Tribunale di Reggio Calabria, Ordinanza Condemi

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atti giudiziari

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  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    Proc. n. 458/2011 R. G. N. R. D. D. A.

    Proc. n. 4879/2011 R. G. G.I.P.

    N. 78/2011 O. C. C.

    TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA SEZIONE G.I.P. - G.U.P.

    ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI

    (Artt.272 e ss. C. p. p.)

    Il giudice per le indagini preliminari, dr. Domenico Santoro,

    esaminati gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato nei confronti di:

    1. CONDEMI Domenico, nato a Reggio Calabria in data 3.7.1976, ivi residente in viale Europa nr. 79;

    2. CONDEMI Filippo, nato a Reggio Calabria in data 27.5.1974, ivi residente in viale Europa nr. 79;

    3. PLUTINO Giuseppe, nato a Reggio Calabria in data 5.8.1964, ivi residente in viale Europa nr. 79;

    4. ROTTA Vincenzo, nato a Reggio Calabria in data 11.2.1953, ivi residente in via Pio XI nr. 213;

    5. LOMBARDO Vincenzo, nato a Reggio Calabria il 19.5.1973, residente a Sorbolo (PR) in via Piave nr. 2;

    6. CALDERAZZO Rosario, nato a Palmi in data 13.7.1970, residente a Reggio Calabria in via SS 18, II Tratto, I traversa Scaccioti, nr. 24.

    INDAGATI

    CONDEMI Domenico, CONDEMI Filippo, ROTTA Vincenzo, LOMBARDO Vincenzo,

    CALDERAZZO Rosario

    [unitamente a BORGHETTO Eugenio (Gino), CARIDI Antonino, CARIDI Bruno, CARIDI Santo Giovanni, ZINDATO Francesco (Checco) e ZINDATO Andrea Gaetano, IANNI Natale, IDOTTA Antonino, LATELLA Paolo, MODAFFERI Giuseppe, PENNESTRI Fabio, PERLA Matteo (Giorgio), ZINDATO Giovanni, ZINDATO Giuseppe e CENTO Demetrio, BORGHETTO Tullio, QUARTUCCIO Vincenzo ed altri, nei cui

    confronti si procede separatamente nellambito del proc.n.259/06 RGNR DDA]

    Capo A) per il reato di cui

    agli art.416 bis, commi 1, 2, 3, 4 e 5, c.p., per aver fatto parte di unassociazione a

    delinquere di tipo mafioso denominata ndrangheta ed in particolare del sodalizio BORGHETTO CARIDI ZINDATO, operante nellambito della pi ampia cosca LIBRI, finalizzata al controllo dei quartieri di Modena, Ciccarello e S.Giorgio extra di Reggio Calabria,

    previa spartizione tra gruppi criminali, sulla base di deliberati mafiosi, del territorio dinfluenza e delle attivit criminali da perpetrare sullo stesso;

    Ci, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di

    assoggettamento ed omert che ne deriva:

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    - per commettere delitti come omicidi, estorsioni, danneggiamenti, detenzione e porto illegale di

    armi, anche da guerra ed esplosivi;

    - per acquisire in modo diretto o indiretto il controllo e la gestione di attivit economiche, di

    concessioni di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e comunque per realizzare per s e per

    altri profitti e vantaggi ingiusti.

    - impedire o ostacolare il libero esercizio del voto e/o procurare voti a s o ad altri in occasione di

    consultazioni elettorali.

    Con laggravante della disponibilit e delluso delle armi.

    In Reggio Calabria, in corso di consumazione

    PLUTINO Giuseppe

    Capo A-bis) per il reato di cui

    agli artt.110, 416 bis, commi 1, 2, 3, 4 e 5, c.p. perch, quale concorrente esterno

    dellassociazione di cui al capo A) ed in particolare della cosca CARIDI, articolazione della pi ampia cosca Libri operante, in particolare, sul territorio di San Giorgio extra di Reggio Calabria,

    forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla stessa come referente

    politico del sodalizio, destinatario delle preferenze elettorali ricevute sia dagli affiliati, sia da parte

    di terzi ma raccolti in suo favore dagli esponenti della cosca nel corso di varie consultazioni

    elettorali, con particolare riferimento a quelle per lelezione del consiglio comunale di Reggio Calabria del maggio 11, anche mediante sistemi di alterazione della libera competizione elettorale e di controllo della libert di voto.

    Per ci, incaricato, una volta eletto, di soddisfare le promesse fatte nel corso della campagna

    elettorale adoperandosi, anche mediante la strumentalizzazione del ruolo istituzionale rivestito:

    a) ai fini dellassunzione presso uffici ed enti pubblici e/o privati di soggetti appartenenti, contigui o comunque riconducibili al sodalizio criminale ed in particolare:

    - lassunzione di CUZZOLA Maria, nipote di BORGHETTO Cosimo e BORGHETTO Eugenio, in qualit di collaboratore temporaneo della struttura del gruppo consiliare del

    PDL presso il Consiglio Regionale, su richiesta di CONDEMI Domenico;

    - lassunzione di ROTTA Domenico, figlio di ROTTA Vincenzo e su richiesta di questi, presso il C.A.R.A. di Rogliano, non avvenuta solo per il rifiuto opposto dallinteressato;

    nonch:

    b) per la risoluzione di varie problematiche riguardanti anche terze persone ma rappresentategli e

    sollecitategli dagli appartenenti allassociazione criminale, con particolare riferimento:

    - alla rimozione dei rifiuti presenti innanzi alle abitazioni site nei pressi del BRIKO di Reggio Calabria;

    - al pagamento delle mensilit arretrate a beneficio dei dipendenti della MULTISERVIZI;

    su richiesta dello stesso CONDEMI Domenico.

    Cos, contribuendo alla conservazione ed al rafforzamento della stessa in termini di potere di

    influenza e controllo del territorio ed alla realizzazione anche parziale del programma criminoso

    della medesima.

    Con laggravante della disponibilit e delluso delle armi da parte degli appartenenti al sodalizio.

    In Reggio Calabria, in corso di consumazione

    CONDEMI Domenico e PLUTINO Giuseppe

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    Capo B) per il reato di cui:

    Agli artt.81, 61 n.10), 629 c.p. e 7 della L. 203/01, perch, in concorso tra loro, mediante la

    minaccia implicita derivante dallappartenenza del CONDEMI allassociazione mafiosa denominata ndrangheta ed in particolare al sodalizio denominato cosca Libri-Caridi di cui al capo che precede, costringevano NUCERA Giovanni, consigliere della regionale Calabria, ad assumere in qualit di

    collaboratore temporaneo della struttura del gruppo consiliare del PDL presso il Consiglio

    Regionale, CUZZOLA Maria, nipote di BORGHETTO Eugenio.

    Con le aggravanti del fatto commesso:

    - da soggetti appartenenti alla cosca mafiosa BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO;

    - avvalendosi della capacit dintimidazione della stessa ed al fine di favorire la cosca dappartenenza;

    - ai danni di un pubblico ufficiale.

    In Reggio Calabria, nel settembre 10

    Capo B-bis) per il reato di cui:

    Agli artt.81, 110, 61 n.10), 56-629 c.p. e 7 della L. 203/01, perch, in concorso tra loro, con pi

    azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante la minaccia implicita derivante dalla

    loro appartenenza alla associazione mafiosa denominata ndrangheta ed in particolare al sodalizio denominato cosca Libri-Caridi di cui al capo che precede, nonch atti intimidatori e minacce

    esplicite, in particolare collocando una tanica di plastica contenente liquido infiammabile con

    applicato un panno costituente la miccia di combustione sul cofano dellautovettura tg DM*714*VD, di propriet di NUCERA Giovanni, compivano atti idonei diretti in modo non

    equivoco a costringere questultimo, alla scadenza del primo contratto di collaborazione a progetto della CUZZOLA, a riassumere la stessa con lincarico - pi remunerativo e duraturo - di componente della propria struttura speciale presso il Consiglio Regionale, non riuscendo nel proprio

    intento per i rifiuto opposto dalla p.o..

    Con le aggravanti del fatto commesso:

    - da soggetti appartenenti alla cosca mafiosa BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO;

    - avvalendosi della capacit dintimidazione della stessa ed al fine di favorire la cosca dappartenenza.

    - ai danni di un pubblico ufficiale.

    In Reggio Calabria, tra il dicembre 10 ed il marzo 11

    CONDEMI Domenico

    C) per il reato di cui:

    agli artt. 110, 635, 2 comma n.3, 61 n.1, c.p. e 7 L.203/91 perch, danneggiava mediante

    lesplosione di vari colpi darma da fuoco la saracinesca della gioielleria BASILE, intestata a OLANDESE Marianna, gestita da BASILE Raffaele, per il rifiuto di corrispondere denaro al

    CONDEMI Domenico per contribuire alle spese per lorganizzazione della festa di Gallician.

    Con le aggravanti daver commesso il fatto:

    - su di un bene esposto per necessit alla pubblica fede;

    - per motivi futili;

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    - avvalendosi della capacit intimidatoria derivante dalla sua appartenenza alla cosca LIBRI-

    CARIDI.

    C-bis) per il reato di cui:

    agli artt. 110, 61 n.2, c.p., 10, 12 e 14 L.497/74, 7 l. n. 203/91, perch deteneva e portava in luogo

    pubblico una pistola.

    Con le aggravanti daver commesso il fatto:

    - per eseguire quello di cui al capo che precede.

    - avvalendosi della capacit intimidatoria derivante dalla sua appartenenza alla cosca LIBRI -

    CARIDI.

    In Reggio Calabria, il 3 settembre 11

    Con la recidiva per PLUTINO Giuseppe

    Con la recidiva per ROTTA Vincenzo

    Vista la richiesta, presentata dal P. M. in data 3/11/2011, per lapplicazione della misura della

    custodia cautelare in carcere nei confronti di:

    1. CONDEMI Domenico, in relazione ai capi A), B), B-bis), C) e C-bis);

    2. CONDEMI Filippo, in relazione al capo A);

    3. PLUTINO Giuseppe, in relazione ai capi A-bis), B) e B-bis);

    4. ROTTA Vincenzo, in relazione al capo A);

    5. LOMBARDO Vincenzo, in relazione al capo A);

    6. CALDERAZZO Rosario, in relazione al capo A);

    Esaminati gli at ti trasmessi a fondamento della richiesta e quelli

    successivamente allegati ad integrazione della stessa

    OSSERVA

    1) PREMESSA: IL QUADRO DELLE INDAGINI.

