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Questo libraio è un vero detective I titoli Tendenza Fioriscono le indagini poliziesche tra gli scaffali: dalla Parigi ’800 di Izner all’odierno Quartiere Latino di Cossé, dalla Belgrado di Zivkovic alla Palermo torrida di Costa MARIO BAUDINO Duelibraisiaggirano per la Parigi di fine Ottocen- to, spalleggiati validamente dal loro bizzoso commesso, e fra un’edizione antica e l’ulti- mo romanzo di successo ri- solvono sanguinosi delitti. Lo fanno da parecchi anni, perché la serie delle sorelle Liliane Korb e Laurence Le- vèfre, nome d’arte collettivo Claude Izner e tra le altre co- se ex bouquinistes sulle rive della Senna, va avanti di an- ni. In Italia è arrivata al quin- to episodio, Il rilegatore di Batignolles, appena uscito, come i precedenti per le Edi- zioni Nord, giusto in tempo per l’appuntamento con i trent’anni del Nome della ro- sa,uscitonel1980. Non parla di abbazie me- dioevali, ma per molti aspet- ti ricorda proprio i gusti let- terari di Umberto Eco: a par- te il giallo che si costruisce intorno a una traccia di libri, e si dipana grazie ad essi, c’è il gusto storico per la rico- struzione d’ambiente, l’amo- re dichiarato per il feuille- ton, il gioco sottile delle cita- zioni e un leggera ironia che pervade episodi e personag- gi. Questa volta Victor Le- gris, il libraio protagonista, è molto restio a gettarsi nel- l’indagini, perché ha promes- so all’amata Taša, artista russa di rara bellezza, di non immischiarsi mai più in delit- ti e ammazzamenti, rischian- do la pelle. Ma c’è il suo Wat- son, il commesso Pignot, gio- vane piacente seppure un po’ gobbo, grande ritagliato- re di giornali e autore di ro- manzi giallo-gotici, che non gli dà tregua. E c’è il padre adottivo, e socio, l’elegantis- simo giapponese Kenji Mori, che non si sa come ma all’ul- timo momento trova sempre la traccia decisiva. Fra molti turbamenti sen- timentali e complicati intrec- ci amorosi, i tre avranno ra- gione di una serie di omicidi che affondano le loro radici nella strage della Comune di Parigi, vent’anni prima. In questo caso, una delle tracce importanti è costituita da un prezioso manoscritto persia- no, scomparso nel rogo di una legatoria e riapparso al- la Biblioteca Nazionale. Ma in generale la vera protago- A cura di: LUCIANO GENTA con BRUNO QUARANTA [email protected] www.lastampa.it/tuttolibri/ Claude Izner IL RILEGATORE DI BATIGNOLLES trad. di Maria Dompè, Nord, pp. 361, e 17,60 Laurence Cossé LA LIBRERIA DEL BUON ROMANZO trad. di A. Bracci Testasecca e/o, pp. 400, e 18, in uscita il 7 aprile Zoran Zivkovic L’ULTIMO LIBRO trad. di Jelena Mirkovic e Elisabetta Boscolo Gnol Tea, pp. 232, e 10 Gian Mauro Costa IL LIBRO DI LEGNO, Sellerio, pp. 297, e 13 Chesensohachiamarelo scrittoreAldoBusi all’«IsoladeiFamosi»epoi espellerloper,diciamo così,eccessodi provocazione?AldoBusi hafattoedettoquelche ognunodinoiprevedevae siattendeva.Sbaglierò,ma colorocheinvitanoBusio Sgarbicontanoesperano nell’eccessodipolemica. Nonsoselomettononel contratto,masenonlo mettonoèsottinteso. Nell’«Isola»nonsipuò parlaredilibri.Ilibri possonoessereun pretestonobilitanteper chimandal’invito,ma sonofuoridaogni relazionecolpubblico.Non sièfamosi,neanche nell’«Isola»,comeautori. Sièfamosicome personaggi.Lafamaèuna questioneditecnica(la gloriaèunaquestionedi genio).Latvcreao potenzialafama,perla qualeilibrinonbastano(o, addirittura,nonservono). Libriegloriasimisurano coltempo,famae personaggicolmercato. Unautoredilibri,per diventarefamoso,deve trasformarsiin«oggettodi richiamo,identificabilee universalmente conosciuto»:parolediuno scrittoremessicano, GabrielZaid(«Ilsegreto dellafama»,JacaBook). Cosìfacendo, naturalmente,sparisce comeautoreesparisconoi suoilibri.Unavoltasi facevaungioco:se naufraghiinun’isola,quali librivorrestiportarti dietro?Nell’«Isoladei Famosi»larispostaè: «Neancheuno».Essere famosieleggerelibrinon vannoinsieme. Continuaapag.II TUTTOLIBRI LA STAMPA NUMERO 1707 ANNO XXXIV SABATO 27 MARZO 2010 FERDINANDO CAMON C ARO B USI, SCOPRI IL SEGRETO DELLA FAMA tutto LIBRI IL PAESE AL VOTO Tra destra e sinistra Parole e figure della politica REVELLI-AINIS P. VI-VII DIARIO DI LETTURA Con Pavese sulle colline Ferrarotti, padre della sociologia PAPUZZI P. XI LesorelleLilianeKorbeLaurenceLevèfrescrivonoin coppiaconilnomed’arteClaudeIzner;adestra LaurenceCossé(fotodiC.Hélie, copy Gallimard) Illustrazione di Alberto Ruggieri per Tuttolibri p A trent’anni dal «Nomedellarosa» di Eco, intrighi, misteri e delitti in cui un libro è centro e motore PEREC «Capo, voglio l’aumento» Un inedito esercizio di stile BOSCO P. II LIBRI D’ITALIA L’ecumenico Fogazzaro Quel suo «Piccolo mondo antico» TESIO P. IX I

Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - I - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/01 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

Questolibraioè un verodetective

I titoli

Tendenza Fioriscono le indagini poliziesche tra gli scaffali:dalla Parigi ’800 di Izner all’odierno Quartiere Latino di Cossé,dalla Belgrado di Zivkovic alla Palermo torrida di Costa

MARIOBAUDINO

Due librai si aggiranoper la Parigi di fine Ottocen-to, spalleggiati validamentedal loro bizzoso commesso, efra un’edizione antica e l’ulti-mo romanzo di successo ri-solvono sanguinosi delitti.Lo fanno da parecchi anni,perché la serie delle sorelleLiliane Korb e Laurence Le-vèfre, nome d’arte collettivoClaude Izner e tra le altre co-se ex bouquinistes sulle rivedella Senna, va avanti di an-ni. In Italia è arrivata al quin-to episodio, Il rilegatore diBatignolles, appena uscito,come i precedenti per le Edi-zioni Nord, giusto in tempoper l’appuntamento con itrent’anni del Nome della ro-sa, uscito nel 1980.

Non parla di abbazie me-dioevali, ma per molti aspet-ti ricorda proprio i gusti let-terari di Umberto Eco: a par-te il giallo che si costruisceintorno a una traccia di libri,e si dipana grazie ad essi, c’èil gusto storico per la rico-struzione d’ambiente, l’amo-

re dichiarato per il feuille-ton, il gioco sottile delle cita-zioni e un leggera ironia chepervade episodi e personag-gi. Questa volta Victor Le-gris, il libraio protagonista, èmolto restio a gettarsi nel-l’indagini, perché ha promes-so all’amata Taša, artistarussa di rara bellezza, di nonimmischiarsi mai più in delit-ti e ammazzamenti, rischian-do la pelle. Ma c’è il suo Wat-son, il commesso Pignot, gio-vane piacente seppure unpo’ gobbo, grande ritagliato-re di giornali e autore di ro-manzi giallo-gotici, che nongli dà tregua. E c’è il padreadottivo, e socio, l’elegantis-simo giapponese Kenji Mori,che non si sa come ma all’ul-timo momento trova semprela traccia decisiva.

Fra molti turbamenti sen-timentali e complicati intrec-ci amorosi, i tre avranno ra-gione di una serie di omicidiche affondano le loro radicinella strage della Comune diParigi, vent’anni prima. Inquesto caso, una delle tracceimportanti è costituita da unprezioso manoscritto persia-no, scomparso nel rogo diuna legatoria e riapparso al-la Biblioteca Nazionale. Main generale la vera protago-

A cura di:LUCIANO GENTAcon BRUNO QUARANTA

[email protected]/tuttolibri/

Claude IznerIL RILEGATORE DI BATIGNOLLES

trad. di Maria Dompè, Nord, pp. 361, € 17,60

Laurence CosséLA LIBRERIA DEL BUON ROMANZOtrad. di A. Bracci Testaseccae/o, pp. 400, € 18, in uscita il 7 aprile

Zoran ZivkovicL’ULTIMO LIBROtrad. di Jelena Mirkovic e Elisabetta Boscolo GnolTea, pp. 232, € 10

Gian Mauro CostaIL LIBRO DI LEGNO, Sellerio, pp. 297, € 13

Che senso ha chiamare loscrittore Aldo Busi

all’«Isola dei Famosi» e poiespellerloper, diciamo

così, eccesso diprovocazione?Aldo Busi

ha fatto e detto quel cheognuno di noi prevedeva e

si attendeva. Sbaglierò, macoloro che invitano Busi oSgarbicontano e speranonell’eccessodi polemica.Non so se lo mettono nel

contratto, ma se non lomettono è sottinteso.

