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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. CONFIMI 14 novembre 2018

CONFIMI€¦ · Tim, ribaltone al vertice Rimosso Genish 5 ... Porte aperte in 38 aziende per il "Pmi day" 42. SCENARIO ECONOMIA 18 articoli. ... Stefano De Angelis, ex numero uno

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La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogniriproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiutasotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso impropriodello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.

CONFIMI14 novembre 2018

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INDICE

SCENARIO ECONOMIA

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale Tim, ribaltone al vertice Rimosso Genish

5

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale La colpa non è privatizzare

7

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale «Senza riforme l'Italia rischia la recessione»

8

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale Manovra, linea dura nella lettera all'Ue Governo battuto sul condono a Ischia

11

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale Boeri boccia il governo sui conti di quota 100 «Stime irrealistiche»

13

14/11/2018 Corriere della Sera - Nazionale PENSIONI Quanto ci perdiamo con la riforma ?

15

14/11/2018 Il Sole 24 Ore Le imprese bresciane bocciano il Governo

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14/11/2018 Il Sole 24 Ore «Ilva riparte da Fca Utile già nel 2019»

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14/11/2018 Il Sole 24 Ore QUANDO IL FMI È più aperto di bruxelles

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14/11/2018 Il Sole 24 Ore scenario da fine impero

23

14/11/2018 Il Sole 24 Ore Dopo il crollo le imprese denunciano danni per 422 milioni

24

14/11/2018 Il Sole 24 Ore «Una manovra così incentiva il lavoro nero e penalizza le imprese»

26

14/11/2018 Il Sole 24 Ore Confermati saldi e Pil Entrano dismissioni e clausole di spesa

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14/11/2018 Il Sole 24 Ore Patuelli (Abi): «Non rassegnarsi a 300 di spread»

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14/11/2018 Il Sole 24 Ore «Salari-produttività, via da rafforzare ma è fuori dai radar della manovra»

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14/11/2018 La Repubblica - Nazionale LA RICERCA DEL NEMICO PERFETTO

33

14/11/2018 La Repubblica - Nazionale L'INDUSTRIA E LA NUOVA QUESTIONE DEL NORD

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14/11/2018 La Repubblica - Nazionale Goyal (Fmi) "Agite subito con lo spread così alto l'Italia è troppo vulnerabile"

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SCENARIO PMI

14/11/2018 Il Sole 24 Ore Mini-Ires al posto dell'Ace, più tasse e meno capitale *

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14/11/2018 La Repubblica - Torino Intesa Sanpaolo Otto miliardi di finanziamenti per migliorare le imprese

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14/11/2018 La Stampa - Biella Porte aperte in 38 aziende per il "Pmi day"

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SCENARIO ECONOMIA 18 articoli

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il cambio l'ipotesi di altavilla Tim, ribaltone al vertice Rimosso Genish Federico De Rosa Ribaltone al vertice di Tim. Rimosso l'amministratore delegato Amos Genish, indicato dalprimo azionista, Vivendi. Per la guida cresce l'ipotesi di Alfredo Altavilla, già braccio destro diSergio Marchionne. L'ex ad: «Contro di me putsch in stile sovietico». alle pagine 32 e 33 Bocconi Arriva l'ennesimo ribaltone al vertice di Tim. Dopo giorni di indiscrezioni, ieri mattina, primadell'apertura dei mercati, un consiglio d'amministrazione straordinario ha sfiduciatol'amministratore delegato Amos Genish, indicato dal primo socio del gruppo, Vivendi, chenella battaglia con Elliott perde la pedina più importante. Da contratto riceverà 2,8 milioni diliquidazione. E' il terzo amministratore delegato che salta da quando a fine 2014 i francesisono entrati in Tim. La sfiducia ha richiesto due votazioni ed è passata a maggioranza conl'astensione, nell'ultima tornata, del presidente Fulvio Conti e dello stesso Genish. Il quale hapoi contestato la decisione «un putsch - un colpo di stato - in stile sovietico» e fatto sapereche resterà in consiglio «per difendere gli interessi di tutti gli azionisti». Il consiglio ha conferito ad interim i poteri al presidente Conti, che ha già riconvocato il boarddomenica 18 per nominare il nuovo amministratore delegato. Ieri il manager ha scritto unalettera ai dipendenti e ai soci di Tim in cui spiega che un cambiamento era necessario,assicurando che la transizione sarà rapida. Il timone potrebbe passare ad Alfredo Altavilla, già braccio destro di Sergio Marchionne in Fca,che siede nel board di Tim. La nomina di un manager non in consiglio (è circolato il nome diStefano De Angelis, ex numero uno di Tim Brasil) è più difficile visto che in assenza di postiliberi servirebbe un'assemblea, che nessuno ora vuole. C'è il rischio che Vivendi la usi perriprendere il controllo del board. È quello che si aspetta il mercato. Anche se è possibile che ifrancesi alla fine si allineino. In fin dei conti il loro principale interesse è Mediaset. Non la reteTim. La reazione di Vivendi non si è fatta comunque attendere: «Denunciamo la destabilizzazionedi questa decisione e il metodo vergognoso» ha commentato ieri un portavoce da Parigi. Lasfiducia a Genish «è una mossa molto cinica e volutamente pianificata in segreto, per crearela massima destabilizzazione e influenzare i risultati di Tim». A stretto giro il gruppo telefonicoha diffuso una nota inusuale in cui ha diffidato il suo primo azionista Vivendi «dal diffonderenotizie false e fuorvianti, che hanno l'unico effetto di danneggiare società e azionisti» e, ascanso di equivoci, Tim ha chiarito che Genish è stato sfiduciato per «non aver raggiunto gliobiettivi indicati nel piano industriale da lui stesso predisposto in coordinamento con il socioVivendi». Ieri in Borsa Tim ha guadagnato l'1,4%.Il golpe è una mossa su cui Elliott meditava da tempo e dopo i risultati di bilancio presentatigiovedì scorso - 800 milioni di perdite dopo 2 miliardi di svalutazioni e un profit warning -, hacapito che non c'era tempo da perdere ed è partito il gran consulto per arrivare a sfiduciareGenish. E ha trovato un'inattesa sponda nell'accelerazione del governo con il provvedimentoin arrivo per spingere la creazione della società per l'unica rete. Ieri il sottosegretario allapresidenza del Consiglio, Stefano Buffagni, ha spiegato che è interesse del governo «fare larete unica» e per questo «stiamo creando le condizioni normative affinché ci sia un vantaggio

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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2018 - 14/11/2018 5

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per tutto il sistema per portare l'Italia nel futuro, andando tutti sulla fibra». Le vicende di Tim,da questo punto di vista, sono solo una derivata: «Il governo non comanda quell'azienda - hachiarito Buffagni - siamo contro l'esproprio. Gli scontri tra azionisti, come gli scontri ovunque,creano solo danno per tutti e questo vale in tutti i settori». F. D. R. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: L'ex ad di Tim Amos Genish

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il commento La colpa non è privatizzare Daniele Manca Ci risiamo. Telecom di nuovo senza amministratore delegato. L'ennesimo. E ci sarà ancora chi sottolineerà che la colpa è di una privatizzazione fatta male, altri useranno esattamente questo argomentoper favoleggiare un ritorno dello Stato. Ma si tratterebbe di argomenti che non fanno i conti con quella che è stata la vera storia diTelecom. Una storia di ingerenze della politica continue. Che, quelle sì, hanno impeditoevoluzioni positive. O vogliamo dimenticare la scalata che indebitò Telecom condotta daimprenditori che vennero definiti dalla politica capitani coraggiosi? E che dire degli altriinterventi a gamba tesa sulla società? Durante la gestione di Marco Tronchetti Proveraviaggiavano tra Palazzo Chigi e le banche d'affari progetti di scorporo della rete, vecchia ericorrente passione della politica. Come dimostra il possibile emendamento del governoattuale che dovrebbe favorire la nascita di una rete unica figlia di quella di Tim (la nuovaTelecom che ha cambiato nome) e quella della Open Fiber figlia di Enel. E ancora, in anticiposui tempi nel 2006, l'allora Telecom gestita dal vicepresidente dell'attuale Pirelli, immaginò unaccordo con Murdoch per mettere assieme contenuti e tecnologia. Anche quello stoppato. Evia ancora tra accordi di sistema e scalate come quella dei francesi di Vivendi, contrastata dalfondo Elliott col tacito assenso della mano pubblica tramite Cassa depositi e prestiti diventatanel frattempo azionista. Comunque la si veda un'ingerenza della politica. Di tutta la politica,da sinistra a destra a fasi alterne. Uno Stato, un governo, hanno il pieno diritto di orientareprocessi industriali. Ma di questo si tratta. Appunto di orientamenti che normalmente hannoun orizzonte di lungo periodo, che forniscono quadri di riferimento e regole che permettano ilcorretto svolgimento della concorrenza. Che permettano l'integrazione degli investimenti deiprivati in un progetto Paese. Ma bisogna avere le capacità di immaginare piani che non sifermino alle prossime elezioni siano esse amministrative, nazionali o europee. Altrimenti ilrisultato saranno solo interventi spot di reazione alle mosse di questo o quell'azionista. Perdimostrare che si esiste e che si ha potere. Il modo peggiore, per la politica, di contare sullevicende di un Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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il fondo monetario «Senza riforme l'Italia rischia la recessione» Federico Fubini a pagina 5 Rishi Goyal ha appena passato una settimana a Roma come capo missione per le«consultazioni» che il Fondo monetario internazionale tiene qui ogni anno. Non sono mancatimomenti di alta tensione. Niente però, per questo economista di origine indiana, rispetto aglianni fino al 2015 in cui era il volto ufficiale dell'Fmi in Grecia. L'economia italiana è ferma. Recessione vicina?«La crescita sta rallentando. Se sia o no una recessione resta da vedere, ma i rischi sembranoaumentati. Per il 2019 se da un lato lo stimolo di bilancio avrebbe qualche temporaneo effettopositivo sulla crescita, dall'altro un aumento sostenuto degli spread aumenta il costo delcredito. Questo è negativo. Lo stimolo ha un effetto temporaneo, ma costi più alti del credito -se sostenuti - possono produrre un impatto avverso che dura più a lungo». Cioè la manovra finirà per danneggiare la ripresa?«Nel breve l'incertezza è molta e l'effetto di crescita dello stimolo di bilancio ambiguo. Ma nelmedio termine è probabilmente negativo, se restano questi spread».Cosa la preoccupa nella legge finanziaria dell'Italia?«Uno stimolo di bilancio proprio ora implica una maggiore vulnerabilità quando arriva unochoc negativo, per esempio una recessione o una frenata internazionale. Se questo chocarriva e il debito sale, l'Italia potrebbe davvero essere costretta a una stretta di bilanciobrusca proprio quando l'economia è debole. Ciò può trasformare un modesto rallentamento inuna recessione. E il costo ricadrebbe soprattutto sui poveri e sui deboli».Questi rischi stanno già diventando realtà?«I rischi sono aumentati. Se si complicano e persistono, crescono le possibilità di unacorrezione dei conti prociclica (che aggrava la fragilità dell'economia, ndr). Per questoraccomandiamo all'Italia di concentrarsi su un risanamento graduale ma credibile, ora che ilclima economico nel mondo aiuta ancora, e su riforme strutturali per affrontare i problemidella produttività. Il Paese ha bisogno di alzare il potenziale di crescita».Il costo che l'Italia paga per rifinanziare il debito è sostenibile? E per quanto?«L'aumento degli spread ha già colpito i titoli delle banche. Se dura avrà anche qualcheimpatto sui loro bilanci, che sono notevolmente migliorati. Ci saranno anche effettisull'economia reale, quando i costi di finanziamento alti (delle banche, ndr ) si trasmettono alcredito. I prestiti ai privati potrebbero soffrirne, esacerbando la vulnerabilità agli choc».Dunque gli spread attuali non sono sostenibili?«Difficile prevedere i mercati. Possiamo dire che se questo aumento perdura, i rischi salgono.E ciò colpirà l'economia in modo avverso».Per ridurre lo spread, i leader politici devono chiarire ancora meglio l'impegno a restarenell'euro?«Lo hanno detto più volte, ma alcuni indicatori di mercato sul rischio di ridenominazione(cambio di moneta, ndr ) restano alti. Il modo migliore di risolvere è prendere impegnicredibili su politiche prudenti e su riforme forti».Avrebbe senso confermare gli obiettivi di deficit del governo, ma usarli per sostenere di più gliinvestimenti, le imprese e le misure per l'occupazione?«Per noi le riforme strutturali per aumentare la produttività sono la priorità. Farlo mentre sirisana gradualmente è decisivo. Misure che aiutano la crescita sono una riduzione del cuneo

