Transverberazione Del Cuore

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  • 8/16/2019 Transverberazione Del Cuore

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    Transverberazione del cuore 

    e le Sacre Stigmate 

    dal libro : PADRE PIO,trasparente di Dio 

    di Padre Jean Derobert 

     Adesso potremo meglio comprendere questo fenomeno mistico che siprodusse alla sera del 5 agosto 1918 nell’anima di Padre Pio. Dopo le ferite

    interiori d’amore, dopo il dolore delle stigmate invisibili e la suapartecipazione alle sofferenze di Cristo nella sua passione, ecco la

    transverberazione del cuore. Arsa dall’Amore di Dio, la sua anima interiormente si è trovata assalita da

    un personaggio celeste che la trapassò fino al profondo con un dardo difuoco. Questo fenomeno segnerà una tappa nel suo itinerario mistico cheavrà il suo punto culminante alla mattina del 20 settembre quando sarà

     visibilmente segnato dalle piaghe sanguinanti del Crocifisso.La lettera del 21 agosto 1918 

    «Mio carissimo Padre - scrive Padre Pio a Padre Benedetto - Gesù sia convoi sempre e vi ripaghi a cento doppi del bene che vi sforzate di apportare

    all'anima mia!» 

    Egli traccia allora l'abituale quadro della sua anima che gli sembra marciresempre più nella tristezza, nel dolore e nell'oscurità; «Tutto mi è di

    condanna - dice lui - e la chiara, reale, esperimentale veduta di me stesso è

    di conferma alla irrevocabile sentenza che Dio forse abbia già emanata sudi me!» - Non vede più nulla e non può «che sperare contro ogni speranza»

    come gli aveva consiglialo il Provinciale.

    «Tutto è divorato e distrutto da una forza occulta che deve essere potente.» Egli sente che sprofonda nell'abisso e non sa come fare per

    uscirne.

    Inoltre è - ancora una volta - inchiodato a letto dalla malattia: «.Questo è il

    terzo giorno che sono costretto di rimanere impotente in letto e sembramiche ancora un pò e non vi chiamerò più se si andrà innanziancora;quando la foga annegherà i! mio spirito e l'impossibilità iventeràdavvero tale che farò mai io allora? L'attentato è forte e formidabile da

     per ogni lato, per ogni  verso, ogni piega, ogni virtù è messa al cimento.» Egli sa a quale punto l'amore è amabile, ma si sente incapace - e anche

    indegno – di corrispondere a quell'Amore di Dio.

    «lo avverto in me la mancanza di un sovrano bene, dal senso sostanzioso e 

     profumato che vi lasciò egli in suo passaggio repentino. Oh che io nonreggo a tal fierezza sovrana d'un Signore saggio, giusto e buono! 

     Non trovo lato alcuno che attenui la giusta ira di Dio, se non riuscire a

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    compiacere il suo cuore ed io non ne trovo il modo come potere ciò fare. Ioveggo che tutte sono spine che vado procurandogli e che gli ho procurate,

    e questo non sembrami un sembrarmi, la realtà rifulge in tutta la suachiarezza; mi adopero ad uscire da questo si luttuoso stato, ma mi trovovinto, senza conoscerlo e senza volerlo, da quei male che pure non vorrei

     fare. Ah! dove mi farò riparo alle saette di un Dio che fulmina e percuote?... 

     Ma basti il mio gridare, è bene che si taccia chi ha il dovere di tacersi e cheormai è nella piena sua disfatta. Dispero di tutto, ma non di colui che è

    vita, verità e via, ed a Lui chiedo il tutto ed a Lui mi abbandono, poiché fued è il Tutto per me... » 

    Non ha più alcuna forza!... «Mi muoio di fame dinanzi alla tavolariccamente imbandita, mi brucio d'arsura sotto la sorgente che affluisce la

    pura acqua... che più?...la luce mi accieca prima di snebbiarmi. Sono stancodi più stancare la guida ed i sostegni e la sola ubbidienza mi è di puntello a

    che non mi abbandonassi ad ogni abbandono completo. In forza di questami induco a manifestarvi ciò che avvenne m me dal giorno 5 a sera a tutto il6 del corrente mese. Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo

    di superlativo martirio.

     Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del 5, quando tutto ad untratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio

    celeste che mi si presenta dinanzi all'occhio della intelligenza. Teneva inmano una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con

    una punta ben affilata e che sembrava che da essa punta uscisse fuoco. 

