fenomeno oppurecon prove sperimentali (parcelle, simulatori dipioggia etc.) realizzate direttamente in campo.Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Terri-torio, in collaborazione con il Joint ResearcheCentre - Ispra - della Commissione Europea, harealizzato a mezzo di un progetto apposito (Pro-getto Carta Ecopedologica) la Carta del Rischiod'erosione idrica per l'intero territorio Nazionale. Per la realizzazione di tale strato informativo èstata utilizzata l'Equazione Universale di Perdita diSuolo (USLE). La USLE è un modello empirico chefornisce risultati quantitativi. Empirico in quantoderivante da parcelle sperimentali realizzatenegli Stati Uniti e dalla definizione matematicadei risultati riscontrati in tali parcelle; quantitativoin quanto fornisce come risultato un rischio d'ero-sione espresso in termini di tonnellate per ettaroper anno. I parametri presi in considerazione dal-l'equazione sono:

A = R * K * L * S * C * PA = stima della perdita di suolo per erosione idri-ca (t *ha-1

* anno-1)R = erosività delle precipitazioni K = erodibilità del suolo L = lunghezza del versante S = pendenza del versante C = fattore di copertura del suoloP = pratiche di controllo dell'erosione Come fonte dei dati per la definizione dei para-metri dell'equazione sono stati utilizzati il MARSmeteorological database per i dati climatici; ilSoil Geographical Database of Europe1:1.000.000 per le informazioni relative alle classidi tessitura dei suoli; il CORINE Land Cover 1990database integrato con immagini NOAA AVHRR(Advanced Very High Resolution Radiometer)per l'uso del suolo; il DEM (Digital ElevationModel) risoluzione 250 m, per la pendenza e lalunghezza dei versanti. La cartografia in formatogrid relativa al Rischio d'erosione idrica siapotenziale che attuale è stata realizzata conuna definizione di 250 m.

I risultati ottenuti con l'applicazione della USLErisultano essere soddisfacenti anche se in alcunearee il rischio d'erosione appare accentuatorispetto a quanto effettivamente riscontratonella realtà. In secondo luogo la USLE risulta for-temente influenzata dai parametri L e S e, datala risoluzione del DEM alcune aree che possonomostrare erosione in realtà non vengono eviden-ziate in cartografia.

Un'ulteriore evoluzione nello studio del rischiod'erosione è stata compiuta con l'applicazionedel modello PESERA (Pan-European Soil ErosionRisk Assessment). In questo caso il modello appli-cato è un modello fisicamente basato. I dati dibase permangono all'incirca gli stessi presentinella USLE con alcuni adattamenti soprattutto inriferimento alle componenti idrologiche delsuolo e ad altri parametri quali l'indice di incro-stamento dei suoli che ha una diretta influenzasul coefficiente di run-off. La carta del rischiod'erosione ottenuta con l'applicazione delmodello PESERA mostra alcune differenzesostanziali rispetto a quella derivata dall'applica-zione della USLE: compaiono aree a rischiod'erosione anche in aree a debole pendenza,per esempio in Pianura Padana, mentre, percontro, si riducono consistentemente le aree arischio d'erosione in situazioni geomorfologica-mente più accidentate. Tuttavia è utile segnalare che, al di là del model-lo utilizzato, è di fondamentale importanza l'ope-razione di validazione e calibrazione del model-lo medesimo, tramite la comparazione conmisure dirette dell'erosione. I dati derivanti damisurazioni dirette, utili anche per il monitoraggiodel fenomeno nel tempo, sono però, almomento, scarsi e non uniformemente distri-buite sul territorio nazionale. Quindi è quantomai opportuno quanto segnalato dalla Strate-gia per la protezione del suolo in Europa (COM(2006) 232) sulla necessità di attivazione di unarete di monitoraggio dei suoli a livello Naziona-le ed Europeo.Ulteriori studi sul rischio d'erosione sono in itine-

VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI EROSIONE IDRICA IN ITALIA

Fig. 3.15 - Distribuzione dei suoli in Italia secondo il rischiodi erosione attuale (elab. P. Bazzoffi su dati CLC 90).

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re a livello Europeo da parte del JRC. Essi sonovolti, oltre che ad una miglior parametrizzazio-ne del processo e miglioramento dei modelli,ad un'analisi del rischio d'erosione in stretto col-legamento con gli aspetti gestionali del territo-rio e con le pressioni ambientali, quali il cam-biamento climatico, a cui il territorio stesso èsottoposto. Sulla base di questo approcciosono in via di realizzazione una valutazione deltrend evolutivo del fenomeno erosivo tramite ilconfronto tra i dati dell'uso e copertura delsuolo del 1990 e del 2000 (CLC 1990 e 2000) eduna proiezione del rischio d'erosione dei suoli inrelazione al cambiamento climatico sulla base

degli scenari previsti dall'IPCC (Intergover-nmental Panel on Climate Change).La corrispondenza tra le stime derivanti daimodelli è la situazione reale è, comunque, forte-mente dipendente dal dettaglio dei dati dibase utilizzati, come appare evidente dal con-fronto con le carte dell’erosione prodotte dallesingole regioni e presentate nel capitolo 4. Sullabase di ciò è in atto un progetto congiuntoAPAT-Regioni-CRA-JRC finalizzato alla armoniz-zazione delle informazioni disponibili a livelloregionale (Progetto SIAS) che porterà allacostruzione di un elaborato nazionale più accu-rato rispetto a quelli attualmente disponibili.

Fig. 3.16 - Carta nazionale della Valutazione del Rischio di erosione idrica del suolo (di tipo laminare e per riga-gnoli) (t *ha-1

* anno-1). A sinistra l’erosione valutata con il modello PESERA, a destra l’erosione valutata con ilmodello USLE. Pur offrendo interessanti informazioni a scala nazionale queste stime, a causa delle semplifica-zioni effettuate nella definizione dei parametri ambientali, non possono essere utilizzate per osservazioni pun-tuali o elaborazioni locali. I due modelli consentono l'applicazione a grande scala utilizzando dati di input dimaggior dettaglio che determinano, in diversi casi, risultati anche sostanzialmente diversi dagli elaboratinazionali (vedi cartografie regionali).

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L’ impermeabilizzazione o sigillatura delsuolo (soil sealing) è determinata dallacopertura del territorio con materiali

“impermeabili” che inibiscono parzialmente ototalmente le possibilità del suolo di esplicare leproprie funzioni vitali. La problematica è princi-palmente concentrata nelle aree metropolita-ne (Fig. 3.17), dove è più alta la percentuale disuolo coperta da costruzioni, e nelle aree inte-ressate da strutture industriali, commerciali einfrastrutture di trasporto, ma un effetto simile siriscontra anche nelle aree adibite ad agricoltu-ra intensiva a causa della formazione di straticompattati. Lo strato impermeabile costituisceuna barriera verticale tra la pedosfera, l'atmo-sfera e l'idrosfera e, influendo negativamentesui flussi di acqua e di aria, modifica i rapportitra la pedosfera e la biosfera. L'effetto più visto-so dell'impermeabilizzazione è sicuramentequello correlato con la gestione delle acque.L'impermeabilizzazione completa, oltre a ridur-re l'infiltrazione delle acque, impedisce l'evapo-

traspirazione e diminuisce l'umidità del suolo,che fra l'altro non è più in grado di funzionareda serbatoio, diminuendo anche la capacitàdi ricarica delle falde. L'incapacità delle areeimpermeabilizzate di assorbire la maggior partedelle acque, aumenta notevolmente lo scorri-mento superficiale e può favorire il trasporto dicontaminanti verso aree limitrofe. L'opera diimpermeabilizzazione comporta spesso deicambiamenti anche nella morfologia del-l'area. Inoltre, durante le fasi di costruzione(emissioni dei veicoli, rifiuti), di manutenzione(diserbanti, sali antighiaccio, sabbie, drenaggi,

ecc.) e di demolizione (polveri, emissioni, rifiuti,ecc.) possono essere negativamente influenza-te anche le aree confinanti.Negli ultimi 20 anni, l'estensione delle areeurbanizzate a livello europeo è aumentata del20%, contro un aumento della popolazione del6%. Il declino industriale di alcune città ha por-tato da un lato all'abbandono di ampie super-fici impermeabilizzate attualmente inutilizzate(brownfields), dall'altro ha favorito la migrazio-ne della popolazione verso aree di nuovaespansione, spesso sottratte ad aree agricoleo ad aree verdi (boschi e foreste). Si pensi inol-tre che negli anni '90 si è avuta nell'UE una per-dita di 10 ha al giorno di suolo solamente per lacostruzione di nuove autostrade. In questezone la perdita delle funzioni del suolo è prati-camente totale, e anche le aree attigue,generalmente non impermeabilizzate, subisco-no spesso delle forti limitazioni per la contami-nazione dovuta al traffico e ai prodotti dimanutenzione delle strade.

Molto spesso l’espansione dei centri abitati èavvenuta con la realizzazione di manufatti inzone fertili del territorio, più soggette peraltro afenomeni naturali quali le inondazioni; bastipensare, a titolo di esempio, alla costruzionedell’aeroporto di Roma in una zona caratteriz-zata da terreni di buona fertilità, oppure ainumerosissimi capannoni industriali realizzaticon i fondi della Cassa del Mezzogiorno nelleproduttive pianure dell’Italia meridionale. Il confronto tra urbanizzazione e classi di capa-cità d’uso dei suoli (Land Capability Classifica-tion), ha evidenziato come l’espansione urba-

L’IMPERMEABILIZZAZIONE

Fig. 3.17 - Evoluzione dell’area urbana torinese.

Stato

Impatti

RisposteSviluppo di politichedi protezione del suoloa livello locale e nazionale

Attività umaneTurismoTrasportiAgricolturaAttività industrialied energeticheAttività estrattive

UrbanizzazioneInfrastruttureAttività industriali

PERDITA DI SUOLOSoil sealing

INDIRETTIPerdita di biodiversitàWater stressDIRETTIModifica delle funzioni del suolo

Fig. 3.18 - Schema DPSIR per l’impermeabilizzazione.

Torino Ivrea

1880Torino Ivrea

1920

Torino Ivrea

2000Torino Ivrea

1960

Determinanti

Pressioni

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na abbia interessato aree caratterizzate daun’alta potenzialità produttiva. Tali strumentidovrebbero diventare parte integrante di pianiregolatori, piani di sviluppo industriale, ecc.con lo scopo di mettere in evidenza i rischi didegradazione, o di perdita definitiva, derivantida usi inappropriati della risorsa suolo. Non va infine dimenticato il fenomeno dell'ur-banizzazione in aree costiere dovuto prevalen-temente all’incremento di attività turistiche.Per fronteggiare il fenomeno dell'impermeabi-lizzazione sono necessarie misure siatecniche sia politiche. Tra le prime rien-trano, ad esempio, soluzioni architetto-niche che privilegino, ove le condizionigeologiche e sismiche lo consentano,la costruzione di palazzi più alti, consuperfici di base, e dunque un'occu-pazione di suolo, più limitata, e la pos-sibilità di utilizzare costruzioni interratenon solo per i parcheggi, ma ancheper determinate produzioni o attivitàcommerciali. Fra le risposte politiche si cita la neces-sità di un'apposita convenzione inter-nazionale che abbia almeno l'obietti-vo di riduzione della velocità di consu-

mo del suolo. Sarebbe necessario anche introdurre il princi-pio secondo il quale chi origina fenomeni diimpermeabilizzazione dovrebbe essere obbli-gato o a ristabilire lo stato originale del suoloprima dell'intervento, oppure a risarcire lacomunità per la perdita della risorsa.Infine si ricorda che una pianificazione attentae abile potrebbe minimizzare il sealing, e sce-gliere tipologie di impermeabilizzazione conlimitati effetti negativi.

59

Fig. 3.19 - Stralcio della carta nazionale dell’impermeabiliz-zazione del suolo in Italia.

ALCUNI EFFETTI DELL’IMPERMEABILIZZAZIONE

- Riduzione della infiltrazione delle acque - sottrazione del suolo ad altri usi (es. agricoltura e foreste)- impedimento o limitazione delle funzioni ecologiche del suolo (es. stoccaggio di carbonio e

habitat per il biota del suolo)- frammentazione degli habitat ed interruzione dei corridoi migratori per le specie selvatiche.

“A Quinto sembrava di non essersi mai accorto che una vita così fitta e varia lussureggiasse in quelle quattro spanne di terra, e adesso, a pensare che lì doveva morire

tutto, crescere un castello di pilastri e mattoni, prese una tristezza, un amore fin per le borragini e le ortiche, che era quasi un pentimento”

Italo Calvino,1957

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L’impermeabilizzazione del suolo rappresentauna delle problematiche maggiormente senti-te a livello europeo. Esiste, quindi, l’esigenza disviluppare procedure standard per crearemappe tematiche di impermeabilizzazione deisuoli al fine di una valutazione omogenea ascala nazionale ed europea. La carta naziona-le dell'impermeabilizzazione dei suoli è stataottenuta attraverso la fotointerpretazione avideo di ortofoto di un campione di punti loca-lizzati sul territorio italiano. I punti utilizzati per lafotointerpretazione sono quelli impiegati dal-l'APAT per la validazione dei dati del progettoCLC2000. Le unità campionarie sono costituiteda aree circolari di 50 ha di superficie origina-te nell'intorno di punti dislocati in modo casua-le all'interno di celle generate da un reticolosistematico con passo di 5 km appoggiato alsistema di coordinate UTM - WGS 84, fuso 32 N,per un totale di circa 12.000 unità. Un sotto-campione di 500 aree è stato individuato perla ricognizione di campagna. Per la realizzazio-ne della carta il campione dei 12.000 punti e ilsuo sottocampione di 500, sono stati utilizzatiper la fotointerpretazione sulla base dellacopertura di ortofoto digitali del volo IT2000.Dalla osservazione delle ortofoto in corrispon-denza dei punti è stato infatti possibile ricava-re informazioni sul soil sealing. La proceduraadottata risulta utilizzabile in ogni Paese parte-cipante al progetto CORINE ed offre i vantag-gi di riproducibilità e quindi esportabilità, eco-nomia e condivisibilità. Questo, con la prospet-tiva di poter trarre gli evidenti vantaggi deri-vanti dal riferirsi ad una nomenclatura comu-ne, quella CORINE appunto, e dal produrreuna cartografia ad una scala che sia significa-tiva a livello nazionale. I principali limiti della

metodologia utilizzata sono rappresentati dallapossibilità di definire il grado di impermeabiliz-zazione legato allo sviluppo dell'urbanizzazionema non quello dovuto ad altre cause (es. com-pattazione dei suoli) e dal livello di accuratez-za raggiunto che, derivante dall'impiego di uncampione statistico per le valutazioni, è condi-zionato dalla numerosità oltre che rappresen-tatività dello stesso. L'utilizzo dei dati CORINE(unità minima cartografabile 25 ha) rende,inoltre, l'informazione non utilizzabile per elabo-rati di dettaglio. Per l'applicazione concretadella metodologia impiegata sarebbe auspi-cabile una validazione attraverso delle verifi-che successive che si avvalgano di metodialternativi e che, quindi, attraverso procedureche impiegano strumenti e supporti differenti,possano fornire elementi confrontabili. E' incorso di realizzazione la carta dell'impermeabi-lizzazione dei suoli basata sui dati CLC1990 chepermetterà valutazioni relative al trend evoluti-vo. L'analisi dei cambiamenti dell'uso del suolobasata sulla comparazione CLC1990-CLC2000evidenzia comunque un incremento dellearee urbanizzate che si traduce in un aumentodelle superfici impermeabilizzate. In Fig. 3.22sono riportate le percentuali delle aree imper-meabilizzate suddivise per regione. I valori piùelevati si riscontrano in Lombardia, Puglia,Veneto e Campania mentre nella carta di Fig.3.21 è possibile osservare come le aree imper-meabilizzate siano concentrate in corrispon-denze delle aree urbane e lungo i principaliassi stradali. In particolare la problematicaassume proporzioni preoccupanti nelle grandiaree di pianura dove al fenomeno indotto dal-l'urbanizzazione deve essere sommato anchequello derivante dall'agricoltura intensiva.

Fig. 3.20 - Espansione delle aree urbane. Confronto tra le immagini aeree del 1979 e del 2006 di un setto-re della zona nord-orientale di Roma. Nell’area interessata dai movimenti di terra si sta edificando unodei più grandi centri commerciali d’Europa.

LA CARTA NAZIONALE DELL’IMPERMEABILIZZAZIONE DEL SUOLO

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Fig. 3.21 - Carta nazionaledell’impermeabilizzazionedel suolo legata all’urbaniz-zazione.

Fig. 3.22 - Percentuale dellearee impermeabilizzate perurbanizzazione in Italia.

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

P er contaminazione diffusa dei suoli si inten-de l'insieme dei fenomeni di apporto aisuoli di sostanze esogene inquinanti di cui

non è sempre individuabile l'origine. Tali processipossono essere veicolati per tramite dell'aria odelle acque superficiali oppure da pratiche agri-cole che prevedono l'utilizzo di fertilizzanti e fito-farmaci. Essa interessa aree molto vaste ed èdovuta sia ad attività diffuse sul territorio, comel'adozione di pratiche agricole intensive, sia aprocessi naturali di trasporto e diffusione degliinquinanti. Molti di questi vengono immessi nel-l'atmosfera dalle emissioni dell'industria e del traf-fico e possono essere trasportati dall'aria e rila-sciati nel suolo grazie al naturale processo delladeposizione atmosferica. Anche lo scarico di unimpianto, fonte puntiforme, che immette acquein un bacino superficiale la cui acqua viene uti-lizzata per l'irrigazione, diventa la fonte dellacontaminazione diffusa di tutto il comprensorioirriguo che utilizza quella sorgente.L'agricoltura intensiva, invece, può essere consi-derata fonte di inquinamento diffuso perchéprevede l'abbondante utilizzo di fitofarmaci, fer-tilizzanti chimici e deiezioni zootecniche. Talvol-ta, anche l'utilizzo agricolo di fanghi derivantidal trattamento delle acque reflue urbane eindustriali, che possono contenere quantitàconsiderevoli di sostanze pericolose per l'uomo,può destare qualche preoccupazione se noncorrettamente gestito e controllato.

I principali impatti derivanti dalla diffusione diinquinanti verso il suolo consistono nell'accumu-lo di elementi nutritivi, di metalli pesanti, disostanze organiche persistenti. In alcuni casi lacontaminazione diffusa dei suoli può rappresen-tare un fenomeno praticamente irreversibile;pertanto diverse disposizioni normative e politi-che comunitarie hanno l'obiettivo di ridurne gliimpatti. La risposta più efficace al problemariguarda la razionalizzazione delle pratiche agri-cole, soprattutto degli interventi di fertilizzazionee difesa antiparassitaria. In generale però la ridu-

LA CONTAMINAZIONE DIFFUSA

FONTI DI INQUINAMENTO DEL SUOLOD

IRET

TE

ORIGINE AGRICOLA- Concimazioni minerali- Concimazioni organiche- Distribuzione di prodotti fitosanitari (es. erbicidi)

ORIGINE INDUSTRIALE E CIVILE- Attività legate alla gestione dei rifiuti- Attività legate ai processi produttivi- Traffico veicolare

IND

IRET

TE

- Fall-out atmosferico- Acque di irrigazione contaminate

Tab. 3.1 - La contaminazione diffusa dei suoli puòessere classificata come diretta ed indiretta. L'utiliz-zo di prodotti fitosanitari e/o l'utilizzo dei suoli comerecettori di sostanze di origine industriale che ven-gono scaricate deliberatamente sui suoli sono iprincipali fenomeni di contaminazione diretta.Sostanze inquinanti possono essere apportateanche da fenomeni naturali (contaminazione indi-retta).

Fig. 3.23 - Schema DPSIR della contaminazione diffusa. Le attività antropiche (Determinanti) danno luogoa fattori di Pressione che sono responsabili della condizione ambientale (Stato) delle varie matrici coinvol-te con conseguenti effetti (Impatti) per la mitigazione dei quali è necessaria l’adozione di apposite misu-re (Risposte).

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zione degli apporti, in una logica di approccio pre-ventivo al problema, può avvenire sia attraverso ilcontrollo dell'immissione sul mercato di prodotti chi-mici, sia definendo e migliorando i controlli sulleemissioni in aria e nelle acque. Infine è necessariodefinire i criteri di qualità per i prodotti utilizzati in agri-coltura soprattutto quelli destinati all'apporto disostanze organiche (fanghi di depurazione, effluen-ti di allevamento, compost).Quando gli apporti al suolo non sono evitabili sideve tollerare come "accettabile" l'accumulo entroun livello critico in un determinato arco temporaleoppure l'accumulo fino ad un certo effetto misura-bile. La scelta tra le diverse opzioni può dipendereda interessi economici del sistema agricolo (valoredei prodotti, sicurezza alimentare, valore del fondocoltivato) o dalla tutela del valore naturale del terri-torio (ecosistemi vulnerabili); si deve tener contoanche del fatto che la contaminazione dei terreniporta con sé problemi economici perché i consu-matori potrebbero in casi limite rifiutare i prodottiottenuti dalla coltivazione di suoli pubblicamentedichiarati inquinati.

63

I FERTILIZZANTI, IL SUOLO E L'EUTROFIZZAZIONE DEGLI

ECOSISTEMI ACQUATICI

I fertilizzanti sono sostanze, sia naturali che disintesi, impiegate per l'apporto di elementinutritivi alle colture. I nutrienti come l'azoto eil fosforo sono sostanze indispensabili e nor-malmente presenti in natura, anche se inpiccola quantità; tuttavia possono compor-tare rischi sia per l'ambiente che per l'uomoquando ne viene introdotta una quantitàeccessiva rispetto al fabbisogno delle colti-vazioni. Questo vale soprattutto per i fertiliz-zanti che contengono azoto. Quest'ultimo èspesso presente nel terreno sottoforma dinitrati che, essendo molto solubili nelleacque e difficilmente trattenuti dal suolo,vengono facilmente dilavati dai terreni adopera della pioggia e dell'acqua di irrigazio-ne, determinando fenomeni di inquinamen-to delle falde idriche sotterranee e di eutro-fizzazione degli ecosistemi acquatici. In par-ticolare, l'eutrofizzazione consiste nell'arric-chimento in nutrienti delle acque di fiumi,laghi e mari. Il fenomeno comporta una cre-scita eccessiva di alghe, piante acquaticheed altri organismi viventi, il cui sviluppoincontrollato porta a situazioni di carenza diossigeno, alla morte della fauna ittica ed alconseguente deterioramento delle acque,che ne compromette gli innumerevoli usi,da quello potabile a quello ricreativo.

Fig. 3.24 - Alcune pratiche agricole immettononell’ambiente sostanze potenzialmente contami-nanti che oltre all’inquinamento del suolo, qualo-ra raggiungano la falda acquifera, possono pro-vocare fenomeni di contaminazione diffusaanche nel comparto delle acque sotterranee.

“Tutte le sostanze sono velenose: non ce ne è nessuna che non sia velenosa. La giustadose fa la differenza fra veleno e rimedio”

Paracelso, XVI secolo

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

N ei paesi industrializzati la presenza diattività antropiche, quali industrie,miniere, discariche ed altre strutture

può determinare fenomeni di contaminazionepuntuale del suolo, per sversamenti, perdite diimpianti/serbatoi, non corretta gestione deirifiuti, ecc. Le alterazioni delle caratteristichedel suolo, indotte dalla contaminazione, necompromettono inevitabilmente alcune funzio-ni chiave quali, ad esempio, la produzione ali-mentare e di altre biomasse, le funzioni ecolo-giche essenziali nonché il ruolo di substrato fisi-co e culturale che esso svolge per l'uomo. Nellamaggior parte dei casi tali alterazioni non inte-ressano solo il suolo, in quanto i contaminanti,attraverso complessi processi di trasporto lega-ti alla tipologia di terreno, alle caratteristichechimico-fisiche del contaminante, all'idrogeo-logia della zona, ecc., vengono veicolati inaltre matrici ambientali. Gli impatti dovuti alfenomeno di contaminazione puntuale di unsuolo riguardano quindi anche il passaggio del-l'inquinante ad altri comparti ambientali, qualiacque sotterranee ed aria. Il fenomeno determina anche una serie diimpatti sociali, economici e sanitari. Basti pen-

sare al rischio di insorgenza di patologie, legataall'esposizione, più o meno prolungata dei lavo-ratori e della popolazione a sostanze pericolo-se e all'ingente impegno economico necessa-rio per la bonifica ed il ripristino ambientale disiti, che possono interessare anche aree moltoestese, quali, ad esempio, Porto Marghera. A tutela della salute pubblica, sono stati, per-tanto, sviluppati idonei strumenti di analisi dirischio per valutare quello sanitario e le prioritàdi intervento (vedi Box).In Italia le attività antropiche principalmentecoinvolte in fenomeni di contaminazione pun-tuale sono soprattutto le industrie legate allaraffinazione di prodotti petroliferi, l'industria chi-mica, metallurgica e mineraria, i manufatti inamianto e alcune attività di gestione dei rifiuti(Fig. 3.25).Un aspetto particolare è rappresentato daibrownfields; si tratta di siti abbandonati, inattivio sotto-utilizzati che hanno ospitato in passatoattività produttive, in genere industriali o com-merciali, e per i quali il recupero è ostacolatoda una situazione, reale o potenziale, di inqui-namento storico.

