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Teoria pluriversalista del diritto internazionale Anderson Teixeira

Teoria pluriversalista del diritto internazionale · giungere livelli di profondità nella ricerca sulla filosofia del diritto in- ... Prof. Emilio Santoro, Prof. Franco Bonsignori

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Teoria pluriversalistadel diritto internazionale

Anderson Teixeira

Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2913–8

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: novembre 2009

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Ringraziamenti

In una ricerca lunga come quella che ha dato origine a questo libro

ci sono sempre diverse persone che dovrebbero venire ringraziate. Tuttavia, dovrò limitarmi soltanto a quelli che ho coinvolto in una col-laborazione diretta a questa ricerca.

Sarò anzitutto sempre grato al Prof. Danilo Zolo per avermi accolto come allievo nel Dottorato di Ricerca e per avermi guidato nel rag-giungere livelli di profondità nella ricerca sulla filosofia del diritto in-ternazionale che altrimenti non mi sarebbe stato possibile fare.

Sono grato anche al Dipartimento Teoria e Storia del Diritto del-l’Università degli studi di Firenze, in modo molto speciale, al Prof. Paolo Cappellini e al Dr. Vicenzo Durante che mi hanno amichevol-mente accolto in seguito alla mia amissione al Dottorato e che sono stati sempre presenti nei momenti in cui ho avuto bisogno di un sup-porto istituzionale nel corso della presente ricerca. Sono molto ricono-scente anche ai commenti dei membri della Comissione Giudicatrice che ha fatto l’analisi finale della mia ricerca: Prof. Emilio Santoro, Prof. Franco Bonsignori e Prof. Armando Salvatore.

Desidero ringraziare il Prof. Maurizio Fioravanti per avermi orien-tato con molta attenzione in tutto il Capitolo II della Parte I; per que-sto Capitolo sono inoltre riconoscente al Prof. Luca Mannori per i suoi lungimiranti commenti.

Al Prof. Luigi Ferrajoli sono grato per le precise critiche che mi ha fatto e per la sua gentile amicizia.

Sono grato anche al Prof. Yves–Charles Zarka per la sua acco-glienza a Parigi e per avermi presentato alcuni degli elementi di natura filosofica senza i quali non avrei raggiunto le conclusioni della opera che adesso sono in grado di presentare.

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Ringrazio ancora al Prof. Eugênio Facchini Neto che mi ha dato la spinta decisiva, quando avevo appena concluso il Master in Diritto a Porto Alegre, per farmi ritenere possibile andare a Firenze e arrivare a questo risultato. All’amico Paulo Torelly sono grato per aver discusso i miei punti di vista in discussioni tanto proficue quanto lunghe. Al Prof. Luís Antônio Longo sono riconoscente per l’amicizia e per a-vermi sempre incoraggiato ad affrontare nuove sfide accademiche e professionali.

Infine, ringrazio di cuore i miei genitori, João Osório Teixeira e E-laine Vichinkeski Teixeira, e mia moglie, Camile Balbinot, per l’amo-re che hanno sempre avuto per me.

Questo lavoro è dedicato ai miei genitori, a mia moglie Camile e al Prof. Zolo.

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Indice

9 Presentazione di Danilo Zolo 15 Prefazione dell’autore

PARTE I

Globalizzazione vs sovranità 27 Capitolo I La globalizzazione intesa nei suoi diversi contesti

1.1. Le condizioni storiche e sociali per l’affermazione di una società globale occidentalizzata dopo la Guerra Fredda e la fine della bipola-rizzazione politica del mondo, 27 – 1.2. Il dibattito intorno alla dimen-sione economica della globalizzazione, – 1.3. La globalizzazione poli-tica, 31 – 1.4. Le guerre nella società globale, 44 – 1.5. La globalizza-zione come fenomeno culturale ed educativo dopo l’informatizzazione dei rapporti sociali, 71

81 Capitolo II Il concetto di sovranità ed il suo tacito processo di

relativizzazione

2.1. Il principio di sovranità nella formazione dello Stato moderno eu-ropeo, 82 – 2.1.1. Il contesto giuridico–politico del consolidamento dello Stato moderno come suprema potesta superiorem non recogno-scens, 82 – 2.1.2. I fondamenti della sovranità nel contrattualismo po-litico: Thomas Hobbes (1588–1679), John Locke (1632–1704) e Jean–Jacques Rousseau (1712–1778), 97 – 2.1.3. Rivoluzione Francese, di-ritti dell’uomo ed il principio di sovranità, 116 – 2.2. I cambiamenti della nozione “territorialista” di sovranità propria del jus publicum Europaeum, 123 – 2.2.1. Le necessità di riformulazioni teoriche impo-

