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Teorie dello sviluppo regionale Quali meccanismi regolano lo sviluppo dei sistemi economici ?

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Teorie dello sviluppo regionale

Quali meccanismi regolano lo sviluppo dei sistemi economici ?

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Teorie dello sviluppo economico (regionale). Dal secondo dopoguerra….

La dimensione regionale dello sviluppo si è posta come tema in tempi abbastanza recenti, quando come si è visto da un lato alcuni economistihanno promosso l’importanza dello spazio nell’analisi economica (Isard) e dall’altro si è resa evidente la limitatezza dell’approccio neoclassico di fronte alla crisi economica per cui sono emerse nuove visioni (Keynes).

Due modi fondamentali di interpretare il processo di crescita economica:

a) Un processo attraverso il quale ogni regione alla fine raggiungerà lo stesso livello di sviluppo (modelli di crescita lineare);

b) Un processo che va avanti proprio attraverso l’introduzioneprogressiva di squilibri:

1) perchè le forze economiche tendono a convergere in spazi specifici;

2) perchè possono esservi specifici meccanismi che rafforzano la crescitaproprio in questi spazi specifici.

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Source: Scott A.J., Storper M., Regional development reconsidered, WP n. 1, 1990 (downloadable)

Il problema dello sviluppo alla scala regionale, le differenze spazialidei ritmi di crescita diventa importante nel periodoimmediatamente precedente e successive alla seconda Guerra mondiale.

Molte erano le regioni dell’Europa occidentale e degli Stati Unitiche sembravano incapaci di recuperare dalla grande depressione e dagli effetti della Guerra; in più, nel periodo postbellico vengonoimplementati alcuni piani di intervento al fine di redistribuire le risorse dale regioni più dinamiche a quelle meno dinamiche.

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Source: Scott A.J., Storper M., Regional development reconsidered, WP n. 1, 1990 (downloadable)

Negli anni ‘50 inoltre, in molti paesi del cosiddetto Terzomondo vengono creati importanti programmi di sviluppoe crescita.

Sono sforzi condotti tutti grazie ad una prospettivaintellettuale commune secondo la quale la crescitaeconomica nel Sistema capitalistico è un processo chetende a creare regioni altamente sviluppate (core regions) da un lato e regioni in ritardo di sviluppo, periferiche e dipendenti dall’altro.

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Fonte: Scott A.J., Storper M., Regional development reconsidered, WP n. 1, 1990 (disponibile online); Garofoli G., Economia del Territorio, Etaslibri (disponibile online)

Via via che la letteratura sullo sviluppo regionale matura negli anni Cinquanta e Sessanta, si formano due correnti facilmente individuabili:

1) Una corrente di sinistra, che propone la teoria dello scambio ineguale supportatadalla visione del mondo dominato dalla divisione internazionale del lavoro per cui le regioni industriali. E’ una visione dello squilibrio come qualcosa di funzionale al processo di sviluppo economico, per cui è inevitabile che si verifichino forme di sottosviluppo regionale, anzi è condizione necessaria allo sviluppo di alcune regioniche altre manchino lo sviluppo.

2) Una corrente di destra (con il lavoro di Borts e Stein del 1964 e il volume di Rostow tra i principali esponenti) nella quale viene affermato che le differenzeregionali sono semplicemente l’espressione di differenti vantaggi comparativi, e chegrazie agli aggiustamenti di mercato le disuguaglianze regionali del redditosarebbero divenute nulla di più di un problema temporaneo in grado di risolversi da solo. Questa prospettiva si sposa sul piano epistemologico con la tradizioneneoclassica e l’idea che lo squilibrio sia un fatto transitorio che prima o poi verràsanato dall’agire delle libere forze di mercato.

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Fonte: Scott A.J., Storper M., Regional development reconsidered, WP n. 1, 1990 (disponibile online); Garofoli G., Economia del Territorio, Etaslibri (disponibile online)

Nel mezzo, vi sono alcuni economisti come Boudeville (1966), Hirschman (1958), Myrdal (1957) e Perroux (1950).