SITI CONTAMINATI

Il recupero dei siti contaminatisi può ottenere mediante più omeno complessi processi dibonifica. Essi diventano attua-bili solo in seguito ad una cor-retta valutazione del rischio(analisi del rischio) ovvero unastima del rischio per la salutedella popolazione esposta adifferenti quantità di sostanzetossiche. La valutazione delrischio è definita, in termini tec-nici, come un "processo siste-matico per la stima di tutti i fat-tori di rischio significativi cheintervengono in uno scenariodi esposizione causato dallapresenza di pericoli." Nel casoin cui tale stima sia focalizzataalla valutazione della probabi-lità che si manifestino effettiavversi sull'ecosistema, piutto-sto che sull'uomo, si parla dianalisi di rischio ecologico.

LA CONTAMINAZIONE PUNTUALE

Fig. 3.25 - Localizzazione, dimensionamento e legislazione di riferi-mento dei 54 siti contaminati di interesse nazionale in cui, cioè, leoperazioni di bonifica sono coordinate direttamente dal Ministerodell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Esistono inol-tre diverse migliaia di siti contaminati o potenzialmente contami-nati di competenza regionale.

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Questi siti sono di solito già dotati di tutte leopere di urbanizzazione (luce, acqua, gas,rete fognaria ecc.) e ubicati in prossimità dilinee e raccordi di trasporto. Questa condizio-ne ne rende vantaggioso il riutilizzo o la trasfor-mazione d'uso, per motivi sia economici che diripristino ambientale. In Italia, le Regioni con il maggior numero dibrownfields sono quelle del nord, in particolareLombardia, Piemonte e Veneto in cui, neidecenni passati, si è avuto il più intenso svilup-po industriale. Il centro-sud si caratterizza per lapresenza di poche, ma estese, zone industriali,testimoni di uno sviluppo concentrato in unlimitato numero di aree. Attualmente si staoperando al fine di rivitalizzare le aree dismes-se e renderle parti attive nell'organismo urba-

no. Le iniziative di recupero in corso nel paeseinteressano sia grandi aree che piccole areeindustriali dismesse. Molte aree sono state già recuperate e gene-ralmente adibite ad aree residenziali, a verdepubblico, ad aree commerciali e a spazi pub-blici comuni, mentre le attività di riconversionedei "megasiti", in particolare quelli ubicati nelleregioni meridionali, risultano ancora fortemen-te sottodimensionate rispetto alle effettivepotenzialità. I "megasiti" sono infatti caratterizzati da livellied estensioni della contaminazione dei terrenie delle acque di falda tali da rendere difficil-mente attuabili, dal punto di vista tecnico,economico ed ambientale, interventi di recu-pero totale in tempo medio-breve (25 anni).

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BONIFICHE

Le tecniche di bonifica dovrebbero privilegiare le tecnologie di biorisanamento cioè quei pro-cessi che non inducono grossi cambiamenti nelle caratteristiche del suolo, la cui qualità puòdeteriorarsi sia per la perdita di proprietà strutturali (mediante utilizzo di processi termici, chimi-ci o fisici), sia per la presenza residua di reagenti al termine del trattamento (utilizzando pro-cessi di lavaggio o di ossido riduzione).

Categoria Descrizione

Siti interni acentri abitati

Siti che ospitavano insediamenti manifatturieri caratteristici del XIX secolo, oattrezzature a servizio di ferrovie e porti, successivamente dismessi, o trasferi-ti in aree più periferiche, a seguito dei processi di sviluppo economico e dicrescita della città.

Grandi zoneindustriali

Situati spesso in zone costiere, hanno visto lo sviluppo ed il successivo decli-no di settori produttivi quali l'industria chimica, le acciaierie, l'attività estratti-va, l'industria meccanica. Questi siti possono essere di notevoli dimensioni(centinaia o migliaia di ettari). In tal caso sono definiti "megasiti" e possonodeterminare impatti ambientali e socio-economici su scala regionale.

Siti extraurbani

Un tempo connessi con attività quali l'industria mineraria, chimica, siderurgi-ca, ecc.

Tab. 3.2 - Categorie di brownfields.

“L’introduzione di contaminanti nel suolo può danneggiare o distruggere alcune o diversefunzioni del suolo e provocare

una contaminazione indiretta dell’acqua”Commissione delle Comunità Europee, 2002

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

L a fuoriuscita dei corsi d’acqua dai loroalvei a seguito di precipitazioni meteori-che intense e/o prolungate rappresenta

un fenomeno naturale di fondamentale impor-tanza nel complesso quadro dell’evoluzionegemorfologica della superfice terrestre, cheha determinato la genesi delle piane alluvio-nali dalle quali trae sostentamento gran partedell’umanità. D’altra parte, però, proprio l’oc-cupazione delle aree esondabili con insedia-menti urbani, industriali ed infrastrutture impo-ne la necessità di interventi atti a prevenire e/omitigare i disastrosi effetti socio-economici deri-vanti dagli eventi alluvionali. In tale contesto il mantenimento della funzio-nalità dei suoli riveste una importanza strategi-ca. Le caratteristiche e le dinamiche idrologichedei suoli giocano, infatti, un ruolo fondamenta-le nel processo di formazione ed evoluzione diun evento alluvionale. Ad esclusione della porzione delle precipitazio-ni che viene intercettata dalla vegetazione oda altri organismi e di quella che evaporaimmediatamente, la restante parte interagiscedirettamente col comparto suolo. Parte diquesta acqua penetra nel sottosuolo (infiltra-zione) e va ad alimentare le falde sotterranee,parte ritorna all’atmosfera in forma di vaporeattraverso le piante e gli organismi viventi (eva-potraspirazione) (Fig. 3.27). La porzione rima-nente va a formare il deflusso superficiale, cioèquella frazione delle precipitazioni che scorresulla superficie del suolo e che, alimentando icorsi d’acqua, è quella realmente responsabi-le della formazione di un evento di piena. Ledinamiche dell'acqua meteorica a contattocon la matrice suolo si differenziano a secondadelle caratteristiche del suolo stesso, in partico-lare dalla sua tessitura e struttura, dal suo uso,dalla stabilità dell'acqua negli aggregati, dal-l'eventuale copertura vegetale, dall'umiditàiniziale, ecc. (Fig. 3.26). In generale, maggioreè la capacità di infiltrazione e ritenzione di unsuolo minore è il deflusso superficiale e la pos-sibilità di eventi repentini di piena. Le caratteri-stiche pedologiche dei bacini idrografici devo-no pertanto essere tenute in debita considera-zione in ogni elaborazione mirata alla previsio-ne/prevenzione degli eventi alluvionali. Alcune attività antropiche concorrono a per-turbare le naturali caratteristiche dei suoli,incrementando la possibilità di genesi di even-ti alluvionali (Tab. 3.3). Di particolare importan-za risultano l’impermeabilizzazione del suolo(soil sealing) e la compattazione. In entrambi i

casi viene diminuito/impedito l’assorbimentoper infiltrazione di una parte delle acque e diconseguenza aumenta, in volume e in veloci-tà, lo scorrimento superficiale. I maggiori problemi in tal senso si riscontrano alverificarsi di fenomeni di pioggia particolar-

LE ALLUVIONI

Fig. 3.26 - Velocità di infiltrazione in funzione dellecaratteristiche granulometriche e della coperturadel suolo. La velocità decresce con il progressivoaumento dell’umidità del suolo fino a raggiungereun valore stazionario. In generale suoli naturali opoco sfruttati garantiscono, a parità di caratteristi-che fisiche, una maggiore capacità di infiltrazionee ritenzione delle acque meteoriche.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

mente intensi, con maggiori probabilità dipiene elevate ed improvvise e possibilità diesondazione, soprattutto nelle aree di pianura. Al contrario l'ecosistema forestale, in equilibriocon l'ambiente, influisce sui processi idrologiciaumentando la velocità di infiltrazione dell'ac-qua, riducendo la velocità di scorrimentosuperficiale e trattenendo una maggiore

quantità di acqua nel suolo (nei primi 10 cm diun suolo forestale possono essere immagazzi-nati fino a 50 litri d'acqua per m2). Appare quindi evidente come, al fine di unmiglioramento della regolazione dei deflussidi piena, risulti fondamentale la manutenzio-ne della componente boschiva del nostroterritorio.

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Fig. 3.27 - Un suolo in condizioni natura-li è in grado, in funzione della sua poro-sità, permeabilità ed umidità, di tratte-nere una grande quantità delle acquedi precipitazione atmosferica contri-buendo a regolare il deflusso superfi-ciale. Al contrario, in un ambienteantropizzato, la presenza di superficiimpermeabilizzate, la riduzione dellavegetazione, l’asportazione dello stra-to superficiale ricco in sostanza organi-ca e l’insorgere di fenomeni di com-pattazione determinano un grave sca-dimento della funzionalità del suolo. Ladiminuzione della evapotraspirazionee della capacità di assorbimento delleacque da parte del suolo determinanoun incremento dello scorrimento super-ficiale con aumento dei fenomeni ero-sivi e trasporto nei collettori naturali digrandi quantità di sedimento.I valori riportati in figura sono puramen-te indicativi. Essi variano, anche sensi-bilmente, in funzione di moltepliciparametri (caratteristiche fisico-chimi-che del suolo, topografia, geologia,durata ed intensità delle precipitazioniecc.).

Attività Effetto

Disboscamento o eliminazione delle associazioni vegetali spontanee. Riduzione della protezione naturale del suolo.

Abbandono di terreni collinari e montani a causa dell'esodo rurale.

Cessazione dell'opera di presidio e manutenzione dell'agricoltore, perdita delle opere idraulico forestali.

"Irrigidimento" del sistema idrografico per costruzione di arginature e altre opere. Perdita della flessibilità naturale dei corsi d'acqua.

Costruzione di strade, piazzali, pavimentati, abitazioni,

capannoni industriali ecc…

Incremento dell'impermeabilizzazione dei suoli, con aumento dellavelocità delle masse d'acqua che vi scorrono in superficie. Diminu-zione dei tempi di corrivazione, con maggiori probabilità di piene elevate e improvvise.

Lavorazioni agricole a rittochino piuttostoche secondo le curve di livello.

Incremento della velocità di scolo delle acque che si incanalanosecondo la linea di massima pendenza.

Lavorazioni agricole effettuate semprealla stessa profondità.

Formazione di una suola di aratura che ostacola l'infiltrazione deter-minando situazioni di ristagno.

Pressione esercitata dal peso e dal passaggio dei macchinari agricoli.

Determinazione di una compattazione sia superficiale sia profondadel suolo con compromissione delle sue caratteristiche idrauliche.

Lavori di sbancamento, scavo, trasporto terra. Modifica della configurazione e della permeabilità del suolo stesso.

Tab. 3.3 - Principali attività antropiche che possono contribuire, in funzione della loro estensione/intensi-tà, al manifestarsi di eventi alluvionali.

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

…D…DAPPRIMAAPPRIMA NONNON SISI COMPRENDECOMPRENDE. S. SII CAMMINACAMMINA SUSU DIDI UNUN GRETGRETOO COMPCOMPAATTTTOO, , LARGOLARGO

COMECOME UNAUNA GRANDEGRANDE STRADASTRADA DADA CUICUI SCENDESCENDE ILIL TTORRENTEORRENTE ….. D….. DAIAI DUEDUE LALATITI SISI

LEVLEVANOANO II MURIMURI ……DELLEDELLE CASECASE ABBAABBATTUTETTUTE. M. MAA LL’’ORRIBILEORRIBILE, , INVECEINVECE, , STSTAA SOTTSOTTOO DIDI

NOINOI , , SOTTSOTTOO II NOSTRINOSTRI PIEDIPIEDI , , SOTTSOTTOO ILIL PIETRISCOPIETRISCO COMPCOMPAATTTTOO DIDI QUELQUEL LETTLETTOO CHECHE DUEDUE

GIORNIGIORNI FFAA NONNON CC’’ERAERA. C’. C’ERANOERANO INVECEINVECE, , QUAQUATTROTTRO OO CINQUECINQUE METRIMETRI PIÙPIÙ SOTTSOTTOO,,UNAUNA STRADASTRADA AFFOSSAAFFOSSATTAA, , FIANCHEGGIAFIANCHEGGIATTAA DADA QUESTEQUESTE CASECASE. I. INN MEZZOMEZZO CC’’ERANOERANO

ALALTRETRE CASUPOLECASUPOLE PIÙPIÙ BASSEBASSE. Q. QUESTEUESTE SISI SONOSONO SPIANASPIANATETE SOTTSOTTOO LALA FURIAFURIA DELLADELLA

VVALANGAALANGA DD’’ACQUAACQUA, , FFANGOANGO EE DETRITIDETRITI……HANNOHANNO FORMAFORMATTOO LALA MASSICCIAMASSICCIATTAA EGUALEEGUALE EE

COMPCOMPAATTTTAA CHECHE SALESALE SINOSINO ALLALL’’ULULTIMATIMA ALALTURATURA DELDEL PPAESEAESE: : UNUN’’ALALTRATRA STRADASTRADA

SOPRASOPRA LALA PRIMAPRIMA …. U…. UNANA TTOMBAOMBA CHECHE NONNON RENDERÀRENDERÀ PIÙPIÙ II SUOISUOI MORTIMORTI ..(G. C(G. CIVININIIVININI , C, CORRIEREORRIERE DELLADELLA SSERAERA, C, CETETARAARA (SA) 25/10/1910)(SA) 25/10/1910)

Lo spostamento, per effetto della gravità, dirocce, suoli e detriti lungo i versanti (Franes.l.) rappresenta uno dei principali processi

tramite i quali viene modellato l'aspetto dellasuperficie terrestre. Al pari degli altri fenomeni naturali (alluvioni, ter-remoti, eruzioni) le frane rappresentano un pro-cesso inalienabile che diventa spesso catastro-fico a causa dell'occupazione antropica diaree che per le proprie caratteristiche climati-che, geologiche, topografiche, pedologiche evegetazionali sono naturalmente vocate aimovimenti di versante. Se da una parte le franerappresentano una diretta minaccia per il suolopoiché ne determinano una perdita nettaoppure impongono forti limitazioni, fino all'ab-bandono, al suo utilizzo ben più importante, nel-l'attuale contesto socio-economico, è la minac-cia che il suolo stesso rappresenta per l'ambien-te antropico nel momento in cui, saturato dalleacque di infiltrazione, viene mobilizzato lungo iversanti. Tra le varie tipologie di frana, la cui completatrattazione esula dagli scopi del volume, parti-colarmente diffuse e rilevanti in termini socio-economici sono, infatti, quelle che coinvolgonodirettamente il suolo (frane superficiali s.l.) chepossono presentare velocità di spostamento daestremamente rapido a molto lento.

I movimenti rapidi si verificano in occasione dieventi pluviometrici di forte intensità (es. Versilia1996), spesso concentrati in areali ristretti,soprattutto quando preceduti da un periodo dipiogge prolungate che determinano elevativalori di umidità del suolo (es. Sarno 1998). Inquesti casi le pressioni interstiziali dell'acqua nelsuolo annullano le forze di coesione e d'attrito,producendo scorrimenti lungo superfici di rottu-ra solitamente localizzate all'interfaccia tra ilsuolo e la roccia sottostante oppure in corri-spondenza di orizzonti di discontinuità all'internodel profilo del suolo (es. gli orizzonti pomicei del-l'eruzione del 79 d.C. nei suoli perivesuvianioppure la presenza di orizzonti compattati lega-ti all'attività agricola). Iniziato il movimento lamassa in frana, a seconda delle caratteristichefisico-meccaniche dei suoli coinvolti, dellatopografia e della copertura vegetale, può fer-marsi lungo il versante oppure incanalarsi neglialvei della rete idrografica minore, dove,aumentando ulteriormente il suo contenuto inacqua ed inglobando per erosione di fondo elaterale ulteriore materiale, può assumere lecaratteristiche di un processo torrentizio ad ele-vato contenuto solido che trascina con séquanto incontrato lungo il percorso. L'elevatavelocità (anche superiore a 100 km/h) forniscea questo tipo di movimento un elevatissimo

LE FRANE

Fig. 3.28 - Nella notte tra il 23 ed il 24 Ottobre 1910, diverse colate rapide di fango e detriti confluirononel fondovalle del Torrente Cetus investendo l’abitato di Cetara (SA) e provocando circa 240 vittime.

…D…DAPPRIMAAPPRIMA NONNON SISI COMPRENDECOMPRENDE. S. SII CAMMINACAMMINA SUSU DIDI UNUN GRETGRETOO COMPCOMPAATTTTOO, , LARGOLARGO

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ALALTRETRE CASUPOLECASUPOLE PIÙPIÙ BASSEBASSE. Q. QUESTEUESTE SISI SONOSONO SPIANASPIANATETE SOTTSOTTOO LALA FURIAFURIA DELLADELLA

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contenuto energetico e l'impatto con il fondo-valle, sovente urbanizzato, può assumere pro-porzioni devastanti. L'aleatorietà della loro distri-buzione su versanti con caratteristiche appa-rentemente omogenee, la mancanza di segna-li premonitori, la loro diffusione, repentinità evelocità ed il loro potenziale distruttivo conferi-scono a questi tipi di movimenti un elevatissimogrado di pericolosità e, al tempo stesso, unaestrema difficoltà di previsione e localizzazione.Se, come detto, la principale causa determi-nante è da ricercare nelle abbondanti precipi-tazioni su territori particolarmente predisposti atali fenomeni, l'innesco dei movimenti puòdipendere anche da svariati elementi locali trai quali assumono particolare importanza quellidi origine antropica (tagli stradali, sbancamenti,mancanza di adeguate misure di regimentazio-ne delle acque). Anche la valutazione dellacapacità protettiva delle coperture vegetali neiconfronti di tali fenomeni è piuttosto complessae da valutare attentamente caso per caso. Nelcorso di eventi pluviometrici ordinari gli appara-

ti radicali possono svolgere un’importante fun-zione stabilizzatrice ma nel corso di eventi estre-mi e se le radici sono distribuite arealmentesenza esercitare funzioni di ancoraggio il pesodella copertura vegetale può determinare unulteriore elemento della instabilità.Le frane superficiali di tipo lento sono caratteriz-zate da basse velocità di spostamento, ma incondizione di saturazione possono evolvere, incorrispondenza dei pendii più acclivi, in movi-menti rapidi. Spesso mostrano una variazionestagionale con incrementi della velocità di spo-stamento in conseguenza di precipitazioni parti-colarmente abbondanti.Tali movimenti sono diffusi soprattutto nelle areecollinari pedeappeniniche (Fig. 3.29 e 3.31), concoperture pedologiche impostate su litologiead elevato contenuto argilloso. L’uomo hamodellato questi territori in funzione delle pro-prie esigenze, creando in molti casi paesaggi distaordinaria bellezza, modificando però territoriparticolarmente predisposti al dissesto.I progressivi disboscamenti, iniziati già in epocaromana, hanno infatti donato all’attività agrico-la spazi sempre più ampi ma generato, al con-tempo, l’innesco di fenomeni erosivi e movi-menti di massa contrastati, nel tempo, tramite larealizzazione di opere di regimazione delleacque e di manutenzione dei versanti. In queste aree, il crescente abbandono dellecampagne e/o lo smantellamento delle operedi stabilizzazione precedenti a causa dellenuove tecniche e tipologie colturali hannofavorito la genesi di nuovi movimenti e/o la riat-tivazione di quelli preesistenti. In particolare, neiterreni interessati da una agricoltura industriale(monocolture) le lavorazioni condotte semprealla stessa profondità, determinano la formazio-ne di strati compatti e impermeabili all’internodel suolo (suola d’aratura) che possono inne-scare o accentuare gli spostamenti di masse disuolo.

Fig. 3.29 - Sopra: area interessata da molteplicimovimenti lenti (colamenti e soliflussi) (Castropigna-no, CB). Sotto: paesaggio delle colline volterranecon concavità e rigonfiamenti tipici dei movimentisuperficiali lenti.

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

Il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosiin Italia) ha lo scopo di fornire un quadro sulladistribuzione dei fenomeni franosi sull'intero terri-torio nazionale e di offrire uno strumento cono-scitivo di base per la valutazione della pericolo-sità da frana, per la programmazione degliinterventi di difesa del suolo e per la pianificazio-ne territoriale.Il progetto, finanziato dal Comitato dei Ministriper la Difesa del Suolo ex lege 183/89 con 4,1milioni di Euro, prevede l’identificazione e lamappatura delle frane sul territorio italianosecondo modalità standardizzate e condivise.I Soggetti istituzionali, per l’attuazione del Proget-to IFFI, sono il Dipartimento Difesa del Suolo - Ser-vizio Geologico d’Italia dell'APAT, con la funzionedi indirizzo e coordinamento delle attività, e leRegioni e le Province Autonome d’Italia, con ilruolo di raccolta e archiviazione dei fenomenifranosi. Al fine di ottenere l’omogeneità dei datia livello nazionale è stata adottata una metodo-

logia di analisi che prevede l’utilizzo dell’aerofo-tointerpretazione, della ricerca di fonti di archi-vio e bibliografiche e del rilevamento di campa-gna. Ogni fenomeno franoso viene censitomediante la compilazione di una Scheda Frane,articolata su tre livelli di approfondimento pro-gressivo, che contiene i principali parametri: ubi-cazione, tipologia di movimento, stato di attività,data di attivazione, litologia, danni, interventi disistemazione. La Banca Dati è costituita da unacartografia informatizzata alla scala 1:25.000 o ascale di maggior dettaglio e dal relativo data-base alfanumerico e iconografico.Il Progetto IFFI costituisce il primo inventarioomogeneo ed aggiornato dei fenomeni franosisull’intero territorio nazionale ed è consultabile inmodalità interattiva al sito:www.sinanet.apat.it/progettoiffi.A dicembre 2006 sono state censite circa470.000 frane, con una superficie complessivadi 19.446 km2 pari al 6,6% del territorio italiano.

Fig. 3.30 - (in alto) Colate rapide (in verde) innesca-tesi in Valle d’Aosta a seguito delle intense precipi-tazioni dell’Ottobre 2000. Si noti la corrispondenza,in diversi casi, delle aree d’innesco con i tagli dellestrade forestali. (in basso) Sarno, colate rapide delmaggio 1998.

Fig. 3.31 - Area delle colline marchigiane interessa-ta da numerosissimi movimenti franosi in buonaparte rappresentati da movimenti lenti di versante(verde scuro).

Progetto IFF I :Inventar io dei Fenomeni F ranosi in I ta l ia

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

Fig. 3.32 - Indice di franosità sul territorio nazionale. L’indice è pari alla percentuale dell’area in frana perkm2 di territorio. Dalla sua analisi risulta che circa il 70% dei comuni italiani è interessato da movimenti fra-nosi. Il valore dell’indice risulta però sottostimato in Basilicata, Calabria e Sicilia dove i lavori sono ancorain corso e per il momento sono stati concentrati nelle aree che presentavano maggior rischio (centri abi-tati, infrastrutture lineari). Gli elevati valori dell’indice nelle Langhe, nel pedeappennino emiliano e nellafascia periadriatica marchigiano-abruzzese-molisana sono, in buona parte, riconducibili alla diffusa pre-senza di frane superficiali nei territori agricoli. Le tipologie di movimento più rappresentate sul territorionazionale sono gli scivolamenti rotazionali/traslativi con quasi il 33%; i colamenti lenti costituiscono circa il15,5%, i colamenti rapidi quasi il 15%, mentre le aree soggette a frane superficiali diffuse il 5,3%.

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

I l complesso fenomeno della desertificazio-ne rappresenta la risultante dei moltepliciprocessi di degrado che minacciano il

suolo. La desertificazione è un processo dina-mico capace di influire negativamente sul-l'equilibrio degli ecosistemi causandone altera-zioni anche molto profonde.Un elemento comune che inconfutabilmenteassocia le aree soggette a desertificazione ècostituito dalla progressiva riduzione dello stra-to superficiale del suolo e della sua capacitàproduttiva. La UNCCD (Convenzione delle Nazioni Unitesulla lotta alla Siccità e alla Desertificazione)ha scelto di adottare come definizione didesertificazione il "degrado delle terre nellearee aride, semi-aride, e sub-umide secche,attribuibile a varie cause, fra le quali le varia-zioni climatiche e le attività antropiche" (vedibox). Tale definizione, molto ampia, rispecchiaa pieno le peculiarità di questa forma didegrado: agisce in aree caratterizzate daecosistemi fragili dal punto di vista ecologico ecoinvolge praticamente tutte le minacce indi-viduate per il suolo (Fig. 3.33).Per quanto riguarda la valutazione di intensitàed estensione del fenomeno o il popolamentodi indicatori che possano provare tendenze o

fotografare realtà presenti sul territorio, il qua-dro è complicato dalla mancanza di unametodologia univoca e validata a livello nazio-nale e internazionale. Grandi sforzi in tal senso sono stati esercitatida più soggetti, nell'ambito dei PAN (Piani diAzione Nazionale), attraverso vari progettiscientifici che hanno avuto, o hanno, loscopo di elaborare mappe di sensibilità alladesertificazione. Le cartografie tematiche,anche se basate su presupposti diversi, sibasano complessivamente sull'elaborazionedi indici complessi risultato della combinazio-ne di diversi parametri relativi al suolo e/odescrittivi di alcune sue proprietà fondamen-tali e di altri ancora attinenti alla coperturadella vegetazione, clima, ecc. Per quanto riguarda le azioni nell'immediatofuturo, premesso che nessuna delle AutoritàCompetenti in Italia (nazionale, regionale,subregionale) ha emanato norme specificheper la desertificazione e che esistono leggiche fanno solo riferimento al problema, il PANindividua i settori di intervento consideratiprioritari nella protezione del suolo, nellagestione sostenibile delle risorse idriche, nellariduzione dell'impatto delle attività produttivee nel riequilibrio del territorio.

