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tutto qui tutto qui deformazioni liquide

Tutto qui

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Le Betulle - III volume raccolta di poesie inedite dal forum Versinvena

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tutto qui

tutto qui deformazioni liquide

In copertina: Notte di Pace, J. M. Folon

Autori vari

Tutto qui deformazioni liquide

Poesie

A cura di Leda Moncalieri, Mirella Crapanzano e Roberta D’Aquino

Cosa abbiamo fatto d'altro se non dar vita ai nostri sogni infantili? (F. Fellini a J.M. Folon)

Manifesto prima della lettera (1984) – Litografia 61 x 84 cm

Introduzione

<<È tutto nella radice che cresce nascosta e poi comporre una teoria d’ali a trattenere spuma, la vita in una mano, il dominio del buio nell’angolo. Ci sono ancora parole non dette? ti faccio vedere come muore un airone, datemi un pianto da incastrare in tutto quel niente, relitti d’alga e di ruggine, mentre noi dormiamo in controluce o sui gradini delle chiese. Non smetteranno di tracciare innesti, lune ancor dense; qui sta il frantoio delle notti: su nessun vestibolo si apre la bocca>>. Tutto qui può assumere diverse sembianze a seconda di chi ne parla, perché ognuno sente le cose a modo proprio a prescindere e tutto cambia in relazione al giorno, allo stato d’animo, alle influenze esterne. Così ci può essere un tutto qui che esprime pura armonia, un totale ricongiungimento con la natura, col nostro essere, e chi ne parla approfittando della tristezza per esternare la sonnolenza delle sensazioni, o ancora chi si affida alle contraddizioni, ai ripensamenti, alle bugie, alle mancate unioni. Tutto qui può dunque essere un’amicizia appena nata o scalfita, l’amore odiato, spezzato, idilliaco, complicato, pensato, a senso unico; il ricordo da dedicare alla mamma, il rapporto confuso col padre, la fratellanza, la voglia di pace, l’inquinamento stratosferico, il volo di piccioni, il regalo più gradito, la storia dell’uomo. Nascondersi, raccontare, affogare e poi riemergere, come infilarsi e sostare sul fondo per leccarsi le ferite, riprendere fiato, aspettare il momento propizio. Descrivere quello che a volte non c’è, la necessità stretta di dire eppure la voglia di esserci e sentirsi, il desiderio a volte malsano di farsi amare. Tormentato, a tratti agghiacciante questo gioco di mani è una gara sempre aperta con le illusioni. Cercare e non trovare nulla, nemmeno il vuoto. Perché tutto qui è un segno che non lascia memoria, quel piccolo dolore appeso alla schiena, l’abbraccio che non hai dimenticato, il quadro che ti ha ispirato, il viaggio deciso ma mai intrapreso, il vestito preferito che si straccia, la doccia dopo il caldo estivo, lo smalto dal colore acceso. Tutto qui è un’espressione aperta ad infinite interpretazioni, un leitmotiv che si presta a svariate scritture e che oggi può accompagnare una visione frizzante della vita per poi intravederla domani da qualche spezzone di un film.

Tutto è il cipresso fuori la finestra; qui, ogni respiro che non torna dietro.

Francesca

Folon, l’arte liquida del sogno

-intuizioni di Leda e Mirella

È l’arte di Jean-Michel Folon a fornirci il parallelismo figurativo, per l’aprile poetico de “Le Betulle”. Il volume come intuizione, il movimento aereo, la dissolvenza, nella sua opera sembrano avere origine dai sedimenti dell’acqua. La figura che ne scaturisce mantiene sembianza liquida, deformabile, malleabile come la parola di un testo letterario. Una figura su cui basterebbe poggiare il palmo di una mano per divulgarne l’impronta. Ognuno la propria, tanto quest’arte si presta a contenerci tutti. Così spicca la centralità del soggetto, sia uomo, animale o cosa, tra le architetture o in mezzo alla natura. Esso schiude da un fulcro

e sviluppa il suo moto verso l’esterno, tramite passaggi morbidi di tonalità, nella compenetrazione cromatica con lo sfondo.

La sospensione è a perdita d’occhio e l’equilibrio è una didascalia che si propaga in onde di luce, quasi aureole, che liberano la

figura in un volo talvolta reale, talvolta metaforico. Ma volo quanto basta per essere poesia. Per calzare sui nostri versi, per

adattarsi ad ogni nota, sia greve, sia lieve, grazie a una densità trasparente che incunea le sue particelle tra le parole,

interpretandone la forma.