Sono i principali esponenti di una corrente che individual vari tipi di effetti e di forze di agglomerazione/polarizzazione come I principaliresponsabili del fenomeno di diseguaglianza tra regioni del centro e della periferia. L’idea è che dunque il libero funzionamento del meccanismo di mercato promuove uno squilibrio nell’impiego dellerisorse.

Si tratta di modelli ispirati alla teoria keynesiana, che dunqueconsiderano l’arretratezza economica principalmente un problema di domanda insufficiente dei fattori produttivi, e in particolare del lavoro.

Principali esponenti sono Myrdal e Perroux che lavorando in paesidiversi arrivano ad interpretazioni molto simili attraverso metodidiversi.

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1) Teorie neo-marxiste dello sviluppo e degli squilibri regionali

La lettura marxista del rapporto tra sviluppo e sottosviluppo nasce dalla generalizzazione dei rapporti fra sistemi economici alla scala internazionale per cui:- è un’interpretazione che articola su diverse scale il rapporto sviluppo/sottosviluppo;- Non nasce per descrivere rapporti spaziali ma proietta nello spazio rapporti

sociali ritenuti forza strutturante l’economia e la società.Marx non a caso produce elevati livelli di astrazione nei quali introdurre via via ogni struttura concreta ed ogni scala geografica. In linea molto generale, il capitalismo si espande reclutando sempre maggiori quote di popolazione come fonte di plusvalore assoluto. Si instaureranno probabilmente rapporti di dominio/sfruttamento tra i diversi modi di produzione.

(Fonte: Conti S., Geografia Economica, p. 155)

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Neo-marxismo. Teoria della dipendenza

Paul Baran (1957) è una figura di spicco del pensiero neo-marxista. Secondo questo autore nessun paese sottosviluppato può, considerando le condizioni che si sono stabilite nel secondo dopoguerra, rompere la relazione di dipendenza e raggiungere un livello di sviluppo paragonabile a quello dei paesi avanzati.

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Tre tipi di dipendenza• Diretta (periodo/condizione coloniale): il Centro sfrutta/possiede direttamente

la Periferia e le sue risorse

• Indiretta (periodo/condizione post-coloniale): il capitale industriale del Centro domina la periferia attraverso l’alleanza con le classi dominanti locali (latifondisti, militari, etc.). Il Centro utilizza le materie prime a basso costo ed esporta manufatti in Periferia.

• Tecnologico-finanziaria (contemporanea):

– Il centro presta risorse finanziarie alla periferia

– La periferia usa i prestiti per acquistare tecnologia, consulenze e servizi dal centro, indebitandosi..

I più radicali tra i teorici della dipendenza sostengono che gli aiuti internazionali riproducono la dipendenza e accentuano il sottosviluppo (totale capovolgimento teoria sviluppo equilibrato)

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Il centro si appropria della ricchezza prodotta nella periferia ed è così che può progredire.

I fattori tecnologici o non naturali sono più importanti delle risorse naturali non-trasferibili . I paesi che possiedono i fattori sociali e artificiali tendono ad aumentare il proprio vantaggio.

E’ l’ipotesi dello scambio ineguale.

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Teoria dello scambio ineguale

Il drenaggio di risorse (sottrazione del surplus) tra paesi avanzati e paesi in via di sviluppo viene spiegato attraverso l’operare di alcuni meccanismi economici:

- generalmente, i paesi avanzati sono specializzati nella manifattura mentre i paesi in via di sviluppo nei prodotti primari. Secondo i classici si tratterebbe di una divisione del lavoro vantaggiosa per entrambi (vantaggi comparati). In realtà di è osservato che questo scambio a) ha prodotto un aumento del divario tra i due gruppi di paesi e b) i paesi in via di sviluppo devono esportare sempre di più per pagare i prodotti industriali. Il vantaggio relativo dipende sempre meno dalla dotazione di risorse e sempre più dalla disponibilità di capitale e tecnologia.