LA DESERTIFICAZIONE

Fig. 3.33 - Ipotesi di dinamiche ambientali e antropiche connesse al fenomeno della desertificazione.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

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DESERTIFICAZIONE E DESERTIZZAZIONE: DUE CONCETTI PROFONDAMENTE DIFFERENTI

Il concetto di desertificazione si è progressivamente evoluto nel corso degli ultimi anni nel ten-tativo di definire un processo che, seppur caratterizzato da cause locali, sta sempre più assu-mendo la connotazione di un problema globale. A questo termine è erroneamente associa-to, nell'immaginario collettivo, il processo di espansione dei deserti sabbiosi (più propriamen-te definito "desertizzazione") che corrisponde invece ai fenomeni di degrado del territorio inatto in Africa o in altre parti del mondo. Quando si parla di desertificazione ci si riferisce inve-ce a quei processi sociali ed economici attraverso i quali le risorse naturali ed il potenziale vita-le del suolo vengono degradati a causa di pratiche (agricole, ma non solo) non sostenibili eper la cattiva gestione del territorio da parte dell'uomo. Ad aggravare queste condizioni, tal-volta irreversibili, si sovrappongono ovviamente fattori di origine naturale che contribuisconoad aumentare le pressioni agenti sul suolo favorendo così l'abbandono di aree ormai non piùproduttive.

Fig. 3.34 - Area della Sardegna centro-orientale interessata da evidenti fenomeni erosivi dovuti alle inten-se precipitazioni autunnali, al sovrapascolamento e a suoli mediamente poco profondi (20-30 cm).

La desertificazione costituisce la fase estrema del processo di degrado a carico della fertilità del suolo

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3. LA D E G R A D A Z I O N E D E L S U O L O

Il primo tentativo di applicazione di una metodologia comune a livello del bacino del Mediter-raneo è stato compiuto nell'ambito del progetto "Desertification Information System for theMediterranean" (DISMED). Il risultato finale dell'applicazione della metodologia è l'ottenimentodi un indice riassuntivo (combinazione degli indici di qualità ambientale relativi al suolo, al climaed alla vegetazione) di sensibilità delle aree ESAs (Environmentally Sensitive Areas) alla desertifi-cazione (vedi box). Dai risultati osservabili in figura 3.36, risulta che le aree maggiormente affet-te sono concentrate nel sud Italia (Basilicata e Puglia) e nelle isole, anche se, a livello naziona-le, le percentuali maggiori ricadono nelle classi di media e bassa sensibilità. Le aree ad altorischio risultano pari a circa 9.250 Km2, equivalenti al 3% del territorio nazionale (vedi fig. 3.34).Tuttavia altre analisi, condotte con metodologie differenti, hanno evidenziato scenari diversicaratterizzati da una maggiore estensione delle aree affette dal problema (circa 16.500 Km2 diaree sensibili) anche se, in entrambi i casi, il fenomeno sembra interessare maggiormente le stes-se regioni (sud Italia ed isole).

INDICE DI SENSIBILITÀ ALLA DESERTIFICAZIONE = (CQI * VQI * SQI)1/3

- VQI (Indice di Qualità della Vegetazione) = (protezione dall'erosione * resistenza alla siccità *copertura vegetale * rischio d'incendio)1/4

- CQI (Indice di Qualità del Clima) Indice di aridità ottenuto dal rapporto tra precipitazionemedia annua e l'evapotraspirazione potenziale media annua: Ai = P/PET

- SQI (Indice di Qualità del Suolo) = (roccia madre * tessitura * profondità * pendenza)1/4

LA VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ ALLA DESERTIFICAZIONE IN ITALIA

Fig. 3.35 - Tipico paesaggio calanchivo dell'Italia meridionale: il substrato argilloso e le forti pendenzeaccelerano processi di runoff e fenomeni erosivi che si manifestano attraverso la formazione di gullies.

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I L S U O L O - L A R A D I C E D E L L A V I T A

Fig. 3.36 - Esempio di Carta della sensibilità alladesertificazione realizzata nell'ambito del pro-getto Dismed che rappresenta il primo tentati-vo di elaborazione di una metodologia comu-ne per il bacino Mediterraneo. Nel grafico sono riportati i valori percentualidelle aree sensibili alla desertificazione sul terri-torio nazionale.

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“Il suolo è un esempio evidente dellanecessità di pensare in termini globalie di agire in ambito locale”

Commissione delle Comunità Europee, 2006

4. LE PROBLEMATICHE DEI

SUOLI NELLE REGIONI ITALIANE(a cura dei referenti regionali per la pedologia)

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C O N S U M O D I S U O L O Urbanizzazione e consumo disuolo sono stati oggetto di ampie ed articolate elaborazionicon la messa a punto di indicatori legati all'incremento dellesuperfici edificate, fino a più complesse analisi realizzate contecniche di telerilevamento. Incrociando questi dati con la Capacità d'uso dei suoli econ gli attuali prezzi del mercato fondiario piemontese, pos-sono essere condotte stime del valore delle terre agricoleche sono state per sempre perdute; più difficile si presentala stima della perdita di valore paesaggistico e del dannoambientale. L'impermeabilizzazione è certamente unadelle minacce di maggior impatto sui suoli piemontesi: talefenomeno ha interessato e interessa tutte le aree periurba-ne, concentrandosi soprattutto nei territori circostanti i capo-luoghi di provincia e lungo gli assi interessati da infrastrutturedi connessione quali autostrade e linee ferroviarie. Nel Bielle-se, in particolare, si è assistito negli ultimi anni ad un prolifica-re di edifici adibiti ad uso industriale che hanno coperto per-centuali assai rilevanti di territorio. Per alcune aree territorialiad intenso sviluppo si segnala un incremento del consumodi suolo fino ad un massimo dell' 1,5% nel periodo 1991-2001.Per contrastare la minaccia, che elimina per sempre dallepossibilità produttive i suoli, si dovrebbe dare una maggioreimportanza alla 'Capacità d'uso' dei suoli che vengonoimpermeabilizzati e provvedendo al ripristino del territorioattraverso la rimozione delle infrastrutture che hanno con-cluso la loro vita funzionale con interventi di de-impermea-bilizzazione attiva (meccanica) e passiva (naturale).

E R O S I O N E Una prima elaborazione sul territorio pie-montese, effettuata secondo la classificazione OECD,riporta valori di perdita annua di suolo superiori a 33 t/hanelle classi più alte di erosione, mentre è da segnalarecome significativa la presenza del 24% della superficie avigneto e frutteto nella classe ad erosione moderata conperdite di suolo annue fra 11 e 22 t/ha. La perdita di suoloa causa dei fenomeni erosivi superficiali, innescati dalleprecipitazioni piovose, è una realtà di tutto il sistema colli-nare piemontese: Collina di Torino, Langhe, Monferrato,Colli Tortonesi. Su questi territori, ovviamente, si possonorilevare intensità differenti del fenomeno; tutte le areecoperte dal bosco, attualmente in fase di espansione perl'abbandono dei territori agrari marginali, sono meno sog-gette a perdite di suolo mentre i terreni coltivati (viticoltu-ra, frutticoltura, cerealicoltura) subiscono in alcuni casiperdite molto ingenti. In questo ambito molto può esserefatto tramite l'utilizzo di pratiche agrarie conservativecome la coltivazione lungo le curve di livello, la realizzazio-ne di solchi acquai trasversali ai versanti e, soprattutto,l'inerbimento degli interfilari che prove sperimentali realiz-zate in Regione hanno dimostrato essere la pratica mag-giormente efficace. Per ciò che riguarda la montagna èda segnalare come, malgrado le pendenze rilevanti,l'estesa copertura forestale riduca di molto l'evidenza delfenomeno anche se, in alcune situazioni, il trasporto solidodelle acque è assai rilevante e può creare gravi problemidi dissesto. Per ciò che riguarda la pianura, infine, si devetenere conto che la perdita di suolo limitata che si registranon può e non deve essere trascurata in quanto alle par-ticelle fini del terreno agrario sono spesso associati i princi-pali nutrienti (P e N), causa principale dell'eutrofizzazionedelle acque.Sulla base dei dati della Carta dei Suoli del Piemonte a

scala 1:250.000 si sta realizzando una "Carta dell'Erodibilitàdei Suoli del Piemonte"; che assume particolare rilevanzanella valutazione dell'attitudine intrinseca di un suolo adessere eroso. Questo fattore, direttamente correlato allatessitura ed alla struttura del suolo, può assumere valoriteorici compresi fra 0 e 0,8. Per il Piemonte, sono stati cal-colati valori di erodibilità compresi fra 0,3 e 0,5 per la pia-nura, fra 0,2 e 0,45 in collina e fra 0,005 e 0,2 in montagna.Attraverso questi fattori, opportunamente incrociati conuso delle terre, pendenze e dati sulle precipitazioni, sipotrà giungere ad elaborazioni sull'entità dell'erosione deisuoli direttamente correlate alle tipologie pedologicheindividuate sul territorio regionale.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Dai dati ela-borati dalla Carta dei Suoli del Piemonte 1:250.000 (Fig. 4.1e 4.2), i suoli piemontesi di pianura hanno un contenuto dicarbonio organico "moderatamente basso", in mediapari a 1,58% espresso in volume, con un valore equivalen-te in peso di 55 t/ha (entrambi i valori riferiti ad un topsoildi 30 cm di profondità). I suoli piemontesi di collina invecesono meno ricchi di carbonio: 1,15% è il valore medio, maben al di sotto dell'unità per i suoli coltivati a vigneto. Sitratta quindi della superficie più critica per quanto riguar-da questo parametro: il contenuto, valutato "basso",dipende dalle perdite in sostanza organica dovute inparte all'erosione naturale, in parte a quella provocatadalle colture a vigneto. La montagna piemontese hainvece elevate riserve di carbonio potendo contare su unvalore medio pari a 3,1%, equivalente a 112 t/ha.

C O M P A T T A Z I O N E La compattazione del suolo è unfenomeno legato alle attività agrarie che, almeno con idati attuali a disposizione, è di difficile valutazione. Appli-cando un metodo indiretto è stato calcolato il rischio di

Fig. 4.1 – Carta dei suoli del Piemonte.

PI E M O N T E

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compattazione dei suoli piemontesi sulla base di datiagronomici e di meccanizzazione agraria. Un significativorisultato si potrebbe ottenere incrociando l'elaborazionecon i dati pedologici regionali della Carta dei Suoli a scala1:250.000, selezionando le tipologie di suolo a maggiorrischio di compattazione per caratteri specifici come tes-situra e idromorfia. Da una simile analisi risulterebbero cer-tamente ad alto rischio le aree con colture fortementeimpattanti, come la risicoltura in sommersione (diffusa sucirca 120.000 ha di territorio regionale), che richiedono lacompattazione del suolo per ridurne la permeabilità.

B I O D I V E R S I T À E' stato sperimentato in Piemonte l'im-piego di un metodo di stima di un indicatore della qualitàbiologica del suolo, il cosiddetto QBS-Ar, in correlazionecon la fauna del suolo, allo scopo di parametrizzare la bio-diversità del suolo. La caratterizzazione dei suoli basatasulla matrice biologica, ed in particolare l'uso di microar-tropodi come indicatori, rappresenta il metodo ufficial-mente accettato da APAT. Secondo queste ricerche il94% e 71% delle stazioni monitorate rispettivamente neiboschi naturali e nelle colture arboree forestali, rappresen-tate prevalentemente da pioppeti maturi, sono ricadutenelle classi più elevate di qualità biologica, mentre nelleclassi più basse di qualità si collocano i seminativi avvicen-dati, costituiti soprattutto da colture di mais e grano.

C O N T A M I N A Z I O N EMetalli pesanti e inquinanti organici: da monitoraggi effet-tuati su suoli agricoli e naturali, sono state registrate contami-nazioni evidenti da metalli pesanti: fonti primarie di inquina-mento sono la viticoltura per il rame e il traffico veicolare perquanto riguarda il piombo.Fertilizzanti e fitofarmaci: gli eccessi di concimazioni sia orga-niche sia minerali sono causa essenzialmente di inquinamen-to delle acque circolanti nel suolo, ma non si deve esclude-re la possibilità di accumulo diretto nel suolo di certi elemen-ti, ad esempio il fosforo, in determinate condizioni pedologi-che. Sono stati registrati nei topsoil di suoli agricoli numerosesituazioni di concentrazione di fosforo considerabili "dotazio-ni elevate" che non sono per ora oggetto di limiti di legge marappresentano un potenziale rischio di grave contaminazio-ne delle acque. Per quanto riguarda invece i fitofarmaci,dati analitici da accumulo nel suolo sono stati registrati suserie di campioni insufficienti per valutazioni di tipo regionalesulla contaminazione del suolo, ma utili per evidenziarepotenziali conseguenze del trasferimento dal suolo alla cate-na alimentare dei prodotti individuati. A questo propositosono state attivate ricerche sulla capacità protettiva dei suoli(Fig. 4.3) che prevedono la modellizzazione del comporta-mento di fitofarmaci in alcuni suoli rappresentativi di ambien-ti agrari piemontesi.Bonifica siti contaminati: dai dati regionali risulta che i siti uffi-cialmente riconosciuti come contaminati sul territorio pie-montese sono 737, di cui 61 già bonificati e 151 che nonnecessitano di un vero e proprio intervento di bonifica; per irimanenti 525 l'istruttoria di bonifica è in corso. L'impatto sulsuolo è attribuito al 31% dei casi registrati.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Fig. 4.2 – Carta del contenuto in carbonio organico dei suoli piemontesi.

IPLA S.p.a. - Istituto per le Piante da Legno e l'AmbienteSettore SuoloCorso Casale 476, 10132 TORINOResponsabile e Referente regionale per la pedologia: Mauro Piazzie-mail: e-mail: [email protected] web: www.ipla.org

Fig. 4.3 – Carta della capacità protettiva dei suoli neiconfronti delle acque sotterranee.

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C O N S U M O D I S U O L O Il consu-mo di suolo e gli effetti di fram-mentazione, saturazione e margi-nalizzazione dello spazio ruraleche ad esso si accompagnano,è particolarmente evidente nel-l'area metropolitana di Milano,soprattutto a nord della città elungo tutto l'asse - il cosiddetto"Corridoio 5" - che si sviluppa inLombardia lungo la direttriceMalpensa-Brescia; in molti comu-ni di queste aree la superficieurbanizzata raggiunge e talorasupera il 50% dell'intero territoriocomunale. Tuttavia, intensi pro-cessi di sottrazione della risorsasuolo sono presenti anche in moltidei grandi fondovalle alpini eprealpini (Valcamonica, Valtrom-pia, Valtellina, …) e nei nuovi poliinsediativi che si stanno svilup-pando ultimamente soprattuttonella parte est della Regione.Confrontando la situazione all'an-no 2000 con quella del 1994 (fonte: basi informativeambientali di pianura, anno 1994) emerge che, nelterritorio di pianura, le superfici impermeabilizzatesono cresciute, in valore assoluto, dello 0,9%, pas-sando dal 16,5% del 1994 al 17,4% del 2000; in termi-ni relativi, si osserva peraltro che tali incrementi sonostati irrilevanti in province che erano già fortementeurbanizzate, quali Milano, Bergamo e Brescia (1-2%di incremento), risultando invece decisamente piùsignificativi nelle province della bassa pianura piùtradizionalmente agricole (incrementi tra il 9 e il 10%a Pavia e Lodi, tra il 5 e il 6% a Cremona e Mantova)e, soprattutto, in provincia di Varese (+25%), dove ilfenomeno è peraltro da ricondurre in gran partealla costruzione dell'aeroporto internazionale di Mal-pensa 2000.

E R O S I O N E Forme severe di erosione del suolo verae propria (intendendo cioè qui solo "rill e inter-rill ero-sion" e con esclusione quindi dei movimenti di massae di "gully erosion") non sono molto comuni in Lom-bardia: tuttavia fenomeni erosivi di un certo rilievopossono verificarsi, in presenza di eventi meteocli-matici intensi, anche in aree a dislivelli poco accen-tuati, dove i suoli hanno tessiture limose e una mag-gior tendenza al degrado strutturale, come in parti-colare accade sulle morene e terrazzi antichi (plei-stocene medio e medio-superiore) situati a nord diMilano, tra Ticino ed Adda. Al contrario le aree col-linari e montane sono soggette a considerevolifenomeni di instabilità di versante che causano con-sistenti danni a beni pubblici e privati e, spesso, pur-troppo anche vittime. Nell'inventario Regionale

delle Frane e dei Dissesti sonocatalogati circa 60.000 eventi difrana, dei quali i più diffusi ascrivi-bili a frane di scivolamento e dicrollo, che interessano complessi-vamente circa il 20% dell'interoterritorio alpino. Fattori naturali,quali geologia, condizioni clima-tiche ed acclività, ed antropici,legati all'uso del suolo e alla suagestione idraulico forestale; sonoall'origine di tali fenomeni; tutta-via è opportuno ricordare chemolte di queste forme di dissesto,e fra queste in particolare scivo-lamenti di terra, colate di fango,ecc., interessano e si innescanonel suolo, le cui caratteristiche ecomportamento fisico-idrologico

divengono pertanto determinanti.

LO M B A R D I A

Fig. 4.5 – Carta del contenuto in sostanza organica dei suoli della pianuralombarda.

Fig. 4.4 – Carta dei suoli della Lombardia.

Classi (orizzonte superficiale)Povero (<1.5%)

Suff. dotato (1.5-2.5%)

Ben dotato (2.5-3.5%)

Ricco (>3.5%)

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P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A

Nei suoli agricoli della pianura lombarda, tenori insostanza organica compresi tra 1,5-2% sono da consi-derarsi prossimi ad una soglia di sufficienza e superiorial 2% come un indice di una buona dotazione (Fig.4.5). Tali valori, favoriti anche dalla grande diffusionedella zootecnia che assicura apporti regolari e consi-derevoli di materiali organici ai suoli, sono in effetti fre-quenti in tutta la pianura e, allo stato attuale delleconoscenze, situazioni di carenza maggiormente dif-fuse sembrano evidenziarsi solo nella Lomellina, nelpavese e nell'area morenica gardesana.

C O N T A M I N A Z I O N E La principale fonte di conta-minazione diffusa dei suoli agricoli in Regione è rap-presentata dai metalli pesanti. In generale, nei suolidella pianura lombarda, caratterizzata da una forteurbanizzazione ed industrializzazione e da una agri-coltura anch'essa avanzata ed intensiva, si osserva-no con una certa frequenza tenori in Cu e Zn supe-riori ai valori corrispondenti al "fondo naturale", masempre abbondantemente inferiori ai valori sogliaprevisti dalla attuale normativa in materia.Diversa è invece la situazione nei comprensori vitico-li, ove l'uso massiccio e protratto da lungo tempo difitofarmaci a base di rame ha determinato accu-muli consistenti nei suoli di questo metallo. In unarecente indagine effettuata in Oltrepo Pavese, unodei principali comprensori vitivinicoli della Lombar-dia, sono stati rilevati valori di rame nei primi 50-60cm di suolo compresi tra 100 e 300 ppm (parti permilione), significativamente superiori rispetto al valo-re normale, stimato in 40-50 ppm

per suoli non storicamente vitati (valore litogenico).Ad un'origine naturale, correlabile alla mineralogiadelle rocce che caratterizzano i bacini di alimenta-zione di quelle aree, sono invece presumibilmenteda ricondurre gli elevati tenori in nickel (frequentivalori oltre il limite di 120 ppm) che localmente ven-gono osservati. Accanto ai metalli pesanti, altre forme di contami-nazione diffusa dei suoli agricoli stanno peraltrosuscitando ultimamente una crescente preoccupa-zione: infatti casi di contaminazione da sostanze tos-siche di origine industriale (in particolare PCB e dios-sine) vengono segnalati con sempre maggiore fre-quenza, destando allarme per i possibili riflessiambientali e sanitari.Per quanto riguarda le contaminazioni di tipo pun-tuale, prevalentemente in aree industriali dismesse oin discariche non autorizzate di inquinanti, a finemaggio 2002 erano registrati nell'Anagrafe regiona-le dei Siti contaminati 1287 siti, di cui quasi la metàlocalizzati nella sola provincia di Milano (Rapportosullo Stato dell'Ambiente 2002, ARPA Lombardia).

C O M P A T T A Z I O N E La compattazione è considera-ta una forma di degrado tipica delle aree agricole,prevalentemente causata dall'eccessiva pressioneesercitata sui suoli dalle macchine agricole e, cometale presente, anche se difficilmente quantificabile,nella pianura lombarda. La costipazione, tuttavia,non è un problema esclusivo dei suoli agricoli: nellearee urbane e periurbane ampie superfici sonospesso soggette a compressione molto intensa,senza, in genere, interventi mitigatori; ciò si verificasoprattutto a causa del transito di autoveicoli emezzi pesanti, come in parcheggi, cantieri, areeindustriali, ma anche in parchi, giardini ed areericreative per effetto del calpestamento, con altera-zioni della struttura e del comportamento dei suoliche possono anche divenire irreversibili.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

ERSAF - Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle ForesteStruttura Sviluppo Rurale, Suoli e supporto alla Filiera VitivinicolaVia Copernico, 38 20125 MILANOResponsabile e Referente regionale per la pedologia: Stefano Brennae-mail: [email protected]: www.ersaf.lombardia.it

Fig. 4.6 - Carta della capacità protettiva dei suolidella pianura lombarda nei confronti delle acquesotterranee. Essa esprime la potenziale capacitàdel suolo di trattenere i fitofarmaci entro i limiti

dello spessore interessato dagli apparati radi-cali delle piante e per un tempo sufficiente

a permetterne la degradazione.

Classi di capacità protettivabassamoderataelevata

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C O N S U M O D I S U O L O Nonostante la destinazionedi suoli agrari o forestali per lo sviluppo delle areeurbane sia vincolato da leggi piuttosto rigide, tra i fat-tori di consumo e degrado dei suoli è possibile anno-verare l’espansione urbana, piuttosto frequente negliultimi anni. La conformazione orografica del territorioprovinciale determina una organizzazione insediativaconcentrata nelle aree pianeggianti o poco acclividi fondovalle, coincidenti con i territori agricoli dimaggior pregio e, in quota, nelle aree di maggiorafflusso turistico. Dal Rapporto regionale sullo statodell’ambiente si ricava che, nel decennio 1985-1994,sono stati disboscati circa 717 ha di cui il 22% a scopoagricolo, il 3% per edilizia, il 56% per la costruzione diinfrastrutture (strade, acquedotti ed elettrodotti) e il19% per piste da sci e impianti turistici.

E R O S I O N E I fenomeni di erosione idrica sonogeneralmente ridotti a causa dell’elevato grado diinerbimento del territorio. Rischi di erosione poten-ziale relativamente elevati si possono registrare incorrispondenza di suoli sottili su pendenze elevate.In questi casi risulta di fondamentale importanza lamanutenzione dei terrazzamenti in pietra e deiciglioni inerbiti. La propensione al dissesto geologi-co è connessa sia alla naturale evoluzione geo-morfologica del territorio sia ai processi antropiciche disturbano l’equilibrio naturale. Questi ultimisono rappresentati prevalentemente dalla realizza-zione di insediamenti turistici, piste da sci e infra-strutture viarie e dal progressivo abbandono deglispazi montani. I fenomeni franosi più frequenti sonorappresentati da colate rapide di fango e detrito eda frane di crollo di ammassi rocciosi. Tuttavia gra-zie agli interventi di regimazione delle acque e aiprovvedimenti atti a restituire al bosco la sua inso-stituibile azione di difesa dall’erosione del suolo e dieffetto regimante nei confronti del bilancio idrolo-gico, negli ultimi anni la situazione è andata miglio-rando notevolmente.

C O N T A M I N A Z I O N E Rischi relativi alla contamina-zione del suolo da fonti diffuse possono verificarsi inprossimità dei centri urbani o nelle vicinanze di retistradali a intenso traffico (quali l’autostrada lungol’asta dell’Adige). Recenti ricerche nel settore nonhanno però individuato valori allarmanti dei tenori inPb, anche se hanno evidenziato una preoccupantecrescita dei valori di rame nei suoli agricoli, per illargo uso dell’elemento con funzione antiparassita-ria nella coltivazione della vite. Valori significativa-mente oltre norma sono stati ritrovati nei primi 30cm, rientrando viceversa nella norma nella parte disuolo sottostante. L’impiego di fanghi in agricoltura è piuttosto limita-to, se non nullo, e dunque i rischi d’inquinamento dametalli pesanti imputabili a tale fattore risultanoscarsi.

Per quanto riguarda la contaminazione da fontipuntuali sul territorio provinciale sono stati censiti 362siti potenzialmente contaminati per 90 dei qualisono in corso, o sono state concluse, le attività dibonifica.

