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Tami or... the lost Eden

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Avventura sentimentale con finale drammatico d'un italiano birichino nella Palestina dei primi anni '80 del secolo scorso

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Tami or...

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L'antico castello che domina da un'altura il quartiere di Jafo,

venne costruito dai Crociati che volevano così proteggere il porto

dalle incursioni dei pirati saraceni. L'odierna Tel Aviv ancora non

esisteva, venne fondata solo nel 1909 e la vita, a quei tempi, si

svolgeva tutta al riparo della rassicurante ombra del massiccio

castello crociato. Le case costruite l'una addossata all'altra e le

anguste stradine offrivano ben scarse possibilità di movimento ad

eventuali numerose orde assalitrici.

Il Churrasco Restaurant, situato in Jefet St. 13, occupa il primo

piano di una di queste case. Essendo un locale tipico

sud-americano, la sua cucina prepara superlativi piatti a base di

carne: empanadas, chulettas e asados provengono dalle rinomate

mandrie che vivono nelle sconfinate pampas argentine. Gianni vi

aveva trovato lavoro, non tanto per le sue pur discrete capacità in

campo culinario, ma perchè avendone conosciuto il proprietario in

casa di comuni amici, lo aveva affascinato coi racconti dei suoi

viaggi e quando questi aveva saputo che era in cerca di un lavoro,

glielo aveva offerto su d'un piatto (è il caso di dirlo) d'argento.

Il Churrasco era aperto solo la sera e Gianni era impegnato nel

suo lavoro dalle sei del pomeriggio fin verso la mezzanotte,

questo gli permetteva quindi una certa libertà durante le ore del

giorno, oltre a dargli l'opportunità di apprendere qualcosa di

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nuovo sulla difficile arte culinaria.

Lo stipendio non era male ed oltre ad un lauto pasto al giorno,

poteva disporre di una parte del piano superiore al ristorante, dove

da un grande locale situato di fianco alla dispensa, aveva ricavato

un loft più che decente, con pareti-librerie mobili, vari tappeti sui

pavimenti, un bagno-doccia ed una zona-notte con un paracadute

appeso sopra al letto a mò di baldacchino che fungeva anche da

utilissima zanzariera.

La sera, come da accordi presi con Abrham, il proprietario, dalle

ultime ordinazioni che gli venivano fatte, verso la mezzanotte,

poteva prepararne una porzione in più, per la sua propria cena.

Il suo pasto di metà giornata invece, a base di pitha, falafel o

kebab, lo consumava nel suo tempo libero, per strada, come la

maggior parte della popolazione.

Al mattino si recava, percorrendo a piedi una buona parte del

lungomare di Tel Aviv, al Blue Star Bar, per fare colazione e per

svolgere un po' di "public relations". Qui aveva conosciuto tante

persone che vi erano giunte dai quattro angoli del mondo, spinte

dalle necessità o dalle pulsioni più disparate.

Mody, uno dei due soci proprietari, era un gran simpaticone e

soprattutto quando nel bar era presente anche Julius che

giocava a basket nel team "Maccabee", i tre finivano spesso in

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chilometriche ed inconcludenti discussioni che riportavano Gianni

indietro ai vecchi tempi del "Bar Sport" di torinese memoria, era

cambiato lo sport, era cambiata la terminologia, non più "rigore"

ma "tiro libero", non più "goal" ma "canestro", ma l'accanimento

tra i vari tifosi erano gli stessi.

Gli avventori abituali del Blue Star erano stimolanti, cosmopoliti

e facili allo stabilire nuove relazioni, solo Eran, il socio di Mody,

non era molto simpatico, giovane d'età ed ancora inesperto nella

difficile "arte di vivere", aveva da poco terminato di servire il suo

paese sotto le armi, scontroso ed un tantino aggressivo, talvolta si

lasciava andare a dichiarazioni un po' razziste o quantomeno

autarchiche, poco in armonia con l'ambiente circostante. Alcune

volte Gianni aveva assistito, suo malgrado, ad animate discussioni

tra Eran ed una splendida ragazza che veniva ogni tanto a bere

qualcosa al bar; Gianni aveva pensato che lei fosse una sua sorella

minore e lui la stesse riprendendo per qualche suo errore, tanto

erano male assortiti come ipotetica coppia.