Leda

“Cosa abbiamo fatto d'altro se non dar vita ai nostri sogni infantili?” (F.Fellini a J-M.Folon) Nella bellezza poetica dell'arte di Folon si cela l'universalità di un linguaggio comune, una luce nuova che traspare dai suoi acquerelli, tale da poter trasformare ogni dipinto in un viaggio che entra nell'immaginario collettivo. Ogni opera, guardando a uno spazio più ampio, sembra volgersi all'infinito e, al contempo, sembra parlare ad ogni piccola cosa, come nei sogni, dove il limite invalicabile della forma non ci sembra un ostacolo, ma una meravigliosa opportunità di visione che ci avvicina all' altro. Protagonisti degli acquerelli sono animali, omini, mani, il volo, il viaggio. Quest'ultimo è sempre una partenza "verso le terre sconosciute della lontananza interiore" come scrive l'autore stesso ed è anche il motivo per cui ci è sembrato così vicino al nostro sentire che abbiamo voluto che ci accompagnasse in questa nuova avventura insieme, perché le immagini, impalpabilmente leggere e liquide, potessero trasfigurare quel "tutto qui" che ci appartiene nella vita, come nel sogno.

Mirella

La freccia (1975) – Serigrafia 62,8 x 90 cm

Poesie

mirella

come comporre una teoria d' ali

per superare l'instabilità del mare

o riconoscersi senza peccato originale e

invadere nei gesti percorrenze d'ambra

altalene percepite come circostanza

sfiorate appena dal profumo d'erica

come le piume che crescono sott'acqua

silenziose, prima di volare alte tra le dita

tutta qui l'acqua che ritorna

simile alle notti serrate intorno all'orbita

Co

lom

ba

de

lla p

ace

roberta

sarà un giro d’occhi o di pianeti a ristabilire il fulcro

di ogni circostanza, le riappacificazioni (per voli oltre la polvere)

e noi che siamo fiamme d’acqua, svaporiamo

sulle piume dei gabbiani, risaliamo il mare

per incoronare il giallo col candore delle calle

infondo, è proprio tutto qui a portata d’occhi

come l’ombra sottile che dai rami d’erica ci risale i piedi

è tutto nella radice che cresce nascosta e poi

rompe il silenzio

un germoglio

un affanno, un dolore, l' a p r i r e

mirella

saranno mani e abbracci a risolvere quel giro

a riscuotere corone come occhi intorno a ciglia

testi uncini di parole, lacci

intrisi di silenzi, tesi come archi

a spolverare il sole

tra linee e sogni a ricamare sassi

come destini, soffiando il mare

tutto qui

a trattenere spuma

pronunciando lati meno conosciuti

degli scogli, ritmi d'onda o

storie, come quelle di Folon, appese ai muri

di cartone

roberta

ancora qui

le vesti d'aprile le bagna la salsedine

s'attaccano come palpebre sul nero

degli scogli. E tu la spuma

ed io la storia, le carte in controluce

per ricopiarci identici

hai ancora, impressi nelle mani tutti

i destini, i profili in ombra, il blu sui polpastrelli

è tutta nel bagliore di quei sogni, la vita

I Sogni

leda

tutto qui, nel germoglio di anelli in equilibrio

a estromettere gli omeri e le ciglia

un vento così gracile, quasi se fosse aprile, il mare

la vita in una mano, resa cascata china

naufragio di costellazioni come emisferi sottosopra

non smetteranno di tracciare innesti

lune ancor dense, passi e fiori rovesciati alle maree

tutto qui, nei letarghi ad un fiato o poco più

con rotte sciolte ai cambi di materia

sarà come tendere l’orecchio a un chicco di grano

ch’accartoccia il grembo alle arsure

e chiude gli angoli di una fame contro vento

saranno anticipazioni la polvere, il frugare le tasche

per trovarci quel di noi, il luogo, il tempo

tutto qui come siamo sempre stati

interni di periferia a disporre minutamente

i solidi e le ombre, nature morte talvolta in equilibrio

talvolta a caso, pieghe dentro ad una mano

luci

giusy

l'uscio che scarnifica il pensiero

e pietre su pietra a oltre passare

un senso solo uno, non ha ostacoli

e ama ama e non ama

su nessun vestibolo

si apre la bocca e carne chiama carne

e quadro il cerchio

quando guardo nella mente degli abbracci

cantando al miele che d'ascia

il seno ti avvolge e mi accoglie come barca

un frutta senza nome un corpo

un ponte in piena sull'alveolo del cuore

che cerca - tutto qui ancora

un ramo solo a ricongiungere la sillaba iniziale

io

Un nouveau Printemps (2002) - Acquarello 76 x 52 cm

rosario

Unico traghetto sull'acquoso:

Vortici e ansie incestuose

Baci di libellule sul crine terso

Quieto e perso a nuoto ci riprovo.

