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A detailed overview of the vegetables in Tuscany.
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L’aglio massese ha una forma spiccatamente rotonda e colo-
re bianco sporco. Gli spicchi sono più piccoli e il sapore meno
forte e più dolciastro di quello dell’aglio comune. Si produce
ad aprile, maggio e giugno. Una volta raccolto, viene intrec-
ciato in una forma particolare chiamata “forcone”. Il “biri-
colo”, cioè l’infiorescenza, può essere usato in cucina per
condire saporite frittate.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Le piantine vengono ottenute in azienda mediante autoripro-
duzione. L’infiorescenza appena formata può essere tagliata
e consumata cotta. La raccolta, manuale, avviene tra aprile,
maggio e giugno.
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla partico-
larità della cultivar, alla tecnica di produzione rimasta inva-
riata nel tempo e all’originalità del gusto. Le caratteristiche
del terreno sabbioso e la vicinanza al mare conferiscono
all’aglio massese il tipico sapore dolciastro. Un altro ele-
mento che conferisce peculiarità al prodotto è il confeziona-
mento: la piantina secca viene intrecciata in una particolare
maniera, formando il cosiddetto “forcone”.
L’ aglio massese viene coltivato da otto aziende che ne produ-
cono circa 4-4,5 q annui. La produzione di aglio è principal-
mente a carattere familiare per autoconsumo e solo una pic-
cola parte viene venduta a privati direttamente in azienda.
Produzione
Vegetali
Aglio massese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa211001 7-12-2001 12:49 Pagina b1
È un aglio di dimensioni più piccole rispetto all’aglio nor-
malmente in commercio, molto profumato e di colore rosso
intenso.
Viene coltivato da piccoli orticoltori principalmente in
Maremma (provincia di Grosseto), ma anche in altre parti
della regione.
A rischio.
Può essere coltivato sia in pianura sia in alta collina, anche
in terreni relativamente fertili, purché ben drenati; le carat-
teristiche climatiche a cui si adatta meglio sono quelle medi-
terranee.
I bulbi sono conservati in ambienti asciutti.
Questa varietà è assai poco produttiva, ma presenta pregi
gastronomici notevoli. Viene utilizzata come condimento ed
è molto ricercata per aromatizzare i salumi.
La produzione di aglio rosso maremmano è circoscritta
all’ambito hobbistico di pochi che per passione continuano a
coltivarlo nel proprio orto esclusivamente per l’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Aglio rossomaremmano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa211001 7-12-2001 12:49 Pagina b2
L’arancia massese ha forma rotonda e colore arancio chiaro,
sia esternamente che nella polpa. È molto profumata, ha una
buccia molto fine e un sapore agrodolce. Le pezzature sono
medio piccole. Si produce tra novembre, dicembre e gennaio.
Zone collinari della provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Le piantine di arancio vengono autoprodotte: sono cultivar
autoctone allevate in alcuni appezzamenti collinari del
massese.
La peculiarità del prodotto è costituita dalla particolare suc-
cosità dei frutti e dalla finezza della buccia. L’altitudine e la
vicinanza con il mare conferiscono a questa arancia un gusto
e un aroma molto diversi da quelli delle arance calabresi e
siciliane. Ottima per fare spremute perché molto ricca di
succo, la sua scorza viene usata in pasticceria come candito.
L’arancio massese è coltivato da quindici produttori princi-
pali; la loro produzione annua è difficilmente quantificabile.
La vendita delle arance, quando non sono prodotte solo per
autoconsumo e in ambito familiare, avviene direttamente in
azienda e in minima parte nel resto della Toscana. Questi
agrumi sono portati in degustazione alla Festa del limone
che si svolge la prima settimana di luglio da ormai dieci
anni.
Produzione
Vegetali
Arancia massese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b3
Ha dimensioni inferiori ed è più sottile degli ibridi in com-
mercio, ma la parte edibile (non legnosa) è maggiore; il sapo-
re è più intenso.
Si produce nel Valdarno aretino e nell’area fiorentina, pro-
vince di Arezzo e Firenze.
A rischio.
Al momento dell’impianto dell’asparagiaia viene fatta una
lavorazione profonda del terreno e un’abbondante concima-
zione organico-potassica. Nel terreno così preparato, se si
utilizzano le piantine (seminate a febbraio), il trapianto viene
effettuato a giugno; se vengono utilizzate le “zampe” il
periodo di trapianto è in marzo. Con le piantine, l’aspara-
giaia entra in produzione dopo tre anni, con le “zampe” ne
occorrono due. Ogni gennaio viene effettuata la lavorazione
annuale del terreno e viene tagliato lo strame; segue una con-
cimazione azoto-potassica con rincalzatura delle piante.
L’agente patogeno più frequente è la ruggine, debellata con
trattamenti a base di rame.
È il primo asparago introdotto in Italia, per questo è detto
nostrale.
Si stima una produzione media annua di asparago
d’Argenteuil di circa 40-41 q. Il prodotto viene venduto
esclusivamente nella zona (Valdarno sia aretino che fiorenti-
no). Le aziende che lo producono sono tre-quattro.
Produzione
Vegetali
Asparago d’Argenteuiltoscano
Asparago nostrale
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b4
Si tratta di un ortaggio con radice fittonante di colore mar-
rone all’esterno e bianca all’interno. La lunghezza arriva
fino a circa 25 cm; dopo la cottura il sapore è dolciastro, la
consistenza pastosa. La barba massese, prodotta da giugno
ad ottobre, viene confezionata in mazzi. È ottima cucinata
fritta o in umido come accompagnamento al pollo ruspante.
Massa e Montignoso, provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Viene seminata a spaglio; il caratteristico terreno sabbioso
della zona di pianura vicina al mare favorisce una buona cre-
scita. Di primaria importanza è anche l’influenza del clima
che, assieme al terreno, conferisce a questo vegetale il carat-
teristico sapore dolciastro che lo distingue dalle altre radici.
Raffaello Raffaelli nella sua Monografia storica e agraria delcircondario di Massa e Carrara del 1881 riferendosi nello spe-
cifico alla barba di prete annota che “nel Massese tali erbe
si seminano ai tempi debiti nei luoghi che hanno servito agli
agli e alle cipolle”.
La produzione di barba massese è scarsissima e si può con-
siderare a livello esclusivamente hobbistico. Dall’indagine
svolta è risultato che la quasi totalità dei produttori di barba
massese utilizzano sementi derivanti non più da autoprodu-
zione ma le acquistano al consorzio locale.
Produzione
Vegetali
Barba masseseBarba di prete, scorza nera
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:40 Pagina b5
Pianta con foglie lucide, di colore verde smeraldo chiaro, lar-
ghe a forma di lattuga. Ha odore intenso.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si adatta a vari tipi di terreno. Si semina in cassetta a fine
febbraio e dopo circa 20 giorni si ripicchetta per essere tra-
piantato a dimora a fine aprile, ad una distanza di 40x60cm.
Richiede abbondante irrigazione. A differenza del basilico di
tipo genovese, la concimazione organica deve essere ricca di
azoto per favorire una maggiore espansione fogliare, che in
caso contrario avviene solo nei primi palchi. Per avere buone
piante conviene iniziare la raccolta quando si sono ben for-
mati i primi 3-4 palchi, in questo modo la pianta ributta e si
formano branche secondarie. In campo può restare fino ai
primi geli. La produttività è elevata.
Questa varietà di basilico è interessante per le caratteristiche
organolettiche, in particolare per l’aroma intenso, con sfuma-
ture che ricordano la menta. Viene usato tradizionalmente per
piatti locali. La foglia viene usata nella panzanella, dopo aver-
la spezzettata e non tritata come si fa con il genovese.
Questa varietà viene anche utilizzata in salse come il pesto e
per altri usi.
Per la raccolta del seme vengono lasciate le piante più belle
e con foglia più larga e meglio conformata. La produzione e
quindi la maturazione del seme non avvengono contempora-
neamente, pertanto la raccolta inizia dai primi palchi.
Di solito viene preferito questo seme anche per mantenere la
caratteristica della foglia più grande che viene prodotta nei
primi palchi.
Vegetali
Basilico giganteBasilico a foglia di lattuga
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:40 Pagina b6
Dopo la raccolta, il seme viene lasciato asciugare in ambien-
te aerato e conservato in contenitori di vetro.
In provincia di Firenze sono svariate le aziende agricole che
producono questo basilico con finalità commerciali, senza
contare la produzione a livello hobbistico. Si può stimare
annualmente la vendita di circa 5000-6000 piantine. Buona
parte di questo quantitativo viene commercializzata in zona,
presso i mercati ortofrutticoli.
Nella provincia di Arezzo (Pratomagno, Valdarno e Ca-
sentino) ci sono circa 30 aziende, in gran parte hobbisti, che
ne producono una quindicina di quintali all’anno.
Basilico gigante
Produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:40 Pagina v6
La foglia è verde chiaro, tenera e dalle coste molto sottili.
Si produce nel Valdarno aretino e nell’area fiorentina, pro-
vince di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina tutto l’anno: per la produzione invernale è preferi-
bile seminare a settembre, per la produzione primaverile a
febbraio. Nel caso di produzione invernale il ciclo produttivo
è lungo e vengono effettuati più sfalci di bietola; nella pro-
duzione estiva il ciclo produttivo è breve e la bietola spiga
velocemente. Non necessita di forti concimazioni, ma soffre
molto il ristagno idrico, pertanto sono necessari terreni ben
drenati o comunque occorre effettuare la semina su porche
con solchi di sgrondo.
La peronospora può provocare l’ingiallimento delle foglie.
La varietà è abbastanza diffusa e si trova spesso sui merca-
ti. Risulta molto tenera alla cottura. La bietola a coste sotti-
li si può gustare lessata e condita semplicemente con olio,
oppure “rifatta” e accompagnata a pietanze in umido.
Viene prodotta da circa 30 aziende, fra cui 2 biologiche,
nelle zone del Pratomagno e del Valdarno. La quantità
annua prodotta si aggira intorno ai 50 quintali.
Molti sono gli hobbisti che destinano la produzione soltanto
all’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Bietola a coste sottili
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:40 Pagina b7
I carciofini sott’olio hanno dimensioni piuttosto ridotte e
forma simile a quella di una noce. Il colore è variabile dal
giallo paglierino al verde giallognolo. La consistenza è sem-
pre morbida e il sapore dolciastro con retrogusto amarogno-
lo. Il prodotto viene conservato in barattoli di vetro utiliz-
zando olio di oliva. Particolarmente rinomati sono i carciofi-
ni sott’olio della provincia di Grosseto e quelli di Livorno.
La provincia di Livorno e tutta la Maremma Grossetana.
Attiva.
I carciofini, una volta lavati, vengono sfogliati fino al rag-
giungimento delle parti più tenere e messi a bagno con acqua
e limone e qualche pezzetto di pane per 2-3 ore. Vengono
successivamente risciacquati e posti a bollire in una pentola
con due parti di acqua e una di aceto di vino e poco sale.
Trascorsi 5 minuti dall’inizio della bollitura, vengono scolati
e disposti su un panno bianco pulito a testa in giù per circa
1 ora, fino cioè all’asciugatura. Vengono poi messi nei vasi
di vetro con olio extravergine di oliva, qualche rametto di
nepitella (Satureia calamintha) e grani interi di pepe.
Sono carciofini da conservare e mangiare dopo 60 giorni
dalla preparazione. Particolarmente utilizzati sono i carcio-
fi della cultivar “violetto di Toscana”, del peso di circa 20-
30 g, dopo averne eliminato le foglie più esterne. La produ-
zione avviene nei mesi di aprile e maggio.
• Pentole per la scottatura
• Teli di cotone per l’asciugatura
• Barattoli di vetro
• Locale di lavorazione
Vegetali
Carciofini sott’olio
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b8
La qualità dei carciofini è legata all’impiego di cultivar loca-
li e alla tradizionale tecnica di trasformazione.
Si consumano come antipasto o come contorno abbinati alla
carne e al vino rosso; in Maremma, in particolare, si consu-
mano con il tipico vino Morellino di Scansano.
Nel grossetano la distribuzione dei carciofini sott’olio non va
al di là della zona di produzione; la commercializzazione
avviene per vendita diretta in azienda, vendita e degustazio-
ne negli agriturismi o vendita ai vari negozi locali di prodot-
ti tipici, sempre più numerosi sul territorio.
Nella provincia di Livorno si stima una lavorazione di
700.000 carciofi l’anno, venduti prevalentemente nella zona
e in minima parte anche all’estero (Germania) a privati diret-
tamente in azienda e ai negozianti locali. Uno dei principali
impedimenti alla produzione consiste nel reperire la materia
prima: i carciofi morellini negli ultimi anni sono sempre meno
diffusi ed hanno prezzi sempre più alti.
Carciofini sott’olio
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v8
La forma della parte edibile è ovoidale. Le brattee esterne
del capolino sono di colore viola chiaro nelle prime fasi della
maturazione e via via diventano di un viola più scuro; le brat-
tee più interne sono di colore giallo chiaro, quasi bianco. Il
capolino ha una consistenza coriacea, infatti le brattee ester-
ne, se mangiate crude, sono leggermente amarognole e for-
temente astringenti, quelle più interne hanno un sapore più
dolciastro. Il peso del capolino oscilla fra 120 e 200 g.
Provincia di Livorno.
Attiva.
• Concimazione di fondo, prima dell’impianto della carcio-
faia, con letame in dose di 800 q/ha.
• Aratura, per interrare la sostanza organica.
• Impianto della carciofaia con materiale di propagazione di
origine locale: in ottobre, utilizzando i carducci ottenuti dal
diradamento degli impianti in produzione; in agosto, utiliz-
zando i ciocchetti delle carciofaie che hanno raggiunto la fine
del ciclo produttivo. I sesti di impianto sono di 1.4 m x 1 m.
Operazioni colturali di una carciofaia in produzione:
• Fresatura e concimazione autunnali
• Scardinatura o scarducciatura (ottobre)
• Diserbo
• Scarducciatura a fine inverno: i carducci sono usati per un
nuovo impianto oppure vengono lasciati nel terreno e poi
interrati
• Raccolta manuale con canestri in vimini (da metà febbraio)
• Trasporto in azienda
• Cernita: esame visivo per scartare i carciofi non idonei alla
commercializzazione
• Collocazione dei carciofi, su due strati sovrapposti, in cas-
Vegetali
Carciofo del litoralelivornese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b9
sette di legno monouso
• Lavaggio effettuato nelle cassette di legno, con acqua
potabile
• Stoccaggio, per 2 giorni, in cella frigorifera dotata di ter-
mometro per il controllo della temperatura
• Trasporto ai mercati generali o alle catene di grande distri-
buzione, con furgoni dell’azienda dotati di cella frigorifera
e cassone coibentato, idoneo per gli alimenti
• Vendita
• Carducci o ciocchetti: materiale di propagazione di origine
locale
• Letame della zona
• Diserbanti (Oxyfluoren)
• Canestri di vimini per la raccolta
• Cassette di legno per lo stoccaggio
• Acqua potabile per il lavaggio
• Cella frigorifera
• Mezzo di trasporto dotato di cella frigorifera e di cassone
coibentato per alimenti
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, il carciofo violetto di Toscana, sia alla
tecnica di produzione rimasta invariata nel tempo. Il ciclo di
coltura si svolge in autunno-inverno, periodo in cui non è
necessario intervenire con irrigazioni se non ad inizio prima-
vera o a fine estate, per favorire il ricaccio e anticipare la pro-
duzione. Le caratteristiche botaniche e la particolare resisten-
za alla salinità di questa varietà le permettono di adattarsi
bene nelle zone della Val di Cornia. Le particolari condizioni
microclimatiche del luogo conferiscono al prodotto una qua-
lità organolettica superiore a quella di altri carciofi prodotti
in altre zone del litorale tirrenico. L’approvvigionamento del
materiale di propagazione avviene in azienda, grazie all’uti-
lizzo di carducci o ciocchetti, mantenendo così il patrimonio
genetico autoctono della specie. Il prodotto è tipico della zona
da oltre 40 anni.
La superficie coltivata a carciofo violetto sta gradualmente
diminuendo: si stima che annualmente siano disponibili circa
4000 piante. Il prodotto viene commercializzato anche in
altre regioni italiane; i clienti sono principalmente i negozi
locali e i grossisti che si occupano della distribuzione fuori
zona. A fine marzo-inizio aprile, in località Riotorto, si svolge
la Sagra del carciofo.
Carciofo del litorale livornese
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v9
Il carciofo di Pian di Rocca è di colore verde intenso tenden-
te al violaceo, ha una forma conica e una consistenza tene-
ra. È molto piccolo e compatto, il sapore è amarognolo. Ha
una maggiore resistenza al freddo rispetto alle altre cultivar.
Si produce in provincia di Grosseto, in particolare nel comu-
ne di Pian di Rocca.
Attiva.
La propagazione avviene per talea: i polloni, detti “carduc-
ci”, vengono prelevati dalle piante madri migliori e poi tra-
piantati. Per l’impianto della carciofaia si esegue un’aratura
leggera, seguita dalla concimazione, da due fresature e da
una successiva assolcatura.
Le piccole dimensioni di questo carciofo ne permettono la
preparazione sott’olio.
Sono 8 i produttori del carciofo di Pian di Rocca, situati tutti
nell’omonima località nei pressi di Castiglion della Pescaia.
La varietà comunemente impiegata è il Terom pertanto la
tradizionalità della produzione non va ricercata nel materia-
le vegetale utilizzato quanto nelle caratteristiche pedologi-
che e climatiche della zona di coltivazione.
Considerata una produzione di 50.000 capolini/ha e una
superficie media di 1 ettaro destinata alla carciofaia, si può
stimare una produzione annua di 50.000 pezzi per azienda,
anche se negli ultimi anni si è registrato un calo delle super-
fici impiantate a carciofi, sia per il rischio di non vendere il
prodotto (il carciofo prodotto in queste zone soffre della con-
Produzione
Vegetali
Carciofodi Pian di Rocca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b10
correnza dei carciofi provenienti dal Sud Italia, che intasano
il mercato molto presto), sia per il prezzo insoddisfacente che
spunta sul mercato. Il prodotto è destinato a grossisti e distri-
butori non locali che lo distribuiscono in tutta la regione.
Carciofo di Pian di Rocca
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v10
Il carciofo empolese è di colore verde intenso tendente al vio-
laceo, ha una forma subcilindrica e una consistenza tenera e
compatta. Il sapore è intenso e amaro; si confeziona a mazzi
con tutto il gambo perché non presenta spine. Si produce da
marzo a giugno.
Comune di Empoli, provincia di Firenze.
Attiva.
La propagazione avviene per talea: i polloni, detti “carduc-
ci”, vengono prelevati dalle piante madri migliori e poi tra-
piantati. Per l’impianto della carciofaia si esegue un’aratura
leggera, seguita dalla concimazione, da due fresature e da
una successiva assolcatura. Si impiantano in file. Al momen-
to della messa a dimora nei solchi, di solito viene effettuata
una concimazione localizzata con letame e nitrato di calcio.
Generalmente non vengono eseguiti trattamenti antiparassi-
tari. La raccolta è manuale.
• Carducci
• Letame (700-800 q/ha)
• Perfosfato (5-6-q/ha)
• Solfato potassico (2-3 q)
• Nitrato di calcio (30-40 q)
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione, rimasta
invariata nel tempo, nonché alle particolari condizioni pedo-
climatiche della zona che contribuiscono a conferire a questo
carciofo la particolare consistenza.
Vegetali
Carciofo empolese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b11
Il carciofo empolese viene coltivato e commercializzato sol-
tanto da due produttori di Cerreto Guidi che vendono diretta-
mente in azienda a privati. Ci sono in zona altri hobbisti che
lo coltivano solo per autoconsumo. La quantità effettivamen-
te prodotta si aggira intorno alle 5000 piante all’anno, anche
se la coltivazione di questo carciofo viene progressivamente
abbandonata.
Attualmente la produzione del carciofo empolese è limitata
per il rischio di non riuscire a venderlo visto che, essendo una
varietà tardiva, raggiunge il mercato in ritardo rispetto ai
carciofi del sud Italia.
Carciofo empolese
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v11
Il cardo della Val di Cornia ha una forma eretta; la sua parte
edibile, inodore, ha colore bianco brillante, sapore amaro-
gnolo e consistenza coriacea. Viene venduto in pezzature di
circa 1 kg, in cassette di legno.
Val di Cornia, Livorno.
Attiva.
• Ottenimento in azienda del materiale di propagazione
(seme)
• Preparazione del terreno con aratura di 40 cm di profon-
dità (luglio)
• Affinamento del terreno con erpici a dischi e fresatrici
• Semina, all’inizio di agosto, con distanza fra le file di 1 m
e sulla file di 50 cm
• Lotta fitosanitaria con insetticidi, antioidici di sintesi e
preparati rameici contro la peronospora
• Raccolta manuale nei mesi di ottobre, novembre e dicembre
• Selezione e cernita manuali, con controllo visivo per la
presenza di insetti o muffe
• Incassettamento manuale
• Seme locale autoprodotto
• Composti per la lotta fitosanitaria
• Cassette per lo stoccaggio
• Mezzi di trasporto dell’azienda
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione, rimasta
invariata nel tempo. Il seme viene autoprodotto in azienda,
mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della spe-
cie. Il cardo della Val di Cornia ha la particolarità di non
Vegetali
Cardo della Valdi Cornia
Gobbo della Val di Cornia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b12
dover essere fasciato nella parte basale per ottenere l’im-
bianchimento del gambo: è caratterizzato già da un colore
bianco brillante. La cultivar si adatta bene alle condizioni
pedoclimatiche della Val di Cornia. In tale zona viene consu-
mato con carne e fagioli e per la preparazione di un brodo di
salsiccia. Si produce da almeno 30 anni.
In Val di Cornia sono 22 le aziende orticole che producono il
cardo, insieme agli altri prodotti tipici di questa Valle. La
quantità annuale che ne immettono sul mercato è di circa
7000 quintali; negli ultimi tre anni c'è stato un aumento della
produzione di circa il 30%.
Come per tutte le altre produzioni della Val di Cornia in que-
sti anni si è accentuato il problema del reperimento delle
risorse idriche causato dalla salinizzazione delle falde pre-
senti. La vendita avviene in tutta la regione tramite grossisti
e distributori non locali.
Cardo della Val di Cornia
Produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v12
Il cardo massese ha una forma più ricurva rispetto al carat-
teristico aspetto del cardo; presenta costolature molto evi-
denti ed ha un sapore dolce. Il colore va dal bianco al verde.
Si produce da novembre a marzo.
Provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
Le piantine vengono prelevate dal semenzaio e trapiantate
non verticalmente ma orizzontalmente e poi vengono rincal-
zate. Questa particolare tecnica serve ad influenzarne lo svi-
luppo in modo da farle crescere in modo ricurvo (da ciò
“gobbi”) conferendo al prodotto un sapore più dolce, meno
amaro degli altri cardi.
La tradizionalità del gobbo massese è data dalla particola-
rità del gusto di cui sono responsabili la varietà, la tecnica di
coltivazione e l’influenza delle condizioni pedologiche (terre-
no sabbioso), e microclimatiche (vicinanza con il mare). Si
può consumare lesso condito con olio, fritto, crudo in pinzi-
monio o per preparare sformati.
La produzione di cardo massese è scarsissima e si può consi-
derare a livello esclusivamente hobbistico. La quasi totalità dei
produttori di cardo massese utilizza sementi derivanti non più
da autoproduzione, ma acquistate al consorzio locale.
Produzione
Vegetali
Cardo masseseCardone o gobbo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b13
È un frutto di dimensioni medio-grandi e colore marrone
chiaro, con rade striature più scure; la forma è ellittico-arro-
tondata, l’apice appiattito e il tegumento, pur presentandosi
abbastanza invaginato, si separa con poca difficoltà. Per il
suo aspetto questa castagna a volte viene scambiata per mar-
rone. La maturazione dei frutti ha luogo nella seconda deca-
de di ottobre. È una cultivar diffusa sporadicamente su tutto
il Pratomagno, soprattutto ad altitudini elevate grazie alla
sua grande resistenza al freddo. In annate molto siccitose e
calde dà produzioni notevoli per quantità e pezzatura.
Provincia di Arezzo.
Attiva.
Prima dell’essiccazione le castagne in alcuni casi vengono
sottoposte alla pratica della “curatura”, che consiste nel-
l’immersione dei frutti per 8-12 giorni in acqua che viene
cambiata una o due volte. Tale bagno consente l’eliminazio-
ne dei microrganismi aerobi, responsabili della formazione
di muffe e marciumi, e la successiva attivazione di micror-
ganismi anaerobi, in particolare fermenti lattici, che provo-
cano la formazione di acido lattico dotato di funzioni con-
servanti. Dopo la curatura e l’eliminazione dei frutti non
integri, le castagne vengono ben arieggiate e quindi poste ad
essiccare per un mese in locali in muratura tradizionali (i
metati), su grate di legno sospese a circa 2,5 m da terra e
con sotto un fuoco che le mantiene a una temperatura media
di circa 20°C. Per la produzione di farine, soprattutto nel
Pratomagno, le castagne vengono anche tostate in un forno
in muratura per circa 12 ore.
Vegetali
Castagna mondigianadel Pratomagno
Mondistollo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b14
• Vasche per la curatura
• Locali aerati per l’asciugatura delle castagne
• Locali in muratura grezzi
• Cannicci o grate in legno di castagno
• Pale o rastrelli in legno o metallo per muovere le castagne
nell’essiccatoio
• Macchina in legno o metallo per la sgusciatura o attrezzi come
la mazzalanga e la vassora per la battitura e la pulitura
• Forno in muratura per la tostatura
La castagna mondigiana deve la sua qualità alla cultivar di
origine locale e alla tradizionale tecnica di essiccazione che ha
luogo in metati nei quali viene alimentato un fuoco di legno di
castagno. Le castagne vengono talvolta consumate secche, ma
di solito sono utilizzate per la produzione di farine.
In tutto il Pratomagno ci sono solo due produttori di casta-
gna mondigiana; il quantitativo prodotto, 20 quintali all’an-
no, è destinato totalmente alla vendita diretta in azienda.
Castagna mondigiana del Pratomagno
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v14
Questa castagna ha piccole dimensioni (95-140 frutti per
kg), colore marrone chiaro con striature più scure e classica
forma arrotondata-ellittica. Il tegumento, non essendo molto
invaginato, è separabile abbastanza facilmente. Si presta
molto bene alla produzione di castagne secche bianche e di
farina di castagne del Pratomagno. La maturazione dei frut-
ti è precoce (prima decade di ottobre).
Pratomagno, provincia di Arezzo.
Attiva.
Generalmente le castagne vengono avviate all’essiccazione
subito dopo la raccolta. Quando ciò non è possibile, vengono
conservate all’aperto in cassette areate e coperte per impe-
dire che si bagnino in caso di pioggia. Se la conservazione
prima dell’essiccazione si protrae oltre i 10 giorni, le casta-
gne vengono sottoposte alla pratica della “curatura”, che
consiste nell’immersione dei frutti per 8-12 giorni in acqua
che viene cambiata una o due volte. Tale bagno consente l’e-
liminazione dei microrganismi aerobi, responsabili delle for-
mazioni di muffe e marciumi, e la successiva attivazione di
microrganismi anaerobi, in particolare fermenti lattici, che
provocano una leggera fermentazione con relativa formazio-
ne di acido lattico dotato di funzioni conservanti. Tolte dal-
l’acqua ed effettuata una cernita, le castagne possono essere
avviate all’essiccazione anche se ancora bagnate. Se non
possono essere poste immediatamente negli essiccatoi, ven-
gono fatte asciugare in strati sottili, muovendole almeno 2
volte al giorno in modo da arieggiare bene il prodotto. Quindi
si procede alla fase di essiccazione, che ha luogo per un mese
in locali in muratura (metati) su grate di legno sospese a
circa 2,5 m da terra, con sotto un fuoco che mantiene l’am-
Vegetali
Castagna perelladel Pratomagno
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b15
biente a una temperatura media di circa 20°C. La sbucciatu-
ra viene effettuata meccanicamente.
• Vasche per la curatura
• Locali areati per l’asciugatura delle castagne
• Locali in muratura grezzi per l’essiccazione (metati)
• Assi o graticci di legno
• Pale o rastrelli per muovere le castagne nell’essiccatoio
• Macchina per la sgusciatura
• Forno per la tostatura
Esemplari della varietà perella di 600 anni di età sono abba-
stanza frequenti nel Pratomagno.
I produttori della castagna perella sono 12, riuniti tutti in
una associazione con sede a Loro Ciuffenna. La quantità
annua prodotta è di circa 2000 quintali destinati tutti alla
vendita diretta a privati o a negozi locali.
Ci sono inoltre molti piccoli produttori che raccolgono le
castagne perelle per consumo familiare o per l’alimentazione
del bestiame. In totale i produttori sono circa 20.
Castagna perella del Pratomagno
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v15
La castagna pistolesa ha forma allungata e apice appuntito,
colore scuro con tonalità più chiare verso l’ilo, che è piutto-
sto piccolo. L’episperma (pellicola interna) è di facile aspor-
tazione, non essendo infatti invaginato. La pezzatura è di
circa 90-150 frutti per kg.
Provincia di Arezzo.
Attiva.
Le castagne vengono raccolte nel mese di ottobre e poste a
essiccare per 30 giorni in tradizionali locali in muratura
(metati), su grate di legno o di ferro sospese a circa 2,5 m
da terra con sotto un fuoco che le mantiene a una tempera-
tura media di circa 20°C. Le castagne vengono poi sbuccia-
te e poste in sacchi di iuta.
• Essiccatoi tradizionali (metati)
• Grate di ferro o di legno
• Sacchi di iuta per il confezionamento
La qualità della castagna pistolesa essiccata deriva sia dalle
caratteristiche organolettiche della cultivar di origine locale,
che in alcune aree collinari e montane della provincia di
Arezzo trova il clima ideale per la crescita (oltre i 500 m di
altitudine), sia dalla tecnica di essiccazione che ha luogo in
metati tradizionali, con fuoco di legno di castagno. Le casta-
gne vengono sia consumate secche, sia bollite o impiegate
nella preparazione di dolci.
Sono sei i produttori di castagna pistolesa, concentrati nella
località di Subbiano. Ne producono circa 90 quintali all’an-
no, tutti destinati alla vendita in zona.
Produzione
Vegetali
Castagna pistolesaBianchina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b16
Le principali cultivar di castagne per consumo fresco sono il
Bastardo rosso, la Carpinese o Carrarese, la Mazzangaia, la
Rossola, la Selvana e la Vitarina. I frutti di ogni cultivar si
differenziano, più o meno marcatamente, per forma, dimen-
sioni, colore della buccia, forma dell’ilo, pellicola interna e
caratteristiche organolettiche. La produzione è concentrata
prevalentemente nel mese di ottobre.
• Bastardo rosso: dimensioni grandi, forma ovale con apice
poco pronunciato, pericarpo persistente color rossastro
con striature marroni poco evidenti, ilo piccolo, chiaro e
rettangolare con contorno regolare, episperma piuttosto
aderente, seme color crema chiaro di sapore dolce con
invaginazioni.
• Carpinese: pezzatura medio piccola (100-130 frutti per
kg), forma rotondeggiante con buccia color marrone chia-
ro ed apice conico, ilo medio, episperma mediamente ade-
rente non molto invaginato.
• Mazzangaia: pezzatura medio grossa, forma ellittica, buc-
cia color rosso scuro, apice arrotondato, ilo grande, epi-
sperma facilmente asportabile con poche invaginazioni.
• Rossola: pezzatura media, forma rotondeggiante, buccia
color marrone-rossastro, apice arrotondato, ilo medio, epi-
sperma asportabile e invaginato.
• Selvana: pezzatura medio alta, forma ovale con buccia
color marrone chiaro e striature in rilievo, apice conico, ilo
grande, pellicola asportabile con qualche invaginazione.
Lunigiana, Garfagnana, Appennino Pistoiese, Casentino e
montagna aretina, Colline Metallifere e Val di Cecina.
Province di Arezzo, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Car-
rara, Pistoia.
Attiva.
Vegetali
Castagne (fresche)della Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b17
• Potatura periodica (ogni 5-6) anni delle piante
• Ripuliture annuali del terreno, allontanamento o sistema-
zione del materiale di risulta
• Raccolta manuale e/o meccanica tramite aspirazione e suc-
cessivo trasporto in azienda del prodotto
• Vendita del prodotto fresco non conservato o del prodotto
fresco conservato tramite curatura in acqua.
• Balle di iuta per insaccare il prodotto
• Piccoli trattori o fuoristrada per il trasporto
• Locali per il deposito temporaneo
• Contenitori idonei per l’eventuale curatura in acqua.
La gestione tradizionale dei castagneti si ripete da secoli
senza sostanziali variazioni rispetto alle pratiche colturali
consuete. Rispetto al passato tali pratiche si avvalgono solo
dell’ausilio di mezzi meccanici come motoseghe e decespu-
gliatori; non prevedono l’uso di concimi chimici e di fitofar-
maci e garantiscono il mantenimento delle specifiche carat-
teristiche organolettiche del prodotto consumato allo stato
fresco o successivamente trasformato.
La produzione di castagne negli ultimi anni ha risentito della
diminuzione delle superfici a castagneto da frutto, ridottesi
notevolmente dal dopoguerra ad oggi. In Toscana la superfi-
cie dei castagneti da frutto è ad oggi di circa 75.000 ettari
(36% della superficie forestale). Le province maggiormente
interessate alla produzione sono Lucca, Massa Carrara e
Arezzo; Firenze, Grosseto e Siena hanno minori superfici
castanicole ma di elevata qualità produttiva; irrisorie sono
invece le superfici presenti nelle province di Pisa e di Livorno.
La produzione di castagne fresche è passata da quasi 1 milio-
ne di quintali del 1950 ai circa 50-60.000 attuali.
Molte località toscane in ottobre-novembre ospitano sagre
che hanno come tema la castagna e i suoi prodotti: farina di
castagne, castagnaccio, polenta ecc., come, ad esempio, la
Sagra della castagna e del vino novello.
Castagne (fresche) della Toscana
Produzione
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v17
La castagna d’Antona ha pezzatura medio-piccola, forma
rotondeggiante, apice conico, colore marrone chiaro; il seme
varia dal bianco avorio al giallo. Il sapore è dolce e caratte-
rizzato da un leggero retrogusto amarognolo. Il profumo è
quello delle castagne e la consistenza è croccante.
Provincia di Massa-Carrara, in particolare l’area di Antona.
A rischio.
Una volta raccolte, le castagne vengono portate all’essicca-
toio, dove, stese su un graticcio di legno posto a circa 2 m da
terra, vengono seccate dal fumo e dal calore del fuoco alle-
stito a terra. L’operazione di seccatura dura circa 40 giorni.
Successivamente vengono battute con la “mazzalanga”
(disco di legno provvisto di lungo manico) per l’eliminazione
della buccia e ripassate nella “vassora” o “abbiolo” (attrez-
zo per la pulitura) per il completamento della pulitura.
• Metati per l’essiccazione
• Mazzalanga (disco di legno provvisto di lungo manico)
• Vassora o abbiolo (macchine pulisci-castagne)
La castagna di Antona deve la sua qualità alla cultivar di ori-
gine locale, che trova qui le condizioni pedoclimatiche otti-
mali, all’utilizzo dei metati tradizionali per la fase di essic-
cazione e alle tecniche produttive rimaste pressoché invaria-
te rispetto a quelle originarie.
La produzione delle Castagne d’Antona, piuttosto diffusa fra
gli abitanti locali, si può quantificare in circa 2000-2100 q
annui. Il prodotto viene destinato all’autoconsumo ma anche
venduto direttamente in azienda.
Produzione
Vegetali
Castagne d’Antona Carpinese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b18
Il fiore, detto “palla”, è leggermente appuntito e ricoperto
dalle foglie anche a maturazione. Il colore è bianco sporco;
ha un sapore molto intenso. Le pezzature vanno da 1 kg a
1,5 kg. Si produce a novembre-dicembre.
Province di Firenze e di Arezzo.
Attiva.
• Sementi autoprodotte
• Preparazione del terreno: lavorazione profonda, concima-
zione e fresatura
• Sesti di impianto: circa 6 piante/m2
• Eventuale lotta fitosanitaria: contro la cavolaia e le
batteriosi
• Raccolta manuale
Sementi autoprodotte.
La tradizionalità del cavolfiore fiorentino tardivo risiede nel
fatto che si tratta di un ecotipo locale coltivato in zona da più
di cento anni. È una cultivar prodotta a novembre e dunque tar-
diva, come recita il nome. Il prodotto viene venduto con le
foglie che avvolgono il fiore, questo è un elemento di tipicità. In
altre zone, infatti, e per altre cultivar, le foglie vengono taglia-
te alla base, al fine di mettere più in evidenza il prodotto.
Nella provincia di Firenze sono probabilmente solo due i pro-
duttori che sicuramente utilizzano sementi autoriprodotte, a
San Casciano Val di Pesa e a Soffiano, con una produzione
complessiva di circa 10-15 quintali l’anno; la stessa quantità
Produzione
Vegetali
Cavolfiorefiorentino tardivo
Cavolfiore con il cappuccio,con il cartoccio o incartocciato
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b19
viene prodotta da un’azienda di Montevarchi, in provincia di
Arezzo, la cui attività consiste nella riproduzione di seme di
varietà autoctone. Esistono poi altri produttori di cavolfiore fio-
rentino nella provincia di Firenze, però non vi è la certezza che
questi utilizzino seme puro. La loro produzione annuale si aggi-
ra intorno ai 544 quintali.
La vendita avviene totalmente nelle province di Firenze e di
Arezzo, generalmente a privati direttamente in azienda.
Cavolfiore fiorentino tardivo
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v19
Il cavolfiore precoce toscano forma una “palla” dall’infiore-
scenza gialla rivestita dalle foglie che formano il cartoccio.
Valdarno, dintorni di Firenze e provincia di Arezzo.
Attiva.