Nell’«Isola» non si puòparlare di libri. I libri

possono essere unpretestonobilitante per

chi manda l’invito, masono fuori da ogni

relazione col pubblico.Nonsi è famosi, neanche

nell’«Isola», come autori.Si è famosi come

personaggi. La fama è unaquestione di tecnica (la

gloria è una questione digenio).La tv crea o

potenzia la fama, per laquale i libri non bastano(o,addirittura,non servono).Libri e gloria si misurano

col tempo, fama epersonaggi col mercato.

Un autore di libri, perdiventare famoso, deve

trasformarsi in «oggetto dirichiamo, identificabile e

universalmenteconosciuto»: parole di uno

scrittore messicano,Gabriel Zaid («Il segretodella fama», Jaca Book).

Così facendo,naturalmente,sparisce

come autore e spariscono isuoi libri. Una volta si

faceva un gioco: senaufraghi in un’isola, quali

libri vorresti portartidietro? Nell’«Isola deiFamosi» la risposta è:

«Neancheuno». Esserefamosi e leggere libri non

vanno insieme.

Continua a pag. II

TUTTOLIBRI

LASTAMPA

NUMERO 1707ANNO XXXIVSABATO 27 MARZO 2010

FERDINANDO CAMON

CARO BUSI,SCOPRI

IL SEGRETODELLA FAMA

tuttoLIBRI

IL PAESE AL VOTO

Tra destrae sinistraParole e figuredella politicaREVELLI-AINIS P. VI-VII

DIARIO DI LETTURA

Con Pavesesulle collineFerrarotti, padredella sociologiaPAPUZZI P. XI

Le sorelle Liliane Korb e Laurence Levèfre scrivono incoppia con il nome d’arte Claude Izner ; a destra

Laurence Cossé (foto di C. Hélie, copy Gallimard)

Illustrazione di Alberto Ruggieri per Tuttolibri

p

A trent’anni dal«Nome della rosa»di Eco, intrighi, misterie delitti in cui un libroè centro e motore

PEREC

«Capo, vogliol’aumento»Un ineditoesercizio di stileBOSCO P. II

LIBRI D’ITALIA

L’ecumenicoFogazzaroQuel suo «Piccolomondo antico»TESIO P. IX

I

Page 2: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - II - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

GABRIELLABOSCO

Un libro paradossalecome questo, paradossalmen-te rimasto inedito in Italia si-no a oggi, è difficile che lo ab-biate letto. Paradossale lo è in-fatti al quadrato.

Nel merito: a chi verrebbe inmente oggi di andare a chiedereun aumento al proprio capo? Ipiù, ancor grazie se un lavoro cel'hanno. E i meno hanno già cosìtanti soldi senza avere un capoche proprio non ha senso chechiedanoun aumento.

Nel metodo: Georges Perecscrive questo testo nel 1968 peruna rivista confidenziale di inse-gnamento programmato (cioètramite computer) applicandoun diagramma di flusso fornito-gli da un amico.

L'esperimento gli interessain quanto quel diagramma eglilo vede come un ottimo vincologeneratore. L'interesse per leforme di letteratura combinato-ria che si avvalgono di percorsidescritti da un grafico è nato cir-ca un anno prima in seno all’Ou-lipo, l'Ouvroir de littérature po-tentielle, gruppo di letterati ma-tematici che intendono verifica-re i limiti della scrittura e forzar-li nelle più varie direzioni per co-stringere la lingua a dare il mas-simo; altri membri notori furo-no e sono (non si decade neppu-re con la morte) Raymond Que-neaue Italo Calvino.

François Le lionnais, mem-bro fondatore, ha presentato un'analisi della letteratura «ad albe-

ro», e Queneau ha proposto Unraccontino a vostro piacimento an-che lui utilizzando un diagrammadi flusso ma lasciando al lettorel'iniziativa del percorso, in altritermini delegandogli la scelta diuna delle soluzioni proposte aogni biforcazione con esclusionedi tutte le altre. Perec invece ten-ta la soluzione contraria, ovverol'esplorazione sulla carta di tutti ipercorsi possibili. Naturalmente,scrive in una lettera di spiegazio-ni, «con il procedere del testo, cisaranno sempre più condizioni darispettare per poter enunciareuna nuova possibilità».

Se Queneau ha optato per unacombinatoria virtuale privilegian-do la potenzialità, Perec speri-

menta una combinatoria attualiz-zata che intende esaurire comple-tamente le soluzioni possibili.Una tecnica cui egli è ricorso piùvolte, specializzandosi nell’esauri-mento di questo e di quello: dalladescrizione di un quartiere parigi-no all’elenco di tutte le sfumaturedel rosso che non utilizzino la let-tera «e» all'interno del romanzoLa scomparsa, notoriamente scrit-to per intero con il vincolo di nonusare quella vocale, la più fre-quente in francese, e realizzandol'exploit di raccontare una vicen-

da centrata su una scomparsa tra-mite una lingua che ha subito lascomparsadi una lettera.

La norma l'ha enunciata Jac-ques Roubaud, socio oulipiano:«Un testo scritto sulla base di unvincolo parla di tale vincolo». Untesto quindi che parla di un tenta-tivo di richiesta di un aumento, èovvio, ha alla base un vincolo chedetermina un aumento progressi-vo di complessità della frase inca-ricata di esplorare un numerosempre maggiore di eventualità.Perec coerentemente decide nel-

la versione finale di tentare il mas-simo, ovvero un'unica frase maiinterrotta da alcun segno d'inter-punzione se non quello finale on-de esaurire in un’unica emissionelineare tutte le contingenze che sipossono presentare a qualcunoche decida (paradossalmente) ditentare di chiedere un aumento alproprio capo, dalla prima e più ba-nale - può trovarlo in ufficio o nontrovarlo - alle più complesse e tut-te accumulate le une sulle altre -se il capo non è in ufficio, Perecpercorre tutte la cause ipotizzabi-li della sua assenza, dalla lisca dipesce rimastagli in gola nella pau-sa pranzo al morbillo di una, due,tre, o di tutte e quattro le sue figliee via dicendo; se il capo è in ufficioa essere analizzate sono tutte leipotesi del suo comportamentodacombinarsi con tutte le reazionidel dipendente che lo affronta.Ogni caso determina un’ulteriorebiforcazione che Perec indaga adestra e a manca incrementandoesponenzialmentela sua frase.

Perec è consapevole che ilsuo testo corre il rischio dell'il-leggibilità. Ma, si sa, le sue solu-zioni sono geniali, e divertenti. Iltesto non solo è totalmente leggi-bile, ma si trasforma via via inmetafora della vita e l'aumentoin oggetto assume ad ogni cresci-ta della frase risonanti significa-ti. C'è poi un dettaglio: Perec sidà un vincolo e lo rispetta, è nel-le premesse, ma è così abile cheriesce anche in qualche misura a«ingannare» il vincolo. E se il di-pendente di cui scrive riuscissea fare lo stesso con il capo?

MASOLINOD’AMICO

Americano di suc-cesso, Tim ha una moglie at-traente e devota e una eccel-lente carriera di avvocatopenalista. L’unica riserva inuna situazione apparente-mente invidiabile potrebbeessere una figlia sovrappe-so, ma poiché questo accadenell’età in cui i genitori sonoancora troppo tesi a realiz-zare se stessi per badaretroppo alla prole, si può spe-rare che l’inconveniente ven-ga superato con la crescitadi quelli e di questa.

Ben altro guaio però di-vora Tim, in un primo tem-po segretamente e sporadi-camente: gli attacchi di unasindrome strana per non di-re unica, che lo costringo-no, in qualunque momentosi manifestino, a scappare -a scappare letteralmente, apiedi, interrompendo di col-po qualsiasi cosa stia facen-do, verso una destinazioneindefinita. Quando questogli succede, Tim prima cor-re e poi cammina, barcollan-do e togliendosi i vestiti di

dosso, incurante del freddoquando fa freddo, fino a ritro-varsi stremato, tramortito eintirizzito, non sa nemmenolui dove. Talvolta con le ulti-me forze è lui stesso a telefo-nare alla moglie, che si preci-pita a recuperarlo; talaltraanime pietose lo raccattano elo portano in ospedale o a ca-sa. Una volta stabilizzatisi isintomi, Tim ha tentato difarsi curare, ma è una malat-tia che la scienza non cono-sce; né medici generici né psi-chiatri ci hanno capito alcun-ché, persino un soggiorno inuna clinica svizzera si è rive-lato inutile.

