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Le Betulle - III volume raccolta di poesie inedite dal forum Versinvena
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Autori vari
Tutto qui deformazioni liquide
Poesie
A cura di Leda Moncalieri, Mirella Crapanzano e Roberta D’Aquino
Introduzione
<<È tutto nella radice che cresce nascosta e poi comporre una teoria d’ali a trattenere spuma, la vita in una mano, il dominio del buio nell’angolo. Ci sono ancora parole non dette? ti faccio vedere come muore un airone, datemi un pianto da incastrare in tutto quel niente, relitti d’alga e di ruggine, mentre noi dormiamo in controluce o sui gradini delle chiese. Non smetteranno di tracciare innesti, lune ancor dense; qui sta il frantoio delle notti: su nessun vestibolo si apre la bocca>>. Tutto qui può assumere diverse sembianze a seconda di chi ne parla, perché ognuno sente le cose a modo proprio a prescindere e tutto cambia in relazione al giorno, allo stato d’animo, alle influenze esterne. Così ci può essere un tutto qui che esprime pura armonia, un totale ricongiungimento con la natura, col nostro essere, e chi ne parla approfittando della tristezza per esternare la sonnolenza delle sensazioni, o ancora chi si affida alle contraddizioni, ai ripensamenti, alle bugie, alle mancate unioni. Tutto qui può dunque essere un’amicizia appena nata o scalfita, l’amore odiato, spezzato, idilliaco, complicato, pensato, a senso unico; il ricordo da dedicare alla mamma, il rapporto confuso col padre, la fratellanza, la voglia di pace, l’inquinamento stratosferico, il volo di piccioni, il regalo più gradito, la storia dell’uomo. Nascondersi, raccontare, affogare e poi riemergere, come infilarsi e sostare sul fondo per leccarsi le ferite, riprendere fiato, aspettare il momento propizio. Descrivere quello che a volte non c’è, la necessità stretta di dire eppure la voglia di esserci e sentirsi, il desiderio a volte malsano di farsi amare. Tormentato, a tratti agghiacciante questo gioco di mani è una gara sempre aperta con le illusioni. Cercare e non trovare nulla, nemmeno il vuoto. Perché tutto qui è un segno che non lascia memoria, quel piccolo dolore appeso alla schiena, l’abbraccio che non hai dimenticato, il quadro che ti ha ispirato, il viaggio deciso ma mai intrapreso, il vestito preferito che si straccia, la doccia dopo il caldo estivo, lo smalto dal colore acceso. Tutto qui è un’espressione aperta ad infinite interpretazioni, un leitmotiv che si presta a svariate scritture e che oggi può accompagnare una visione frizzante della vita per poi intravederla domani da qualche spezzone di un film.
Tutto è il cipresso fuori la finestra; qui, ogni respiro che non torna dietro.
Francesca
Folon, l’arte liquida del sogno
-intuizioni di Leda e Mirella
È l’arte di Jean-Michel Folon a fornirci il parallelismo figurativo, per l’aprile poetico de “Le Betulle”. Il volume come intuizione, il movimento aereo, la dissolvenza, nella sua opera sembrano avere origine dai sedimenti dell’acqua. La figura che ne scaturisce mantiene sembianza liquida, deformabile, malleabile come la parola di un testo letterario. Una figura su cui basterebbe poggiare il palmo di una mano per divulgarne l’impronta. Ognuno la propria, tanto quest’arte si presta a contenerci tutti. Così spicca la centralità del soggetto, sia uomo, animale o cosa, tra le architetture o in mezzo alla natura. Esso schiude da un fulcro
e sviluppa il suo moto verso l’esterno, tramite passaggi morbidi di tonalità, nella compenetrazione cromatica con lo sfondo.
La sospensione è a perdita d’occhio e l’equilibrio è una didascalia che si propaga in onde di luce, quasi aureole, che liberano la
figura in un volo talvolta reale, talvolta metaforico. Ma volo quanto basta per essere poesia. Per calzare sui nostri versi, per
adattarsi ad ogni nota, sia greve, sia lieve, grazie a una densità trasparente che incunea le sue particelle tra le parole,
interpretandone la forma.
