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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI I Riassunti

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI I - Andreadd.it · 2019. 12. 19. · TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI I Riassunti . CAPITOLO 1 ... MATERIALI E LORO PROPRIETÀ: ... La microstruttura

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  • TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI I

    Riassunti

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  • CAPITOLO 1 CRITERI DI SCELTA E INDICI DI MERITO

    La scelta del materiale non è indipendente dalla scelta della forma e del processo. Funzione, materiale, forma e processo interagiscono: la funzione detta la scelta del materiale e della forma; il processo è influenzato dal materiale ed interagisce con la forma. Il fattore economico rientra poi sia nella scelta del materiale che del processo.

    MATERIALI E LORO PROPRIETÀ:

    Convenzionalmente si classificano i materiali in 6 vaste classi:

    Metalli: sono duttili, hanno modulo relativamente elevato, possono essere alligati e trattati termicamente, subiscono gli effetti della fatica e della corrosione;

    Ceramiche e vetri: sono fragili, hanno modulo relativamente alto, sono duri, resistenti alla corrosione ed alla temperatura, patiscono gli effetti d’intaglio;

    Polimeri ed elastomeri: hanno basso modulo, sono tenaci, resistenti alla corrosione, le loro caratteristiche dipendono da temperatura e velocità di carico;

    Compositi: sono leggeri, resistenti e rigidi ed hanno comportamento ortotropo.

    SCELTA DEL MATERIALE:

    Bisogna identificare il profilo di proprietà desiderato e confrontarlo con quelli dei materiali ingegneristici esistenti, allo scopo di trovare la migliore corrispondenza. La vasta scelta viene prima limitata tramite l’applicazione di proprietà limite che escludano i materiali che non sono in grado di soddisfare i requisiti di progetto. Dopodiché, i materiali candidati vengono classificati in base alle loro capacità di massimizzare le prestazioni. Per far ciò si utilizzano gli indici di merito (sono combinazioni di proprietà del materiale che, una volta massimizzati, comportano l’ottimizzazione delle prestazioni), i quali sono derivati dai requisiti di progetto di uno specifico:

    Funzione: cosa il componente deve fare;

    Obiettivo: quale prestazione deve essere massimizzata o minimizzata;

    Vincoli: quali condizioni devono essere necessariamente soddisfatte;

    La progettazione di un componente dipende da 3 aspetti che descrivono la prestazione del componente (requisiti funzionali , parametri geometrici , proprietà del materiale ): . La progettazione ottima è quella che individua geometria e materiale che massimizzano la prestazione.

    Sui diagrammi di scelta dei materiali le proprietà limite si traducono in rette orizzontali o verticali, mentre ogni indice di merito definisce una fascio di rette di uguale pendenza (essendo il diagramma logaritmico, tutti i materiali giacenti sulla stessa retta si comportano egualmente bene nei riguardi di uno specifico indice di merito: quelli di sopra si comportano meglio e quelli di sotto peggio).

    SCELTA DELLA FORMA:

    Si definiscono dei fattori di forma adimensionali (indipendenti dalla scala e dipendenti dalle modalità di sollecitazione), ovvero indici in grado di definire l’efficienza strutturale della sezione. La selezione contemporanea del materiale e della forma può essere effettuata in due modi:

    Calcolando i valori degli indici di merito per le varie combinazioni materiale/forma e poi confrontandoli;

    Utilizzando opportuni diagrammi di scelta dei materiali.

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  • SCELTA DEL PROCESSO PRODUTTIVO:

    Si considera il maggior numero di processi e si eliminano quelli che non rispettano i requisiti di progetto. I rimanenti vengono classificati in base ai criteri di tipo economico. Se possibile è conveniente ricercare componenti standard, privilegiare soluzioni produttive semplici e non formulare requisiti più stringenti del necessario. Il costo totale per unità di prodotto è dato da un’espressione differenziale che descrive una curva per ciascun processo produttivo:

    VINCOLI MULTIPLI ED OBIETTIVI COMPOSITI:

    Esistono diversi metodi per gestire il problema dei vincoli multipli ed obiettivi compositi:

    Metodo dell’applicazione successiva delle proprietà limite e degli indici di merito: il problema di questa tecnica risiede nell’arbitrarietà con cui viene deciso l’ordine di applicazione delle proprietà limite ed i valori di soglia degli gli indici di merito;

    Metodo degli Weight-factors: si scrivono gli indici di merito pesati:

    Il materiale ottimo è quello che massimizza la sommatoria: . Metodo dei vincoli attivi: consiste nell’identificare il vincolo più restrittivo e basare la progettazione su di esso

    (tutti gli altri vincoli risulteranno automaticamente soddisfatti).

    MATERIALE PER LE STRUTTURE AEROSPAZIALI:

    L’industria aerospaziale fa grande uso di materiali funzionali a bassa densità. L’obiettivo del mezzo aereo è di massimizzare il carico pagante rispetto al costo dovuto all’aeromobile stesso ed al suo sistema propulsivo. A parità di peso totale dell’aeromobile, l’aumento del carico pagante comporta la riduzione di una delle altre due componenti. Grossi miglioramenti possono derivare dall’aumento dell’efficienza dei propulsori e dalla riduzione di consumi. A questo riguardo, l’oculata scelta dei materiali può contribuire in maniera duplice al risparmio ponderale: migliorando le prestazioni termo-meccaniche dei materiali per la costruzione degli apparati propulsivi e massimizzando l’efficienza (caratteristiche meccaniche/densità) dei materiali destinati a strutture “fredde”. In generale, il miglioramento delle caratteristiche meccaniche di un materiale strutturale consente un suo utilizzo in quantità minore per sopportare i medesimi carichi, con conseguente risparmio di peso.

    TIPOLOGIE DELLE STRUTTURE AERONAUTICHE:

    Ali: sono soggette ai più alti livelli ed anche alle variazioni più complesse di sforzo. Il requisito più stringente per l’estradosso è la resistenza a compressione, per l’infradosso è la resistenza a fatica;

    Fusoliera: requisiti di resistenza statica e a fatica oligociclica, tenacità a frattura e tolleranza al danno; Organi di atterraggio: realizzati con materiali che offrono i più alti livelli possibili di resistenza statica ed alla fatica

    oligociclica, di tenacità a frattura e resistenza alla corrosione sotto sforzo; Superfici di controllo: sono poco sollecitati ed i requisiti guida sono di resistenza all’instabilità, rigidezza,

    resistenza alla temperatura, resistenza all’urto e resistenza alla fatica acustica.

    Il break-even-point mette in evidenza la numerosità della produzione rispetto alla quale un certo processo produttivo è economicamente conveniente rispetto ad un altro.

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  • CAPITOLO 2 I MATERIALI POLICRISTALLINI

    STRUTTURA ATOMICA:

    L’atomo è costituito da un nucleo, in cui sono localizzati protoni e neutroni, e da elettroni orbitanti intorno al nucleo. La presenza di un numero pari di protoni ed elettroni assicura la neutralità dell’atomo. Il numero di protoni e neutroni presenti nel nucleo determina l’identità chimica dell’elemento a cui l’atomo appartiene. Gli elettroni occupano orbitali dotati di livelli energetici discreti. Ciascun orbitale può essere occupato da un numero limitato e definito di elettroni. Ogni atomo ha tendenza a completare l’occupazione dei livelli energetici più esterni. Questo può avvenire acquisendo elettroni da altri atomi fino a completare gli orbitali più esterni, oppure cedendo gli elettroni “in eccesso”, oppure, ancora, mettendo in comune elettroni con atomi circostanti. La tendenza di un atomo ad attrarre su di se elettroni è detta elettronegatività dell’atomo. Atomi di grosse dimensioni presentano in generale bassa elettronegatività, in quanto gli elettroni più esterni risultano più debolmente legati al nucleo a cui appartengono, e possono venire “strappati” da atomi con maggiore capacità di attrazione verso gli elettroni.

    TIPI DI LEGAME:

    La struttura atomica e la configurazione elettrica dei diversi elementi sono caratterizzate da due aspetti fondamentali che determinano la tipologia dei legami che si instaurano tra gli atomi: la forza (o l’energia) del legame e la direzionalità del legame. Nei legami primari (ionico, metallico, covalente) esistono forti attrazioni tra gli atomi dovute allo spostamento degli elettroni (di valenza) presenti negli orbitali più esterni. Nei legami secondari (dipolo-dipolo, dipolo indotto, idrogeno), più deboli dei primari, atomi o molecole risultano attratti a seguito della presenza di campi elettrici, spesso conseguenti allo spostamento di elettroni coinvolti in legami primari.

    Legame metallico: gli elementi, dotati di bassa elettronegatività, perdono i loro elettroni di valenza per formare una “nube” elettronica che circonda gli atomi. Gli elettroni, liberi di muoversi all’interno della nube, generano forze mutuamente attrattive con i diversi nuclei, che risultano quindi fortemente legati da forze di tipo elettrostatico. Come conseguenza della relativa libertà di movimento degli elettroni di legame, i metalli posseggono in generale buona conducibilità elettrica; la presenza di una differenza di potenziale (campo elettrico) provoca il movimento di elettroni, e quindi la nascita di una corrente elettrica attraverso il materiale, se il circuito è chiuso. Il legame metallico è generalmente non direzionale;

    Legame covalente: due o più atomi mettono in comune i loro elettroni più esterni, che risultano quindi appartenere contemporaneamente agli orbitali di atomi diversi. La geometria degli orbitali coinvolti determina la direzionalità dei legami che si vengono a formare. I legami covalenti sono legami forti, ma nonostante l’elevata resistenza del legame, poiché gli elettroni appartengono ad orbitali definiti, i materiali caratterizzati da questo legame presentano in generale scarsa duttilità e scarsa conducibilità elettrica e termica;

    Legame ionico: in materiali costituiti da due o più atomi diversi, un atomo può cedere i suoi elettroni di valenza ad altri atomi più elettronegativi. In questo modo, alcuni atomi (ioni positivi o cationi) hanno acquisito carica positiva, altri (ioni negativi o anioni) hanno acquisito carica negativa. Ioni di carica opposta si attraggono reciprocamente formando un legame ionico (è in genere non direzionale e la conducibilità elettrica scarsa);

    Legame dipolo-dipolo: quando alcune parti della molecola risultano cariche positivamente e altre negativamente, la mutua attrazione delle porzioni positive di una molecola con quelle negative di molecole vicine determina la formazione di legami deboli;

    Legame dipolo indotto: si tratta di legami deboli formati anche in molecole dotate di simmetria di carica a seguito di sbilanciamenti temporanei indotti;

    Legame idrogeno: quando la parte di molecola caricata positivamente è costituita da un atomo di idrogeno, si parla di legame idrogeno.