    La richiesta allesame del decidente costituisce la naturale prosecuzione dellattivit investigativa

    svolta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, sotto le direttive della D. D. A. in sede, che, in data

    29/10/2010, sfociata nellordinanza applicativa di misure cautelari emessa nellambito

    delloperazione denominata Alta tensione. Come si avr modo di evidenziare, sebbene per cenni,

    questa prima parte dellindagine aveva consentito di ricostruire gli equilibri criminali esistenti nella

    zona sud di Reggio Calabria, specialmente nei quartieri di Ciccarello, Modena, San Giorgio, Pio XI,

    Rione Marconi, che era risultata vessata dalla presenza della ndrangheta e, in particolare, di una

    pluralit di cosche nemiche allepoca della guerra di mafia degli anni 90 e, successivamente, in

    grado di raggiungere una condizione di sostanziale armonia, che ha consentito loro di conseguire il

    controllo del territorio, suddividendo le attivit criminali da esercitare su di esso: la cosca LIBRI,

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    con le sue varie articolazioni, legate ai CARIDI nella zona di San Giorgio Extra, agli

    ZINDATO in quella di Ciccarello ed ai BORGHETTO nel quartiere di Modena; la cosca

    ROSMINI, operante nella zona del Rione Marconi; la cosca SERRAINO, dominante nella zona

    verso San Sperato.

    Eseguita lordinanza citata, le investigazioni procedevano, da un lato, con la rivisitazione dei

    risultati dellattivit compiuta, specie quella dintercettazione, al fine di identificare (ed individuare

    la responsabilit) di altri soggetti gi monitorati nel corso dellindagine, dallaltro, mediante

    investigazioni dirette a conseguire riscontri rispetto alle dichiarazioni rese dai nuovi collaboratori di

    giustizia, sentiti in merito agli assetti criminali oggetto dindagine (specie il MOIO Roberto).

    Lattivit veniva, tuttavia, ad innestarsi su quella conseguente ad un grave atto intimidatorio

    consumato in danno del consigliere regionale Giovanni NUCERA, sulla cui autovettura veniva

    fatta ritrovare una tanica di benzina: evento delittuoso che finiva con lincastonarsi nel quadro

    generale delle investigazioni, permettendo di avvalorare i risultati gi raggiunti in relazione ad

    alcuni dei personaggi indagati ed ampliando la sfera e la delicatezza delle indagini, che

    consentivano di confermare, una volta di pi, la capacit dinfiltrazione della ndrangheta nelle

    istituzioni pubbliche rappresentative: ci, alla luce dellaccertata responsabilit di un importante

    esponente politico locale, gi assessore e tuttora consigliere comunale, Giuseppe PLUTINO, emerso

    essere costante punto di riferimento della cosca CARIDI.

    Come anticipato, uno dei versanti dellattivit investigativa era rappresentato dalle indagini delegate

    al fine di rinvenire riscontri alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia. E, infatti, nella

    parte iniziale dellinformativa della Squadra Mobile del 26 luglio 2011, venivano riportate le

    dichiarazioni rese nellambito del procedimento n.259/06 RGNR DDA dal collaboratore di giustizia

    MOIO Roberto, nipote dei fratelli Pasquale e Giovanni TEGANO, capi storici dellomonima cosca

    di ndrangheta, da sempre inserito ad alti livelli nel contesto criminale cittadino proprio in virt

    dellillustre parentela vantata con i principali esponenti di uno dei pi importanti sodalizi della citt.

    Sodalizio, questo, storicamente vicino alla cosca LIBRI, con la quale lalleanza risale alle guerre

    degli anni 90, che videro i DE STEFANO TEGANO ed i LIBRI CARIDI opposti al

    contrapposto schieramento CONDELLO SERRAINO.

    Nelle sue dichiarazioni, in particolare, il MOIO annoverava tra le fila dei CARIDI due fratelli, da

    lui indicati come i gemelli, titolari di una societ di noleggio di auto di grossa cilindrata: gli stessi

    venivano agevolmente identificati dalla P. G. nei fratelli CONDEMI Filippo e CONDEMI

    Domenico, odierni indagati.

    A seguire le prime dichiarazioni del MOIO.

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    OMISSIS

    MR:- No, rapporti no. Ci vedevamo, ci salutavamo per so che fanno parte di della cosca insomma. PLUTINO parecchie volte mi ha mandato i saluti parecchie volte. Ah! Ritornando vabb ci sono anche due, attualmente non ricordo il nome, li chiamano I GEMELLI, che sono praticamente due appartenenti anche alla cosca di la cosca sempre di cui stiamo parlando, di CARIDI. Praticamente, in particolare che attualmente hanno loro affittano macchine per matrimoni, macchine tipo ROLL ROYS, MERCEDES, macchine

    particolari per matrimoni.

    PM:- Ma pure questi scusi un attimo se linterrompo, pure Errante e Plutino sono tutti cugini di questi ?

    MR:- Si, tutti parenti, son parenti parenti sono, si.

    PM:- Ci sono poi gemelli sono?

    MR:- Si, due gemelli li chiamano I GEMELLI, li chiamano, ma sono due fratelli che penso che sono gemelli perch si assomigliano. Uno ricciolino, ha i capelli ricci

    PM:- Allora, sono sicuramente fratelli

    MR:- Si. Per ricordo in modo particolare che NINO CARIDI, durante gli anni che ho

    conosciuto erano sempre suoi accompagnatori oppure quando andavo l a SAN GIORGIO li vedevo sempre sempre con la cosca.

    PM:- Sempre con?

    MR:- Con la cosca.

    PM:- Attualmente dice che hanno noleggiano auto

    MR:- Si, hanno . Si, hanno macchine macchine depoca, fanno matrimoni che affittano per matrimoni. Poi c

    PM:- Senta, scusi se stessa cosa, siccome parla di Nino Caridi quindi immagino parla sempre di fatti accompagnatori di Nino Caridi parla sempre di fatti risalenti

    MR:- Prima della guerra, si

    PM:- Perfetto, stessa domanda. Successivamente al periodo della guerra, eccetera, eccetera, ne

    ha pi sentito parlare, li ha pi visti, sa se questi hanno compiuto pi specifici fatti riconducibili

    allinteresse della cosca?

    MR:- No. No, questo no per so che sono so che fanno parte della cosca insomma, v. Ragazzi rispettati e e pericolosi, v!

    PM:- Ma questo dico, perch? E pericolosi perch? Sotto quale profilo? Cio perch lei ritiene

    pericolosi? Qualcuno le ha detto che praticamente questi sono pericolosi? Ci sono fatti specifici

    per cui lei pensa che questi possano essere pericolosi?

    MR:- No, parecchie volte parecchie volte, in incontri che ho avuto che avevo io, per dire

    cio mi erano stati sempre presentati come personaggi insomma criminali!

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    PM:- Ho capito. Ma questo anche recentemente? O sempre parliamo dellepoca?

    MR:- No, sempre dellepoca, no?

    OMISSIS

    Lidentificazione dei soggetti chiamati dal MOIO contenuta nellinformativa redatta dalla Squadra

    Mobile di Reggio Calabria in data 26.7.2011, che evidenzia:

    Soggetti identificati da questo Ufficio per i fratelli CONDEMI Filippo nato a nato a Reggio Calabria in data 27.05.1974, ivi residente in viale Europa nr. 79 e CONDEMI Domenico, nato a Reggio Calabria in data 03.07.1976, ivi residente in viale Europa nr. 79, essendo utile precisare che CONDEMI Filippo, come indicato dal collaboratore di giustizia MOIO, socio accomandatario della RHEGIUM REGAL CARS S.a.s. di Filippo CONDEMI & C., sedente a Reggio Calabria in viale Europa nr. 79, societ che ha quale attivit il noleggio di autovetture di lusso per cerimonie ed eventi.(Allegato nr. 01)

    Lassunto investigativo portava la P. G. a chiedere ed ottenere il monitoraggio delle utenze

    radiomobili in uso ai sopra indicati soggetti, nonch allattivazione di servizi di intercettazione

    ambientale a bordo delle autovetture in uso a CONDEMI Domenico e MANDALARI Carmelo.

    Cui, in esito alle prime risultanze investigative, si aggiungeva il monitoraggio delle utenze

    radiomobili in uso a ROTTA Vincenzo, LOMBARDO Vincenzo e CALDERAZZO Rosario.

    Queste, dunque, le premesse, utili a comprendere levoluzione delle attivit investigative e gli

    approdi cui esse hanno portato.

    2) GLI ELEMENTI INDIZIARI ED I CRITERI DI VALUTAZIONE.

    Ci detto, prima di procedere alla disamina delle emergenze investigative compendiate nella

    richiesta, che efficacemente sintetizza il materiale indiziario a carico degli indagati, reputa il giudice

    necessario effettuare alcune considerazioni in ordine ai criteri di valutazione degli elementi di

    prova, nel caso di specie rappresentati, come poco sopra anticipato, da

    1) esiti di intercettazioni telefoniche e ambientali

    oltre che

    2) dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia

    e

    3) da dichiarazioni delle persone offese e di altre persone informate sui fatti.

    2. A) I criteri di valutazione delle intercettazioni.

    Prima problematica da affrontare in proposito quella relativa allidentificazione dei soggetti

    conversanti.

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    Se, per quanto concerne il contenuto delle conversazioni fra presenti non appaiono sussistere profili

    di dubbio, atteso che trattasi, prevalentemente, di captazioni operate in occasione di colloqui

    allinterno di ambienti pacificamente in uso agli indagati (si pensi, ad esempio, alle autovetture

    nella disponibilit dei predetti), quanto agli individui che sono stati colti in conversazioni

    telefoniche, appaiono affidabili le indicazioni della P. G. sullidentit di costoro, assicurate

    dallaccertata titolarit e/o disponibilit del mezzo intercettato da parte dei conversanti e dalle

    notizie fornite dai medesimi circa lidentit degli interlocutori (e/o dei soggetti cui essi fanno

    riferimento) durante le conversazioni. La puntuale combinazione degli elementi sopra descritti, poi,

    consente di conferire adeguato valore di affidabilit anche al riconoscimento vocale effettuato dagli

    operanti che, adusi alla voce dei conversanti, sono stati evidentemente in grado di procedere alla

    certa identificazione degli interlocutori.