Si semina in semenzaio o in vasetti nella prima metà di giu-
gno e si trapianta tra la fine di giugno e metà luglio. Si adat-
ta a tutti i tipi di terreno, purché siano ben concimati. Produ-
ce da ottobre fino a metà novembre una palla formata da
un’infiorescenza gialla, dal peso medio di 600-700 gr e, a
volte, anche di 1 kg. Una particolare caratteristica è quella
di essere completamente rivestito dalle foglie che formano il
“cartoccio” (le più interne sono commestibili). Durante il
ciclo vegetativo è attaccato dalla cavolaia e dai pidocchi fino
ai primi freddi. Nelle annate con autunno molto caldo la
pianta continua a produrre foglie che formano il cartoccio,
ma non la palla interna.
Questo cavolfiore ha la particolarità di essere completamen-
te rivestito dalle foglie che formano il cartoccio. Di solito
viene consumato fritto oppure cucinato col pomodoro. Le
foglie del cartoccio, tenere e chiare, vengono lessate o utiliz-
zate in zuppe. Si usa anche lessare il fiore e le foglie assie-
me e disporli sopra la bruschetta col brodo per mangiarle
come zuppa.
Nella provincia di Firenze sono probabilmente solo due i pro-
duttori che sicuramente utilizzano sementi autoriprodotte, le
loro aziende si trovano a San Casciano Val di Pesa e a
Soffiano, con una produzione complessiva di circa 10-15
quintali l’anno. La stessa quantità viene prodotta da quattro
Produzione
Vegetali
Cavolfioreprecoce toscano
Cavolfiore fiorentinocol cartoccio precoce
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b20
aziende della provincia di Arezzo, una delle quali, a
Montevarchi, svolge proprio l’attività di riproduzione di seme
di varietà autoctone. La vendita avviene totalmente nelle pro-
vince di Firenze e di Arezzo, generalmente a privati diretta-
mente in azienda.
Cavolfiore precoce toscano
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v20
La pianta è robusta e alta sino a 1 m, con foglie allungate e
bollose lunghe circa 40 cm. Ha un colore tra il grigio blua-
stro e il verde intenso, che diventa quasi nero in inverno.
Tenero, ha sapore e odore intensi.
Si produce nelle province di Lucca e Massa-Carrara.
Attiva.
Il cavolo viene prodotto durante l’inverno, ma le piantine sono
messe a dimora già a fine estate. Il terreno viene arato, fre-
sato e concimato (concimazione organica di fondo) per pro-
cedere poi al trapianto: le piantine sono distanziate tra loro di
60-70 cm sia sulle file, sia tra i solchi. In seguito la terra
viene più volte smossa per permettere un diserbo manuale.
Non si fa alcun intervento fitosanitario. La raccolta avviene
manualmente e le foglie vengono immediatamente confezio-
nate in mazzetti e disposte in cassette per la vendita.
• Attrezzi agricoli
• Arnesi da taglio per la raccolta
• Cassette di legno per la raccolta e la vendita
Il cavolo nero riccio si produce in questa zona sin
dall’Ottocento e ancora oggi la coltivazione avviene con gli
stessi sistemi tradizionali di un tempo. Le caratteristiche di
questo prodotto sono date dal pregio della cultivar locale, dal
suo particolare aspetto e gusto. Gli abbinamenti più tradi-
zionali per il consumo sono con la carne di maiale, con il
baccalà e con il cotechino con fagioli. Viene inoltre impiega-
to nella preparazione dell’infarinata o “‘ntruglia”.
Vegetali
Cavolo riccio nerodi Lucca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b22
Cavolo riccio nero di Lucca
In Lucchesia sono rimasti solo alcuni hobbisti e un paio di
professionisti all’interno di una cooperativa. In Versilia la
produzione è più ragguardevole nonostante si parli sempre di
hobbisti. La quantità annua prodotta è di 120 quintali di cui
solo 10 nella piana lucchese. Il prodotto ha un mercato esclu-
sivamente locale.
Produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v22
Il cavolo riccio nero di Toscana si chiama così perché presenta
foglie molto grandi, di colore verde scuro e con nervature più
chiare. La loro superficie è assai frastagliata per la presenza di
“bolle” alquanto grosse. Il sapore e l’odore sono quelli tipici del
cavolo. Si produce da ottobre a marzo.
Province di Firenze e di Arezzo.
Attiva.
• Acquisto delle sementi
• Preparazione del terreno: lavorazione principale, concimazio-
ne di fondo, fresatura
• Sesti di impianto: circa 6 piante/m2
• Eventuale lotta fitosanitaria: batteriosi e cavolaia
• Concimazione: 1:1:2
• Raccolta manuale
Seme acquistato o autoriprodotto.
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della
cultivar, il cavolo riccio nero di Toscana, un ecotipo locale lega-
to soprattutto alla cucina povera dei contadini che lo usavano
per fare la tipica “ribollita” o minestra di pane. La cultivar e
l’influenza dell’ambiente sono responsabili del sapore molto
intenso di questo cavolo. Si produce in zona da almeno 150
anni.
Nella provincia di Firenze la produzione di cavolo riccio nero con
sementi autoriprodotte avviene in due aziende, a Soffiano e a San
Casciano Val di Pesa, che ne producono complessivamente circa
10-15 quintali l’anno; 3 quintali vengono prodotti da un’azienda
di Montevarchi, in provincia di Arezzo, la cui attività consiste
nella riproduzione di seme di varietà autoctone. Tale quantità
potrebbe potenzialmente raggiungere i 6 quintali l’anno. Esistono
Produzione
Vegetali
Cavolo riccio nerodi Toscana
Braschetta
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b21
poi altri produttori di cavolo nero nella provincia di Firenze, però
non vi è la certezza che utilizzino seme puro. La loro produzione
annuale si aggira intorno ai 320 quintali.
La vendita avviene totalmente nelle province di Firenze e di
Arezzo, generalmente a privati direttamente in azienda.
Cavolo riccio nero di Toscana
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v21
Il cece di Grosseto ha forma tonda irregolare, colore chiaro,
è duro e piccolo. Si produce da marzo ad agosto.
Provincia di Grosseto.
A rischio.
• Acquisto delle sementi
• Preparazione del terreno
• Concimazione
• Semina in terreni sciolti, a fine marzo, in solchi alla
distanza di 40 cm tra le file
La coltivazione è in asciutta, la raccolta avviene in agosto a
macchina.
La tradizionalità del cece di Grosseto è data dalla particola-
rità della cultivar che risulta diversa nelle caratteristiche
morfologiche: il cece è più piccolo e più chiaro di quello nor-
male. Questa cultivar necessita di terreni sciolti, tipici del
grossetano. Si utilizza per minestre o come farina per pro-
dotti da forno.
La produzione del cece di Grosseto è esclusivamente hobbi-
stica, per autoconsumo familiare.
Produzione
Vegetali
Cece di Grosseto
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b23
Legume piccolo di colore chiaro.
Valdarno, Chianti, Mugello, province di Arezzo, Firenze e
Siena.
Attiva.
Coltivato in terreni sciolti. Si semina a spaglio lungo i solchi,
distanti 35-40 cm, da fine marzo a metà aprile. Viene colti-
vato in asciutta. In terreni poco concimati cresce piccolo e
con buccia sottile; se concimato molto, il legume è più gran-
de ma la buccia indurisce. Il colore è chiaro. La pianta ha un
portamento eretto, con primo palco molto basso. Richiede
una sarchiatura accurata a circa 20 giorni dall’emergenza. I
legumi si raccolgono da fine luglio a metà agosto e la pro-
duttività risulta buona.
I legumi vengono raccolti a maturità e, dopo la battitura,
conservati ben secchi e vagliati, in cassoni in locali asciutti e
ben ventilati, oppure in contenitori di vetro con aggiunta di
pepe.
I due produttori più significativi di cece nostrale o cece pic-
cino si trovano a Reggello e a Rapolano Terme e producono
complessivamente 150-200 q di cui 6-7 circa vengono ven-
duti alla grande distribuzione. In totale sono dodici i produt-
tori di cece nelle province di Firenze, Arezzo, Siena e Gros-
seto, ma si possono considerare solo come hobbisti. La quan-
tità media prodotta negli ultimi anni è costante anche se
potenzialmente potrebbe esserci un aumento delle superfici
messe a coltura.
Produzione
Vegetali
Cece nostrale Cece nostrale piccolo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b24
Attualmente il fagiolo ciavattone è prodotto solo per auto-
consumo; è un fagiolo di grande qualità dal punto di vista
organolettico: presenta infatti una polpa burrosa ed una buc-
cia finissima, facile da cuocere, tanto da essere assai apprez-
zato per la sua notevole digeribilità.
Si produce nel comune di Sorano, provincia di Grosseto.
A rischio.
La coltivazione avviene su terreni vulcanici tipici dell’area dei
tufi caratterizzati da una forte componente di potassio totale
e assimilabile, una totale assenza di fosforo, un pH sub acido
(6,5-5,5), una granulometria ottimale, una dotazione media
di sostanze organiche (2%-3%) ed una totale assenza di cal-
cio nelle sue formazioni sia di idrossido che di carbonato.
Il fagiolo ciavattone si chiama così per la caratteristica forma
schiacciata. Le sue particolari caratteristiche organolettiche
e nutrizionali, oltre alla cultivar, sono dovute alle condizioni
climatiche e alla composizione dei suoli in cui cresce.
Il ciavattone di Sorano è una antica varietà la cui coltivazio-
ne è rimasta in mano solo a pochi appassionati che ne custo-
discono gelosamente il seme. Essendo una produzione per lo
più hobbistica e, quindi, destinata all’autoconsumo, non è
possibile stimarne il quantitativo prodotto.
Alcuni tentativi di recupero di questa e di altre varietà di
fagioli tipici del grossetano hanno avuto scarsa efficacia per
motivi di carattere economico.
Produzione
Vegetali
Ciavattone di Sorano Fagiolo burro di Sorano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b25
La ciliegia di Lari è presente in 19 varietà su tutto il comu-
ne di Lari.
• Gambolungo: matura nella seconda quindicina di maggio;
è molto dolce e tenera.
• Cuore: di medie dimensioni con punteggiatura biancastra,
molto saporita, rischia l’estinzione.
• Siso: la pianta ha rami lunghi. Il frutto è biancastro, molto
saporito, e ovale con il picciolo corto.
• Papalina: matura nella prima decade di giugno; è sapori-
ta, di colore rosso cupo ed ha il gambo corto.
• Del paretaio: è ovale, di buon sapore e aroma; è in estin-
zione (ne è rimasta una sola pianta).
• Morella del Meini: particolare varietà di morella piuttosto
rara.
• Di Nello: selezionata attorno al 1920 da un agricoltore che
le diede il proprio nome, ha polpa colorita.
• Di Guglielmo: è in via d’estinzione ed è presente con poche
piante in località Tomaia; il nome deriva dal coltivatore che
la selezionò.
• Orlando: fruttifica su pochi alberi in località Colle; è in via
di estinzione.
• Elia: Se ne trovano solo pochi alberi alle porte di Lari.
• Precoce di Cevoli: matura nella prima metà di maggio.
Piccola, di gambo medio, con pasta biancastra, buccia rossa
e punteggiature biancastre.
• Morella: è una specie rara che matura nell’ultima decade
di giugno; è molto succosa e di colore intenso.
• Di giardino: tonda, saporita, ben colorita e con il picciolo
corto; si trova nelle piane di Lari.
• Marchianella di Lari: come la marchiana è piccola e molto
saporita, se ne sono ritrovati isolati frutti su un’unica pianta
in località Boschi di Lari.
• Usigliano: è molto profumata e con un intenso sapore; ha
Vegetali
Ciliegia di Lari
Descrizione sinteticadel prodotto
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b26
forma ovale e buccia tendente al viola.
• Morellona tardiva: di colore intenso e molto succosa, si
trova su pochi alberi in località San Bastiano.
• Marchiana: matura nella seconda decade di giugno; è pic-
cola, saporita e tenera ed ha il gambo lungo.
• Montemagno detta anche Angela: se ne possono ammirare
pochissimi alberi soltanto in località Usigliano; rischia l’e-
stinzione.
• Crognola: è la specie più tardiva (matura nell’ultima deca-
de di giugno) e si trova in località Casciana Alta; tonda, di
colore rosso lucente, è molto succosa.
Provincia di Pisa.
Attiva.
La ciliegia di Lari, anche se le sue caratteristiche cambiano
a seconda della varietà coltivata, è un frutto consistente, di
colore rosso intenso e dal sapore zuccherino. È una cultivar
autoctona originaria del pisano.
I produttori della ciliegia di Lari sono circa 36, non soltanto
nel comune di Lari ma anche a Cevoli, Usigliano, Lavoiano,
Perignano, San Ruffino di Lari e Boschi di Lari. La produ-
zione annua totale è di circa 150 quintali destinati solo in
parte alla vendita in zona, la maggior parte viene venduta nei
mercati del resto della Toscana. Ultimamente i produttori
hanno riscontrato dei problemi a reperire manodopera per la
raccolta del frutto.
Ogni anno a giugno viene organizzata la Festa della ciliegia
a Lari.
Ciliegia di Lari
Produzione
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v26
La cipolla di Bassone è di colore bianco, piccola e tonda. Il
suo sapore dolciastro permette di consumarla cruda, in pin-
zimonio (con olio e sale), oppure di usarla come ingrediente
di dolci, ad esempio la “Barbotla”, torta di cipolle cotta al
forno. Si abbina molto bene con vini rossi locali. La confe-
zione è tipica perché vengono intrecciate più cipolle insieme
a formare mazzi detti “reste”. Viene prodotta nei mesi di
novembre e dicembre ed è confezionata in azienda.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
• Seme locale
• Ottenimento delle piantine in semenzaio (autoriproduzione)
• Concimazione del terreno con letame
• Trapianto delle piantine dal semenzaio
• Rincalzatura delle piantine
• Raccolta manuale nei mesi di novembre e dicembre
• Confezionamento in “reste” o in cassette
• Seme locale
• Terriccio per l’ottenimento delle piantine in semenzaio
• Semenzaio
• Letame per la concimazione
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar che si adatta perfettamente al clima
montano della Lunigiana, sia alla tecnica di produzione
rimasta invariata nel tempo. L’approvvigionamento delle
piantine avviene per autoriproduzione in semenzaio, mante-
nendo così il patrimonio genetico autoctono della specie. Non
vengono generalmente utilizzate sostanze chimiche per la
Vegetali
Cipolla di BassoneCigola
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b27
difesa o per la fertilizzazione; la concimazione viene eseguita
con letame della zona.
Questo prodotto viene commercializzato come cipollino da
seme per un quantitativo medio annuo stimato in 15 q grazie
a due soli produttori. La sua diffusione supera i confini regio-
nali arrivando anche all’esportazione. La cipolla di Bassone
era oggetto in passato di una sagra che si svolgeva in zona di
cui però ora si è persa ogni traccia.
Cipolla di Bassone
Produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v27
La cipolla di Ripola ha forma tonda e schiacciata, è molto
dura e compatta, ha un colore rosato sbiadito e sapore più
dolce rispetto alle altre cipolle. Ha una pezzatura media. Si
produce a giugno-luglio e a ottobre-novembre.
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
• Seme autoprodotto
• Semina ad aprile o ad agosto (poco praticata per la man-
canza di acqua) utilizzando il seme dell’anno precedente
• Preparazione del terreno con aratura
• Leggera concimazione organica
• Raccolta manuale eseguita a giugno-luglio o a ottobre-
novembre
• Seme autoprodotto dell’anno precedente
• Concime organico
La tradizionalità della cipolla di Ripola è dovuta alla parti-
colarità della cultivar, influenzata dalle condizioni pedocli-
matiche: il terreno e soprattutto l’altitudine delle zone di col-
tivazione conferiscono un sapore meno pungente e più dol-
ciastro alla cipolla che, se coltivata a quote basse, assume un
gusto più amarognolo. Si consuma fresca in insalata e si pre-
sta ad essere utilizzata per fare dolci.
La produzione di cipolla di Ripola, quantificabile in circa 15-
25 quintali l’anno, interessa buona parte degli abitanti del
piccolo paese di Ripola. Oltre che per autoconsumo viene
venduta ai villeggianti che frequentano il paese nel periodo
estivo.
Produzione
Vegetali
Cipolla di Ripola
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b28
La cipolla di Terceretoli ha forma tonda e schiacciata, colo-
re rosato, non molto intenso. Non ha sapore molto forte, ma
è dolce e di consistenza croccante, pertanto si presta ad esse-
re consumata anche cruda in pinzimonio. Non si conserva
molto a lungo, raggiunge dimensioni di 500 g. Si raccoglie
fra giugno e luglio.
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
• Preparazione del terreno
• Semina a fine luglio con seme autoprodotto
• Concimazione con letame molto fine
• Copertura con foglie di felce per 10 giorni, annaffiatura
giornaliera
• Trapianto delle piantine ad ottobre e nuova concimazione,
sempre con letame molto fine
• Raccolta manuale a giugno-luglio
• Seme autoprodotto
• Letame
• Foglie di felce
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, sia alla tecnica di produzione che pre-
vede l’uso di foglie di felce per la copertura del suolo dopo la
letamazione. L’approvvigionamento delle sementi avviene per
autoriproduzione; questo permette di mantenere il patrimo-
nio genetico della specie autoctona. Il clima e il terreno con-
feriscono a questa cipolla un gusto particolarmente dolce. È
adatta al consumo fresco sia per il sapore particolare, sia
perché si conserva meno a lungo.
Vegetali
Cipolla di Terceretoli
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b29
Cipolla di Terceretoli
Questa caratteristica cipolla che in zona si produce da sem-
pre oggi viene coltivata solo per consumo familiare, perché
esiste un solo produttore che ne mantiene il seme attraverso
l’autoriproduzione.
Produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v29
La cipolla di Treschietto è piccola, più di quella di Bassone,
e tonda, bianca e di sapore dolce. Si produce tra novembre e
dicembre.
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
• Seme autoprodotto
• Ottenimento delle piantine in semenzaio
• Trapianto dopo la preparazione del terreno con adeguata
concimazione a base di letame
• Rincalzatura
• Raccolta manuale
• Confezionamento in reste o cassette
• Seme autoprodotto
• Semenzaio per l’ottenimento delle piantine
• Letame per la concimazione
Il prodotto deve la sua tradizionalità sia alla particolarità
della cultivar che si adatta perfettamente al clima montano
della Lunigiana, sia alla tecnica di produzione rimasta inva-
riata nel tempo. L’approvvigionamento delle piantine avviene
per autoriproduzione in semenzaio, mantenendo così il patri-
monio genetico autoctono della specie. Non vengono gene-
ralmente utilizzate sostanze chimiche per la difesa o per la
fertilizzazione; la concimazione viene eseguita con letame
della zona.
Il confezionamento è un altro fattore che rende il prodotto
particolare, in quanto le cipolle vengono intrecciate insieme
formando delle “reste”.
Il sapore dolciastro che la caratterizza permette di consu-
marla cruda, in pinzimonio (con olio e sale), oppure come
Vegetali
Cipolla di Treschietto Gigola
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b30
ingrediente di dolci fra i quali la Barbotla e la torta di cipol-
le cotta al forno. Si abbina molto bene con i vini rossi locali.
La quantità di cipolla di Treschietto prodotta, variabile di
anno in anno a causa delle condizioni climatiche, è di circa
100 q. Tale produzione interessa gran parte degli agricoltori
della zona. Questa cipolla è la protagonista della Sagra della
cipolla che si tiene a Terceretoli tra la fine di aprile e l’inizio
di maggio.
Cipolla di Treschietto
Produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v30
Ha il bulbo tondeggiante e allungato con pelle bianca scre-
ziata di rosso se fresca, completamente rossa se secca. Ha
sapore molto forte e piccante, come anche l’odore. Le pezza-
ture variano dai 50 g delle cipolle da consumare fresche, ai
circa 350 g di quelle secche.
Si produce in tutta la Lucchesia.
Attiva.
La cipolla viene prodotta da aprile a novembre con diverse
semine nel corso di questo periodo. La prima semina avviene
intorno al 10 luglio e le successive a distanza di 15 giorni tra
loro. Dopo il germogliamento le piantine vengono diradate
manualmente. Il ciclo delle cipolle da consumare fresche è di
70-80 giorni (a quest’uso sono destinate quelle delle prime se-
mine), mentre quelle da far seccare hanno un ciclo di circa 7
mesi e vengono seminate ai primi di settembre. Queste ultime
vengono consumate entro 2 mesi dalla raccolta. La coltivazio-
ne non è meccanizzata e si avvale di attrezzi artigianali.
I bulbi delle cipolle destinate al consumo secco vengono lega-
ti tra loro in trecce tramite le loro estremità fibrose.
Si tratta di una cultivar tipica di questa zona, la sola ad esse-
re coltivata ancora con sistemi tradizionali. Le principali
caratteristiche sono la particolarità della forma e del gusto.
Tradizionale è la confezione delle cipolle secche, intrecciate
tra loro per la conservazione e la vendita.
Viene coltivata a livello amatoriale un po’ in tutta la
Lucchesia, a Sesto di Moriano una sola azienda agricola ne
produce circa 70 quintali all’anno a scopo commerciale.
L’azienda confeziona ancora le cipolle, per la vendita, in
Produzione
Vegetali
Cipolla lucchese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b31
mazzi da 5 cipolle ciascuno e li intreccia tra loro a formare
un ventaglio, che prende appunto il nome di “ventaglia”.
Tradizionalmente le cipolle non venivano vendute a peso ma a
ventaglie. L’azienda commercializza direttamente circa metà
della produzione.
Cipolla lucchese
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v31
La cipolla massese ha forma tonda e schiacciata ed è di colo-
re rosso. Non ha sapore molto forte, ma dolce e consistenza
croccante. Si produce tra aprile e giugno.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Le piantine vengono ottenute in azienda da seme autopro-
dotto. Il terreno viene preparato attraverso la formazione di
solchi nei quali la piantina viene posta sdraiata, per poi esse-
re rincalzata. La raccolta, manuale, avviene nei mesi di apri-
le, maggio e giugno. Le cipolle vengono intrecciate a forma-
re dei “forconi”.
Seme autoprodotto.
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla partico-
larità della cultivar, alla tecnica di produzione rimasta inva-
riata nel tempo e all’originalità del gusto. La tecnica di pro-
duzione prevede la messa a dimora delle piantine sdraiate e
la successiva rincalzatura. Tale tecnica fa sì che la piantina
cresca storta e questo, insieme all’influenza del terreno sab-
bioso e del clima (vicinanza al mare), conferiscono alla cipol-
la massese il tipico sapore dolciastro. L’approvvigionamento
delle piantine avviene per autoriproduzione in azienda, man-
tenendo così il patrimonio genetico autoctono della specie.
Un altro fattore che conferisce particolarità al prodotto è il
confezionamento: la piantina secca viene intrecciata in un
modo particolare a formare il cosiddetto “forcone”. È otti-
ma per la preparazione dei soffritti.
Vegetali
Cipolla massese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b32
La cipolla massese viene coltivata da sette produttori princi-
pali che ne producono un quantitativo medio annuo di circa
25 quintali, commercializzato interamente nella zona e ven-
duto prevalentemente a negozi e ristoratori.
Cipolla massese
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v32
È una cipolla dal colore rosso, con caratteristica forma a
pera.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si differenzia dalla classica cipolla fiorentina dal bulbo
schiacciato, perché si presenta a forma di pera. È stata sele-
zionata partendo dalla fiorentina classica. Si semina in se-
menzaio da novembre a gennaio. Si trapianta da aprile a
maggio ad una distanza di 25x30 cm, in terreni ben soleg-
giati per evitare attacchi fungini. I cipollotti vanno rincalza-
ti da due a quattro volte. Le cipolle da conservare sono matu-
re a settembre. Vengono intrecciate e poste in locali ombreg-
giati e al riparo dal freddo, dove si conservano bene fino a
marzo e aprile.
La cipolla rossa toscana è consumata come cipollotto fresco,
dal sapore piccante, o preferibilmente come cipolla cucinata,
perché ha un sapore molto forte.
Per la produzione del seme vengono scelte le cipolle che tar-
dano a germogliare; queste vengono reimpiantate e mandate a
seme, per mantenere la caratteristica del germogliamento tar-
divo. Il seme si raccoglie a giugno-luglio e viene conservato in
ambienti asciutti. È utilizzata per i soffritti e per le frittate.
Il quantitativo medio annuo di cipolla rossa prodotta nelle
province di Arezzo (circa 10 produttori) e Firenze è quanti-
ficabile in 150-200 quintali.
La commercializzazione avviene prevalentemente in zona
attraverso il mercato ortofrutticolo, buona parte della pro-
duzione è per consumo familiare.
Produzione
Vegetali
Cipolla rossa toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b33
È una cipolla dolce dal colore rosso e dalla consistenza croc-
cante. È precoce e resistente.
Valdarno, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina in semenzaio ad agosto e si trapianta a ottobre-
novembre in file distanti 15 cm, perché in seguito viene dira-
data per il consumo fresco. Questa cipolla matura a fine
maggio e, rispetto ad altre cipolle, è meno soggetta ad attac-
chi fungini proprio per la precocità che la caratterizza. Viene
conservata in luoghi asciutti e ombreggiati nella forma
intrecciata.
Per le sue particolari caratteristiche organolettiche (è molto
dolce), viene consumata soprattutto cruda come cipollotto e
come cipolla. Per la produzione del seme vengono mandate a
fiore le piante migliori. Il seme raccolto viene conservato in
ambienti asciutti.
Il quantitativo di cipolla savonese prodotto è difficilmente
stimabile: è comunque considerevole il numero di aziende
agricole nel Valdarno fiorentino e aretino coinvolte nella sua
produzione.
Produzione
Vegetali
Cipolla savoneseCipolla “sagonese”
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b34
La forma della cipolla vernina ricorda quella di una trottola
appiattita; è di colore rosso intenso, odore e sapore pungen-
ti e forti. In genere il peso è di 200 g. Si raccoglie a luglio.
Provincia di Firenze.
Attiva.
• Acquisto delle sementi da ditte specializzate o autoripro-
duzione
• Lavorazione principale del terreno: aratura e fresatura
• Semina: circa 80 kg/ha di seme
• Sarchiatura
• Eventuale diserbo e lotta fitosanitaria contro le malattie
• Raccolta meccanica
• Eventuale fase di post-raccolta in frigorifero a 2°C
• Sementi o autoriprodotte acquistate
• Sostanze per il diserbo e la lotta fitosanitaria
• Cella frigorifera per la conservazione postraccolta
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, sia alla particolarità del gusto, forte e
pungente, che la rende adatta ad essere cucinata con carni
saporite al sugo. Viene prodotta da almeno 50 anni.
La cipolla vernina viene prodotta prevalentemente da due
aziende di San Casciano Val di Pesa e Soffiano la cui attività
consiste nella riproduzione di seme di varietà autoctone. Le
due aziende complessivamente immettono sul mercato 4-5
quintali all’anno di prodotto. La produzione è costante negli
anni. La vendita della cipolla vernina avviene totalmente in
zona, direttamente a privati in azienda.
Produzione
Vegetali
Cipolla vernina Cipolla bastarda
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b35
Il cocomero della Val di Cornia ha forma ellissoidale; ester-
namente presenta un colore verde scuro con striature verde
chiaro. Ha sapore molto zuccherino e la polpa è succosa e
croccante. Le pezzature vanno da 6 fino a 25 kg. Si produce
da giugno a settembre.
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Attiva.
Le piantine vengono acquistate presso vivaisti della zona. La
coltura può seguire nella successione colturale lo spinacio, il
cavolo, il pomodoro o i cereali autunno-vernini. Viene ese-
guita un’aratura alla profondità mediamente di 40-50 cm in
autunno, successivamente vengono effettuate ripetute opera-
zioni di affinamento del terreno. Le densità di piantagione
variano con la tecnica colturale adottata (semiforzatura o
pieno campo) e sono comprese fra le 4000 e le 6000 pian-
te/ha. Si effettuano normalmente dai tre ai quattro tratta-
menti antiperonosporici e antioidici. Si effettua una fertiliz-
zazione di fondo a base di fosforo e potassio, integrando con
apporti azoto-potassici, durante il ciclo colturale, per fertir-
rigazione. La raccolta si effettua manualmente attenendosi
ai tempi di carenza dei prodotti fitosanitari utilizzati. I coco-
meri vengono poi trasportati con rimorchi verso il locale di
lavorazione aziendale dove vengono depositati nel magazzi-
no o in una cella frigorifera.
• Piantine acquistate
• Prodotti per la lotta fitosanitaria
• Prodotti per la concimazione
• Locale di lavorazione con magazzino e cella frigorifera
Vegetali
Cocomerodella Val di Cornia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b36
La tipicità del cocomero non è data dalla particolare varietà
(quelle usate sono le più comuni), ma dalle sue caratteristiche
organolettiche legate ai fattori climatici e pedologici della
Val di Cornia che gli conferiscono il sapore assai zuccherino.
Le varietà coltivate sono la Royal Flash, di forma allungata,
la Crimson di forma tonda e la Vitumania, introdotta solo da
pochi anni.
La coltivazione di questo cocomero avviene anche nella zona
del Riotorto dove è molto precoce. Si riscontrano difficoltà in
luglio e in agosto per l’approvvigionamento idrico. In passa-
to erano molto più utilizzate le concimazioni organiche a
base di letame. Il cocomero è una delle specie orticole mag-
giormente coltivate nella Val di Cornia.
Il cocomero della Val di Cornia viene coltivato in circa 22
aziende che immettono sul mercato un quantitativo annuo di
50.000 quintali. Come per tutte le altre coltivazioni della Val
di Cornia, il problema maggiore che limita la produzione di
cocomero è legato alla salinizzazione delle falde che accen-
tua la difficoltà di reperimento delle risorse idriche. La razio-
nalizzazione dell’irrigazione tramite gli impianti a goccia ha
risolto solo in parte il problema.
Buona parte della produzione è orientata verso la grande
distribuzione, che raramente richiede pezzature superiori ai
12 kg normalmente richieste, invece, dai mercati locali o
dalla vendita diretta in azienda.
Cocomero della Val di Cornia
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v36
Si tratta di un insieme di erbe e radici spontanee di sapore
dolciastro che vengono raccolte in prati, terreni coltivati o di
recente coltivazione, come vigneti o oliveti collinari.
Vengono raccolte nel periodo invernale, da dicembre fino ad
aprile. Possono essere consumate sia fresche in insalata, sia
cotte come zuppa di verdure.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
• Raccolta di prodotti spontanei
• Lavaggio
• Consumo fresco o cottura
La cucina deve la sua tradizionalità alla particolarità delle
materie prime usate: erbe e radici spontanee che vengono
raccolte in prati, pascoli o in vigneti; il clima mite e l’espo-
sizione verso il mare della zona di raccolta delle erbe confe-
riscono loro un sapore dolciastro. Viene consumata come
zuppa in brodo con fagioli dall’occhio o cristiani, lessata o
condita cruda in insalata.
Essendo un prodotto spontaneo il quantitativo medio annuo
è difficilmente stimabile. Il prodotto è commercializzato a
livello locale; le erbe, raccolte da febbraio a marzo trovano
come canale commerciale principale il mercato della verdu-
ra di Massa. Nel 1994 è stato pubblicato il volume Erbe sel-vatiche alimentari delle Apuane e della Lunigiana nel quale si
parla della cucina.
Produzione
Vegetali
Cucina Erbi
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b37
Il dormiente della Montagna Pistoiese (Hygrophorus marzuo-lus), è un fungo conosciuto anche con gli appellativi di “dor-
miglione” o “marzuolo”; si caratterizza per il cappello di
colore variabile dal bianco grigiastro al grigio brunastro, per
le lamelle che sono bianco-grigio, spaziate, di consistenza
burrosa e un po’ decorrenti. Il gambo, solitamente tozzo e
cilindrico, ha un colore che va dal bianco al subconcolore al
cappello. La carne è bianca o grigiastra, dal gradevole pro-
fumo che ricorda il miele; il sapore è molto delicato. Spesso
è presente con numerosi carpofori anche cespitosi e molto
interrati nella lettiera delle conifere, tanto da renderne diffi-
cile l’avvistamento.
Nelle foreste dei comuni di Cutigliano e Abetone, provincia
di Pistoia.
Attiva.
Il dormiente è una specie spontanea dalle limitate quantità
di raccolta a causa della sua delimitazione distributiva. Le
caratteristiche organolettiche del fungo, come la delicatezza
e il gradevole profumo della carne, sono esaltate nel prodot-
to fresco.
Essendo un prodotto che cresce spontaneamente e che viene
raccolto da chiunque abbia richiesto il tesserino per l'auto-
rizzazione alla raccolta dei funghi, non esiste una rete com-
merciale e di distribuzione dello stesso e non è possibile quin-
di stimare la quantità di raccolto. Molti ristoranti o agritu-
rismi inseriscono questo fungo nel menu come ingrediente
per alcune delle portate che vengono proposte ai clienti.
Produzione
Vegetali
Dormiente dellaMontagna Pistoiese
Dormiglione, marzuolo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b38
Legume di colore bianco e di forma tondeggiante e schiacciata.
Valdarno, dintorni di Firenze, Mugello e Valdarno aretino.
Attiva.
Si semina da metà aprile a metà maggio e la pianta è ad
accrescimento indeterminato. Ha un ciclo di produzione di
circa 70-80 giorni, con produzione scalare. È molto esigen-
te quanto a condizioni climatiche e, se queste non sono più
che idonee, interferiscono negativamente sull’allegagione e
sulla produzione. Il fiore è bianco e il seme è circa la metà
del fagiolo spagnolo. Il seme viene seccato unicamente per la
riproduzione.
Legume dal sapore eccezionale, con pasta delicatissima,
dolce, e di buccia molto fine ma resistente alla cottura. Si
consuma unicamente fresco. Cuoce in 20-30 minuti. Si cuci-
na lesso con aggiunta di odori, oppure all’uccelletto. Viene
utilizzato anche per la ribollita.
L’unico produttore di fagiola schiacciona che utilizza semen-
te autoriprodotta si trova in località Sant’Agata, Scarperia.
Quest’anno ne ha seminato circa mezzo ettaro, generalmen-
te vende il proprio prodotto al mercato ortofrutticolo di
Firenze. Il seme di questa varietà è reperibile presso i Con-
sorzi e le Cooperative della provincia di Firenze ma non vi è
la certezza che sia puro. Nel Pratomagno e nel Valdarno are-
tino ci sono altri tre produttori di fagiola schiacciona, in
totale ne producono circa 5 quintali all’anno.
La produzione non è elevata e raggiunge sul mercato prezzi
molto alti.
Produzione
Vegetali
Fagiola schiacciona
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b39
Il fagiolo borlotto di Maremma è un fagiolo rampicante dalle
foglie verde scuro, opaco, e dal fiore rosa pallido; è caratte-
rizzato da un baccello piuttosto grande, può raggiungere la
lunghezza di 17,5 cm e la larghezza di 1,5 cm. Il seme è
grande, di colore bianco con screziature color porpora. Ha
una consistenza dura, si produce da aprile a luglio.
Maremma, provincia di Grosseto.
Attiva.
La semina avviene ad aprile a seguito di una preparazione del
terreno e di una concimazione di fondo. Necessita di terreni
sciolti e irrigui. La raccolta, a giugno-luglio, è manuale.
La qualità e tipicità del fagiolo borlotto di Maremma sono
date dalla particolarità della cultivar e dall’influenza del-
l’ambiente. Viene consumato come secondo piatto accompa-
gnato da vini rossi. Si produce dal XVI secolo.
La produzione di questo fagiolo era, fino a pochi anni fa pre-
valentemente di tipo hobbistico, poi, in conseguenza della
sempre maggiore richiesta e del prezzo che questo fagiolo
spunta sul mercato, ne è aumentata la produzione e la com-
mercializzazione.
Produzione
Vegetali
Fagiolo borlottodi Maremma
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b40
Il fagiolo borlotto nano di Sorano è una cultivar ad accre-
scimento determinato, non ha bisogno di sostegni. Il seme è
reniforme, di colore bianco con screziature rosse. Si produ-
ce da aprile a giugno.
Comune di Sorano, provincia di Grosseto.
A rischio.
Dopo la preparazione del terreno e la concimazione di fondo,
il seme viene messo a dimora a file in aprile. È una cultivar
piuttosto esigente, richiede buona irrigazione e concimazio-
ne, terreni freschi e ben drenati. La raccolta, manuale,
avviene a luglio.
La tipicità e qualità del fagiolo borlotto di Sorano sono date
dalla particolarità della cultivar e dall’influenza dell’am-
biente in cui viene coltivata. Si produce dal XVI secolo; si
impiega per fare minestre e minestroni, come contorno, da
solo o con salsiccia e cotiche. Spesso si accompagna con il
vino rosso Morellino.
Il fagiolo borlotto nano di Sorano è una antica varietà alla
cui coltivazione si dedicano ormai solo pochi appassionati
che ne custodiscono gelosamente il seme. Essendo una pro-
duzione per lo più hobbistica, destinata all’autoconsumo, non
è possibile stimarne il quantitativo prodotto.
Produzione
Vegetali
Fagiolo borlotto nanodi Sorano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b41
Ha colore rosso vinaccia intenso con striature bianco panna.
La buccia ha la consistenza tipica del borlotto e varia a
seconda dei tipi di terreno.
Si produce nel Valdarno fiorentino e aretino, province di
Arezzo e Firenze.
A rischio.
Si semina ad aprile-maggio, predilige i terreni sciolti e rea-
gisce bene a una concimazione azoto-potassica; è molto sen-
sibile agli attacchi degli afidi. La pianta è ad accrescimento
determinato e forma due palchi di fagioli; la maturazione è
scalare, pertanto si consuma prevalentemente fresco.
Il fagiolo borlotto nostrale deve la sua tipicità alla cultivar
di origine locale. In passato in montagna veniva fatta una
zuppa a base di castagne e borlotti.
Nel Valdarno Superiore sono ormai pochissimi i produttori
di questo fagiolo che viene destinato in prevalenza al consu-
mo familiare. Non è stato possibile stimarne la quantità
effettivamente prodotta visto che, essendo una produzione
rimasta in mano a pochi hobbisti, non entra nei normali
canali commerciali. L’impossibilità ad assicurare la disponi-
bilità del prodotto è una delle principali cause che relegano
questa produzione nell’ambito dell’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Fagiolo borlottonostrale toscano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b42
Il fagiolo burro ha una colorazione marrone scuro; è di con-
sistenza tenera e delicata al palato.
Provincia di Grosseto.
A rischio.