A L T R E M I N A C C E Tra gli altri rischi di degrado nelterritorio trentino i fenomeni di perdita di sostanzaorganica e di compattazione dei suoli assumonolivelli assai ridotti poichè quasi tutta la superficie uti-lizzata a livello agricolo è inerbita. Tale tipo di gestione del suolo limita notevolmente ilverificarsi di tali fenomeni nelle aree agricole mentrein quelle forestali, in continua espansione negli ultimianni, il problema non sussiste.

Provincia Autonoma di Bolzano

C O N S U M O D I S U O L O La principale causa di con-sumo del suolo in Alto Adige é data dal notevole svi-luppo dell'attività edilizia negli ultimi decenni. Seb-bene l'espansione degli insediamenti in Alto Adigesia avvenuta fino ad oggi in un contesto di rispettodel paesaggio, grazie ad una rigida pianificazioneterritoriale e legislazione urbanistica, la necessità dicreare nuovi spazi abitativi ed aree dedicate alleattività produttive ed al turismo ha inevitabilmenteportato ad un notevole consumo di suolo. Attual-mente il 2,85% della superficie della Provincia è clas-sificata come superficie insediata. Questa concen-trazione insediativa relativamente bassa assume tut-tavia valori notevolmente più elevati se si prendonoin considerazione solamente le zone a medie ebasse quote.

E R O S I O N E In base alle loro caratteristiche geomor-fologiche, le zone teoricamente più vulnerabili dalpunto di vista idrogeologico sono quelle ad altaquota oppure quelle situate in zone di forte penden-za. I fenomeni erosivi che si manifestano in questearee sono di entità generalmente limitata, in quan-to si tratta di porzioni del territorio non coltivateoppure coltivate in modo molto estensivo e general-mente non interessate da insediamenti urbani. Localmente si possono tuttavia manifestare deifenomeni di degrado, talvolta riconducibili ad unelevato utilizzo per scopi turistico-ricreativi.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Non esisto-no carte tematiche o indagini specifiche a questoriguardo. Siccome la maggior parte delle coltureagricole è interessata da inerbimento permanente(frutteti, vigneti, pascoli) oppure pluriennale (prati arotazione con colture arative), il pericolo di sostan-ziali perdite di sostanza organica dei terreni sembrapiuttosto limitato. Recentemente è stato costituitoun catasto dei terreni ad uso agricolo, che com-

TR E N T I N O ALT O AD I G EProvincia Autonoma di T rento

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prende 393 punti di osservazione su prati o pascoli e98 punti di osservazione su aree dedicate alla frutti-coltura. Le analisi effettuate in questi punti permetteranno infuturo un più accurato monitoraggio del tenore insostanza organica dei suoli nonché di altri parame-tri pedologici.

C O N T A M I N A Z I O N E Per quanto riguarda l'inquina-mento del suolo da fonti diffuse i principali fattori daconsiderare sono le deposizioni atmosferiche deri-vanti dalle emissioni gassose da traffico ed industrie.Lungo le infrastrutture stradali il piombo risulta il con-taminante più importante. Nelle aree agricole unarecente indagine ha evidenziato che tra i metallipesanti solo il rame può raggiungere livelli elevati neiterreni lungamente coltivati a vigna. Localmente èpossibile riscontrare la presenza di arsenico nei pres-si di ex miniere.Un potenziale fattore di contaminazione è rappre-

sentato dalla lisciviazione dell'azoto applicato confertilizzanti minerali od organici. Va tuttavia notatoche nel comparto frutticolo e viticolo, il livello di fer-tilizzazione dei terreni è modesto, mentre nell'ambitodei seminativi, soprattutto del mais, il livello di fertiliz-zazione è più elevato.Sul territorio provinciale sono stati censiti al 2004, 220siti potenzialmente contaminati (ex discariche, indu-strie dismesse, distributori di carburante ecc.) per lamaggior parte dei quali sono in corso le attività dibonifica.

C O M P A T T A Z I O N E L'agricoltura della Provincia diBolzano è caratterizzata da un forte grado di mec-canizzazione. Tuttavia la netta preponderanza delle coltureperenni su quelle arative e di suoli leggeri e ben dre-nanti riducono il rischio potenziale derivante dafenomeni diffusi di compattazione.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Provincia autonoma di Bolzano:Centro per la Sperimentazione Agraria e forestale Laimburg Vadena93040 - ORA (BZ)Referente provinciale per la pedologia: Martin Thalheimer; e-mail: [email protected]: www.provincia.bz.itProvincia autonoma di Trento:Dipartimento Agricoltura e AlimentazioneVia G.B. Trener, 3, 38100 - TRENTOReferente provinciale per la pedologia: Guido Orsingher; e-mail: [email protected]: www.provincia.tn.it

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C O N S U M O D I S U O L O Considerando la diminuzionedi superficie agraria utile (SAU) tra il censimento dell'agricol-tura del 1970 e del 2000, le aree del Veneto maggiormen-te interessate ad una riduzione del suolo agrario sono quel-le dei comuni delle cinture urbane dei capoluoghi di pianu-ra e della fascia pedemontana nelle province di Treviso eVicenza, dove maggiore è stato lo sviluppo industriale ed incui più intensa è stata l'attività di escavazione di materialighiaiosi.

E R O S I O N E Nel Veneto si verificano fenomeni erosivi di uncerto rilievo in presenza di eventi meteoclimatici di unacerta intensità, anche in aree con dislivelli poco accentua-ti, in particolare dove i suoli hanno tessiture limose ed unamaggior tendenza al degrado strutturale. Nell'ambito delleattività collegate alla redazione della Carta dei Suoli delVeneto in scala 1:250.000 è stata realizzata una carta delrischio di erosione utilizzando diverse metodologie (CORINEErosion, USLE, PESERA) allo scopo di evidenziare le aree mag-giormente interessate al fenomeno ed individuare la meto-dologia in grado di meglio interpretare la specifica realtàpedoclimatica e colturale della regione (Fig. 4.7). Il modelloUSLE ha dato dei risultati più rispondenti sulla base delle evi-denze, anche se solo con una validazione sperimentale sipotrà giungere ad una scelta conclusiva. L'elaborazione haevidenziato che le zone ad elevato rischio di erosione sonocircoscritte alle aree della fascia collinare e pedomontanadove c'è presenza di seminativi.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Le condizioniclimatiche della pianura veneta sono tali che il livello dellasostanza organica nei suoli tende naturalmente ad assestar-si su valori relativamente bassi, rispetto agli standard presi ariferimento in sede europea. Nei suoli agricoli tenori in sostan-za organica compresi tra 1,5-2% sono da considerarsi la nor-malità e comunque una situazione accettabile ai fini della

loro fertilità, mentre valori < 1,5% sono da ritenere problema-tici per il mantenimento di un adeguato livello di fertilità; valo-ri > 2% si possono invece considerare un indice di una buonadotazione (Fig. 4.8). Tali valori, favoriti, soprattutto nella fasciapedemontana, anche dalla grande diffusione della zootec-nia che assicura apporti regolari e considerevoli di materialiorganici ai suoli, sono in effetti frequenti in tutta la pianura,con delle eccezioni in alcune aree della bassa pianura in cuispesso il livello tende ad abbassarsi a valori compresi tra l'1 el'1,5%. Come per l'erosione a partire dalla Carta dei Suoli delVeneto in scala 1:250.000 è in corso di realizzazione unaCarta delle Riserve di carbonio organico del suolo chedovrebbe mettere in evidenza il contenuto di carbonioorganico dei suoli, ma anche la sua qualità, in particolarerispetto alla tendenza alla degradazione; una prima appros-simazione è stata realizzata per la stesura del Piano di Svilup-po Rurale della regione Veneto nei primi mesi del 2006.

C O N T A M I N A Z I O N E La principale fonte di contamina-zione diffusa dei suoli agricoli nel Veneto è rappresentata daimetalli pesanti la cui presenza è da attribuirsi a numerosesostanze distribuite sui suoli, quali fertilizzanti minerali ed organi-ci, fitofarmaci, reflui zootecnici, fanghi di depurazione ecc.Per quanto riguarda l'utilizzo di fanghi di depurazione in agri-coltura, una delle principali fonti di contaminazione, conside-rando il periodo tra il 1995 ed il 2003 complessivamente si puònotare un andamento crescente nei primi anni seguito dauna fase in cui le superfici interessate sono rimaste invariate.La zona che si trova nell'area di pianura compresa tra laLaguna di Venezia a sud-est, il fiume Livenza a est, i Colli Euga-nei ad ovest e le Prealpi a nord è stata indagata dal punto divista pedologico tra il 2000 e il 2003, a cura dell'ARPAV, allascala 1:50.000 e ad una densità di circa 1 profilo ogni 250 ha.I metalli pesanti analizzati negli orizzonti dei profili sono: arseni-co, cadmio, cobalto, cromo, mercurio, nichel, piombo, ramee zinco. Le analisi dei metalli sono state eseguite prevalente-

VE N E T O

Fig. 4.8 - Carta del contenuto in sostanza organica.Fig. 4.7 - Carta del rischio potenziale di erosione idricadei suoli del Veneto (metodo USLE).

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mente sui campioni degli orizzonti superficiali (A, 315 campio-ni) e degli orizzonti profondi (B e C, 172 campioni). General-mente la concentrazione dei metalli nell'orizzonte superficialeè maggiore per effetto di un più o meno lieve accumulodovuto all'apporto da sorgenti diffuse (deposizioni atmosferi-che o distribuzione di fertilizzanti e pesticidi). Le differenze diconcentrazione tra orizzonti superficiali e profondi sono mag-giori per alcuni metalli, come rame e zinco, che sono più fre-quentemente presenti nei prodotti utilizzati per la difesa anti-parassitaria, soprattutto della vite, e per la nutrizione animale,da cui sono poi trasferiti nelle deiezioni zootecniche distribuiteal suolo; anche per il piombo tale differenza è elevata. I valo-ri di nichel e cromo sono piuttosto elevati nelle aree della pia-nura dell’Adige e del Po, in entrambi gli orizzonti; in questocaso tali valori sono da attribuire esclusivamente al contenu-to naturale. Altro fenomeno di contaminazione diffusa è quel-lo legato all'eccesso di azoto proveniente dalle pratiche difertilizzazione e veicolato attraverso il suolo fino ai corpi idricisotterranei e superficiali (Fig. 4.9). Il carico zootecnico conti-nua ad essere il maggiore responsabile delle situazioni più cri-tiche, non tanto perché vengano superati i limiti posti dallanormativa al carico di reflui consentito, quanto perché spes-so alla distribuzione dei reflui zootecnici (letami e liquami) siaccompagna una normale concimazione minerale, chenon tiene conto degli elementi nutritivi già apportati con ireflui. Per quanto riguarda il carico zootecnico nel Veneto ilquantitativo di azoto prodotto al netto delle perdite in fase distoccaggio e distribuzione presenta valori diversi tra le provin-ce del Veneto: in particolare Verona presenta le produzionipiù elevate, seguita su livelli fra loro simili da Padova, Treviso eVicenza mentre contributi inferiori vengono dalle province diBelluno, Rovigo e Venezia. Nel territorio di pianura i dati deisuoli sono stati utilizzati per una prima valutazione della capa-cità protettiva dei suoli nei confronti delle acque profonde,della capacità cioè del suolo a funzionare da filtro degli ele-menti nutritivi apportati con le concimazioni minerali ed orga-niche, riducendo le quantità potenzialmente immesse nelleacque sotterranee.La contaminazione puntuale è concentrata in aree circo-scritte legate alla produzione industriale o ad attività dismaltimento rifiuti di origine industriale. L'ARPA Veneto harealizzato un sistema informativo contenente i dati relativiai siti potenzialmente contaminati; dal 2003 agli inizi del2005 sono stati inseriti circa 350 siti, escluso il sito di interes-se nazionale rappresentato dall'area di Porto Marghera(VE); la tipologia dei siti contaminati è rappresentatasoprattutto da siti industriali dismessi o attualmente in atti-vità, dalle aree limitrofe alle stazioni di servizio e da ex-discariche.

S A L I N I Z Z A Z I O N E La presenza di suoli salini nel Venetoè dovuta principalmente all'intrusione dell'acqua delmare nelle acque sotterranee a causa della subsidenzadei suoli paludosi salmastri nelle zone lagunari, provocata,tra l'altro, dagli emungimenti delle falde per scopi irrigui oindustriali e dalle attività di bonifica. Studi realizzati neglianni passati hanno permesso di valutare l'entità del feno-

meno soprattutto nella zona costiera (Fig. 4.10); attual-mente sono in corso degli approfondimenti sulle caratteri-stiche dei suoli, soprattutto la conducibilità e il contenutoin sodio scambiabile che maggiormente indicano il livellodi salinizzazione.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

ARPA Veneto - Dipartimento di TrevisoServizio osservatorio suolo e rifiuti - Unita' operativa suoloVia Baciocchi, 9 31033 CASTELFRANCO VENETO (TV)Responsabili: Giovanni Gasparetto (Servizio); Paolo Giandon (Unità operativa e Referente regionale per la pedologia)e-mail: [email protected]; [email protected] - web: www.arpa.veneto.it/suolo

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Fig. 4.10 - Carta delle aree della pianura veneta dovesono presenti suoli salini o a maggiore rischio di salinizza-zione.

Fig. 4.9 - Carta del rischio di percolazione dell'azoto neisuoli della pianura veneta.

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C O N S U M O D I S U O L O Nel corso degli ultimi anni inFriuli Venezia Giulia si è assistito ad una diminuzione diSAU che, secondo i dati ISTAT, ammonta quasi al 15%nel periodo tra il 1990 ed il 2003, con un trend tra 2000e 2003 che indica un'accelerazione del fenomeno.Come si può rilevare, anche dal progetto MOLAND sulconsumo ed uso del territorio, l'espansione urbana neidecenni tra il 1950 ed il 1980 è stata rilevante, oltre chea Pordenone (con Porcia e Cordenons) e ad Udine, inalcuni centri minori come Tolmezzo, Gemona, Mania-go, Codroipo, Azzano Decimo e Sacile e nelle locali-tà balneari di Lignano e Grado. Nel periodo 1980-2000è stato sensibile anche lo sviluppo industriale dell'altopordenonese (Maniago, Spilimbergo), del tolmezzinoe del monfalconese.

E R O S I O N E Nel territorio regionale tra i processi didegrado hanno rilievo quelli imputabili a fenomenifranosi; il catasto regionale ne archivia più di 5.000, dicui oltre 2.000 ricadono in aree antropizzate o interes-sano infrastrutture. L'indice di franosità della regione(% superficie in frana sul totale) è pari al 6,6% ma perl'area montana-collinare il valore supera il 15%. I feno-meni che coinvolgono direttamente i suoli risultanogeneralmente lenti, con perdita di suolo significativasolo in concomitanza di fenomeni meteorologici diparticolare gravità, o di interventi di sgombero o sta-bilizzazione che comportino l'asporto del materialefranato. Per quanto riguarda le rocce incoerenti,fenomeni tipo debris-flow sono segnalati in molti degliimpluvi che attingono a bacini con notevole produ-zione di materiale sciolto; la perdita di suolo è, in que-sti casi, doppia, in quanto sedimenti pedogenizzatipossono venire asportati a monte per essere deposticaoticamente a valle su superfici temporaneamentestabilizzate. Recentemente è stata effettuata unaprima valutazione della suscettività all'erosione relati-vamente ad un'area pilota nel settore orientale dellaregione utilizzando il metodo CORINE erosion: il territo-rio studiato presenta in genere rischio basso o mode-rato ma vi sono porzioni a rischio elevato in corrispon-denza delle pendenze più accentuate, in particolarese soggette ad usi agricoli (vigneti). Sono in corsoalcune ulteriori elaborazioni su aree più ampie ed ete-rogenee utilizzando i metodi PESERA ed USLE.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A I suoli agrico-li della pianura e della collina regionale presentano,negli orizzonti superficiali, contenuti medi in sostanzaorganica del 3,0%. La variabilità è rilevante (la devia-zione standard è 1,9) e dipende oltre che dalla natu-ra dei suoli, anche dagli ordinamenti colturali e dallaconsistenza degli allevamenti. Le aree ancora desti-nate a prato o messe a coltura di recente presentanoi valori più elevati, così come le aree di recente boni-fica laddove erano presenti strati torbosi superficiali. Ivalori più ridotti si riscontrano nei suoli recenti e grosso-lani destinati a seminativi in cui la mineralizzazione èspinta. Suoli con valori inferiori a 1,5% e pertanto conqualche limite di fertilità costituiscono il 13% del cam-pione rappresentativo considerato; frequenze del

35% si riscontrano sia per i suoli con contenuti disostanza organica compresa tra 2 e 3% sia per quellicon tenori superiori al 3%. Entrambe le classi rappre-sentano un buon indice di dotazione di sostanza orga-nica. I livelli sono più bassi rispetto a quelli dei suoli mit-teleuropei, ma superiori a quelli normali dei pedoclimimediterranei e sono legati principalmente alle condi-zioni termopluviometriche regionali.

C O M P A T T A Z I O N E Risulta evidente al tecnico edall'agricoltore attento che è in atto un processo dicompattamento dei suoli legato all'uso di macchineagricole sempre più potenti e a maggior carico spe-cifico, ad una minore attenzione alle condizioni ditempera dei suoli, ma anche ad ordinamenti che pre-vedono colture intercalari o a rilevante impatto sulsuolo (barbabietola, patata, ecc.). Per la vite e per ifruttiferi la compattazione deriva dalla necessità dieffettuare con tempestività sia i trattamenti antiparas-sitari sia la raccolta e pertanto anche con condizionidi umidità del suolo elevate. Non disponendo, inregione, di rilievi diretti dello stato di compattamentodei suoli è stata effettuata una prima valutazione delrischio in relazione alle caratteristiche granulometrichedei suoli ed alle loro qualità idrologiche. Emerge che il30% dell'intero territorio di pianura e di colline moreni-che mostra un rischio forte; per contro il rischio èdebole sul 44% dell'area indagata. Se si sposta l'atten-zione sui suoli della bassa pianura e su quelli costieri,caratterizzati in genere da granulometrie fini e da dre-naggio difficoltoso, la percentuale di suoli a forterischio di compattamento sale al 56 e solo l'11% nondesta problemi. Viceversa nell'alta pianura e nei rilievimorenici i 2/3 dei suoli presentano un basso rischio dicompattamento.

S A L I N I Z Z A Z I O N E La presenza di suoli salini è dovutaall'intrusione dell'acqua del mare nelle acque sotter-ranee, fenomeno che si rileva in particolare nelle areebonificate dei suoli paludosi salmastri delle zone peri-lagunari e costiere. Sui terreni della porzione costieradella provincia di Gorizia sono state effettuate alcunemisure analitiche sulla conducibilità e sul contenuto insodio scambiabile (valori massimi di circa 12 mS/cm e2.500 mg/kg rispettivamente), grandezze che descri-vono il livello di salinizzazione. In base ai dati rilevati, sipuò valutare che il fenomeno interessi una limitatafascia perilagunare (poche centinaia di metri al mas-simo) e costiera (circa 100 metri). Sono visibili, in questicasi, gli effetti diretti sulle colture ed il rischio è rappre-sentato dal deterioramento della struttura del terrenoe dalla formazione di croste superficiali.

C O N T A M I N A Z I O N E La principale fonte di contami-nazione diffusa dei suoli regionali è rappresentata daimetalli pesanti. La contaminazione è da attribuirsi siaa sostanze distribuite sul suolo nell'ambito dell'attivitàagricola (fertilizzanti minerali ed organici, fitofarmaci,reflui zootecnici, fanghi di depurazione, compost daRSU, ecc.), sia alla ricaduta di elementi presenti nel-l'aria. Analisi effettuate in 158 campioni di orizzonti

FR I U L I VE N E Z I A GI U L I A

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LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Fig. 4.12 a,b - Carte della capacità diattenuazione dei suoli nei confronti del-l'inquinamento da nitrati delle provinciedi Gorizia, Trieste (a) e Pordenone (b).

Fig. 4.11 a,b - Carte dei suoli delle provincie di Gorizia, Trieste (a) e Pordenone (b).

superficiali raccolti nella pianura friulana evidenzianoche i livelli di metalli pesanti nei suoli non destano ingenere preoccupazione. Solo nei suoli vitati, in cui gliossidi di rame vengono utilizzati per la difesa antipa-rassitaria, si riscontrano, secondo un recente studiodell'ERSA in corso di pubblicazione, valori medi dirame totale maggiori di 300 mg/kg, valori superiori diquasi un ordine di grandezza rispetto ai testimoni nonvitati. Il contenuto di zinco totale non desta problemiin quanto modesto è stato l'impiego di anticrittogami-ci contenenti questo elemento, come sono in generemolto contenuti gli apporti provenienti dai reflui degliallevamenti di suini, in cui lo zinco assieme al rameentra nella dieta; escluse alcune aree con una certaconcentrazione degli allevamenti suinicoli, quali adesempio l'alta pordenonese, il sandanielese e la bassaudinese, il carico è limitato (il carico di suini per ettarodi SAU in regione è di 0,8). Un rilevante fattore di con-taminazione diffusa è rappresentato dalla lisciviazionedell'azoto distribuito come fertilizzante minerale edorganico. In genere l'apporto proveniente dai reflui

zootecnici è contenuto, basti considerare che il cari-co di bovini per ettaro di SAU in regione è pari a 0,4.La contaminazione è prevalentemente dovuta allanatura grossolana e permeabile dei suoli di ampi terri-tori, specie di alta pianura e alla predominanza delmais negli ordinamenti colturali. Per le aree pianeg-gianti della regione l'ERSA ha effettuato, sulla base deidati pedologici (Fig. 4.11a,b), la valutazione dellacapacità protettiva dei suoli nei confronti delle acqueprofonde (Fig 4.12 a,b).La contaminazione puntuale è concentrata in areecircoscritte, legate principalmente alla cattiva gestio-ne di impianti e strutture e ad alcune attività industria-li-artigianali dismesse, in minor misura ad attività digestione dei rifiuti condotte in maniera scorretta e adeventi accidentali. Secondo l'aggiornamento 2005 del RSA dell'ARPA Friu-li Venezia Giulia alla fine del 2005 risultano attive le pro-cedure previste dal D.M. 471/99 per 345 siti inquinati; inregione vi sono anche i due siti inquinati di interessenazionale "Trieste" e "Laguna di Grado e Marano".

a b

a b

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ERSA - Agenzia regionale per lo sviluppo ruraleUfficio del suoloVia Sabbatini, 5 33050 POZZUOLO DEL FRIULI (UD)Referente regionale per la pedologia: Giuseppe Micheluttie-mail: [email protected] - web: www.ersa.fvg.it

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C O N S U M O D I S U O L O L’impermeabilizzazionerisulta essere, attualmente, la minaccia per il suolopiù rilevante in Emilia-Romagna. Il confronto tra laCarta dell’Uso Reale del Suolo del 1976 e quella del1994 segnala un aumento della superficie “edifica-ta” superiore al 70%; in questo periodo, ogni giornocirca 8 ha del territorio regionale sono entrati a farparte della categoria dei territori artificializzati. Talefenomeno ha interessato soprattutto la pianura eparte della collina, le aree della Regione a maggio-re attitudine agricola. I nuovi inse-diamenti abitativi, oltre ad interes-sare particolarmente i comunimedio-piccoli, di 5.000-20.000abitanti, hanno privilegiatomodelli insediativi e tipologieedilizie assai più “consumatri-ci di suolo” di quelle tradizio-nali. Dati successivi, relativi alperiodo 1994-1998, confermano iltrend negativo della superficieagricola con una diminuzionedell’1,9%, a cui non corrisponde unaumento dei boschi, delle zone umide e degliambienti seminaturali.Nei principali centri urbani (Piacenza, Parma, Reg-gio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlìe Rimini) si rileva un aumento medio della superficieartificializzata del 6,3%, espansione comunque nonomogeneamente distribuita che si presenta conincrementi differenziati con massimo a Ferrara(+30%) e in calo a Rimini.

E R O S I O N E La perdita di suolo per fenomeni dierosione idrica è un rischio presente nelle areedella collina e montagna emiliano-romagnola, inparticolare nelle zone prive di vegetazione. Consi-derando che la tendenza in tali aree e negli ultimidecenni è dovuta all’aumento delle superficiboscate (si parla infatti di un incremento di 56.000ha per il periodo 1976-1994), l’attenzione si deveprioritariamente concentrare sui territori agricolidella media e bassa collina.

EM I L I A RO M A G N A

Fig. 4.14 - Stima dell'erosione attuale del suolo con griglia di 1x1 km. Basi informative utiliz-zate: Carta dei suoli 1:250.000, Carta climatica 1:250.000, Carta dell'uso reale del suolo1:25.000, Modello Digitale del Terreno - DTM risoluzione 100x100m.

Fig. 4.13 - Contenuto in sostanza organica dell'orizzontesuperficiale dei suoli di pianura dell'Emilia-Romagna. Laclassificazione è stata fatta in relazione alla tessitura.