    L’IMPACCAMENTO ATOMICO:

    La microstruttura e il comportamento dei materiali sono fortemente influenzati dalle modalità con cui gli atomi si legano e si impaccano a formare delle strutture solide. L’impaccamento atomico può essere osservato su tre livelli:

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  • Nessun impaccamento-Nessun ordine: le posizioni relative dei diversi atomi sono essenzialmente casuali e gli atomi sono liberi di muoversi senza dover rispettare vincoli di legame (ad esempio i gas);

    Ordine a corto raggio: gli atomi sono legati con i primi vicini secondo geometrie definite, ma le diverse molecole sono arrangiate in maniera casuale, senza un ordine definito. (ad es acqua, vapore, vetri, materiali polimerici);

    Ordine a lungo raggio: gli atomi sono impaccati in strutture cristalline che si estendono su tutto il materiale. Gli atomi si legano in strutture ordinate periodiche nelle 3 dimensioni a formare i reticoli cristallini. In ogni cristallo è possibile riconoscere delle unità che si ripetono nello spazio. Le strutture di massimo impaccamento, quali quelle che si formano in conseguenza di legami non direzionali, sono la struttura cubico-faccia-centrata (CFC) e la esagonale-compatta (EC). Quasi tutti i metalli, caratterizzati da legami metallici, non direzionali, presentano struttura CFC o EC. A seguito della presenza di legami parzialmente direzionali, alcuni metalli possono presentare strutture meno densamente impaccate, come ad esempio cubico-corpo-centrata (CCC).

    Allotropia e polimorfismo: molti materiali possono presentare struttura cristallina diversa in diverse condizioni di T e . La variazione delle condizioni esterne, ad esempio il cambiamento di T, può determinare delle trasformazioni di natura cristallina in fase solida (le diverse strutture sono indicate come: fase , fase , ecc.).

    Solidificazione: La formazione del cristallo avviene generalmente per trasformazione dallo stato liquido a seguito di raffreddamento: struttura si trasforma da uno stato liquido/amorfo in una struttura cristallina dotata di ordine a lungo raggio. Il processo di trasformazione avviene attraverso la nucleazione e l’accrescimento:

    Nucleazione: alcuni atomi o molecole solidificano a formare un piccolo nucleo;

    Accrescimento: altri atomi o molecole si aggiungono al nucleo preformato aumentandone le dimensioni. La continua crescita dei nuclei porta alla completa solidificazione del materiale con formazione di grani cristallini;

    Difetti nell’impaccamento atomico: il processo di formazione dei grani a seguito della solidificazione comporta la nascita di difetti nell’arrangiamento atomico che hanno grande influenza sul comportamento del materiale. I difetti nella struttura cristallina possono essere ricondotti a tre tipologie principali:

    Difetti di punto: costituiscono delle perturbazioni dell’ordine cristallino localizzati. Tali difetti possono risultare dalla presenza di atomi di elementi estranei che si sostituiscono o si insinuano tra gli atomi del cristallo. Tali elementi possono costituire delle impurezze, oppure possono essere introdotti volutamente come elementi di lega per modificare il comportamento del materiale. La presenza di difetti di punto può interferire con il movimento delle dislocazioni, determinando un aumento dello sforzo necessario al loro movimento.

    Difetti di linea (Dislocazioni): comportano un imperfetto impaccamento della struttura cristallina che si estende lungo una linea. La loro presenza influisce molto sul comportamento meccanico del materiale. Esistono due tipi di dislocazioni: o Dislocazioni a vite: dovute allo scorrimento di una parte del cristallo

    rispetto alla parte adiacente. In prossimità della linea di dislocazione, sono presenti sforzi di taglio;

    o Dislocazioni a spigolo: vengono visualizzate tagliando ed aprendo parzialmente una porzione del cristallo ed inserendo nel taglio un semi-piano di atomi. In prossimità della linea di dislocazione gli atomi risultano compressi su un lato e separati dall’altro. Questo determina la presenza di sforzi di trazione o compressione, localizzati in prossimità della linea di dislocazione;

    La direzione e il piano lungo cui la dislocazione si muove vengono detti direzione e piano di scorrimento. Le dislocazioni sono dotate di segno (l’orientazione e l’intensità di una dislocazione sono identificati dal vettore di Burgers) e, quando due dislocazioni di segno opposto s’incontrano, le dislocazioni si annullano.

    Difetti di superficie: costituiscono delle aree di separazione di regioni di materiale aventi la stessa struttura cristallina, ma diverso orientamento cristallografico: i principali difetti di superfici sono i bordi di grano che separano i diversi grani che si sono generati a partire dai nuclei di solidificazione che quindi presentano orientamenti cristallografici diversi. In corrispondenza dei bordi di grano l’impaccamento risulta imperfetto e la resistenza del materiale influenzata dalla dimensione dei grani (la propagazione di una dislocazione risulta maggiormente ostacolata in una struttura a grani fini, dovendo separare un maggior numero di bordi di grano);

    Diffusione di atomi: la diffusione indica la possibilità di movimento degli atomi all’interno dei materiali;

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  • INCRUDIMENTO:

    L’incrudimento è un meccanismo di rafforzamento e indurimento per deformazione plastica a freddo. Applicando una sollecitazione superiore al limite di snervamento e rimuovendo successivamente la sollecitazione, il materiale subisce una deformazione plastica permanente. Il materiale avrà un nuovo valore di carico di snervamento superiore al precedente, e contemporaneamente una riduzione della sua deformabilità. Se si aumenta il livello di sollecitazione, si raggiungerà uno stato di materiale completamente incrudito, per il quale viene annullata la deformabilità plastica. L’aumento di resistenza e snervamento a seguito di incrudimento sono invariabilmente accompagnati da una forte diminuzione della deformabilità. Ove necessario, è possibile annullare gli effetti dell’incrudimento, ripristinando le caratteristiche di duttilità iniziale mediante trattamenti termici di recupero, ricristallizzazione e accrescimento dei grani. Un processo di deformazione plastica condotto a T superiore alla T di ricristallizzazione si definisce di deformazione a caldo. In questi processi, gli effetti dell’incrudimento si annullano rapidamente per effetto della ricristallizzazione, ed eventuale accrescimento, che avvengono durante la lavorazione stessa.

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  • CAPITOLO 3 LA LEGGE COSTITUTIVA ELASTOPLASTICA

    SFORZI E DEFORMAZIONI IN UNA PROVA DI TRAZIONE UNIASSIALE:

    Sforzi e deformazioni nominali o ingegneristici (sono riferiti alle dimensioni iniziali):

    Con un carico di trazione il provino si allunga e la sua sezione si contrae:

    (per provino cilindrico);

    Coefficiente di Poisson:

    (per materiali ingegneristici: );

    Sforzi veri di Cauchy e deformazioni vere logaritmiche (configurazione deformata):

    Curve sforzo-deformazione di materiali metallici elastoplastici:

    Tratto lineare (O-A): in questo tratto la rimozione del carico applicato comporta il ritorno del provino alla configurazione indeformata (comportamento elastico lineare: il lavoro compiuto per deformare il provino è conservato sotto forma di energia elastica ed una volta rimosso il carico viene restituito senza effetti dissipativi). La relazione tra sforzo e deformazione è caratterizzata da una costante detta modulo di elasticità o di Young del materiale (pendenza della curva in campo elastico lineare):

    Tratto elastico non lineare (A-A’): il tratto non è più lineare ma il comportamento del materiale è elastico e dunque si ha completa restituzione dell’energia di deformazione immagazzinata;

    Tratto plastico: quando lo sforzo applicato supera il livello A’, si attivano meccanismi anelastici che comportano la comparsa di deformazioni plastiche permanenti. Tale fenomeno è definito snervamento e il carico al quale avviene è definito limite di snervamento, . Una volta rimosso il carico il materiale non ritorna quindi alla

    configurazione indeformata ma rimangono delle deformazioni plastiche residue. Quindi la deformazione totale raggiunta durante la prova può essere calcolata come: . Il processo di deformazione plastica avviene

    a volume costante e ciò implica che in campo plastico. Dopo lo snervamento, i materiali metallici possono presentare andamenti diversi: o Caso A: abbiamo un primo limite di snervamento, detto superiore, in A’, ed un secondo limite di

    snervamento, detto inferiore, in A’’ (limite di snervamento utilizzato nella progettazione). Nel tratto (A’’-B) abbiamo comportamento perfettamente plastico;

    o Caso B: in questo tipo di comportamento non è possibile identificare con chiarezza lo snervamento del materiale e si usa un limite convenzionale, A’’. Tipicamente si definisce come limite di snervamento il livello di sforzo cui corrisponde, allo scarico, una deformazione plastica dello ;

    Tratto di incrudimento (B-C e A’’-C): in entrambi i casi, dopo lo snervamento, è necessario incrementare lo sforzo applicato per generare altre deformazioni plastiche. Questo fenomeno è noto come incrudimento. Il valore dello sforzo ingegneristico sale fino al valore massimo in C (il provino in tale punto NON è rotto), sforzo massimo

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  • ingegneristico che può essere trasmesso attraverso il provino (tale valore è definito carico unitario a rottura, , al quale corrisponde una deformazione a rottura ). Oltre il punto C, gli andamenti degli sforzi veri e ingegneristici divergono in modo rilevante. Il brusco incremento della divergenza fra le due misure di sforzo è dovuto al meccanismo di rottura, che è tipicamente caratterizzato da un fenomeno di strizione. Dal verificarsi di tale condizione in poi, il carico trasmesso attraverso le sezioni coinvolte nel processo può solo diminuire. La deformazione si localizza in una zona limitata del provino, che soggetta a sforzi veri crescenti e a crescenti contrazioni dell’area diviene sede del fenomeno della strizione. Nell’area effettiva della zona soggetta a strizione lo sforzo vero aumenta, ma lo sforzo ingegneristico, che rappresenta il carico totale applicato al provino, diminuisce. In seguito alla strizione la curva ingegneristica presenta un tratto discendente prima della rottura vera e propria. Tuttavia, in tale tratto il concetto di deformazioni ingegneristica perde significato, poiché, a seguito della localizzazione delle deformazioni, la deformazione non è più uniforme nella zona di misura.