Gianni si riproponeva ormai da tempo di prendersi qualche

giorno di permesso dal lavoro, da mesi non si recava al kibbutz

Shuval, vicino a Be'er Sheva, dove si trovavano tanti suoi amici,

chi in veste di volontario, chi addirittura di "membro", vale a dire

di socio nella conduzione del kibbutz.

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Già un paio di volte era stato loro ospite ed alcuni amici

sudamericani avevano organizzato calorose "fiestas" in suo onore:

cibi e bevande in quantità, samba e merengue, ma soprattutto la

possibilità di stabilire "nuovi contatti", sempre utili quando si è

lontani dal proprio paese. Gianni da parte sua, non dimenticava

mai di portare qualche regalino alle persone giuste, -Do ut des-

ehh grandi saggi e maestri di vita i vecchi Latini!

Un venerdì mattino Gianni stava piacevolmente sorseggiando

un Martini e ammirando il paesaggio immerso nel sole, seduto ad

un tavolino sotto la fresca ombra del dehor del Blue Star.

Volgendo il capo alla sua sinistra, dalla sommità del promontorio

di Jafo, l'antico rudere proiettava la sua ombra

sull'azzurro-turchese del mare sottostante. Di fronte a sé, appena

oltre Hayarkon St. la spiaggia ambrata rifletteva i raggi del sole

come se fosse stata disseminata di diamanti; alla sua destra, la

lussuosa sagoma dell'Hilton si stagliava maestosa contro l'azzurro

del cielo. -Ahh!!- pensò Gianni, mentre con una mano

s'accarezzava la barbetta serafico, -The real Promised Land!!-,

stava vivendo un periodo molto positivo, tutto andava per il

meglio: il lavoro era stimolante, la casa accogliente, il tempo

splendido... si sentiva baciato in fronte dalla dea Fortuna in

persona! O da qualche altro dio e si sa, in Terra Santa gli dei non

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mancano di certo! Fù con un certo fastidio che udì un berciare,

turbativo di tanta armonia, venire da dentro al bar e pochi secondi

dopo vide uscire la bella ragazza che lui credeva essere la sorella

di Eran, che singhiozzando e senza chiedergli alcun permesso, si

sedette al suo tavolino, asciugandosi gli occhi col dorso d'una

mano e "tirando sù col naso". Gianni trovò in fondo ad una tasca

dei suoi pantaloncini un fazzoletto, stranamente pulito e

profumato e glielo offerse. Lei con una smorfia di sorriso dipinta

sul bel viso imbronciato, lo prese, ringraziò, lo usò sfregandosi

ripetutamente gli occhi ed il naso, lo appallottolò e se lo cacciò in

tasca. Gianni nel frattempo stava velocemente analizzando la

situazione: quello splendido esemplare di femmina umana non era

la sorella di Eran ma bensì la sua ragazza. Eran non gli era molto

simpatico, ma nemmeno avrebbe voluto dover esser costretto a

cambiare bar, per causa di un qualche problema con uno dei

proprietari... -certo che è veramente bellissima! forse non l' ho

mai avuta una donna così bella!...- le sue valutazioni e relative

considerazioni vennero interrotte da un nuovo vociare

dall'interno del bar, mentre Eran usciva quasi di corsa e senza

degnarli di uno sguardo, attraversava la strada e si allontanava a

passo spedito in direzione del quartiere di Jafo.

Il bel tomo l'aveva involontariamente cavato dalla situazione

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d'impasse in cui si trovava.

