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Il quotidiano della Sq. Rondini, reparto Vega, Alcamo 1!
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1
The Rondini’s Time
Anno nuovo, vita nuova.
Quante volte abbiamo sen-
tito pronunciare questa fra-
se? Quest’anno anche per
l’Italia, per il nostro paese,
si è aperto il 2012, e come
già anticipato una vita più
dura apre le porte agli Ita-
liani. Nuove misure, tagli,
riforme, ci aspettano per
cercare di riportare a galla
il nostro paese, che già da
qualche tempo è affondato
trascinato dal grande e pe-
sante macigno del debito
pubblico. Saremo in grado di affrontarle? Non possiamo avere ancora voce in ca-
pitolo, ma in ogni caso queste misure ce le stanno iniettando dentro con o senza la
nostra volontà. E in tutto questo i politici, deputati, parlamentari, senatori, dove
sono? Si nascondono all’appello. Tutti siamo chiamati a fare sacrifici in questo
duro periodo di crisi, e anche loro devono fare la loro parte. Continua a pag. 2
Crisi, crisi e ancora crisi!
3 Marzo 2012 €0,00 anno I mese I giorno I R’s Time
Stanno lì, guardano attenti.
Dentro una casa di riposo
c’è odore di vecchio. Den-
tro una casa di riposo sem-
bra che tutto ormai sia
passato, la vita con i suoi
anni felici. Alcuni sono
rannicchiati su se sé stessi,
quasi vogliano isolarsi,
quasi vogliano sentire,
percepire di nuovo sulla
loro pelle il profumo, l’aria
degli anni passati. Altri
recitano il rosario, prega-
no, forse in vista di ciò che
li aspetta. Altri non posso-
no, non parlano più ormai
da tanto tempo. Lo sguardo
fisso al pavimento. Sembra
perdersi in qualcosa che tu
non puoi capire. Ricordi,
emozioni, sentimenti, rac-
chiusi in esseri lasciati,
alcuni abbandonati dentro
una casa di riposo. Altri
finiti lì per la solitudine.
Essere lì opprime. Pensi
che mai vorrai finire come
loro. Ma poi, quando inizi
a parlargli, quando inizi ad
intrattenerli cantando qual-
che canzone, quando vedi
quella signora rannicchiata
su sé stessa, che non può
più parlare, battere le sue
fragili manine, tu in quel
momento scopri un mondo
nuovo, un mondo che mai
ti saresti immaginato. Il
mondo degli anziani. Par-
lano, scherzano, ballano,
fanno con te persino il
trenino sul ritmo di una
canzone giamaicana. Ma
soprattutto raccontano, e
fanno rivivere in te ciò che
hanno vissuto. Ti fanno
rivivere tutto con i loro
occhi che brillano, che
corrono nei ricordi come
cavalli.
E allora li senti vicini, li senti uguali a te. Vivi! Non sono un peso. Non sono i numeri di una pensione.
Sono il sapere, sono la tradizione, sono la gioia. Ma soprattutto sono il futuro, il futuro di ognuno di noi.
Anche noi prima o poi saremo anziani, saremo vecchi. Si, vecchi! Perché vecchio non significa essere un
qualcosa da buttare, da cancellare. Significa essere custodi del passato. Custodi di un mondo che non può
essere dimenticato. Gli anziani non servono per.. Non sono utili per.. Loro sono. Sono le radici del nostro
presente. Perché l’albero del presente non è nato di punto in bianco. Prima ha messo radici, e quelle radici
sono proprio gli anziani. Cancellarli significherebbe cancellare non solo il passato, ma anche il presente.
Un albero senza radici cade. Ma gli anziani sono anche detentori della speranza, di una speranza viva, non
color verde, ma color rosso fuoco. Difficile a credersi, vero? Ma sono proprio loro a nutrire la speranza, la
speranza per noi, nuova generazione. Noi giovani color rosso fuoco. Sperano che ce la faremo, che ce la
faremo a vivere una vita piena, continuando a vivere anche per loro. Continuando a vivere con ciò che ci
hanno insegnato, con ciò che ci hanno trasmesso. Gli anziani sono parte della nostra vita, per questo rite-
nerli un peso come in molti fanno sarebbe ritenere un peso anche noi stessi. La vita è un passaggio, è velo-
ce come un soffio di vento e anche noi prima o poi metteremo radici, e a quel punto non vorremo essere
calpestati. Come oggi non lo vogliono gli anziani. Sono da proteggere non da calpestare.
E gli anziani a cosa servono?
2
Crisi ad Alcamo: come reagiamo?
30, 50 e 70. No, non stiamo dando i numeri, sono semplicemente
gli sconti che già da qualche tempo a questa parte si vedono sulle
vetrine ad Alcamo, anche ben prima del consueto periodo di sconti.