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fiscale sul lavoro insieme a un ampliamento significativo della base fiscale (coloro che paganole tasse, ndr ). L'Italia poi ha bisogno di una rete di sostegno moderna, ben mirata, per ipoveri. Ma la spesa così alta sulle pensioni toglie spazio e favorisce la generazione più anzianasui più giovani». Ora il governo torna indietro sulla riforma pensioni...«Consigliamo cautela. Vedremo i dettagli: se aprono finestre per pensioni di anzianità e c'èun'ondata di ritiri...»Saranno finestre, non un cambiamento permanente?«Non è chiaro, non è definito. Ma un'implicazione è che il tasso di occupazione dei lavoratoripiù anziani scende e pesa sul potenziale di crescita dell'Italia».Non è tutto compensato da assunzioni di giovani?«L'esperienza in altri Paesi non conferma questo punto. È possibile fare sostituzioni uno a unofra gli statali, nel tempo, ma è più dura immaginarselo nel privato». Come valuta il reddito di cittadinanza? «Le somme dedicate si conoscono, l'architettura del provvedimento resta in discussione.Condividiamo l'obiettivo di pensare ai poveri, ma i dettagli contano. Al governo abbiamo datodei consigli su come fare, basati sull'esperienza internazionale: vanno creati incentivi perchéle persone trovino un lavoro regolare». © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Rishi Goyal, di origine indiana,è capo della missione Italia per il Fmi dove, subito dopo la laurea, lavora dal 2002 Il caso Il giallo del veto italiano sul dossier ( f. fub. ) Ieri mattina, il governo era a un passo da una rottura con il Fondo monetariointernazionale, la cui eco sarebbe arrivata subito in tutto il mondo. Le autorità italianeavevano di fatto messo un veto sulla pubblicazione del « concluding statement », ladichiarazione conclusiva che segue sempre la «consultazione» annuale dei tecnici del Fondo inogni Paese. Richieste del genere in passato erano giunte solo da Arabia Saudita, Cina e altrisistemi autoritari (ma mai così, all'ultimo momento). Del resto, l'assenso alla pubblicazione daparte del governo ospitante è essenziale e ieri mattina la situazione era di stallo. La squadradell'Fmi aveva steso un testo ricco di critiche e incoraggiamenti al governo, ma rischiava didover ripartire per Washington in silenzio. La situazione si è poi sbloccata in una riunione frale 11 e le 12.30 fra gli uomini dell'Fmi e il ministro dell'Economia Giovanni Tria. Ladichiarazione è stata lievemente emendata: si è aggiunto al primo capoverso che il problemachiave del Paese, accanto alla bassa crescita, sono anche «i deboli esiti sul piano sociali»:quindi l'impegno per un reddito ai più poveri, caro a M5S, è giustificato. A quel punto è cadutoil veto, partito da chissà quale ufficio del governo. © RIPRODUZIONE RISERVATA ~Il reddito di cittadinan-za? Non è definito, come le pensioni

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2018 - 14/11/2018 9

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Ma i dettagli sono importanti

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Manovra, linea dura nella lettera all'Ue Governo battuto sul condonoa Ischia Con 5 miliardi per l'alluvione il deficit scenderebbe al 2,2%, piano dismissioni da 18 miliardi.L'avviso di Merkel Mario Sensini ROMA «Per i danni del maltempo e non perché ce lo chiede Bruxelles», ma la manovra di bilancioper il 2019, duramente criticata dalla Commissione Ue potrebbe cambiare, ma solo di poco. Eal momento il deficit programmatico del 2019 rimane al 2,4%, con l'obiettivo di crescitadell'economia che resta confermato all'1,5%. «Le nostre ragioni mantengono tutta la lorovalidità». Il governo come si legge nella lettera inviata ieri notte a Bruxelles mantiene la lineadura nei confronti della Commissione Ue, anche se nello stesso giorno rimedia una sonorasconfitta al Senato, dove la maggioranza viene battuta per la prima volta sul condono diIschia. A modificare la manovra potrebbe essere il nuovo capitolo di spesa inserito ieri dall'esecutivo.Sono gli interventi per far fronte al dissesto idrogeologico e al maltempo, valutati in 5 miliardi,e che il governo chiederà di scomputare dal disavanzo in quanto «eccezionali». Il deficitpotrebbe così essere ridotto dal 2,4 al 2,2% del prodotto interno lordo, tornando in zonasicurezza. Nello stesso tempo il governo si impegna a rafforzare l'incasso delle privatizzazioni,comprese quelle immobiliari. L'obiettivo è di fare 18 miliardi di euro nel triennio, peraccelerare la flessione del debito (al 126 % del pil nel 2021). E c'è l'impegno a tenerebloccato il deficit con una clausola automatica di controllo sulla spesa.Per il momento sono tutte qui le concessioni dell'esecutivo, che ieri ha incassato altri duebrutti colpi. Lo schiaffo del Senato sul condono, e la bocciatura della manovra da parte delFondo Monetario, che vede il deficit del 2019 al 2,6% (il governo dice 2,4%, la Ue si spinge al2,9%), il debito stabile a quota 130% del Pil per il triennio, con una crescita dell'economiaintorno all'1%, e considera la manovra poco efficace, se non rischiosa. Non è affatto detto che le aperture del governo bastino a tranquillizzare Bruxelles, che haricevuto ieri dal governo anche la lettera con cui si spiegano i «fattori rilevanti» che hannoimpedito una discesa più veloce del debito pubblico. «Se va bene all'Europa siamo contenti,sennò tiriamo dritti» ha sottolineato Salvini a margine del Consiglio dei ministri che, a tardasera, ha formalizzato la risposta «di attacco e non di difesa», alle osservazioni Ue. Il compromesso raggiunto poche ore prima nel corso di un vertice tra Tria, il premierGiuseppe Conte, e i due vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, è comunque un piccolo passoavanti per il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che aveva spinto al massimo per unaccordo. Anche se non è riuscito a far digerire ai due azionisti di maggioranza dell'esecutivouna revisione al ribasso della crescita attesa nel 2019 per l'impatto della manovra, cheavrebbe reso tutto l'impianto più credibile e coerente. Per tener conto dell'ulteriorerallentamento dell'economia, Tria avrebbe preferito ritoccare l'1,5% programmato per il 2019,ad un più credibile 1,3-1,4%. Ma non c'è riuscito, nonostante in mattinata avesse affermatocon forza che «il tasso di crescita non si negozia, è il risultato di una valutazionesquisitamente tecnica».Dopo le decisioni di ieri, quanto meno, resta aperto il dialogo con l'Europa, molto preoccupataper l'impostazione della manovra italiana, che il New York Times definisce il primo vero

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assalto «all'ordine del blocco», capace di riaprire il dibattito sull'opportunità dell'austerity.«Chi pensa di poter risolvere i problemi da solo, creando nuovo debito, mette in discussione laforza e la stabilità dell'Europa» ha ricordato ieri il cancelliere tedesco, Angela Merkel. «Èimportante - dice ancora Merkel - giungere a una soluzione nel dialogo con la Ue». Pressioni perché la manovra venga modificata in modo ancor più radicale continuano adarrivare anche sul fronte interno. «Speriamo che il governo e il parlamento possanocorreggere le criticità della manovra» ha detto il presidente della Confindustria, VincenzoBoccia, ricordando preoccupato il nuovo rallentamento dell'economia. © RIPRODUZIONE RISERVATA ~L'Italia ha deciso le regole della Ue con gli altri Ora trovi la soluzione dialogando Angela Merkel ~Non si negozia il tasso di crescita. Le previsioni sono il risultato di valutazioni tecniche, nondiventano oggetto di negoziato dentro o fuori il governo Foto: Con i cronisti Il vicepremier Luigi Di Maio, 32 anni, ieri davanti a Palazzo Chigi dopoil Consigliodei ministrisulla manovra (Imago- economica)

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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 14/11/2018 - 14/11/2018 12

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Boeri boccia il governo sui conti di quota 100 «Stime irrealistiche» Il presidente Inps: la spesa del 2020 più alta del 2019 Il 68% uomini Il 68% dei pensionabilinel 2019 con quota 100 (475 mila) è rappresentato da uomini. Per Boeri è «merito» deimaggiori contributi A. Bac. ROMA Per il pensionamento anticipato con almeno 62 anni e 38 di contributi, denominato «quota100», che dovrebbe partire l'anno prossimo, finora esistono solo gli stanziamenti nella Leggedi bilancio considerati necessari: 6,7 miliardi nel 2019 e 7 miliardi nel 2020. Cifre che proprioieri il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha considerato irrealistiche, soprattutto per il secondoanno, perché le quattro finestre di uscita del 2019 «saranno andate a regime». Per il resto«quota 100» è un provvedimento tutto da scrivere, su cui esistono ipotesi più o menorealistiche, su cui si è esercitato l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). I pensionabili nel 2019 Sono circa 475 mila i potenziali pensionabili con «quota 100» nel 2019. Circa il 90% ha irequisiti già a fine 2018, il 10% li maturerebbe durante l'anno. Questi pensionamentianticipati costituirebbero circa il 70% delle pensioni liquidabili nell'anno. Oltre il 68% deipensionabili nel 2019 con «quota 100» è rappresentato da uomini. «Merito» dei maggioricontributi, come il presidente dell'Inps, Tito Boeri, non ha mancato di sottolineare difendendole donne. Nord e Sud Secondo il Sole 24 Ore , di quota 100 dovrebbe usufruire soprattutto il Nord, dove vengonoerogate più pensioni di anzianità. Tra le province a maggior concentrazione, Biella, Asti,Novara, Vercelli e Cuneo. Nelle prime dieci, Lecco e Cremona, Ferrara e Ravenna e Rovigo. Laprime città non del Nord sono Siena e Arezzo. Pubblico e privato La potenziale platea di «quota 100» è costituita per circa il 43% da dipendenti privati (220mila) e per il 36% da dipendenti pubblici (oltre 156 mila). La pensione media lorda dei privatie dei pubblici sarebbe di poco inferiore a 33 mila euro, superiore a quella degli autonomi(circa 18 mila euro). Poco più della metà (52,8%) delle pensioni liquidabili con «quota 100»nel 2019 sarebbe calcolata con il criterio retributivo. Il resto col misto. Penalizzazioni Un forte deterrente all'uscita anticipata è la prevista penalizzazione crescente per ogni annodi anticipo rispetto alla «Fornero». Le penalizzazioni sull'assegno crescono da circa il 5%, incaso di anticipo solo di un anno, a oltre il 30%, se supera i quattro anni. Questo, avvertel'Upb, se non si dovesse considerare anche il vantaggio costituito dal fatto che la ratapensionistica di «quota 100», per quanto più bassa, verrebbe erogata per un maggior numerodi anni. Tenendo conto anche di questo, la penalizzazione «spalmata» diminuirebbe, andandodallo 0,22% per un anno di anticipo all'8% in caso di anticipo di oltre quattro anni. Ma ildecreto attuativo potrebbe prevedere ulteriori penalizzazioni proprio per abbassare la spesacontestata dalla Commissione europea, come le finestre di uscita, il divieto di cumulo dellapensione con il reddito da lavoro, la perdita di parte dei contributi figurativi, il ricalcolo colcontributivo. I costi e le stime