    Lavoro di deformazione e tenacità: Il lavoro di deformazione per unità di volume è definito come:

    , ed è

    rappresentato dall’area sottesa dalla curva . Quindi, considerando veri, possiamo calcolare il lavoro compiuto dalla forza applicata come:

    Questa equazione mostra che effettivamente l’area sottesa dalla curva veri è il lavoro per unità di volume. Per portare il materiale a rottura è quindi necessario compiere un lavoro per unità di volume pari all’intera area sottesa sotto la veri. Quest’energia specifica per unità di volume, che deve essere fornita al materiale per portarlo a rottura, è un importante caratteristica meccanica del materiale ed è chiamata tenacità. La tenacità indica quanta energia il materiale può assorbire localmente senza che si producano fratture. L’integrale dell’area sottesa sotto la

    curva fino al valore di sforzo di rottura è detto modulo di tenacità:

    . La tenacità di un

    materiale non può essere immediatamente misurata dalla curva , ma essa fornisce un’indicazione significativa del livello di tenacità del materiale. I materiali più tenaci hanno, in generale, buona duttilità e presentano quindi grandi allungamenti a rottura. In assenza dell’intera curva è possibile approssimare il modulo di tenacità

    mediante i valori di sforzo di snervamento, di rottura e di deformazione a rottura:

    . L’andamento della

    curva è, in genere, piuttosto complicato e, quindi, si approssima la curva a forme più semplici:

    Aspetti fisici del comportamento plastico: se si ricava una sezione tagliando con un piano avente diversa giacitura rispetto a quella normale all’asse del provino, nella sezione agirà, oltre ad una componente di sforzo normale , anche uno stato di sforzo di taglio che dipende dalla giacitura . Nella prova di trazione uni assiale, il massimo dello sforzo di taglio si ottiene per giaciture corrispondenti a . Per questo motivo, sotto alcune condizioni, lo snervamento può essere evidenziato dalla formazione di bande di scorrimento che si manifestano come linee sottili inclinate a sulla superficie del provino. L’applicazione dello sforzo aumenta inizialmente la distanza fra gli atomi del reticolo cristallino, producendo una

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  • deformazione elastica e reversibile. Quando lo stato di sforzo supera la soglia necessaria per attivare la generazione e il moto delle dislocazioni, il reticolo si modifica inevitabilmente e si sviluppano deformazioni plastiche. Giunti in uno stato di sforzo-deformazione oltre lo snervamento, una volta rimosso il carico viene recuperata solo la deformazione elastica (vengono ristabilite le distanze originarie fra gli atomi dei reticoli cristallini, ma gli spostamenti relativi fra le parti dei reticoli dovuti al moto delle dislocazioni rimangono impresse nella microstruttura del materiale).

    Dipendenza del comportamento elasto-plastico dalla temperatura: l’aumento di temperatura diminuisce lo sforzo di snervamento (e anche lo sforzo di rottura), aumenta l’allungamento a rottura e favorisce duttilità e tenacità.

    Dipendenza del comportamento elasto-plastico della velocità di deformazione: l’applicazione del carico e/o delle deformazioni a velocità non quasi-statiche produce variazioni significative sul comportamento plastico. Sotto determinati limiti di velocità di deformazione, il comportamento del materiale non cambia al variare di . Tali limiti definiscono il regime quasti-statico di applicazione dei carichi e variano per differenti tipi di materiali. Con l’aumentare della velocità di deformazione quello che si osserva è un incremento del limite di snervamento. Definendo lo sforzo di snervamento in condizioni dinamiche come

    , questo può essere determinato con la legge di Cowperd-Symonds che esprime

    l’andamento del rapporto tra lo sforzo di snervamento dinamico e quello in condizioni quasi-statiche, in funzione di

    due parametri e :

    dove

    DEFORMAZIONE, SFORZO E LAVORO DI DEFORMAZIONE IN STATI DI SFORZO PLURIASSIALI:

    Tensore deformazioni finite (tensore di Lagrange): misura riferita alla configurazione iniziale:

    Tensore deformazioni infinitesime (tensore di Biot): riferita alla configurazione corrente:

    Deformazione volumetrica: avviene senza cambiamento di forma e, nel caso di piccoli spostamenti, è:

    Deformazione deviatorica: è responsabile del cambiamento di forma a volume costante:

    Deformazioni principali: dal problema agli autovalori, , si determinano le deformazioni principali

    dall’equazione: , dove:

    Stato di sforzo idrostatico:

    Stato di sforzo deviatorico:

    Sforzi principali: dal problema agli autovalori, , si determinano gli sforzi principali dall’equazione:

    , dove:

    Lavoro di deformazione in stati di sforzo pluriassiali:

    LEGAME ELASTICO LINEARE ISOTROPO:

    Legame elastico lineare isotropo:

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  • Legame diretto: , e la matrice di rigidezza:

    Legame diretto: , dove la matrice di cedevolezza:

    Energia di deformazione:

    (forma quadratica delle deformazioni);

    Legame ELI con costanti di Lamé:

    Legame sforzo idrostatico – deformazione volumetrica: , dove è detto Bulk modulus

    Legame tra componenti deviatoriche di sforzi e deformazioni:

    Modulo elastico:

    Coefficiente di Poisson:

    Modulo di elasticità a taglio:

    CRITERI E FUNZIONE DI SNERVAMENTO:

    Criterio di Guest-Tresca: dove:

    (criterio più conservativo)

    Criterio di Hubert-Hencky-Von Mises: dove:

    (criterio più realistico)

    Funzione di snervamento: La funzione di snervamento, , estende il concetto di criterio di snervamento e ne

    considera l’evoluzione con la storia:

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  • CAPITOLO 4 I DIAGRAMMI DI STATO E I TRATTAMENTI TERMICI

    La presenza di difetti e irregolarità nell’impaccamento della struttura cristallina comporta una maggiore difficoltà nel movimento delle dislocazioni. La presenza di distorsioni e discontinuità nella struttura cristallina, consente di incrementare le caratteristiche di resistenza della maggior parte dei metalli, rendendo più difficile il movimento delle dislocazioni. Ciò può essere ottenuto mediante l’aggiunta di elementi di lega durante il processo di produzione del materiale prima della solidificazione. La presenza di elementi di lega influenza, peraltro il processo di solidificazione modificando le temperature di trasformazione e consentendo in genere la formazione di fasi diverse. L’effetto dell’aggiunta di elementi di lega e le fasi che si formano nelle diverse situazioni di temperatura e composizione in condizioni di equilibrio, possono essere descritti mediante i diagrammi di stato o diagrammi di fase.

    DIAGRAMMI DI STATO:

    Fase: regione di materiale caratterizzata dalla stessa struttura di aggregazione (stessa struttura cristallina nel caso di solidi cristallini). Una fase presenta composizione e proprietà costanti o poco variabili al suo interno ed è separata dalle altre fase da superfici d’interfaccia.

    Regola delle fasi (valida per un sistema in equilibrio termodinamico): , dove è il n° di sostanze, è il n° di fasi presenti, è la varianza, ovvero il n° di gdl del sistema (n° di variabili (T, , composizione) che possono essere variate indipendentemente senza modificare il n° di fasi presenti). Il termine 2 si riferisce alle variabili esterne, temperatura e pressione, che possono essere imposte. Poiché molti processi di trasformazione sono condotti a atmosferica e, comunque, nelle trasformazioni tra fasi condensate (liquide e solide) la ha una influenza molto limitata, considerando solo la T come variabile esterna, la regola delle fasi si riduce a: .

    Es - Diagramma di stato del ferro puro: il diagramma mostra le fasi presenti in funzione delle condizioni di T e imposte. Il ferro presenta caratteristiche allotropiche (cioè presenta diverse strutture cristalline, diverse fasi, in funzione delle condizioni di T e anche se la sua influenza è minima) in cui si trova. Sotto i 910 °C la struttura stabile è CCC (cubica corpo centrato, ferro ), tra 910 °C e 1390 °C ha struttura CFC (cubica faccia centrata, ferro ), tra 1390 °C e la T di fusione, 1537 °C, ha nuovamente struttura CCC (ferro ). Prendendo in esame una trasformazione a (costante) si osserva che, nelle zone in cui è presente un’unica fase, ad es. a 800 °C, dalla regola delle fasi risulta ( , un unico componente, ferro, ed un’unica fase ): è possibile, ad es, variare indipendentemente la T senza modificare la fase presente. Sulle linee di trasformazione da una fase all’altra, invece, ad es alla T di 910 °C, è presente un unico componente (il ferro ), due fasi (fase e fase ): il sistema è invariante e non è quindi possibile variare la T senza cambiare il numero di fasi presenti (finché una delle due fasi non si è completamente trasformata, la T rimane costante).

    Soluzioni solide, diagrammi di fase di sistemi a miscibilità completa: quando ad un metallo vengono aggiunti uno o più elementi diversi, si forma una lega: gli atomi dell’elemento aggiunto si dispongono nella struttura cristallina formando una soluzione solida, oppure si combinano a formare dei composti intermetallici oppure, ancora, si separano a formare un’altra fase solida. Se gli atomi di un elemento B aggiunto vanno a sostituire gli atomi di un metallo A ospite e se sono rispettate alcune condizioni (dimensioni degli atomi di A e B poco diverse, elettronegatività simile, stessa struttura cristallina e stessa valenza per A e B) è possibile cambiare la composizione passando da 100% di A a 100% di B senza modificare la struttura cristallina della soluzione solida che sarà costituita da un’unica fase; il sistema ha miscibilità completa in fase solida. Se le condizioni citate (regole di Humè-Rothery) non sono rispettate, oppure gli atomi dell’elemento di lega vanno ad occupare siti interstiziali, oppure formano dei composti intermetallici, all’aumentare della quantità di elemento di lega si ha la formazione di fasi diverse, separate; il sistema ha miscibilità parziale. Mentre allo stato fuso la maggior parte delle leghe di interesse applicativo presenta

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  • miscibilità completa, esistono pochi casi di sistemi a miscibilità completa in fase solida di interesse pratico. Le miscele Cu (rame) – Ni (nichel) costituiscono la base di una classe di leghe di notevole interesse, i Monel: questi associano buona resistenza meccanica e deformabilità, elevata resistenza a corrosione in ambiente salino e ad alta T, e trovano quindi impiego in campo navale e per la costruzione componenti a contatto con agenti aggressivi.