Sottilmente stimolata da Gianni, Tami, così si chiamava la

ragazza, prese a sfogarsi: -Ohh non ce la faccio più!! Non ce la

faccio più a sopportare le sue scenate di gelosia! Voglio solo

dormire, dormire e non svegliarmi mai più!-. -Oh fucking hell!-

sbottò Gianni, schiaffeggiato da quella dichiarazione tanto

radicale quanto inattesa, -Are you kidding or what?!?-. No! la

bella Tami non stava scherzando, era veramente sull'orlo di un

brutto esaurimento nervoso; già una volta, raccontò, era stata

salvata in extremis da suo padre, arrivato fortuitamente a casa sua,

mentre Tami in piedi sulla ringhiera, meditava di lasciarsi cadere

dal balcone di casa sua, un appartamento situato al quarto piano di

un palazzo. Mentre ascoltava le sue disavventure, Gianni si rese

conto che Tami aveva veramente bisogno d'aiuto, di relax e di un

po' di svago, la sua mente si stava esaurendo a causa delle

continue scenate di gelosia e della violenza che le seguiva.

La povera ragazza continuava a sfogarsi: sapeva che gli uomini

cercavano una sola cosa, notava che la guardavano con

bramosia, che la tampinavano con un solo scopo, ma lei non ci

pensava neppure ad avere avventure, semplicemente non voleva

fossilizzarsi in un rapporto amoroso così totalitario, nel quale le

erano vietati amici e semplici conoscenti che non fossero del suo

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stesso sesso. Tutto ciò però, Eran non lo capiva e continuava a

torturarla con la sua gelosia patologica che un giorno, lei lo

sapeva, avrebbe provocato prima la loro totale separazione e poi

la sua stessa morte... -Oh come on! stop talking about death!! Ma

come puoi parlare di morte, di suicidio!?... ma porca puttana! Sei

una bellissima ragazza, sei simpatica, intelligente, io do per

scontato di esserlo a mia volta e con te mi ci trovo benissimo.

Non t'ho ancora sentita dire una sciocchezza od una frivolezza e

poi, Dio del cielo!! Guarda di fronte a te! il sole, il mare, già solo

questi doni rendono la vita degna d'esser vissuta. Senti gli

uccellini che cinguettano, guarda quante farfalle e quanti fiori!

Vivi in un paradiso terrestre, od almeno quanto resta di esso! Butti

a mare una vecchia rete da pesca ed hai di che cibarti per una

settimana! Non avresti neanche bisogno di una casa, qui non fa

mai freddo e basterebbe un sacco a pelo. E poi la musica! non ti

piace ascoltare musica? Genesis, Pink Floyd, Beethoven.... e

mangiare? gustare cibi saporiti, la cucina italiana!.... un giorno ti

inviterò a mangiare le mie melanzane alla parmigiana! e il sesso?!

non ti piace fare sesso? sex makes turning the world!!...

La povera ragazza ascoltava annichilita, da una parte i suoi

problemi e le sue angosce la atterrivano e la dilaniavano,

espandendola e comprimendola alternativamente, dall'altra era

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fortemente attratta da quest'uomo che viveva in modo libero,

lontano dal proprio paese, viaggiando ed assaporando le cose

naturali della Vita, sbocconcellando le frutta migliori da un albero

all'altro del suo Eden personale e non... le lacrime le invasero lo

sguardo e presero a sgorgarle inarrestabili dagl'occhi, mentre un

singhiozzo infantile le scuoteva il petto. Tutte le sue

contraddizioni salivano a galla, come spinte alla superficie da un

geyser inarrestabile, un' infanzia passata senza riferimenti, spartita

come un malloppo tra una madre divorata dalla sete di potere ed

un padre stakanovista, totalmente assorbito dalla sua missione; la

scuola frequentata senza lodi né biasimi, quasi per inerzia e per

ultimo, almeno in ordine temporale, un uomo violento e

possessivo, al quale si era aggrappata ormai da alcuni anni,

cercando protezione e comprensione e che invece s'era rivelato

quasi subito un despota intollerante a qualsiasi desiderio, hobby

od amicizia che non fosse da lui stesso condivisa o peggio,

premeditata e programmata.