Oltre agli sconti queste però sono anche le percentuali dei ribassi
delle vendite dei nostri commercianti alcamesi dall’anno scorso a
oggi. Prima si era sempre cercato di “camuffare” questa crisi, di-
cendo che l’avevamo superata o che, addirittura, non c’era mai stata
nessuna crisi. Ma anche solo guardandoci attorno, nella nostra pic-
cola città, potevamo ben accorgerci che le cose non andavano esat-
tamente come le dicevano. E oggi, nel 2012, ne paghiamo le conse-
guenze, infatti più del 50% dei commercianti alcamesi ha subito
notevoli ribassi nelle vendite (vedi
grafico qua accanto), la gente è del
tutto sottomessa al carovita e non
riesce a mantenere il tenore di vita
precedente e, forse per questo, non
riesce a rinunciare al comfort e al
relax, a cui invece dovrebbe rinun-
ciare, ma cerca di rinunciare a beni
di prima necessità. Ormai ci siamo
dentro a questa crisi, come in un
limbo, non possiamo più uscirne, o
almeno non per ora. Dobbiamo fare
dei grandi sacrifici anche solo per
tentare di uscire da questa grande
crisi nascosta per tanto tempo, forse è proprio perché è stata nasco-
sta per così tanto tempo che ci troviamo in questa situazione: coper-
ti di tasse, debiti e senza saper rinunciare alle più piccole e futili
necessità. Forse si poteva fare qualcosa prima, forse si doveva fare
qualcosa prima, forse dovevamo evitare che ci derubassero senza
che noi neanche ce ne accorgessimo. Forse, forse e ancora forse!
Ma ormai è troppo tardi e possiamo, dobbiamo lottare affinchè, an-
che nella nostra piccola città, non si ripeta sempre lo stesso copione
che ormai è stato recitato tante, troppe volte negli ultimi anni, pro-
babilmente, questo copione è ora un film di successo, un cult, ma
bisogna che le cose cambino! In Italia, in Sicilia, ad Alcamo, a casa
nostra!!
Già da diverso tempo si parla dei tagli agli
stipendi dei parlamentari Italiani, i più alti
d’Europa. Proprio per verificare questa non
trascurabile informazione, Giannini insieme
all’Istat per ben quattro mesi ha lavorato al
fine di scoprire la verità, e così il 31 dicem-
bre 2011 si è visto che il profitto netto dei
nostri parlamentari è maggiore di quello
degli altri colleghi Europei. E allora? Ta-
gli,tagli e ancora tagli. È giusto muoversi
verso questa direzione. Infatti non solo ven-
gono pagati con stipendi che un normale
cittadino sognerebbe, ma per di più hanno
schiere di addetti al loro benessere e ai loro
comodi che vengono pagati con stipendi
altrettanto allucinanti. Auto blu, barbieri,
viaggi a costo zero, tutto questo forse sta
per finire, ed è giusto così! I Parlamentari
sono lavoratori come tutti gli altri cittadini
Italiani, con la differenza che la politica
viene retribuita con stipendi e vitalizi molto
più alti. E allora la domanda sorge sponta-
nea, essere un parlamentare è più complesso
che essere un medico, un avvocato,
un’insegnante e così via? Beh, no! Sappia-
mo infatti che l’assenteismo al Parlamento
raggiunge percentuali elevatissime,basti
pensare che l’ex premier Silvio Berlusconi
ha raggiunto il 98,5% di assenze, ma questo
è solo un banale esempio! Non è corretto
pagare così tanto uomini che in realtà il loro
lavoro non lo svolgono affatto. Bisogna poi
ricordare il numero di deputati in parlamen-
to, pari a ben 650,con l’aggiunta dei senato-
ri che ammontano a 350 e dei senatori a vita
e di diritto. Tanti uomini che forse non sono
poi così necessari per l’Italia: perché allora
non diminuire il loro numero? Restringere
gli stipendi è un primo passo, ma restringe-
re direttamente i parlamentari sarebbe un
balzo. Bisogna partire da poco per aiutare
tanto l’Italia, ma bisogna realmente partire.
Il governo Monti si sta impegnando e forse
a breve i risultati si vedranno, almeno si
spera, anche nei tagli dei vitalizi. “Togliere
il vitalizio è istigazione al suicidio!” Ha
affermato Alessandra Mussolini che non
pensa alle migliaia di famiglie che questa
crisi la vivono e vivranno sul serio, a diffe-
renza sua, e senza pensare al suicidio.
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Deserto. O quasi. Le oasi sono chiuse. Le pompe di benzina, le oasi delle nostre macchine sono in
blocco. Gli scaffali dei supermercati semi vuoti. È la scena di un film? No, semplicemente la realtà
di un piccolo paese siciliano. Un piccolo paese che come il resto della Sicilia qualche giorno fa è
stato mandato in Stand- by. Siete rimasti anche voi bloccati, con la macchina in garage, senza una goccia di benzina? Avete visto
anche voi i camionisti accampati con i loro bestioni ai margini delle strade? Beh, quasi sicuramente se siete siciliani, ma altrettanto
sicuramente se abitate in qualche altro paese d’Italia. La “rivolta dei Forconi”, bomba con miccia in Sicilia, è poi scoppiata anche
nel resto d’Italia. Ha inginocchiato l’Italia. Un’Italia che a stento si regge in piedi. Centinaia di camionisti hanno protestato creando
file interminabili di Tir. Tir che sembravano bestioni pronti ad attaccare. Attaccare le macchine che volevano passare. Ben venga la
protesta quando è sana. Ben venga la protesta quando non sfocia in violenza. Se da un lato i camionisti hanno dato veramente una
scossa ad un paese che ormai non rispondeva più alle loro chiamate, dall’altro, hanno creato una protesta forzata per coloro che
volevano continuare a svolgere il loro lavoro. Tante infatti, le minacce a camionisti che volevano passare il blocco. Gomme taglia-
te, Tir afflosciati su un fianco, mezzi per la raccolta rifiuti ormai inutilizzabili. Tronchesi alle mani, così si presentano i violenti
della rivolta. I violenti repressi soltanto dalla polizia in tenuta antisommossa. È sacrosanto il diritto di protestare, ma la violenza e
l’illegalità sono inaccettabili. Non risolvono niente sul piano della protesta, creano soltanto confusione, scompiglio, disagi. Lo scio-
pero “selvaggio”, è stato in grado di smuovere il nostro governo, è stato in grado di dar vita a trattative reali, e non campate in aria.