    Es - Diagramma di fase di un sistema a miscibilità completa (Cu-Ni): in questo diagramma compare una sola fase solida ed una sola fase liquida; inoltre nel diagramma è rappresentata la zona di coesistenza delle due fasi. Seguiamo ad es cosa avviene durante il raffreddamento di una lega 60% Cu – 40% Ni partendo dal fuso ed ipotizzando che il sistema sia in equilibrio termodinamico durante tutta la trasformazione. Inizialmente tutto il materiale si trova allo stato liquido. Asportando calore, la T della lega diminuisce fino al valore corrispondente al liquidus. A questo punto inizia la formazione dei primi cristalli di solido che avranno la composizione indicata sul diagramma in corrispondenza della linea del solidus alla stessa T. La composizione del solido che si viene a formare in equilibrio con il liquido sarà cioè più ricca di Ni rispetto alla composizione iniziale. Di conseguenza il liquido si impoverisce di Ni e la sua T di solidificazione diminuisce, seguendo la curva del liquidus. Per poter continuare la solidificazione è necessario continuare ad asportare calore, riducendo la T del sistema. Per ogni valore di T compreso nell’intervallo tra inizio e fine solidificazione, il liquido che si sta formando ed il solido già formato si trovano in equilibrio tra loro ed hanno le composizioni indicate dalle curve del liquidus e del solidus. Se il processo è sufficientemente lento, la diffusione consentirà di avere una composizione uniforme all’interno di ciascuna fase. Quindi, ad una generica T compresa in questo intervallo il liquido sarà più ricco in Cu rispetto alla miscela di partenza, il solido, di composizione omogenea, sarà più ricco in Ni. Il termine della solidificazione è individuato sulla curva del solidus in corrispondenza della composizione iniziale: il solido formatosi ha composizione pari a quella iniziale. Il diagramma di fase, tramite la regola della leva, indica le quantità relative delle fasi presenti in ogni condizione di T e composizione: la

    frazione in peso della fase solida presente all’equilibrio sarà:

    , dove

    sono le composizioni della fase liquida, della fase solida, della miscela iniziale (pari alla

    composizione media), mentre la frazione in peso del liquido è:

    . La regola

    della leva può essere applicata in qualsiasi regione bifasica di ogni diagramma di fase.

    La formazione di una miscela per aggiunta di elementi di lega solubilizzati in fase solida determina la deformazione del reticolo cristallino a causa della presenza nella stessa struttura di atomi di dimensioni diverse. Il moto delle dislocazioni risulta ostacolato e la resistenza a scorrimento del materiale risulta superiore a quella del materiale non legato: si ha indurimento per soluzione solida (quindi un aumento di resistenza a snervamento).

    Trasformazioni di non equilibrio: I diagrammi di fase rappresentano le situazioni in equilibrio termodinamico e le composizioni delle fasi liquida e solide sono assunte omogenee all’interno delle fasi. Nella realtà i processi di solidificazione e le trasformazioni di fase avvengono in tempi relativamente brevi e perciò in condizioni di non equilibrio. In tali condizioni, se consideriamo ad esempio un sistema a miscibilità completa durante la solidificazione, notiamo che il solido presenterà segregazione, cioè composizione locale diversa da punto a punto. Inoltre il termine della solidificazione avviene ad una T inferiore rispetto a quella ottenuta in condizioni di equilibrio: il materiale solido presenterà inizio di fusione ad una T più bassa rispetto a quanto atteso. Il materiale presenta quindi minore lavorabilità all’utensile a causa della possibilità di fusioni parziali già a T relativamente basse. Questo fenomeno viene detto hot shortening. Trattamenti termici di omogeneizzazione (riscaldamento e mantenimento a T inferiore all’inizio della fusione) possono essere applicati per ridurre o eliminare segregazioni.

    Diagrammi di stato di sistema a miscibilità parziale: In sistemi binari, quando le regole di Humè-Rothery non sono verificate la solubilità dei componenti della miscela è limitata. A bassi valori di concentrazione di un elemento di lega, questo può solubilizzarsi in fase solida, formando una soluzione monofasica ma, superato un determinato limite di composizione, compare una seconda fase e si ottiene quindi una lega bifasica. Le due fasi presenti stabilmente alla stessa T sono caratterizzate da diversa composizione e diversa struttura cristallina. La presenza nella lega metallica di fasi disperse, con diversa struttura cristallina e con superfici di interfaccia aventi impaccamento irregolare, comporta una maggiore difficoltà di scorrimento delle dislocazioni e, quindi, un incremento della

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  • resistenza a deformazione: si ha indurimento per dispersione. Per avere efficiente rafforzamento della lega è necessario che all’interno di una matrice metallica continua sia dispersa una fase precipitata dura. Inoltre è necessario che il precipitato sia discontinuo e disperso in piccole particelle in grande quantità. La presenza di particelle arrotondate consente inoltre di ridurre la possibilità di nucleazione di cricche in grado di attivare fenomeni di rotture fragili. Nelle leghe metalliche, spesso gli elementi di lega si combinano con la matrice metallica e/o con altri elementi di lega a formare i composti intermetallici. I composti intermetallici spesso sono caratterizzati da una struttura rigida e fragile e sono in grado di dare efficiente rafforzamento per dispersione. Alcuni composti intermetallici, come ad esempio di Ni e Ti, Ni e Al o Ti e Al, possiedono interessanti proprietà meccaniche e termiche e trovano applicazione come materiali strutturali. La formazione di composti intermetallici determina nel diagramma di stato la presenza di zone monofasiche a composizioni intermedie. Il range di composizione di questi composti può essere relativamente ampio (composti intermetallici non stechiometrici) o molto ristretto (composti intermetallici stechiometrici) a seconda se possono o meno solubilizzare altri componentei della miscela. Le fasi vengono indicate sul diagramma mediante lettere greche (fase …).

    Leghe eutettiche: la presenza di due componenti con miscibilità parziale in fase solida e/o liquida determina la possibilità di avere diagrammi di stato in cui compaiono diverse reazioni di trasformazione che coinvolgono la presenza di tre fasi contemporaneamente a diverse T e composizioni. Per la regola delle fasi all’equilibrio, queste trasformazioni sono invarianti, cioè procedono senza variazione delle composizioni delle fasi coinvolte e della T finché la trasformazione non è completa. In una trasformazione eutettica, il raffreddamento di una miscela fusa di composizione euttettica determina la formazione contemporanea di due fasi solide . La trasformazione procede a T costante (eutettica) finché la fase liquida non è scomparsa. La stessa trasformazione può procedere in senso inverso per riscaldamento. In modo simile, in una trasformazione eutettoidica, il raffreddamento di una fase solida (soluzione solida) determina la formazione di altre due diverse fasi solide e . Le reazioni eutettica, peritettica, monotettica coinvolgono la presenza di una o più fasi liquide. Le trasformazioni eutettoidiche e perotettoidiche avvengono completamente in fase solida. Le trasformazioni peritettiche e peritettoidiche avvengono in modo molto lento poiché richiedono diffusione di componenti in fase solida; di conseguenza comportano trasformazioni di non equilibrio e fenomeni di segregazione. In generale la presenza di una fase eutettica determina un incremento della resistenza della lega anche se spesso questo è accompagnato da riduzione della deformabilità e tenacità. Anche in questo caso, la solidificazione può seguire un percorso di non equilibrio a seguito di rapido raffreddamento. Quindi il sistema raggiunge la T eutettica con una solidificazione solamente parziale; una piccola quantità di lega liquida di composizione eutettica è ancora presente. Spesso la fase eutettica è costituita da materiale duro, poco deformabile e può determinare fragilità nella lega. Inoltre, in caso di successivo riscaldamento, è necessario considerare che l’effettiva T di inizio fusione sarà pari alla T eutettica , inferiore a quella attesa in base ad una trasformazione di equilibrio (hot shortening). La forma, le dimensioni, la struttura della fase eutettica e della fase dispersa possono avere importante influenza sulla resistenza, deformabilità e tenacità del materiale, e possono essere controllate in fase di solidificazione o mediante trattamenti termici e/o meccanici successivi. Una rapida solidificazione comporta, infatti, la formazione di una struttura eutettica con lamelle di piccolo spessore, un’elevata superficie di interfaccia tra le lamelle di fase diverse, un efficiente effetto di indurimento. La fase eutettica non sempre è costituita da lamelle di fasi alternate. La forma delle fasi precipitate può dipendere dalla velocità di raffreddamento, dalla presenza di difetti, nucleanti, impurità e può avere importante influenza sulle caratteristiche meccaniche del materiale. Ad esempio la formazione di aghi e piattelli sottili possono attivare la formazione di cricche determinando una scarsa tenacità e deformabilità de materiale.

    Leghe con trasformazioni peritettiche: in molte leghe binarie è possibile ritrovare trasformazioni solido-liquido che coinvolgono la presenza di trasformazioni peritettiche, particolarmente quando i punti di fusione dei componenti sono molto diversi. In questa trasformazione, durante il raffreddamento, la soluzione liquida reagisce con una fase solida già presente a formare una nuova fase solida: . Le trasformazioni peritettiche sono generalmente di non equilibrio, lente e portano facilmente alla formazione di segregazione e disomogeneità di composizione.

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  • Trasformazioni in fase solida: la minore velocità di diffusione e la ridotta deformabilità nei solidi produce importanti conseguenze nei processi di formazione e trasformazione delle strutture cristalline. Perché una fase precipitata possa formarsi all’interno di una fase solida devono infatti avvenire sia la nucleazione che l’accrescimento. La maggior parte dei trattamenti termici e termomeccanici applicati ai materiali metallici e ceramici comporta trasformazioni di fasi solide condotte in diverse condizioni di T e velocità di trasformazione, proprio allo scopo di controllare la struttura e la morfologia delle fasi coinvolte in quanto queste, a loro volta, determinano in modo fondamentale le caratteristiche meccaniche e le prestazioni dei materiali finali ottenuti.

    Trasformazione eutettoidica: si presenta in molte leghe binarie e comporta, per raffreddamento, la trasformazione di una fase solida in due nuove fasi solide: . Come per le leghe eutettiche, anche nel caso di presenza di eutettoide, la quantità, le dimensioni e la forma delle fasi disperse possono essere controllate mediante trattamenti termici che quindi hanno una fondamentale influenza sulle caratteristiche finali di resistenza e tenacità della lega.

    TRATTAMENTI TERMICI:

    Ricottura di lavorabilità (Distensione): ha lo scopo di eliminare o ridurre gli effetti di lavorazioni a freddo, restituendo duttilità e tenacità al materiale precedentemente incrudito. Nel caso degli acciai viene effettuata su acciai a basso tenore di C riscaldando e mantenendo la lega al di sotto della T dell’eutettoide ma al di sopra della T di ricristallizzazione. La ricristallizzazione provoca una riduzione del numero di dislocazioni e un addolcimento del materiale. Una semplice distensione delle tensioni residue da lavorazioni precedenti può essere ottenuta per riscaldamento già a T inferiori alla T di ricristallizzazione.