Legenda (t/ha/anno)

0 - 5

5 - 20

20 - 50

50 - 80

> 80

pianura

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E’ in questo ambito che va monitorato l’andamen-to del fenomeno in relazione agli ordinamenti col-turali e alle pratiche di gestione adottate.Una prima stima delle situazioni di maggiore rischio,in relazione alla compresenza di suoli particolar-mente erodibili, microclimi con eventi piovosi aforte potere erosivo e ordinamenti colturali scarsa-mente protettivi, segnala come più del 50% del ter-ritorio collinare e montano regionale presenti valo-ri di perdita di suolo tollerabili, ma una percentualesignificativa, circa il 25%, si stima superi le 50 t*ha-1

*anno-1 (Fig. 4.14),I fenomeni franosi sono ampiamente diffusi nell'areacollinare e montana dove interessano circa il 17%del territorio. Sono rappresentati, in gran prevalenza,da frane ad evoluzione lenta con una attività con-traddistinta da lunghe fasi di quiescenza alternate aintervalli di riattivazione, coincidenti con periodi diprecipitazioni intense e/o prolungate. Anche se talitipologie di movimento generano solo raramentesituazioni di rischio per le vite umane, la loro grandediffusione determina elevati costi sociali ed econo-mici ponendo, in molte aree, serie limitazioni all'usodel territorio.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Con esclu-sione dei suoli organici delle recenti bonifiche ferra-resi, i suoli agricoli regionali presentano, negli oriz-zonti superficiali, contenuti in sostanza organica ingenere prossimi al 2%. Le aree con i valori più bassisono ubicate nella pianura bolognese, romagnola ein parte di quella ferrarese (Fig. 4.13). Gli ordinamen-ti colturali, radicalmente modificatisi dagli anni ’50,hanno determinato in maniera significativa l’attualeconfigurazione. Non sono rilevati fenomeni di perdi-

ta di produttività dei suoli che facciano supporreprocessi di desertificazione in atto; i livelli più bassirispetto a quelli tipici dei suoli agricoli europei conti-nentali rientrano nel campo di variabilità normaledei suoli degli ambienti pedoclimatici mediterranei.

C O N T A M I N A Z I O N E La contaminazione da fontipuntiformi è localizzata prevalentemente nelle zonedella pianura emiliano romagnola e legata alla pre-senza di aree industriali e di discariche. L’inquina-mento da fonti diffuse è imputato principalmentealle attività agricole, allo smaltimento dei fanghi didepurazione e delle loro acque reflue. La Relazionesullo Stato dell’Ambiente dell’Emilia-Romagna 2004,segnala in particolare la presenza nei suoli di alteconcentrazioni di nickel, in particolare nelle provin-ce di Piacenza e Parma. La causa è attribuita almateriale da cui si sono formati i suoli, derivantedalla disgregazione delle ofioliti. Relativamente all’apporto di metalli pesanti prove-nienti dai reflui zootecnici, potenzialmente sommini-strabili sul suolo, in particolare rame e zinco, si rilevauna tendenziale riduzione legata alla graduale dimi-nuzione dell’allevamento zootecnico, soprattuttobovino e suino. I fanghi di depurazione e le loro acque reflue rap-presentano viceversa motivo di preoccupazione inquanto apportano, oltre ai metalli pesanti, compo-sti organici in tracce, scarsamente biodegradabili,che possono accumularsi nel suolo con conseguen-ti rischi per l’ambiente e la salute umana. L’uso agri-colo di tali matrici organiche è, in Emilia Romagna,una realtà di una certa rilevanza; si è stimato che il50% circa dei fanghi prodotti in regione (circa300.000 t di tal quale corrispondenti a circa 50.000 tdi sostanza secca) vengano destinati all’utilizzo inagricoltura, in prevalenza su cereali autunno-verninima anche su colture foraggere, oleaginose e ortico-le e prevalentemente su suoli di pianura.

A L T R E M I N A C C E Per quanto riguarda le altreminacce esistono dati che segnalano nel territoriocasi di riduzione della biodiversità del suolo in rela-zione all’intensificazione delle pratiche agricole oformazione di strati compatti nel suolo a seguito dipascolamento o di lavorazioni in condizioni dieccesso idrico, ma si ritiene, anche in relazione alleprime osservazioni, che siano attualmente segnalidi fenomeni che richiedono attenzione e monito-raggio, pur non presentando livelli di pericolosità eurgenza paragonabili alle altre minacce.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Emilia RomagnaServizio Geologico, Sismico e dei SuoliViali Silvani, 4/3 - 40122 BOLOGNAResponsabili: Raffaele Pignone (Servizio); Marina Guermandi (Referente regionale per la pedologia)e-mail: [email protected];web: http://www.regione.emilia-romagna.it/cartpedo/; http://gias.regione.emilia-romagna.it/suoli/

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Fig. 4.15 - Il contenuto in nichel dei suoli della RegioneEmilia-Romagna.

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C O N S U M O D I S U O L O Il confronto dei dati di usoe copertura del suolo dal 1978 al 1990 evidenzia unaperdita di circa 128.000 ettari di superficie coltivata(Fig. 4.16) da imputarsi solo in parte al consumo diterritorio per espansione urbana o realizzazione di

infrastrutture e insediamenti industriali. Quest'ultimofenomeno ha infatti interessato circa 48.000 ettari dicui più della metà in pianura, con particolari con-centrazioni in Versilia e lungo la valle dell’Arno, traFirenze e Pisa.

E R O S I O N E Il territorio toscano è interessato per circa525.000 ettari da affioramenti di depositi sabbiosi eargillosi di origine fluviolacustre o marina e di questicirca 210.000 ettari sono utilizzati dall’agricoltura. Glielementi morfologici prevalenti sono rappresentati daversanti complessi con frane e movimenti di massa eda versanti con canali di erosione di notevoli dimen-sioni. La naturale propensione al dissesto di questearee può essere esaltata, nei circa 65.000 ettari disuperfici coltivate con pendenza superiore al 15%,dalle lavorazioni a rittochino e dalla formazione diconsistenti suole di lavorazione spesso destinate a rap-presentare, ad esempio nei depositi lacustri del Val-darno, la superficie di scivolamento di frane superfi-ciali e colamenti.Per quanto riguarda l’erosione del suolo causata dalleacque meteoriche è stata recentemente effettuatauna stima del grado di erosione potenziale applican-do il modello USLE. Dai risultati di tale studio emergeche circa il 5% del territorio regionale presenta perditedi suolo superiori alla soglia di tollerabilità che è statafissata a 20 t * ha-1

* anno-1, sulla base dei dati presen-ti in letteratura e in ragione delle banche dati utilizza-te. Le zone a maggior criticità potenziale si riscontranonell’area delle Alpi Apuane per effetto del fattore plu-viometrico e topografico, mentre nel territorio delbacino del fiume Albenga, nella zona centrale dellaprovincia di Pisa e nella Val di Sieve i fattori dominantisono l’uso del suolo e le caratteristiche dei suoli (Fig.4.17).

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A

La cartografia del contenuto in sostanzaorganica (Fig 4.18) mostra come il fatto-re climatico associato alla presenza divegetazione forestale, sia strettamentecorrelato al contenuto di sostanza orga-nica nel suolo che cresce gradualmentespostandosi dal mare ai rilievi interni eappenninici. Le aree collinari destinate ad usi agricoli(colline interne plioceniche, Mugello,Valdichiana, Valdarno) risultano le areecon tenori di sostanza organica minori,assieme alle aree dunali estremamentesabbiose.

S A L I N I Z Z A Z I O N E Fenomeni di salinizza-zione sono diffusi lungo tutta la fasciacostiera regionale, in particolare intornoal lago di Massaciuccoli, nelle pianealluvionali delle foci dei principali fiumi(Arno, Cecina, Cornia, Pecora, Ombro-ne e Albegna) e nella piana costiera diCapalbio.

Fig. 4.16 - Carta della perdita di suolo a causa dell’urbanizzazione (le aree scure indicano le aree urbanizzate).

TO S C A N A

4.17 - Carta dell’erosionepotenziale del suolo.

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La forte richiesta di acqua a scopi idropotabili,che nel periodo estivo subisce un notevolissimoincremento a causa della presenza turistica, haportato ad un progressivo deterioramento dellaqualità delle acque di falda a causa dell’ingressio-ne di un cuneo salino. Tale fenomeno ha subito una sensibile accelera-zione in questi ultimi anni ponendo seri problemiper il mantenimento dei requisiti di qualità previstidalle normative vigenti. Per i circa 45.000 ettari rappresentati in Fig. 4.19esiste un consistente rischio di salinizzazione sia aseguito dell'utilizzo di acque di scarsa qualità, siaalla presenza di piccole falde sospese, ad elevata

salinità che possono avvicinarsi alla superficie acausa di interventi irrigui non razionali o a seguito,ad esempio, della realizzazione di risaie. Nel caso della pianura di Pisa la salinità è dovutaprincipalmente a solfati disciolti nelle acque ed ècausata prevalentemente dall'inefficacia delleopere di drenaggio.Oltre agli effetti diretti sulle colture in alcuni casi,come nella piana di Grosseto e alla foce dell'Om-brone, il rischio è rappresentato da un completocollassamento della struttura degli aggregati delsuolo con la conseguente formazione di crostesuperficiali e l'instaurarsi di condizioni di asfissiaradicale.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Fig. 4.19 - Carta delle zone interessate da fenomeni di salinizzazione (in rosso).

Fig. 4.18 - Carta del contenuto percentuale in sostanzaorganica.

Regione Toscana, Dir. Generale dello Sviluppo EconomicoArea di Coordinamento Politiche per lo Sviluppo RuraleSettore Foreste e Patrimonio AgroforestaleVia di Novoli 26 - 50127 FIRENZEReferente regionale per la pedologia: Andrea Vinci e-mail: [email protected] - web: www.rete.toscana.it/setta/pta/terra/geologia

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C O N S U M O D I S U O L O Le dinamiche del consumodi suolo che hanno interessato il territorio umbro sisono evolute negli ultimi trenta anni secondo unamatrice diffusa e policentrica. Infatti insieme ad unprocesso di urbanizzazione diffusa si è organizzatoun sistema di interconnessioni infrastrutturali omoge-neamente ed equamente distribuite in tutta laregione, a sostegno sia dello spazio urbano cherurale. Il complesso urbano intorno al capoluogo si èfortemente ampliato allungandosi sul fondovallefino ad Assisi nonché sulla direttrice del Lago Trasi-meno. Altri insediamenti si sono sviluppati sensibil-mente verso la media e alta valle del Tevere sottra-endo estese aree verdi al panorama circostante. Lafitta urbanizzazione relativa alla conca ternana sullependici collinari è risultata a carattere sparso e pun-

tiforme conservando comunque il tradizionale profi-lo e l’impronta terziaria. Accanto a una tendenzasempre più incalzante dell'ambiente urbano si regi-stra comunque nell'ultimo decennio la conversionedi ampie aree agricole intensive a colture arboreeforestali.

E R O S I O N E I suoli maggiormente soggetti a fenome-ni di erosione idrica e dissesto sono quelli delle pendi-ci più acclivi della media ed alta collina (Fig. 4.20),sottoposti ad un'esagerata pressione antropica.Debolmente stabili risultano i suoli con tessitura limo-so-argillosa presenti su depositi prevalentementemarnosi come quelli dei terreni "marginali" localizzatinell'Umbria nord-orientale, a NE di Città di Castello, suversanti a quote più elevate esposti a nord. Altri suoliinteressati da intensa erosione e fenomeni franosisono quelli presenti su depositi prevalentemente argil-losi come le argille plioceniche, localizzati nell'estremi-tà occidentale della regione e le argille miocenichenell'Umbria centro orientale. Tali terreni sono caratte-rizzati dall'essere scarsamente produttivi, a causa siadella loro tessitura pesante, sia della forte coesioneche della reazione alcalina o subalcalina, tanto daospitare incolti cespugliati o da essere convertiti soloraramente in terreni agricoli. Dalla stima della perditaannua di suolo ottenuta applicando la metodologiaUSLE appare in maniera molto evidente come la pro-babilità di fenomeni erosivi, molto intensi, sia semprecorrelata con l’uso del suolo, in particolare nelle areedestinate a seminativi, dove l'attività antropica haprovocato le maggiori modificazioni all'equilibrioambientale. Per i terreni arati, infatti, le asportazioni diterreno previste possono arrivare fino ad un massimodi 200 t/ha, quantità di gran lunga superiori alle per-dite massime tollerabili in relazione alla profondità delsuolo e alla quota di riformazione. Per i terreni destina-ti a pascolo le perdite potenziali di suolo variano da 1a 20 t/ha, per gli incolti si hanno, invece, valori oscil-lanti da 55 a 87 t/ha e nelle superfici destinate abosco le presumibili asportazioni di suolo variano da0,2 a 43 t/ha.

UM B R I A

Fig. 4.20 - Carta dei pedopaesaggi.

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C O N T A M I N A Z I O N E La Regione Umbria, in recepi-mento della normativa vigente, ha prima designatoe perimetrato le "zone vulnerabili da nitrati di origineagricola" (Fig. 4.21) e poi ha predisposto un apposi-to Programma d'azione, eseguibile da tutte le azien-de agricole ricadenti in tali zone, con l'obiettivo diottimizzare l'uso dei fertilizzanti a base di azoto salva-guardando e risanando le aree vulnerabili, stabilen-do criteri nell'individuazione dei reali fabbisogninutrizionali delle colture praticate, promuovendo lagestione dei reflui zootecnici. Inoltre l'elaborazionedel Piano di Utilizzazione Agronomica (PUA) daparte di ogni singola azienda fornisce un valido siste-ma di programmazione aziendale e un indispensa-bile strumento di controllo sulle eventuali inadem-pienze dello stesso agricoltore.Altre informazioni relative alla contaminazione diffu-sa derivano da uno studio condotto dall'ARPAUmbria nelle aree circostanti due cementifici apoca distanza dall'area urbana di Gubbio. Nell'am-bito del progetto sono stati valutati sia la presenza dimetalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici(IPA), sia l'indice Q.B.S.-ar unico metodo standardiz-zato di valutazione della qualità del suolo attraversolo studio dell'intera comunità di microartropodi. Dal-l'indagine chimica è emerso che tutti i valori riscon-trati non sono risultati preoccupanti ed in particola-re la concentrazione dei metalli è in linea con le sta-tistiche geochimiche di suoli naturali. L'indagine bio-logica ha mostrato valori QBS tipici di suoli a mode-sto impatto antropico e una discreta differenziazio-ne di forme biologiche edafiche con un alto gradodi adattamento alla vita edifica. Dallo studio nonvengono quindi rilevate anomalie significative. Per quanto riguarda la contaminazione puntualesono disponibili solo delle analisi realizzate per moni-torare situazioni con peculiari caratteristiche. L’Università di Perugia (Dip. Sc. Agroambientali edella Produzione Vegetale) ha svolto delle ricerchesull'inquinamento da elementi potenzialmente tossi-ci in aree ad elevata concentrazione di impiantiindustriali come la conca Ternana (acciaierie, cen-trali idroelettriche e industrie chimiche) e aree circo-stanti la centrale termoelettrica di Pietrafitta. Nellaprima indagine sono state riscontrate alte concen-trazioni di metalli pesanti in dosi eccessive rispetto aquelle cedute dal substrato pedogenetico e nonspiegabili neppure con il normale apporto dovuto aitradizionali prodotti chimici d'uso agrario, alle com-bustioni urbane e all'inquinamento del traffico stra-dale. La causa è quindi imputabile all'inquinamentoindustriale pregresso (industria siderurgica) e perdu-rante (industria chimica). È allarmante per elementiquali Cu, Co, Mn e Pb e soprattutto per Ti, Zn, Cd, Hge Cr, la cui pericolosità è solo in parte frenata dalla

reazione subalcalina del terreno derivante dall'ele-vato tenore di carbonati. Dalla seconda analisi(Valle del Nestore - Pietrafitta), si è potuto riscontra-re che i valori di alcuni elementi, il Cu a livelli conte-nuti e lo Zn a livelli più consistenti ma non allarmanti,sono imputabili all'uso di fitofarmaci in campo agri-colo. Ciò non è possibile per Pb, Ti e Cr; la situazionedi quest'ultimo in particolare è piuttosto grave, siaper la nota pericolosità per la salute umana, sia peril basso contenuto di carbonati nei suoli interessatiche ne causano una scarsa mobilità.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A I terreni del-l'Umbria presentano una buona dotazione di sostan-za organica. I terreni coltivati possono beneficiare diconcimazioni a base di letame, ammendanti, com-post e soprattutto liquami, questi ultimi resi disponibi-li dai numerosi allevamenti presenti in regione. I valo-ri della sostanza organica sono sempre piuttostoconsistenti sia in presenza di seminativi (2-3%), divigneti (1-2%), di pascoli (4-5%), di boschi (6-7%) epersino di incolti (1-2%). Sarebbe auspicabile piutto-sto conoscere la qualità della sostanza organica dicui dispongono i terreni regionali (N totale, rapportoC/N, N organico e minerale e N potenzialmentemineralizzabile) per valutarne alcuni processi comela mineralizzazione della sostanza organica e l'eutro-fizzazione delle acque.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Umbria, Direzione Generale Attività ProduttiveVia M. Angeloni 61 - 06124 - PERUGIAReferente regionale per la pedologia: Giampietro Primieri, e-mail: [email protected] - web: www.agriforeste.regione.umbria.it

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Fig. 4.21 - Carta della vulnerabilità da nitrati.

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C O N S U M O D I S U O L O Come gran parte del terri-torio italiano anche la regione Marche ha subito unconsumo di suolo relativo alla urbanizzazione ecostruzione di infrastrutture. E' poi da considerareche, per il particolare assetto geomorfologico dellaregione, le aree edificabili sono principalmentedislocate nei fondovalle che dall'appennino giun-gono al mare. E' ancora da considerare l'aspetto

turistico della regioneche ha dato impulso

ad un intensaattività

costruttiva

lungo la costa. Pur non essendo stata realizzataun'attività specifica su tale argomento è possibilefornire i dati del database "Change" del progettoImage & CORINE Land Cover 2000 che fissano ilcambiamento di uso del suolo nella decade 1990-2000. Analizzando i dati del CLC2000 la percentualed'area di impermeabilizzazione del suolo (Classe 1del primo livello della legenda CLC2000) sul totaledell'area regionale è pari al 4%. Prendendo in consi-derazione il DB Change risulta che 532 ettari sonostati impermeabilizzati, principalmente per urbaniz-zazione, nella regione Marche. Il dato interessante èche la variazione di uso della classe 2 del I livellodella classificazione CLC è stata di 531 ettari. Ciòsignifica che il suolo impermeabilizzato è stato sot-tratto al comparto agricolo.

E R O S I O N E La valutazione del rischio d'erosioneidrica dei suoli per la regione Marche è stata con-dotta con l'applicazione dei modelli CORINE ero-

sion e RUSLE. Il modello RUSLE è risultato esseremaggiormente rispondente alla realtà territo-

riale regionale. Dalla cartografia (Fig. 4.22) siconstata che il rischio d'erosione idrica deisuoli in regione Marche non mostra unamagnitudo del fenomeno così accentuatama è, per contro, estesa sul territorio. Le pro-blematiche maggiori si riscontrano nellafascia collinare dove l'uso del suolo risultaessere maggiormente agricolo. Anche learee montane presentano un rischio d'erosio-ne, che talvolta può divenire elevato, laddo-ve viene a mancare la copertura del bosco. Il

MA R C H E

Fig. 4.22 - Carta del rischio attuale dell’erosione dei suoli.

Fig. 4.23 - Confronto tra carte del rischio d’erosione e carta dell’indice di stabilità dei versanti.

t/ha/anno

0 - 1

1 - 3

3 - 5

5 - 10

10 - 20

20 - 40

> 40

Nessun dato

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territorio della regione Marche è stato suddiviso in 5province di terre così come indicato nella carta deisuoli in scala 1:250.000 realizzata in occasione delprogramma Agricoltura e qualità del MIPAF.Benché l'analisi del rischio idrogeologico per laregione Marche non sia di stretta competenza delServizio Suoli è stato valutato un modello (SINMAP)per la valutazione della coincidenza delle areeaffette da rischio d'erosione e da rischio di movi-menti di massa. La regione Marche è particolarmen-te sensibile a tale tipo di problematica e la valuta-zione mirava all'identificazione di misure di lottaall'erosione che non sortissero effetti negativi in ter-mini di movimenti di massa. I risultati ottenuti conl'applicazione del modello SINMAP devono essereconsiderati come preliminari e con principaleobbiettivo la valutazione della coincidenza di areeaffette da erosione dei suoli e nel contempo damovimenti di massa (Fig. 4.23).

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A A partire daidati raccolti in occasione della redazione dellacarta dei suoli in scala 1:250.000 (Fig. 4.24) dell'interoterritorio regionale e a scala 1:50.000 per le areemaggiormente agricole sono state condotte delleprime valutazioni sul contenuto in sostanza organicadei suoli. La cartografia elaborata ha posto in evi-denza un trend già conosciuto: nelle aree a preva-lenza di attività agricole si rileva un tenore in sostan-

za organica basso, mentre nelle aree con copertu-ra boscata il livello di contenuto in sostanza organi-ca può essere considerato alto. La semplice identifi-cazione del contenuto in sostanza organica dei suoliregionali è parsa essere eccessivamente limitanteper le implicazioni che tale caratteristica del suoloriveste. Il Servizio suoli dell'ASSAM sta quindi imple-mentando, in stretta collaborazione con il JointResearch Centre di Ispra della Commissione Euro-pea, alcuni siti di studio miranti non solo alla defini-zione del livello attuale di sostanza organica deisuoli ma anche al rilevamento dei cambiamenti neltempo di tale contenuto. Ciò pare strategico all'ap-prossimarsi del periodo di riferimento fissato dal Pro-tocollo di Kyoto, 2008-2012, in cui il suolo può e devegiocare un ruolo fondamentale come sink di carbo-nio.

C O N T A M I N A Z I O N E La contaminazione dei suoli èstata analizzata principalmente prendendo inesame ed analisi la contaminazione diffusa. A livel-lo di contaminazione diffusa è parso fondamentaleoccuparsi in prima istanza della problematica nitra-ti per fornire risposte a quanto richiesto dalla Diretti-va. Sulla base delle conoscenze pedologicheacquisite è stata redatta la Carta delle Aree Vulne-rabili ai nitrati (Fig. 4.25). Tale elaborato ha consenti-to una zonazione delle aree in cui tale problematicaè più incidente.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Marche, Agenzia Servizi Settore Agroalimentare Marche (A.S.S.A.M.)Servizio SuoliPiazza della Repubblica - 62010 TREIA (MC)Referente regionale per la pedologia: Mauro Tiberie-mail: [email protected] - web: www.assam.marche.it

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Fig. 4.25 - Carta della vulnerabilità da nitrati di origineagricola, in rosso sono riportate le aree ad elevata vul-nerabilità.

Cambisols

Regosols

Calcisols

Phaeozems

Leptosols

Luvisols

Vertisols

Fig. 4.24 - Carta dei suoli della Regione Marche.

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C O N S U M O D I S U O L O Secondo i dati del CORINELand Cover del 2000 circa il 15% delle superfici pia-neggianti lungo la fascia costiera risultavano urba-nizzate (la percentuale scende a circa il 2,5% se siconsidera l’intero territorio regionale) (Fig. 4.26).Questo fenomeno si aggiunge all’asportazione disuolo, concentrata prevalentemente lungo i fondo-valle, per estrarre ghiaie e alla successiva sistema-zione delle superfici con materiali pedologicamenteinerti incapaci di sostenere vegetazione, o comun-que di assolvere in maniera efficace alle funzionisvolte dalla precedente copertura pedologica inrelazione alla capacità produttiva e di protezionedella acque.L’urbanizzazione ha inoltre contribuito spesso allapolverizzazione fondiaria o comunque alla disag-gregazione dei fondi, creando così quelle situazionicomplesse dove non può più esercitarsi un’agricol-tura razionale e redditizia.

E R O S I O N E Per quanto riguarda i movimenti franosiè possibile dividere la Regione Abruzzo in tre grossearee in base alle litologie dei substrati affioranti, eall’interno di queste ultime è possibile fare delleosservazioni generali sul dissesto in atto:

- area dei rilievi montuosi calcarei (quasi il 50% dellaregione); è quella in cui prevalgono le forme dicrollo e, più raramente, di ribaltamento. Nelle zonein cui prevalgono alternanze di calcari marnosi emarne (Montagna dei Fiori e Montagnone) posso-no essere presenti fenomeni franosi tipo scorrimen-ti (rotazionali, traslazionali) o di tipo misto; in questearee si possono osservare anche morfologie dipaleofrane.

- aree caratterizzate da litotipi terrigeni costituita daiMonti della Laga e dai rilievi “alto-collinari”; neiprimi prevalgono gli scorrimenti mentre nel settorealtocollinare il tipo di fenomeno più diffuso è ilcolamento.

- area collinare: costituisce la fascia parallela allacosta in cui domina la successione pliopleistoceni-ca, costituita in massima parte da argille e supe-riormente da depositi sabbioso conglomeraticinelle quali si osservano in prevalenza fenomeni dicolamento, generalmente di piccole dimensioni, edi soliflusso in corrispondenza degli strati più super-ficiali, soprattutto dove le coperture eluvio-collu-viali sono più potenti.