    Altro, fondamentale, profilo rappresentato dalla disamina del contenuto delle conversazioni

    oggetto di captazione: nel caso di specie, pu certamente affermarsi che i dialoghi che si andr ad

    esporre sono caratterizzati per la gran parte da contenuto chiaro, intelligibile, tale da essere

    compreso nel suo effettivo significato, senza necessit di dovere ricorrere ad operazioni

    ermeneutiche dal tratto incerto o, peggio, oscuro. Trattasi, difatti, di conversazioni dal tessuto

    dialogico facilmente intellegibile e, nei casi in cui, invece (specie nelle conversazioni telefoniche), i

    conversanti hanno utilizzato toni criptici o altri accorgimenti diretti a celare il reale oggetto dei

    dialoghi, il contenuto delle frasi che si sono potute carpire e quanto, conseguentemente e

    successivamente, appurato dagli inquirenti a riscontro non lascia adito a dubbi sul fatto che anche

    tali conversazioni, per quanto ammantate da tenore criptico, si riferissero ad attivit illecite, la cui

    essenza si disvela alla luce della complessiva attivit di indagine e del contenuto stesso di altre

    conversazioni captate (ci si riferisce, in particolare, a quelle tra gli indagati che, al di l di ogni

    tentativo di celare il contenuto dei dialoghi, nelle parti decifrate, se lette alla luce dellintero

    compendio indiziario e degli imponenti dati di conferma al costrutto daccusa, ben palesano quale

    sia il rispettivo ruolo nella consorteria).

    Ultimo profilo da approfondire quello della credibilit delle affermazioni intercettate e,

    quindi, della loro valenza probatoria, riguardo al quale occorre evidenziare come la

    giurisprudenza di legittimit distingua quelle totalmente auto-accusatorie, quelle parzialmente

    auto-accusatorie e quelle totalmente etero-accusatorie.

    Le intercettazioni auto-accusatorie sono tali in quanto lo stesso conversante che, esplicitamente

    od implicitamente, accusa se stesso di aver commesso un dato reato, sicch le affermazioni

    pronunciate dallimputato o dallindagato contra se equivalgono ad una sorta di confessione

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    extragiudiziale e, pertanto, hanno integrale valenza probatoria (Sez. 6, n. 27656 del

    09.07.2001, CORSO G. ed altri). La Suprema Corte, a proposito della valenza probatoria di tali

    intercettazioni auto-accusatorie, ha, altres, sottolineato che in materia di intercettazioni telefoniche

    non trovano applicazione gli artt. 62 e 63 c.p.p., in quanto le ammissioni di circostanze indizianti, fatte

    spontaneamente dallindagato nel corso di una conversazione telefonica, la cui intercettazione sia stata

    ritualmente autorizzata, non sono assimilabili alle dichiarazioni da lui rese del corso

    dellinterrogatorio dinanzi allAutorit giudiziaria od a quello di polizia giudiziaria, n le registrazioni

    ed i verbali delle conversazioni telefoniche sono riconducibili alle testimonianze de relato sulle

    dichiarazioni dellindagato, in quanto integrano la riproduzione fonica o scritta delle dichiarazioni

    stesse di cui rendono in modo immediato e senza fraintendimenti il contenuto (Sez. 6, n. 31739 del

    28.07.2003, Corteggiano ed altri).

    Le intercettazioni parzialmente auto-accusatorie sono, invece, quelle nel corso delle quali uno

    dei conversanti accusa s di avere commesso un dato reato, in concorso con un terzo del tutto

    estraneo alla conversazione. Tali conversazioni possono, in linea di principio, costituire prova

    diretta della responsabilit senza bisogno di ulteriori elementi di conferma, ma, essendo

    coinvolto un terzo estraneo alla conversazione, la loro valutazione deve avvenire con particolare

    rigore.

    Infine, le intercettazioni totalmente etero-accusatorie sono quelle nel cui ambito uno od entrambi

    i conversanti accusano un terzo di avere commesso un determinato reato. In relazione a tali

    intercettazioni la Corte di Cassazione ha, in pi occasioni, sottolineato che nel caso di generiche

    affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali non partecipe lindagato,

    necessario che esse trovino riscontro in altri elementi di supporto che integrino con riferimenti

    specifici la genericit dellaccusa (Sez. 1, n. 6234 del 02.11.2000, Zavettieri; n. 6232 del

    02.11.2000, Primerano).

    Per completezza, si reputa opportuno evidenziare, ancora, quanto segue:

    - le c. d. dichiarazioni autoaccusatorie intercettate rivelatesi, nella specie, intrinsecamente

    attendibili e logicamente credibili non necessiterebbero di alcun elemento di riscontro o di

    conferma, che pure spesso in concreto stato acquisito; rimandando al prosieguo le

    valutazioni nel merito, basti qui osservare come, per gli indagati che sono stati direttamente

    intercettati, le rispettive dichiarazioni costituiscano, nella quasi totalit dei casi, elementi di

    sostanziale ammissione di responsabilit circa linserimento in contesti mafiosi (si pensi ai

    dialoghi che vedono impegnato il CONDEMI Domenico e gli altri sodali nella campagna

    elettorale del PLUTINO, ovvero a quelli che vedono il predetto e gli altri intenti a

    conversare, allinterno delle autovetture, delle problematiche della consorteria e del ruolo

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    del CARIDI, od a quelli che palesano il ruolo del CONDEMI di vero e proprio controllore

    delle attivit illecite poste in essere dalla comunit nomade); non emersa, poi, ragione

    alcuna per ritenere che le dichiarazioni auto-accusatorie registrate fossero oggetto di

    invenzione o fantasia, tenuto anche conto dellassoluta delicatezza ed importanza delle

    questioni oggetto dei dialoghi;

    - quanto alle dichiarazioni etero accusatorie, poi, evidente che queste abbiano una

    maggiore e pi pregnante valenza probatoria soprattutto quando la fonte conoscitiva del

    soggetto conversante sia diretta e, nel procedimento in esame, le dichiarazioni etero

    accusatorie provengono da individui che non avrebbero avuto alcun motivo per accusare

    persone ad essi vicine, con le quali esistono rapporti di parentela e/o di assoluta prossimit,

    di fatti penalmente rilevanti ove questi non fossero stati veri [si pensi, ad esempio, alle

    conversazioni che vedono gli esponenti della cosca far cenno ad altri sodali].

    In ogni caso opportuno evidenziare che gli elementi di responsabilit si fondano anche su

    dichiarazioni auto-accusatorie captate e/o, comunque, su ulteriori elementi di indagine, quali le

    dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le attivit svolte dalla P. G. a riscontro, e, in

    particolare, le sommarie informazioni rese dalle persone offese di alcuni gravi reati fine

    contestati.

    Andranno distinti, ovviamente, i casi in cui la dichiarazione etero-accusatoria si sia risolta in

    una scarna ed isolata affermazione da quelli in cui sia stato possibile valutare compiutamente un

    complesso di dichiarazioni o di elementi di conferma che si integrano, si raccordano e si

    riscontrano tra loro, disvelando un compiuto quadro probatorio.

    Il giudizio, pertanto, di massima affidabilit e valenza indiziaria, non emergendo, ripetesi,

    ragioni di calunnia o millanteria, di cui non vi traccia in atti. Si tratta, perci, di acquisizioni

    probatorie particolarmente credibili, indicative e concludenti, generalmente suscettive di fornire una

    ricostruzione degli eventi in maniera aderente ai reali accadimenti.

    La necessit di valutare con la dovuta attenzione le dichiarazioni etero-accusatorie, poi, non deve

    far ritenere indispensabile lacquisizione di riscontri estrinseci ed intrinseci richiesti dal legislatore

    nellipotesi di chiamata in correit, prevista dallart. 192, terzo comma, C. p. p., come, del resto, ha

    pacificamente chiarito e ribadito anche la pi recente giurisprudenza di legittimit: il contenuto di

    una intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata

    come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver

    partecipato, non in alcun modo equiparabile alla chiamata in correit e pertanto, se va anch'esso

    attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non per soggetto, nella predetta

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    _____________________________________________________________________________ 11

    valutazione, ai canoni di cui all'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. (Sez. 4, sent. n. 35860 del

    28.09.06, DELLA VENTURA; negli stessi termini Cass. Pen. Sez. V, n. 13614 del 19.01.2001,

    PRIMERANO; Cass. Pen. Sez. V, n. 38413 del 9.10.2003, ALVARO ed altri; Cass. Pen. Sez. V,

    n. 603 del 13.01.2004, GRANDE ARACRI; Cass. Pen. Sez. I, n. 1683 del 21.01.2004, BARILLA

    ed altri).

    Particolarmente interessante risulta la parte della motivazione della sentenza nr. 603 del 14.10.03,

    sopra citata, in cui la Corte spiega in maniera chiarissima le ragioni per le quali una dichiarazione

    etero-accusatoria intercettata non in alcun modo equiparabile alla chiamata in correit: Non

    fondata la tesi - secondo motivo di impugnazione - secondo la quale le parole dei conversanti debbano essere

    suffragate da altri elementi ai sensi dell'articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La parificazione tra conversanti e

    chiamanti in correit , infatti, improponibile. Il chiamante in correit persona che interrogata da

    un giudice o da un ufficiale di polizia giudiziaria accusa altre persone di avere commesso reati. Si

    tratta di una situazione di indubbia delicatezza, perch molte possono essere le motivazioni che

    spingano una persona ad indicare altri come autori di un reato e non si pu, quindi, escludere che ci

    venga fatto a scopo di calunnia. La situazione si resa ancora pi delicata da quando le norme tese a

    favorire il c.d. fenomeno del pentitismo hanno previsto misure premiali anche consistenti per chi, pur autore

    di gravi delitti, decida di collaborare con gli organi di giustizia. Queste sono senz'altro indicazioni assai

    preziose che pi volte hanno consentito di individuare gli autori di gravissimi delitti rimasti impuniti per

    molti anni. evidente, per, specialmente quando i collaboranti provengano da ambienti di criminalit

    organizzata, la necessit di una valutazione attenta e prudente di tali prove. Ed per tale ragione che il

    legislatore, pur non mettendo in dubbio il principio del libero convincimento del giudice e pur non volendo

    introdurre nel processo penale forme di prova legale, ha ritenuto di dettare precisi criteri di valutazione di

    prove siffatte che sono quelli indicati dall'articolo 192 comma 3^ c.p.p.. La giurisprudenza di legittimit,

    sensibile alla complessa problematica, ha poi, in applicazione della norma citata, ulteriormente precisato

    detti criteri, che impongono ai giudici una prudente valutazione di tali prove.