Ma come dice lo stesso significato dell’aggettivo “selvaggio” è, ed è stato espressione di una società ancora primitiva oltre che
fuori dagli schemi, dalle regole. La violenza è primitiva. La violenza ai tempi del Paleolitico era accettabile, ma ora siamo in grado
di pensare, di ragionare. E dobbiamo ingegnarci per trovare altri metodi, altre strategie per farci sentire. A uno stato che fa orecchie
da mercante bisogna gridare con mezzi efficaci, sani, senza violenza. E soprattutto con mezzi che non dividano gli stessi protestanti
in due fazioni avverse. Bisogna dar vita a trattative intelligenti. È l’unico modo. Con la violenza ci si fa solo sentire, è con
Liberalizzazioni. Il governo Monti si è aperto con questa parola: liberalizzazioni. Finalmente dopo anni di finte e inutili
riforme si sta cercando, quantomeno di fare qualcosa di giusto. Ma davvero Monti sarà il novello Robin Hood che ruba
ai ricchi per dare ai poveri? Se continuerà così ci verranno seri dubbi che rubi ai poveri per dare ai ricchi, certe liberaliz-
zazioni sono certamente necessarie, come, ad esempio quelle di farmacisti e notai o di chi, di certo, non ha problemi ad
arrivare a fine mese. E allora perché in parlamento è arrivata la proposta di liberalizzare i tassisti? Una categoria, che
specie nelle piccole città, non sa se arriverà davvero a fine mese. La liberalizzazione dei tassisti consiste nel dare licenze
a più persone, ovviamente sostenendo un esame, ma i furbetti, che pur di guadagnare danno le patenti, patentini e licen-
ze, ci saranno sempre e di sicuro non si faranno sfuggire questa occasione d’oro. Immaginate: un turista straniero che è
venuto a farsi le vacanze a Roma decide di prendere un taxi, sale dice dove vuole andare e il tassista inizia a guidare, a
un certo punto però si accorge di aver sbagliato strada, allora cerca di rimediare, gira, rigira, che rigira e si perde com-
pletamente. Una situazione comica, vero? Beh, ditelo al turista straniero che è rimasto a piedi in una zona sconosciuta di
città sconosciuta di un paese di cui non sa neanche una parola di quella lingua. Benvenuti in Italia!
Liberalizzare, che felicità!
Il blocco TIR non blocca
la violenza.
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Tanti, molti, troppi in Italia. Eh già, ce ne sono tanti di furbetti nel no-
stro paese. Giocano a rubare le caramelle a un bambino. Ma quelle ca-
ramelle sono tanti e tanti soldi, e quel bambino è lo Stato, che quando si
arrabbia fa sentire la sua voce. Rubare denaro allo Stato, al nostro paese
che in questo momento ne ha tanto bisogno è un reato. Un reato da con-
dannare. Parliamo spesso di signori e signori che evadono le tasse, li
immaginiamo astuti, furbi. Ma un vecchietto così riusciamo a immagi-
narlo? Bé, è quanto successo ad Arona, nel Novarese. Alessandro
dell’acqua, 79enne dichiarato cieco invalido dal
1994, si comporta da giovanotto passeggiando per
strada, guidando una minicar, e di cieco non ha pro-
prio un bel niente. Per diciotto anni ha ingannato lo
Stato, l’Inps, ricevendo un’indennità di 160.000 eu-
ro. Fa un po’ rabbia, vero? C’è chi guadagna un mi-
sero stipendio con tanta e tanta fatica, e c’è chi pren-
de 750 euro al mese semplicemente prendendo in
giro un paese. Comodo fare così, vero? Comodo peri
furbetti, scomodo per i “poveretti”! Il nostro paese
non naviga di certo in acque tranquille in questo pe-
riodo, e gli squali- banche pronti in ogni momento a
mordere declassandoci non sono certo da affrontare
con questo metodo. Per la furbizia di qualcuno,
l’intera Italia appare come un popolo di furbacchio-
ni, e come possono gli altri paesi darci fiducia? Co-
me possono pensare che riusciremo davvero a rispet-
tare gli accordi? Difficile rispondere, specie se la situazione continuerà
ad andare avanti su quest’onda. È fondamentale condannare ogni forma
di furto nei confronti dello Stato,ogni forma di inganno, per tutelare
l’immagine del nostro paese, e naturalmente per non rendere vani i sa-
crifici di molti. È necessario svolgere in modo accurato i controlli, per-
ché anche dietro la maschera più reale e sincera si può nascondere la
furbizia, l’inganno. Alessandro dell’acqua sembrava sincero quando lì,
con i suoi occhialoni neri, sedeva accompagnato da qualche complice
negli uffici dell’Inps. Ma la colpa qui è anche e soprattutto dei medici,
non tutti naturalmente, ma di coloro che pronti a mettere una firmetta,
anziché guarire il nostro paese lo fanno ammalare. È dovere dei medici
essere sinceri in ciò che fanno, dovrebbero essere la barriera naturale a
tipi di inganno di questo genere, piuttosto che il facile lascia passare.