La semina avviene nel mese di aprile ed è a “postarella”. Si
tratta di una pianta rampicante, con ciclo di maturazione
breve, che richiede terreni freschi e quindi una buona irriga-
zione. Le foglie sono di colore verde chiaro e opache, i fiori
bianchi, i baccelli lunghi mediamente 160-170 mm e larghi
circa 12 mm, ricurvi con una forma ad “S”.
Il fagiolo va consumato fresco (anche in erba).
La tradizionalità del prodotto è legata alla provenienza loca-
le, e alla peculiarità dell’aspetto e del gusto.
Del fagiolo burro toscano non esiste una realtà produttiva di
rilievo; viene prevalentemente coltivato per hobby e pertanto
destinato al consumo familiare.
Produzione
Vegetali
Fagiolo burro toscano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b43
È un fagiolo bianco dalla caratteristica forma tubolare,
allungata. Attualmente è prodotto quasi esclusivamente per
autoconsumo.
Di grande qualità dal punto di vista organolettico, ha una
polpa morbida e una cuticola estremamente fine e permeabi-
le, facile da cuocere; per questo risulta molto digeribile. Tali
caratteristiche sono dovute alle condizioni climatiche e alla
particolare composizione dei suoli dell zona.
Sorano, provincia di Grosseto.
Attiva.
Viene coltivato in terreni vulcanici tipici dell’area dei tufi,
caratterizzati da una forte componente di potassio totale ed
assimilabile, da una totale assenza di fosforo, da un pH sub
acido (6,5-5,5), da una granolumetria ottimale, da una dota-
zione media di sostanze organiche (2-3%) e da una totale
assenza di calcio nelle sue formazioni sia di idrossido che di
carbonato.
Il fagiolo cannellino di Sorano è un ecotipo locale apprezza-
to da molti per le sue caratteristiche di digeribilità conferi-
tegli dalle proprietà dei suoli sui quali viene coltivato.
La produzione di questo fagiolo era, fino a pochi anni fa, pre-
valentemente di tipo hobbistico; in seguito alla sempre mag-
giore richiesta e al prezzo raggiunto sul mercato ne è aumen-
tata la produzione e la commercializzazione.
Produzione
Vegetali
Fagiolo cannellinodi Sorano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b45
Il fagiolo cannellino del San Ginese-Compitese ha un seme
reniforme di colore bianco ed è più piccolo del cannellino
classico; ha un epicarpo molto sottile e pertanto è morbido e
delicato al palato. Viene confezionato in sacchetti di juta da
1 kg oppure in sacchettini alimentari da 500 g. Sono utiliz-
zate anche confezioni di cartone sottovuoto e, per grossisti e
ristoranti, grossi sacchi da 10-15-20 kg.
Per il prodotto fresco i mesi di produzione sono da maggio
ad agosto; da settembre in poi si ha la produzione del fagio-
lo secco.
San Ginese, Compitese, provincia di Lucca.
Attiva.
• Seme autoprodotto in azienda: selezione manuale del seme
destinato alla produzione su rullo meccanico.
• Aratura leggera (c.a. 30 cm)
• Concimazione: 8-24-24, urea
• Difesa: trattamenti con geodisinfestanti e diserbo
• Irrigazione esclusivamente di soccorso
• Raccolta meccanica
• Selezione molto accurata, su rullo meccanico, del prodot-
to destinato alla vendita
• Seme autoprodotto in azienda.
• Rullo meccanico per la cernita del prodotto
• Prodotti per la concimazione e prodotti per la difesa
• Raccoglitrice meccanica
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della
cultivar; il fagiolo cannellino si adatta perfettamente alle
caratteristiche pedoclimatiche del luogo. L’autoproduzione
Vegetali
Fagiolo cannellino Fagiolo cannellino
del San Ginese-Compitese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b44
delle sementi garantisce il mantenimento delle caratteristiche
dell’ecotipo autoctono. Si consuma prevalentemente per fare
minestre e zuppe, con baccalà e gamberetti o semplicemente
lessato con sale e pepe; si accompagna con vini rossi locali.
Un’azienda in località San Ginese (LU) produce gran parte di
questo fagiolo cannellino tipico della Lucchesia, altre piccole
aziende a livello prevalentemente hobbistico ne producono
modeste quantità; 120 q di fagiolo secco e 50 di prodotto fre-
sco sono le disponibilità annue aziendali. La crescita ulterio-
re della produzione trova ostacolo nella forte richiesta di
manodopera di questa coltura.
Gran parte della produzione annuale viene assorbita da una
ditta locale che inserisce questo fagiolo cannellino in miscele
di legumi destinate alla grande distribuzione.
Solo il 40% è destinato ad un consumo locale in negozi orto-
frutticoli.
Fagiolo cannellino
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v44
Fagiolo dal colore bianco e forma ovale che si consuma pre-
valentemente secco.
Valdarno, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
La semina avviene verso la metà di aprile ma, a seconda
delle condizioni locali, si può anticipare o posticipare, anche
fino a luglio. Richiede terreni sciolti e fertili. La cultivar è
nana, ad accrescimento determinato e richiede l’irrigazione
di soccorso. È piuttosto delicato da un punto di vista fitopa-
tologico, pertanto va seguito ed eventualmente trattato.
La fioritura avviene su un solo palco.
Questo fagiolo presenta ottime caratteristiche organolettiche
e viene consumato prevalentemente secco, ma anche fresco;
la pasta è delicata e farinosa, la buccia sottile e i tempi di
cottura ridotti rispetto ad altre cultivar di fagiolo. Per la
riproduzione del seme vengono selezionate in campo piante
portaseme. La conservazione del seme è buona quando viene
posta particolare attenzione alle tecniche di gestione della
coltura in campo. Si presta alla preparazione di pasta e
fagioli e ribollita.
La produzione del fagiolo coco nano è quantificabile in circa
50 q annui e conivolge circa trenta produttori in tutto il
Pratomagno, il Valdarno e la Valtiberina. La commercializ-
zazione avviene nella zona di produzione e in parte nel resto
della regione.
Produzione
Vegetali
Fagiolo coco nano Fagiolo cocco
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b46
Appartiene alla specie Vigna unguiculata. I baccelli, di colore
verde opaco, mediamente filamentosi, non curvi e fini, rag-
giungono i 20 cm di lunghezza e sono larghi 5 mm. Sulla
pianta crescono attaccati apicalmente a gruppetti di 3-4.
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina da fine aprile a fine luglio (il periodo migliore è
fine maggio). In passato veniva seminato dopo la raccolta del
grano. Normalmente la distanza tra le file è di 70 cm e di 2-
3 cm sulla fila.
Preferisce i terreni sciolti e non ama i ristagni idrici, rara-
mente deve essere irrigato. I fiori sono bianchi tendenti al
violaceo; è consumato dappertutto come fagiolino fresco, ma
viene utilizzato anche secco.
Alcuni semi sono marroncini tendenti al chiaro, altri tendo-
no al ruggine con una macchia scura nell’ilo. La raccolta
avviene da fine luglio a scalare e può arrivare fino a ottobre.
I semi vengono prelevati secchi dai palchi più bassi del legu-
me e vengono lasciati ulteriormente seccare al sole per con-
servarli sotto vetro al fresco.
Se il fagiolo viene consumato fresco è chiamato “fagiolo cor-
netto” per la caratteristica distribuzione dei fagiolini sullo
stelo, quando invece viene consumato secco è detto “gentile”
per la sua ottima digeribilità.
Proverbio: “Chi vuole un bel fagiolo gentile, primo di mag-
gio o ultimo di aprile”.
Vengono prodotti circa 100 q di fagioli dall’occhio da una
cinquantina di aziende situate nel Pratomagno, nel Valdarno
Vegetali
Fagiolo dall’occhio Fagiolo gentile, fagiolo cornetto
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b47
aretino e fiorentino, nel Casentino e nella Valtiberina. Viene
prodotto prevalentemente per il consumo familiare e per
ristretti circuiti commerciali.
Fagiolo dall’occhio
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v47
Il fagiolo della montagna ha un seme reniforme molto gran-
de (circa 3 cm); il colore è giallo tendente al verdognolo, ha
sapore aspro e odore forte. La consistenza è dura; si produ-
ce a luglio e ad agosto.
Monte Amiata, provincia di Siena.
Attiva.
• Seme autoprodotto in azienda
• Preparazione del terreno: zappatura e successivo inseri-
mento dei sostegni (bastoni) per permettere alla pianta di
crescere
• Raccolta manuale
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità della
cultivar che si adatta perfettamente alle caratteristiche pe-
doclimatiche del luogo.
L’autoproduzione delle sementi garantisce il mantenimento
delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono.
Si consuma spesso con salsiccia, cipolla o semplicemente les-
sato con sale e pepe, accompagnato con vini rossi locali.
Il fagiolo della montagna viene prodotto solo a livello hobbi-
stico da alcuni coltivatori della provincia di Siena, in parti-
colare della zona dell’Amiata senese e della Val d’Orcia.
Non è possibile stimare il quantitativo annuo prodotto in
quanto tutta la produzione è destinata all’autoconsumo e non
viene messo in commercio.
Produzione
Vegetali
Fagiolo della montagna Fagiolo bastardone,
della nodola, dell’Amiata
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b48
Il fagiolo di Bigliolo ha una buccia sottile e una pasta molto
tenera; pertanto è estremamente digeribile e delicato. Ha
sapore dolciastro e consistenza farinosa. La forma del bac-
cello può essere diritta o leggermente arcuata, con dimensio-
ni di 10-12 cm. Il seme ha colore bianco crema leggermente
striato di rosso. Viene prodotto nei mesi di giugno e luglio.
Le varietà di fagiolo coltivate a Bigliolo appartengono sia al
tipo borlotto sia al cannellino. Il seme si conserva di anno in
anno ed è riprodotto dalle aziende stesse, cosicché nel tempo
si è mantenuto intatto un grande patrimonio di biodiversità.
Le principali varietà coltivate sono: il tondino, il borlotto di
Bigliolo, il bianchetto e il “due facce”.
Il tondino è un fagiolo di piccole dimensioni, dalla forma leg-
germente tondeggiante, con striature color vinato intenso e
fondo crema variegato di viola. Il baccello presenta striature
rosso-rosate che lo coprono quasi interamente. È il fagiolo più
ricercato per la delicatezza del gusto e la buccia molto sottile.
Il borlotto di Bigliolo ha forma allungata, leggermente
schiacciata con striature color vino vinoso intenso e dimen-
sioni maggiori rispetto al tondino. È utilizzato prevalente-
mente per la preparazione di ottimi minestroni.
Il bianchetto ha piccole dimensioni (ancor più piccolo del
tondino), forma ovoidale e colore bianco crema chiaro. Il
baccello ha colore uniforme, bianco crema, tendente al
verde. È un fagiolo dal sapore dolce e delicato; le sue ottime
caratteristiche vengono esaltate quando si usa come contor-
no: lessato in acqua e accompagnato da olio extravergine di
oliva della Lunigiana.
Il “due facce” è di media dimensione, di forma schiacciata e
leggermente allungata e presenta, a partire dall’occhio, una
variegatura color vinato su fondo crema. Il baccello ha colo-
re bianco crema ed è assai sottile. Viene utilizzato lessato e
nei minestroni per esaltarne la naturale sapidità.
Vegetali
Fagiolo di Bigliolo
Descrizione sinteticadel prodotto
*VegetalXstampa bigliolo091101 7-12-2001 15:58 Pagina b49
Lunigiana e in particolare la zona di Bigliolo, provincia di
Massa-Carrara.
Attiva.
La semina del fagiolo viene fatta tradizionalmente sulla
“ristoppia” del grano, iniziando a lavorare il terreno solo
dopo la raccolta del cereale nel periodo che va dal 23 al 30
giugno, cioè da San Giovanni a San Pietro. Le piante cresco-
no rigogliose in doppi filari sostenute da rami di cerro, noc-
ciolo e frassino, i cosiddetti “pali”, raccolti durante l’inver-
no; così nel periodo di coltivazione del fagiolo la campagna
assume un aspetto particolare. La concimazione è esclusiva-
mente organica, l’irrigazione per scorrimento.
Il fagiolo di Bigliolo deve la sua tipicità e le sue eccezionali
qualità alla tecnica di produzione, alle particolari varietà
locali di fagiolo, alle favorevoli condizioni del terreno, del
clima e dell’acqua di irrigazione poco dura. Bigliolo è collo-
cato in una valle orientata a sud, molto soleggiata, riparata
dai venti di tramontana dalle prime montagne dell’Appennino;
presenta un terreno alluvionale molto fertile, ben drenato e
povero di calcio. Questa caratteristica, unita all’utilizzo di
acque di irrigazione, per loro natura poco dure, conferisce al
fagiolo di Bigliolo una buccia molto sottile e quasi impercetti-
bile, un sapore molto dolce ed una estrema tenerezza della
pasta, molto più spiccati di quelli di fagioli prodotti altrove.
Anticamente veniva seminato lungo i corsi d’acqua. Solo in
seguito al diffondersi della pratica dell’irrigazione, per scorri-
mento delle acque nei solchi, si è avuto un incremento della
produzione. I fagioli erano un importante alimento sia nelle
case dei poveri che in quelle dei ricchi. Il 29 settembre 1709
il notaio che stendeva l’inventario dei beni del prete Cosimo
Malaspina di Quercia elencava, come beni preziosi, anche
“una pignatta di fagioli bianchi, un taschello con tre quarette
di faglioli minuti e una grande abbondanza di faglioli secchi
depositati in varie cantine”. Il prodotto si impiega, nella tra-
dizione culinaria del posto, in molti piatti, tutti, in genere,
accompagnati da vino rosso locale: salsicce e fagioli, polenta
incatenata, zuppa di fagioli con pane tostato, minestrone.
Una parte del prodotto viene destinata all’autoconsumo, il
resto viene venduto. La commercializzazione del fagiolo av-
viene prevalentemente in zona per vendita diretta, ma una
parte viene destinata anche a grossisti e distributori non loca-
li che lo vendono in Toscana e nel resto d’Italia.
Dal 1983 ogni anno la seconda e la terza domenica di ottobre
viene organizzata la Sagra del Fagiolo di Bigliolo con incon-
tri a tema intitolati “A tavola con il fagiolo”.
Fagiolo di Bigliolo
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
*VegetalXstampa bigliolo091101 7-12-2001 15:58 Pagina v49
Il fagiolo di Sorana è una leguminosa del tipo rampicante
appartenente alla specie botanica Phaseolus vulgaris L. che,
nella zona in cui viene coltivato, spesso supera i 5 metri di
altezza. Ha un seme dal colore bianco latte con leggere vena-
ture perlacee o rosso vinato con striature di colore più inten-
so. Quello bianco (denominato localmente piattellino) ha una
forma molto schiacciata, quasi piatta, molto più piccola del
comune cannellino; quello rosso ha una forma più cilindrica.
È molto saporito e la consistenza è tenera. Il tegumento
molto sottile, che non si stacca durante la cottura, e il suo
sapore particolare lo rendono un fagiolo molto ricercato,
anche se di difficile reperibilità.
La zona di produzione è costituita dalla parte del territorio
del comune di Pescia (provincia di Pistoia) caratterizzata
dalla presenza di numerosi corsi d’acqua, da terreni sabbio-
si e da una forte umidità dell’aria.
Attiva.
Per la coltivazione del fagiolo di Sorana sono adatti terreni
sabbiosi, mentre sono da escludere quelli con prevalenza
strutturale della frazione argillosa. La concimazione di
fondo è prevalentemente di tipo organico, come lo è quella
di copertura. La semina, previa adeguata lavorazione mec-
canica e manuale del terreno, viene effettuata da seme deri-
vante dalla popolazione locale. La raccolta è effettuata ge-
neralmente a mano, poi le granelle vengono esposte al sole
per 3-4 giorni per completarne l’essiccazione. Nel caso in
cui il prodotto non venga confezionato subito, si conserva in
contenitori con pepe in grani o radici di valeriana ed, even-
tualmente, foglie di alloro per evitare la diffusione di inset-
ti, soprattutto del tonchio.
Vegetali
Fagiolo di Sorana Piattellino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b50
Si produce nella zona da almeno due secoli, in genere si con-
suma come contorno di piatti tipici della cucina toscana, ma
anche come primo piatto (zuppe, minestroni).
È stata inoltrata la richiesta di riconoscimento di una IGP.
Sul territorio si possono individuare 10-15 produttori di
fagiolo di Sorana, riuniti in maggior parte in una associazio-
ne con sede a Pescia. I non iscritti sono piccoli produttori che
spesso impiegano il raccolto per autoconsumo e non fanno
quindi differenza per la stima della produzione generale. La
quantità effettivamente prodotta si può aggirare intorno ai
20 quintali all'anno. Non ci sono margini di aumento, è infat-
ti un fagiolo precoce che necessita di grandi quantitativi di
acqua e la sua ubicazione in una zona prettamente monta-
gnosa ne rende difficile la produzione.
Viene venduto in parte direttamente a privati in azienda, in
parte nel resto della regione.
Ogni anno a settembre, a Sorana e a Pescia, vengono orga-
nizzate sagre e manifestazioni gastronomiche sul fagiolo di
Sorana.
Fagiolo di Sorana
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v50
Esistono due varietà del prodotto. Una è il “fagiolo con il
grembiule”, piccolo, rotondo, di colore bianco e nero (mac-
chiettato), consumato in erba e molto tenero; l’altra è la
“fasgiulina”, diminutivo dovuto alla taglia della pianta che
si sviluppa in uno stadio intermedio, fra il fagiolo nano e
quello rampicante. La fagiolina ha una forma leggermente
piatta, di dimensioni modeste.
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
Un tempo veniva coltivato in consociazione con il granturco,
che con il suo fusto diventava il “frasco” cui arrampicarsi.
È un’antica varietà autoctona che si ritrova soltanto in pochi
orti familiari insieme ad altre varietà toscane. La produzio-
ne del fagiolo di Zeri è infatti ormai relegata a pochi hobbi-
sti che lo utilizzano solo per autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Fagiolo di Zeri Fagiolo con il grembiule
detto “fasgiulain dau scuside”;fagioline dette “fasgiuline”
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b51
Il fagiolo giallorino della Garfagnana ha seme ovale, dimen-
sioni medio-piccole e colore giallo, con occhio ben marcato.
È una coltura che non ha bisogno di sostegno; si produce da
maggio ad agosto.
Garfagnana, provincia di Lucca.
Attiva.
Il seme viene selezionato alla raccolta dai produttori e con-
servato per l’anno successivo. Il terreno viene preparato
facendo concimazioni di fondo; il seme viene messo a dimo-
ra in aprile, normalmente viene seminato in abbinamento al
formentone, sulle stesse file.
• Sacchi per la conservazione e vendita
• Locali per conservazione
La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origi-
ne locale responsabile del suo particolare sapore e aspetto.
In genere si consuma con il cotechino, con il baccalà o come
base per il minestrone.
ll fagiolo giallorino della Garfagnana viene prodotto da un’a-
zienda agricola che ha sede a Camporgiano (LU).
La produzione media è di 2-3 quintali all’anno; questa mode-
sta quantità è dovuta alla poca semente disponibile che non
permette di produrre questo fagiolo con continuità.
Gran parte del prodotto è venduto direttamente in azienda, il
restante è immesso al commercio in ambito regionale.
Produzione
Vegetali
Fagiolo giallorinodella Garfagnana
Giallorino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b52
Il fagiolo massese ha forma rotonda leggermente allungata,
colore dal beige al marrone chiaro. La pezzatura è medio
piccola e la consistenza pastosa. Viene prodotto in luglio-
agosto.
Provincia di Massa-Carrara e fascia litoranea.
Attiva.
• Autoproduzione delle sementi
• Preparazione del terreno in solchi
• Semina in aprile
• Concimazione organica
• Raccolta manuale a luglio
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar sia alla tecnica di produzione, rimasta
invariata nel tempo. Il seme viene autoprodotto in azienda,
mantenendo così il patrimonio genetico autoctono della spe-
cie. Le condizioni pedoclimatiche sono responsabili del gusto
fresco e saporito del fagiolo. Si consuma lesso, condito con
olio di oliva; è ottimo nelle minestre perché produce un brodo
denso e gustoso. Un tempo il fagiolo massese veniva semina-
to per essere raccolto in erba, oggi si raccoglie come fagiolo
da grana.
Oltre a qualche hobbista, sono 5 i produttori di fagiolo mas-
sese rimasti. Sono persone anziane che purtroppo non hanno
più lo stimolo a mantenere questa produzione. La quantità
che ne producono si aggira intorno ai 4 quintali all’anno, per
lo più destinati alla vendita a negozi locali ed alla vendita
diretta in azienda.
Produzione
Vegetali
Fagiolo massese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b53
Fagiolo piccolo di forma irregolare e lievemente tondeggian-
te con buccia sottile.
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina a fine aprile; la pianta è ad accrescimento semi-
determinato-indeterminato, con fiori bianchi e molto sensibi-
le alla ruggine; risente delle alte temperature in fase di alle-
gagione. Non richiede terreni fertili, la sua produttività è
media, la produzione avviene in 4-5 palchi.
Veniva seminato in passato consociato con la saggina o il
mais; per il consumo viene utilizzato secco. A causa della sua
forma di scarsa bellezza (piccola e irregolare) è limitato per
lo più al circuito familiare, ma è considerato da molti il
fagiolo più buono.
La buccia è molto sottile e la cottura abbastanza veloce; ad
un esame visivo dopo la cottura potrebbe essere scambiato
per lo zolfino (la forma è simile, solo lievemente meno roton-
da e il liquido di cottura chiaro senza legumi disfatti), men-
tre ad un esame gustativo si differenzia per l’assenza di quel-
la punta di dolce che caratterizza invece lo zolfino; il sapore
è intenso e delicato al tempo stesso.
Per il seme vengono lasciate le piante più belle e con un bel
tralcio.
Le preparazioni tipiche sono all’olio e all’uccelletto.
Sono state rilevate tre aziende produttrici per un quantitati-
vo complessivo di circa 5 q l’anno di fagioli. A questa quan-
tità si deve sommare quella prodotta da alcuni hobbisti che
destinano il prodotto totalmente all’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Fagiolo romano Fagiolo romanello
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b54
Il fagiolo rosso di Lucca è reniforme, leggermente ellissoidale,
e lungo circa 1,5 cm; è di colore rosso con screziature scure,
quasi nere; è molto farinaceo e ha un sapore più intenso rispet-
to al fagiolo cannellino. La consistenza del legume è tenace.
Provincia di Lucca.
Attiva.
La produzione avviene dal mese di maggio sino a settembre.
Dopo che il terreno è stato lavorato si procede alla semina
con sementi di origine aziendale.
L’investimento è di 30-40 piante per m2. Il terreno viene con-
cimato con concime triplo (8-24-24) e urea; l’irrigazione è
unicamente di soccorso. Dopo la raccolta, effettuata con
mezzi meccanici, le sementi vengono pulite, selezionate e
trattate contro coleotteri curculionidi (tonchi) per essere poi
conservate senza ausilio di trattamenti chimici.
• Seminatrice pneumatica
• Raccoglitore meccanico
• Sacchi per la conservazione e la vendita
• Locali per la conservazione
La tradizionalità del prodotto è dovuta alla cultivar di origi-
ne locale con il suo particolare sapore e aspetto. Sono tradi-
zionali i piatti come la pasta e fagioli, la bistecca e fagioli o
l’abbinamento con baccalà e gamberetti.
Il fagiolo rosso era una delle produzioni più importanti della
pianura lucchese fino agli anni cinquanta, poi, vista la gran-
de disponibilità di manodopera che richiede, la sua produ-
zione è andata via via calando fino quasi a scomparire negli
Produzione
Vegetali
Fagiolo rossodi Lucca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b55
anni settanta. Nel 1998 la Confederazione Italiana Agri-
coltori ha cercato, fornendo aiuti strutturali ai produttori, di
ampliarne le basi produttive, passando dai 15 quintali del
1999 ai 60 nel 2001, e di trovare canali di vendita (Uni-
coop). Sono soltanto due i produttori, a San Ginese, che si
sono fatti carico di questo impegno; ci sono poi altri hobbisti
nella zona di Nave-Sant’Anna. Si prevede un aumento della
produzione fino agli 80 quintali annui.
Per il momento il prodotto ha una destinazione prevalente-
mente regionale, solo una piccola parte viene anche venduta
al di fuori della Toscana.
Fagiolo rosso di Lucca
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v55
Il fagiolo schiaccione è bianco, lungo circa 2,5 cm e ha una
forma allungata e schiacciata. Ha sapore dolciastro ed è
molto tenero. È confezionato in sacchetti da 1 kg.
Si produce nella sola provincia di Lucca.
Attiva.
La produzione del fagiolo schiaccione avviene tra agosto e
ottobre. Per la semina vengono impiegate sementi aziendali
dell’anno precedente o acquistate presso rivenditori locali. Il
terreno viene fresato e vi si scavano solchi distanti circa 60
cm tra loro; si procede poi a una blanda concimazione, alla
disposizione delle piantine (a una distanza di 35-40 cm sulla
fila) ed eventualmente al diserbo. Nel corso della crescita
delle piante si effettua la rincalzatura e la lotta contro paras-
siti e patologie varie. Si concima poi una seconda volta (solo
di fondo). La raccolta si esegue manualmente. I baccelli ven-
gono disposti su teli di cotone e lasciati essiccare per 15-20
giorni al sole per essere poi sgranati a mano.
• Attrezzi agricoli
• Contenitori per la raccolta
• Teli di cotone per l’essiccazione
La particolarità del prodotto è dovuta alla cultivar di origi-
ne locale e alla sua caratteristica forma e sapore. Il terreno
di questa zona è particolarmente adatto alla produzione dei
legumi in quanto rimane fresco anche in estate, elemento che
influisce in modo determinante sulla crescita e dunque sulla
qualità del prodotto finale. La produzione avviene ancora
secondo sistemi tradizionali in tutte le sue fasi. È tipico l’ab-
binamento con salumi di maiale.
Vegetali
Fagiolo schiaccione
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina b56
In Versilia ci sono diversi produttori, ma non è stato possibi-
le quantificarli, nella provincia di Lucca vi sono una decina di
hobbisti.
La quantità effettivamente prodotta si aggira intorno ai 700
quintali sul fresco (5 ettari in produzione fra Pietrasanta e
Capezzano), 1 quintale di secco. Negli ultimi tre anni la
quantità media è stata di 600 quintali. La maggior parte del
prodotto viene venduta in zona, sia a negozi locali che a ditte
di trasformazione, il resto viene destinato ai mercati regio-
nali. La richiesta di fagiolo schiaccione sul mercato è mag-
giore della produzione.
Fagiolo schiaccione
Produzione
*Vegetali >b56 7-12-2001 10:41 Pagina v56
Il seme è di forma ovale, la pezzatura è medio piccola e pre-
senta vari colori: bianco sporco con striature di colore blu,
nero, marrone; alcuni fagioli presentano una colorazione
totalmente scura tendente al nero, altri completamente bian-
ca. È molto farinaceo e consistente.
Si produce in Garfagnana, provincia di Lucca.
Attiva.
Il seme viene selezionato alla raccolta dai produttori e con-
servato per l’anno successivo. Il terreno viene preparato
facendo concimazioni di fondo; il seme viene messo a dimo-
ra in aprile-maggio; normalmente viene seminato in abbina-
mento al formentone maggese sulle stesse file.
• Sacchi per la conservazione e vendita
• Locali per la conservazione
La tradizionalità del prodotto è data dalla particolarità del
suo aspetto caratterizzato da una colorazione insolita. È
molto rinomato per la morbidezza e per la consistenza, tanto
che rimane intatto anche dopo la cottura. In genere si con-
suma con il cotechino, con il baccalà o come base per il mi-
nestrone.
Questo legume, tipico della Garfagnana e della media Valle
del Serchio, si trova difficilmente in commercio dato che la
produzione è prevalentemente hobbistica.
Dei 6 quintali prodotti ogni anno circa la metà viene desti-
nata alla vendita diretta aziendale e solo una minima parte
transita dai negozi presenti in zona.
Produzione
Vegetali
Fagiolo scrittodella Garfagnana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b57
Fagiolo da mangiare in erba; non forma mai il filo neppure
a maturazione avanzata.
Valdarno aretino e provincia di Firenze.
Attiva.
La semina può essere fatta in due periodi diversi: a fine apri-
le-primi di maggio, oppure a luglio; nel primo caso, dato che
il ciclo di maturazione minimo è di 60 giorni, la raccolta av-
viene a fine giugno-primi di luglio, nel secondo a settembre.
La maturazione è scalare, pertanto la raccolta si protrae per
un periodo di 40 giorni.
La varietà è rampicante ed ha bisogno di sostegno; i fiori sono
violetti. Necessita di terreni fertili e di irrigazione; le patolo-
gie più frequenti sono afidi, ragno rosso e peronospora.
I baccelli sono lunghi circa 10-15 cm e contengono 5-6 chic-
chi di colore nero a maturazione; la caratteristica di questo
fagiolino da mangiare in erba è che a granigione avvenuta si
mantiene tenero e non forma il filo.
Viene preparato lessato e condito con olio oppure cotto col
pomodoro.
Non è stato possibile stimare la quantità di fagiolo seme nero
effettivamente prodotta visto che, essendo una produzione di
pochi hobbisti, viene destinata esclusivamente al consumo
familiare.
Produzione
Vegetali
Fagiolo seme nero
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b58
Il fagiolo serpente è un fagiolo in erba di colore verde scuro,
con una forma particolarmente allungata e dal sapore acidulo.
Si produce da fine giugno a fine agosto.
Provincia di Firenze.
Attiva.
Si semina a fine maggio-inizio giugno generalmente a file,
con distanza sulla fila di 10-15 cm. Pianta ad accrescimen-
to indeterminato, richiede il sostegno o le reti da pisello. Si
adatta a diversi tipi di terreno. Produce fiori violacei a grap-
poli di 2-3-4 e baccelli fini, lunghi e dritti, di colore verde
scuro, dal diametro di circa 4-5 mm. I baccelli, attaccati a
grappoli di 2-3, maturano spesso contemporaneamente (al-
meno 2 su 3). Il legume assomiglia molto al fagiolo dall’oc-
chio, piccolo, con la macchia nera all’ilo. Si raccolgono i
baccelli quando sono lunghi circa 50 cm. Poco suscettibile
agli afidi, è invece molto facilmente attaccato da cimici e
farfalline.
Baccello molto saporito, dal sapore erbaceo, pungente. Si
cucina in umido, lesso in insalata ecc. Non fa il filo e non si
vuota. I legumi sono diversi dal fagiolo serpente più comune,
che è più grosso e ha colore verde più chiaro. Per la riprodu-
zione del seme si lasciano crescere i baccelli sulle impalca-
ture più basse fino a 1 m di lunghezza e si raccolgono i semi.
Viene prodotto per consumo familiare e per ristretti circuiti
commerciali.
Nella provincia di Firenze è stata individuata un’unica azien-
da di rilievo che produce esclusivamente seme per le aziende
orticole toscane. Il seme di questo ortaggio è reperibile an-
Vegetali
Fagiolo serpentetoscano
Stringa
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b59
che presso i consorzi e le cooperative, ma non vi è la certez-
za che sia seme puro, non ibrido. I dati forniti dal Mercafir
parlano di 70 quintali di introdotto locale nell’anno 2000.
Nella provincia di Arezzo, nel Valdarno e nel Pratomagno, le
aziende produttrici sono una decina e ne producono circa 20
quintali.
Fagiolo serpente toscano
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v59
Fagiolo bianco di forma simile al cannellino, ma di maggio-
ri dimensioni e con buccia più sottile.
Province di Firenze e Arezzo.
Attiva.
Il fagiolo presente nel Valdarno è nano (ne esistono anche
alcune cultivar ad accrescimento indeterminato).
Se seminato ad aprile la raccolta avviene a luglio e si pro-
trae per 20 giorni dato che il fagiolo ha maturazione scala-
re; con semina tardiva (fine giugno) la raccolta viene fatta a
settembre.
Richiede terreni fertili e necessita di irrigazione; in condi-
zioni ottimali ha una assai elevata produttività e presenta 2-
3 palchi di fagioli.
I fiori sono bianchi, le patologie ricorrenti sono rappresenta-
te dalla ruggine, dagli afidi e dal ragno rosso.
Un tempo era molto diffuso, ormai nel Valdarno sono in
pochi a conservare questa varietà che invece è molto apprez-
zata sul mercato di Firenze. Viene consumato prevalente-
mente fresco (per la maturazione scalare).
Sono rimaste solo 2 aziende a coltivare il fagiolo turco ma
solo una di queste, a Montevarchi, ne ha una produzione
abbastanza considerevole (circa 1 quintale anche se la poten-
zialità produttiva è di 5 quintali). Il prodotto è venduto
direttamente dai produttori e nei negozi locali.
Produzione
Vegetali
Fagiolo turcodi Castello
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b60
Fagiolo piccolo, tondo, di colore giallo pallido con ilo bian-
co, buccia molto fine e di facile cottura.
Valdarno aretino e fiorentino, Pratomagno; province di
Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina generalmente a fine aprile. La pianta è ad accre-
scimento determinato, oppure semideterminato, ma in questi
casi l’abbozzo di tralcio di solito viene sfalciato. È stato rin-
venuto anche un ecotipo ad accrescimento indeterminato. È
un fagiolo che si adatta bene anche a terreni poco fertili, pur
con produttività più bassa se confrontata con altri fagioli
come il cannellino o altre varietà tipiche della zona, come il
coco bianco. Nella fase di allegagione risente del clima con
alte temperature, è piuttosto resistente alle comuni patologie
della specie, ma è facilmente attaccato dal ragnetto giallo.
Generalmente questa varietà produce due palchi di fagioli, di
cui il primo è quello più produttivo. I fagioli presentano un
ilo bianco e a maturazione assumono una colorazione giallo
pallido che, a seconda dell’ecotipo, è più o meno intensa.
È un fagiolo di facile cottura per la presenza di epidermide
molto sottile ed è molto ricercato sul mercato per il sapore
particolarmente delicato che lo caratterizza. Per la produ-
zione di seme vengono scelte le piante più belle. I semi ven-
gono lasciati seccare sulla pianta e ulteriormente asciugati
prima di essere conservati.
In tutto il Pratomagno ed il Valdarno le aziende che produ-
cono fagiolo zolfino sono circa 80, 6 delle quali sono azien-
de certificate biologiche. La produzione annua è di circa 500
Produzione
Vegetali
Fagiolo zolfino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b61
quintali, la maggior parte destinati alla vendita diretta nelle
diverse aziende, in minore quantità nei mercati locali e nel
resto della Toscana.
Fagiolo zolfino
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v61
La farina di castagne pistoiese ha colore nocciola chiaro,
sapore dolce e intenso aroma di castagne tostate.
Comuni della Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
A rischio.
Una volta raccolte, le castagne vengono portate nel metato
per l’essiccazione.
Il metato è un edificio con pareti e tetto di lastre di pietra,
diviso al suo interno in due livelli da un solaio (“graticcio”)
di legno di castagno sul quale vengono stivate le castagne
fresche. Al centro della stanza al piano terra viene acceso
e alimentato costantemente per 40 giorni un fuoco di legna
i cui fumi e calore passano attraverso il graticcio e lo stra-
to di castagne. È fondamentale che la temperatura riman-
ga costante poiché un calore troppo elevato accelera l’es-
siccazione delle castagne, con conseguente ottenimento di
farina di scarsa qualità.
Una volta essiccate, le castagne vengono stese sull’aia e bat-
tute con bastoni di legno per eliminare la buccia, quindi rac-
colte in sacchi e portate al mulino dove vengono macinate
con macine in pietra.
Dopo essere stata ritirata dal mulino la farina viene vaglia-
ta, trasportata in azienda e stivata pressandola manualmen-
te in contenitori di legno.
L’impiego di contenitori di legno di castagno consente la giu-
sta traspirazione e, di conseguenza, il compattamento e l’in-
durimento della farina che diviene un corpo unico; il com-
pattamento mantiene le caratteristiche organolettiche della
farina appena macinata inalterate per oltre un anno.
Vegetali
Farina di castagnepistoiese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b68
• Metati
• Cannicci di legno per l’essiccazione
• Battitore in legno
• Macina in pietra per la molitura
• Sacchi di iuta
• Contenitori in legno
La provenienza esclusivamente locale delle castagne e la tra-
dizionale tecnica di essiccazione nei metati conferiscono alla
farina di castagne pistoiese un sapore particolare, mentre la
conservazione in contenitori di legno consente un più duratu-
ro mantenimento delle caratteristiche organolettiche. Anche
la particolare manualità e l’esperienza acquisita dai produt-
tori nel tempo influiscono in maniera determinante sulla qua-
lità del prodotto.
Le aziende che nel pistoiese producono farina di castagne
sono circa 10, con una produzione complessiva annua di 20
quintali. La quantità prodotta è rimasta pressoché costante
negli ultimi anni; non c’è la tendenza all’aumento per la man-
canza di attrezzature adeguate. La maggior parte del pro-
dotto viene destinato alla vendita diretta, il rimanente all’au-
toconsumo.
Il Museo di Rivoreta espone i tradizionali utensili adoperati
dai castanicoltori, come ad esempio i testi per fare i “necci”,
che si realizzano con l’uso della farina di castagne.
In molte delle manifestazioni locali o feste paesane dei mesi
di ottobre e novembre sono sempre presenti prodotti tipici a
base di farina di castagne (biscotti, necci, polenta…).
Farina di castagne pistoiese
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v68
La farina di castagne dell’Amiata ha colore marrone scuro,
sapore dolce e intenso, profumo di castagne tostate. Viene
macinata molto finemente, ma mantiene una consistenza dura.
Generalmente viene confezionata in sacchetti trasparenti.
Zona dell’Amiata, in provincia di Grosseto e di Siena.
A rischio.
Una volta raccolte e scelte, le castagne vengono portate al
seccatoio, stese su un graticcio di legno posto al piano supe-
riore (a circa 2 m da terra) e seccate con il fumo e il calore
del fuoco allestito al piano terra. Dopo l’operazione di sec-
catura, che dura circa 40 giorni, le castagne vengono sgu-
sciate, confezionate in sacchetti di juta e poi consegnate al
mulino della zona. Dalle balle le castagne vengono riversate
su una tramoggia collegata alle macine di pietra, con le quali
viene compiuta la molitura, in genere al ritmo di circa 150
kg di castagne all’ora. La farina ottenuta viene poi stoccata
in appositi contenitori, controllando i tempi e le modalità di
questa fase.
