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XXXI Rievocazione Storica Teodolinda da Principessa a Regina Testi a cura di Ghi Meregalli Hanno collaborato Pier Franco Bertazzini Gigi Caregnato Beppe Colombo Alberto Crespi Francesca Daverio Giustino Pasciuti Rodolfo Profumo Fotografie di Maurizio Anderlini

Teodolinda da Principessa a Regina - Comune di Monza · Una giovane principessa destinata a diventare una grande ... mandò ambasciatori in Baviera per chie-dere al re dei Bavari,

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XXXIRievocazione Storica

Teodolindada Principessa a Regina

Testi a cura di

Ghi Meregalli

Hanno collaborato

Pier Franco Bertazzini

Gigi Caregnato

Beppe Colombo

Alberto Crespi

Francesca Daverio

Giustino Pasciuti

Rodolfo Profumo

Fotografie di

Maurizio Anderlini

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La rievocazione storica, conclusi i festeggiamenti per i primi 30

anni, guarda verso il futuro e traccia un nuovo percorso per rinno-

varsi, anno dopo anno, sempre e comunque nel rispetto delle tra-

dizioni. Grande novità che getta i semi per un futuro radioso, è la

collaborazione con due realtà scolastiche del territorio. L’Istituto Statale d’Arte di Monza è infatti stato parte attiva nella realizzazione

dello stendardo ufficiale della rievocazione. Si tratta evidentemente

di un messaggio positivo di speranza, un pretesto per coinvolgere

i ragazzi in una delle manifestazioni culturali più importanti della

nostra Monza. Troppo spesso, infatti, la tradizione è custodita e fin

troppo protetta dalle sapienti mani degli adulti. Con il coinvolgimen-

to dei giovani si dà concretamente il via all’importante passaggio

del testimone, necessario per portare avanti quelle iniziative serie

e sentite come la rievocazione storica. La Scuola di Danza Mirtillo

verrà invece chiamata a rappresentare in piazza Duomo una danza

medievale.

L’Amministrazione Comunale non può fare altro che ringraziare

i tanti volontari che per mesi lavorano silenziosamente per mettere

in scena l’evento. Da segnalare l’importante risvolto benefico della

manifestazione a sostegno del Comitato Maria Letizia Verga di cui

Ghi Meregalli è volontaria dalla fondazione.

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XXXI RIEVOCAZIONE STORICA

TEODOLINDAda Principessa a Regina

Tradizionale evento ispirato alla storia monzeserealizzato in collaborazione con numerose associazioni

storiche della provincia di Monza e Brianza.

Realizzazione a cura di Ghi Meregalli.

Manifestazione promossa dal Comitato Maria Letizia Verga, in collaborazione con il Comune di Monza Assessorato al Turismo e Spettacolo, con il patrocinio della Provincia di Monza e Brianza, con il contributo di ENERXENIA ACSM-AGAM s.p.a., Arco Spedizioni s.p.a., Lions Club International, Associazione Amici dei Musei di Monza e Brianza onlus, la Società Italiana Manichini ABC s.r.l. di Brugherio.Media partner: Il Cittadino - Giornale di Monza e della Brianza, Monzabrianza TV.

Sabato 16 giugno 2012, ore 21.00Centro storico di Monza, piazza Arengario e piazza Duomo

Una giovane principessa destinata a diventare una grande sovrana. Così ci viene presentata quest’anno la regina Teodolinda, per la quarta volta protagonista della tradizionale rievoca-zione storica del giugno monzese, evento di punta delle manifestazioni della Sagra di San Giovanni. Un grande personaggio legato in modo indissolubile al nostro territorio e fonte inesauribile di notizie e aneddoti. Quest’anno l’attenzione sarà focalizzata in particolare sulla prima parte della vita di Teodolinda, dalle sue origini bavare al fidanzamento e successivo matrimonio con il re longobardo Autari fino al precoce stato di vedovanza cui la regina fu costretta dalla prematura morte del coniuge, probabilmente vittima di un intrigo di corte.

“Teodolinda da principessa a regina” è dunque il titolo di questa rievocazione, che nella serata di sabato 16 giugno farà vivere alla città di Monza particolari emozioni e suggestioni,

COMUNICATO STAMPA

COMITATO MARIA LETIZIA VERGAPer lo studio e la cura della leucemia del bambinopresso la Clinica Pediatrica dell’Università di MilanoOSPEDALE SAN GERARDO - VIA DONIZETTI - TEL. 039.2333526 - FAX 039.2332325 - CASELLA POSTALE 84 20052 MONZA

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con il coinvolgimento di diversi gruppi di volontari e professionisti, non solo del territorio brianteo, impegnati in esibizioni e animazioni di gusto medievale.

La serata avrà inizio verso le ore 21.00, quando da Largo Mazzini partirà il grande corteo storico, una straordinaria sfilata di centinaia di figuranti in costume d’epoca che si snoderà poi lungo via Italia e piazza Roma. All’Arengario il corteo farà una sosta per accogliere il solenne discorso del Magnifico Messere, novità della manifestazione di quest’anno, un perso-naggio che vuole rappresentare la più alta autorità civica di quello che doveva essere il borgo di Monza nel XV secolo: è quella infatti l’epoca della realizzazione degli affreschi dei fratelli Zavattari sulla vita della regina Teodolinda e della sua famiglia, fonte principale di ispirazione per tutti coloro che desiderano accostarsi alla storia leggendaria della sovrana longobarda.

La sfilata in costume proseguirà quindi in via Vittorio Emanuele e via Lambro per conclu-dersi in piazza Duomo. Qui un giullare-cantastorie avrà già intrattenuto il pubblico con la nar-razione di alcune simpatiche novelle di epoca medievale, intervallate da intermezzi musicali suonati dal vivo dal quartetto femminile “Arpe Diem”. Il giullare accoglierà dunque il corteo, illustrandone i principali gruppi e personaggi, e darà l’avvio alla rappresentazione recitata di alcune scene della prima parte della vita di Teodolinda, intervallate da brevi intermezzi mu-sicali.

Concluderanno la serata, come è ormai tradizione, lo straordinario spettacolo della Compa-gnia dei Folli e l’emozionante “volo” della colomba dal campanile del Duomo.

Una serata ricca di suggestioni, insomma, la cui realizzazione coinvolge da mesi diversi gruppi e associazioni. Tra questi, da quest’anno anche le giovani generazioni di due scuole di

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La danza medievale del Bene e del Male sarà rappresentata dalla Scuola di Danza Mirtillo di Monza.

Monza: la Scuola di Danza Mirtillo e l’Istituto Statale d’Arte di Monza. La prima sarà chia-mata a rappresentare in piazza Duomo la danza medievale del Bene e del Male; la seconda è stata impegnata nelle scorse settimane in un lavoro di ricerca che ha portato alla realizzazione, da parte di diversi allievi, di alcuni bozzetti rappresentativi dei principali simboli della storia monzese. Il lavoro meglio riuscito, selezionato da una giuria, è stato quindi riprodotto su uno stendardo che rimarrà esposto all’Arengario quale simbolo ideale dell’intera manifestazione.