Leda
“Cosa abbiamo fatto d'altro se non dar vita ai nostri sogni infantili?” (F.Fellini a J-M.Folon) Nella bellezza poetica dell'arte di Folon si cela l'universalità di un linguaggio comune, una luce nuova che traspare dai suoi acquerelli, tale da poter trasformare ogni dipinto in un viaggio che entra nell'immaginario collettivo. Ogni opera, guardando a uno spazio più ampio, sembra volgersi all'infinito e, al contempo, sembra parlare ad ogni piccola cosa, come nei sogni, dove il limite invalicabile della forma non ci sembra un ostacolo, ma una meravigliosa opportunità di visione che ci avvicina all' altro. Protagonisti degli acquerelli sono animali, omini, mani, il volo, il viaggio. Quest'ultimo è sempre una partenza "verso le terre sconosciute della lontananza interiore" come scrive l'autore stesso ed è anche il motivo per cui ci è sembrato così vicino al nostro sentire che abbiamo voluto che ci accompagnasse in questa nuova avventura insieme, perché le immagini, impalpabilmente leggere e liquide, potessero trasfigurare quel "tutto qui" che ci appartiene nella vita, come nel sogno.
Mirella
mirella
come comporre una teoria d' ali
per superare l'instabilità del mare
o riconoscersi senza peccato originale e
invadere nei gesti percorrenze d'ambra
altalene percepite come circostanza
sfiorate appena dal profumo d'erica
come le piume che crescono sott'acqua
silenziose, prima di volare alte tra le dita
tutta qui l'acqua che ritorna
simile alle notti serrate intorno all'orbita
Co
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ba
de
lla p
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roberta
sarà un giro d’occhi o di pianeti a ristabilire il fulcro
di ogni circostanza, le riappacificazioni (per voli oltre la polvere)
e noi che siamo fiamme d’acqua, svaporiamo
sulle piume dei gabbiani, risaliamo il mare
per incoronare il giallo col candore delle calle
infondo, è proprio tutto qui a portata d’occhi
come l’ombra sottile che dai rami d’erica ci risale i piedi
è tutto nella radice che cresce nascosta e poi
rompe il silenzio
un germoglio
un affanno, un dolore, l' a p r i r e
mirella
saranno mani e abbracci a risolvere quel giro
a riscuotere corone come occhi intorno a ciglia
testi uncini di parole, lacci
intrisi di silenzi, tesi come archi
a spolverare il sole
tra linee e sogni a ricamare sassi
come destini, soffiando il mare
tutto qui
a trattenere spuma
pronunciando lati meno conosciuti
degli scogli, ritmi d'onda o
storie, come quelle di Folon, appese ai muri
di cartone
roberta
ancora qui
le vesti d'aprile le bagna la salsedine
s'attaccano come palpebre sul nero
degli scogli. E tu la spuma
ed io la storia, le carte in controluce
per ricopiarci identici
hai ancora, impressi nelle mani tutti
i destini, i profili in ombra, il blu sui polpastrelli
è tutta nel bagliore di quei sogni, la vita
I Sogni
leda
tutto qui, nel germoglio di anelli in equilibrio
a estromettere gli omeri e le ciglia
un vento così gracile, quasi se fosse aprile, il mare
la vita in una mano, resa cascata china
naufragio di costellazioni come emisferi sottosopra
non smetteranno di tracciare innesti
lune ancor dense, passi e fiori rovesciati alle maree
tutto qui, nei letarghi ad un fiato o poco più
con rotte sciolte ai cambi di materia
sarà come tendere l’orecchio a un chicco di grano
ch’accartoccia il grembo alle arsure
e chiude gli angoli di una fame contro vento
saranno anticipazioni la polvere, il frugare le tasche
per trovarci quel di noi, il luogo, il tempo
tutto qui come siamo sempre stati
interni di periferia a disporre minutamente
i solidi e le ombre, nature morte talvolta in equilibrio
talvolta a caso, pieghe dentro ad una mano
luci
giusy
l'uscio che scarnifica il pensiero
e pietre su pietra a oltre passare
un senso solo uno, non ha ostacoli
e ama ama e non ama
su nessun vestibolo
si apre la bocca e carne chiama carne
e quadro il cerchio
quando guardo nella mente degli abbracci
cantando al miele che d'ascia
il seno ti avvolge e mi accoglie come barca
un frutta senza nome un corpo
un ponte in piena sull'alveolo del cuore
che cerca - tutto qui ancora
un ramo solo a ricongiungere la sillaba iniziale
io
rosario
Unico traghetto sull'acquoso:
Vortici e ansie incestuose
Baci di libellule sul crine terso
Quieto e perso a nuoto ci riprovo.