    Vedere lutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tuttaviolenza il suddetto arnese nell'anima, fu tutto una cosa sola. A stento

    emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male e non sentivo più la forza di continuare. 

    Questo martirio durò senza interruzione, fino al mattino de! giorno 7. Cosaio soffrii in questo periodo cosi luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere

     vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro di quell'arnese, e il tutto

    era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte.Sento nel più intimo dell'anima una ferita che è sempre aperta, che mi faspasimare assiduamente.»

    E Padre Pio terminava la sua relazione con queste parole piene d'angoscia:

    «Non è questa una nuova punizione inflittami dalla Giustizia Divina?Giudicatelo voi quanta verità sia contenuta in questo e se io non ho tutte le

    ragioni di temere e di essere in una estrema angoscia...» (1/500)

    *

    La risposta non si fece attendere... Fu chiara e precisa. Il 24 agosto Padre Agostino gli disse: «Dalla sera del 5 fino al mattino del 7, Gesù ti diede

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    un'altra prova del suo amore speciale. La ferita spirituale di quel celestepersonaggio è il pegno dell'amore di Dio per te.»

    E aggiungeva: «Non hai riflettuto che il 6 era la festa della trasfigurazionedi nostro Signore? Gesù ha voluto non solo trasfigurare il tuo spirito, maferirlo con una piaga che egli solo potrà guarire. Quando?...Quando a luipiacerà : se gli piacerà tenerla aperta fino a quando li chiami a sé, «Fiat»'

    (1/501)

    Da parte sua. Padre Benedetto gli risponde il 27 agosto: «Tutto quello cheavviene in voi è effetto di amore, è prova e vocazione a corredimere, e

    quindi è fonte di gloria. Posto ciò come certo ed indubitato, cadono le ansiee le trepidazioni che il nemico suscita per la sua malvagia voluttà di

    tormentare e che il sommo bene permette sempre allo scopo su accennato.Dichiararvi una spina che tormenti l'amabile Signore e il conoscere taleindegnità come realtà evidente, fulgida, che non lascia luogo neppure

    all'ombra dell'opposto, è una solenne menzogna...

    ... Dominus tecum! Egli, l'amore paziente, penante, smanioso, accasciato,pesto e strizzato nel cuore, nelle viscere tra l'ombre della notte e più della

    desolazione nel giardino di Getsemani è con voi associato al vostro dolore eassociandovi al Suo.

    Ecco tutto, ecco la verità e la sola verità. La vostra non è neppure unapurga, ma un'unione dolorosa.

    Il fatto della ferita compie la passione vostra come compì quella dell'Amato

    sulla Croce. Verrà forse la luce e gioia della resurrezione? Lo spero,se a luicosì piace.

    Baciate la mano che vi ha trasverberato e stringetevi dolcissimamentecodesta piaga che è suggello d'amore...» (1/502)

    *

    Padre Pio ha ringraziato il suo Provinciale di tulio quello che gli avevascritto. Pare un po’ più rasserenato, sebbene, in questa lettera del 5

    settembre esso gli tracci nuovamente il quadro della notte spirituale che siispessisce sempre più. Si direbbe che il legno non sia ancora bruciato fino al

    cuore, e che la divina fiamma trovi ancora qualcosa da ridurre in cenereprima di trasformarla in fuoco. Padre Pio ritorna su questo misterioso

    fenomeno della transverberazione, e sul dolore che ormai gli causa questapiaga aperta e sanguinante... poiché si tratta di una vera piaga!

    «Io mi vedo sommerso in un oceano di fuoco - scrive - la ferita che mivenne riaperta sanguina e sanguina sempre. Essa sola basterebbe a

    darmi mille e più volte la morte. O mio Dio, e perché non muoio? o nonvedi che la stessa vita per l'anima che tu impiagasti le è di tormento? Sei

     pur crudele tu che rimani sordo ai clamori di chi soffre e nol conforti? Mache dico?... Perdonatemi, Padre, sono fuori di me, non so quello che mi

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    dico. L'eccesso del dolore che mi cagiona la ferita che sempre è aperta, mirende furibondo contro mio volere, mi fa uscire fuori di me e mi porta al

    delirio, e io mi veggo impotente a resistere...» 

