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PNEUMOLOGIA La tosse. Perchè viene e non se ne va UROLOGIA Tumore del testicolo: a rischio i più giovani MAMMA&BAMBINO La prima gravidanza dopo i 40 anni IN-DOLORE Pubalgia: come riconoscerla, come trattarla SANITÀ FUTURO Numero 34 - Inverno 2016 Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica AL PIEDE DIABETICO Passi avanti nella prevenzione e nella cura

Tumore del testicolo: a rischio i più giovani FUTURO MAMMA ... · SANITÀ Tumore del testicolo: a rischio i più giovani FUTURO Numero 34 - Inverno 2016 Periodico di informazione

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PNEUMOLOGIALa tosse. Perchè viene e non se ne va

UROLOGIATumore del testicolo: a rischio i più giovani

MAMMA&BAMBINOLa prima gravidanza dopo i 40 anni

IN-DOLOREPubalgia: come riconoscerla, come trattarla

SANITÀ FUTURO

Numero 34 - Inverno 2016

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

AL

PIEDE DIABETICOPassi avantinella prevenzionee nella cura

indice

Se penso a quando ho iniziato a interessarmi di tumore al seno pen-so a un periodo molto bello della mia vita. In effetti sono passati più

di 20 anni, ero davvero giovane. Ho messo il naso per la prima volta in un reparto di Senologia a 25 anni, studentessa all’ultimo anno di Me-dicina, per preparare la tesi di lau-rea, e tutto mi suscitava entusia-smo. Il merito è anche in parte del medico che ho incontrato, che mi ha insegnato tutto facendomi ap-passionare alla Senologia, soprat-tutto per il metodo e il modo di af-frontare la patologia e di relazionarsi con le pazienti. È proprio così, se il dr. Costa (uno dei senologi più bravi e rinomati in Italia e all’estero) aves-se lavorato in un altro campo della Medicina io ora non farei il chirurgo senologo. Ma faceva il senologo, e quindi la Senologia per me era (ed è tuttora) la disciplina più interessan-te, bella e completa che ci sia. Per-tanto prendere il suo posto alla gui-da del Dipartimento di Senologia di MultiMedica è un passaggio molto importante, ma quasi naturale della nostra lunga collaborazione e della mia evoluzione professionale.Quando ho iniziato a lavorare, la Se-nologia stava vivendo un momen-to magico. L’Istituto Europeo di On-cologia aveva aperto da poco e chi,

come me, lo frequentava respirava un grande entusiasmo. In Senologia si aveva la sensazione di fare cose che si facevano solo lì: la chirurgia conservativa, la biopsia del linfono-do sentinella, la ROLL (cioè la loca-lizzazione delle lesioni non palpa-bili con il tracciante radiomarcato), poi la radioterapia intraoperatoria, la stretta collaborazione con il chirurgo plastico. Anche la multidisciplinarità è nata in quel periodo, le famose riu-nioni collegiali alle quali partecipano i rappresentanti di tutte le specia-lizzazioni erano inizialmente prepa-rate da noi giovani per essere poi condivise da tutto il team e la sen-sazione era davvero quella di par-tecipare a un progetto comune che aveva come fine la cura e il prender-si cura della paziente, il garantirle e metterle a disposizione il massimo delle conoscenze disponibili. Avere il prof. Veronesi come primario, un oncologo medico di massima espe-rienza come il dr. Goldhirsch per as-segnare le terapie mediche, più sale operatorie al giorno per apprende-re la tecnica chirurgica non è cosa che capiti ad ogni giovane medico. Sono stata più che fortunata! Per anni ho assorbito competenza, co-noscenza, energia, era un apprendi-mento continuo.In effetti è il metodo, il modello che funziona, e per questo gli stessi ot-timi risultati sono stati ottenuti an-

che in MultiMedica, dove dal 2008 il Centro di Senologia coordinato da Costa, Gottardi e Catalano è stato ampiamente riconosciuto e certifi-cato come Breast Unit, con centina-ia di nuovi casi di carcinoma mam-mario curati in modo completo ogni anno.Nella cura del tumore al seno non si deve e non si può più pensare di “fare da soli”: il chirurgo deve con-frontarsi con il radiologo, con l’on-cologo, con il chirurgo plastico, con il radioterapista, con il patologo, con il genetista, a volte con lo psicologo. E la paziente, che si affida a noi in un momento così delicato della sua vita, deve essere seguita e accom-pagnata in questo percorso da per-sone competenti e preparate. Questo è il senso della Breast Unit (o Centro di senologia multidiscipli-nare), che ci consente e ci permette di lavorare in modo corretto, com-pleto, grazie alla presenza, alla inte-grazione e al continuo confronto di un team di esperti dedicati. Le pa-zienti, le donne che hanno bisogno di noi, devono percepire l’armonia e l’organizzazione della nostra Breast Unit ancor prima di entrare in Ospe-dale. Ed è con questo obiettivo che in una grande struttura come Multi-Medica, dove l'eccellenza è già pre-sente, il mio, mi auguro, buon la-voro, non potrà che essere il buon lavoro di tutti.

editoriale

UNA DONNA PER LE DONNE

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diabetologiaPREVENZIONE, ASSISTENZAE RICERCA. COSÌ SI COMBATTEIL PIEDE DIABETICO

RUBRICHEARTICOLI

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mamma e bambinoMAMME OVER. COSA È BENESAPERE SE LA PRIMA GRAVIDANZA ARRIVA DOPO I 40 ANNI

in-dolorePUBALGIA:COME RICONOSCERLA,COME TRATTARLA

buono & sanoCOLESTEROLO,ABBASSIAMOLO A TAVOLA

parlami di teATTENZIONE!PERICOLO DI ROTTURA

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la posta del cuore

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pneumologiaLA TOSSE.PERCHÉ VIENEE PERCHÉ NON SE NE VA

urologiaTUMORE DEL TESTICOLO:A RISCHIO I PIÙ GIOVANI

ortopediaPATOLOGIE DELLA SPALLAE CHIRURGIA MINI-INVASIVA

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ricercaDAL LUPPOLO DELLA BIRRAUN NUOVO PRINCIPIONUTRACEUTICO?

editorialeUNA DONNA PER LE DONNE

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MultiMedica FLASH

Sanità al FuturoPeriodico di informazione del Gruppo MultiMedica

Reg. Tribunale di Milano n. 336 del 19 maggio 2003Direttore responsabile: ALESSANDRA CHIARELLO, Responsabile Comunicazione e Marketing, Gruppo MultiMedicaRedazione: MARGHERITA HASSAN, ROSY MATRANGOLO, SIMONA PAGANINI, PIERLUIGI VILLA, Gruppo MultiMedicaEditore: Fondazione MultiMedica ONLUSe-mail della redazione: [email protected]

Seguici su: Progetto grafico e impaginazione: Stampa:

Gruppo MultiMedica Gruppo MultiMedica

Ospedale San Giuseppe

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Bettina BallardiniDirettore del Dipartimento di Senologia,Gruppo MultiMedica

PNEUMOLOGIALa tosse. Perchè viene e non se ne va

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FUTURO

Numero 34 - Inverno 2016

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

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PIEDE DIABETICOPassi avantinella prevenzionee nella cura

MAMMA&BAMBINOLa prima gravidanza dopo i 40 anni

IN-DOLOREPubalgia: come riconoscerla, come trattarla

razione di MultiMedica (Antonino Bruno, Barbara Bassani, Gabriele D'Uva) con altri istituti: l’Arcispe-dale Santa Maria Nuova di Reg-gio Emilia (Cristina Gallo, Katiuscia Dallaglio, Teresa Rossi), l’Universi-tà dell’Insubria di Varese (Prof. Dou-glas Noonan) e l’Università di Pisa (Prof. Armando Rossello). Mi pia-ce sottolineare che si è trattato di un lavoro condotto in gran parte da giovani ricercatori tutti under 35.

Quindi bere birra può prevenire l’in-sorgenza di malattie complesse e degenerative e magari dei tumori?Ovviamente no. Una strategia pre-ventiva delle malattie cronico-de-generative e dei tumori deve essere protratta nel tempo. Requisito fon-damentale delle molecole usate è che siano poco tossiche, per evita-re che gli effetti collaterali siano su-periori ai benefici. Per questo l’in-teresse di noi ricercatori è rivolto a principi di origine naturale presen-ti in cibi e bevande. Lo Xantumolo del luppolo sembra in questo sen-so una molecola molto prometten-te. Ma ciò non significa che bere birra sia terapeutico: ecco perchè, in collaborazione con un’équipe di chimici dell’Università di Pisa, stia-mo sviluppando delle molecole sin-tetiche, che possano rappresentare una specie di aspirina derivata dal luppolo.

La birra è una bevanda che ha ormai acquisito una certa popolarità an-che in Italia e non ha più stagione, la si trova an-che d’inverno su molte

tavole.Le occasioni per gustarla si moltipli-cano, con le sagre, le degustazioni e la nascita di numerosi birrifici arti-gianali italiani di ottima qualità.Va utilizzata con moderazione, ma si sa da tempo che può avere pro-prietà anti-ossidanti e un valore nu-trizionale.

Negli ingredienti fondamentali della birra, insieme ad acqua, malto e lie-vito, c’è il luppolo, che riveste gran-de interesse.La pianta del luppolo e le sue in-fiorescenze femminili sono utilizza-te nell’industria della birra per con-ferire alla bevanda sapore ed aroma caratteristici, un profumo e un toc-co di amaro. Il luppolo ha per la birra stessa funzioni protettive e antibioti-che e ne favorisce la conservazione.Il luppolo contiene diversi tipi di fla-vonoidi prenilati, che hanno mostra-to attività potenzialmente benefiche per le cellule in sistemi sperimenta-li di laboratorio. Tra questi il nostro team di ricerca studia in particola-re lo Xantumolo (XN), un costituente della birra luppolata.Allo stato attuale delle conoscen-

ze sembra che lo Xantumolo possa agire a vari livelli sul processo di for-mazione e sviluppo di un tumore. La molecola ha infatti dimostrato la ca-pacità di inibire la proliferazione e/o la vitalità di cellule tumorali umane di carcinomi mammari, ovarici e di tumori del colon.