In un’area particolarmente sensibile all’erosionecome quest’ultima, il Centro SAPA dell’ARSSA ha

predisposto un’elaborazione finalizzata ad uno stu-dio delle dinamiche erosive nell’area collinarecostiera Abruzzese tramite metodo “CORINE erosionRisk” secondo una scansione multitemporale di 42anni (1954-1996) allo scopo di valutare le variazioni delrischio di erosione. Questo studio ha interessato circa il23% del territorio regionale, porzione del territorio,peraltro, dove è più intensa l’attività agricola. La pro-duzione della carta dell’erosione reale riferita al perio-do 1996, ha permesso di delineare le aree maggior-mente vulnerabili (Fig. 4.28). Le classi di rischio mag-giore sono, ovviamente, distribuite prevalentementelungo la fascia collinare, dove insistono anche altreforme di degrado (calanchi, incisioni, aree denudate,ecc.). Successivamente la stessa elaborazione è stataeffettuata con riferimento al 1954. I risultati mostrano che nel periodo considerato si èavuto un incremento complessivo della classe ero-sione bassa (6.7%) ed un corrispondente decremen-to delle classi moderatamente alta ed alta (2 e10.2%). Ciò deriva da dinamiche territoriali chehanno portato all’abbandono delle aree marginalirispetto ad una situazione di massima espansionedell’agricoltura (anni 50-60). Dai dati analitici si vedecome i maggiori cambiamenti siano a carico degliambienti collinari argilloso-sabbiosi e, subordinata-mente, dei terrazzi sommitali.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A E’ in attouno studio che prevede l’analisi di circa 5.000 cam-pioni di suolo. Sulla base dell’esperienza acquisita sulterritorio è comunque già possibile affermare che ilcontenuto in sostanza organica è su valori decisa-mente inferiori alla buona dotazione di un suolo agri-colo.

S A L I N I Z Z A Z I O N E Le informazioni disponibili sonoquelle relative all’indice di impatto costruito nel-l’ambito del progetto “Atlante Nazionale delle areea rischio di desertificazione”. L’indice definisce learee con falde idriche potenzialmente saline (vicineal mare o su litotipi salini), dove un eccessivo emun-gimento può portare alla progressiva salinizzazionedei suoli. La salinizzazione dovuta alla risalita capillare edall’utilizzo di acque ricche in sali costituisce unimportante fattore di degradazione dei suoli, inbuona parte causato da una non corretta gestionedelle risorse idriche. Allo stato attuale il centro SAPAdell’ARSSA, non dispone di informazioni su suoli eacque con evidenze dirette di salinizzazione avve-nuta o in corso. Lo studio ha riguardato circa il 50% del territorio e, diquesto, meno dell’1% è risultato a rischio (Fig. 4.29).

AB R U Z Z O

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LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

ARSSA - Agenzia per i Servizi di Sviluppo Agricolo - Regione AbruzzoCentro per lo Studio del Suolo, Ambiente e Paesaggio Abruzzese (Centro Studi SAPA) Laboratorio AgrochimicoPiazza Torlonia, 91 67051 AVEZZANO (AQ)Responsabili: Igino Chiuchiarelli (Centro SAPA; Referente regionale per la pedologia); Sergio Santucci (Lab. Agro-chimico) e-mail: [email protected]; [email protected] - web: www.arssa.abruzzo.it

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Fig. 4.26 - Carta dell’espansione urbana (periodo 1954 –1996): particolare dell’area di Pescara. Ortomosaico dadati AIMA (concessione INEA – ISSDS per attività di ricer-ca).

Fig. 4.27 - Carta dei sistemi di terre.

Fig. 4.29 - Carta degli acquiferi potenzialmente salini. Fig. 4.28 - Carta dell’erosione reale del suolo (riferita al1996) nell’area periadriatica abruzzese.

Classi di erosioneBassaModeratamente altaAltaMolto altaAree urbaneAcque superficiali

Legenda

Aree non a rischio

Presenza di aree vulnerabili

Aree non indagate

Legenda

Espansione urbana al 1996

Espansione urbana al 1954

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C O N S U M O D I S U O L O Sebbene il consumo disuolo dovuto all’urbanizzazione o legato ad attivitàindustriali ed artigianali non raggiunga livelli così ele-vati come quelli di altre regioni italiane, è da rileva-re che tale complessa problematica è presenteanche in Molise. Se da un lato “solo” il 2% del territo-rio regionale risulta urbanizzato, dall’altro di questo2% gran parte (circa il 70%) è compreso in aree dipianura. Se poi si considerano le aree urbanizzatericadenti nell’ambito del territorio servito da irrigazio-ne, tale percentuale risulta essere quasi raddoppia-ta (4%). E’ evidente, quindi, che la cementificazioneanche in Molise riguarda principalmente suoli conbuone caratteristiche agronomiche ossia quelli che,in base alla Land Capability, appartengono alla II°classe.

E R O S I O N E Nella regione i fenomeni di dissesto idro-geologico e di erosione idrica dei suoli sono moltosviluppati. Ciò è principalmente dovuto alle suecaratteristiche geologiche, morfologiche, pedologi-che e climatiche (morfologia molto articolata conprevalenza di litotipi ad elevata erodibilità, suoli atessitura prevalentemente argillosa e forte erosivitàdelle piogge). Il degrado ambientale risulta amplifi-cato dall’uso molto spinto delle macchine agricolee dalla destinazione agricola a seminativo (granoduro) anche in aree non idonee.Le forme di erosione si esplicano soprattutto attra-verso fenomenologie superficiali molto diffuse areal-mente (rill erosion, sheet erosion e gully erosion) eattraverso fenomenologie di frana rappresentateper lo più da colamenti in terra o in fango (earthflow e mud flow) e da scorrimenti rotazionali evol-venti a colamenti. Per quanto inerente i fenomenierosivi, l’ARSIAM ha realizzato una serie di studi fina-lizzati alla zonizzazione del territorio per la suscettibi-lità all’erosione (Fig. 4.30). In base a tale studio èrisultato che più del 45% del territorio regionale pre-senta una suscettibilità all’erosione da elevata amolto elevata (circa 200.000 ettari). Per quantoriguarda le frane in uno studio svolto nel 2000 dallaRegione Molise sono state censite più di 9.000 franecon una superficie complessiva di oltre 70.000 ettariche corrisponde a circa il 15% del territorio regiona-le. E’ inoltre da rilevare che negli ultimi anni, anchea causa di un andamento climatico sfavorevole, siail numero delle frane che la loro superficie è notevol-mente aumentata.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Dai datidisponibili risulta che, in circa l’11% del territorio, ilcontenuto in sostanza organica è scarso (Fig. 4.31).Il fenomeno è particolarmente sentito nel Molisenord-orientale a causa di un’agricoltura di tipointensivo e delle caratteristiche climatiche di tipomediterraneo. In tali aree si è passati da una agricol-tura tradizionale con aziende ad indirizzo misto (zoo-tecnico, cerealicolo e ortofrutticolo) ad una agricol-tura di tipo specializzato che generalmente esclude

la zootecnia che rappresenta la fonte primaria perl’apporto di sostanza organica sotto forma di leta-me e liquami ai terreni agrari. Di conseguenza l’uni-ca fonte di elementi nutritivi è rappresentata attual-mente dai concimi minerali. In alcune aree, inoltre,la presenza dell’irrigazione ha ulteriormente spintol’agricoltura verso tecniche agronomiche menosostenibili.

C O N T A M I N A Z I O N E La principale fonte di conta-minazione diffusa dei suoli agricoli in Regione è rap-presentata dai metalli pesanti. Tale contaminazioneè localizzata prevalentemente in vicinanza di alcu-ne aree industriali in provincia di Campobasso e diIsernia. Le forme di contaminazione puntuale sonocollegate allo svolgimento di attività industriali od asiti contaminati dallo smaltimento dei rifiuti. Le contaminazioni da metalli pesanti da fonti diffusederivano in prevalenza da trattamenti antiparassita-ri che rappresentano un’importante fonte di conta-minazione da rame nel suolo. In particolare, alcunisuoli dei vigneti nel basso Molise sono caratterizzatida un contenuto in rame nettamente in aumentorispetto ai suoli destinati ad altro uso ed infatti, neiprimi 20 cm di suolo dei vigneti, è stato riscontratoun contenuto medio di rame compreso tra 45-90 mg/kg, circa 2-3 volte superiore alla concentrazione diCu presente nei suoli non coltivati; altri metallipesanti presenti nei suoli agricoli con quantità leg-germente superiori al valore litogenetico sono il Pb,Cd e Zn. Oltre ai metalli pesanti è stata segnalata la presen-za di forme di inquinamento puntuali di altre sostan-ze tossiche di origine organica (diossine e PCB) edinorganica (amianto) con maggiore frequenzalocalizzate in suoli in prossimità di discariche abusivee/o incontrollate.

C O M P A T T A Z I O N E In mancanza di rilievi diretti èstata valutata la suscettibilità alla compattazioneconsiderando i dati relativi al numero ed alla poten-za delle macchine agricole utilizzate nei territori agri-coli e ponderando i valori di alcune caratteristichedei suoli (come ad esempio la tessitura). In base atale elaborazione è risultato che circa il 10% del ter-ritorio molisano ha un’elevata suscettibilità e che isuoli maggiormente sensibili sono ubicati principal-mente nel basso Molise e, in parte, nel Molise cen-trale.

D E S E R T I F I C A Z I O N E Non esistono studi specificisulla valutazione del rischio di desertificazione ma, inbase ad alcune caratteristiche climatiche, come adesempio l’indice di aridità, pedologiche e in base altipo di agricoltura e alle pratiche agronomiche utiliz-zate, si può stimare che circa 65.000 ettari del terri-torio regionale (14%) è a rischio di desertificazionemedio mentre altri 200.000 ettari circa (45% del terri-torio regionale) hanno rischio di desertificazionemedio-basso.

MO L I S E

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LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Fig. 4.30 - Carta della suscettibilità all’erosione dell’area molisana.

Fig. 4.31 - Carta del contenu-to in sostanza organica del-l’area molisana.

SUSCETTIBILITA’ ALL’EROSIONE

Molto bassa o nullaBassaModerataMediaMedio-elevataElevataMolto elevata

CONTENUTO IN SOSTANZA ORGANICA

Classi (orizzonte superficiale)

Povero (<1,5%)

Sufficentemente dotato (1,5-2,5%)

Ben dotato (2,5-3,5%)

Ricco (>3,5%)

ARSIAM - Agenzia Regionale per l’Innovazione e lo Sviluppo dell’Agricoltura nel MoliseServizio di supporto ai servizi di sviluppo agricolo - Ufficio laboratorio cartografico pedologico Via Gianbattista Vico 4 - 86100 CAMPOBASSOResponsabile e Referente regionale per la pedologia: Alfredo Cocchiarellae-mail: [email protected] - web: www.arsiam.it

99

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C O N S U M O D I S U O L O In Campania più del 50%della popolazione si concentra nel territorio dellaprovincia di Napoli (che ha una superficie di pocoinferiore al 10% di quella regionale) e poco menodei 2/3 si concentra nelle province costiere. Per con-tro, nelle aree interne, Beneventano ed Avellinese,la densità demografica è inferiore non solo allamedia nazionale ma anche alla media stimata per

il Mezzogiorno.

La recente acquisizione della Carta di UtilizzazioneAgricola del Suolo della Campania (CUAS) in scala1:50.000 (Regione Campania, 2004) ha permesso divalutare che su circa 93.000 ettari del territorio cam-pano insiste una superficie urbanizzata o modellataartificialmente (Fig. 4.33). L’impermeabilizzazionedei suoli si concentra nella provincia di Napoli, nell’hinterland e nelle fasce costiere del casertanoe, in misura minore, del salernitano. I dati dimostranoche in soli sette anni (1993 – 2001) le superfici imper-meabilizzate sono passate dal 5,37% al 6,84% del ter-ritorio regionale. Sempre dal confronto tra i dati su indicati, è dasegnalare che in Campania, a fronte di un incre-mento delle superfici boscate e degli ambienti semi-naturali (attualmente stimati in circa 514.000 ettari),il settore che ha maggiormente sofferto di consumodi suolo è stato quello agricolo a cui sono stati sot-tratti circa 130.000 ettari, passando dal 64% al 55%dell’incidenza della superficie territoriale. Le dinami-che con carattere statistico confermano che la pro-vincia di Napoli è quella in cui maggiormente si con-centra il fenomeno: dei 117.110 ettari provinciali solo

43.760 sono stati censiti come destinati ad usi agri-coli (ISTAT, 2000). Un simile fenomeno si riscontra inparte anche nell’area avellinese.

E R O S I O N E La Campania presenta una elevatavariabilità litologica e geologico-strutturale (Fig.4.32) che rende il territorio suscettibile a diversi tipi difrane. Nelle aree ad est dell’allineamento Matese-Taburno-Picentini e nell’area cilentana, dove predo-minano suoli tendenzialmente argillosi, si manifesta-no scorrimenti rotazionali e colamenti. Lungo i ver-santi a forte acclività dei rilievi carbonatici della dor-

sale appenninica, ma anche dei rilievi collinari vul-canici dell’area napoletana, prevalgono i crolli e

i ribaltamenti. Sui versanti ad elevata pendenzaricoperti da depositi piroclastici sciolti, su cui

si sono insediate potenti formazionipedologiche a carattere andico, pre-valgono invece i colamenti detrico-

fangosi.Complessivamente nell’ultimo secolosono stati registrati, in 193 dei 551 comunicampani, oltre 1.100 fenomeni franosi edalluvionali. Attualmente oltre 250 aree pre-sentano fenomeni franosi attivi o quie-scenti. Inoltre la Campania è al secondoposto tra le regioni italiane per il numero

di vittime dovute a fenomeni idrogeo-logici: di queste la quasi totalità è

dovuta alle colate rapide di piro-clastiti sciolte poste a copertura

dei massicci carbonatici del-l’Appennino Campano e delle

sequenze lapidee presenti nellearee vulcaniche del Somma Vesu-

vio e dei Campi Flegrei.Relativamente all’erosione idrica in

Campania sono presenti intensi fenomenidi erosione laminare e per canali, che interessanosoprattutto i suoli con caratteri andici presenti suirilievi carbonatici a prevalente tessitura franco-sab-biosa, che ne aumenta l’erodibilità. Tali manifesta-zioni erosive sono inoltre favorite da una non corret-ta gestione del bosco (spesso ceduo di castagno).La forma più severa, l’erosione per fossi, ha unascarsa incidenza.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Complessi-vamente i livelli di sostanza organica nei suoli dellaCampania, possono valutarsi mediamente elevatirispetto ad altri ambienti dell'Italia meridionale. Que-sto è determinato da più favorevoli condizioni cli-matiche (la Campania è una delle più piovose tra leregioni meridionali) e dall'ampia diffusione (in parti-colare nel settore centro-settentrionale del territorioregionale) di substrati e materiali vulcanoclastici,potenzialmente in grado di formare complessi orga-nominerali più stabili.Anche i sistemi colturali estensivi delle aree interne,ad indirizzo cerealicolo zootecnico, in ambiti collina-

CA M PA N I A

Limiti provinciali

Aree vulcanicheCollina preappenninicaMontagna appenninicaFondivalle fluviali e/o torrentiziPianura alluvionale, costiera e pedemontanaPianura intermontanaAcque

Fig. 4.32 - Carta delle provincie di terre.

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ri o di montagna, presentano frequentemente valo-ri superiori alla normalità. Nelle aree collinari centra-li utilizzate a coltivazioni permanenti i suoli presenta-no quasi sempre contenuti di sostanza organica aldi sopra della buona dotazione (valori medi del 3-4% di sostanza organica). È nei sistemi colturali inten-sivi e semi-intensivi, prevalenti nelle aree di pianura,che si riscontrano invece valori inferiori alla normali-tà (~8 g/kg di carbonio organico, ossia minoridell'1% in sostanza organica). La perdita di sostanzaorganica è particolarmente evidente in molti arealidel Piano campano (provincia di Napoli e Caserta),che dall'agro-nocerino sarnese si spingono finoall'agro aversano. Infatti, anche in presenza di suoliformatisi da materiali vulcanoclastici dell'attività deidistretti vulcanici del Monte Somma-Vesuvio e deiCampi Flegrei, l'elevata meccanizzazione ed inten-sivizzazione agricola determinano elevati tassi dimineralizzazione della sostanza organica.

C O N T A M I N A Z I O N E Tra le forme di contaminazio-ne diffusa negli ultimi due anni è emersa, nell’areadella pianura alluvionale del basso Volturno (provin-cia di Caserta) e nel piano acerrano-nolano (provin-cia di Napoli), la contaminazione da sostanze tossi-che di origine industriale, in particolare PCB e diossi-na. Inizialmente rilevata su matrici organiche, tale

emergenza ambientale e sanitaria ha determinatol’esigenza di un controllo di questi inquinanti sui suoli,da cui però è risultata una relativa minore incidenzadi contaminazione. Il costante avanzamento dellefasce urbane e industriali, soprattutto nelle aree sud-dette, fa ritenere che la contaminazione di sostanzetossiche organiche sia uno dei rischi cui sempre più isuoli saranno soggetti anche perché direttamentecollegato alle contaminazioni di tipo puntualedovute alla presenza di aree industriali dismesse o didiscariche non autorizzate. La correlazione territoriale è evidente: proprio nellearee a nord di Napoli e nel basso casertano sono pre-senti oltre il 50% delle discariche abusive regionali.Intensa è anche l’attività estrattiva: in Campaniasono censiti 973 siti. Le sottrazioni di suolo e la lorocontaminazione (in quanto l’attività può esserelegata a quello di sversamenti non autorizzati) assu-me quindi in Campania il carattere di costanteemergenza.

A L T R E M I N A C C E Sul territorio, pressoché ovun-que, si riscontrano suoli con caratteristiche e pro-prietà, più o meno evidenti, ereditate da materialivulcanici e che quindi manifestano un’elevata ferti-lità naturale.L'eccezionale fertilità naturale dei suoli e la buonadisponibilità idrica ha favorito lo sviluppo di una agri-coltura particolarmente intensiva, determinando inquesti ultimi anni un declino sensibile della loro ferti-lità intrinseca. Nelle pianure costiere campanel’agricoltura è a ciclo continuo: gli ordinamenti pre-vedono colture industriali, ortive, frutticole ad altovalore a cui si associa la floricoltura protetta. Neconsegue un notevole impiego di mezzi tecnici(concimi minerali, fitofarmaci ed acque irrigue).L’effetto non è soltanto una marcata riduzione deicontenuti di sostanza organica negli orizzonti colti-vati, ma anche il degrado fisico, che si manifestacon il compattamento o l'incrostamento superficia-le. A ciò si associa un’elevata perdita d’attività bio-logica.Negli ultimi anni, si è anche registrato un aumentodelle aree che manifestano problemi di salinizzazio-ne, non solo lungo la fascia retrodunare costieradove i suoli, a diretto contatto con la falda, manife-stano una conducibilità anche di 10 dS/cm, maanche nelle aree più interne dove l’elevato numerodi pozzi opera un intenso emungimento idrico deter-minando l’ingressione di acqua marina.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Campania - Assessorato Agricoltura e Attività ProduttiveSettore Sperimentazione, Informazione, Ricerca e Consulenza in AgricolturaServizi per l’Informazione, la Ricerca e la Consulenza dei Suoli AgricoliCentro Direzionale Isola A6 - 80143 NAPOLIResponsabile e Referente regionale per la pedologia: Amedeo D'Antonioe-mail: [email protected] - web: www.sito.regione.campania.it/agricoltura

101

Limiti provinciali

Territori modellati artificialmenteTerritori agricoliTerritori boscati e ambienti seminaturaliCorpi idrici e zone umide

Fig. 4.33 - Carta della utilizzazione agricola del suolo.

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E R O S I O N E Il territorio della Regione Puglia è carat-terizzato da una notevole diversità pedologica (Fig.4.34) e 8 principali paesaggi individuati in relazionealla morfologia, geologia ed altimetria (Fig. 4.36). Learee interessate da una erosione quasi continua eabbastanza severa sono quelle corrispondenti aipaesaggi della Fossa Bradanica e del Subappenni-no Dauno caratterizzati da forte pendenze e colti-vati quasi esclusivamente a grano. Particolarmentedelicata è la situazione dei paesaggi delle Murgie edel Salento; questi paesaggi, caratterizzati da unsubstrato calcareo ricoperto da suoli formati preva-lentemente da terre rosse facilmente erodibili, sonostati oggetto, nei tempi passati, sia di forti disbosca-menti che di intensi pascolamenti e coltivazioni chehanno reso molte aree completamente prive disuolo, soprattutto nelle zone con pendenze accen-tuate. I piccoli paesi del Tavoliere e dell'Arco JonicoTarantino non sono interessati da fenomeni erosivipreoccupanti in quanto aree pianeggianti.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Le condizio-ni climatiche della Regione Puglia sono tali che illivello della sostanza organica nei suoli tende natu-

ralmente adassestarsi suvalori relativa-mente bassi,rispetto aglistandard presia riferimento in

sede

europea, senza però significative conseguenze sullaloro funzionalità. Nei suoli agricoli tenori in sostanzaorganica compresi tra 1-2% sono molto frequenti erappresentano una situazione accettabile ai finidella loro fertilità, mentre valori inferiori ad 1% sonoda ritenere problematici per il mantenimento di unadeguato livello di fertilità; valori superiori al 2% sipossono invece considerare un indice di una buonadotazione.Il contenuto di S.O. nei suoli viene influenzato dalletecniche di lavorazione, oltre che dall'andamentoclimatico, che nella Regione Puglia essendo abba-stanza arido e soleggiato per lunghi periodi durantele stagioni calde facilita fenomeni di rapida minera-lizzazione che portano ad abbassamenti del conte-nuto in S.O. I suoli maggiormente esposti al fenome-no sono quelli coltivati a monocoltura di grano nellearee più acclivi (Subappenino Dauno e Fossa Bra-danica).

S A L I N I Z Z A Z I O N E I principali fattori che contribui-scono a tale fenomeno sono dovuti:- alla particolare lunghezza delle coste; - alla geologia e morfologia del territorio;- al forte utilizzo delle acque di falda a scopi agrico-

li, industriali e civili;- ai lunghi periodi di siccità.La particolare morfologia, caratterizzata da pianurecostiere molto strette (aree garganiche), da rilievimoderati, da pianure costiere ampie e da una seriedi altopiani (Murgie baresi e salentine), unita adun'intensa attività agricola determina l'avanzamen-to del cuneo salino verso le aree interne anche di

alcuni km; in questa situazione molti pozzi, soprat-tutto in prossimità della costa, sono diventati

salmastri con valori di conducibilità del-l'acqua che va da 4 a 10 mS /cm.

PU G L I A

Fig. 4.34 - Carta dei suoli della regione Puglia.

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C O N T A M I N A Z I O N E In seguito all'applicazionedella D.Lgs. n° 99/92 sullo smaltimento dei fanghiderivanti dai depuratori urbani, si sono verificati seriproblemi di inquinamento dei suoli a causa di metal-li pesanti, di cui sono particolarmente ricchi i fanghidei depuratori urbani. La situazione si aggrava senell'impianto di depurazione affluiscono anche

liquami extraurbani.Lo spargimento dei fan-ghi sui suoli non fa altroche aumentare ecces-sivamente le concen-trazione di tali metallifino al punto da creare

problemi allepian-

te, oltre che determinare pericolo di inquinamentodelle falde. In molti casi il mancato rispetto dei limitiquantitativi previsti dalla legge ha contribuito adaggravare ulteriormente la situazione. Le superficiinteressate dal problema non sono mai state quan-tificate, ma si presume che queste possono supera-re i 2.000 ha sul territorio regionale.La Regione Puglia con l'adozione della Del.G.R. del21 febbraio 2006, (Attuazione del Decreto Mi.P.A.F.15 dicembre 2005, n. 4432 di applicazione del REG.(CE) 1782/03 in materia di condizionalità.) nell'alle-gato 3 ha indicato i nuovi criteri ed obblighi per chiutilizza i fanghi in agricoltura, soprattutto in suoli mar-ginali e poco profondi in modo da rendere propor-zionale la quantità di fango da utilizzare alle effetti-ve capacità ricettive e di protezione del suolo.In ottemperanza a quanto previsto dal Dlgs 152/99la Regione ha individuato come vulnerabili le aree

rappresentate in Fig. 4.35, per le quali è statopredisposto un apposito programma

d’azione.Le contaminazioni di tipo puntuale

riguardano prevalentementearee industriali dismesse, discari-che non autorizzate, utilizzazio-ne dei fanghi in agricoltura inmodo non corretto ecc. A fine 2003 risultavano censiti,sul territorio regionale, 650 siticontaminati.

D E S E R T I F I C A Z I O N E La Regione Puglia èsicuramente una delle regioni mediterraneemaggiormente esposta al così detto fenome-

no della “desertificazione”; tale fenome-no può essere sintetizzato e facilmente

compreso, nella perdita o la com-promissione delle funzioni della

risorsa suolo in modo irreversi-bile, a causa di fenomeninaturali e/o antropici tra iquali la “salinizzazione – sodi-cizzazione” e i lunghi periodisiccitosi.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Puglia, Settore AgricolturaUfficio Servizi di Sviluppo Agricolo P.O. n°5 DivulgazioneLungomare N. Sauro, 47 - 70121 BARIResponsabile e Referente regionale per la pedologia: Francesco Bellinoe-mail: [email protected] - web: www.regione.puglia.it

103

Fig. 4.35 - Carta delle aree vulnerabili da nitrati diorigine agricola.