Per un periodo Tim accet-ta di tenere sempre in testaun casco con elettrodi per mo-nitorare quanto accade nelsuo cervello, ma senza risulta-to. Tra un attacco e l’altropossono capitare intervalli an-che di parecchi mesi, e in que-ste occasioni Tim si illude diessere guarito; del resto permolto tempo è riuscito a man-dare avanti la sua attività la-vorativa anche durante le fasipeggiori, non senza la com-prensiva collaborazione della

ditta di cui è socio. Andandoavanti, però, le crisi si fannosempre più terribili. Ora Timpuò scomparire per giorni eper settimane; il gelo al qualesi espone gli fa perdere le ditadei piedi e gli semicongela lemani; la moglie che sempre loassiste con amorevole costan-za crolla a sua volta e diventaalcolizzata (si riprenderà, manon tornerà più la stessa diprima). In compenso la figliada ostile si fa gradualmentepartecipe, accantonando o su-perando i propri problemi.

Inevitabilmente, anche laprofessione va a rotoli. Uncliente della cui innocenzaTim era convinto ma la cui di-fesa non è riuscito a organiz-zare con efficacia è condanna-to e si suicida in carcere, né inseguito Tim riesce a raddriz-zarne la memoria. Gli annipassano. Malgrado non si ar-renda, Tim continua a subireattacchi sempre più terribili,sempre di più sprofondandoin un abisso senza ritorno...

Ovviamente con questo ro-manzo così bene accolto, Nonconosco il tuo nome, JoshuaFerris non ha voluto descrive-re un caso clinico - la malattiadi Tim è, per fortuna, scono-sciuta alla scienza e alla casi-stica - bensì creare un incubo,e un apologo: mostrare il maleoscuro ma forse non così ine-splicabile che forse minacciatutti noi, soprattutto quandoabbassiamo la guardia e ci ri-teniamo al sicuro. Lo ha fattoalla maniera classica america-

na, ossia ricorrendo a un forterealismo nella descrizione deiparticolari quotidiani, così darendere verosimile ciascunmomento di quanto succede.

Lo faceva anche Kafka, macon una componente oniricache non rendeva possibileprenderlo alla lettera, mentrequi c’è il sospetto che il dotatoscrittore bari un po’ col suo in-serirsi nel filone ahimè sem-pre più ricco dei narratori cheadottando gli schemi e glistratagemmi del giallo ti ten-gono avvinto con la promessaimplicita di una soluzione fina-le che poi non arriva - la nar-razione «è» la storia; il me-dium, come diceva il vecchioMcLuhan, «è» il «massaggio».

Perec Inedito esercizio di stile, un testo«combinatorio» alla Oulipo, divertentee geniale, un’unica frase senza un punto

NADIACAPRIOGLIO

Dire chi fosse DmitrijPrigov è difficile. Prigov eraPrigov. Ha costruito la pro-pria biografia come se si trat-tasse di un personaggio lette-rario dalla multiforme espres-sività creativa. Nel 2005 di-chiarò di aver composto circa36.000 poesie, ma scriveva an-che opere teatrali e saggi, dise-gnava, creava installazioni e«video art», recitava, si esibi-va in performance e compone-va musica. Per anni i suoi ver-si sono circolati in samizdat, laletteratura ufficialmente ban-dita che passava furtiva di ma-no in mano, acquistando gran-de popolarità negli ambientidell’intelligencija moscovita;solo nel 1990 furono pubblica-ti in Russia in una raccolta uf-ficiale, ma la sua opera era giànota all’estero attraverso lepubblicazioni dell’emigrazio-ne e le riviste di studi slavi.

Un anno dopo la sua im-provvisa scomparsa, avvenu-ta nel luglio 2007, il Museo diArte Moderna di Mosca gli hadedicato una mostra persona-le, proponendo tutti i suoiscritti e i suoi disegni. Le saledel vecchio edificio nei pressidegli Stagni del Patriarca era-no tappezzate da centinaia difoglietti in cui l’autore si rivol-geva alla società con testi sul-la vita e sulla morte, sulla let-teratura e sulla politica, sulsesso e sul brodo di pollo. Incli-

ne alla provocazione, fu il pri-mo fra i letterati ad assumereuna posizione post-utopica:nel 1986 aveva ricoperto i mu-ri e i lampioni di Mosca concentinaia di «annunci» che ri-portavano frasi come «Cittadi-ni, ricordatevi di voi stessi!»,oppure «Cittadini! Non abbia-te paura, urlate forte, in tuttoil mondo vi possono sentire».

Le autorità reagirono im-mediatamente e lo internaro-no in una clinica psichiatrica,da cui fu rilasciato grazie alleproteste dei suoi colleghi al-l’estero e in patria. Nonostan-te le apparenze, Prigov, nonha mai scelto il caos, l’esteticadella protesta (questo percor-so era già stato sperimentatodall’avanguardia storica) eneppure ha cercato, come Ch-lebnikov, una pura lingua«transmentale» per raggiun-gere l’indipendenza dalla pa-rola significante e quindi l’indi-pendenza da qualsiasi control-

lo esterno, del potere o della tra-dizione, sulla sua intenzione po-etica. Prigov affermò semprel’affinità fra ideologia poetica eideologia politica, fra volontà dipotenza poetica e politica.

Non a caso uno dei suoi per-sonaggi ricorrenti è la figuradel poliziotto, descritta come lafigura di Cristo che unisce cieloe terra, legge e realtà, volontàdivina e terrena. Prigov stessosi presentava spesso col berret-to da poliziotto in testa. Ed ecco-lo, zio Vasja, il poliziotto mosco-vita di Eccovi Mosca, romanzoautobiografico pubblicato daVoland nella traduzione di Ro-berto Lanzi.

Con la sua solenne ufficialitàpaludata si staglia verticale, cir-condato da una multiforme folladi esseri e di entità, rappresen-ta l’acme dell’ordine sovietico edel cosmo, sembra sapere in an-ticipo come andrà a finire: le ne-vicate, i cumuli di neve, i ragaz-zini nei cortili di Mosca, la scuo-la d’arte, la casa in coabitazio-ne, un giorno di vacanza per lamorte di Stalin, il «disgelo», il«ristagno», l’amicizia con gli ar-tisti concettualisti. Episodi bre-vi, digressioni che si perdono

una nell’altra, perché il ricordosegue un tempo mitologico incui il fatto quotidiano si trasfor-ma in un evento grandioso, cata-strofico, in una lotta contro leforze della natura, i topi, gli sca-rafaggi, l’acqua, il fuoco, le spieamericane.

Prigov mitizza anche lo spa-zio in cui si sviluppa il suo cultopoetico-statale: Mosca. In Ecco-vi Mosca si unificano tutti i mitilegati alla città: Mosca terza Ro-ma, Mosca città apocalittica,Gerusalemme celeste che, se-condo Dostoevskij, unifica tuttii popoli nella «bellezza», Moscacome autentica parola poetica ecosì via. In tutte queste immagi-ni di Mosca, apparentemente di-verse, c’è un elemento comune:Mosca è una città sempre in vi-sta, sempre a regime speciale,in cui l’individuale si dissolvenell’impersonale, nel sovraper-sonale, mai inteso come qualco-sa di inconscio, in uno spazio im-maginario che sembra occupa-re tutta la sfera terrestre.

nista è la libreria, microco-smo spesso esilarante dovefra clienti insopportabili,dame querule e grandiscrittori come AnatoleFrance, celebre bibliofilo efrequentatore abituale, nes-sun mistero resiste per piùdi duecento pagine. Nonc’è commissariato che ten-ga: la libreria è il motore diqualsiasi indagine.

Il principio non vale soloper Isner: anzi, sui banconireali dei nostri librai ne fio-riscono parecchie di imma-ginarie, come se ci fossestato una sorta di passapa-rola fra scrittori ed editori.C’è per esempio quella, an-cora parigina ma contem-poranea, fondata in RueDupuytren - sempre nelQuartiere Latino: anzi, inquella stessa via succede

qualcosa, più d’un secolo pri-ma, anche a Pignot - da duesimpatici visionari della buo-na letteratura. L’ha inventa-ta la francese Laurence Cos-sé in La libreria del buon ro-manzo - che le edizioni e/o)pubblicano il 7 aprile -, ed è

il cuore d’una vicenda basa-ta sul culto della buona lette-ratura: la sfida di venderesolo romanzi buoni o moltobuoni scatena una lotta sor-da, con attentati, minacce,scrittori visitati da brutti

ceffi, campagne di stampadi oscura provenienza. An-che qui bisognerà capire dadove viene il pericolo, e nonsarà facile nonostante l’aiu-to di un commissario aman-te delle buone letture.