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Qualora effettivamente l'intera platea potenziale del 2019 utilizzasse «quota 100» nonappena raggiunti i requisiti, l'aumento della spesa pensionistica lorda nel 2019 sarebbe,secondo l'Upb, di quasi 13 miliardi. Cifra che però non tiene conto né delle maggiori entratefiscali sulle nuove pensioni, né dell'andamento del mercato del lavoro che è in contrazione erende meno stabile il sistema. Secondo il presidente dell'Inps, le stime di un'assunzione perogni pensionamento, «o addirittura tre», non hanno base empirica . © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera I numeri di quota 100 Le ipotesi di spesa del governo sulle uscite dallavoro con 62 anni di età e 38 di contributi Numero di pensionabili con 62 anni di età e 38 dicontributi 2019 2020 6,7 miliardi 7 miliardi 2019 475mila La parola Quota 100Il sistema della «Quota 100» prevede l'accesso alla pensione quando la somma tra etàanagrafica e anni contributivi è pari, appunto, a 100. La norma all'esame del governo per la legge di bilancio 2019 prevede un minimo di 38 anni di contributi il checonsentirebbe al lavoratore di andare in pensione al compimento dell'età anagrafica di 62 anniFoto: Il presidente dell'Inps, Istituto nazionale della previdenza sociale, Tito Boeri, 60 anni,

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PENSIONI Quanto ci perdiamo con la riforma ? Leonardo Comegna Tredici miliardi di aumento di spesa per pagare le pensioni e un assegno pensionistico ridottodi oltre il 30% rappresentano, in termini di costi, gli effetti estremi della riforma previdenzialeannunciata dal governo. È quanto emerge dai calcoli fatti dall'Ufficio parlamentare di bilancio.Ecco, invece, cosa cambierebbe per 4 tipologie di lavoratori prossimi alla pensioni ma concondizioni di partenza differenti tra loro. Ingegnere di 62 anni e 43 di versamenti L'assegno? Un taglio del 20%L' ingegner Rossi, dirigente industriale, ha 62 anni di età e lavora da 38 anni; un potenzialeinteressato alla quota 100. Avendo riscattato la laurea (ingegneria, 5 anni), oggi può contaresu una anzianità di ben 43 anni. Il suo stipendio annuo lordo è di 90 mila euro (poco più di 4mila euro netti al mese). La data del suo pensionamento è prevista nel 2019, all'età di 63anni, dopo aver accumulato 43 anni e 3 mesi di contribuzione. La sua rendita sarà calcolatacon il cosiddetto sistema «misto»: retributivo (legato alla media degli ultimi stipendi) perl'anzianità acquisita al 31 dicembre 2011 (avendo più di 18 anni al 31 dicembre 1995) econtributivo per l'anzianità dal 1° gennaio 2012 in poi. Con un incremento reale dellostipendio e del Pil dell'1,5% potrà ritirarsi con una pensione molto vicina all'80% dell'ultimostipendio. All'ingegnere, dunque, la quota 100 non interessa, appartenendo alla generazionesfuggita all'austerity della riforma Monti-Fornero. © RIPRODUZIONE RISERVATA 1 Insegnante di 61 anni di età e 38 di contributi Potrà lasciare nel 2020, a 1.794 euroLa professoressa Letizia, insegnate di scuola media, lavora da 34 anni. Ma grazie al riscattodei 4 anni di laurea già pagato a suo tempo, alla fine di quest'anno scolastico riesce araggiungere 38 anni. L'insegnante è nata a giugno del 1957, per cui potrebbe lasciare lacattedra a settembre del 2019, anno in cui scatta la «quota 100». Ma se occorrerà sottostareal ritorno delle «finestre» d'uscita programmate, la professoressa, che matura la pensione inquota nel 2019, dovrebbe intascare l'assegno dall'Inps solo a partire dal settembre del 2020.Ma non basta. Dalle simulazioni effettuate dall'Ufficio parlamentare di bilancio, in attesa deldisegno di legge del governo, la signora Letizia lascerebbe sul terreno il 5,6% della pensionematurata. Insomma, dei 1.900 euro che pensava di incassare, in realtà ne avrà solo 1.794,106. In questo caso la pensione in quota sembra non convenire: l'anticipo è minimo el'ammontare del trattamento penalizzato. © RIPRODUZIONE RISERVATA 2 Negoziante di 61 anni che versa da 40 anni La rendita scende a 795 euroLe attuali regole, riforma Fornero, dicono che la signora Bianchi, titolare di un piccolo eserciziocommerciale, potrà ottenere la pensione all'età di 67 anni. Nata nel 1957, l'anno prossimo,quando sarà attuata la quota 100, raggiunge 40 anni di versamenti e 62 di età anagrafica. Peril pensionamento anticipato le mancherebbe un anno e 10 mesi. La nostra negoziante devefare i conti con le finestre d'uscita programmate che, nel caso di lavoratori autonomi, saranno

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semestrali: optando per la quota 100 potrà ottenere l'assegno Inps a partire dal giugno 2019,circa un anno prima. Trattandosi di un negozio di modesta entità, avrebbe diritto a unassegno mensile di 850 euro. Stando alle simulazioni Upb, l'assegno effettivo sarà di 795euro, 55 in meno della sua aspettativa. Nel caso specifico l'opzione quota 100 risultaconveniente: a differenza dei dipendenti, che devono lasciare il lavoro, per gli autonomi infattinon è richiesta la cessazione dell'attività. © RIPRODUZIONE RISERVATA 3 Impiegato di 62 anni di età con 39 di lavoro Aziende in crisi, 10% in menoIl signor Mario, impiegato di una piccola azienda commerciale, ha 62 anni di età e lavora da39 anni. Senza ulteriori interventi sui requisiti richiesti per la pensione, con le regole dellaFornero, Mario percepirà la pensione di vecchiaia all'età di 67 anni e 3 mesi. Causa laperdurante crisi, l'azienda non gode di buona salute. Per cui, se nel frattempo non vieneriformulata la normativa degli ammortizzatori sociali «in deroga», Mario potrebbe rischiareaddirittura il posto di lavoro. A casa senza pensione, e senza stipendio. In questo caso vale lapena valutare l'ipotesi quota 100 che gli consentirebbe di anticipare il pensionamento di circa2 anni. Rinunciando a una quota dell'assegno pari grosso modo al 10%: un assegno Inpsanticipato, ancorché più leggero. Consapevole che per un periodo (ancora da definire) di unoo 2 anni non potrà svolgere più attività lavorativa, fatta eccezione per un lavorettooccasionale entro il limite di 5 mila euro l'anno. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 ? Il costo di quota 100 sulle pensioni Effetto dell'anticipo del pensionamento sull'assegnopensionistico: differenza tra pensione quota 100 e pensione Fornero (dati in %) Platea deinuovi pensionati potenziali nel 2019 per canale di pensionamento Anno Anno diraggiungimento dei requisiti Fornero di pensionamento con quota 100 2019 2020 2021 20222023 2024 Fonte: simulazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio su dati Inps -29,53 -24,78-19,50 -13,64 -7,14 2024 -34,17 -29,82 -24,99 -19,64 -13,64 -7,16 2025 -24,15 -19,03 -13,33 -7,02 2023 -17,20 -12,05 -6,33 2022 -10,79 -5,68 2020 2021 -5,06 Attivi Altrecategorie Totale Vecchiaia 56.462 23.128 79.591 Vecchiaia contributivi 2.320 4.282 6.602Anticipata 53.942 4.165 58.107 Anticipata contributivi 268 20 287 Precocità 70.468 3.48673.954 Quota 100 38.206 Totale 73.287 437.132 620.592 475.338 693.879 La parola/1 RetributivoIl meccanismo retributivo calcola la pensione su una media delle retribuzioni degli ultimi annidi lavoro (solo anzianità entro 2011) La parola/2 contributivoIl sistema contributivo calcola la pensione sommando i contributi accumulati e rivalutatidurante la vita lavorativa

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Le imprese bresciane bocciano il Governo Matteo Meneghello Decreto dignità, investimenti pubblici e privati, infrastrutture, pensioni: l' % degli imprenditoribresciani definisce "molto negativi" i provvedimenti adottati finora dal governo. All'assembleadell'Associazione industriale nessun esponente dell'esecutivo. -a pagina bresciaGli industriali bresciani bocciano le scelte del Governo e lanciamo l'allarme crescita. «Abbiamointerpellato circa 300 imprenditori, ne esce un quadro da bollino rosso» ha detto ieri ilpresidente dell'Associazione industriale bresciana, Giuseppe Pasini, durante l'assemblea.Nessuno tra gli esponenti del Governo (per la politica locale c'era il presidente di RegioneLombardia Attilio Fontana) ha partecipato ieri alla riunione, se si esclude un collegamentovideo del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon che ha dialogato in sala con il direttoredell'Osservatorio conti pubblici della Cattolica, Carlo Cottarelli, e il consigliere delegato Ubi,Victor Massiah. «Un segno allarmante di lontananza - ha detto Pasini -, che sottolinea uno scollamentodall'Italia che produce». Il sistema delle imprese bresciane è stato capace di investire più diun miliardo solo l'anno scorso, raggiungendo a giugno il record nell'export, 8,6 miliardi;Brescia è la terza provincia manifatturiera più specializzata d'Europa, il quinto Pil italiano. Oraquesto quadro rischia uno stop. Nei primi tre mesi la produzione è cresciuta solo dello 0,1%, ein alcuni settori cardine di questo territorio, come meccanica e metallurgia, ha perso più del4%». «Il trend della nostra provincia - ha spiegato Pasini - anticipa gli andamentidell'economia nazionale. Purtroppo, i dati di oggi fanno allungare ombre sulla performance delpaese». L'80% degli imprenditori bresciani interpellati da Aib giudica molto negativamente il Decretodignità, le azioni su investimenti privati, su quelli pubblici, sulle infrastrutture e sul sistemapensionistico messi in opera dal Governo in questi primi mesi. «La nostra associazione - haavvertito Pasini - è costituita per oltre il 92% da Pmi. Se miniamo la fiducia di queste impresemettiamo in ginocchio tutta la filiera. Chi non vuole capire che la creazione di benessere passadalle imprese non vuole ammettere che il lavoro è alla base di una società moderna e civile». E a questo proposito il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha ricordato che «unarealtà come Brescia ci aiuta a spiegare alla politica l'importanza della questione industriale. Lenostre imprese versano 70 miliardi di fiscalità all'anno e danno lavoro a 5,5 milioni di addetti,altro che prenditori. La politica non deve cavalcare ansie, ma trovare soluzioni. Questa,invece, è una manovra debole». Pasini ha elencato temi fondamentali sui quali le imprese bresciane stanno investendo risorsee sui quali si aspettano risposte dal Governo. Snodi cruciali come il lavoro e la formazione. «Illavoro - ha detto - non si crea a suon di decreti. Non vogliamo un paese in cui è preferibile unsussidio a uno stipendio: così non si crea benessere, ma dipendenza e povertà». Preoccupazione anche sul fronte innovazione: «per Brescia - ha aggiunto -la trasformazionedigitale è un'opportunità unica, e ci siamo messi in gioco. Ma il Governo ora toglie il super-ammortamento e taglia l'iper-ammortamento». Con la spesa pubblica ridotta quasi a zero, ilvero motore, lo ha ricordato anche Victor Massiah, sono le imprese. «Sono convinto - haconcluso Pasini -, che Brescia sia un modello per l'Italia -: non si tratta solo di costruirecapannoni, ma di mettere in moto un sistema che produce benessere per la collettività».