Lo Xantumolo, in studi precedenti pubblicati da noi e da altri, ha evi-denziato anche la capacità di indur-re la morte per apoptosi delle cellu-le leucemiche e di interferire con le cellule endoteliali inibendo l’angio-genesi, uno dei fenomeni che spes-so occorre durante le fasi acute nei pazienti leucemici. Questa doppia capacità sia di colpire direttamen-te le cellule maligne, sia di inibire le cellule endoteliali sottolinea ancor più le promettenti caratteristiche anti-tumorali di questo composto e ne suggerisce un suo uso come chemiopreventivo.

La novità della nostra ultima pubbli-cazione, appena uscita sulla rivista scientifica internazionale Oncotar-get, è che lo Xantumolo della birra regola il sensore ancestrale di ener-gia e dell’appetito, che va sotto la sigla AMPK (proteina chinasi attiva-ta dall’adenosina mono-fosfato), e che l’inibizione dell’angiogenesi è in parte regolata anche da AMPK.Questo studio nasce dalla collabo-

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DAL LUPPOLO DELLA BIRRA UN NUOVO PRINCIPIO

NUTRACEUTICO?

ricerca

Adriana AlbiniDirettore del Laboratorio di Biologia Vascolare ed Angiogenesi,IRCCS MultiMedica

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PREVENZIONE, ASSISTENZA E RICERCA. COSÌ SI COMBATTE

IL PIEDE DIABETICO

Anche star di Hollywo-od come Tom Hanks e Sharon Stone, i re-gisti Woody Allen e George Lucas com-battono ogni gior-

no contro “la malattia del secolo”, il diabete. Una patologia subdola perché asintomatica, ma pericolo-sa se sottovalutata e non opportu-natamente curata.

Nel mondo 400 milioni di persone ne soffrono e le proiezioni dell’Or-ganizzazione Mondiale della Sani-tà (OMS) non sono rosee: nel 2030 avremo oltre 500 milioni di malati, molti dei quali nelle zone del mondo più agiate, dove un’alimentazione ricca di grassi e lo stile di vita disor-dinato e sedentario sono fattori di rischio determinanti per lo sviluppo del Diabete di Tipo 2. L’OMS, inol-tre, conferma che il 15% dei diabe-tici va incontro nella sua vita a un’ul-cera del piede che, se si aggrava e non è curata, può determinare l’am-putazione del piede stesso.Eppure, una vita normale e anche piena di soddisfazioni come que-ste celebrità ci ricordano, è possi-bile. Se prevenzione, cura e ricerca scientifica fanno squadra.In MultiMedica l’approccio allo stu-dio e all’assistenza dei pazienti con

malattie metaboliche è a 360 gra-di. Un team di giovani ricercatori è guidato da studiosi di esperien-za per trovare strategie di scree-ning precoce e individuare marca-tori che valutino l’entità del rischio cardiovascolare nelle persone pre-disposte al Diabete con uno studio di indagine su stili di vita e abitudi-ni alimentari. L’équipe di medici, infermieri e po-dologi impegnati nell’assistenza ai pazienti dev’essere motivata e competente. Come quella guidata dal dr. Carlo Caravaggi, da marzo 2017 nuovo direttore del Centro per la cura del piede diabetico del Gruppo MultiMedica, che ci spiega l’importanza di offrire un ap-proccio completo al cittadino, dalla ricerca e prevenzione, alla diagno-si e al trattamento ambulatoriale fino alla cura (in extremis chirurgi-ca) delle complicanze. Il dr. Cara-vaggi è tra i massimi esperti in Italia nella cura del piede diabetico.

Cosa s’intende per “piede diabe-tico”?Si parla di piede diabetico già quan-do siamo di fronte a quelle condi-zioni preulcerative che pongono il piede a rischio di lesioni. Osservia-mo i primi campanelli d’allarme: la sensazione di formicolio o di pun-

ture di spillo a piedi e gambe, so-prattutto di notte. Una sempre più scarsa sensibilità del piede, che rende difficoltosa e incerta la cam-minata o l’insorgenza di crampi ai polpacci durante il cammino. Sulla pianta del piede possono compari-re callosità non fastidiose, ma che, se trascurate, possono trasformar-si in lesioni ulcerative. Neuropatia e vasculopatia interferiscono. La pri-ma implica una perdita di sensibilità agli arti inferiori del paziente e l’in-sorgere di deformità come dita ad artiglio, piede cavo o l’alluce valgo, che a loro volta facilitano l’insorge-re di lesioni ulcerative. La vasculo-patia invece riguarda l’insufficiente quantità di sangue che raggiunge il piede. Un piede mal vascolarizza-to e mal nutrito è molto più difficile che guarisca da ulcere di qualsiasi origine: queste possono facilmente infettarsi interessando anche l’osso ed esponendo il paziente a rischio di amputazione. Il paziente diabe-tico che avverte anche solo alcu-ni di questi sintomi deve rivolger-si immediatamente al medico ed eventualmente essere inviato a un Centro Specializzato. Una visita ac-curata consente di mettere in atto interventi precoci, dalla rimozio-ne di una callosità all'indicazione di calzature idonee.

Qual è l’approccio del Centro per il piede diabetico di MultiMedica? Nell’affrontare le problematiche del piede diabetico, un inquadramen-to diagnostico corretto delle lesio-ni è fondamentale per ottimizzare la terapia. La presenza di un’ulcera anche non infetta è sempre un’ur-genza perché potrebbe evolvere ra-pidamente verso un’infezione se-vera. La struttura organizzativa del nostro Centro del Piede Diabetico è costituita da un ambulatorio atti-vo da lunedì a venerdì per appun-tamenti di controllo e per visite con carattere di urgenza. Il paziente ul-cerato è sottoposto a un triage per valutare la necessità di un ricove-ro immediato o di un trattamento conservativo ambulatoriale condivi-so con il medico curante. La con-sulenza del tecnico ortopedico spe-cializzato indicherà il percorso più idoneo. In caso di urgenza, il pa-ziente potrà recarsi al Pronto Soc-corso dei nostri ospedali dove sarà visitato della nostra équipe che va-luterà la necessità di un ricovero o di un intervento chirurgico. In caso di ricovero il paziente è indirizzato nel reparto del Piede Diabetico per essere sottoposto agli accertamenti diagnostici necessari. Una diagnosi rapida e un trattamento tempestivo anche dei quadri più severi si avva-

le della collaborazione della Chirur-gia Vascolare, diretta dal dr. Losa, e della Cardiologia Interventistica, diretta dal dr. Airoldi, specializzate nel trattamento chirurgico ed endo-luminale dell’arteriopatia diabetica periferica. Il trattamento chirurgico, in urgenza, delle infezioni gravi e, in elezione, della correzione delle severe defor-mità e instabilità articolari del piede diabetico, quali ad esempio la Neu-roatropatia di Charcot, rappresen-tano una specializzazione del Cen-tro del Piede Diabetico. I pazienti diabetici nefropatici e in dialisi, che presentano quadri infettivi e ische-mici ancora più complessi, poichè interessano sia gli arti inferiori che superiori, si avvalgono anche della supervisione dei colleghi dell’Unità di Nefrologia e Dialisi, diretta dal Dr. Bertoli.Assicurare un trattamento efficace, che consenta al paziente una rapi-da ripresa del cammino e un miglio-ramento della qualità di vita, è l’o-biettivo primo del Centro del Piede Diabetico di MultiMedica. Tutto ciò grazie a un approccio multidiscipli-nare che coinvolge sia il paziente, principale attore, che medici, infer-mieri, podologi e tecnici ortopedici. Perché per vincere il piede diabeti-co ci vuole un gioco di squadra.

Prevenzione, facile a dirsi. Ma anche a farsi? La miglior difesa è la conoscenza del problema. Ispezionare e lava-re quotidianamente il piede è la pri-ma regola. Usare calze comode e cambiarle tutti i giorni, idratare con creme il piede ed evitare strumen-ti taglienti per le callosità, non cam-minare scalzi e preferire scarpe co-mode. Il tacco? Di 4 cm. Inoltre, in MultiMedica è attivo il “Progetto Diapason” che, in colla-borazione con i Medici di Medicina Generale della ATS di Milano, iden-tifica i soggetti a rischio di diabete con criteri semplici e a basso co-sto. Il programma, che ad oggi ha già screenato oltre 1500 soggetti, prevede l’attivazione, per le perso-ne a rischio, di percorsi strutturati di modificazione degli stili di vita af-fidati alla medicina generale insie-me a specialisti diabetologi. Mentre per quanto riguarda le vie terapeutiche nella cura del diabete, stiamo portando avanti un’impor-tante linea di ricerca di telemedici-na per l’assistenza ai pazienti dia-betici cronici.

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

Rosy Matrangolo

diabetologia

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pneumologia

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LA TOSSE. PERCHÉ VIENEE PERCHÉ NON SE NE VA

Sergio HarariDirettore dell'Unità di Pneumologia,Ospedale San Giuseppe

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

“Dottore, mi dia qualco-sa per que-sta tosse che non se va”. Sembra

una richiesta banale, di facile so-luzione per un medico, ma in real-tà non è sempre così perché la tos-se è un sintomo (non una malattia) che può accompagnare tantissime patologie: polmoniti, bronchiti acu-te e croniche, asma, reflusso ga-stro-esofageo, pleuriti, pneumoto-raci, tumori, problemi cardiologici, solo per citarne alcune, e può an-che essere un effetto indesiderato di alcuni farmaci.