Quest’ultimo manufatto, insieme alla riproduzione di ulteriori pezzi del Tesoro di Monza – il pettine, il ventaglio e il porta-ventaglio di Teodolinda –, va così ad aggiungersi al vastissimo patrimonio storico-artistico realizzato in tutti questi anni per dare ulteriore lustro a una mani-festazione giunta ormai alla sua trentunesima edizione, nata con lo scopo di far conoscere al vasto pubblico il Comitato Maria Letizia Verga e divenuta nel tempo molto di più: momento di incontro per tutta la città nell’ambito della sua Sagra di San Giovanni, ma anche occasione di intrattenimento di qualità e di promozione turistica e storico-culturale delle radici più pro-fonde del territorio monzese.

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La prima parte deLLa vita di teodoLinda tra storia e Leggenda

teodoLinda da principessa a regina

La vita della regina Teodolinda, o Teodelinda, così come si può ricostruire attraverso le principali fonti storiche del passato, è ricca di avvenimenti importanti e momenti di svolta spesso imprevedibili, quasi una vicenda romanzesca dove storia e leggenda si intrecciano in modo indissolubile. Ripercorriamo qui la prima parte dell’esistenza di questa donna fuori dal comune, dal fidanzamento con il re dei Longobardi Autari fino al precoce stato di vedovanza che la costrinse ad assumersi la responsabilità di diventare regina di un popolo al quale per origine non apparteneva.

Una carezza fUrtiva

Nell’anno del Signore 588 d.C. il re longobardo Autari, desideroso di contrarre utili allean-ze politiche attraverso un matrimonio conveniente, mandò ambasciatori in Baviera per chie-dere al re dei Bavari, Garibaldo, una delle sue figlie in sposa. Con questo matrimonio i due po-poli si sarebbero accordati contro il loro comune nemico, i Franchi, che allora minacciavano le loro terre. Re Garibaldo accolse con favore la richiesta promettendo sua figlia Teodolinda.

Appena Autari ebbe ricevuto tale consenso, desideroso di vedere coi propri occhi la sposa, partì senza indugio alla volta della Baviera, vestito da semplice cavaliere e accompagnato da pochi uomini scelti. Quando il gruppo fu ricevuto in udienza dal re Garibaldo, Autari, che nessuno conosceva di persona, fingendo-si ambasciatore chiese al re bavaro di poterne vedere la figlia promessa sposa, onde poterne poi riferire con precisione l’aspetto al futuro marito.

Garibaldo acconsentì alla richiesta e fece chiamare la ragazza. All’apparire di Teodolin-da, Autari rimase a contemplarne in silenzio la bellezza. Quindi espresse il desiderio di ve-dersi offrire dalle sue stesse mani una coppa di vino, preludio di quanto la ragazza avrebbe fatto in futuro con il re suo marito.

Teodolinda offrì dunque una coppa di vino ai suoi ospiti. Autari bevve e poi, restituendole la coppa, senza che nessuno se ne accorgesse, la sfiorò allungandole una carezza furtiva.

La giovane Teodolinda con la sua nutrice

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Teodolinda, ancora soffusa di rossore, riferì tutto alla propria nutrice, che le fece intuire la vera identità del personaggio: se quello non fosse stato il re in persona, promesso sposo della ragazza, non avrebbe infatti mai osato toccarla. Suggerì tuttavia di passare questo fatto sotto silenzio, esprimendo comunque apprezzamento per l’ardire del giovane, insieme al bell’a-spetto e al portamento fiero.

venti di gUerra e promesse d’amore

Il tempo del fidanzamento di Teodolinda e Autari fu di breve durata: poco tempo dopo gli accordi matrimoniali tra Bavari e Longobardi, i Franchi minacciarono infatti il territorio ba-varese, mettendo in pericolo la vita della famiglia reale e costringendo Teodolinda e il fratello Gundoaldo fuggire per riparare in Italia, dove furono prontamente accolti da Autari.

Le nozze furono così anticipate: il 15 maggio 589 Teodolinda e Autari divennero marito e moglie presso Verona, alla presenza dell’esercito. Ebbe inizio così la storia di Teodolinda regina dei Longobardi.

intrighi di corte

Dopo le nozze con Autari Teodolinda risiedette probabilmente a Verona, allora una delle maggiori città del regno longobardo, e in seguito a Pavia. I due sposi non trascorsero del re-sto molto tempo insieme: il re fu da subito impegnato nella guerra contro i Franchi e i loro alleati bizantini e nelle trattative diplomatiche che miravano a trovare accordi di pace. Mentre la macchina della diplomazia era al lavoro, tuttavia, il 5 settembre 590 Autari morì a Pavia, probabilmente avvelenato in seguito a una congiura di palazzo. Teodolinda restò così sola, vedova, a reggere le sorti di un popolo a cui apparteneva da poco più di un anno.

Francesca DaverioAutari beve il veleno

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Le Leggendarie origini deLLa famigLia di teodoLinda

Una donna di antica stirpe regaLe

Poco sappiamo della vita di Teodolinda prima del fidanzamento con il re longobardo Auta-ri. Alcune notizie riguardano in particolare le sue origini e la sua famiglia.

Teodolinda era figlia del duca bavaro Garibaldo e della regina Valdrata, della stirpe dei Letingi.

I Bavari erano un popolo che proveniva dall’Europa centrale e che all’epoca delle grandi migrazioni germaniche si era stanziato nella regione poi chiamata Baviera, in un territorio prossimo a quello degli Svevi, dei Franchi e dei Burgundi; i Letingi erano invece una stirpe prestigiosa che, stando ai racconti di Paolo Diacono, poteva addirittura vantare origini miti-che. Secondo la leggenda, infatti, sette gemelli generati da una madre prostituta furono gettati in una vasca per pesci per essere annegati. Il re Agilmondo capitò accanto a quella vasca; uno dei gemelli, Lamissione, si aggrappò alla lancia del re, che ne ebbe compassione e lo fece allevare con cura, attribuendogli poi il potere dopo la sua morte.

Dal figlio di Lamissione, Leth, avrebbe poi avuto origine la stirpe dei Letingi, che regnò sui Longobardi per sette generazioni fino a Vacone, nonno materno di Teodolinda, il quale governò dal 510 al 540 d.C., basando il suo successo sulla forza delle armi e su una sapiente politica matrimoniale, sia per sé (si sposò tre volte) sia per i suoi discendenti. La sorte di sua figlia Valdrata, futura madre di Teodolinda, fu perciò di andare in sposa dapprima al sovrano franco d’Austrasia Teodebaldo in sostituzione di una sorella morta precocemente; la donna passò quindi al re franco di Soissons, Clotario I, e infine divenne moglie del duca Garibaldo. Sulla base di queste vicissitudini matrimoniali di Valdrata, la nascita di Teodolinda si può collocare perciò tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta del VI secolo.

Teodolinda aveva diversi fratelli e sorelle, ma non è chiaro se tutti figli di Valdrata o di una precedente moglie di Garibaldo. Tra questi consanguinei, i documenti ricordano in particolare una sorella maggiore, che fu mandata in sposa al potente duca longobardo Ewin di Trento, e il fratello Gundoaldo, che seguì le sorelle in Italia, diventando poi duca di Asti: da lui discen-derà un’altra dinastia di sovrani longobardi.

Anche il matrimonio di Teodolinda con Autari rispondeva a un preciso disegno politico-diploma-tico di alleanza tra Bavari e Longobardi, essendo entrambi i popoli nemici dei temutissimi Franchi. In più Teodolinda era bavara solo per metà, e po-teva vantare un preesistente diritto regale sui Lon-gobardi, in quanto per parte di madre risultava di-scendente degli antichi dominatori Letingi.