Sono complici di questi reati, e per questo anche loro devono pagare. In
Italia furbetti non ne vogliamo. È facile indossare una maschera, forse è
difficile toglierla, ma bisogna provarci.
L’Italia dei furbetti…
anche durante la crisi!
5
In questo periodo di cambiamento il governo Monti tra liberalizzazioni, riforme e cose varie ci stiamo
veramente confondendo e, come se n non bastasse, è spuntata questa nuova questione dell’articolo 18.
l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori tutela i lavoratori quando essi vengono licenziati senza un ap-
parente motivo; questo vale solo nelle piccole– medie imprese con più di 15 unità. Al momento il mi-
nistro del Welfare, Elsa Fornero, dichiara che non ha nulla in mente, vuole solo discuterne, ma il se-
gretario della CGIL, Susanna Camusso, a cui si è poi aggregato un altro segretario, quello del PD, Pier
Luigi Bersani, non la pensa allo stesso modo , entrambi i segretari, infatti, credono che toccare ora, in
un periodo di crisi come questo, l’articolo 18 è roba da matti, ma è ancora più da matti applicare
l’articolo 18 nelle piccole aziende, dove, si sa, la precarietà è maggiore.
E finalmente la Camusso grida vittoria!! La Fornero, infatti a Porta a Porta qualche giorno fa ha di-
chiarato apertamente che vuole lasciar perdere l’articolo 18, dicendo che è si, una cosa importante,
ma, per ora, ci sono questioni che hanno una maggiore priorità per quanto riguarda il mondo del
lavoro, e sono problemi molto più importanti che devono essere risolti al più presto, all’articolo 18
ci penseremo a tempo debito. Però è possibile che ci siano degli scioperi, e così come dice la Ca-
musso, tutto dipenderà dal governo tecnico e dal premier Monti che devono stare attenti e volare
basso per evitare uno sciopero di massa, per giorni interi, o addirittura mesi interi.
Ormai, nella situazione in cui siamo ora, non possono più esistere tabù. Ma allora perché si è cer-
cato così di sopprimere l’articolo 18 dicendo che ora non era importante, che ci sarebbe stato tem-
po anche per lui?
Questo è un periodo difficile, sia per i giovani che per i vecchi lavoratori, nel mondo del lavoro si
entra da una porticina e si esce da un portone. Ma bisogna lottare per i propri diritti, perché se non
lottiamo faremo la figura degli stupidi, anche di più dei nostri parlamentari,e finiremo per fare solo
quello che vogliono da noi.
Articolo 18, va bene così?
6
Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso
mare! Quante volte avete ascoltato alla radio questa
canzone? E quante volte ascoltandola avete pensato
alla nostra cara spiaggia di Alcamo Marina? Beh,
sicuramente tante e tante volte. Generazioni e genera-
zioni di Alcamesi sono cresciuti vivendo l’estate ad
Alcamo Marina, passando le giornate in spiaggia. In
una spiaggia rimasta per anni sempre la stessa. Come
fosse stata impressa la sua immagine in un fotogram-
ma. Ma qualche tempo fa, come per magia, è com-
parsa una “pedana” dal costo di certo non trascurabi-
le di 530.000,00 euro a qualche metro dal nostro caro
mare. Una pedana con uno scopo nobile, consentire
ai disabili di accedere facilmente alla spiaggia, ma
con un costo da nobili! Inaugurata il 15 agosto dello
scorso anno dal presidente della provincia di Trapani
Mimmo Turano, e da alcuni amministratori Alcame-
si, la pedana ha destato subito grande entusiasmo,
tantoché, come molti di voi avranno ben notato era
utilizzata da molti. Molti che della presenza di un
handicap non davano proprio prova. Ma in ogni caso
ciclisti, corridori, cani a spasso e bambini gioiosi
hanno apprezzato l’investimento. Un investimento
che poteva però di gran lunga essere evitato o quan-
tomeno, è il minimo, tutelato. In un periodo di crisi, in un periodo in cui il nostro caro
paese Alcamo, come tutti gli altri del resto, soffre una crisi che ha messo in ginocchio
l’Italia, è un paradosso che il comune voglia investire così tanto denaro in un qualco-
sa di superfluo quando ci sarebbero molti altri investimenti più intelligenti da pro-
muovere. Un paradosso ancor più grande è invece il fatto che il Comune voglia inve-
stire denaro in opere di pubblica utilità senza curarne il mantenimento e senza pensare
a un minimo di tutela. Quando stendete i panni fuori dalla finestra, nel balcone e dopo
un po’ vi rendete conto che diluvia e che c’è un vento siberiano li lasciate lì? Lasciate
che il vento e la pioggia li portino via? Sicuramente no, correte fuori e li portate subi-
to al riparo dentro casa. Non si può dire che lo stesso abbia fatto il Comune con la
nostra “cara” pedana. Se fino a inizio Dicembre la si vedeva ancora lì, salda sulla
spiaggia, adesso non ve ne è completamente traccia. Solo due o tre tavole di legno
restano a marcire sotto la pioggia. Due o tre tavole sfuggite al mare che invece ha le-
gato a sé tutte le altre, le ha trascinate via per portarle chissà dove. Adesso la pedana è
distrutta, è andata via, e con essa anche i 530.000,00 euro buttati via dal nostro paese.