Innanzitutto, cos’è la tosse? È un ri-flesso fisiologico, difensivo dell’or-ganismo, atto a mantenere le vie respiratorie prive di sostanze irri-tanti o ostruttive al fine di garantire una corretta ed efficace respirazio-ne. La tosse, come quasi tutti ormai sanno, può essere secca o grassa (meglio sarebbe dire “produttiva”). Quest’ultima è caratterizzata dalla presenza di muco.Passiamo quindi alle cause, che sono poi quelle che indirizzeranno la scelta della terapia.

Le cause di tosse di gran lunga più comuni sono l’asma e la bronchite. In questa stagione, in particolare, sono tipici gli episodi di tosse post-influenzale: il virus dell’influenza ir-rita la mucosa dei bronchi e del-le vie aeree causando, in soggetti predisposti, una risposta di tipo asmatico che dà origine, appunto, alla tosse. Si tratta, in questi casi, di una tosse stizzosa, che si trasci-na per parecchie settimane, e che talvolta può diventare produttiva, cioè “grassa”, per usare un termi-ne noto ai più. Una corretta terapia, quando è presente una componen-te asmatica, con farmaci broncodi-latatori e corticosteroidei, per ae-rosol o spray, è di grande aiuto e, spesso, risolutiva. Teniamo con-to che l’asma è una malattia molto frequente, in forte aumento anche a causa dell’inquinamento atmo-sferico e della maggiore diffusione delle allergie, ma ancor oggi spes-so sottostimata e non correttamen-te riconosciuta e curata. Per questo è bene rivolgersi allo Specialista in caso di tosse persistente, per-ché potrebbe essere proprio la pri-ma spia di una forma di asma lieve ancora non riconosciuta. I sinto-mi dell’asma possono essere mol-

to ingannevoli e variabili nel tempo: in un momento i disturbi possono farsi sentire e qualche minuto dopo scomparire e viceversa. Per questa ragione, quando i fastidi che si av-vertono sono una sensazione persi-stente di raspino o anche una tosse transitoria, è consigliabile effettuare una radiografia del torace, una vi-sita specialistica e una spirometria. La diagnosi è molto importante an-che perché le cure oggi disponibili sono molto efficaci, con effetti col-laterali davvero minimi.

Nei soggetti affetti da bronchite cronica, frequente acciacco dei fu-matori e dell’età avanzata, la tos-se è invece solitamente più grassa, sono più frequenti le riacutizzazioni batteriche, efficacemente trattabi-li con cure antibiotiche o prevenibili attraverso un adeguato trattamento medico e l’adozione di misure pre-ventive come il vaccino antiinfluen-zale e antipneumococcico (uno dei batteri più frequentemente respo-sabili di bronchiti e polmoniti).

Un’altra causa di tosse persisten-te è il reflusso gastroesofageo. Si è portati a non farci molto caso, per-ché apparentemente non sembra

esserci una relazione tra i due feno-meni. Invece, secondo stime recen-ti, il reflusso acido è la terza causa di tosse cronica. Infatti l’acido dello stomaco, utilizzato per la digestio-ne del cibo, può essere un agen-te irritante per l’esofago. In questo caso la tosse è spesso accompa-gnata da mal di gola, che indica lo sviluppo di una faringite, un pro-cesso infiammatorio a carico della mucosa faringea. Si pos-sono verificare anche cam-biamenti della voce, pro-vocati da lesioni alle corde vocali a causa dell’esposi-zione prolungata a liquidi irritanti che refluiscono dal canale alimentare. Anche in questo caso la tosse può esse-re secca o produt-tiva, in alcuni casi notturna, il che in-crementa il disagio a carico del pazien-te. Per porvi rimedio, bisogna ricorre a far-maci validi per la cura del reflusso, in genere quelli inibitori di pom-pa protonica.

Per tutti i casi sopra de-scritti, è bene consulta-re subito il proprio medi-co quando il catarro è striato di sangue, o si accompagna ad altri sintomi come calo di peso, qualche linea di febbre nel-le ore serali, spossatezza gene-rale, quando perdura per più set-timane, quando non permette un sonno riposato. È importante registrare bene i pro-pri sintomi per potere poi raccon-tarli in modo preciso al proprio curante: quando si manifesta? È in relazione a particolari mo-menti della giornata o attività? È legata all’esposizione a certi ambienti? Cambia con le po-sizioni? E così via. Una accu-rata anamnesi sarà di gran-de aiuto al vostro dottore per orientarsi tra le mille diagnosi e i tanti possibili accertamenti da prescrivere.

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TUMORE DEL TESTICOLO: A RISCHIO I PIÙ GIOVANI

Il tumore del testicolo, sot-to il profilo della frequenza, è una malattia rara rappresen-tando circa 1-1.5% di tutte le neoplasie del maschio. At-tualmente mostra una ottima

possibilità di guarigione grazie alla precocità con la quale viene usual-mente diagnosticato ed alla no-tevole chemio e radio sensibilità. Tale malattia è la neoplasia più fre-quente in soggetti di età compresa tra i 15 e 40 anni ed è per questo che, tale fascia della popolazione, dovrebbe essere sensibilizzata a segnalare qualsiasi aumento di vo-lume o di consistenza dei testicoli.

L'ecografia è un test molto sensi-bile per una conferma diagnostica e tale semplice indagine, qualora risulti sospetta, è da sola sufficien-te a candidare il paziente ad una esplorazione chirurgica.Sotto il profilo della storia naturale, il 50% delle forme iniziali progredi-sce diventando invasiva nel giro di 5 anni con la possibilità di svilup-parsi anche nel testicolo controla-terale.Nessun preciso elemento è stato identificato quale causa specifica dello sviluppo del tumore al testi-colo anche se alcuni fattori di ri-schio sono incontrovertibili.Tra questi, il "testicolo ritenuto"

che, anche se sottoposto ad in-tervento di orchidopessi, espone il paziente ad un rischio di sviluppa-re la malattia maggiore di 4-6 vol-te.Anche la familiarità gioca un suo ruolo. Se si hanno parenti, entro il primo grado, colpiti da questa ma-lattia, è opportuno essere segui-ti con maggior attenzione rispetto alla popolazione generale.Va infine segnalato che, seppur raro, un paziente affetto da tumo-re del testicolo, può sviluppare nel tempo una neoplasia del testicolo controlaterale e pertanto va edotto sul come periodicamente esami-narlo con una frequenza di almeno una volta al mese. Esistono varie forme istologiche che vanno dal seminoma classi-co al carcinoma embrionario, tut-te, peraltro, con ampi margini di curabilità.Particolare importanza rivestono anche alcuni marcatori tumorali, dosabili nel sangue, quali Alfa-fe-toproteina, hCG ed LDH che co-stituiscono un fondamentale pa-rametro sia preoperatorio che nel follow-up della malattia.L’intervento chirurgico standard è rappresentato dalla asportazione in toto del testicolo e del funico-lo spermatico eseguita per via in-guinale.

Abitualmente, data la giovane età dei pazienti, viene posizionata nel-lo scroto, a scopo estetico, una protesi.Solo in casi selezionati, nel dubbio diagnostico, può essere necessa-ria la enucleazione della sola mas-sa con contestuale esame istolo-gico intraoperatorio piuttosto che biopsie del testicolo controlatera-le. Queste sono ritenute necessa-rie, ad esempio, quando la lesione del lato interessato è particolar-mente voluminosa.La progressione della malattia può avvenire per via linfatica o attra-verso il circolo sanguigno; per tale motivo la stadiazione di una neo-plasia testicolare deve prevedere una valutazione radiologica del to-race e dell’addome attraverso una TAC con mezzo di contrasto.Non tutti sanno che, per ragioni anatomiche, le stazioni linfonoda-li, eventualmente interessate dal-la malattia, non sono quelle ingui-nali quanto quelle retro-peritoneali attigue ai grossi vasi quali aorta e vena cava. La successiva terapia dipende dal tipo istologico di malattia e dai ri-sultati delle sopracitate indagini stadianti.Nel seminoma, ad esempio, può essere sufficiente, con una stadia-zione negativa, la semplice osser-

urologia vazione con periodiche rivalutazioni radiologi-che. In caso di progressione di malattia si può procedere con radioterapia, chemioterapia o con l'associazione di ambedue le procedure. Resta il fatto che la prognosi di tale forma è particolarmente favorevole ed il rischio di non riuscire a controllare un'eventuale progressio-ne è veramente minimo.Differente è l’approccio terapeutico per forme di carcinoma embrionario per il quale, essendo una malattia più aggressiva della precedente, il semplice controllo nel tempo deve essere pro-posto a pazienti con malattia con caratteristi-che particolari perché è più rischioso.Senza entrare nei dettagli tecnici, è indicata, anche con stadiazione negativa, l'asportazione dei linfonodi retroperitoneali che può essere ef-fettuata anche per via laparoscopica e/o robo-tica, oppure un ciclo di chemioterapia.L’intervento è piuttosto impegnativo e dovreb-be essere riservato a Centri con particolare specifica esperienza in merito.Può infatti presentarsi, quale conseguenza del-la procedura, la perdita della eiaculazione an-terograda che è una complicanza francamen-te invalidante per una soggetto di giovane età.Resta comunque il fatto che, a seconda dei ri-sultati istologici del materiale asportato, può essere indicata una chemioterapia comple-mentare anche se, per la verità, questa può es-sere proposta, in casi selezionati, in alternativa all’intervento.Da ultimo, il controllo radiologico, clinico e con test di laboratorio è essenziale per un cospi-cuo lasso di tempo in modo da identificare una possibile tardiva progressione di malattia.Come è facilmente comprensibile anche a pro-fani, la problematica del trattamento del tumo-re del testicolo è piuttosto complessa.Personalmente ritengo fondamentale che il pa-ziente sia edotto di tutte le varie opzioni tera-peutiche in modo da consentirgli di scegliere la soluzione, avvallata dalla comunità scientifica, che meglio si addice alle sue esigenze.Sotto il profilo della fertilità, in caso di sterilità conseguente alle varie terapie, è estremamen-te utile che il paziente effettui una o più raccol-te di liquido seminale da preservare ed utilizza-re per eventuali inseminazioni artificiali.Ribadisco il concetto che, come in tutta la Me-dicina, i risultati sono dipendenti dallo specifi-co volume di attività per garantire, con minima invasività e minori effetti collaterali, il miglior ri-sultato terapeutico.Ciò vale, in particolare, per una malattia rara come il tumore del testicolo che, se adeguata-mente curato, garantisce elevatissime percen-tuali di guarigione definitiva.