    *

    E arriviamo all'apice del Calvario... Padre Pio aveva senza alcun dubbiomeditato profondamente su questo mistero della Croce. Aveva celebrato - a

    letto - la Festa dell'Esaltazione della Santa Croce (che ora vien chiamata«La Croce Gloriosa»), il 14 settembre. Il 17, - ossia tre giorni dopo - avevacelebrato la Festa delle stigmate di san Francesco d'Assisi, e quel giornousciva dalla malattia. Tre giorni dopo - curiosa e sconcertante cadenzaritmica - arriviamo al 20 settembre 1918: anche lui sarà crocifisso. Glieffetti della sua ferita della transverberazione diventeranno più intensidopo la sua totale e definitiva stigmatizzazione. Lo spiegherà a Padre

    Benedetto in una sua lettera che lui gli scriverà il 20 dicembre.

    La transverberazione è una grazia che possiamo chiamare santificante. È il sigillo dell'amore, come scriveva Padre Benedetto- Ma essa prelude lastigmatizzazione, che è una grazia carismatica, nel senso che Dio l'accorda

    per il bene degli altri. In Padre Pio, tuttavia si può considerare come ilseguito logico, la continuazione, il complemento, la proiezione all'esterno,

    della piaga nascosta - sebbene aperta - del cuore.

    Sono già otto anni che Padre Pio è unito misticamente alla Croce di Gesù.Ricordiamo che i primi segni e i primi sintomi del prodigio apparvero

    nell'autunno del 1910. In risposta a una lettera di Padre Benedetto, l' 8settembre 1911, gli raccontava cosa accadeva in lui da un anno, precisando

    che da un po’, la cosa non si rinnuovava più, ma che «ieri sera mi èaccaduta una cosa che non so ne spiegare ne comprendere...» e faceva la

    descrizione di quelle macchie rosse che apparivano al centro delle suepalme e che lo tacevano soffrire atrocemente. Lo stesso accadeva per i piedi.

    E poi, quei segni esteriori erano spariti...

    Ma il dolore lancinante e bruciante, quello non era sparito. Il 21 marzo

    1912, egli aveva scritto a Padre Agostino che «dal giovedì sera fino alsabato, come anche il martedì, è una dolorosa tragedia per me. Il cuore, lemani e i piedi mi sembrano trapassali da una spada, così grande è il

    dolore che ne risento...» 

    Infine, il prodigio si compì il 20 settembre 1918 e, da allora, rimase sempre visibile.

    Padre Pio ne fu umiliato e confuso. Egli cercò tutti i mezzi per nasconderlo,ma le sue figlie spirituali se ne accorsero, i cappuccini se ne accorsero, il

    Padre guardiano comunicò la notizia al Provinciale. Non fu che il 22 ottobreche poté .sormontare la sua grande confusione e raccontare a Padre

    Benedetto questo avvenimento che segnò una lappa decisiva nella sua

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    esistenza terrena.

    Ma non svelò subito ai suoi direttori quello che gli era accaduto. La suaultima lettera a Padre Benedetto risale al 5 settembre. Il giorno dopo, il 6

    settembre aveva scritto approssimativamente la stessa cosa a Padre Agostino. Segue un lungo periodo di silenzio che è come un ritiro chiusoche Dio sembrava aver organizzalo apposta perché fosse conferito a Padre

    Pio il dono delle sacre Stigmate nel raccoglimento più profondo.

    Padre Pio scrive nuovamente a Padre Benedetto il 17 ottobre: «Sono a voidi ritorno dopo un lunghissimo tempo passalo nel silenzio - scrive – e voi

    me lo perdonerete di certo, sapendo che non è stato causato da negligenzao noncuranza, ma da impotenza assoluta. Sono stato anche a letto con

     febbri spagnole, e che anche qui fa strage di morti. Quanto sarebbe stato per me desiderabile se il Signore mi avesse chiamato a se, ma sono stato

    da lui ridato alla misera esistenza per la lotta del tempo. 

    Ho passato - e passo - ore terribili e tristi; fisico e morale mi danno giàmorte ad ogni momento!»

    Egli cerca sempre Dio, e sempre Dio sembra farsi più lontano... «Ho unavoglia di gridare e di lamentarmi con voce superlativamente forte, ma

    sono debolissimo e le forze non mi accompagnano...» 