    Ricottura completa e normalizzazione: controllano la formazione di perlite (fase eutettoidica dell’acciaio) e l’indurimento per dispersione. L’acciaio ipoeutettoidico viene riscaldato in campo austenitico e mantenuto fino a completa austenitizzazione. Il successivo raffreddamento lento, in forno nella ricottura, in aria nella normalizzazione, porta alla formazione ferrite + perlite grossolana nel primo caso, perlite fine nel secondo. La struttura perlitica raggiunta comporta addolcimento massimo e quindi ottima lavorabilità a freddo. Nel caso di acciai ipereutettoidici, la normalizzazione viene effettuata ancora riscaldando fino ad austenite stabile e raffreddando successivamente in aria. La ricottura completa viene invece effettuata riscaldando sopra la T dell’eutettoide in cui si ha una lega di austenite + cementite. Acciai ad alto tenore di C, e quindi di cementite, sono fragili e poco lavorabili all’utensile.

    Ricottura di coalescenza (Sferoidizzazione): consiste nel riscaldamento intorno o poco sotto la T dell’eutettoide per molte ore (16-24 h). Ciò consente di trasformare la microstruttura della cementite da lamellare a globulare per effetto della diffusione e della riduzione di energia interfacciale. Consente di aumentare tenacità e duttilità.

    Trasformazioni isoterme: la reazione dell’eutettoide è in genere piuttosto lenta e l’acciaio può essere raffreddato al di sotto della T di equilibrio senza che la trasformazione dell’austenite avvenga in tempi brevi. Negli acciai, l’aggiunta di elementi di lega, oltre al C, rallenta ulteriormente la velocità di trasformazione. È quindi possibile condurre la reazione in condizioni isoterme a T inferiori al valore di equilibrio e, quanto minore è la T, tanto più fini sono le lamelle della perlite risultante. La velocità e quindi il tempo della trasformazione sono regolati dai processi di nucleazione e accrescimento delle lamelle della perlite. I diagrammi Temperatura-Tempo-Trasformazione o TTT (Diagrammi di Bain, per gli acciai) riportano le fasi e le trasformazioni che avvengono in condizioni isoterme in funzione della T e del tempo. Mostrano cioè l’evoluzione del sistema nel tempo, dopo raffreddamento rapido della lega alla T di trasformazione, mantenuta poi costante.

    Es - Acciaio eutettoidico: al di sopra di 723 °C l’austenite è stabile. Raffreddando rapidamente tra 723 °C e ≈550 °C e mantenendo nel tempo il materiale, l’austenite si trasforma in perlite (P). Le curve a sinistra e a destra (s-start, f-finish) indicano rispettivamente l’inizio e la fine della trasformazione dell’austenite. Si osserva che la massima velocità di reazione si ottiene a ≈550 °C in corrispondenza del “ginocchio” della curva. Al di sopra del ginocchio della curva, un piccolo sottoraffredamento rispetto alla T dell’eutettoide favorisce l’accrescimento della perlite rispetto alla nucleazione: la perlite che si forma è grossolana, con una elevata distanza interlamellare. Con un maggiore sottoraffredamento, aumenta la velocità di nucleazione e diminuisce la diffusione e l’accrescimento: si forma perlite fine con lamelle fitte e sottili. Al di sotto del ginocchio la velocità globale della trasformazione diminuisce, e anziché perlite si forma una nuova fase, la bainite, la quale è costituita da una microstruttura discontinua di cementite e ferrite in forma di particelle allungate o aghetti le cui dimensioni caratteristiche diminuiscono al diminuire della T

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  • (bainite superiore, bainite inferiore). Il raffreddamento rapido a bassa T porta alla formazione di una nuova fase detta martensitica, struttura che si forma a seguito di una trasformazione nel solido, senza diffusione, ma come risultato di un lieve spostamento di atomi che porta alla generazione di una nuova forma cristallina. La martensite degli acciai è caratterizzata da elevata durezza e resistenza, mentre quella di titanio risulta maggiormente duttile e di bassa resistenza rispetto al materiale originario. Poiché la formazione di martensite non dipende da fenomeni diffusivi, la reazione è atermica, cioè dipende solo dalla T, e non dal tempo. La reazione martensitica, una volta attivata, spesso procede nel materiale molto rapidamente, con velocità che approssima quella del suono. Il diagramma di Bain, in questo caso, mostra che a seguito di raffreddamento rapido al di sotto dei 220 °C inizia la formazione della fase martensitica, la cui quantità aumenta al diminuire della T; la trasformazione si conclude raffreddando al di sotto della .

    La martensite degli acciai risulta molto dura, fragile e resistente, ma si ha una riduzione di tenacità e deformabilità. Un trattamento di rinvenimento della martensite consente il recupero di tenacità e deformabilità con corrispondente riduzione della resistenza e della durezza. La trasformazione da austenite a martensite comporta un aumento di volume e, quindi, il rapido raffreddamento dei processi di tempra determina facilmente la presenza di distorsioni, rotture superficiali, tensioni residue nei componenti trattati.

    Trasformazioni non isoterme: molti trattamenti termici sono condotti con cicli di raffreddamento continuo. In tali situazioni il materiale riduce la sua T nel tempo e le trasformazioni avvengono in condizioni non isoterme. In tal caso i diagrammi di Bain non sono utilizzabili, ma vanno considerati i diagrammi CCT (Continuous Cooling Trasformation).

    Es - Acciaio eutettoidico: nel diagramma CCT le trasformazioni avvengono in tempi più lunghi e non avviene la formazione di bainite. Nello stesso, sono riportate alcune curve che indicano le velocità di raffreddamento caratteristiche. Selezionando opportune velocità di raffreddamento è possibile ottenere diverse microstrutture nel materiale finale. Ad esempio, un raffreddamento a meno di 5 °C/s, corrispondente ad una ricottura, porta a perlite grossolana; un raffreddamento a 35 °C/s, corrispondente ad una normalizzazione, porta a perlite fine; un raffreddamento più rapido, ad esempio di 100 °C/s porta a perlite + martensite.; un raffreddamento molto rapido, superiore a 140 °C/s porta a sola martensite. I comuni elementi di lega rendono più lenta la trasformazione dell’austenite; ciò permette di usare trattamenti di tempra su componenti con maggiori spessori e dimensioni, ottenendo resistenza elevata ed omogenee, evitando problemi di distorsioni e rotture. In generale, l’aggiunta di elementi di lega migliora la temprabilità dell’acciaio, modificando e spostando verso tempi più lunghi le curve di trasformazione dei diagrammi TTT e CCT (in generale un miglioramento della temprabilità ha come conseguenza una cattiva saldabilità).

    Indurimento per precipitazione o invecchiamento: i diagrammi di stato di sistemi binari a miscibilità parziale presentano spesso una riduzione della solubilità di un componente al diminuire della T, che porta ha precipitazione di una nuova fase solida a seguito di raffreddamento. Controllando opportunamente la formazione di questa seconda fase dispersa è possibile ottenere un importante effetto di indurimento e rafforzamento. La formazione di un precipitato discontinuo, uniformemente e finemente disperso all’interno dei grani consente un maggiore effetto di indurimento mantenendo buoni valori di deformabilità e tenacità.

    Procedimento: si sottoporre la lega ad un riscaldamento di solubilizzazione in cui si ha un’unica fase stabile e completa solubilizzazione degli elementi di lega, e ad un successivo raffreddamento rapido, mediante tempra di soluzione (o solubilizzazione) per “congelare” la struttura, stabile ad alta T, anche a T inferiore. In seguito, attendendo a T ambiente per alcuni giorni/settimane (invecchiamento naturale) o riscaldando il materiale ad un T al di sotto della linea del solvus per alcune ore (invecchiamento artificiale), avviene nucleazione e accrescimento delle particelle (coerenti o incoerenti) della nuova fase verso un assetto termodinamico stabile. Le particelle disperse costituiscono un nuovo ostacolo per le dislocazioni. Per ottenere un’efficienza di indurimento e aumento della resistenza superiore è necessario che la fase precipitata sia anche coerente: in questo caso si parla di indurimento per precipitazione o invecchiamento. Con invecchiamento naturale, la lega aumenta le sue caratteristiche di resistenza nel tempo fino a raggiungere un limite asintotico; in generale l’invecchiamento naturale non comporta sovrainvecchiamento, ma in molti casi risulta eccessivamente lento o, come nel caso di leghe ad alto punto di

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  • fusione (es. titanio e nickel), non è in grado di attivare la formazione di precipitati. In questi casi si ricorre ad invecchiamento artificiale, cioè a riscaldamento del materiale che determina un aumento della velocità di diffusione e di accrescimento delle particelle disperse: il processo di rafforzamento è + rapido, ma diventa possibile il sovrainvecchiamento con conseguente perdita parziale dell’effetto di indurimento. In generale un aumento della T di invecchiamento determina un più rapido aumento della resistenza della lega, ma un minore valore della resistenza di picco. Un invecchiamento artificiale consente quindi di raggiungere le condizioni di stabilità della lega in tempi più rapidi, ma a spese di performance inferiori. I trattamenti di invecchiamento devono essere limitati nelle T e nei tempi per evitare fenomeni di sovrainvecchiamento. Leghe invecchiate non sono considerate in generale saldabili, se non con tecniche di saldatura rapida e/o con l’impiego di trattamenti di bonifica successivi.

    Fase coerente: la fase precipitata si definisce coerente quando la sua struttura cristallina è continua con la struttura della matrice (gli atomi aggregati nel precipitato vanno a fare parte dello stesso reticolo cristallino della matrice metallica). L’aumento della quantità e delle dimensioni di un precipitato, inizialmente coerente, determina un aumento della distorsione del reticolo fino ad arrivare al limite di perdita di coerenza (la fase dispersa riduce la sua efficienza di rafforzamento): si ha sovrainvecchiamento.

    Condizioni necessarie per ottenere indurimento per precipitazione:

    La solubilità dell’elemento di lega deve diminuire al diminuire della T e la lega deve presentare un campo monobasico al di sopra della linea del solvus. Questa condizione è necessaria per consentire la solubilizzazione dell’elemento di lega e la formazione di precipitati al diminuire della T.

    La lega deve essere temprabile. In molte leghe non è possibile effettuare un raffreddamento rapido, tale da evitare la formazione di precipitati. La tempra può introdurre distorsioni e tensioni residue che riducono le prestazioni del materiale.

    I precipitati che si formano devono essere coerenti. Nella maggior parte degli acciai i diversi trattamenti termici consentono la formazione di fasi non coerenti, che quindi portano a indurimento per sola dispersione.