In questa perfetta continuità tra passato e pre-sente, i protagonisti di questa storia potevano così scorgere i segni di un progetto divino di ordine su-periore.

Francesca DaverioTeodolinda principessa offre una coppa di vinoad Autari, suo promesso sposo

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Le principaLi caratteristiche deLLa società Longobarda

Uomini d’arme e d’onore

Nel complesso evolversi della storia d’Italia, la pre-senza per circa due secoli del popolo longobardo ha dato un’impronta alla nostra civiltà, accanto alle pree-sistenti forme culturali di origine celtica, etrusca, roma-na, tanto che ancora oggi possiamo considerarci eredi dei Longobardi.

Segno di questa permanenza del loro influsso sono, ad esempio, i toponimi, a cominciare da quello della regione Lombardia, ed altri nomi ancora oggi in uso di origine longobarda (ad esempio, “guancia”, “sala”, “spranga” ecc.).

Questo popolo una volta aveva fama di essere par-ticolarmente crudele; in realtà rispetto agli altri popoli barbari che invasero l’Italia fu invece tollerante.

Proveniva dalla Scandinavia e, dopo essere emigrato prima presso l’Elba e poi in Pannonia, nel 569 sotto la guida di re Alboino giunse in Italia.

Durante queste migrazioni in Europa era venuto a contatto con l’Impero bizantino, col quale aveva collaborato in spedizioni militari, e questi contatti avevano parzialmente influito sugli usi e costumi, a cominciare dalla religione. All’i-nizio dell’invasione in Italia questi guerrieri, al cui seguito venivano anche le famiglie, erano pagani o cristiani ariani. Questa connotazione religiosa aveva un particolare significato politi-co che identificava questo popolo germanico e che lo differenziava, ad esempio, dai Franchi, che erano cattolici.

La conversione al cattolicesimo dei Longobardi, iniziata con Teodolinda, sarà un percorso molto lungo e contraddittorio che si compirà al tempo del re Liutprando (713-744).

Gli invasori, venendo a contatto con gli Italiani, occuparono parte delle loro terre, inse-diandosi nelle campagne e anche in alcune zone cittadine, in una situazione economica molto disagiata perché gli abitanti del nostro territorio erano appena usciti dalla lunga guerra gotica che li aveva debilitati. La convivenza dei due popoli permise che cattolici e ariani avessero i loro luoghi di culto vicini senza antagonismi.

Alla base di questa convivenza stava la concezione giuridica dei popoli germanici: a diffe-renza dei Romani, il loro diritto non era a base territoriale ma personale, per cui, per quanto riguardava il diritto privato, i cittadini di origine longobarda seguivano i loro costumi e le loro leggi, quelli di origine italiana le loro consuetudini.

Gli antichi costumi longobardi, detti gawarfide, erano tramandati oralmente; soltanto nel 643 fu compilato, in lingua latina, l’Editto di Rotari, che codificava in 388 norme il diritto di questo popolo, a cui poi si aggiunsero altre disposizioni date in seguito da altri re: Grimoaldo, Liutprando, Rachis, Astolfo, sempre più simili al diritto romano e anche canonico.

Re Autari assiso in trono emana il suo editto.Miniatura dal Codex Legum Langobardorum

(courtesy Badia di Cava dei Tirreni)

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E’ dalla lettura dell’Editto di Rotari e della Storia dei Longobardi, scritta nel 789 da Paolo Diacono, che conosciamo le caratteristiche della società longobarda e i suoi usi e costumi.

Ricordiamo che il regno dei Longobardi (e non della Longobardia, essendo le leggi per-sonali e non territoriali) si estendeva per gran parte dell’Italia, ad eccezione di alcune zone prevalentemente costiere che erano sotto il dominio bizantino e in particolare di Roma, sede del papato, che, proprio per difendersi dai Longobardi, chiamò in aiuto i Franchi.

Con i Longobardi quindi si spezzò l’unità politica d’Italia e tale situazione rimase fino al Risorgimento.

A differenza dei precedenti regni barbarici, il regno dei Longobardi ebbe una capitale: Pavia.A capo del regno stava il re, eletto inizialmente dalla assemblea degli arimanni, gli uomini

atti alle armi, e in seguito dai duchi.In Italia vi erano una ventina di ducati. Al duca si affiancava un funzionario regio, il gastal-

do, con funzioni amministrative.Sottoposti al duca vi erano gli sculdasci, con funzioni giuridiche e militari.La popolazione era costituita dagli uomini liberi, gli arimanni, dai semiliberi, gli aldi, e

dagli schiavi. Queste ultime due categorie erano composte probabilmente da persone fatte prigioniere durante le guerre.

La donna longobarda era in condizioni di totale sottomissione a un parente maschio, il mundualdo; non poteva ereditare, né vendere o donare senza il suo consenso.

La sposa riceveva dal padre un dono, il faderfio, e il corredo, detto scerpa, e, se era vergine, riceveva dal marito dopo la prima notte di nozze un dono, detto morgengab.

Il marito aveva pieno potere sulla moglie: poteva anche ucciderla in caso di adulterio.Nel campo della giustizia il diritto longobardo prevedeva che la composizione delle liti,

faide, potesse avvenire tramite una compensazione in denaro, guidrigildo.L’Editto di Rotari riporta una curiosa casistica. Ad esempio, per una ferita a seguito di un col-

po di bastone 6 soldi, per una percossa con un pugno 3 soldi, per la perdita di un dente 16 soldi.I Longobardi erano un popolo di guerrieri ma non trascuravano gli aspetti economici e

commerciali. La loro moneta era il tremisse, coniato dapprima ad imitazione delle monete bizantine e in seguito con l’effigie dei re longobardi.

Rimangono a Monza impor-tanti testimonianze dell’orefice-ria longobarda, che sono il cuore del Tesoro del Duomo di Monza.

Oggi proprio dai reperti ar-cheologici (come ad esempio dalle tombe scoperte a Trezzo) possiamo avere maggiori cono-scenze su una popolazione che ha contribuito a forgiare quella civiltà medioevale in cui affon-dano le nostre radici.

Beppe ColomboPagina di “Historia Langobardorum” di Paolo Diacono(Cividale - Museo Archeologico Nazionale)

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testimonianze ed eredità Longobarde neLLe nostre terre

Un popoLo che ha Lasciato iL segno

La vocazione manifatturiera di Monza risale all’epoca longobarda, quando, anche per la presenza di una Corte e di una Basilica, si era sviluppato un artigianato del ferro e dei metalli preziosi.

Le principali testimonianze sono affidate a una ricca serie di oggetti in metallo, quali cuspi-di di lancia, scudi da parata con ricche decorazioni in bronzo, cinture per appendere le spade, fibule, croci provenienti in gran parte dalle necropoli longobarde e generalmente lavorate con un’elementare tecnica di oreficeria e decorate con intrecci lineari o con motivi d’uso zo-omorfi. Non mancano tuttavia figurazioni stilizzate. Spesso alcuni oggetti di oreficeria sono arricchiti con pietre preziose o semplicemente colorate.

Gli oggetti che caratterizzano la cultura longobarda sono anzitutto le croci in lamina d’oro, lavorate a sbalzo ovvero a punzonatura. Vi compaiono decorazioni della più varia provenienza e non necessariamente legate alla fede cristiana, che pure le croci attestano.