    E sempre lo stesso sentimento: «Padre mio, io veggo tutta la miacattiveria e la mia ingratitudine in tutto il suo splendore..,»— «Non seppiavvalermi di sì alti tuoi favori ed ora mi veggo condannato solo a vivere

    nella mia incapacità, ricurvo su di me stesso...» 

    Egli rivela, infine, apertamente, senza ancora troppo insistervi, le piagheche gli ha fatte un misterioso personaggio che continua sempre a

    trafiggerlo.

    «Sarà necessario che io pronunzi «fiat» nel mirare quei misterioso personaggio che mi impiagò tutto e non desiste da/la dura, aspra, acuta e penetrante operazione, e non da tempo al tempo che venga a rimarginare

    le piaghe antiche, che già su di queste ne viene ad aprire delle nuove coninfinito strazio della povera vittima. 

     Deh Padre mio, venite in mio aiuto per carità. Tutto il mio interno piovesangue e più volte l'occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere

    anche al di fuori. Deh! cessi da me questo strazio, questa condanna, questaumiliazione, questa confusione!...» (1/508)

     Anche questa volta, la risposta del Provinciale non si fece attendere;

    due giorni dopo, il 19 ottobre, egli gli scrisse:

    «... Figliuol mio, dimmi tutto e chiaramente e non per accenni. Qual’èl'operazione del personaggio? di dove scorre il sangue e quante volle al

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    giorno o alla settimana? Che è avvenuto alle mani e ai piedi, e come?

     Voglio sapere per filo e per segno TUTTO e per santa ubbidienza.» E poichéPadre Pio si lamenta sempre della sua miseria, il provinciale gli risponde:«Come puoi dire Dio ignoto al tuo spirito se ti sanguina il cuore di amore

    fortissimo nella dolcezza e dolcissimo nella violenza. E come puoi dirtiabbandonato se ti strazia d'amore?»...

    *

    Bisogna che Padre Pio ubbidisca e che sveli finalmente quello che èaccaduto in quella tragica mattina del 20 settembre 1918... un mese prima...

    di già un mese....

    Crocifisso... 

    «Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi domandate del come sia avvenuta la

    mia crocifissione - scrive dunque lui il 22 ottobre 1918 - Mio Dio, checonfusione e che umiliazione io provo nel dovere manifestare ciò che tu haioperato in questa tua meschina creatura! 

     Era la mattina dello scorso mese in Coro, dopo la celebrazione della santa Messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti isensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell'anima si trovarono inuna quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e

    dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono allacompleta privazione del tutto e una posa nella stessa rovina - (Si tratta,

    molto verosimilmente, di quello che lui crede essere il vero stato della suaanima) - Tutto questo avvenne in un baleno. 

    E mentre tutto questo si andava operando, mi vidi dinanzi un misteriosopersonaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in

    questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondavanosangue.

     La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell'istante in me non sapreidirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse venuto a

    sostenere il cuore, il quale me lo sentivo balzare dal petto. 

    La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costatoerano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che

    esperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti igiorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì

    a sera sino al sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per laconfusione susseguente che io provo nell' intimo dell'anima. Temo di

    morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore

    e col ritirare da me questa operazione. Mi farà questa grazia Gesù che ètanto buono?

    Toglierà almeno da me questa confusione che lo esperimento per questi

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    segni esterni? Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dalscongiurarlo, affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non

    il dolore perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare didolore, ma questi segni esterni che mi sono di una confusione e di una

    umiliazione indescrivibile ed insostenibile. 

    Il personaggio di cui intendevo parlare nell'altra mia precedente non è altroche quello stesso di cui vi parlai in un'altra mia, visto il 5 agosto. Egli seguein sua operazione senza posa, con superlativo -strazio dell'anima. Io sento

    nell'interno un continuo rumoreggiare, simile ad una cascata che gittasempre sangue. Mio Dio! È giusto il gastigo e retto il tuo giudizio, ma usamialfine misericordia. «.Domine, ti dirò sempre col tuo profeta: Domine, ne in

    furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me!»