Dalla Provincia regionale è stato promosso un immediato intervento per ripristinarla.
Farà la stessa fine della precedente? Morto un Papa se ne fa un altro, si dice. Speria-
mo quanto meno in maggiore accuratezza da parte della provincia in ciò che fa. I sol-
di non si trovano per strada, si dice.
Via col mare, scompare la pedana
di Alcamo Marina
7
Intervistiamo ora un referente del movimento giovanile
alcamese, Davide Lucchese, che ci spiegherà cos’è e
perché è nato.
Cos’è il Movimento
Giovanile Alcame-
se? Quando è nato?
Il movimento giova-
nile alcamese è un
movimento formato
dalla maggior parte
dei ragazzi di Alca-
mo, e funge da pon-
te tra noi ragazzi e i
politici alcamesi,
esso infatti è nato
durante l’incontro
tra il vicesindaco
Massimo Fundarò i
primi di novembre.
Quali sono i vostri
obbiettivi?
Il nostro obbiettivo
principale è sicura-
mente quello di con-
cretizzare ciò che
per ora sono solo
idee, come ad esem-
pio delle assemblee
tra ragazzi, vera-
mente interessati ai
fatti, analizzando i
problemi portandoli poi successivamente
all’amministrazione comunale.
Cosa pensi si possa migliorare di Alcamo?
Sicuramente Alcamo Marina, che si sa è un bellissimo
posto, ma spesso carente dei principali servizi necessari
a una località marittima. Tra l’altro gli investimenti che
ci sono stati, sono SEMPRE stati fatti male e no per
risolvere i reali problemi. Ad esempio la pedana, costa-
ta più di €50.000, a gennaio è stato distrutta dal mare.
Quei soldi si sarebbero potuti utilizzare meglio, facen-
do diventare Alcamo Marina un centro di grande inte-
resse.
Che ne pensi della “Cittadella dei Giovani”?
Secondo me la cittadella dei giovani è un progetto asso-
lutamente superfluo. È, senza dubbio, una bella iniziati-
va, anche se già fuori dai tempi stabiliti dal progetto,
ècomunque un investimento molto importante, 5 milio-
ni di euro, che potrebbero essere utili a ben altro. I gio-
vani alcamesi non hanno bisogno di questo, si dovrebbe
cercare di risolvere problemi concreti prima di pensare
a questo.
Ringraziamo Davide Lucchese per l’intervista conces-
saci.
11 novembre 2011, anche Alcamo
scende in piazza ad indignarsi. Alcamo,
ma soprattutto i suoi studenti, indignati
per come stavano andando le cose, per
come, per quanto ci impegnassimo e ci
credessimo, le cose non cambiavano.
Allora si scende in piazza e si grida che
anche noi studenti, noi ragazzi non ce
la facciamo più, che anche loro sono
indignati! E allora si va in comune, lì in
piazza, e si chiede di incontrare il vice-
sindaco Massimo Fundarò e lì proprio
in quel giorno di indignazione e prote-
sta, si prende una decisione che, si spe-
ra, cambierà le nostre vite e così nasce
il movimento giovanile alcamese. Subi-
to si crea il gruppo su face book, e lì
centinaia di ragazzi chiedono di entrare
a farne parte, molti senza capire cos’è
veramente il movimento giovanile al-
camese. E così questo ”movimento”
cresce e inizia a fissarsi degli obbiettivi
e inizia a parlare con i rappresentanti
della politica alcamese, vuole dispera-
tamente cambiare le cose, e in un pri-
mo momento sembra riuscirci, ma poi
va a sbattere, era diventato come un
fiammifero, si era acceso con tanta fo-
ga e voglia di fare, ma poi si è spento
quasi subito e il gruppo di face book è
diventato solo un gruppo dove eventi e
le proprie pagine. Ma se vogliamo ve-
ramente che le cose cambino dobbiamo
essere noi i primi a cambiare e a farle
cambiare!
Movimento Giovanile Alcamese: come
nasce e continua a crescere un sogno...
8
Quante volte abbiamo sognato un posto dove provare indisturbati con la propria band senza limiti di rumore,
dove dipingere e colorare tutto senza pericolo di essere sgridati da genitori per aver combinato un inferno, o
semplicemente di un posto dove stare con gli amici senza preoccuparsi del freddo e del limite di orario? Il
vostro sogno potrebbe essere avverato, e a pochi passi da casa vostra! Infatti proprio qui ad Alcamo si vuole
realizzare un nuovo progetto chiamato “cittadella dei giovani”, ma non fatevi ingannare dal nome, infatti si
tratta solamente di quattro bellissime, modernissime e ,si spera, ecologicissime mura o poco più. Una dolce e
accogliente casa dove ragazzi, da tutte le parti della città, possono tranquillamente sfogare i loro impulsi sen-
za preoccupazioni, dove possono rifugiarsi nei momenti di tristezza e solitudine tipici dell’adolescenza. Que-
sto è, senza dubbio, un bellissimo progetto che davvero potrebbe aiutarci tantissimo in questa età difficile,
ma, dobbiamo chiederci, ne abbiamo realmente bisogno? Sono stati stanziati per il progetto 5 milioni di euro,
forse una cifra troppo grande per un progetto del genere. La cittadella è si, una cosa importante e bellissima,
e quindi deve essere realizzata, ma si potrebbe realizzare anche con qualcosina in meno, cercando così di ri-
solvere altri problemi, anche più grandi di un punto fisso di ritrovo per i giovani, spesso accantonati e messi
da parte proprio per la mancanza di fondi.