Anche se tondo masso muschiato e unto

Mi si oppone alla battigia renosa

Trito salmone e tetra trota sguscio

Finché amo traviato non mi razzia…

Ritorno allo sciacquio sciabordante

Annacquato di fresche alghe e ninfee

Grondante molecole un dì vapore

Ora melma fluida a tratti liquida.

Sola zattera su piana linea lacustre:

Ondivago sullo specchio verdastro

Guardo il viso gonfio di niveo Narciso

E vomito ubbie e stille pluviali.

Ah guscio di noce vagina di naufraghi

Menami nel seno d'ondine belle

Lungi dalle punte aguzze di Tritone

Giù nel flutto d'immenso cobalto:

Su per il cosmo bagnato e capovolto!

L'ombra m'incastona in un canto, qui,

In un non spazio, frontespizio informe,

Un me stesso sgualcito: sbigottito…

Il dominio del buio nell'angolo

È la corda tesa che vibra: spasmo

Contratto d'una introspezione.

Il lucore del mio chiedermi come,

In tutta la propria intermittenza

M'appare e mi sfuma anche, un po'…

Un come: i mattoni del mio errare,

Volo e errore: cocktail di sangue;

A barriera ormai s'ergono, qui,

Sotto l'incrinarsi del cielo madido

Di pioggia e d'assenze o grigio

Perché così è il mio cupo senso:

Un acquitrino insulso, ondoso,

Di sogni e fallibilità scivolanti

Sull'impermeabile: pelle, lingua,

tempo; ineluttabile esistere: qui…

dispersioni

Arcobaleno (1991) - Acquarello e matite colorate, su carta chiffon 38 x 53 cm,

deformazione orizzontale

francesca

il centro è dolore, arteria

poi niente, bufala e squallore

questo eleggersi smeraldo

a fine giornata

tutto qui, il tesoro dei Maya

dire "Ciao" al solito passante

destinare l'immenso ai fiori

Risorgerai, lo so

proprio dalle mie parti

- volevo le tue paure -

ti faccio vedere come muore

un airone, tu come stai?

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cm

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roberta

poi, non mi resta che guardarti

rincasare il giorno

sto che si cola a picco

tra gli sbuffi islandesi e

il ricadere di piogge nere

sui vestiti che il sole lo dimenano

l'airone ieri era sull'acqua

e duplicava i voli

eppure aprile si risveglia

mentre noi dormiamo

in controluce o sui gradini delle chiese

sebastiano

E’ sulle trame delle assenze che si arrampicano tutte le apatie

nell’oscuro campo dietro gli occhi

nel ripido discendere i pendii delle edere… l’acqua

le sabbie sotto la lingua piena di parole mai dette

coincidenze rarefatte dalle mani indolenzite

Che c’entro io con la maestà del vento col silenzio del grano

come vento e grano mare si riaprono innumerevoli le valli verdeoro

dal senso al tacco, sulla cresta, sul mediano dove scorre il mignolo

-sul barcone femmina che mi condurrà altrove attraverso un gemito

Tutta qui la determinazione, il nutrimento dei papaveri

le chiglie smussate dal sale e l’opera malvagia e buona

delle trenta lire

il niente venduto e riciclato… tutto qui l’ammasso di tormenti

di stelle naufragate sulle proprie densità

tutta qui la performance di un bagatto senza nulla da espiare

Datemi un pianto da incastrare in tutto quel niente sotto la

collina

come se fosse un femore come se fosse attimo nel tutto qui

Scelgo il mare - dicevi - ed io ti regalavo un golfo

per un piccolo sorriso

Di quanti brindisi e canzoni senza tempo ci avvolgemmo

senza mai ferirci

chini sulle sere con le lenze ed le livelle per misurare stelle

oscuri versi a mezzosonno con le mani al seno

e le gambe intrecciate come viti

Lascio un paranco nella cassapanca…

metti una sera senza luna

e piatti pieni di malinconia…

Bella ed aria, piega naturale di deliziosa resina

bicchiere al sole caffelatte e il giorno giù per le ringhiere

e le parole sulle vaste righe della notte mentre se ne andava

il sogno con tutte le sue note

sbattendo porte vuote sui telai rotti

Aver vent’anni e braccia tanto grandi…

Fiori affacciati alla n

otte

Les Oiseaux

1987

salvo

Ti sono di fronte

e mi specchio, mi perdo riflesso

azzurro che sei grigio e verde, e splende

maestà silente attende in agguato.