    (Signore, non punirmi nel tuo sdegno, non castigarmi nel tuo furore!) -(cf.Ps» 6/2)

     Padre mio, ora che tutto il mio interno vi è noto, non sdegnale di faregiungere sino a me la parola del conforto, in mezzo a si fiera e duraamarezza... » (1/510)

    *

    Cosa c'è da aggiungere ad una simile lettera? Immaginiamo senza fatica lostato nel quale si trova il povero Padre Pio. Tortura del corpo, certo e facile

    ad immaginarsi, meno facili a misurarsi per chi non ha mai sentilo talidolori! Ma anche tortura morale. Ormai egli è sulla Croce, inchiodalo con

    Gesù, partecipe alle stesse sofferenze del Redentore. La sua vocazioneadesso è ben chiara; più che mai egli deve essere un coredentore. Nel verosenso del termine. Gesù è tornato a vivere la sua dolorosa Passione nella

    persona del suo fedele servitore.

    Ma chi o dunque quel misterioso personaggio di cui parla Padre Pio? Certiautori hanno ritenuto che hi trattasse di un angelo. In realtà non lo è: Padre

    Pio l' ha svelato in una confidenza che fece a Don Giuseppe Orlando, suocompaesano di Pietrelcina che un giorno gli aveva chiesto come era

    avvenuta la sua stigmatizzazione.«Ero in Coro per il rendimento di grazie della Messa, spiegava Padre Pio.

     Mi sentii dolcemente innalzarmi verso qualcosa d'immenso ches'ingrandiva e che mi colmava di gioia nel pregare. Più pregavo e più

    questo godimento aumentava. Tutto ad un tratto una grande luce colpi ilmio sguardo e in mezzo a tante luci mi apparve il Cristo con le sue piaghe.

     Non mi disse niente... Disparve.

    Quando tornai in me, mi sono trovato in terra, ferito. Le mani, i piedi, il

    cuore sanguinavano e mi facevano cosi male che mi toglievano ogni forza per rialzarmi. Mi sono trascinato a quattro zampe dal Coro sino alla cella

    attraverso al lungo corridoio...» 

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    Che doveva fare Padre Pio in quello stato?... Il 16 novembre 1918, PadreBenedetto gli scrisse fra le altre cose:

    «Mi domandi come devi fare nel tuo presente stato, ed io rispondo che non vi è altro mezzo che di «lasciar fare» anche quando non ti si permette di

    «lasciar fare...» (1/512)

    E Padre Pio «lasciò fare» durante cinquanta anni! Poiché quando haraggiunto il culmine della perfezione nella vita interiore, il santo si vede

    quasi costretto a raggiungere, anche fisicamente, la sublime immagine delCristo. Il cristianesimo perfetto non è nient'altro che quella morte mistica.

    Ben poco numerosi sono quelli che la raggiungono perché ben poconumerosi sono quelli che sono perfetti. Tutto è scherzo d'amore'... Là si

    trova la chiave della stigmatizzazione di Padre Pio...LE STIGMATE

    Non si tratta affatto di una decorazione! Si tratta di piaghe profonde che

    sembrano esser state causate da un enorme chiodo nelle mani e nei piedi edi un taglio al costato che ha sette centimetri di lunghezza. Un altro tagliodi quasi tre centimetri e mezzo interseca il primo a forma di croce...infatti

    là in Padre Pio vi sono state due ferite! Da queste piaghe sgorgacontinuamente un sangue arterioso fresco e profumato. Era per Padre Pio

    la causa di intollerabili dolori.

     Abbandoniamo momentaneamente l'esame delta vita del Padre attraversole lettere ch'egli ha scritte e che ci rivelano la sua anima, poiché -come ci

    siamo già resi conto, - non vogliamo fare della nostra opera una raccolta dianeddoti e di fatti straordinari che hanno costellalo la vita del Padre. Sono

    già numerosi i libri che ne parlano. Il nostro proposito è piuttosto dimostrare l'essenza stessa di quest'anima immensa, grandiosa, privilegiata,

    quest'anima che noi abbiamo avuto l'immensa gioia di conoscere e difrequentare.

    Riprenderemo più tardi la serie delle lettere. Ma per meglio aiutarci acomprendere forse il fenomeno mistico della stigmatizzazione, - prima diincontrare questi fatti e queste visite alla data dovuta - conviene di parlare

    degli esami clinici operati dai medici che furono mandati dall'autoritàcompetente presso lo Stigmatizzato del Gargano.

