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FACOLTÀ “Tecniche della Pr “SICUREZZA DELLA Candidato Relatore Tony Scredo 1604251 Prof.Luca Natalia À DI MEDICINA E ODONTOIA Corso di Laurea in revenzione nell’Ambiente e nei Luog TESI SPERIMENTALE A NELLA RACCOLTA DELLE A LAVORAZIONE IN FRANTO Prof. Marco Sciarra Correlatore a Anno accademico 2015/2016 ATRIA ghi di Lavoro” E OLIVE E OIO”

“Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi ... · Campania e la Sicilia, fondando numerose città, tra cui Cuma, Sibari, Metaponto, Locri,

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FACOLTÀ

“Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro”

“SICUREZZA NELLA RACCOLTA DELLE OLIVE E

DELLA LAVORAZIONE

Candidato Relatore

Tony Scredo

1604251

Prof.Luca Natalia

FACOLTÀ DI MEDICINA E ODONTOIATRIA

Corso di Laurea in “Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro”

TESI SPERIMENTALE

“SICUREZZA NELLA RACCOLTA DELLE OLIVE E

DELLA LAVORAZIONE IN FRANTOIO”

Prof. Marco Sciarra

1604251 Correlatore

Luca Natalia

Anno accademico 2015/2016

ODONTOIATRIA

“Tecniche della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di Lavoro”

“SICUREZZA NELLA RACCOLTA DELLE OLIVE E

N FRANTOIO”

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INDICE

INTRODUZIONE ............................................................................................................ 5

CAPITOLO I .................................................................................................................... 8

1.1 STORIA PRODUZIONE DELLE OLIVE ............................................................. 8

1.2 DALLA RACCOLTA ALLA LAVORAZIONE IN FRANTOIO, PROCEDURE. ..................................................................................................................................... 11

1.2.1 RACCOLTA ................................................................................................... 12

1.2.2 TRASPORTO DELLE OLIVE IN FRANTOIO ............................................ 16

1.2.3 STOCCAGGIO DELLE OLIVE .................................................................... 18

1.2.4 DEFOGLIAZIONE E LAVAGGIO DELLE OLIVE .................................... 21

1.2.5 PREPARAZIONE DELLA PASTA DI OLIVE ............................................ 23

1.2.6 GRAMOLAZIONE DELLA PASTA DELLE OLIVE ................................. 29

1.2.7 SEPARAZIONE DELL’OLIO DALLA PASTA DI OLIVE ........................ 32

1.2.8 LA DOPPIA ESTRAZONE DELL’OLIO DALLE OLIVE .......................... 43

1.2.9 LA SEPARAZIONE DELL’OLIO DAL MOSTO OLEOSO ....................... 46

1.2.10 CONSERVAZIONE IN MASSA DELL’OLIO VERGINE DI OLIVA ..... 50

1.2.11 I SOTTOPRODOTTI DELLA LAVORAZIONE DELLE OLIVE ............. 57

CAPITOLO II ................................................................................................................. 64

2.1 NORMATIVA ...................................................................................................... 64

2.2 REGOLAMENTO N. 852/04 ............................................................................ 64

2.3 IL FRANTOIO: STORIA E REQUISITI ............................................................. 69

CAPITOLO III ................................................................................................................ 80

3.1 MACCHINE E ATTREZZATURE ...................................................................... 80

3.2 CICLO DI LAVORAZIONE DELLE OLIVE: RISCHI ...................................... 82

CAPITOLO IV ............................................................................................................... 87

4.1 ANALISI E VALUTAZIONE DEL RISCHIO .................................................... 87

4.1.2 METODO INDUTTIVO (PREDITTIVO) ..................................................... 87

4.1.3 METODO DEDUTTIVO ............................................................................... 88

4.1.4 SCHEMA LOGICO DELL’ANALISI DEL RISCHIO ................................. 89

4.2 METODOLOGIE E CRITERI ADOTTATI PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI ........................................................................................................................... 90

4.2.1 ANALISI QUALITATIVA E QUANTITATIVA ......................................... 90

4.2.2 PREDITTIVA: METODOLGIE DI ANALISI PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCIDENTI RILEVANTI IN UN PROCESSO PRODUTTIVO 95

3

4.3 METODOLOGIA HAZOP ................................................................................. 109

4.4 APPLICAZIONE METODICHE PREDITTIVE – HAZOP E FMEA............... 125

CONCLUSIONI ........................................................................................................ 135

BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................... 137

SITOGRAFIA ............................................................................................................... 138

INDICE ICONOGRAFICO

FIGURA 1 - DIAGRAMMA DI LAVORAZIONE DELLE OLIVE MEDIANTE

SISTEMA DELLA PRESSIONE ................................................................................... 35

FIGURA 2 -DIAGRAMMA DI LAVORAZIONE DELLE OLIVE MEDIANTE IL

SISTEMA DI PERCOLAMENTO CON L’OTTENIMENTO DI DUE TIPI DI OLIO.

........................................................................................................................................ 38

FIGURA 3- DIAGRAMMA DI LAVORAZIONE DELLE OLIVE MEDIANTE IL

CICLO DELLA CENTRIFUGAZIONE A 3 FASI, CHE PREVEDE L’AGGIUNTA DI

ACQUA .......................................................................................................................... 42

FIGURA 4- ESEMPIO OLEIFICIO RISPONDENTE ALLE NORMATIVE .............. 79

FIGURA 5 – METODOLOGIA DI ANALISI PER LA VALUTAZIONE DEI RISCHI

DI INCIDENTI RILEVANTI IN UN PROCESSO PRODUTTIVO ............................. 95

FIGURA 6 – ESEMPIO FMEA ................................................................................... 101

FIGURA 7 - PROCEDURA TIPICA DI UNO STUDIO HAZOP .............................. 110

FIGURA 8 - ESEMPIO PAROLE GUIDA .................................................................. 114

TABELLA 1 – STOCCAGGIO E PESATURA DELLE OLIVE: RISCHI .................. 84

TABELLA 2 – LAVAGGI E DEFOGLIAZIONI: RISCHI .......................................... 84

TABELLA 3 - FRANGITURA E PREPARAZIONE DELLA PASTA CON METODO

CONTINU: RISCHI ....................................................................................................... 85

TABELLA 4 – ALLONTANAMENTO DELLE SANSE E DELLE ACQUE: RISCHI

........................................................................................................................................ 85

TABELLA 5 – PULIZIA E MANUTENZIONE DI LOCALI, MACCHINE E

ATTREZZATURE ......................................................................................................... 86

TABELLA 6 – CLASSIFICAZIONE PROBABILITÀ EVENTO ................................ 91

TABELLA 7 – CLASSIFICAZIONE GRAVITÀ DEL DANNO ................................. 92

TABELLA 8 – MATRICE DI CALCOLO DELL’EQUAZIONE R= P X D................ 93

4

TABELLA 9 – TEMPI DI ATTUAZIONE DEI MIGLIORAMENTI IN BASE

ALL’ENTITÀ DEL RISCHIO ....................................................................................... 93

TABELLA 10 – APPLICAZIONE HAZOP E FMEA AL NODO GRAMOLAZIONE

...................................................................................................................................... 128

TABELLA 11 – APPLICAZIONE HAZOP E FMEA AL NODO

CENTRIFUGAZIONE ................................................................................................. 131

TABELLA 12 – RISULTATI HAZOP E FMEA ......................................................... 132

TABELLA 13 – INDICE DI GRAVITÀ ..................................................................... 133

TABELLA 14 – INDICE DI PROBABILITÀ ............................................................. 134

TABELLA 15 – INDICE DI RILEVABILITÀ ............................................................ 134

5

INTRODUZIONE

Il lavoro mira a valorizzare una valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza

sul lavoro riferita a un ciclo produttivo oleario, attraverso l’utilizzo di metodiche

qualitativo/quantitative e predittive.

L’adozione di metodi predittivi prevede l’utilizzo di varie analisi preliminari poco

convenzionali come: audit, check list, analisi storiche per l’applicazione delle seguenti

metodiche: FMEA (Failure Mode and Effect Analysis), e HAZOP (Hazard and

Operability Analysis).

Nella fattispecie verrà analizzato il ciclo produttivo del Frantoio Oleario Bernardi Mario

S. Risulta pertanto opportuno descrivere, in fase preliminare, come i processi della

trasformazione olivicola si siano sviluppati nel corso degli anni.

La situazione nel settore della trasformazione olivicola durante gli anni 60', era

caratterizzata dall’impiego, pressoché generalizzato, del sistema tradizionale della

pressione e, in minor misura, del sistema del percolamento e della centrifugazione.

Quest'ultimo sistema infatti apparve sul mercato italiano alla fine degli anni 60 e

riscosse un rapido e meritato successo nei due decenni successivi, con una conseguente

diffusione dell'innovazione specie nei paesi a più elevata produzione olivicola come

l'Italia, la Spagna e la Grecia.

L'opera di rinnovamento delle strutture però suscitò perplessità e, in certi casi, il rifiuto

ad accogliere l'innovativo sistema che modificava il tradizionale ciclo di lavorazione

delle olive con riflessi, non sempre accettati, sulla qualità organolettica degli oli.

Il progresso tecnologico e la necessità di ridurre i costi di produzione dell’olio

determinarono l’affermazione del sistema della centrifugazione che, in seguito, fu

ulteriormente modificato e perfezionato per soddisfare esigenze particolari connesse ai

problemi ambientali ed al miglioramento qualitativo e quantitativo dell’olio vergine di

6

oliva. Attualmente, infatti, con il sistema continuo della centrifugazione, a 3 fasi e a 2

fasi, si producono quasi la totalità dell’olio vergine di olivo estratto in tutto il mondo.

Nei capitoli del presente lavoro tratteremo dunque l’evoluzione che ha subito il settore

oleario e l’influenza determinata dalle innovazioni tecnologiche sui processi di

lavorazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Dopo un breve preambolo su che cosa sia il rischio, su come procedere in un’analisi ed

in una valutazione del rischio, verrà descritto il processo di analisi utilizzato all’interno

dell’organizzazione, ovvero le metodologie deduttive e le metodologie induttive: nel

primo caso si è proceduto ipotizzando l’evento finale al fine di risalire agli eventi di

causa, tramite analisi qualitative e quantitative, mentre nel secondo caso si è proceduto

ipotizzando il guasto di una componente con successiva analisi volta ad identificare gli

eventi che tale guasto potrebbero causare.

Nel percorso predittivo si prevedono diversi passaggi quali: l’effettuazione dei safety

audit, attraverso i quali si esamina il processo industriale nella sua globalità con lo

scopo di identificare i pericoli potenziali e rischi associati. Conseguentemente con

l’utilizzo di check-list, di processo o sistema, si valutano: componenti, materie e

procedure. Nell’analisi storica che si approccia, attraverso la consultazione delle

informazioni sugli incidenti storicamente verificatesi, a identificare i tipi di eventi

probabili, le loro cause con le modalità di evoluzione. Una volta terminata l’analisi

differenziata dei diversi eventi, si applicano le metodologie per la valutazione dei rischi.

Pertanto, attraverso il metodo FMEA si analizzano continuamente i possibili guasti, o

difetti, legati al progetto e/o al processo. La metodologia prevede un'analisi continua

sistematica dei modi ed effetti di guasto basata sul calcolo di un indice RPN (Risk,

Priority, Number) su 3 indicatori (gravità, frequenza, rintracciabilità) quale tecnica

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preventiva e può essere di progetto o di processo. Infine, con il metodo HAZOP si andrà

ad identificare rischi e problemi di funzionalità di un processo o impianto.

Per dimostrare l’efficacia delle metodiche di analisi nelle differenti condizioni di

utilizzo, come detto in precedenza, è stato analizzato il ciclo produttivo del Frantoio

Oleario Bernardi Mario S.

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CAPITOLO I

1.1STORIA PRODUZIONE DELLE OLIVE

L’olivo (Olea europaea, var. sativa), pianta arborea dalla lunga vita, è diffuso nel mondo

soprattutto nell’emisfero boreale, e anche, ma in misura nettamente minore,

nell’emisfero australe. Più in particolare, la sua coltivazione è concentrata nei Paesi che

si affacciano sul Mar Mediterraneo dove, attualmente, si ottiene il 95-97% della

produzione mondiale di olive e di olio. L’attuale situazione è il risultato del lento ma

continuo sviluppo delle varie civiltà che si sono susseguite nei territori costieri del

Mediterraneo e del Medio Oriente. Non esiste unanime consenso circa il luogo dove la

pianta di olivo fu originariamente coltivata, ma è verosimile che essa fosse nota fin dal

5000-6000 a.C. Come sembra accertato, le civiltà dei Sumeri e degli Ittiti, sorte e

sviluppatesi nell’antica Mesopotamia, corrispondente all’attuale Iraq, e le popolazioni

che abitavano il vicino territorio, corrispondente all’attuale Iran, furono le prime a

lavorare la terra al fine di ottenere, da una primitiva forma di agricoltura, i frutti con cui

alimentarsi e, pertanto, è ragionevole far risalire a loro anche la prima coltivazione

dell’olivo. In ogni caso, nòccioli di olive, sono stati trovati in zone abitate dall’uomo nel

periodo Paleolitico (35.000-8.000 a.C.), mentre resti fossili risalenti al periodo Terziario

(circa 1 milione di anni fa) provano l’esistenza di una pianta selvatica progenitrice

dell’olivo. La storia e l’archeologia hanno documentato che tutte le civiltà sorte e fiorite

intorno al Mar Mediterraneo o nel Medio Oriente, hanno dedicato particolare attenzione

alla coltivazione dell’olivo per ottenerne l’olio impiegato nelle cerimonie religiose, per

l’illuminazione e come unguento per il corpo. La diffusione dell’olivo nei Paesi del

Nord Africa e dell’Europa meridionale avvenne a opera dei Fenici i quali, crearono

colonie nei predetti territori e favorirono la coltivazione della pianta. In Italia, l’olivo è

arrivato a opera sia dei Fenici sia dei coloni greci che, a cominciare dall’VIII secolo

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a.C. e fino al IV secolo a.C., si insediarono nel meridione della penisola, tra la

Campania e la Sicilia, fondando numerose città, tra cui Cuma, Sibari, Metaponto, Locri,

Paestum e altre ancora, che, nel complesso, corrispondono alla denominazione di

Magna Grecia. L’olivo e l’olio d’oliva, tuttavia, ebbero il massimo sviluppo con i

Romani, che apportarono importanti innovazioni nel processo di estrazione dell’olio,

come l’impiego del trapetum (macina in pietra cilindrica), per favorire l’operazione di

molitura delle olive, e l’introduzione della lunga trave, usata come leva (leva di secondo

genere), per la spremitura della pasta di olive. I Romani, inoltre, continuarono a servirsi

dell’olio per l’illuminazione, la cosmesi e i riti religiosi, ma furono i primi a utilizzarlo

per fini alimentari.

Con la caduta dell’Impero Romano e con le invasioni barbariche, anche la coltivazione

dell’olivo, in Italia, subì un declino e si riprese solo nel Medio Evo, soprattutto a opera

delle comunità religiose che, per rifornirsi di alimenti, si dedicavano anche

all’agricoltura sfruttando i terreni circostanti i conventi. Nei secoli successivi la tecnica

della lavorazione delle olive compì alcuni progressi con l’introduzione, nel frantoio,

della trazione animale, per azionare le macine di pietra per la molitura delle olive, e

della pressa a vite, prima di legno e poi di metallo. Naturalmente, le innovazioni più

importanti si realizzarono nel corso del XX secolo, con il perfezionamento del sistema

tradizionale della pressione e con la comparsa sul mercato degli impianti continui di

centrifugazione, i quali hanno modificato, razionalizzato e reso più efficiente il processo

di estrazione dell’olio dalle olive con mezzi meccanici. Parallelamente al progresso

tecnologico, si è intensificata la coltivazione dell’olivo, che attualmente ha raggiunto un

buon livello di produttività anche grazie all’introduzione di nuove tecniche colturali e

alla meccanizzazione di alcune operazioni, ed è aumentata la qualità dell’olio

consumata a livello mondiale.

10

Quando si parla in modo generico di qualità dell’olio ci si riferisce, principalmente, alle

caratteristiche chimiche, chimico-fisiche e organolettiche che il prodotto possiede e che,

in definitiva, si sintetizzano nei valori dei parametri stabiliti dalla normativa nazionale,

comunitaria e internazionale per definire la categoria commerciale a cui appartiene

l’olio vergine d’oliva, il quale è l’olio che si estrae dalle olive solo con mezzi

meccanici. Gli organismi sopranazionali che dettano le norme sulla qualità dell’olio

d’oliva sono il Codex Alimentarius, il Consiglio Oleicolo Internazionale e, per i Paesi

comunitari, l’Unione Europea. Tali organismi, in modo indipendente, possono stabilire i

limiti analitici che l’olio deve possedere per essere classificato in una certa categoria.

Tuttavia, al fine di facilitare gli scambi commerciali tra Paesi olivicoli delle varie parti

del mondo, si è cercato, negli ultimi anni, di armonizzare tutte le norme e i regolamenti

riguardanti le caratteristiche chimiche, chimico-fisiche e organolettiche, e i relativi

limiti analitici, che gli oli ottenuti dalle olive devono presentare per stabilirne la qualità

merceologica e la genuinità. Buoni risultati sono stati ottenuti sul piano

dell’armonizzazione delle norme e attualmente, per quanto riguarda l’olio vergine

d’oliva, vige, per i Paesi dell’Unione Europea, il Regolamento (CE) n. 1513/2001 del

Consiglio del 23 luglio 2001 (4), che, modificando le definizioni precedenti, stabilisce:

“Oli di oliva vergini Gli oli ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi

meccanici o altri processi fisici, in condizioni che non causano alterazione dell’olio, e

che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla

centrifugazione e dalla filtrazione, esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con

coadiuvanti ad azione chimica o biochimica o con processi di riesterificazione e

qualsiasi miscela con oli di altra natura”.

Per tener conto delle differenze qualitative che si possono verificare a carico dell’olio,

in dipendenza della qualità delle olive e degli effetti che le varie operazioni di post-

11

raccolta possono determinare, la normativa ultima, emanata con il Regolamento (CE) n.

1989/2003, stabilisce, per ciascuno dei parametri che definiscono la qualità

merceologica, limiti analitici che consentono di classificare gli oli vergini in una delle

tre categorie commerciali previste. (inserire tab 1.9)

Gli oli vergini appartenenti alle categorie “extra vergine” e “vergine” possono essere

commercializzati al minuto e posti in vendita direttamente al consumatore, mentre gli

oli vergini che appartengono alla categoria “lampante” non possono essere posti in

vendita al minuto ma devono essere conferiti alle industrie di raffinazione, al fine di

sottoporli ai processi di rettifica, mediante deacidificazione, decolorazione e

deodorazione, e ottenere, infine, l’olio d’oliva raffinato che, previa miscelazione con

olio d’oliva vergine (“extra” o “vergine”), può essere posto in commercio sotto il nome

di “olio di oliva”.

1.2DALLA RACCOLTA ALLA LAVORAZIONE IN FRANTOIO,

PROCEDURE.

La lavorazione delle olive viene realizzata mediante due tipologie di processi produttivi:

− ciclo continuo (completamente automatizzato). Le olive vengono raccolte in

campagna e depositate in contenitori di plastica (cassettoni), i quali vengono

caricati su appositi automezzi per il trasporto in frantoio. Le olive vengono

scaricate in una tramoggia e di seguito mediante un nastro trasportatore,

vengono convogliate alle macchine del ciclo produttivo per la loro

trasformazione nel prodotto finito.

− ciclo tradizionale (forte incidenza di operazioni manuali) I frantoi tradizionali

detti anche discontinui, sono quelli che utilizzano per la frangitura delle olive le

antiche ruote di pietra (dette molazze), che schiacciano le olive per pressione

meccanica, mentre l'estrazione dell'olio di oliva viene affidata alla spremitura

12

meccanica (presse idrauliche). Le olive vengono lavate e defogliate; per la

frantumazione delle olive si utilizzano le antiche ruote di pietra (molazze), che

schiacciano le olive, la pasta che si ottiene tramite macchine dosatrici viene

distribuita su dischi di fibra (oggi sintetica, una volta di fibra vegetale)

chiamati fiscoli, che vengono messi uno sopra l'altro in pila su un carrello che

viene poi portato alla pressa per ottenere l'olio con spremitura meccanica. La

ridotta sollecitazione meccanica a carico del frutto olivo rappresenta un

vantaggio per questo tipo di sistema tradizionale.

1.2.1 RACCOLTA

La raccolta delle olive è un'operazione delicata che incide direttamente e in modo

irreversibile sulla qualità dell'olio, di conseguenza il grado di maturazione dell'oliva

determina le caratteristiche organolettiche dell'olio, mentre le cure e le attenzioni rivolte

alla salvaguardia dell'integrità dei frutti prevengono le alterazioni negative del suo

sapore e della sua qualità finale.

La raccolta generalmente viene effettuata a maturazione industriale, cioè quando la

buccia ha assunto un colore rosso vinoso - nero; Se viene effettuata a maturazione

fisiologica, quando cioè la buccia diviene viola scuro e la polpa bruna, si potrebbero

verificare i seguenti inconvenienti:

− le caratteristiche organolettiche dell'olio peggiorano, di conseguenza l'olio

diventa eccessivamente viscoso, perde di colore e di aroma; ad una maturazione

più piena corrispondono oli di colore giallo oro dagli aromi dolci e mandorlati,

mentre il caratteristico colore verdognolo degli oli toscani, ricchi di clorofilla, e

la tendenza al gusto fruttato sono indizio di raccolta precoce effettuata ad uno

stadio di maturazione incipiente;

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− i frutti maturi sono soggetti ad una maggiore tendenza ad irrancidire, a subire

l'attacco di muffe, a subire l'idrolisi dei grassi da parte della lipasi;

− si può andare incontro ad avversità meteorologiche, per esempio il freddo

modifica le molecole degli acidi grassi conferendo all'olio il gusto di cotto e

altera i tessuti cellulari facendoli diventare marroni e conferendo all'olio un

colore rosso detto "colpo di sole"; tali difetti non si allontanano né con la

rettifica né con l'uso di carbone attivo decolorante; l'olio che si ottiene è un "olio

tarato" che può trovare applicazione solo nell'industria;

− si può andare incontro alla caduta spontanea delle olive ed ai seguenti

inconvenienti:

− la buccia delle olive si può lacerare e in parte ossidare (ammaccatura);

− le olive si possono rompere e possono essere attaccate da microrganismi;

− si può verificare il processo dell'umificazione che conferisce sapore di terra;

parte dell'olio si perde nel terreno; entrano nell'oliva Ca2+ e Mg2+ che formano

saponi insolubili disturbando le successive operazioni di estrazione.

La raccolta delle olive può essere manuale o meccanica.

1. Raccolta manuale: è qualitativamente migliore, ma economicamente più

gravosa perché richiede più mano d'opera. Può essere effettuata con le seguenti

procedure:

− brucatura: consiste nel distacco manuale dei frutti; è fra i metodi più costosi, ma

assicura una maggiore finezza del prodotto; assicura la produzione di un olio

meno acido perché le olive vengono via via raccolte a maturazione industriale

riducendone al minimo le perdite e preservandole dall'attacco della mosca

dell'olivo; l'albero non subisce sollecitazioni, non si hanno rotture dei rami, non

si ha il distacco di ingenti quantitativi di foglie; permette anche di risparmiare la

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lavatura e la mondatura delle olive. Si usa per oli pregiati e/o per piante non

eccessivamente alte;

− pettinatura: è un metodo di completamento alla brucatura, specialmente dove gli

alberi raggiungono grandi altezze, che consiste nell'uso di "pettini" di legno per

ripassare le fronde cariche di olive;

− raccattatura: consiste nel raccogliere da terra le olive cadute per maturazione

fisiologica o perché attaccate da parassiti o perché abbattute dalle intemperie; è

un metodo di raccolta antieconomico e irrazionale perché le olive risultano

stramature, soggette a inacidimento, irrancidimenti e ossidazioni e attacchi di

muffe. L'uso di cascolanti per facilitare la caduta è altamente sconsigliato perché

sono sostanze poi difficili da allontanare; i cascolanti devono essere sostanze

non liposolubili e non devono produrre metaboliti liposolubili, non devono

danneggiare le foglie e devono avere un effetto rapido. Fra i cascolanti più usati

abbiamo:

− idrazide maleica: è pericolosa perché la pianta reagisce al trattamento

trasformando le sostanze che entrano negli stomi in prodotti di difesa che

non conosciamo; deve essere data otto giorni prima della raccolta e se

nel frattempo piove o tira vento se ne perdono grosse quantità;

− alcoli: CH3OH è tossico per la pianta, provoca la caduta delle foglie e

pare provochi cardiopatie; C2H5OH e gli alcoli superiori sono migliori;

più la catena è lunga più sono attivi, ma anche più tossici;

− glicerina: passa nell'olio, ma non è dannosa; poiché un eccesso può

simulare un esterificato è proibita per legge; è molto costosa;

− acido ascorbico: è molto costoso, ma non passa nell'olio perché è

idrosolubile;

15

− acque di vegetazione: contengono l'ormone che provoca la caduta,

sarebbe quindi un'ottima scelta, ma è ancora in fase di studio;

− bacchettatura o abbacchiatura: si esegue percuotendo con pertiche i rami

dell'olivo; è il metodo peggiore che esista perché esalta i difetti della

raccolta meccanizzata senza mantenere i pregi della brucatura, infatti

poiché l'olivo fruttifica sui rami del secondo anno si pregiudica la

vegetazione degli anni successivi sia troncando i giovani rami sia

provocando contusioni e lacerazione alla corteccia che costituiranno vie

aperte all'ingresso di parassiti vegetali e animali come l'agente della

rogna dell'olivo (pseudomonas sovastanoi);

− scrollatura: si realizza scuotendo ogni tanto l'albero per far cadere le

olive che hanno raggiunto l'ultramaturazione; ha quindi gli stessi

svantaggi della raccattatura.

2. Raccolta meccanizzata: permette di abbreviare i tempi di lavoro, di diminuire

la mano d'opera, ma costringe la pianta a sollecitazioni traumatiche. Ormai la

domanda di mercato ed i costi di produzione hanno reso molto comune l'uso di

macchine e quindi si stanno producendo ed inventando macchine che abbiano

un'azione sempre più simili a quella "morbida" dell'uomo. Con l'ausilio dei

mezzi meccanici si possono eseguire:

− scuotitura: distacco delle olive dall'albero per effetto delle oscillazioni

dei rami provocate da elementi vibranti; il braccio meccanico può

scuotere il fusto o, come è il caso dei più moderni macchinari, i rami;

− pettinatura: distacco delle olive dall'albero per effetto di attrezzi a mano,

a denti, punte, ecc.;

16

− raccattatura: raccolta delle olive per mezzo di elementi meccanici o per

aspirazione; l'operazione è abbinata di norma alla scuotitura.

− La raccolta meccanica si è finalizzata a prevedere la scelta del sistema

migliore di raccolta nelle situazioni olivicole più varie: con l'introduzione

di scuotitori a maggior efficienza; con macchine specifiche per la

raccolta da terra; con telai intercettori meccanizzati, per aumentare la

produttività dei vari cantieri di raccolte e quindi diminuire l'abbandono

degli investimenti olivicoli. I sistemi che si sono rivelati più validi sono:

− telai intercettori in sostituzione delle reti: montati su rimorchio svolgono

la funzione di ricezione, di carico e di trasporto delle olive per mezzo di

rulli che possono svolgere e riavvolgere le reti con le olive;

− ramazzatura da terra e aspirazione meccanica: predisponendo delle

apposite piazzole, livellate e rullate, attorno agli olivi vi si raccolgono le

olive cadute per scuotimento meccanico, che vengono ramazzate da terra

e poi aspirate meccanicamente e subito selezionate dalle impurità;

− ventilazione: mediante un ventilatore montato nella parte anteriore

dell'attrezzo, con getto di aria diretto verso terra si spingono le olive,

precedentemente staccate per scuotimento, in un incanalatore e da questo

ad un sollevatore a palette che porta le olive ad una griglia selezionatrice;

− pettini meccanici: rappresentano un buon compromesso fra la raccolta a

mano e quella meccanizzata.

1.2.2 TRASPORTO DELLE OLIVE IN FRANTOIO

Abbiamo visto quanto sia importante la raccolta delle olive sane e al punto giusto di

maturazione, è altrettanto importante però il trasporto in giornata all’oleificio affinché

siano poste rapidamente in lavorazione.