Specchi d’acqua

Fossa Bradanica

Salento

Arco ionico tarantino

Murge

Tavoliere delle puglie

Valli fluviali

Appennino Dauno

Rilievi del Gargano

Fig. 4.36 - Carta dei paesaggi della Puglia.

zone vulnerabililimiti comunali

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E R O S I O N E Le particolari condizioni morfologiche,litologiche e climatiche pongono la Regione Basili-cata come una delle regioni d'Italia più esposta afenomeni di dissesto idrogeologico. Si stima checirca il 21% del territorio regionale è interessato dafenomeni franosi e circa il 10% da fenomeni erosiviche portano ogni anno ad una perdita cospicua ecostante di suolo. L'erosione in Basilicata rappresen-ta sicuramente la principale minaccia per il suolo siaper la violenza dei cicli erosivi, sia per l'estensionedella superficie interessata. Ad aggravare tale feno-meno ha concorso la crisi dell'agricoltura tradiziona-le, determinata dall'uso intensivo ed improprio dialcune superfici e dall'abbandono di altre, a segui-to di influenze di politiche nazionali e comunitarieche hanno condizionato le scelte verso ordinamen-

ti intensivi e la monocoltura. Pur interessando granparte del territorio regionale, i fenomeni erosivi sonomaggiormente diffusi nell'ambiente dei rilievi collina-ri plio-plieistocenici. In tali aree le condizioni morfolo-giche e la particolare erodibilità dei suoli, favorisco-no l'instaurarsi di intensi processi di tipo incanalato(solchi e rigagnoli), determinando così un processodi erosione accelerata che porta alla perdita degliorizzonti superficiali e di conseguenza gravi rischiambientali.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Il contenutoin sostanza organica nei suoli regionali varia sensibil-mente nei diversi ambienti. In linea generale sui rilie-vi collinari e montani, dove sono maggiormente dif-fusi gli ambienti naturali con un uso del suolo princi-

palmente ad indirizzo boschivo,si raggiungono valori di sostanzaorganica buoni, talvolta elevati(2 - 4%). Diversa è la situazionesui rilievi collinari e di pianura. Intali aree una gestione agricoladi tipo intensivo associata ad unregime climatico che non favo-risce l'accumulo nel suolo disostanza organica, a causa dispinti processi di mineralizzazio-ne, determinano dotazioni insostanza organica basse omolto basse (0,5 - 1,5%).

S A L I N I Z Z A Z I O N E L'individua-zione dettagliata di ambienticon problemi di salinità in Basili-cata risulta allo stato attuale uncompito arduo e complesso, acausa di carenza di informazioniin merito.Nonostante ciò sono riconosci-bili due ambienti principali, dif-ferenti tra loro per la natura delsubstrato pedogenetico sulquale i suoli si sono formati edevoluti, dove l'effetto salinitàpuò rappresentare un fattorelimitante per parte delle coltureagrarie (vedi anche Fig. 4.37). Un primo grande ambiente èrappresentato dalla Pianacostiera Ionica. In alcuni puntidella piana da tempo gli agri-coltori utilizzano termini qualiperdi pane e terra bruciata,volendo intendere che questezone presentano forti limitazionid'uso alla maggior parte dellecolture agrarie. Nelle areelungo la costa Ionica si verifica-no infiltrazioni di acque salateche attraversano le permeabilidune costiere e penetrano nel-

BA S I L I C ATA

Fig. 4.37 - Carta della capacitàd’uso dei suoli lucani.

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l'entroterra a distanza anche di qualche chilometrodal mare. Un'area particolarmente pericolosa pergli elevati valori di salinità è localizzata lungo il fon-dovalle del fiume Cavone, dove si registrano valoridi EC=3 mS/cm (rapporto 1:2 in acqua) a 40 cm diprofondità del suolo.Un altro ambiente molto esteso che presenta inalcuni punti problemi di sodicità è rappresentato dalvasto areale delle argille plio-pleistoceniche, nellaparte orientale della Regione. Il substrato pedoge-netico di questo ambiente presenta un elevatoquantitativo di sodio sul complesso di scambio, sitratta pertanto di una sodicità costituzionale. Nederiva che nei versanti esposti a sud fortementeerosi, sui crinali arrotondati e dove si è verificato unassottigliamento del profilo, con conseguente affio-ramento del substrato pedogenetico originario, sirinvengono valori di sodio sul complesso di scambioin superficie che variano da 400 a 800 ppm. Vicever-sa su superfici pianeggianti o a debole pendenza si

riscontrano valori bassidi sodio lungo tutto il

profilo.

C O N T A M I N A Z I O N E D I F F U S A Nell'ambito del Pro-gramma Interregionale Agricoltura e Qualità, laRegione Basilicata ha predisposto uno studio diindagine preliminare di riconoscimento delle zonevulnerabili da nitrati di origine agricola, secondo icriteri e le metodologie stabilite dal D.Lsg. 152/99(art.9 e all.7). L'indagine, condotta su base topogra-fica informatizzata in scala 1:250.000, ha seguito

una procedura che ha permesso di suddividereil territorio regionale in base alla sua vulnerabi-lità (Fig. 4.39).I caratteri di vulnerabilità del territorio, a que-sto livello di indagine, sono stati ottenutitenendo in considerazione i seguente ele-menti, o fattori critici:a - caratteri litostrutturali, idrogeologici e idro-dinamici del sottosuolo e degli acquiferi, inparticolare sono state oggetto di indagine lacapacità depurativa dell'insaturo e la profon-dità della falda; b - caratteri fisici e chimici dei suoli, in partico-lare la tessitura, la granulometria, la profondi-tà del suolo, la permeabilità, il pH e la capaci-tà di scambio cationico, influenzanti la "capa-cità di attenuazione del suolo nei confronti

dell'inquinante"; c - uso del suolo, con riferimento agliordinamenti colturali.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

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Fig. 4.39 - Carta della vulnerabilità da nitrati di origine agricola.

Fig. 4.38 - Carta dei suolidella regione Basilicata.

Regione Basilicata - Dipartimento Agricoltura e Sviluppo Rurale - Ufficio Risorse Naturali in AgricolturaVia Anzio, 44, 85100 POTENZAReferente regionale per la pedologia: Luigi Viviano, e-mail: [email protected] - web: www.basilicatanet.it/suoli

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C O N S U M O D I S U O L O Nelle aree di pianura laprincipale causa di degrado può essere identificatanella cementificazione spinta che, nell'ultimo cin-quantennio, ha sottratto al settore primario impo-nenti superfici (Fig. 4.40). Un'indagine condotta percomparazione fra l'uso reale del suolo del 1955 e del1990, su un'area campione rappresentativa dellapianura costiera (Cropani Marina - Steccato diCutro), ha evidenziato una perdita di superficie utileper il settore agricolo pari a circa il 25% che, rappor-tata all'intero territorio pianeggiante e subpianeg-giante della regione, significa ben 50.000 ettari.

E R O S I O N E L’erosione idrica rappresenta la princi-pale minaccia per i suoli calabresi. L’applicazionedella metodologia RUSLE per la valutazione delrischio erosivo ha messo in evidenza come il 51,8%del territorio regionale sia soggetto ad erosione (piùin particolare, il 39,4% ricade nelle classi da modera-ta a catastrofica ed il 12,4% nella classe “erosioneleggera”) mentre il rimanente 48,2% è invece carat-terizzato da erosione “nulla” o “trascurabile” (Fig.4.41). Le aree maggiormente a rischio coincidonocon quelle a più alta vocazione agricola; tra queste,i rilievi collinari a bassa quota con destinazione adoliveto o a grano duro in monosuccessione risultanole più minacciate. In generale, i fenomeni erosivisono molto più evidenti nel versante ionico rispettoa quello tirrenico, sia per la diversa erodibilità deisuoli che per la differente erosività delle piogge.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A Il contenutodi sostanza organica (Fig. 4.42) varia sensibilmente alivello regionale: raggiunge valori maggiori del 3%nei rilievi interni dell’Aspromonte, del Pollino e dellaSila grazie alla buona copertura vegetale di tipoarboreo o arbustivo (la Calabria con i suoi 479.000ettari si pone tra le regioni italiane con il più alto indi-ce di boscosità) mentre una situazione opposta siregistra nelle aree a bassa quota (< 300 m s.l.m.) conprevalenti destinazioni agricole. In tali zone, i valorisono inferiori allo 0,7% in quelle interessate da erosio-ne accelerata mentre, negli stessi ambienti, ma inaree con agricoltura più conservativa, il contenutoin sostanza organica si attesta su valori medi (1,5-2,3%).

S A L I N I Z Z A Z I O N E Il problema della salinizzazione èparticolarmente evidente nello strato superficialedei suoli presenti lungo la zona costiera della Pianadi Sibari. Il fenomeno è da attribuire ad una serie dicause naturali (subsidenza relativa) ed antropiche(eccessivo emungimento dei pozzi presenti nel-l’area legati ad un sistema agricolo intensivo) chefavoriscono l’ingressione di acque marine con con-seguente compromissione delle potenzialità produt-tive dei suoli. Il degrado dei suoli per incrementodella salinità interessa, inoltre, le aree collinari argillo-so-siltose del Pliocene, ampiamente presenti nel ver-sante ionico calabrese, e la Piana di Lamezia Terme,sul versante tirrenico.

A L L U V I O N I E F R A N E Le peculiarità geomorfologi-che e climatiche (elevata energia del rilievo, movi-menti tettonici attivi, forte erosività delle piogge)fanno della Calabria una regione ad alto rischioidrogeologico.Nella prima metà del secolo scorso, il sistemaambientale più vulnerabile era rappresentato dairilievi interni della Sila, delle Serre e dell'Aspromontea morfologia molto acclive. In tali aree infatti, a con-dizioni ambientali particolarmente sensibili, si asso-

CA L A B R I A

Fig. 4.41 - L’introduzione di tecniche agronomiche soste-nibili per la risorsa suolo e adeguate per l'ambiente cala-brese (lavorazioni minime, rotazioni colturali, gestioneresidui colturali, interruzione della lunghezza del versantecon fasce inerbite) potrebbe limitare lo sviluppo dei feno-meni erosivi. La modellazione del rischio d’erosione, effet-tuata con metodologia RUSLE ipotizzando uno scenarioalternativo di gestione dei suoli, ha evidenziato come leclassi di erosione "severa", "molto severa" e "catastrofica"risultano significativamente più contenute rispetto alloscenario "attuale", mentre l'erosione media passa da 1.9a 0.7 mm.

Fig. 4.40 - Confronto tra le foto aeree del 1955 (sinistra) e1990 (destra) di un’area del Catanzarese. Si noti il forteincremento delle aree impermeabilizzate (urbano+infra-strutture).

[mm/anno]0.00 - 0.050.06 - 0.500.51 - 1.501.51 - 5.005.01 - 20.0> 20.01

Rischio attuale Scenario alternativodi gestione

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ciava una forte pressione antropica con intensosfruttamento del soprassuolo. Le cronache registra-no i gravi eventi alluvionali che interessarono questiterritori nel periodo in questione. Negli anni '50 fuavviata una importante azione di ripristino ambien-tale con la ricostituzione di 153.000 ettari di bosconelle aree a maggior rischio di dissesto idrogeologi-co. Al contempo importanti cambiamenti interessa-vano il sistema ambientale delle colline argilloso-limose del versante ionico. Questo ambiente, inte-ressato fino agli anni '60 da destinazioni agricoleestensive (pascolo), subiva profonde trasformazionilegate alla meccanizzazione delle tecniche agrico-le, con frequente ricorso al modellamento dellependici e al cambio di destinazioni d'uso con incre-mento della cerealicoltura in monosuccessione.Questo tipo di gestione ha determinato l'aumento inqueste aree di fenomeni di dissesto idrogeologicoed in modo particolare erosione e soliflussione. Unostudio realizzato dal Servizio Agropedologia dell'AR-SSA ha evidenziato come nel periodo 1921 - 1997 lamedia degli eventi alluvionali, considerati tali sullabase dell'entità dei danni provocati e dell'estensio-ne dell'area interessata, sia passata da sei eventiper decennio nel periodo 1921 - 1960 ad uno solonei decenni successivi. Interessante osservare che,mentre le alluvioni che si sono succedute primadegli ani '60 hanno riguardato prevalentemente lezone interne della Sila, delle Serre e dell'Aspromon-te, gli eventi catastrofici degli ultimi decenni hannointeressato quasi esclusivamente le zone costiere.Quest'ultime, infatti, non sono state oggetto di rina-turalizzazione come le zone interne, al contrariohanno visto l'espandersi di un sistema agricolo nonsostenibile.

D E S E R T I F I C A Z I O N E I risultati di un recente proget-to comunitario (DESERTNET) hanno evidenziato checirca il 51% del territorio calabrese è a rischio, di cuil’11% denuncia aree ad alta criticità quali: la Pianadi Sibari, fino al confine dell’Alto Jonio Cosentinocon la Basilicata, il Marchesato crotonese e la fasciacostiera meridionale (da Reggio Calabria a CapoSpartivento). La cartografia (Fig. 4.43) è stata realiz-zata secondo la metodologia MEDALUS, modificatanella valutazione degli aspetti climatici, valutatitenendo in considerazione l’intensità, la durata e lavariabilità degli stessi.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura Regione CalabriaServizio AgropedologiaVia Cagliari, 16 88063 CATANZARO LIDOResponsabile del servizio: Francesco LongoResponsabile tecnico e Referente regionale per la pedologia: Giovanni Araminie-mail: [email protected] - web: www.regione.calabria.it/arssa

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Fig. 4.42 - Carta del conte-nuto in sostanza organica.

Fig. 4.43 - Carta dellle aree sensibili alla desertificazione.

Molto scarsa (< 0,7%)

Scarsa (0,7 - 1,5%)

Media (1,5 - 2,3%)

Elevata (2,3 - 3%)

Molto elevata (>3%)

Laghi

NON SOGGETTA

POTENZIALE

FRAGILE (F1)

FRAGILE (F2)

FRAGILE (F3)

CRITICA (C1)

CRITICA (C2)

CRITICA (C3)

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E R O S I O N E Nel territorio siciliano l'erosione idrica èil più importante e diffuso processo di degradazio-ne del suolo. Gli ambienti maggiormente minac-ciati sono il sistema collinare delle argille mioceni-che e plioceniche (circa 700.000 ettari) ed il siste-ma collinare della serie gessoso-solfifera (circa150.000 ettari) che nel complesso occupano unasuperficie pari a circa 1/3 del territorio regionale.Alla erosività delle piogge, caratterizzate da pochieventi a volte di elevata intensità e da un anda-mento irregolare tipicamente mediterraneo,vanno aggiunte l'erodibilità dei suoli, caratterizzatida tessiture fini o mediamente fini, e le particolaricondizioni morfologiche che vedono la collina e lamontagna occupare rispettivamente il 61% ed il25% dell'intero territorio regionale. In particolare,sulle morfologie collinari, in cui sono presenti gene-ralmente suoli a matrice argillosa e spesso concaratteristiche vertiche, si riscontrano fenomeni dierosione diffusa (sheet erosion) ed incanalata (rill,interill e gully erosion); in alcuni casi i fenomeni ero-sivi divengono più complessi e generano morfolo-gie particolari (calanchi) o assumono proporzionipiù imponenti con fenomeni di erosione di massa.Altro importante fattore di vulnerabilità del sistemaambientale collinare è rappresentato dalla coper-tura vegetale molto discontinua ed una utilizzazio-ne agricola del suolo rappresentata in larga misuradal seminativo in asciutto, basato sulla rotazionegrano-foraggere. Secondariamente è presente ilvigneto, anch'esso in regime asciutto e caratteriz-zato generalmente dalla disposizione dei filarisecondo le linee di massima pendenza. Inoltre intali sistemi colturali le lavorazioni del terreno sonorealizzate generalmente a rittochino, tecnica chefavorisce l'innescarsi ed il progredire dei fenomenidi erosione incanalata.

P E R D I T A D I S O S T A N Z A O R G A N I C A In Sicilia isuoli delle aree coltivate presentano mediamenteuno scarso contenuto in sostanza organica; ciò èdovuto essenzialmente ad una gestione agricolapoco conservativa accoppiata ad un regime cli-matico che non favorisce il suo accumulo. Negliambienti naturali la dotazione in sostanza organicatende ad essere più elevata rispetto ai suoli agrico-li, in particolare nei suoli ricchi in carbonati, in cuitende ad accumularsi grazie al fenomeno dellasteppizzazione, raggiungendo valori buoni o ecce-zionalmente elevati (mollisuoli calcarei). I fattori antropici che generano perdita di sostanzaorganica sono principalmente gli incendi boschivie la bruciatura delle stoppie. I benefici registrati nelbreve periodo da quest'ultima pratica agricolasulla gestione agronomica e sulla fertilità chimica,non compensano infatti, le conseguenze negativederivanti dalla sua adozione continuata. Nel lungoperiodo la bruciatura delle stoppie determina unanotevole diminuzione del contenuto in sostanzaorganica, dell'attività microbica e del potenziale dimineralizzazione, la degradazione strutturale del-

l'orizzonte superficiale e la perdita di elementi nutri-tivi per dilavamento. Inoltre, le trasformazioni dellasostanza organica durante la combustione deter-minano la migrazione verso il basso e la rideposizio-ne di frazioni idrofobe, con formazione di uno stra-to idrorepellente a circa 10-15 cm dalla superficie;nei suoli delle aree collinari la presenza di questostrato impermeabile concorre ad innescare feno-meni di erosione idrica, poiché comporta unaminore infiltrazione dell'acqua ed un aumentodello scorrimento subsuperficiale con asportazionedello strato superficiale del suolo. Analoghe considerazioni vanno fatte per gli incen-di boschivi (principale causa del degrado del patri-monio forestale della Sicilia) poiché, oltre alladistruzione della sostanza organica del suolo, com-portano anche la perdita di una notevole quantitàdi biomassa, fondamentale fonte di immagazzina-mento del carbonio.

C O M P A T T A Z I O N E Nei paesaggi dei terrazzi marinicalcarenitici tipici della fasce costiere (circa120.000 ettari) sono stati osservati, in particolarenella costa sud - occidentale, su suoli a buona atti-tudine agricola (alfisuoli profondi, adatti a sostene-re colture di pregio), fenomeni di forte degradazio-ne strutturale dello strato superficiale che si manife-stano con forti indurimenti durante la fase di dissec-camento del suolo e collasso della struttura in con-dizioni di saturazione idrica (hardsetting). Tali feno-meni di degradazione strutturale sono probabil-mente da ascrivere all'effetto combinato di condi-zioni di particolare sensibilità e vulnerabilità deisuoli, unite a ripetute lavorazioni superficiali conattrezzi rotanti, spesso eseguite in condizioni di umi-dità del suolo non ottimali, che determinano la pol-verizzazione dello strato superficiale nonché ildepauperamento della riserva di sostanza organi-ca e spesso la sigillatura della superficie del suolo.La grave conseguenza di questo complesso difenomeni è l'erosione, che si osserva in questi suolidopo eventi piovosi di forte intensità e che deter-mina spesso l'asportazione degli strati superficialipiù fertili. Altra causa di compattazione è determinata dalsovrapascolamento, in particolare quando questoavviene sui seminativi nel periodo successivo allatrebbiatura, dopo il passaggio di mezzi pesantisugli appezzamenti, determinando così un ulteriorecompattamento degli orizzonti superficiali. Uncenno va fatto anche sulla problematica dellacompattazione degli orizzonti profondi. Fino aqualche anno fa era molto diffusa la pratica dellamonosuccessione cerealicola, finalizzata principal-mente al percepimento del contributo per l'inte-grazione al reddito e caratterizzata dalla riduzioneall'essenziale delle lavorazioni, ripetute negli annisempre alla stessa profondità; una tale gestione hadeterminato la formazione della suola di lavorazio-ne e la conseguente compattazione degli orizzon-ti sottostanti allo strato lavorato.

S I C I L I A

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S A L I N I Z Z A Z I O N E Attualmente nell'isola, circa il10% della superficie totale (circa 250.000 ettari), èinteressata da suoli affetti da salinità in parte dovutialla presenza di litotipi gessosi (Serie Gessoso-Solfife-ra), in parte indotti dall'irrigazione. I primi sono parti-colarmente presenti nelle province di Caltanissettae di Agrigento, cioè nella zona centrale e meridio-nale dell'isola ove sono da segnalare particolari pro-cessi di salinizzazione secondaria che conduconoalla evoluzione in suoli salini anche di suoli che non sioriginano su di un substrato gessoso; gli altri si rinven-gono prevalentemente nella fascia costiera meri-dionale dell'isola ove, la pratica irrigua continuatanel tempo, ha determinato e determina un accu-mulo di sali solubili nel suolo che provoca l'acuirsi diproblemi sociali ed ambientali particolarmenteintensi, da mettere in relazione non solo alla naturadei suoli presenti ma anche alla qualità delle acquedisponibili per l'irrigazione.

C O N T A M I N A Z I O N E Le conoscenze sulle caratteri-stiche e qualità dei suoli regionali ed un approcciometodologico di tipo multidisciplinare hanno per-messo di definire e valutare la capacità protettivadei suoli nei confronti delle acque profonde e super-ficiali nonché la realizzazione di una Carta Regiona-le delle Zone Vulnerabili da Nitrati di Origine Agrico-la (Fig. 4.44). Dall'analisi della cartografia emergeche le zone vulnerabili occupano una superficie di138.012 ettari, pari al 5,4% della superficie regionalee che corrisponde all'8,5% della superficie agricola.Le zone vulnerabili sono per la maggior parte loca-lizzate nelle poche aree pianeggianti dell'isola,generalmente su superfici caratterizzate da suolipermeabili con capacità di ritenzione idrica bassa omedia e da un uso agricolo intensivo ed irriguo.

D E S E R T I F I C A Z I O N E La cartografia relativa alrischio desertificazione (Fig. 4.45) è stata ottenutaattraverso la somma dei valori degli strati informatividi base (indice di aridità, indice di siccità, indice diperdita di suolo). Dalla classificazione adottata risul-ta che le aree a basso rischio (6%) ricadono per lopiù nelle provincie di Messina e Palermo. Ciò èessenzialmente dovuto agli aspetti climatici, vege-tazionali e gestionali che, in queste aree, presenta-no caratteristiche di buona qualità, ovvero climiumidi e iperumidi in ampie zone boscate e per lamaggior parte sottoposte a protezione per la pre-senza di parchi e riserve. La maggior parte del terri-torio tuttavia presenta un rischio medio-basso(38,1%) o medio-alto (48,4%). In quest’ultimo casol'equilibrio tra i diversi fattori naturali e/o le attività

umane può risultare già particolarmente delicato. E'necessaria quindi un'attenta gestione del territorioper evitare l'evolversi di fenomeni di desertificazio-ne. Le aree a rischio elevato (7,5%) si concentranonelle zone interne della provincia di Caltanissetta,Enna e Catania ed in diverse aree costiere. Tale risul-tato riflette le particolari caratteristiche geo-morfo-logiche del territorio interno della Regione Sicilia(colline argillose poco stabili), l'intensa attività antro-pica, con conseguente eccessivo sfruttamentodelle risorse naturali, e la scarsa presenza di vegeta-zione.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Siciliana - Assessorato Agricoltura e ForesteUnità Operativa 49 - Pedologia, Cartografia tematica e Tutela ambientaleViale Regione Siciliana 2771 - 90145 PALERMOResponsabile: Marco Perciabosco (Unità operativa); Fabio Guaitoli (Referente regionale per la pedologia); MariaGabriella Matranga (Referente tecnico per la tutela ambientale)e mail: [email protected]: www.sesa.regione.sicilia.it

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Fig. 4.45 - Carta delle aree vulnerabilialla desertificazione.

Classi di rischio

BassoMedio bassoMedio altoElevato

Fig. 4.44 - Carta della vulnerabilità danitrati di origine agricola.

Zone non vulnerabiliZone vulnerabiliProvinceBacini idrograficiSpecchi d’acquaIdrografia

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C O N S U M O D I S U O L O Dagli studi condotti negli ulti-mi anni nei principali centri urbani dell’isola e in areedi elevato interesse turistico è emerso come il consu-mo di suolo per urbanizzazione rappresenti una delleprincipali forme di degrado del territorio regionale.Tale problematica è solo in parte giustificabile conl’incremento della popolazione residente. In partico-lare, nei soli comuni della costa nord-orientale, neglianni 1958-98 il fenomeno ha interessato 3.745ha parial 4,7% del loro territorio. Recenti simulazioni, per ilperiodo 2000-2020, sull'espansione dell'urbanizzazionein Sardegna, realizzate dall'ESA nell'ambito del pro-getto Desertwatch per il monitoraggio della desertifi-cazione in Europa, hanno evidenziato la tendenzaall'aumento del consumo dei suoli nelle aree costieree di pianura. L'impermeabilizzazione dei suoli (urba-nizzazione e asfalto di superfici), rientra nel concettodi soil sealing, ed è uno dei fattori di rischio desertifi-cazione per la Sardegna.