• Metati per l’essiccazione
• Balle di juta
• Tramoggia
• Macine in pietra
Il prodotto deve la sua tradizionalità principalmente all’uti-
lizzo dei metati per la fase di essiccazione e alla molitura
mediante macine in pietra. L’uso di queste strutture conferi-
sce un gusto, una consistenza ed una qualità organolettica
alla farina totalmente diverse rispetto a quelli delle farine
prodotte in strutture industriali. Oltre alla tecnica di produ-
Vegetali
Farina di castagnedell’Amiata
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b65
zione, rimasta invariata nel tempo, le caratteristiche organo-
lettiche della farina di castagne dell’Amiata dipendono dalle
cultivar utilizzate nella zona di produzione.
Viene impiegata tipicamente per frittelle, bollenti, casta-
gnaccio e polenta dolce.
La coltura del castagno da frutto nell’area amiatina ha da
sempre avuto diffusione e interessa otto comuni della provin-
cia di Grosseto e tre della Provincia di Siena.
Da tempi antichi la produzione di castagne e di farina nella
zona amiatina, come in altre zone ricche di castagneti da
frutto, ha costituito una risorsa fondamentale e tutt’oggi con-
tinua ad essere un’importante fonte di reddito. Tuttavia, data
la forte variabilità produttiva non è stato possibile stimarne
il quantitativo annuo prodotto nelle diverse province.
Farina di castagne dell’Amiata
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v65
La farina di castagne carpinese ha colore che varia tra il
bianco crema ed il nocciola chiaro, profumo e sapore molto
intensi.
Provincia di Lucca.
A rischio.
Una volta raccolte, le castagne vengono trasportate al meta-
to per l’essiccazione.
Il metato tradizionale è una struttura in pietrame, calce e
sabbia, a due piani di dimensioni variabili. Al piano terreno
viene tenuto costantemente acceso un fuoco alimentato con
legna di castagno e con la pula dell’anno precedente. La pula
è la buccia di castagne che si separa dal resto del frutto
durante l’essiccazione; svolge una funzione molto importan-
te poiché conserva il fuoco e consente una maggiore fuoriu-
scita di fumo. È il fumo stesso che, passando attraverso lo
strato di castagne, le asciuga e le secca lentamente, facen-
dole rimanere bianche all’interno. Il tiraggio del fuoco è
garantito da feritoie di limitate dimensioni presenti nei muri
e dalla porta di entrata (in legno) che, infatti, non chiude
ermeticamente la soglia. Il piano terra e il livello superiore
del metato sono separati ad un’altezza di circa un metro ed
ottanta da un solaio divisorio costituito da “cannicci”, cioè
assi mobili di castagno che poggiano su travi portanti, sui
quali viene steso uno strato di castagne verdi con spessore
minimo di 40-60 centimetri. I cannicci, oltre a permettere il
passaggio del calore e del fumo necessari per far seccare le
castagne, ne facilitano anche l’operazione di mescolamento,
alla quale solitamente si procede dopo venti giorni di essic-
cazione, sui quaranta circa complessivi del processo. Al can-
niccio si accede tramite una finestrella sul cui architrave in
Vegetali
Farina di castagnecarpinese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b62
legno un tempo si facevano dei segni per tenere il conto delle
castagne messe ad essiccare. La fuoriuscita del fumo e del-
l’umidità è possibile grazie alle feritoie del primo piano e al
tetto, costituito da tavole distanti le une dalle altre e coperto
da coppi.
Dopo l’essiccazione si procede alla battitura e alla ventila-
zione delle castagne con appositi macchinari per eliminare la
buccia e quindi alla molitura tramite macine in pietra. La
farina ottenuta viene sottoposta a vagliatura e conservata in
appositi contenitori.
• Metati per l’essiccazione
• Cannicci in legno
• Mulini tradizionali con macine in pietra
Il prodotto deve la sua tradizionalità, oltre che alle caratteri-
stiche organolettiche delle cultivar locali, anche alla tecnica
di produzione, rimasta invariata nel tempo, che prevede l’uti-
lizzo dei metati per la fase di essiccazione e la molitura
mediante macine in pietra.
Questa farina è ancora prodotta in alta Versilia in due muli-
ni presenti a Stazzema e Retignano (LU).
La raccolta delle castagne è ormai fatta solo da hobbisti che
poi portano il raccolto nei molini della zona. La produzione
ammonta a circa 50 quintali di farina all’anno. La farina
viene immessa sul mercato per il 60% del totale poiché l’au-
toconsumo ne assorbe il resto; la vendita avviene direttamen-
te in azienda o presso rivenditori locali.
Farina di castagne carpinese
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v62
La farina di castagne d’Antona ha un colore che varia dal
crema, al beige, al bianco e un sapore dolce con un leggero
retrogusto amarognolo. Il profumo è quello delle castagne e
la consistenza è fine al tatto e al palato. Viene confezionata
in sacchetti da 1 kg circa.
Provincia di Massa-Carrara, in particolare l’area di Antona.
Attiva.
Una volta raccolte, le castagne appartenenti alla cultivar
Carpinese vengono portate al seccatoio, dove, stese su un
graticcio di legno posto ad un’altezza di circa 2,5 m dal
suolo, vengono seccate dal calore del fuoco allestito al di
sotto. Dopo l’operazione di seccatura, che dura circa 40
giorni, le castagne vengono battute con la “mazzalanga”
(disco di legno provvisto di lungo manico) per eliminarne la
buccia e ripassate nella “vassora” o “abbiolo” (attrezzo
simile al setaccio) per completare la pulitura.
Le castagne secche vengono quindi portate al mulino per la
macinazione, che nella zona viene effettuata ancora in un
mulino ad acqua con macine in pietra. Altrettanto tradiziona-
le è la conservazione della farina che viene pressata in madie
di legno che garantiscono il mantenimento delle caratteristi-
che organolettiche del prodotto; la pressatura è talmente forte
che per l’utilizzo la massa della farina deve essere rotta con lo
scalpello e poi setacciata.
• Metati per l’essiccazione
• Mazzalanga (disco di legno provvisto di lungo manico)
• Vassora o abbiolo (macchine pulisci-castagne)
• Macine in pietra
• Madia di legno per la pressatura
Vegetali
Farina di castagned’Antona Farina dolce
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b63
La farina di castagne d’Antona, la cui tecnica di produzione
è rimasta invariata nel tempo, deve le proprie caratteristiche
organolettiche alle cultivar utilizzate, all’impiego dei metati
per la fase di essiccazione e alla molitura mediante macine a
pietra. Viene impiegata in piatti tipici quali frittelle, casta-
gnaccio e polenta dolce.
La farina di castagne d’Antona viene commercializzata da 7-
8 produttori più significativi, per un quantitativo annuo di
circa 70 quintali.
Farina di castagne d’Antona
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v63
La farina di castagne di Prato ha colore marrone chiaro e
sapore dolce; viene confezionata in sacchetti di capienza
variabile fra 500 g e 2,5 kg.
Provincia di Prato.
A rischio.
Una volta raccolte, le castagne vengono trasportate ai meta-
ti per l’essiccazione che prevede, come da tradizione, l’affu-
micatura su dei graticci. La farina viene raccolta in reci-
pienti posti sotto le macine e successivamente sottoposta alla
vagliatura per omogeneizzare il prodotto. Si procede infine
al confezionamento.
• Metati
• Cannicci di legno per l’essiccazione
• Paletti di castagno per i graticci
• Macine in pietra
• Madie in legno per la conservazione
• Vagli in legno e metallo
• Sacchi di iuta o canapa
La tradizionalità del prodotto è legata alle caratteristiche
organolettiche delle castagne determinate dalle cultivar
locali, alla tecnica di essiccazione nei caratteristici metati e
alla molitura con impiego di macine in pietra.
La quantità effettivamente prodotta della farina di castagne
di Prato è di 200-300 quintali, all’anno l’andamento della
produzione è abbastanza costante se si trascurano gli anda-
menti stagionali. La Comunità Montana Alta Val Bisenzio ha
messo in evidenza che molti ettari di terreno potrebbero
Produzione
Vegetali
Farina di castagnedi Prato
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b67
essere recuperati alla castanicoltura ma attualmente i fatto-
ri che limitano la produzione sono di natura strutturale: spo-
polamento della montagna, frammentazione dei produttori
castanicoli, metodi di trasformazione inadeguati. I molitori
attualmente attivi nella provincia di Prato sono 4 e si trova-
no nei comuni di Vernio e Cantagallo. La vendita avviene
totalmente in zona a negozi locali una parte della produzione
viene comunque destinata all’autoconsumo.
Nei mesi di novembre e dicembre il territorio è interessato da
numerose sagre legate ai prodotti castanicoli. Forse la festa
più importante è la Sagra della Polenta che si tiene a Vernio
la prima domenica di Quaresima.
Farina di castagne di Prato
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v67
La farina di castagne della Lunigiana è contraddistinta da
una consistenza molto fine e da un colore avorio-crema. Ha
sapore dolce e un intenso profumo di castagne.
Lunigiana, provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
Dopo l’eliminazione dei frutti non integri, le castagne vengo-
no poste ad essiccare nel metato su cannicci di legno per
almeno 40 giorni e quindi sottoposte a battitura (pulitura);
poi vengono selezionate per eliminare i frutti bacati e quelli
che non presentano le migliori condizioni di essiccazione. La
molitura ha luogo in mulini con macina a pietra e la farina
ottenuta viene vagliata, stoccata in madie di legno e infine
confezionata in sacchi di iuta.
• Seccatoi tradizionali (metati)
• Cannicci di legno per l’essiccazione
• Macine in pietra per la molitura
• Madie in legno per la conservazione
• Sacchi di iuta per il confezionamento
La tradizionalità del prodotto è legata alle caratteristiche
organolettiche delle cultivar locali e all’antichissima tecnica
di condizionamento (affumicatura) che ha luogo nei tipici
metati per mezzo di un fuoco alimentato costantemente con
legna di castagno.
Per questo prodotto si può stimare una produzione media
annua di circa 2000-2100 q e un elevato numero di produt-
tori. La farina viene commercializzata anche in ambito
nazionale oltre che in Toscana grazie a grossisti e distributo-
ri non locali.
Produzione
Vegetali
Farina di castagnedella Lunigiana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b66
È una farina dolce di colore nocciola chiaro e viene macina-
ta tanto finemente da avere una consistenza quasi impalpa-
bile. Ha sapore intenso ed un forte aroma di tostato.
Comuni di Loro Ciuffenna, Castelfranco di Sopra, Castiglion
Fibocchi, Reggello, Pian di Scò, Talla, Castel Focognano, Or-
tignano Raggiolo, Castel San Niccolò, Poppi, Montemignaio,
provincia di Arezzo.
Attiva.
Dopo la raccolta e la cernita, le castagne vengono portate per
l’essiccazione in locali tradizionali (seccatoi o metati), a due
piani (in genere in pietra arenaria, ma talvolta in laterizi
vari), nei quali il pavimento del primo piano è costituito da un
“graticciato” di legno sul quale vengono poste le castagne da
essiccare. Al piano più basso viene acceso un fuoco che viene
alimentato con legna di castagno per almeno 40 giorni. Una
volta essiccate (umidità residua 12-14% circa), le castagne
vengono sgusciate e sottoposte ad una cernita manuale per
allontanare corpi estranei o frutti avariati, e quindi tostate
per 12 ore circa in forni riscaldati a legna (250-300°C).
Quando il tasso di umidità residua è del 9-10% circa, le ca-
stagne vengono tolte dal forno, poste su vagli di rete metal-
lica a maglie strette e agitate per eliminare eventuali residui
di episperma rimasti dopo la sgusciatura. Dopo quest’ultima
fase, i frutti sono pronti per essere macinati in mulini muni-
ti di macine in pietra opportunamente scanalata. La farina
così ottenuta viene infine sottoposta a vagliatura.
• Locali in muratura (metati)
• Assi in legno
• Pale o rastrelli in legno o metallo per muovere le castagne
nell’essiccatoio
Vegetali
Farina di castagnedel Pratomagno
Farina dolce
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b64
• Macchina per la sgusciatura
• Forno in muratura per la tostatura
• Vagli in legno e rete metallica
• Mulino con macine in pietra
Le caratteristiche organolettiche della farina di castagne del
Pratomagno dipendono dalle cultivar utilizzate e dal processo
di essiccazione. L’essiccazione tradizionale dei frutti costitui-
sce un elemento essenziale nella produzione della farina di
castagne del Pratomagno per due motivi: in primo luogo l’esi-
stenza di numerosi locali adibiti allo scopo posti in posizione
ottimale per l’economia dell’azienda produttrice (in genere
adiacenti all’abitazione) che consentono una vigilanza e un’a-
limentazione continua del fuoco; in secondo luogo l’essicca-
zione con fuoco di legna, che dà a questo prodotto caratteri-
stiche organolettiche e un sapore completamente diversi da
quelli ottenibili con castagne essiccate in essiccatoi di tipo
industriale. Per quanto riguarda la macinatura delle castagne,
è peculiare la presenza di un’ulteriore fase di tostatura (che
non viene praticata in nessun’altra zona).
La farina di castagne del Pratomagno ha rappresentato per
centinaia di anni l’alimento base degli abitanti della zona
come dimostra l’esistenza di cultivar autoctone ed esclusive
la cui origine risale ad oltre cinquecento anni fa. Su tutto il
territorio del Pratomagno si possono rinvenire locali adibiti
all’essiccazione delle castagne, sia nei pressi dei paesi che
nelle selve di castagno (in pratica, ogni famiglia aveva un
forno che utilizzava per la tostatura dei frutti) e nel bacino
del Ciuffenna esistevano una ventina di mulini adibiti alla
macinatura delle castagne (del mulino di Loro abbiamo noti-
zie certe fin dal XIII secolo e comunque il Catasto leopoldino
riporta ancora sedici mulini in funzione sul territorio). Nel
1809 il Maire di Loro scriveva, nell’inchiesta commissionata
da Napoleone, che nel comune oltre all’olio si producevano in
abbondanza le castagne e il Pontecorvo, nel 1932, annovera-
va le castagne tra i principali prodotti del Pratomagno, sia
valdarnese che casentinese.
Alcuni produttori della farina di castagne del Pratomagno
sono riuniti in un’ssociazione che ha sede a Loro Ciuffenna.
La produzione annua è di circa 1000 quintali; i molini con
macina a pietra ancora attivi nella zona sono 4, nei comuni
di Castel San Niccolò, Soci e Loro Ciuffenna. La vendita è
prevalentemente locale, ma buona parte della produzione
viene destinata ai mercati del resto della Toscana.
Farina di castagne del Pratomagno
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v64
La farina di neccio della Garfagnana ha colore che varia dal
bianco fino all’avorio scuro. Il sapore dolce è caratterizzato
da un leggero retrogusto amarognolo; il profumo è quello
delle castagne e la consistenza è fine al tatto e al palato.
Viene confezionata in sacchetti da 500 g, 1 kg e 1,2 kg.
Garfagnana, provincia di Lucca.
Attiva.
Dopo l’eliminazione dei frutti non integri, le castagne vengo-
no poste ad essiccare nel metato, su cannicci di legno, per
almeno 40 giorni e quindi sottoposte a battitura (pulitura) e
selezionate per eliminare i frutti bacati e quelli che non pre-
sentano le migliori condizioni di essiccazione. La molitura ha
luogo in mulini con macina a pietra (5 quintali a macina) e
la farina ottenuta viene vagliata per eliminare eventuali
corpi estranei, stoccata e infine confezionata.
• Metati per l’essiccazione
• Cannicci di legno per l’essiccazione
• Attrezzi per la battitura
• Macine in pietra
Il prodotto deve la sua tradizionalità all’utilizzo dei metati
per la fase di essiccazione e alla molitura mediante macine
in pietra, che lavorano quotidianamente solo un limitato
quantitativo di farina, onde evitare che questa stessa si scal-
di e divenga più scura e meno buona. La tecnica di produ-
zione è rimasta invariata nel tempo. Le cultivar di origine
locale determinano le caratteristiche organolettiche della
farina di neccio della Garfagnana.
Vegetali
Farina di necciodella Garfagnana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b69
Tutti i produttori della farina di neccio della Garfagnana sono
riuniti in un’associazione che ha inoltrato la richiesta di DOP.
Ci sono altri piccoli castanicoltori che non fanno parte del-
l’associazione e che si possono classificare come hobbisti. La
produzione, in crescita, nell’ultimo anno è stata di circa 80
quintali, destinati ai mercati locali e regionali.
La farina di neccio ha partecipato a varie manifestazioni
nazionali: Sana a Bologna, Agrifiera a Verona e Salone del
Gusto a Torino.
Farina di neccio della Garfagnana
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v69
Baccelli lunghi fino a 30 cm con 6-8 semi teneri e dolci.
Area fiorentina e Valdarno aretino, province di Arezzo e
Firenze.
Attiva.
Prevalentemente si semina in autunno ed è una varietà molto
resistente ai geli invernali. In tal caso la produzione inizia ad
aprile e non subisce alcun attacco parassitario.
Se seminata tardivamente (gennaio) la produzione inizia a
maggio e sono necessari trattamenti contro gli afidi.
Richiede un terreno buono, ma ricco di scheletro.
È una varietà molto produttiva, con una produzione anche di
15 baccelli a pianta.
È una cultivar mantenuta per la sua elevata produttività e
per le caratteristiche di sapore dolce che caratterizzano il
legume, che viene consumato fresco. Per la produzione del
seme vengono individuate le piante con i baccelli migliori e
lasciati seccare sulla pianta quelli dei primi palchi, perché
presentano maggiore purezza ed energia germinativa supe-
riore. L’abbinamento classico è con il pecorino toscano.
Non è stato possibile stimare la quantità effettivamente pro-
dotta di fava lunga delle Cascine. Soltanto tre aziende in
località Sant’Agata a Scarperia, località I Crocioni a Scar-
peria e in Via di San Vito a Firenze utilizzano sicuramente
sementi autoriprodotte e in totale dedicano 2-3 ha alla col-
tura in questione.
La produzione della fava delle Cascine nella provincia di
Firenze non si esaurisce con questi produttori in quanto è una
coltura molto diffusa nel territorio fiorentino, tanto che il
Produzione
Vegetali
Fava lungadelle Cascine Fava delle Cascine
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b70
seme (ibrido) lo si trova anche presso i consorzi e le coopera-
tive. Il prodotto viene venduto soprattutto al Mercafir, ma
non si hanno dati sull’introdotto.
In provincia di Arezzo ci sono circa quattro produttori, più
altri hobbisti, che producono in totale 5 quintali di fava
lunga.
Fava lunga delle Cascine
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v70
Il prodotto è costituito da una coppia di fichi secchi aperti
e sovrapposti a formare un “otto”. Vengono presentati
sfusi, oppure confezionati in plateaux o in cestini di varie
forme.
Provincia di Prato, in particolare il comune di Carmignano.
Attiva.
Dopo la raccolta, a fine estate, i fichi della varietà “dottato”
vengono divisi in due, sistemati su stuoie di cannicci e sotto-
posti per alcune ore alla solfitazione, che ha luogo in un loca-
le chiuso bruciando zolfo in appositi recipienti di coccio.
Dopo la solfitazione i fichi vengono posti ad essiccare all’a-
perto al calore del sole; in questa fase, che dura circa una
settimana, i fichi vengono protetti con retine antinsetto e
riposti al coperto durante la notte.
Quindi vengono sistemati uno sopra l’altro con l’aggiunta di
foglie di alloro e posti ad asciugare in un ambiente asciutto
per un periodo che va dai trenta ai quarantacinque giorni.
Raggiunta la completa essiccazione, vengono sovrapposti a
due a due per formare le “piccie” e sistemati, previa aggiun-
ta di alcuni semi di anice in mezzo ad ogni fico, nella confe-
zione definitiva (cesti di vimini o cassette).
• Coltelli
• Stuoie di cannicci
• Locali tradizionali per la rimessa quotidiana e lo stoccaggio
• Cesti di vimini e cassette per il confezionamento, oppure
tipici “canicci” (cesti a forma di fico ottenuti dall’intrec-
cio di vitalbe sbucciate su paletti di castagno piegati).
Vegetali
Fichi di Carmignano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b71
Il prodotto deve la sua apprezzata qualità alla varietà di fichi
utilizzata e alla particolare aromatizzazione che i frutti
acquisiscono durante il processo di preparazione. Anche gli
ambienti tipici e i materiali rustici utilizzati contribuiscono a
caratterizzare il profilo organolettico del prodotto. La tecni-
ca di preparazione ha sicuramente origini antiche.
I fichi di Carmignano sono un prodotto invernale che viene
consumato prevalentemente in occasione delle festività nata-
lizie. C’è soltanto un’azienda a Carmignano che commercia-
lizza il prodotto, gli altri produttori lo destinano ad amici e
familiari. La quantità annuale prodotta è in media di 2,5 q,
una quantità in diminuzione rispetto agli anni passati. In
generale il motivo che limita la produzione del fico di
Carmignano è il progressivo abbandono di questa coltura e
della tradizionale lavorazione che è ormai praticata da pochi
produttori. Solo quest’anno l’unica azienda che commercia-
lizza il prodotto ha impiantato 200 nuove piante. La vendita
avviene prevalentemente in zona, direttamente a privati in
azienda.
Ogni anno, nei primi giorni di ottobre a Carmignano si tiene
l’Antica fiera di Carmignano in occasione della quale vengo-
no presentati i fichi secchi nelle loro tradizionali ceste di
vimini.
Fichi di Carmignano
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v71
I fichi sott’olio sono in realtà una conserva dolce di fichi e
succo di limone. Una volta terminato il processo di prepara-
zione, i fichi hanno l’aspetto di un sott’olio (da cui il nome);
in realtà la particolare trasformazione crea uno sciroppo
dalle sembianze dell’olio. Hanno un sapore molto dolce.
Si producono nella provincia di Livorno.
A rischio.
I fichi vengono raccolti manualmente (selezionando solo i
frutti integri) e lasciati per 24 ore in infusione in succo di
limone e zucchero. Vengono poi fatti bollire per un’ora e
lasciati nuovamente in infusione nello stesso succo per altre
24 ore e infine fatti bollire ancora per un’ora. Segue la fase
di cottura vera e propria, dopo la quale vengono collocati in
vasetti ancora caldi con un normale mestolo da cucina. I
vasetti vengono sterilizzati per 40 minuti.
La produzione avviene nei mesi di agosto e settembre.
• Utensili da cucina
• Vasi di vetro
• Locale di lavorazione
Il prodotto deve la sua tipicità alla particolare tecnica di tra-
sformazione che si cerca di recuperare dopo aver rischiato di
perderla. La ricetta è stata recuperata attraverso interviste
agli abitanti della zona che sinora l’avevano tramandata
oralmente.
I fichi sott’olio sono una produzione hobbistica, stimabile in
circa 1 quintale l’anno destinato totalmente all’autoconsumo
familiare.
Produzione
Vegetali
Fichi sott’oliolivornesi
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b72
Il fico della varietà dottato è di medie dimensioni ed ha un
colore chiaro, sia all’esterno che nella polpa. La pianta è di
buone dimensioni, vigorosa, con foglie di colore verde chiaro.
Si trova nelle zone collinari in piante sparse in moltissime
aziende agricole delle province di Arezzo, Firenze e Prato.
Attiva.
Normalmente si trova in collina, in terreni con lievi penden-
ze, la cui tessitura può essere molteplice: ciottolosi, sabbio-
si, argillosi. Non necessita di terreni particolarmente fertili,
purché ben drenati. L’epoca di maturazione va da metà ago-
sto a metà settembre.
I fichi di questa varietà vengono consumati freschi in abbi-
namento con i salumi, oppure essiccati. I famosi fichi secchi
di Carmignano sono fatti utilizzando questa varietà.
L’essiccazione di solito avviene su graticci di canna; una
volta essiccati sono utilizzati per la preparazione delle
“picce”: il fico secco viene diviso a metà per accogliere il
gheriglio di una noce e poi richiuso.
Il fico dottato è una pianta spesso coltivata in orti e giardini
di privati che consumano direttamente il prodotto. È una cul-
tivar autoctona toscana che viene riprodotta in un famoso
vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in tutta
Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di varietà
antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle varietà di
fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha pubblicato
Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edizioni Masso
delle Fate. La sua attività si limita alla riproduzione e alla
vendita delle piante.
Produzione
Vegetali
Fico dottato
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b73
I fichi della varietà San Piero sono di grandi dimensioni, con
polpa bianco violacea e si sbucciano facilmente.
Provincia di Firenze.
Attiva.
L’albero del fico San Piero è molto vigoroso, ha foglie di
colore verde chiaro e leggermente trilobate; predilige terreni
ciottolosi-sabbiosi, con drenaggio e fertilità medi.
Non necessita di concimazione, ma richiede frequenti
irrigazioni. L’epoca di raccolta dei frutti è giugno-luglio.
Si consumano freschi in abbinamento con il prosciutto.
Anche per il fico San Piero non sono stati individuati pro-
duttori di rilievo, ma soltanto hobbisti che hanno qualche
pianta nei propri orti o giardini e che utilizzano il prodotto
per autoconsumo.
È una cultivar autoctona toscana che viene riprodotta in un
famoso vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in
tutta Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di
varietà antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle
varietà di fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha
pubblicato Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edi-
zioni Masso delle Fate. La sua attività si limita alla riprodu-
zione e alla vendita delle piante.
Produzione
Vegetali
Fico San Piero
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b74
Fico verde piccolo, dalla polpa di colore rosso intenso.
Tutta la Toscana.
Attiva.
È un albero vigoroso, il fogliame è di colore verde scuro. Non
necessita di terreni fertili, non viene concimato né irrigato.
Il frutto matura a fine settembre-ottobre.
I fichi verdini vengono consumati freschi, accompagnati con
il prosciutto, oppure essiccati su graticci di canna; spesso ven-
gono raccolti dalla pianta in un avanzato stato di appassi-
mento, in tal caso il loro colore diviene marrone chiaro.
I fichi verdini secchi sono utilizzati per la preparazione delle
“picce”: il fico essiccato viene diviso a metà e all’interno
viene messo il gheriglio di una noce e poi richiuso.
Può essere conservato anche sotto spirito.
Non sono stati individuati produttori di rilievo, il fico verdi-
no è una pianta spesso coltivata in orti e giardini di privati
che consumano direttamente il prodotto.
È una cultivar autoctona toscana che viene riprodotta in un
famoso vivaio di Lastra a Signa il cui titolare è conosciuto in
tutta Italia in qualità di riproduttore di piante da frutto di
varietà antiche. Ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulle
varietà di fico presenti nel territorio italiano e nel 2000 ha
pubblicato Il Fico – Pianta mediterranea della fortuna, Edi-
zioni Masso delle Fate. La sua attività si limita alla riprodu-
zione e alla vendita delle piante.
Anche nella provincia di Livorno il fico verdino non viene
ormai più coltivato; il modesto quantitativo di frutti prodotti
dalle poche piante rimaste viene commercializzato al mercato
Produzione
Vegetali
Fico verdino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b75
centrale di Livorno dove si ha ancora una certa richiesta.
Nella provincia di Pisa si stima una produzione di circa 10
quintali l’anno di fichi verdini immessi da piccoli coltivatori
sul mercato cittadino; buona parte della produzione viene
però destinata al consumo familiare.
Fico verdino
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v75
I mirtilli, le more, i lamponi e le fragole sono prodotti spon-
tanei della Montagna Pistoiese. Hanno un sapore molto zuc-
cherino e un aroma intenso, vanigliato. Sono teneri e parti-
colarmente succosi, si utilizzano per la preparazione di mar-
mellate, gelatine e per guarnire dolci alla crema.
Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
Attiva.
Per le confetture:
• Raccolta manuale dei frutti
• Lavaggio
• Trattamento termico in autoclave
• Aggiunta di zucchero e addensanti (pectine)
• Confezionamento
I frutti del sottobosco (more, lamponi, mirtilli, fragole)
hanno particolari proprietà curative e lenitive, per questo
sono usati anche per infusi o tisane. Il mirtillo è noto per la
proprietà di migliorare le capacità visive.
Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto lega-
ta agli eventi metereologici, soprattutto alle gelate. Al di là
della commercializzazione presso le aziende agrituristiche
che li propongono ai propri ospiti sia freschi che preparati in
gelatine, confetture o marmellate, spesso la loro raccolta è
legata all’autoconsumo o finalizzata a sbocchi commerciali
locali. Le aziende produttrici sono 12 e complessivamente
raccolgono circa 150 quintali all’anno di more e lamponi.
Ogni anno l’11 ed il 12 di agosto a Cutigliano si tiene la
Festa del mirtillo e del lampone.
Produzione
Vegetali
Frutti del sottoboscodella Montagna
Pistoiese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b76
I porcini sono funghi piuttosto pregiati appartenenti al gene-
re Boletus. Il gambo è di colore marrone chiaro mentre la
cappella è di un marrone più scuro, variabile a seconda delle
specie del sottobosco e del bosco di produzione. Il sapore è
delicato ma intenso, con un leggero sentore di tannino,
muschio e tallo dell’aglio. La polpa è soda e bianca mentre i
tuboli hanno una colorazione che va dal bianco al giallo ver-
dognolo. Le pezzature variano a seconda dello stadio di svi-
luppo e possono raggiungere i 25 cm. Il periodo di raccolta
va da maggio all’autunno a seconda della zona geografica,
della specie e della quota. L’habitat naturale va dal casta-
gneto (da frutto e ceduo) ai querceti, alle faggete, alle abeti-
ne (abete bianco).
I boleti più utilizzati e diffusi sono i seguenti:
• aestivalis (Estatino): ha un cappello che varia dall’ocra
chiaro al brunastro, spesso screpolato; la carne, bianca
immutabile, è delicata e profumatissima.
• pinophilus (Settembrino): spettacolare porcino dal cappel-
lo rosso, dalla carne consistente, bianca immutabile, con
gambo da bianco a rossiccio, che raggiunge spesso grandi
dimensioni.
• edulis (Mocciardone o Settembrino bianco): è il porcino
più frequente, dal cappello brunastro, più chiaro al margi-
ne, con carne bianca a volte un po’ rosata nel sottocutico-
la, soda e profumata, che rende questa specie eclettica in
cucina.
• aereus (Moreccio o porcino nero).
L’areale di crescita riguarda il territorio forestale di tutte le
province della Toscana. Particolare diffusione si segnala in
Garfagnana (Provincia di Lucca), Lunigiana (Provincia di
Massa-Carrara), la zona dell’Amiata (Provincia di Siena) e
la Montagna Pistoiese (comuni di Abetone, Cutigliano e San
Marcello).
Vegetali
Funghi porcini toscani Giugnolo, settembrino,
biancarello, montagnolo,porcino del freddo, moreccio
o porcino nero, estatino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b77
Attiva.
I funghi porcini sono prodotti spontanei, raccolti manual-
mente rispettando le norme regionali per la raccolta.
Vengono consumati freschi, essiccati o sott’olio.
• Funghi essiccati: l’essiccazione avviene in maniera tradi-
zionale, cioè al sole o con appositi essiccatoi. Dopo l’essic-
cazione viene aggiunto pepe. La conservazione avviene in
barattoli ermetici o sacchetti. Dopo l’essiccazione il fungo
mantiene a lungo il sapore gradevole e il colore particolar-
mente bianco.
• Funghi sott’olio: il lavaggio è manuale, serve per eliminare
impurità ed eventuali residui presenti. I funghi vengono poi
tagliati e “cotti” con aceto e sale, successivamente vengo-
no posti in vasetti con aggiunta di olio.
• Utensili da cucina per la raccolta, la ripulitura e la lavorazione
• Essiccatoi
• Vasetti di vetro o sacchetti per il confezionamento
Il prodotto deve la sua particolarità al fatto di crescere spon-
taneamente nei boschi della Toscana, caratterizzati da parti-
colari condizioni pedoclimatiche. Il clima, il terreno, l’altitu-
dine influiscono sia sulla qualità del prodotto il cui aroma
ricorda quello del sottobosco, sia sulla sua quantità, dal
momento che stagioni poco umide e poco piovose ne compor-
tano una minore presenza.
Per quanto riguarda i funghi secchi, la particolarità del gusto
è sicuramente in parte attribuibile alla procedura di essicca-
zione compiuta in maniera naturale (al sole) su graticci che
vengono spostati ogni qual volta si trovano all’ombra: questa
tecnica preserva maggiormente il gusto del prodotto.
Vengono consumati con molti abbinamenti: sia con primi
piatti, sia come accompagnamento di secondi piatti, sia
sott’olio come antipasti.
La presenza di funghi porcini, come tutti gli altri prodotti
spontanei del sottobosco, è difficilmente quantificabile anche
perché tutti i raccoglitori e/o trasformatori custodiscono
molto gelosamente qualsiasi dato in proposito. La Toscana è
comunque una regione che per conformazione e per clima si
presta alla crescita di questi frutti tanto che ve ne è una quan-
tità pari ad un quinto di tutta la produzione nazionale.
Funghi porcini toscani
Produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina v77
I funghi sotto sale della costa apuana vengono conservati in
salamoia perché mal si prestano all’essiccamento. Le specie
utilizzate sono gastronomicamente classificate come non
eccellenti, ma la modalità di conservazione le rende gustose
e saporite.
Le specie maggiormente utilizzate sono le rosselle (Lactariusdeliciosus, L. sanguifluus e semisanguifluus ecc.); i pinarelli o
funghi di pino (Suillus granulatus, S. collinitus, S. bellinii –
”Sangiovannin” – e altri); le famigliole o “chiudin” o “an-
giulin” (Armillariella mellea), fungo di ciocca tipicamente
parassita di piante legnose.
In particolare nei comuni di Montignoso e Massa-Carrara,
ma in generale in tutta la zona montana e di pianura della
provincia.
Attiva.
I funghi vengono puliti dai detriti vegetali e minerali (ai pine-
tini viene asportata la pellicola viscida) e privati del gambo;
quindi, dopo essere stati lavati, vengono scottati in acqua
bollente acidulata con aceto di vino per 5 minuti. Una volta
scolati e fatti asciugare sono posti a strati in recipienti di
vetro o di terracotta, alternandoli con uno strato di sale gros-
so. Si possono aggiungere, per aromatizzare, bacche di gine-
pro, santoreggia, aglio, peperoncino, pepe, foglie di alloro
sminuzzate. Si dispongono in vasetti ben pressati, si versa
l’olio e si chiudono.
La conserva può essere consumata anche a primavera inoltra-
ta: al momento del consumo i funghi vengono separati dal sale,
quindi si passano molto velocemente in acqua tiepida e infine
vengono cucinati in vari modi (tipicamente le rosselle e i chio-
dini in umido, i pinarelli fritti, passati nella farina di mais).
Vegetali
Funghi sotto saledella costa apuana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b78
• Utensili da cucina
• Barattoli di vetro o coccio
Sono un prodotto tradizionale, preparato da tempi immemo-
rabili, data la vicinanza del mare da cui veniva estratto fa-
cilmente il sale. La particolarità del prodotto è data anche
dagli aromi utilizzati nella conservazione, tipici delle zone
montane e di pianura della provincia di Massa Carrara. Sono
ottimi come antipasto.
I funghi sotto sale della costa apuana vengono preparati solo
in ambito familiare. È un’antica ricetta rimasta in uso solo
in poche case, pertanto il prodotto non entra nei canali com-
merciali.
Funghi sotto sale della costa apuana
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v78
Il grano marzolo del Melo è caratterizzato da paglia di colo-
re chiaro, grossa e alta, la spiga è pungente e la forma del
chicco quella tipica del grano. La farina è indicata sia per la
produzione del pane integrale, sia per la pasta fresca fatta in
casa.
Melo, frazione del comune di Cutigliano, provincia di Pi-
stoia.
A rischio.
Per la raccolta del grano vengono utilizzate attrezzature ma-
nuali e formati i classici “mannucci” (fasci di grano legato).
La battitura viene effettuata con un’apposita macchina di
legno. Il grano viene conservato nei magazzini aziendali (in
cassoni di legno) e macinato a pietra.
La coltivazione del grano marzolo nel comune del Melo era
diffusa in tutte le famiglie contadine che ne traevano il
necessario sostentamento.
Adesso viene seminato solo da due o tre aziende agricole (con
un raccolto di 8-10 quintali annui), soprattutto per non per-
dere la tradizione e la varietà del seme.
Il grano marzolo del Melo non è molto conosciuto al di fuori
della frazione del Melo. Non ci sono produzioni abbondanti
né molti produttori (si possono stimare in una dozzina), si
può tuttavia ipotizzare una produzione media di 100 quinta-
li all’anno per singola azienda. Il prodotto non viene vendu-
to, le singole aziende lo coltivano solo per autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Grano marzolodel Melo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b79
Il seme è di pezzatura media, rotondo, di colore bianco ed ha
un sapore ed un odore di farina.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
La semina si svolge a fine aprile, in solchi e righe (circa 7
piante al metro quadro). Si effettua una concimazione orga-
nica e azotata in copertura.
La pannocchia ha un ciclo di maturazione di quattro mesi.
Passato tale periodo, avviene la raccolta e l’essiccazione al
sole, talvolta il prodotto viene conservato in mazzi sotto tet-
toie per l’inverno.
La tradizionalità del prodotto è legata al fatto che vengono
utilizzate le sementi tipiche del luogo.
I produttori più significativi di granoturco bianco massese
sono sei con una produzione annua quantificabile in oltre
100 quintali. La vendita avviene esclusivamente in zona e si
rivolge prevalentemente ai negozianti locali e ai privati tra-
mite vendita diretta in azienda. A causa dell’età avanzata di
molti coltivatori si prospetta un notevole calo di produzione
nel prossimo futuro.
Produzione
Vegetali
Granoturco biancomassese Mais bianco
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b80
Il granoturco da polenta garfagnino presenta grossi chicchi
con forma schiacciata, di colore giallo oro. Le file binate di
chicchi intorno al tutolo sono normalmente 8, infatti viene
comunemente chiamato anche mais a doppie file. Una volta
macinati si ottiene un’ottima farina.
Garfagnana, provincia di Lucca.
A rischio.