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Pierpaolo GraziottiDirettore del Dipartimento di Urologia,Gruppo MultiMedica

ortopedia

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PATOLOGIE DELLA SPALLAE CHIRURGIA MINI-INVASIVA

Le patologie della spallaLa Sindrome dolorosa della spalla è una patologia di frequente riscontro che provoca importanti limitazioni funzionali e che può avere moltepli-ci cause. Si distingue essenzialmen-te in atraumatica, o degenerativa, e traumatica.La patologia degenerativa riguarda pazienti generalmente non giovanis-simi e comprende sostanzialmente due sindromi: la Sindrome da con-flitto subacromiale e la Lesione del-la cuffia dei rotatori che molto spes-so sono correlate l’una all’altra. La Sindrome da conflitto subacromiale si concretizza in una riduzione dello spazio sottoacromiale che provoca attrito anomalo con il tendine del so-vra spinoso, soprattutto durante la pratica di attività con arto in eleva-zione. L’eziologia riconosce una pre-disposizione individuale data dalla conformazione anatomica dell’acro-mion, a volte associata ad attività la-vorative o ricreative che comportano sovraccarichi funzionali alla spalla.I sintomi sono solitamente costitu-iti dall’insorgenza graduale e ingra-

Quando parliamo di spalla ci riferiamo ad un’articolazio-ne complessa che è sottoposta ad un notevole stress

meccanico e che presenta una mo-tilità superiore a tutte le altre artico-lazioni.

La spalla è composta da quattro ar-ticolazioni (gleno omerale, acromion claveare, sterno claveare e scapo-lo toracica) che si muovono in modo sincrono fra di loro.Molto importante è il ruolo della cuffia dei rotatori che è composta da quat-tro unità muscolo tendinee fonda-mentali per i movimenti di rotazione e la stabilizzazione della spalla stes-sa. In particolare la rotazione ester-na è essenziale nell’utilizzo del brac-cio sopra il capo o distante dal fianco ed è sostenuta per il 90% dal tendi-ne sovra spinoso, situato nello spa-zio sottoacromiale e perciò coinvolto nel processo degenerativo da conflit-to subacromiale, come spiegheremo nel corso di questo articolo.

vescente del dolore accompagnato da progressiva limitazione dell’arti-colarità.La Lesione degenerativa della cuf-fia dei rotatori, e in particolare del tendine del sovra spinoso, si mani-festa quando l’importante e prolun-gato attrito con la superficie inferiore dell’acromion indebolisce il tessu-to tendineo sino a provocarne una lesione a tutto spessore. In questo caso oltre alla sintomatologia dolo-rosa il paziente lamenta progressiva perdita della forza soprattutto in atti-vità con arto in elevazione.Passiamo ora alla patologia trauma-tica della spalla, che riguarda pazien-ti in genere piuttosto giovani e com-prende fondamentalmente la Lesione traumatica della cuffia dei rotatori e la Lussazione gleno-omerale.La Lesione traumatica della cuffia dei rotatori avviene di solito per ca-dute ad arto esteso o extra rotato con conseguente trauma tendineo indiretto. La sintomatologia dolo-rosa è in genere acuta e accompa-gnata da importante limitazione fun-zionale e disabilità del paziente.La

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Ugo Maria BorromeoDirettoreMaria Nadia BrogioliUnità di Ortopedia,Ospedale MultiMedica Castellanza

La lussazione gleno-omerale è un evento traumatico che comporta la perdita dei normali rapporti arti-colari gleno-omerali e che spesso colpisce pazienti giovani durante la pratica dell’attività sportiva. La tra-slazione anomala della testa dell’o-mero provoca la lesione del cercine glenoideo che, anche dopo il ripri-stino dei corretti rapporti articolari (riduzione della lussazione), costi-tuisce una zona di minor resisten-za che predispone alla recidiva del-la lussazione a volte anche senza un nuovo evento traumatico.

Il trattamento chirurgicoSino a qualche anno fa il trattamento chirurgico della patologia della spal-la veniva effettuato “a cielo aperto”, cioè con la classica incisione chi-rurgica. Oggi, invece, è prevalente-mente artroscopico, cioè effettuato attraverso piccole incisioni di circa un centimetro attraverso cui vengo-no introdotte sonde ottiche e picco-li strumenti chirurgici, consentendo di praticare interventi meno invasivi con conseguente agevole recupero post operatorio. Questa tecnica è in-dicata sia nel caso di Sindrome do-lorosa della spalla atraumatica (de-generativa) sia in caso di Sindrome traumatica.Nello specifico il trattamento chi-rurgico artroscopico della Sindrome atraumatica da conflitto subacromia-le consiste in un rimodellamento del-la superficie inferiore dell’acromion (acromionplastica) volto a ripristinare uno spazio sottoacromiale sufficien-te ad eliminare l’attrito con la cuffia dei rotatori. Dopo l’intervento non è prevista alcuna immobilizzazione e il trattamento riabilitativo viene iniziato precocemente, con-sentendo il pieno recupero funzionale in tempi piut-tosto brevi.Il trattamento artro-scopico delle Lesio-ni della cuffia dei rotatori,

siano esse atraumatiche o traumati-che, consiste nella reinserzione del tendine lesionato sul trochite omera-le utilizzando piccole viti posizionate nel tessuto osseo. Nel post interven-to è previsto un periodo di circa tre settimane di immobilizzazione con tutore di posizione seguito poi dal trattamento riabilitativo. Il pieno re-cupero funzionale è previsto a circa tre mesi dall’intervento.In caso di Lussazione gleno-omera-le la chirurgica artroscopica consen-te di reinserire il cercine glenoideo con mezzi di fissazione (piccole viti) anche riassorbibili con conseguente minimo danno osseo e minore trau-matismo dei tessuti molli che si tra-duce in un recupero in genere com-pleto dell’articolarità con notevole riduzione anche del dolore post ope-ratorio.

Dopo l’intervento anche in questo caso è previsto l’utilizzo del tutore per tre settimane e la successiva ri-abilitazione. Il recupero dell’articola-rità è in genere completo e il ritorno all’attività sportiva è consentito dopo circa quattro mesi.

In conclusione possiamo affermare che la tecnica chirurgica artroscopi-ca è, ad oggi, la tecnica chirurgica di prima scelta per la patologia del-la spalla comportando ridotto trau-ma chirurgico, breve ospedalizza-zione (gli interventi sono eseguiti in Day Hospital), riduzione del dolore post operatorio e recupero funziona-le precoce.

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MAMME OVER.COSA È BENE SAPERE

SE LA PRIMA GRAVIDANZA ARRIVA DOPO I 40 ANNI

mamma e bambino

Tutti sappiamo che in pochi decenni la vita media della donna, da poco più di 60 anni, è cresciuta oltre gli 80. Questo aumento della

vita media è dovuto in gran par-te al progresso tecnologico che ha reso la vita femminile più con-fortevole, si pensi ad esempio alle nuove strutture delle case con adeguati riscaldamenti, con elettrodomestici che hanno reso meno pesante la gestione fami-liare, con l'uso di mezzi di tra-sporto individuali. Tutto questo ha comportato un’e-sistenza meno pesante, renden-do meno rischiosa la vita di tutti i giorni. Oltre a ciò, gli sviluppi del-la Medicina hanno permesso una maggiore sopravvivenza a pato-logie un tempo mortali (infezioni, tumori). Nella stessa Ostetricia, dove un tempo la morte da parto era un evento tutt'altro che raro, oggi è un evento straordinario.