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ste dalla concezione di mare liberum, 123 – 2.2.2. Gli effetti della conquista dei cieli nel XX secolo: la sovranità intesa come onnipoten-za sulla terra, il mare ed il cielo, 130 – 2.3. La tacita relativizzazione della sovranità: un sottoprodotto della globalizzazione, 134

PARTE II Pluriversalismo vs universalismo

151 Capitolo III I fondamenti politico–giuridici delle relazioni inter-

nazionale nelle proposte di universalismo giuridico

3.1. La peace through Law di Hans Kelsen, 153 – 3.2. Il pacifismo co-smopolitico di Norberto Bobbio, 170 – 3.3. Il global constitutionalism di Richard Falk, 178 – 3.4. La democrazia sociale globale di David Held, 190 – 3.5. Il neocontrattualismo di John Rawls, 199 – 3.6. Il co-smopolitismo di Jürgen Habermas, 209

221 Capitolo IV Per un globalismo giuridico pluriversalista articola-

to in spazi regionali di Stati–nazione

4.1. Sistema e ordine nelle relazioni internazionali, 221 – 4.2. Identità culturale (e riconoscimento) versus volontà politica nelle relazioni in-ternazionali: il significato delle tradizioni storico–culturali nell’ordine internazionale, 235 – 4.3. Il ruolo degli spazi regionali nell’ordine po-litico–giuridico internazionale, 255 – 4.3.1. La teoria schmittiana dei “grandi spazi” (Grossräume), 256 – 4.3.2. Dal Grossraum allo “spazio regionale”, 264 – 4.4. Il ruolo del “diritto sovranazionale minimo” nell’ordine politico–giuridico internazionale, 273

285 Bibliografia

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Presentazione

Questo libro di Anderson Teixeira merita di essere letto e discusso

sia per l’indiscutibile attualità dei problemi che affronta, sia per le in-teressanti proposte che avanza, sia infine per le questioni che solleva e che, inevitabilmente, restano aperte.

I problemi che affronta riguardano le relazioni politiche internazio-nali, la funzione del diritto e delle istituzioni internazionali e sovrana-zionali, in particolare, il tema delle condizioni politico–giuridiche per la realizzazione di un ordine mondiale che superi l’attuale disordine globale. Gli autori ai quali Anderson Teixeira si ispira nell’affrontare questi temi sono in particolare due: Hedley Bull e Carl Schmitt. Da una celebre opera del primo ― The Anarchical Society ― Teixeira e-redita un atteggiamento che non è esagerato dire “anti–cosmopo-litico”. Si tratta del rifiuto dell’idea kantiana e neo–kantiana, sviluppa-ta dai cosiddetti Western globalists, secondo la quale la pace e la giu-stizia nei rapporti internazionali si potrà ottenere soltanto quando sarà stata abolita la sovranità degli Stati nazionali. La pace e la giustizia in-ternazionale trionferanno quando la totalità del potere politico (e quindi anche militare) sarà concentrato in un unico organo sovrana-zionale: una sorta di Governo mondiale avente a disposizione una po-lizia internazionale e una Corte penale internazionale. Bull ha energi-camente respinto questa filosofia cosmopolita rivendicando la funzio-ne degli Stati nazionali e della loro sovranità e denunciando i gravi pe-ricoli che la concentrazione del potere internazionale nelle mani di una sorta di “Stato mondiale” avrebbe comportato: anzitutto il problema del pluralismo dei popoli, delle loro tradizioni e delle loro culture. L’appiattimento del potere internazionale nella mani di un direttorio di potentissimi burocrati mondiali avrebbe inevitabilmente messo a re-

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pentaglio la differenziazione sociale e funzionale e la complessità del mondo. Bull proponeva in alternativa l’idea di un “ordine politico mi-nimo”, rispettoso delle diversità, non concentrato di fatto in Occiden-te, impegnato a ridurre la violenza e lo spargimento del sangue nei rapporti internazionali senza però coltivare l’illusione di una pace sta-bile e universale oltre alla giustizia distributiva, allo sviluppo econo-mico, al contenimento della crescita demografica etc. Insomma: una visione realistica e liberaldemocratica delle relazioni internazionali, non moralistica e idealistica.