La Cossé metta in scenalo scontro fra due idee diver-se di mercato editoriale, op-ponendo alle megalibrerie eai bestseller il sogno, piutto-sto diffuso, di vendere solo ilibri che si amano. E nel ro-manzo, che dopo un’ottimapartenza diventa forse pro-lisso, gli elenchi degli autoriprediletti saranno magaripoco sorprendenti, ma cer-to contengono un discretoomaggio all’Italia, e in parti-colare a Fruttero & Lucenti-ni (grazie di cuore). La tra-ma «gialla» si perde un po’,

alla fine, e diventa quasi so-ciologica.

Non così avviene al «Papi-ro» di Belgrado, dove i letto-ri che passano lunghe oresprofondati nelle poltrone diun libreria ancora una voltavotata alla qualità, muoionocome mosche, e per cause in-spiegabili. Anche in questocaso l’enigma è difficilissi-mo, e Zoran Zivkovic, l’auto-re di L’ultimo libro(Tea), sipone esplicitamente il pro-blema se la soluzione vadacercata in Umberto Eco.Una arcigna anatomopatolo-ga si chiede «se qui abbiamoa che fare con qualcuno chesta imitando Il nome della ro-sa»: ma proprio nel finalel’ispettore che conduce le in-dagini (bibliofilo e innamora-to) si convince che la causa

delle morti improvvise nonpuò essere un volume avvele-nato. C’è ben altro, e si trat-ta di una faccenda squisita-mente letteraria, suggeritadal titolo stesso. Il finale, me-taletterario, è un po’ delu-dente. I libri sui libri sono

maledettamente difficili, ecorrono rischi notevoli: peresempio quello che il procla-mato amore per la letteratu-ra «alta» (il termine è di Zi-vkovic) resti appunto un pro-clama, estraneo al testo.Il lo-

ro è un percorso pieno ditrappole, che solo il baldoVictor Legris (il libraio di Iz-ner), sorridente e noncuran-te, evita alla brava.

A ben guardare, però, c’èanche un nuovo investigato-re palermitano, Enzo Baia-monte, che dimostra l’acu-me necessario, in Il libro di le-gno di Gian Mauro Costa, edi-to da Sellerio: bazzica assaipoco le librerie, ma deve re-cuperare cinque volumi man-canti dalla biblioteca di unprofessore passato a migliorvita. In quei titoli c’è la chia-ve di un enigma che lui all’ini-zio nemmeno sospetta, e apoco a poco, in una Palermotorrida, coloratissima, odo-rosa e naturalmente mafiosagli si fa sempre più chiaro.L’idea di Eco (e delle Mille euna notte, e di Dumas) trovauna inedita, non irrilevanteriformulazione: dal libro cheuccide al libro che arresta,incarcera, incatena. E forsesalva la vita.

pp Dmitrij A. Prigovp ECCOVI MOSCAp trad. di Roberto Lanzip Voland, pp.331, € 16

pp Joshua Ferrisp NON CONOSCO IL TUO NOMEp trad. di Stefano Bortolussip Neri Pozza, pp.350, € 16.50

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA III

Il titolo

MARIO BAUDINO

«LA CASA DEGLI AMORI»

Un matrimonioal crepuscolo= In La casa degli amorisognati di Azhar Abidi (trad. diGiampiero Cara, NewtonCompton, pp. 235, € 14,90) iprotagonisti sono profughi,sospinti da terre benedette daacque e da frutti verso lapolverosa Karachi. Padroni e servilottano per mantenere intatte leantiche tradizioni, ma vivono inun tempo che volge alcrepuscolo, al Twilight, comerecita il titolo originale delromanzo. Un romanzo condottocon mano leggera e felice daAbidi, australiano di originipachistane, che fa coesisterepunti di vista plurimi, da quellotormentato della protagonistaBilqis a quello ribelle del figlioSamad, dal dolce risvegliarsi almondo della giovane ancellaMumtaz all’ansia di giustizia ealla sete di guerra di Omar, nomde guerre Abu Ammar.Discendente da stirpe reale, lafiera Bilqis ha lasciato con lafamiglia dopo la Partition lafeconda Murree sulle pendicidell’Himalaya. Abbandonatiamici, parenti e luoghi, harifondato nella nuova terra usi etradizioni native, per difendere leorigini nobiliari e l’alto sensomorale per lei incarnato inistituzioni fondamentali, quali ilmatrimonio tra membri dellastessa casta. Nella grande casa,Bilqis ormai vedova settantenne,privata dell’unico figlio, ricco efelice in Australia, misura lapropria solitudine e il crepuscolodegli ideali e del tempo nellecrepe nei muri, nella patina grigiache ricopre mobili e pareti, tra cuispiccano i libri compagni di vita,memorie dell’esistenza sua e delmarito, uomo tenero e sapientesposato senza amore, ma poiamato d’un sentimento tenace etotale. Per questo crede che ilmatrimonio debba avvenire allamaniera di sempre, ordito daigenitori tra affini per rango etradizioni. Per questo, quandoSamad le conduce la bella mogliebianca Kate, non può sottrarsi aun profondo senso ditradimento. Per questo sentecome trasgressori delle regolemorali e sociali la bella Mumtaz eOmar il guerriero, strumenti efautori del lento, inarrestabilesfaldarsi di un mondo che muta.Non ha antidoti il veleno delcambiamento e l’amorematerno, cui rispondeun’imperfetta devozione filiale, èdestinato a seguire la leggeamara del distacco. Mia Peluso

«IL COLLEZIONISTA DI OCCHI»

Un macelloalla Tarantino= Fiammeggiante noir allaTarantino condito daomeopatiche dosi di humourscozzese: questa è, da tempo,la ricetta vincente di StuartMacBride. Ribadita ne Ilcollezionista di occhi (NewtonCompton, trad. Tino Lamberti,pp. 519, € 14.90) dovel’essenza stessa del grandguignol messo in scena nellefosche atmosfere di unaAberdeen cimiteriale sta nelcavare di occhi dalle orbite di ungran bel numero di polacchi,vittime predestinate di unmacello senza fine.Esagerato, scorretto, razzista,ma sulle labbra sempre unasmorfia di irridente intelligenzaad ammorbidire ogni eccesso.E, nonostante il sangue scorra afiotti, la scrittura rimane quasilieve, di certo ammaliante.A far ordine nell’enormecumulo di cadaveri che sirimpingua giorno dopo giornoè, ovvio, la Omicidi. Ma si trattadella squadra più scombinata (ealcolizzata) del Regno. L’eroe(al solito) è il sergente McRea,questa volta turbato da unatorrida relazione con unabellezza dell’Obitorio. A farglida corona (e da martello) cisono il commissario capoFinnie, detto Faccia di Rospo,invischiato in strane relazionicon il superboss della malavitalocale; la commissaria Steel,attempata lesbica con problemidi famiglia: la «moglie» hainfatti deciso che la loro unioneha bisogno di un pargolo e urgela ricerca di un donatore diseme (lo stesso McRea?);sergenti e agenti vari dispostiad ogni misfatto pur di farecarriera. Nè manca il corollario,tanto esagitato quantopittoresco, di una fauna rapacedi protettori, prostitute,randellatori, doppiogiochisti,pedofili e maniaci religiosi.Il gusto della narrazione finisceper prevalere sulla trama,volutamente contorta esfuggente, per privilegiare tuttauna serie di episodi collateraliche alla fine si rivelanofunzionali. Quali, ad esempio,una puntata in Polonia diMcRea alla ricerca del«Cavatore di Occhi» originale; ola guerra per bande che sisvolge in città e in cui ladittatura dei duri di casa vienesoppiantata dalla rudedeterminazione di mogli, madrie amanti. Piero Soria

«Non conosco il tuonome»: stratagemmie schemi del giallo,ma si attende invanouna soluzione finale

Provate ad immaginaretutti i modi possibiliper farvi coraggioed avanzare la vostranon facile ambizione

Nessuno saperché Timscappa sempre

Il poliziottoche uniscecielo e terra

Color giallo in libreria

Joshua Ferris esordì con «E poi siamo arrivati alla fine» (Neri Pozza, 2006)

Ferris Un avvocato e una sindromeignota che diventa incubo e apologo

Segue da pag. I

Comechiederel’aumentoal capo

Dmitrij Prigov, narratore, poeta e performer, è scomparso nel luglio 2007

Prigov Un pioniere della post-utopiamesso al bando, scrisse 36 mila poesie

In «Eccovi Mosca»,città apocalittica,il suo zio Vasja esprimel’acme dell’«ordine»sovietico e del cosmo

Georges Perec

p

pp Georges Perecp L'ARTE E LA MANIERADI AFFRONTAREIL PROPRIO CAPOPER CHIEDERGLI UN AUMENTOp trad. di Emmanuelle Caillatp Einaudi, pp.69, € 9

Il testo uscì nel 1968 sulla

rivista « Enseignement

programmé». Georges

Perec nacque a Parigi il

7 marzo 1936 e morì

a Ivry-sur-Seine il 3 marzo

del 1982. Nel 1978 pubblicò

«La vita istruzioni per

l'uso», che gli valse il Prix

Médicis. Con Calvino,

Queneau e altri, diede vita

all’Oulipo.