Questo non ha variato però il pe-riodo fertile femminile: il menar-ca è sempre a 10-14 anni, la me-nopausa a 48-53 anni. Da sempre esistono gravidanze dopo i 40 anni. In passato spesso gli ultimi nati nel-le famiglie avevano mamme ultra quarantenni: in assenza di contrac-cettivi erano “capitati”.Oggi assistiamo invece a un nu-mero crescente di primipare ultra

quarantenni, che desiderano ave-re il primo figlio a questa età. Il per-ché di questo fenomeno è sotto gli occhi di tutti: nel mondo moderno la donna studia più a lungo che in passato e questo richiede tempo, come tempo richiede l'inserimen-to nel mondo del lavoro soprattut-to in ruoli direttivi a cui gli studi pre-dispongono.Inoltre la competitività nel mon-do lavorativo posticipa l'età ripro-duttiva, essendo la gravidanza uno svantaggio nella competizione con gli uomini: infatti l'allontanamen-to dal lavoro previsto in gravidan-za dalla norme vigenti, creando di-scontinuità lavorativa, marginalizza queste lavoratrici che spesso al loro rientro subiscono demansio-namenti. Oltre a ciò, la possibilità di usufruire di contraccettivi ha pro-fondamente cambiato le dinami-che affettive e sessuali nella donna, permettendole scelte più consape-voli ma inesorabilmente ritardando l'età riproduttiva.Inoltre la ricerca esasperata del be-nessere psico-fisico nella coppia ha contribuito a posticipare l'età in cui la donna decide di affrontare la sua prima gravidanza. Infatti aspet-tando di avere un lavoro soddisfa-cente e a tempo indeterminato, ricercando un'abitazione più ade-guata e attendendo il partner idea-le passano inevitabilmente gli anni. Esistono poi cause mediche di ri-tardo riproduttivo: la maggiore so-

Emilio GrossiDirettore dell'Unità di Fisiopatologia della Gravidanza,Ospedale San Giuseppe

pravvivenza a malattie croniche che un tempo precludevano la gravi-danza. Il diabete è oggi curato otti-mamente in gravidanza con schemi dietetici appositi e vari tipi di insu-lina. Questo impedisce l'instaurarsi di iperglicemie che predispongono a nascita di feti macrosomi spesso cardiopatici o malformati. Anche l'i-pertensione arteriosa, un tempo in-cubo dei ginecologi, oggi è curata appropriatamente evitando così la nascita di feti iposviluppati per dan-no placentare ipertensivo che pure predisponeva ai gravi rischi del-la gestosi. Le malattie autoimmu-ni (Artrite Reumatoide, Lupus, ecc) oggi vengono curate positivamen-te per cui non si scoraggia la gra-vidanza in pazienti affette da que-ste patologie.Anche malattie ereditarie come la Thalassemia Major, che un tem-po precludevano assolutamente la gravidanza, ora per i miglioramenti delle terapie permettono la gesta-zione con ottimi risultati. É chiaro che per ottimizzare le terapie pre-gravidiche di tutte queste patologie l'età di queste mamme alla prima gravidanza è molto innalzata.Inoltre, l'aumento, ai giorni nostri, della sterilità impegna spesso la coppia in annosi tentativi di ripro-duzione assistita che chiaramente comportano un ritardo del conce-pimento.Ma come si svolge una gravidanza in una donna over 40?

Per informazioni:[email protected]

Dipende soprattutto dal suo sta-to di salute, essendo evidente che a 40 anni una donna ha avuto più possibilità di contrarre patologie ri-spetto a una di 25 anni.La gravidanza è una prova da sfor-zo per il corpo della donna, sforzo di cuore, polmoni, fegato, reni, ap-parato muscolo-scheletrico: è ov-vio che una quarantenne sana por-terà bene una gravidanza come una venticinque-trentacinquenne, mentre se prima della gravidan-za ha avuto patologie comportan-ti deficit agli organi predetti, la gra-vidanza sarà più difficile, benchè possibile, se ben seguita.Anche un pregresso abuso di alco-ol o droghe, con conseguenti infe-zioni e patologie contratte, se pre-senti nella primipara quarantenne può complicare l'andamento della gravidanza.Anche il fumo rende più difficile la gravidanza over 40, specie se ha già comportato danni d'organo.Tutte queste problematiche sono ben presenti alla gravida quaran-tenne più che nelle ventenni e que-sto crea una serie di ansie. Ansia per la consapevolezza dell'impatto negativo della gravidanza sul suo futuro lavorativo. Ansia per la fu-tura programmazione dei rappor-ti lavoro/crescita del figlio specie in una società poco evoluta come la nostra. Ansia per la consapevo-lezza che il figlio tanto desidera-to possa presentare anomalie cro-mosomiche (Sindrome di Down per esempio) più frequenti dopo i 36 anni della mamma. Queste patolo-gie, oggi facilmente screenabili con tecniche non invasive (studio del DNA fetale nel sangue materno), possono richiedere scelte doloro-se come l'interruzione della gravi-danza. Anche la gravidanza over 40 andrà seguita accuratamente, con spe-ciale riguardo all'incremento pon-derale, per evitare sovraccari-co di lavoro cardiaco e danni all'apparato muscolo-schele-trico, alla pressione arteriosa specie in pazienti con familiari-tà ipertensiva per impedire la comparsa di gestosi e ipo-sviluppo fetale e al me-tabolismo glicidico per evitare la comparsa di diabete gestazionale con le complicanze

già descritte.Riguardo al tipo di parto, tutta la letteratura scientifica concorda su una maggiore frequenza del ta-glio cesareo in questa popolazio-ne di gravide. Questa non tanto per la minore elasticità perineale delle gravide quarantenni, ma piuttosto per una maggiore presenza di pa-tologie che controindicano il parto spontaneo. Ma questa scelta av-viene soprattutto per una spesso mancata motivazione a sopporta-re il dolore da parto e ad affrontare le incognite legate al parto stesso.Appare molto utile quindi offrire, specie a queste gravide iper in-formate, un supporto psicolo-gico specifico. Uno psi-cologo adeguato a queste proble-matiche com-plesse, so-prattutto se

interpellato all'inizio della gravidan-za, può facilitare la razionalizzazio-ne di tutte le ansie ricordate mese dopo mese durante la gravidanza. É altrettanto fondamentale l'aiuto psicologico per motivare maggior-mente il parto spontaneo dissol-vendo le ansie che lo circondano.

PUBALGIA:COME RICONOSCERLA,

COME TRATTARLA

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in-dolore

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Rosa RoglianiDipartimento di Riabilitazione Neuromotoria e Specialistica,Gruppo MultiMedica

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La Sindrome retto-ad-duttoria, definita più comunemente “Pu-balgia”, è molto diffu-sa tra gli sportivi. Può colpire, sebbene più

raramente, anche chi non pratica sport in modo professionistico e spesso, in questi casi, la causa va ricercata in altri fattori, come gli squilibri posturali.

Una particolare variante della Pu-balgia colpisce le donne in gravi-danza, come conseguenza dell’ac-centuazione della retroversione del bacino e aumentata iperlodosi.Si tratta di una patologia doloro-sa che interessa la regione pubi-ca, provocata da un’entesopatia delle inserzioni muscolo-tendinee di muscoli adduttori e addomina-li all’osso pubico, per un sovracca-rico funzionale sia acuto o subacu-to sia cronico. Vi sono altre patologie che posso-no determinare una sintomatolo-gia dolorosa a tale livello: sindromi neurologiche che interessano le ra-dici sensitive, debolezza della pa-rete addominale o della parte po-steriore del canale inguinale, ernie inguinali occulte, patologie uroge-

nitali, artrosi o altre alterazioni della sinfisi pubica. Queste vengono ta-lora etichettate come Pubalgia, ma in realtà devono essere considerate solo nella diagnosi differenziale con la Sindrome retto-adduttoria vera e propria.

CauseLe cause della Sindrome retto-ad-duttoria, soprattutto nella forma classica di lesione cronica, vanno ricercate in un sovraccarico funzio-nale relativo. Non è quindi necessa-rio un elevato livello di sollecitazio-ne, ma può essere sufficiente anche un carico modestamente elevato applicato a una struttura vulnera-bile. Le cause meccaniche, di gran lunga le più frequenti, sono in gra-do di alterare gli equilibri muscola-ri e tendinei e conseguentemente di rendere più vulnerabili al microtrau-ma le inserzioni. Scoliosi, iperlordo-si, ipolordosi, varismo marcato del-le ginocchia, eterometrie degli arti inferiori e patologie a carico dell’ar-ticolazione coxo-femorale possono produrre disturbi della meccanica muscolare e tendinea della regione sovra e sottopubica.Oltre a queste patologie si pos-sono avere lesioni muscolari trau-

matiche degli adduttori e, più rara-mente, dei muscoli addominali, e le fibrosi conseguenti che ne deriva-no possono influenzare la dinami-ca e l’equilibrio della muscolatura del bacino.

SintomiIl quadro clinico della Sindrome ret-to-adduttoria è caratterizzato da una sintomatologia soggettiva con dolore nella regione pubica e impo-tenza funzionale. La sintomatologia dolorosa presenta intensità molto variabili, che possono andare dal semplice fastidio, la cui insorgen-za è determinata dalle sollecitazio-ni delle zone anatomiche interessa-te, sino al dolore acuto, che rende spesso difficile lo svolgimento di normali attività di vita quotidiana. Diversamente, l’insorgenza doloro-sa può comparire dopo le gare o gli allenamenti, scomparire a seguito di un adatto riscaldamento e ripre-sentarsi con il sovraccarico da al-lenamento. Il dolore frequentemen-te si irradia lungo la muscolatura adduttoria e/o addominale, verso il perineo e a volte agli organi ge-nitali, causando, in questi casi, an-che errori diagnostici. L’impotenza funzionale è strettamente correla-

ta all’intensità del dolore. La sinto-matologia oggettiva si basa sull’os-servazione del paziente, rispetto a come si muove e deambula, oltre che alla ricerca di zone dolenti alla palpazione o alle prove di stiramen-to contro resistenza.

DiagnosiLa diagnosi si basa sulla raccolta dei dati anamnestici associata all’esa-me clinico e va posta escludendo le altre sindromi dolorose locali. In al-cuni casi è necessario consultare al-tre figure specialistiche (neurologo, chirurgo addominale, urologo o gi-necologo) per escludere la presen-za di patologia di loro competenza.Per quanto riguarda la diagnostica per immagini è sempre consigliato effettuare un esame radiologico del bacino, che permetta di valutare la sinfisi pubica, in modo da eviden-ziare eventuali erosioni, eterometrie delle branche pubiche, artrosi e pa-tologie delle articolazioni coxo-fe-morali.Meno specifico è l’esame con tomo-grafia assiale (TAC) mentre più di-mostrativa è la risonanza magnetica (RM) che dà informazioni più detta-gliate sia sull’osso sia sulle struttu-re inserzionali.