E R O S I O N E Forme severe di erosione del suolo (rill egully erosion) sono comuni e sono state rilevate in tuttii suoli a rischio. Una prima fase di censimento è inizia-ta con il progetto DESERTNET - Interreg IIIB. Fenomenierosivi di un certo rilievo possono verificarsi, in presen-za di eventi meteoclimatici intensi, anche in aree apendenza non eccessiva, con suoli tendenzialmentefragili. Questi fenomeni, che possono interessare inte-re provincie, negli ultimi anni tendono a ripetersi confrequenza e possono presentare precipitazioni gior-naliere eccezionalmente alte per il territorio sardo (es.517.4 mm in 24 ore il 6/12/2004 a Villanova Strisaili) econ intensità anche superiori ai 20mm in 10 minuti. Inquesti casi si verificano severi fenomeni di erosioneincanalata soprattutto nelle aree collinari e montanedove pratiche agricole, quali le arature profonde,sono state effettuate anche in zone inadatte percaratteristiche pedologiche e acclività. La perdita disuolo è inoltre accentuata nel caso in cui l'eventometeorico si verifichi poco dopo le lavorazioni per lasemina come nel caso del 6 Dicembre 2004.

C O N T A M I N A Z I O N E Il territorio della Piana di Arbo-rea è stato ufficialmente classificato dalla GiuntaRegionale quale area vulnerabile da inquinamentoda nitrati. Il fenomeno e legato all'impatto delle atti-vità agricole e zootecniche e sono allo studio i pianidi recupero dell'area.Altri fenomeni di contaminazione puntuale sono inve-ce quelli di tipo accidentale o doloso, prevalente-mente in aree industriali, servitù militari, aree minera-rie dismesse o in discariche non autorizzate.

S A L I N I Z Z A Z I O N E Rappresenta una minaccia nontrascurabile dovuta ai processi di modifica di caratte-ristiche e proprietà dei suoli legati all'esercizio prolun-gato dell'irrigazione in periodi siccitosi. I problemi disalinizzazione riguardano alcuni suoli nelle zonecostiere (Cagliaritano, Muravera) e possono essereassociati anche a fenomeni di idromorfia ed alla for-

mazione di orizzonti calcici in suoli originatisi su sub-strati carbonatici.

D E G R A D O D E L S U O L O E D E S E R T I F I C A Z I O N E

La gravità del fenomeno è particolarmente impor-tante in Sardegna, in quanto i diversi ecosistemi,naturali e/o agricoli, sono estremamente vulnerabi-li a causa delle specificità geografiche e climati-che dell'isola (insularità). Tra i maggiori problemi didegrado alcuni sono legati alle attività agropasto-rali attuate con tecniche non corrette (perdita disuolo, compattazione e sovrapascolamento).Nei decenni successivi agli anni '60, una politicaregionale finalizzata alla creazione e all'estensionedella proprietà diretta delle terre, attuata coningenti finanziamenti pubblici, ha favorito il cresce-re del livello tecnologico del settore agropastorale,determinando l'incremento del carico animale suipascoli. Il numero di capi è passato dai 3.059.301del 1961 ai 3.923.080 del 1991, con un incrementodel 28%, fenomeno che si è stabilizzato negli annisuccessivi. Tale crescita ha indotto l'estensionedelle superfici a pascolo anche attraverso le pra-tiche dell'aratura e dell'incendio a danno dellesuperfici boscate ed in suoli non sempre adatti.Conseguentemente il sovrapascolamento, l'erosio-ne, gli incendi e l'utilizzo di aree non adatteall'agropastorizia di tipo intensivo, associate aduna variazione climatica tendenzialmente siccito-sa sempre più accentuata, hanno portato aldegrado dei suoli di oltre il 50% della superficietotale delle aree a pascolo in Sardegna, soprattut-to sui suoli più fragili. È da evidenziare come il falli-mento di molti degli interventi di "miglioramento"dei pascoli attuati nel passato, abbia oggi indirizza-to l'amministrazione pubblica ad erogare i finanzia-menti nel settore agropastorale per quelle areedove è possibile associare, alla massima rispostaproduttiva, la conservazione della fertilità dei suolisecondo criteri di sostenibilità. Recentemente, nell'ambito delle attività previstedalla segreteria tecnica regionale della Presidenzadella Regione per la predisposizione del Program-ma Regionale per la lotta alla desertificazionesecondo le direttive del Piano di Azione Nazionale(PAN), e per il programma comunitario INTERREGIIIB (progetto DESERTNET), è stata realizzata dall'ER-SAT-Regione Sardegna, una cartografia delle areesensibili alla desertificazione. La carta è stata ela-borata secondo la metodologia ESAs, modificatain funzione della scala di studio e delle caratteristi-che regionali (pedologiche, climatiche, di uso delsuolo e di gestione del territorio). Dai risultati èemerso che il 36,1% del territorio è risultato "fragile",il 53,6% "critico", il 4,4% a rischio "potenziale", men-tre, il restante 5,8% "non soggetto" o "non classifica-to". (fig. 4.46). Come informazione pedologica èstata utilizzata anche la carta ecopedologica rea-lizzata dall'Università di Sassari nell'ambito dellaconvenzione con JRC(Ispra) (fig. 4.47).

SA R D E G N A

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LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Regione Autonoma della Sardegna, Direzione generale della presidenza, Servizio politiche dello sviluppoReferente regionale per la pedologia: Giosuè LojViale Trento 69, 09123 CAGLIARIe-mail: [email protected] - web: www.regione.sardegna.it

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Fig. 4.46 - Carta delle aree sensibilialla desertificazione.

Fig. 4.47 - Carta ecopedologicadella regione Sardegna.

Non soggetta

Potenziale Critica (C1)

Fragile (F1) Critica (C2)

Fragile (F2) Critica (C3)

Fragile (F3) Non classificata

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VALLE D’AOSTALa modesta profondità, il tenore in scheletro, ilgrado di carbonatazione, l’evoluzione della sostan-za organica e dell’acidificazione del profilo dei suoli,benché molto influenzati dalla copertura vegetale,rappresentano fattori di vulnerabilità della copertu-ra pedologica. In linea del tutto generale, appaionodistinguibili: suoli vulnerabili all’erosione e potenzial-mente soggetti a desaturazione, poco profondi,scheletrici e instabili o stabilizzati di prateria d’altaquota o sotto copertura forestale di conifera; suolicolluvio-alluviali più profondi, meno scheletrici e piùstabili. La cartografia dei suoli è carente: è in via dicostruzione la Carta dei suoli in scala 1:50.000 deibacini di fondovalle, più interessati dall’agricoltura,insieme alla cartografia derivata (Interreg II Italia-Francia n. 213). I rischi pedo-ambientali più attuali interessano pre-valentemente l’erosione, la destrutturazione e/o lacompattazione crio-nivale. Destano attualmentepreoccupazione le vaste superfici prative innevatesu cui incidono crio-turbazione con effetti diretti sullapedogenesi e, sempre più spesso, pesano le prati-che d’uso ricreativo e sportivo, che portano al pro-gressivo degrado dei caratteri fisici, chimici e biolo-gici degli orizzonti superficiali. I danni ambientali piùvisibili concernono la perdita di suolo per erosionelungo i versanti, i soliflussi crio-nivali, i movimenti inmassa valanghivi di suolo e/o neve, gli scoticamen-ti, l’accumulo colluviale compatto di materiali fini sil-toso-argillosi, la selezione delle specie del mantoerboso e la variazione della bio-diversità microbica.L’impatto avviene in particolare all’interfacciasuolo-neve nel periodo invernale, ma prosegue condinamiche diverse in quello estivo, interessando lesuperfici alterate o denudate; sono in via di defini-zione modelli di previsione del rischio e ipotesi diintervento nell’area pilota Monterosaski (Valle delLys). La contaminazione è dovuta all’aumento delleaziende zootecniche, con elevata concentrazionedi bestiame su piccole superfici (15 Uba/ha). Taleattività produttiva è correlata al mercato dei pro-dotti tipici, ma comporta un elevato impatto dadeiezioni, smaltite direttamente sulle superfici. Talerischio è maggiore dove il suolo è poco tamponan-te, più drenante e meno ricco di biomassa (altaquota). Il rischio è elevato anche per i corpi idricisub-superficiali, per cui si stanno mettendo a puntosistemi bio-pedo-tecnologici sostenibili per l’abbatti-mento della contaminazione azotata e fosfatica(Interreg II Italia-Francia n. 106).

LIGURIATra i principali fattori di degrado ambientale è sen-z’altro l’erosione quello prevalente, per l’elevatapendenza del territorio e l’estensione del trattocostiero, particolarmente aggravato dalla carenteo scarsa manutenzione delle sistemazioni idraulico-

agrarie (muri a secco) e dal degrado della superfi-cie boschiva per incendi. La salinizzazione può poirappresentare un ulteriore fattore di rischio per dueordini di motivi: per ingressione di acque marine (es.bassa valle della Magra, aree litorale di Ceriale) oper un eccessivo impiego di fertilizzanti, particolar-mente evidente in serra dove manca l’azione dila-vante dell’acqua piovana. Per contro, i fenomeni dicompattazione, perdita di sostanza organica odesertificazione esprimono scarsa rilevanza nell’am-bito ligure. Il tipo di coltivazioni praticate, colture inserra, od olivicoltura e viticoltura in assetto collinareinfatti, non possono avere luogo con mezzi tali dafavorire la compattazione o la modifica del livello disostanza organica; gli apporti frequenti nelle colturespecializzate insieme all’estensivizzazione delle altre(es. inerbimento) consentono di mantenere un buonlivello di sostanza organica, peraltro riscontrato ana-liticamente.

LAZIONel Lazio la conoscenza dei suoli si è sviluppata soloper determinate aree. L’elevata variabilità geologi-ca e morfologica si riflette sui relativi suoli, che sonocaratterizzati quindi da notevoli differenze di sensibi-lità ai diversi usi.Nell’area settentrionale della regione i suoli, origina-ti prevalentemente da substrati vulcanici, presenta-no una minore sensibilità ai diversi fenomeni degra-dativi derivanti sia dall’uso agricolo che da quellourbanistico ed industriale (salinizzazione, erosione,inquinamento, cementificazione, ecc.). Quandopresenti, tali processi risultano comunque maggior-mente controllabili e contenibili che su gli altri suoli didiversa origine pedogenetica. Nella fascia litora-nea, ed in specialmodo nella pianura pontina, i suolisono interessati da un’agricoltura meccanizzata adelevati input. Frequentemente si constata un consu-mo di suolo per un elevato processo urbanizzativopolverizzato sul territorio, che produce degrado irre-versibile. La problematica di maggior rilievo in que-ste aree è rappresentata dal lento processo di sali-nizzazione in atto ormai da tempo e che si staaccentuando progressivamente a causa dell’utiliz-zo di sempre maggiori quantitativi di acque irriguederivanti dalle falde idriche contaminate da sali, acausa dell’avanzamento del cuneo salino. Nellestesse aree, l’utilizzo talvolta inadeguato di fertiliz-zanti chimici produce eccessi di nutrienti nei suoli e,per la loro elevata permeabilità, conseguenti inqui-namenti delle falde idriche. Nelle aree collinari emontane si constata un progressivo abbandono deisuoli una volta utilizzati per il pascolo e di quelli neiquali il governo del bosco era capillare e sistemati-co. In tali situazioni si può assistere, anche se non informa allarmante e spesso legata a situazioni loca-lizzate, a processi degradativi dello strato superficia-le dei suoli, con conseguente innesco di fenomeni

L E A LT R E R E G I O N I D A R S A 2001

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erosivi. Il fenomeno degli incendi nel Lazio è moltolimitato sia come superfici interessate che neltempo, e si verifica particolarmente in aree costie-re a macchia mediterranea, ma, ad eccezione del-

l’incendio verificatosi nel 2000 nella Pineta di Castel-fusano, che ha prodotto danni rilevanti sia allavegetazione ed alla fauna che ai suoli, non costitui-sce in linea generale una delle emergenze di rilievo.

LE P R O B L E M A T I C H E D E I S U O L I N E L L E R E G I O N I I T A L I A N E

Enti regionali di riferimentoValle d’Aosta: Regione Val D'Aosta, Dipartimento Agricoltura, Loc. Grande Charrière, 66, 11020 SAINT CHRISTOPHE (AOSTA)Referente regionale per la pedologia: Luigi Bruna, e-mail: [email protected]

Liguria:Regione Liguria - Serv. Prod. Agricole e PromozioneVia Fieschi, 16100 GENOVAReferente regionale per la pedologia: Marco Capurro, Stefano Pini; e-mail: [email protected]

Lazio:Regione Lazio, Direzione Regionale Agricoltura AREA D14Via R.R. Garibaldi 7, 00145 - ROMAReferente regionale per la pedologia: Massimo Madonia, e-mail: [email protected]

113

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FONTI

DELLE FIGURE

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116

Copertina - fotografia P. Orlandi, grafica F. IozzoliIndice - (da sx verso dx): F. Fumanti; P. Orlandi; S. Silvestri;

F. Fumanti

1. Il Suolo (fotografia F. Fumanti)

La complessità del suoloFig. 1.1 - F. Fumanti e S. CarforaFig. 1.2 - Rielaborazione grafica di F. Fumanti dal sito:

http://dbs.umt.edu/courses/sci226/lab8_soils.htm Fig. 1.3 - Rielaborazione grafica di A. Di Fabbio da

Duchaufour P., 1977 - PedologyFig. 1.4 - ARPAV (2005) - Carta dei Suoli del VenetoFig. 1.5 - (sx): Rielaborazione grafica di F. Iozzoli da: E. A.

C.Costantini , F. Urbano, G. L'Abate, 2004 - Soil regionsof Italy. http://www.soilmaps.it; (dx): http://www.regio-ne.emilia-romagna.it/ wcm/geologia/canali/suoli.htm

Qualità, attitudine e vocazionalità per una agricolturasostenibile

Fig. 1.6 - Rielaborazione grafica di S. Carfora da immagi-ne di G. Vianello

Fig. 1.7 - ARPAV, cortesia di P. GiandonFig. 1.8 - ERSAF Lombardia, cortesia di S. Brenna

La copertura del suolo in Italia: il progetto CORINE LandCover 2000

Fig. 1.9 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da immaginedi C. Maricchiolo, M. Munafò, A. Pugliese e V. Sambu-cini in: APAT, 2006 - Annuario dei dati ambientali 2005-06

Fig. 1.10 - C. Maricchiolo, M. Munafò, A. Pugliese e V.Sambucini

L’importanza didattica del suoloFig. 1.11 - A. Di Fabbio e M. Di Leginio

Le funzioni e le minacceFig. 1.12 - Rielaborazione grafica M. Di Leginio da P.

Panagos, L. Montanarella e A. Jones, 2006 - Soil Rela-ted policies in E.U.: The E.U. Soil Thematic Strategy onSoil Protection

2. Le funzioni del suolo (fotografia P. Orlandi)

La produzione di biomassa (Figura di fine paragrafo: P.Orlandi)

Fig. 2.1 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da immagineCRA-ISNP su dati Faostat

Fig. 2.2 - A. Di FabbioFig. 2.3 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da ENEA,

2004 - Rapporto energia e ambiente 2003. Fig. 2.4 - M. Di Leginio e S. Carfora

Il suolo nel ciclo del carbonio (Figura di fine paragrafo:P. Orlandi)

Fig. 2.5 - Elaborazione grafica F. Fumanti da AGI, 1999 -Sustaining our soils and society

Fig. 2.6 - Woodwell, 1989 - Biotic causes and effects ofthe disruption of the global carbon cycle. In The Chal-lenge of Global Warming. Washington, DC: IslandPress.

Filtro, capacità tampone e trasformazione di materiali esostanza diverse (Figura di fine paragrafo: F. Fumanti)

Fig. 2.7 - N. Calace, A. Di Fabbio e M. Di Leginio

Habitat biologico e riserva genetica (Figura di fine para-grafo: P. Orlandi)

Fig. 2.8 - T. NotargiacomoFig. 2.9 - A. Di Fabbio e M. Di Leginio

Il suolo e la città (Figura di fine paragrafo dal sito dell'In-

ternational Commission for Anthropogenic Soils -http://clic.cses.vt.edu/icomanth/LaGuardia.jpg

Fig. 2.10 - A. Di Fabbio e M. Di LeginioFig. 2.11 - http://photobucket.com/images/Fig. 2.12 - www2.comune.roma.itFig. 2.13 - www.uml.edu/college/engineering/civil/Abo

ut Civil/urbanland2.html

Luogo e mezzo di conservazione e tramite di accesso agiacimenti paleontologici ed archeologici di fonda-mentale significato culturale (Figura di fine paragrafo:M. Di Leginio)

Fig. 2.14 - Rielaborazione grafica di M. Di Leginio da: E.A. C. Costantini , G. L'Abate et alii, 2004 - Primaapprossimazione della carta dei principali suoli di inte-resse culturale in Italia. http://www.soilmaps.it

Fig. 2.15 - A. Michetti, E. Vittori e L. ServaFig. 2.16 - F. Angelelli e G. Dowgiallo, 1986 - Studio sedi-

mentoloqico e pedologico dello insediamento di etàromana della valle di Baccano (Roma). Boll. Serv.Geol. d'It. (1984)

Il suolo come mezzo di accesso alle materie prime(Figura di fine paragrafo: A. D'Antonio)

Fig. 2.17 - F. FumantiFig. 2.18 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da immagi-

ne di A. Di Fabbio, M. Di Leginio e F. Fumanti in APAT,2006 - Annuario dei dati ambientali 2005-06

Fig. 2.19 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da immagi-ne di C. Daquino in APAT, 2006 - Annuario dei datiambientali 2005-06

3. La degradazione del suolo (fotografia S. Silvestri)

La compattazione (figura di fine paragrafo: ERSAF Lombardia, per cortesia di S. Brenna)

Fig. 3.1 - A. Di Fabbio e M. Di LeginioFig. 3.2 - M. Pagliai Fig. 3.3 - A. Di Fabbio, M. Di Leginio e F. Fumanti

La diminuzione della sostanza organica (figura di fine paragrafo: P. Orlandi)

Fig. 3.4 - A. Di Fabbio e C. IadanzaFig. 3.5 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da P. Sequi,

1979 - Lavorazioni e struttura del terreno. L'Italia agri-cola, 116 (2)

La perdita di biodiversità (figura di fine paragrafo: T.Notargiacomo)

Fig. 3.6 - Rielaborazione grafica A. Di Fabbio da disegnodi M. De Nobili

Fig. 3.7 - T. Notargiacomo

La salinizzazione (figura di fine paragrafo: Regione Siciliaper cortesia di F. Guaitoli e M.G. Matranga)

Fig. 3.8 - A. Di Fabbio, M. Di Leginio e F. FumantiFig. 3.9 - Rielaborazione grafica di F. Fumanti da Sza-

bolcs I., 1994 - Soils and Salinization. In Pessarakli (eds),Handbook of Plant and Crop Stress. M. Dekker Inc.

Fig. 3.10 - Rielaborazione grafica M. Di Leginio da imma-gine di C. Dazzi

L'erosione idrica (figura di fine paragrafo: G. Liguori)Fig. 3.11 - P. Bazzoffi Fig. 3.12 - P. Bazzoffi Fig. 3.13 - P. Bazzoffi Fig. 3.14 - D. TomasiFig. 3.15 - P. BazzoffiFig. 3.16 - Elaborazione JRC-IES, 2004

L'impermeabilizzazone (figura di fine paragrafo: P.Orlandi)

Fig. 3.17 - Servizio Geologico del Piemonte

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FO N T I D E L L E F I G U R E

117

Fig. 3.18 - Grafica di S. Carfora da immagine di R. Bar-beris

Fig. 3.19 - APAT - http://www.mais.sinanet.apat.it/car-tanetms/

Fig. 3.20 - (sx) Volo regione Lazio, 1979; (dx) GoogleEarth, 2006

Fig. 3.21/22 - L. Romano, M. Munafò, 2005 - Cartanazionale dell’impermeabilizzazione dei suoli. Attidella 9a Conferenza Nazionale ASITA.

La contaminazione diffusa (figura di fine paragrafo: P.Orlandi)

Fig. 3.23 - Rielaborazione grafica di S. Carfora su dise-gno di N. Calace

Fig. 3.24 - Rielaborazione grafica A. Di Fabbio, M. DiLeginio, F. Fumanti da AGI, 1999 - Sustaining oursoils and society

La contaminazione puntuale (figura di fine paragrafo:APAT)

Fig. 3.25 - Rielaborazione grafica M. Di Leginio daimmagine di F. Araneo e F.Pascarella in APAT, 2006 -Annuario dei dati ambientali 2005-06

Le AlluvioniFig. 3.26 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da: Greppi

M., 1999 - Idrologia: il ciclo dell’acqua e i suoi effet-ti.

Fig. 3.27 - Rielaborazione grafica F. Fumanti da:http://www.soilsforsalmon.org

Le Frane (figura di fine pagina: Elaborazione C. Iadan-za, A. Trigila, E. Vittori)

Fig. 3.28 - Scuola media A. Pinto di Cetara (SA)Fig. 3.29 - S. SilvestriFig. 3.30/31 - APAT - http://www.mais.sinanet.apat.it/

cartanetiffiFig. 3.32 - A. Trigila e C. Iadanza

La desertificazione (figura di fine paragrafo: S. Silvestri) Fig. 3.33 - A. Di Fabbio e M. Di LeginioFig. 3.34 - L. NaitzaFig. 3.35 - M. SciortinoFig. 3.36 - http://www.ibimet.cnr.it/Case/dismed_pro-

ducts.php

4. Le problematiche dei suoli nelle regioniitaliane (fotografia F. Fumanti, I. Rischia e A. Trigila)

PiemonteFig. 4.1/2/3 - IPLA - Istituto per le Piante da Legno e

l'Ambiente, cortesia di M. Piazzi (Rielaborazione gra-fica F. Fumanti e S. Carfora)

LombardiaFig. 4.4/5/6 - ERSAF - Ente regionale per i Servizi all'agri-

coltura e alle foreste, cortesia di S. Brenna (Rielabo-razione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

Trentino - Alto AdigeFotografia di P. Orlandi

VenetoFig. 4.7/8/9/10 - ARPA Veneto - Dipartimento di Treviso,

cortesia di P. Giandon e R. Capellin (Rielaborazionegrafica F. Fumanti e S. Carfora)

Friuli Venezia GiuliaFig. 4.11/12 - ERSA - Agenzia regionale per lo sviluppo

rurale, cortesia di G. Michelutti e R. Barbieri (Riela-borazione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

Emilia RomagnaFig. 4.13/14 - Regione Emilia Romagna - Servizio Geo-

logico, Sismico e dei Suoli, cortesia di M. Guermandi(Rielaborazione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

Fig. 4.15 - A. Nassisi, 2005 - Relazione sullo stato del-l’ambiente della regione Emilia-Romagna (Rielabo-razione grafica F. Fumanti)

ToscanaFig. 4.16/17/18/19 - Regione Toscana - Direzione Gene-

rale dello Sviluppo Economico, cortesia di A. Vinci(Rielaborazione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

UmbriaFig. 4.20/21 - Regione Umbria - Direzione Generale

Attività Produttive, cortesia di G. Primieri Fig. 4.22 - Regione Umbria & ARPA Umbria (Rielabora-

zioni grafiche F. Fumanti e S. Carfora)

MarcheFig. 4.23/24/25 - ASSAM - Agenzia Servizi Settore

Agroalimentare delle Marche, Servizio Suoli, cortesiadi M. Tiberi (Rielaborazione grafica F. Fumanti e S.Carfora)

AbruzzoFig. 4.26/27/28 - ARSSA - Agenzia per i Servizi di Svilup-

po Agricolo, cortesia di I. Chiucchiarelli e S. Santuc-ci

Fig. 4.29 - E.A.C. Costantini (Rielaborazioni grafiche F.Fumanti e S. Carfora)

MoliseFig. 4.30/31 - ARSIAM - Agenzia Regionale per l’Inno-

vazione e lo Sviluppo dell’Agricoltura nel Molise,cortesia di T. Reale (Rielaborazione grafica F.Fumanti e S. Carfora)

CampaniaFig. 4.32/33 - Regione Campania - Assessorato all'Agri-

coltura, cortesia di A. d'Antonio (Rielaborazionegrafica F. Fumanti e S. Carfora)

PugliaFig. 4.34/35/36 - Regione Puglia - Settore Agricoltura,

cortesia di F. Bellino (Rielaborazione grafica F.Fumanti e S. Carfora)

BasilicataFig. 4.37/38/39 - Regione Basilicata - Dipartimento

Agricoltura e Sviluppo Rurale, cortesia di L. Viviano(Rielaborazione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

CalabriaFig. 4.40/41/42 - ARSSA Calabria - Agenzia Regionale

per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura, cortesiadi G. Aramini

Fig. 4.43 - Regione Calabria & ARPA Calabria (Rielaborazioni grafiche F. Fumanti e S. Carfora)

SiciliaFig. 4.44/45 - Regione Siciliana - Assessorato Agricoltu-

ra e Foreste, cortesia di F. Guaitoli e M.G. Matranga(Rielaborazione grafica F. Fumanti e S. Carfora)

SardegnaFig. 4.46/47 - Regione Autonoma della Sardegna, cor-

tesia di G. Loj e S. Madrau (Rielaborazione grafica F.Fumanti e S. Carfora)

Le altre regioniFotografia E. Vittori

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