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© RIPRODUZIONE RISERVATA Quale è il suo giudizio sulla politica economica generale delGoverno? Come valuta le norme contenute nel decreto dignità? Come valuta l'introduzione delreddito di cittàdinanza? Come valuta l'azione del Governo sugli investimenti privati? Comevaluta le prospettive di crescita economica dell'Italia nel breve-medio periodo? Come valuta lapossibile introduzione della "Quota 100" nel sistema pensionistico? Quanto è preoccupante lasalute dei conti pubblici italiani? Come valuta l'azione del Governo sugli investimenti pubblici,in particolare sulle infrastrutture? MOLTO POSITIVO POSITIVO NEUTRO NEGATIVO MOLTONEGATIVO risultati dell'indagine 39% 43% 13% 4% 1% 45% 36% 12% 6% 1% 60% 30%6% 3% 1% 26% 43% 25% 6% 0% 44% 30% 18% 7% 1% 25% 29% 24% 19% 3% 17%55% 20% 7% 1% 59% 28% 5% 5% 3% Le valutazioni degli imprenditori brescianiFoto: Le valutazioni degli imprenditori bresciani GIUSEPPEPASINIPresidente dell'Associazione industriale di Brescia

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INTERVISTA MATHIEU JEHL «Ilva riparte da Fca Utile già nel 2019» Parla l'ad di ArcelorMittal Italia: «Rilanceremo i processi e il servizio» Matteo Meneghello La produzione raggiungerà 6 milioni di tonnellate nella prima metà del 2019; focussoprattutto sull'auto con attenzione alla qualità dei processi e del servizio e il recupero diclienti storici come Fca; l'utile già nel 2019. A poche settimane dal passaggio degli assetdell'ex Ilva dall'amministrazione straordinaria al nuovo proprietario, il ceo di ArcelorMittalItalia, Mathieu Jehl, si prepara a rilanciare il gruppo siderurgico: in un'intervista al Sole 24Ore annuncia gli obiettivi di breve periodo. Priorità a sicurezza e ambiente. Matteo Meneghello a pag. 13 «Oggi sono a Milano, domani a Londra, nei prossimi giorni tornerò a Taranto, poi sarò a Genova.Certamente mi stabilirò in Italia, si tratta solo di capire quando e dove». Sono passate solo poche settimane dal passaggio formale degli asset dell'ex Ilvadall'amministrazione straordinaria al nuovo proprietario, ma il ceo di ArcelorMittal Italia,Mathieu Jehl, si è già calato nella parte e si prepara a rilanciare il gruppo siderurgico. In pochi mesi ha imparato un ottimo italiano, scelta strategica per dialogare con un territorioche vive un rapporto complesso con la fabbrica. Ha poi costruito una squadra internazionale dimanager, pescando tra le migliori risorse del gruppo e integrandole con le competenzeitaliane. Ora annuncia obiettivi di breve periodo che, dopo 5 anni di difficoltà legate alcommissariamento, segnano l'inizio di una nuova era, non solo per l'acciaio italiano, ma ancheper la filiera manifatturiera a valle: la produzione raggiungerà 6 milioni di tonnellate già nellaprima parte del 2019, il focus sarà soprattutto sull'automobile con attenzione alla qualità deiprocessi e del servizio e con il recupero di clienti storici come Fca; infine si punta al ritornoall'utile già nel 2019.Sono passati quasi cinque anni dal primo commissariamento di Ilva. L'azienda è passataattraverso numerose difficoltà, commerciali e produttive, con un inevitabile taglio agliinvestimenti in particolare negli ultimi mesi. In queste settimane avrà sicuramente visitato gliimpianti. Qual è lo stato di salute del più grande produttore di acciaio italiano?Fin dal primo approccio di ArcelorMittal al dossier, dal 2014, è sempre stato ripetuto chequesti asset sono di prima categoria. Negli ultimi anni sono venuti meno molti investimenti:ora dobbiamo intervenire sulla manutenzione, sui ricambi. Questo non cambia il nostrogiudizio su Ilva, che ha un potenziale gigantesco, come posso confermare dopo avere vissutole mie prime settimane dentro l'azienda.Quali sono in questo momento le priorità per gli investimenti?Sicurezza e ambiente vengono al primo posto. Per quanto riguarda invece il piano industrialespenderemo 520 milioni di euro per i primi interventi dell'anno prossimo.Nei giorni scorsi ha affermato che esiste un gap tra gli impianti Ilva e il benchmark diArcelorMittal nel resto dell'Europa. Quali sono i ritardi della fabbrica italiana?I numeri e le performance di ArcelorMittal sono pubblici, chiunque può fare un confronto. Leragioni della differenza sono tre. Per prima cosa i volumi: Ilva negli ultimi anni non hagenerato l'output commisurato alla sua struttura. Poi c'è l'aspetto commerciale: con l'ingressoin ArcelorMittal anche l'Italia potrà beneficiare delle economie di scala del gruppo in termini dipotere d'acquisto. L'ultimo fattore è il know how di ArcelorMittal sui processi e sull'affidabilità.

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Se lavoriamo su questi tre fattori possiamo raggiungere il livello di profittabilità del gruppo.Naturalmente non in tre mesi, abbiamo bisogno di un po' di tempo.Ha parlato della prospettiva di tornare a una produzione di 6 milioni di tonnellate: entroquando pensa possa essere possibile? Sarà tutto output a caldo o sono previsti anchecontributi intragruppo?Siamo in fase di ramp up, credo che il ritmo da 6 milioni di tonnellate, tutti prodotti a Taranto,lo potremo avere dal primo o secondo trimestre del 2019. Abbiamo poi previsto di farearrivare anche coils e bramme, già tra dicembre o gennaio. I coils, in particolare arriverannodal sito di Fos sur Mer, in Francia.Quando pensate di potere scrivere il primo utile in bilancio?Abbiamo sempre detto che l'obiettivo è avere una marginalità incrementale e un utile già dalprimo anno. Proprio domani (ieri per chi legge ndr) ho a Londra la riunione per discutere ilbudget.Lei è reduce da un'esperienza di successo nel plant di Gent, in Belgio, dove ha sviluppatoalcuni prodotti innovativi destinati all'auto, come il Fortiform e altre gamme ad altaprestazione. Crede che anche le linee di Novi potranno produrre questa gamma?La nostra idea è certamente produrre acciaio per auto, con focus su Novi, i cui impianti sonofatti per l'automotive. È presto però per parlare di Fortiform o Jvd. La nostra prima necessitàè lavorare per rilanciare i livelli di servizio e qualità. Senza quello non possiamo nemmenoparlare di volumi. Non è un problema di prodotto: oggi dobbiamo ricostruire il principio dellaqualità integrale, dal primary lungo tutto il ciclo produttivo. Non è difficile, ma lo dobbiamofare, sfruttando le nostre conoscenze. Il processo è la priorità, il prodotto non ancora.In questi anni Ilva ha perso contatto con clienti storici come Fca, o Fincantieri. Cosa statefacendo per recuperarli? Avete già firmato qualche nuovo contratto?Fca e Fincantieri sono già clienti di ArcelorMittal e naturalmente abbiamo già parlato con lorodopo l'acquisizione. Sui nuovi clienti siamo al lavoro, e non posso dire di più: naturalmentesiamo aperti e vogliamo lavorare con i clienti più importanti d'Italia.Ha già incontrato i lavoratori?Abbiamo organizzato due townhall meeting proprio nei giorni scorsi. È stato un bel modo difare conoscenza con tutti gli operai, erano in tanti: 1.500 a Taranto e 600 a Genova. È uninizio, lo vogliamo fare regolarmente: abbiamo bisogno di comunicare in modo permanente.Che differenze ha trovato tra i suoi primi giorni di lavoro a Taranto e rispetto al suo primoimpatto in altre esperienze in giro per l'Europa, come per esempio a Gent?Ci sono delle similitudini. L'ho visto a Gent, a Einsenhüttenstadt, a Liegi, a Taranto, a Genova,ovunque sono stato: l'orgoglio degli operai dell'acciaio. Sono fieri, e c'è una volontà immensadi andare avanti e trovare una soluzione. La differenza principale è che Ilva ha passato cinqueanni molto difficili, e c'è una enorme resilienza dimostrata dai lavoratori in questi ultimi anni.Come ha detto uno dei nostri ingegneri: fino a oggi la sfida è stata sopravvivere, da domani lasfida è cambiare.Ha già incontrato il nuovo presidente di Federacciai, Alessandro Banzato? Intende riportarel'ex Ilva all'interno dell'associazione?Lo incontrerò prossimamente. Non posso dire nulla perchè dobbiamo ancora parlare.© RIPRODUZIONE RISERVATA Matteo Meneghello '' l'occasione L'ingresso in ArcelorMittal permetterà economie di scala in termini di potered'acquisto

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'' la prospettiva L' idea è produrre acciaio per auto, con focus su Novi, i cui impianti sono fattiper l'automotive. Foto: Amministratore delegato. --> Mathieu Jehl : sicurezza e ambiente al primo posto

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IL COMMENTO QUANDO IL FMI È più aperto di bruxelles Giorgio Santilli Aconclusione della sua missione a Roma, il Fondo monetario internazionale mette in guardial'Italia dai rischi legati a uno spread tenuto ai livelli attuali per un lungo periodo, ma evita diappiattirsi sull'atteggiamento ipercritico della commissione Ue. Nei numeri, anzitutto. -Continua a pagina Continua da pagina 1 Prendiamo le previsioni sui grandi aggregati macroeconomici. La lettura più interessante chefa il Fmi è nell'incrocio fra il dato della crescita e quello del deficit: nonostante il Pil 2019 siastimato più basso (1%) rispetto alla previsione italiana (1,5%) e a quella della commissione(1,2%), il Fondo non intravvede le condizioni per una esplosione del deficit, come ci sisarebbe aspettati se Washington avesse accolto i presupposti di Bruxelles. Il deficit resta,invece, a 2,65%, mediano fra la stima italiana al 2,4% e quella europea al 2,9%. Ma non è solo nei numeri che il Fmi si è mostrato più attento della Ue nella valutazione dellamanovra italiana. Il Fondo non ha risparmiato critiche alle misure ma ha condiviso l'obiettivodella manovra di affrontare due criticità strutturali dell'Italia del dopo crisi (la bassa crescita ela debolezza della inclusione sociale). E ha valutato con luci e ombre le aree di riformaindividuate: welfare, pensioni, rilancio degli investimenti, riforma fiscale. Ribadendo la prioritàdegli obiettivi del consolidamento fiscale e del rilancio della produttività - per raggiungere iquali è opportuno rivedere la composizione della spesa e il mix delle misure - si valuta moltopositivamente il rilancio degli investimenti mediante risorse aggiuntive e semplificazioninormative. Si apprezza anche l'impegno di tenere in equilibrio di lungo periodo il sistema delwelfare e del sistema pensionistico. Quanto al fisco, lo stimolo del Fmi è di abbandonare le strade di piccolo cabotaggio (ilriferimento sembra alla piccola "flat tax" limitata alle partite Iva) per concentrarsi su unariforma fiscale complessiva che spinga davvero la crescita e il lavoro. Anche sul fronte delsistema finanziario e bancario, il Fondo rileva che la situazione è migliorata molto negli ultimidue anni, ma ora non bisogna disperdere questi risultati. Non mancano le cose da correggere,ma il Fmi offre una collaborazione per ridurre i rischi e spingere le riforme sulla strada dellastabilità e della crescita. © RIPRODUZIONE RISERVATA Giorgio Santilli