Il giallo

Più della soluzionedel «caso» agli autoriinteressa il giocoletterario, il cultodella buona lettura

Il rosa

Tra ricostruzionid’ambiente e feuilleton,citazioni colte e ironia,storie confezionateper il gusto dei bibliofili

Page 3: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - III - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/02 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

GABRIELLABOSCO

Un libro paradossalecome questo, paradossalmen-te rimasto inedito in Italia si-no a oggi, è difficile che lo ab-biate letto. Paradossale lo è in-fatti al quadrato.

Nel merito: a chi verrebbe inmente oggi di andare a chiedereun aumento al proprio capo? Ipiù, ancor grazie se un lavoro cel'hanno. E i meno hanno già cosìtanti soldi senza avere un capoche proprio non ha senso chechiedanoun aumento.

Nel metodo: Georges Perecscrive questo testo nel 1968 peruna rivista confidenziale di inse-gnamento programmato (cioètramite computer) applicandoun diagramma di flusso fornito-gli da un amico.

L'esperimento gli interessain quanto quel diagramma eglilo vede come un ottimo vincologeneratore. L'interesse per leforme di letteratura combinato-ria che si avvalgono di percorsidescritti da un grafico è nato cir-ca un anno prima in seno all’Ou-lipo, l'Ouvroir de littérature po-tentielle, gruppo di letterati ma-tematici che intendono verifica-re i limiti della scrittura e forzar-li nelle più varie direzioni per co-stringere la lingua a dare il mas-simo; altri membri notori furo-no e sono (non si decade neppu-re con la morte) Raymond Que-neaue Italo Calvino.

François Le lionnais, mem-bro fondatore, ha presentato un'analisi della letteratura «ad albe-

ro», e Queneau ha proposto Unraccontino a vostro piacimento an-che lui utilizzando un diagrammadi flusso ma lasciando al lettorel'iniziativa del percorso, in altritermini delegandogli la scelta diuna delle soluzioni proposte aogni biforcazione con esclusionedi tutte le altre. Perec invece ten-ta la soluzione contraria, ovverol'esplorazione sulla carta di tutti ipercorsi possibili. Naturalmente,scrive in una lettera di spiegazio-ni, «con il procedere del testo, cisaranno sempre più condizioni darispettare per poter enunciareuna nuova possibilità».

Se Queneau ha optato per unacombinatoria virtuale privilegian-do la potenzialità, Perec speri-

menta una combinatoria attualiz-zata che intende esaurire comple-tamente le soluzioni possibili.Una tecnica cui egli è ricorso piùvolte, specializzandosi nell’esauri-mento di questo e di quello: dalladescrizione di un quartiere parigi-no all’elenco di tutte le sfumaturedel rosso che non utilizzino la let-tera «e» all'interno del romanzoLa scomparsa, notoriamente scrit-to per intero con il vincolo di nonusare quella vocale, la più fre-quente in francese, e realizzandol'exploit di raccontare una vicen-

da centrata su una scomparsa tra-mite una lingua che ha subito lascomparsadi una lettera.

La norma l'ha enunciata Jac-ques Roubaud, socio oulipiano:«Un testo scritto sulla base di unvincolo parla di tale vincolo». Untesto quindi che parla di un tenta-tivo di richiesta di un aumento, èovvio, ha alla base un vincolo chedetermina un aumento progressi-vo di complessità della frase inca-ricata di esplorare un numerosempre maggiore di eventualità.Perec coerentemente decide nel-

la versione finale di tentare il mas-simo, ovvero un'unica frase maiinterrotta da alcun segno d'inter-punzione se non quello finale on-de esaurire in un’unica emissionelineare tutte le contingenze che sipossono presentare a qualcunoche decida (paradossalmente) ditentare di chiedere un aumento alproprio capo, dalla prima e più ba-nale - può trovarlo in ufficio o nontrovarlo - alle più complesse e tut-te accumulate le une sulle altre -se il capo non è in ufficio, Perecpercorre tutte la cause ipotizzabi-li della sua assenza, dalla lisca dipesce rimastagli in gola nella pau-sa pranzo al morbillo di una, due,tre, o di tutte e quattro le sue figliee via dicendo; se il capo è in ufficioa essere analizzate sono tutte leipotesi del suo comportamentodacombinarsi con tutte le reazionidel dipendente che lo affronta.Ogni caso determina un’ulteriorebiforcazione che Perec indaga adestra e a manca incrementandoesponenzialmentela sua frase.

Perec è consapevole che ilsuo testo corre il rischio dell'il-leggibilità. Ma, si sa, le sue solu-zioni sono geniali, e divertenti. Iltesto non solo è totalmente leggi-bile, ma si trasforma via via inmetafora della vita e l'aumentoin oggetto assume ad ogni cresci-ta della frase risonanti significa-ti. C'è poi un dettaglio: Perec sidà un vincolo e lo rispetta, è nel-le premesse, ma è così abile cheriesce anche in qualche misura a«ingannare» il vincolo. E se il di-pendente di cui scrive riuscissea fare lo stesso con il capo?

MASOLINOD’AMICO

Americano di suc-cesso, Tim ha una moglie at-traente e devota e una eccel-lente carriera di avvocatopenalista. L’unica riserva inuna situazione apparente-mente invidiabile potrebbeessere una figlia sovrappe-so, ma poiché questo accadenell’età in cui i genitori sonoancora troppo tesi a realiz-zare se stessi per badaretroppo alla prole, si può spe-rare che l’inconveniente ven-ga superato con la crescitadi quelli e di questa.

Ben altro guaio però di-vora Tim, in un primo tem-po segretamente e sporadi-camente: gli attacchi di unasindrome strana per non di-re unica, che lo costringo-no, in qualunque momentosi manifestino, a scappare -a scappare letteralmente, apiedi, interrompendo di col-po qualsiasi cosa stia facen-do, verso una destinazioneindefinita. Quando questogli succede, Tim prima cor-re e poi cammina, barcollan-do e togliendosi i vestiti di

dosso, incurante del freddoquando fa freddo, fino a ritro-varsi stremato, tramortito eintirizzito, non sa nemmenolui dove. Talvolta con le ulti-me forze è lui stesso a telefo-nare alla moglie, che si preci-pita a recuperarlo; talaltraanime pietose lo raccattano elo portano in ospedale o a ca-sa. Una volta stabilizzatisi isintomi, Tim ha tentato difarsi curare, ma è una malat-tia che la scienza non cono-sce; né medici generici né psi-chiatri ci hanno capito alcun-ché, persino un soggiorno inuna clinica svizzera si è rive-lato inutile.

Per un periodo Tim accet-ta di tenere sempre in testaun casco con elettrodi per mo-nitorare quanto accade nelsuo cervello, ma senza risulta-to. Tra un attacco e l’altropossono capitare intervalli an-che di parecchi mesi, e in que-ste occasioni Tim si illude diessere guarito; del resto permolto tempo è riuscito a man-dare avanti la sua attività la-vorativa anche durante le fasipeggiori, non senza la com-prensiva collaborazione della

ditta di cui è socio. Andandoavanti, però, le crisi si fannosempre più terribili. Ora Timpuò scomparire per giorni eper settimane; il gelo al qualesi espone gli fa perdere le ditadei piedi e gli semicongela lemani; la moglie che sempre loassiste con amorevole costan-za crolla a sua volta e diventaalcolizzata (si riprenderà, manon tornerà più la stessa diprima). In compenso la figliada ostile si fa gradualmentepartecipe, accantonando o su-perando i propri problemi.

Inevitabilmente, anche laprofessione va a rotoli. Uncliente della cui innocenzaTim era convinto ma la cui di-fesa non è riuscito a organiz-zare con efficacia è condanna-to e si suicida in carcere, né inseguito Tim riesce a raddriz-zarne la memoria. Gli annipassano. Malgrado non si ar-renda, Tim continua a subireattacchi sempre più terribili,sempre di più sprofondandoin un abisso senza ritorno...

Ovviamente con questo ro-manzo così bene accolto, Nonconosco il tuo nome, JoshuaFerris non ha voluto descrive-re un caso clinico - la malattiadi Tim è, per fortuna, scono-sciuta alla scienza e alla casi-stica - bensì creare un incubo,e un apologo: mostrare il maleoscuro ma forse non così ine-splicabile che forse minacciatutti noi, soprattutto quandoabbassiamo la guardia e ci ri-teniamo al sicuro. Lo ha fattoalla maniera classica america-

na, ossia ricorrendo a un forterealismo nella descrizione deiparticolari quotidiani, così darendere verosimile ciascunmomento di quanto succede.

Lo faceva anche Kafka, macon una componente oniricache non rendeva possibileprenderlo alla lettera, mentrequi c’è il sospetto che il dotatoscrittore bari un po’ col suo in-serirsi nel filone ahimè sem-pre più ricco dei narratori cheadottando gli schemi e glistratagemmi del giallo ti ten-gono avvinto con la promessaimplicita di una soluzione fina-le che poi non arriva - la nar-razione «è» la storia; il me-dium, come diceva il vecchioMcLuhan, «è» il «massaggio».