L’esame delle tombe delle necropoli di Cividale del Friuli (la prima terra occupata da que-ste genti), di Testona in Piemonte, di Castel Trosino presso Ascoli Piceno, di Nocera Umbra

Elementi dell’abbigliamento femminile

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e Trezzo sull’Adda in Lombardia, ha dimostrato che le croci veni-vano cucite su stoffa pregiata per essere poi deposte sul viso del de-funto.

Il corredo delle tombe femmi-nili ci documenta molti monili, che consistono in fibbie caratte-ristiche sul petto e sulle spalle, perle variopinte al collo e a volte anche ai polsi con inseriti ciondo-li d’oro e grani di ametista. Sono stati trovati anche resti di borse legate alla cintura e resti di nastri con amuleti e poi vari tipi di or-namenti, tra cui orecchini e anelli.

Nei sarcofagi insieme con il cadavere venivano deposti tutti quegli oggetti che in vita, oltre a individuare una precisa condizio-

ne sociale ed economica, erano di fatto utilizzati. Ciò rivela la diffusa persuasione dell’esi-stenza di una vita materiale ultraterrena, e quindi una concezione della morte che è in evidente conflitto con quella cristiana.

Altro aspetto legato a forme religiose pagane era l’abitudine longobarda piuttosto comune di ricorrere al “giudizio di Dio” attraverso le “ordalie”, vere e proprie “sfide” che rasentavano l’orrore: camminare su un certo numero di vomeri infuocati, mettere un braccio dentro un contenitore d’acqua bollente, farsi buttare in un fiume con mani e piedi legati... Innocenti erano quelli che dalla prova uscivano vivi senza un graffio...

L’onore personale era tenuto in gran conto presso i Longobardi, che davano più importan-za alla parola data che a qualsiasi contratto scritto. È di questo tipo un’abitudine rimasta in uso in molte zone, particolarmente in Brianza, fino al secolo scorso: la “palmata”, una forma di contratto verbale per la vendita di terreni o di animali secondo il quale i due contraenti si stringevano semplicemente la mano.

Ghi Meregalli

Una croce in lamina d’oro, da Cividale

Fibbie per cinture, da Cividale

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testi e docUmenti per conoscere megLio La regina Longobarda

teodoLinda: Un percorso bibLiografico

Sul finire del VI secolo le nozze col re Autari elevano Teodelinda, figlia del re dei Bavari, al rango di regina dei Longobardi; sposa in seconde nozze Agilulfo duca di Torino da cui avrà un figlio: Adaloaldo; sceglie Monza come sede regale dove costruisce un palazzo e una basi-lica che dota di preziosi oggetti fra cui alcuni codici ricevuti da papa Gregorio Magno, oggi smarriti, che costituirono il primo nucleo della biblioteca capitolare.

Le opere e i giorni di Teodelinda sono stati tramandati nell’VIII secolo dalla Historia Lan-gobardorum di Paolo Diacono, colto monaco longobardo. A questa fonte di primaria ed im-prescindibile importanza dovranno fare riferimento tutti coloro che narreranno di Teodelinda nel corso del tempo: da Bonicontro Morigia il quale nel suo Chronicon del XIV secolo imma-gina il racconto della colomba che indica a Teodelinda il luogo di fondazione della basilica; a Bartolomeo Zucchi che nel XVII secolo salderà storiograficamente la figura della Regina alle fortune di Monza; ad Anton Francesco Frisi che sul finire del XVIII secolo porrà anche attenzione ai doni inviati da Gregorio Magno alla Regina dei Longobardi.

La conservazione della memoria di Teodelinda nella sua Città è affidata anche all’opera degli artisti. La sua raffigurazione si trova, infatti, nella lunetta sovrastante il portale del duo-mo, nell’affresco della Messa di San Michele (già collocato nella scomparsa chiesa di San Michele), nel dipinto della cappella della Corona del Ferro nel duomo e, sempre nel duomo, nel ciclo degli affreschi degli Zavattari.

Eppure l’importanza storica della figura della Regina dei Longobardi non deve essere esclusivamente connessa con la sua Basilica e la sua Città, a cui conferì l’identità regia: Teo-delinda favorì con determinazione la convivenza pacifica fra Romani e Longobardi e si ado-però costantemente per la collaborazione con la Sede Apostolica.

Segnalazioni bibliografiche essenziali, disponibili presso la Biblioteca Civica di Monza:

• Paolo Diacono, Storia dei Longobardi. Testo originale e versione italiana. Introduzione di Claudio Le-onardi. Apparati critici e iconografici di Roberto Cassanelli. Milano, 1985. Comprende anche contributi sui Longobardi, sulla cronologia e sulla cartografia. (L’opera di Paolo Diacono è disponibile anche nell’edizione della Fondazione Lorenzo Valla (Milano 1992) e nell’edizione della BUR (Milano 2000).

• Bonincontri Morigiae Chronicon Modoetiense, in Rerum Italicarum Scriptores, XII, Mediolani 1728, coll. 1069-1072 (libera trad. italiana: V. Maspero, Bonincontro e il Chronicon modoetiense, Roma 2011).

• Bartolomeo Zucchi, Tre illustrissime glorie di Monza città imperiale, per vita della Reina Theodelinda, per la corona ferrea e per la vita di San Gherardo, Milano 1613.

• Anton Francesco Frisi, Memorie storiche di Monza e sua corte, Milano 1794, I, pp. 15-36.

• Monza. La Messa di San Michele. Storia e restauri, a cura di R. Conti – E. De Giacomi, Monza 1990.

• Monza. Il duomo nella storia e nell’arte, a cura di R. Conti, Milano 1989 (Si vedano i contributi di R. Cas-sanelli Sepolture altomedievali dipinte e di J. Shelle La cappella di Teodolinda; gli affreschi degli Zavattari).

• Renato Mambretti, Teodolinda (+627?), in Dizionario della Chiesa ambrosiana, Milano 1994, VI, pp. 3649-3652.

• Felice Bonalumi, Teodolinda. Una regina per l’Europa, Cinisello Balsamo 2006 (di taglio divulgativo, l’opera comprende tra l’altro parti dedicate ai Longobardi e alle leggende di Teodolinda).

Giustino Pasciuti

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i visconti e La cappeLLa zavattari

Una storia prestigiosa per Una stirpe eLetta

Paolo Diacono si limita a ricordare che Teodelinda ha dedicato al Beato Giovanni Battista “la basilica cha aveva eretto a Monza”.

È Bonincontro Morigia, cronista monzese del Tre-cento, a raccogliere una probabile leggenda orale circo-lante e a porre una equivalenza tra la chiesa e la città. La regina si attendeva infatti che lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, le indicasse dove costruire la chie-sa che aveva fatto voto di dedicare al Battista. Morigia scrive che la colomba appare sopra una vite in un luogo non abitato, chiamato Olmea per le bellissime foreste di olmi. Un luogo deserto, un luogo voluto da Dio e da Dio protetto. E il cronista traccia un parallelismo tra la regina e la vicenda di Giacobbe, narrata in Genesi: entrambi stanchi in viaggio, sostano, s’addormentano, sognano, ricevono rivelazioni, costrui-scono un altare, cambiano nome al luogo.

Già Paolo Diacono ricorda che Teodelinda eresse l’Oraculum “per sé e per i figli e per le figlie e per tutti i Longobardi d’Italia” e ricorda ancora la promessa di fare un’offerta annuale al Battista nel giorno della di lui nascita, così che, avendolo come intercessore, l’esercito lon-gobardo non potesse essere sconfitto.