Cittadella dei Giovani,
ci serve veramente?
9
La Chiesa Santa Maria della Stella,conosciuta anche
dagli alcamesi come “lu ritiru” tutt’oggi la possiamo
trovare in via Ugo Foscolo. Essa è stata testimone
muta e solenne dell’alto medioevo alcamese.Fu affi-
data ai padri domenicani nei primi anni del XV seco-
lo,ma con lo spostamento graduale dell’abitato verso
l’odierno centro storico e con la costruzione sul finire
del Trecento della nuova Chiesa Madre, integralmente
ricostruita nel 1699, fece perdere via via importanza
alla splendida Santa Maria della Stella.
Nel 1587, infatti, il visitatore apostolico padre Mat-
toncini vi trova otto monaci e già la chiesa ha bisogno
di urgenti riparazioni. Nel 1660 la Chiesa ed il relati-
vo convento vengono abbandonati dai padri domeni-
cani che si trasferiscono nella parte alta della città
dove oggi si trova la Chiesa del Rosario e qui vi tra-
sportano il meraviglioso affresco della Madonna
tutt’ora esistente sul lato Nord della Chiesa, una Ma-
donna dolcissima e materna che esprime da sola tutto
l’amore che tradizionalmente l’ordine dei Domenicani
ha per la Madre di Cristo e della Chiesa.
A questo punto la vecchia Chiesa Madre rimane da
sola. Gli alcamesi se ne sono andati, i padri domenica-
ni pure,ma fortunatamente, nel 1706 il Comune con-
cede Chiesa e convento alla Congregazione del San-
tissimo Sacramento per destinare il tutto a casa del
Ritiro per gli esercizi spirituali tenuti dai Gesuiti. Si
deve, pertanto, ai Gesuiti se il meraviglioso portale
chiaramontano in calcarenite travertinoide è arrivato
sino noi.
Molti non sanno che il complesso monumentale ospi-
tò durante la prima guerra mondiale numerose fami-
glie trentine sfollate dalle zone di combattimento sul
fronte. Ma forse per grazia del fato gentile o per ma-
gari volontà divina la Chiesa di Santa Maria della
Stella è arrivata fino a noi, malgrado notevoli sventra-
menti.
Certamente è arrivata al 2010 malconcia e malmessa,
ma ci sono arrivate le cose più belle, ovvero l’affresco
trecentesco, il portale di immensa bellezza che è posto
al Rosario e il quadro su legno della Madonna del
Miele, posta attualmente in San Paolo.
Oggi questa chiesa è mistica,piena di solitudine e
d’abbandono,senza confini e alla deriva nel silenzio
eterno.poiché un tempo abbandonata e dimenticata
come se nulla fosse.
Sta a noi alcamesi continuare, se ne siamo degni e
capaci, l’opera di salvaguardia che ne fecero Domeni-
cani e Gesuiti. Quindi Santa Maria della Stella, madre
di tutte le chiese alcamesi,può risalire dagli abissi del
Tempo e risplendere ancora di luce, arte, cultura e
fede.
Alcamo città di chiese,
ma sappiamo quali sono?
La chiesa di San Tommaso (prima metà secolo. XV)
è un piccolo gioiello gotico-chiaramontano con lo stu-
pendo portale.
Portale di San Tommaso
E’ un piccolo gioiello gotico-catalano, per l’incisivo
valore architettonico dello splendido portale strom-
brato , sintesi perfetta del modulo svevo ad archi acuti
e del gusto chiaramontano sottolineato da intagli, tra-
fori e minuti ornamenti; al di sopra si apre una gusto-
sa finestrella monofora, inserita, assieme al portale, in
un breve avancorpo delimitato da esili e lunghe co-
lonnine. L’interno a navata unica è suddiviso in due
campate da un arco trasversale, sostenuto da due co-
lonne addossate alle pareti. Incerta la data di costru-
zione, avvenuta presumibilmente nella prima metà del
secolo XV.
10
Il Baglio della Marchesa con i suoi
muri merlati con torre e cappella lo
fanno sembrare un piccolo castello e
la sua posizione solitaria rafforza que-
sta impressione di imponenza e ric-
chezza.Ma adesso parliamo di essa:
la villa della marchesa in stile neogoti-
co è stata realizzata dalla famiglia De
Stefani verso la metà dell’800,a fianco
di un baglio del ‘700.
Sopra un bel giardino si affaccia una
torre merlata che al primo piano pre-
senta uno splendido loggiato con quat-
tro colonne corinzie in marmo bianco
che sostengono tre archi a guglia.al
piano superiore ci sono due eleganti
finestre a bifora.sullo stesso lato al
piano nobile,sei aperture con archi a-
cuti ritmano la facciata principale sor-
montata da una merlatura.sul lato de-
stro dell’ingresso una piccola cappel-
la,un campanile a guglia separano la
Villa dai magazzini del vino.Ancora
oggi è molto suggerito visitarlo per la
sua bellezza.
Castello di Calatubo:
la vera storia.
Il catello risale al 1093 circa quando il Conte Rug-
gero lo incluse fra i nuovi castelli del vescovado.