17

Il mezzo più idoneo per il trasporto delle olive dipende da molti fattori, come la quantità

di drupe da trasportare, la distanza da percorrere, le disponibilità dell’azienda

produttrice, il sistema di stoccaggio che il frantoio adotta. Nel nostro Paese, nelle zone

ad alta produzione olivicola, il modo più comune di trasportare le olive è rappresentato

dall’impiego di motofurgoni, con cassone ribaltabile, che permette di scaricare

rapidamente le olive nelle box di stoccaggio. Attualmente, tuttavia, lo stoccaggio delle

olive in frantoio si effettua soprattutto mediante l’impiego dei bins e, pertanto, si cerca

di realizzare il trasporto delle olive in modo da facilitare lo scarico delle stesse nei

grossi cassoni (bins). A tal fine, un mezzo razionale di trasporto è rappresentato dall’uso

delle piccole cassette di plastica forate, della capacità di 20-30 kg, da cui è agevole e

rapido lo scarico delle olive nei bins, con limitato impiego di manodopera.

Disponendo di un idoneo mezzo meccanico di trasporto, come un trattore o un camion,

appare ugualmente razionale caricare le olive raccolte direttamente nei bins, posti sul

mezzo, da trasferire all’oleificio dove, mediante opportuno muletto, i cassoni si

depositano in attesa della lavorazione. Le predette modalità di trasporto ben si adattano

alla realtà italiana, dove la lavorazione delle olive in frantoio si realizza per singole

partite di ciascun proprietario.

Questa caratteristica se, da una parte, rappresenta un utile mezzo per conservare gli

elementi di tipicità delle differenti produzioni, costituisce, dall’altra, un ulteriore

aggravio dei costi di trasformazione poiché determina un’inevitabile perdita di tempo,

nonché la riduzione della capacità di lavorazione del frantoio.

Nel caso di trasporto di quantitativi elevati di olive, quando la distanza da percorrere è

ridotta, il mezzo di trasporto più razionale è quello che si avvale di grossi trattori con

rimorchio dotato di cassone ribaltabile; quando la distanza da percorrere è notevole, è

opportuno utilizzare autocarri dal fondo coperto con tela impermeabile e con cassone

18

ribaltabile al fine di agevolare l’operazione di scarico. Ciò avviene comunemente in tutti

i Paesi olivicoli, soprattutto nelle regioni con maggiore produzione di olive, dove l’uso

di trattori piccoli o grandi è molto diffuso.

1.2.3 STOCCAGGIO DELLE OLIVE

Lo stoccaggio delle olive è un’operazione necessaria, ma che sarebbe bene evitare,

allorché la quantità di olive, pervenute in oleificio nell’arco della giornata, sia superiore

alla capacità di lavorazione giornaliera del frantoio stesso. Questa esigenza, che

fortunatamente è andata riducendosi negli ultimi anni, si verificava spesso nel passato in

quanto i frantoi, pur numerosi, erano dotati in maggioranza di impianti operanti con il

sistema della pressione, la cui capacità oraria e giornaliera di lavorazione, riferita alla

singola pressa con pistone da 35 o 40 cm, è molto contenuta, variabile da 1,2 a 1,5 t di

olive/8 ore.

La conseguenza era l’accumulo delle olive nell’olivaio, in attesa del turno di

lavorazione, con il rischio del deterioramento delle olive a causa del loro

schiacciamento, che poteva innescare fenomeni di fermentazione della sostanza

organica con formazione di prodotti volatili correlati con alcuni difetti organolettici. Ciò

avveniva regolarmente quando lo stoccaggio delle olive si effettuava utilizzando i

sacchi, di iuta o di plastica che favorivano, a causa del peso sullo strato di fondo, la

rottura delle cellule della polpa dei frutti con fuoruscita del liquido costitutivo delle

olive e con l’innesco dei fenomeni catabolici alterativi a opera dei microrganismi.

Tale problematica si presenta ancora oggi in alcune zone italiane in cui il problema

della qualità dell’olio è secondario poiché il particolare patrimonio olivicolo, costituito

da piante secolari, di dimensioni monumentali, non sempre consente di effettuare le

pratiche agronomiche razionali necessarie per assicurare la sanità e la qualità delle

olive. In tali casi si ottiene un olio che presenta una significativa diminuzione della sua

19

qualità per il notevole incremento dell’acidità libera e per l’insorgenza di difetti

organolettici, la cui intensità va aumentando con la durata dello stoccaggio.

Inoltre si verifica una riduzione del contenuto di fenoli totali degli oli che, pertanto,

subiscono una perdita di quel valore nutrizionale conferito dagli antiossidanti all’olio

stesso. I valori degli altri parametri di qualità non subiscono variazioni di rilievo ma, in

ogni caso, non è accettabile una pratica che comporta una riduzione della qualità

dell’olio, soprattutto nel momento in cui si cerca di adottare ogni accorgimento per il

miglioramento della qualità dell’olio vergine di oliva.

Sebbene lo stoccaggio delle olive per 1-2 giorni su platea impermeabile e lavabile, sia al

coperto sia all’aperto, non comporti rischi significativi per la qualità dell’olio, si

raccomanda di evitarlo poiché l’avvio delle olive verso le operazioni successive richiede

l’impiego di una pala meccanica o, come avveniva in passato, l’impiego di pale manuali

che implicano, in ogni caso, un aggravio economico per i costi della manodopera.

Inoltre, lo stoccaggio all’aperto comporta anche i rischi legati al clima, specie nel caso

di eventi atmosferici ordinari o straordinari che possono determinare pioggia, freddo o,

peggio ancora, neve e gelo. La lavorazione delle olive gelate o molto fredde risulta

altamente problematica poiché l’olio tende a solidificare e, pertanto, è difficile separarlo

dalle altre fasi con conseguente perdita di resa, qualunque sia il sistema di estrazione

impiegato. Un modo razionale di stoccare le olive, in attesa della loro lavorazione in

oleificio, consiste nell’utilizzare allo scopo le cassette di plastica forate aventi capacità

di 25-30 kg; tale pratica consente una buona conservazione delle olive poiché, lo

spessore dello strato di drupe non supera i 20-30 cm, evitando ogni rischio di

schiacciamento dei frutti anche perché, in genere, una certa percentuale di foglie (fino al

5-10%) accompagna le olive stesse; inoltre, la presenza, nelle cassette, dei fori

20

longitudinali assicura la circolazione dell’aria, utile per evitare ogni fenomeno di

riscaldamento della massa.

Tuttavia, l’impiego delle piccole cassette, per la conservazione delle olive, trova un

limite nella necessità di dover utilizzare, per la loro movimentazione, il lavoro manuale

che, per gli alti costi della manodopera e per le difficoltà che talvolta si incontrano nel

reperirla, si cerca di limitare ricorrendo ad altri metodi di stoccaggio.

Attualmente, la maggior parte degli oleifici, specie se di dimensioni medio-grandi,

adotta la pratica di stoccare le olive nei cassoni di plastica (bins) forati aventi una

capacità di 250-350 kg e di dimensioni tali da permettere di movimentarli con la

macchina elevatrice (muletto), alimentata con batterie elettriche, che li trasporta verso le

apparecchiature che effettuano le successive operazioni previste dal ciclo di lavorazione

adottato dall’oleificio.

Le modalità di stoccaggio delle olive dipendono anche dal modo con cui l’oleificio

procede alla loro lavorazione, che può essere di tipo partitario o in massa. Nel primo

caso, le singole partite di olive di ciascun produttore sono stoccate separatamente e, di

conseguenza, avviate alle operazioni di oleificio in modo distinto, al fine di attribuire a

ciascun olivicoltore la resa reale in olio ottenuta e di consentire, a ognuno di essi, di

ritirare l’olio estratto dalle proprie olive e, quindi, di poterne disporre a piacimento. In

tal caso, l’unico metodo di stoccaggio possibile è quello che prevede l’impiego di bins,

cassette o box in muratura al fine di poter tenere separate le olive di ciascun

olivicoltore. Questo metodo, naturalmente, è dispendioso poiché comporta una perdita

di capacità produttiva del frantoio per i tempi morti che necessariamente determina.

Diverso è il caso degli oleifici che operano la lavorazione delle olive in massa e che,

pertanto, non hanno la necessità di tenere separate le partite di olive dei differenti

olivicoltori ma le possono miscelare, fin dallo stoccaggio, con quelle di altri produttori e

21

sottoporle tutte insieme all’estrazione dell’olio. Naturalmente sarà cura del responsabile

del frantoio, soprattutto se cooperativo, mettere insieme partite di olive di buona qualità,

sane e senza evidenti segni di alterazione, tenendole distinte da altre partite di olive di

qualità chiaramente inferiore da sottoporre a estrazione in linee separate.

1.2.4 DEFOGLIAZIONE E LAVAGGIO DELLE OLIVE

La raccolta delle olive, sia a mano sia con gli scuotitori e le macchine agevolatrici,

provoca anche la caduta delle foglie la cui presenza, insieme alle olive, nei contenitori

utilizzati per lo stoccaggio determina condizioni favorevoli per ridurre il peso delle

drupe ed evitare il rischio del loro schiacciamento. In passato, quando i frantoi erano

dotati solo del sistema a pressione, gli olivicoltori operavano in campagna una cernita

manuale delle olive eliminando la maggior parte delle foglie, con fatica e perdita di

tempo.

Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, con l’introduzione, nell’oleificio, del

sistema continuo di centrifugazione a 3 fasi, le aziende costruttrici ritennero utile e

necessario fornire, insieme alle macchine indispensabili per l’estrazione dell’olio, anche

la macchina automatica in grado di eliminare le foglie, e l’eventuale altro materiale

vegetale presente, e di lavare le olive. Le due operazioni vanno, in genere, effettuate per

motivi di ordine igienico e sanitario, per rispettare le norme di buona pratica e

l’HACCP, per ragioni tecnico-meccaniche e anche per motivi legati alla qualità

dell’olio. Infine, poiché l’olio è un alimento, è corretto e doveroso, nel rispetto delle più

elementari norme che regolano la fabbricazione di prodotti destinati all’alimentazione

umana, che la materia prima da cui esso si ottiene sia esente da materiali estranei, sia

vegetali che minerali.

La defogliazione e il lavaggio delle olive vengono, generalmente, effettuati da una sola

macchina che esegue in sequenza le due operazioni e che ha dimensioni variabili in

22

relazione alla capacità di lavorazione dell’oleificio. La macchina elimina, dapprima, le

foglie, e tutto il materiale vegetale libero, mediante una forte aspirazione la cui

efficienza viene agevolata dal movimento di vibrazione della griglia su cui si muovono

le olive, e, successivamente, consente il lavaggio delle olive stesse che, a ondate,

vengono sommerse dall’acqua contenuta nel sottostante cassone e mossa da apposita

pompa di circolazione. Le olive, infine, avanzando sulla griglia vibrante, passano sotto

un magnete, per l’eliminazione del materiale ferroso eventualmente presente, e

subiscono un lavaggio finale con acqua di rete, finemente spruzzata, per rimuovere il

velo di acqua di lavaggio, meno pura. Le olive così preparate sono pronte per la

successiva operazione di frangitura. Le predette operazioni, pur previste e auspicate,

non sempre vengono effettuate dai frantoi di piccole dimensioni che adottano il sistema

della pressione, molto diffusi nel centro-nord del Paese, i quali nel migliore dei casi

provvedono a eliminare solo le foglie con l’apposita macchina.

Dopo l’eliminazione, più o meno completa, delle foglie è opportuno effettuare anche il

lavaggio delle olive al fine di evitare che materiale estraneo non vegetale, come terra,

sabbia, pietre e pietrisco, possa causare danni meccanici al frangitore metallico rotante

ad alta velocità. Lo stesso materiale siliceo, sabbia e terra in particolare, risulta dannoso

per l’azione abrasiva che può esercitare sul corpo cilindro-conico d’acciaio del decanter

che, pertanto, potrebbe risultarne squilibrato con pericolo di rottura e, a causa dell’alta

velocità di rotazione della macchina (circa 3.500 rpm), con conseguente rischio per

l’incolumità del personale addetto al lavoro. In ogni caso, dopo un certo tempo di lavoro

del decanter, anche in relazione alla quantità di olive lavorate, è buona norma sottoporre

l’impianto centrifugo a revisione per lo squilibrio che si genera per l’inevitabile

abrasione cui è soggetto a seguito del lungo esercizio.

23

Il lavaggio delle olive deve essere effettuato con acqua potabile, da ricambiare con

frequenza tale da assicurare l’igiene dell’operazione e da evitare l’insorgenza di cattivi

odori che potrebbero inquinare l’olio. Per un lavaggio completo delle olive, e al fine di

impedire inquinamenti dovuti all’acqua riciclata nella lavatrice, è opportuno integrare

l’impianto con spruzzatori a doccia supplementari che effettuano il lavaggio finale con

acqua di rete eliminando eventuali residui di “sporco” dalle olive. L’operazione di

lavaggio delle olive, inoltre, favorisce l’allontanamento di eventuali residui di

fitofarmaci idrosolubili, o dei loro metaboliti, e anche di residui di sali di rame

impiegati normalmente per la protezione della coltura.

1.2.5 PREPARAZIONE DELLA PASTA DI OLIVE

Dopo le operazioni di defogliazione e lavaggio, comuni a tutti i sistemi anche se non

sempre adottate, le olive devono essere assoggettate ad altre operazioni che hanno la

finalità di preparare una pasta in cui la fase oleosa possa essere separata, con relativa

facilità, dalle altre fasi costituenti l’impasto. L’estrazione dell’olio dalle olive con mezzi

meccanici, infatti, è resa possibile da un insieme di procedure che si effettuano in

oleificio e che sono finalizzate a liberare le gocce di olio dai tessuti vegetali che le

contengono e a favorire la riunione delle piccole gocce, per formare gocce di più grandi

dimensioni in grado di separarsi in una fase liquida continua. L’olio, difatti, è presente

nelle cellule della polpa delle olive racchiuso, per la maggior parte, nei vacuoli e

disperso, in minor misura, nel sistema colloidale del citoplasma. In minima percentuale,

inoltre, è contenuto nell’epicarpo e nell’endosperma dell’oliva.

Le operazioni industriali che si devono effettuare in frantoio per la preparazione della

pasta di olive possono essere le seguenti:

− la molitura o frangitura delle olive;

− la denocciolatura delle olive.

24

Molitura e/o frangitura delle olive

L’operazione principale e più importante, tra quelle che si compiono per liberare l’olio,

è la molitura, o la frangitura, delle olive che determina la rottura, più o meno profonda,

delle cellule della polpa contenenti l’olio e che si effettua mediante l’impiego del

frangitore a macine di granito (o molazze) o dei frangitori metallici rotanti ad alta

velocità. Negli oleifici che adottano il sistema della pressione, la molitura delle olive si

effettua, generalmente, con il frantoio a macine di granito (da 2 a 6 macine) che,

operando per 15-25 min, a seconda delle dimensioni delle macine e della quantità di

olive caricate nel frantoio, assicura la migliore preparazione della pasta di olive,

destinata, dopo una breve gramolazione, alla successiva spremitura mediante presse

idrauliche, e anche l’ottenimento di soddisfacenti rendimenti di estrazione. Al frantoio a

macine viene riconosciuto il merito di consentire la preparazione della pasta di olive

senza eccessive sollecitazioni meccaniche, evitando la formazione di emulsioni e senza

pericoli, per l’olio, di inquinamento da metalli. Esso, inoltre, consente di:

− preparare la pasta rapportando la durata della molitura alle caratteristiche delle

olive, in modo da ridurre i nòccioli in frantumi delle dimensioni volute e più

opportuneper la migliore efficacia del sistema della pressione;

− realizzare una soddisfacente rottura delle cellule della polpa che, tuttavia, non

puòessere molto spinta per il fatto che le superfici del bacino del frantoio e dello

scalzodella macinasono scabre, non lisce (condizione favorevole per il buon

esercizio della pressa);

− favorire la riunione delle goccioline di olio sostituendo, in parte, la

gramolazione;

− non provocare un aumento significativo della temperatura della pasta di olive.

Gli svantaggi sono:

25

− è ingombrante e costoso;

− effettua un lavoro lento e discontinuo;

− bassa capacità di lavorazione;

Negli oleifici che adottano il sistema continuo della centrifugazione, invece, la molitura

delle olive si effettua, in genere, con i frangitori metallici, tra cui più diffusi sono quelli

a martelli fissi, a denti (o a dischi), a martelli mobili, a coni, a rulli, a coltelli. Tali

frangitori hanno un’elevata capacità di lavorazione e operano violentemente la

frangitura delle olive determinando una rottura profonda delle cellule contenenti l’olio e

assicurando, dopo opportuna gramolazione, una buona separazione centrifuga con

soddisfacenti rese in olio.

La violenza dell’operazione, conseguente all’alta velocità di rotazione dell’organo

metallico che determina la rottura dell’oliva (da 1.400 a 2.500 rpm), causa un

incremento della temperatura della pasta ottenuta per effetto del calore che si sviluppa,

per attrito, nel forzato passaggio dell’oliva attraverso i fori, o le fessure, di piccole

dimensioni, che caratterizzano i diversi frangitori. La temperatura della pasta di olive

aumenta di circa 10-14 °C, nel caso di impiego del frangitore metallico a martelli fissi, e

di circa 4-5 °C nel caso di impiego del frantoio a macine.

I frangitori metallici più violenti sono quelli a martelli fissi, che hanno una velocità di

rotazione di circa 2.500 rpm, mentre meno violenti sono quelli a dischi, che hanno una

velocità di rotazione di circa 1.400 rpm; meno violenti ancora sono quelli a rulli e a coni

(meno usati attualmente) e anche quelli a martelli e/o a coltelli mobili, grazie al fatto

che gli organi metallici che schiacciano le olive sono snodati.

Le due tipologie di macchine utilizzate per la preparazione della pasta di olive (macine

di granito e frangitori metallici) non determinano differenze significative nei parametri

della qualità commerciale degli oli, mentre possono influire sull’intensità di alcune note

26

olfatto-gustative dell’olio prodotto. In realtà, la scelta del metodo di molitura delle olive

deve tener conto, oltre che dei costi delle diverse macchine, anche dei seguenti fattori:

− resa in olio;

− qualità organolettica degli oli;

− capacità di lavorazione dell’oleificio.

Alcuni studi mostrano che aumentando la violenza della frangitura, come conseguenza

della maggiore velocità relativa dei martelli, si ottengono oli più amari e piccanti a

causa dell’accresciuto contenuto di un particolare gruppo di sostanze fenoliche; ciò ha

provocato qualche perplessità negli olivicoltori, abituati all’olio ottenuto con la

pressione da paste preparate con le macine di granito e un malcontento dei consumatori.

Gli oli estratti da paste di olive preparate con le macine di granito presentano, invece, un

più basso tenore delle sostanze fenoliche e caratteri organolettici meno intensi

risultando, pertanto, più equilibrati e armonici.

Molti produttori richiesero ai frantoiani modifiche al ciclo di lavorazione al fine di

ottenere oli meno amari e piccanti specie nelle regioni olivicole, come la Puglia, dove

alcune varietà di olive, come la Coratina, danno, di norma, oli amari e piccanti perché

dotati di un elevato contenuto di fenoli secoiridoidi, sia oleuropeinici sia ligstrosidici.

La soluzione tecnologica, che gli oleifici operanti con il sistema della centrifugazione

hanno adottato per soddisfare le predette esigenze, è stata quella di sostituire il

frangitore metallico, violento, con il tradizionale frantoio a macine di granito; Questa

soluzione, se, da una parte, consente di variare alcune caratteristiche degli oli,

riducendone il tenore di fenoli, presenta, dall’altra, alcuni svantaggi, come la riduzione

della capacità produttiva dell’impianto e la minore efficienza del decanter, che non

sempre assicura rese in olio soddisfacenti quando la pasta di olive viene preparata con le

macine di granito. Il frantoio a macine, infatti, ha una ridotta capacità oraria di lavoro,

27

poiché richiede un tempo eccessivo (18-25 min) per preparare adeguatamente la pasta di

olive, e, pertanto, l’oleificio di dimensioni medio-grandi (2-3 t/ora o più) dovrebbe

disporre di 2-3 frantoi a macine per molire le olive necessarie ad alimentare i decanter

centrifughi di cui, in genere, è dotato. Il frantoio a macine è ingombrante e costoso e

averne più di uno non è economicamente proponibile; di conseguenza, la soluzione

adottata molto di frequente è stata quella di impiegare un frangitore metallico a valle del

frantoio a macine. Questa soluzione permette all’oleificio di conservare la capacità

lavorativa originale e di conseguire le stesse rese in olio che il decanter consente di

avere quando la frangitura delle olive viene effettuata con il solo frangitore metallico.

L’operazione di frangitura o di molitura quindi, assume una particolare importanza

poiché, le modalità con cui viene preparata la pasta di olive possono determinare

variazioni significative per quanto riguarda sia le rese di estrazione sia alcune

caratteristiche di qualità, come il contenuto di sostanze fenoliche degli oli e, di

conseguenza, l’intensità degli attributi organolettici di amaro e di piccante. L’oleificio,

pertanto, in relazione alle esigenze proprie e a quelle degli olivicoltori o dei

consumatori, può dotarsi di frangitori differenti da quelli forniti dalla ditta costruttrice

del decanter o può ricorrere all’abbinamento di due tipi di frangitori, che agiscono con

differente violenza, al fine di poter conseguire buone rese di estrazione e di poter

variare, entro certi limiti, le caratteristiche organolettiche degli oli.

Denocciolatura delle olive

Un metodo diverso per la preparazione della pasta di olive, alternativo alla molitura o

alla frangitura, è quello rappresentato dalla denocciolatura delle drupe per mezzo di

apposito apparecchio in grado di separare la polpa finemente sminuzzata dal nòcciolo

intero che si raccoglie a parte. Le macchine che effettuano questa operazione sono

costituite da una camera cilindrica, con superficie forata, entro cui ruota a elevata

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velocità una coclea avente le spire con la parte periferica ricoperta di materiale plastico-

gommoso di una certa consistenza. Le olive sono spinte dalla coclea e dalla forza

centrifuga contro la parete del cilindro e, man mano che avanzano velocemente,

vengono sminuzzate dagli spigoli vivi dei fori; i frammenti di polpa che si formano,

passando attraverso gli stessi fori, sono raccolti nella parte sottostante dell’apparecchio

e avviati nella gramolatrice.

I nòccioli, con le moderne macchine ad alta efficienza, risultano quasi completamente

privati di polpa ed escono dalla parte anteriore dell’apparecchio, dove vengono raccolti

a parte per essere utilizzati, in genere, come combustibile o per altre finalità.

Negli anni Settanta-Ottanta, il problema della denocciolatura delle olive fu affrontato su

scala industriale, con la finalità, da una parte, di aumentare la capacità di lavoro degli

impianti riducendo, con l’operazione descritta, del 30% circa il peso della pasta di olive

da sottoporre a estrazione, e, dall’altra, di ottenere un prodotto costituito solo dall’olio

presente nella polpa dell’oliva, evitando l’eventuale presenza dell’olio contenuto

nell’endosperma. In una serie di prove di confronto (paste di olive integrali e paste di

olive snocciolate) effettuate, furono ottenuti risultati che misero in evidenza una

significativa riduzione del rendimento di estrazione quando si operava con paste di olive

denocciolate e, in aggiunta, la necessità di ridurre la portata di alimentazione del

decanter, per la difficoltosa separazione delle fasi che la mancanza del nocciolino

determinava. Gli oli ottenuti, inoltre, non presentavano differenze nei valori dei

parametri della qualità merceologica, mentre il contenuto di sostanze fenoliche risultava

superiore, del 10% circa, negli oli ottenuti da paste di olive denocciolate.

Tali risultati fecero decadere l’interesse per la tecnica della snocciolatura delle olive

anche, e soprattutto, perché le paste, private del nocciolino, determinavano la perdita,

nella centrifugazione, di una quantità significativa di olio. Con il trascorrere degli anni,

29

tuttavia, si iniziò a prestare maggiore attenzione, da parte dei consumatori, alle

caratteristiche organolettiche degli oli vergini di oliva e, pertanto, si ripropose la tecnica

della snocciolatura delle olive che appariva idonea a far ottenere oli più armonici ed

equilibrati che potevano incontrare un maggior favore da parte del pubblico. In alcune

zone dell’Italia meridionale, infatti, dove spesso si trovano varietà di olive che fanno

ottenere oli disarmonici e con caratteristiche organolettiche di eccessiva intensità, si

incontrano oleifici che operano con il sistema della centrifugazione e che, oltre alla

normale dotazione di frangitori metallici, dispongono anche di apposita macchina per la

denocciolatura delle olive al fine di poter soddisfare anche le richieste di produttori alla

ricerca di oli più equilibrati.

1.2.6 GRAMOLAZIONE DELLA PASTA DELLE OLIVE

La pasta di olive ottenuta dopo l’operazione di frangitura, o molitura, o dopo

denocciolatura, deve essere sottoposta a un’ulteriore operazione tecnologica, la

gramolazione, per preparare al meglio l’impasto per la successiva, e più importante,

separazione delle fasi liquide da quella solida che si effettua con i differenti sistemi di

estrazione. Tale operazione consiste in un lento e continuo movimento della pasta di

olive e si realizza in apparecchiature chiamate gramolatrici (o gramole) aventi forma

semicilindrica, con asse di rotazione orizzontale, o forma semisferica, con asse di

rotazione verticale, queste ultime usate soprattutto in passato negli oleifici dotati del

sistema della pressione. Il lento movimento (20-30 rpm) viene trasmesso alla pasta di

olive da palette, variamente inclinate e ancorate all’asse di rotazione, o, più

comunemente, da un nastro elicoidale a elica senza fine, anch’esso saldato sull’asse e

con inclinazione tale da convogliare la pasta verso l’uscita della gramolatrice dove è

situata la monopompa che alimenta la successiva apparecchiatura.

30

Tutte le parti metalliche dell’apparecchio, in contatto con la pasta di olive, sono

realizzate in acciaio inossidabile, non solo in ottemperanza di quanto previsto dalle più

recenti norme igieniche e sanitarie e dalle norme HACCP, ma anche per motivi di

ordine qualitativo al fine di evitare possibili inquinamenti dell’olio da parte di materiale

ferroso ossidato. Le stesse normative impongono, attualmente, la chiusura accurata delle

gramole per evitare incidenti sul lavoro e cadute accidentali di materiale estraneo

all’interno dell’apparecchiatura stessa.

Le gramolatrici sono dotate di idoneo sistema di riscaldamento, in genere realizzato con

circolazione di acqua calda in apposita camicia esterna, e hanno capacità variabile a

seconda del sistema di estrazione adottato dall’oleificio e della sua capacità di

lavorazione giornaliera.

L’operazione di gramolazione quindi, ha la finalità di incrementare la percentuale di

olio “libero” favorendo, da una parte, la riunione delle goccioline di olio con

formazione di gocce di più grandi dimensioni, tali da potersi separare in una fase liquida

continua, e determinando, dall’altra, la rottura dell’emulsione olio/acqua. In realtà, dopo

la frangitura delle olive, necessaria per ottenere la rottura della maggior parte delle

cellule della polpa, le gocce di olio, disperse nell’impasto, hanno dimensioni

microscopiche e hanno difficoltà a riunirsi perché circondate da una membrana di

natura lipoproteica tendente a mantenerle in stato di emulsione. Il lento movimento, cui

è sottoposta la pasta di olive nella gramolatrice, determina, per azione meccanica, la

rottura della membrana favorendo la riunione delle piccole gocce che diventano di

dimensioni sempre più grandi. L’efficacia della gramolazione dipende soprattutto dalle

caratteristiche reologiche della pasta di olive, ma anche dalla durata dell’operazione e

dalla temperatura che raggiunge l’impasto in lento movimento. I parametri tempo e

31

temperatura di gramolazione possono essere variati entro valori non molto ampi e in

dipendenza del sistema di separazione delle fasi adottato.

Pertanto è opportuno che l’operazione di gramolazione sia effettuata in modo razionale,

utilizzando macchine e impianti puliti, che evitino eventuali inquinamenti dell’olio, e

per tempi e a temperature ragionevoli.