I dipinti della Cappella teodelindea e il ciclo degli Zavattari sono chiaramente firmati da-gli stemmi viscontei, dai biscioni inquartati con le aquile dell’impero, dalle sigle di Filippo Maria Visconti, duca di Milano dal 1412 al 1447. E gli Zavattari firmano con il 1444 la parte del ciclo fino ad allora ultimata. Filippo Maria è certo il committente. Quel raro ammirabile spettacolo di pittura degli Zavattari è dovuto al suo mecenatismo.

I Visconti, infatti, già con Gian Galeazzo avevano toccato il culmine del prestigio politico e avevano ripreso con il figlio Filippo Maria una politica di espansione. Pertanto vedevano l’opportunità di collegarsi ai Longobardi: Autari – narra Paolo – è fama sia arrivato fino a Reggio Calabria, quasi impostando il concetto geopolitico di un’Italia unita dalle Alpi allo stretto. E Teodelinda aveva fondato a Monza un tempio con valenza nazionale. Inoltre, come Teodelinda, vedova di Autari, portava in dote il regno longobardo ad Agilulfo, così Bianca Maria, unica figlia di Filippo Maria, portava il ducato al marito Francesco Sforza.

Questi forse i motivi per cui Filippo Maria, non sempre apprezzabile sotto altri profili, merita riconoscenza per aver commesso la complessità e la bellezza del ciclo degli Zavattari.

Sul frontale dell’arco d’ingresso alla cappella, c’è un affresco certamente anteriore, di un pittore ignoto, diverso dagli Zavattari: al centro il Battista riceve l’omaggio, a sinistra di una schiera di dame capeggiate da Teodelinda, a destra di un gruppo di gentiluomini, tra i quali alcu-ni studiosi ravvisano Autari, Agilulfo e Adaloaldo, ma altri preferiscono riconoscere i Visconti.

Pier Franco Bertazzini

Stemma visconteo.Ai lati dello stemma compaiono le sigle

del duca di Milano, Filippo Maria

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Un docUmento deL gotico internazionaLe

Le storie di teodoLinda neLLacappeLLa zavattari

A fine Trecento, in epoca viscontea, il progetto di ampliamento della Basilica monzese impostato da Matteo da Campione riorganizzò la zona absidale con la sostituzione delle cap-pelle esistenti in due nuove e simmetriche, a pianta poligonale: quella di destra dedicata alla Vergine e quella di sinistra, settentrionale, dedicata ai Santi Vito e Vincenzo.

La decorazione parietale della seconda - dedicata alle storie della Regina Teodolinda, so-vrana longobarda fondatrice della chiesa nel settimo secolo - fu realizzata lungo il quinto de-cennio del Quattrocento da Franceschino, Gregorio e Giovanni Zavattari, pittori attivi in quel periodo nei cantieri del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia.

Si tratta del più vasto ciclo decorativo del Gotico internazionale presente in Lombardia e senza dubbio del più affascinante documento visivo della cultura di una stagione politica complessa per il Ducato di Milano - la più europea delle Corti italiane del XV secolo - quella del passaggio, col matrimonio fra Bianca Visconti e Francesco Sforza, dalla dinastia viscon-tea a quella sforzesca, che così si celebrava ricollegandosi per analogia all’epopea teodelindea di otto secoli prima. Allusioni per metafora a quelle nozze sono infatti presenti - insieme ai rispettivi simboli araldici nelle incorniciature dei finestroni - tra le 45 scene delle quali si com-pone il complesso figurale, e in particolare in quelle dei matrimoni contratti da Teodolinda con Autari prima e quindi con Agilulfo.

Le fonti dell’impresa pittorica sono due: dell’VIII secolo - quindi cronologicamente vicino alla stagione degli episodi illustrati - è la Historia Langobardorum di Paolo Diacono, mentre del XIV secolo è il Chronicon Modoetiense di Bonincontro Morigia.

Committente diretto è il Capitolo del Duomo monzese, con un presumibile supporto finan-ziario sforzesco.

Tra il 1441 (anno delle nozze citate che legittimano lo Sforza a succedere a Filippo Ma-ria Visconti a Milano) e il 1446 si pongono dunque varie campagne pittoriche strettamente susseguentisi nelle quali si identificano diverse maniere assegnabili a membri della famiglia Zavattari.

In cinquecento metri quadri circa, ottocento personaggi e figure d’animali - cavalli, cani, pecore, lepri, cervi, orsi, leopardi, colombe, falchi ed aironi - sono chiamati a dipanare vi-cende portanti e cronache minute della discesa e della vita in Italia di Teodolinda: preliminari di nozze e matrimonio tra la principessa bavara ed il longobardo Autari fino alla morte di quest’ultimo nelle scene 1-23; preliminari e nozze tra Teodolinda regina e il secondo marito Agilulfo nelle scene 24-30; fondazione della basilica di Monza e morte dei sovrani nelle sce-ne 31-41; infruttuosa campagna in Italia dell’imperatore d’Oriente Costante e suo rientro a Bisanzio nelle scene 41-45.

Sulla base di analisi stilistiche si è ritenuto che concezione generale e progetto del ciclo attengano a Franceschino Zavattari cui si assegnano le prime 12 scene; a Giovanni Zavattari quelle dalla 13 alla 34; a Gregorio le scene dalla 35 alla 41 e ad Ambrogio le quattro finali. La scena 32, nella quale compare la data del 1444 insieme con l’inequivocabile paternità delle

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pitture, è ritenuta lo snodo tra la prima e la seconda campagna decorativa cui si riferisce un contratto del 1445 nell’Archivio di Stato di Milano documentandone l’inizio.

Al ciclo pittorico monzese, legato culturalmente e stilisticamente, se pur con minore plasti-cità, al clima di Pisanello nella Cappella Pellegrini in Sant’Anastasia di Verona, di Bonifacio Bembo e di Michelino da Besozzo, non attengono senso drammatico e dello spazio.

È piuttosto una non più che generica impostazione narrativa che sottende la scenografica stesura di episodi della vita di Teodolinda, condotta in cinque registri sovrapposti da leggersi lungo le pareti da sinistra a destra, unificati da un fondale dorato - creato con il preciso scopo di stupire il visitatore con la sua sfavillante ricchezza - a circondare le scene che vi si ritaglia-no. Intelligentemente variato risulta il ritmo imposto dagli artisti alle scene, serrato o dilatato secondo le esigenze narrative e l’ampiezza e continuità della muratura disponibile.

Visioni di cortei, cavalcate, scene di caccia, di viaggio e di battaglia, compunte ambasce-rie, incontri regali e banchetti, sullo sfondo di paesaggi o nel contesto di architetture, sono pretesti per documentare, al di là di tipi e di portamenti idealizzati, l’eleganza sfarzosa della moda civile, maschile e femminile - con le sue singolarità e bizzarrie, dalla houppelande al balzo - nonché guerresca, e delle suppellettili in voga nelle corti italiane fra tardogotico e Rinascimento.

Alle diverse esigenze di rappresentazione si lega l’utilizzo di diverse tecniche pittoriche - dall’affresco, alla tempera all’uovo, dorature e argentature in foglia, incisione diretta su lamina metallica vieppiù arricchita con lacca sugli abiti dei personaggi maggiori, pastiglia a rilievo dorato per finimenti delle cavalcature e per armi, corone, gioielli - da parte della bot-tega degli Zavattari, forte di mezzo secolo d’esperienza, a partire dal lavoro del capostipite Cristoforo in Duomo a Milano nel primo decennio, e pronta ad altre committenze sul territo-rio se pur minori come ad esempio la Madonna col Bambino a firma Gregorio Zavattari nel santuario di Corbetta, datata 1475.