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EDITORIALE scenario da fine impero Fabio Tamburini Tutti contro tutti. Lo scenario che abbiamo raccontato negli ultimi giorni anticipando ai lettorile vicende di Tim è da fine dell'impero. Scontri tra azionisti, consigli di amministrazioneall'arma bianca, trattative dietro le quinte senza esclusione di colpi. Peccato che l'oggetto delcontendere sia ormai ben poca cosa: fatturati in forte calo, investimenti bloccati nel tentativodi mantenere accettabile la redditività aziendale, bilanci discutibili. -Continua a paginaContinua da pagina 1Il che significa emergenza occupazione con 22 mila posti di lavoro a rischio che, comeabbiamo scritto nell'inchiesta pubblicata domenica scorsa, diventeranno 30 mila nel prossimobiennio. Un epilogo davvero triste per un gruppo che, in un passato neppure troppo lontano,ha rappresentato uno dei punti di forza dell'industria italiana. All'epoca si chiamava Stet, eraleader sui mercati internazionali delle telecomunicazioni, esprimeva tecnologie avanzate,capacità innovative d'avanguardia e una classe manageriale di primo livello.La storia di come è stata distrutto il gruppo Stet a partire dalla privatizzazione meritariflessioni critiche perché è una sconfitta pesante per l'intero Paese. All'epoca laprivatizzazione fu il prezzo pagato dal governo ai diktat dell'Europa. Oggi, di passaggio inpassaggio della proprietà, sono rimasti solo brandelli. Il marchio resta glorioso, ma lospezzatino che si sta delineando rappresenterà l'ultimo atto di una dispersione di valoreclamorosa. Certo gli azionisti attuali riusciranno a ridurre le perdite o perfino a guadagnarci.Per quanto riguarda l'Italia significa che, unico Paese tra i principali d'Europa, perderàdefinitivamente il controllo della società italiana delle telecomunicazioni. La Germania haDeutsche Telekom, la Francia conta su Orange, la Spagna può vantarsi di un motore disviluppo come Telefonica. Nessun governo è intervenuto nella difesa del campione nazionale.Così, senza troppi turbamenti, è andato in liquidazione un grande patrimonio industriale etecnologico. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fabio Tamburini

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Genova Dopo il crollo le imprese denunciano danni per 422 milioni Raoul de Forcade Raoul de Forcade a pag. 14 A tre mesi dal crollo del viadotto Morandi, oltre a restare indelebile nei genovesi il dolore perle 43 vittime, si profila con sempre maggiore chiarezza l'entità del danno economico che lacittà ha subito e continuerà a subire se il ponte non sarà ripristinato in tempi brevi. In tremesi il porto di Genova ha perso il 14% del traffico container e le imprese, finora, hannopresentato denunce di danni per 422 milioni. Dati sulla situazione arrivano da Spediporto (cheraggruppa gli spedizionieri genovesi), dalla Camera di commercio di Genova, ma anchedall'Associazione spedizionieri di la Spezia, il cui porto (così come quello di Livorno) staraccogliendo parte del traffico distratto da Genova per il suo "rallentamento" logistico. Nel 2017, il porto di Genova-Savona ha toccato il suo record storico con 2,6 milioni di teu(container da 20 piedi) movimentati, pari a +13,3% sull'anno precedente. E Giampaolo Bottadirettore generale di Spediporto sottolinea come, dopo il Morandi, lo scalo mostri «il fiatocorto. La reazione degli operatori - spiega - non è stata sufficiente ad arginare il disagio e lecriticità operative. Il trend, purtroppo, è in costante peggioramento; a dirlo sono i dati mesesu mese, raffrontati allo scorso anno. Si è passati da un mese di settembre 2018 con unamedia di perdita di volumi pari a -3,75% rispetto a settembre 2017, a un mese di ottobredove si riscontra un -8,11% rispetto ai dati 2017. Se pensiamo che a luglio il porto di Genovastava registrando un +6% medio, vuol dire che, in tre mesi, lo scalo ha perso oltre il 14%». Idati «di questi mesi - chiarisce Botta - certamente risentono del fattore ferroviario fortementepenalizzato per oltre un mese. Si è dovuto attendere, infatti, il 4 di ottobre per poter disporrenuovamente della linea del "sommergibile" (per il trasporto merci da e per il porto, chepassava proprio nell'area del Morandi, ndr)». Spediporto ieri, nel corso di un'assembleastraordinaria degli associati, ha deciso muovere una class action, in sede civile e penale, perla vicenda del Morandi, nei confronti di Autostrade per l'Italia e ministero delle Infrastrutture.A questa si aggiungerà un'azione di responsabilità verso Aspi presso le Autorità garanti dellaconcorrenza e dei trasporti.Se Genova perde, altri porti acquistano una parte del traffico dello scalo. «La Spezia - diceAlessandro Laghezza, presidente degli spedizionieri spezzini - tra settembre e ottobre haguadagnato una media del +12%, rispetto allo stesso periodo 2017, dovuta soprattutto acontainer in import. Ma non mi fa piacere che il nostro porto cresca a discapito di Genova,perché il nodo logistico genovese è di assoluta importanza per l'Italia e deve tornare al piùpresto nella piena funszionalità ».Sotto il profilo delle imprese, la Cciaa di Genova ha reso noto ieri che sono stati presentatifinora 2.058 "modelli AE" (i documenti con cui le imprese segnalano i danni subiti o previstiper il crollo del viadotto), che totalizzano una somma 422,1 milioni. «Il tributo più alto - silegge nel report - lo paga il commercio, con 797 modelli presentati e 121,1 milioni di danni.Subito dopo l'industria, con un numero minore di segnalazioni (212) ma un dannocomplessivo di ben 117,6 milioni. Al terzo posto, i trasporti e le spedizioni, con 209 modelli e95mila euro di danni. Se invece si guarda al danno medio subito, al primo posto salel'industria con 554mila euro». Ed è Ansaldo Energia ad avere la stima di danno più elevata:50 milioni.

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© RIPRODUZIONE RISERVATA Raoul de Forcade 14 per cento In tre mesi, dopo il crollo del ponte Morandi, il porto di Genova ha perso il % deltraffico container e le imprese hanno presentato denunce di danni per milioniI DANNI ALLE IMPRESEIn milioni di euro il valore totale delle denunce di danni subiti dalle aziende

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INTERVISTA Stefano Micossi . Per il dg di Assonime c'è una distorsionedella strutturatributaria a sfavore delle aziende «Una manovra così incentiva il lavoro nero e penalizza le imprese» '' l'abolizione dell'Ace Determina un disincentivo alla patrimonializzazione delle società e unfavore fiscale ai finanziamenti in debito firma>Davide Colombo roma Gli incentivi all'attività d'impresa lasciano il passo a nuova spesa assistenziale. Con una«distorsione» della struttura tributaria che colpisce le aziende e che si traduce, in termini dicassa, in un maggior prelievo per 7 miliardi nel 2019, destinato a crescere negli annisuccessivi, perché le coperture per i nuovi programmi assistenziali semplicemente non cisono. Stefano Micossi, direttore generale di Assonime, boccia senza appello la prima legge dibilancio della legislatura. «Se venisse approvata così com'è determinerebbe il più grandeincentivo al lavoro nero mai visto nella storia della Repubblica».Un giudizio molto netto professore, come mai?Dal decreto Dignità in avanti ho visto solo annunci di misure di accanimento contro l'attivitàd'impresa, le scelte di investimento o di assunzione di personale. Si punta ad attivare piùspesa corrente di natura assistenziale. Non mi pare la scelta giusta.Si riferisce alle misure sul reddito di cittadinanza e le pensioni?Precisamente. Avranno effetti devastanti sulla struttura del bilancio dello Stato. Si prevedonotrasferimenti per milioni di persone senza capire come verranno definite le platee, come peresempio si potrà evitare che gente che lavora in nero percepisca anche il reddito dicittadinanza. E non ci si venga a parlare della pena di sei anni di reclusione per chi approfittaperché non ci crede nessuno.Torniamo ai provvedimenti fiscali sulle imprese.Abolire l'Ace determina un disincentivo alla patrimonializzazione delle società e un favoretributario a forme di finanziamento in debito. Mentre l'Iri era un'imposta neutrale sulla sceltadella forma giuridica dell'impresa. Non credo che superare queste due formule per introdurrela mini Ires sugli utili reinvestiti sia la mossa giusta.Secondo l'Istat i provvedimenti generano un aumento del debito di imposta per più di unterzo delle imprese.Prima parlavo di accanimento e lo ripeto. Gli effetti maggiori saranno sulle imprese minori, poia seguire quelle medie. Non è possibile dire se ci sarà o meno un effetto compensazione exante, vedremo. Bisogna tener conto anche della riduzione del credito d'imposta sugliinvestimenti in ricerca e sviluppo e del superammortamento, che non è stato rifinanziato.Quello che è invece certo è che abolire l'Ace determina un ulteriore squilibrio trafinanziamento con capitale proprio e ricorso all'indebitamento.Bankitalia ha affermato che senza l'Ace sarà più oneroso anche per le banche procedere aricapitalizzazioni. Più o meno la stessa cosa l'ha detta l'Abi.Non c'è dubbio. La manovra prevede la rimodulazione della deducibilità, da un lato, dellerettifiche su crediti derivanti dalla prima applicazione dell'Ifrs9 e, dall'altro, di elementi dicosto che hanno dato luogo all'iscrizione di attività per imposte anticipate convertibili in creditidi imposta.Si parla di 4 miliardi di maggior gettito nel triennio.È una quantificazione che equivale a un enorme disincentivo a fare maggior creditoall'economia reale proprio in una fase congiunturale delicatissima. Un disincentivo ad

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assicurare credito ad aziende che vogliono investire e magari assumere. L'esatto contrario diquello che servirebbe per rafforzare banche e imprese.© RIPRODUZIONE RISERVATA<Foto: IMAGOECONOMICA

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Confermati saldi e Pil Entrano dismissioni e clausole di spesa Lettera a Bruxelles. Meccanismo di salvaguardia antisforamenti, vendite di immobili pubblicifino all'1% del Pil, fondi al dissesto Di Maio: siamo convinti dell'1,5%. La Lega: risposta diattacco Manuela Perrone Gianni Trovati ROMA Nulla da fare. Nel vertice serale a Palazzo Chigi sul nuovo programma di bilancio per Bruxellesvince la linea dura Lega-M5S. Nelle tabelle aggiornate del Dbp non cambiano né il deficit al2,4% per il 2019, e questo si sapeva, né l'obiettivo di crescita, che per l'anno prossimorimane all'1,5%. «È la nostra convinzione», spiega Di Maio. Le ipotesi di una limatura alribasso, presenti negli scenari tecnici elaborati al ministero dell'Economia, sono state respinteprima del Consiglio dei ministri cominciato alle 21. Convocato con un unico punto all'ordinedel giorno: «Varie ed eventuali». Mossa inedita legata alla necessità di trovare al tavolo delGoverno un accordo sulla risposta da mandare alla Commissione Ue. Risposta che la Lega citiene a qualificare come «di attacco, non di difesa»Il tentativo di tenere aperto il dialogo con la Ue si limita infatti a una manciata di interventi,lontani dagli snodi chiave sui quali Bruxelles aveva chiesto sforzi «considerevoli» perrimediare alla «deviazione più significativa della storia» del Fiscal Compact. Nei correttivientra la clausola esplicita anti-sforamenti e un rilancio delle dismissioni di immobili pubblici.«Potremo fare più soldi dalla dismissione di quello che non serve», spiega il vicepremier DiMaio lanciando un programma che secondo Palazzo Chigi può valere 18 miliardi, l'1% del Pil.L'obiettivo è di rafforzare il percorso di discesa del debito. Non solo. È confermato l'inserimento nei conti di un allargamento delle richieste di deroga perfinanziare gli interventi «eccezionali» con cui rimediare ai danni provocati dall'ondata dimaltempo. Per questa via si chiede di ampliare l'esclusione (0,05% del Pil) già prevista aottobre per il crollo del ponte Morandi a Genova. Ma per il dissesto delle 11 Regioni in stato dicalamità naturale arriva anche la destinazione esplicita di una quota del fondo investimenti.Per accelerare, poi, nella lettera il governo richiama l'impegno alla riforma degli appalti e allasburocratizzazione.La riscrittura del Dbp ha impegnato i tecnici dell'Economia e di palazzo Chigi in una serie divertici che hanno preceduto le decisioni politiche della sera, al ritorno da Palermo del premierGiuseppe Conte. In una giornata nella quale è tornata ad alzarsi la temperatura del confrontotra il ministro dell'Economia Giovanni Tria e i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. «Il Pilnon si negozia né fuori né dentro il Governo», aveva messo nero su bianco in mattinata iltitolare dei conti italiani, per respingere le ricostruzioni secondo le quali la limatura della stimasulla crescita 2019 sarebbe stata al centro della trattativa politica. Ma le ipotesi tecnicheelaborate a Via XX Settembre, che alleggerivano a quota 1,3-1,4% la crescita dall'1,5%scritta a ottobre, sono rimaste tali. Non è bastato il peggioramento della congiunturafotografato dagli ultimi dai Istat per ufficializzare il ripensamento. Rimane, quindi, tutta ladistanza rispetto all'1,2% indicato dalla Commissione. I due partiti di maggioranza hanno dunque concesso poco alle ipotesi di restyling del bilancio.Come se il fronte comune contro l'Ue fosse ormai il vero filo conduttore del Governo, che nelfrattempo sul versante domestico colleziona divisioni su tutti i principali temi in agenda, dallegrandi opere alla prescrizione, al conflitto d'interessi.