La semina del grano avviene in maggio dopo aver arato e
concimato il terreno. Dopo il germogliamento si effettua una
sarchiatura e le giovani piantine vengono diradate lasciando
un distanza fra loro di circa 15 cm. La raccolta è manuale e,
dopo circa 20-30 giorni di seccatura, si effettua la sgrana-
tura meccanizzata e la macinatura.
• Sgranatrice
• Locali di trasformazione e confezionamento
• Mulino con macine in pietra
Il granturco da polenta garfagnino è una particolare varietà
oggi in via di estinzione. La disposizione di chicchi sul tuto-
lo in doppie file binate rende questa varietà molto originale.
Si presta ad essere macinato per ottenere un’ottima farina,
utilizzata per la preparazione della polenta.
Sono circa una decina i produttori di granturco da polenta
garfagnino, nei comuni di Camporgiano, Piazza al Serchio,
Minacciano, Pieve Fosciana e Castelnuovo Garfagnana.
La quantità annua prodotta si aggira intorno ai 250-300
quintali. La vendita avviene prevalentemente in zona ma
viene commercializzato anche nel resto della Toscana.
Produzione
Vegetali
Granturco da polentagarfagnino
Formentone maggese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b81
I produttori di questo granoturco, più conosciuto come mais
a otto file, sono riuniti in associazione.
Granturco da polenta garfagnino
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v81
Lattuga verde con caratteristica screziatura rossastra ai
margini, assai resistente alle gelate invernali e al clima
umido del Valdarno.
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina a spaglio o a solchi (a solchi si rincalza meglio) in
terreni freschi e sciolti da marzo a novembre.
Concimata poco prima della semina, dopo un mese si tra-
pianta a file distanti 30 cm e 20 cm sulla fila e viene rincal-
zata 2 volte. Dopo 2 mesi può essere raccolta; forma una
piccola palla piuttosto bassa con foglie verdi e con screzia-
ture rossastre ai margini. Resiste molto bene ai freddi inver-
nali ed è ben acclimatata al clima umido del Valdarno. È
preferibile non seminare a luna crescente altrimenti spiga
subito; i semi raccolti gradualmente vengono ripuliti con il
vaglio e conservati in luoghi freschi e asciutti al buio.
L’adattamento climatico costituisce una delle caratteristiche
più interessanti di questa varietà di lattuga.
Tra le province di Firenze e quella di Arezzo si producono
circa 6,5-7 q l’anno di lattuga, non considerando la produ-
zione hobbistica. La vendita avviene prevalentemente nei
mercati ortofrutticoli locali.
Produzione
Vegetali
Lattugaquattro stagioni
Lattuga vinata
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b82
Il limone massese ha pezzatura medio piccola, forma ovale-
tondeggiante, un colore giallo molto intenso ed un sapore
agrodolce. È profumato e ha una buccia molto fine. Si pro-
duce tutto l’anno.
Provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
• Messa a dimora delle piante autoprodotte in appezzamen-
ti collinari
• “Sfrascatura” (non si esegue mai una vera potatura)
• Raccolta manuale
Il limone massese deve la sua tradizionalità alla particolarità
della cultivar che, per l’influenza del clima collinare e della
vicinanza al mare, dà limoni molto dolci e con una buccia
molto fine e poco amara, tanto che si prestano ad essere con-
sumati anche freschi, mentre la buccia viene utilizzata anche
per fare liquori. Si conserva più a lungo degli altri limoni,
non marcisce.
Nella provincia di Massa i produttori principali di limone
massese sono circa quindici riuniti in un gruppo culturale con
sede a Castagnetola; ciascuno ha in media 50-60 piante.
Il prodotto è destinato quasi totalmente all’autoconsumo. Da
ormai 10 anni la prima settimana di luglio si svolge la Festa
del limone.
Produzione
Vegetali
Limone massese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b83
Il lupino dolce di Grosseto ha forma tondeggiante e colore
giallo. Ha buona consistenza e sapore dolciastro.
Provincia di Grosseto.
A rischio.
La semina, a spaglio, si effettua a settembre dopo una pre-
parazione del terreno e una concimazione organica.
Necessita di terreni acidi; nella rotazione colturale segue il
frumento. La raccolta è ad agosto, può essere utilizzato sia
per l’alimentazione umana che per quella animale.
Il lupino dolce è stato da sempre coltivato nelle campagne
della Maremma; oggi sta scomparendo. La sua tipicità è
data sia dalle caratteristiche della cultivar sia da quelle
ambientali, che gli conferiscono un sapore un po’ dolciastro.
Viene consumato come accompagnamento per gli aperitivi,
come stuzzichino o per l’alimentazione del bestiame.
Sono sei i produttori di lupino dolce in tutta la provincia di
Grosseto, anche se la produzione si concentra soprattutto nel
comune di Magliano in Toscana. Il quantitativo prodotto è di
1000-1500 quintali l’anno. Problemi di ordine agronomico
non permettono un aumento della superficie coltivata: per la
coltivazione del lupino occorrono infatti terreni sciolti.
Il prodotto viene destinato totalmente a grossisti e distribu-
tori non locali che lo commercializzano sia in Toscana sia
fuori della regione.
Produzione
Vegetali
Lupino dolcedi Grosseto
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b84
Il seme è piccolo e tondo, si ha normalmente una spiga a
pianta, al massimo due; le pannocchie sono piuttosto piccole
e gialle.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Semina da fine aprile a fine giugno, in passato veniva semi-
nato dopo il grano; è chiamato quarantino perché forma la
spiga 40 giorni dopo la semina. Ha un ciclo di maturazione
di quattro mesi, vuole un terreno sciolto e fresco, si semina
a file distanti 40 cm, mentre la distanza sulla fila è di 30 cm.
Il seme piccolo e tondo è particolarmente adatto per l’ali-
mentazione dei piccioni e di tutti gli avicoli: in passato il
pollo del Valdarno veniva alimentato con questo tipo di gran-
turco. Le pannocchie sono piuttosto piccole e gialle.
Per la riproduzione del seme vengono presi i semi dalla metà
pannocchia in basso; le pannocchie vengono conservate in
luoghi freschi ed areati.
Tradizionalmente veniva coltivato per utilizzarlo come man-
gime per polli nel circuito familiare.
Tra le province di Arezzo e Firenze sono stati rilevati quat-
tro produttori per un quantitativo medio annuo di circa 30
quintali. La vendita del prodotto avviene solo nell’area di
produzione anche se negli ultimi anni si sta cercando di allar-
gare la commercializzazione alle altre province toscane.
Produzione
Vegetali
Mais quarantino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b85
Il mais rustico aretino ha granelli piccoli e tondeggianti, di
colore giallo intenso. Come indica il suo stesso nome, viene
tradizionalmente utilizzato per la produzione della polenta.
Provincia di Arezzo.
Attiva.
Le pannocchie, raccolte manualmente, vengono riunite in
mazzi, lasciate essiccare per circa 20 giorni e poi sgranate. Il
mais viene confezionato in sacchi di iuta per il trasporto ai
mulini e la molitura, che avviene mediante macine in pietra.
• Locale di trasformazione
• Mulino con macine in pietra
• Sacchi di iuta
Il mais rustico per polenta viene prodotto da lungo tempo
nella provincia di Arezzo. Deve la propria particolarità, oltre
che alla qualità della cultivar locale, al caratteristico confe-
zionamento in sacchi di iuta e al particolare processo di lavo-
razione e macinazione con le tradizionali macine in pietra.
Rispetto al passato vi sono state evoluzioni nella tecnica di
coltivazione, poiché un tempo la concimazione era esclusiva-
mente a base di letame, e nel processo di sgranatura, che
prima avveniva manualmente.
Le aziende che producono il mais rustico sono 10 sparse nel
Pratomagno, nel Casentino e nel Valdarno. Lo producono da
novembre a luglio per una quantità annua di circa 150 quin-
tali, destinati ai mercati locali.
Produzione
Vegetali
Mais rusticoper polenta aretino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b86
Le confetture sono quei prodotti preparati con uno o più tipi
di frutta (ad eccezione degli agrumi), ottenuti impiegando
almeno il 35% di polpa di frutta; per la confetture extra il
minimo di polpa di frutta è rappresentato dal 45%. Il termi-
ne “marmellate” invece si riferisce a conserve di agrumi
preparate esclusivamente con purea, polpa e succo. Nell’uso
comune i due termini sono equivalenti e vengono utilizzati
come sinonimi.
Esistono numerosi tipi di marmellate e confetture tipiche
delle diverse zone della Toscana.
• Marmellata di fichi senese: è di colore marrone con consi-
stenza abbastanza compatta, odore dolciastro e sapore fruttato
• Confettura di susine di Montepulciano: ha colore variabile
dal marrone al prugna e consistenza cremosa
• Confetture extra di frutti del sottobosco della provincia di
Siena che si suddividono in base ai frutti utilizzati:
– biancospino, corbezzolo, sorbe, pere selvatiche, corniolo,
di colore marrone scuro
– fragoline di bosco, rosa canina, marasche selvatiche, cor-
niolo, di colore rosso scuro
– more di gelso, di colore giallo scuro
– sambuco di colore nero con riflessi rossi
– more di rovo, di colore nero
• Marmellata di castagne: è di colore marrone chiaro ten-
dente al nocciola, piuttosto densa e cremosa.
• Marmellata di “sorbe pelose” grossetana: viene prodotta
con bacche di corbezzolo, infatti viene anche chiamata
“marmellata di corbezzole”. È densa, di colore giallo ed ha
un sapore molto dolce.
• Marmellata di more selvatiche: è di colore scuro tendente
al viola, ha consistenza cremosa e l’intenso aroma caratteri-
stico dei frutti del sottobosco.
• Marmellata di sambuco: è di colore molto scuro, ha consi-
stenza piuttosto densa con sapore dolce e fruttato.
Vegetali
Marmellatedella Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
*marmellate b87Xstampa091101 6-12-2001 16:36 Pagina b87
Tutto il territorio regionale.
Attiva.
• Marmellata di fichi: i fichi vengono raccolti manualmente,
sbucciati e posti in forno a temperatura superiore ai 200°C,
per eliminare parte dell’umidità. I fichi, così avvizziti, vengo-
no fatti bollire fino ad ottenere una consistenza cremosa.
• Confettura di susine di Montepulciano: viene prodotta uti-
lizzando susine selvatiche della zona. I frutti vengono denoc-
ciolati, posti in forno per eliminare l’umidità in eccesso e poi
cotti in pentola a fuoco lento senza l’aggiunta di zuccheri o
altre sostanze.
• Confetture extra di frutti del sottobosco della provincia di
Siena: i frutti più consistenti vengono scottati in acqua bol-
lente e asciugati con uno straccio. Vengono posti in pentola
insieme allo zucchero e cotti a fuoco lento fino ad ottenere
una marmellata morbida e spugnosa.
• Marmellata di castagne: le castagne vengono fatte cuocere
intere, con la buccia, per circa tre ore; quindi vengono sbuc-
ciate manualmente con l’impiego di un normale coltello da
cucina. In seguito si fanno cuocere per altri 45 minuti
aggiungendo zucchero (o miele) ed eventualmente cacao. Il
tutto viene macinato e confezionati in vasetti con l’aggiunta
di alcool; poi i vasetti vengono fatti bollire in acqua per 40
minuti al fine di stabilizzare la marmellata.
• Marmellata grossetana di “sorbe pelose”: le bacche di cor-
bezzolo vengono raccolte nel mese di dicembre quando sono
ben mature, scottate in acqua bollente e passate allo staccio.
Il succo che se ne ricava viene cotto a fuoco lento insieme a
una pari quantità di zucchero e con l’aggiunta di buccia di
limone. La marmellata è pronta quando raggiunge una consi-
stenza sufficientemente densa.
• Marmellata di more selvatiche: le more vengono raccolte
dai rovi spontanei, lavate e messe a cuocere. Dopo questa
prima fase vengono passate al setaccio per eliminare i picco-
li semi: si ottiene una purea che si fa cuocere ancora con zuc-
chero.
• Utensili da cucina
• Setaccio
• Teglia smaltata
La produzione annua può essere stimata intorno ai 20.000
quintali. Sono numerose le aziende agrituristiche e i singoli
agricoltori che producono marmellate ad uso familiare.
Marmellate della Toscana
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Territorio interessatoalla produzione
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*marmellate b87Xstampa091101 6-12-2001 16:36 Pagina v87
Il frutto ha buccia di colore marrone chiaro con striature più
scure, forma ellittica e apice schiacciato. È tomentoso, con
ilo rettangolare e pezzatura medio-grande (70-85 frutti/kg).
È caratterizzato da una particolare profumazione ed ha
sapore dolce e consistenza dura.
Caprese Michelangelo, provincia di Arezzo.
A rischio.
I frutti rimasti nel riccio vengono separati per battitura,
quindi viene effettuata una cernita molto accurata dei mar-
roni in base alla miglior pezzatura e all’integrità. Il raccolto
viene poi sottoposto ad essiccazione secondo un antico pro-
cedimento tradizionale. Si utilizzano locali in muratura di
piccole-medie dimensioni detti “essiccatoi”, o “metati”,
disposti su due livelli, separati da una grata di legno. La
parte superiore del fabbricato funziona da deposito per i
marroni che vengono adagiati su cannicci di legno di casta-
gno, mentre nella parte sottostante viene alimentato, per
circa 40 giorni, un fuoco che mantiene costantemente l’am-
biente alla temperatura di 20°C circa.
• Attrezzi per la battitura
• Essiccatoio tradizionale
• Cannicci di legno
Il terreno, il clima e l’esposizione rappresentano i fattori di
base per un’ottima riuscita della coltura. La tradizionalità
del prodotto e le sue caratteristiche organolettiche sono
dovute non solo alle peculiarità della cultivar locale, ma
anche alle tecniche di essiccazione e all’esperienza acquisita
nel tempo dai produttori.
Vegetali
Marrone (secco)di Caprese Michelangelo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b88
Sono 11 i produttori del marrone di Caprese Michelangelo,
riuniti in una cooperativa che provvede a commercializzare
gran parte del prodotto. La quantità annua prodotta è di
circa 400-500 quintali, venduti prevalentemente in zona.
Marrone (secco) di Caprese Michelangelo
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v88
Marrone: frutto medio-grosso (in media da 70 a 90 frutti per
kg) di forma ovale, ellittica o ovale allargata, buccia color
marrone avana con striature più scure e rilevate, episperma
poco aderente e penetrante, ilo rettangolare ellittico con con-
torno regolare, seme color crema di sapore dolce e delicato.
Si produce a partire dai primi giorni di ottobre.
Cecio: frutto medio grosso, con forma globosa, buccia bruno
rossastro lucente con striature più scure, ilo piccolo color
chiaro e contorno irregolare, episperma poco aderente e
asportabile, seme crema chiaro, dolce. Il frutto si raccoglie
a partire dall’ultima decade di settembre.
I vari ecotipi di marrone prodotti in Toscana sono identifica-
ti per lo più con il nome della zona o località di produzione.
Le più importanti aree di produzione sono la provincia di
Grosseto, la provincia di Firenze, la Val Tiberina (marrone di
Caprese Michelangelo), il Casentino-Pratomagno, i Monti
del Chianti, la Montagnola senese, i Monti pisani, alcune
aree nei comuni di Scarlino e Sassetta. Province di Arezzo,
Livorno, Pisa e Siena.
Attiva.
• Potatura periodica (ogni 5-6 anni) delle piante
• Ripuliture manuali del terreno, allontanamento o sistema-
zione del materiale di risulta
• Raccolta prevalentemente manuale
• Trasporto del prodotto in azienda
• Vendita del prodotto fresco non conservato o fresco con-
servato tramite curatura in acqua
• Sacchi di juta per l’insaccatura del prodotto raccolto
• Contenitori idonei per l’eventuale curatura in acqua
Vegetali
Marroni della Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b89
La gestione tradizionale dei castagneti si ripete da secoli
senza sostanziali variazioni delle consuete pratiche colturali.
Rispetto al passato tali pratiche si avvalgono solo dell’ausilio
di mezzi meccanici come motoseghe e decespugliatori; non è
previsto l’uso di concimi chimici e fitofarmaci per garantire
il mantenimento delle specifiche caratteristiche organoletti-
che del prodotto consumato allo stato fresco o successiva-
mente trasformato.
Questo prodotto è molto diffuso in tutte le province toscane
ed è difficile stimare una quantità complessiva annua.
Generalmente la destinazione è l’autoconsumo ma esistono
anche importanti canali commerciali. Molti “marroneti”,
come vengono comunemente chiamati i boschi di castagno
che producono marroni, sono stati oggetto di recuperi coltu-
rali da parte delle Comunità Montane per evitare il degrado
e l’inselvaticamento con oconseguente perdita, non solo della
produzione dei frutti, ma anche delle tradizioni popolare da
sempre legate a questo prodotto.
Marroni della Toscana
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v89
È una mela di forma allungata, a forma di “muso di bue”. Il
frutto presenta un colore rosso con sfumature verdi ed un
aspetto lucido. Le dimensioni sono modeste, la consistenza è
compatta ed ha un sapore piuttosto aspro ma con retrogusto
dolce.
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
Questa mela viene tradizionalmente coltivata nelle zone di
pascolo del comune di Zeri. La raccolta avviene in autunno e
si conserva nei granai utilizzandola poi fino alla primavera
successiva.
Viene consumata fresca o cotta e può essere utilizzata per
decotti insieme a germogli di pino e miele come sedativo per
la tosse.
La mela muso di bue è un frutto particolare per la sua carat-
teristica forma e per la sua ottima conservabilità che ne per-
mette il consumo fino alla primavera successiva.
La produzione di questa mela avviene solo a livello hobbisti-
co, non è commercializzata; quasi tutti i coltivatori della
zona ne possiedono alcune piante per autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Mela “muso di bue”Mela “muso de be”
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b90
La mela binotto si raccoglie da piante spontanee della zona;
è piccola e tonda, il colore della buccia è rosso intenso. Il
sapore e il profumo ricordano quelli della rosa; la pasta è
morbida e di colore giallo-rosa.
Lunigiana e provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
La mela binotto si raccoglie da piante che crescono sponta-
nee nei prati montani; per questo non si esegue generalmen-
te alcun intervento colturale, provvedendo soltanto allo sfal-
cio dell’erba al momento della raccolta.
La qualità e la tradizionalità del prodotto sono date dalla
particolarità della cultivar che cresce spontaneamente nei
prati montani della Lunigiana e della provincia di Massa-
Carrara, nonché dalla originalità del gusto e del profumo che
ricordano quello della rosa. La pezzatura è molto più picco-
la rispetto ad altre mele perché è un prodotto spontaneo al
quale non vengono dati né concimi, né fertilizzanti di alcun
tipo. In genere viene consumata fresca, ma può essere usata
anche per fare dolci.
La pianta di mela binotto accompagna normalmente quella
di mela rotella e viene utilizzata dai coltivatori come pian-
ta impollinatrice. La produzione, hobbistica, non è costante
e difficilmente quantificabile.
Produzione
Vegetali
Mela binotto
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b91
La mela Carla è una mela dal frutto medio o grosso di forma
irregolare; somiglia alla mela Francesca, ma il rosso pallido
predomina nettamente sul verde e le lenticelle sono più evi-
denti. La polpa è dura, meno croccante della Francesca,
risultando quindi più pastosa.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
A rischio.
Si raccoglie nell’ultima decade di settembre e, come molte
vecchie varietà, si conserva molto bene fino alla primavera.
L’albero ha un portamento vigoroso e presenta una certa tol-
leranza alla ticchiolatura.
La mela Carla, originaria dell’area fiorentina, era diffusa in
collina o negli orti delle case padronali. Sopravvive margi-
nalmente con poche piante isolate in collina presso vecchi
casolari.
La mela Carla aretina è una vecchia varietà che spesso si
ritrova in orti e giardini di privati che consumano diretta-
mente il prodotto. Non è stato possibile stimare la quantità
effettivamente prodotta visto che, essendo ormai di pochi
hobbisti, non entra nei normali canali commerciali.
Produzione
Vegetali
Mela Carla aretina Finalina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b92
La mela casciana ha una forma rotondeggiante ma schiac-
ciata; a maturazione è rossa con striature verde-giallo. È
molto profumata, il sapore è dolce ma un po’ acidulo, è com-
patta, non farinosa. La pezzatura è medio piccola.
Tutto il territorio della Garfagnana, provincia di Lucca.
Attiva.
• Le marze ottenute nelle aziende vengono consegnate al
vivaio che si occupa di coltivare le piantine
• Preparazione del terreno con aratura e fresatura
• Sesti di impianto non fissi, in genere 4x1,5 o 4x2,5, a se-
conda del portinnesto
• Irrigazione (se possibile)
• Sfalcio delle erbacce
• Su impianti nuovi si effettua la lotta fitosanitaria, si fa
contro la ticchiolatura e contro la Carpocapsa pomonella• Concimazione sia organica con concimi prelevati da alle-
vamenti della zona, sia inorganica con prodotti a base di
calcio per evitare la butteratura amara
• Raccolta manuale
• Incassettamento manuale in cassette di legno o di plastica
• Marze
• Concimi organici e inorganici a base di calcio
• Acqua per l’irrigazione
• Cassette per la raccolta
• Tettoie o cantine per lo stoccaggio
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, che si adatta perfettamente alle con-
dizioni pedoclimatiche della zona, sia alla tecnica di produ-
Vegetali
Mela casciana Rosetta
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b93
zione rimasta invariata nel tempo. L’approvvigionamento
delle piantine avviene dal vivaio, al quale vengono preceden-
temente consegnate le marze dell’azienda, mantenendo così il
patrimonio genetico autoctono della specie.
La mela ha una forma particolare, tonda e schiacciata, ed è
più servabile di altre cultivar. In passato la pianta poteva
essere alta fino a 10 metri, oggi, invece, risulta più bassa per
l’utilizzo di portinnesti nanizzanti. Si produce dall’inizio del
Novecento.
Fino a qualche anno le mele venivano conservate in cantine
fresche: per evitare l’insorgenza di marciumi e facilitare così
il mantenimento, i frutti erano disposti direttamente sul pa-
vimento in un unico strato.
La mela casciana è molto diffusa nella provincia di Lucca,
ma per nessuno rappresenta la produzione principale.
Ci sono circa 30 produttori che vengono seguiti dalla Co-
munità Montana e dall’Ente Parco, interessati a fare sì che
non si perda tale varietà. I produttori stanno cercando di riu-
nirsi in un’associazione.
La quantità annua prodotta è di circa 1800 quintali. La ven-
dita avviene prevalentemente in zona a privati, ristoratori,
aziende agrituristiche e negozi locali; una parte minore viene
destinata ai mercati del resto della regione.
Mela casciana
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v93
La mela del Casentino ha forma sferica molto schiacciata,
con pezzatura media. La buccia è di colore verde intenso con
striature rosa, molto profumata; la polpa è molto dura e dal
sapore aromatico.
Alto Casentino, comuni di Montemignaio, Quota, Galliano,
Cetica e Consuma; provincia di Arezzo.
Attiva.
È una mela molto produttiva e molto resistente alle malattie,
non necessita dunque di interventi chimici. Le tecniche di fer-
tilizzazione, adeguate alle esigenze della coltura, non sono
spinte al massimo, al fine di ottenere produzioni unitarie non
molto alte, ma con elevati standard qualitativi. In queste si-
tuazioni climatiche la difficoltà maggiore è rappresentata
dalla ticchiolatura del melo, molto limitata invece è la pre-
senza della Carpocapsa pomonella. Il diradamento delle mele
viene fatto manualmente. Non vengono svolti trattamenti
antiriscaldo pre-raccolta e trattamenti al fine di limitare la
rugginosità. La gestione del suolo non va oltre l’inerbimento
spontaneo permanente. Si procede manualmente alla raccol-
ta, in casse di capacità inferiore ai 100 kg. Il frutto, la cui
raccolta avviene a fine ottobre o ai primi di novembre, si con-
serva per tutto l’inverno; la prima conservazione avviene in
azienda in ambiente coperto e in cassette di limitata capacità.
La mela del Casentino si distingue per l’elevata qualità, per
il particolare aspetto e per l’aroma del frutto. Rispetto al
passato non ci sono differenze nella tecnica di coltivazione.
Viene impiegata nella produzione del sidro.
Vegetali
Mela del Casentino Mela di montagna
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b94
La mela del Casentino è una vecchia varietà coltivata ormai
da pochi hobbisti, c’è soltanto un’azienda che riesce a pro-
durne circa 2 quintali all’anno, tutti destinati alla vendita
diretta.
Mela del Casentino
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v94
La mela Francesca è una mela di bell’aspetto, leggermente
allungata, di colore verde pallido uniforme con gota rossa a
maturazione; il colore verde rimane predominante, non pre-
senta rugginosità. La polpa è dura, croccante, leggermente
acidula e profumata. Raggiunge facilmente calibri medi.
Province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
È una mela tardiva che si raccoglie nell’ultima decade di set-
tembre; mostra una buona tolleranza alla ticchiolatura.
Come molte vecchie varietà si conserva molto bene fino alla
primavera.
È originaria delle province di Arezzo e Firenze; viene colti-
vata in montagna sia per adattamento all’ambiente, sia per
meglio sfruttare i terreni collinari, partecipando così al con-
solidamento del terreno, in aree che non potevano essere
destinate a colture più produttive. Alle qualità che rendeva-
no maggiormente apprezzabili le vecchie varietà (rusticità,
tolleranza alle malattie e serbevolezza) la mela Francesca
aggiunge anche un aspetto gradevole e un ottimo sapore.
La mela Francesca è meno diffusa e conosciuta della mela
nesta, probabilmente perché più “gentile”, mentre la rusti-
cità era la caratteristica maggiormente ricercata all’epoca.
Le aziende che producono la mela Francesca sono 4 in tutto
il Pratomagno (AR). Ne producono circa 5 quintali all’anno
quantità completamente destinata alla vendita in zona.
Produzione
Vegetali
Mela Francescaaretina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b95
La mela nesta è di forma tondeggiante, molto schiacciata ai
poli; il calibro è piccolo perché tradizionalmente le mele non
venivano diradate, ma può raggiungere anche calibri medi. Il
colore è giallo uniforme con arrossamento più o meno esteso
nello stadio di maturità, comunque lo sfondo giallo rimane
predominante e non presenta rugginosità. La polpa è dura,
croccante, leggermente acidula. La possibilità di conservar-
la a lungo era una delle caratteristiche più apprezzate di que-
sta mela.
Si produce nelle province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
La pianta è molto rustica, di dimensioni ridotte e dà una pro-
duzione abbondante tutti gli anni; mostra una certa tolleran-
za alla ticchiolatura, la principale patologia delle Pomacee.
È una mela tardiva: la raccolta avviene nell’ultima domeni-
ca di settembre. Un tempo le mele venivano conservate nella
paglia e si mangiavano sino ad aprile.
Conosciuta fin dal tempo dei Romani, la mela nesta è origi-
naria delle province di Arezzo e Firenze, lungo l’arco appen-
ninico e pre-appenninico intorno agli 800 m di altitudine. La
nesta veniva coltivata in montagna oltre che per l’ottimo
adattamento all’ambiente in cui si era evoluta, anche per
sfruttare meglio i terreni di alta collina, sistemati spesso a
terrazze in cui era difficile coltivare il grano e nelle quali la
pianta svolgeva un ruolo determinante per il consolidamento
del terreno, evitando frane ed erosioni. Via via si è diffusa ad
altitudini inferiori. È senz’altro la mela più conosciuta in
Toscana, essendosi adattata a condizione impervie; inoltre,
potendo essere conservata fino alla primavera, rappresenta-
Vegetali
Mela nesta Decio
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b96
va una risorsa per le popolazioni dell’Appennino e faceva
parte dell’alimentazione povera. È ancora conosciuta, spe-
cialmente dalle persone anziane, per le sue caratteristiche di
rusticità e per il sapore piacevole. La mela nesta si presta a
essere coltivata biologicamente.
Nel Pratomagno, nel Casentino e in tutto il Valdarno i pro-
duttori di mela nesta sono circa sessanta, parte dei quali sono
solo hobbisti. Ne producono circa 300 quintali all’anno,
destinati tutti ai mercati locali. Sono quattro le aziende che
producono mele biologiche.
Mela nesta
Produzione
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v96
Il frutto è molto grosso, giallo e rugginoso.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
È una pianta molto produttiva, vigorosa e costante nella pro-
duzione; la maturazione è a fine settembre.
È una mela dalla duplice attitudine, in quanto può essere
consumata fresca o cotta; è tra le varietà più buone da cuo-
cere e probabilmente il nome deriva da questa caratteristica;
si conserva molto bene per mesi. È una varietà tipicamente
di collina.
Le aziende che producono la mela panaia sono circa sei per
un quantitativo totale annuo che si aggira sui 20 quintali,
destinati tutti alla vendita diretta in azienda. Ci sono in zona
hobbisti che però destinano il prodotto al consumo familiare.
Produzione
Vegetali
Mela panaiaFlagellata
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b97
La mela rosa del Casentino ha una forma sferica molto
schiacciata, con pezzatura intorno ai 7 x 4 cm. La buccia è
di colore giallo intenso con striature rosse, molto profumata;
la polpa è assai dura e dal sapore aromatico. Viene impiega-
ta nella produzione del sidro.
In passato veniva coltivata solo nel Casentino, ora in varie
zone della provincia di Arezzo.
Attiva.
Cresce nei terreni abbandonati, è molto resistente alle malat-
tie e non necessita di interventi chimici. È una qualità molto
produttiva e il frutto, la cui raccolta avviene tra la fine di
ottobre e i primi di novembre, si conserva per tutto l’inverno.
La particolarità di questo frutto è nell’aspetto, nella ricchezza
del gusto e nella lunga resistenza. Essendo una cultivar di ori-
gine locale ha una forte adattabilità al clima di montagna nel-
l’ambito del quale è tradizionalmente inserita. Rispetto al pas-
sato non si rilevano differenze nella tecnica di coltivazione.
La mela rosa del Casentino è una vecchia varietà che spesso si
ritrova in orti e giardini di privati che consumano direttamen-
te il prodotto. Essendo una produzione rimasta in mano a
pochi hobbisti, non entra nei normali canali commerciali, per-
tanto non è possibile stimarne la quantità prodotta.
Produzione
Vegetali
Mela rosadel Casentino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b98
La mela rotella è una cultivar selezionatasi nel tempo in
Lunigiana. Ha forma rotonda, un po’ schiacciata alle estre-
mità; alla raccolta il colore è verde con striature rosse, a
maturazione giallo con striature rosso intenso. Il sapore è
dolce e acidulo, matura ha un profumo molto intenso e la
polpa è consistente e bianca. È inoltre assai adatta ad essere
conservata a lungo. La raccolta avviene nella seconda metà di
ottobre. Per il consumo è necessario attendere alcune settima-
ne, quando la parte verde della colorazione volge al giallo. La
pezzatura è medio-piccola rispetto a quella delle altre mele.
Comuni di Aulla, Bagnone, Casola Lunigiana, Comano,
Filattiera, Fivizzano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Mulazzo,
Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca Lunigiana,
Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Il prodotto è coltivato per lo più in modo promiscuo riducen-
do le cure colturali al minimo, ma esistono anche coltivazio-
ni specializzate in cui le principali operazioni colturali consi-
stono nella potatura, concimazione e difesa antiparassitaria.
• Materiale vivaistico
• Concimi e antiparassitari
• Contenitori
• Magazzino
La qualità e la tradizione del prodotto sono date dal gusto e
profumo particolari e dalle caratteristiche della cultivar
selezionatasi nel tempo in Lunigiana. In genere viene consu-
mata fresca, ma può essere usata anche per fare dolci; è
usata tradizionalmente per la preparazione di mele cotte.
Vegetali
Mela rotelladella Lunigiana
Pomo rodello
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b99
La mela rotella viene coltivata sia da hobbisti sia da varie
aziende a scopo commerciale; i produttori delle quantità più
significative sono quindici-sedici. La produzione di questa
mela non è costante negli anni; poiché non si adatta ai trat-
tamenti e alle potature, si possono ottenere quantitativi signi-
ficativi di mela rotella solo ad annate alterne. La produzione
media annua è circa 220 quintali e si rivolge all’autoconsu-
mo e alla vendita diretta in azienda. La mela rotella viene
portata in assaggio e per degustazione in tutte le manifesta-
zioni che si svolgono nella zona.
Mela rotella della Lunigiana
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v99
Il frutto ha forma ellissoidale, colore giallo e sapore molto
zuccherino. È contraddistinto da un’ottima consistenza, non-
ché da una buona pezzatura.
Val di Chiana, provincia di Arezzo.
Attiva.
La mela viene prodotta nella Val di Chiana, su un altopiano
posto a 250 m s.l.m., caratterizzato da terreni di medio
impasto, fertili, attraversati da un canale di bonifica, con
ottima esposizione. La rilevante escursione termica fra tem-
perature diurne e notturne influenza positivamente le carat-
teristiche fisiologiche del frutto, in termini di colorazione e
sapidità. L’irrigazione avviene con acque ricche di calcio e
ferro. Rispetto alle produzioni di una volta il frutto presenta
una pezzatura maggiore, dovuta ad una minore quantità di
prodotto per pianta.
Il prodotto si distingue per la particolare sapidità e consi-
stenza oltre che per un’elevata servabilità: si conserva infat-
ti per due o tre mesi fuori dal frigorifero.
La mela rugginosa della Val di Chiana viene prodotta da cin-
que aziende di Civitella in Val di Chiana, Castiglion Fioren-
tino, Policiano e Montevarchi.
La quantità prodotta si aggira intorno ai 6-7 quintali, tutti
destinati alla vendita diretta in azienda.
Produzione
Vegetali
Mela rugginosadella Val di Chiana
Mela golden,Mela deliziosa gialla
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b100
Frutto di forma rotondeggiante che a maturazione mostra
una colorazione viola e raggiunge un diametro di circa 10-
15 cm.
Area fiorentina e Valdarno aretino, province di Arezzo e
Firenze.
Attiva.
Si semina in serra fredda a febbraio; il trapianto in campo
avviene a metà aprile. Il frutto è maturo a fine giugno.
La concimazione organica dà ottimi risultati; è necessario
effettuare una buona irrigazione per ottenere buoni risultati
produttivi. Le malattie più frequenti sono la ruggine e la
peronospora, facilmente trattabili con prodotti a base di
rame.
Il frutto presenta polpa chiara e compatta con presenza di
pochi semi. Data l’ottima qualità, il prodotto è ancora molto
diffuso sui mercati locali; questa varietà infatti è delicata e
non presenta il sapore acuto di altre melanzane. Per la ripro-
duzione del seme vengono scelte le piante più produttive e
con caratteristiche migliori.
La melanzana violetta fiorentina viene prodotta da una deci-
na di aziende per un totale di circa 300 q all’anno. La ven-
dita avviene prevalentemente nelle province di Arezzo e
Firenze.
Produzione
Vegetali
Melanzana violettafiorentina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b101
Il melograno di Firenze si produce a settembre-ottobre, ha
una pezzatura di circa 300 grammi; il colore della buccia è
giallo-rosso, quello dei semini all’interno è rosso intenso, il
loro sapore è acidulo, sono succosi ed hanno una consistenza
“croccante”.
Provincia di Firenze.
Attiva.
• Autoproduzione delle barbatelle
• Fresatura del terreno a giugno
• Eventuale lotta fitosanitaria contro gli afidi
• Concimazione a febbraio
• Raccolta manuale
• Barbatelle autoprodotte
• Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
La tradizionalità del melograno di Firenze è data dalla tipi-
cità della cultivar e dalla tecnica di produzione, rimasta
invariata nel tempo. Si produce da almeno 100 anni in zona.
Il melograno di Firenze è un prodotto solo da pochi hobbisti
che lo destinano totalmente all’autoconsumo, non è possibile
pertanto stimarne la quantità complessivamente prodotta.
Produzione
Vegetali
Melogranodi Firenze
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b102
Il melone della Val di Cornia ha forma ovoidale e colore gial-
lo-verdastro; il sapore è molto dolce e l’odore è fruttato e
intenso. Ha una polpa soda con interno deliquescente. Le
pezzature vanno da 800 g a 3 kg. Si produce tra giugno e
settembre.
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Attiva.
Le piantine vengono acquistate presso vivaisti della zona. La
coltura può seguire nella successione colturale lo spinacio, il
cavolo, il pomodoro o i cereali autunno-vernini. Viene ese-
guita un’aratura alla profondità media di 40-50 cm in autun-
no; successivamente vengono effettuate ripetute operazioni
di affinamento del terreno. Le densità di piantagione varia-
no con la tecnica colturale adottata (semiforzatura o pieno
campo) e sono comprese fra le 4000 e le 7000 piante/ha. Si
effettuano normalmente dai tre ai quattro trattamenti anti-
peronosporici e antioidici. Si effettua una fertilizzazione di
fondo a base di fosforo e potassio, integrando con apporti
azoto-potassici, durante il ciclo colturale, per fertirrigazio-
ne. La raccolta si effettua manualmente attenendosi ai tempi
di carenza dei prodotti fitosanitari utilizzati. I meloni ven-
gono poi trasportati con rimorchi verso il locale di lavora-
zione aziendale, dove vengono depositati (nel magazzino o in
una cella frigorifera).
• Piantine acquistate
• Prodotti per la lotta fitosanitaria
• Prodotti per la concimazione
• Locale di lavorazione con magazzino e cella frigorifera
Vegetali
Melonedella Val di Cornia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b103
La tipicità del melone è data proprio dalle sue caratteristiche
organolettiche legate ai fattori climatici e pedologici della Val
di Cornia, responsabili del sapore molto zuccherino del frutto.
Le varietà coltivate sono Proteo Supermarket e Calipso.
Per la coltura in pieno campo si riscontrano difficoltà in
luglio e in agosto a causa dell’approvvigionamento idrico.
Grazie alle condizioni microclimatiche ed alla specializzazio-
ne raggiunta dai coltivatori della Val di Cornia sono stati rag-
giunti livelli di qualità molto elevata con caratteristiche orga-
nolettiche molto apprezzate dai consumatori di mercati
nazionali importanti come quello di Milano, Bologna e
Firenze. Buona parte della produzione è destinata al merca-
to locale, in concomitanza ai flussi turistici dei mesi estivi.
Dall’impollinazione del fiore del melone da parte esclusiva-
mente di api, si ottiene un miele dal gusto molto particolare.