Gianni che era rimasto ammutolito, sbalordito dall'aver

scoperchiato, suo malgrado, un tale vaso di Pandora, prese a

rincuorarla, accarezzandole la testolina con dolcezza: -Ok, ok,

non è successo nulla, akol beseder, va tutto bene, mi sono fatto un

po' prendere la mano dalla mia vitalità, dalla mia foga di vivere,

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solo che mi fa salire la pressione "a mille", di fronte ad un

panorama così paradisiaco, del quale tu stessa fai parte, sentir

parlare di morte! di suicidio!!... ok, ascolta: io ho in programma di

andare a visitare alcuni cari amici, presso un kibbutz, vicino a

Be'er Sheva, devo solo passare a prendere un acconto sullo

stipendio, nel ristorante dove lavoro, ti porto con me! Tu hai

bisogno di cambiare aria, di conoscere gente nuova, gente

positiva che ti faccia star bene, che ti faccia riassaporare la

Vita! ch' è sì piena di problemi ma anche ampiamente degna di

esser vissuta!!

Tami ormai convinta dalla bontà di tale programma, lo

interruppe dicendo che riguardo ai soldi non c'erano problemi,

avrebbe solo dovuto passare da casa sua per cambiarsi d'abito e

poi in banca. ok! Gianni la seguì e s'incamminarono verso una

delle più belle zone residenziali di Tel Aviv. Poco dopo aver

oltrepassato l'hotel Hilton, girarono a destra e percorse poche

decine di metri, si fermarono davanti ad un palazzo signorile con

l'intera facciata ricoperta di marmo bianco di Carrara.

L'ascensore, sulle cui pareti in radica di noce, tirate talmente a

lucido, ci si poteva specchiare, si fermò al 4° piano, Tami girò la

chiave nella serratura di un pesante portoncino d'ingresso ed

apertolo, fece cenno a Gianni di seguirla.

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-Whow!! e chi ci vive qui?!? esclamò Gianni stupito da tanto

lusso, -Io ci vivo. L'appartamento me l'ha regalato mio padre-,

-Ahh... e i tuoi dove vivono?- chiese Gianni, -I miei sono

divorziati, mio padre è medico e vive e lavora a Ramat Gan, mia

madre invece lavora per il governo e vive a Gerusalemme.-

Tami prese a frugare in un cassetto di un antico scrittoio in

mogano intarsiato e trovato quanto cercava se lo mise in tasca

e si diresse verso quello che Gianni intravide essere un

bagno. Ciò gli permise di darsi uno sguardo attorno. La

superficie dell'appartamento non era inferiore ai 200 metri quadri,

alla faccia dell'appartamentino per la figliola!! Tappeti dai colori

smaglianti, di chiara fattura manuale, cinese e persiana, erano

sparsi un po' ovunque, quadri, i cui autori Gianni non conosceva,

circondati da pregevoli cornici, erano appesi alle pareti. In un

angolo di un vasto salone, delimitato su due lati da un'ampia

porta-finestra scorrevole, troneggiava uno Steinway a coda che

Gianni reputò non dovesse costare meno di una ventina di

migliaia di dollari americani... -Whow!! io questa me la sposo!!-

Gianni non si trattenne dall'esprimere ad alta voce il suo

sbalordimento e l'eccitazione che provava per la nuova, piacevole

scoperta.

Pochi minuti dopo, Tami era pronta, afferrò al volo una borsa da

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viaggio in pelle ed uscì dall'attico seguita da Gianni. Appena in

strada si diressero a passo spedito verso il centro città. Mentre

camminavano, Tami si avvicinò a Gianni e presolo a braccetto, gli

sussurrò con un sorriso radioso che erano anni che non si sentiva

così bene, così eccitata per il solo fatto di andare "alla ventura".