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«Stiamo lavorando a una manovra che garantisce più posti di lavoro, più diritto alla pensionee meno tasse non per tutti ma per tanti italiani», aveva chiarito Salvini entrando a PalazzoChigi. E avvertendo: «Se all'Europa va bene siamo contenti, altrimenti tiriamo dritto». Unalinea parallela a quella di Di Maio e del M5S, in cui però si fa largo il realismo di StefanoBuffagni. «Vogliamo un'interlocuzione seria con l'Europa per stemperare i toni», ha detto ilsottosegretario. «Siamo consapevoli del rischio di uno spread così alto per le nostre banche:dobbiamo dare segni di discontinuità con il passato ma non manderemo al macero il sistema,non viviamo su Marte». Il tema banche, del resto, ha impegnato anche le strutture tecnichedel Governo che continuano a studiare i possibili interventi in caso di crisi. Il dossier, siribadisce dall'Esecutivo, non è in agenda a stretto giro. Anche se il caso Carige, insieme alleincognite che circondano alcuni istituti minori da Nord a Sud, impongono di tenere alta laguardia.Basteranno le poche modifiche che sono riuscite a salire sul carro del nuovo Dbp adallontanare il rischio di procedura d'infrazione? Difficile prevederlo, perché Commissione edEurogruppo restano compatti nel chiedere una correzione di rotta più netta. La questionefinirà sui tavoli europei il 21 novembre, quando dovrebbe essere pubblicato il giudizio finalesul bilancio italiano a cui si accompagnerà il rapporto sul debito. Prima mossa verso l'aperturadella procedura. La diplomazia intanto è al lavoro, in particolare dalle parti di Berlino. «Bisogna trovare unasoluzione nel dialogo con la Commissione», ha sottolineato la cancelliera tedesca AngelaMerkel. Ricordando però che «la stabilità finanziaria alla base della valuta unica puòfunzionare solo quando ogni Paese rispetta le proprie responsabilità». © RIPRODUZIONE RISERVATAPAROLA CHIAVE DpbGli obiettivi della manovraÈ l'acronimo di Documento programmatico di bilancio. In base alle regole europee, entro il 15ottobre di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione Ue e all'Eurogruppo (iministri delle dell'Economia dell'area euro) un Dpb per l'anno successivo, nel quale illustrano ilproprio progetto di bilancio (in sostanza gli obiettivi della manovra) . Il Documento contiene ilsaldo di bilancio e le proiezioni delle entrate e delle spese.LA REPLICA DEL GOVERNO BCDcrescita Il Pil del 2019 non si negozia Nessun ritocco al ribasso per il +1,5%Le ipotesi tecniche elaborate al ministero dell'Economia per alleggerire la crescita all'1,2-1,4%, rispetto all'1,5% di ottobre sono state respinte al mittente nel consiglio dei ministri diieri seradeficit Confermato l'obiettivo 2,4%Obiettivi più ambiziosi per il 2020-2021Il governo conferma l'obiettivo di deficit al 2,4% per l'anno prossimo. Il dialogo con laCommissione poggia sulla possibilità di rendere più ambiziosi gli obiettivi di deficit e debito sul

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2020 e sul 2021debito Calo con le privatizzazioniSul tavolo un taglio più significativoSul debito, osservato speciale di Bruxelles, il governo punta a una discesa più veloce con unrafforzamento del programma di privatizzazioni. Nel 2019 la Nadef fissa l'asticella al 130% delPil, la Ue stima il 131%Foto: A Palazzo Chigi --> --> Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il ministro dell'Economia Giovanni Tria.Ieri la risposta del governo italiano alle richieste della Commissione Ue

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CREDITO Patuelli (Abi): «Non rassegnarsi a 300 di spread» Buffagni (Governo, M5S): «Non manderemo al macero il sistema» firma>Luca Orlando «A quota 300 - scandisce Antonio Patuelli - non possiamo rassegnarci». «Non viviamo suMarte - ribatte Stefano Buffagni - e non manderemo al macero il sistema». Certo, agli stati generali del credito organizzati da Assolombarda si è parlato anche di altro. Diregole e vincoli, opportunità e proposte, liquidità e strumenti di pagamento. Ma a dominare ildibattito, come confermano gli interventi del presidente dell'Abi e del sottosegretario (M5S)alla presidenza del Consiglio, è sempre e comunque lo spread. L'effetto concreto di questobalzo nel differenziale di rendimento tra titoli italiani e benchmark tedeschi è già ben visibilenei maggiori costi di rifinanziamento del debito pubblico ma sono altri i guai potenzialiconnessi per l'economia reale. Li ha ricordati ieri il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi,paventando il rischio di un credit crunch in particolare per le Pmi, ipotesi ribadita oggi dalnumero uno dell'Abi. «Quella attuale può essere una fase di passaggio - spiega - ma non una stabilizzazionedell'Italia a 300 punti, perché questa verrebbe a essere deglutita non solo dalle banche, chesono un anello di una catena produttiva, ma anche da imprese e famiglie». In sintesi, sitradurrebbe in un «handicap complessivo sul sistema di produzione dell'Italia».Preoccupazioni ribadite anche dal presidente di Confindustria, che vede proprio a causadell'aumento dello spread il rischio di un ritorno al credit crunch, «scenario chiaramente daevitare». Ma è l'impostazione complessiva a non essere apprezzata. «Noi - sintetizza VincenzoBoccia - critichiamo la manovra perché il pilastro della crescita è molto debole».Buffagni, sottosegretario pentastellato alla presidenza del Consiglio, prova a rassicurare laplatea, pur confermando la rotta complessiva. «È un momento delicato e importante per ilPaese - spiega e vogliamo un'interlocuzione seria con l'Europa per stemperare i toni. Siamoconsapevoli del rischio di uno spread così alto per le nostre banche: dobbiamo dare segni didiscontinuità con il passato ma non manderemo al macero il sistema, non viviamo su Marte».Anche se le medie di Bankitalia (gli ultimi dati sono relativi a settembre) non indicano ancorauna chiara risalita dei tassi per le aziende, i dati qualitativi Istat (relativi ad ottobre)evidenziano primi segnali di irrigidimento nella concessione dei prestiti, proprio nel momentoin cui l'economia rallenta, in Italia e non solo.Per Patuelli la priorità va data ad una riforma a costo zero, il ripristino di un clima di fiduciaper rilanciare gli investimenti e la crescita, eliminando quell'area di incertezza che da mesidanneggia il Paese. Sarebbe anche un modo per tenere aperti i rubinetti del credito, anche seil giudizio unanime è che per le imprese oggi sia necessario esplorare anche altri canali difinanziamento. «Le banche - spiega l'ad di Borsa italiana Raffaele Jerusalmi - presto o tardidevono tornare in possesso delle risorse prestate mentre alle aziende serve soprattuttocapitale permanente, per finanziare i progetti di investimento a medio-lungo termine e letrasformazioni tecnologiche necessarie». © RIPRODUZIONE RISERVATA< LO SPREADIN CHIUSURAIeri sera lo spread BTp-Bund ha chiuso a 304 punti base.

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Maurizio Stirpe (Confindustria) «Salari-produttività, via da rafforzare ma è fuori dai radar dellamanovra» C.Cas. «Rafforzare il legame fra salari e produttività è un obiettivo strategico per Confindustriamentre, a giudicare dai contenuti della manovra, mi pare uscito dal "radar" della politica».Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria con delega al Lavoro ed alle RelazioniIndustriali, osserva che, se da un lato «l'indagine del Centro Studi di Confindustria sul lavoroevidenzia alcuni fenomeni che giudico positivi», in primis il fatto che «quasi l'80% delleimprese manufatturiere di Confindustria, con oltre 100 dipendenti, ha accordi collettivi conpremi legati ai risultati aziendali», dall'altro lato, però, è necessario richiamare l'attenzione delGoverno su questi dati. A farlo, in un'audizione in Commissione bilancio riunite Camera e Senato, l'altro ieri, è statoanche lo stesso presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia che ha sottolineato che «darecentralità al lavoro significa anche incidere in modo energico sui salari netti». Per gliindustriali la strada è «rafforzare in modo significativo, fino a ipotizzarne la totaledetassazione e decontribuzione, le agevolazioni sui premi aziendali legati alla contrattazionedi secondo livello, valorizzando così lo scambio virtuoso tra incrementi di efficienza in aziendae maggiore remunerazione del lavoro, con benefici per i lavoratori e per le imprese». La manovra però «non contiene misure in grado di concretizzare un'efficace politica per illavoro», dice Confindustria. Si limita, «a strumenti apprezzabili ma di portata limitata, come ilbonus Sud o quello per l'occupazione delle giovani eccellenze, e a un aumento delle risorseper l'apprendistato duale, mentre non incide in modo strutturale sul costo del lavoro e sulloscambio salari- produttività». Il trend di crescita dello scambio salari-produttività non vafermato. Così come l'affermazione del welfare. «Positiva è pure la diffusione del welfarecontrattuale, in tutte la sue forme - aggiunge Stirpe -, mentre la partecipazione organizzativasembra affermarsi come la strada maestra delle nostre relazioni sindacali».© RIPRODUZIONE RISERVATAMAURIZIO STIRPE.È il vicepresidente di Confindustria con delega Lavoro e welfare