Perec Inedito esercizio di stile, un testo«combinatorio» alla Oulipo, divertentee geniale, un’unica frase senza un punto

NADIACAPRIOGLIO

Dire chi fosse DmitrijPrigov è difficile. Prigov eraPrigov. Ha costruito la pro-pria biografia come se si trat-tasse di un personaggio lette-rario dalla multiforme espres-sività creativa. Nel 2005 di-chiarò di aver composto circa36.000 poesie, ma scriveva an-che opere teatrali e saggi, dise-gnava, creava installazioni e«video art», recitava, si esibi-va in performance e compone-va musica. Per anni i suoi ver-si sono circolati in samizdat, laletteratura ufficialmente ban-dita che passava furtiva di ma-no in mano, acquistando gran-de popolarità negli ambientidell’intelligencija moscovita;solo nel 1990 furono pubblica-ti in Russia in una raccolta uf-ficiale, ma la sua opera era giànota all’estero attraverso lepubblicazioni dell’emigrazio-ne e le riviste di studi slavi.

Un anno dopo la sua im-provvisa scomparsa, avvenu-ta nel luglio 2007, il Museo diArte Moderna di Mosca gli hadedicato una mostra persona-le, proponendo tutti i suoiscritti e i suoi disegni. Le saledel vecchio edificio nei pressidegli Stagni del Patriarca era-no tappezzate da centinaia difoglietti in cui l’autore si rivol-geva alla società con testi sul-la vita e sulla morte, sulla let-teratura e sulla politica, sulsesso e sul brodo di pollo. Incli-

ne alla provocazione, fu il pri-mo fra i letterati ad assumereuna posizione post-utopica:nel 1986 aveva ricoperto i mu-ri e i lampioni di Mosca concentinaia di «annunci» che ri-portavano frasi come «Cittadi-ni, ricordatevi di voi stessi!»,oppure «Cittadini! Non abbia-te paura, urlate forte, in tuttoil mondo vi possono sentire».

Le autorità reagirono im-mediatamente e lo internaro-no in una clinica psichiatrica,da cui fu rilasciato grazie alleproteste dei suoi colleghi al-l’estero e in patria. Nonostan-te le apparenze, Prigov, nonha mai scelto il caos, l’esteticadella protesta (questo percor-so era già stato sperimentatodall’avanguardia storica) eneppure ha cercato, come Ch-lebnikov, una pura lingua«transmentale» per raggiun-gere l’indipendenza dalla pa-rola significante e quindi l’indi-pendenza da qualsiasi control-

lo esterno, del potere o della tra-dizione, sulla sua intenzione po-etica. Prigov affermò semprel’affinità fra ideologia poetica eideologia politica, fra volontà dipotenza poetica e politica.

Non a caso uno dei suoi per-sonaggi ricorrenti è la figuradel poliziotto, descritta come lafigura di Cristo che unisce cieloe terra, legge e realtà, volontàdivina e terrena. Prigov stessosi presentava spesso col berret-to da poliziotto in testa. Ed ecco-lo, zio Vasja, il poliziotto mosco-vita di Eccovi Mosca, romanzoautobiografico pubblicato daVoland nella traduzione di Ro-berto Lanzi.

Con la sua solenne ufficialitàpaludata si staglia verticale, cir-condato da una multiforme folladi esseri e di entità, rappresen-ta l’acme dell’ordine sovietico edel cosmo, sembra sapere in an-ticipo come andrà a finire: le ne-vicate, i cumuli di neve, i ragaz-zini nei cortili di Mosca, la scuo-la d’arte, la casa in coabitazio-ne, un giorno di vacanza per lamorte di Stalin, il «disgelo», il«ristagno», l’amicizia con gli ar-tisti concettualisti. Episodi bre-vi, digressioni che si perdono

una nell’altra, perché il ricordosegue un tempo mitologico incui il fatto quotidiano si trasfor-ma in un evento grandioso, cata-strofico, in una lotta contro leforze della natura, i topi, gli sca-rafaggi, l’acqua, il fuoco, le spieamericane.

Prigov mitizza anche lo spa-zio in cui si sviluppa il suo cultopoetico-statale: Mosca. In Ecco-vi Mosca si unificano tutti i mitilegati alla città: Mosca terza Ro-ma, Mosca città apocalittica,Gerusalemme celeste che, se-condo Dostoevskij, unifica tuttii popoli nella «bellezza», Moscacome autentica parola poetica ecosì via. In tutte queste immagi-ni di Mosca, apparentemente di-verse, c’è un elemento comune:Mosca è una città sempre in vi-sta, sempre a regime speciale,in cui l’individuale si dissolvenell’impersonale, nel sovraper-sonale, mai inteso come qualco-sa di inconscio, in uno spazio im-maginario che sembra occupa-re tutta la sfera terrestre.

nista è la libreria, microco-smo spesso esilarante dovefra clienti insopportabili,dame querule e grandiscrittori come AnatoleFrance, celebre bibliofilo efrequentatore abituale, nes-sun mistero resiste per piùdi duecento pagine. Nonc’è commissariato che ten-ga: la libreria è il motore diqualsiasi indagine.

Il principio non vale soloper Isner: anzi, sui banconireali dei nostri librai ne fio-riscono parecchie di imma-ginarie, come se ci fossestato una sorta di passapa-rola fra scrittori ed editori.C’è per esempio quella, an-cora parigina ma contem-poranea, fondata in RueDupuytren - sempre nelQuartiere Latino: anzi, inquella stessa via succede

qualcosa, più d’un secolo pri-ma, anche a Pignot - da duesimpatici visionari della buo-na letteratura. L’ha inventa-ta la francese Laurence Cos-sé in La libreria del buon ro-manzo - che le edizioni e/o)pubblicano il 7 aprile -, ed è

il cuore d’una vicenda basa-ta sul culto della buona lette-ratura: la sfida di venderesolo romanzi buoni o moltobuoni scatena una lotta sor-da, con attentati, minacce,scrittori visitati da brutti

ceffi, campagne di stampadi oscura provenienza. An-che qui bisognerà capire dadove viene il pericolo, e nonsarà facile nonostante l’aiu-to di un commissario aman-te delle buone letture.

La Cossé metta in scenalo scontro fra due idee diver-se di mercato editoriale, op-ponendo alle megalibrerie eai bestseller il sogno, piutto-sto diffuso, di vendere solo ilibri che si amano. E nel ro-manzo, che dopo un’ottimapartenza diventa forse pro-lisso, gli elenchi degli autoriprediletti saranno magaripoco sorprendenti, ma cer-to contengono un discretoomaggio all’Italia, e in parti-colare a Fruttero & Lucenti-ni (grazie di cuore). La tra-ma «gialla» si perde un po’,

alla fine, e diventa quasi so-ciologica.

Non così avviene al «Papi-ro» di Belgrado, dove i letto-ri che passano lunghe oresprofondati nelle poltrone diun libreria ancora una voltavotata alla qualità, muoionocome mosche, e per cause in-spiegabili. Anche in questocaso l’enigma è difficilissi-mo, e Zoran Zivkovic, l’auto-re di L’ultimo libro(Tea), sipone esplicitamente il pro-blema se la soluzione vadacercata in Umberto Eco.Una arcigna anatomopatolo-ga si chiede «se qui abbiamoa che fare con qualcuno chesta imitando Il nome della ro-sa»: ma proprio nel finalel’ispettore che conduce le in-dagini (bibliofilo e innamora-to) si convince che la causa

delle morti improvvise nonpuò essere un volume avvele-nato. C’è ben altro, e si trat-ta di una faccenda squisita-mente letteraria, suggeritadal titolo stesso. Il finale, me-taletterario, è un po’ delu-dente. I libri sui libri sono

maledettamente difficili, ecorrono rischi notevoli: peresempio quello che il procla-mato amore per la letteratu-ra «alta» (il termine è di Zi-vkovic) resti appunto un pro-clama, estraneo al testo.Il lo-

ro è un percorso pieno ditrappole, che solo il baldoVictor Legris (il libraio di Iz-ner), sorridente e noncuran-te, evita alla brava.