Gianni le accarezzò la mano che lei teneva sul suo braccio e le

disse con un sorriso che tutta la vita era un'avventura, bastava

saperla vivere come tale.

Arrivati in Dizenghoff Circle, una delle piazze più importanti di

Tel Aviv, Gianni fu nuovamente colpito da stupore, quasi come lo

furono i nativi americani, quando videro uno dei marinai sbarcati

con Colombo, accendere il fuoco con un acciarino, invece che

sfregando tra di loro due legnetti: avvicinatasi ad una banca,

invece d'entrarvi, Tami estrasse dal portafogli una specie di

biglietto da visita, lo infilò in quella che sembrava una piccola

buca da lettere e pochi secondi dopo lo ritrasse in piacevole

compagnia di una verde mazzetta di biglietti di banca da 1000

shekelim... -Oh bloody hell!! How did you do that?!?- Erano i

primi anni '80 e Gianni non aveva mai visto prima d'allora un

"bancomat", Tami lo guardò come una newyorkese avrebbe

guardato un aborigeno nudo nel centro di Manhattan, poi resasi

conto del suo, per quanto imbarazzante, genuino stupore, prese a

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spiegargli amorevolmente le funzioni del bancomat, mentre

Gianni la guardava rapito.

Quella ragazza gli piaceva sempre più, bella, di buon cuore,

simpatica, un po' "scombinata" e pure ricca, mancava per ora solo

una qualità all'appello ma Gianni si ripropose di non forzare la

mano e lasciare semplicemente che gli eventi accadessero.

Presero un Taxi e si diressero verso Jafo, percorrendo Allemby

Street. Giunti di fronte al Churrasco, Gianni saltò giù al volo ed

infilatosi nel ristorante, avvertì Abhram che sarebbe stato via

per un paio di giorni: -Se tutto va bene, t'invito al mio

matrimonio!!- gridò al simpatico e benevolo patron, mentre saliva

di corsa i gradini che conducevano al suo loft. Chiuse la porta a

chiave dietro di sé e sollevato il materasso dalla rete, frugò al suo

interno, dopo aver aperto un invisibile passaggio chiuso da due

strisce di velkro. S'infilò in tasca un sacchetto di nylon

accuratamente sigillato e ridiscese di corsa in strada. Risalito sul

taxi, disse al driver: -Todà arbà! Takanà Markasit bvakkashà!

(Mille grazie! Alla stazione centrale per cortesia!)-.

Arrivati nella grande piazza, seguendo il flusso del traffico,

caotico come al solito, il taxista li depositò a pochi metri dal

terminal dell'autobus in partenza per Be'er Sheva.

Pochi minuti dopo, saliti a bordo, Gianni si rilassò, sprofondando

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nel comodo sedile; l'ultima ora era stata piuttosto densa di

avvenimenti e di cose da fare e Gianni ch'era un mago

dell'improvvisazione, andava facilmente "in tilt" quando doveva

seguire una ben preordinata tabella di marcia.

Tami era allegra e loquace, Gianni la osservava attentamente

mentre lei parlava "a ruota libera" di quanto le piacevano i fiori e

le farfalle, i cavalli e di quanto fosse bello il mare ed Israele. Era

veramente bellissima, la più bella ragazza che mai avesse

conosciuto. I capelli nerissimi e corti incorniciavano l'ovale

perfetto del suo viso, la cui pelle, senza la minima imperfezione,

aveva la lucentezza della seta, molto più chiara dei normali

standards della sua razza . Gl'occhi poi, anch'essi neri come il

carbone, brillavano come due diamanti neri.

Gianni era tanto rapito nell'osservarla che quasi non s'avvedeva di

quanto lei parlasse e ridesse e canticchiasse con voce cristallina,

seguendo un motivetto popolare trasmesso dall'impianto

stereofonico di bordo.