Se i colori delle pitture, ora in fase di nuovo recupero con il restauro Lucchini in corso dal 2008 - che dirimerà finalmente giornate di lavoro, competenze dei vari artisti che concorsero all’opera e tecniche - appaiono di una tenerissima freschezza, stupefacente si snoda sotto i nostri occhi la panoplia di ori e gemme incastonate nei fregi ornamenti gioielli finimenti, uscita direttamente dai forzieri castellani. Ben 28 delle scene della Cappella sono dedicate ai fasti nuziali, con netta prevalenza di un raffinatissimo clima profano cortese che induce un diffuso senso di meraviglia, date anche le minime concessioni al realismo, sulle esigenze di una committenza religiosa che desiderava probabilmente legare l’omaggio pittorico ad una figura storica fondante per la chiesa altomedievale monzese, e scomparsa popolarmente in odore di santità.

Alberto Crespi

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nota sUi costUmi

Gli affreschi degli Zavattari danno ragione della moda del tempo, dalla metà del XIV alla metà del XV secolo, in particolare per le figure femminili. Proveniente dalla corte franco borgognona, la houppellande, volgarizzato in pellanda, opelanda o pellarda, è la sopravveste di lusso, lunga, maschile o femminile; richiedendo una grande quantità di stoffa, era appan-naggio dei ceti benestanti. Strascico fino a cinque metri. Può essere a collo alto (come si vede sulla statua tombale di Ilaria del Carretto in San Martino di Lucca) o scollato a V anteriormen-te o sul dorso; la scollatura diventa più pronunciata e larga col passare del tempo. La manica è sempre doppia, con fodera di colore contrastante o anche di pelliccia, allargata sui polsi e tagliata a mostrare la manica interna d’altro colore. Per le donne la cintura è sempre alta, appena sotto il seno, fatto che enfatizza l’abito sull’addome attenendo alla figura una diretta idea di prosperità e fertilità.

I capelli sono sempre raccolti. Dei copricapi femminili nordici, hennin a forma conica o a tronco di cono tipicamente gotici, si adottano in Italia quelli in seta o bisso leggerissimo a forma di sella rovesciata sostenuta da incastellatura o a bicorno; ma preferito sarà il balzo, dall’ampio volume ovulare sostenuto da impalcatura metallica, che prevede depilazione della fronte: è lo stesso che si riscontra sulla principessa degli affreschi di Pisanello nella cappella Pellegrini in Sant’Anastasia a Verona.

Le scarpe sono di seta o di pelle, a punta lunga. Le calze, maschili e femminili, sono solate. Le donne calzavano pianelle con zeppa alta che determinava un incedere lento e solenne.

Teodolinda principessa indossa una houppelande chiara mentre nei ritratti a cavallo, inco-ronata, con velo sotto la corona sui capelli sempre raccolti, indossa una houppelande cremisi, in velluto damascato. Le dame del seguito hanno copricapo bicorne. Seduta a tavola, porta un balzo bianco o una sorta di cuffia e un abito chiaro di broccato o di velluto, con ricami in filo d’oro o di rame, o a filo metallico direttamente inserito nell’ordito. Ha i capelli raccolti in mi-nute trecce. Dietro la regina, le dame portano copricapi a sella rovesciata. Teodolinda seduta in trono, sempre coronata e con velo, porta sull’abito una cintura gioiello.

Nelle scene finali degli affreschi degli Zavattari, aumentano generalmente i contrasti cro-matici. Gli abiti si fanno ancora più ricchi e la stoffa consente il gioco delle pieghe sulle quali la decorazione costruisce pattern complessi grazie all’utilizzo del lampasso di seta, prodotto in Italia dal 1200. Le spalle accentuano l’imbottitura, le maniche si fanno più larghe, a sbuffo, legate al gomito. Il gusto gotico è ormai alle spalle. Abiti e copricapi sono pienamente rina-scimentali.

(Ringrazio Daniela Casati Fava per le precisazioni sulla moda)A. C.

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Il nostro passato diventa evento, dilatando le immagini della memoria

La rievocazione storica neLLe immagini deLLe scorse edizioni

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Il nostro passato diventa evento, dilatando le immagini della memoria

La rievocazione storica neLLe immagini deLLe scorse edizioni

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L’oggetto-testimonianza deLLa manifestazione odierna

iL rosone deLLa facciatatrecentesca deL dUomo

Il nostro Duomo, testimone della storia, dell’identità culturale e della religiosità del terri-torio monzese, fu fondato nel 595 dalla Regina Teodolinda sul luogo indicato, secondo una leggenda medievale, da una colomba.

Nel Trecento fu ricostruito e ingrandito da Matteo da Campione, architetto e scultore ver-satile di grande ingegno.

La sua facciata a vento in stile gotico-pisano in marmi bicromi è articolata in cinque campi. Il campo centrale presenta un ricco apparato decorativo costituito da uno splendido rosone a sedici spicchi, riquadrato da una cornice a formelle traforate e sovrastato da una regolare scacchiera. Il risultato è un mirabile pizzo.

Ghi Meregalli

L’ideazione di questo oggetto-testimonianza è di Ghi Meregalli, il modellato della scultrice Mariella Convertini, l’esecuzione di Sergio Sorte.

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Lo stendardo reaLizzato per qUesta manifestazione

Una sintesi di simboLi antichi

Lo stendardo progettato per l’Arengario da Domiziano Maselli, nell’ambito di una bella collaborazione tra l’Istituto Statale d’Arte di Monza e il Comitato Maria Letizia Verga, nel riprendere antiche immagini e simboli di grande suggestione storica vuole evocare lo stretto legame tra la città e i suoi mercanti e unisce perciò ai simboli più noti della città i monogrammi, straordinariamente affascinanti, che appartengono alla storia della sua corporazione più importante.

La città viene personificata da Teodolinda, principessa bavara e moglie di Autari, re dei Longobardi, la fondatrice della basilica di San Giovanni, colei che, secondo la leggenda, nel ricevere da una colomba la miracolosa indicazione del luogo ove erigere la chie-sa, avrebbe dato origine al nome della città. Di fronte alla regina si inginocchia il mercante, che ne riceve il berretto frigio, antico simbolo di libertà. Alle sue spalle si disegna la sintetica immagine medioevale della città di Monza, chiusa tra alte mura, con il castello e la ben riconoscibile facciata del Duomo, sovrastata dal più antico e potente simbolo della città, la luna.

A questa dimensione sintetica ed evocativa appartengono anche le scritte, i monogrammi dei mercanti, e le date che completano e incorniciano lo stendardo: così, a destra, il nome moderno della città e la data d’oggi sono accostati al 595, data di fondazione del duomo voluto da Teodolinda, ad evocare l’episodio che sta alle origini del costituirsi della comunità urbana ed è richiamato dall’antico nome di Modoetiam, strettamente legato al mito dell’antica regina longo-barda, come ben sa ogni monzese. La cornice è completata appunto dai monogrammi degli antichi mercanti monzesi, segni sintetici ed evocativi, tratti dagli statuti della loro comunità, testimonianza viva dell’importanza del loro lavoro e della loro antica dignità.