Se si adottano tali condizioni, l’operazione di gramolazione, effettuata in impianti

industriali e su quantitativi industriali di pasta di olive (superiori a 200 kg):

− risulta utile per aumentare le rese di estrazione in olio;

− può avere durata ridotta, anche 15-20 minuti, se si effettua la molitura delle olive

con il frantoio a macine di granito, come avviene comunemente quando si adotta

il sistema della pressione. In tal caso la temperatura della pasta di olive può

essere limitata a valori non superiori a 24-25 °C, senza che ciò comprometta la

resa di estrazione in olio;

− può avere durata maggiore, anche 45-60 minuti, quando si effettua la frangitura

delle olive con i frangitori metallici ad alta velocità di rotazione che determinano

l’incremento dello stato di emulsione dell’impasto con riflessi negativi sulle rese

di estrazione. In tali casi, è buona norma prolungare nel tempo l’operazione che

deve avvenire a temperature variabili tra 28 e 32 °C;

− deve essere prolungata ed effettuata alle temperature predette, specie quando le

paste di olive presentano caratteristiche reologiche tali da renderle di “difficile”

lavorazione e quando si adotta il sistema della centrifugazione a 3 e a 2 fasi;

− non determina variazioni significative nei parametri della qualità merceologica

degli oli, se condotta nelle condizioni sopra descritte;

32

− non determina una riduzione significativa del contenuto di fenoli totali degli oli,

se condotta per tempi non superiori a 45 minuti; ne determina invece un

aumento all’incrementare della temperatura.

1.2.7 SEPARAZIONE DELL’OLIO DALLA PASTA DI OLIVE

Dopo le operazioni di frangitura delle olive e di gramolazione della pasta ottenuta,

comuni a tutti i frantoi a prescindere dal sistema di estrazione impiegato, il diagramma

di lavorazione dell’oleificio prevede l’operazione di separazione dell’olio dalle altre

fasi, solida e liquida, dell’impasto mediante uno dei sistemi meccanici che il progresso

tecnologico ha messo a disposizione del frantoio oleario. L’olio vergine di oliva, infatti,

è tale, cioè “vergine”, solo se la sua estrazione dal frutto oliva si effettua impiegando

macchine e impianti che esercitano forze fisiche o meccaniche, con l’assoluta esclusione

di altri mezzi, in particolare quelli chimici. Questa caratteristica, richiamata

costantemente nella normativa che ne definisce la categoria merceologica –

Regolamento (CE) n. 1513/2001 del 23 luglio 2001 – è, forse, la più importante tra

quelle richieste per differenziare gli oli vergini di oliva da quelli ottenuti da altre

oleaginose, soprattutto dagli oli di semi, in genere estratti con solventi chimici e

sottoposti alle successive operazioni industriali di raffinazione.

In realtà le operazioni, esaminate in precedenza, effettuate in oleificio sulle olive hanno

solo carattere fisico-meccanico, come la defogliazione e il lavaggio, che si realizzano

con il movimento delle olive su nastro e su una grata oscillante, la molitura e/o la

frangitura, realizzate con lo schiacciamento e/o l’estrusione delle drupe, la gramolazione

della pasta, realizzata con la sua lenta agitazione mediante il movimento trasmesso da

organi meccanici in rotazione.

Una volta preparata la pasta di olive, in modo che la maggior parte dell’olio si trovi

33

allo stato “libero”, in grado di separarsi in una fase continua, essa viene sottoposta

all’operazione di separazione delle fasi mediante uno dei sistemi meccanici disponibili,

e permessi, che, esercitando una forza fisica sull’impasto, determina l’estrazione

dell’olio, più o meno puro. I sistemi meccanici che si adottano negli oleifici per

l’estrazione dell’olio sono:

− il sistema della pressione, che opera mediante la forza premente (forza elevata);

− il sistema del percolamento, che opera mediante la forza della tensione

superficiale(forza debole);

− il sistema della centrifugazione, che opera mediante la forza centrifuga (forza

elevata).

Sistema della pressione

Si tratta del metodo classico, che separa il mosto d'olio dalle sanse attraverso una

filtrazione per effetto di una pressione. La pressione si attua in una pressa

idraulica aperta disponendo la pasta d'olio su strati sottili alternati a diaframmi filtranti

in una torre carrellata. Il dispositivo utilizzato per la costruzione della pila consiste in un

piatto circolare in acciaio con sponde leggermente rialzate e sagomate, carrellato per la

movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina) che ha

lo scopo di mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d'olio anche

lungo l'asse centrale della pila.

La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il diaframma filtrante è

costituito da un disco in fibra sintetica forato al centro in modo da essere infilato lungo

la foratina, sul primo diaframma, adagiato sul fondo del piatto, si dispone uno strato di

pasta d'oliva spesso 3 cm, si sovrappone un secondo diaframma e un secondo strato di

pasta e così via. Ogni tre strati di pasta si sovrappone un diaframma senza pasta e un

disco d'acciaio allo scopo di distribuire uniformemente la pressione. Complessivamente

34

si costruisce una pila composta dalla sovrapposizione di 60 diaframmi alternati a 60

strati di pasta, 20 dischi d'acciaio e 20 diaframmi senza pasta. Il quantitativo di pasta

impiegato corrisponde ad una partita di olive molite con la molazza (2,5-3 quintali).

L'intera operazione di carico di una pressa si effettuava a mano, ma attualmente si

utilizzano apposite dosatrici, spesso integrate con la gramola. A questo punto la torre

viene inserita nella pressa e sottoposta a pressioni medie dell'ordine di 400 atm. Per

effetto della pressione il mosto d'olio si separa dalla frazione solida e dal sistema

drenante fluisce lungo l'esterno e lungo la foratina e viene raccolto sul piatto. Terminata

l'estrazione, la pila viene smontata e dai diaframmi viene rimossa la sansa utilizzando

apposite macchine.

I vantaggi dell'estrazione per pressione sono i seguenti

− buona qualità delle sanse

− ridotti consumi di energia e acqua e costi fissi contenuti

− minori quantitativi d'acqua di vegetazione da smaltire

− minore carica inquinante dell'acqua di vegetazione

Gli svantaggi sono i seguenti

− costi rilevanti per l'impiego della manodopera

− oneri derivanti dalla difficoltà di pulizia dei diaframmi filtranti

− funzionamento a ciclo discontinuo

− rischio di peggioramento della qualità in caso di cattiva pulizia dei diaframmi

35

Figura 1 - Diagramma di lavorazione delle olive mediante sistema della pressione

36

Sistema del percolamento

L’estrazione dell’olio dalle olive con il percolamento si basa sul principio della

differente tensione superficiale tra l’olio e l’acqua rispetto a una superficie metallica

che, immersa in un sistema che li contiene, come la pasta di olive, si ricopre

preferenzialmente di olio che aderisce alla superficie con forza tanto maggiore quanto

maggiore è la differenza tra i valori della tensione superficiale tra le due fasi liquide

presenti.

L’olio e l’acqua di vegetazione, infatti, hanno un diverso valore della tensione

interfacciale nei confronti della lamina metallica che si immerge nell’impasto

contenente sia la fase oleosa sia la fase acquosa. Più precisamente, nelle condizioni in

cui si opera, e in particolare in presenza della fase solida della pasta di olive, la tensione

interfacciale dell’olio è inferiore a quella dell’acqua di vegetazione, per cui la superficie

metallica si ricopre preferibilmente di uno strato oleoso.

La prima realizzazione di una macchina funzionante sul citato principio si deve ad

Acapulco, che nel 1917 mise a punto un impianto consistente in una rete metallica su

cui veniva disposta la pasta di olive. Con la rimozione della pasta di olive, si verificava

la separazione dell’olio che filtrava attraverso i fori della rete in quantità molto

maggiore rispetto all’acqua; per tale motivo, il sistema fu anche chiamato “filtrazione

selettiva”. Il sistema però, presentava alcuni inconvenienti risolti successivamente

dall’azienda Rapanelli Fioravante di Foligno (PG), la quale perfezionò la macchina e la

denominò “Sinolea”. Dal punto di vista meccanico-costruttivo, la macchina Sinolea è

costituita da una vasca semicilindrica avente come fondo una griglia d’acciaio

inossidabile nelle cui fessure sono alloggiate numerose lamine mobili, disposte

radialmente al pettine, che, muovendosi lentamente nelle maglie della griglia stessa,

penetrano nella pasta di olive e lasciano sgocciolare l’olio quando se ne ritraggono. Da

37

ciò il nome di “percolamento” o “sgocciolamento” o “filtrazione selettiva”, come in

genere viene chiamata l’operazione.

Le lamine, in un apparecchio della capacità di 300-350 kg di pasta di olive, sono

presenti in numero di 5.120, per una superficie totale, a contatto con la pasta, di circa

1,18 m2. Un sistema meccanico, costituito da un palone d’acciaio e da un pettine di

materiale plastico-gommoso, ruotando alla velocità di 7,5 giri/min, rimuove la pasta di

olive portando continuamente e uniformemente la stessa pasta, che man mano si

rinnova, a contatto con le lamine della griglia.

Sostanzialmente, le fasi di percolamento attraverso la Sinolea, sono:

− immersione del dispositivo estrattore;

− sollevamento;

− raschiamento dell’olio;

Ad ogni ciclo d'immersione il sollevamento del dispositivo fa sgrondare l'acqua di

vegetazione per effetto della gravità mentre l'olio aderisce alle superfici metalliche.

L'efficacia del processo si basa sull'elevato numero di lamelle, indispensabile per una

sufficiente superficie di interfaccia. Durante il moto di ritorno le superfici metalliche

vanno a contatto con un dispositivo raschiatore che rimuove l'olio facendolo confluire in

un sistema di raccolta; tale sistema permette di ottenere un olio di altissima qualità, ma

presenta una resa piuttosto bassa. Qualora esista la convenienza economica, la pasta

residua può essere sottoposta ad un secondo processo di estrazione per centrifugazione,

in modo da ottenere due prodotti differenziati in termini di qualità.

I vantaggi sono:

− lavorazione a freddo e all'assenza di interferenze del processo di estrazione con

le caratteristiche biochimiche della frazione oleosa della polpa delle olive;

− Automazione del processo e ciclo continuo di lavorazione;

38

− l'olio estratto dalla Sinolea, è privo d'acqua e non necessita della successiva

separazione centrifuga

Gli svantaggi sono:

− Bassa resa dell’olio;

− Incremento dei costi di traformazione;

Figura 2 -Diagramma di lavorazione delle olive mediante il sistema di percolamento con l’ottenimento di due tipi di

olio.

39

Sistema della centrifugazione

Si tratta di un metodo molto diffuso perché permette di superare i molteplici svantaggi

associati all'estrazione per pressione. La pasta d'olio è sottoposta ad una centrifugazione

in un tamburo conico ruotante ad asse orizzontale (detto comunemente decanter). Il

decanter utilizzato per la centrifugazione continua delle paste di olive gramolate è

costituito da un tamburo esterno di acciaio a forma cilindro-conica, con la parte

cilindrica più lunga di quella conica, che ruota ad alta velocità, circa 3.500 giri/min,

all’interno del quale gira, generalmente a una velocità leggermente superiore (da 5 a 20

giri/min), una coclea, il cui nastro elicoidale sfiora la superficie interna del tamburo. La

pasta di olive gramolata viene avviata al decanter mediante una monopompa, preferibile

rispetto a una coclea che potrebbe creare emulsioni, e, prima di entrare nella centrifuga,

viene addizionata di acqua, alla temperatura di 24-30 °C, in quantità variabile da 30-40

fino a 60-70 L/100 kg di olive, a seconda delle caratteristiche della pasta stessa.

Distinguiamo diversi tipi di decanter, tra cui:

− Il Decanter a 3 fasi, la tipologia più vecchia, che è in grado di scaricare 3 fasi

contemporaneamente; una fase scarica olio separato, una seconda fase scarica

acqua di vegetazione e impurità fini, la terza fase scarica sansa (nocciolo e

residui della polpa). Tutto il processo avviene in un procedimento continuo e

con macchina interamente in acciaio inox per preservare perfettamente le

caratteristiche organolettiche dell'olio d'oliva. La macchina permette di

risparmiare manodopera e tempo in quanto il ciclo è continuo: lavaggio delle

olive, macinatura, gramolatura (disemulsionamento) e separazione continua

nella centrifuga a tre fasi. Uno dei principali vantaggi, rispetto ai sistemi

tradizionali per pressione, e l'aumento della produttività e la migliore qualità

dell'olio.

40

Questo sistema richiede la preventiva diluizione della pasta d'olio con acqua. In

sostanza presenta difetti considerevoli perché consuma elevati quantitativi d'acqua e

produce elevati quantitativi di acque di vegetazione. L'acqua ha inoltre un'azione di

lavaggio della pasta che porta all'estrazione di un'elevata quantità di polifenoli. Le

acque di vegetazione hanno pertanto una maggiore carica inquinante rendendone

ulteriormente più oneroso lo smaltimento.

− decanter a 2 fasi è stato concepito per ovviare agli inconvenienti del sistema a 3

fasi. In pratica differisce per il minore impiego d'acqua ed è in grado di separare

due sole frazioni: le sanse e le acque di vegetazione e il mosto d’olio contenente

piccole quantità di acqua. Il sistema riduce il problema del carico inquinante

perché la quantità di polifenoli estratta è inferiore. Presenta però il difetto di

produrre sanse eccessivamente umide, non accettate dai sansifici perché hanno

uno scarso valore merceologico. Le sanse diventano pertanto un prodotto di

scarto da smaltire senza alcuna possibilità di recupero economico, essendo poco

conveniente l'essiccazione.

− Decanter “AR”,un particolare decanter, che realizza le due finalità di impiegare

poca acqua aggiunta alla pasta di olive e di consentire un soddisfacente

rendimento in olio. Tale decanter può lavorare a 2 e a 3 fasi e anche secondo una

soluzione intermedia, pertanto viene anche chiamato, impropriamente, “a 2 fasi

emezzo”. La sua principale caratteristica è quella di avere tre ugelli per l’uscita

delle fasi liquide, di cui uno per la separazione dell’acqua di vegetazione e gli

altri due per l’uscita dell’olio. Le due uscite dell’olio si trovano a diversa

distanza: la prima è posta a un’estremità, nella stessa zona di uscita dell’acqua,

mentre la seconda è situata verso l’altra estremità, in corrispondenza di un

diaframma inserito nella zona di separazione della parte cilindrica del tamburo

41

dal cono di spiaggiatura, in questo caso di dimensioni ridotte (cono corto). In

presenza di tale dispositivo, l’avanzamento della sansa trasportata dalla coclea

interna incontra l’ostacolo costituito dal diaframma generando una leggera

pressione sulla sansa stessa che determina l’ulteriore separazione di quella parte

di olio ancora libero, contenuto nella fase solida, che, mediante l’apposito

ugello, può essere estratto incrementando la resa in olio. Il vantaggio di questo

sistema è che si produce un quantitativo inferiore di acque di vegetazione e con

una minore carica inquinante. Le sanse umide hanno ancora uno scarso valore,

tuttavia possono essere trattate con sistemi che permettono un recupero

economico sfruttando il potenziale energetico del nocciolino.

Nel complesso, il bilancio tra i vantaggi e gli svantaggi del sistema della

centrifugazione si riassume nei seguenti punti.

Vantaggi:

− alta capacità di lavoro;

− ridotto fabbisogno di lavoro grazie all'automazione e all'inserimento in un ciclo

continuo;

− discreta qualità dell'olio per il basso grado di ossidazione e la facilità di pulizia;

− ridotti spazi d'ingombro.

Svantaggi:

− elevati consumi energetici;

− maggior consumo d'acqua;

− costi elevati di manutenzione a causa dell'usura a cui è soggetto il tamburo;

− costi di smaltimento dei reflui per la quantità d'acqua di vegetazione prodotta e

difficoltà di gestione delle sanse;

42

Figura 3- Diagramma di lavorazione delle olive mediante il ciclo della centrifugazione a 3 fasi, che prevede l’aggiunta

di acqua

43

1.2.8 LA DOPPIA ESTRAZONE DELL’OLIO DALLE OLIVE

L’estrazione dell’olio dalle olive mediante la doppia lavorazione risulta essere una

necessità tecnologica quando la prima estrazione si effettua con un sistema che non

consente un sufficiente esaurimento della pasta di olive, determinando l’ottenimento di

sanse vergini a elevata umidità e con un contenuto non trascurabile di olio, oppure una

scelta tecnica ed economica dettata dall’opportunità di conseguire sia il vantaggio di

una maggiore resa di estrazione in olio sia quello di disporre di due tipi di olio con

caratteristiche differenti. Il primo caso, che riguarda le paste di olive residue dalla

centrifugazione, può rivelarsi interessanti ed economici il recupero di una parte dell’olio

e, anche, la contemporanea riduzione del contenuto di acqua delle sanse al fine di

poterle collocare vantaggiosamente presso il sansificio.

Nel secondo caso le olive vengono lavorate mediante la doppia pressione per ottenere

l’olio “verdone”.

Alcuni studi confermano che la doppia estrazione dell’olio, effettuata mediante il

sistema della centrifugazione a 3 fasi, determina un esaurimento della pasta di olive

simile a quello accertato con la doppia pressione, con il vantaggio di evitare il notevole

ingombro delle presse e la discontinuità del lavoro tipica del sistema della pressione e,

aspetto molto importante, di ridurre significativamente i costi della manodopera. Inoltre

analizzando i risultati tecnologici, che si conseguono con i sistemi meccanici più

largamente impiegati per la lavorazione delle olive, in particolare con la pressione unica

e con la centrifugazione diretta delle paste di olive gramolate, si evince che, se utilizzati

razionalmente, determinano buoni rendimenti di estrazione in olio ma fanno anche

ottenere sottoprodotti con caratteristiche molto diverse. Con il sistema della pressione,

infatti, si ottengono sanse a bassa umidità ma ad alto contenuto di olio e acque di

vegetazione in cui residua una limitata quantità di olio, mentre con il sistema della

44

centrifugazione a 3 fasi, invece, si ottengono sanse molto umide e a basso contenuto di

olio e acque di vegetazione in cui residua una consistente quantità di olio.Da tale

osservazione si può dedurre che, in tema di doppia estrazione dell’olio, un modo

efficace per conseguire elevate rese dovrebbe consistere nell’effettuare una prima

spremitura soffice della pasta di olive gramolata a cui far seguire la centrifugazione

delle sanse ottenute dalla pressa. In altre parole, l’abbinamento pressione-

centrifugazione avrebbe, in teoria, tutte le possibilità di far conseguire alti rendimenti di

estrazione e anche due tipi di olio da impiegare separatamente, o in miscela tra loro.

Malgrado i buoni risultati quantitativi, e anche di qualità dell’olio, che l’abbinamento

dei sistemi pressione e centrifugazione consente di ottenere, il problema dei costi di

lavorazione, specie per l’elevata incidenza del costo della manodopera, ha provocato il

fenomeno della sostituzione degli impianti a pressione con quelli continui di

centrifugazione, soprattutto nei Paesi ad alta produzione olivicola. Inoltre l’introduzione

dei decanter a 2 fasi, che produce, oltre all’olio vergine, solo sansa molto umida e

contenente tutto l’olio non estratto, ha provocato una modifica importante del normale

ciclo di lavorazione delle olive da parte dei frantoi di grandi dimensioni, consistente nel

cercare di recuperare l’olio che residuava nella sansa mediante una successiva

centrifugazione.

La doppia lavorazione delle olive quindi, può risultare conveniente solo nel caso in cui

la quantità di olio recuperato in seconda estrazione abbia un valore commerciale tale da

compensare i costi di ammortamento e di esercizio delle apparecchiature (gramolatore,

decanter e altre macchine) necessarie per effettuare l’operazione di ripassare la pasta già

centrifugata per una seconda estrazione dell’olio.

Alcuni oleifici di grandi dimensioni, aventi una capacità teorica di lavoro di circa 300-

400 t di olive al giorno possono effettuare la doppia estrazione, eventualmente in

45

periodi di conferimenti ridotti di olive, ricorrendo a un diagramma di lavoro diverso che

consente anche il recupero di un sottoprodotto solido, il nocciolino della sansa, da

utilizzare, convenientemente, come combustibile. Il ciclo di lavoro consiste in una

prima estrazione dell’olio dalla pasta di olive gramolata, mediante un decanter a 2 fasi

(2 uscite), che successivamente viene avviata alla macchina denocciolatrice, per la

separazione del nocciolino. Dalla macchina si ottiene una pasta di olive parzialmente

denocciolata (poiché è bene lasciare una parte dei frattumi di nòcciolo per l’azione

drenante che potranno esercitare nella successiva centrifugazione) che si sottopone

all’operazione di gramolazione, alla temperatura di 40-50 °C, per essere, quindi, avviata

alla centrifugazione in un decanter operante a 3 fasi (3 uscite), con aggiunta di 10-20 L

di acqua/100 kg di pasta.

Questa tecnica di lavorazione presenta quindi, una variante che consiste nella possibilità

di sottoporre alla seconda centrifugazione, previa lunga gramolazione a una temperatura

di 45-55 °C:

− la pasta di olive già centrifugata proveniente dal primo decanter;

− la pasta di olive già centrifugata proveniente dal primo decanter e sottoposta a

una successiva operazione di denocciolatura.

Tale soluzione richiede importanti investimenti, per dotarsi di macchine efficaci a

elevata capacità lavorativa, ma determina sicuramente una significativa riduzione dei

costi se l’oleificio ha la possibilità di lavorare le olive in massa, evitando la separazione

delle varie partite, specie di quelle di peso ridotto.

46

1.2.9 LA SEPARAZIONE DELL’OLIO DAL MOSTO OLEOSO

L’ultima operazione che si effettua in frantoio, è quella della separazione dell’olio dal

mosto oleoso (olio + acqua di vegetazione) mediante un apparecchio centrifugo ad asse

verticale rotante ad alta velocità.

Ogni sistema di lavorazione delle olive prevede, alla fine del processo, la separazione

delle fasi liquide da quella solida secondo le seguenti modalità:

− il sistema della pressione lascia la fase solida (sansa) all’interno della torre di

fiscoli e fa defluire la parte liquida, costituita da olio e da acqua di vegetazione

(mosto oleoso), in un pozzetto da cui viene ripresa e avviata al separatore

centrifugo verticale;

− il sistema del percolamento lascia sgocciolare, dall’apposito apparecchio, una

fase liquida costituita prevalentemente da olio e, in minor misura, da acqua di

vegetazione;

− il sistema continuo della centrifugazione a 3 fasi separa in maniera continua e

distinta le 3 fasi che sono rappresentate, rispettivamente, dalla sansa, dall’olio,

più o meno impuro per la presenza di acqua, e dalla fase acquosa costituita da

acqua di vegetazione diluita e da minime quantità di olio, presente allo stato

libero o in emulsione o racchiuso nei frammenti vegetali che inevitabilmente

confluiscono nella fase acquosa;

− il sistema continuo della centrifugazione a 2 fasi separa in maniera continua e

distinta, da una parte, la fase semisolida costituita dalla sansa e dall’acqua di

vegetazione e, dall’altra, la fase liquida costituita prevalentemente da olio in

presenza di quantità più o meno evidenti di acqua di vegetazione e di frammenti

vegetali.

47

L’olio, comunque ottenuto con i sistemi descritti, prima di essere destinato allo

stoccaggio o al consumo deve essere liberato dalla parte acquosa e dalle altre eventuali

impurezze mediante metodi, che consentono la separazione delle due fasi immiscibili

(olio e acqua), come la decantazione naturale o quella accelerata attuata dalla forza

centrifuga originata da una macchina rotante ad alta velocità intorno a un asse verticale.

La Decantazione è il metodo tradizionale basato sulla non miscibilità dell'olio e

dell'acqua; in fase di riposo l'olio, essendo più leggero, tende ad affiorare in superficie

separandosi dall'acqua. Il mosto d'olio, appena ottenuto con la spremitura, subisce una

prima separazione che permette di ottenere un prodotto di maggiore qualità e

successivamente una seconda separazione della quantità residua che richiede tempi più

lunghi di stazionamento. La separazione per decantazione naturale, tuttavia, è parziale,

di scarsa efficacia e richiede un lungo tempo di contatto tra i due liquidi, anche oltre 10-

12 ore, con possibile inquinamento dell’olio a causa dei prodotti di neoformazione per

fermentazione (aerobica e anaerobica) delle acque di vegetazione. In tal caso l’olio può

acquisire i difetti di avvinato, se l’acqua di vegetazione ha subito una fermentazione

prevalentemente alcolica, di riscaldo, se la fermentazione è stata prevalentemente

lattica, e, infine, di morchia, se il contatto è stato molto prolungato nel tempo e la

fermentazione sviluppata è stata di tipo anaerobico con produzione di acidi grassi a

corta catena. Questo è un metodo ormai del tutto abbandonato in quanto poco adatto ad

ottenere prodotti di qualità.

La centrifugazione verticale è il sistema impiegato in tutti gli impianti (ad eccezione

dell'olio estratto con la Sinolea) per separare l'olio dall'acqua. Al processo è sottoposto

sia il mosto d'olio ottenuto per spremitura o per centrifugazione orizzontale, sia l'acqua

di vegetazione ottenuta dalla centrifugazione orizzontale.

48

Allo scopo si utilizzano separatori centrifughi verticali, macchine mutuate

dall'impiantistica dell'industria lattiero-casearia (scrematrici), che effettuano la

separazione in virtù di una rotazione ad alta velocità. Il separatore centrifugo consiste in

un serbatoio cilindrico contenente il tamburo ruotante costituito da una serie di dischi

conici forati e sovrapposti. Il mosto d'olio, immesso dall'alto, entra nel tamburo ed è

sottoposto ad una centrifugazione a 6000-6500 giri al minuto. Per effetto della

differente densità olio e acqua si separano in due differenti efflussi. Durante la rotazione

si ha un accumulo di residui solidi (morchie) che vengono espulsi tramite un sistema di

sicurezza automatizzato.

I pregi di queste macchine risiedono nella continuità del lavoro, nell’alta portata oraria e

nella rapidità con cui si realizza la separazione dell’olio dall’acqua. L’inconveniente

principale, invece, è rappresentato dalla necessità di fermare l’apparecchio per lo

scarico del solido, che si stratifica nella parte interna del tamburo, e per la pulizia dei

coni sulla cui superficie si deposita uno strato di materiale solido che impedisce il

normale flusso dell’olio. In tali condizioni, lo spessore dello strato di acqua aumenta

fino a miscelarsi con l’olio e uscire dallo stesso braccio. Per ripristinare la normale

efficienza del separatore si deve procedere allo smontaggio della macchina e

all’eliminazione del residuo solido, ovunque depositato e, in particolare, dai coni

mediante lavaggio degli stessi, anche con soluzioni alcaline calde, con notevole perdita

di tempo (fino ad alcune ore) e con la conseguente riduzione della capacità di

lavorazione del frantoio.

La frequenza con cui si deve effettuare la pulizia del separatore, dipende dalla sua

capacità, dal sistema di lavorazione impiegato e dalle caratteristiche delle olive. Quando

si adotta il sistema della pressione, l’acqua di vegetazione, in genere, presenta un tenore

ridotto di frammenti vegetali solidi che vengono bloccati sulla sansa per l’azione

49

filtrante dei fiscoli (diaframmi filtranti) e, pertanto, la pulizia delseparatore deve essere

attuata meno frequentemente, specie se la capacità lavorativadel frantoio è limitata.

Quando si adotta il sistema continuo della centrifugazione, invece, il frantoio, in genere,

ha una capacità di lavoro medio-alta e le acque di vegetazione prodotte contengono

quantità significative di frammenti vegetali che si accumulano, in breve tempo, nella

parte più esterna del tamburo fino a riempire tutto il volume disponibile ostruendo, così,

il percorso obbligato dell’acqua di vegetazione che, a causa di tale impedimento, è

costretta a seguire la via riservata all’olio miscelandosi di nuovo con esso. In tal caso, la

pulizia del separatore dovrebbe avvenire troppo frequentemente, con notevole riduzione

della capacità di lavoro del frantoio. Questo inconveniente è stato in parte superato dalle

moderne centrifughe autopulitrici che, entrate nel frantoio insieme agli impianti continui

di centrifugazione, effettuano, in movimento, lo scarico automatico dei fanghi

azionando il comando per l’apertura di una serie di fori periferici presenti sul tamburo.

Naturalmente, anche questi separatori a scarico automatico necessitano, dopo che una

quantità elevata di mosto è stata sottoposta a centrifugazione, di essere sottoposti a

pulizia con conseguente arresto della macchina.