A ben guardare, però, c’èanche un nuovo investigato-re palermitano, Enzo Baia-monte, che dimostra l’acu-me necessario, in Il libro di le-gno di Gian Mauro Costa, edi-to da Sellerio: bazzica assaipoco le librerie, ma deve re-cuperare cinque volumi man-canti dalla biblioteca di unprofessore passato a migliorvita. In quei titoli c’è la chia-ve di un enigma che lui all’ini-zio nemmeno sospetta, e apoco a poco, in una Palermotorrida, coloratissima, odo-rosa e naturalmente mafiosagli si fa sempre più chiaro.L’idea di Eco (e delle Mille euna notte, e di Dumas) trovauna inedita, non irrilevanteriformulazione: dal libro cheuccide al libro che arresta,incarcera, incatena. E forsesalva la vita.

pp Dmitrij A. Prigovp ECCOVI MOSCAp trad. di Roberto Lanzip Voland, pp.331, € 16

pp Joshua Ferrisp NON CONOSCO IL TUO NOMEp trad. di Stefano Bortolussip Neri Pozza, pp.350, € 16.50

Scrittori stranieriIITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA III

Il titolo

MARIO BAUDINO

«LA CASA DEGLI AMORI»

Un matrimonioal crepuscolo= In La casa degli amorisognati di Azhar Abidi (trad. diGiampiero Cara, NewtonCompton, pp. 235, € 14,90) iprotagonisti sono profughi,sospinti da terre benedette daacque e da frutti verso lapolverosa Karachi. Padroni e servilottano per mantenere intatte leantiche tradizioni, ma vivono inun tempo che volge alcrepuscolo, al Twilight, comerecita il titolo originale delromanzo. Un romanzo condottocon mano leggera e felice daAbidi, australiano di originipachistane, che fa coesisterepunti di vista plurimi, da quellotormentato della protagonistaBilqis a quello ribelle del figlioSamad, dal dolce risvegliarsi almondo della giovane ancellaMumtaz all’ansia di giustizia ealla sete di guerra di Omar, nomde guerre Abu Ammar.Discendente da stirpe reale, lafiera Bilqis ha lasciato con lafamiglia dopo la Partition lafeconda Murree sulle pendicidell’Himalaya. Abbandonatiamici, parenti e luoghi, harifondato nella nuova terra usi etradizioni native, per difendere leorigini nobiliari e l’alto sensomorale per lei incarnato inistituzioni fondamentali, quali ilmatrimonio tra membri dellastessa casta. Nella grande casa,Bilqis ormai vedova settantenne,privata dell’unico figlio, ricco efelice in Australia, misura lapropria solitudine e il crepuscolodegli ideali e del tempo nellecrepe nei muri, nella patina grigiache ricopre mobili e pareti, tra cuispiccano i libri compagni di vita,memorie dell’esistenza sua e delmarito, uomo tenero e sapientesposato senza amore, ma poiamato d’un sentimento tenace etotale. Per questo crede che ilmatrimonio debba avvenire allamaniera di sempre, ordito daigenitori tra affini per rango etradizioni. Per questo, quandoSamad le conduce la bella mogliebianca Kate, non può sottrarsi aun profondo senso ditradimento. Per questo sentecome trasgressori delle regolemorali e sociali la bella Mumtaz eOmar il guerriero, strumenti efautori del lento, inarrestabilesfaldarsi di un mondo che muta.Non ha antidoti il veleno delcambiamento e l’amorematerno, cui rispondeun’imperfetta devozione filiale, èdestinato a seguire la leggeamara del distacco. Mia Peluso

«IL COLLEZIONISTA DI OCCHI»

Un macelloalla Tarantino= Fiammeggiante noir allaTarantino condito daomeopatiche dosi di humourscozzese: questa è, da tempo,la ricetta vincente di StuartMacBride. Ribadita ne Ilcollezionista di occhi (NewtonCompton, trad. Tino Lamberti,pp. 519, € 14.90) dovel’essenza stessa del grandguignol messo in scena nellefosche atmosfere di unaAberdeen cimiteriale sta nelcavare di occhi dalle orbite di ungran bel numero di polacchi,vittime predestinate di unmacello senza fine.Esagerato, scorretto, razzista,ma sulle labbra sempre unasmorfia di irridente intelligenzaad ammorbidire ogni eccesso.E, nonostante il sangue scorra afiotti, la scrittura rimane quasilieve, di certo ammaliante.A far ordine nell’enormecumulo di cadaveri che sirimpingua giorno dopo giornoè, ovvio, la Omicidi. Ma si trattadella squadra più scombinata (ealcolizzata) del Regno. L’eroe(al solito) è il sergente McRea,questa volta turbato da unatorrida relazione con unabellezza dell’Obitorio. A farglida corona (e da martello) cisono il commissario capoFinnie, detto Faccia di Rospo,invischiato in strane relazionicon il superboss della malavitalocale; la commissaria Steel,attempata lesbica con problemidi famiglia: la «moglie» hainfatti deciso che la loro unioneha bisogno di un pargolo e urgela ricerca di un donatore diseme (lo stesso McRea?);sergenti e agenti vari dispostiad ogni misfatto pur di farecarriera. Nè manca il corollario,tanto esagitato quantopittoresco, di una fauna rapacedi protettori, prostitute,randellatori, doppiogiochisti,pedofili e maniaci religiosi.Il gusto della narrazione finisceper prevalere sulla trama,volutamente contorta esfuggente, per privilegiare tuttauna serie di episodi collateraliche alla fine si rivelanofunzionali. Quali, ad esempio,una puntata in Polonia diMcRea alla ricerca del«Cavatore di Occhi» originale; ola guerra per bande che sisvolge in città e in cui ladittatura dei duri di casa vienesoppiantata dalla rudedeterminazione di mogli, madrie amanti. Piero Soria

«Non conosco il tuonome»: stratagemmie schemi del giallo,ma si attende invanouna soluzione finale

Provate ad immaginaretutti i modi possibiliper farvi coraggioed avanzare la vostranon facile ambizione

Nessuno saperché Timscappa sempre

Il poliziottoche uniscecielo e terra

Color giallo in libreria

Joshua Ferris esordì con «E poi siamo arrivati alla fine» (Neri Pozza, 2006)

Ferris Un avvocato e una sindromeignota che diventa incubo e apologo

Segue da pag. I

Comechiederel’aumentoal capo

Dmitrij Prigov, narratore, poeta e performer, è scomparso nel luglio 2007

Prigov Un pioniere della post-utopiamesso al bando, scrisse 36 mila poesie

In «Eccovi Mosca»,città apocalittica,il suo zio Vasja esprimel’acme dell’«ordine»sovietico e del cosmo

Georges Perec

p

pp Georges Perecp L'ARTE E LA MANIERADI AFFRONTAREIL PROPRIO CAPOPER CHIEDERGLI UN AUMENTOp trad. di Emmanuelle Caillatp Einaudi, pp.69, € 9

Il testo uscì nel 1968 sulla

rivista « Enseignement

programmé». Georges

Perec nacque a Parigi il

7 marzo 1936 e morì

a Ivry-sur-Seine il 3 marzo

del 1982. Nel 1978 pubblicò

«La vita istruzioni per

l'uso», che gli valse il Prix

Médicis. Con Calvino,

Queneau e altri, diede vita

all’Oulipo.

Il giallo

Più della soluzionedel «caso» agli autoriinteressa il giocoletterario, il cultodella buona lettura

Il rosa

Tra ricostruzionid’ambiente e feuilleton,citazioni colte e ironia,storie confezionateper il gusto dei bibliofili

Page 4: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IV - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

LORENZOMONDO

«Avevano tutti piùo meno dodici anni quan-do decisero di rapinare labanca del paese». Comin-cia così il romanzo di Chri-stian Frascella, Sette picco-li sospetti. E questo, oltre aproporre immediatamen-te il filo conduttore dellavicenda, ne segnala il tonodominante, di favolosa av-ventura, propiziato daun’ottica ancora infantile.La stessa che fa presume-re ai sette, al di là di ogniostacolo, la certezza dellariuscita in quanto risulte-rebbero insospettabili perla giovanissima età.

Non che manchino, co-me in Huck Finn, il massi-mo antesignano dei ragaz-

zi ribelli, le durezze e le di-sillusioni della vita reale.Billo, orfano di padre, vivein compagnia di donne ina-sprite dalla solitudine. Go-rilla è vittima di un fratel-lo che lo picchia e lo co-stringe a spacciare droga.Cecconi paventa di eredi-tare il mestiere ingratodei genitori, fruttivendoliabusivi. Ranacci scopreche l’ammirato padre sin-dacalista è in realtà al sol-do dei padroni. Quello, af-fettuosissimo, di Lonìcasta però morendo di can-cro. Fostelli si dibatte con

una malcerta vocazione alsacerdozio insufflata dallamadre. Ed a Coda non gioval’agiatezza garantita dal ri-gido, saccente padre avvo-cato. Una serie di figurineche spiccano nell’ambientepiuttosto incolore.

Qualcuno dei sette cercarifugio nello sport - il calcioe la boxe - praticato con de-dizione e fiducia nelle possi-bilità di carriera (i rispetti-vi incontri sono illustraticon mano esperta da Fra-scella). Ma è la progettata

rapina a trovarli uniti nelmiraggio di una ricchezzache gli schiuda un orizzon-te di libertà: dalle angustiepersonali e dalla noia diRoccella, un paese del Cen-tritalia.