(Fonte: Conti S., Geografia Economica, p. 175)

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Scambio ineguale e ragioni di scambioDiversamente da quanto sostenuto dalle teorie classiche e neoclassiche, la teoria neo-marxista afferma che vi è un divario intrinseco nelle «ragioni di scambio» che penalizza i paesi in via di sviluppo. Le merci scambiate hanno un valore che dipende dalla combinazione dei fattori utilizzati nel processo produttivo.

1) Maggiore sarà il contenuto di capitale e tecnologia e maggiore sarà il prezzo di mercato del bene che viene scambiato con un prodotto semplice frutto solo del lavoro.

2) Condizioni complesse, innovatività, monopolio chiedono maggiore remunerazione dei fattori e dunque prezzi più elevati. L’economia sottosviluppata si trova spesso a dover competere con altre economie, visto che offre beni elementari; così finisce col cedere quote del proprio surplus;(Fonte: Conti S., Geografia Economica, p. 174)

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3) Se anche la composizione organica del prodotto fosse uguale tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, le merci prodotte nei secondi incorporerebbero normalmente un livello di salari e profitti inferiore rispetto a quelli delle merci prodotte nei primi. Anche in questo caso la differenza nelle ragioni di scambio produce una sottrazione di surplus da parte dei paesi avanzati.

(Fonte: Conti S., Geografia Economica, p. 175)

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Il sistema mondo di I. Wallerstein

Il sistema capitalistico è visto nel suo obiettivo generalizzato di produrre il massimo profitto. Il mondo viene così rappresentato secondo un ordine gerarchico prodotto dalla dipendenza di alcune aree rispetto ad altre:

1) Il centro, ossia il cuore dell’accumulazione capitalistica;

2) La semiperiferia, che è funzionale al centro perché consente di controllare le aree periferiche;

3) La periferia, ossia una vastissima quantità di paesi arretrati che forniscono materie prime, prodotti agricoli, manodopera a basso costo cedendo via via la propria ricchezza e le proprie possibilità di sviluppo.

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“This book presents an economic historian’s way of generalizing the sweep of modern history. The form of this generalization is a set of stages-of-growth”

(W. W. Rostow, The stages of economic growth. A non communist manifesto, 1960)

Ogni stadio ha sue proprie caratteristiche per cui per raggiungere lo stadio successivo ogni regione deve dotarsidelle condizioni specifiche necessarie al passaggio. Le forze di mercato non sono di per sè sufficienti. E’ necessario invece operare una serie di investimenti

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3) La teoria dello squilibrio regionale (modello centro-periferia)

Durante gli anni Cinquanta e Sessanta si fa strada l’idea che lo sviluppo non sia un processo tendente naturalmente all’equilibrio.

Secondo I ricercatori che lavorano in questo senso, in primo luogo F. Perroux e G. Myrdal, ci sono forze che conducono alla concentrazione della crescita economica solo in particolariluoghi (paesi, regioni, città). Dunque I divari internazionali ed interregionali possono persisteree anzi espandersi nel tempo.

E’ dunque possibile che il processo di sviluppo proceda attraverso l’introduzione progressiva di squilibri nell’uso delle risorse

I concetti chiave sono agglomerazione e spazio.

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Regional development theories(Boudeville/Perroux/Hirschman/Myrdal)

E’ un approccio allo sviluppo del tipo “second nature” ….

L’approccio “first nature” tende a spiegare la localizzazione e lo svilupporegionale richiamando fattori esogeni. La presenza di risorse naturali è ilfattore primario nel determinare la localizzione e le differenze spaziali. Ma questo non consente di spiegare anche perchè il processo è spessocumulativo.