    Dottor Festa

    Il dottor Festa che ebbe più volle l'occasione di esaminare queste ferite ledescrive come segue: «Lesioni anatomiche di forma quasi circolare, a

     bordi netti, che hanno un diametro di un po' più di due centimetri...lesioniricoperte di una escara di color bruno-rosso... Ogni tanto questa escara si

    distacca alla circonferenza, poi poco alla volta verso il centro fino almomento in cui essa cade completamente e allora la lesione appare in tutti

    i suoi dettagli, di colore bruno-rosso e sempre sanguinante...»

    Queste ferite sono state aperte durante un mezzo secolo e più. Esse non si

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    sono mai aggravate, non si sono mai cicatrizzate nonostante gli sforzi dellascienza per curarle come ferite ordinarie.

    E il dottor Festa insiste: Esse non sono il risultalo di un trauma d'origineesterna. Non sono neanche dovute all'applicazione di sostanze chimiche digran potere irritante come si è voluto pretendere. È per questo che, ne la

    natura, ne la scienza hanno potuto apportarvi la menoma modifica.

    *

    Il primo medico che ebbe a esaminare queste ferite nel 1919 fu il dottorRomanelli, di Barletta, grande amico di Padre Benedetto e di Padre

     Agostino. A cinque riprese egli fece l'indagine e l'esame. La conclusione fusempre la stessa: «Le ferite non erano superficiali e non presentavano

    alcun fenomeno infiammatorio».

    Il professore Bignami, di Roma, si sforzò, da parte sua, di spiegarne

    scientificamente l'origine. Egli ricevette, tuttavia, una eccellenteimpressione dall'incontro con Padre Pio, era convinto de! suo perfettoequilibrio mentale, ma, «in omaggio alla scienza», volle applicare alle

    ferite un trattamento che avrebbe dovuto, come principio, cicatrizzarlerapidamente...

    Egli appose anche un sigillo alle bende per impedire a chiunque di toccarele ferite. Ma quando, qualche giorno più tardi, tolse il sigillo, cosa vide? Le

    ferite erano rimaste intatte e continuavano a dare un sangue fresco, brillante, profumato... come prima!

    Non si trattava quindi assolutamente di simulazione. Padre Pio era tropporigoroso e troppo virtuoso perché anche si potesse sospettarlo!

    Non si trattava neanche di autosuggestione, infatti tali processi non hannomai provocato ferite che rimangono per cinquanta anni identiche a se

    stesse.

    Per la scienza le stigmate di Padre Pio rimasero un mistero.

    Il dottor Festa venne dunque, a sua volta, ad esaminare le lesioni di PadrePio. Era stato mandato per questo dal Ministro Generale dell'Ordine deiCappuccini. Arrivò a San Giovanni Rotondo nell'ottobre del 1919. Era un

    agnostico ed era ben deciso a provare l'inganno... se tale era il caso...

    Egli ebbe più volte l'occasione dì esaminare attentamente quelle piaghe,anche in capo a qualche anno. Malgrado il suo scetticismo, il suo

    positivismo e la sua incredulità, ebbe il merito di porre fine ad ognicontroversia. Dichiarò che le stigmate di Padre Pio non potevano, ne mai

    avrebbero potuto avere una spiegazione scientifica, poiché esse sfuggivanoad ogni legge della natura.

    Delle lo stesso giudizio circa le febbri elevatissime che, di tanto in tanto,

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     bruciavano Padre Pio. Esse a volte, come abbiamo visto, raggiungevano 48gradi ed anche, diceva Padre Paolino, 52 gradi... al punto di far scoppiaretutti i termometri. Ma quando era in preda a tali temperature, il povero

    Padre Pio soffriva atrocemente come se gli bruciassero le ossa, (infatti 52gradi rappresentano lo stesso qualcosa!), come se gli strappassero i nervi,e in quei momenti aveva una sensibilità cosi acuita e così dolorosa che non

    poteva neanche sopportare il contatto dei lenzuoli.

    In seguito, il dottor Festa volle consultare Padre Pio con il dottoreRomanelli. Ne risultò una dichiarazione che bastò a sopprimere il

    menomo dubbio: «Le cinque lesioni osservate in Padre Pio debbonorealmente essere considerate come vere e proprie lesioni dei tessuti la cuipersistenza, le strane caratteristiche anatomico-patologiche, la capacità di

    dare continuamente un sangue sempre fresco e profumato, la cuiposizione corrisponde ai posti del corpo che Nostro Signore offrì al

    supremo olocausto della Croce, potranno costituire un mistero ma solo percolui che, dalle verità che cosi largamente gli presenta la natura, non può

    elevarsi alle grandiose sintesi della religione e della fede.» (Festa, p.180)

    È superfluo aggiungere che lo stesso dottor Festa, totalmente convertito,divenne un fervente figlio spirituale di Padre Pio ed un fervente praticante.