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  • CAPITOLO 5 L’ALLUMINIO E LE SUE LEGHE

    L’ALLUMINIO E LE SUE LEGHE:

    L’alluminio è ottenuto per riduzione elettrolitica dall’allumina (Al2O3) e viene generalmente sottoposto a successivi processi per aumentarne la purezza o per ottenerne leghe leggere.

    Caratteristiche tipiche:

    Densità: rispetto agli acciai

    Modulo elastico:

    T di fusione: (basso ne limita l’impiego a caldo)

    Struttura cristallina: CFC (lo rende duttile, deformabile e con ottima risposta a indurimento per deformazione plastica, e consente di mantenere buone caratteristiche di tenacità e deformabilità anche a T molto basse);

    Limite di fatica: Non presenta limite di fatica (la resistenza a fatica diminuisce continuamente all’aumentare dei cicli di sollecitazione;

    Altre caratteristiche: bassa durezza e, di conseguenza, bassa resistenza all’abrasione;

    ottima resistenza a ossidazione e corrosione per l’alluminio puro, poiché forma uno strato di ossido (allumina) continuo e compatto;

    Elementi di lega: consentono di incrementare le prestazioni meccaniche del materiale (già la presenza di impurità aumenta la resistenza). L’aggiunta di elementi di lega migliora le prestazioni meccaniche, modificare la fluidità del fuso, la lavorabilità all’utensile, la facilità di forgiatura, il coefficiente di espansione termica. Gli elementi di lega più impiegati sono: Mg, Si, Cu, Mn, Zn. Altri elementi impiegati sono Ti e B (come affinatori di grano in fase di solidificazione). La presenza di Mn, Cr e Zr consente di ridurre l’ingrossamento dei grani a seguito di ricristallizzazione. Il controllo delle dimensioni dei grani serve ad incrementare la resistenza a snervamento, a migliorare la resistenza a frattura e allo stress cracking (resistenza a frattura sotto sforzo continuo) e la formabilità.

    Incrudimento per deformazione plastica: incrementa la resistenza dell’Al e delle leghe non trattabili termicamente, ma comporta una riduzione della duttilità limitando un’ulteriore deformazione. Leghe trattabili termicamente (per precipitazione o invecchiamento) consentono di raggiungere prestazioni meccaniche superiori. Il forte aumento di resistenza a seguito del trattamento termico è accompagnato da perdita di deformabilità e resistenza a frattura.

    CLASSIFICAZIONE DELLE LEGHE DI ALLUMINIO:

    Le leghe di Al possono essere suddivise in 2 classi principali in funzione delle loro tecniche di lavorazione: le leghe da deformazione plastica e le leghe da fonderia. Le leghe da deformazione plastica a freddo o a caldo hanno composizione e microstruttura diversa rispetto alle leghe da fonderia a causa dei diversi requisiti imposti dalla loro lavorazione. All’interno di queste classi principali si possono individuare come sottoclassi le leghe trattabili e quelle non trattabili termicamente. Secondo il sistema internazionale IADS le leghe di Al da deformazione plastica sono classificate utilizzando 4 cifre mentre quelle da fonderia sono classificate utilizzando 3 cifre. La prima cifra indica l’elemento di lega principale. Nel caso del gruppo 1 (solo Al), la seconda cifra indica eventuali controlli effettuati sulle impurezze. Le ultime 2 cifre indicano il contenuto di Al. Nel caso dei gruppi 2 e successivi le cifre dopo la prima identificano gli sviluppi della lega e non sono indicativi del contenuto di elementi. Il carattere X che precede la sigla numerica indica uno stadio sperimentale di sviluppo. La sigla numerica è seguita da caratteri alfanumerici indicativi dei trattamenti termici e/o meccanici applicati(F - grezzi di lavorazione; O - ricottura; H - incrudimento a freddo; W - solubilizzazione; T – invecchiamento; H e T sono seguite da cifre indicative del tipo di trattamento). Le leghe dei gruppi 2, 6 e 7 sono invecchiabili e presentano le migliori prestazioni in termini di resistenza e resistenza snervamento, ma subiscono sovrainvecchiamento a T relativamente basse limitandone la possibilità di saldatura e richiedono dunque l’impiego di tecniche di giunzione alternative

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  • (rivettature, incollaggi); sono impiegate per la costruzione di strutture aerospaziali. Le leghe da fonderia sono molto simili a quelle da deformazione plastica e, tranne l’incrudimento, vengono sfruttati gli stessi meccanismi di rinforzo. Le leghe dei gruppi 2, 7 ed alcune del gruppo 3 possono essere rafforzate per invecchiamento e vengono impiegate quando è richiesta elevata resistenza meccanica; sono impiegate in campo aeronautico.

    RESISTENZA A CORROSIONE:

    In generale l’Al e le sue leghe presentano ottima resistenza a corrosione in ambiente ossidante. L’Al forma un ossido superficiale di allumina (Al2O3) compatta. L’ossido perde la sua capacità protettiva in ambienti particolarmente acidi o basici . La presenza di elementi di lega, in particolare di rame e ferro, riduce la resistenza a corrosione. In questi casi è possibile realizzare una protezione superficiale mediante rivestimento superficiale con un’altra lega di Al maggiormente resistente. In questo caso i materiali vengono chiamati ALCLAD. La protezione può, inoltre, essere effettuata con verniciatura, solitamente dopo trattamento di preparazione della superficie a base di cromati o fosfati. Un altro comune trattamento di protezione dell’Al e delle sue leghe è costituito da anodizzazione. A seguito di trattamento elettrolitico viene formato uno strato superficiale di allumina compatto e di spessore superiore a quello naturale.

    SVILUPPO DELLE LEGHE DI ALLUMINIO IN CAMPO AERONAUTICO:

    Le caratteristiche richieste alle leghe per impieghi aeronautici e spaziali si possono riassumere essenzialmente in elevata resistenza specifica, durabilità e tolleranza al danneggiamento, uniti alla economicità.

    APPLICAZIONI SPAZIALI:

    Molte delle caratteristiche richieste per la produzione di velivoli come la resistenza meccanica, la tenacità, la bassa densità, corrispondono anche alle necessità delle strutture spaziali. Tuttavia i componenti spaziali sono generalmente saldati e, ad esempio, i serbatoi di combustibile liquido o di ossidante spesso operano in condizioni criogeniche. Molte leghe di Al di elevata resistenza non sono saldabili e/o presentano ridotta tenacità a basse T. Alcune leghe Al-Cu vengono impiegate per la costruzione di serbatoi a seguito della possibilità di saldatura e delle buone caratteristiche a T criogeniche. Le leghe Al-Li, nonostante il maggiore costo, vengono normalmente prese in considerazione nei sistemi di lancio grazie ai consistenti risparmi di peso resi possibili dal loro impiego.

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  • CAPITOLO 6 GLI ACCIAI

    Gli acciai al carbonio possiedono caratteristiche meccaniche, di lavorabilità e di resistenza a corrosione che ne limitano l’impiego nel settore aerospaziale, in cui sono richieste particolari prestazioni anche in termini di durata e affidabilità in condizioni operative molto variabili. L’aggiunta di elementi di lega permette di modificare la struttura cristallina, la risposta ai diversi trattamenti termici, la resistenza a ossidazione e le prestazioni meccaniche, estendendone i campi di impiego. Alcuni acciai, nonostante la densità elevata , sono utilizzati per realizzare componenti altamente sollecitati in campo aeronautico e spaziale.

    ACCIAI LEGATI:

    I comuni acciai al carbonio possono raggiungere resistenza meccanica molto elevata, ma trovano limitazioni quando queste caratteristiche devono essere combinate con buona tenacità e duttilità a T anche basse, resistenza a corrosione e ossidazione, facile lavorabilità. L’aggiunta di elementi di lega può modificare queste caratteristiche.

    Classificazioni degli acciai al carbonio e degli acciai legati:

    UNI (italiana): gli acciai dolci, a basso tenore di C, sono classificati con la sigla Fe seguita da una sigla alfanumerica indicativa dell’applicazione e della resistenza. Gli acciai da costruzione a maggiore tenore di C, destinati a trattamenti termici, sono designati con la lettera C seguita da un numero che indica il contenuto di C;

    AISI (americana): è tra le più utilizzate per gli acciai legati. L’acciaio è classificato con 4 o 5 cifre, dove le prime 2 sono indicative dei principali elementi di lega, le ultime 2 o 3 cifre indicano il contenuto di C;

    BSI (inglese): l’acciaio è classificato con 6 caratteri alfanumerici, dove le prime 3 cifre indicano la famiglia a cui l’acciaio appartiene, il 4° carattere indica la caratteristica di controllo richiesta (A-composizione chimica, M-resistenza meccanica, H-temprabilità, S-inossidabilità), le ultime 2 cifre indicano il contenuto di C.

    EFFETTO DEGLI ELEMENTI DI LEGA:

    L’aggiunta degli alliganti ha lo scopo di migliorare durezza e la resistenza meccanica, temprabilità, resistenza al rinvenimento ad alta T, tenacità a basse T, resistenza ad ossidazione e corrosione.

    Alliganti più usati:

    Cromo (Cr): aumenta la temprabilità, migliora la resistenza a corrosione e ossidazione. Ad alti tenori di C, l’aggiunta di Cr insieme ad altri elementi in grado di formare carburi (vanadio, molibdeno, tungsteno) consente un forte incremento della durezza, anche a seguito di trattamenti termici di tempra e rinvenimento, mantenendo discreta tenacità. Inoltre il Cr riduce la conducibilità termica (i trattamenti termici richiedono quindi temperature e tempi di mantenimento superiori). Acciai al cromo trovano applicazione soprattutto ove è richiesta elevata durezza e stabilità anche a temperature elevate;

    Nickel (Ni): è un elemento austenitizzante (stabilizza la fase ). La presenza di Ni riduce la T dei trattamenti termici (ricottura e tempra), migliora la temprabilità, aumenta la tenacità a parità di resistenza, mantiene elevati valori di deformabilità sia a caldo che a freddo diminuendo la T di transizione fragile-duttile o eliminandola del tutto, affina il grano conferendo resistenza meccanica all’usura, migliora la resistenza a ossidazione. Acciai a Ni si prestano ad applicazioni a T molto basse;

    Manganese (Mn): è un forte austenitizzante e viene aggiunto agli acciai come desolforante per prevenire la fragilità da zolfo. Ha effetti simili a Ni (a costo inferiore), ma non migliora la resistenza a ossidazione a caldo. Acciai al Mn presentano ottima resistenza, tenacità, risposta a incrudimento e trovano larga applicazione in utensileria e per componenti resistenti a urti e usura;

    Silicio (Si): è marcatamente -stabilizzante (solubilizza prevalentemente nella fase ferritica, stabilizzandola) e favorisce la formazione di carbonio grafitico. Aumenta la T di riscaldamento prima della tempra, ed aumenta considerevolmente la resistenza a rinvenimento della martensite (a scapito della duttilià, tenacità, saldabilità), incrementando il carico di snervamento anche a T elevate. L’impiego tipico di acciai contenenti Si è nella produzione di leghe ad elevato limite di snervamento per molle operanti ad alte T, come in campo motoristico;

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  • Alluminio (Al): consente indurimento per precipitazione formando composti intermetallici con Fe e altri alliganti, migliora fortemente la resistenza a ossidazione e la resistenza a ossidazione a caldo;

    Molibdeno (Mo), Vanadio (V), Tungsteno (W): formano carburi limitando l’accrescimento dei grani e conferendo migliore resistenza a caldo e a creep.