Dopo circa sessant’anni il geografo musulmano
Edrisi descrive il castello come robusta fortezza e
villaggio con un vasto territorio nel quale si e-
s t r a g g o n o l e p i e t r e d a m u l i n o .
Durante il periodo della guerra antimusulmana, il
castello viene utilizzato a scopo di masseria e di
controllo di feudi, il quale era molto organizzato
con magazzini, stalle e tutto ciò che serviva per un
buon funzionamento, non più con funzione milita-
re come accadeva precedentemente alla guerra.
Dopo gli anni 60’ la fortezza iniziò a cadere
nell’oblio.
Infatti diventò un ovile, che nel 1968 un terremoto
uccise tutti gli animali presenti nel castello.
Poi alcuni archeologhi di frode si interessarono a
reperti archeologici presenti nella necropoli della
fortezza dove si rilevava la presenza di un centro
antico risalente al VII secolo a.C.
Gli anni avvenire furono anni di una lenta agonia,
osservata dagli automobilisti che attraversavano
l’autostrada Palermo-Mazara, e vedevano la for-
t e z z a s b r i c i o l a r s i l e n t a m e n t e .
La fine del Grande castello è anche dovuta alla
burocrazia che non ha mai saputo trovare una riso-
luzione all’acquisto e al recupero di un così im-
portante bene culturale ancora oggi di proprietà
privata.
Alla fine degli anni 90’ un accurato studio
dell’architetto Di Liberto dimostrava che nelle
mura del castello era presenti resti di strutture ara-
be, normanne e di tutti i popoli precedenti.
Soltanto un RAPIDO restauro potrebbe salvare la
totale rovina del Castello di Calatubo all’entrata
della provincia di Trapani.
Baglio della
Marchesa,
alla riscoperta
di Alcamo.
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Un castello alla voragine dell’oblio.
Alle falde del Monte Bonifato, come fosse un castello incantato ,tra piazza Castello e piazza della Re-
pubblica, si erge il Castello dei Conti di Modica. Quante volte passiamo e spassiamo davanti questo
magnifico monumento? Quante volte lo vediamo ergersi maestoso tra noi, piccola gente, quasi fosse il
dominatore della nostra città? Tante e tante volte. Ma altrettante tante e tante volte quasi non ci accor-
giamo della nostra fortuna nell’averlo vicino. Quasi fossimo bendati, senza la capacità di osservare in
pieno tutta la sua bellezza. Quasi avessimo la mente chiusa dalle sue alte e possenti mura. Ma qualche
volta perché non provare ad immaginare la vita di cui doveva essere animato? Dame, regine del castel-
lo.. Gran signori, in grop-
pa ai loro cavalli.. Tutti in
quel castello fatto erigere
secondo una leggenda
nell'827 d.C. dal capitano
saraceno Adelkam. In re-
altà esso venne costruito
nel 1350 dai fratelli Enri-
co I e Federico III Chiaro-
monte, che lo avevano
conquistato ai Peralta, si-
gnori di Alcamo. E' molto
probabile che Federico III
Chiaromonte abbia inizia-
to la costruzione del ca-
stello erigendo la torre di
nord-ovest che infatti ri-
sulta autonoma per quanto
riguarda l'impianto delle
scale. Nonostante sia stato
più volte rimaneggiato,
esso rimane la più signifi-
cativa testimonianza del periodo aureo, il periodo più splendido vissuto da Alcamo sotto la dinastia dei
Modica .Per molti secoli diverse famiglie si scontrarono per il controllo della produzione agricola .Il
castello naturalmente aveva anche una funzione difensiva. La possente struttura ha forma rettangolare
con quattro torri ai vertici, due delle quali rettangolari e le altre due cilindriche, tutte con copertura a
botte. Nella torre quadrata più alta invece venivano rinchiusi e torturati i prigionieri, come concerne
naturalmente ad un castello medioevale, la seconda torre circolare invece mostra ancora oggi uno
stemma con un'aquila incoronata e la testa di Federico II o di un Peralta, la terza quadrata ospitava i
locali per le sentinelle e la quarta gli alloggi per i sovrani che si trovavano di passaggio.il castello è
edificato su un cortile a forma rettangolare, dov’erano presenti tre porte d’accesso
(sud,nord,ovest). Quando le mura furono abbattute, una serie di costruzioni private crebbero sulla piaz-
za,compreso il Teatro Comunale nel 1850, che poi venne sostituito da un cinema nel 1961. I recenti
lavori di restauro hanno agito sul ripristino delle merlature e di molte porte e finestre, occluse dai lavo-
ri di adattamento a carcere. Inoltre il Comune di Alcamo ha deciso che il palazzo sarà utilizzato per le
sedi del Museo Etnografico e l’Enoteca Storica Regionale,che permettono alle vecchie e nuove genera-
zioni,di riappropriarsi e di godere di un magnifico bene castellano. Un bene realmente magnifico di cui
tutti dovrebbero saper parlare. Un bene che deve essere elogiato e non abbandonato alla dimenticanza
del 2012. Un castello è memoria di una storia che non può cadere nella voragine del tempo e della di-
menticanza. Dar di nuovo vita a questo castello è una missione, una missione che il Comune di Alca-
mo dovrebbe intraprendere, insieme a noi, noi tutti cittadini.