L’esame ecografico resta la miglio-re alternativa, soprattutto se svolto in dinamica, per evidenziare, oltre ad eventuali zone di edema flogi-stico o ematoma in caso di lacera-zioni, zone di metaplasia condrale o calcifica, di fibrosi e anche la pre-senza di brecce nel tessuto.L’esame clinico consiste invece in alcuni test muscolari che si basa-no sulla contrazione e la distensio-ne passiva.

TerapiaLa prognosi della Sindrome ret-to-adduttoria è variabile e dipen-de dalle modalità di insorgenza, dall’età della lesione e dallo stato dei tendini interessati. È importan-te, soprattutto in campo sportivo, seguire le indicazioni terapeutiche dello Specialista.La terapia conservativa della Pu-balgia consiste soprattutto nella correzione di cause meccaniche in-fiammatore, o eventuali cause flo-gistiche e metaboliche, attraverso la correzione di posture scorret-te, l’uso di rialzi nelle eterometrie, plantari per modificare la distribu-zione del carico sugli arti inferiori. A questa viene associato un periodo, più o meno prolungato, di riposo

o riduzione del carico, eseguendo esercizi in palestra a catena chiu-sa o attività in acqua. È consiglia-to evitare in modo assoluto il riposo completo, perché l’inattività pro-voca, a livello delle strutture tendi-nee, gli stessi effetti del sovracca-rico. Di solito è bene associare un trattamento farmacologico antalgi-co a base di FANS e/o di steroidi. Nei casi particolarmente resistenti è utile una terapia infiltrativa.Dal punto di vista del trattamento meccanico molto efficace è la mas-soterapia, sia muscolare che con-nettivale, lo stretching assistito e la ginnastica eccentrica.La terapia fisica si avvale di onde d’urto (trattamento elettivo, di mag-giore efficacia e con maggiore pos-sibilità di successo), TECAR tera-pia, laser terapia e ultrasuoni.L’indicazione chirurgica è da consi-derarsi in caso di lesione distratti-va acuta totale o subtotale che ri-chiede la ricostruzione del tendine, o nel caso in cui una lesione cro-nica non abbia beneficio dal tratta-mento conservativo.

3-4 volte alla settimana. Riabilita-ti i crostacei e i frutti di mare che possono tornare sulla nostra ta-vola. Carni bianche e rosse nelle parti più magre possono sostitui-re il pesce 2-3 volte alla settima-na insieme alle uova (altro alimento ampiamente riabilitato). I formaggi magri, soprattutto di pecora e ca-pra, consumati 1-2 volte alla set-timana, insieme al latte parzial-mente scremato e allo yogurt magro saranno indispensabili per l’ apporto di calcio. Alimenti protei-ci estremamente interessanti sono i legumi (fagioli, piselli, ceci, lentic-chie, fave, lupini) che abbiamo vi-sto essere anche ricchi di fibra ali-mentare e che potrebbero, 2-3

volte alla settimana, sostituire il se-condo piatto di origine animale.Sempre limitato deve essere il consumo di grassi saturi (quin-di burro, latte intero, formaggi grassi) e soprattutto i grassi trans (margarina, grassi idrogenati, frit-ture oltre il punto di fumo). Molto bene invece il consumo di olio ex-travergine di oliva, di mais e di gi-rasole. Non sembra avere alcun effetto benefico la soia.Una sottolineatura molto impor-tante riguarda la severa limitazio-ne degli zuccheri semplici (lo zuc-chero, il miele, la marmellata, i succhi di frutta, le bevande zuc-cherine, le caramelle, i dolci) che non dovrebbero assolutamente

superare il 10% delle calorie to-tali.Da controllare drasticamente an-che il consumo di sale, ridotto a 2.3 g/die.Un bicchiere di vino rosso al gior-no, ricco in polifenoli, sembra contrastare l’aumento del cole-sterolo LDL.Ultima regola, ma non la meno im-portante, è l’attività fisica sia quo-tidiana (la classica camminata di 30 minuti) che settimanale (alme-no 3 ore alla settimana).

Il colesterolo è una moleco-la importante per il nostro benessere e normalmente presente nel nostro orga-nismo. Prodotta prevalen-temente nel fegato svol-

ge diverse funzioni. Fra queste la biosintesi degli acidi bilia-ri (indispensabili per il corret-to assorbimento intestinale dei grassi), degli ormoni sessua-li (estrogeni ed androgeni), de-gli ormoni steroidei placentari, degli ormoni steroidei della cor-teccia surrenale, della vitamina D. Inoltre concorre alla costru-zione delle membrane cellula-ri. Si può quindi affermare che il colesterolo è una sostanza ne-cessaria alla nostra sopravvi-venza.

Il problema nasce quando il tasso di colesterolo circolante nel san-gue è troppo elevato. Nel torrente circolatorio la diffu-sione del colesterolo è veicola-ta da alcune macromolecole di natura proteica denominate LDL

(a bassa densità) e HDL (ad alta densità). Le prime hanno tenden-za a depositarsi sulle pareti delle arterie accumulandosi in placche aterosclerotiche. Queste ultime sono quelle responsabili dei noti disturbi cardio-circolatori (infarto, ictus, arteriopatie). Le seconde, prive di tale caratteristica, eser-citano un’azione di protezione ri-muovendo il colesterolo confina-to nelle placche e ripristinando la pervietà del lume arterioso. Colesterolemia totale, ma so-prattutto la frazione LDL, devono quindi essere mantenute entro va-lori che non comportino danni alle pareti dei vasi. Le ultime indicazioni a tal propo-sito prevedono che il colesterolo totale non superi i 190 mg/dl e il colesterolo LDL sia tra i 70 e i 100 mg/dl.Alla luce delle nuove Linee Gui-da una corretta alimentazione è sempre la prima ed indispensabi-le (anche se a volte non sufficien-te) terapia per prevenire e correg-gere l’ipercolesterolemia.

Più che l’esclusione di alimenti (o peggio di intere categorie alimen-tari) è necessario impostare un’a-limentazione equilibrata, cioè che fornisca la quota corretta di pro-teine, glucidi, lipidi, fibra alimenta-re, vitamine e sali minerali.Le ultime raccomandazioni nutri-zionali continuano a sottolineare la necessità di assicurarsi il suffi-ciente apporto di fibra alimentare, introducendo ampie varietà di ver-dure (comprese quelle verde scu-ro, rosse e arancio), che dovreb-bero essere abbondantemente presenti sia a pranzo che a cena, cereali integrali (pasta, riso, pane e sostituti), che andrebbero sem-pre preferiti a quelli raffinati, legu-mi, frutta di tutti i tipi, compresa quella a guscio (soprattutto noci, nocciole e pistacchi), nella media di 3-4 frutti al giorno. Per gli alimenti proteici si consi-glia sempre il consumo del pesce, in particolare del pesce azzur-ro, ricco di omega 3 (alici, acciu-ghe, sardine, aguglia, sgombro, tonno, spada, palamita) almeno

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COLESTEROLO,ABBASSIAMOLO A TAVOLA

buono& sano

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Augusta SonatoSpecialista in Scienza dell’alimentazione e Dietetica,IRCCS MultiMedica

ESEMPIO DI MENU GIORNALIERO

• COLAZIONE: latte parzialmente scremato, fette biscottate integrali, un frutto fresco• SPUNTINO DELLA MATTINA: 3-4 noci con pane integrale• PRANZO: pasta integrale ai gamberetti, spada alla griglia, pomodori al forno conditi

con olio extravergine di oliva e poco sale, pane toscano senza sale, un frutto fresco• SPUNTINO DEL POMERIGGIO: yogurt magro con cereali integrali• CENA: pasta integrale e fagioli, carote grattugiate condite con olio extravergine di oliva e poco sale,

pane integrale, un bicchiere di vino rosso, un frutto fresco

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Simona Paganini

parlamidi te

ATTENZIONE! PERICOLO DI ROTTURA

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te lo scheletro della paziente, contri-buendo senz’altro a questa fragilità. Nel caso specifico, anche se la si-gnora non lo rammenta, è stato ne-cessario anche indagare un’altra possibile causa, sicuramente più “esotica” ma sempre di pertinenza endocrinologica: il riscontro occa-sionale di un adenoma al surrene ha imposto di escludere la presenza di un eccesso di secrezione di un altro ormone che ha un effetto negativo sull’osso, il cortisolo.Questo per spiegare che l’approccio alla terapia dell’osteoporosi, soprat-tutto nelle forme più severe, deve tenere conto di numerosi aspetti e non si riduce semplicemente alla valutazione dell’esame densitome-trico (la MOC, per intenderci). Nel nostro Centro esiste la possibilità di avere una valutazione multidisci-plinare, coordinata dallo specialista endocrinologo, ma che si può avva-lere delle competenze dell’ortopedi-co, del fisiatra, del radiologo. Per concludere, riguardo la nostra paziente, è stata trattata con le mi-gliori e più potenti terapie a disposi-zione, che sono state ben tollerate e hanno portato a un miglioramen-to della sintomatologia e di tutti i pa-rametri di laboratorio (e soprattutto hanno scongiurato l’insorgenza di nuove fratture!).