La coltivazione del melone sta trovando oggi in Val di Cornia
difficoltà di espansione a causa della carenza di acqua e della
scarsa qualità di quest’ultima a causa della salinizzazione
delle falde. La razionalizzazione dell’irrigazione tramite gli
impianti a goccia ha risolto solo in parte il problema.
In tutta la Val di Cornia sono circa 22 le aziende che produ-
cono il melone, per una produzione annua di circa 80.000
quintali.
Melone della Val di Cornia
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v103
Il mirtillo (Vaccinium myrtillus) è un piccolo arbusto sponta-
neo di circa 30-60 cm di altezza, con foglie caduche, verdi,
con bordo seghettato; produce delle bacche subsferiche con
diametro di 6-10 mm, di colorazione scura, bluastra. Le bac-
che hanno un contenuto succoso, violaceo, con un gradevo-
lissimo sapore dolciastro, sono aromatiche e rinfrescanti.
Il periodo di maturazione varia con le altitudini e l’esposi-
zione; è comunque compreso tra la fine di luglio e settembre.
Il botanico Sandro Pignatti segnala l’eccezionalità delle
dimensioni che questo arbusto, così come le sue foglie e le
bacche, possono raggiungere nell’Appennino Pistoiese, gra-
zie alle condizioni climatico-ecologiche particolarmente
favorevoli.
Montagna Pistoiese, provincia di Pistoia.
Attiva.
Il mirtillo, conosciuto con il nome dialettale di piuro, viene
raccolto e apprezzato per le notevoli qualità organolettiche e
per la sua versatilità di utilizzo. Oltre alla consumazione del
prodotto fresco, con le bacche si preparano marmellate pro-
dotte in maniera tradizionale con i frutti cotti e aggiunta di
zucchero, e ancora sciroppi preparati in soluzioni acquose
con zucchero e aggiunta di succo di mirtillo nero, puro succo
di mirtillo, frutta sciroppata, grappe aromatizzate al mirtil-
lo e il mirtillino, un liquore a base di grappa con succo e frut-
ti di mirtillo nero.
Il mirtillo nero è un prodotto spontaneo raccolto dai cosid-
detti “piurai” locali mediante un particolare “pettine” e ri-
posto in apposite ceste dette “gerle”.
Vegetali
Mirtillo nero dellaMontagna Pistoiese
Piuro
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b104
Il mirtillo caratterizza il sottobosco delle foreste di alta quota
a suolo acido della Montagna Pistoiese e soprattutto domina
le brughiere extrasilvatiche, al di sopra della vegetazione bo-
schiva. Rappresenta da sempre un’importante risorsa della
Montagna Pistoiese per l’abbondanza della produttività, per
la qualità del prodotto, conosciuto e apprezzato in tutta Italia
e per la duttilità del suo impiego.
Si tratta di prodotti stagionali, la loro presenza è molto lega-
ta agli eventi meteorologici, soprattutto alle gelate. Al di là
della commercializzazione presso le aziende agrituristiche che
li propongono ai propri ospiti sia freschi, sia preparati in gela-
tine, confetture o marmellate, spesso la loro raccolta è legata
all’autoconsumo o finalizzata a sbocchi commerciali locali.
Le aziende in tutto sono circa 12 e complessivamente riesco-
no a raccogliere circa 200 quintali all’anno solo di mirtilli.
Vengono commercializzati esclusivamente in loco; il 30%
viene destinato all’autoconsumo, la restante parte, come det-
to è destinata a negozi di frutta e verdura locali o venduta
agli agriturismi.
Ogni anno l’11 ed il 12 di agosto c’è a Cutigliano la Festa del
mirtillo e del lampone.
Mirtillo nero della Montagna Pistoiese
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v104
La noce aretina è molto gustosa, ricca di lipidi, ferro e altri
sali minerali.
Provincia di Arezzo.
Attiva.
La raccolta è effettuata in parte a mano e in parte per mezzo
di apposite macchine. Le noci vengono portate nei locali di
lavorazione per liberarle dei malli e disidratarle negli essic-
catoi. Successivamente vengono depositate in appositi locali
per la conservazione.
• Macchine raccoglitrici
• Essiccatoi
La coltura del noce da frutto è attiva da alcuni secoli. La tec-
nica colturale è pressoché immutata rispetto a quella origi-
naria. Le particolari condizioni pedoclimatiche conferiscono
al prodotto una particolare sapidità.
Sono soltanto due i produttori di noce aretina a Montevarchi
(località Borro al Quercio) e Pian di Scò. La quantità che ne
producono si aggira intorno ai 150 quintali annui, destinati
tutti alla vendita diretta.
Produzione
Vegetali
Noce aretina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b105
Le olive in salamoia sono grosse, di consistenza soda e molto
saporite. Le varietà utilizzate sono il leccino e il frantoio.
Confezionate in vasetti di vetro da 500 g-1 kg, vengono pro-
dotte da novembre a maggio.
In particolare la provincia di Lucca e, con alcune modifiche
nella tecnica di concia, tutta la regione.
Attiva.
• Raccolta delle olive e selezione manuale
• Lavaggio con acqua potabile e pesatura per calcolare la
percentuale di sale da aggiungere per la salamoia
• Prima salamoia o concia delle olive (40 giorni): prepara-
zione di una salamoia al 9-10% circa, aggiunta di 4-5
limoni a spicchi ben lavati.
• Seconda salamoia: preparazione della salamoia al 5%
• Confezionamento in vasetti di vetro con trattamento
termico
• Acqua per il lavaggio delle olive
• Sale per la salamoia
• Limoni
• Barattoli di vetro per il confezionamento
La tradizionalità delle olive in salamoia è da ricondursi alle
cultivar locali utilizzate e all’originalità del processo produt-
tivo, che è rimasto invariato nel tempo. Tale processo preve-
de l’utilizzo di limoni e di due fasi di salamoia sia per una
maggiore stabilizzazione del prodotto, sia per conferire un
gusto particolarmente sapido alle olive.
Vegetali
Olive in salamoia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b106
Si può stimare una produzione media annua, complessiva di
tutte le province toscane, di 60-80 q l’anno; particolarmente
elevato è risultato il dato della provincia di Lucca consisten-
te in circa 40 q. Il prodotto viene destinato prevalentemente
all’autoconsumo, i canali commerciali esistenti utilizzano in
genere come tipologia di vendita quella diretta in azienda.
Olive in salamoia
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v106
I paonazzi o lardaioli rossi sono funghi lattari la cui deno-
minazione botanica è Tricholoma o Higrophorus russula. Sono
molto diffusi nel territorio senese e nella Maremma grosse-
tana nel tardo autunno.
I paonazzi sott’olio sono in genere tagliati a piccoli pezzi,
confezionati in vasetti di vetro e ricoperti di olio di oliva.
Province di Grosseto e Siena.
Attiva.
I funghi vengono:
• selezionati manualmente
• puliti e lavati
• tagliati a pezzettini manualmente con coltelli da cucina
• fatti bollire per qualche minuto in aceto ed acqua (in egua-
li quantità) con aggiunta di sale, peperoncino, aglio e
aromi
• fatti scolare e asciugati con carta da cucina o panni di stoffa
• posti in vasetti e ricoperti con olio di oliva.
• Locale di lavorazione e conservazione
• Attrezzi da taglio e altri utensili da cucina
• Vasetti di vetro
Il prodotto deve la sua tradizionalità alla provenienza locale
delle materie prime, alla combinazione delle materie prime e
degli ingredienti che gli conferiscono un gusto particolare.
I paonazzi sott’olio sono un prodotto artigianale che si limi-
ta al consumo in ambito casalingo; non c’è pertanto una
commercializzazione del prodotto.
Produzione
Vegetali
Paonazzi sott’olio Lardaioli rossi
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b107
Il pastinocello è una carota spontanea (Daucus carotae maior)che si trova – da febbraio a marzo – nei prati, lungo gli argi-
ni dei fiumi, a partire dal livello del mare fino a notevole alti-
tudine. Può essere anche coltivata: in tal caso se ne utilizza il
fittone. Della pianta spontanea si consumano il fusto e le
foglie; della pianta coltivata la radice. Le foglie sono verdi e
lucide, il fusto è striato e ramoso, lungo da 30 cm fino a 2 m,
con fiori bianchi. Le foglie, tenere e saporite, dette “erbuc-
cio”, sono consumate fresche come insalata o bollite. La
carota ha invece un sapore dolciastro che ricorda, così come
il suo colore giallo-marroncino, quello delle nocciole.
Stazzema (Alta Versilia), Garfagnana, provincia di Lucca.
A rischio.
Pianta spontanea:
• Raccolta, con coltello, delle foglie basali dette “erbuccio”
e/o del fittone, nei mesi da febbraio a maggio
• Lavaggio
Pianta coltivata:
• Seme autoprodotto
• Semina nel periodo pasquale in terreno ghiaioso per favo-
rire il drenaggio
• Solco profondo affinché il fittone non si ramifichi
• Raccolta manuale in ottobre
• Pianta spontanea o seme autoprodotto
• Terreno ghiaioso
Vegetali
Pastinocello Pastinello, Pastinaccino,
Gallinaccio
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b108
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar che ben si adatta alle condizioni pedo-
climatiche della zona, sia alla tecnica di coltivazione, rima-
sta invariata nel tempo. Il pastinocello è una pianta sponta-
nea della quale si utilizza sia l’erbuccio, tenero e succoso per
l’insalata, sia il fittone, il cui sapore dolciastro e il colore
marroncino ricordano quelli della nocciola. Fino alla secon-
da guerra mondiale veniva coltivato in mezzo al grano, si
tagliavano le foglie durante la mietitura e la radice si racco-
glieva in un secondo momento. In questo modo la carota si
rinforzava e prendeva più sapore. Il pastinocello ha avuto
un’importanza notevole nell’economia di Sant’Anna di
Stazzema, dal momento che se ne faceva ampio uso nelle
cene organizzate per festeggiare gli scambi di manodopera
fra contadini; in tempo di guerra poi veniva utilizzato in
cambio dell’olio di oliva con gli abitanti di Capezzano
Monte. La carota si può utilizzare fritta, come ingrediente di
frittate e anche cruda; l’erbuccio può essere consumato in
insalata o bollito (l’acqua della bollitura è curativa per i
disturbi renali); le foglie, una volta, erano utilizzate come
foraggio.
La coltivazione del pastinocello è a rischio: la pianta sponta-
nea è ancora reperibile ma la carota non è utilizzabile. Dal
dopoguerra la sua coltivazione è in pratica caduta in disuso;
solo nel 1997 un appassionato di prodotti tipici, rinvenendo-
ne qualche seme, ha ricominciato a coltivarlo. Oggi ci sono
solo quattro persone impegnate nella coltivazione, tre a
Sant’Anna e una a Palagnana che lo coltivano a livello ama-
toriale producendone 3-4 quintali all’anno. Il prodotto viene
destinato all’autoconsumo o al regalo a conoscenti.
È stato pubblicato sul “Venerdì di Repubblica” del 30 marzo
2000 un articolo sul pastinocello intitolato “La carota alla
nocciola che cresce sulle Alpi Apuane”.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive:
Pastinocello
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v108
La patata bianca del Melo presenta forma rotonda, legger-
mente schiacciata, pasta di colore bianco e buccia liscia. Ha
dimensioni medie ed è caratterizzata da gusto delicato, con-
sistenza farinosa e un alto contenuto di amido e fosforo. Il
prodotto viene coltivato oltre i mille metri di altitudine senza
alcun trattamento chimico.
Melo, frazione del comune di Cutigliano, in provincia di
Pistoia.
Attiva.
Il terreno viene preparato in primavera, con concimazione di
letame naturale; la semina avviene all’inizio di giugno e la
raccolta ai primi di ottobre.
Il prodotto generalmente viene seminato in terreni a forte
pendenza.
La raccolta è fatta manualmente. La patata viene conserva-
ta nei locali delle piccole aziende agricole a temperatura
ambiente per diversi mesi, senza alcun trattamento per la
conservazione.
La patata del Melo è coltivata da lungo tempo. Le aziende
agricole ancora oggi applicano le stesse regole produttive e
di conservazione di una volta.
La produzione effettivamente messa in commercio si aggira
intorno ai 300 quintali all’anno; c’è poi un’altra quota di
prodotto, non facilmente stimabile, che viene utilizzata per
l’autoconsumo o per la preparazione di piatti negli agrituri-
smi locali. Non ci sono prospettive di aumento della quantità
Vegetali
Patata biancadel Melo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b109
prodotta per la mancanza di un’adeguata promozione del
prodotto che potrebbe farne aumentare la domanda, e per il
prezzo poco remunerativo che spunta sul mercato.
La vendita avviene per lo più in zona, anche se una piccola
percentuale trova mercato nel resto della Toscana. In parte i
clienti sono privati che si recano direttamente in azienda per
l’acquisto, in parte viene venduta alla grande distribuzione
(Unicoop).
Questa patata è molto conosciuta e apprezzata nella zona, ed
è presente in numerose sagre e fiere: in località Le Roncacce
(Melo di Cutigliano) ogni anno, la prima domenica di otto-
bre, si svolge la Sagra della patata del Melo.
Patata bianca del Melo
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v109
Sussistono più tipologie della patata di Zeri: rossa, bianca e
zale. Tutte sono caratterizzate da una forma piuttosto roton-
deggiante. La rossa, con buccia rossastra e colore della pasta
bianco, è adatta ad una lunga cottura perché non perde con-
sistenza. La bianca, con buccia chiara e polpa giallognola, è
adatta per la frittura. La zale, di pasta gialla, ha dimensioni
modeste ed è tenera, saporita e dolce, ottima per la cottura
in forno o in acqua.
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
Attiva.
Il terreno offre un’ottima base di sviluppo per questo tubero,
tanto che nella prima semina viene evitato qualsiasi tipo di
concimazione. Successivamente si concima con letame di
pecora.
La tradizionalità della coltura della patata a Zeri risale al
1777, quando fu introdotta nel pontremolese a cura di
Biagio Grilli di Adelano (villaggio del comune di Zeri), che
ne ottenne due bulbi da alcuni montanari parmigiani, soliti
recarsi in Germania.
La tipicità della patata di Zeri consiste, oltre che nella tra-
dizionalità, nel particolare ambiente di coltivazione, caratte-
rizzato da un’elevata altitudine (tra i 500 e i 1500 m s.l.m.)
da clima montano, da terreni particolarmente vocati e infine
dalla tecnica di produzione, senza utilizzo di sostanze chimi-
che di sintesi.
È un prodotto coltivato a livello hobbistico dagli abitanti
locali per autoconsumo; non è possibile determinare un quan-
titativo medio annuo di produzione.
Produzione
Vegetali
Patata di Zeri Patate “rosse, bianche,
zale” di Zeri
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b110
La patata rossa di Cetica ha forma rotonda, globosa, abba-
stanza regolare. La buccia ha colore violaceo, i germogli
sono profondi e di colore viola scuro. La pasta è bianca con
grana molto fine.
Pratomagno casentinese e valdarnese sopra ai 500 m s.l.m., in
particolare nel comune di Castel San Niccolò, località Cetica,
provincia di Arezzo.
Attiva.
La patata rossa di Cetica viene coltivata su terreni sciolti,
sabbiosi, acidi, spesso ricchi di sostanza organica. Le produ-
zioni migliori, dal punto di vista qualitativo, si ottengono
nelle zone in cui sono presenti faggio e castagno. Si semina,
a seconda dell’altitudine, da metà aprile fino alla fine di
maggio; la maturazione è abbastanza precoce, la produzione
è attualmente scarsissima.
È una pianta molto resistente alla peronospora sia sul cespo
che sul tubero. Il cespo è di medio sviluppo con foglie piut-
tosto strette; è facilmente attaccato dalla dorifora e, a causa
del ridotto apparato fogliare, ne riceve forti danni. Per ovvia-
re a tale problema è stato avviato un programma di rigene-
razione di questa cultivar.
Si hanno notizie certe della produzione di questa patata sin
dai primi anni del ventennio che separa le due guerre, tanto
che si pensa si tratti di una cultivar derivata dalla scozzese
Red King Eduard.
Questa varietà, interessante per le caratteristiche organolet-
tiche, si presta molto bene per essere utilizzata in stufati o
per gli gnocchi; regge molto bene la cottura ed ha un gusto
assai pronunciato.
Vegetali
Patata rossa di Cetica Patata rossa del Pratomagno,
patata rossa del Casentino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b111
Sono rimasti solo due produttori di patata rossa di Cetica. È
questa una varietà che dal dopoguerra ad oggi è stata pro-
gressivamente soppiantata da altre varietà più produttive
provenienti dal nord Europa. Le poche patate prodotte ven-
gono utilizzate per la semina o per l’autoconsumo. A Cetica
c’è interesse per il recupero di questa varietà ma il problema
più rilevante è dato dalla forte presenza di virosi che ne limi-
tano fortemente la produzione.
Patata rossa di Cetica
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v111
Frutto caratterizzato da pezzatura medio piccola con buc-
cia di colore verde chiaro o giallognola quando il frutto è
maturo, dal sapore dolce ed aromatico, con consistenza gra-
nulosa.
Nel territorio del Valdarno, della Val di Chiana e del Casen-
tino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Rispetto alle varietà utilizzate nei frutteti specializzati, si
può dire che la pera coscia è più rustica, perché sopporta
bene gli attacchi di psilla, tanto che nei piccoli frutteti a
carattere familiare non si effettua alcun trattamento. La rac-
colta viene fatta a mano e la conservazione in cassette all’in-
terno di locali coperti. È necessario anticipare la raccolta
poiché il frutto maturo si ammacca facilmente.
Non si effettua il condizionamento in celle frigorifere, né tan-
tomeno il trattamento chimico per bloccare la maturazione.
• Cassette
• Locali di conservazione
La coltivazione della pera coscia non richiede l’impiego di
fertilizzanti e antiparassitari chimici. Le particolari condi-
zioni pedoclimatiche conferiscono al prodotto una qualità
esclusiva.
La produzione di pera coscia aretina si aggira intorno ai 20
quintali, destinati tutti alla vendita in zona. Sono rimaste
solo 4 aziende produttrici in tutto il Pratomagno, il Casen-
tino ed il Valdarno, più alcunii hobbisti che non commercia-
lizzano il prodotto ma lo destinano all’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Pera coscia aretina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b112
La pera coscia non è grossa e la sua pezzatura si aggira sui
100-180 grammi. Ha colore verde chiaro e sapore molto
dolce. Matura a luglio.
Provincia di Firenze.
Attiva.
• Impianto con astoni autoprodotti in azienda
• Preparazione del terreno: fresatura
• Sesti di impianto: generalmente 5 x 4 m
• Lavorazione del terreno: fresatura
• Lotta fitosanitaria
• Raccolta manuale
• Astoni
• Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla culti-
var che si adatta perfettamente alle condizioni pedoclimati-
che della zona le quali contribuiscono a conferire il partico-
lare gusto al frutto, sia alla tecnica di produzione rimasta
invariata nel tempo. La pera coscia è più precoce delle altre
e si produce da almeno 100 anni. L’ottenimento di astoni in
azienda permette di salvaguardare il patrimonio genetico
della specie. Si consuma preferibilmente con formaggio
pecorino.
La pera coscia di Firenze viene prodotta nei comuni di Greve
in Chianti e di Scarperia da pochi produttori che riescono ad
immetterne sul mercato soltanto 2 q l’anno. Non c’è un trend
in crescita sia per la mancanza di nuovi produttori interes-
Produzione
Vegetali
Pera coscia di Firenze
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b113
sati alla coltivazione di questa cultivar autoctona, sia per
l’assenza di un’adeguata promozione del prodotto stesso. La
vendita avviene totalmente in zona, tramite il Mercafir.
Pera coscia di Firenze
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v113
È una pera invernale. Il frutto si presenta di colore verde
giallastro con qualche lenticella. Ha dimensioni notevoli e
polpa aromatica, saporita, di colore bianco.
Si produce in tutta la Toscana.
A rischio.
La maturazione è invernale.
La pera del curato è un’antica varietà di pera che, anche se
non originaria della Toscana, era comunque diffusissima in
tutta la regione. Oggi i peri si trovano come piante isolate,
residuate negli orti nei pressi di casolari di collina o nei ter-
razzamenti dove, per il clima e per l’orografia del terreno,
non era conveniente seminare il grano. Si tratta di piante
adulte, per lo più con produzione decrescente e incostante
perché nella quasi totalità dei casi abbandonate.
La pera del curato è stata rintracciata presso un famoso
vivaio in località Sant’Ilario a Lastra a Signa il cui proprie-
tario si occupa della riproduzione e vendita di piante da frut-
to di varietà antiche e locali. I suoi clienti sono in genere pri-
vati che acquistano poche piante per l’orto o il giardino per-
tanto si suppone che ci sia una produzione finalizzata sol-
tanto all’autoconsumo. In provincia di Arezzo (Pratomagno
e Casentino) ci sono una decina di aziende che producono la
pera del curato, molte delle quali solo per hobby. La loro pro-
duzione totale si può stimare intorno ai 10 quintali.
Produzione
Vegetali
Pera del curatotoscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b114
La pera gentile ha consistenza dura e pezzatura sui 100-180
grammi. Ha colore verde brillante e sapore dolce, anche se
astringente. Matura a giugno.
Provincia di Firenze.
Attiva.
• Impianto con astoni autoprodotti in azienda
• Fresatura del terreno
• Sesti di impianto: generalmente 5x4 m
• Lotta fitosanitaria
• Concimazione
• Raccolta manuale
• Astoni
• Prodotti per la lotta fitosanitaria e per la concimazione
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità sia alla parti-
colarità della cultivar, che si adatta perfettamente alle con-
dizioni pedoclimatiche della zona conferendo il particolare
gusto al frutto, sia alla tecnica di produzione rimasta inva-
riata nel tempo.
La pera gentile è più precoce delle altre, si produce da alme-
no 100 anni. L’ottenimento di astoni in azienda permette di
salvaguardare il patrimonio genetico della specie. Si consu-
ma preferibilmente con formaggio pecorino.
L’unica testimonianza della pera gentile è stata rintracciata
presso un presso un famoso vivaio in località Sant’Ilario a
Lastra a Signa il cui proprietario si occupa della riproduzio-
ne e vendita di piante da frutto di varietà antiche e locali.
Produzione
Vegetali
Pera gentile
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione:
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b115
I suoi clienti sono in genere privati che acquistano poche
piante per l’orto o il giardino, pertanto si suppone che ci sia
una produzione finalizzata soltanto all’autoconsumo.
Pera gentile
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v115
Questo tipo di pera presenta forma rotonda e dimensioni
piuttosto modeste. Il colore è verde, interrotto da macchie
rosse; la polpa è dura, piuttosto aspra. Il frutto non viene uti-
lizzato crudo ma solo cotto.
Comune di Zeri, provincia di Massa-Carrara.
A rischio.
La coltivazione di questa pera avviene nei pascoli del terri-
torio di Zeri.
Raccolta in autunno, si presta ad una lunga conservazione.
Quando i raccolti di grano erano ancora abbondanti, veniva
conservata insieme al cereale fino a primavera. La pera si
consuma esclusivamente cotta con l’eventuale aggiunta di
vino, zucchero o miele.
La pera rusé è piuttosto diffusa nella zona di Zeri ma la sua
produzione è esclusivamente di tipo hobbistico, per consumo
familiare.
Produzione
Vegetali
Pera rusé
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa251001 7-12-2001 15:49 Pagina b116
La pesca cotogna del Poggio è gialla, si colora di rosso nel-
l’area aderente al nocciolo. Il colore della buccia è giallo con
sfumature e striature rosso-arancio; ha consistenza dura,
sapore dolce, profumo molto intenso. In genere la pezzatura
si aggira sui 200 grammi.
Provincia di Firenze.
Attiva.
• Autoproduzione delle barbatelle
• Utilizzo di portinnesti idonei (generalmente GF677)
• Innesto ad occhio dormiente in azienda
• Scasso ad 1 m di profondità e rippatura
• Eventuale inerbimento nell’interfila e lavorazione sulla fila
• Irrigazione localizzata
• Concimazione frazionata in prefioritura
• Diradamento manuale
• Difesa contro bolla, oidio, Armillaria mellea e, saltuaria-
mente, contro afidi
• Raccolta manuale
• Barbatelle autoprodotte
• Portinnesti
• Prodotti per la concimazione
• Prodotti per la difesa
• Cassette per il confezionamento
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla partico-
larità della cultivar: è un ecotipo locale che si adatta perfet-
tamente alle condizioni pedoclimatiche della zona, le quali
contribuiscono a conferire il particolare gusto al frutto. La
Vegetali
Pesca cotognadel Poggio
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina b117
pesca cotogna del Poggio si produce da più di 100 anni, è
ottima per consumo fresco e per fare marmellate; è tradizio-
nale gustarla immersa in un bicchiere di Chianti rosso e zuc-
chero. È diffusa su tutte le colline del Chianti.
La pesca cotogna del Poggio viene prodotta da 4 aziende che
si trovano in alcuni comuni limitrofi a Firenze: San Casciano
Val di Pesa, Tavarnelle Val di Pesa, Bagno a Ripoli e Greve
in Chianti. Si stima una produzione complessiva di 200-400
quintali all’anno da circa 1500-2000 piante.
È una pesca molto richiesta nei mercati locali, per questo c’è
la tendenza a costituire nuovi impianti al fine di aumentarne
la produzione anche se la mancanza di manodopera per la
raccolta e problemi di natura agronomica (è una varietà che
necessita di molte cure) al momento costituiscono dei pro-
blemi rilevanti.
La scarsa promozione del prodotto fa sì che la clientela sia
soltanto locale; la vendita avviene per circa il 20% diretta-
mente a privati in azienda, per il restante 80% a Coop e mer-
cati ortofrutticoli di Firenze e Siena.
La pesca viene presentata durante la Sagra della pesca Re-
gina di Londa e in occasione della manifestazione “Giardini
in fiera” che si tiene a metà settembre presso Villa Le Corti
a San Casciano Val di Pesa.
Nella monografia Il germoplasma del pesco – 1. Le cotogne fio-rentine a cura del prof. Elvio Bellini del Dipartimento di
Ortoflorofrutticoltura della Facoltà di Agraria di Firenze –
pubblicata dall’ARSIA-Regione Toscana – sono ampiamente
descritte le caratteristiche delle varietà di cotogne dell’area
fiorentina, tra le quali figura anche la pesca cotogna del
Poggio.
Pesca cotogna del Poggio
Produzione
*Vegetali b57 > v117 7-12-2001 9:58 Pagina v117
La pesca cotogna di Rosano è una cultivar tardiva che si pro-
duce a settembre; ha forma tonda, buccia giallo-rossastra e
polpa giallo-arancio, tendente al vinato vicino al nocciolo. È
molto dolce, ha consistenza dura, profumo assai intenso,
pezzatura sui 200-250 grammi.
Rosano, provincia di Firenze.
Attiva.
• Autoproduzione delle barbatelle
• Utilizzo di portinnesti idonei (generalmente GF677)
• Innesto ad occhio dormiente in azienda
• Scasso ad 1 m di profondità, rippatura
• Eventuale inerbimento nell’interfila e lavorazione sulla fila
• Sesti di impianto: generalmente 4x3 m
• Irrigazione localizzata
• Concimazione generalmente in prefioritura, febbraio-marzo
• Diradamento manuale
• Difesa contro bolla, oidio, armillaria mellea e, saltuaria-
mente, contro afidi
• Utilizzo, a fine estate, di mistorganici (1kg/pianta)
• Raccolta manuale
• Confezionamento in cassette
• Barbatelle autoprodotte
• Portinnesti
• Prodotti per la concimazione
• Prodotti per la difesa
• Cassette per il confezionamento
• Cella frigorifera per lo stoccaggio
Vegetali
Pesca cotognadi Rosano
Cotogna
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b118
Il prodotto deve la sua tradizionalità e qualità alla partico-
larità della cultivar: tale ecotipo locale si adatta perfetta-
mente alle condizioni pedoclimatiche della zona, le quali
contribuiscono a conferire il particolare gusto dolce al frut-
to. La pesca cotogna di Rosano si produce da 120 anni, è
ottima per consumo fresco e per fare marmellate; è tradizio-
nale gustarla in un bicchiere di Chianti rosso zuccherato.
Sono cinque i maggiori produttori di questa pesca, a Pontas-
sieve, in località Rosano, e a Greve in Chianti. Comples-
sivamente ne producono circa 80-100 quintali l’anno, anche
se la produzione di queste pesche è in diminuzione per la man-
canza di volontà a sostituire i vecchi impianti con nuovi. La
coltura non è remunerativa in relazione alle numerose cure di
cui il frutto necessita, ai problemi di ordine agronomico e ai
prezzi insoddisfacenti che ottiene sul mercato locale.
La vendita avviene totalmente in zona: il 20% del prodotto
direttamente a privati in azienda, il restante 80% a negozi
locali. La pesca cotogna di Rosano viene presentata ad una
festa che si tiene la seconda domenica di settembre a Londa
per la pesca regina di Londa.
Da ricordare la pubblicazione Il germoplasma del pesco – 1.Le cotogne fiorentine a cura del prof. Elvio Bellini del Dipar-
timento di Ortoflorofrutticoltura della Facoltà di Agraria di
Firenze, e pubblicato dall’ARSIA-Regione Toscana.
Pesca cotogna di Rosano
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina v118
Ha colore giallo intenso e uniforme. Rotonda, non raggiunge
grosse pezzature; è apprezzata localmente per il caratteristi-
co profumo e per l’ottimo sapore.
Valdarno fiorentino e aretino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
A maturazione tardiva (intorno al 10 settembre), è facil-
mente esposta agli attacchi dei fitofagi. Il portamento e il
tipo di potatura la rendono diversa dalla pesca limone, che
matura nello stesso periodo.
Un tempo molto diffusa, ancora oggi è possibile trovarne
piccole partite in commercio, infatti il gusto molto saporito
e il profumo del frutto maturo hanno contribuito alla soprav-
vivenza di questa pesca.
In tutto il Valdarno superiore, il Casentino, la Valtiberina e
la Val di Chiana le aziende che coltivano la pesca cotogna
toscana sono tre. Il quantitativo annuo prodotto è intorno ai
30 quintali, destinati prevalentemente all’autoconsumo e
alla vendita ai fruttivendoli della zona.
Vegetali
Pesca cotogna toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b119
Pesca bianca tardiva, matura poco dopo la regina di Londa
nella seconda decade di settembre; non si spicca, non è par-
ticolarmente resistente alle malattie, è difficile portarla inte-
gra a maturazione perché matura tardivamente. L’epoca di
fioritura è la stessa delle altre pesche.
Valdarno aretino, provincia di Arezzo.
Attiva.
La maturazione avviene nella seconda decade di settembre.
L’epoca di fioritura è la stessa delle altre pesche.
Questo ecotipo locale prende il nome dal fatto che la pianta
madre da cui si ricavarono i primi innesti era nata sponta-
neamente presso una diga sul fiume Ambra; in seguito i
vivaisti della zona la diffusero nel Valdarno aretino. Oggi è
quasi del tutto scomparsa e sopravvive soltanto negli orti e
nelle aie dei poderi della zona.
La pesca diga è una varietà tardiva non resistente alle malat-
tie, per questo la sua coltivazione è stata progressivamente
abbandonata e sostituita da varietà più precoci e più resi-
stenti. Oggi è rimasto soltanto un produttore in tutta la pro-
vincia di Arezzo; la produzione è molto bassa, si aggira
intorno agli 80 kg all’anno che vengono venduti a negozi
locali o direttamente a privati in azienda.
Vegetali
Pesca diga
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b120
Pesca gialla a forma di mandorla appuntita, a maturazione
media, intorno alla prima decade di agosto. Molto saporita e
facile da sbucciare, è molto delicata e pertanto adatta al con-
sumo fresco.
Valdarno aretino, provincia di Arezzo.
Attiva.
La maturazione avviene intorno alla prima decade di agosto.
Questa pesca è di sapore assai delicato; tuttavia la sua area
di coltivazione è progressivamente diminuita perché non si
presta a manipolazioni. È stata quindi via via abbandonata a
vantaggio di varietà più resistenti, nonostante il suo sapore
sia ottimo. Attualmente sopravvive in pochi esemplari negli
orti dei poderi della zona.
La pesca Lamberta viene coltivata da tre aziende del Val-
darno superiore aretino, nei comuni di Montevarchi, Pian di
Scò e San Giovanni Valdarno. La produzione annua si aggi-
ra intorno ai 22-25 quintali l’anno, destinati ai mercati loca-
li o alla vendita diretta in azienda.
Vegetali
Pesca Lamberta
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b121
Percoca dalla tipica forma di limone con punta finale pro-
nunciata, di colore giallo. Non si spicca, la maturazione è
tardiva (nella prima decade di ottobre) ed è più rustica di
altre varietà.
Valdarno aretino, provincia di Arezzo.
Attiva.
La maturazione è tardiva e avviene nella prima decade di
ottobre. La potatura di questa pianta differisce da quella di
altri ecotipi perché più corta: i tagli più piccoli sui rami misti
fanno sì che il ramo rimanga più lungo.
Coltivata tra l’Ambra e l’Arno dagli inizi del secolo, la
pesca limone è un ecotipo locale rinvenuto lungo il fiume
Ambra e poi diffuso dai vivaisti della zona. Tra le pesche
dell’area è senz’altro quella più facilmente conservabile e
per le sue caratteristiche si presta ad essere trasformata
(pesche sciroppate).
L’unico produttore rimasto di questa vecchia varietà si trova
a Montevarchi in località Borro al Quercio. Ne produce circa
80 kg all’anno che sono destinati alla vendita sui mercati
locali oppure alla vendita diretta nell’azienda.
Vegetali
Pesca limoneCotogna tardiva
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b122
Ha polpa e buccia gialla e prende nome dal colore rosato
assunto alla maturazione. È una pesca spiccagnola con polpa
dura, resistente alle manipolazioni, gustosa di sapore.
Diffusa nel Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo
e Firenze.
Attiva.
Ha maturazione media-precoce, matura tra l’ultima settima-
na di luglio e la prima di agosto, poco prima delle pesche
trionfo.
Questa pesca veniva associata tradizionalmente al periodo
della mietitura. Prima che avvenisse il miglioramento gene-
tico del grano, a partire dal secondo dopoguerra, la mietitu-
ra cadeva intorno a fine luglio-prima settimana di agosto, a
seconda della stagione. Nella festa che tradizionalmente
accompagnava la mietitura venivano servite le maglia rosa e
le trionfo, bianche e rosse. Ancora oggi le persone che hanno
gustato queste varietà le associano a quei periodi.
La pesca maglia rosa, come altre antiche varietà del
Pratomagno, del Valdarno (sia aretino che fiorentino) e del
Casentino, viene coltivata solo da pochi hobbisti che non la
commercializzano; è destinata al solo consumo familiare.
Non è pertanto possibile stimarne la quantità prodotta.
Produzione
Vegetali
Pesca maglia rosa
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b123
Pesca a pasta bianca, con “gota” rossa una volta matura;
somiglia alla regina di Londa ma è più grossa di questa e
inoltre matura prima pur essendo una pesca a maturazione
tardiva.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Matura a fine agosto, primi di settembre.
Una volta molto diffusa, è ancora possibile trovare piccole
partite di questa pesca in commercio.
Le aziende che producono la pesca Michelini sono solo due.
Non è stato possibile rilevarne il quantitativo prodotto per-
ché marginale in relazione agli altri prodotti dell’azienda.
Produzione
Vegetali
Pesca Michelini
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b124
La pesca mora di Dolfo è tonda, leggermente allungata, di
colore rosso scuro, quasi moro (da qui il nome) ed è velluta-
ta all’esterno. È molto dolce e succosa, anche se la consi-
stenza è dura. Il profumo è molto intenso, il nocciolo rimane
aderente alla polpa e non si stacca facilmente. La pezzatura
è grossa, 10-11 cm di diametro. Questa cultivar è molto
rustica, ha una buona produttività fino a 8-10 anni, ma è
meno resistente al freddo delle altre; è a fioritura tardiva e a
maturazione media. Il frutto è destinato al consumo fresco
entro 10 giorni circa; tuttavia si presta anche alla conserva-
zione in frigo, seppure per poco tempo. In genere l’impianto
dura 15 anni. Si confezionano in cassette da 15 pesche cia-
scuna (“padelle”). Si producono in agosto.
Morianese, provincia di Lucca.
Attiva.
• Reimpianto: l’innesto su franco o su portinnesti particolar-
mente resistenti al calcare
• Pratiche colturali delle piante adulte: si effettuano le nor-
mali cure colturali quali concimazione di mantenimento,
lavorazione del terreno, potatura delle piante, trattamenti
antiparassitari e diradamento dei frutti
• Raccolta dei frutti: avviene manualmente
• Trasporto in azienda dove viene effettuato l’incassettamen-
to definitivo
• Marze per l’innesto su franco o portinnesti specifici (esem-
pio GF677)
• Prodotti per la concimazione e la difesa
• Contenitori per la raccolta
• Cassette per il confezionamento
Vegetali
Pesca moradi Dolfo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b125
La tradizionalità della pesca mora di Dolfo è data dalla par-
ticolarità della cultivar che per le sue caratteristiche (rusti-
cità, resistenza al freddo) si presta bene ad essere coltivata
nella zona del morianese. È diversa nell’aspetto dalle altre
pesche, per il colore scuro che presenta e a cui deve il nome.
Si conserva meno a lungo delle altre pesche, e pertanto va
consumata fresca entro 10 giorni dalla raccolta.
Sono ormai pochissime le piante in produzione di questa cul-
tivar locale e si concentrano quasi esclusivamente in un’a-
zienda di San Quirico di Moriano.
La produzione, stimabile in 15 quintali l’anno, è destinata per
il 20% all’autoconsumo e per l’80% alla vendita diretta o in
esercizi commerciali del luogo.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Pesca mora di Dolfo
Produzione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina v125
Di calibro medio, è caratterizzata dal colore della buccia
rosso vinoso, che si estende anche alla polpa man mano che
procede la maturazione. Altra caratteristica è il sapore deli-
cato, non molto zuccherino; matura intorno alla seconda
decade di settembre.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
La maturazione avviene nella seconda decade di settembre.
Per il suo caratteristico sapore veniva consumata inzuppata
nel vino.