L’altro autore al quale Teixeira si ispira è Carl Schmitt. Di questo celeberrimo e contestato teorico della politica e del diritto Teixeria condivide la polemica nei confronti dell’universalismo umanitario ― sostenuto anzitutto da Hans Kelsen, di cui Schmitt è un critico molto severo ― e la proposta di un ordine internazionale fondato non sul co-smopolitismo ma su un “pluriversalismo” costituito da una molteplici-tà di “Grandi spazi”, e cioè di aree continentali o sub continentali ca-ratterizzate da una propria autonomia culturale e politica. «Chi dice “umanità” cerca di ingannarti» è la famosa massima che Schmitt pro-pone già nel 1927 in Begriff des Politischen per esprimere la sua diffi-denza nei confronti dell’idea di uno “Stato mondiale” che comprenda tutta l’umanità, annulli il “pluriverso” (Pluriversum) dei popoli e degli Stati e sopprima la dimensione stessa del “politico”. E a maggior ra-gione Schmitt si oppone al tentativo di una grande potenza ― l’ovvio riferimento è agli Stati Uniti ― di presentare le proprie guerre come guerre condotte in nome e a vantaggio dell’intera umanità. Se uno Sta-to combatte il suo nemico in nome dell’umanità, sostiene Schmitt, la guerra che conduce non è una guerra dell’umanità. Quello Stato cerca semplicemente di impadronirsi di un concetto universale per potersi identificare con esso a spese del nemico. Monopolizzare questo con-cetto nel corso di una guerra significa tentare di negare al nemico ogni qualità umana, dichiararlo hors–la–loi e hors–l’humanité, in modo da poter usare nei suoi confronti metodi spietati sino all’estrema disuma-nità. In questo senso, il termine “umanità” ― il riferimento agli Stati Uniti è anche qui ovvio ― è uno slogan etico–umanitario particolar-mente idoneo alle espansioni imperialistiche.

Sono queste le premesse filosofico–politiche che inducono Schmitt ad avanzare negli ultimi paragrafi del suo opus magnum, Der Nomos

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der Erde, una severa denuncia del bellicismo imperialistico degli Stati Uniti. Egli formula l’ipotesi che sotto la retorica umanitaria dell’uni-versalismo wilsoniano si celasse, oltre alla logica espansionistica del capitalismo industriale e commerciale, il progetto di una egemonia mondiale che avrebbe inevitabilmente portato ad una guerra globale “umanitaria”, condotta con armi di distruzione di massa sempre più sofisticate e micidiali. Schmitt aveva colto lucidamente sin dai suoi scritti degli anni trenta la dimensione planetaria e poliedrica del pro-getto egemonico statunitense. In Der Nomos der Erde egli si mostra convinto che la superpotenza americana si stava imponendo come un impero globale soprattutto perché disponeva di un potenziale bellico soverchiante. E la supremazia militare la poneva al di sopra del diritto internazionale, compreso lo jus belli, attribuendole il potere di inter-pretarne le norme secondo le proprie convenienze, o di ignorarle del tutto.

Teixeria condivide le tesi centrali di questi due autori anti–cosmopoliti e anti–universalisti e tuttavia si impegna in un tentativo di mediazione fra le posizioni globaliste della tradizione kantiano–kelseniana e il “pluriversalismo” di Bull e di Schmitt. Facendo propria e rielaborando la nozione schmittiana di “grande spazio” (Grossraum) egli propone una idea di “spazio regionale” sulla base del quale elabo-ra una prospettiva di “globalismo pluriversalistico”, un evidente ossi-moro che egli tenta di motivare e giustificare. “Spazio regionale” vie-ne presentato da Teixeira come una entità politica dinamica e flessibi-le, non strettamente territoriale, da intendersi come una istanza inter-media fra gli Stati–nazione e l’ordine sovranazionale. È uno “spazio” molto lontano dai nazionalismi statali ma che non rifiuta la possibilità di coesistenza dello Stato–nazione con determinate forme di istituzioni sovranazionali.

La proposta teorica di Teixeira è sicuramente originale e per certi versi si avvicina a tesi che circa dieci anni fa io stesso ho sostenuto, come ad esempio l’idea di un “diritto sovranazionale minimo” ― al quale anche Teixeira fa cenno ―, e cioè di un ordine giuridico inter-nazionale che sia in grado di coordinare i soggetti della politica inter-nazionale secondo una logica di sussidiarietà normativa rispetto alle competenze degli ordinamenti statali. Si sarebbe trattato di un ordina-mento internazionale che avrebbe concesso una quantità minima di

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potere propriamente sovranazionale ad organi centralizzati e avrebbe consentito un ricorso minimo a interventi coercitivi che non fossero di volta in volta autorizzati dalla comunità internazionale in base al prin-cipio della ‘eguale sovranità’ di tutti i suoi membri.