    Il discorso fatto non vale ovviamente per i c.d. conversanti. In questo caso, infatti, si tratta di persone

    che non scelgono deliberatamente di accusare qualcuno all'Autorit Giudiziaria, ma di persone, che,

    non sapendo che le loro conversazioni sono intercettate, parlano liberamente di vari argomenti, spesso

    anche irrilevanti ai fini del processo per il quale stata disposta la intercettazione. Tra le tante questioni

    discusse capita, quando vengano intercettate conversazioni di persone appartenenti ad organizzazioni

    criminali, che i soggetti intercettati discutano di problemi di lavoro, come del resto capita di fare a molte

    donne c.d. uomini, ovvero di imprese criminali gi realizzate o da porre in essere e dei soggetti che hanno

    compiuto reati e con i quali loro siano in contatto. La differenza tra le due categorie di persone -

    collaboratori di giustizia e conversanti - appare del tutto evidente, perch nel caso dei conversanti non

    vi alcuna consapevolezza di accusare qualcuno e l'intento di chi parla non quello di accusare, ma

    essenzialmente quello di scambiare libere opinioni con un sodale. allora evidente che tutte le riserve e

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    tutte le prudenze necessarie per valutare la genuinit delle dichiarazioni del collaboranti non sussistono

    quando si tratta di conversazioni intercettate, perch in siffatte situazioni la spontaneit e la genuinit sono

    pi semplici da accertare.

    Una volta accertato che i conversanti non sanno di essere intercettati, infatti, i criteri da utilizzare per la

    valutazione della prova sono quelli ordinari e non pu farsi riferimento ai criteri indicati dall'articolo 192

    comma 3^ c.p.p...

    Del resto la Suprema Corte ha gi chiarito che il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in

    una precisa accusa in danno di una terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui

    consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di avere partecipato, non in alcun modo equiparabile

    alla chiamata in correit e pertanto, se va anche esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su

    quello probatorio, non va per soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all'articolo 192 comma

    3^ c.p.p. (cos Cass. Pen. 19 gennaio 1991, Primerano, CED 218392; Cass. Pen. 2 aprile 1992, Filice, in

    Cass. Pen. 93, 2590; Cass. Pen. 3 maggio 2001, Corso, in CED 220227, che ha sostenuto che le

    dichiarazioni, captate nel corso di attivit di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un

    soggetto si accusa della commissione di reati, hanno integrale valenza probatoria).

    2. B I criteri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori

    A tal riguardo, occorre osservare quanto segue.

    Il legislatore indica la regola di giudizio relativa alla chiamata di correo ai commi 3 e 4 dellart. 192

    C. p. p., il cui tenore il seguente: 3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da

    persona imputata in un procedimento connesso a norma dellart. 12 sono valutate unitamente agli altri

    elementi di prova che ne confermano lattendibilit. 4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle

    dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto

    dallart. 371 comma 2 lett. b).

    Come noto, in ordine alla valutazione della chiamata in correit ai fini del giudizio di merito, la

    giurisprudenza di legittimit (cfr., ad esempio, Cassazione, Sezione 5, 18.01.00, ORLANDO) ha

    statuito, in modo costante, che la stessa assume valore di prova diretta contro laccusato in presenza

    di tre requisiti consistenti:

    a) nella credibilit del dichiarante, valutata in base a dati e circostanze attinenti direttamente

    alla sua persona, quali il carattere, il temperamento, la vita anteatta, i rapporti con

    laccusato, la genesi ed i motivi della chiamata di correo;

    b) nellattendibilit intrinseca della chiamata di correo, desunta da dati specifici interni ad

    essa quali la spontaneit, limmediatezza, la reiterazione senza contraddizioni, la costanza

    nel tempo, la verosimiglianza, la logicit, la precisione, la completezza della narrazione,

    lunivocit;

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    c) nellesistenza di riscontri esterni, che confermino lattendibilit della chiamata di correo

    gi scrutinata come intrinsecamente attendibile (principio questo ricavabile dalla stessa

    lettera del comma 3 dellart. 192 C. p. p., che parla di conferma dellattendibilit delle

    dichiarazioni e non del dichiarante).

    Quanto ai riscontri, la giurisprudenza ha richiesto che gli stessi

    a. debbano essere certi,

    b. non debbano necessariamente riguardare direttamente il thema probandum, ovvero

    la prova in s della colpevolezza dellimputato, altrimenti costituirebbero prove autonome

    della colpevolezza,

    c. debbano avere carattere individualizzante, nel senso che non possono limitarsi a

    confermare le modalit obiettive del fatto descritte dal chiamante, ma devono riguardare in

    modo specifico la posizione soggettiva del chiamato in relazione ai singoli fatti delittuosi a

    lui addebitati,

    d. possano avere qualunque natura, sia rappresentativa sia logica, e possono essere costituiti

    anche da altra chiamata di correo, purch le due chiamate siano: convergenti in ordine

    al fatto materiale oggetto della narrazione; indipendenti, nel senso che non devono

    derivare da pregresse intese fraudolente od anche solo da suggestioni o

    condizionamenti che potrebbero inficiarne il valore della concordanza; specifiche, nel

    senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante,

    ossia le varie dichiarazioni pur non necessariamente sovrapponibili devono confluire su fatti

    che riguardano direttamente sia la persona dellincolpato sia le imputazioni a lui attribuite

    (Sez. 2, 30.04.99, CATALDO).

    Tale regola, originariamente fissata solo per il giudizio di merito, opera, oggi, anche in sede

    cautelare, per effetto della legge n. 63 dell1.03.2001 il cui art. 11 ha inserito nellart. 273 c. p. p. il

    comma 1 bis, che evidenzia come: Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le

    disposizioni degli artt. 192 commi 3 e 4. Nellinterpretazione di questa norma si sono registrati

    oscillanti orientamenti giurisprudenziali che hanno trovato soluzione nella decisione delle Sezioni

    Unite, secondo cui in tema di valutazione della chiamata in reit o correit in sede cautelare, le

    dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata

    od imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui

    allart. 273 comma 1 cpp, in virt dellestensione applicativa dellart. 192 commi 3 e 4 ad opera

    dellart. 273 comma 1-bis c.p.p. soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino

    corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cio da assumere idoneit dimostrativa in

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    ordine allattribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversit

    delloggetto della delibazione cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di

    ragionevole ed alta probabilit di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata

    invece allacquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza del chiamato, rispetto a

    quella di merito, orientata invece allacquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza

    dellimputato (Sez. Un. n. 36267 del 30.05.2006, P.G. in proc. SPENNATO; in senso analogo

    vedi Cass. Sez. 1, n. 22853 del 9.05.2006, LIANG; Cass. Sez. 1, n. 35710 del 20.09.2006, PM in

    proc. ARANGIO MAZZA; Cass. Sez. 1, n. 19867 del 4.05.2005, LO CRICCHIO).

    Tale ultimo orientamento appare senzaltro preferibile, essendo evidente che il legislatore,

    nellintrodurre la modifica normativa ed avendo ben presenti i diversi criteri usati dalla

    giurisprudenza in ordine alla valutazione della chiamata in correit a seconda che si trattasse del

    piano cautelare o del giudizio di merito, ha perseguito lo scopo di omologare, per quanto possibile,

    la valutazione della chiamata in correit in sede cautelare ed in sede di merito.

    Si rammentano, ancora, ulteriori arresti che precisano il dettato giurisprudenziale. Cassazione, Sez.

    5, Sentenza n. 18097 del 13/04/2010 Cc. (dep. 12/05/2010) Rv. 247147, ha affermato che, in tema

    di misure cautelari personali, la chiamata di correo quale grave indizio di colpevolezza, oltre che

    essere apprezzato nella sua attendibilit intrinseca, deve essere supportato da riscontri esterni

    individualizzanti in grado di dimostrarne la compatibilit col "thema decidendum" proprio della

    pronuncia "de libertate" e di giustificare, quindi, la razionalit della medesima, essendo l'esigenza

    della "corroboration" che inerisca non solo alle modalit oggettive del fatto descritto dal

    chiamante ma anche soggettivamente indirizzata imprescindibile nell'ambito di una valutazione

    che strumentale all'adozione di un provvedimento, quale quello restrittivo della libert, dagli

    effetti rigorosamente "ad personam". Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 16792 del 09/04/2010

    Cc. (dep. 03/05/2010) Rv. 246948, poi, ha evidenziato come, nella fase delle indagini preliminari, i

    gravi indizi di colpevolezza richiesti per l'applicazione di una misura cautelare, che devono essere

    tali da lasciar desumere la qualificata probabilit di attribuzione all'indagato del reato per cui si

    procede, possono fondarsi sulla dichiarazione di un collaborante, se precisa, coerente e

    circostanziata, che abbia trovato riscontro in elementi esterni, anche di natura logica, tali da

    rendere verosimile il contenuto della dichiarazione (Nella specie si ritenuto sufficiente

    riscontro la convergente e circostanziata chiamata di correo di un altro collaboratore). A tal

    riguardo, Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 31695 del 23/06/2010 Ud. (dep. 11/08/2010) Rv. 248013,

    evidenzia che: un collaboratore di giustizia, anche non coimputato o non indagato nello stesso

    procedimento, pu essere credibile quando ha acquisito le notizie propalate nell'ambito della

    sfera di criminalit organizzata in cui sia inserito, purch venga accertata l'intrinseca

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    attendibilit delle sue dichiarazioni, nonch la sussistenza di riscontri esterni, i quali, in caso di pi

    chiamate convergenti, possono anche consistere nella circostanza che le dichiarazioni

    riconducano, anche se in modo non sovrapponibile, il fatto all'imputato, essendo sufficiente la

    confluenza su comportamenti riferiti alla sua persona e alle imputazioni a lui attribuite, cio

    l'idoneit delle dichiarazioni a riscontrarsi reciprocamente nell'ambito della cosiddetta

    "convergenza del molteplice". Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 15133 del 03/03/2009

    Ud. (dep. 08/04/2009) Rv. 243789, ancora, sottolinea che in tema di chiamata di correo, non sono

    assimilabili a pure e semplici dichiarazioni "de relato" quelle con le quali un intraneo

    riferisca notizie assunte nell'ambito associativo, costituenti un patrimonio comune, in ordine

    ad associati ed attivit propri della cosca mafiosa.

    Ci posto, nel presente procedimento, il P. M. opera riferimento a diversi contributi venuti da

    collaboratori di giustizia, quali MOIO Roberto e VILLANI Consolato, lepoca assai recente

    delle cui propalazioni non ha impedito che siano gi intervenuti pronunciamenti che ne affermano

    laffidabilit del narrato.