In genere, la separazione del mosto oleoso, ottenuto con i vari sistemi impiegati

perl’estrazione meccanica dell’olio dalle olive, si effettua inviando direttamente il

mosto al separatore centrifugo verticale che presenta, al di sopra della serie di coni,

l’apposito anello di dimensioni (diametro) opportune, in relazione al rapporto

volumetrico olio/acqua del mosto oleoso, per regolare l’uscita separata dell’olio e

dell’acqua di vegetazione. Nella realtà pratica industriale, tuttavia, si nota spesso che

l’operatore dell’oleificio immette, con apposita tubazione posta al di sopra del

separatore, una certa quantità di acqua di rete, leggermente riscaldata, che si aggiunge al

50

flusso di mosto oleoso il quale, proveniente dalla precedente operazione, alimenta il

separatore centrifugo verticale.

L’immissione di acqua bianca, che si dovrebbe evitare in una normale e corretta

operazione, viene giustificata in vari modi, tra i quali i più frequenti sono il richiamo a

usi e costumi consolidati dalla tradizione (anche se non motivati) o il fine di ottenere un

olio più pulito o ragioni tecniche legate alle caratteristiche del mosto stesso, come nel

caso in cui si adotta il sistema della pressione e le olive risultano molto mature.

Quando si ricorre all’aggiunta di acqua di rete al flusso di mosto oleoso quindi, si

determina la diluizione delle acque di vegetazione con un conseguente aumento del loro

volume, rendendo impossibile, a meno che non si conosca perfettamente il quantitativo

di acqua aggiunta, utilizzare i dati di composizione delle acque (residuo secco e olio)

per stabilire il bilancio di materia dell’operazione di oleificio. Inoltre, si altera la

composizione di tutte le classi di sostanze solubili nell’acqua di vegetazione, in

particolare delle sostanze fenoliche. Ciò causa, per la legge dell’equilibrio di partizione,

la diminuzione della concentrazione dei fenoli nell’olio che, pertanto, risulterà meno

dotato di antiossidanti naturali.

1.2.10 CONSERVAZIONE IN MASSA DELL’OLIO VERGINE DI OLIVA

L’olio vergine di oliva prodotto nei frantoi italiani segue, in genere, due vie:

− l’olio prodotto viene ritirato, in tutto o in parte, dal produttore di olive;

− l’olio prodotto viene lasciato, in tutto o in parte, nell’oleificio sia perché di

proprietà del frantoiano stesso sia perché venduto dal produttore di olive al

frantoiano privato sia perché conferito, dal socio olivicoltore, all’oleificio

cooperativo che provvederà alla sua successiva commercializzazione.

Nel primo caso, molto comune in Italia, dove la maggior parte degli oleifici sono privati

ed esercitano l’attività molitoria di servizio per conto terzi remunerata secondo un

51

tariffario variabile nelle diverse regioni, il produttore di olive utilizza l’olio ritirato

quale provvista annuale da impiegare per il consumo quotidiano familiare,

conservandolo in piccoli contenitori di materiale inerte (vetro, acciaio o materiale

metallico protetto da banda stagnata). Questa quota di produzione olearia, destinata

all’autoconsumo, rappresenta circa il 30% della produzione annuale italiana e, in alcune

regioni dell’Italia centrale, raggiunge anche il 40-50% della produzione regionale.

Nel secondo caso, l’olio viene conservato in massa, in attesa della sua

commercializzazione, utilizzando idonei contenitori, di dimensioni medio-grandi,

costituiti dalle posture interrate, aventi le pareti e il fondo ricoperti di lamina di acciaio

o dai serbatoi aerei in acciaio inossidabile, posti all’interno di locali che evitino, o

riducano, le escursioni termiche stagionali sia per la favorevole collocazione naturale

sia perché opportunamente climatizzati.

Qualunque sia la destinazione dell’olio, è evidente che il suo consumo

periodico,richiede un inevitabile stoccaggio al fine di renderne possibile l’impiego

alimentare anche dopo 10-12 mesi dalla produzione. La conservazione dell’olio risulta

pertanto, un’operazione necessaria da effettuare in modo razionale ed efficace, poiché in

questa fase si può facilmente correre il rischio di deteriorare irreparabilmente la qualità

del prodotto.

Il problema della conservazione dell’olio vergine di oliva, assume diversa importanza in

relazione alla quantità di olio che si deve destinare allo stoccaggio. Nel caso dei piccoli

produttori, che destinano all’autoconsumo parte dell’olio prodotto, il problema si risolve

utilizzando un contenitore, di volume adeguato, da cui attingere giornalmente la

quantità di olio necessaria per soddisfare le esigenze alimentari familiari. Tale

soluzione, anche se apparentemente efficace, non è la migliore possibile né quella

consigliabile, per chi apprezza le caratteristiche organolettiche dell’olio vergine di oliva.

52

Diverso è il caso delle aziende, sia direttamente produttrici di olio sia solo commerciali,

che hanno la necessità di stoccare quantitativi notevoli di prodotto da immettere

periodicamente sul mercato. Per queste aziende è di estrema importanza che l’olio

conservi più a lungo possibile le caratteristiche qualitative iniziali e, pertanto, esse

devono

disporre di mezzi adeguati per evitare gli effetti negativi che uno stoccaggio in massa,

realizzato in maniera poco razionale, può determinare sulla qualità dell’olio.

Nel corso dello stoccaggio, l’olio vergine di oliva può essere soggetto a processi di

natura chimica e biologica, che ne alterano la qualità, riconducibili a due tipi di

reazioni:

− l’idrolisi, a carico dei trigliceridi (lipolisi) e di altri esteri eventualmente

degradabili, dovuta ad azioni enzimatiche;

− l’ossidazione chimica degli acidi grassi, costituenti i trigliceridi, attraverso una

reazione radicalica a catena, favorita dalla presenza di ossigeno e di radicali

liberi, che porta alla formazione degli idroperossidi.

Il processo alterativo dell’olio, dovuto a fenomeni idrolitici, richiede la presenza di

enzimi e, quindi, di acqua e, pertanto, si può originare quando l’olio è ancora torbido

per la presenza, in emulsione, di microgocce di acqua di vegetazione, o acqua di

lavaggio. In tali condizioni, gli enzimi lipolitici (lipasi) sono in grado di scindere il

legame estereo tra la glicerina e gli acidi grassi, determinando l’incremento dell’acidità

libera dell’olio, specie a temperatura ambientali superiori ai 20-25 °C.

La fase acquosa presente nell’olio vergine di oliva tende, lentamente, a depositarsi sul

fondo del contenitore formando uno strato, spesso di colore scuro, che prende il nome di

sedimento o morchia.

53

A prescindere da considerazioni di tipo estetico, che non fanno gradire ai consumatori la

visione dello strato scuro sul fondo del recipiente, specie se costituito da una bottiglia di

vetro, la presenza del sedimento è in grado di determinare, quando la temperatura

ambiente supera i 20 °C, la fermentazione anaerobica della sostanza organica con

possibile formazione di acidi grassi a corta catena responsabili del difetto di “morchia”,

particolarmente sgradevole.

Per evitare le alterazioni idrolitiche, pertanto, è necessario eliminare l’acqua dall’olio

mediante l’operazione di filtrazione che si effettua, generalmente, all’atto del

confezionamento del prodotto da avviare alla commercializzazione.

Durante la conservazione in massa, in contenitori di dimensioni medio-grandi, invece,

l’olio vergine di oliva, naturalmente torbido per la presenza di acqua di vegetazione, o

di acqua di lavaggio, si spoglia lentamente, per decantazione naturale, della fase

acquosa dispersa in emulsione, per effetto dell’aggregazione delle microgocce di acqua

che, aumentando di dimensioni, si depositano sul fondo rendendo l’olio più limpido. Al

fine di evitare gli inconvenienti dianzi indicati, connessi con la presenza del sedimento,

è necessario che la temperatura del locale dove si effettua lo stoccaggio dell’olio sia

inferiore a 20 °C, meglio se compresa fra 13 e 18 °C; Questo intervallo di temperatura

rappresenta una condizione ottimale di conservazione del prodotto poiché in tal modo si

evitano gli effetti negativi sia di una temperatura troppo bassa sia di quella troppo alta.

Se il contenitore dell’olio, sia di grandi sia di piccole dimensioni, è esposto a una

temperatura ambientale troppo bassa, come può avvenire in inverno nel caso di serbatoi

metallici posti al di sopra del piano terra, si assiste alla formazione di grumi solidi, di

colore bianco-giallo, che si depositano sul fondo o sulle pareti a causa del processo di

solidificazione. Inoltre, la successiva fase di scongelamento, conseguente a

un’aumentata temperatura ambientale, ha ripercussioni negative sulla qualità dell’olio

54

che, pur reso molto più limpido, risulta meno dotato di sostanze fenoliche e anche meno

stabile alla conservazione.

La conservazione dell’olio vergine di oliva a temperature superiori a 20-22 °C,

invece,comporta rischi di danni alla sua qualità dovuti a un’accelerazione dei processi

idrolitici e di ossidazione; negli oli torbidi infatti, contenenti acqua in emulsione,

l’incremento della temperatura favorisce e accelera l’attività degli enzimi presenti che si

può manifestare con l’aumento dell’acidità libera dell’olio e anche del contenuto di

fenoli semplici.

L’olio vergine di oliva, inoltre, è soggetto, durante lo stoccaggio, a un altro importantee

dannoso processo alterativo della sua qualità, rappresentato dall’ossidazione chimica

determinata dalla reazione dell’ossigeno, disciolto nell’olio, con gli acidi grassi insaturi

costituenti i trigliceridi. L’ossidazione dell’olio, in tali condizioni, prende il nome di

autossidazione e ha un decorso che dipende da molti fattori, i più importanti dei quali

sono:

− la composizione in acidi grassi dell’olio e il contenuto di antiossidanti naturali;

− il materiale di costruzione dei contenitori dell’olio;

− l’esposizione alla luce;

− la temperatura di conservazione;

− il contatto con l’aria;

Tra i fattori maggiormente responsabili dell’alterazione dell’olio vergine di oliva,

durante la conservazione, va considerata, tuttavia, l’esposizione dell’olio all’ossigeno

dell’aria poiché, in definitiva, l’ossidazione dei lipidi è possibile solo in presenza di

ossigeno. Comunque si proceda allo stoccaggio dell’olio, sia in piccoli contenitori sia in

contenitori di maggiori dimensioni, lo spazio al di sopra del pelo libero dell’olio è

occupato, in genere, dall’aria, che contiene il 21-23% di ossigeno. Questo spazio libero,

55

risulta tanto maggiore quanto maggiore è il volume del contenitore poiché,

generalmente, nello riempire d’olio i serbatoi, o i più piccoli recipienti, si lascia un 5-

10% di volume libero per assorbire le eventuali dilatazioni termiche dovute a variazioni

di temperatura.

Per evitare l’insorgenza dei problemi sopraelencati, la maggior parte dell’olio vergine

d’oliva commercializzato, prima di essere imbottigliato, viene filtrato; L’operazione di

filtrazione dell’olio, nella sua forma più semplice e tradizionale, può essere realizzata

mediante l’impiego del cotone idrofilo che, disposto su un’estesa superficie, è in grado

di adsorbire la fase acquosa e le altre impurezze, solide o mucillaginose, inevitabilmente

contenute nell’olio stesso. Questo tipo di filtrazione si realizza con il cosiddetto “filtro

alla barese”, che è costituito da due contenitori di acciaio sovrapposti, il primo dei quali

ha, sul fondo, una rete metallica (di acciaio) con concavità semisferiche, il cui fine è

quello di aumentare la superficie filtrante. Su questa rete si dispone uno strato di cotone

idrofilo su cui si invia l’olio vergine torbido che, una volta filtrato, si raccoglie nel

contenitore sottostante e, da qui, viene inviato, mediante idonea pompa, al serbatoio di

stoccaggio, da cui si preleva, successivamente, per l’imbottigliamento.

Il metodo descritto risulta lento e di parziale efficacia ed espone l’olio a un prolungato

contatto con la luce e con l’aria e, pertanto, non si addice alle realtà industriali che

necessitano di un prodotto limpido, o brillantato, da imbottigliare, in notevole quantità,

nelle differenti confezioni. In tal caso si deve disporre di idonea macchina, come il

filtro-pressa, in grado di effettuare una filtrazione efficace e rapida.Il filtro-pressa è

costituito da una serie di cartoni di cellulosa compatta avente una porosità adeguata per

conseguire i risultati voluti, attraverso cui, mediante una pompa, viene inviato l’olio

che, in tal modo, si libera della fase acquosa, assorbita dal materiale cellulosico idrofilo,

e delle impurezze solide o semisolide che vengono trattenute dai cartoni, poiché di

56

dimensioni maggiori del diametro dei pori; l’efficacia dell’operazione dipende dalla

porosità dei cartoni impiegati. Quando i pori vengono completamente ostruiti dal

materiale solido dell’olio, infatti, la pressione necessaria diventa eccessiva e, pertanto, è

indispensabile, a quel punto, porre termine all’operazione e cambiare la serie di cartoni.

Nel caso di grosse partite di olio vergine di oliva, con una torbidità non trascurabile, è

opportuno e consigliabile effettuare una preventiva riduzione della fase acquosa e delle

impurezze ricorrendo all’impiego di farina fossile (o polvere di diatomee) che,

miscelata in quantità dell’1-2% con l’olio, è in grado di adsorbire la maggior parte

dell’acqua e le mucillagini presenti rendendo l’olio meno torbido e, di conseguenza, più

facilmente filtrabile nella successiva operazione mediante filtro-pressa.

La filtrazione dell’olio vergine di oliva risulta necessaria per evitare inconvenienti di

varia natura, a cui l’olio può andare incontro, se conservato in maniera poco razionale.

È doveroso, tuttavia, evidenziare che la filtrazione, comunque effettuata, riduce il tenore

di sostanze fenoliche totali presenti nell’olio torbido in quanto determina la fissazione

della fase acquosa e dei fenoli che contiene.

In definitiva, si può affermare che la fase dello stoccaggio risulta di grande importanza

al fine di assicurare la conservazione delle caratteristiche di qualità che l’olio vergine di

oliva possedeva all’atto della sua produzione in frantoio. Tale risultato si può ottenere

adottando le seguenti condizioni:

− l’olio va conservato in massa con la minima torbidità che presenta al momento

della produzione;

− l’olio deve essere stoccato in contenitori di materiale inerte, come acciaio, vetro

ecc., in modo da evitare cessioni di sostanze estranee. Il contenitore, inoltre,

deve essere impermeabile all’aria;

57

− l’olio deve essere protetto dalla luce e, pertanto, i contenitori devono essere

opachi alle radiazioni;

− l’olio va conservato in ambiente a temperatura controllata, preferibilmente fra 13

e 18 °C;

− l’olio va conservato in contenitori pieni, con una quantità di aria non superiore al

3% del volume del serbatoio, o di altro recipiente;

− se il serbatoio di stoccaggio dell’olio non è pieno, è necessario sostituire l’aria,

nello spazio di testa al di sopra del pelo libero dell’olio, con gas inerte, come

l’azoto, l’anidride carbonica o l’argon.

1.2.11 I SOTTOPRODOTTI DELLA LAVORAZIONE DELLE OLIV E

I sottoprodotti dell’attività del frantoio, che opera con i sistemi della pressione, della

centrifugazione a 3 fasi o del percolamento-centrifugazione, sono i seguenti:

− foglie di olivo;

− acqua di lavaggio delle olive;

− sansa vergine di oliva;

− acqua di vegetazione delle olive;

− acqua di lavaggio dell’olio.

Nel caso della lavorazione delle olive con il sistema della centrifugazione a 2 fasi,

invece, i sottoprodotti dell’oleificio possono essere gli stessi sopra elencati, tranne

l’acqua di vegetazione.

Qualora l’oleificio sia dotato di vasca, o serbatoio, di adeguata capacità per l’accumulo

dell’acqua di vegetazione (tale locale, in genere sotterraneo, è chiamato “morchiaio” o

“inferno” o “sentina”), si può ottenere, dopo un certo tempo di stoccaggio, la

separazione in superficie di olio vergine di oliva lampante, ad alta acidità, ossidato e

58

con il caratteristico difetto di morchia ad alta intensità, che viene ceduto all’industria

per essere sottoposto alle operazioni di rettifica, o raffinazione.

Le foglie di olivo

La raccolta delle olive determina la contemporanea caduta delle foglie, la cui presenza

può essere anche elevata, specie nel caso di impiego degli scuotitori meccanici o delle

macchine agevolatrici; in genere, tutti gli oleifici operano, mediante opportune

macchine, la separazione delle foglie che, pertanto, rappresentano un sottoprodotto da

smaltire razionalmente e nel rispetto della normativa e dell’ambiente. Il modo più

comune di smaltimento delle foglie consiste nel riciclarle sul terreno, in genere l’oliveto

stesso, meglio se sminuzzate, con apposita macchina, e interrate. Altra destinazione

delle foglie può essere quella dell’essiccamento naturale e della successiva utilizzazione

come combustibile nei focolari domestici o negli impianti termoelettrici che si stanno

diffondendo nelle varie regioni.

Le foglie d’olivo, tuttavia, sono una fonte potenziale di sostanze fenoliche poiché

contengono glucosidi fenolici e, in particolare, oleuropeina. Questa sostanza naturale,

oltre a possedere proprietà antiossidanti, ha anche un interesse farmacologico per le sue

proprietà ipotensive e risulterebbe, pertanto, utile ed economico realizzare l’estrazione

della sostanza dalle foglie mediante opportuno solvente per la produzione di un

preparato farmaceutico naturale (“safe”), in sostituzione dei prodotti farmaceutici

ipotensivi di sintesi, molto impiegati per patologie associate all’aumento della pressione

arteriosa.

L’acqua di lavaggio delle olive

Non tutti gli oleifici operano il lavaggio delle olive che, tuttavia, sarebbe opportuno

effettuare, specie quando si lavora con il sistema della centrifugazione, anche per

ragioni di ordine igienico-sanitario. Il lavaggio delle olive, che si effettua mediante

59

apposita macchina (Figura 12.2) dopo la defogliazione, richiede l’impiego di acqua

potabile e il volume finale delle acque residuate dall’operazione ammonta a circa il 10%

(v/p) della quantità giornaliera di olive poste in lavorazione.

Questo sottoprodotto viene, in genere, miscelato con l’acqua di vegetazione prodotta

dall’oleificio e, pertanto, ne segue la via dell’utilizzazione prevista che, nel caso degli

oleifici italiani, è quella dello spargimento controllato sul terreno agrario, così come

consentito e regolato dalla legislazione vigente.

Nel caso in cui l’oleificio sia dotato di decanter centrifughi a 2 fasi, che non producono

acqua di vegetazione, l’acqua di lavaggio delle olive viene miscelata con l’acqua

utilizzata per il lavaggio finale dell’olio, realizzato nel separatore centrifugo verticale e

naturalmente smaltita nei modi previsti dalle norme vigenti nel Paese.

La sansa vergine di oliva

La sansa vergine di oliva ha rappresentato e, in qualche caso, ancora oggi, il

sottoprodotto più importante per l’oleificio poiché le sue caratteristiche possono essere

tali da renderlo utilizzabile quale materia prima per l’estrazione dell’olio di sansa,

mediante solvente, da parte dei sansifici.

Con l’introduzione del sistema continuo di centrifugazione a 3 fasi, il suo valore

commerciale si ridusse al punto da non rappresentare più un reddito per il frantoio e

divenne ancora più marcata con la comparsa, nel frantoio oleario, dei decanter a 2 fasi,

da cui si ottiene un sottoprodotto solido molto umido, di consistenza melmosa e non

accettata dal sansificio.

La sansa di oliva, a seconda delle sue caratteristiche, può essere utilizzata in diversi

settori, nell’industria o nell’agricoltura, per i seguenti scopi:

− estrazione dell’olio mediante solvente da parte del sansificio;

− produzione di energia termica, dopo parziale essiccamento all’aria;

60

− preparazione di compost o mangimi, meglio se dopo la separazione dal

nocciolino;

− separazione del nocciolino, da impiegare come combustibile;

L’industria di estrazione dell’olio di sansa trova maggiore interesse e convenienza

nell’utilizzare la sansa ottenuta con il sistema della pressione per il minore contenuto di

acqua, che determina anche un minor costo per la necessaria operazione di

essiccamento, e per il più alto contenuto di olio, che assicura più alte rese di estrazione.

Anche la sansa ottenuta con il sistema della centrifugazione a 3 fasi trova, nella maggior

parte dei casi, utilizzazione nel sansificio, per l’estrazione dell’olio di sansa;

naturalmente però, questo tipo di sansa non sarà remunerata al meglio, ma, in ogni caso,

conserva in parte la sua importanza per il settore della trasformazione e del comparto

olivicolo-oleario.

Nelle zone in cui non sono presenti sansifici, o quando il sansificio non è nelle

condizioni di remunerare convenientemente la sansa ottenuta con il decanter centrifugo

a 3 fasi, l’oleificio può trovare convenienza a cedere il sottoprodotto alle piccole

centrali termoelettriche, alimentate con cascami vegetali legnosi, sorte recentemente in

diverse regioni del centro-meridione.

Altra possibilità di utilizzazione della sansa di oliva da impianti centrifughi è

rappresentata dall’eventuale impiego come ingrediente per la preparazione di compost,

da usare come ammendante o fertilizzante del suolo agricolo. A tale fine, tuttavia,

sarebbe opportuno usare solo la parte fibrosa della sansa che contiene quelle sostanze

organiche utili al processo di maturazione della miscela di cascami vegetali e animali

destinati al compostaggio e all’incremento del valore del prodotto finale.

Minore interesse e applicazione ha incontrato la proposta di utilizzare la sansa, sia tal

quale sia dopo separazione del nocciolino, a fini mangimistici in quanto il sottoprodotto,

61

contenendo un’elevata quantità di potassio, potrebbe avere controindicazioni di ordine

sanitario per i negativi riflessi, a livello gastrointestinale, che l’elemento può

determinare per gli animali.

Più interessante, e in rapida diffusione negli oleifici operanti con il sistema continuo di

centrifugazione, appare l’utilizzazione della parte legnosa della sansa, dopo separazione

della parte fibrosa dal nocciolino mediante opportuna macchina denocciolatrice. In

considerazione del fatto che la parte legnosa separata ha un contenuto di acqua e di olio,

rispettivamente, del 16-20% e dello 0,2-0,3%, il nocciolino presenta un elevato potere

calorifico, variabile, in funzione dell’umidità e delle impurezze, tra 4.000 e 4.200

kcal/kg. Esso, pertanto, è da ritenere un ottimo combustibile anche per il fatto che

produce ceneri in minime quantità e fumi in cui sono praticamente assenti i composti

azotati e solforati.

L’efficienza dell’operazione di separazione della parte legnosa della sansa è legata, oltre

che alle caratteristiche della macchina, anche all’umidità del sottoprodotto da sottoporre

a separazione, nel senso che la resa in nocciolino è tanto maggiore quanto più elevata è

la percentuale di acqua nella sansa stessa, perciò tale operazione risulta più agevole se

ottenuta mediante decanter centrifugo a 2 fasi.

Un ulteriore possibilità che il frantoio ha di smaltire la sansa umida, è attraverso il suo

spargimento controllato sul terreno agrario, così come previsto dalla Legge n. 574 del

1996 la quale non stabilisce la quantità di sansa che è possibile spargere ma, per

analogia con quanto previsto per le acque di vegetazione (80 m3/ha), il quantitativo

massimo dovrebbe essere di 80 t/ha. I risultati delle non numerose prove sperimentali,

effettuate sullo spargimento sul terreno coltivato della sansa umida hanno indicato che

la pratica ha determinato effetti non negativi sulla produttività delle colture (mais e vite)

62

e sulle caratteristiche del suolo quando la quantità massima di sansa sparsa è stata di

100 t/ha.

L’acqua di vegetazione

L’acqua di vegetazione è il sottoprodotto liquido che si ottiene negli oleifici quando si

lavorano le olive per estrarre l’olio con i sistemi meccanici della pressione e della

centrifugazione a 3 fasi; il sottoprodotto liquido che si ottiene presenta, in ogni caso, un

alto potere inquinante dovuto all’elevato contenuto di sostanza organica di origine

vegetale che non consente il raggiungimento della sua bonifica mediante i trattamenti

depurativi basati sui comuni sistemi di depurazione biologica aerobica a fanghi attivi.

Anche i numerosi altri metodi, proposti dalla ricerca, per la depurazione chimica,

chimico-fisica e biologica delle acque di vegetazione, hanno evidenziato notevoli

difficoltà e l’impossibilità di conseguire un risultato tecnicamente ed economicamente

accettabile per il settore della trasformazione olivicola caratterizzato da molti frantoi di

piccole dimensioni e non in grado di sostenere gli elevati costi di una soluzione tecnica

del problema, qualora effettivamente possibile ed efficace.

Il problema dello smaltimento delle acque di vegetazione è stato affrontato in maniera

diversa dai Paesi olivicoli del Mediterraneo che hanno adottato soluzioni temporanee o

definitive riconducibili alle seguenti tipologie:

− diffusione dei decanter centrifughi a 2 fasi, che non producono acqua di

vegetazione;

− stoccaggio delle acque in lagune per conseguire una parziale o totale

evaporazione dell’acqua mediante riscaldamento solare durante i mesi caldi;

− depurazione delle acque mediante un qualunque sistema che assicuri

l’ottenimento di un liquido finale con caratteristiche tali da poterlo smaltire nei

modi previsti dalla legislazione in vigore;

63

− utilizzazione delle acque di vegetazione, quale fertilizzante e ammendante, per

spargimento controllato sul terreno agricolo.

Un’altra soluzione suggerita è l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione

mediante diverse tecniche finalizzate al riciclo sul terreno di un prodotto che proviene

dal terreno stesso. Questa soluzione, in tutte le prove effettuate, ha generato effetti quasi

sempre positivi; dovuti al fatto che la sostanza organica delle acque di vegetazione

viene lentamente mineralizzata dal terreno e assorbita dalle radici delle colture e dai

microrganismi presenti e ciò determina una fertilizzazione del suolo e anche un

incremento dell’attività biologica. Il modo più razionale di riciclare le acque di

vegetazione consiste nell’effettuare lo spargimento sul terreno coltivato con l’olivo,

realizzando così un ciclo chiuso con cui si riporta sul terreno la maggior parte di

sostanza organica e minerale proveniente dal terreno stesso.

Il riciclo controllato del refluo sul terreno, inoltre, ha consentito di ridurre, o evitare,

l’impiego dei fertilizzanti di sintesi, in genere utilizzati per la concimazione del suolo,

per l’apporto di elevate quantità di sostanza organica e minerale che la pratica

determina. L’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione delle olive si può a

ragione ritenere come una pratica che ben si inserisce nel concetto generale di

agricoltura sostenibile, in quanto riporta nel terreno ciò che dal terreno agricolo

proviene evitando altre costose e inefficaci soluzioni che prevedono di distruggere

sostanze naturali, preziose se razionalmente riciclate, con consumo di energia termica o

elettrica e con aggravio dei problemi connessi con l’aumento dei gas serra.

64

CAPITOLO II

2.1 NORMATIVA

Tutte le procedure descritte in precedenza, devono essere svolte nella totale sicurezza

sia per il lavoratore che per il consumatore. Per l’identificazione delle sorgenti di rischio

presenti nel ciclo lavorativo e l’individuazione dei conseguenti rischi di esposizione, sia

per la sicurezza che per la salute, ci sarà dunque una regolamentazione e dei requisiti da

rispettare. Prenderemo principalmente in considerazione:

− il Regolamento n. 852 del 29/04/2004 con riferimento al sistema HACCP;

− le Direttive della Comunità Europea e in particolare il Manuale di buona pratica

per il frantoio oleario preparato dal COI (Consiglio Oleico Internazionale);

− Decreto Legislativo 81/08, Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro;

− Direttiva 2006/42/CE Del Parlamento Europeoedel Consiglio;

2.2 REGOLAMENTO N. 852/04

Il presente regolamento stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti

alimentari destinate agli operatori del settore alimentare, tenendo conto in particolare

dei seguenti principi:

− la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti incombe all'operatore

del settore alimentare;

− è necessario garantire la sicurezza degli alimenti lungo tutta la catena alimentare,

a cominciare dalla produzione primaria;

− è importante il mantenimento della catena del freddo per gli alimenti che non

possono essere immagazzinati a temperatura ambiente in condizioni di

sicurezza, in particolare per quelli congelati;

65

− l'applicazione generalizzata di procedure basate sui principi del sistema HACCP,

unitamente all'applicazione di una corretta prassi igienica, dovrebbe accrescere

laresponsabilità degli operatori del settore alimentare;

− i manuali di corretta prassi costituiscono uno strumento prezioso per aiutare gli

operatori del settore alimentare nell'osservanza delle norme d'igiene a tutti i

livelli della catena alimentare e nell'applicazione dei principi del sistema

HACCP;

− è necessario determinare criteri microbiologici e requisiti in materia di controllo

delle temperature sulla base di una valutazione scientifica dei rischi;

− è necessario garantire che gli alimenti importati rispondano almeno agli stessi

standard igienici stabiliti per quelli prodotti nella Comunità, o a norme

equivalenti.