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Il commento LA RICERCA DEL NEMICO PERFETTO Massimo Giannini Ma sì, ha ragione Tria: «Il tasso di crescita non è negoziabile», tuona il nostro mite DonAbbondio trasformato suo malgrado nel generale Cadorna. Difendiamola fino alla morte,questa linea del Piave dell'1,5 per cento. Lo considerano un folle numero al lotto la Commissione Ue e il Fondo monetario, la Bce e leagenzie di rating, la Banca d'Italia e l'Istat, l'Ufficio parlamentare di bilancio e la Corte deiconti, i mercati finanziari e i mercati rionali. «Me ne frego», rispondono sprezzanti i gemelli del deficit Salvini e Di Maio (insieme al poveroministro del Tesoro ormai preso in ostaggio). Sono tutti «sciacalli e puttane», che nel trucidociclo pentaleghista hanno preso il posto dei «gufi e rosiconi» dell'evo renziano. I segue dalla prima pagina Dunque, questo rispondiamo alla Perfida Albione accasata aBruxelles: la manovra non cambia. È una minestrina tiepida, perché non curerà uno solo deimali di un Paese ammorbato. Ma purtroppo è anche rancida, perché ci costerà un'inevitabileprocedura d'infrazione europea per debito eccessivo e un probabile rialzo dello spread. Gliapprendisti stregoni che l'hanno cucinata nel grande calderone del «contratto di governo» laesaltano alla stregua di un New Deal rooseveltiano. Purtroppo è l'esatto contrario: unpasticcio sudamericano, con tanta spesa pubblica improduttiva (22 miliardi) e poca levafiscale redistributiva (13 miliardi). Il problema non è il troppo disavanzo, benché scaricato come sempre su figli e nipoti: ildeficit non sarebbe uno scandalo in sé, se servisse a finanziare un serio piano di sviluppo. Ilproblema è la sua inutilità: lo sbilancio è tutto al servizio della doppia cambiale elettorale inscadenza prima del voto europeo, cioè reddito di cittadinanza e quota 100. Due feticciideologici, spacciati per prodigi economici. Al netto del persistente caos attuativo (su bancomat o su carta prepagata? Su conto correnteo in contanti?) il reddito di cittadinanza costa 9 miliardi ma avrà un impatto quasi nullo sul Pil«pari allo 0,2% rispetto allo scenario base» (lo dice l'Istat, prostituto anche lui). La metà dei5 milioni di potenziali beneficiari sta al Sud, nel 48,2% dei casi ha solo la licenza media edovrebbe trovare lavoro grazie ai mitici centri per l'impiego: peccato che nel 2017 solo il 2%dei disoccupati italiani ha trovato un lavoro grazie a quei baracconi (lo dice la Banca d'Italia,meretrice pure lei). Al netto della fiera delle promesse da campagna elettorale (Salvini diceva «al primo Consigliodei ministri porterò il decreto che abolisce la Fornero») la famosa quota 100 è un mezzo bluff.Per i pochi temerari che ne approfitteranno l'assegno pensionistico sarà decurtato fino al34%, per di più col divieto di fare altri lavoretti (ed è una fortuna, perché se i teoricibeneficiari andassero in pensione tutti insieme la spesa previdenziale esploderebbe di 13miliardi in un anno secondo l'Upb, "puttano" a sua volta). Completano il quadro la mancettadella finta Flat Tax sulle piccole imprese (che con l'abrogazione dell'Ace e la mancata prorogadel maxi-ammortamento comporteranno «un aggravio medio di imposta pari al 2,1%»secondo l'Istat) e la manciata di investimenti pubblici per 3,5 miliardi (il cui impatto sul Pil ècifrato in un irrilevante 0,3% dal Tesoro). Risultato: con questi numeri e questi ingredientiraggiungere gli obiettivi di crescita che Tria considera non negoziabili «sarà un miracolo». Nonlo scrivono i «pennivendoli sui giornaloni», lo sostiene il presidente dell'Istat Maurizio Franzini.Vale la pena dichiarare guerra totale all'Europa, in nome di questa informe Cosa Gialloverde,

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che non parla ai ceti produttivi e non dà nulla ai giovani, anche se garantisce un sussidio aipoveri e un condono ai ladri? Vale la pena morire per Grillo che attacca i «borghesucci» dallatolda del suo yacht, o per Salvini che spiana i migranti a bordo della sua ruspa? Col metrosensato dell'economia la risposta è ovviamente no. La «manovra del popolo» la pagherà ilpopolo, oggi con un aumento dei tassi sui mutui, domani magari con una bella patrimoniale. Col metro falsato della politica la risposta è probabilmente sì. Questo governo durerà solo unanno: Salvini e Di Maio lo sanno e con la scelta di rompere con Bruxelles lo confermano (nona caso le clausole di salvaguardia sull'Iva sono sospese solo per il 2019, mentre riscattano nelbiennio successivo). Nella corsa alle elezioni della prossima primavera, l'Europa tecnocratica è il nemico perfettodell'Italia Sovranista, che potrà gridare al mondo "non ci hanno fatto governare". Un azzardoirresponsabile, visto che nel frattempo possono andare in fumo i risparmi delle famiglie. Ma èvero anche il contrario: l'Italia Sovranista è a sua volta il nemico perfetto dell'Europatecnocratica. Lo teorizza Steve Bannon: nel laboratorio tricolore incuba un nuovoFrankenstein Populista, di destra più o meno radicale. Dopo aver concesso 40 miliardi diflessibilità ai governi Letta-Renzi-Gentiloni, ora la Commissione non fa più sconti anche peruccidere in culla quel "mostro", che potrebbe contaminare l'intera Unione. Una strategiapericolosa anche questa, perché per eterogenesi dei fini può invece fornirgli altra linfa vitale.In tutti e due gli scenari, siamo messi maluccio. Se vince l'Europa Tecnocratica, rischiamo laTroika in casa per i prossimi tre anni. Se vince l'Italia Sovranista, rischiamo Frankenstein aPalazzo Chigi per i prossimi quindici. Decidete voi cosa è meglio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL PUNTO L'INDUSTRIA E LA NUOVA QUESTIONE DEL NORD Roberto Rho La rabbia e l'orgoglio di 700 imprenditori bresciani, inferociti contro il "Governo delcambiamento", allarmati per la frenata dei fatturati, preoccupati per un futuro che quasi tuttivedono grigio antracite. Ribolle il Brixia Forum della Fiera di Brescia, capitale dell'export,seconda provincia lombarda per Pil, terza area manifatturiera d'Europa. Gli imprenditoriassociati all'Aib, la Confindustria locale, prima della loro assemblea pubblica hanno risposto aun questionario: 8 su 10 giudicano «negative» o «molto negative» le politiche economiche delgoverno: il decreto dignità, gli stimoli (mancati) agli investimenti privati, quelli pubbliciinsufficienti, i «no» alle infrastrutture, lo smontaggio della legge Fornero. Nella sua relazione ilpresidente Giuseppe Pasini non esplicita quello che nelle conversazioni private è il temaricorrente: nessuna fiducia, nessuna speranza nei confronti dei 5S. Ma l'assunto diventa lampante quando la platea attribuisce un'ovazione al passaggio centraledel discorso del loro leader: «Introdurre misure assistenziali è l'ultima cosa da fare. Nonvogliamo vivere in un Paese in cui è preferibile un sussidio a uno stipendio». Invece il credito resta aperto nei confronti della Lega, alla quale in molti, qui, hanno dato illoro voto. Ma le perplessità crescono, anche tra i sindaci del Bresciano che hanno le antennesensibili ai malumori del loro bacino elettorale. E quando Pasini, indicando Brescia comemodello, sottolinea che «innovazione e inclusione sono di casa nelle nostre imprese» sembraimplicitamente contestare l'ordine di priorità che Salvini ha impresso alla sua azione digoverno, imperniata sui temi dell'immigrazione. Del resto, l'assenza del governo sui temi chestanno a cuore alle imprese è bollata come «segno allarmante di lontananza, uno scollamentodall'Italia che produce», un «approccio desolante» ai tre capisaldi delle rivendicazioniimprenditoriali: crescita, lavoro, benessere. Sotto accusa il decreto dignità, che ha già causato una flessione del 26% della domanda dilavoro interinale. I tagli alla formazione e all'alternanza scuola lavoro. La mutilazione delpiano Industria 4.0. L'«errore gravissimo» di bloccare Tav, Terzo Valico, Pedemontana. E soprattutto gli attacchialle imprese pronunciati dai membri del governo, che infiammano l'orgoglio degli imprenditoribresciani: «Non accettiamo di essere definiti "prenditori". Noi siamo "imprenditori", creiamolavoro e valore e rimandiamo al mittente le accuse». Il problema del Nord, per i Cinque Stellee soprattutto per la Lega, comincia a diventare serio.

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Intervista Goyal (Fmi) "Agite subito con lo spread così alto l'Italia è troppovulnerabile" r.p ROMA Qual è il giudizio dell'Fmi sul discusso Pil italiano? «Nel 2019 - risponde il capo missionedell'Fmi Rishi Goyal, da 16 anni al Fondo, studi alla Stanford University, che sta per lasciareRoma dopo aver compiuto l'ispezione sull'Italia "ex articolo IV" - stimiamo una crescita del Pilattorno all'1 per cento. Tuttavia vi è un'incertezza elevata intorno a questa previsione. Ilgoverno italiano prevede che il suo stimolo aumenterà la crescita nel breve termine, maanche con i nostri "moltiplicatori fiscali" relativamente elevati, l'effetto complessivo dellostimolo sulla crescita è ambiguo a causa del probabile effetto negativo di un persistenteaumento degli spread sovrani». Quali rischi corre l'Italia con l'aumento dello spread? «Sepersistono elevati spread sovrani, ciò inciderebbe negativamente sui costi del "funding" dellebanche. Nel tempo ciò comporterebbe maggiori costi di finanziamento per le imprese e lefamiglie e una riduzione del credito bancario. L'incertezza generale peserebbe anche sulledecisioni di consumo e di investimento del settore privato. Ridurre gli spread, quindi, è fondamentale. Abbiamo consigliato un pacchetto di riformestrutturali, un modesto aggiustamento fiscale basato su misure di alta qualità; è necessarioanche un rafforzamento dei bilanci bancari». Quanto preoccupa il debito italiano? Il debito pubblico italiano è il secondo più alto in Europae continua ad essere una fonte di vulnerabilità. Stimiamo che il debito pubblico rimarràintorno al 130 per cento del Pil nei prossimi anni. Inoltre, saranno necessari ulterioriaggiustamenti visti i crescenti costi per interessi e le pressioni sulla spesa pensionistica. Se sidovessero concretizzare modesti shock avversi, come un rallentamento della crescita, il debitoaumenterebbe, aumentando il rischio che l'Italia possa essere costretta a tagliarenotevolmente le spese o aumentare le tasse quando l'economia si sta indebolendo. Ciòrischierebbe di trasformare un modesto rallentamento in una recessione. Con l'economia debole si colpirebbero i poveri». Avete analizzato la manovra: quali sono le misure più critiche? «Il governo vuole stimolare ladomanda, ma la maggior parte dello stimolo è destinata all'espansione di protezione sociale ebenefici pensionistici. L'Italia ha bisogno di un moderno regime di reddito minimo garantito mirato ai poveri; maquesto dovrebbe essere ben progettato per evitare una dipendenza dal welfare e disincentivi illavoro. Per quanto riguarda le pensioni, la spesa è alta e si prospetta un aumento; questosottolinea l'importanza di razionalizzare gli eccessi e di garantirne l'accessibilità. Nelcomplesso, la nostra raccomandazione è di intraprendere un aggiustamento fiscale modesto egraduale per porre il debito su una traiettoria di decisa riduzione, accompagnato da unriequilibrio per rendere le politiche più favorevoli alla crescita e inclusive». Ci si chiede se l'Italia possa rappresentare un fattore di contagio. «Recentemente non si è verificato ma, date le dimensioni dell'economia italiana e del suodebito pubblico, non si possono escludere ricadute. Eventuali difficoltà inciderebberosull'economia italiana. A tale proposito, la nostra principale preoccupazione è che lo stimolofiscale previsto sia una strategia rischiosa che lascerebbe l'Italia vulnerabile a shock avversi,anche se modesti».