    Onde evitare inutili ripetizioni, pertanto, si reputa opportuno riportare quanto indicato nella richiesta

    di misura cautelare, che, in maniera sintetica ma efficace, ha compendiato le valutazioni sinora

    rassegnate in ordine allapporto dei collaboratori le cui dichiarazioni sono state riversate in atti a

    sostegno della richiesta di applicazione di misura cautelare. Cos, quindi, il P. M. (ff. 232 e ss.):

    - Premessa: lattendibilit dei collaboratori

    Ulteriori conferme della caratura criminale di alcuni degli indagati sono poi emerse dalle

    dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.

    Si accennato in premessa alle dichiarazioni rese da MOIO Roberto nellottobre 10, nellambito del proc.n.259/06 RGNR DDA.

    Successivamente il MOIO veniva risentito, anche in relazione alle posizioni dei soggetti via via

    emersi nel corso delle indagini ed aveva modo di confermare ed approfondire le dichiarazioni gi

    rese.

    A quelle del MOIO si aggiungevano poi le dichiarazioni rese da VILLANI Consolato.

    Al riguardo si impongono una serie di considerazioni sulla loro attendibilit

    Va premesso che i predetti sono stati allo stato considerati entrambi attendibili, tanto da essere

    sottoposti a programma provvisorio di protezione.

    A ci si aggiunga che il portato probatorio delle loro dichiarazioni gi stato valutato in ambito

    processuale [e] posto alla base di provvedimenti giudiziari.

    Per quanto riguarda VILLANI Consolato, affiliato alla ndrangheta, appartenente alla cosca LO GIUDICE col grado di vangelo, manifestava la propria volont di collaborare con la giustizia e nel corso degli interrogatori resi rendeva dichiarazioni nel corso delle quali cominciava a riferire le sue

    conoscenze sul contesto mafioso nel quale per anni stato inserito ed ha operato.

    Si premette che deve ritenersi positivo il giudizio sullattendibilit intrinseca di tali dichiarazioni, per le seguenti ragioni: 1) le dichiarazioni rese hanno il carattere della spontaneit,

    della verosimiglianza, della logica interna; 2) nel corso degli interrogatori resi, il VILLANI si

    assunto la responsabilit, seria e consapevole, della commissione di gravi fatti criminosi (anche di

    omicidio), che mai, dalle indagini espletate, erano stati ricondotti allo stesso; 3) le dichiarazioni rese

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    sono provenienti da soggetto non motivato da astio nei confronti degli accusati, ma anzi inserito,

    nella posizione di vertice nella cosca dappartenenza ed entro il medesimo nucleo familiare e, quindi, da sempre sia testimone, sia, soprattutto, autore, anche per averle deliberate ed autorizzate,

    delle condotte criminose perpetrate dai membri della consorteria: la sua conoscenza dei fatti riferiti,

    dunque, deriva o dallaver direttamente deliberato, autorizzato, disposto e preso parte ai fatti, o dallaver direttamente appreso i fatti dai responsabili o dallaver indirettamente ascoltato il racconto di tali fatti da soggetti pienamente inseriti nel contesto criminale di riferimento.

    Nutrito lelenco dei provvedimenti giudiziari gi adottati anche sulla base delle dichiarazioni di VILLANI Consolato:

    1. decreto di fermo dei PP.MM. del 14/10/2010 nei confronti di CORTESE Antonio cl. 1962; 2. richiesta del 21/10/2010 dei PP.MM. --- competenti in relazione al luogo di esecuzione del

    fermo --- di convalida del fermo e di applicazione di misura cautelare personale coercitiva

    nei confronti di CORTESE Antonio per il reato di cui allart. 416 bis c.p.; 3. ordinanza di convalida del fermo e di contestuale applicazione della misura della custodia

    cautelare in carcere nei confronti del predetto indagato, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale

    di Trieste in data 23/10/2010;

    4. richiesta di rinnovazione della misura cautelare del P.M. del 26/10/2010; 5. ordinanza emessa l08/11/2010 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria ai sensi

    dellart. 27 c.p.p. applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di CORTESE Antonio;

    Tutti i provvedimenti elencati sono fondati sugli elementi di prova rappresentati

    dallincrocio delle precise e dettagliate dichiarazioni accusatorie rese dal VILLANI Consolato e da LO GIUDICE Antonino (nato a Reggio Calabria, l01/09/1959; ivi residente in via Zara Is. 32 n. 16), con i riscontri alle stesse acquisiti nel corso delle indagini.

    Tali provvedimenti, hanno - tra laltro - ricostruito lattuale operativit della cosca LO GIUDICE in seno alla Ndrangheta, riconoscendo la bont, la credibilit, la attendibilit delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia VILLANI Consolato e LO GIUDICE Antonino.

    A tal proposito, si riportano di seguito:

    a) lo stralcio dellordinanza emessa in data 02/11/2010 dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria (con riferimento alla posizione di LO GIUDICE Luciano cl. 1974 per il delitto di cui

    allart. 416 bis c.p.), nella parte relativa alla attendibilit di LO GIUDICE Antonino:

    omissis

    Passando allesame del contenuto del provvedimento impugnato, le odierne risultanze procedimentali si reggono sul contenuto accusatorio nei confronti dei fratelli LO GIUDICE delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia VILLANI Consolato, figlio di VILLANI Giuseppe e di LO GIUDICE Caterina, a sua volta figlia di LO GIUDICE Domenico, fratello del boss LO GIUDICE Giuseppe cl. 39, padre di LO GIUDICE Antonino e Luciano. omissis E di seguito si richiama il commento del G.I.P: In ultimo, in data 13/10/2010, lo stesso LO GIUDICE Antonino iniziava il suo percorso collaborativo con lA.G., tratto in arresto in quanto raggiunto da O.C.C. nellambito dellodierna inchiesta unitamente a LO GIUDICE Luciano, in questa sede impugnata, che, dopo un atteggiamento iniziale non scevro da una certa reticenza, rendeva dichiarazioni speculari a quelle del VILLANI (cfr. pag. 10 del decreto di fermo a carico di CORTESE Antonio) in ordine alla propria partecipazione a gravi fatti di sangue, alla propria ascesa criminale nella ndrangheta, alla carica raggiunta da ultimo del Vangelo, ai propri stretti rapporti intrattenuti con Pasquale CONDELLO, che aveva ospitato durante la sua latitanza in almeno unoccasione; di avere ricevuto dal CONDELLO la proposta di acquisire un peso maggiore nella gerarchia mafiosa con affidamento di compiti omicidiari e di controllo del territorio di particolare delicatezza; di essersi sottratto a tali

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    proposte per la scelta meditata con il proprio gruppo di restare per conto loro, come cellula criminale del tutto autonoma; di avere dato incarico a CORTESE Antonio di collocare lordigno esploso il 3.1.2010 davanti ledificio sede della Procura Generale di questa citt e quello esploso davanti labitazione del Procuratore Generale dr. Salvatore DI LANDRO il 26.8.2010 ed il bazooka fatto rinvenire in prossimit degli uffici di questa Procura; di avergli ordinato in altre occasioni attentati dinamitardi (anche al Bar Arangea, citato dal Villani, ed alla pescheria in via Aschenez) e di averlo personalmente visto confezionare bombe; di essere il reale possessore delle armi sequestrate in occasione dellarresto di CORTESE Paolo Sesto, detenute dal CORTESE Antonio per conto dei LO GIUDICE. In particolare, LO GIUDICE Luciano asseriva che CORTESE Antonio aveva eseguito attentati dinamitardi anche su incarico del primo e, unitamente a questi, e negli anni 2003-2004 CORTESE Antonio si era recato in Austria a prelevare un notevole quantitativo di armi pesanti, circa una trentina, tra cui kalashnikov a colpo singolo. Ancora negava di avere con il fratello un ruolo paritario allinterno della cosca (essendo egli effettivamente in una posizione sovraordinata al Luciano, per come gi emerso), pur ammettendo che il LO GIUDICE Luciano lo aveva sempre aiutato nella gestione dei suoi affari criminali, attribuendogli, ove esplicitamente richiesto di farlo di collocarlo gerarchicamente, il grado di picciotto il primo nella gerarchia mafiosa. Orbene, i predetti dati non meritano particolare commento, trattandosi di una serie cos imponente e granitica di riscontri al dichiarato del VILLANI da non lasciare pi alcun dubbio sulla riconducibilit degli odierni addebiti al LO GIUDICE Luciano, tanto pi che la fonte di interpretazione di quegli accadimenti proprio quella autentica, rispetto ai fatti in commento, e cio le propalazioni di LO GIUDICE Antonino, capo dellomonima cosca in questa sede attribuita al di lui fratello Luciano. In relazione a tali dichiarazioni, le critiche difensive si sono appuntate quasi esclusivamente sulla diversa carica di ndrangheta attribuita dal VILLANI al LO GIUDICE Luciano (la santa) rispetto a quella riconosciutagli dal fratello LO GIUDICE Antonino, che gli attribuiva al pi la dote, senzaltro inferiore, di picciotto. Non si tratta di dato idoneo a svalutare le accuse del VILLANI, atteso che il percorso collaborativo del LO GIUDICE, ancora nella sua fase iniziale (si tratta di dichiarazioni rese lindomani della maturazione della decisione di collaborare), pur fornendo uno spaccato potenzialmente dirompente dello scenario criminale di stampo mafioso degli ultimi anni, deve, come si gi visto, in questa fase embrionale, scontrarsi con le pur istintive umane resistenze volte a tentare di minimizzare il ruolo dei propri cari e familiari, con i quali sino a qualche giorno addietro si condividevano scelte di vita criminale e non, ancorch in termini tali da non negare il vero: la partecipazione del LO GIUDICE Luciano alla cosca in commento. In questottica il giudizio sulle iniziali propalazione del LO GIUDICE, limitatamente a questi aspetti e con riferimento al ruolo che le sue dichiarazioni debbono avere in questa fase (al pi di ulteriore riscontro a quanto gi emerso in modo pacifico dal rimanente materiale indiziario), pu considerarsi positivo; b) lo stralcio dellordinanza custodiale emessa in data 08/11/2010 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria (con riferimento alla posizione di CORTESE Antonio cl. 1962 per

    il delitto di cui allart. 416 bis c.p.), nella parte relativa alla attendibilit di LO GIUDICE Antonino:

    omissis

    Quanto alla credibilit intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia sopraindicati che hanno reso dichiarazioni etero accusatorie nei confronti del Cortese e prima ancora sulla esistenza ed operativit della cosca LO GIUDICE nel reggino la stessa stata gi vagliata e ritenuta dal G.I.P. in sede di emissione del titolo custodiale carico di LO GIUDICE Antonino e LO GIUDICE Luciano per gravissimi reati di appartenenza ad associazione mafiosa nonch da questo Decidente in sede di emissione dellOCC in carcere a carico di MURINA Carmelo. omissis Alle figure gi delineate dei collaboratori di giustizia i cui sintonici e convergenti dichiarati formano, insieme alle altre emergenze che di seguito si esamineranno, la grave piattaforma indiziaria a carico del CORTESE, si allinea la figura di un altro pentito nuovo di zecca LO GIUDICE Antonino, capo dellomonimo clan operante nel quartiere reggino di Santa Caterina. Lelevatissimo spessore criminale del LO GIUDICE emerge prepotentemente da tutto il corredo di atti, richiamati test.