La mia idea di ‘diritto sovranazionale minimo’ ― ispiratami da The Anarchical Society si Hedley Bull ― applicava una logica federalisti-ca al rapporto fra le competenze normative degli Stati nazionali e le competenze normative di organi sovranazionali. Questo diritto avreb-be lasciato un ampio spazio alle funzioni della domestic jurisdiction, senza pretendere di sostituirla o di soffocarla con organismi normativi o giudiziari sovranazionali. In altre parole, l’‘ordine politico minimo’ ― proprio per restare tale, e cioè ‘minimo’ ― avrebbe dovuto fondar-si su una sorta di ‘regionalizzazione policentrica’ del diritto interna-zionale, anziché su una struttura gerarchica esposta ai rischi del cen-tralismo autocratico e dell’egemonismo neoimperiale delle grandi po-tenze.

Da tempo ho messo da parte queste mie tesi, senza tuttavia rinne-garle del tutto, per una ragione molto semplice: propongono uno schema dei rapporti internazionali troppo vago, come del resto molto vaga è anche l’idea schmittiana di Grossraum. È uno schema che tra-scura di analizzare il rapporto fra il diritto internazionale con le sue e-levate ambizioni normative, da una parte, e dall’altra, la durissima re-altà dei rapporti economici, politici e militari che oggi dividono il mondo nel contesto dei processi di globalizzazione. In tempi di global terrorism e di crescente ricorso delle grandi potenze occidentali ― in primis gli Stati Uniti d’America ― alle guerre di aggressione che fan-no strage sotto i nostro occhi di centinaia di migliaia di persone inno-centi, occorrerebbe anzitutto capire se il diritto internazionale può an-cora avere una qualche funzione normativa, e se possono averla le isti-tuzioni internazionali più o meno globalistiche, come le vorrebbe Tei-xeira.

Fenomeni come le guerre di aggressione, il terrorismo internazio-nale, la supremazia egemonica degli Stati Uniti, la strage di innocenti come nel caso recente della tragedia di Gaza, la povertà estrema di ol-tre un miliardo di persone e la morte per fame di milioni di bambini, il fenomeno altrettanto tragico delle migrazioni continentali, il disastro ecologico sempre più incombente annunciano l’avvento di un inconte-

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nibile, terroristico disordine internazionale. Prima di disegnare affa-scinanti e rassicuranti progetti di un ordine internazionale basato sul diritto e sulla coesistenza fra le civiltà e le culture in nome di valori come la democrazia, la libertà, i diritti umani, dovremmo riuscire a capire come sarà possibile nei prossimi decenni non dico eliminare la guerra, l’odio, il terrore e lo spargimento del sangue, ma almeno di ri-durre minimamente l’assoluto disprezzo della vita umana che oggi ca-ratterizza i processi di globalizzazione e le strategie egemoniche delle grandi potenze. Solo dopo avrà probabilmente senso ripensare, se non certo alla “pace perpetua” di Kant, almeno all’idea di una meno grave discriminazione mondiale fra ricchi e poveri, fra deboli e forti, fra cit-tadini privilegiati e migranti disperatamente alla ricerca, al prezzo del-la vita, di una vita migliore.

Danilo Zolo

Firenze, ottobre 2009

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Prefazione

In questo libro abbiamo cercato di affrontare il tema dei fondamenti

politici e giuridici dell’ordine internazionale. Tuttavia, la prospettiva da noi scelta per fare quest’analisi parte dalla dialettica tra globalizza-zione e sovranità nazionale, dato che questi sono i due concetti che rappresentano con chiarezza il conflitto tra l’ordine interno (protetto dal principio di sovranità) e l’ordine internazionale (che giorno dopo giorno trova nei diversi processi di globalizzazione dei mezzi per ren-dere la propria idea di ordine internazionale ― e soprattutto di società globale ― un fenomeno reale e non soltanto un’idea astratta). L’assolutizzazione del principio di sovranità significherebbe il rifiuto ad ogni processo di globalizzazione, mentre i diversi processi di que-sto fenomeno, nel caso in cui vengano assolutizzati, risulterebbero nella fine dello Stato–nazione e, di conseguenza, della sovranità na-zionale. Sarà a partire dalla descrizione di questi due concetti e poi dall’analisi del conflitto effettivo tra di loro (si veda Parte I, 2.3, infra) che si cercherà di sviluppare la seconda parte della ricerca.

La maggioranza quasi assoluta del pensiero politico–filosofico in-ternazionalistico cerca di considerare il tema dei fondamenti dell’or-dine internazionale prendendo un atteggiamento le cui proposte ven-gono chiamate “universaliste”, poichè presentano risposte e soluzioni ai problemi di quell’ordine adottando il punto di vista occidentale, e-braico–cristiano e individualista, come se questo insieme fosse una ri-sorsa inesauribile di soluzioni universalmente valide in grado di esser ricevute da parte di tutti gli altri popoli e culture del mondo. La dialet-tica tra sovranità nazionale e globalizzazione sarà il nostro punto di partenza perchè riteniamo che il conflitto tra questi due concetti illu-stra con precisione il dilemma dell’ordine internazionale: il particolare

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che cerca di mantenere la sua propria struttura interna contro l’universale che cerca di abbattere le frontiere e consolidare una vera “società globale”.