Vi sarebbero, secondo I teorici del “second nature” fattori endogeniattraverso I quali leggere la progressiva agglomerazione spaziale.

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G. Myrdal (1898-1987) Il principio di causazione circolare cumulativa

Myrdal’s concept of “cumulative causation”: “the possibility that changes in a given variable in the social system will ‘not call forth countervailing changes but, instead, supporting change, which move the system in the same direction as the first change but much further” (Meardon, 2001, p. 43).

Tutto parte da un ‘accidente storico’ (first nature non c’entrerebbe niente): «Within broad limits thepower of attraction today of a centre has its origin mainly in the historical accident that something wasonce started there, and not in a number of other places where it could equally well or better have beenstarted, and that the start met with success. Thereafter the ever-increasing internal and externaleconomies (…) fortified and sustained their continous growth at the expenses of other localities andregions where instead relative stagnation or regression become the pattern» (G. Myrdal, Economictheory and under-developed regions, 1957, p. 41).

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Secondo Myrdal, il gioco delle forze di mercato tende normalmente ad accrescere anzichè a far diminuire le ineguaglianze tra le diverse aree.

Il modello è costruito sull’idea che esistano rendimenti crescenti (economie di scala in termini monetari) a livello dell’intera area.

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Source: http://www.geo41.com/disparities-wealth-development/#origin-of-disparities

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Agglomerazione spaziale

Per agglomerazione si intende quel fenomeno che porta diversi attori ed attività economico-produttive a localizzarsi gli uni vicini agli altri.

Dall’agglomerazione spaziale nascono le economie esterne (di agglomerazione), ossia tutto quell’insieme di vantaggi per l’impresa che derivano dall’esterno (fornitori specializzati, mercato del lavoro qualificato…).

E’ F. Perroux a stabilire per primo l’idea della relazione tra economie esterne, agglomerazione e distanza.

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Scott e Storper, Regionaldevelopment reconsidered, 1990

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F. Perroux propone una teoria dello sviluppo regionale nelquale gli agenti, gli attori e le attività hanno un ruoloimportante.

1) Rigetta la teoria dell’equilibrio economico generale Walras;

2) Il suo scopo è quello di integrare progressivamente, in unateoria rigorosa ma realistica, il ruolo del potere economico.

(Source: Meardon S., Modeling agglomeration and dispersion in city and country.

Gunnar Myrdal, François Perroux and the NEG, American Journal of Economics and Sociology, 60, 1, 2001, pp. 25-57)

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Le relazioni tra attori

The asymmetric and irreversible action of a firm (or other units) on the others

(Source: Meardon S., Modeling agglomeration and dispersion in city and country. Gunnar Myrdal, François Perroux and the NEG, American Journal ofEconomics and Sociology, 60, 1, 2001, pp. 25-57; figure is at pag. 38)

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Perroux

L’idea del potere insito nelle relazioni e del fenomeno delladominazione viene introdotto nei concetti portanti della teoria di Perroux, il polo di crescita e il polo di sviluppo.

Si tratta di una concentrazione geografica di attività economiche, solitamente dominate da un’industria o da un gruppo di industriefortemente interrelate. In questo contesto la crescita di un’industriapuò generare crescita nelle imprese operanti nel polo (crescitadimensionale-polo di crescita) oppure generare una dialettica dellestrutture sociali ed economiche I cui effetti sono l’aumento dellacomplessità del Sistema e l’espansione multidimensionale dellostesso (polo di sviluppo).

(Source: Meardon S., Modeling agglomeration and dispersion in city and country. Gunnar Myrdal, François Perroux and the NEG, American Journal ofEconomics and Sociology, 60, 1, 2001, pp. 25-57)

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Perroux

L’industria propulsiva consente di tradurre in sviluppo la dominazione. L’asimmetria delle relazioni consente ad alcune industrie di promuovere l’espansione in altre.

Nell’idea di Perroux le interdipendenze tra le imprese vanno ben oltre il Sistema dei prezzi.