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    Le dichiarazioni, coerenti e precise, rese da VILLANI Consolato chiariscono il ruolo di vertice, in seno alla cosca omonima, il quale, a suo dire, attualmente ha il grado del Vangelo, che deve ritenersi ricoperto ben oltre la data del suo arresto avvenuto il 15/09/1991e perdurante sino ad oggi. omissis In data 13/10/2010, LOGIUDICE Antonino manifestava la propria volont di collaborare con la giustizia e, nel corso degli interrogatori del 13 e, soprattutto, del 14/10/2010, rendeva dichiarazioni nel corso delle quali cominciava a riferire le sue conoscenze sul contesto mafioso nel quale per anni stato inserito ed ha operato. Un primo vaglio delle sue dichiarazioni consente di ritenere le stesse munite del carattere della spontaneit, della verosimiglianza, della logica interna. Egli si assunto la paternit di gravi fatti criminosi (anche di omicidio), che mai, dalle indagini espletate, erano stati a lui ricondotti. Le sue dichiarazioni risultano, peraltro, munite del crisma del privilegio per la fonte superprimaria dalla quale esse derivano ossia dal vertice assoluto della cosca omonima, allinterno del nucleo familiare, che rappresenta lo zoccolo duro del clan, e, quindi, da sempre sia testimone, sia, soprattutto, autore, anche per averle deliberate ed autorizzate, delle condotte criminose perpetrate dai membri della consorteria. La sua conoscenza dei fatti riferiti, dunque, deriva o dallaver direttamente deliberato, autorizzato, disposto e preso parte ai fatti, o dallaver direttamente appreso i fatti dai responsabili o dallaver indirettamente ascoltato il racconto di tali fatti da soggetti pienamente inseriti nel contesto criminale di riferimento. omissis Le dichiarazioni del LO GIUDICE con riguardo a CORTESE Antonio risultano non solo confermate dal dichiarato di accusa del VILLANI ma anche da una poderosa mole di riscontri che verranno ripercorsi allorquando si tratter specificatamente della posizione del CORTESE. Ma non basta, altre conferme ricevono le chiamate di accusa del LO GIUDICE con riguardo allassociato alla cosca TEGANO, Carmelo MURINA. Costui, raggiunto da OCC in carcere emessa da questo Decidente, in data 1 novembre 2010, stato destinatario di plurime chiamate incrociate provenienti dai collaboratori MOIO, MUNAO, VILLANI, tutte riscontranti LO GIUDICE Antonino. Inutile appare ogni valutazione sulla figura dei collaboranti MUNAO Umberto, IANNO Paolo e LO GIUDICE Maurizio, la elevatissima credibilit intrinseca ed estrinseca dei quali, vagliata e ritenuta in numerosissimi processi di criminalit organizzata cui hanno dato un contributo poderoso, fa parte ormai del notorio giudiziario. Le circostanze sopra evidenziate con riguardo a tutti i propalanti, i cui dichiarati consentono di tessere la tela indiziaria in ordine alla partecipazione del CORTESE alla cosca LO GIUDICE e, prima ancora, in ordine alla attuale esistenza ed operativit della cosca de qua, tranquillizzano circa la attendibilit soggettiva ed oggettiva di essi. Si tratta di soggetti tutti esponenti di spicco e di primo piano delle cosche di appartenenza. Costoro nel parlare dei TEGANO, o dei loro sottoposti, dei LO GIUDICE e dei loro sottoposti non parlano di un mondo inventato ma del loro mondo, del mondo da loro frequentato e frequentato anche ai pi alti livelli. Ciascuno dei dichiarati, per la parte che consentito conoscere, appare intrinsecamente armonica, coerente con il contesto di vita che hanno ricostruito e con la personalit emersa, e ne emerge la congruenza, nellambito degli interrogatori del PM, dei quali possibile allo stato apprezzare solo alcuni stralci, e la logica espositiva. Sono tutti soggetti privi di precedenti condanne per calunnia n sono riversati in atti o allegati dallindagato CORTESE e/o dagli altri chiamati (CORTESE, LO GIUDICE Antonino e Luciano), che si limitato a sostenere di non sapersi spiegare il perch delle accuse mosse a suo carico dai collaboratori MOIO, VILLANI e MUNAO, elementi dai quali inferire lesistenza in capo a ciascuno di costoro di sentimenti di odio, di malanimo e di vendetta a carico dei chiamati. Anche con riguardo al LO GIUDICE Antonino, che pure durante il suo stato di libert declamava la sua volont di fare piazza pulita, con ogni mezzo, dei suoi compari ndranghetisti, si pu agevolmente osservare che tanto sosteneva al fine di potere avere pi ampi spazi di operativit criminale, a questo punto, invero, inutili avendo egli avviato la sua carriera di collaboratore di giustizia. Ciascuno dei collaboratori quindi soggetto che ha conosciuto dallinterno la cosca di appartenenza e che ha lavorato per essa anche nei momenti pi difficili e cruenti della

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    guerra di mafia (LO GIUDICE, MOIO, MUNAO, IANNO), che si reso responsabile in passato di gravissimi fatti delittuosi. Ed proprio questa lunga militanza ora nelle fila teganiane e destefaniane ora nelle fila condelliane, ora nelle fila della cosca LO GIUDICE, che ha fruttato ai vari VILLANI, MOIO, LO GIUDICE Maurizio una succulenta ascesa nella scala gerarchica guadagnata sul campo, la quale ultima diventa fonte di notizie preziosa ed assai attendibile. Alle stesse conclusioni si perviene con riguardo al LO GIUDICE Antonino ed allo IANNO Paolo da sempre al vertice dei sodalizi di appartenenza. Le dichiarazioni di ciascuno di essi sono connotate, pertanto, dai requisiti della congruenza interna, logica, ed esterna, cio della plausibilit e verosimiglianza obiettive e storiche, della spontaneit, autonomia e dal carattere diretto delle conoscenze esposte ed anche laddove alcune notizie fossero riferite de relato, tuttavia esse risultano, comunque, apprese in prima persona nellambito criminale di interesse, da parte di altri soggetti che vi appartenevano e che le comunicavano come fonte prima. Quanto ai riscontri esterni e al livello di essi si gi riferito delle numerose conferme esterne che i loro dichiarati hanno rinvenuto ma quel che in questa sede interessa il dato che essi si confermano e si riscontrano reciprocamente. Parimenti affidabili soggettivamente ed altamente credibili sono i pentiti ormai storici LO GIUDICE Maurizio, MUNAO e IANNO, che hanno fornito apporti preziosi in numerosi processi di criminalit organizzata del nostro distretto giudiziario e la cui attendibilit intrinseca ed estrinseca stata gi notoriamente vagliata e ritenuta da molte AAGG. Tutti si sono autoaccusati di fatti gravissimi e vantano un pedigree criminale di tutto rispetto che li ha resi teca preziosa ed inesauribile di conoscenze di innumerevoli fatti delittuosi, a moltissimi dei quali hanno personalmente preso parte. Daltro canto, la loro privilegiatissima posizione ed il loro non comune osservatorio (si rammenta che IANNO, gi capo del locale di Gallico stato braccio destro durante la guerra di mafia del boss supremo CONDELLO Pasquale) tranquillizza sulla elevata attendibilit anche quando riferiscano di fatti conosciuti ed appresi de relato perch comunque appresi da fonti primarie privilegiatissime in contesti seri ed importanti in cui nessun ruolo pu giocare lo scherzo, la

    spavalderia, lelaborazione fantasiosa o la millanteria; Continua, cos, il P. M., affrontando il tema della attendibilit dei collaboratori.

    Il discorso fatto per VILLANI Consolato pu essere ribadito anche per MOIO Roberto.

    Questultimo cominciava la sua collaborazione nel settembre 10, a seguito dellarresto subito in esecuzione della cd.Operazione Agathos. Anche per il MOIO positivo il giudizio sullattendibilit intrinseca delle sue dichiarazioni, per le seguenti ragioni: 1) le dichiarazioni rese hanno il carattere della spontaneit, della

    verosimiglianza, della logica interna; 2) nel corso degli interrogatori resi, il MOIO si assunto la

    responsabilit della commissione di gravi fatti criminosi (anche di omicidio), che mai, dalle

    indagini espletate, erano stati ricondotti allo stesso; 3) le dichiarazioni rese sono provenienti da

    soggetto non motivato da astio nei confronti degli accusati, ma anzi inserito in posizione di assoluto

    rilievo entro la cosca TEGANO, dovuta al rapporto di parentela diretto con TEGANO Giovanni e

    TEGANO Pasquale e, quindi, da sempre sia testimone che autore delle condotte criminose

    perpetrate dai membri della consorteria: la sua conoscenza dei fatti riferiti, dunque, deriva o

    dallaver direttamente preso parte ai fatti o dallaver direttamente appreso i fatti dai responsabili o dallaver indirettamente ascoltato il racconto di tali fatti da soggetti (i frateli TEGANO) posti al vertice della propria organizzazione.

    A ci si aggiunga che anche le dichiarazioni del MOIO sono state utilizzate e positivamente

    vagliate nellambito di una pluralit di provvedimenti giudiziari ed in particolare:

    a) decreto di fermo dei PP.MM. del 07/10/2010 nei confronti di LO GIUDICE Antonino cl.

    1959;

    b) richiesta dei PP.MM. dell08/10/2010 di convalida del fermo e di applicazione di misura cautelare personale coercitiva nei confronti di LO GIUDICE Antonino cl. 1959 e di LO

    GIUDICE Luciano cl. 1974 per il reato di cui allart. 416 bis c.p.;

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    c) ordinanza di non convalida del fermo e di contestuale applicazione della misura della

    custodia cautelare in carcere nei confronti dei predetti indagati, emessa dal G.I.P. in data

    09/10/2010;

    d) ordinanza del Tribunale del Riesame del 02/11/2010 di conferma della ordinanza del G.I.P.

    sub c).