Il presente regolamento si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e

della distribuzione degli alimenti nonché alle esportazioni e fermi restando requisiti più

specifici relativi all'igiene degli alimenti.

Il presente regolamento non si applica:

− alla produzione primaria per uso domestico privato;

− alla preparazione, alla manipolazione e alla conservazione domestica di alimenti

destinati al consumo domestico privato;

− alla fornitura diretta di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al

consumatore finale o a dettaglianti locali che forniscono direttamente il

consumatore finale.

− ai centri di raccolta e alle concerie che rientrano nella definizione di impresa del

settore alimentare solo perché trattano materie prime per la produzione di

gelatina o di collagene.

66

Il Reg. 852/04 impone, come abbiamo già detto, la predisposizione di procedure di

autocontrollo basate sul sistema HACCP. I principi basilari di detto sistema sono:

− identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli

accettabili;

− identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo

stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a

livelli accettabili;

− stabilire, nei CCP, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e

l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi

identificati;

− stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti CCP;

− stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza

risulti che un determinato CP non è sotto controllo;

− stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo

funzionamento del sistema HACCP;

− predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni

dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione del sistema

HACCP;

Di seguito una scheda di sintesi relativa all’Individuazione, analisi, sorveglianza,

controllo dei rischi sanitari, previsti dal manuale di buona pratica per il frantoio oleario.

FASE: Consegna delle olive e delle altre materie prime;

PERICOLI: biologici (presenza di microrganismi o parassiti), chimici (residui di

prodotti fitosanitari, di fertilizzanti, erbicidi, contaminantiprovenienti da carichi

precedenti del mezzo di trasporto, detergenti, composti alogenati, acqua).

MISURE DI PREVENZIONE: formazione degli olivicoltori, fissazione di un capitolato

67

d'oneri per la materia prima, formazione del personale ispettivo

Punti critici di controllo (CCP): ispezione visiva e valutazione della presenza di

microrganismi e parassiti delle olive, controllo del tenore dei residui di prodotti

fitosanitari e altri contaminanti nelle olive, analisi della qualità dell'acqua;

SOGLIE CRITICHE: contenuto massimo di residui fitosanitari, contenuto massimo di

microrganismi e composti alogenati dell'acqua;

SISTEMA DI CONTROLLO PER OGNI CCP: metodi per l'analisi del contenuto di

residui di prodotti fitosanitari e contaminanti;

MISURE CORRETTIVE: separazione olive in funzione di qualità, pulizia e condizioni

sanitarie;

FASE: Consegna e conservazione delle olive;

PERICOLI: In condizioni di rispetto delle norme di corretta prassi e di igiene non si

individuano pericoli in questa fase;

FASE: Defogliazione e lavaggio delle olive;

PERICOLI: biologici e chimici(contaminazione delle olive danneggiate da parte

dell'acqua di lavaggio inquinata o sporca);

MISURE DI PREVENZIONE: controllo della qualità e pulizia dell'acqua

PUNTI CRITICI DI CONTROLLO (CCP): analisi dell’acqua:

SOGLIE CRITICHE: acqua potabile, conforme alle norme di legge

MISURE DI CONTROLLO PER OGNI CCP: controllo potabilità acqua

MISURE CORRETTIVE: Ripetizione del lavaggio delle olive con acqua rinnovata

FASE: Frangitura delle olive;

PERICOLI: In condizioni di rispetto delle norme di corretta prassi e di igiene non si

individuano pericoli in questa fase;

FASE: Gramolatura della pasta;

68

PERICOLI:In condizioni di rispetto delle norme di corretta prassi e di igiene non si

individuano pericoli in questa fase;

FASE: Separazione solido-liquido: olio, sansa, fase acquosa;

PERICOLI: chimici: presenza di solventi alogenati provenienti dall'acqua;

MISURE DI PREVENZIONE: verifica lavaggio adeguato impianti o attrezzature e

controllo qualità acqua;

PUNTI CRITICI DI CONTROLLO (CCP): analisi del contenuto di solventi alogenati;

SOGLIE CRITICHE: analisi dell'acqua;

MISURE DI CONTROLLO PER OGNI CCP: verifica potabilità acqua;

MISURE CORRETTIVE: garantire potabilità acqua;

FASE: Separazione liquido-liquido;

PERICOLI: chimici: presenza di solventi alogenati provenienti dall'acqua;

FASE: Stoccaggio – conservazione dell'olio presso il frantoio;

PERICOLI: chimici: residui di impurità e detergenti:

MISURE DI PREVENZIONE: adeguato lavaggio dei serbatoi con acqua potabile;

PUNTI CRITICI DI CONTROLLO (CCP): verifica buone condizioni dei depositi:

chiusura ermetica, forma troncoconica, facilità di manutenzione, etc.

SOGLIE CRITICHE: rispetto delle norme fissate per i depositi;

MISURE DI CONTROLLO PER OGNI CCP: assicurare il rispetto delle norme;

MISURE CORRETTIVE: attuazione di quanto previsto dalle misure di controllo;

FASE: Travaso olio;

PERICOLI: In condizioni di rispetto delle norme di corretta prassi e di igiene e di

accurato

controllo delle tramogge e delle pompe non si individuano pericoli in questa fase.

FASE: Eventuale filtrazione dell'olio;

69

PERICOLI: In condizioni di rispetto delle norme di corretta prassi e di igiene non si

individuano pericoli in questa fase.

Per quanto riguarda i requisiti dei locali di lavorazione delle olive, nonché i requisiti di

un frantoio, facciamo riferimento, in parte al Reg. 852/04, nel quale è riportato una sorta

di “check-list”, ma soprattutto al Manuale di buona pratica per il frantoio oleario

preparato dal COI.

2.3 IL FRANTOIO: STORIA E REQUISITI

Per molti secoli e fino a pochi anni fa, in molte regioni italiane il locale in cui si

estraeva l’olio con le presse era chiamato, con differenti versioni dialettali, “trappeto”,

nome derivato dal latino trapetumche originariamente, all’epoca dei Romani, indicava

un mortaio in pietra entro il quale potevano girare, attorno a un asse verticale di legno,

due macine, sempre in pietra, a forma semisferica. Successivamente, per designare il

luogo dove si svolgeva la predetta attività venne introdotto il termine “frantoio”,

dall’evidente significato derivante dall’azione di frangere le olive per estrarne l’olio.

Attualmente il locale in cui si lavorano le olive viene chiamato anche oleificio, termine

che meglio si addice alle grandi aziende dotate di impianti moderni di centrifugazione e

che induce maggiormente a pensare a un’attività industriale anziché a una artigianale,

quale è in

realtà quella svolta dalla maggior parte delle piccole aziende a pressione, per le quali

risulta più appropriato il termine frantoio.

In passato, il trappeto era costituito da un locale angusto, poco illuminato (basti pensare

ai “frantoi ipogei” ritrovati in Puglia), la cui pulizia non era la prima preoccupazione del

frantoiano e dove l’atmosfera, caratterizzata nei giorni iniziali di lavorazione dal

gradevole odore emanato delle olive frante con le macine di pietra, diventava molto

meno gradevole, verso la fine della campagna olivicola, per lo sviluppo di prodotti

70

volatili di neoformazione a seguito dell’attività aerobica e anaerobica dei microrganismi

sul materiale organico vegetale che residuava nei locali e nelle macchine. Fin dalla metà

del secolo scorso, tuttavia, il frantoio oleario cominciò ad assumere unaspetto più

confacente a un’azienda che produce alimenti, specie con la comparsa sul mercato degli

impianti continui di centrifugazione che, avendo un alto grado di automazione,

riducevano il rischio di perdite di materiale vegetale nell’ambiente, con evidenti

vantaggi sia per la qualità del prodotto sia per la pulizia del locale. Nei successivi

decenni, il miglioramento dei locali di produzione dell’olio vergine di oliva è stato

continuo, e prosegue tuttora, parallelamente alla maggiore attenzione che i produttori, e

i consumatori, hanno rivolto alla qualità dell’olio che oggi rappresenta, nel nostro Paese,

un fine generalizzato perseguito da tutti i produttori, piccoli e grandi.

Attualmente, per il settore della produzione olearia, interessato alla qualità dell’olio,

assume particolare importanza la cura dell’immagine dell’oleificio, che deve rispettare,

non solo le norme igieniche e sanitarie e applicare le regole dell’HACCP (Hazard

Analysis and Control Critical Points), ma deve anche tener conto delle aspettative del

consumatore; questi, infatti, immagina il luogo dove si produce l’olio di qualità

costituito da un locale pulito, adeguatamente illuminato, a una temperatura controllata,

con un’atmosfera chiara, limpida e con il solo aroma derivante dal frutto fresco e sano

appena schiacciato.

Disposizioni in materia di igiene, sicurezza sul posto di lavoro, tutela dell'ambiente,

analisi dei rischi, valutazione dei punti critici per il controllo, tracciabilità e garanzia di

qualità, sono riportate, come già anticipato nelle Direttive della Comunità Europea e in

alcune leggi nazionali, nonché nel Manuale di buona pratica per il frantoio oleario

preparato dal Consiglio Oleicolo Internazionale di Madrid.

71

Il presente manuale è destinato alle aziende che producono olio di oliva vergine,

indipendentemente dalle loro dimensioni o personalità giuridica e si basa sul principio

della qualità totale, per garantire agli acquirenti e ai consumatori l'innocuità (l'idoneità

al consumo umano) dell'olio di oliva vergine prodotto e fornire una garanzia di qualità.

Sono riportati inoltre, suggerimenti per la costruzione di un oleificio rispondente alle

norme internazionali, con le indicazioni sul luogo dove farlo sorgere, sui materiali da

impiegare, sulla disposizione dei locali, sulla sicurezza e igiene del personale che vi

opera.

UBICAZIONE DEL FRANTOIO

− lontano da aree inquinate e da attività industriali che possano rappresentare una

minaccia di contaminazione per le olive e per gli oli;

− lontana da aree esposte a inondazioni, a meno che non esistano adeguati

dispositivi di sicurezza;

− lontana da aree infestate da parassiti;

− su terreni sufficientemente ampli, in situazione che consenta l'adeguato

stoccaggio e/o trattamento delle acque reflue e delle sanse per evitare

infiltrazioni nel suolo o scarichi nei corsi d'acqua; Impianti e attrezzature

− gli impianti devono essere costruiti solidamente, con materiali durevoli, per

evitare qualsiasi deterioramento dovuto al clima, alla natura del terreno o altro;

− gli impianti devono essere progettati in modo da permettere lo svolgimento del

lavoro all'interno dello stabilimento alla luce naturale, durante il giorno, e in

modo da assicurare un'aerazione sufficiente in tutte le zone di lavoro;

− la distribuzione dei vani deve permettere una chiara differenziazione delle zone

di lavoro:

72

− zona entrata olive ben ventilata, coperta, asciutta, direttamente collegata

alla defogliatrice, al sistema di lavaggio, pesatura, prelievo dei campioni di

olive e alle tramogge;

− zona di elaborazione o frantoio vero e proprio (frangitrice

gramolatricepressa, decanter e centrifuga a paniere verticale) ben illuminata,

aerata, esente da odori e fumi; deve disporre di un sistema di evacuazione

dell'aria; se possibile la frangitrice deve essere situata in un locale separato,

intermedio tra la zona di entrata e quella di elaborazione, al fine di ridurre il

rumore e lo sporco;

− stoccaggio e conservazione dell'olio: zona in cui la temperatura ambiente

viene mantenuta costante (12-22ºC), con luci e ventilazione ridotte al

minimo;

− zona per il riscaldamento dell'acqua: deve trovarsi in un’area indipendente,

per eliminare odori e fumi;

− zona di ricevimento dei campioni e laboratorio per il controllo della qualità

delle olive e per l'analisi fisico-chimica e organolettica degli di oliva

ottenuti, finalizzata a uno stoccaggio in lotti omogenei. situato in una zona

isolata dal resto del frantoio, luminosa e ben aerata; zona di deposito dei

prodotti ausiliari autorizzati: isolato dal frantoio, asciutto e chiuso, facile da

pulire e mantenere in buono stato;

− le attrezzature devono essere adatte alle loro diverse funzioni, devono funzionare

correttamente ed essere in buone condizioni; i mezzi di trasporto devono essere

atti al trasporto di alimenti e in perfette condizioni;

− le apparecchiature mobili dei macchinari devono avere dispositivi di sicurezza;

− gli impianti devono essere dotati di un dispositivo antincendio;

73

− gli impianti devono disporre di una adeguata erogazione di acqua potabile e dei

necessari sistemi di deposito, distribuzione e controllo della temperatura

dell'acqua; la qualità dell'acqua potabile deve essere conforme, o superiore, ai

criteri fissati in materia dall'OMS. L'acqua non potabile (acqua utilizzata nei

sistemi antincendio o acqua calda destinata al riscaldamento della gramolatrice)

deve scorrere in condotte ad essa destinate, debitamente identificate, senza

raccordi né possibilità di riflussi con le condotte dell'acqua potabile;

− Le attrezzature sanitarie, separate dalle zone di lavoro, devono permettere di

mantenere una adeguata igiene personale: dispositivi per lavarsi e asciugarsi

igienicamente le mani (lavandini muniti di rubinetti di acqua calda e fredda),

gabinetti conformi alle norme igieniche, docce, spogliatoi per il personale,

mense;

LOCALI

− le pareti dei muri e dei tramezzi devono essere lisce, in materiali impermeabili,

facili da pulire e da disinfettare e con gli angoli arrotondati;

− i pavimenti devono essere in materiali resistenti, impermeabili, non

sdrucciolevoli, facili da pulire e da disinfettare, e permettere un buon drenaggio

delle acque; gli angoli devono essere arrotondati;

− le finestre devono essere protette per evitare l'entrata di insetti o roditori; devono

essere facili da pulire;

− la superficie delle porte deve essere liscia e non assorbente, facile da pulire ed

eventualmente da disinfettare; le porte d'accesso devono essere scorrevoli, o

aprirsi verso l'esterno, ed essere di facile apertura dall'interno; devono essere

sufficientemente ermetiche per evitare l'accesso di parassiti o altri piccolo

animali;

74

− i canali interrati in cui passano condotte o tubature devono essere adeguatamente

protetti per evitare rischi di contaminazione;

− i locali devono essere muniti di sistemi autorizzati e non inquinanti per la

disinfestazione, la derattizzazione e l'eliminazione di altri animali nocivi;

− tra le attrezzature deve esserci spazio sufficiente per permettere al personale di

muoversi senza pericolo;

− l'altezza dei soffitti deve essere adeguata alle necessità e consentire una buona

ventilazione;

− la superficie minima a disposizione di ogni lavoratore deve essere di 2 metri

quadrati;

− le zone di lavoro devono disporre di adeguata illuminazione artificiale; le

lampadine devono essere protette in modo da evitare contaminazioni in caso di

rottura durante il processo di elaborazione degli oli.

IGIENE DEL PERSONALE

− le persone riconosciute o sospette di essere affette o portatrici di malattie

trasmissibili attraverso gli alimenti non saranno autorizzate a entrare nel frantoio

qualora esista una probabilità di contaminazione dell'olio;

− le persone riconosciute come affette o portatrici di malattie trasmissibili

attraverso gli alimenti non saranno autorizzate a lavorare nelle zone di

produzione qualora esista una probabilità diretta o indiretta di contaminazione

dei prodotti;

− le persone che lavorano nello stabilimento devono mantenere un elevato

standard di pulizia personale; devono sempre lavarsi le mani prima della

manipolazione della pasta o dell'olio e immediatamente prima di aver fatto uso

dei gabinetti;

75

− le persone che lavorano nel frantoio devono evitare i comportamenti che

possono causare una contaminazione della pasta o dell'olio, come ad esempio

fumare, sputare, masticare o mangiare, starnutire o tossire nelle immediate

vicinanze della pasta o dell'olio;

− gli indumenti delle persone che lavorano nel frantoio devono essere adeguati ai

loro compiti e non costituire pericolo;

− le persone che lavorano in zone dove il rumore è forte e continuo devono

utilizzare adeguate protezioni auricolari;

− il personale addetto ai processi di fabbrica deve avere ricevuto una formazione

in materia di elaborazione degli alimenti.

VIE ED USCITE DI EMERGENZA

Le uscite di emergenza devono avere altezza minima di 2 mt. e larghezza minima

conforme a quanto disposto dalla normativa vigente in materia antincendio. Le porte

devono essere apribili verso l’esterno e non devono essere chiuse a chiave.

Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica,

devono rimanere sgombre ed essere collocate in modo da permettere al lavoratore di

raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro. Nei locali di lavoro e di

deposito non sono ammesse, come porte di uscita d’emergenza, porte scorrevoli

verticalmente, saracinesche a rullo, porte girevoli su asse centrale. Ove necessario deve

essere presente l’illuminazione di emergenza che entri in funzione in caso di guasto

all’impianto elettrico.

RICAMBIO DELL’ARIA E ILLUMINAZIONE NATURALE E ARTIF ICIALE

Tutti i locali dove viene svolta attività lavorativa continuata devono disporre di

sufficiente luce naturale diretta attraverso aperture finestrate, eventualmente integrata

con l’apporto di illuminazione artificiale. Devono essere tenuti a disposizione dei

76

lavoratori mezzi di illuminazione sussidiaria, in stato di efficienza, da impiegare in caso

di necessità. Sia le superfici illuminanti che i mezzi di illuminazione artificiale devono

essere tenuti puliti ed efficienti. Al fine di garantire le migliori condizioni di igiene per i

lavoratori deve essere garantito un adeguato ricambio dell’aria attraverso aperture o

adeguati sistemi di condizionamento.

RISCALDAMENTO

Il riscaldamento dei locali e dell’acqua da impiegare durante il ciclo produttivo avviene

tramite gasolio, gas, legno o utilizzando sansa esausta o nocciolino (sottoprodotto della

lavorazione delle olive) che ha buone proprietà combustibili. In questi ultimi due casi le

manovre di apertura e chiusura dei portelli dei bruciatori devono risultare sicure ed

agevoli. Le pareti e le parti esterne che possono raggiungere alte temperature devono

essereefficacemente isolate termicamente o protette contro i contatti accidentali. Per gli

impianti con potenzialità superiore a 30.000 Kcal. è obbligatorio che il datore di lavoro

rispetti quanto dettato dalle norme per la prevenzione degli incendi.

IMPIANTI ELETTRICI

Gli impianti elettrici devono essere costruiti, installati e mantenuti in modo da prevenire

i pericoli derivanti dal contatto accidentale con gli elementi sotto tensione e dai rischi di

incendio e di scoppio. Nel rispetto generale della normativa vigente gli impianti elettrici

dei frantoi devono corrispondere principalmente ai seguenti requisiti di carattere

generale:

− l'impianto elettrico deve essere dotato di impianto di messa a terra;

− sul quadro generale e sui quadri di derivazione è necessaria l'installazione di un

interruttore differenziale con corrente differenziale nominale In < 30mA, tale

interruttore è obbligatorio per le linee che alimentano prese a spina;

77

− il frantoio, in considerazione delle lavorazioni svolte, deve essere considerato un

luogo di lavoro umido e/o bagnato e per tale motivo l'impianto elettrico deve

essere realizzato adottando componenti con grado di protezione adeguato. Tale

grado di protezione può essere IP 44 o IP 55 in relazione al tipo di lavorazione

svolta e alla collocazione delle utenze elettriche rispetto alle zone di rischio;

− gli interruttori dei quadri elettrici devono riportare l'indicazione dei circuiti

serviti;

− i cavi elettrici che alimentano gli utensili e le attrezzature mobili (prolunga)

devono avere idoneo rivestimento atto a resistere anche all'usura meccanica;

− le lampade elettriche portatili da usare in ambienti bagnati o umidi, o in

presenza di grandi masse metalliche, devono essere alimentate a tensione non

superiore a 25 Volt con involucro in vetro protetto da gabbia metallica;

− le prese a spina devono essere dotate di interruttore omnipolare, è comunque

consigliabile usare interruttori dotati di dispositivo di blocco.

CABINA ELETTRICA

Qualora l'impianto elettrico sia alimentato da cabina elettrica propria questa deve

corrispondere ai seguenti requisiti:

− deve essere esposto lo schema dell'impianto della cabina;

− sulla porta deve essere esposto un cartello indicante il divieto di ingresso e

avviso di pericolo;

− la porta deve essere chiusa a chiave;

− deve essere provvista di illuminazione sussidiaria;

− deve essere presente un cartello indicante le norme di pronto soccorso in caso di

folgorazione.

78

La Legge del 5 marzo 1990 n. 46 "Norme per la sicurezza degli impianti” stabilisce

che, per gli impianti elettrici di nuova realizzazione, l’installatore deve rilasciare, al

termine dei lavori, la "dichiarazione di conformità", che garantisce la realizzazione

dell’impianto nel rispetto delle Norme CEI ed UNI. Questa dichiarazione

(accompagnata da una relazionesulla tipologia dei materiali impiegati, il progetto e da

altri allegati obbligatori) deve essere tenuta a disposizione in azienda.

RESPONSABILITA’ – REGISTRAZIONE DEI CONTROLLI

− Responsabile per l'applicazione e il controllo delle norme igieniche è la

direzione dell'azienda.

Figura

Figura 4- esempio oleificio rispondente alle normative

79

80

CAPITOLO III

3.1 MACCHINE E ATTREZZATURE

All’interno di un ciclo produttivo di un oleificio, vi sono molteplici macchinari e

attrezzature utilizzati per la lavorazione delle olive. Questi devono essere progettati e

tenuti in totale sicurezza, in modo da ridurre rischi per i lavoratori; in riferimento,

abbiamo la Direttiva 2006/42/CE o Del Parlamento Europeo e del Consiglio (Direttiva

macchine) che sostituisce la Direttiva 98/37/CE.

I requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute relativi alla progettazione e alla

costruzione delle macchine, sono contenuti nell’Allegato I nel quale si espone:

“Il fabbricante di una macchina, o il suo mandatario, deve garantire che sia

effettuata una valutazione dei rischi per stabilire i requisiti di sicurezza e di tutela della

salute che concernono la macchina; deve inoltre essere progettata e costruita tenendo

conto dei risultati della valutazione dei rischi. Con il processo iterativo della valutazione

dei rischi e della riduzione dei rischi di cui sopra, il fabbricante o il suo mandatario:

− stabilisce i limiti della macchina, il che comprende l'uso previsto e l'uso

scorretto ragionevolmente prevedibile;

− individua i pericoli cui può dare origine la macchina e le situazioni pericolose

che ne derivano;

− stima i rischi, tenendo conto della gravità dell'eventuale lesione o danno alla

salute e della probabilità che si verifichi;

− valuta i rischi al fine di stabilire se sia richiesta una riduzione del rischio

conformemente all'obiettivo della presente direttiva;

− elimina i pericoli o riduce i rischi che ne derivano, applicando le misure di

protezione;

81

Campo di applicazione

la Direttiva 2006/42/CE si applica a:

− macchine;

− attrezzature intercambiabili;

− componenti di sicurezza;

− accessori di sollevamento;

− catene, funi e cinghie;

− dispositivi amovibili di trasmissione meccanica;

− quasi-macchine;

IMMISSIONE SUL MERCATO E MESSA IN SERVIZIO DELLE MACCHINE

Direttiva 2006/42/CE delinea più chiaramente la procedura che il fabbricante, ovvero il

suo mandatario, ove designato e investito di tale incarico, deve effettuare per attuare ed

accertarsi della conformità alla Direttiva delle macchine da lui immesse sul mercato.

In particolare la procedura prevede l’obbligo di:

− accertarsi che i requisiti essenziali di sicurezza siano rispettati;

− il fascicolo tecnico della macchina risulti disponibile;

− siano effettuate le procedure di valutazione della conformità;

− siano presenti le informazioni necessarie;

− venga redatta la dichiarazione CE di conformità e risulti accertato che la

medesima accompagni la macchina;

− sia apposta la marcatura CE di conformità;

82

3.2 CICLO DI LAVORAZIONE DELLE OLIVE: RISCHI

Il ciclo di lavorazione delle olive si compone, in maniera schematica, di fasi operative

quali: la raccolta, il successivo trasporto nei punti di raccolta, lo stoccaggio ed infine la

trasformazione, che avviene nei frantoi; tenendo in considerazione la regolamentazione

citata in precedenza, il lavoro di tesi si è concentrato soprattutto sulle attività che

avvengono all’interno dei frantoi nei quali il ciclo di lavorazione o processo di

trasformazione rappresenta il momento di processo produttivo dove si concentrano i

principali rischi. Analizzando il processo lavorativodel Frantoio Oleario Bernardi Mario

S. e i singoli rischi correlati all’esecuzione delle diverse fasi del processo, i fattori critici

principali rilevati possono essere riassunti in:

− Rischi di natura ergonomica (dovuti al sollevamento e trasporto manuale dei

carichi)

− Rischi di natura fisica (rumore, vibrazioni, condizioni microclimatiche,etc.)

− Rischi di natura infortunistica (elettrica, meccanica, incendi ed esplosioni, etc.)

− Rischi residui di natura igienico-ambientale (legati principalmente a carenze

strutturali dell’ambiente di lavoro)

Di seguito uno schema con i rischi relativi ad ogni fase.