Non è stato possibile stimare la quantità di pesca passerina
effettivamente prodotta. Sono rimaste solo due aziende (nel
Pratomagno) a coltivarla, per le quali la produzione di questo
frutto è solo marginale rispetto ad altri; tuttavia continuano
a tenerne qualche pianta per non perderne il germoplasma.
Vegetali
Pesca passerinaPesca ubriaca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b126
La pesca regina di Londa è una cultivar a pasta bianca, con
buccia di color bianco sporco e striature rossastre. Dolcis-
sima, ha un profumo forte e penetrante e consistenza molto
dura. La pezzatura si aggira sui 250-300 grammi. Si produ-
ce a settembre-ottobre.
Londa (provincia di Firenze), Valdarno fiorentino e aretino,
province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
• Acquisto di astoni
• Preparazione del terreno: fresatura
• Sesti di impianto: generalmente 5x3 metri
• Lotta fitosanitaria per le principali malattie
• Raccolta manuale
• Stoccaggio (in parte) in cella frigorifera a 2°C, per mas-
simo un mese
• Astoni
• Prodotti per la lotta fitosanitaria
• Cella frigorifera per lo stoccaggio
La tradizionalità della pesca regina di Londa è dovuta
all’importanza della cultivar che si produce in zona da alme-
no 50 anni. Molto dolce, ben si presta ad essere usata per
marmellate. La gente del luogo tuttavia afferma che l’impie-
go migliore è quello di gustarla fresca. Questa pesca, origi-
naria di Londa, località nei pressi della Rufina (FI), viene
tuttora commercializzata per il suo sapore e per la matura-
zione tardiva.
Vegetali
Pesca reginadi Londa
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b127
La pesca regina di Londa viene prodotta in circa dieci azien-
de situate nei comuni di Londa, Tavarnelle (San Donato in
Poggio), Scarperia (località Crocioni e Sant’Agata), Vicchio
e Dicomano.
La produzione è di circa 1000 quintali l’anno, anche se negli
ultimi anni la produzione ha risentito delle avverse condizio-
ni meteorologiche. Non si riscontra un trend in crescita.
La vendita avviene prevalentemente alla grande distribuzione
(Coop) e al Mercafir.
La seconda domenica di settembre si tiene a Londa la Festa
della regina di Londa durante la quale viene premiata, da una
giuria composta da esperti, docenti universitari ecc., la
migliore cassetta di pesche regina di Londa. Nell’occasione la
giuria si esprime anche su altre varietà locali di pesche (bur-
rone e cotogne fiorentine).
In provincia di Arezzo ci sono altri tre-quattro produttori di
pesca regina di Londa che producono circa 25-30 quintali
l’anno. La vendita avviene sia nei mercati locali che nella
provincia di Firenze.
Maggiori informazioni su questa pesca si trovano nel volume
Il germoplasma del pesco – 2. Le burrone fiorentine a cura del
prof. Elvio Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura
della Facoltà di Agraria di Firenze, pubblicato dall’ARSIA-
Regione Toscana.
Pesca regina di Londa
Produzione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina v127
Pesca bianca a maturazione abbastanza precoce, di forma
tonda, è molto profumata e saporita.
Aretino e fiorentino.
Attiva.
Matura ai primi di agosto, è spiccagnola con nocciolo che
tende a spaccarsi.
Molto apprezzata in passato perché è una delle prime pesche
a maturare, e dunque molto ricercata. La pianta non differi-
sce dalle altre quanto a portamento e vigoria; da segnalare
la maggiore resistenza all’oidio.
La pesca trionfo bianco ha una produzione limitata: sono
solo due le aziende che la coltivano, una a Montevarchi
(località Borro al Quercio) e l’altra a Pian di Scò. La quan-
tità prodotta si aggira intorno ai 1,5 quintali l’anno, vendu-
ti ai negozi locali o direttamente a privati in fattoria.
Produzione
Vegetali
Pesca trionfo bianco
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b128
La pesca trionfo rosso è la versione “colorata” della pesca
trionfo bianco. Si presenta di colore rosso su sfondo giallo
con venature rosse nella polpa. Il nocciolo tende a spaccarsi
ma, a differenza della pesca trionfo bianco, non si spicca. Il
frutto si presenta leggermente schiacciato all’apice e con
peluria più evidente rispetto all’altra varietà.
Area fiorentina e aretina, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
La maturazione avviene nello stesso periodo della pesca
trionfo bianco, intorno alla prima settimana di agosto. È una
pesca saporita e molto apprezzata, soprattutto in passato,
per l’epoca di maturazione.
È una pesca conosciuta nella zona; rispetto alle altre varietà
manifesta maggiore resistenza alle malattie.
Rispetto alle altre varietà antiche, la pesca trionfo rosso è
più comune e più conosciuta in diverse zone della provincia
di Arezzo e di Firenze: Valdarno (aretino e fiorentino, Val di
Chiana, Valtiberina, Casentino e Pratomagno). La produzio-
ne annua è di circa 500 quintali, destinati sia a mercati loca-
li che al resto della regione.
Produzione
Vegetali
Pesca trionfo rosso
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b129
Frutti di peschi selvatici o inselvatichiti, spontanei, tra loro
ibridati in una ricca scelta di varietà.
La pezzatura del frutto è più piccola di quelle delle pesche
selezionate, con un diametro che si aggira sui 3-4 cm; la
forma va dalla rotonda alla subovata.
A seconda della varietà, la polpa può essere gialla, bianca o
bianco-verde marezzata di rosso per la presenza di antociani
specialmente vicino al nocciolo (da cui il nome anche di
moscatelli).
Possono essere duracini (attacchi) o spiccagnoli (stacchi),
questi ultimi specialmente se un po’ acerbi. Il nocciolo è sem-
pre ben formato, molto legnoso, con un seme sempre maturo
a spiccata germinabilità.
L’aspetto esteriore è altrettanto variabile: pelle ricoperta di
peluria che può essere giallo verdognola, giallognola con sfu-
mature rosa e rosse, giallo crema o biancastra con chiazze
rosse.
Tutta la fascia collinare della zona litoranea dei comuni di
Massa, Montignoso e Carrara coltivati a vigneto, provincia
di Massa-Carrara.
Attiva.
Non si esegue nessuna lavorazione del terreno in quanto sono
frutti di varietà selvatiche. Sono piante molto resistenti alla
bolla e ad altri funghi, pertanto non hanno particolare bisogno
di trattamenti antiparassitari né invernali né più tardivi. Il
frutto arriva a maturazione nell’ultima decade di agosto e nei
primi di settembre (da cui il nome di peschetti settembrini).
Come peschi tardivi, potrebbero essere suscettibili all’attacco
della cidia molesta; soltanto i peschetti delle vigne collinari
del massese rimangono intatti, profumatissimi e gustosissimi.
Vegetali
Peschetti di CandiaPeschetti di vigna,
peschetti settembrini
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b130
Raccolti a metà maturazione, si prestano molto bene allo
stoccaggio e alla conservazione in cella frigorifera. Esposti a
temperatura ambiente maturano nel giro di 2-3 giorni, spri-
gionando tutto il loro profumo e il loro sapore.
Tradizionalmente è coltivato in consociazione con la vite e non
esistono coltivazioni intensive. Ancora oggi i peschetti, nel
periodo di produzione si trovano nei negozi ortofrutticoli.
La produzione dei peschetti di Candia è ormai molto ridotta.
Resta un numero esiguo di alberi ai margini dei vigneti utiliz-
zati esclusivamente per l’autoconsumo familiare.
Peschetti di Candia
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v130
Il pinolo del Parco ha forma ovoidale non molto allungata; il
guscio è di colore marrone scuro, il seme di colore bianco
sporco. Si ottiene da pini della macchia mediterranea, di qui
il sapore resinoso e il profumo molto intenso.
Parco di Migliarino San Rossore, provincia di Pisa.
Attiva.
Dopo la raccolta le pine vengono distese su teli su cui vengo-
no lasciate per circa sette mesi per permetterne l’apertura.
Dopo la separazione dei pinoli dalle pine, quelli migliori ven-
gono immersi in acqua per eliminare la polvere marrone del
guscio e poi sottoposti a un trattamento termico. I pinoli ven-
gono schiacciati e separati dai gusci per decantazione, all’in-
terno di una vasca di acqua. Successivamente vengono posti
in un essiccatoio in cui si raggiungono le temperature di
90°C. Terminata questa operazione, viene tolta la nocella.
• Teli su cui poggiano le pine
• Macchina per la separazione dei pinoli dalle pine
• Macchina per la schiacciatura dei pinoli
• Vasca per la separazione dei pinoli dal guscio
• Essiccatoio
• Macchina per la separazione della nocella dal seme
La tradizionalità e qualità del pinolo del Parco è data dalla
materia prima che si ottiene da pini della macchia mediter-
ranea cui si deve il sapore resinoso e l’odore intenso, nonché
dalle modalità di lavorazione che prevedono l’utilizzo di
macchine molto antiche e di locali tradizionali. Altri ele-
menti di tipicità sono dovuti sia alla modalità di essiccazio-
ne delle pine, che vengono distese all’aria aperta per circa
Vegetali
Pinolo del Parcodi MigliarinoSan Rossore
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b131
sette mesi, sia alla particolare manualità delle persone che
eseguono la setacciatura finale. I pinoli vengono utilizzati per
fare la “torta co’ bischeri”, il pesto alla genovese, la torta
della nonna, i tortelloni rustici, il castagnaccio. Si producono
da oltre cento anni.
Nel Parco di Migliarino San Rossore, a cavallo tra le provin-
ce di Pisa e Lucca, un’azienda di trasformazione commercia-
lizza annualmente 1500 quintali di pinoli.
Questa produzione tipica partecipa a tutte le manifestazioni e
agli eventi legati alla promozione del Parco di San Rossore.
È disponibile anche un libro dal titolo Le pinete e la produzio-ne dei pinoli dal passato ai giorni nostri nel territorio del Parcodi Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, di Peruzzi, Cheru-
bini, Gorreri e Cavalli, edito dall’Ente Parco.
La produzione viene venduta interamente in Toscana.
Pinolo del Parco di Migliarino San Rossore
Produzione
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v131
Legume piccolo con buccia morbida.
Valdarno, provincia di Arezzo.
Attiva.
Richiede terreni sabbiosi e abbondante concimazione. Si
semina in solchi da ottobre a fine novembre, a distanza di 1-
2 cm nel solco. Durante il ciclo va sarchiato, rincalzato e
infrascato. La maturazione è scalare, da fine marzo a fine
aprile. Il seme è piccolo con buccia morbida e particolar-
mente dolce. La coltura non richiede interventi fitosanitari.
La caratteristica peculiare del pisello quarantino consiste nel
metodo di produzione e conservazione del seme. Il seme per
la produzione viene raccolto dai palchi più bassi, seccato
ulteriormente in ambienti aerati e conservato in contenitori
di vetro con aggiunta di pepe. La produzione è generalmente
per consumo familiare. Il legume viene cucinato in vari modi.
Si presta bene ad essere utilizzato in sughi con carne di
agnello.
La coltivazione del pisello quarantino è effettuata da un solo
produttore di Montevarchi e da pochi altri hobbisti del Pra-
tomagno e del Valdarno aretino. La scarsa produzione, circa
1 quintale all’anno, è destinata ai mercati locali e alla ven-
dita diretta.
Produzione
Vegetali
Pisello quarantino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b133
È un legume piccolo, liscio e di colore verde chiaro.
Valdarno, provincia di Arezzo.
Attiva.
Pianta ad accrescimento indeterminato; la sua coltura
richiede terreni sabbiosi e leggermente concimati. Si semina
in solchi nei periodi di settembre-ottobre oppure marzo. Le
semine autunnali, rispetto a quelle primaverili, danno mag-
giore garanzia di sopravvivenza al gelo. La rincalzatura va
effettuata prima che spuntino le frasche. Le piante crescono
altissime e ricadono dalla frasca. I legumi, piccoli ma molto
teneri e di sapore dolce (più di quello nano), maturano da
maggio a giugno. Non richiedono trattamenti.
I legumi sono apprezzati per il sapore dolce e la consistenza
tenera. I semi per la riproduzione vengono raccolti dai bac-
celli dei primi palchi. Vengono lasciati seccare sulla pianta e
conservati in contenitori di vetro con aggiunta di pepe. La
produzione è prevalentemente per consumo familiare.
La coltivazione del pisello a tutta frasca è limitata a due
aziende di Montevarchi e a pochi hobbisti del Pratomagno e
del Valdarno aretino. La produzione si aggira intorno ai 2
quintali l’anno ed è destinata sia alla vendita diretta che a
negozi della zona.
Produzione
Vegetali
Pisello a tutta frascaaretino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b132
La pianta produce grappoli con 6-8 pomodorini tondi, picco-
li, lisci, “da serbo”, con una buccia piuttosto spessa di colo-
re arancione. L’interno è carnoso, il sapore dolce.
Colline intorno a Firenze e Valdarno aretino, province di
Arezzo e Firenze.
Attiva.
La pianta è ad accrescimento indeterminato e si trapianta
agli inizi di giugno. Il pomodorino da inverno viene coltivato
prevalentemente in collina e predilige i terreni argillosi; le
concimazioni organo-minerali sono leggere, gli interventi
irrigui di cui necessita sono esigui.
Cultivar di buona produzione, richiede diversi trattamenti
con prodotti a base di rame ed è suscettibile alla spaccatura
dei frutti.
Il frutto si conserva appeso in locali arieggiati e può essere
consumato fresco fino a Natale, a volte fino a febbraio.
Viene utilizzato per bolliti e per zuppa al pomodoro oppure
fresco per insalate, uova al pomodoro o strofinato sul pane.
La produzione è prevalentemente per consumo familiare e
ristretti canali commerciali.
Il pomodorino da inverno da appendere è una varietà abba-
stanza comune negli orti della provincia di Arezzo (Valdarno
superiore, Valtiberina, Casentino e Val di Chiana). La sua
coltivazione è limitata ad un livello amatoriale, pertanto è
difficile quantificarne la produzione, che viene destinata solo
alla vendita diretta e all’autoconsumo.
Produzione
Vegetali
Pomodorinoda inverno
da appendere
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b134
Il pomodoro canestrino ha la tipica forma a canestro con sol-
cature più o meno pronunciate. La polpa è soda e con ottime
caratteristiche organolettiche: poco acida e con elevato con-
tenuto zuccherino.
Utilizzato per il consumo anche in altre parti della Toscana,
province di Lucca e Pisa.
Attiva.
Coltivato prevalentemente in pianura, in terreni limoso-sab-
biosi, necessita di terreni ben drenati e con fertilità abba-
stanza elevata, oltre che di un’abbondante concimazione
organica. La coltivazione viene effettuata sia in pieno campo
che in serra. In quest’ultimo caso la pianta risulta molto sen-
sibile al marciume apicale. Il periodo di raccolta va da giu-
gno ad ottobre.
Viene utilizzato sia per preparare salse sia in insalata, a
maturazione non completa.
Il pomodoro canestrino viene coltivato ormai solo da pochi
produttori delle province di Pisa e di Lucca. Alcune aziende
producono le piantine con i semi locali reperiti dagli agricol-
tori che lo coltivano. Si stima una produzione annua di 2500
quintali (500 nella provincia di Pisa, 2000 in quella di Luc-
ca). La commercializzazione avviene prevalentemente in
zona, sia per vendita diretta sia per vendita ai negozi locali,
soprattutto nel pisano; il pomodoro prodotto nella provincia
di Lucca, in piccola percentuale, viene destinato ai mercati
del resto della regione.
Produzione
Vegetali
Pomodoro canestrinodi Lucca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b135
Pomodorino tondo, piccolo con buccia fine “da serbo”.
Valdarno, dintorni di Firenze.
Attiva.
La pianta, ad accrescimento indeterminato, viene trapianta-
ta in giugno e produce frutti tondi e piccoli con buccia più
fine del pomodoro pendolino. Richiede normali trattamenti a
base di rame.
Si distinguono due tipi:
• quello col “puntino sotto” (leggera escrescenza apicale)
• quello senza puntino, liscio.
Il frutto si conserva appeso in locali arieggiati per l’inverno,
ma ha minore durata del pendolino.
È un pomodoro dalla buccia sottile e dal sapore legger-
mente più acido del pendolino. Si conserva relativamente
poco. Viene consumato fresco per guarnizioni, antipasti,
insalate di riso.
Nel Valdarno varie aziende producono questo pomodoro, di
queste solo due hanno dimensioni e quantitativi di produzio-
ne rilevanti. Si stima un quantitativo medio annuo di circa
10 q ai quali va aggiunta una produzione di tipo hobbistico
che non è quantificabile.
Produzione
Vegetali
Pomodoro cilieginotoscano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b136
Elemento caratteristico della bacca sono le costole, le cui
pareti spesso rientrano anche di molto all’interno del frutto,
dando origine alla tipica conformazione da cui prende il
nome questo ortaggio. La polpa interna, omogenea e abba-
stastanza consistente, è molto rossa, succosa, saporita e aro-
matica. La bacca è ottima per il consumo fresco, ma si pre-
sta bene anche alla preparazione di sughi (previa scottatura
e spellatura).
Tutta la Toscana.
Attiva.
Seminato nel periodo marzo-aprile in semenzaio, viene
messo a dimora ai primi di giugno; la maturazione dei frutti
avviene da metà agosto in poi. La pianta è ad accrescimento
indeterminato. La potatura verde è sconsigliabile per non
ridurre ulteriormente la biomassa e quindi la produzione uni-
taria, scarsa di per sé; altrettanto poco indicata è la sommi-
nistrazione di fitoregolatori, viste le semine tardive.
Per la coltivazione tale varietà richiede terreni di buona fer-
tilità e abbondante irrigazione. La produzione è elevata e
continua fino ai primi freddi autunnali. Pur essendo sensibi-
le a malattie fungine, pochi trattamenti a base di rame rie-
scono a scongiurare danni gravi. Per quanto riguarda i fito-
fagi, il pomodoro costoluto fiorentino resiste bene sia agli
afidi, sia al ragno rosso. La sua rusticità infine permette una
buona resistenza alla fusariosi e alla verticillosi.
È soggetto ad attacchi peronosporici, pertanto la coltura va
seguita ed effettuati gli eventuali trattamenti. La raccolta si
fa a mano, riponendo i pomodori in cassette. La conserva-
zione avviene in locali coperti e ben aerati allo scopo di pre-
venire lo svilupparsi di muffe che nuocerebbero all’intera
Vegetali
Pomodoro costolutofiorentino
Pomodoro rosso da conserva
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b137
produzione. Per la produzione del seme si individuano le pian-
te più belle e si scelgono i frutti migliori dei primi palchi, che
vengono fatti maturare sulla pianta. I semi si lasciano asciu-
gare nel succo gelatinoso che ne inibisce la germinazione.
Successivamente si conservano in ambienti asciutti.
La polpa del pomodoro costoluto ha un sapore e una tale con-
sistenza da favorirne il consumo sia fresco in insalata sia tra-
sformato in conserve. La tecnica colturale, pur potendosi
avvalere dei moderni apporti agro-fitopatologici, non ha subi-
to grosse modifiche, dal momento che la produzione è a cari-
co di piccoli agricoltori che preferiscono per lo più metodolo-
gie tradizionali, del tutto idonee alla coltivazione di questa
varietà.
Si stima un quantitativo annuo di circa 170 q anche se non vi
è la certezza che tale produzione provenga da sementi auto-
riprodotte o da ibridi. Nella provincia di Firenze, nei comuni
di Reggello, Scarperia, Figline Valdarno e San Casciano al di
Pesa, ci sono alcuni hobbisti che utilizzano il seme autoripro-
dotto, ma non è stato possibile stimare la quantità che viene
effettivamente messa in commercio.
Nell’aretino, nei comuni di Montevarchi, Talla, Ortignano-
Raggiolo, Castiglion Fiorentino, sono circa quattordici i pro-
duttori di pomodoro costoluto fiorentino; la loro produzione
complessiva è dell’ordine dei 500 q all’anno. Questa varietà,
a causa delle sue qualità organolettiche, è presente general-
mente sui mercati di tutto il territorio toscano.
Pomodoro costoluto fiorentino
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v137
Il frutto è grosso e irregolare (raggiunge mediamente un
peso di 300-400 g), con buccia liscia di colore lilla. La polpa
è carnosa, di consistenza simile a quella del cachi, molto
saporita e aromatica, quasi piccante, con pochissimi semi.
Valdarno superiore aretino e dintorni di Firenze, province di
Arezzo e Firenze.
Attiva.
Ha un ciclo primaverile-estivo e si semina più tardivamente
rispetto alle altre cultivar. Il trapianto in pieno campo viene
effettuato nel mese di maggio su terreno lavorato e ben con-
cimato con sostanza organica. L’irrigazione è indispensabile
sia nel periodo post trapianto, sia nella fase successiva,
anche se sono preferibili apporti moderati al fine di evitare
marciumi del colletto (a cui la pianta è molto sensibile). Pur
essendo facilmente attaccabile da malattie fungine, pochi
trattamenti a base di rame scongiurano gravi danni apporta-
ti da tali agenti. Per quanto riguarda i fitofagi, il pomodoro
cuore di bue resiste bene sia agli afidi che al ragno rosso. La
sua rusticità infine permette una buona resistenza alla fusa-
riosi e alla verticillosi.
La raccolta viene effettuata manualmente con l’impiego di
cassette. La conservazione avviene in locali coperti e ben
aerati. La manipolazione dei frutti deve essere particolar-
mente delicata in quanto le bacche sono soggette ad ammac-
cature che compromettono la facilità di conservazione del
prodotto.
La tecnica produttiva è rimasta invariata nel tempo. Il pro-
dotto si distingue per le inconfondibili qualità organolettiche,
accompagnate da una manifesta rusticità.
Vegetali
Pomodoro cuoredi bueBovaiolo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b138
La produzione di questo pomodoro è stimabile in circa 10 q
l’anno: le aziende che lo coltivano sono quattro, anche se si
possono contare molti hobbisti che lo producono solo per
autoconsumo.
Produzione
Pomodoro cuore di bue
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v138
Il pomodoro marmande è una cultivar che dà frutti di colore
rosso intenso, schiacciati e prevalentemente lisci.
Coltivazione rara e limitata per lo più ad orti familiari, in
tutta la Toscana.
Attiva.
Pianta ad accrescimento semideterminato, il pomodoro mar-
mande si coltiva in pianura ed è adatto a differenti tessiture di
terreno; non richiede terreni particolarmente fertili e drenati.
Utilizzato per la preparazione di conserve, sughi e salse, si
presta poco al consumo fresco.
Il pomodoro marmande non è commercializzato; viene pro-
dotto solo da hobbisti che per passione ne hanno conservato
il seme puro.
Produzione
Vegetali
Pomodoro marmande
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b139
Il pomodoro pallino ha forma sferica e nella parte opposta al
picciolo presenta un’escrescenza apicale molto accentuata. Il
colore è rosso intenso, la polpa soda e non deliquescente. Ha
sapore acidulo e odore molto intenso; le pezzature vanno dai
30 ai 40 grammi. Si presta bene ad essere conservato fino ai
mesi invernali, appeso sotto le tettoie (“ciglieri”). Si produ-
ce fra agosto e settembre.
Provincia di Livorno.
Attiva.
• Acquisto delle piantine da un vivaista locale o per autori-
produzione
• Trapianto in file binate verso la prima decade di giugno
• Palatura con canne, cui le piante in seguito vengono
legate
• Preparazione del terreno: aratura profonda e successivo
affinamento effettuato con estirpatori o frese
• Difesa fitosanitaria con prodotti a base di rame, di Bacillusthuringensis e di piretro
• Raccolta manuale
• Legatura manuale
• Conservazione in locali coperti e arieggiati, generalmente
appeso sotto delle tettoie
• Consumo nei mesi invernali
• Piantine acquistate o autoprodotte
• Canne per la palatura
• Prodotti a base di rame, di Bacillus thuringensis e di piretro
• Locali per la conservazione
Vegetali
Pomodoro pallinoPomodoro da serbo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina b140
La tradizionalità del pomodoro pallino risiede sia nella parti-
colarità della cultivar, sia nella tecnica di conservazione: si
presta ad essere conservato a lungo, fino ai mesi invernali.
Nel livornese è frequente vedere le “filze”, ovvero i grappoli
di questi pomodori piccoli, rossi e tondi appesi sotto le tettoie
delle case di campagna, i cosiddetti “ciglieri”. Soprattutto in
passato questo tipico metodo di conservazione costituiva un
simbolo caratteristico del paesaggio rurale, frequentemente
fotografato o dipinto per l’armonia dei colori e delle forme.
Il pomodoro pallino era molto usato nell’alimentazione dei
contadini, che lo strofinavano sul pane in inverno; si dice che
i medici consigliassero le “freghe” (fette di pane con pomo-
doro “da serbo”), come ricostituenti per pazienti debilitati.
Oggi è coltivato solo per autoconsumo o per la vendita nei
mercati locali.
Gli agricoltori che coltivano ancora questa varietà sono ormai
pochi e quelli da cui è possibile rinvenire il seme, mantenuto
da anni tramite autoproduzione, sono solo quattro. Il prodot-
to viene destinato esclusivamente all’autoconsumo, non viene
venduto.
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Pomodoro pallino
Produzione
*Vegetali b118-v140 7-12-2001 9:33 Pagina v140
Il pomodoro pendentino è un pomodoro da mensa, ha forma
tonda e leggermente allungata, colore rosso intenso e consi-
stenza dura. Molto saporito, ha diametro sui 3-4 cm. Si pro-
duce da luglio a ottobre.
Provincia di Lucca.
Attiva.
• Produzione del seme in azienda: selezione dei pomodori sa-
ni dei primi palchi e relativa strizzatura; i semi vengono
messi ad asciugare e poi conservati in barattoli di vetro
• Semina in semenzaio intorno al 20 di marzo
• Copertura in tunnel delle giovani piantine
• Trapianto manuale intorno al 15 maggio
• Aratura leggera (circa 35-40 cm)
• Utilizzo di canne per il sostegno con un sesto di impianto
di 70 cm nell’interfila e 80 tra le due palature.
• Concimazione di fondo
• Somministrazione di potassio al raggiungimento del primo
palco
• Lotta fitosanitaria: eventuali trattamenti contro la perono-
spera e altre malattie fungine
• Raccolta scalare: avviene manualmente da fine luglio a
settembre
• Sistemazione del prodotto in cassette e trasporto in locale
arieggiato
• Seme e piantine autoprodotte in azienda
• Semenzaio e tunnel per l’ottenimento delle piantine
• Canne per il sostegno
• Prodotti per il diserbo (antiperonosporici) e la concimazione
(stallatico, nitrato ammonico o nitrato di calcio, potassio)
Vegetali
Pomodoro pendentino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b141
• Cassette per l’imballaggio
• Locale arieggiato per lo stoccaggio
La tradizionalità del prodotto è costituita sia dalla particola-
rità della cultivar sia dalla tecnica di produzione. Il pomodo-
ro pendentino infatti, noto per la consistenza, la forma parti-
colare e per il sapore, ben si presta ad essere consumato fre-
sco con pane e olio. La tecnica di produzione si è trasmessa
nel tempo grazie a quei produttori che custodiscono molto
gelosamente il seme. Una volta, dopo la raccolta, si usava
appendere i pomodori su rami di salice molto flessibili.
L’attenta autoproduzione delle sementi garantisce il manteni-
mento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Viene con-
sumato nel brodo, nei minestroni e in insalata, e spesso in
padella con l’uovo.
Questo particolare pomodoro si produce a fini commerciali in
un’unica azienda di San Quirico di Moriano; forse esiste anche
qualche altro piccolo produttore ma a livello hobbistico.
Spesso il pomodoro pendentino viene confuso con altri ibridi,
ma in realtà la sua diffusione è limitata dalla scarsa produt-
tività: se ne producono 20 quintali l’anno, commercializzati
in zona tramite vendita diretta in azienda e per mezzo di
rivenditori ortofrutticoli locali.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Pomodoro pendentino
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v141
Il pomodoro pisanello ha forma più schiacciata rispetto a
quella di un pomodoro normale da mensa; presenta costola-
ture, colore rosso brillante, ha un sapore dolciastro e al
tempo stesso acidulo. Ha polpa soda e poco deliquescente,
con un forte odore di fruttato e pezzature in genere dai 70 ai
130-150 grammi.
Si produce da giugno a settembre.
Province di Livorno e Pisa.
Attiva.
• Acquisto delle piantine da un vivaista locale o produzione
delle piantine direttamente in azienda
• Trapianto, verso la metà di marzo, in tunnel freddi adgua-
tamente ombreggiati per evitare le scottature estive; in
pieno campo nella seconda-terza decade di aprile
• Sesti d’impianto (nei tunnel): distanza sulla fila di 40 cm,
tra le file la distanza è 90 cm-1m; il sostegno utilizzato è
uno spago di nylon intorno al quale vengono legate le pian-
tine durante la crescita
• Sesti d’impianto (in pieno campo): file binate e palatura
con canne alle quali le piante in seguito vengono legate
• Preparazione del terreno: aratura profonda e affinamento
effettuato con estirpatori e frese
• Concimazione organica con circa 300 q/ha di letame oppu-
re concimazione di base con concime ternario, successiva-
mente integrata con fertirrigazioni
• Lotta fitosanitaria: si utilizzano di solito prodotti a base di
rame, insetticidi a base di Bacillus thuringensis ed estratti
di piretro contro gli afidi; viene eseguita la lotta contro i
nematodi verso i quali la cultivar risulta molto sensibile
• Irrigazione durante la fase di maturazione per evitare le
spaccature
Vegetali
Pomodoro pisanello
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b142
• Raccolta manuale
• Confezionamento manuale
• Piantine autoprodotte e acquistate dal vivaio di zona
• Tunnel freddi
• Prodotti per la concimazione
• Prodotti per la difesa fitosanitaria
• Cassette per il confezionamento
La tradizionalità del pomodoro pisanello è data dalla partico-
larità della cultivar, della consistenza e del gusto. Simile al
pomodoro costoluto fiorentino, il pisanello presenta tuttavia
costolature del mesocarpo meno marcate. È molto gradito sia
dai consumatori locali che dai turisti che affluiscono sulla
costa tirrenica dalle altre città toscane per gustare la bru-
schetta con pomodoro pisanello e olio extravergine di oliva. Si
utilizza anche per la preparazione di sughi al pomodoro, molto
apprezzati per la minore deliquescenza della polpa. Il pisanel-
lo è prodotto sia per l’autoconsumo che per la vendita sui mer-
cati locali (Livorno, Pisa, Piombino). Raggiunge prezzi più
alti delle altre tipologie da mensa o di quelle da grappolo.
Nella provincia di Livorno si producono circa 1000 quintali
di pomodoro pisanello; negli ultimi anni è stata registrata una
crescita nella richiesta di questo prodotto che è però molto
delicato e poco resistente alle avversità climatiche. La vendi-
ta avviene principalmente ai negozianti della zona. Anche
nella provincia di Pisa la produzione stimata si aggira sui
1000 quintali.
Pomodoro pisanello
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v142
È un pomodoro precoce, la cui produzione però dura a
lungo. Molto diffuso nel passato, oggi è realmente a rischio
di estinzione.
Valdarno fiorentino e aretino.
A rischio.
Seminato in cassette da dicembre a febbraio, dopo circa due
mesi viene trapiantato a cm 70x70 con sostegni. Normal-
mente viene sarchiato 2-3 volte e produce precocemente a
partire da giugno. Forma 3-4 palchi, di cui il primo molto
basso, a 10 cm dal suolo; il frutto è grinzoso, un po’ meno di
quello del costoluto fiorentino, con diametro di circa 10 cm;
la produzione, circa 7-8 kg a pianta, continua fino alle prime
brinate di novembre. Normalmente viene trattato due volte
con prodotti rameici.
Per avere pomodori anche a Natale, si semina a metà mag-
gio e le piante vengono protette da una piccola serra a par-
tire dal mese di ottobre. Per la riproduzione vengono presi i
semi dei pomodori più belli del primo palco.
Questa varietà di pomodoro, ottima per la preparazione delle
conserve, pur essendo ricordata da tutti gli agricoltori, pur-
troppo è stata conservata solo da pochi ed è limitata al cir-
cuito del consumo familiare.
Il pomodoro quarantino viene prodotto da due sole aziende
del Pratomagno. Non è stato possibile rilevarne la quantità
prodotta.
Produzione
Vegetali
Pomodoro quarantinoPomodoro antico nostrale
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
FOTO DISPONIBILE NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b143
Il pomodoro stella è costoluto e leggermente appiattito; ha
colore rosso intenso. È molto saporito ed ha una buona con-
sistenza. Le pezzature si aggirano sui 150-200 gr. La pro-
duzione va da giugno a ottobre.
Pescia, provincia di Pistoia e provincia di Lucca.
Attiva.
• Produzione del seme in azienda: selezione dei pomodori
sani dei primi palchi e loro strizzatura; i semi vengono
messi ad asciugare e conservati in barattoli di vetro
• Semina in semenzaio intorno alla fine di aprile-primi di
maggio
• Copertura in tunnel delle giovani piantine
• Trapianto manuale intorno al 10 giugno
• Aratura leggera (circa 35-40 cm)
• Utilizzo di canne per il sostegno
• Trattamenti antiparassitari e concimazioni standard
• Cimatura verso la metà di agosto
• Produzione di circa 6-7 kg di pomodori per pianta (circa 5
palchi)
• Raccolta manuale una decina di giorni prima della matu-
razione e imballaggio in ceste di vimini
• Seme e piantine autoprodotte in azienda
• Semenzaio e tunnel per l’ottenimento delle piantine
• Canne per il sostegno
• Prodotti per i trattamenti parassitari e la concimazione
standard
• Ceste di vimini per imballaggio
• Cannicci per lo stoccaggio
Vegetali
Pomodoro stellaPomodoro pesciatino
o del Morianese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b144
La tradizionalità del prodotto è costituita dalla particolarità
della cultivar: il pomodoro stella è famoso per la consistenza,
per la forma originale e per il sapore ricco; si presta ad esse-
re consumato fresco sul pane. Una volta, dopo la raccolta, si
usava imballare i pomodori in ceste di vimini e stoccarli in
stalle sulla paglia. A Pescia erano appoggiati sui cannicci. La
gelosa autoproduzione delle sementi garantisce il manteni-
mento delle caratteristiche dell’ecotipo autoctono. Viene con-
sumato nel brodo, nei minestroni e in insalata.
Nella provincia di Pistoia il pomodoro stella è un prodotto
che sta ormai scomparendo, molti addirittura ne ignorano l’e-
sistenza. La produzione non è quantificabile. Nella zona di
Lucca, invece, la situazione è migliore e si stima una produ-
zione media annua di circa 750 quintali con un solo produt-
tore significativo. La vendita avviene ai negozianti locali o
direttamente a privati in azienda.
Pomodoro stella
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v144
La radicchia di Lucca è una varietà di indivia scarola dal
colore verde intenso e dalla particolare resistenza al freddo.
Piccoli produttori delle province di Lucca, Pisa e Firenze.
Attiva.
Anche se si adatta, sia in pianura che in collina, a tutte le
tipologie di tessitura del terreno, sono preferibili terreni
mediamente fertili e drenati. Nonostante venga utilizzata la
concimazione organica, la radicchia di Lucca non è partico-
larmente esigente in tal senso; pure le esigenze idriche sono
modeste.
L’epoca di raccolta va da febbraio ad aprile.
L’area di origine è la provincia di Lucca, la quantità prodot-
ta è molto bassa.
Viene utilizzata sia cruda in insalata che cotta.
La radicchia viene prodotta da un’unica azienda in piccole
piantine che vengono poi rivendute ai vari agricoltori e hob-
bisti della zona. In Lucchesia gli agricoltori che coltivano la
radicchia sono tutti soci della Cooperativa lucchese del mer-
cato ortofrutticolo.
Vengono prodotte in media 30.000 piantine l’anno e ciascu-
na ha una resa di 300-500 gr; la superficie coltivata è di
3000 m2. In Versilia viene prodotta a Capezzano.
In totale si può stimare una quantità annua di 90 quintali.
La vendita avviene soprattutto in zona, sia a privati che a
negozi locali, ma una buona percentuale viene destinata
anche ai mercati del resto della regione.
Produzione
Vegetali
Radicchiadi Lucca
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b145
Ortiva tipica della cucina invernale. La tipica forma è quella
della radice con le foglie, di colore bianco verde e di sapore
dolciastro. La radice è più lunga e sottile del comune rapino.
Provincia di Massa Carrara.
Attiva.
Viene seminato ad agosto, in pieno campo, con seme ottenu-
to da piante autoctone. La raccolta è effettuata generalmen-
te a mano.
La tradizionalità è legata alla tecnica di coltivazione adotta-
ta, rimasta immutata nel tempo, all’utilizzo di semi autocto-
ni e alle particolari caratteristiche organolettiche. La radice
è più lunga, sottile e più dolce del comune rapino. Si consu-
ma condito con olio e sale dopo averlo bollito oppure lessa-
to, passato in padella con aglio e carne di maiale, soprattut-
to salsiccia, e accompagnato con vino locale.
Questo prodotto è coltivato da buona parte delle famiglie del
paese di Bergiola esclusivamente per autoconsumo; il quan-
titativo complessivo è difficilmente quantificabile. Nel mese
di novembre a Bergiola Foscalino si tiene, ormai da svariati
anni, la Sagra del rapino.
Produzione
Vegetali
Rapino di BergiolaFoscalino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b146
Ortiva tipica della cucina invernale, si consuma abbinata al
maiale o alle preparazioni in umido dopo averla lessata.
Valdarno aretino e fiorentino.
Attiva.
Seminato a spaglio a luglio o a settembre dopo il grano, nei
primi mesi produce broccoletti, poi le piante vengono a poco
a poco diradate fino a lasciarne una ogni metro, affinché pos-
sano formare una bella infiorescenza. Nel rapo nostrale, a dif-
ferenza di quello convenzionale, l’infiorescenza si sviluppa già
prima dell’inverno se è stato seminato a luglio. Con la semi-
na di settembre l’infiorescenza si forma la primavera succes-
siva. Oltre ai broccoletti vengono utilizzate anche le foglie; le
piante lasciate troppo fitte producono poco. Pianta molto
rustica, non necessita di irrigazione nemmeno dopo la semina
e non viene attaccata da parassiti animali. Alcuni agricoltori
usano trapiantare per la riproduzione le piante più belle in
una zona isolata oppure in vasi, per evitare incroci. Per l’es-
siccazione delle silique le piante vengono tagliate sopra il col-
letto e appese all’aria, capovolte, in zone ombreggiate.