Signora Rosa, come convive con

L’osteoporosi, una patologia dif-fusissima caratterizzata da una ri-duzione della massa e della quali-tà dell’osso, rende lo scheletro più fragile e quindi diventa più probabi-le il verificarsi di una frattura anche per traumi minimi (o addirittura sen-za un trauma!). Quando si verifica una frattura di questo tipo, da fra-gilità, si parla di osteoporosi severa, come nel caso della nostra paziente Rosa, che per una caduta banale è incorsa nella frattura di ben 4-5 ver-tebre. Tengo a precisare che, a diffe-renza di quanto si crede, l’osteopo-rosi non è una malattia che riguarda esclusivamente il sesso femminile. Di certo nelle donne, la menopausa, insieme all’età, crea una situazione ormonale che rende ragione di una larga fetta della patologia. Esisto-no però anche altre cause di oste-oporosi, spesso sottovalutate, ma che rappresentano 1/3 dei casi nelle femmine e 2/3 dei casi nei maschi: malattie genetiche, gastrointestinali, renali, l’utilizzo cronico di alcuni far-maci e, non ultimo, diverse disfun-zioni endocrinologiche. L’ipertiroi-dismo è una di queste: l’eccesso di ormone tiroideo, nel caso della si-gnora associato a un gozzo multino-dulare, causa un aumento del meta-bolismo dell’osso, che porta a una riduzione del tenore calcico. Gli anni trascorsi in questa situazione han-no quindi indebolito costantemen-

questa patologia?La cosa importante è darle il giu-sto peso senza esserne sopraffatti. Io seguo scrupolosamente i consi-gli del Dr. Rondinelli per quanto ri-guarda la terapia, anche quando si-gnifica imparare a farsi le iniezioni sottocutanee. Sicuramente le limita-zioni da considerare e le attenzioni da prestare sono molte. Devi pen-sare due volte a sollevare una borsa della spesa perché potrebbe essere troppo pesante per te, così da evi-tare una fitta o un indolenzimento. Oppure, davanti a un percorso dis-sestato, devi mantenere una con-centrazione maggiore, evitando così un’altra grande insidia, ovvero le bu-che o gli avvallamenti nel terreno, che possono farti cadere. O, anco-ra, devi essere sempre consapevole delle tue debolezze, così da non in-correre in quello che è successo a me che, per evitare un capitombo-lo, mi sono rotta il polso contro una parete nel tentativo di mantenermi in piedi! Sono fermamente convinta però che queste restrizioni non debbano impedire di vivere appieno le proprie passioni, nel mio caso, per esempio viaggiare. Una volta riconosciuti i li-miti, oltre i quali è meglio non spin-gersi, con un po’ di spirito di adat-tamento, a volte anche da parte di chi ti sta attorno, si può fare qualun-que cosa.

Nell’immaginario col-lettivo l’utilizzo del termine "patologia invalidante" si col-lega immediatamen-te a una riduzione

nella mobilità, riferita a uno o più arti, oppure alla riduzione di uno dei sensi, vista, udito, parola. Ma esistono malattie che non manifestano apertamente le in-validità che portano con sé, ri-manendo queste ultime in ag-guato facendo capolino quando meno te lo aspetti.Una di queste patologie è l’oste-oporosi fratturativa. Conviverci non è facile, come ci racconta Rosa G., insegnante di carattere che, nella vita, ha deciso di dare una bella lezione anche alla sua malattia.

Signora Rosa, quando ha scoper-to di soffrire di osteoporosi?Per scoprirlo è bastato poco. Par-liamo di quasi una decina di anni fa, da una radiografia dopo una ba-nale caduta, avvenuta inciampan-do nell’ultimo gradino della scala all’esterno dell’istituto scolastico in cui lavoravo al termine delle lezioni. Una distrazione mentre con dei col-leghi ci confrontavamo sulla giorna-ta appena trascorsa. Finendo a terra di schiena, ho riportato la frattura di quattro vertebre: un danno davvero

sproporzionato rispetto alla cadu-ta. La maggior parte delle persone si sarebbe rialzata e avrebbe passa-to qualche giorno dolorante, mentre per me sono stati mesi d’immobilità segnati dall’incertezza di una guari-gione completa.

È stato un fulmine a ciel sereno o sapeva di essere “a rischio”? Lo sapevo. La copresenza di al-tre problematiche, anche apparen-temente non correlate, ha sicura-mente inciso sull’insorgenza e sulla gravità delle mie fratture vertebrali. Innanzitutto la menopausa, che rap-presenta un passaggio critico per ogni donna e che sicuramente in-cide sulla salute dell’osso. Inoltre il riscontro di una patologia tiroidea molti anni prima è un altro fattore di rischio per la fragilità ossea, come mi hanno poi spiegato. Tutto è nato da una disfunzione della tiroide sco-perta casualmente assistendo mia madre ricoverata: uno dei medici che l’avevano in cura mi ha fatto no-tare che le dimensioni del mio col-lo erano superiori alla norma, sug-gerendomi alcuni accertamenti. Fu allora che mi fu diagnosticato un gozzo multinodulare tossico, ovve-ro iperfunzionante e quindi prescrit-ta una terapia orale. Nel frattempo, come spesso accade, cambiamenti piuttosto impegnativi a livello fisico, ma soprattutto psicologico, sia nella

mia vita privata sia in quella profes-sionale, hanno distolto la mia atten-zione dal seguire scrupolosamente le indicazioni dei medici, tralascian-do l’evoluzione della patologia tiroi-dea, fino al giorno in cui non sono più riuscita a mettermi neppure una collana per le dimensioni raggiunte dal mio collo. Era il segnale che era arrivato il momento di riprendere le fila della mia salute.

Cos’ha quindi deciso di fare?Di rivolgermi a uno Specialista e nel Dott. Rondinelli, all’IRCCS MultiMe-dica di Sesto San Giovanni, ho trova-to l’interlocutore adatto a me. Dopo aver fatto il punto della situazione, e una volta confermato il malfunzio-namento della ghiandola, che ora-mai aveva raggiunto dimensioni tali da provocarmi improvvisi abbassa-menti nella voce a causa della sua pressione sulla trachea, ha consi-gliato di asportarla. Non ci ho mes-so molto a decidere di seguire il suo consiglio e ho fatto bene. Da allora sono divenuta più costante nei con-trolli e nel seguire le terapie indica-temi per supportare la mia carenza ormonale, alla quale, con il tempo, si è associata la patologia ossea di cui stiamo parlando.

Dr. Rondinelli, quale relazione le-ga la patologia tiroidea all’osteo-porosi fratturativa?

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" Sono fermamente convinta chequalunque siano le restrizioni che una malattia ci impone, questenon ci debbano impedire di vivereappieno le nostre passioni."

Pregiatissimo Dottore,

ho 60 anni e sono un appassionato di alta montagna. Purtroppo, però, soffro anche di ipertensione e il mio medico mi ha detto che questa condizione poco si concilia con la mia passione. È proprio così? Devo rinunciare alle scalate? Grazie per la cortese risposta, Luca Egregio Signore,

Lei pone un quesito comune a molti pazienti ipertesi: fino a che punto è prudente soggiornare e soprattutto praticare attività sportive in quota?Per rispondere correttamente alla sua domanda occorre riferirsi ai risul-tati degli studi, condotti sia al livello del mare che a varie altezze, in sog-getti sani come negli ipertesi:1) con l’aumentare dell’altitudine, la diminuita concentrazione di ossige-no nell’aria si traduce in un potente stimolo sul sistema simpatico, con aumentato rilascio di noradrenalina a livello delle arteriole, i piccoli vasi arteriosi che regolano i nostri valori pressori;2) in tutti i soggetti, variando l’altezza, si assiste ad un incremento pro-gressivo della pressione arteriosa, che aumenta con l’età e interessa an-che i pazienti ipertesi in terapia farmacologica; 3) tra i cinesi tibetani, sostanzialmente privi di terapia e che vivono a 4300 metri, il 60% è iperteso, mentre a 70 anni di età la pressione media risulta di 182 mmHg per la massima e 103 mmHg per la minima; 4) la permanenza alla quota di 3200 metri in ipertesi di grado lieve-mode-rato, età media 56 anni, induce un aumento medio della pressione am-bulatoriale rilevata per 24 ore, di 11 mmHg per la sistolica e 8 mmHg per la diastolica; l’aumento pressorio è sostanzialmente abolito dalla terapia ipotensiva, al contrario dei pazienti trattati con placebo (sostanza inerte);5) se si sale ad altitudini ancora maggiori (a 5400 metri, campo base Eve-rest), l’incremento pressorio è più sostenuto, anche nei soggetti sani di età media attorno a 40 anni, mentre la terapia, almeno con una classe di farmaci ad azione inibitoria sul siste-ma renina-angiotensina, non risulta efficace nel regolarizzare i valori pressori; interessante notare che gli Studio-si italiani che hanno condotto la ricerca abbiano documentato un significativo aumento dei livelli di noradrena-lina nel sangue. Detto questo, cerchiamo di rispondere alla sua domanda; supponendo che lei eserciti la sua attività sportiva en-tro altitudini non estreme, che la sua ipertensione sia ben controllata dalla terapia e il suo sistema cardio-circo-latorio efficiente dopo l’esecuzione di un ecocardiogramma da sforzo, non vedrei alcuna obiezione alla prosecu-zione in sicurezza della sua attività fisica in quota. Per quanto detto sopra, consiglierei, nell’ambito della terapia antiipertensiva, di assumere comunque un farmaco calcio-antagonista, dotato di un’azione vaso-dilatante che non dipende dal sistema renina-angiotensina-aldosterone.

la postadel cuore

Risponde Michele Lombardo, Direttore dell’Unità di Cardiolo-gia dell’Ospedale San Giuseppe. Inviate le vostre domande per posta elettronica a [email protected]

2020

Quando si parla di uso inappropria-to di farmaci, si fa riferimento all’as-sunzione di spe-cialità farmaceuti-

che senza seguire le indicazioni del medico. Si tratta di un feno-meno in grande crescita, basti pensare che dal 2000 ad oggi il consumo di farmaci è aumentato del 60%. Il 20% degli italiani as-sume farmaci senza passare dal medico, percentuale che sale al 40% nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Ma anche nel-le fasce d’età più avanzate il pro-blema è decisamente rilevante.