    Tutti provvedimenti fondati sugli elementi di prova rappresentati dallincrocio delle precise e dettagliate dichiarazioni accusatorie rese da VILLANI Consolato, MOIO Roberto e LO GIUDICE

    Antonino con elementi di riscontro alle stesse acquisiti nel corso delle indagini (dichiarazioni di

    altri collaboratori di giustizia, attivit di intercettazione telefonica ed ambientale, documentazione,

    ecc.).

    Nonch:

    a) decreto di fermo dei PP.MM. del 27 ottobre 2010 nei confronti di MURINA Carmelo, cl.

    1964;

    b) richiesta dei PP.MM. del 30/10/2010 di convalida del fermo e di applicazione di misura

    cautelare personale coercitiva nei confronti di MURINA Carmelo, cl. 64, per il reato di cui allart. 416 bis c.p.; c) ordinanza di non convalida del fermo e di contestuale applicazione della misura della

    custodia cautelare in carcere nei confronti dei predetti indagati, emessa dal G.I.P. in data 01

    novembre 2010.

    Anche tali provvedimenti sono fondati sugli elementi di prova rappresentati dallincrocio delle precise e dettagliate dichiarazioni accusatorie rese da MOIO Roberto, VILLANI Consolato e LO

    GIUDICE Antonino.

    A tal proposito, anche per il MOIO si riporta lo stralcio lo stralcio dellordinanza custodiale emessa in data 08/11/2010 dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria (con riferimento alla posizione

    di CORTESE Antonio cl. 1962 per il delitto di cui allart. 416 bis c.p.), nella parte relativa alla attendibilit di VILLANI Consolato, MOIO Roberto e di LO GIUDICE Antonino:

    Quanto alla credibilit intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia sopraindicati che hanno reso dichiarazioni etero accusatorie nei confronti del Cortese e prima ancora sulla esistenza ed operativit della cosca LO GIUDICE nel reggino la stessa stata gi vagliata e ritenuta dal G.I.P. in sede di emissione del titolo custodiale carico di LO GIUDICE Antonino e LO GIUDICE Luciano per gravissimi reati di appartenenza ad associazione mafiosa nonch da questo Decidente in sede di emissione dellOCC in carcere a carico di MURINA Carmelo. altre conferme ricevono le chiamate di accusa del LO GIUDICE con riguardo allassociato alla cosca TEGANO, Carmelo MURINA. Costui, raggiunto da OCC in carcere emessa da questo Decidente, in data 1 novembre 2010, stato destinatario di plurime chiamate incrociate provenienti dai collaboratori MOIO, MUNAO, VILLANI, tutte riscontranti LO GIUDICE Antonino. Si tratta di soggetti tutti esponenti di spicco e di primo piano delle cosche di appartenenza. Costoro nel parlare dei TEGANO, o dei loro sottoposti, dei LO GIUDICE e dei loro sottoposti non parlano di un mondo inventato ma del loro mondo, del mondo da loro frequentato e frequentato anche ai pi alti livelli. Ciascuno dei dichiaranti, per la parte che consentito conoscere, appare intrinsecamente armonica, coerente con il contesto di vita che hanno ricostruito e con la personalit emersa, e ne emerge la congruenza, nellambito degli interrogatori del PM, dei quali possibile allo stato apprezzare solo alcuni stralci, e la logica espositiva.

    Sono tutti soggetti privi di precedenti condanne per calunnia n sono riversati in atti o allegati dallindagato CORTESE e/o dagli altri chiamati (CORTESE, LO GIUDICE Antonino e Luciano), che si limitato a sostenere di non sapersi spiegare il perch delle accuse mosse a suo carico dai

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    collaboratori MOIO, VILLANI e MUNAO, elementi dai quali inferire lesistenza in capo a ciascuno di costoro di sentimenti di odio, di malanimo e di vendetta a carico dei chiamati. Anche con riguardo al LO GIUDICE Antonino, che pure durante il suo stato di libert declamava la sua volont di fare piazza pulita, con ogni mezzo, dei suoi compari ndranghetisti, si pu agevolmente osservare che tanto sosteneva al fine di potere avere pi ampi spazi di operativit criminale, a questo punto, invero, inutili avendo egli avviato la sua carriera di collaboratore di giustizia.

    Ciascuno dei collaboratori quindi soggetto che ha conosciuto dallinterno la cosca di appartenenza e che ha lavorato per essa anche nei momenti pi difficili e cruenti della guerra di mafia (LO GIUDICE, MOIO, MUNAO, IANNO), che si reso responsabile in passato di gravissimi fatti delittuosi. Ed proprio questa lunga militanza ora nelle fila teganiane e destefaniane ora nelle fila condelliane, ora nelle fila della cosca LO GIUDICE, che ha fruttato ai vari VILLANI, MOIO, LO GIUDICE Maurizio una succulenta ascesa nella scala gerarchica guadagnata sul campo, la quale ultima diventa fonte di notizie preziosa ed assai attendibile. Alle stesse conclusioni si perviene con riguardo al LO GIUDICE Antonino ed allo IANNO Paolo da sempre al vertice dei sodalizi di appartenenza.

    Le dichiarazioni di ciascuno di essi sono connotate, pertanto, dai requisiti della congruenza interna, logica, ed esterna, cio della plausibilit e verosimiglianza obiettive e storiche, della spontaneit, autonomia e dal carattere diretto delle conoscenze esposte ed anche laddove alcune notizie fossero riferite de relato, tuttavia esse risultano, comunque, apprese in prima persona nellambito criminale di interesse, da parte di altri soggetti che vi appartenevano e che le comunicavano come fonte prima.

    Quanto ai riscontri esterni e al livello di essi si gi riferito delle numerose conferme esterne che i loro dichiarati hanno rinvenuto ma quel che in questa sede interessa il dato che essi si confermano e si riscontrano reciprocamente.

    Ci posto, quanto come sopra evidenziato nella richiesta di applicazione di misure cautelari

    non pu che essere condiviso da questo Ufficio, che, daltra parte (per come si coglie dalla lettura

    degli stralci dei provvedimenti che sono stati emessi e vengono richiamati nella richiesta ai quali

    si aggiungono altri, successivi, che analoghe valutazioni hanno operato ), ha gi affrontato la

    questione dellattendibilit dei nuovi collaboratori in diverse ordinanze (con conferma, peraltro, da

    parte del Tribunale per il Riesame), nelle quali, in maniera sintonica, si evidenziato come, sia con

    riguardo al MOIO, sia con riferimento al VILLANI, possa ritenersi superato il vaglio relativo

    alla credibilit dei dichiaranti ed allattendibilit intrinseca della loro chiamata.

    E, infatti, le dichiarazioni rese dal VILLANI e dal MOIO hanno il carattere della spontaneit,

    della verosimiglianza e della logica interna. Nel corso degli interrogatori resi, poi, per quanto

    emerge allo stato, si sono assunti la responsabilit in ordine a gravi fatti criminosi, che mai, dalle

    indagini espletate, erano stati ricondotti agli stessi; dette dichiarazioni provengono da soggetti non

    motivati da astio nei confronti degli accusati, ma, anzi, inseriti in posizione di evidente importanza

    nella ndrangheta reggina, luno in posizione di rilievo nella cosca TEGANO (dovuta al rapporto di

    parentela diretto con TEGANO Giovanni e TEGANO Pasquale), laltro espressione

    dellarticolazione di essa che la cosca LO GIUDICE, dotato del grado di Vangelo, e, quindi, da

    sempre, sia testimoni sia autori delle condotte criminose perpetrate dai membri delle rispettive

    consorterie facenti parte della ndrangheta: la loro conoscenza dei fatti riferiti, dunque, deriva o

    dallavervi direttamente preso parte o dallavere direttamente appreso i fatti stessi dai responsabili o

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    dallavere, indirettamente, ascoltato il racconto di tali fatti da soggetti posti al vertice

    dellorganizzazione, con i quali costoro chiaramente interagivano.

    Ci posto, nella specie, occorre confermare il particolare rilievo delle propalazioni del MOIO, che

    appare fonte qualificata in quanto, come detto, soggetto intraneo allarticolazione della ndrangheta

    che la cosca TEGANO, pienamente a conoscenza non solo delle dinamiche della stessa ma anche

    di quelle che la vedevano (e vedono) interagire, in maniera sinergica ed unitaria, con le altre

    articolazioni territoriali. Sodalizio, questo, storicamente vicino alla cosca LIBRI, con la quale

    lalleanza risale alle guerre di mafia degli anni 90, che videro i DE STEFANO TEGANO ed i

    LIBRI CARIDI opposti, nel medesimo schieramento, a quello che vedeva riuniti i CONDELLO

    SERRAINO.

    Parimenti rilevanti, poi, le dichiarazioni rese dal VILLANI, soggetto di rango della locale

    criminalit organizzata, le cui affermazioni in merito allorganigramma delle consorterie cittadine

    poggiano, evidentemente, sulla sua risalente affiliazione alla ndrangheta, con ruolo peraltro di

    spessore, e, pertanto, sulla conseguente compiuta conoscenza, da parte del predetto, delle dinamiche

    e delle persone che in essa operano (e dei rispettivi ruoli). E che, nella specie, mostra buona

    conoscenza della consorteria sulla quale rende dichiarazioni, anche per aver avuto occasione di

    interagire con il CARIDI Antonino in relazione ad unestorsione praticata nei confronti di un suo

    conoscente, per il quale aveva richiesto lintervento del capo cosca.

    N, per vero, allo stato degli atti, emerge dato da cui poter inferire che i due collaboratori siano

    soggetti portatori di astio o malanimo nei confronti dei soggetti chiamati in causa.

    Deve essere, dunque, confermata, in ragione della posizione dei dichiaranti allinterno delle

    cosche di ndrangheta di riferimento, la rilevanza probatoria delle dichiarazioni su fatti e

    circostanze relative alla vita dellassociazione mafiosa di appartenenza, frutto di patrimonio

    conoscitivo comune (in quanto inerente fatti che erano di interesse comune per gli associati di

    ndrangheta).