83

STOCCAGGIO E PESATURA DELLE OLIVE

RISCHIO DANNO MISURE DI PREVENZIONE MISURE DI PROTEZIONE

pavimentazione

scivolosa

scivolamento e cadute: fratture e

distorsioni

pavimentazione in materiale antiscivolo

calzature con suola antiscivolo

pavimenti non sconnessi e privi di

ostacoli

uso di detergenti sgrassanti per

pavimenti

protocollo che prevede la pulizia

immediata in caso di sverso di sostanze

liquide o olive

cassette e sacchi

movimentazione manuale dei

carichi: mal di schiena,

lombosciatalgie, danni a carico

dell'apparato osteoarticolare

evitare di movimentare carichi eccessivi

utilizzare preferibilmente cassette

provviste di presa

sollevare in modo corretto i carichi in

due persone

utilizzo di transpallet manuali o elettrici

effettuare pause di riposo

rischio chimico

derivante da olive

trattate con

fitofarmaci

intossicazioni acute e croniche ed

allergie cutanee

dichiarazione degli eventuali principi

attivi utilizzati e del trascorso tempo di

carenza guanti in gomma

divieto di fumare e consumare alimenti

all'interno dei locali

carrello elevatore

caduta dal mezzo durante

la salita e la discesa dal

posto di guida: traumi, lesioni

Scarpe con suola antiscivolo

ribaltamento del mezzo: traumi,

lesioni

evitare manovre busche cinture di sicurezza o cancelleto di

protezione

evitare carichi eccessivi

roll-bar, cinture di sicurezza mantenere i carichi bassi durante la

marcia

conoscenza dei luoghi di lavoro

investimento: traumi e lesioni

assicurarsi che durante le fasi di

movimento del mezzo, non ci siano

altre persone nel raggio di sicurezza

della macchina

segnalatori acustici e visivi del moto e

84

della retromarcia

proiezione di materiale: ferite e

lesioni oculari manutenzione periodica

occhilini di protezione durante la

manutenzione

caduta dei materiali sollevati:

traumi e lesioni

verifica trimestrale delle catene e

annuale del mezzo

evitare carichi eccessivi

mantenere i carichi bassi durante la

marcia

disporre i carichi in modo corretto

evitare manovre busche

conoscenza dei luoghi di lavoro

seduta al posto di guida non

corretta: mal di schiena,

lombosciatalgia, danni

all'apparato osteo-articolare

evitare di mantenere la stessa posizione

per tempi prolungati

uso di sedili ergonomici

effettuare pause di riposo

Tabella 1 – Stoccaggio e pesatura delle olive: rischi

LAVAGGI E DEFOGLIAZIONI RISCHIO DANNO MISURE DI PREVENZIONE MISURE DI PROTEZIONE

pavimentazione

scivolosa

scivolamento e cadute:

fratture e distorsioni

pavimentazione in materiale

antiscivolo

calzature con suola antiscivolo

pavimenti non sconnessi e privi di

ostacoli

uso di detergenti sgrassanti per

pavimenti

protocollo che prevede la pulizia

immediata in caso di sverso di

sostanze liquide o olive

tramoggia cadute: traumi, lesioni protezioni contro la caduta

coclea afferramento: traumi e lesioni non indossare abiti svolazzanti segregazione degli organi in

movimento

nastro trasportatore

afferramento: traumi e lesioni non indossare abiti svolazzanti segregazione degli organi in

movimento

caduta montacarichi mobile:

schiacciamento verifica periodica dell'ancoraggio

defogliatrice e/o

lavatrice afferramento: traumi e lesion

non indossare abiti svolazzanti segregazione degli organi in

movimento

non indossare abiti svolazzanti bloccaggio dei condotti di

aspirazione di mandata

Tabella 2 – Lavaggi e defogliazioni: rischi

85

FRANGITURA E PREPARAZIONE DELLA PASTA CON METODO CONTINUO

RISCHIO DANNO MISURE DI PREVENZIONE MISURE DI PROTEZIONE

frangitore

afferramento, schiacciamento, urti: lesioni gravi agli arti

superiori

segregazione degli organi in movimento e di trasmissione

installazione di microswitch alle protezioni

pulsante di arresto

gramolatrice afferramento: lesioni gravi

griglia di protezione

non indossare abiti svolazzanti

pulsante di arresto

decanter (estrattore centrifugo)

afferramento: lesioni gravi

segregazione degli organi in movimento

e di trasmissione

separatore centrifugo pulsante di arresto

Tabella 3 - Frangitura e preparazione della pasta con metodo continu: rischi

ALLONTANAMENTO DELLE SANSE E DELLE ACQUE

RISCHIO DANNO MISURE DI PREVENZIONE MISURE DI PROTEZIONE

coclea o nastro trasportatore

afferramento: lesioni gravi

segregazione degli organi in movimento e di trasmissione

pompa pulsante di arresto

Tabella 4 – Allontanamento delle sanse e delle acque: rischi

86

PULIZIA E MANUTENZIONE DI LOCALI, MACCHINARI E ATTREZZATURE

RISCHIO DANNO MISURE DI PREVENZIONE MISURE DI PROTEZIONE

idropulitrice proiezione di materiale

assicurarsi che durante l'utilizzo dell'attrezzatura non siano

presenti altre persone nel raggio di azione

occhiali di protezione

guanti in gomma

macchina lavapavimenti

movimentazione manuale dei carichi: mal di schiena, lombosciatalgie, danni a

carico dell'apparato osteoarticolare

movimentare in modo corretto i carichi

effettuare pause di riposo

utilizzo prodotti per le pulizie

rischio chimico: intossicazioni, lesioni e

allergie

utilizzo di prodotti a bassa tossicità occhiali di protezione, guanti in gomma, maschera con filtro AP,

indumenti protettivi

possesso delle schede di sicurezza

presenza di doccia, lavamani e lavaocchi

rimozione residui e polveri rischio biologico: allergie conoscenza di eventuali

allergenizzanti mascherina con filtro antipolvere

macchine: operazioni di pulizia e manutenzione

con organi in movimento

afferramento, schiacciamento, proiezioni,

taglio: lesioni

esecuzione delle operazioni senza rimozione dei dispositivi di protezioni degli organi di

trasmissione e movimento

guanti in pelle

macchine: operazioni di pulizia e manutenzione

con macchine ferme

afferramento, schiacciamento, proiezioni,

taglio: lesioni

disattivazione dell'alimentazione dei macchinari

guanti in pelle

segnalazione presso il quadro di alimentazione di esecuzione

manutenzione

ripristino, prima della messa in funzione dei macchinari, dei

dispositivi di sicurezza

pulizie e manutenzioni in altezza

caduta dall'alto: traumi e fratture

uso di scale provviste di gradini e piedi antisdrucciolo

calzature con suola antiscivolo saldo ancoraggio o scala trattenuta

al piede da altro operatore

uso di attrezzature idonee per le operazioni di pulizia dei vetri

Tabella 5 – Pulizia e manutenzione di locali, macchine e attrezzature

87

CAPITOLO IV

4.1 ANALISI E VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Il rischio è un concetto probabilistico. Può essere definito come la probabilità che

accada un certo evento capace di causare un danno alle persone. La nozione di rischio

implica l’esistenza di una sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in

un danno.

La valutazione dei rischi è un elemento cardine del sistema prevenzionistico aziendale.

L’articolo 17 del D.lgs 81/08 prevede l’obbligo inderogabile del datore di lavoro

dell’effettuare la valutazione dei rischi ed elaborare il documento della valutazione dei

rischi (DVR). L’articolo 28 del D.lgs 81/08 specifica il concetto relativo a “tutti i

rischi”: La valutazione dei rischi dei lavoratori deve riguardare tutto ciò che comprende

la salute e la sicurezza dei lavoratori, dalle attrezzature alle sostanze utilizzate, fino alla

sistemazione adeguata dei luoghi di lavoro.

In letteratura esistono diversi metodi finalizzati all’analisi del rischio, quali:

4.1.2 METODO INDUTTIVO(PREDITTIVO)

Si ipotizza il guasto del componente procedendo poi ad un’anlisi volta ad identificare

gli eventi che tale guasto potrebbe causare.

Attraverso l’acquisizione e la gestione di dati consentano il riconoscimento e la

caratterizzazione dei rischi che si intende analizzare, valutare e gestire in scenari e

contesti operativi. Sono applicati soprattutto in scenari che prevedono impianti di

processo.

Questo metodo si basa sul seguente schema logico:

− Si ipotizza uno scostamento dell’impianto dalle normali condizioni operative;

− Si identificano le possibili cause dello scostamento;

− Si identificano le possibili conseguenze dello scostamento;

88

− Si verifica se esistono protezioni impiantistiche od operative;

− Si valuta il rischio associato allo scostamento;

− Si decidono eventuali interventi preventivi e mitigativi.

4.1.3 METODO DEDUTTIVO

Si ipotizza l’evento finale per risalire agli eventi che potrebbero causarlo.

I metodi di analisi del rischio possono essere anche suddivisi in questa maniera:

1. Metodi Quantitativi

si basano sull’analisi quantitativa del rischio R= f(P,D), in cui:

− la funzione f può assumere una forma anche complessa, che tenga conto della

maggior parte dei parametri che intervengono nella nascita e nello sviluppo del

rischio, quali: fattore umano, materiali, macchina, processo e ambiente;

− vengono considerati, oltre alla probabilità di accadimento e gravità del danno,

anche altri fattori quali: estensione del danno, frequenza e durata di esposizione,

possibilità di evitare/ limitare il danno, ecc.

Tale tipologia di valutazione viene effettuata quando si vuole valutare il rischio in

modo molto dettagliato e analitico, lasciando poco spazio alla soggettività del

valutatore.

2 Metodi Qualitativi

Tali modelli non utilizzano espressioni matematiche del tipo R=f(P,D) per valutare i

diversi rischi, ma effettuano un’analisi qualitativa verificando la conformità alle

norme vigenti (leggi, decreti o norme di buona tecnica). Il punto di arrivo è un

giudizio qualitativo della situazione che si sta valutando.

3 Metodi Semi-Quantitativi (O Semi-Qualitativi)

Si basano su un’analisi quantitativa, in cui il rischio è R=f(P,D), ma con approccio

leggermente semplificato. I dati a disposizione sono quelli rilevati al momento

89

dell’indagine ed i parametri di confronto sono quelli che prescrivono le norme

tecniche, dipendenti sempre dalla probabilità di accadimento e del danno

conseguente.

4 Metodi Multi-Criterio

consentono di prendere in considerazione contemporaneamente diversi fattori

attraverso la formulazione del problema decisionale in una struttura gerarchica. Essi

senza perdere di rigore quantitativo e senza ridurre i fattori di analisi coinvolti,

mantengono una visione sintetica della percezione del rischio. Un approccio di

questo tipo appare in grado di fornire una metodologia flessibile e di facile

comprensione con cui analizzare i pericoli e le loro cause e definire

conseguentemente delle azioni correttive congruenti.

4.1.4 SCHEMA LOGICO DELL’ANALISI DEL RISCHIO

I vari metodi di valutazione dei rischi si differenziano per scopo, completezza ed

utilizzo ma tutti presentano la stessa sequenza di passi logici articolandosi in tre passi

principali:

1. Identificazione dei pericoli: si individuano in modo sistematico tutti i pericoli

legati all’attività in esame ed i fattori di rischio connessi (in questa fase si usano

prevalentemente check-list, dati storici sugli incidenti, casi simili ecc.).

2. Valutazione del rischio: si stima il rischio per ogni pericolo individuato; questa

fase comprende anche il giudizio sul grado di accettabilità del rischio stesso.

3. Definizione delle priorità degli interventi correttivi: i pericoli vengono ordinati

per valori di rischio decrescenti e per tutti i casi in cui tale livello risulta

inaccettabile si individuano azioni correttive adeguate.

4. In termini analitici il Rischio viene sempre definito come funzione della

probabilità di accadimento e della magnitudo (severità del danno) relativi al

90

singolo pericolo attraverso l’espressione R=f (M,p)dove R sta per

“magnitudodel rischio, M per “magnitudo del danno potenziale, p per

“probabilità di accadimento del danno.

4.2 METODOLOGIE E CRITERI ADOTTATI PER LA VALUTAZIO NE

DEI RISCHI

4.2.1 ANALISI QUALITATIVA E QUANTITATIVA

La valutazione dei rischi è stata effettuata utilizzando le metodiche ed i criteri ritenuti

più adeguati alle situazioni lavorative aziendali, tenendo conto dei principi generali di

tutela previsti dall’art. 15 del D.Lgs. 81/08. Laddove la legislazione fornisce indicazioni

specifiche sulle modalità di valutazione, i descrittori di rischio sono stati individuati

sulla base di norme tecniche e/o linee guida di riferimento, avvalendosi anche delle

informazioni contenute in banche dati istituzionali, nazionali ed internazionali (Es.:

Rumore, Vibrazioni. Movimentazione manuale dei carichi, ecc.).

In assenza di indicazioni legislative specifiche sulle modalità di valutazione, sono stati

adottati criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle effettive condizioni lavorative

dell’azienda e, ove disponibili, su strumenti di supporto, dati desumibili dal registro

infortuni, profili di rischio, indici infortunistici, dinamiche infortunistiche, liste di

controllo, norme tecniche, istruzioni di uso e manutenzione, ecc. In tal caso, l’entità dei

rischi viene ricavata assegnando un opportuno valore alla probabilità di accadimento

(P) ed alla gravità del danno(D). Dalla combinazione di tali grandezze si ricava la

matrice di rischio la cui entità è data dalla relazione:

R = P X D

Alla probabilità di accadimento dell'eventoP è associato un indice numerico

rappresentato nella seguente tabella:

91

PROBABILITA' DELL'EVENTO

1 Improbabile

Non si ha notizia di infortuni verificatisi in analoghe

condizioni di lavoro, per cui il verificarsi dell'evento

susciterebbe stupore e incredulità.

2 Poco probabile

La deficienza riscontrata potrebbe provocare un danno agli

addetti soltanto in concomitanza con altre situazioni

sfavorevoli; si ha notizia che, in rarissime occasioni di lavoro,

si sono verificati infortuni per condizioni di lavoro similari.

3 Probabile

La deficienza riscontrata potrebbe determinare un danno agli

addetti, anche se non in maniera automatica, dalle statistiche

si rileva che, in qualche caso, si sono verificati infortuni per

analoghe condizioni di lavoro.

4 M. Probabile

Esiste una correlazione diretta tra l'anomalia rilevata e la

possibilità che si verifichi un danno agli addetti; in analoghe

condizioni di lavoro si sono verificati infortuni nella stessa

azienda, per cui il verificarsi dell'infortunio non susciterebbe

alcuno stupore nei vertici aziendali.

Tabella 6– Classificazione probabilità evento

92

La gravità del danno viene stimata analizzando la tipologia di danno, le parti del corpo

che possono essere coinvolte e il numero di esposti presenti. Alla gravità del danno

(D) è associato un indice numerico rappresentato nella seguente tabella:

Tabella 7 – Classificazione gravità del danno

GRAVITA' DEL DANNO

1 Lieve L'evento potrebbe avere conseguenze di invalidità parziale,

rapidamente reversibile, per non più di un addetto.

2 Modesto L’evento potrebbe avere conseguenze di inabilità temporanea,

per uno o più addetti.

3 Grave L'evento potrebbe avere conseguenze di invalidità, con postumi

permanenti per uno o più addetti.

4 Gravissimo L’evento potrebbe avere conseguenze di morte o di inabilità

permanente, per uno o più addetti.

93

MATRICE DEI RISCHI

La matrice che scaturisce dalla combinazione di probabilità e dannoè rappresentata in

figura seguente:

DANNO

P R O B A B I L I T A’

1 2 3 4

4 3 2 1

4 8 12 16

3 6 9 12

2 4 6 8

1 2 3 4

Tabella 8 – Matrice di calcolo dell’equazione R= P x D

Tabella 9 – Tempi di attuazione dei miglioramenti in base all’entità del rischio

Entità

Rischio

Valori di

riferimento

Priorità intervento

Tempi di

attuazione in

giorni

Molto basso (1≤ R ≤ 1) Miglioramenti da valutare in fase

di programmazione 180

Basso (2≤ R ≤ 4) miglioramenti da applicare a

medio termine 60

Medio (6≤ R ≤ 9) Miglioramenti da applicare con

urgenza 30

Alto (12≤ R ≤16) Miglioramenti da applicare

immediatamente 0

94

Gli orientamenti considerati si sono basati sui seguenti aspetti:

− osservazione dell’ambiente di lavoro (requisiti dei locali di lavoro, vie di

accesso, sicurezza delle attrezzature, microclima, illuminazione);

− rumore, agenti fisici e nocivi;

− identificazione dei compiti eseguiti sul posto di lavoro (per valutare i rischi

derivanti dalle singole mansioni);

− osservazione delle modalità di esecuzione del lavoro (in modo da controllare il

rispetto delle procedure e se queste comportano altri rischi);

− esame dell’ambiente per rilevare i fattori esterni che possono avere effetti

negativi sul posto di lavoro (microclima, aerazione);

− esame dell’organizzazione del lavoro;

− rassegna dei fattori psicologici, sociali e fisici che possono contribuire a creare

stress sul lavoro e studio del modo in cui essi interagiscono fra di loro e con altri

fattori nell’organizzazione e nell’ambiente di lavoro.

Le osservazioni compiute vengono confrontate con criteri stabiliti per garantire la

sicurezza e la salute in base a:

− norme legali nazionali ed internazionali;

− norme di buona tecnica;

− norme e orientamenti pubblicati;

Principi gerarchici della prevenzione dei rischi:

− eliminazione dei rischi;

− sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso e lo è meno;

− combattere i rischi alla fonte;

− applicare provvedimenti collettivi di protezione piuttosto che individuali;

− adeguarsi al progresso tecnico ed ai cambiamenti nel campo dell’informazione;

95

− cercare di garantire un miglioramento del livello di protezione.

4.2.2 PREDITTIVA: METODOLGIE DI ANALISI PER LA

VALUTAZIONE DEI RISCHI DI INCIDENTI RILEVANTI IN UN

PROCESSO PRODUTTIVO

Figura 5 – metodologia di analisi per la valutazione dei rischi di incidenti rilevanti in un processo produttivo

Verifiche di sicurezza “safety audit”

La Safety Audit è un metodo qualitativo per esaminare un'operazione industriale nella

sua globalità, allo scopo di identificare i pericoli potenziali ed i relativi rischi. Il metodo

può essere applicato a interi stabilimenti, a impianti, a servizi, a singole operazioni. La

"Safety Audit" viene condotta da personale qualificato con inclusione di esperti di

sicurezza. La verifica offre, attraverso l'indagine, la possibilità di disporre di risultati

qualitativi ampliando così l'area di accertamento nel campo specifico rispetto ai

semplici indici di frequenza e gravità degli infortuni che forniscono unicamente un

valore puramente quantitativo del fenomeno infortunistico senza approfondirne le

cause. Fra gli altri scopi della verifica, si considera fondamentale il contatto anche con

singoli lavoratori quale manifestazione di interesse dei superiori al fine di ottenerne il

96

coinvolgimento, incoraggiando commenti e suggerimenti relativi ai problemi della

sicurezza e richiedendo la cooperazione nello scoprire le condizioni che necessitano di

correttivi. Quale premessa ad una corretta impostazione della Safety Audit si rendono

necessarie due azioni preliminari:

− esame dei più significativi infortuni ed incidenti accaduti;

− formulazione di un questionario da compilare preventivamente alla Safety

Audit.

La verifica indaga su ogni aspetto di un sistema: dalla politica aziendale, alle procedure

operative, dall'organizzazione ai piani di emergenza, dagli standard di sicurezza alla

registrazione di incidenti, all'addestramento del personale, agli atteggiamenti nei

confronti della sicurezza. Il primo passo per la realizzazione di una Safety Audit è

l'identificazione delle situazioni di pericolo potenziale esistenti nel sistema in esame.

L’identificazione di tali situazioni viene fatta con l'ausilio di un elenco appositamente

predisposto in cui vengono riportati i pericoli potenziali tipici della realtà industriale in

auditing. I termini che ricorrono in questo elenco si riferiscono a situazioni generali di

pericolo ed a situazioni specifiche. Una volta identificate le situazioni più preoccupanti

occorre procedere alla valutazione del loro livello di rischio. Per avere dati confrontabili

con analisi fatte su situazioni simili è necessario:

- fissare una scala di giudizio per valutare le varie situazioni;

- scegliere delle modalità operative di analisi e raccolta dati.

Liste di controllo: Check-list

Una check-list di processo o sistema può essere applicata per valutare: componenti,

materiali o procedure. Le check-list, inoltre, possono essere usate durante qualsiasi fase

del progetto per guidare i progettisti attraverso i pericoli più comuni usando procedure

standardizzate. Le check-list dovrebbero essere preparate da un tecnico esperto che

97

abbia familiarità con le operazioni generali dell'impianto e le procedure dell’azienda.

Successivamente alla preparazione, essa può essere applicata da tecnici con minor

esperienza e poi riesaminata da un responsabile che abbia l'autorità per approvarla. Una

check-list, generalmente, assicura un’adesione agli standard minimi e permette di

identificare aree che richiedono ulteriori valutazioni di rischio.

Analisi storica

La disponibilità di raccolta di informazioni sugli incidenti storicamente verificatesi

consente di identificare i tipi di eventi probabili, le loro cause e le loro modalità di

evoluzione. Questa disponibilità consente da un lato di limitare l'estensione dello studio

ai soli eventi credibili (escludendo quindi situazioni estreme teoricamente ipotizzabili

ma mai verificatesi nella storia industriale) e di sostenere questa scelta nei confronti sia

delle autorità di controllo che della pubblica opinione;

dall'altro lato l'esecuzione dello studio è guidata ed ancorata alla reale esperienza di

esercizio ed è quindi grandemente agevolata la stesura del relativo rapporto di sicurezza.

In molti casi di impianti tecnologicamente semplici (ad esempio stoccaggio di

idrocarburi) una buona analisi di sicurezza con approfondito sopralluogo sull'impianto

ed interviste al personale consente di individuare l'elenco degli incidenti credibili da

considerare nell'analisi. È evidente che i limiti connessi a questo tipo di indagine sono

essenzialmente legati al tipo ed alla qualità di informazioni raccolte nonché agli anni di

riferimento dell'indagine.

Inoltre non sempre sono ben esplicitate le cause iniziatrici che hanno comportato gravi

sequenze incidentali. Molti incidenti sono generici e molti casi si attribuiscono

erroneamente al "fattore umano" senza individuare quelle che invece sono le condizioni

che realmente hanno portato all'incidente (progettazione, ispezione, addestramento,

costruzione, manutenzione).

98

Analisi delle modalità di guasto e dei relativi effetti (FMEA)

La FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) è una metodologia utilizzata per

analizzare le modalità di guasto o di difetto di un processo, prodotto o sistema.

Il failure mode è l'espressione di come il guasto o difetto si manifesta nel processo,

mentre per effect si intende l'impatto del guasto, o difetto, sul processo o sul cliente

interno/esterno. La FMECA, Failure Mode and Effect Criticality Analisys (“Analisi

critica dei modi di guasto/errore e dei loro effetti”) aggiunge un percorso di valutazione

orientato all’assunzione di decisioni operative coerenti. La FMEA è un’analisi di tipo

qualitativo, la FMECA aggiunge valenze quantitative. Nell’uso, ormai, quando si parla

di FMEA si intende la FMECA. Nelle definizioni tecniche il “modo di guasto”

rappresenta quello che potrebbe succedere se si verificasse un difetto in un componente,

un’omissione o un errore in un’attività, ecc. Il “guasto” invece è l’effettivo

allontanamento del componente o dell’attività da quelle che sono le specifiche del

progetto o del processo.

La FMEA-FMECA è, quindi, una tecnica previsionale, nata verso la metà degli anni ’60

in alcune aziende statunitensi del settore aeronautico, dove è stata introdotta sia nel

settore della progettazione che della produzione.

Ad esempio alla NASA fu introdotta questa tecnica in maniera massiccia durante la fase

di studio, messa a punto e realizzazione della missione Apollo.

Durante i successivi anni alcune grosse aziende: Boeing, Ford, General Motor, Chrysler,

Texas Instruments, Motorola contribuirono in modo determinante alla diffusione di

questa tecnica di analisi. Nei settori Aeronautico, Automotive e Elettronico ormai

costituisce uno standard consolidato.

La FMEA è una tecnica che può essere applicata anche a posteriori su un prodotto e su

un processo di lavoro, soprattutto se non lo si è fatto preventivamente, per evidenziarne

99

punti critici e classificarli per priorità prima di intervenire con gli strumenti del

miglioramento continuo. Può inoltre essere ripetuta per sottolineare cambiamenti nelle

valutazioni per effetto delle modifiche delle conoscenze teoriche o dell’esperienza del

prodotto/servizio.

La formalizzazione della valutazione si ottiene attraverso:

− la standardizzazione del processo valutativo;

− l’ancoraggio dello stesso al punto di vista dell’utilizzatore (cliente interno e

finale);

− il ricorso a gruppi multidisciplinari di esperti.

La FMEA descrive un gruppo di attività mirate a:

− Riconoscere e valutare i potenziali difetti di un prodotto/processo e i suoi effetti.

− Identificare azioni che possono eliminare o ridurre la frequenza di accadimento

dei difetti potenziali.

− Descrivere i prodotti/processi.

Essa è complementare alla progettazione per definire in modo ottimale come deve

essere ilprodotto/processo per soddisfare il cliente finale.

Si possono distinguere due “modalità di applicazione” della FMEA:

− FMEA di progettazione (Design FMEA): consiste nell’analisi dei potenziali

anomalie ed effetti da utilizzarsi nella fase di progettazione di un

prodotto/processo. è una tecnica utilizzata generalmente dai responsabili della

progettazione (uffici tecnici, di sviluppo nuovi prodotti, di ingegnerizzazione

della produzione). Nasce con il prodotto e si evolve con esso, ne segue lo

sviluppo: in pratica si tratta di prevedere già durante la fase di progettazione e

sviluppo quali potranno essere i problemi potenziali di produzione e legarli alle

presunte cause che li generano. Utilizzata per evidenziare e correggere eventuali

100

debolezze di progetto che possono generare guasti, problemi e

malfunzionamenti in fase di impiego/applicazione del prodotto (approccio

preventivo più utilizzato per prodotti complessi / beni durevoli).

− FMEA di Processo (Process FMEA): analisi di anomalie potenziali ed effetti

durante la fase di produzione di un prodotto/processo. è una tecnica analitica

utilizzata da un responsabile di processo o da un gruppo come mezzo per

individuare i problemi potenziali e legarli alle possibili cause. L’inserimento

delle cause potenziali deve essere il più preciso possibile solo così può essere

uno strumento importante nella soluzione dei problemi (effetti).

L’analisi FMEA può essere suddivisa in 2 fasi:

− analisi qualitativa: viene descritto il corretto svolgimento delle attività

necessarie a realizzare il servizio o il corretto funzionamento del bene. In

riferimento a ciò vengono elencati: tutti i possibili modi di errore/guasto, i loro

effetti e le cause potenziali. L’analisi qualitativa (FMEA propriamente detta)

termina a questo punto e da qui in poi si possono cominciare a valutare le

criticità. È evidente che quanto più è competente - o in grado di procurarsi

informazioni – chi è chiamato a sviluppare l’analisi, tanto più saranno i possibili

modi di guasto che verranno individuati;

− analisi quantitativa: I tre elementi analizzati vengono ora presi in

considerazione associandovi un giudizio di valore su criteri predefiniti, costruito

su una scala che va da 1 a 10, che permetterà di calcolare un indice di priorità

del rischio (IPR). Vengono considerate:

− la probabilità che si verifichi la causa del modo di errore/guasto (e quindi del

guasto);

− la gravità degli effetti dell’errore/guasto;

− la rilevabilità dell’errore/guasto.

Mentre nel caso della gravità degli effetti e della probabilità di accadimento dell’errore,

la scala viene utilizzata in modo proporzionale da 1 a 10, nel caso della rilevabilità essa

viene utilizzata in modo

l’individuazione (e quindi la possibilità di controllo) dell’errore/guasto.

Una volta assegnato a ciascun elemento il proprio punteggio, l’IPR si calcola come il

prodotto dei tre parametri

(10x10x10: prodotto dei punteggi massimi delle scale) e il valore minimo di 1 (1x1x1:

prodotto dei punteggi minimi delle scale).

Figura 6 – Esempio FMEA

la rilevabilità dell’errore/guasto.

Mentre nel caso della gravità degli effetti e della probabilità di accadimento dell’errore,

la scala viene utilizzata in modo proporzionale da 1 a 10, nel caso della rilevabilità essa

viene utilizzata in modo inverso, attribuendo valori tanto più alti quanto più è difficile

l’individuazione (e quindi la possibilità di controllo) dell’errore/guasto.

Una volta assegnato a ciascun elemento il proprio punteggio, l’IPR si calcola come il

prodotto dei tre parametri considerati. Esso può assumere il valore massimo di 1.000

(10x10x10: prodotto dei punteggi massimi delle scale) e il valore minimo di 1 (1x1x1:

prodotto dei punteggi minimi delle scale).

101

Mentre nel caso della gravità degli effetti e della probabilità di accadimento dell’errore,

la scala viene utilizzata in modo proporzionale da 1 a 10, nel caso della rilevabilità essa

inverso, attribuendo valori tanto più alti quanto più è difficile

l’individuazione (e quindi la possibilità di controllo) dell’errore/guasto.

Una volta assegnato a ciascun elemento il proprio punteggio, l’IPR si calcola come il

considerati. Esso può assumere il valore massimo di 1.000

(10x10x10: prodotto dei punteggi massimi delle scale) e il valore minimo di 1 (1x1x1:

102

Il processo per lo svolgimento di una FMEA si articola in quattro macro fasi:

− Impostazione;

− Esecuzione;

− Attuazione interventi;

− Verifica efficacia.

Impostazione Dell’analisi FMEA

− Decisione di attivare un’Analisi MEA: l’analisi può essere avviata quando

l’oggetto risulta possedere, su giudizio del Responsabile Progetto degli elementi

di innovazione significativi e si trova in uno stato di progettazione ultimata per il

quale è possibile porre a confronto le specifiche richieste del cliente con le

caratteristiche fornite dal progetto. In presenza di un progetto incompleto

l’Analisi FMEA non può far altro che evidenziare le lacune presenti senza poter

dare un proprio contributo ed un “valore aggiunto” alle attività da svolgere per

completare il progetto (se non generiche avvertenze) in quanto, è bene

ricordarlo, tale analisi è una metodologia di verifica e non di soluzione.

− Costituzione del Gruppo Competente: l’analisi viene svolta da un gruppo di

persone che contribuiranno con la loro esperienza e competenza a scoprire

elementi di possibile difettosità e criticità. La massima efficacia dell’analisi

risiede nella capacità da parte del Responsabile Progetto di spiegare il proprio

lavoro e non di difenderlo, e da parte dei Partecipanti del Gruppo di contribuire

con le proprie competenze e capacità ad arricchire le conoscenze e prevedere le

situazioni critiche senza sostituirsi operativamente al progettista.