Vengono utilizzate le foglie e le infiorescenze in zuppe, mine-
stre e nelle pastasciutte; tipici sono i rapi rifatti con la sal-
siccia o con le pietanze in umido; l’uso è limitato al consumo
familiare e a un ristretto circuito commerciale.
La produzione di rapo del Valdarno si aggira intorno ai 1500
quintali, la maggior parte dei quali viene destinata all’ali-
mentazione del bestiame. In tutto il Pratomagno, il Casen-
tino e la Valtiberina, le aziende che lo producono sono circa
un centinaio, fra cui dieci biologiche o in conversione; ci sono
poi pochi altri hobbisti.
Produzione
Vegetali
Rapo del ValdarnoRapo nostrale
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b147
Ha colore giallo e dimensioni maggiori rispetto a quello in
commercio.
Si produce nel Valdarno aretino e fiorentino.
Attiva.
Nel Valdarno non viene normalmente riprodotto tramite
seme, ma da bulbo; seminato a febbraio, predilige i terreni
calcarei e non presenta spiccate esigenze di concimazione (è
preferibile quella organica).
Più resistente della cipolla alle fitopatologie, normalmente
non subisce alcun trattamento; la raccolta avviene a fine
luglio primi di agosto e offre pochi problemi di conservazione
(anche sotto questo punto di vista è migliore della cipolla).
Deve la sua tipicità alla cultivar locale. In passato veniva
cucinato sotto la cenere, come le cipolle o utilizzato nella
preparazione del coniglio in arrosto morto, oppure per pre-
parare i sottaceti.
La produzione di scalogno è molto scarsa: c’è una sola azien-
da che lo produce per la commercializzazione, ci sono poi
alcuni hobbisti che lo destinano al consumo familiare. Non è
stato possibile stimarne il quantitativo prodotto.
Produzione
Vegetali
Scalogno nostraletoscano
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b148
Il sedano di Montevarchi, o costolino, appartiene alla varietà
botanica dulce ed è quindi un sedano da coste più piccolo rispet-
to alle più recenti cultivar. Le foglie sono verde chiaro opaco e
poco frastagliate, a costola lunga, molto tenera e croccante.
Particolarmente prelibata la parte interna del prodotto, nella
quale sono praticamente impercettibili le nervature.
Valdarno aretino e fiorentino. L’area pianeggiante del comu-
ne di Montevarchi, sui terreni alluvionali adiacenti all’Arno,
province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
La semina viene effettuata a febbraio oppure a marzo. Con
trapianto verso la metà di aprile, l’ortaggio è pronto per la
raccolta verso i primi di agosto. La coltivazione nella steccia
(terreni dove prima c’era il grano) dà ottimi risultati. Richie-
de comunque terreni grossi, concimazioni continue e molta
acqua. Per l’imbiancamento vengono fasciati, di solito con la
carta, circa 15 giorni prima della raccolta, che si fa a mano,
asportando le prime quattro coste esterne. Il prodotto viene
conservato per poco tempo nei locali aziendali prima di esse-
re avviato alla commercializzazione nei mercati locali.
Per la produzione del seme vengono selezionate le piante più
belle. Appena spunta lo stocco e nasce il seme, lo si lascia
maturare sulla pianta e poi lo si raccoglie e asciuga bene
prima di conservarlo in contenitori di vetro. È una varietà
poco resistente al freddo e molto gentile, pertanto viene facil-
mente attaccata dalla peronospora.
Vegetali
Sedano nostraleCostolino o sedano
di Montevarchio sedano Marconi
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b149
Questo sedano è molto apprezzato per la costola molto tene-
ra, ottima per il consumo in pinzimonio. Viene impiegato in
numerose ricette locali, come i rocchi di sedano con la
“nana” in umido o con il pollo del Valdarno in umido, per
minestre, ecc.
I due principali produttori di sedano nostrale, nella zona di
Montevarchi, producono un quantitativo medio annuo di circa
100 q, commercializzati principalmente nei mercati ortofrut-
ticoli dell’area fiorentina.
Sedano nostrale
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v149
Le foglie dello spinacio della Val di Cornia hanno un lembo
triangolare, rugoso o liscio, di colore verde intenso. Una
volta cotto ha consistenza molto spugnosa e un odore poco
intenso. Si produce da novembre a marzo.
Val di Cornia, provincia di Livorno.
Attiva.
Le varietà coltivate sono Allegro (15%), Gladiator (70%)
presente da più di cinquanta anni e Ritmo (15%). Nella rota-
zione colturale in genere segue un cereale autunno-vernino:
la semina avviene a partire dalla fine di agosto fino a dicem-
bre, scalarmente. Si impiegano seminatrici per ortaggi di
tipo pneumatico e la semina viene eseguita a file baulate, per
favorire lo sgrondo delle acque durante il periodo autunno-
invernale e per ridurre i problemi di tipo fitosanitario. Sono
comunque previsti eventuali interventi antiperonosporici e un
trattamento diserbante. Si effettua normalmente una conci-
mazione di fondo con un concime ternario cui seguono due
concimazioni in copertura con nitrato ammonico.
Per il consumo fresco, la raccolta, è manuale. In azienda ven-
gono eseguiti la cernita e il lavaggio; lo stoccaggio avviene in
celle frigorifere o all’aperto. Il prodotto viene poi disposto in
cassette e trasportato ai mercati locali o alle grandi catene di
distribuzione, per i mercati generali e l’esportazione.
• Sementi acquistate (ibridi)
• Prodotti per la lotta fitosanitaria e la concimazione
• Macchina per il lavaggio
• Cella frigorifera
• Cassette di legno per lo stoccaggio.
Vegetali
Spinacio tipicodella Val di Cornia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b150
La tipicità dello spinacio della Val di Cornia è legata all’in-
fluenza dell’ambiente su questo ortaggio, coltivato in questa
zona da 35 anni. Attualmente è uno dei prodotti più diffusi
nella zona, insieme al melone e al carciofo; tuttavia negli ulti-
mi anni si è verificata una contrazione della superficie colti-
vata per mancanza di acqua. La permanenza di questo fatto-
re potrebbe risultare limitante per la diffusione della coltura
in futuro e rendere problematico il mantenimento delle attua-
li superfici coltivate. Con gli anni le tecniche di coltivazione
sono migliorate, mediante il controllo delle operazioni fonda-
mentali quali la concimazione e la difesa, al fine di ottenere
un prodotto privo di residui chimici, conforme alle attuali
norme sanitarie.
In tutta la Val di Cornia sono circa ventidue le aziende che
producono lo spinacio, per una produzione annua di circa
96.000 quintali. Il fattore limitante la quantità prodotta è
dato dalla salinizzazione delle falde presenti che accentua il
problema, sempre esistito nella Val di Cornia, di reperimento
delle risorse idriche.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Spinacio tipico della Val di Cornia
Produzione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v150
Il tartufo bianchetto del litorale (Tuber albidum Pico) ha uno
strato esterno liscio, di colore tendente al fulvo e una polpa
chiara di colore variabile dal fulvo al violaceo-bruno, provvi-
sta di numerose venature. Le sue dimensioni sono abbastan-
za ridotte e di solito non superano quelle di un uovo di galli-
na. Ha un profumo simile a quello dell’aglio.
Tutta la regione e in particolare la fascia litoranea. Ai sensi
della normativa regionale (art. 15 L.R. 50/95), al fine di
qualificare la produzione, è stata istituita la zona geografica
di provenienza del tartufo marzuolo del litorale della
Maremma grossetana. L’area di diffusione di questo tartufo
non è comunque limitata esclusivamente alla fascia litora-
nea, dal momento che lo si può trovare anche nelle aree col-
linari interne.
Attiva.
Ai sensi della normativa regionale la raccolta è consentita
dal 10 gennaio al 30 aprile. Si raccoglie frequentemente
lungo le pinete costiere in simbiosi con il pino domestico, in
zone collinari interne in simbiosi con querce, pini ecc. ed
anche in parchi e giardini in simbiosi con svariate conifere.
L’operazione di raccolta è effettuata con l’ausilio di cani
appositamente addestrati e di un particolare strumento, il
vanghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno
alla cui estremità è fissata una piccola vanga di forma varia-
bile). La conservazione dei tartufi avviene in frigorifero, in
recipienti chiusi.
Vegetali
Tartufo bianchettodella Toscana
Tartufo marzuolo
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b151
In Toscana la raccolta dei tartufi è un’attività tradizionale; già
alla fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio la
cultura della raccolta del tartufo. L’esistenza di otto associa-
zioni di raccoglitori mostra l’importanza di questo prodotto
nella regione e il suo profondo radicamento nel territorio.
La produzione del tartufo bianchetto è difficilmente quantifi-
cabile. Il prodotto viene generalmente venduto dai raccogli-
tori ai ristoranti della zona o ai negozianti locali.
La raccolta dei tartufi ha in Toscana una forte tradizione e
questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in
parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela del
tartufo che promuovono la salvaguardia e il miglioramento
degli ecosistemi tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la
valorizzazione del prodotto.
A novembre la Toscana è popolata di svariate mostre-merca-
to del tartufo, organizzate dalle associazioni di tartufai delle
diverse zone.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Tartufo bianchetto della Toscana
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v151
Il tartufo bianco della Toscana (Tuber magnatum pico) pre-
senta uno strato esterno liscio, di colore giallo chiaro o ver-
dino, e una polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue,
talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare, fini e
numerose che scompaiono con la cottura. Ha dimensioni
variabili da quelle di una cariosside di mais a quelle di una
grossa arancia, al massimo. Emana un profumo forte e gra-
devole, simile all’odore di metano o a quello del formaggio
fermentato.
L’areale di diffusione comprende alcune zone dell’Appennino
nord-orientale e una fascia centrale piuttosto ampia che si
estende dal Valdarno inferiore (Pisa, Pontedera) fino al con-
fine con il Lazio (San Casciano dei Bagni). In attuazione
della normativa regionale (L.R. 50/95), al fine di qualificare
le produzioni sono state istituite cinque aree geografiche di
provenienza del prodotto: 1 - Tartufo toscano bianco del Mu-
gello; 2 - Tartufo toscano bianco del Casentino; 3 - Tartufo
bianco della Val Tiberina; 4 - Tartufo toscano bianco delle
Colline Sanminiatesi; 5 - Tartufo toscano bianco delle Crete
Senesi.
Attiva.
Ai sensi della normativa regionale la raccolta è consentita dal
10 settembre al 31 dicembre. Il tartufo bianco si raccoglie sia
in un’ampia fascia collinare interna (caratterizzata da una ari-
dità estiva piuttosto pronunciata), sia lungo i corsi d’acqua,
nelle valli ombreggiate, nei fondovalle umidi, nei versanti espo-
sti a settentrione, prevalentemente in simbiosi con pioppi, sali-
ci, noccioli, farnie, sia in areali appenninici (caratterizzati da
clima più umido) in boschi misti di latifoglie caduche, ai mar-
gini di coltivi o di ex pascoli, in simbiosi con cerri, carpini, ecc.
Vegetali
Tartufo biancodella Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina b152
L’operazione di raccolta è effettuata con l’aiuto di cani appo-
sitamente addestrati e di un particolare strumento, il van-
ghetto (costituito da un corto e robusto manico di legno alla
cui estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile).
La conservazione dei tartufi viene effettuata in frigorifero, in
recipienti chiusi.
In Toscana la raccolta dei tartufi ha una tradizionalità piut-
tosto pronunciata; già alla fine degli anni trenta, infatti, era
presente sul territorio una cultura della raccolta del tartufo.
La presenza di otto associazioni di raccoglitori mostra chia-
ramente l’importanza di questo prodotto in Toscana e il suo
profondo radicamento nel territorio. Il tartufo bianco si con-
suma fresco perché non è adatto alla cottura, che gli fa per-
dere gran parte delle qualità organolettiche.
La Toscana si presenta come una regione estremamente voca-
ta alla produzione di tartufi, in particolare il suo territorio
risulta molto produttivo nei confronti del tartufo bianco che,
da un punto di vista alimentare, è in assoluto il più pregiato
fra i tartufi commestibili.
La produzione del tartufo è fortemente soggetta alla stagio-
nalità, per questo è difficile indicarne la quantità prodotta.
Per il tartufo bianco si stima una produzione che va da un
minimo di circa 30 quintali per le annate a produzione scar-
sa, fino ad un massimo di 330 quintali per le annate di ecce-
zionale produttività.
La raccolta dei tartufi ha in Toscana una forte tradizione e
questo è dimostrato dal numero di tartufai presenti, riuniti in
parte in associazioni di raccoglitori o in consorzi di tutela che
promuovono la tutela ed il miglioramento degli ecosistemi
tartufigeni, la gestione delle tartufaie e la valorizzazione del
prodotto.
A novembre in Toscana si tengono svariate Mostre mercato
del tartufo, organizzate dalle associazioni di tartufai delle
diverse zone (la seconda e la terza settimana di novembre a
San Giovanni d’Asso, la terza domenica di novembre a Borgo
San Lorenzo e a metà novembre a San Miniato).
Tartufo bianco della Toscana
Produzione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetalixstampa301001 7-12-2001 15:57 Pagina v152
Il tartufo nero pregiato della Toscana (Tuber melanosporumVitt.) ha uno strato esterno nero rugoso con verruche minu-
te, poligonali e gleba o polpa nero-violacea a maturazione,
con venature bianche e fini che divengono un po’ rosseggian-
ti all’aria e nere con la cottura. Può avere grandezza varia-
bile da quella di una nocciola a quella di un’arancia. Emana
un profumo delicato molto gradevole.
L’area di diffusione di questa specie riguarda prevalentemente
alcune zone delle province di Firenze, Siena e Arezzo nelle
quali si trovano affioramenti di calcare. In particolare la sua
presenza è stata rilevata sui monti del Chianti, nel Mugello,
nella Montagnola senese, nel Casentino e nella Val di Chiana.
Attiva.
Ai sensi della normativa vigente (L.R. 50/95) la raccolta è
consentita dal 15 novembre al 15 marzo. Presente in boschi
radi, presso grosse piante isolate, ai margini di zone bosca-
te, in simbiosi con la roverella, il leccio, il nocciolo, il carpi-
no nero, richiede un’elevata e diretta insolazione del terreno.
Le aree in cui alligna sono ben riconoscibili perché prive di
vegetazione, e per questo definite “pianelli”.
L’operazione di raccolta è effettuata con l’ausilio di cani
appositamente addestrati e di un particolare strumento, il
vanghetto. Essendo le tartufaie situate generalmente in ter-
reni sassosi, ricchi di scheletro calcareo, l’impiego del van-
ghetto è spesso sostituito da uno zappetto che consente di
scavare meglio nel punto segnalato dal cane.
La conservazione dei tartufi freschi avviene in frigorifero, in
recipienti chiusi.
Vegetali
Tartufo nero pregiatodella Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b153
In Toscana la raccolta dei tartufi costituisce un’attività tradi-
zionale; già alla fine degli anni trenta infatti era presente sul
territorio la cultura della raccolta del tartufo. A dimostrarne
l’importanza e il profondo radicamento nel territorio è la pre-
senza di otto associazioni di raccoglitori. Si tratta di un tar-
tufo che si presta bene alla cottura che ne mantiene le carat-
teristiche organolettiche.
I tartufi sono funghi molto diffusi nell’ecosistema forestale e
comprendono specie che differiscono notevolmente per le loro
caratteristiche. Si distinguono in specie commestibili e non
commestibili; fra quelli commestibili, le diverse caratteristi-
che organolettiche determinano la suddivisione in tartufi pre-
giati e in tartufi minori o non pregiati.
La Toscana si presenta come una regione estremamente voca-
ta alla produzione di tartufi. La loro raccolta ha una forte
tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai pre-
senti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in con-
sorzi di tutela del tartufo che promuovono la salvaguardia e
il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione
delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto.
La produzione del tartufo è soggetta a forte stagionalità, per
questo è difficile stimare il quantitativo prodotto, dal momen-
ton che i tartufai si presentano restii a dare qualsiasi infor-
mazione in materia.
Tartufo nero pregiato della Toscana
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v153
Il tartufo uncinato della Toscana (Tuber uncinatum Chatin) ha
uno strato esterno verrucoso, colore nero e polpa di color
cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Questo
tartufo è molto simile nell’aspetto al tartufo scorzone, anche
se generalmente è di dimensioni più piccole e presenta pro-
fumo e sapore più intensi.
È un tartufo abbastanza diffuso in Toscana, anche se in misu-
ra minore dello scorzone, e occupa areali caratterizzati da
terreni calcarei. La distribuzione interessa varie province
della regione.
Attiva.
Ai sensi della normativa vigente (L.R. 50/95) la raccolta è
consentita dal 1 ottobre al 31 dicembre. Si raccoglie di pre-
ferenza in luoghi freschi che presentano un’umidità costante
tutto l’anno, dal momento che è sensibile al disseccamento
estivo e non gradisce le stazioni esposte direttamente ai raggi
del sole. Matura più tardivamente dello scorzone, nel perio-
do autunno-invernale, e vive in simbiosi con le stesse piante.
L’operazione di raccolta avviene con l’ausilio di cani apposi-
tamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghet-
to (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui
estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile).
La conservazione dei tartufi freschi viene effettuata in frigo-
rifero, in recipienti chiusi.
In Toscana la raccolta dei tartufi gode di una tradizionalità
piuttosto pronunciata; già alla fine degli anni trenta infatti
era presente sul territorio una cultura della raccolta del tar-
tufo. L’importanza della raccolta di questo prodotto e il suo
Vegetali
Tartufo nero uncinatodella Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b154
profondo radicamento nel territorio sono chiaramente dimo-
strate dalla presenza di otto associazioni di raccoglitori. Le
caratteristiche organolettiche di questo tartufo, a causa della
delicatezza del suo aroma, sono pienamente apprezzabili
quando è ben maturo e consumato fresco.
La Toscana si presenta come una regione estremamente voca-
ta alla produzione di tartufi. La loro raccolta ha una forte
tradizione e questo è dimostrato dal numero di tartufai pre-
senti, riuniti in parte in associazioni di raccoglitori o in con-
sorzi di tutela del tartufo che promuovono la salvaguardia e
il miglioramento degli ecosistemi tartufigeni, la gestione
delle tartufaie e la valorizzazione del prodotto.
La produzione del tartufo è soggetta a forte stagionalità, per
questo è difficile stimarne il quantitativo prodotto, dal
momento che i tartufai si presentano restii a dare qualsiasi
informazione in materia.
Tartufo nero uncinato della Toscana
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v154
Il tartufo scorzone (Tuber aestivum Vitt.), ha uno strato
esterno grossolanamente verrucoso, colore nero con verru-
che grandi, piramidate e polpa dal giallastro al bronzeo, con
numerose venature chiare e arborescenti che scompaiono con
la cottura. Ha dimensioni variabili da quelle di una nocciola
a quelle di una mela. Presenta un tenue e gradevole profumo,
leggermente fungino.
Meno esigente, rispetto al tartufo nero pregiato, per quanto
riguarda le caratteristiche pedoclimatiche, ha di conseguen-
za una distribuzione più ampia, estesa in pratica a tutte le
province della regione.
Il tartufo scorzone è piuttosto diffuso in tutta la Toscana.
Attiva.
Ai sensi della normativa regionale (L.R. 50/95), la raccolta
è consentita dal 1 giugno al 30 novembre. È particolarmen-
te diffuso in terreni calcarei dove sono presenti querceti o
pinete artificiali, soprattutto se miste a latifoglie. Si racco-
glie prevalentemente sotto le roverelle e i pini neri, ma anche
sotto cerri, tigli, lecci e carpini.
L’operazione di raccolta avviene con l’ausilio di cani apposi-
tamente addestrati e di un particolare strumento, il vanghet-
to (costituito da un corto e robusto manico di legno alla cui
estremità è fissata una piccola vanga di forma variabile).
La conservazione dei tartufi viene effettuata in frigorifero, in
recipienti chiusi.
In Toscana la raccolta dei tartufi ha antiche origini; già alla
fine degli anni trenta infatti era presente sul territorio una
cultura della raccolta del tartufo. L’importanza della raccol-
ta di questo prodotto in Toscana e il suo profondo radica-
Vegetali
Tartufo scorzonedella Toscana
Tartufo d’estatedella Toscana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b155
mento nel territorio sono chiaramente mostrate dalla presen-
za di otto associazioni di raccoglitori. Le caratteristiche
organolettiche di questo tartufo sono pienamente apprezzabi-
li quando è ben maturo; è consigliabile consumarlo fresco, a
causa della delicatezza del suo aroma.
Come per gli altri tartufi, esiste in Toscana una forte voca-
zione per la produzione di tartufo scorzone, tuttavia non è
possibile stimarne il quantitativo prodotto per la riservatezza
dei tartufai a dare informazioni di qualsiasi tipo. Molti rac-
coglitori sono riuniti in associazioni che organizzano mostre-
mercato e sagre nei comuni maggiormente interessati dalla
produzione.
Tartufo scorzone della Toscana
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v155
L’uva colombana è una cultivar da mensa dal chicco rotondo,
di colore ambrato a maturazione; ha sapore dolce, molto zuc-
cherino e odore fruttato molto intenso. Non molto soda, in
alcuni casi viene impiegata anche per la vinificazione. Viene
confezionata in cassette di legno; si produce a settembre.
Provincia di Pisa.
A rischio.
• Sesti d’impianto: due metri tra le file e un metro sulla fila
• Nessun intervento di sfogliatura del grappolo per evitare le
scottature da sole
• Pochi interventi fitosanitari per la particolare resistenza
della cultivar alle avversità biotiche di origine fungina
• Raccolta manuale nelle ceste
• Conservazione fino all’inizio dell’inverno in locali arieg-
giati (tettoie dette “ciglieri”), appesa, unitamente ad un
tralcio, su travi di legno
• Confezionamento in cassette di legno
• Barbatelle acquistate
• Ceste per la raccolta
• Locale arieggiato (“cigliere”) per la conservazione
• Cassette di legno per il confezionamento
L’uva colombana è una cultivar che per la sua consistenza e
per il contenuto zuccherino si presta ad essere conservata
fino all’inizio dell’inverno, in locali arieggiati tipici delle
campagne della zona, dove i contadini erano soliti appende-
re, nei diversi periodi, oltre all’uva anche pomodorini “da
serbo” e patate. In passato era conosciuta sui mercati nazio-
nali di Firenze, Genova e Milano, ed esteri della Jugoslavia
Vegetali
Uva colombanadi Peccioli
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b156
e dell’Inghilterra. La produzione si aggirava intorno ai 600
quintali l’anno. Agli inizi del secolo molte persone (soprat-
tutto da Firenze) si recavano a Peccioli per una settimana,
per effettuare “la cura dell’uva colombana” da settembre in
poi, perché le erano attribuite proprietà disintossicanti e rico-
stituenti. A causa dell’introduzione sui mercati delle uve da
tavola meridionali, oggi la produzione dell’uva colombana si
limita all’autoconsumo.
La produzione di uva colombana è ridotta a 200 quintali
annui la cui metà è destinata all’autoconsumo, la restante
parte è commercializzata nel resto della Toscana tramite l’in-
tervento di grossisti e distributori non locali. Recentemente è
stato avviato da una società privata un progetto per la valo-
rizzazione di questo particolare vitigno del quale esistono
ormai solo pochi filari.
Questa varietà di uva deve il suo nome ad un santo, San
Colombano, al quale era dedicata la Sagra dell’uva che un
tempo si teneva a Peccioli, nella Val d’Era.
Uva colombana di Peccioli
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v156
È una piccola Iridacea, vivace e bulbosa, con bulbo di forma
sferica depressa, a tuniche fibrose di colore fulvo. I fiori, 2-
5 per pianta, sono rosso-violacei. Gli stimmi e la parte supe-
riore dello stilo (utilizzata per produrre la spezia) emanano
un odore gradevole dovuto alla presenza di un olio essenzia-
le; contengono una sostanza zuccherina ed una colorante
derivata da carotenoidi.
Provincia di Arezzo.
Attiva.
La coltura ha durata di due o tre anni, fino a che i bulbi
emergono in superficie; è sconsigliata la monosuccessione
per almeno quattro anni, mentre ottimo è l’avvicendamento
con foraggere leguminose. Le lavorazioni devono avvenire in
profondità ed essere accompagnate con sostanza organica;
da evitarsi, invece, l’eccesso di azoto che nuocerebbe alla fio-
ritura. L’impianto si effettua in estate con bulbi posti con la
punta rivolta verso l’alto; la fioritura, che dura dieci giorni,
ha luogo in ottobre avanzato e può protrarsi fino alla metà
di novembre. Le operazioni di raccolta vengono effettuate
all’alba a fiore chiuso per 2-3 ore, per un periodo di circa 15
giorni. Segue l’asportazione degli stimmi che vengono fatti
essiccare in setacci di tela esposti a calore irradiato da brace
di carbone. La tostatura, che viene ripetuta per più giorni, è
determinante per la qualità del prodotto. Si ottengono 10 kg
di stimmi secchi per ettaro e un kg di stimmi secchi si rica-
va da circa 120.000-155.000 fiori.
• Locali tradizionali per la lavorazione
• Setacci di tela
• Eventuale forno
Vegetali
Zafferano aretino
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b157
La coltura dello zafferano venne importata nella zona da un
frate domenicano nel Quattrocento. La tecnica produttiva è
rimasta pressoché invariata rispetto a quello originaria.
C’è un solo produttore di zafferano nella provincia di Arezzo;
non è stato possibile rilevare il quantitativo prodotto.
Osservazioni sulla tradizionalità, laomogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
Zafferano aretino
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v157
Lo zafferano è una spezia che si ricava dai pistilli, filamenti
molto fini e di colore rosso-bordeaux, del fiore del Crocussativus. Viene generalmente commercializzato in fili, oppure
in polvere dal colore giallo intenso.
Si produce in tutta la provincia di Siena, in particolare a San
Gimignano e nei territori dei comuni della Val d’Elsa.
A rischio.
I bulbi del Crocus sativus vengono piantati a fine agosto. Tra
settembre e ottobre il fiore viene raccolto manualmente e,
sempre a mano, i pistilli vengono estratti e adagiati su un
panno. L’essiccazione dei pistilli può aver luogo su un setac-
cio posto accanto a un braciere, in forno a 180°C, al sole o
per mezzo di una fiamma. Una volta secchi, i pistilli vengo-
no sminuzzati e stoccati in barattoli di vetro, in attesa del
confezionamento in porzioni molto piccole. Si produce tra
settembre e ottobre.
• Locale tradizionale di lavorazione
• Panno per disporre i fiori del croco
• Setaccio
• Braciere o forno per l’essiccazione
• Barattoli di vetro per lo stoccaggio
La tradizionalità dello zafferano è legata sia alla cultivar,
originaria delle Marche e degli Abruzzi, ma presente nella
provincia di Siena sin dai tempi più remoti, sia alla partico-
larità delle tecniche di lavorazione, tramandate sin dal
Duecento. La raccolta deve essere effettuata rigorosamente
a mano, poiché il pistillo del fiore è molto delicato e verreb-
be danneggiato da una raccolta meccanica, e altrettanto
Vegetali
Zafferanodella provincia
di SienaOro rosso, croco
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Materiali, attrezzaturee locali utilizzati
per la produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b158
manuale è lo sminuzzamento; l’essiccazione su panni esposti
al fumo di un braciere o di un forno a legna, oppure diretta-
mente al sole, è responsabile del particolare sapore della spe-
zia. Lo zafferano è un prodotto “di lusso”, i cui costi elevati
dipendono dalla particolare lavorazione, che richiede tempo,
attenzione e la manualità di persone esperte.
Lo zafferano della provincia di Siena viene coltivato da vari
produttori dei Colli senesi, della Val d’Orcia e della Val d’El-
sa, molti dei quali sono riuniti in forma associativa. Negli
ultimi tre anni la produzione è aumentata, si notano margini
positivi sia in termini di numero di aziende produttrici che di
quantità prodotta per azienda. Il fattore che sembra ostaco-
lare maggiormente la crescita produttiva dello zafferano è la
difficoltà nel reperire manodopera per la raccolta del prodot-
to, che è particolarmente laboriosa e stancante.
La distribuzione del prodotto avviene nella zona, dove i prin-
cipali acquirenti sono i privati, direttamente in azienda, i pic-
coli negozianti e i ristoratori, ma anche, in minor misura,
all’estero (Europa e Stati Uniti).
Allo zafferano di Siena viene dedicata una manifestazione
che si tiene a San Gimignano nel mese di ottobre, al cui inter-
no si svolge un convegno dal titolo “Giallo come l’oro”.
Zafferano della provincia di Siena
Produzione
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina v158
Questa zucca viene utilizzata quando è matura come ali-
mento per i maiali, ma la pianta è un’ottima produttrice di
fiori per le fritture.
Valdarno aretino e fiorentino, province di Arezzo e Firenze.
Attiva.
Si semina da metà aprile a metà maggio, mettendo uno o due
semi in ogni buca, dopo buona concimatura con letame
maturo. Le file devono essere distanti almeno un metro.
Dopo circa 10 giorni fuoriesce la piantina che sviluppa un
tralcio molto lungo, fino a 7-8 m. Produce molti fiori e alme-
no 10-15 zucche per pianta.
Per la riproduzione vengono utilizzate le zucche più belle i
cui semi vengono fatti seccare all’aria e conservati in luoghi
asciutti e riparati.
Questa zucca produce una abbondante quantità di fiori ed
oltre ad essere utilizzata quando è matura come alimento per
i maiali, viene apprezzata dagli ortolani proprio per la pro-
duzione di fiori. Questi vengono fritti oppure cucinati ripieni
con carne, pane e latte (topini); possono essere utilizzate in
cucina anche le zucche immature piccole e tonde, lessate,
oppure a “buglione” (con pomodoro e odori).
La zucca da semi viene coltivata solo a livello hobbistico, la
sua produzione non viene commercializzata ma è rivolta uni-
camente al consumo familiare.
Produzione
Vegetali
Zucca da semitoscana
Zucca da maiali
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b159
Zucca di forma allungata (a volte si piega ad arco e certe
volte forma addirittura un cerchio), raggiunge la lunghezza
di circa un metro, con un diametro di 15-20 cm; il peso
medio si aggira sui 5-6 kg. Ne esiste un tipo di forma roton-
deggiante che raggiunge pesi sui 20-25 kg.
Il colore esterno è giallo-arancione; la polpa, di colore aran-
cione, ha sapore dolciastro.
Si consuma d’inverno per la preparazione di contorni e primi
piatti.
Valdarno e area fiorentina, province di Siena, Arezzo e
Firenze.
Attiva.
Il periodo di semina è ai primi di maggio, necessita di terre-
ni fertili e ben concimati (è preferibile la concimazione orga-
nica); la distanza di semina è di 2 m tra le file e 2 m nella
fila: questa zucca infatti sviluppa un tralcio di 5-6 m. Per la
crescita ha bisogno di un’abbondante irrigazione e porta a
termine non più di due zucche sul tralcio principale e altre
due più piccole sui tralci secondari.
Per la riproduzione vengono scelte le zucche più belle, i cui
semi sono messi a seccare e poi conservati in vasetti di vetro.
Nella preparazione tipica viene fritta e poi rifatta con la con-
serva di pomodoro; ottima anche per la preparazione di
risotti con un soffritto di cipolla.
La maggiore presenza di zucca lardaia è nella provincia di
Arezzo dove ci sono circa 10 aziende che la coltivano a scopi
commerciali e alcuni hobbisti che non vendono il prodotto.
La produzione annua si aggira intorno ai 50 quintali.
Produzione
Vegetali
Zucca lardaia
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b160
La zucchina lunga fiorentina ha forma allungata, colore dal
verde chiaro al verde scuro con diverse sfumature e presenta
costole longitudinali molto pronunciate. Viene raccolta e
messa sul mercato con il fiore, che resta inalterato a lungo.
Valdarno aretino (Arezzo) e provincia di Firenze.
Attiva.
Si semina da maggio a luglio direttamente in campo, in
rotazione con altri ortaggi, e la raccolta inizia dopo circa
40 giorni; per mantenere la sua serbevolezza e le ottime
caratteristiche organolettiche è necessario che la matura-
zione avvenga ad estate inoltrata, senza forzarne il ciclo
produttivo. L’irrigazione è indispensabile nel periodo post
trapianto, mentre gli apporti idrici successivi devono essere
limitati, in modo da ottenere un frutto “burroso” e sapori-
to. Per anticipare la produzione si può seminare in serra
verso i primi di marzo per trapiantarla a fine aprile sotto
tunnel da scoprire.
La produzione è favorita da una buona concimazione orga-
nica di fondo e minerale alla rincalzatura. La raccolta si fa
a mano e risulta particolarmente onerosa perché la fruttifi-
cazione è scalare. Il prodotto si conserva per poco tempo nei
locali aziendali prima di essere avviato alla commercializ-
zazione sui mercati locali. Per la produzione del seme si
scelgono le piante migliori e su queste viene lasciato il terzo
zucchetto, con eliminazione dei primi perché piccoli o
malformati e di quelli successivi. Le piante da seme vengo-
no lasciate in campo finché muoiono e le zucche diventano
gialle. Il seme si raccoglie dalla zucca matura e lasciato
asciugare per essere conservato in contenitori di carta o di
vetro.
Vegetali
Zucchina lungafiorentina
Zucchino fiorentino rigatobianco, Zucchina bianca
del Valdarno
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina b161
Il frutto, molto apprezzato per il sapore e la consistenza tene-
ra della polpa, viene raccolto ancora piccolo (15-20 cm), di
mattina presto e con il fiore ancora aperto, caratteristica che
lo differenzia da altri zucchini.
Ricette: zucchine fritte con i fiori, zucchine trifolate, buglio-
ne di zucca.
I produttori di zucchina lunga fiorentina che utilizzano sicu-
ramente sementi autoriprodotte sono tre nella sola provincia
di Firenze e la quantità che immettono sul mercato è di circa
5-10 q l’anno.
Dai dati forniti dal Mercafir si stima comunque un quantita-
tivo annuo di 2400 q anche se non vi è la certezza che tale
produzione provenga da sementi autoriprodotte o da ibridi.
Anche nell’aretino, soprattutto nei comuni di Montevarchi,
Figline Valdarno e Castiglion Fiorentino, la produzione rag-
giunge alti livelli, circa 200 q l’anno grazie a venti aziende e
ad alcuni hobbisti.
Zucchina lunga fiorentina
Produzione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*VegetaliXstampa241001 7-12-2001 12:52 Pagina v161
Zucchina di buone dimensioni, di colore verde scuro con len-
ticelle più chiare. Viene venduta con il fiore ancora aperto.
Province di Pisa e Lucca.
Attiva.
È una zucchina molto tollerante alle virosi e all’oidio.
L’epoca di raccolta va da maggio a ottobre.
La caratteristica principale della zucchina mora pisana è
quella di arrivare al consumo fresca e con il fiore – molto
resistente all’appassimento – ancora aperto.
Si tratta probabilmente di una selezione locale della zucchi-
na genovese. La zucchina mora pisana tiene molto bene la
cottura e rimane consistente, pertanto la si utilizza per la
preparazione di minestre.
La zucchina mora pisana viene coltivata in due aziende della
provincia di Pisa, nelle località di Crespina e Molina di Quo-
sa. Sono moltissimi gli hobbisti che la producono per auto-
consumo anche se, quando la produzione è buona, la portano
nei banchi al mercato o nei negozi di frutta e verdura locali.
Si stima una produzione annua di circa 500 quintali. Il pro-
dotto è destinato sia all’autoconsumo che alla vendita a
negozi e mercati locali.
La zucchina mora pisana, un tempo presente anche in
Lucchesia, oggi viene coltivata soltanto in provincia di Pisa.
Produzione
Vegetali
Zucchina mora pisana
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b162
Zucchina di piccole dimensioni, liscia, di colore verde chiaro.
Versilia, provincia di Lucca.
Attiva.
La pianta è molto produttiva e viene coltivata in pianura vici-
no al mare. È molto suscettibile all’oidio.
L’epoca di raccolta va da maggio a ottobre. Viene utilizzata
nei modi classici: lessata, fritta, trifolata e per la prepara-
zione di frittate.
La zucchina sarzanese è conosciuta in Lucchesia anche sotto
il nome di “genovese”. Non ci sono produttori professionisti
ma soltanto qualche hobbista, per questo non è possibile sti-
marne il quantitativo prodotto. Un tempo la zucchina sarza-
nese era molto più diffusa, poi è stata soppiantata da altre
varietà simili come la alberello di Sarzana, più resistente e
più produttiva.
Produzione
Vegetali
Zucchina sarzanese
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b163
Frutto dal sapore molto delicato, rotondo, con buccia tene-
rissima di colore verde salvia chiaro, liscia.
Valdarno e area fiorentina, province Arezzo e Firenze.
Attiva.
I tempi di semina sono gli stessi dello zucchino fiorentino
lungo: con semina ai primi di marzo, inizia a produrre da
maggio. Richiede terreni ben concimati.
Esistono due tipi di comportamenti della pianta:
• la pianta produce un solo tralcio lungo 4-5 m ed è meno
produttiva;
• la pianta forma 4-5 tralci più corti ed ha produttività
maggiore.
Costituendo “una popolazione”, i due tipi di piante nascono
mescolate. Molto sensibile all’oidio e alle virosi, la coltura va
attentamente seguita. Il frutto viene venduto senza fiore.
Si utilizza solo il frutto per preparare zucchini ripieni, risot-
ti e fritti. La produzione è rivolta al consumo familiare e ai
circuiti commerciali.
La produzione della zucchina tonda fiorentina nella provin-
cia di Arezzo è stimabile in 10 quintali l’anno. In totale,
insieme alla provincia di Firenze la produzione si aggira
intorno ai 30 quintali.
Produzione
Vegetali
Zucchina tondafiorentina
Descrizione sinteticadel prodotto
Territorio interessatoalla produzione
Produzione in atto
Descrizione dei processidi lavorazione
Osservazioni sulla tradizionalità,la omogeneità della diffusione
e la protrazione nel tempodelle regole produttive
*Vegetali b141-fine 7-12-2001 9:50 Pagina b164