Quanti hanno sperimentato l’utilizzo di un farmaco sulla base di un pas-sa parola tra amici? Quanti hanno ri-cevuto una prescrizione medica di un farmaco per un periodo limitato nel tempo e si sono ritrovati ad as-sumerlo cronicamente? In Italia e nei Paesi occidentali, tra i farmaci più inappropriatamente consumati ci sono le benzodiaze-pine. Questo è dovuto soprattutto al marcato aumento delle patolo-gie da stress e da disadattamento quali l’insonnia, le sindromi psico-somatiche, le sindromi nevrotiche e depressive. Altra motivazione all’ori-gine di questo utilizzo smodato è la progressiva diffusione della cultura della fuga dalla sofferenza mediante il ricorso a sostanze psicoattive. Ma forse non tutti sanno che le benzo-diazepine generano tolleranza e di-

pendenza fisica oltre che psicologi-ca. Ci sono persone che cominciano ad assumere questi farmaci duran-te un periodo di particolare stress e si ritrovano ad assumerlo per anni, convinti che questo prodotto conti-nui ad avere effetti benefici sul loro corpo. In realtà non è così: il cor-po si abitua al principio attivo fino al punto che i recettori sui quali esso agisce e che ne permettono l’espli-cazione del beneficio, sono assue-fatti; l’effetto dunque che abbiamo è puramente un effetto placebo. Al-tre categorie di farmaci per i quali si riscontra un abuso crescente sono i protettori gastrici, che invece an-drebbero utilizzati per un periodo li-mitato di tempo, e gli antidolorifici che rientrano nella categoria degli antiinfiammatori non steroidei. E poi ci sono gli antibiotici, il cui abu-so si riscontra fin dall’età pediatrica: il problema è tra i più gravi! Som-ministrando un antibiotico in assen-za di una vera necessità, all’interno del nostro corpo si può sviluppare quella che viene definita “resistenza all’antibiotico”, generalmente sca-tenata da una precedente esposi-zione dell’agente patogeno (il bat-tere) all’antibiotico. Così facendo, in un futuro prossimo, nel momento di reale necessità, l’antibiotico in que-stione non avrà più alcun effetto. L’uso improprio di antibiotici com-prende una serie di pratiche comu-ni che andrebbero evitate, come, ad esempio, il loro uso eccessivo nella profilassi per i viaggiatori, la manca-ta presa in considerazione da par-

te del medico prescrittore del peso del paziente e della storia del pre-cedente uso di antibiotici, l’auto-prescrizione, il mancato rispetto dell’intero ciclo di terapia dell’anti-biotico, il mancato rispetto degli in-tervalli giornalieri di assunzione del farmaco (“una compressa per tre volte al giorno”, oppure “ogni do-dici ore”). Un esempio comune di prescrizione e di assunzione di anti-biotici impropria riguarda le infezio-ni virali, tipiche della stagione inver-nale, come il comune raffreddore, su cui gli antibiotici non hanno al-cun effetto. È importante quindi essere educa-ti al corretto utilizzo dei farmaci, al fine di poterne sfruttare appieno tut-ti i benefici ed evitare gli effetti dan-nosi che questi possono arrecare sul nostro organismo. È bene affi-darsi sempre al consiglio del medi-co e del farmacista, prima di qualsi-asi utilizzo, ed evitare le prescrizioni di amici e vicini di casa. Prestiamo quindi la dovuta attenzione anche ai farmaci da banco, quelli acqui-stabili senza prescrizione medica, i più esposti all’utilizzo inappropria-to. Diamo ascolto anche ai farma-cisti, confrontiamoci con loro per dirimere i nostri dubbi al momento dell’acquisto. E ricordiamo sempre che si tratta di specialità farmaceu-tiche, non di integratori, alimenti o bevande: i farmaci devono essere un aiuto, un rimedio, una cura che dipende anche, e soprattutto, dal-la conoscenza e dall’utilizzo che ne facciamo.

L’USO INAPPROPRIATODEI FARMACI

ospedaleamico

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Carmen Sommese Direttore Direttore Sanitario Aziendale Elisabetta CalabrettoFarmacista,Gruppo MultiMedica

rative nei più anziani. Durante il se-minario ci saranno anche relazioni sulle azioni intraprese per combat-tere e controllare l'inquinamento dell'aria, con particolare attenzione alle aree critiche del Pianeta come la Cina, l'Europa orientale e anche la nostra Lombardia.

Per maggiori informazioni:www.ilpolmone.it

D iventato un appuntamento fisso e atteso dagli addetti ai

lavori, il convegno organizzato e promosso dal dr. Harari, Direttore dell’Unità di Pneumologia dell’O-spedale San Giuseppe, nel 2017 si terrà nei giorni 27 e 28 gennaio presso l'Aula Magna dell'Università degli Studi di Milano. L’obiettivo di questo seminario è quello di con-dividere i più recenti studi sugli ef-

A l Palazzo delle Stelline, il pros-simo 8 febbraio, sotto la re-

sponsabilità scientifica del prof. Padeletti, Direttore del Diparti-mento Cardiovascolare dell’IRCCS MultiMedica, si terrà un importan-te momento di confronto sul tema della longevità. Non soltanto una sfida a vivere più a lungo ma so-prattutto a vivere meglio. Sarà una giornata dove si alterneranno car-diologi, diabetologi, pneumologi, geriatri, nutrizionisti, ricercatori e rappresentanti delle istituzioni, per condividere i risultati degli studi più recenti in campo clinico e farmaco-logico.

Per maggiori informazioni:www.multimedica.it

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MULTIMEDICAFLASH

Pierluigi Villa

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27 E 28 GENNAIO 2017: RESPIRAMI - L'INQUINAMENTO ATMOSFERICO E LA NOSTRA SALUTE

8 FEBBRAIO 2017: LA SFIDA DELLA LONGEVITÀ. IL GRANDE CUORE DEGLI ANZIANI

fetti dell'inquinamento atmosferico sull’uomo, con particolare attenzio-ne alle categorie più deboli: bam-bini, donne in gravidanza, anziani. Esse sono infatti particolarmen-te esposte agli effetti dell’inquina-mento atmosferico che, in alcuni casi, porta ad uno sviluppo fisico e mentale ritardato nei bambini, o a un deterioramento cognitivo e ad una serie di malattie neurodegene-

N uovi, importanti arrivi all’inter-no del nostro Gruppo. Incomin-

ciamo dalla dr.ssa Bettina Ballardi-ni, autrice dell’editoriale di questo numero di Sanità al Futuro, nomina-ta Direttore del Dipartimento di Se-nologia del Gruppo MultiMedica. Nell’ambito Cardiovascolare il prof.Stefano De Servi è stato designa-to Direttore dell’Unità di Cardiologia del nostro IRCCS; accanto a lui, il dr. Antonio Sagone, neo-responsabile del Servizio di Elettrofisiologia. Infi-ne il dr. Carlo Caravaggi, del qua-le avete letto a pag. 4, nuovo Diret-tore del Centro per la Cura del Piede Diabetico.

N ei primi mesi del prossimo anno, vi aspettiamo sul nuo-

vo portale www.multimedica.it, con tante novità e servizi che renderan-no più intuitivo e veloce accedere ai nostri servizi.Il sito, completamente rinnovato nella sua veste grafica ed editoria-le, offrirà una serie di nuovi servi-zi volti ad aumentare le possibilità di interazione con noi. Dalle preno-tazioni al ritiro dei referti online, sa-ranno molte le nuove attività che si potranno fare comodamente seduti dietro un pc o dal vostro smartpho-ne.Vi aspettiamo online!

NUOVO SITO E NUOVI SERVIZI ONLINE VOLTI NUOVI IN MULTIMEDICA

D all’esperienza maturata in pri-ma persona dal Prof. Pajardi e

dalla sua équipe, durante i 5 anni di sperimentazione della Collagenasi per la cura del Dupuytren, è nato a Milano, presso l’Ospedale San Giu-seppe, il primo Centro Italiano per la cura di questo Morbo. Il Centro, studiato per ottimizzare i tempi di attesa e permanenza in

IL PRIMO CENTRO ITALIANO PER IL MORBO DI DUPUYTREN

ospedale, comprende due macro-ambulatori dedicati, a cui si può accedere tramite Servizio Sanitario Nazionale. A disposizione dei pa-zienti: medici, terapisti e infermieri ad hoc, e una segreteria dedicata.

Per prenotazione visite:Tel 02.85994805dal lunedì al venerdì, 11.00-13.00

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Ospedale MultiMedica Castellanzav.le Piemonte 70Castellanza (VA)

A8 Autostrada dei Laghi

Ospedale San Giuseppevia San Vittore 12Milano

Ospedale MultiMedica Limbiatevia Fratelli Bandiera 3Limbiate (MB)

Centro AmbulatorialeMultispecialistico MultiMedicavia San Barnaba 29Milano

IRCCS Cardiovascolare MultiMedicavia Milanese 300Sesto San Giovanni (MI)

MultiLab - Polo Scientifico e Tecnologicovia Fantoli 16/15Milano

Centro Dialisi MultiMedicac/o Pio Albergo Trivulziovia Trivulzio 15Milano

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Ospedale San Giuseppe

U n assaggio della mostra "Curarsi ad Arte" per tutti coloro che, lo scorso 29 settembre, si sono persi l'inaugurazione presso l'Ospedale San Giuseppe.

Tutte le immagini della mostra sulla pagina www.multimedica.it/news/index.php/curarsiadarte

CURARSI AD ARTE