− Descrizione dell’Oggetto dell’Analisi: l’analisi è agevolata se la descrizione del

“oggetto” in esame è completa, ovvero se sono definiti i componenti e le varie

interazioni scambiate, e se queste trovano evidenza in documenti ufficiali in uso

103

nell’Impresa. L’identificazione dei componenti e delle interazioni è un’attività

delicata, da presidiare con attenzione, perché costituisce in certo qual modo il

“recinto” entro il quale si svolgerà la verifica senza che questa abbia più

riferimenti con l’oggetto da esaminare nel suo complesso

− Convocazione della Riunione di Analisi: l’analisi viene condotta durante un

incontro indetto con un invito formale, con un ordine del giorno anticipando la

documentazione descrittiva dell’oggetto dell’analisi in modo da consentire una

presa visione da parte dei partecipanti.

Esecuzione dell’Analisi FMEA

− Spiegazione e comprensione dell’oggetto: l’analisi è preceduta da una

spiegazione in dettaglio del progetto condotta dal Responsabile che, impiegando

il materiale descrittivo consente ai partecipanti di prendere confidenza con le

richieste del committente, con le soluzioni scelte e con la terminologia usata. È

bene anticipare in questa fase gli eventuali limiti del progetto e le difficoltà

incontrate nel suo sviluppo.

− Caratteristiche del guasto: l’analisi prevede l’impiego di una scheda di raccolta

delle informazioni che per ogni elemento porta all’identificazione di tutti i

potenziali modi di guasto (difetti di origine, usura, ecc.), delle possibili cause e

dei conseguenti effetti. Per agevolare tale operazione è bene impiegare delle

“liste” precostituite di difetti possibili che costituiscono delle guide di analisi e

di orientamento per il Gruppo.

− Situazione iniziale: l’analisi consente sulla base degli Indici Probabilità (P),

Gravità (G) e Rilevabilità (R) assegnati in sede di verifica impiegando scale

predefinite (es. su valori da 1 – 10) di definire le voci critiche (parti del

prodotto/processo) su cui intervenire.

104

− Indice di Priorità di Rischio “IPR”: l’indice è calcolato come prodotto dei tre

indici, P, G, R; (IPR = PxGxR) e quando il valore dell’indice IPR supera una

certa soglia (normalmente = 100) scatta la necessità di intervenire con

rifacimenti, modifiche del progetto, approfondimento o interventi di controllo.

− Azioni correttive: l’analisi sollecita la definizione di interventi onde riportare

l’indice “IPR” sotto il valore della soglia definito come accettabile. Nella scelta

degli interventi non è solo sufficiente considerare il valore assunto dall’indice

“IPR” ma occorre esaminare i valori dei singoli “indici” che lo compongono:

− se si ha l’indice di Probabilità (P) preponderante vuol dire che le soluzioni

adottate presentano elevate quote di rischio e pertanto l’unico modo efficace per

neutralizzarle è quello di operare sul progetto ed apportare delle modifiche in

modo da diminuire le loro probabilità di accadimento;

− se si ha l’indice Gravità (G) posizionato su valori alti vuol dire che le

conseguenze sono pesanti pertanto i modi per annullarle o ridurle sono quelli di

intervenire sul progetto in modo da rendere improbabile l’accadimento di tale

difetto o di introdurre sulle soluzioni degli elementi tali da neutralizzare gli

effetti gravosi dello stesso;

− se si ha l’indice Rilevabilità (R) elevato vuol dire che le conoscenze sulle cause

e svolgimento del modo di guasto sono mancanti o carenti e pertanto l’unico

modo per superare tale lacuna è quello di attuare ricerche teorico-pratiche per

aumentare la confidenza con il fenomeno ed il dominio del progetto.

− Simulazione del nuovo indice di priorità: l’analisi permette, a fronte degli

interventi proposti, di stimare l’effetto e visualizzare il posizionamento del

nuovo ed ipotetico valore dell’indice mettendo in risalto le voci su cui

intervenire successivamente.

105

Attuazione degli interventi

− Attuazione Azioni correttive: l’analisi consente di assegnare l’esecuzione degli

interventi ai vari Responsabili definendo contenuti, date di attuazione, modalità

di verifica, ecc.

Verifica dell’efficacia

− Situazione finale: l’analisi descrive il probabile stato futuro del “oggetto”

attraverso una mappa degli interventi ed i loro benefici (in termini di valore

degli indici) nell’ ipotesi che tutte le azioni correttive vengano pienamente

attuate.

− Aggiornamento degli indici Probabilità, Gravità, Rilevabilità: l’analisi consente

di verificare in seconda fase ed attraverso un confronto dei valori degli Indici gli

effetti ottenuti e gli scostamenti da quanto atteso permettendo di tarare le scale

di valutazione impiegate.

“What if”

La procedura "what-if" non è strutturata come altre metodologie quali HAZOP, FMEA.

Infatti richiede all'utilizzatore di applicare concetti base alle applicazioni specifiche. La

finalità del metodo è di considerare attentamente i risultati di eventi inaspettati che

potrebbero produrre conseguenze sfavorevoli. Il metodo coinvolge l'esame delle

possibili deviazioni dal progetto, costruzione, modalità operative. Questa analisi

richiede la conoscenza base di quanto si esamina e l'abilità di combinare e sintetizzare

mentalmente le possibili deviazioni dal progetto che potrebbero causare risultati non

desiderati. Questa procedura è efficace se il gruppo di lavoro è esperto, in caso contrario

i risultati sono spesso incompleti.

Il concetto del "what-if" è quello di utilizzare domande che iniziano con:" what-if …"

(cosa succederebbe se …?).

106

Le domande sono collocate in specifiche aree di indagine legate alle conseguenze che

interessano, ad esempio: sicurezza elettrica, protezione al fuoco, sicurezza personale.

Ogni area è studiata da un gruppo di 2-3 esperti e le domande sono formulate basandosi

sulle precedenti esperienze ed applicate a disegni e piante esistenti; per un impianto già

operante l'indagine può contenere domande per il personale che lavora sull'impianto.

Non esiste un modello specifico oppure un ordine per queste domande, solo

l'applicazione fornisce un modello logico. Le domande possono riguardare ogni

variazione legata all'impianto non soltanto la rottura di componenti o variazioni di

processo.

Analisi Dei Rischi E Della Operabilità (Hazop)

Un elemento importante di qualsiasi sistema per la prevenzione degli incidenti a rischio

rilevante è la conduzione di uno studio dei rischi e delle operabilità (HAZOP) in fase di

pianificazione e, in particolare, durante le operazioni di controllo di sicurezza dei

sistemi. Le HAZOPS cercano di minimizzare l’effetto di una situazione atipica di

processo assicurando che i sistemi di controllo e le attività di sicurezza (esempio: piano

di emergenza) siano in grado di garantire un alto livello di affidabilità, evitando, così, il

verificarsi di un incidente rilevante.

Gli Hazard and Operability Studies (HAZOPs) sono una forma di identificazione dei

pericoli utilizzati per identificare i potenziali pericoli in fase di progettazione e quelli

dovuti all’errore umano. Lo studio individua possibili deviazioni delle normali

condizioni di funzionamento che potrebbero portare a situazioni pericolose. Il processo

consente una valutazione completa dei sistemi di controllo dei pericoli e

raccomandazioni per l’attuazione di qualsiasi modifica necessaria.

Il processo HAZOP viene utilizzato per identificare potenziali pericoli collegati sia alla

struttura dell’impianto, sia all’errore umano. La tecnica HAZOP è attualmente una delle

107

tecniche di identificazione del rischio maggiormente applicate; è una procedura

altamente strutturata che identifica come un processo possa deviare dalle intenzioni

progettuali, evidenzia le conseguenze che potrebbero derivare da tali deviazioni ed

infine valuta la necessità di interventi correttivi.

Le linee guida per l’applicazione del metodo HAZOP sono state pubblicate per la prima

volta nel 1977 dalla CISHC e sono state aggiornate nel 1992, senza subire molte

variazioni. Con il passare degli anni, questo metodo si è affermato, in maniera

importante, come mezzo di analisi del rischio fino ad arrivare ad essere impiegato in

diverse realtà. Tale generalizzazione è dovuta all’estrema flessibilità della metodologia,

la quale fa riferimento alle “deviazioni dalle intenzioni progettuali” ed al modo di

evidenziarle e valutarne le implicazioni in generale in termini di sicurezza e operabilità.

ha lo scopo di esaminare gli ambienti di lavoro e identificare i pericoli cui tali ambienti

espongano i lavoratori.

L'HAZOP è basato su di un gruppo di lavoro, che, attraverso varie riunioni ed analisi,

mira all'individuazione dei pericoli esistenti nella gestione di un determinato processo

lavorativo. Il gruppo di tecnici esamina periodicamente il processo produttivo attraverso

l’applicazione di parole guida ai parametri operativi. I pericoli sono identificati e

indagati sulla base di deviazioni, siano esse accidentali o meno, di parametri chiave,

caratteristici del processo in esame.

L’analisi è condotta attraverso una fase di definizione degli ambienti lavorativi e della

comprensione dei processi lavorativi che in essi hanno luogo, in una successiva

disamina di parametri, delle deviazioni e delle relative conseguenze, per poi procedere

alla registrazione delle conclusioni su possibili pericoli e di raccomandazioni utili per la

loro gestione.

108

Il gruppo di lavoro è formato da tecnici specializzati in vari settori e discipline, ed è

guidato da un team leader che garantisce l’applicazione della metodologa e l’efficacia

del lavoro di gruppo. L’utilizzo di un gruppo di lavoro (multispecialistico) permette,

attraverso la condivisione e l’unione di diversi concetti e di diverse esperienze, la

creazione di un pensiero creativo, il quale non sarebbe possibile raggiungere se, la

revisione del processo, per quanto accurata, venga svolta singolarmente dai membri del

gruppo stesso.

Tenendo sempre in considerazione le sue finalità di base (rischio ed operabilità), oggi,

l’analisi HAZOP, è utilizzata in tutta l’industria di processo, indirizzata all’ottenimento

di obiettivi complementari, diversi a seconda degli attori in gioco:

− Le società di Ingegneria, ed i rispettivi clienti, lo utilizzato non più solo come

analisi di operabilità e rischio, ma anche come revisione degli schemi di marcia

P&ID (disegno che mostra le interconnessioni tra le apparecchiature di un

processo), come mezzo di addestramento dei tecnici destinati alla conduzione

dell’impianto progettato, come strumento per ottenere, sfruttando il fattore

sicurezza, dei miglioramenti organizzativi a prezzo ridotto.

− Le società di produzione lo utilizzano al fine di realizzare piccoli cambiamenti

impiantistici risparmiando così sui tempi e sui costi di realizzazione.

− La tecnica HAZOP ha avuto origine da studi di tipo assicurativo, specie su

grandi impianti di processo, estendendo la sua applicazione ad ambiti e

dimensioni diverse. Le modalità operative richiedono, come già descritto

precedentemente, il concorso di esperti e operatori coinvolti in

un team multidisciplinare che lavora attenendosi agli scopi e alla

programmazione dello studio stabiliti dalla committenza.

109

4.3 METODOLOGIA HAZOP

Un HAZOP comporta una revisione sistematica e dettagliata di un processo da parte di

un team multidisciplinare, guidato da un esperto indipendente dalla struttura in fase di

studio. L’ HAZOP agisce tramite un approccio “brainstorming” e applica su di un

processo una serie di parole guida per identificare le possibili deviazioni dalla normale

condizione di funzionamento ed il loro possibile impatto. Vengono assegnate le

responsabilità per trovare, e adottare, possibili soluzioni ai problemi riscontrati.

L’applicazione della metodologia HAZOP prevede un’analisi sistematica di ogni

singola attrezzatura eseguendo i seguenti passaggi:

− Descrizione dell’elemento analizzato (nodo);

− identificazione delle deviazioni dal normale funzionamento attraverso

l’applicazione delle parole guida ai parametri di processo;

− determinazione delle potenziali conseguenze negative derivanti dalle deviazioni

identificate;

− evidenziazione dei sistemi protettivi esistenti atti a prevenire le conseguenze

ipotizzate;

− valutazione della necessità di ulteriori sistemi di prevenzione o protezione o

della necessità di approfondimento dei problemi sollevati (raccomandazioni);

− formalizzazione su fogli di lavoro delle raccomandazioni e dei passi effettuati

per arrivarci;

110

Figura 7 - procedura tipica di uno studio HAZOP

111

Nella conduzione logica del processo di HAZOP verranno presi in considerazione i

seguenti elementi: nodi, deviazioni, cause, conseguenze (rischi e difficoltà operative),

garanzie ed azioni correttive. I membri della squadra andranno ad identificare gli

eventuali nodi e le rispettive parole guida. Verrà considerata la deviazione che potrebbe

scaturire dall’eventuale nodo ed attraverso l’analisi, verranno studiate le probabili

conseguenze. Quando gli eventi presi in considerazione possono essere definiti

significativi, si inizia lo studio di misure supplementari da adottare per eliminare la

causa di deviazione identificata. Un’analisi più dettagliata può essere effettuata dinanzi

ad un evento o una situazione abbastanza grave da comportare l’attuazione di importanti

modifiche di progettazione.

Lo studio di ogni sezione dell’impianto, generalmente segue il seguente schema:

1) il team leader descrive brevemente il P&DI (schema di marcia) corrispondente e

lo illustra ai membri del gruppo di studio.

2) Vengono discussi gli argomenti e le questioni relative al progetto.

3) Viene selezionata, evidenziandola attraverso l’utilizzo di un pennarello, la prima

sezione del P&DI da analizzare.

4) Il team leader spiega il processo nel dettaglio, evidenziandone gli scopi, le

caratteristiche, la strumentazione, i sistemi di protezione. Vengono analizzati gli

elementi di input e di output del processo.

5) Vengono discussi tutti gli elementi rilevanti.

6) Il team leader stabilisce le parole guida correlate alle deviazioni dal normale

funzionamento. Si discutono le probabili cause: se, a giudizio del gruppo, la

combinazione delle conseguenze e la probabilità di accadimento risultano

elevate, questa deviazione viene segnalata, e registrata, come un problema da

risolvere. Se le garanzie esistenti sono sufficienti non viene prevista alcuna

112

azione correttiva, altrimenti, si procede con la nomina di un responsabile per la

messa a punto, e l’adozione, di un’azione correttiva.

7) È sempre utile sottolineare che il gruppo di studio deve concentrarsi di più

sull’individuazione del problema, che, piuttosto, sulla soluzione a tale problema,

che verrà considerata in una data successiva.

8) Si procede analizzando ogni parola guida e, solo allora, si passa al processo

successivo.

9) Quando tutti i processi di un impianto sono stati esaminati, si procede con

un’analisi panoramica del P&Di nel suo complesso.

Per essere efficacie, un HAZOP deve essere sistematico, dettagliato, effettuato da un

team equilibrato condotto da un capo esperto. Quindi, l’efficacia di un HAZOP

dipenderà da:

− L’esattezza delle informazioni (soprattutto quelle del P&ID) a disposizione della

squadra;

− Le conoscenze e le competenze dei membri del team;

− Quanto la squadra riesca ad utilizzare il metodo per individuare le deviazioni;

− L’adozione di un criterio idoneo alla valutazione dei pericoli e delle risorse da

utilizzare per ridurre i conseguenti rischi;

− Garantire che il gruppo di studio si attenga alle procedure stabilite.

gli elementi chiave sono:

− La squadra di HAZOP

− La descrizione completa del processo

− Le parole guida

− Condizioni favorevoli al brainstorming

− Registro

113

− Piano di follow-up

Delucidazione Sui Termini Principali Utilizzati Nella Metodologia Hazop

− Nodo: elemento sottoposto a investigazione per le deviazioni dalle intenzioni

progettuali. È un punto dove i parametri di processo hanno una intenzione

progettuale definita. Normalmente i nodi sono apparecchiature o insieme di

apparecchiature.

− Parametro: “un aspetto del processo”, inteso come funzione che lo descrive

fisicamente, chimicamente o in termini di cosa sta succedendo. Vengono

suddivisi in specifici e generali. I parametri specifici descrivono l’aspetto fisico

di un processo (flusso, temperatura, pressione), mentre i parametri generali

descrivono cosa sta succedendo (manutenzione, prova, servizio, sicurezza,

strumentazione).

− Intenzione: definisce come il sistema debba operare nel nodo. Questa fornisce

un punto di riferimento per lo sviluppo delle deviazioni.

− Parola guida (Chiave): sono degli elementi utilizzati per dirigere in modo

sistematico lo studio HAZOP. Sono parole che, considerate insieme ai

parametri, formano per il gruppo una ipotetica deviazione da analizzare.

Forniscono riferimenti qualitativi e quantitativi.

− Di seguito sono riportate le parole guida con il loro significato:

− No (negazione intenzione progettuale)

− Più (accrescimento quantitativo)

− Meno (diminuzione quantitativa)

− Così come (accrescimento qualitativo)

− Parte di (diminuzione qualitativa)

− Contrario (opposto dell’intenzione progettuale)

114

− Altro (completa sostituzione)

− Deviazioni: Sono discostamenti dalle intenzioni progettuali che vengono

scoperte in modo sistematico applicando, su ciascun nodo, la combinazione

parole guida/parametri per analizzare il processo. È importante precisare che

l’obiettivo primo di uno studio HAZOP è quello di identificare i problemi.

Figura 8 - esempio parole guida

Aspetti Procedurali E Pianificazione

− Definizione obbiettivi dello studio

− Composizione del gruppo di lavoro

La tecnica di analisi HAZOP si basa su di un lavoro di gruppo. È basato sul principio

che un gruppo di persone, che discute liberamente (brainstorming), analizzerà in

maniera sicuramente più completa un processo, di quanto possa fare ogni persona del

gruppo singolarmente.

Un gruppo HAZOP normalmente è formato da cinque a otto persone, anche se un

gruppo più piccolo può essere sufficiente per una piccola unità. Se il gruppo è troppo

numeroso, l’utilità del concetto di gruppo viene meno poiché troppe persone che tentano

115

di comunicare tra di loro possono generare confusione. I membri del gruppo devono

possedere una serie di competenze rilevanti (ingegneristiche e gestionali) al fine di

garantire che vengano esaminati tutti gli aspetti del processo, per evitare che alcuni

eventi vengano trascurati per mancanza di competenza e consapevolezza.

Il gruppo deve essere guidato da un capo (team leader) che deve conoscere ed avere

esperienza nella tecnica HAZOP. È importante che anche il gruppo di studio conosca le

informazioni contenute nel P&ID (Process and Instrumentation Diagram).

Il capo gruppo deve assicurare:

− La preparazione dello studio;

− La verifica che i partecipanti allo studio conoscano il processo e i propri ruoli;

− La guida al gruppo nell’analisi;

− La supervisione alle registrazioni dello studio;

− Che i rapporti finali dello studio siano completamente accurati.

Normalmente il capo gruppo è affiancato da un assistente che registra i risultati delle

riunioni di lavoro, prepara i rapporti e coopera ad assistere alla raccolta delle

informazioni necessarie. Gli altri membri del gruppo sono scelti in base alla esperienza

tecnica o operativa che possono fornire al gruppo.

Stima del tempo richiesto dallo studio

È possibile adottare due metodi per stimare il tempo richiesto per l’esecuzione delle

sessioni di lavoro: si può assegnare un certo numero di ore ad ogni recipiente principale

o nodo, oppure si può assegnare un numero di ore ad ogni linea entrante od uscente da

ciascun nodo principale. Solitamente, si fa riferimento al primo metodo, ritenuto più

accurato ed efficacie. Si prendono in considerazione due momenti distinti:

l’individuazione dei nodi principali ed il calcolo del tempo.

116

Individuazione dei nodi principali: la stima del tempo inizia individuando i nodi

principali da considerare. Dopo aver individuato questi, le rimanenti apparecchiature

vengono raggruppate per essere analizzate con il più appropriato recipiente principale.

Calcolo del tempo: Dopo aver stabilito una lista di gruppi principali, viene effettuata la

stima del tempo necessario ad analizzare ogni gruppo. Il tempo stimato dipende da

diversi fattori, tra questi la complessità delle apparecchiature comprese nel gruppo e,

non ultima, l'esperienza del team leader. Fattori che possono spingere la stima verso il

valore alto del tempo sono:

− recipiente con molte linee di ingresso ed uscita;

− recipiente con un certo numero di altre apparecchiature associate;

− recipiente di nuova, non ben conosciuta, progettazione;

− diversi modi operativi da considerare e velocità del team leader nel condurre le

operazioni di indirizzo;

Una volta definito il numero totale di ore, bisogna stabilire la durata di ogni sessione di

lavoro ottenendo alla fine il numero totale di sessioni.

Lavoro di preparazione allo studio

il lavoro preparatorio all'esecuzione di uno studio HAZOP passa attraverso la

definizione dei seguenti elementi: pianificazione, materiale di riferimento, sala riunioni

e supporto informatico.

Pianificazione:una volta stimato il tempo totale per l’esecuzione dell’HAZOP, viene

definita l’agenda per le sessioni di lavoro. L’agenda consiste in una guida di

programmazione. Questa permette ai membri del gruppo una pianificazione dei propri

impegni personali e permette alla direzione una valutazione dell’impegno richiesto dallo

studio. Al progredire dello studio, il numero dei disegni analizzati ed il tempo impiegato

possono essere comparati con la stima iniziale. Questo permette di evidenziare i

117

progressi dello studio e fornisce un’indicazione di potenziali problemi nella

programmazione. Permette inoltre l'acquisizione di dati di ritorno sull'accuratezza della

stima originale, dati da utilizzare come riferimento in futuro.

Materiale Di Riferimento: Per permettere l'avanzamento di uno studio HAZOP è

necessaria la presenza di dati di riferimento aggiornati che consentano di rispondere alla

maggior parte delle questioni sollevate. Gli schemi di marcia (P&IDs) aggiornati sono

di primaria importanza. Fondamentali, in modo particolare per nuovi progetti, sono gli

schemi di processo e le planimetrie, per aiutare i membri del gruppo a visualizzare

l’andamento dei flussi e la sequenza delle apparecchiature dell’impianto. Nella sala

riunioni l’obiettivo di base è di avere a disposizione della documentazione che permetta

di ridurre al minimo i punti di approfondimento e chiarimento rimasti irrisolti alla fine

delle sessioni di lavoro. Uno degli elementi base nella preparazione di un HAZOP è la

verifica della completezza ed adeguatezza della documentazione. Del lavoro addizionale

di preparazione allo studio può essere necessario nel caso di HAZOP eseguiti su

processi discontinui (batch). Tale lavoro potrebbe consistere nella preparazione di

diagrammi a blocchi che permettano di evidenziare i diversi arrangiamenti delle

apparecchiature nei diversi cicli operativi.

Sala Riunione: la sala deve avere spazio sufficiente a garantire una posizione di lavoro

confortevole per ogni membro del gruppo. Dovrebbe essere garantito spazio sufficiente

per l’apertura dei disegni e delle planimetrie. Sarebbe conveniente avere abbastanza

spazio alle pareti per appendervi gli schemi di marcia oggetto della sessione di studio. È

di notevole importanza la presenza di una lavagna per disegnare diagrammi, schemi,

calcoli o sommarizzare punti procedurali.

Supporto Informatico: Un programma di gestione computerizzato può facilitare le

prestazioni di uno studio HAZOP fornendo una serie di "fogli di lavoro" precostituiti

118

per la registrazione e documentazione delle deviazioni, delle cause di rischio e delle

conseguenze.

Sessioni di lavoro

Le sessioni di lavoro devono essere tenute preferibilmente nella mattinata quando il

gruppo di lavoro è nel periodo di massimo rendimento e non dovrebbero prolungarsi

oltre le 4 ore ciascuna.

Una buona programmazione deve tener conto dei seguenti elementi: evitare l’eccessiva

stanchezza dei membri del gruppo; possibilità di revisioni ed aggiornamenti; possibilità,

per i membri del gruppo, di non abbandonare per tutto il tempo dell’analisi i lavori di

routine. Per le attività di aggiornamento e revisione, si deve stimare una sessione ogni

cinque, oppure, tale lavoro, può essere effettuato dedicandogli un po' di tempo all’inizio

di ogni sessione di lavoro.

Compiti del leader nel gruppo di lavoro

Una delle responsabilità chiave del "Team Leader" è quella di interagire con il gruppo

di lavoro in modo dinamico in maniera da indirizzare l'analisi senza inutili perdite di

tempo, ma anche senza permettere nessuna distrazione e/o by-pass degli elementi

analizzati. Inoltre, il team leader deve curare i seguenti aspetti:

− giusta sollecitazione dei membri del gruppo;

− assicurarsi che tutti i componenti siano considerati, evitare dispute fra i membri

del gruppo;

− tenere desta l’attenzione del gruppo;

− riassumere spesso;

− controllo del ritmo della sessione.

Ranking del rischio

Formalizzazione e rapporto finale

119

Hazop equivalenti e non tradizionali

Il successo della metodologia HAZOP, con il passare del tempo, è stata ben dimostrata.

La tecnica, con modificazioni, può anche essere applicata anche in altri settori.

Computer HAZOP (CHAZOP): Il rapido sviluppo dell’automazione e dell’intelligenza

distribuita vede l’aumento di prodotti con sistemi di comando e controllo elettronici o

elettronici programmabili. Quando la corretta funzionalità di un prodotto all’interno di

un sistema consente di garantirne la sicurezza, la Sicurezza primaria non basta. Accanto

alla valutazione classica di sicurezza deve essere garantita la Sicurezza funzionale. La

corretta gestione degli output in funzione degli input, il controllo dei guasti hardware e

dei controlli sistematici del software, la corretta reazione a fronte di erronei input

dall’operatore sono aspetti da considerare. L’obiettivo è garantire l’assenza di rischi

inaccettabili a causa di malfunzionamenti di sistemi vitali.

La progettazione di elettronica di sicurezza passa dall’utilizzo di tecniche quali la

ridondanza, la diversità, l’aumento della robustezza dei prodotti e le politiche di Quality

e Safety management nelle attività di sviluppo e in quelle di verifica e validazione. Lo

standard mondiale di riferimento è l’IEC 61508, standard di sicurezza generico che

disciplina l’interno ciclo di vita dei sistemi elettrici, elettronici o elettronici

programmabili (E/ E/ PE) e prodotti.

Due requisiti sono necessari per raggiungere la sicurezza funzionale: i requisiti di

funzionalità di sicurezza (lo scopo della funzione) e i requisiti di integrità di sicurezza

(garantire lo svolgersi della funzione in sicurezza).

Tali requisiti derivano dall’analisi e dalla valutazione dei rischi. L’HAZOP, o

CHAZOP, dovrebbero garantire che i sistemi collegati alla sicurezza funzionino in

modo soddisfacente in modo da evitare incidenti e situazioni pericolose, ed assicurare

esiti sicuri. L’obiettivo, quindi, è garantire che nessuno sia esposto a un rischio

120

inaccettabile associato all’evento pericoloso. La flessibilità dei sistemi E /E / PE offrono

la possibilità di controllare operazioni più complesse, ma possono anche fornire

possibilità di fare più errori rispetto ai convenzionali sistemi di controllo.

La probabilità di guasti aumenta con tali sistemi; per esempio, il guasto di una singola

scheda di ingresso / uscita (I / O) può comportare la perdita di parecchi controlli e di

canali d’informazione.

Un CHAZOP evidenzierà tali questioni e porterà a soluzioni correttive, come l'impiego

di due sistemi di circuiti di controllo indipendenti, o hardwiring.

Uno studio accurato dei sistemi di controllo e dei sistemi legati alla sicurezza può

essere particolarmente prezioso dove la strumentazione è stata progettato e installato

come unità package da un imprenditore, oltre a permettere al resto della squadra di

acquisire una comprensione, a 360 gradi, del sistema.

Altre Applicazioni:un altro approccio, proposto da Pitblado (et al 1989) è quello di

condurre uno studio HAZOP multilivello, nel quale, le forme HAZOP tradizionali,

rappresentano il primo livello. La fase successiva è rappresentata da un insieme di

sistemi informatici CHAZOP. Il terzo, ed ultimo, livello è costituito dal “human

factros”. Vengono utilizzate differenti parole guida per ogni livello. Ci sono tutte le

ragioni per credere che, attraverso un’opportuna modifica delle parole guida, la tecnica

HAZOP può essere applicata in ogni singolo contesto. Anche se non è stata elaborata

una tecnica per queste parole chiave, uno studio di ricerca ha dimostrate che attività

come la movimentazione di materiali e la gestione della logistica, potrebbero trarre

vantaggio dall’approccio di uno studio di gruppo.