Quello che l’abate di Saint–Pierre e Immanuel Kant chiamavano la “pace perpetua” è diventato nel XX secolo molto più che un’ideale: un bene da ricercare da parte di tutti i popoli; un bene che l’intera umani-tà dovrà sempre ambire. E la ricerca di questo bene ha permesso all’universalismo di arrivare all’inizio del XXI secolo come una gran-de ideologia all’interno della quale ci sono diverse correnti giusfiloso-fiche che discutono soltanto i mezzi per rendere effettivi i princìpi, senza quasi mai discutere sulla legittimità e validità di tali princìpi suppostamente universali. Tuttavia, le guerre umanitarie, la crescente disuguaglianza tra gli Stati poveri e le grandi potenze, il fallimento morale di istituzioni internazionali come le Nazioni Unite dopo la se-conda guerra contro l’Iraq, oltre alla condizione di insicurezza collet-tiva attualmente vigente nei rapporti internazionali, ci consente di du-bitare che esista in realtà una vera “umanità”. In questo contesto, sia-mo costretti ad ammettere che è sempre più attuale il pensiero di Carl Schmitt, in particolare quando lui affermava che l’umanità «è uno strumento ideologico particolarmente idoneo alle espansioni imperali-ste ed è, nella sua forma etico–umanitaria, un veicolo specifico dell’imperialismo economico»1. L’umanità, ritenuta come un concetto assoluto e complessivo, è stata più utile ad ogni Stato che desidera impadronirsi di questo concetto e, per conseguenza, diventare padrone del mondo, anziché ad essere considerata come causa della formazio-ne di una comunità di destino universale tra popoli che cercano l’ubiquità della “pace perpetua”. Parafrasando C. Schmitt, quello che si vede è che, infatti, «chi parla di umanità, vuol trarvi in inganno»2.

Quanto alla struttura della presente opera, l’abbiamo divisa in due parti e quattro capitoli, in modo che la Parte I (Globalizzazione vs so-vranità) tratta dei concetti elementari che renderanno possibile svilup-pare con maggiore sicurezza la Parte II (Pluriversalismo vs universali-smo).

1 Carl Schmitt, Der Begriff des Politischen (1927), Duncker&Humblot, Berlin 1963, trad.

it. Le categorie del politico, il Mulino, Bologna 1972, p. 139. 2 Ibidem.

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Il Capito I della Parte I (La globalizzazione intesa nei suoi diversi contesti) è destinato a fare un’analisi del plurivoco concetto di globa-lizzazione. Però, innanzitutto, faremo una brevissima descrizione del processo storico che ha portato alla fine della Guerra Fredda; si ritiene che la caduta dell’Impero Sovietico ha reso possibile all’idea di socie-tà globale espandersi verso luoghi mai raggiunti prima, lasciando via libera, dal punto di vista ideologico, allo sviluppo dei diversi processi di globalizzazione. In seguito, comincieremo a studiare le caratteristi-che più significative della globalizzazione economica, la quale è, for-se, quell’ambito della globalizzazione che presenta i più controversi problemi. La tendenza attuale alla formazione di un globalismo politi-co sarà il punto seguente; l’abbiamo messo dopo l’economico proprio perché il condizionamento di un’agenda politica sovranazionale viene, in diverse situazioni, a seconda degli interessi degli agenti detentori del potere economico, invece di venire a seconda degli interessi dei popoli che compongono la comunità internazionale. Più avanti si arri-verà al punto che tratta dei cambiamenti che il tradizionale concetto di guerra moderna ha sofferto dopo l’avvento della globalizzazione; co-me risultato, si vedrà che già è possibile sostenere che questi cambia-menti hanno prodotto un profondo mutamento nel concetto di guerra: la guerra moderna ha perso gran parte delle sue caratteristiche essenziali, cedendo spazio al concetto di guerra globale. Infine, concluderemo il capitolo trattando dei riflessi della globalizzazione nell’ambito cultura-le, sia nel senso di formazione di una società globale, sia nel senso di diffusione dell’informazione e della creazione di mezzi per il perfe-zionamento umanistico, accademico e professionale degli individui.