    2. C) Le dichiarazioni delle persone offese dei reati di cui ai capi B) e B) bis, C) e C) bis.

    Al riguardo, occorre considerare che Cassazione, Sezione 2, Sentenza n. 770 del 28/11/2007,

    dep. 9/1/2008, Rv. 239499, evidenzia che, in tema di misure cautelari personali, nella valutazione

    delle dichiarazioni della persona offesa non si applica la regola della necessaria presenza di riscontri

    esterni, dal momento che esse hanno natura indiziaria soltanto nel senso che concorrono alla

    formazione di un giudizio di probabilit di colpevolezza, e non anche che si differenziano

    concettualmente dalle prove. Ancora, Cassazione, Sezione 5^, sentenza n. 27774 del 26/4/2010,

    dep.16/7/2010, Rv.247883, ribadisce che, in tema di misure cautelari personali, le dichiarazioni

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    accusatorie della persona offesa, ancorch costituita parte civile, possono integrare i gravi indizi

    necessari per l'applicazione della custodia cautelare in carcere, senza necessit di riscontri oggettivi

    esterni ai fini della valutazione di attendibilit estrinseca (la Corte ha riaffermato che la valutazione

    del giudice deve essere, in ogni caso, caratterizzata da rigore e prudenza). E, nel caso di specie, le

    dichiarazioni rese dallonorevole Giovanni NUCERA nel verbale di s. i. t. in atti appaiono

    connotate da credibilit soggettiva ed oggettiva, caratterizzandosi per la precisione nella descrizione

    delle condotte riferite come poste in essere dagli indagati PLUTINO e CONDEMI, per la coerenza

    e per lassenza di profili di illogicit e, ci che pi rileva, di ragioni di rancore o di astio.

    Lesposizione del politico, che pur non cela forti stati emotivi, la seria preoccupazione per

    lincolumit propria e della famiglia, la paura vissuta per la tanica fattagli ritrovare sul cofano

    dellauto e per le successive condotte minatorie del CONDEMI, dirette a lui stesso o al figlio, sono

    tutte circostanze descritte in maniera contenuta, senza enfasi, e non lasciano trasparire intenti

    calunniatori, ci anche considerato come non sia stato nascosto il rapporto di risalente legame

    politico con il PLUTINO e di conoscenza con il CONDEMI, da subito indicato come soggetto di

    rango criminale. Ma, in ogni caso, a confermare la credibilit della predetta persona offesa

    concorrono le risultanze delle altre sommarie informazioni acquisite in atti e gli esiti dellattivit di

    intercettazione svolta nel corso delle indagini.

    Analoghe sono, a ben vedere, le considerazioni che possono essere svolte con riferimento alla

    posizione del BASILE Raffaele, la cui narrazione degli eventi di cui al capo C) appare egualmente

    connotata da misura nella descrizione, precisione e coerenza del narrato.

    3) I PREGRESSI RISULTATI INVESTIGATIVI IN ORDINE ALLA COSCA BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO

    Esposti i criteri guida nella lettura del materiale indiziario pu passarsi ad affrontare quanto

    osservato dal P. M. nella richiesta di custodia cautelare, non prima di aver indicato le emergenze di

    pregresse indagini che hanno visto, recentemente, affermata la sussistenza dellarticolazione di

    ndrangheta oggetto dellodierna contestazione sub A).

    Pare, pertanto, necessario richiamare alcuni passaggi dellordinanza Alta Tensione, della

    quale la presente, come detto in premessa, rappresenta la naturale evoluzione e prosecuzione.

    Orbene, in quel provvedimento, al capo A), era contestato, tra gli altri, a CARIDI Antonino,

    CARIDI Santo Giovanni, ZINDATO Giovanni il reato di cui allart.416 bis, commi 1, 2, 3,

    4 e 5, C. p., per aver fatto parte dellassociazione a delinquere di tipo mafioso denominata

    ndrangheta e, in particolare, della cosca BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO, operante

    nellambito della pi ampia cosca LIBRI, finalizzata, con la cosca ROSMINI e quella

    SERRAINO, al controllo dei quartieri di Modena, Ciccarello e S. Giorgio Extra di Reggio

  • TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA - SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

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    Calabria, previa spartizione tra gli stessi, sulla base di deliberati mafiosi, del territorio

    dinfluenza e delle attivit criminali da perpetrare sullo stesso; ci, avvalendosi della forza di

    intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omert che ne

    deriva per commettere delitti come omicidi, estorsioni, danneggiamenti, detenzione e porto illegale

    di armi, anche da guerra ed esplosivi; per acquisire in modo diretto o indiretto il controllo e la

    gestione di attivit economiche, di concessioni di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e

    comunque per realizzare per s e per altri profitti e vantaggi ingiusti.

    Nella cosca BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO, a CARIDI Antonino, CARIDI Bruno,

    CARIDI Santo Giovanni, ZINDATO Francesco e ZINDATO Andrea Gaetano era contestata la

    qualifica di promotori e capi del sodalizio. ZINDATO Giovanni, invece, ne rispondeva quale

    partecipe, essendo uomo di fiducia di CARIDI Santo Giovanni, col compito di accompagnare il

    predetto agli incontri con esponenti mafiosi di altre zone territoriali, come OPPEDISANO

    Domenico e PESCE Vincenzo, nonch di fare da elemento di collegamento tra CARIDI Santo

    Giovanni ed il fratello CARIDI Bruno.

    Era contestata anche laggravante della disponibilit e delluso delle armi, con epoca di

    commissione del reato indicata dallaprile 2000 per CARIDI Bruno, CARIDI Santo Giovanni e

    QUARTUCCIO Vincenzo (cfr. Sentenza Wood) e dal luglio 2007 per CARIDI Antonino (cfr.

    Sentenza Testamento).

    Appare, dunque, opportuno richiamare alcuni stralci di quel provvedimento, efficaci nel delineare

    lattuale operativit del sodalizio oggetto della contestazione associativa sub A), che mutua la

    sua descrizione da quella di cui al detto titolo coercitivo (convalidata, allo stato, anche

    dallintervenuta recentissima pronuncia di decreto dispositivo del giudizio, pure allegato in atti).

    Si osservava, in particolare, nellordinanza (ff. 225 237), quanto segue:

    Conclusioni sulladdebito associativo

    Gli elementi raccolti, e sino al momento analiticamente esposti, quali emergenti

    in primo luogo dallimponente attivit di captazione di conversazioni svolta nel presente procedimento o in questo comunque utilizzata e valorizzata, consentono di

    giungere a conclusioni dotate del carattere della certezza in merito allasse portante della costruzione accusatoria: lesistenza di una compagine associativa connotata in senso mafioso imperante sul territorio in osservazione, riproducente nella sostanza i

    caratteri descritti nella contestazione in fatto articolata dal PM. Gli elementi utili a convalidare tale conclusione, peraltro, non si limitano a quelli

    esposti nel presente capitolo; ma comprendono (n potrebbe essere diversamente date le peculiari caratteristiche dei delitti-fine) tutti quelli raccolti e analiticamente commentati nelle parti del presente provvedimento relative alla ricostruzione di

    episodi di estorsione e danneggiamento che, nel contesto osservato, si dimostrano pi che ragionevolmente, per svolgimento, finalizzazione e modalit esecutive,

    espressione effettiva e attuale del controllo sul territorio esercitato dal gruppo e del

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    prelievo forzoso da questo effettuato delle risorse economiche del luogo, secondo modalit note alla sociologia e alla cronaca prima che al diritto.

    Da tutti tali elementi si desume dunque lesistenza di un gruppo soggettivo relativamente ampio, costituito da personaggi profondamente legati fra loro da vincoli talvolta di parentela e sempre di contiguit documentati in modo inequivoco dalle

    conversazioni captate, e stretti da rapporti la cui solidit e il cui significato emerge dalla ricognizione delle vicende in cui, di volta in volta, essi appaiono coinvolti e

    cointeressati. I rapporti fra tali soggetti sono certamente connotati, oltre che da una contiguit

    che percepibilmente si nutre di interessi diversi da quelli della pura e semplice

    amicizia, ma per contro illuminata nei suoi reali caratteri dal riflesso delle attivit, invero di qualificazione inequivocabile, ricostruibili sulla scorta dei dati di prova a

    disposizione. Del resto, proprio quanto osservato qualche paragrafo fa in merito alla

    circolazione di notizie, fra i soggetti coinvolti nellinchiesta, circa lattivit della polizia giudiziaria e dei poteri pubblici in genere, come pure ladozione delle cautele descritte e la condivisione della cura per il reimpiego dei proventi delle attivit poste in essere

    dai personaggi maggiormente inseriti nel sistema economico locale e per loccultamento delle risorse, danno la misura di quanto sia diffuso e condiviso, nel circuito personale osservato, un complesso dinteressi che trascende quello del singolo, come pure travalica la singola operazione, illecita o apparentemente lecita (se di copertura o reimpiego), per qualificarsi come pertinente a unentit di maggiore dimensione, connotata da requisiti di stabilit e continuit che ripetono tali caratteristiche da quella dellattivit svolta.

    Il complesso di tali attivit, poi (e il riferimento sia a quelle per le quali gli elementi a disposizione hanno consentito lelevazione di imputazioni specifiche, sia a quella parte maggiore di eventi cui il riferimento figura solo per indizio, per quanto

    concludente), costituisce con evidenza lo strumentario tipico dei modi di agire dei gruppi associativi connotati in senso mafioso: linchiesta, invero, raffigura un numero sufficiente di estorsioni, danneggiamenti ragionevolmente spiegabili soltanto con la proiezione verso finalit estorsive, operazioni di condizionamento degli operatori economici, di pressione sulle amministrazioni locali e dinfiltrazione nel tessuto economico, attivit volte al reimpiego di capitali e alla creazione di evidenze imprenditoriali fittizie e di fenomeni dinterposizione nella titolarit di beni, perch una simile conclusione sia convalidata.

    E quindi chiara lesistenza di un gruppo di soggetti legato al territorio e volto alla perpetrazione di una serie di delitti di varia natura, ma tutti finalizzati alla sottrazione

    di risorse al territorio, attraverso una filosofia a met strada tra il fiscale e il parassitario, attuata con modalit violente: modalit il ricorso alle quali solo talvolta

    necessario, in generale essendo diffuso nel territorio il metus nei confronti di un gruppo cos potente.

    Con ci resta confermata la ricorrenza di un altro dei requisiti della contestazione

    associativa elevata dallAccusa: la pratica, da parte di tale gruppo di soggetti, di un metodo mafioso, incentrato sulla capacit dintimidazione scaturente dalla consapevolezza, diffusa nel territorio signoreggiato, della pervasivit di un potere occhiuto, spregiudicato e violento, lacquiescenza al quale percepita come ineluttabile al fine di evitare conseguenze anche di estrema gravit; che si pone come

    alternativo al complesso di regole disciplinanti la comune convivenza e che ripete la sua forza dalle capacit militari