Per lui il profitto di un’impresa è funzione del suo output ma anche dell’output di altre imprese; e lo stesso vale per interi settori industriali.

A fare da tramite, lo spazio, la concentrazione fisica, l’agglomerazione

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Caratteristiche dell’industria motrice

Polo di sviluppo è costituito da un’ industria motrice = Magnete -polarizzazione

• Industria che supera certe b) dimensioni: complesso con grandi capacità produttive (non un distretto o un semplice aggregato di più industrie)

• Deve avere c) carattere propulsivo: coinvolge un elevato numero di altre industrie e rivolgersi a più settori economici

• Deve operare in un d) settore dinamico (in espansione, innovativo)

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• Il dinamismo è dato dall’innovazione e dai seguenti caratteri :

• ALTI INVESTIMENTI INIZIALI

• RENDIMENTO CAPITALE INVESTITO

• TEMPISTICA LUNGO PERIODO

• RUOLO PUBBLICO

• Il carattere propulsivo significa che l’industria:

• coinvolge un elevato numero di altre industrie di diversi settori economici fenomeno che si esamina attraverso la tavola inter-settoriale (input output)

• Studio introdotto da LEONTIEF per descrive i flussi di beni e servizi tra tutti i settori di un aggregato economico (paese, regione..) «isolato» in un dato arco di tempo

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Propagazione e pianificazione

Dai “poli di crescita” lo sviluppo si propaga in modo diverso, coinvolgendo parti diverse dello stesso spazio.

I POLI sono le imprese o le attività motrici che generano un effetto moltiplicatore e dunque delle economie esterne suscita la crescita e la localizzazione di altre attività economiche

Allora in una regione depressa sarà possibile rompere la stagnazione localizzando un’Impresa Motrice.

In quali condizioni?

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Spazio astratto topologico

un “campo di forze” centripete e centrifughe nell’ambito del quale soggetti e mezzi di produzione vengono attratti e respinti in maniera selettiva da e verso i diversi luoghi.

Lo sviluppo economico non avviene in ogni luogo nella stessa misura, ma ha origine in pochi punti dello spazio, nei “poli di crescita”

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Spazio come campo di forze

•Spazio generato dal campo di forze del polo nasce dall’intersezione tra lo spazio geonomicoe lo spazio economico

•Lo spazio geonomico è uno spazio banale che è individuato dagli elementi quali pianure, fiumi, monti unitamente a elementi quali gruppi umani come a punti localizzati geonomica(latitudine; longitudine).

•Le relazioni sono dettate dallo spazio economico ossia lo spazio strutturato dell’economia

•I campi di forze sono generati dai flussi economici (ad esempio il movimento dei lavoratori ossia capacità di un’impresa ad attrarre lavoratori)

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Questione meridionale e poli di sviluppo (Cassa per il Mezzogiorno (1950-1984)

Settori: industria pesante, acciaio, petrolchimica, automobili

Taranto, Augusta, Milazzo, Gela, Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Vasto, Cassino, Bagnoli, Brindisi, Gioia Tauro, ecc.

Proprietà pubblica (IRI); dal 1992 incentivi e subsidi (€ 140 billions since 1992)

(www.treccani.it)

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Crisi dei modelli dopo la crisi del fordismo

Che cosa emerge nella realtà economico-produttiva:

- Articolazione policentrica delle attività economiche (distretti e cluster) e delle residenze (city regions e megacity regions);

- Emergere di percorsi autonomi e plurali dello sviluppo (fuori dai tradizionali circuiti fordisti e in forme del tutto nuove);

- Diffusione della produzione (minor ruolo della distanza) e contemporanea ricentralizzazione di alcune funzioni;

- Incremento esponenziale delle relazioni tra territori;

- Emergere delle variabili ‘non economiche’ e ‘non materiali’

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Nuovi concetti e chiavi di lettura

• Untraded interdependencies;

• Istituzioni (formali ed informali)

• Radicamento territoriale e sociale dell’impresa;

• Apprendimento collettivo

......