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- r.p ©RIPRODUZIONE RISERVATAFoto: L'economista Il capo missione dell'Fmi Rishi Goyal, da 16 anni al Fondo monetario, studialla Stanford University. A Roma ha compiuto l'ispezione sui conti pubblici italiani

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Mini-Ires al posto dell'Ace, più tasse e meno capitale * Doppia penalizzazione. Istat: con lo scambio aumento della imposizione media sulle attivitàproduttive di oltre 700 milioni. A beneficare del taglio solo il 7,1% delle imprese A subire ilmaggior prelievo saranno soprattutto le aziende fino a 10 dipendenti e il settore dei servizi Davide Colombo Marco Mobili roma A tutti ma proprio a tutti piace l'Ace. Tanto che al termine delle due giornate di audizioni sullalegge di Bilancio, deputati e senatori non possono che registrare il grido di allarme giunto nonsolo dalle associazioni di categoria ma soprattutto da soggetti istituzionali come l'Istat, laBanca d'Italia o l'Ufficio parlamentare di Bilancio. Lo scambio tra la tassazione agevolata al 15% sugli utili reinvestiti in beni strumentali e perl'incremento dell'occupazione (ribattezzata su queste pagine come "mini-Ires") conl'abolizione dell'aiuto alla crescita economica (Ace) e il mancato rinnovo del superammortamento, è stato bocciato da tutti. Con l'Istituto di statistica che arriva anche aquantificare un +2,1% di maggior tassazione complessiva con l'introduzione della mini-Ires. Un aggravio che se rapportato al gettito annuale dell'Imposta sul reddito delle società, da dueanni stabile sui 35 miliardi di euro, dovrebbe tradursi in un aumento di tassazione media perle attività produttive di oltre 700 milioni di euro. Aggravio che, secondo la stima elaboratadall'Istituto di statistica, si verificherebbe solo sul fronte investimenti. L'impatto della mini-Ires come incentivo all'occupazione, infatti, non è stato ancora preso in considerazione. Dall'analisi dell'Istat (si veda la tabella in pagina) emerge che dal prossimo 1° gennaio il 37%delle imprese e dei gruppi fiscali subirà uno "svantaggio" fiscale con l'arrivo della mini-Ires ela contemporanea abolizione dell'Ace e del super-ammortamento. A beneficiare del taglio di 9punti percentuali dell'aliquota Ires (dal 24 al 15%) sarà soltanto il 7% delle imprese. Questeultime si vedranno ridurre il carico fiscale di circa l'1,7% che, rapportato al gettito Irescomplessivo, vorrebbe dire un risparmio di imposta pari a 595 milioni di euro. Sempresecondo l'analisi presentata lunedì a Montecitorio dal presidente "facente funzioni" MaurizioFranzini, l'effetto complessivo legato alla maggiore selettività della mini-Ires rispetto all'Ace eal super ammortamento si tradurrà, sul fronte Ace, in aumento del carico fiscale sulle impresepari a +2,3% ossia in oltre 800 milioni di imposte in più, mentre l'1,5% in più dalla mancataproroga del super-ammortamento (525 milioni). A pagare il conto più alto potrebbero esserestrutture proprietarie che operano in regime di consolidato nazionale (+2,9%) così come igruppi aziendali con un +2,1% pari all'aggravio medio. A subire il possibile aumento d'imposta saranno soprattutto le imprese fino a 10 dipendenti(+2,6%), mentre tra i settori economici l'aumento del gettito Ires è più alto nei servizi e nelleutilities (energia, gas, acqua e rifiuti). L'utilizzo della leva fiscale per far crescere le imprese,inoltre, secondo l'Istat svantaggerebbe in misura minore le imprese manifatturiere ad altatecnologia, «mentre poche grandi imprese (soprattutto nei servizi ad alta tecnologia)risentirebbero in misura maggiore della mancata proroga del maxi-ammortamento».Per l'Ufficio parlamentare di Bilancio con l'addio all'Ace si abbandona un obiettivo di neutralitàsulla scelta delle fonti di finanziamento lasciando invece la convenienza tributaria del debito,mentre per Bankitalia il rischio che si corre è di introdurre una misura più efficace per leimprese solo nelle fasi favorevoli del ciclo, per non dire dei maggiori oneri che nederiverebbero per le operazioni di ricapitalizzazione che dovranno affrontare le banche. Un

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punto su cui è tornato ieri il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, che ha chiesto al governo unripensamento: «L'Ace - ha affermato - è una condizione assolutamente inderogabile per laripresa». Per questo Patuelli che ha chiesto alla politica «uno sforzo di fantasia per cercareuna copertura per una cifra che annualmente è assai limitata» ma «necessaria». Lareintroduzione dell'Ace, ha assicurato, «sarebbe molto ben accolta dai mercati e dallevalutazioni delle autorità competenti, mondiali ed europee. Sarebbe un segnale forte diripresa dello sviluppo».© RIPRODUZIONE RISERVATAPAROLA CHIAVE Ace Bonus sulla ricapitalizzazione Acronimo di aiuto alla crescita economica, è un bonus fiscale introdotto nel 2011 per favorirela ricapitalizzazione delle Pmi: si deduce dal reddito imponibile un importo corrispondenteall'aumento di capitale moltiplicato per un rendimento prestabilitoFonte: Istat modello MatisL'IMPATTO DELLA MINI-IRES Ddl Bilancio: variazione prelievo Ires rispetto all'attuale disciplina. Imprese avvantaggiate esvantaggiate - Anno di imposta 2019 SOCIETÀSINGOLE E GRUPPI FISCALI VARIAZIONE PRELIEVO IRES (%) AVVANT. (%) SVANT.(%) ABROG. AC E NO PROROGAMAXI-AMM. MINIIRES TOT. TECNOLOGIA E CONOSCENZA Manifattura - intensità tecnologica Alta 3.398 1,10,7 -1 0,9 11,6 41 Medio-alta 21.768 1,9 1,2 -1,9 1,3 14,9 43,6 Medio-bassa 47.295 2,5 1,8-2,2 2 12,5 42,1 Bassa 47.215 2,4 1,3 -2,1 1,6 10,3 37,2 Servizi - intensità di conoscenzaAlta: tecnologia 39.986 1,7 7 -1,6 7,2 8 39,1 Alta: servizi di mercato 52.299 1,5 1,7 -1,9 1,2 6,6 42,9 Alta: altri servizi 3.499 2,4 0,2 -0,8 1,9 4,9 31,7Bassa 429.763 2,9 0,9 -1,6 2,1 5,8 36,4 Altro 135.066 2,3 1,5 -1,5 2,4 6,8 34,7 S TRUTTURAPROPRIETARIA Impresa singola  623.370 2,8 0,7 -1,5 1,9 6,7 37 Impresa in gruppo naz.143.630 2,8 1,1 -1,8 2,1 7,9 38,2 Consolidato nazionale 4.028 1,6 3,2 -1,9 2,9 15,3 48,9Controllata estera 5.962 1,3 1 -1,5 0,8 12,6 35,2 Multinazionale 3.299 2,2 1,5 -2,4 1,3 1843,2 Totale 780.289 2,3 1,5 -1,7 2,1 7,1 37,3 Foto: L'appello del presidente Abi --> --> Antonio Patuelli: sull'abolizione dell'Ace «chiediamo con forza un ripensamento, unareintroduzione, trovando nel bilancio dello Stato delle compensazioni».

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Il credito Intesa Sanpaolo Otto miliardi di finanziamenti per migliorare leimprese ste.p. Otto miliardi di finanziamenti per migliorare le imprese piemontesi e per renderle piùsostenibili. Li mette sul piatto Intesa Sanpaolo, attraverso il rinnovo del suo patto con laPiccola Industria di Confindustria. Con una novità: per calcolare il cosiddetto "rating", cioè percapire quanto un'impresa meriti il credito, «valorizziamo gli aspetti qualitativi comel'investimento in capitale umano e l'innovazione, l'appartenenza alle filiere e la sostenibilità»,come spiega Cristina Balbo, direttore regionale del colosso bancario. L'istituto di credito e l'associazione di Pmi avevano già un accordo per il quadriennio 2016-2019. Ieri però hanno firmato un "addendum" che ha l'obiettivo di "promuovere una nuovacultura di impresa". L'idea è di dare finanziamenti con maggior facilità alle aziende chemostrano di essere virtuose. Ad esempio, a quelle che intendono adottare nuove tecnologiepuntando sulla propria presenza in una filiera, o a quelle che dimostrano di voler puntare sul"patrimonio intangibile", dunque anche sulla capacità di innovare e di formare i propridipendenti. Tra l'altro, Intesa affiancherà le Pmi anche fornendo una serie di servizi. Per esempio, diffonderà buone pratiche sul passaggio dell'impresa dai padri ai figli e creeràsoluzioni per prevenire i rischi ambientali e aumentare i livelli di sicurezza. «L'imprenditore che sceglie di contaminarsi con altre idee, che si informa e investe informazione rende la propria azienda resiliente e più forte nel rispondere ai cambiamenti inatto», dice Carlo Robiglio, presidente nazionale di Piccola Industria. Giovanni Fracasso, suoomologo provinciale, assicura che tutto questo si trasformerà in «una crescita non soloquantitativa ma anche qualitativa, con incremento occupazionale, sviluppo della presenza suimercati esteri e creazione di nuovi prodotti e servizi». L'accordo è stato siglato ieri, alCaseificio Pugliese F.lli Radicci di Lauriano, nel Torinese. L'evento è servito pure per fare ilpunto sulla salute dell'economia regionale. Dai dati elaborati dalla Direzione studi di Intesa emerge che la propensione all'export delPiemonte resta elevata (riguarda il 34,2% delle aziende contro il 29,1% italiano) e che,nonostante il pericolo dazi, le vendite all'estero «proseguiranno comunque grazie all'ottimoposizionamento delle imprese torinesi nelle filiere internazionali». -Foto: La visita al Caseificio Pugliese di Lauriano dove è stato firmato l'accordo tra il gruppobancario e la Piccola Industria

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Porte aperte in 38 aziende per il " Pmi day" Oltre 500 studenti delle superiori coinvolti e 38 aziende in elenco (il cui campo operativospazia dal tessile alla meccatronica fino all'agroalimentare) nella nuova edizione del «PmiDay». Gli stabilimenti apriranno le porte ai giovani domani e venerdì per consentire loro discoprire come nascono un filato o una stoffa, come si produce un biscotto o si imbottiglia unabirra, ma anche i criteri per realizzare scaffalature intelligenti per magazzini industriale. Anche quest'anno l'Uib ha aderito alla nona giornata nazionale delle piccole e medieindustrie, un'iniziativa pensata per diffondere la conoscenza della realtà produttiva delterritorio e un'occasione per raccontare la storia d'impresa, l'orgoglio, i valori e la cultura chesono parte fondamentale del lavoro quotidiano della manodopera biellese. L'edizione raddoppierà il numero dei partecipanti che salgono a 560: ai ragazzi del Bona edell'Iti si aggiungono quest'anno anche quelli del Gae Aulenti e del liceo scientifico Avogadroche, nell'arco dei due giorni, potranno vedere come nascono i prodotti e i servizi all'interno di37 aziende biellesi e della piattaforma d'innovazione Sellalab cogliendo l'esperienza dellepersone che contribuiscono a realizzarli. Altra novità sarà la possibilità di partecipare al premio Salvatore Giordano, l'imprenditorepiemontese attivo nella Piccola Industria e prematuramente scomparso, che sarà attribuitodalla giuria alle migliori tesine selezionate fra gli elaborati degli studenti piemontesi cheprenderanno alle visite aziendali. Il tema da sviluppare sarà: «Dopo aver visto un'aziendadall'interno, come è cambiata la mia percezione su cosa sia un'impresa? Come la cambiereiper farla diventare ancora migliore». Il Pmi Day-Industriamoci è parte integrante della XVII Settimana della Cultura d'Impresa eha ricevuto il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e dalla Cooperazione Internazionale,confermando ancor di più lo spirito internazionale dell'iniziativa. A livello nazionale,quest'anno coinvolge più di 1.000 aziende e circa 30 mila studenti. L'elenco delle aziende Azeta, Biella Manifatture Tessili, Biscottificio Cervo Annibale Gamba, Botalla, Brilliantrees,Cartotecnica Erre-Bi, Chiorino, Cmb, Drago, E-leads, Fratelli Piacenza, Gabba Salumi, Habasititaliana, Incas, Irides, Italfil, Kamzan, Koodit, Lanificio Fratelli Cerruti, Lanificio Subalpino,Lauretana, Lugli Amedeo, Maglificio Maggia, Relais Santo Stefano, Manuex, Marchi e Fildi,Omm, Quality Biella, Robinson, Sacma, Sellalab, Stamperia alicese, Start power, SuccessoriReda, Tmt Manenti, Tecnomeccanica biellese, Tintoria e finissaggio 2000 e Vitale BarberisCanonico. v. ro. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

14/11/2018Pag. 40 Ed. Biella

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