Poi di colpo qualcosa mutò ma Gianni preso da quell'atmosfera

idilliaca, per qualche momento aveva allentato la sua attenzione e

non se ne rese immediatamente conto. Tami smise repentinamente

di cantare, di decantare le bellezze della natura che seguitavano a

scorrere fuori dal finestrino, si rabbuiò in volto e tacque.

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Passarono alcuni minuti prima che Gianni realizzasse il

cambiamento ch'era avvenuto in lei e le domandasse con celata

trepidazione che le succedeva. Tami lo guardò in volto mentre i

suoi occhi brillanti venivano offuscati dalle lacrime, poi gli si

abbandonò contro il petto e diede libero sfogo alle sue

insicurezze: -Ok, ora io sto bene, troppo bene! Ma questa è solo

un'avventura, ora andiamo a visitare i tuoi amici e staremo bene e

sarà bello ma poi?...poi torneremo a Tel Aviv e tu riprenderai a

viaggiare da una parte all'altra del Medio Oriente, a visitare amici,

a fare affari ed io a casa ad aspettare...-,

-Aspettare cosa?- chiese imprudentemente Gianni,

-La morte!- fu la risposta...

...Gianni rimase letteralmente a bocca aperta, fino a quando una

piccolissima parte del suo cervello che non era in vorticoso,

caotico movimento, non se ne rese conto e gli ordinò di chiuderla.

Cosa che fece, con una nonostante tutto, buffa espressione.

-Oh bloody hell!! again?!?- sbottò, quando si riprese,

-Stai nuovamente pensando a queste stronzate?! ma dimmi, non

stai bene ora? Stiamo andando a trovare dei buoni amici, che ci

faranno una grande festa, con cibi, musica, buone vibrazioni... ma

forse è proprio qui il tuo problema, hai avuto tutto dalla vita senza

dover lottare per ottenerlo, bastava comprarlo e i soldi non ti

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mancavano, né ti mancano di certo, ma non hai mai imparato ad

apprezzare le cose semplici di ogni giorno. Hai mai sentito il detto

latino -Carpe diem-? e dire che sei nata in una parte del mondo

che in quanto a fatalismo non è seconda a nessuno! come puoi

rovinare la tangibile felicità di oggi, semplicemente pensando ed

ingigantendo la probabile infelicità di domani?-.

Seguì un lungo monologo sulle gioie della Vita, sulle bellezze

della Natura, che si offrono sì gratuitamente, ma solo a coloro che

aprono sufficientemente il cuore e gli occhi per vederle.

Dopo una buona ora di obiezioni e relative spiegazioni sul come

andava vissuta degnamente la vita per evitare che uno si debba

suicidare ad ogni pié sospinto, con un Gianni esausto ed una Tami

rincuorata, il bus della EGGED si fermò nei pressi del kibbutz

Shuval dove i due scesero. Percorsero poche decine di metri ed

arrivati alla sbarra d'entrata, Gianni disse al ragazzo che la

sorvegliava che Marcelo l'argentino e Lorenzo l'italiano li stavano

aspettando, avevano chiesto il permesso al responsabile dei

volontari e potevano ospitare lui e la sua amica per un paio di

giorni.

Meno di cinque minuti dopo, avvisati telefonicamente dal ragazzo

di guardia, Gianni vide due sagome note che si avvicinavano

lungo il viale ombreggiato da giganteschi eucalipti.

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Compiuti gli ultimi metri di corsa, i due amici abbracciarono

strettamente Gianni, baciandolo con trasporto. Gianni presentò

loro Tami, aggiungendo poi in spagnolo che qualsiasi gentilezza o

dolcezza avessero riservato a lei, l'avrebbero fatta a lui.