Il Capitolo II della Parte I (Il concetto di sovranità ed il suo tacito processo di relativizzazione) avrà come obiettivo principale quello di definire e contestualizzare storicamente il termine “sovranità”. Il capi-tolo è stato diviso in tre parti: inizialmente abbiamo cercato di analiz-zare la dimensione e il significato del principio di sovranità nella for-mazione dello Stato moderno europeo, cominciando dai periodi pre-cedenti allo Stato moderno, fino ad arrivare all’influenza della Rivolu-zione Francese e della dottrina dei diritti dell’uomo sul principio di sovranità; la seconda parte del capitolo tratta sia dei cambiamenti della nozione “territorialista” di sovranità propria del jus publicum Europa-eum, sia del suo adattamento ai nuovi elementi in cui il principio di

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sovranità dovrà farsi presente; la terza parte, che tratta della relativiz-zazione tacita della sovranità nazionale, è il momento in cui abbiamo cercato di dimostrare come gli influssi dei diversi processi di globaliz-zazione ― in particolare, della globalizzazione economica ― sullo Stato–nazione hanno originato un processo di relativizzazione della sovranità a beneficio di agenti non–statali. Si concluderà questa terza parte e, perciò, il capitolo secondo, sostenendo l’importanza di proce-dere ad una relativizzazione espressa e democraticamente accordata della sovranità nazionale a beneficio delle strutture politico–giuridiche sovranazionali che cercheremo di difendere nella parte finale del-l’ultimo capitolo di questo libro.

Il Capitolo I della Parte II (I fondamenti politico–giuridici delle re-lazioni internazionali nelle proposte di universalismo giuridico) è il momento di transizione della nostra argomentazione. Dopo aver con-cluso l’analisi del rapporto tra sovranità nazionale e globalizzazione, in questo momento della ricerca faremo una critica delle più significa-tive proposte di universalismo politico–giuridico che hanno cercato di presentare delle soluzioni a quel rapporto escludente tra sovranità e globalizzazione. La nostra analisi critica di queste proposte sarà fon-damentale anche per definire “negativamente” la nostra posizione per quanto riguarda l’argomento in esame, ossia, per definire le proposte e posizioni che non possiamo condividere. Il primo autore che abbiamo scelto è Hans Kelsen, dato che l’austriaco, con il suo pacifismo giuri-dico, ha avuto una grande influenza sul pensiero internazionalistico del secondo dopoguerra. È stato lui che ha introdotto l’idea kantiana di pace perpetua (Zum ewigen Frieden) nel pensiero giuridico con mag-gior autorevolezza. In seguito, ci concentreremo anche sulla proposta di pacifismo cosmopolitico di Norberto Bobbio, poichè questo filoso-fo italiano è stato uno dei più conosciuti e studiati filosofi della secon-da metà del secolo scorso, non soltanto in Europa, ma anche nelle Americhe. La terza proposta, il costituzionalismo globale di Richard Falk, è una delle alternative per democratizzare il sistema internazio-nale che, negli ultimi decenni del XX secolo, ha avuto grande riper-cussione accademica e politica. La quarta proposta, la democrazia so-ciale globale di David Held, è molto simile a quella di R. Falk, però ci sono delle differenze e delle peculiarità che cercheremo di affrontare con la necessaria attenzione. Il quinto, il neocontrattualismo di John

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Rawls, viene da noi analizzato non tanto a causa delle influenze politi-che che ha avuto, ma in particolare per trattarsi di una proposta che nelle Americhe trova diversi simpatizzanti nell’ambito accademico. Ed, infine, il sesto studiato sarà Jürgen Habermas: il filosofo tedesco non ha mai scritto un trattato sulla filosofia del diritto internazionale, ma il suo cosmopolitismo viene da lui sviluppato in diverse opere che si dedicano ai più diversi argomenti internazionalistici.

Così, con il Capitolo IV della Parte II (Per un globalismo pluriver-salista articolato in spazi regionali di Stati–nazione) cercheremo di presentare gli argomenti per basare un’alternativa a questa miriade di proposte universaliste che in questo momento si trovano al centro del-le attenzioni. Inizieremo questo capitolo con il tentativo di concettua-lizzare le idee di sistema e ordine nei rapporti internazionali, poichè sarà a partire da questi due concetti che la parte finale della nostra proposta sarà sviluppata. Dobbiamo riferire che abbiamo deciso di fa-re queste definizioni concettuali soltanto in questo momento, invece di farle all’inizio, quando parlavamo della globalizzazione, per cercare di mantenere la struttura e la continuità argomentativa di questa opera, impedendo che argomenti chiaramente internazionalistici, come si-stema e ordine, venissero analizzati insieme a concetti puramente so-ciologici, filosofici ed economici come quelli analizzati nel corso del primo capitolo. Per quanto riguarda la seconda parte dell’ultimo capi-tolo, sarà in questo momento che considereremo le idee di identità cul-turale e reciprocità (riconoscimento) come alternative al tradizionale volontarismo politico che vige nelle relazioni internazionali. L’obiet-tivo di questa parte sarà quello di enfatizzare la significanza delle tra-dizioni storico–culturali nell’ordine internazionale. Nella terza parte di questo capitolo cercheremo di sviluppare il concetto di “spazi regiona-li” ed il loro ruolo nell’ordine politico–giuridico internazionale. A par-tire dalla teoria schmittiana dei “grandi spazi” (Grossraumlehre), svi-lupperemo la nozione di “spazio regionale” come concetto centrale della nostra proposta di globalismo pluriversalista. Mentre le comuni-tà regionali hanno il territorio degli Stati come loro misure, sosterremo che il concetto di spazio corrisponde più a una realtà dinamica e fles-sibili ― come la realtà presentata dalla globalizzazione ― che il con-cetto di territorio, di modo che lo “spazio regionale” sarà per eccellen-za l’istanza intermediaria tra gli Stati–nazione e l’ordine sovranazio-