    ACCIAI SPECIALI:

    Acciai maraging: possiedono resistenza meccanica molto elevata e buona resistenza a frattura. Sono costituiti da quasi il 40% di alliganti, soprattutto Ni ( 20%), ma hanno un tenore di carbonio molto basso (

  • CAPITOLO 7 IL TITANIO E LE SUE LEGHE

    Il titanio e le sue leghe possiedono elevato rapporto prestazioni/peso e resistenza a corrosione. A causa delle difficoltà di produzione e lavorazione, il titanio è un metallo costoso (5 volte quello dell’alluminio).

    MICROSTRUTTURA E PROPRIETA’:

    Caratteristiche tipiche delle leghe di titanio:

    Densità: (superiore ad Al o Mg, ma quasi metà rispetto a ad acciai e superleghe)

    Modulo elastico: (elevato; varia a seconda della lega considerata)

    Temperatura di fusione: (elementi di lega possono modificare la temperatura di fusione)

    Struttura cristallina: Struttura esagonale compatta (fase ) fino a 882°C e, a T superiore, la struttura è CCC (fase );

    Altre caratteristiche: Grande leggerezza, ottima resistenza meccanica, resistenza ad ossidazione e corrosione;

    Le leghe di titanio possono raggiungere resistenze superiori a ;

    Principali elementi di lega:

    Al, O, N, C, Ga (gallio), Ge (germanio): stabilizzano la fase ;

    Zr (zirconio), Sn (stagno): non modificano la temperatura di trasformazione;

    Mn (manganese), Cr, Fe: stabilizzano la fase con formazione di eutettoide;

    V (vanadio), Mo (molibdeno), Ta (tantalio), Nb (niobio): stabilizzano la fase senza formazione di eutettoide a temperatura ambiente;

    Il Ti puro viene impiegato soprattutto per le sue caratteristiche di resistenza a corrosione. La presenza di impurezze, come l’ossigeno, aumenta la resistenza meccanica, ma ne riduce la resistenza a corrosione e la duttilità. L’aggiunta di piccole quantità di elementi come palladio e rutenio consente di migliorarne la resistenza a ossidazione. La superiore resistenza a ossidazione del titanio è garantita dalla passivazione a seguito della formazione di uno strato di ossido superficiale (TiO2) resistente fino alla T di ≈ 530°C (questa T rappresenta un limite per l’impiego del titanio).

    Tipi di leghe:

    Leghe : gli alliganti, completamente solubilizzati, danno rafforzamento della struttura cristallina esagonale per soluzione solida. Le leghe possono essere sottoposte a trattamento termico di riscaldamento in fase , seguito da raffreddamento. La velocità di raffreddamento influenza la microstruttura: un raffreddamento rapido determina la formazione di una struttura aciculare dei grani conferendo maggiore resistenza a fatica; un raffreddamento lento produce una struttura a forma di piatelli conferendo migliore resistenza a creep;

    Leghe : richiedono l’aggiunta di elementi stabilizzanti. Il rafforzamento deriva dall’effetto di soluzione solida a seguito della notevole quantità di alliganti aggiunti. Le leghe consentono di raggiungere i valori di resistenza più elevati, competitivi con quelli di acciai da precipitazione, anche se a spese di una riduzione della deformazione a rottura. Questi materiali sono utilizzati soprattutto in strutture aerospaziali (travi, longheroni) ed altri componenti sottoposti ad elevate sollecitazioni meccaniche;

    Leghe : struttura mista ottenuta con l’aggiunta di elementi stabilizzanti e stabilizzanti. A seguito della presenza di due fasi, è possibile applicare diversi trattamenti termici per modificare la microstruttura e, di conseguenza le proprietà meccaniche del materiale. La ricottura fornisce elevata duttilità, proprietà uniformi, buona resistenza. La lega viene riscaldata poco al di sotto della T di -transus e la piccola quantità di non convertito consente di limitare l’accrescimento dei grani. La T di trattamento dipende dalla composizione (maggiore per leghe a maggiore contenuto di fase ) ed è in genere superiore a 700 °C. Un successivo raffreddamento lento determina una struttura caratterizzata da buona duttilità, formabilità, resistenza alla nucleazione di cricche a fatica. Diversamente, il riscaldamento sopra la T di -transus produce una struttura dotata di bassa velocità di propagazione a fatica, buona tenacità e resistenza a creep, ma che favorisce la nucleazione di microcricche;

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  • A causa dell’affinità del Ti con O, N, H, i trattamenti termici vengono effettuati in atmosfera protetta o in vuoto.

    Classificazione: non esiste un sistema universalmente riconosciuto, ma vengono utilizzati diversi sistemi nazionali.

    TECNICHE DI LAVORAZIONE:

    Tecniche di colata (+ usata): le caratteristiche di resistenza meccanica delle fusioni sono simili (a volta superiori) a quelle ottenute a seguito di deformazione plastica. A causa dell’alta reattività con gli altri materiali, la facilità di assorbimento di ossigeno, azoto e idrogeno, le lavorazioni per fusione (come i trattamenti termici) richiedono l’impiego di materiali particolari per gli stampi, atmosfere protette e procedure specifiche di lavoro. La colata in cera persa è la tecnica primaria di produzione di fusioni in Ti. Sempre a causa della reattività del fuso con altri materiali, il metallo viene fuso mediante arco elettrico sotto vuoto e raffreddato in crogiuoli di rame in cui si forma uno strato di titanio solido sulla parete (il Cu ha T di fusione inferiore a Ti). La lega fusa si trova a T poco superiore a quella del liquidus e questo comporta una fluidità piuttosto bassa e quindi difficoltà di riempimento. Il preriscaldamento e/o la messa in rotazione dello stampo (colata centrifuga) favoriscono il riempimento. Generalmente la fusione del Ti richiede lavorazioni successive per controllarne le caratteristiche meccaniche e di resistenza a corrosione.

    Deformazione plastica: i componenti ottenuti a seguito di deformazione plastica presentano generalmente migliori caratteristiche di resistenza a fatica e tenacità, a seguito delle minori dimensioni dei grani. Le problematiche legate alla deformazione plastica (aumento della velocità di ricristallizzazione e crescita dei grani) derivano dalle caratteristiche di affinità con l’ossigeno e dalla forte dipendenza della deformabilità dalla temperatura. La ricristallizzazione e la velocità di crescita dei grani dipendono, come in tutti i materiali, dall’entità della deformazione plastica subita e dalla T del trattamento termico successivo. Un ingrossamento eccessivo del grano determina una forte riduzione di resistenza e di risposta a fatica, pregiudicando le prestazioni del materiale. Ciò impone un attento controllo delle modalità di deformazione e dell’eventuale trattamento termico. La produzione di componenti con fusione in stampo consente di realizzare forme complesse ed ottimizzare l’uso del materiale che è piuttosto costoso.

    Preparazione alla lavorazione:

    - 1° passo di lavorazione principale per quasi tutti i componenti da colata: applicazione di a caldo per consentire la saldatura per diffusione e l’eliminazione di microvuoti interni (migliora tenacità e resistenza a fatica).

    - 2° passo principale: asportazione chimica dello strato superficiale ricco di ossigeno che si forma reagendo con le ceramiche dello stampo.

    Saldabilità: tutte le leghe di Ti sono saldabili anche se sono richieste particolari condizioni operative come l’impiego di atmosfera inerte per evitare l’assorbimento di gas, e particolari accorgimenti a causa della possibilità di fenomeni di risolubilizzazione, invecchiamento, sovrainvecchiamento, ingrossamento dei grani e nascita di tensioni residue in prossimità della zona di saldatura. Tali difficoltà risultano anche a seguito della bassa conducibilità termica del materiale, che impone tempi di riscaldamento/raffreddamento lenti per evitare eccessive disomogeneità di temperatura. Trattamenti termici, effettuati dopo saldatura, consentono di ripristinare buone caratteristiche meccaniche, prossime a quelle originali.

    Lavorazione all’utensile per asportazione: risulta difficoltosa e provoca una veloce usura degli utensili.

    APPLICAZIONI DELLE LEGHE IN TITANIO IN CAMPO AEROSPAZIALE:

    L’industria aerospaziale è il mercato di maggiore consumo del Ti, grazie alle eccezionali caratteristiche meccaniche specifiche, di resistenza a corrosione, di prestazioni ad alta T. Le applicazioni di maggiore interesse sono componenti dei propulsori jet (palettature, rotori, statori, condotti interni, case) e componenti strutturali sottoposti ad alte T e sollecitazioni (elementi strutturali alari, componenti del carrello di atterraggio, rotori di elicotteri). Il Ti è impiegato anche in ambito spaziale, dove grazie alla bassa concentrazione o assenza di ossigeno ne vengono sfruttate le prestazioni anche a T superiori a 700-800°C (elementi di protezione termica).

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  • CAPITOLO 8 IL MAGNESIO E LE SUE LEGHE

    L’interesse del magnesio è legato soprattutto alla sua leggerezza ma, difficoltà di lavorazione e limitata resistenza a corrosione ed ossidazione lo rendono solo in parte competitivo ad altre leghe leggere quali quelle di alluminio.