Arrivati al block dei volontari, tutti erano riuniti per il rituale

benvenuto: Pepe Gallardo ed Edoardo dalla Colombia, Maria

Rosa da Napoli, Paola da Milano, Helen e Bob da Londra più una

decina di nuovi volontari, provenienti da diverse parti del mondo

che Gianni ancora non conosceva ma che s'avvicendarono per un

cordiale saluto.

Gianni lasciò Tami, piacevolmente stupefatta da tanto calore, alle

cure di Maria Rosa, la ragazza più simpatica ed allegra che

avesse conosciuto negli ultimi anni e seguì Marcelo e Lorenzo nel

loro cottage. Appena furono entrati, Marcelo chiuse la porta a

chiave e tirò le tende alla finestra del salotto poi fece un cenno a

Gianni per indicare che tutto era ok. Gianni aprì i regali che tra

abbracci e ringraziamenti vennero subito "assaggiati".

Prima di abbandonarsi totalmente allo spirito di "fiesta" che già

aleggiava nell'aria, Gianni spiegò ai due amici che il "materiale"

era ampiamente disponibile, il prezzo eccellente ed in quanto alla

qualità... la stavano "sentendo" che facessero "girare la voce" al

solito modo e lui prima di ripartire avrebbe lasciato loro la

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quantità richiestagli.

Dopo la cena, varia ed abbondante, che venne consumata tutti

insieme nel grande salone del "mogadon" (refettorio dove tutti gli

abitanti del kibbutz si incontrano per i pasti), presso il

volunteer's pub venne organizzato un party.

Nell'allegria generale della festa, Gianni notò più volte gli occhi

brillanti di Tami che lo cercavano, ma la serata era dedicata alle

"public relations" e Gianni cercò di mantenersi il più distaccato

possibile, anche se ogniqualvolta i suoi occhi incontravano quelli

di lei, i battiti del suo cuore acceleravano e tutto il suo corpo

veniva pervaso da piacevoli brividi.

Verso le tre della mattina, esausti per le ultime ore passate

fin troppo intensamente, Gianni e Tami salutarono i loro ospiti e si

ritirarono nella camera che era stata preparata per loro per

concedersi un sano sonno ristoratore.

La stanza era arredata con gusto variopinto e cosmopolita e

raccontava qualcosa di ognuno dei vari ospiti che vi si erano

avvicendati.

Una bandiera confederata sudista appesa semispiegata ad una

parete, parlava di qualche ragazzotto, magari texano che forse

aveva lavorato proprio nella locale piantagione di cotone,

sicuramente immemore e probabilmente inconscio delle migliaia

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di morti che le idee che questa rappresentava, avevano procurato

cent'anni prima al suo paese, in parte anche a causa di quel

prodotto che lui raccoglieva nelle piantagioni ogni mattino,

magari fischiettando una canzone degli Allman Brothers.

Le delicate sagome di animali di carta raccontavano la pazienza

e la grazia di una giapponesina che aveva scelto il kibbutz tra una

delle varie esperienze sociali richieste nel suo paese per

conseguire una laurea, magari in elettronica.

Ovunque, appesi alle pareti, fotografie di gruppi di giovani,

ridenti ed abbronzati e poi conchiglie e rametti di corallo,

souvenirs illegali di una gita sul Mar Rosso.

Gianni domandò a Tami se aveva qualche problema a dividere il

solo letto disponibile con lui, considerato il fatto che non aveva

l'abitudine di portare le mutande, Tami rimase per un attimo a

bocca aperta, gli occhi le brillarono poi s'affrettò a rispondere:

-Oh no, no J really don't mind-.

Gianni sapeva intimamente che quello splendido esemplare di

femmina umana era suo, era il volere del Fato e lui non aveva

l'abitudine di mettersi contro il Fato, ma a lui la carne piaceva

veramente ben cotta e non certo per un problema di denti.

Si spogliò, s'infilò nel letto e scivolò a contatto con un fianco di

Tami, era calda e morbida, troppo invitante, troppo disponibile...

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