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nale. Infine, l’ultima parte tratterà del livello al di sopra degli spazi re-gionali, cioè del “diritto sovranazionale minimo” ed il suo ruolo nell’ordine politico–giuridico internazionale.

In questo senso, desideriamo arrivare alla fine di questa opera in grado di presentare gli elementi epistemologici e fondanti di una pro-posta alternativa sia all’universalismo di origine kantiana, sia ai regio-nalismi (e nazionalismi) che rifiutano la possibilità di coesistenza del-lo Stato–nazione con qualsiasi sorta di istituzione sovranazionale. No-nostante il fatto che, anche dal punto di vista concettuale, “glo-balismo” e “pluriversalismo” siano concetti a priori opposti e esclu-denti tra loro, l’idea di globalismo pluriversalista cerca di rendere compatibile il tradizionale Stato–nazione con i diversi processi di globalizzazione che sono ogni volta più complessivi e presenti al-l’interno delle società che compongono gli Stati.

La dottrina costituzionalistica e internazionalistica ha cercato, negli ultimi decenni del secolo scorso, mezzi teorici di adattare l’idea di so-vranità nazionale alle caratteristiche dei processi di globalizzazione. Ci sono esempi di riletture del concetto di sovranità ai quali la nostra proposta di globalismo pluriversalista si mostra assolutamente compa-tibile, come quella riconsiderazione teorica presentata da András Ja-kab che sostiene la necessità di una “new comprise formula”3 capace di “neutralizzare” la questione della sovranità tramite il rafforzamento dell’integrazione europea; 4 d’altro canto, alla nozione di sovranità temperata, avviata da Maurizio Fioravanti, l’idea di spazi regionali può presentarsi come un’eventuale modello istituzionale alternativo di “forma politica più ampia”5.

3 A. Jakab, Neutralizing the Sovereignty Question. Compromise Strategies in Constitu-

tional Argumentations about the Concept of Sovereignty before the European Integration and since, in ‘European Constitutional Law Review’, 2 (2006), pp. 377–378.

4 «So, how can we solve on a legal level the conflict between European integration and national sovereignty? What should be our answer to the question concerning sovereignty in the European Union? My point is exactly that it is a misunderstanding that we even should answer the question. The real lawyerly task (as we have seen analogically in different consti-tutional laws) is to neutralize this question. There are times where straight answers are needed ― like the 16–17th centuries. And there are times where straight answers are not needed ― like now». Ibidem, p. 397.

5 «Bisogna iniziare a pensare ad una sovranità temperata, che esiste solo all’interno di una forma politica più ampia». Maurizio Fioravanti, La forma politica europea, in Mario Ber-

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Anzichè presentarsi come una soluzione definitiva ai problemi dell’ordine internazionale, questa proposta di una teoria pluriversalista del diritto internazionale possiede lo scopo di porsi come un’alter-nativa ausiliare in grado di adattarsi a diverse altre proposte. È preci-samente per questa ragione che non abbiamo affrontato in questa sede il tema del contenuto sostanziale dei diritti umani: il nostro obiettivo è cercare di definire una struttura all’interno della quale ogni spazio re-gionale possa sviluppare il proprio “catalogo” di diritti umani, di modo che spetterà poi all’ordine politico–giuridico sovranazionale il compito di raccogliere gli elementi condivisi tra tutti gli spazi regionali.

Come si vedrà, la difesa di un globalismo politico–giuridico non–universalista potrà essere sostenuta tramite l’inserimento degli “spazi regionali” come istanze di regolazione internazionale capaci di mante-nere la figura dello Stato–nazione ― e il loro principio di sovranità, ormai relativizzato oppure “temperato”, secondo M. Fioravanti ― come forma di organizzazione politica interna dei popoli, mentre con-sidera il concetto di spazio regionale come punto centrale della struttu-razione istituzionale dell’ordine internazionale. Ossia, si sosterrà un globalismo basato su un pluriversum di spazi regionali.