A questi simboli, di grande suggestione, si accosta, infine, l’or-mai storico simbolo dell’ISA - LAS di Monza, quasi una firma del-lo stendardo, a testimoniare come il lavoro della scuola sia teso ad accompagnare e valorizzare l’attività operosa della comunità citta-dina e dei commercianti che ne costituiscono uno degli aspetti più importanti e vivaci.

Rodolfo Profumo

Per la stampa dello stendardo si ringrazia il signor Aldo Neri - Colorzenith s.r.l. Milano

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iL corteo deLLa rievocazione storica

iL passato sfiLa per Le stradedeLLa modernità

Gli antichi suoni delle chiarine e dei tamburi ritmano l’avanzare delle grandi macchie co-lorate delle bandiere. Il pubblico inizia ad essere coinvolto nell’affascinante atmosfera me-dievale.

Lo stendardo con lo stemma medievale della luna rossa, le chiavi di Modoetia (così si chiamava Monza nel Medioevo) e dei banditori con i tamburi annunciano il Magnifico Messere, personaggio che ricalca la più alta carica civica nel governo del nostro Borgo nella prima metà del XV secolo. La sua numerosa famiglia è abbigliata, come lui, nei colori simbolo della nostra comunità: il bianco e il rosso.

A loro salvaguardia, alcuni militi.

A seguire, l’autorità religiosa, l’Arciprete del Duo-mo, con il privilegio delle insegne vescovili, insieme ai

Canonici e ai rappresentanti di alcuni Ordini Monastici locali.

Gli esponenti che gestiscono le sorti del Comune Medievale mostrano, attraverso un auto-revole anziano, il libro degli Statuti.

Sfilano con le loro tavole identificative le numerose corporazioni che al tempo detenevano un forte potere economico e politico.

Le agiate famiglie dei mercanti, con grande potere decisionale, sono precedute dal loro re-lativo stemma dipinto su uno scudo.

Il popolo operoso, i guardiacaccia dei Si-gnori di turno con cani e rapaci, i contadini che lavoravano la terra con grande fatica, conclu-dono l’immagine della Monza Medievale che vogliamo rappresentare.

È quindi la volta di due araldi con gli stem-mi dei committenti degli

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affreschi della Cappella della Basilica di San Giovanni: le famiglie Visconti e Sforza, qui rappresentate da Francesco Sforza, che conti-nuerà la dinastia viscontea in virtù del matri-monio con Bianca Maria, figlia legittimata di Filippo Maria Visconti.

A seguire, i rappresentanti della famiglia degli Zavattari:

il capofamiglia Francesco con i figli Grego-rio, Giovanni e Ambrogio e alcuni lavoranti di bottega esperti nella preparazione di colori e di terre sono gli autori degli affreschi nel Duo-mo di Monza, fonte della nostra ispirazione nel narrare gli episodi degli anni giovanili di Teodolinda.

incontro tra teodoLinda e aUtari

Autari, desideroso di vedere con i propri occhi la sua futura sposa, parte per la Baviera vestito da semplice cavaliere per non farsi riconoscere. Si fa accompagnare da un vecchio uomo di fiducia e da pochi uomini scelti. Guardie armate vegliano su Re Garibaldo, la di lui moglie la Regina Valdrata e la bellissima figlia Teodolinda, in compagnia della nutrice e di alcune dame.

gUerra tra franchi e bavari

I guerrieri bavari dai co-lori bianco e azzurro sono sopraffatti dai guerrieri franchi contraddistinti dai colori blu e rosso. Un mes-saggero bavaro riporta la notizia della sconfitta a Re Garibaldo.

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matrimonio tra teodoLinda e aUtari

La cerimonia nuziale si tiene nei pressi di Verona. Per questo sacro patto tra due popoli presenziano: fanciulli con cesti di fiori, un’ancella

con gli anelli nuziali su un cuscino dorato, due paggi con coppe di confetti e soprattutto il celebrante, il Vescovo di Verona con canonici e chierici. Seguono i due augusti sposi: Autari e Teodolinda. Ai festeggiamenti intervengono anche il fratello della sposa Godoaldo con la moglie, alcuni notabili e numerosi aristocratici anche a cavallo.

Il fuoco che esce dalla bocca dei trampolisti medievali simboleggia la purificazione dell’a-nima dei due sposi.

intrighi di corte: La morte di aUtari

Re Autari e la regina Teodolinda si trasferiscono a Pavia con la loro corte.Un servo infedele avvelena il suo re con una coppa di vino.

LUogo e fondazione deL dUomo

Un notaio e uno scriba portano rotoli di pergamena con elencati gli “Atti di donazione” alla Basilica di San Giovanni Battista di sacri e preziosi oggetti. Li accom-pagnano l’abate Secondo di Non, due monaci e il figlio di Teodolinda, Adaloaldo.

Un forziere con oreficerie di gran valore e i pezzi più noti del Tesoro (la Corona Ferrea, la croce votiva di Agilulfo, la chioccia con sette pulci-ni, la corona votiva di Teodolinda, la tazza ritenuta di zaffiro sorretta da un fusto rinascimentale, il reliquia-rio del dente di San Giovanni, la co-pertina dell’evangeliario, il pettine di Teodolinda, il ventaglio e il porta ventaglio di Teodolinda, la corona di Gundenberga) sono portati rispet-tivamente da paggi e da ancelle.

Armigeri vegliano attentamente su questi oggetti unici e preziosissi-mi mentre i rappresentanti del popo-lo guidato da una grande regina illu-minata sono orgogliosi di far parte di questa comunità.

Ghi Meregalli

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A fronte: i personaggi del Notaio e dello Scriba

In questa pagina: una riproduzione del “Reliquiariodel dente di San Giovanni” realizzata per la rievocazione storica e il trasporto del forziere con la dotazione della Basilica

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iL discorso deL magnifico messereaL popoLo presso L’arengario

modoetia riceve in dono gLi affreschi dedicati a teodoLinda

Miei cari borghigiani, valenti cavalieri e virtuose dame di questa Terra gloriosa sulla quale il Cielo continua riversare le sue benedizioni,

oggi, sedicesimo giorno di questo mese di giugno dell’anno del Signore 1446, io, Magnifi-co Messere di questa operosa Comunità, mi rivolgo a voi pieno di trepida gioia per annunciar-vi una lieta notizia, secondo la volontà del vostro magnifico signore Filippo Maria Visconti e di Francesco Sforza: da oggi la nostra cara Basilica custodirà alcuni straordinari affreschi realizzati in modo mirabile dal genio artistico della famiglia Zavattari.

Tale meravigliosa opera scaturita dall’ingegno umano rende omaggio alla venerata Regina Teodolinda, fondatrice del nostro Duomo, e va ad arricchire un patrimonio storico-artistico di eccezionale rilievo, dai molteplici richiami di valenza spirituale, a cominciare dal Tesoro longobardo e dalla sua principale componente: la Corona del Ferro.

Consegno dunque solennemente a voi, popolo di Modoetia, questa magnifica narrazione visiva che da ora e per sempre continuerà ad evocare la presenza nei nostri luoghi della cri-stianissima sovrana che mai il nostro borgo potrà dimenticare: sappiate custodire tale prezio-sissimo dono, segno tangibile dell’effettiva munificenza dei vostri nobili signori.

Affidiamo questi dipinti murali alla protezione di Dio Onnipotente e di San Giovanni Bat-tista, già caro alle genti Longobarde, affinché possano essere ammirati, conservati e tutelati in avvenire per sempre, almeno finché orma umana calcherà questo nostro suolo.