Capitale sociale (Putnam, 1993): «social networks and the norms of reciprocity and trustworthiness that arise from social connections among individuals», i fattori di «civic consciousness/engagement», le istituzioniformali (associations, clubs, guilds, «civil society»), sono fondamentali per far funzionare la democrazia (e per la prosperità economica ).

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New regionalism anche nella lettura dei fattori di sviluppoRegioni, luoghi e territori divengono scale cruciale per immaginare, progettare ed implementare le politiche di sviluppoA dover essere costruite non sono soltanto le infrastrutture materiali ma anche (e forse soprattutto) le istituzioni (formali ed informali), le relazioni (I fattori che favoriscono le relazioni, ma anche elementi intagibili come ilradicamento, la cooperazione), la cultura (l’identità, il senso di appartenenza..)Il New regionalism prevede:• un approccio “region specific”, al contrario dei modelli tradizionali

‘standardizzati’ e basati sull’impresa• Un approccio ‘bottom-up’ (vs. top-down)• Un approccio ‘plural-actor’ (vs. ‘state-driven’)

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Eppure…. Politiche standardizzate ancora nel 2006 – World Development Report (WB)

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I nuovi modelli di sviluppo richiedono/promuovono un diverso processo decisionale• Sussidiarietà: ‘bring politics closer to citizens’

• Governance: “Governing without governments” (Rhodes, 1996), with non-state, non-public, intermediate actors

• partecipazione: “Development as freedom” (A. Sen)

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Complessificazione del processo decisionale e devoluzione dei poteri dello Stato verso il basso e verso l’alto (C. Emanuel)

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Approcci alle funzioni e approcci ai territori

Friedmann e Weaver (1979): due accezioni contrapposte del concetto di sviluppo regionale:

- Funzionale. Lo spazio è immaginato come razionalmente strutturato in centri e reticoli. Operativamente, le politiche regionali seguono i concetti delle scienze spaziali (polarizzazione, gravitazione, diffusione…). Modelli di sviluppo esogeno, dall’alto…

- Territoriale. L’approccio privilegia l’attivazione di fattori di sviluppo endogeni, per cui l’attenzione si rivolge alle specifiche forme di organizzazione del territorio. Le specificità del territorio diventano fondamentali nel definire il percorso di sviluppo. Modelli di sviluppo endogeno, autocentrato, fondato sull’identità regionale (esempio delle tecnologie appropriate)

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Esempi del primo tipo in Italia

Nel 1921 il Mezzogiorno diventa a tutti gli effetti un’area in ritardo di sviluppo indicata dall’andamento dei tassi di PIL-pro capite rispetto alla media italiana

Nel 1951 il divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno diventa evidente e l’Italia assume i caratteri di un’economia dualistica.

A partire dagli anni ’50 con il Governo De Gasperi si avvia e l’intervento straordinario, protraendosi fino al 1992.

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Schema Vanoni (1954) – Piena occupazione e riduzione del divario nord-sud

• Schema di sviluppo della occupazione e del reddito nel decennio 1955-1964. Guardava alla necessità di una più incisiva politica di intervento, nel quadro del rilancio del processo di integrazione europea, capace di saldare il progresso economico che cresceva a ritmi accelerati, ad una politica di giustizia sociale e ridistribuiva, puntando l’accento sul problema dell’industrializzazione.

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Lo Stato ha il compito di innescare il processo di sviluppo nelle regioni rendendo conveniente per un imprenditore privato l’investimento.