Porto Alegre (Brasile), ottobre 2009

tolissi; Giuseppe Duso e Antonino Scalone (a cura di), Ripensare la Costituzione, Polimetrica, Monza 2008, pp. 38–39.

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Parte I

Globalizzazione vs sovranità

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Capitolo I

La globalizzazione intesa nei suoi

diversi contesti

Pensare oltre alle proprie frontiere e cercare di raggiungere i confi-ni del globo terrestre non sono novità nella storia dell’umanità. Da Genghis Khan ad Alessandro Magno possiamo trovare personaggi che hanno condotto le loro azioni politiche a partire da obiettivi espansio-niste e imperialiste. Tuttavia, il componente innovatore presentato dal-la globalizzazione è che l’agente attivo ― in altre parole, il conquista-tore ― non si mostra presente ― almeno chiaramente ― e fa in modo che il fenomeno abbia la caratteristica di rappresentare una serie di processi di integrazione economico–sociale che vanno oltre i confini dello Stato–nazione e di tutta la struttura politico–giuridica esistente1 L’informatizzazione dei rapporti sociali ed economici, avvenuta negli ultimi decenni del secolo scorso, ha permesso che la “società globale” finalmente fosse sentita ― anche se in modo incipiente e controverso ― nel mondo: il fatto che qualsiasi individuo, in qualsiasi luogo del mondo, possa entrare in contatto e stabilire rapporti interpersonali con qualsiasi altro individuo del mondo, stabilisce un punto di riferimento nel reale avvento della globalizzazione.

Dovuto al fatto di presentarsi come un fenomeno capace di produr-re un approccio inter–culturale mai visto nella storia dell’umanità, la globalizzazione è oggi uno dei concetti più problematici nell’universo

1 Nello stesso senso, possiamo riferire Danilo Zolo, Globalizzazione. Una mappa dei pro-

blemi, Laterza, Roma–Bari, p. 3; ed Ulrich Beck, Was ist Globalisierung? Irrtumer des glob-alismus, Antworten auf Globalisierung., Suhrkamp, Frankfurt a.M 1997, trad. it. Che cos’è la globalizzazione? Rischi e prospettive della società planetaria, Carocci, Roma 2001, p. 13.

Parte prima – Globalizzazione vs sovranità 26

accademico, sia nella economia, nella scienza politica o nel diritto, e anche nell’ambito politico, dovuto alla forte tendenza all’ideologiz-zazione che accade, in particolare, in alcuni paesi arretrati e in altri in via di sviluppo.

Molte volte la complessità di una struttura concettuale frammentata in diversi sottosistemi interni viene rappresentata da una parola magi-ca che sembra significare l’insieme e le parti allo stesso tempo. È co-me se tutte le particolarità e la propria dinamica interna che ogni sot-tosistema possiede non significasse nulla dal punto di vista contestua-le, dato che tutto si racchiude in un solo e aprioristicamente “elucidan-te” concetto. Una confusione concettuale come questa può essere tro-vata nella parola “globalizzazione”. Dal momento in cui è entrata nel lessico del mondo imprenditoriale e economico–finanziario, all’inizio della seconda metà del secolo scorso, e si è affermata nelle scienze so-ciali e anche nell’uso comune, nell’ultimo decennio dello stesso seco-lo, possiamo vedere come una singola parola possa essere utilizzata in diversi contesti: globalizzazione dei mercati, globalizzazione del lavo-ro, globalizzazione culturale, ecc. In virtù di tutti questi significati che la stessa parola ha incorporato allo stesso tempo, siamo consapevoli che uno studio che si propone di analizzare questioni concernenti alla globalizzazione deve, prima di tutto, definire su quali argomenti la ri-cerca sarà sviluppata e con base in quale supporto epistemologico la-vorerà, caso contrario c’è il rischio di perdersi nella vaghezza e nel-l’imprecisione.

Così, cominciamo la ricerca cercando di descrivere come la globa-lizzazione si svolge nei suoi diversi ambiti di attuazione, per poi preci-sare con chiarezza le ragioni che ci hanno fatto scegliere gli aspetti po-litici e giuridici della globalizzazione come punti centrali per avviare la nostra ricerca.

Per abbordare il tema in un modo più facile, analizzeremo, in un primo momento, (1) come la fine della Guerra Fredda ha contribuito all’affermazione della nozione di “società globale”; nei punti succes-sivi procederemo allo studio dei diversi contesti in cui la globalizza-zione si è svolta con maggiore importanza: (2) economico, (3) politi-co, (4) militare e (5) culturale.