    PROPRIETÀ GENERALI:

    Caratteristiche tipiche delle leghe di Mg: (possono essere migliorate con l’aggiunta di elementi di lega)

    Densità:

    Modulo elastico: (basso, ma in termini specifici

    è simile a quello di altri metalli d’interesse strutturale);

    T di fusione: (poco inferiore a quella dell’alluminio)

    Struttura cristallina: Esagonale (causa bassa deformabilità a freddo e bassa risposta a incrudimento)

    Altre caratteristiche: Piuttosto reattivo con molti elementi e dotato di potenziale elettrochimico basso: ciò favorisce la sua corrosione, soprattutto a contatto con altri metalli;

    La facilità di ossidazione e combustione viene sfruttata in combustibili solidi;

    La facilità di corrosione viene sfruttata per la produzione di elettrodi sacrificali a protezione di componenti e strutture poste in ambienti corrosivi;

    Leghe di Mg: in generale le leghe di Mg presentano caratteristiche di resistenza specifica paragonabile o inferiore rispetto alle più prestanti leghe di Al. Il Mg viene raramente impiegato in applicazioni ingegneristicche allo stato puro. Metalli come Al, Zn, Si, Th (torio), Zr, Y (ittrio), Ce (cerio) sono alcuni degli elementi utilizzati come elementi di lega in Mg. Tra i materiali impiegati per applicazioni strutturali, le leghe di Mg hanno la densità + bassa (≈ 1.7 g/cm3).

    Vantaggi: nei materiali da colata possono essere ottenute ottime proprietà meccaniche a patto che sia garantita una struttura a grani fini. Inoltre, l’impiego di tecniche di colata è favorito dalla buona fluidità della maggior parte delle leghe, dall’elevata conducibilità termica e dal basso calore latente di fusione. Le leghe di Mg sono facilmente lavorabili all’utensile, consentono una grande velocità di asportazione con basso consumo energetico, danno superfici con buona qualità superficiale con bassa usura degli utensili.

    Svantaggi: a causa della facilità di combustione, lavorazioni all’utensile richiedono cura per evitare surriscaldamenti e accumulo di polvere o materiale d’asportazione che potrebbero innescare esplosioni. Grazie alla scarsa resistenza agli acidi, leghe di Mg possono essere lavorate per attacco chimico con soluzioni acide diluite.

    Principali sviluppi che hanno avuto forte impatto sull’impiego delle fusioni di lega di Mg:

    - Purificazione del metallo (ha migliorato in modo marcato la resistenza a corrosione delle leghe); - Impiego di atmosfera inerte durante il processo di colata (Mg allo stato liquido presenta una forte tendenza

    all’ossidazione a contatto con l’aria).

    CLASSIFICAZIONE DELLE LEGHE DI MAGNESIO:

    Le leghe di Mg si dividono in leghe da fonderia (+ usate) e da deformazione plastica. Non esiste una classificazione internazionale per le leghe di Mg, ma quella definita dall’ASTM è la più diffusa: due lettere iniziali indicano i principali elementi di lega, seguite dal contenuto in % dei rispettivi elementi. Un’eventuale lettera successiva indica variazioni rispetto alla formulazione principale. La classificazione dei trattamenti termici è simile a quella delle leghe di Al.

    LEGHE DA FONDERIA:

    Alliganti:

    Manganese: in piccole quantità purifica il fuso da impurezze deleterie per la resistenza a corrosione;

    Zirconio e carbonio: agiscono come efficienti affinatori e consento di ottenere fusioni di alta resistenza;

    Berillio: piccole quantità si aggregano sulla superficie del fuso, riducendone la velocità di ossidazione;

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  • Requisiti fondamentale di un alligante:

    - Deve presentare solubilità sufficientemente elevata in Mg; - Deve presentare solubilità in fase solida sufficientemente alta (è necessaria per avere rafforzamento della lega

    per soluzione solida e per avere formazione di precipitati, coerenti o meno).

    Controllo delle interazioni tra metodo di processo e composizione della lega:

    Purificazione del fuso: il controllo del tenore di elementi pesanti migliora la resistenza a corrosione del materiale;

    Reattività del fuso: gas protettivi vengono usati per prevenire l’ossidazione del metallo fuso. Inoltre, la presenza di Al come alligante riduce la velocità di ossidazione;

    Colabilità: Leghe di Mg che coinvolgono la presenza di eutettico favoriscono la colabilità del fuso (basso punto di fusione) ma presentano maggiore fragilità del materiale. La tecnica di colata più impiegata è la pressofusione;

    Suddivisione delle leghe di Mg:

    Leghe Mg-Al: all’aumentare di Al (e di eutettico) si ha maggiore resistenza ma minore tenacità e deformabilità; Leghe Mg-Zr (zirconio): rispetto alle leghe Mg-Al, leghe Mg-Zr presentano inferiori caratteristiche meccaniche e

    colabilità. L’aggiunta di Zr consente di ottenere leghe di alta resistenza e buona lavorabilità; Leghe speciali: leghe ultraleggere sono prodotte con aggiunta di Li e sono usate

    prevalentemente come materiali da deformazione plastica grazie alla presenza della fase CCC (elevata duttilità). Leghe per alte temperature: ottenute con aggiunta di terre rare assicurano buona resistenza anche a

    LEGHE DA DEFORMAZIONE PLASTICA:

    Le leghe di Mg sono in generale poco deformabili a bassa T a causa della struttura cristallina esagonale compatta, che possiede pochi sistemi di scorrimento. Le operazioni di deformazione plastica sono quindi condotte a T elevate (> 300°C). Alcune operazioni finali di formatura possono essere condotte a freddo, ma a condizione di mantenere limitata deformazione. Leghe con Th come alligante principale sono saldabili e vengono impiegate per applicazioni ad alta T. Leghe Mg-Li presentano fase con struttura CCC che consente elevata deformazione plastica anche a freddo e trovano impiego in applicazioni spaziali e protezioni balistiche.

    CORROSIONE E PROTEZIONE DELLE LEGHE DI MAGNESIO:

    A causa della corrosione galvanica, i componenti in Mg a contatto con altri metalli, sono protetti superficialmente.

    Metodi di protezione:

    Anodizzazione con floruri: rimuove impurità superficiali determinando la formazione di un film protettivo;

    Trattamento chimico: immersione in soluzione di cromati che pulisce la superficie e forma un film protettivo;

    Anodizzazione elettrolitica: viene depositato un film superficiale di materiale molto duro e poroso. Questo viene successivamente sigillato per immersione in soluzioni saline o impregnato con resine epossidiche.

    Deposizioni CVD e PVD: vengono realizzati rivestimenti di durezza molto elevata, resistenti a corrosione e usura;

    Elettrodeposizione: dopo trattamenti di preparazione superficiale vengono depositati metalli come Cr, Ni e altri;

    APPLICAZIONI IN CAMPO AEROSPAZIALE:

    Le doti di leggerezza, saldabilità e resistenza ad alta T, soprattutto delle leghe con torio, sono state sfruttate in applicazioni missilistiche e spaziali soprattutto negli anni 50’-60’. Nel passato il magnesio è stato impiegato in quantità variabili dalle maggiori aziende aeronautiche per componenti motoristici o strutturali. Tuttavia, dopo gli anni 60’-70’ le applicazioni aerospaziali del magnesio hanno visto una sensibile riduzione. Attualmente le maggiori aziende aeronautiche non impiegano il metallo per componenti strutturali primari. Le applicazioni in ambiente aeronautico e spaziale + significative riguardano alloggiamenti motore, gear box, componenti di satelliti.

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  • CAPITOLO 10 TECNICHE DI COLATA

    FUSIONE:

    Energia termica necessaria: calore necessario per portare il materiale a T di fusione + calore latente di fusione per trasformare il materiale da solido a liquido + calore necessario per portare il materiale dalla T di fusione a quella necessaria alla colata.

    Forni usati per il riscaldamento:

    A riscaldamento diretto: costituiti da un letto di fusione sul quale il materiale viene riscaldato dalla fiamma di bruciatori ai lati del forno. Nei forni a riverbero, il calore viene riflesso da soffitto e pareti del forno e concentrato sul metallo che, una volta fuso, viene evacuato da un’apertura sul fondo. Particolarmente adatto alle leghe di Al;

    A riscaldamento indiretto: il metallo contenuto in un crogiolo, viene riscaldato con idrocarburi gassosi o liquidi, combustibile fossile o elettricamente. Sono particolarmente adatti alla fonderia delle leghe leggere e degli acciai;

    Ad arco elettrico: hanno elevato rateo di fusione e, quindi, sono adatti a grandi produzioni. Son meno inquinanti e in grado di mantenere il fuso a T costante per lunghi periodi, consentendo operazioni di alligazione complicate;

    A induzione: consentono la produzione di piccole quantità di fuso a composizione strettamente controllata. Sono costituiti da un crogiolo avvolto (o parzialmente avvolto) da spire raffreddate ad acqua entro cui passa corrente;

    A cupola: serbatoi verticali in acciaio rivestiti all’interno da materiale refrattario e riempiti con strati di coke e di metallo. Operano in continuo, hanno elevati ratei di fusione e sono adatti alla produzione in massa degli acciai.

    Alliganti e additivi: disossidano, degassano, raffinano e puliscono il fuso dai residui provenienti dalle pareti del crogiolo. Inoltre, quando il fuso viene trasferito dal forno allo stampo per mezzo di un crogiolo movimentabile, è necessario evitare l’introduzione di ossidi nello stampo di fusione: a tal fine, durante il trafitto, il fuso viene protetto in superficie da speciali additivi e filtrato prima di essere colato.

    Eventi critici che possono verificarsi durante il riempimento dello stampo ed influenzare la qualità finale del getto:

    Interazioni gassose con il fuso: il metallo fuso è molto reattivo nei confronti dell’ambiente gassoso e del materiale del crogiolo, in quanto tende a raggiungere condizioni di equilibrio con l’ambiente circostante. Si può evitare il problema usando un’atmosfera inerte nel forno o degassando il fuso tramite insufflazione con azoto;

    Film superficiali: sulla superficie del fuso si ha la formazione di un film di ossido. Se questo film viene inglobato (accade quando s’aggiungono alliganti o si versa il fuso nello stampo), il film si ripiega su se stesso portando a contatto due superfici ossidate e creando una cavità. Ciò comporta ridotta fluidità, resistenza a fatica, ridotte caratteristiche meccaniche, problemi di lavorazione alla macchina utensile e perdita di tenuta;

    Formazione di superfici di discontinuità interne: la geometria dello stampo può obbligare il flusso di metallo fuso a separarsi per poi riunirsi. Ciò comporta la formazione di un film che ricopre i due fronti di flusso. Si possono verificare circostanze in cui i due fronti non si incontrano o, pur incontrandosi, la giunzione ha resistenza ridotta.

    RIEMPIMENTO:

    Riempimento: Il canale di colata deve essere rastremato (se così non fosse, all’aumentare della velocità, verrebbe aspirata aria all’interno dello stampo). La fase di travaso dal crogiolo allo stampo è la più critica ed è responsabile della maggior parte di difetti nel processo di colata. Per prima cosa è necessario verificare se il metallo fuso è in grado di riempire lo stampo (per leghe di Al: ). L’outgassing degli stampi ostacola il riempimento e, quindi, essi vanno pro