Anche se tondo masso muschiato e unto
Mi si oppone alla battigia renosa
Trito salmone e tetra trota sguscio
Finché amo traviato non mi razzia…
Ritorno allo sciacquio sciabordante
Annacquato di fresche alghe e ninfee
Grondante molecole un dì vapore
Ora melma fluida a tratti liquida.
Sola zattera su piana linea lacustre:
Ondivago sullo specchio verdastro
Guardo il viso gonfio di niveo Narciso
E vomito ubbie e stille pluviali.
Ah guscio di noce vagina di naufraghi
Menami nel seno d'ondine belle
Lungi dalle punte aguzze di Tritone
Giù nel flutto d'immenso cobalto:
Su per il cosmo bagnato e capovolto!
L'ombra m'incastona in un canto, qui,
In un non spazio, frontespizio informe,
Un me stesso sgualcito: sbigottito…
Il dominio del buio nell'angolo
È la corda tesa che vibra: spasmo
Contratto d'una introspezione.
Il lucore del mio chiedermi come,
In tutta la propria intermittenza
M'appare e mi sfuma anche, un po'…
Un come: i mattoni del mio errare,
Volo e errore: cocktail di sangue;
A barriera ormai s'ergono, qui,
Sotto l'incrinarsi del cielo madido
Di pioggia e d'assenze o grigio
Perché così è il mio cupo senso:
Un acquitrino insulso, ondoso,
Di sogni e fallibilità scivolanti
Sull'impermeabile: pelle, lingua,
tempo; ineluttabile esistere: qui…
dispersioni
Arcobaleno (1991) - Acquarello e matite colorate, su carta chiffon 38 x 53 cm,
deformazione orizzontale
francesca
il centro è dolore, arteria
poi niente, bufala e squallore
questo eleggersi smeraldo
a fine giornata
tutto qui, il tesoro dei Maya
dire "Ciao" al solito passante
destinare l'immenso ai fiori
Risorgerai, lo so
proprio dalle mie parti
- volevo le tue paure -
ti faccio vedere come muore
un airone, tu come stai?
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5 x
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roberta
poi, non mi resta che guardarti
rincasare il giorno
sto che si cola a picco
tra gli sbuffi islandesi e
il ricadere di piogge nere
sui vestiti che il sole lo dimenano
l'airone ieri era sull'acqua
e duplicava i voli
eppure aprile si risveglia
mentre noi dormiamo
in controluce o sui gradini delle chiese
sebastiano
E’ sulle trame delle assenze che si arrampicano tutte le apatie
nell’oscuro campo dietro gli occhi
nel ripido discendere i pendii delle edere… l’acqua
le sabbie sotto la lingua piena di parole mai dette
coincidenze rarefatte dalle mani indolenzite
Che c’entro io con la maestà del vento col silenzio del grano
come vento e grano mare si riaprono innumerevoli le valli verdeoro
dal senso al tacco, sulla cresta, sul mediano dove scorre il mignolo
-sul barcone femmina che mi condurrà altrove attraverso un gemito
Tutta qui la determinazione, il nutrimento dei papaveri
le chiglie smussate dal sale e l’opera malvagia e buona
delle trenta lire
il niente venduto e riciclato… tutto qui l’ammasso di tormenti
di stelle naufragate sulle proprie densità
tutta qui la performance di un bagatto senza nulla da espiare
Datemi un pianto da incastrare in tutto quel niente sotto la
collina
come se fosse un femore come se fosse attimo nel tutto qui
Scelgo il mare - dicevi - ed io ti regalavo un golfo
per un piccolo sorriso
Di quanti brindisi e canzoni senza tempo ci avvolgemmo
senza mai ferirci
chini sulle sere con le lenze ed le livelle per misurare stelle
oscuri versi a mezzosonno con le mani al seno
e le gambe intrecciate come viti
Lascio un paranco nella cassapanca…
metti una sera senza luna
e piatti pieni di malinconia…
Bella ed aria, piega naturale di deliziosa resina
bicchiere al sole caffelatte e il giorno giù per le ringhiere
e le parole sulle vaste righe della notte mentre se ne andava
il sogno con tutte le sue note
sbattendo porte vuote sui telai rotti
Aver vent’anni e braccia tanto grandi…
Fiori affacciati alla n
otte
salvo
Ti sono di fronte
e mi specchio, mi perdo riflesso
azzurro che sei grigio e verde, e splende
maestà silente attende in agguato.