Confine

tra abisso e realtà

mediocre profondità

il sole che gioca sui riflessi increspati

ricorda l'ora

di tornare a battersi

dove i gesti ritornano parole.

Relitti d'alga e di ruggine

incastonati alle rocce roventi

stridono alle correnti.

E' il trionfo del tempo sospeso

fiacco riposo

perduto.

Un

Uo

mo

- d

efo

rmaz

ion

e o

rizz

on

tale

Spengo l'ultima sigaretta

nel mare di nebbia

e di ricordi ancestrali

percorsi da bui passati,

relegati,

nel più vivo compiacimento

di sapere

che l'unicità

non è da questo mondo

misurata,

al pari di qualsiasi dignità

umana.

Adesso so

che in me si dipana

un dubbio

e il fertile sapere curioso

ravviva

il mio essere solo,

circondato dalla notte

e dal pensiero

di una vita spesa ad odiare

il tempo passato.

clodia

qui sta il frantoio delle notti

le mani sono nere di succo e cola

via come un inchiostro inutile

questa la vita

nòccioli, scorze e sassi

le scorie del mondo

cosa si aspetta, di conservare i semi?

sono invisibili spariscono nei solchi

e non è detto

no

non è detto

Adagiandosi

prima della razionalità del sole

subito dopo i vapori deformanti della vita

alle finestre si vedono le sole impronte umane.

sono scampoli dei letti vivi le lenzuola

e le camicie hanno ancora le forme del tumulto

che i cassetti calmeranno.

l'imperfezione consolante delle tracce è cosa fragile.

a cancellarla è un attimo, e di questo ne facciamo

il nostro giorno.

francesca

l'aria della domenica

lo spacco così corto di una donna

quell'ultima foto sotto coperta

- tutto qui -

un silenzio, sorriso del tempo che non passa

e se passa è sete d'inverno

nascondere i buchi fra le sottane

la vergogna di una borsa griffata

avere la forza della pioggia in terra straniera

"ci sono ancora parole non dette?"

solo qui

la semplicità di due nomi che non si conoscono

la vita nei Columbia pictures.

I due amici (1977)

Incisione, acquaforte ed acquatinta, 21,5 x 27,7 cm

Au fil du temps (1974)

Serigrafia 74,5 x 105 cm

Indice

Introduzione a cura di Francesca Coppola

Introduzione alle immagini a cura di Mirella Crapanzano e Leda Moncalieri

Poesie di:

Mirella Crapanzano - Ecat Mel

Roberta D’Aquino - Maredinotte

Leda Moncalieri - Lunasepolta

Rosario Albano - _RA_

Francesca Coppola - Francesca Coppola

Sebastiano A. Patanè - Al_quatar

Salvo D’Angelo – Salvo D.

Clodia – Clodiaf0904

Giusy Di Fato – Ginevra76

versinvena.freeforumzone.leonardo.it

Le Betulle, vol. III –Tutto qui (Aprile) deformazioni liquide

Una produzione Versinvena 2010

Tutti i diritti riservati

Quando la vita ci sembra una cosa piccola, inutile e piena di dolore, spesso viene da chiedersi "tutto qui? è per questo che

viviamo?" e dimentichiamo che invece è un labirinto infinito di possibilità da cui, scegliendo un ingresso, cercheremo di

arrivare sani e salvi ad una delle tante possibili uscite, in un percorso che non conosciamo dall'inizio ma che, infondo, è già

tracciato dai nostri passi, attraverso le nostre scelte.

Forse, per apprezzare ogni dettaglio di questo viaggio, dovremmo spogliarci di ogni egoismo ed egocentrismo e guardare

tutto con occhi nuovi. La domanda iniziale si trasformerebbe in una affermazione con tanto di punto esclamativo e di

sorriso al seguito. "Tutto qui!" In questa briciola infinitesimale è possibile scorgere l’essenza di ogni cosa, è possibile

entrare e farsi sommergere da una sensazione di pienezza interiore. La vita è come un nucleo incandescente dal quale

lasciarsi bruciare di luce. Se solo riuscissimo ad intravedere il tutto qui di un gesto semplice come un abbraccio, o ancora

più semplice e quotidiano come un raggio di sole, riusciremmo a pensare che vale la pena il perdono e vale la pena il

sacrificio, vale la pena finanche il dolore.

Roberta

versinvena.freeforumzone.leonardo.it