Lunga vita e prosperità al popolo di Monza, e che il nostro Santo patrono ci accompagni e ci assista in ogni nostro progetto e occupazione!

Che San Giovanni protegga sempre questa Terra!

Francesca Daverio

Pulpito detto Ambone sul Palazzodella Magnifica Comunità.

Incisione di Giulio Cesare Bianchi in:Anton Francesco Frisi, “Memorie

Storiche di Monza e sua Corte”,Milano 1794, Tomo I,

particolare di tav. VIII pag 119

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La mostra dei costUmi storicineLLa saLetta reaLe deLLa stazione

Quest’anno l’Associazione Amici dei Musei di Monza e Brianza ha chiesto a Ghi Meregal-li, responsabile dell’organizzazione del corteo storico della Regina Teodolinda, di partecipare alla prestigiosa manifestazione che vede affluire nelle vie del centro storico di Monza migliaia di spettatori.

La collaborazione della nostra Associazione consiste nel mettere a disposizione la Sala di attesa del Re, situata nella stazione ferroviaria e luogo istituzionale degli Amici dei Musei, considerando che la Saletta Reale ben poteva ospitare la Regina Teodolinda come ha ospitato re e diplomatici in visita a Re Umberto in Villa Reale.

La risposta entusiastica di Ghi Meregalli e il suo fattivo consenso hanno permesso di alle-stire un’inedita mostra di costumi storici intitolata “Teodolinda regina tra storia e leggenda”.

Nella sala saranno esposti costumi e manufatti della rievocazione storica cittadina.Si inizierà con gli stemmi dei Visconti e degli Sforza, committenti degli affreschi quattro-

centeschi degli Zavattari, dipinti nel Duomo di Monza, ai quali si ispira il progetto. Accanto al costume della giovane Teodolinda principessa bavara, si troveranno un trono medievale, il costume di Re Autari e una coppa simile a quella che fu usata per avvelenarlo. Un pannello, copia fedele degli affreschi, illustrerà il matrimonio tra Teodolinda regina dei Longobardi e il duca di Torino Agilulfo, investito dalla moglie del titolo di Re: due coppe con alcuni confetti vi documentano, per la prima volta nella storia della pittura, la tradizione, rispettata ancora oggi, di assaggiare ed offrire questi dolci durante il banchetto nuziale.

Una ricca “pellanda”, costume della Regina e delle dame del seguito, sarà posta accanto ad un albero su cui appare la colomba (simbolo dello Spirito Santo) che aveva suggerito a Teo-dolinda il luogo di fondazione della basilica dedicata a San Giovanni Battista.

Chiudono la mostra una preziosa tiara pontificia ed il costume di Papa Gregorio Magno, che con la sovrana si prodigò per la conversione al cattolicesimo dei Longobardi (ariani o pagani) e con lei scambiò preziosi doni e reliquie di altis-simo valore, ora conservati nel museo del nostro Duomo. L’Associazione ringrazia Ghi Meregalli e i suoi collaboratori, Alberto Crespi, la Società Italiana ABC s.r.l. di Brugherio che ha genero-samente fornito i manichini, e tutti coloro che a vario titolo hanno collaborato all’evento.

Gigi Caregnato

La mostra in Saletta Reale sarà visitabiledal 21 giugno al 7 luglio 2012 con orarida martedì a sabato dalle 15 alle 18

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qUesto avvincente viaggioneL nostro passato sarà raccontato

con competenza e passione da:

Associazione “Contrada Dügana” di Desio

Associazione “La Ghiringhella”di Villasanta

Associazione “Villasanta Medievale”

Bottega del Teatro di Triuggio

Compagnia del Corvo dell’Associazione Brianza Medievaledi Giussano fraz. Robbiano

Compagnia dei Folli di Marino del Tronto (Ascoli Piceno)

Compagnia Teatrale “Il Volto e La Maschera” di Monza

G.A.P. Gruppo Amici del Presepe di Lissone

Gruppo Falconieri di Dicamino (Alessandria)

Gruppo “I Monsciaschi” di Monza e Brianza

Gruppo Padano Levrieristi di Castano Primo (Como)

“I amìs da la Cantunada” di Monza

Istituto Statale d’Arte di Monza

Musici dell’Urna di Urgnano (Bergamo)

Quartetto di Arpe “Arpe Diem” di Milano

Scuola di Danza “Mirtillo” di Monza

Scuola di merletto della C.S.P.S. di Carate Brianza

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Speaker della rappresentazione: Ivan Ottaviani

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Coordinatori del corteo: Gianni Carzaniga, Riccardo Malegorie Rosaria Raimondi

Sceneggiatura e testi: Francesca Daverio

Regia, recitazione e danze: Ida Pastori

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ringraziamenti

Ghi Meregalli, a nome del Comitato Maria Letizia Verga, ringrazia l’Assessorato al Turismo e Spettacolo, il dirigente e la responsabile dell’Ufficio Settore Turismo e Spettacolo del Comu-ne di Monza, l’Arciprete della Basilica di San Giovanni Battista Monsignor Silvano Provasi, la Fondazione Gaiani, i sacrestani e i collaboratori del Duomo, i rappresentanti delle Forze dell’Ordine e tutti coloro che hanno fattivamente collaborato per un intento comune.I sentimenti della più sincera gratitudine alle persone che, singolarmente o unite in associa-zioni, hanno offerto il loro intelligente e generoso operato, prestato volontariamente, al fine di arricchire questa rievocazione storica.Un profondo apprezzamento ad alcune persone che, con un moderno e generoso atto di mece-natismo, hanno elargito un prezioso contributo con il quale è stata possibile, anche quest’an-no, l’attuazione della Rievocazione Storica, evento di punta e momento d’incontro di tutta la Città di Monza e del suo Territorio nell’ambito della Sagra di San Giovanni.

Un grazie sincero a:L’Assessorato alla Cultura del Comune di Monza

La Presidenza della Circoscrizione 1Il Preside, la Vicepreside e tutto il corpo insegnante dell’Istituto d’Arte di Monza

Il fotografo Maurizio Anderlini di ArcoreIl cineoperatore Fabio Barbalini di Milano

Alice Aiolfi di BiassonoLaura Fumagalli di Monza

Anna Borsani di MonzaL’Ing. Gianni Riva di MonzaL’Ing. Luigi Pozzi di Monza

L’Ing. Elena Bellardi di MonzaIl Dott. Alberto Crespi di Monza

La Prof.ssa Francesca Daverio di MonzaLa Gioielleria Malberti di MonzaLa Pasticceria Mariani di Muggiò

Il fiorista Giovanni Santamaria di MonzaL’Architetto Sonia Multari di Monza

La scultrice Mariella Convertini di MonzaL’artigiano Sergio Sorte di Bergamo

I Volontari del Comitato Maria Letizia VergaIl gruppo “Cascina Costa Alta” di Biassono

Per il fattivo contributo nella realizzazione di manufatti,oggetti scenici e costumi si ringraziano:

Carlo Barba, Andrea Biella, Mariuccia Brambilla, Adelia Carzaniga,Maria Anastasia Colombo, Angela Labranca, Anna Manfrinato,Annalisa Pietrobon, Irene Regonesi, Angelo Sala, Giusi Sorte.

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Lo stemma medievale di Monza

Lo stemma attuale del Comune di Monza