Rapporto di hazop

La relazione deve dimostrare l'adeguatezza dello studio HAZOP effettuato. Esso deve

descrivere chiaramente lo scopo dello studio e dovrà contenere informazioni di base

121

sufficienti per quanto riguarda la descrizione dell'impianto per consentire al revisore di

comprendere, nella maniera migliore possibile, i risultati e le raccomandazioni. Deve

descrivere la squadra HAZOP, la metodologia utilizzata e indicare gli scenari pericolosi

considerati. Ci dovrebbe essere un piano d'azione specifico che copre tutte le questioni

individuate che rappresentano un rischio significativo. Qualunque sia il metodo di

registrazione che viene utilizzato, la relazione dovrebbe includere la messa in evidenza

dei risultati dello studio e delle raccomandazioni.

Il punto chiave di un rapporto HAZOP è il concentrarsi sulle principali conclusioni e

raccomandazioni, e sul piano d'azione.

Gli elementi principali di un rapporto di HAZOP sono:

− Obiettivo: la relazione deve fornire informazioni sufficienti per ogni

elemento. Può essere consultata singolarmente o insieme ad altri documenti

di riferimento, in modo da consentirci di valutare l’adeguatezza dello studio

HAZOP effettuato.

− Glossario: All’interno della relazione è previsto l’inserimento di un glossario

utile a chiarire i termini più complessi.

− Sintesi dei risultati principali e delle raccomandazioni: è prevista una sintesi

che vada a delineare la struttura dell’impianto esaminato e che vada a

contenere lo scopo della relazione ed un elenco con le principali

raccomandazioni e conclusioni derivanti dal HAZOP; in alcuni casi è

possibile trovare anche un calendario per l’attuazione dell’azioni correttive.

− Scopo del rapporto: questa sezione serve a descrivere le finalità e lo scopo

dello studio.

− Descrizione dell’impianto: viene descritto il sito attraverso una panoramica

generale sull’impianto analizzato, sui macchinari e sui materiali utilizzati o

122

stoccati. Dovrebbe includere un diagramma schematico dell’impianto preso

in esame insieme ad una breve descrizione di ogni processo coinvolto. Dovrà

essere chiaramente identificato e definito il P&ID.

− I membri del team HAZOP: vengono indicati i partecipanti al gruppo di

studio, le loro responsabilità e le qualifiche. Vengono identificati il team

leader ed il segretario. Dovrebbero essere fornite le date delle riunioni del

gruppo di studio e la loro durata. Inoltre, vanno segnalati i membri

occasionali, con le ragioni della loro presenza (ad esempio: ingeneri

specializzati in determinati settori, consulenti).

− Metodologia HAZOP: deve essere delineato l’approccio generale utilizzato.

Eventuali modifiche degli standard utilizzati vanno spiegate nel dettaglio.

− Parole Guida: in questa sezione vanno inserite tutte le parole guida utilizzate

per descrivere una deviazione. Per ogni parola chiave deve essere prevista

una spiegazione.

− Plant Overview: vengono indicate le situazioni, potenzialmente pericolose,

considerate dal HAZOP durante l’analisi del P&ID, comprese le questioni di

carattere generale come: le procedure di emergenza, formazione degli

operatori, i sistemi di protezione.

− Analisi dei risultati principali: vengono indicati i criteri con i quali sono state

identificate le deviazioni, vengono riportati gli eventi per i quali è stato

necessario effettuare un’analisi del rischio.

− Azioni derivanti dallo studio: vengono messe in evidenza le azioni

potenzialmente pericolose per la sicurezza e la salute del personale, o che

hanno il potenziale di compromettere l’operatività dell’impianto. Dovrebbe

essere incluso un programma per modificare le procedure anormali

123

identificate ed un relativo calendario di attuazione. Dovrebbero essere

indicati i nominativi dei responsabili per l’attuazione delle azioni correttive

previste.

Analisi preliminari

Il Rapporto finale è stato redatto sulla base dei sopralluoghi e delle interviste effettuate

con la collaborazione degli operai e dei responsabili presenti sul luogo di lavoro.

L’impostazione del lavoro è stata fatta in modo tale da poter effettuare una fotografia

della situazione in essere, con particolare riguardo per il livello infortunistico nel

contesto di rischio, le procedure organizzative per la conduzione delle attività e per le

emergenze, verifica e disposizione della attrezzatura di sicurezza.

In primis, è stata condotta un’analisi storica degli incidenti e degli infortuni avvenuti;

quest’analisi consente di identificare i tipi di eventi probabili, le loro cause e le loro

modalità di evoluzione. Le informazioni raccolte consentono da un lato di limitare

l'estensione dello studio ai soli eventi credibili e dell’altro garantisce che l'esecuzione

dello studio sia guidata ed ancorata alla reale esperienza di esercizio ed è quindi

grandemente agevolata la stesura del relativo rapporto di sicurezza. Nonostante nel

corso degli anni non si sono verificati incidenti, è emerso un dato principale da tenere

sotto controllo per garantire la sicurezza degli operatori, ovvero l’esposizione

accidentale o incosciente ad organi in movimento.

Nell’indagini, condotte tramite “safety audit” e check-list, sono stati affrontati i seguenti

argomenti: organizzazione, controllo dei rischi, partecipazione, motivazione e

addestramento del personale, procedure di lavoro, situazioni di emergenza e

modulistica. I risultati dell’indagini ci indicano che l’esposizione aziendale della

politica ed le informazioni sulle responsabilità sono buone, ovvero la politica di

prevenzione e i campi di responsabilità si ritrovano in forma scritta, vengono

124

consegnatiai preposti ed è prevista la massima diffusione all’interno della

organizzazione; tutte le procedure per operare in sicurezza sono disponibili sul posto di

lavoro e riviste annualmente per verificarne l’adeguatezza; tutti i lavoratori ed i preposti

partecipano ad un addestramento di sicurezza almeno due volte l’anno; per i nuovi

assunti è disponibile uno stampato per indirizzarne l’istruzione.

Vengono costantemente provati i dispositivi di sicurezza ed emergenza, si effettuano

controlli manuali operativi. Le procedure per l’effettuazione di interventi sugli impianti

sono indicate nel piano di manutenzione ordinario.

La gestione delle emergenze: il piano d’emergenza è rivisto annualmente, sono previsti

un numero sufficiente di estintori portatili (a CO2) e di cassette di primo soccorso; in

parte è previsto l’impianto di illuminazione di emergenza; i collegamenti di terra sono

in buone condizioni; le aree con divieto di fumo sono chiaramente definite.

Smaltimento dei rifiuti pericolosi: gli scarti derivanti dalla lavorazione sono

fondamentalmente acque di vegetazione. Per lo smaltimento sono state previste cisterne

dedicate allo stoccaggio; questi sono sicuri e vengono mantenuti in ottime condizioni.

Procedure “Normale funzionamento”: durante il turno di lavoro, per gli operatori è

previsto l’utilizzo ed il rispetto di procedure standard. Il nuovo personale, prima di

entrare nella zona lavoro, viene istruito correttamente; il personale più esperto viene

tenuto al corrente di tutte le procedure di funzionamento; sono presenti dei registri delle

operazioni e vengono utilizzati correttamente; i cicli lavorativi sono mantenuti in forma

scritta.

125

4.4 APPLICAZIONE METODICHE PREDITTIVE – HAZOP E FME A

Come precedentemente spiegato l’adozione della metodologia HAZOP prevede un

approccio sistematico alla valutazione. Come previsto dalla metodologia sono stati,

inizialmente, localizzati dei NODI sullo schema di marcia del ciclo produttivo

esaminato, che verranno successivamente analizzati attraverso l’associazione di:

parametri, intenzioni, parole guida, ipotizzando eventuali deviazioni dal processo

ordinario e le

Possibili parametri, intenzioni, parole guida, ipotizzando eventuali deviazioni dal

processo ordinario e le possibili cause e conseguenze, consigliando, successivamente,

eventuali misure di prevenzione e protezione da adottare.

I NODI localizzati sono:

− Gramolazione;

− Centrifugazione;

Di seguito vengono riportate le tabelle realizzate attraverso l’applicazione della

metodologia HAZOP e FMEA nei nodi gramolatura e centrifugazione.

126

GRAMOLATURA

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

TEMPERATURA

INFERIORE/SUPERIORE

LE TEMPERATURE DELLA

PASTA DI OLIVE SI

ATTESTANO AL DI FUORI

DEL RANGE OTTIMALE,

INFERIORI AI 28°C O

SUPERIORI AI 32°C

DEFEZIONE

DELL’IMPIANTO DI

RISCALDAMENTO

DELLA

GRAMOLATRICE

PROCESSO QUALITATIVO

DEL PRODOTTO

CONTAMINATO DA UN

PROCESSO NON

CONFORME.

CONTROLLO PERIODICO E SE

POSSIBILE CENTRALIZZATO DELLE

PASTE IN LAVORAZIONE.

VALORI (°C)

28 <T< 32

TEMPO

PIÙ/MENO

I TEMPI DELLA

LAVORAZIONE SUBISCONO

UNA VARIAZIONE.

DEFEZIONE DELLA

GRAMOLATRICE

PROCESSO QUALITATIVO

DEL PRODOTTO

CONTAMINATO DA UN

PROCESSO NON

CONFORME. NON SI

AGGREGANO IN MANIERA

OTTIMALE LE PARTICELLE

D’OLIO, O VIENE

EMULSIONATO

OLTREMISURA.

CONTROLLO REMOTO DELLA

DURATA DEL PROCESSO DI

LAVORAZIONE.

VALORI (MIN)

60 - 90

MICROCLIMA

MINORE /MAGGIORE

LE TEMPERATURE SI

ATTESTANO AL DI FUORI

DEL RANGE DI EFFICACIA

DEFEZIONE

DELL’IMPIANTO DI

CONDIZIONAMENTO

AUMENTO/DIMINUZIONE

DELLE TEMPERATURE CHE

NON GARANTISCONO SIA IL

CONFORT

MICROCLIMATICO PER GLI

OPERATORI CHE

L’EFFICACIA ED EFFICIENZA

DEL CICLO PRODUTTIVO.

POSSIBILE CREAZIONE DI

CONDENSA A TERRA CON

CONTROLLO PERIODICO E

CENTRALIZZATO DEI PARAMETRI

AMBIENTALI E DEL FUNZIONAMENTO

DELL’IMPIANTO CON ANNESSA

MANUTENZIONE PERIODICA.

PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE

DEGLI AMBIENTI DI LAVORO CON

PAVIMENTAZIONE ANTISCIVOLO.

DOTAZIONE DI IDONEE SCARPE DA

LAVORO CHE RISPETTINO I REQUISITI

VALORI

127

GRAMOLATURA

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

18%<TS<26%

18%<TP<26%

30%<RH<70%

CONSEGUENTE AUMENTO

DEL RISCHIO FISICO PER GLI

OPERATORI.

PREVISTI.

RUMORE

MAGGIORE

IL RUMORE RILEVATO SI

ATTESTA MAGGIORE AL

LEX,D E LEX,PEAK

SCORRETTO

POSIZIONAMENTO

DEI MACCHINARI O

MANCATA

MANUTENZIONE

ABBASSAMENTO DELLA

PERCEZIONE DEL RISCHIO E

IN RELAZIONE AI TEMPI DI

ESPOSIZIONE, INSORGENZA

DI IPOACUSIA

DOTAZIONE DPI (OTOPROTETTORI).

PORTARE IL MACCHINARIO AD

ALMENO 3M DALLE PARETI.

APPLICARE PANNELLI

FONOASSORBENTI SUI SOFFITTI.

RIVESTIRE CON MATERIALI

FONOASSORBENTI I CARTER DI

PROTEZIONE DEGLI ORGANI

ROTANTI.

VALORI

80-85 DB(A)

DB(C)>135 DB

MACCHINE E

ATTREZZATURE CONFORME/NON

CONFORME

LE ATTREZZATURE

(GRAMOLATRICE)

RISULTANO ESSERE NON

CONFORMI ALLA

NORMATIVA DI

RIFERIMENTO

UTILIZZO DI

ATTREZZATURA

OBSOLETA.

AFFERRAMENTO DA PARTE

DEGLI ORGANI IN

MOVIMENTO.

SOSTITUZIONE DELL’ATTREZZATURA

CON UNA CONFORME ALLE

NORMATIVE DI RIFERIMENTO.

VERIFICA PERIODICA DELLE

ATTREZZATURE AL FINE DI

VERIFICARNE LA CONFORMITÀ. VALORI

128

GRAMOLATURA

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

DIRETTIVA MACCHINE

2006/42/CE

USURA

DELL’ATTREZZATURA

A SEGUITO DI

TEMPO, UTILIZZO

E/O DANNI

ACCIDENTALI.

AFFERRAMENTO DA PARTE

DEGLI ORGANI IN

MOVIMENTO.

AUMENTO DEI LIVELLI DI

ESPOSIZIONE AL RUMORE

E/O VIBRAZIONI.

RIPRISTINO DEI SISTEMI DI

SICUREZZA COME, GRIGLIA DI

PROTEZIONE, PULSANTE DI

ARRESTO. LA COPERTURA DELLA

GRAMOLA DEVE ESSERE FISSATA

CON BULLONI.

GLI OPERATORI HANNO IL DIVIETO

ASSOLUTO DI INDOSSARE ABITI

SVOLAZZANTI.

VERIFICA STRUMENTALE E

PERIODICA DEI LIVELLI DI

ESPOSIZIONE AL RUMORE E/O

VIBRAZIONI.

VERIFICA PERIODICA DELLE

ATTREZZATURE AL FINE DI

VERIFICARNE LA CONFORMITÀ.

SOLO PERSONALE AUTORIZZATO

PUÒ EFFETTUARE INTERVENTI DI

MANUTENZIONE STRAORDINARIA.

INSTALLARE UNO SWITCH

AUTOMATICO AL FINE DI SMORZARE

AUTOMATICAMENTE GLI ORGANI IN

MOVIMENTO ALL’APERTURA DELLA

COPERTURA.

Tabella 10 – Applicazione HAZOP e FMEA al nodo Gramolazione

129

CENTRIFUGAZIONE

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

TEMPERATURA ACQUA

INFERIORE /SUPERIORE

LE TEMPERATURE SI

ATTESTANO AL DI FUORI

DEL RANGE DI EFFICACIA,

INFERIORI AI 28°C O

SUPERIORI AI 30°C

DEFEZIONE DELLE

CALDAIE PRESENTI

AUMENTO DELLA

TEMPERATURA

DELL’ACQUA, CON

CONSEGUENTE AUMENTO

DELLA PRESSIONE E

POSSIBILE ROTTURA DELLA

VALVOLA.

PROCESSO QUALITATIIVO

DEL PRODOTTO

CONTAMINATO DA UN

PROCESSO NON

CONFORME.

CONTROLLO PERIODICO E

CENTRALIZZATO DELLE

TEMPERATURE DELL’IMPIANTO DI

RISCALDAMENTO DELL’ACQUA.

VALORI (°C)

24°<T< 30°

QUANTITÀ ACQUA

MINORE /MAGGIORE

I QUANTITATIVI DI ACQUA

AGGIUNTA DALLA

MONOPOMPA NELLA FASE

RISULTA ESSERE MINORE O

MAGGIORE DAI

QUANTITATIVI PREVISTI

PER LA RESA OTTIMALE

PROGRAMMAZIONE

ERRATA DELLA MONO

POMPA.

USURA DELLA

STESSA, CON

FORNITURA

INCONTROLLATA DI

ACQUA.

PROCESSO QUALITATIVO

DEL PRODOTTO

CONTAMINATO DA UN

PROCESSO NON

CONFORME. SI VERIFICA

UNO SPRECO D’ACQUA O

NEL CASO IN CUI VENGA

AGGIUNTA MENO ACQUA

LA DIVISIONE TRA SANSA,

OLIO ED ACQUA NON

AVVIENE EFFICACEMENTE.

CONTROLLO PERIODICO DELLA

FUNZIONALITÀ DELLA MONOPOMPA

E DEI FLUSSI DI ACQUA.

VALORI (L)

DA 30 L A 70 L

SU 100 KG DI PASTA

MICROCLIMA MINORE /MAGGIORE LE TEMPERATURE SI

ATTESTANO AL DI FUORI

DEFEZIONE

DELL’IMPIANTO DI

AUMENTO/DIMINUZIONE

DELLE TEMPERATURE CHE

CONTROLLO PERIODICO E

CENTRALIZZATO DEI PARAMETRI

130

CENTRIFUGAZIONE

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

VALORI DEL RANGE DI EFFICACIA CONDIZIONAMENTO NON GARANTISCONO SIA IL

CONFORT

MICROCLIMATICO PER GLI

OPERATORI CHE

L’EFFICACIA ED EFFICIENZA

DEL CICLO PRODUTTIVO.

POSSIBILE CREAZIONE DI

CONDENSA A TERRA CON

CONSEGUENTE AUMENTO

DEL RISCHIO FISICO PER GLI

OPERATORI.

AMBIENTALI E DEL FUNZIONAMENTO

DELL’IMPIANTO CON ANNESSA

MANUTENZIONE PERIODICA.

PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE

DEGLI AMBIENTI DI LAVORO CON

PAVIMENTAZIONE ANTISCIVOLO.

DOTAZIONE DI IDONEE SCARPE DA

LAVORO CHE RISPETTINO I

REUQUISITI PREVISTI.

18%<TS<26%

18%<TP<26%

30%<RH<70%

RUMORE

MAGGIORE

IL RUMORE RILEVATO SI

ATTESTA MAGGIORE AL

LEX,D E LEX,PEAK

SCORRETTO

POSIZIONAMENTO

DEI MACCHINARI O

MANCATA

MANUTENZIONE

ABBASSAMENTO DELLA

PERCEZIONE DEL RISCHIO E

IN RELAZIONE AI TEMPI DI

ESPOSIZIONE, INSORGENZA

DI IPOACUSIA

DOTAZIONE DPI (OTOPROTETTORI).

PORTARE IL MACCHINARIO AD

ALMENO 3M DALLE PARETI.

APPLICARE PANNELLI

FONOASSORBENTI SUI SOFFITTI.

RIVESTIRE CON MATERIALI

FONOASSORBENTI I CARTER DI

PROTEZIONE DEGLI ORGANI

ROTANTI.

VALORI

80-85 DB(A)

DB(C)>135 DB

MACCHINE E

ATTREZZATURE

CONFORME/NON

CONFORME

LE ATTREZZATURE

(DECANTER) RISULTANO

ESSERE NON CONFORMI

ALLA NORMATIVA DI

UTILIZZO DI

ATTREZZATURA

OBSOLETA.

AFFERRAMENTO DA PARTE

DEGLI ORGANI IN

MOVIMENTO.

SOSTITUZIONE DELL’ATTREZZATURA

CON UNA CONFORME ALLE

NORMATIVE DI RIFERIMENTO.

VERIFICA PERIODICA DELLE

131

CENTRIFUGAZIONE

PARAMETRI PAROLE GUIDA DEVIAZIONI CAUSE CONSEGUENZE MISURE ATTUATE

VALORI RIFERIMENTO ATTREZZATURE AL FINE DI

VERIFICARNE LA CONFORMITÀ.

DIRETTIVA MACCHINE

2006/42/CE

USURA

DELL’ATTREZZATURA

A SEGUITO DI

TEMPO, UTILIZZO

E/O DANNI

ACCIDENTALI.

AFFERRAMENTO DA PARTE

DEGLI ORGANI IN

MOVIMENTO.

AUMENTO DEI LIVELLI DI

ESPOSIZIONE AL RUMORE

E/O VIBRAZIONI.

SEGREGAZIONE DEGLI ORGANI IN

MOVIMENTO E DI TRASMISSIONE

GLI OPERATORI HANNO IL DIVIETO

ASSOLUTO DI INDOSSARE ABITI

SVOLAZZANTI.

VERIFICA STRUMENTALE E

PERIODICA DEI LIVELLI DI

ESPOSIZIONE AL RUMORE E/O

VIBRAZIONI.

VERIFICA PERIODICA DELLE

ATTREZZATURE AL FINE DI

VERIFICARNE LA CONFORMITÀ.

Tabella 11 - – Applicazione HAZOP e FMEA al nodo Centrifugazione

132

DEVIAZIONI INDICE

GRAVITA (G)

INDICE RILEVABILITA

(R)

INDICE PROBABILITA

(P)

INDICE PRIORITA DI

RISCHIO (IPR = PxGxR)

GRAMOLATRICE

DEFEZIONE DELL’IMPIANTO DI

RISCALDAMENTO DELLA

GRAMOLATRICE 6 3 1 18

DEFEZIONE DELLA

GRAMOLATRICE 8 2 2 32

DEFEZIONE DELL’IMPIANTO DI

CONDIZIONAMENTO 8 1 2 16

SCORRETTO POSIZIONAMENTO

DEI MACCHINARI O MANCATA

MANUTENZIONE 8 1 3 24

UTILIZZO DI ATTREZZATURA

OBSOLETA. 8 1 3 24

USURA DELL’ATTREZZATURA A

SEGUITO DI TEMPO, UTILIZZO

E/O DANNI ACCIDENTALI. 9 2 5 90

CENTRIFUGAZIONE

DEFEZIONE DELLE CALDAIE

PRESENTI 6 3 1 18

PROGRAMMAZIONE ERRATA

DELLA MONO POMPA. USURA DELLA STESSA, CON

FORNITURA INCONTROLLATA DI

ACQUA.

6 3 1 18

DEFEZIONE DELL’IMPIANTO DI

CONDIZIONAMENTO 8 1 2 16

SCORRETTO POSIZIONAMENTO

DEI MACCHINARI O MANCATA

MANUTENZIONE 8 1 3 24

UTILIZZO DI ATTREZZATURA

OBSOLETA. 8 1 3 24

USURA DELL’ATTREZZATURA A

SEGUITO DI TEMPO, UTILIZZO

E/O DANNI ACCIDENTALI. 9 4 2 72

Tabella 12 – risultati HAZOP e FMEA

Rischio rilevante

Rischio medio

Rischio basso

133

Dalla tabella emerge che l’indice da prendere maggiormente in considerazione, avendo

valori più alti è l’indice di Gravità (G). ciò vuol dire che le conseguenze sono pesanti

pertanto i modi per annullarle o ridurle sono quelli di intervenire sul progetto in modo

da rendere improbabile l’accadimento di tale difetto o di introdurre sulle soluzioni degli

elementi tali da neutralizzare gli effetti gravosi dello stesso.

I valori adottati fanno riferimento a delle tabelle standard.

Indice di Gravità (G)

CRITERIO G

Lieve Il guasto risulta senza effetti

evidenti 1

Poco importante il guasto è percepibile

2-3

Marginale Il guasto risulta moderato

4-6

Alta Il guasto rende inattivo il sistema

7-8

Molto alta Il guasto provoca danni a cosa

9

Estrema Il guasto compromette la salute

e la sicurezza delle persone 10

Tabella 13 – indice di gravità

134

Indice di Probabilità (P)

CRITERIO P

Remota probabilità < 1/100.000

1

Bassa probabilità < 1/100.000 - 1/50.000

2-3

Media/ bassa probabilità < 1/50.000 - 1/10.000

4-5

Media/ alta probabilità < 1/10.000 - 1/1000

6-7

Alta probabilità < 1/1000 - 1/100

8-9

Altissima probabilità < 100

10

Tabella 14 – indice di probabilità

Indice di rilevabilità (R)

CRITERIO R

Altissima rilevabilità Le conoscenze teoriche e pratiche

sono disponibili e possono rilevare qualsiasi criticità

1

Alta rilevabilità Le conoscenze pratiche sono

esaustive anche se non dispongono di supporto teorico

2-3

Media rilevabilità Le conoscenze teoriche specifiche

sono disponibili ed hanno riferimenti pratici non

sperimentati direttamente

4-6

Bassa rilevabilità Le conoscenze teoriche generiche

sono disponibili ma non hanno supporti pratici

7-8

Bassissima rilevabilità Le conoscenze non sono

disponibili o sono vaghe e generiche

9-10

Tabella 15 – indice di rilevabilità

135

CONCLUSIONI

L’esigenza sempre più avvertita dalla società moderna di adeguate risposte in termini di

sicurezza degli impianti produttivi, ha fatto sì che oggi nessun insediamento produttivo

possa essere realizzato senza tenere in considerazione la salute e la sicurezza e, quindi, i

benefici che questo comporta per i lavoratori e le popolazioni che vivono nell’ambiente

circostante.

L’alto livello di sicurezza richiesto nelle procedure, può essere ottenuto attraverso

attenti studi finalizzati all’identificazione, valutazione e gestione dei possibili rischi,

attraverso l’adozione di idonei strumenti di prevenzione e mitigazione del rischio.

Pertanto, nel mio lavoro ho tentato di mettere in rilievo l’efficacia e la versatilità

dell’uso integrato delle tecniche qualitative, quantitative e predittive all’interno di un

ciclo produttivo industriale come quello del Frantoio Oleario Bernardi Mario

S.analizzando l’intero processo.

I risultati ottenuti consentono un’articolata previsione di quali siano le più importanti

condizioni incidentali del sistema sotto esame che possano generare pericoli e, allo

stesso tempo, il riscontro dell’efficacia o meno dei sistemi di protezione predisposti per

la prevenzione o, eventualmente, la mitigazione delle sequenze incidentali ipotizzate.

È dunque evidente come tale approccio può contribuire al contenimento delle spese, in

quanto se i modi di guasto e le loro cause vengono individuati preliminarmente, si

possono ridurre i costi per test e manutenzioni straordinarie. Dall’applicazioni di queste

metodologie se ne ricava un documento dinamico e ciclico, che segue puntualmente,

attraverso le successive fasi previsionali, l’evoluzione tecnica del prodotto/processo. Ne

consegue anche un aumento della conoscenza del prodotto, derivante dal

coinvolgimento di un folto numero di esperti multidisciplinari (brainstorming) che

esaminano il prodotto/processo da ogni punto di vista e ne condividono i propri pareri,

136

accrescendo in maniera sostanziale il know how aziendale. Infine, il lavoro svolto può

risultare utile anche a posteriori, in quanto offre un database storico, da cui basarsi per

eventuali nuove valutazioni.

137

BIBLIOGRAFIA

1) Tecnologie di lavorazione delle olive in frantoio, di Luciano Di Giovacchino;

2) Minifrantoi: guida pratica alla produzione di oli extravergini di oliva, di Lorenzo

Cerretani, Alessandra Bendini e Antonio Ricci;

3) Manuale in materia di gestione di qualità nell’industria olearia: frantoi, Consiglio

Oleico Internazionale;

4) Regolamento (ce) n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29

aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari;

5) Direttiva 2006/42/Ce Del Parlamento Europeo E Del Consiglio, del 17 maggio

2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (rifusione);

6) Decreto Ministeriale 10 marzo 1998, criteri generali di sicurezza antincendio e per

la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro;

7) Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, Testo Unico in materia di tutela della

salutee della sicurezza nei luoghi di lavoro;

138

SITOGRAFIA

http://eur-lex.europa.eu

https://www.puntosicuro.it

http://www.usl3.toscana.it

https://appsricercascientifica.inail.it/profili_di_ rischio/Frantoi/index.htm

http://www.agrivision.it/i-nostri-articoli/76-la-si curezza-in-frantoio.html

139

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il professor Marco Sciarra e il professor Luca Natalia, per avermi

aiutato nella realizzazione di questo lavoro, mostrando grande disponibilità e

professionalità.

Un ringraziamento doveroso a mamma e papà. Doveroso perché nonostante le

difficoltà, mi hanno concesso l’opportunità di poter sbagliare, imparare e realizzarmi

nella vita. Ci sono stati negli esami superati, nelle bocciature, nei momenti difficili, ci

sono stati e ci saranno sempre. Essere motivo di orgoglio per voi, era il minimo che

potessi fare.

Grazie a Mimmo e Giusy, per avermi sempre sostenuto in questo percorso, per avermi

alleggerito di tante responsabilità.

Grazie a Francesca che da quel primo maggio, è riuscita a darmi nuovi stimoli, nuove

cose in cui credere, diventando sempre più un punto di riferimento. Grazie di tutto.

Grazie ai coinquilini della “casa”, Giuseppe, Francesco e Andrea per aver reso speciale

quest’avventura. In questi tre anni abbiamo condiviso momenti belli e momenti brutti e

da ognuno di questi ho imparato tante cose di cui farò tesoro. In particolare vorrei dire

grazie a Francesco, per il semplice fatto che pur conoscendolo da pochi anni, è riuscito a

conquistare la mia fiducia, sostenendomi e sopportandomi in qualsiasi momento.

Un ringraziamento a tutti gli amici che oggi sono presenti per condividere insieme

questo traguardo per me importante, in particolare a Piero, Anna, Antonio, Matteo,

Gianmarco, Federica e Antonella.

Un ringraziamento va anche a tutti i miei parenti.

Grazie di cuore a tutti.

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