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Chiesa Maria SS. Annunziata,
rudere o monumento?
Se state passeggiando per Alcamo e siete nei dintorni di Piazza Libertà guardatevi bene
intorno, forse potrete notare qualcosa che vi sconvolgerà, che vi lascerà a bocca aperta.
Qualcosa di cui magari non conoscevate l’esistenza.
Quanti di voi infatti conoscono la Chiesa di Maria SS.
Annunziata? Un monumento straordinario per la nostra
città rivalorizzato soltanto da poco, dopo essere stato
definito nel 1985 da Bella fiore in “stato di mutilo ru-
dere”. Un cartello campeggia davanti al suo ingresso: “
Chiesa dell’Annunziata o del Carmine. Secolo XIV -
XVII” . Chissà come doveva essere maestosa a quei
tempi! Non è poi così difficile immaginarlo. Le prime
notizie circa la sua fondazione risalgono al 1364 quan-
do era considerata come un luogo di culto dove avveni-
vano dei miracoli ed era molto frequentata dai fedeli;
facendo poi un balzo avanti nel tempo si arriva al 1432
quando alcuni devoti istituirono una Confraternita e
decisero di riedificare più ampia la chiesa, affidandone
l’esercizio del culto ai Padri Carmelitani. La Chiesa,
rimasta priva di coperture dopo il crollo del 1866, in
origine era situata in prossimità delle mura difensive
della città al fine di accogliere i fedeli che arrivavano
dall’antico casale ‘Alqamah con un percorso ormai og-
gi andato perduto. L’antico ingresso è quello situato
proprio in corrispondenza del vestibolo, mentre
l’ingresso attuale si trova in piazza Libertà. Entrando
dall’antico ingresso si accede subito alla navata centra-
le, da cui si possono scorgere tre alte absidi disposte una accanto all’altra sulla parete di
fondo. Immediatamente sulla destra vi è la torre campanaria a cui si accede tramite una
scala in ferro che termina poi in una a chiocciola in pietra. Prossima al campanile è una
cappella,la cappella della Madonna del Carmine; mentre un’altra, ormai quasi del tutto
diroccata si presente sul lato opposto al campanile, aggiunta nel XVI secolo. Quasi del
tutto integra rimane invece la navata destra caratterizzata dalla presenza di sei arcate a
sesto acuto, in cui il raggio è uguale all’altezza del piano d’imposta. Dal lato opposto è
invece presente una torre che si ipotizza potesse essere da accesso ai frati per raggiunge-
re il giardino quando la chiesa si trovò isolata dalla presenza delle mura difensive. Vera-
mente sorprendente è infine la presenza della cripta che si dispone sotto il presbiterio
dove sono ancora visibili le tracce di un affresco del SS. Crocifisso, dipinto sopra
l’altare di fronte la scala sotterranea. Negli ultimi anni i suoi spazi sono stati recuperati
e valorizzati come raffinato luogo d'incontro per eventi letterari, teatrali, artistici e mu-
sicali. Nonostante ciò questo luogo resta ancora oggi velato da un alone di mistero per
molti Alcamesi che non ne conoscono affatto la conoscenza. È per questo importante
rivalorizzare luoghi come questi. Luoghi grandi e importanti patrimoni del nostro paese.
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A nord ovest dell'abitato di monte Bonifato,si
trova un grande serbatoio per la raccolta delle
acque, conosciuto come la " FUNTANAZ-
ZA", edificio di epoca medievale. Le mura
erano spesse circa 2 metri e l'impermeabilità
veniva assicurata da uno strato di intonaco
composto da malta e coccio pestato. Vi si ac-
cedeva dal lato sud come dimostrano i resti di
una porta e le tracce di condutture.
Da poco quest'antico serbatoio è stato com-
pletamente ripulito e adesso la "Funtanazza ",
che da molti anni era assalita da piante rampi-
canti che compromettevano l'opera architetto-
nica medievale dopo una radicale pulizia fi-
nalmente, si presenta pulita e adesso si può
ammirare la sua par-
ticolare struttura .
L’imponente e auste-
ra torre quadrangola-
re del palazzo de
Ballis è uno straordi-
nario esempio di ar-
chitettura quattrocen-
tesca, con chiari rife-
rimenti alle soluzioni
palermitane di Matte-
o Carnalivari, indivi-
duabili nell’elegante
cornice di sostegno
delle merlature; echi
catalani si notano
invece nella finestra
trifora inserita in un
arco a tutto sesto. La torre fu fatta costruire da
Giovanni de Ballis, dopo un ricco matrimo-
nio, probabilmente su progetto del monreale-
se Pietro Oddo, “speciali mastro di musia et
di morari (di mosaico e costruzioni). Sullo
spigolo ovest è posto lo stemma di famiglia,
mentre nel prospetto posteriore si trova una
finestra bifora. La famiglia De Ballis, di ori-
gine bolognese, si stabilì ad Alcamo nel seco-
lo XV con Ballo De Ballis.
La riserva abbandonata...
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Giocando!! “Anello”: posizionate le cifre da 1 a 9 in modo che
siano presenti una sola volta in ogni riga e colonna dei
tre settori consecutivi di dimensione 3 x 9, ciascuno
dei quali forma uno schema standard 9 x 9. Sudoku-Samurai!
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Rondini: squadriglia all’opera!
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Rondini: squadriglia all’opera!
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Squadriglia
Rondini
2011/2012