Confine
tra abisso e realtà
mediocre profondità
il sole che gioca sui riflessi increspati
ricorda l'ora
di tornare a battersi
dove i gesti ritornano parole.
Relitti d'alga e di ruggine
incastonati alle rocce roventi
stridono alle correnti.
E' il trionfo del tempo sospeso
fiacco riposo
perduto.
Un
Uo
mo
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efo
rmaz
ion
e o
rizz
on
tale
Spengo l'ultima sigaretta
nel mare di nebbia
e di ricordi ancestrali
percorsi da bui passati,
relegati,
nel più vivo compiacimento
di sapere
che l'unicità
non è da questo mondo
misurata,
al pari di qualsiasi dignità
umana.
Adesso so
che in me si dipana
un dubbio
e il fertile sapere curioso
ravviva
il mio essere solo,
circondato dalla notte
e dal pensiero
di una vita spesa ad odiare
il tempo passato.
clodia
qui sta il frantoio delle notti
le mani sono nere di succo e cola
via come un inchiostro inutile
questa la vita
nòccioli, scorze e sassi
le scorie del mondo
cosa si aspetta, di conservare i semi?
sono invisibili spariscono nei solchi
e non è detto
no
non è detto
Adagiandosi
prima della razionalità del sole
subito dopo i vapori deformanti della vita
alle finestre si vedono le sole impronte umane.
sono scampoli dei letti vivi le lenzuola
e le camicie hanno ancora le forme del tumulto
che i cassetti calmeranno.
l'imperfezione consolante delle tracce è cosa fragile.
a cancellarla è un attimo, e di questo ne facciamo
il nostro giorno.
francesca
l'aria della domenica
lo spacco così corto di una donna
quell'ultima foto sotto coperta
- tutto qui -
un silenzio, sorriso del tempo che non passa
e se passa è sete d'inverno
nascondere i buchi fra le sottane
la vergogna di una borsa griffata
avere la forza della pioggia in terra straniera
"ci sono ancora parole non dette?"
solo qui
la semplicità di due nomi che non si conoscono
la vita nei Columbia pictures.
Indice
Introduzione a cura di Francesca Coppola
Introduzione alle immagini a cura di Mirella Crapanzano e Leda Moncalieri
Poesie di:
Mirella Crapanzano - Ecat Mel
Roberta D’Aquino - Maredinotte
Leda Moncalieri - Lunasepolta
Rosario Albano - _RA_
Francesca Coppola - Francesca Coppola
Sebastiano A. Patanè - Al_quatar
Salvo D’Angelo – Salvo D.
Clodia – Clodiaf0904
Giusy Di Fato – Ginevra76
versinvena.freeforumzone.leonardo.it
Le Betulle, vol. III –Tutto qui (Aprile) deformazioni liquide
Una produzione Versinvena 2010
Tutti i diritti riservati
Quando la vita ci sembra una cosa piccola, inutile e piena di dolore, spesso viene da chiedersi "tutto qui? è per questo che
viviamo?" e dimentichiamo che invece è un labirinto infinito di possibilità da cui, scegliendo un ingresso, cercheremo di
arrivare sani e salvi ad una delle tante possibili uscite, in un percorso che non conosciamo dall'inizio ma che, infondo, è già
tracciato dai nostri passi, attraverso le nostre scelte.
Forse, per apprezzare ogni dettaglio di questo viaggio, dovremmo spogliarci di ogni egoismo ed egocentrismo e guardare
tutto con occhi nuovi. La domanda iniziale si trasformerebbe in una affermazione con tanto di punto esclamativo e di
sorriso al seguito. "Tutto qui!" In questa briciola infinitesimale è possibile scorgere l’essenza di ogni cosa, è possibile
entrare e farsi sommergere da una sensazione di pienezza interiore. La vita è come un nucleo incandescente dal quale
lasciarsi bruciare di luce. Se solo riuscissimo ad intravedere il tutto qui di un gesto semplice come un abbraccio, o ancora
più semplice e quotidiano come un raggio di sole, riusciremmo a pensare che vale la pena il perdono e vale la pena il
sacrificio, vale la pena finanche il dolore.
Roberta
versinvena.freeforumzone.leonardo.it
“
”