    Padre Pio si prestò a tutte queste visite e a tutti questi esami che gli eranostati imposti fino a che non furono interdetti dalle autorità ecclesiastiche.

     Accettò che si discutesse e che anche si dubitasse del Dono che Dio gliaveva fatto delle stesse ferite del Crocifisso del Golgota, poiché sapeva bene che numerosi erano coloro che erano incapaci di comprenderlo.

    Quanto dovette soffrire per la ristrettezza di spirito e di mancanza di fededi coloro che erano incaricati di esaminarlo nel nome della scienza:

    « Non è la scienza - diceva lui - che può rivelare Colui che è, e quello che fa; la scienza, per grande che sia è sempre povera cosa paragonata al formidabile mistero della Divinità.» «Padre, perdona loro, poiché nonsanno quello che si fanno!» già diceva Gesù. Al professor Bignami che un

    giorno gli chiedeva; «Perché Padre, queste lesioni sono venute qui (emostrava col dito le mani ed i piedi) e non in altre parti del corpo?», Padre

    Pio rispose bruscamente e seccamente: «Sarebbe piuttosto a lei, uomo discienza, di dirmi perché esse avrebbero dovuto venire altrove e non qui!» 

    «Ti ho dato le stigmate della mia passione -diceva Gesù a san Francescod'Assisi - perché tu sia il mio araldo».

    *

    Colui che è incapace di evadere dal mondo, di elevare il suo spirito, dicapire le cose divine, è anche incapace di capire le stigmate di cui Gesù hasegnato li suo strumento. Per lui è un regalo incomprensibile, inumano,crudele, tragico ... Tuttavia, colui che ne è rivestito e, in un certo modo,

    divinizzato. Ne comprende tutta la maestà e non cerca che di annientarsi

  • 8/16/2019 Transverberazione Del Cuore

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    totalmente davanti a questa meraviglia.

    E, comunque, le stigmate con cui fu segnato Padre Pio - e con lui tante etante anime privilegiate conosciute o sconosciute, - sono , per il mondo

    credente, una prova dell'esistenza di Dio. Come non vedere ergersi in quelmomento l'immensità del Sacrificio del Calvario? Padre Pio, tramite le sue

    stigmate, ha riportalo tanti cristiani tepidi alla contemplazione dellaCroce! È per questo che il contatto con la mano ferita di Padre Pio di tutti

    coloro che hanno deposto su quel guanto di lana scura, un bacio di venerazione, lasciava una sensazione umanamente indescrivibile.

    Lo abbiamo già detto, Dio non vuole salvare solo gli uomini peccatori.

    Nella sua misericordia e saggezza, ha voluto vicino al suo Divin Figlio deicollaboratori, dei co-redentori che, al seguito della prima fra di loro, la

     Vergine Maria, l'aiutassero a salvare il mondo. La follia della Croce è, perDio, la suprema saggezza del Cuore. Gesù vuoi continuare a salvare il

    mondo, è per questo che è venuto a rivivere la sua Passione in Padre Pio, bisogna ripeterlo nuovamente, poiché quella è una verità essenziale perchi

     vuoi comprendere Padre Pio e la sua missione. Lo stigmatizzato delGargano non è infine che il prolungamento del Crocifìsso del Calvario.

     Attraverso Padre Pio riecheggiava il grido di Gesù: «Se tu conoscesse ilDono di Dio!... Dammi da bere!... » Si tratta pure di una questione

    d'amore. Il Cuore di Gesù ne è cosi colmo che non può più contenerlo, ma

    una simile fiamma esige uno scambio. Amore chiama Amore. Lostigmatizzato del Gargano, ha presentato al mondo, in un ineffabile

    apostolato, i segni e le prove di questo Amore infinito di Dio per il mondo.

    Padre Pio testimone dell'Amore di Dio... Voleva dire ben altro, il caroPadre, quando rispose a colui che gli diceva: «Padre, io non credo in Dio!»

    - «Ma Dio, Lui, crede in te!...»