Le azioni concrete dello Stato:

• 1) riforma agraria

• 2) realizzazione delle infrastrutture necessarie al fine di rendere competitivi, rispetto alle altre regioni, i costi d’impianto e di funzionamento delle industrie

• 3) Agevolazioni fiscali e Investimenti diretti

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Creare le condizioni localizzative per le imprese esternePOLITICA DI INFRASTRUTTURAZIONE:

a) l’insieme di tutte quelle opere di attrezzatura industriale (allacciamenti stradali e ferroviari, fognature, nonché di tutte le iniziative ritenute utili per lo sviluppo industriale della zona

b) “teoria delle economie esterne»

c) doveva essere in grado di eliminare i fattori negativi (le cd. diseconomie), che rendevano eccessivamente gravoso per un’impresa l’insediamento in regioni, in larga misura meridionali.

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Legge n. 634/1957. Sviluppo per poli

Recupero ritardo industrializzazione schemi legislativi: nelle leggi 29/07/1957, n. 634

- legge 18/07/1959, n. 555

- legge 20/09/1962, n. 1462

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Caratteri dei poli

• Investimenti dall’esterno delle Partecipazioni Statali e dei grandi gruppi privati (soprattutto 1969-73)

• SETTORIPRIVILEGIATI:• siderurgia raffinazione petroli petrolchimica• chimica primaria meccanica elettronica

• Polo Taranto siderurgia• Petrolchimica: Sicilia (Augusta , Milazzo, Gela)• Meccanica Napoli

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1992 – Legge 488 – un altro approccio è possibile?• Termina l’intervento straordinario.

• Politiche di sviluppo rurale e Gruppi di Azione Locale (UnioneEuropea-anni Novanta)

• Programmazione negoziata e Patti territoriali (1998)

• Progetti territoriali integrati (Fondi europei di coesione 2003)

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La programmazione negoziata (www.mise.gov.it)

• La Programmazione negoziata (1995-) è nata sull'esempio degli orientamenti comunitari che indicavano nell'indirizzo dal basso e nella localizzazione geografica degli interventi, i rimedi alle disfunzioni delle politiche pubbliche per il risanamento strutturale degli squilibri territoriali.Ha lo scopo di regolare gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati e che comportano attività decisionali complesse, nonché la gestione unitaria delle risorse finanziarie mediante l'individuazione di precisi strumenti di attuazione:

• Patti territoriali

• Contratti di programma

• Contratti di area

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Patto territoriale (www.camera.it)

• Il “Patto territoriale”, quale espressione del partenariato sociale, consiste nell'accordo tra più soggetti (enti locali, soggetti pubblici operanti a livello locale, rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali, soggetti privati) per l'attuazione di un programma di interventi nei settori dell'industria, agroindustria, agricoltura, pesca e acquacoltura, produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati.

• Il patto territoriale deve essere caratterizzato da obiettivi di promozione dello sviluppo locale in ambito sub-regionale compatibili con uno sviluppo ecosostenibile.

• I patti territoriali possono essere attivati su tutto il territorio nazionale, fermo restando che le specifiche risorse destinate dal CIPE sono riservate esclusivamente ai patti attivabili nelle aree depresse.

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Principali tipologie di patti territoriali

• Patti di 1° Generazione (n.12) D.L. 244/95 convertito in Legge 341/95 (Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia)

• Patti di 2° Generazione (n.85) L. 662/96 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, E. Romagna, Friuli, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto)

• Patti Agricoli (n.91) Delibera CIPE 29/1997 (Basilicata, Calabria, Campania, E.Romagna, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia,Toscana, Umbria, Veneto)

• Patti Territoriali per Terremotati…... (n.32) (Calabria, Campania, E.Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia,Toscana, Veneto)

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Le politiche europee di coesione

Place based vs spatially blind…

(EU Cohesion Policies 2014-2020)

a) Investimenti Territoriali Integrati

b) Community-led local development (CLLD)

= integrazione di diversi fondi strutturali; strategie multidimensionali e dirette a regioni o quartieri urbani; approccio bottom-up con partecipazione attiva di gruppi locali, con privati o società civile; cooperazione e networking

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