La grande trasgressionerappresenta anche un in-consapevole rito di passag-gio verso l’età adulta, la pro-va di coraggio che li rendadegni delle sfuggenti com-pagne di scuola.

Incombe sulla comunitàla fosca figura del Messica-

no, uscito dal carcere (e for-se da un fumetto) dopo mi-steriosi trascorsi. Nessunosa resistere al suo sguardoinflessibile, i ragazzi davan-ti a lui sono divisi tra ammi-razione e paura. Certo van-no scoprendo che in troppigrandi, che essi intendonoemulare in modo spericola-to, covano il tradimento e lacorruzione.

L’esito fallimentare del-la rapina sembra alluso dal-la casuale citazione di Totòquale protagonista dei Soli-

ti ignoti, ma nulla di comicosi troverà nel resto del rac-conto, nel giro di ricatti,scommesse truccate, insi-die pedofile che li avvolgo-no.

Resta all’attivo, fra tantedisillusioni, lo spirito di soli-darietà che fa emergere i lo-ro lati migliori, l’altruismo,la sopportazione, un barlu-me di saggezza. Finirannoper allearsi con la parte pu-lita degli adulti (un paternotenente dei carabinieri, l’in-sospettabile Messicano)che si piegano indulgentisulle loro manchevolezze echiudono felicemente il lorogioco pericoloso.

Il racconto, ben costrui-to, sta tutto nel tono scan-zonato e ingenuo dei ragaz-zi, non compromesso dal-l’esibita, velleitaria sbocca-tezza del linguaggio. Si ap-prezza soprattutto nellaparte dedicata alla lungapreparazione della rapina,gli stratagemmi, le simula-zioni, l’acquisto di armi

inoffensive. Dove la ruvidafattualità sembra sforare atratti nel surreale.

Meno persuade la conclu-sione, che esibisce spari ebanditi veri, e appare tribu-taria, per gli eccessi e le in-verosimiglianze, di certofilm d’azione. Frascella, alsuo secondo romanzo dopoil fortunato esordio di Miasorella è una foca monaca, do-vrebbe coltivare con misu-ra la sua vena più autentica,quella che rende amabili isuoi piccoli, innocenti eroi.

Frascella Una banda di «soliti ignoti» dodicenni progettauna rapina: una scanzonata, favolosa avventura paesana

pp Lia Levip LA SPOSA GENTILEp e/o, pp.214, € 18

LA POESIAGIOVANNI TESIO

La gioia chenon siamo nientePaola Mastrocola, tra affetti,amicizie,amori: l’elogio della dimension picciola

GIANANDREAPICCIOLI

Ci sono due scrittori,assolutamente agli antipodi,Alessandro Baricco e Mauri-zio Maggiani, postmodernoben temperato il primo, il se-condo epicamente arcaico,che se scarti generazionali enodi parentali lo consentisse-ro mi piacerebbe avere pernonni: sono entrambi grandinarratori di storie e potreiascoltarli per ore. Di Maggia-ni esce ora da Feltrinelli Mec-canica celeste, uno dei suoi libripiù felici e, per quanto mi ri-guarda, uno dei pochissimi ne-cessari di questi ultimi tempi.

Il filo narrativo principaleè semplice: una grande storiad'amore di cui si raccontano inove mesi dal concepimento,nella notte dell'elezione di Ba-rack Obama, alla nascita del-la figlia del protagonista-nar-ratore e della sua donna, dilui molto più giovane (erabambina quando, alla stazio-ne di Bologna, i suoi perserola vita nell'attentato, lui inve-ce è del '45). Attorno a quest'asse girano le storie degli abi-tanti della zona che si esten-de tra valli, montagne e ma-re, tra Garfagnana e Apuanee Versilia («il distretto», co-me la chiama l'autore). Sem-bra un momento felice di ri-scoperta dell'Appennino, conGuccini e Ferretti, e soprat-tutto con il regista Diritti:Meccanica celeste ha molte sin-tonie con L'uomo che verrà epiacerà senz'altro a chi haamato quel film.

Nell'inanellarsi delle vicen-de si va dall'attentato di Bre-sci agli eccidi compiuti da na-zisti e repubblichini, ma l'oriz-zonte temporale è quello del-la leggenda, e quindi non ci so-

no limiti cronologici e geografi-ci rigidi. E sono storie di guerrae di povertà, di passioni e di te-nacia, di bizzarrie e di creden-ze che oggi si direbbero «magi-che» ma che hanno sorretto gliuomini per generazioni. E sto-rie di lavoro: di pastori, ma an-che di artigiani e maestre, di in-tellettuali e baristi e cuoche econtadini. Di migranti che tor-nano per Natale. Con personag-

gi tutti individuatissimi, maicontemplati e descritti a tuttotondo, sempre colti di sguincio,vivi per quel che fanno, per leattività in cui si riconoscono esi realizzano. Il timbro è quellodei grandi narratori popolari,quale è ancora dato udire neiracconti dei vecchi, come bensa chiunque frequenti vallimontane marginali.

Il protagonista, felice dell'imminente paternità («Solo unpiccolissimo ingranaggio inpiù nella volta celeste (…), unacomplicazione appena calcola-bile nel movimento generaledell'universo, lo spazio di un

grano quantico sottratto all'im-mensità del vuoto siderale»)racconta nella consapevolezza«che tutto quello che poteva es-sere fatto deserto è già statoraso al suolo» e che «l'unica co-sa di buono che i sopravvissutipossono fare per ravvivare ciòche è rimasto della Terra èconfidare nell'innocenza dei fi-gli che sapranno generare».Racconta «perché nulla vadaperduto di ciò che ancora re-sta»: è il suo lascito alla figliache sta per nascere. Siamo allafunzione essenziale del raccon-to, alla sua lotta perenne con-tro la morte e l'oblio.

Di qui l'importanza che vie-ne attribuita ai nomi (e ai so-prannomi, che nella culturapopolare erano ancora più im-portanti): come nel giudai-smo, nel distretto di Maggianifinché si ricorda il nome deldefunto questi non muore persempre. Di qui anche l'ingenui-tà solo apparente dell'autore,che non ha paura di passareper nostalgico cantore di un

mondo che fu o di credere nel-la possibilità di tradizione inuna società che ha smarrito lamemoria, la sostanza stessadel tempo, e pensa che a sosti-tuirla basti il catalogo elettro-nico, coi suoi cartigli senzaspessore. Scartando la lettera-tura come artificio e comecommercio, lo scrittore quirende testimonianza.

Nella testimonianza la real-tà non è certificata: è validata.Per questo c'è bisogno del rac-conto, indipendentemente dal-la sua verità storica (in unodei capitoli chiave del roman-zo si fa esplicito riferimento a

It's all true, in onore di quelprestidigitatore della verità edel falso più vero del vero chefu Orson Welles). Nonostantequello che pensano le chiese ei filosofi neorealisti, il vero ni-chilismo non è negare la veri-tà, ma rinunciare al racconto,

perché è solo questo che dà ilsenso e ci fa vivere: ogni veri-tà, anche quella religiosa, na-sce da una testimonianza.

Qui è la forza di Maggiani,testimone attendibile: per que-sto nelle sue pagine la paroladice ancora la cosa.

Lia Levi Una donna che a pocoa poco condivide il destino ebraico

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA V

LETTERA

Eco e Eliot= Alle recenticommemorazioni di RolandBarthes, Umberto Eco notavache quella sua dedicaconsueta, «En amitié fidèle»,in realtà significa «tu mi seiamico fedele, fedele a me».Frattanto, sul TLS, uscivanolettere che menzionavano unadedica forse tipica di T.S. Eliot:«Inscribed for (e qui il nome)by T. S. Eliot». Ho controllatosui Four Quartets, da luidonatomi e datato il 9.X.56.E l’ Inscribed era lì. Alberto Arbasino

CRITICA

Onofri e Scarpa= Due critici letterari,Massimo Onofri e DomenicoScarpa, danno forma divolume ai loro saggi. MassimoOnofri pubblica da AvaglianoIl secolo plurale, un profilo distoria letteraria novecentesca(pp. 307, € 16), come punto dipartenza la freudianaInterpretazione dei sogni. Daipadri (Luigi Pirandello, ItaloSvevo, Federigo Tozzi) agliAnni Trenta («Solaria edintorni»), dalle «tre corone»(Ungaretti, Montale e Saba) alneorealismo, agli AnniSettanta, per giungere fino ainostri gorni.Domenico Scarpa, perl’editore Gaffi, raccontaStorie avventurose di librinecessari (pp. 487, € 16), difortuna in infortunio, disegreto in speciale intrigo. DaCorrado Alvaro a MarioSoldati, da Domenico Rea allaDuras, da Luigi Meneghello aGiorgio Manganelli e a PrimoLevi.

Storie di guerrae povertà, di lavoroe tenacia, di passioni:il racconto come lottacontro l’oblio

Maggiani In «Meccanica celeste», il timbro di un grandenarratore popolare dell’Appennino, epicamente arcaico

Il titolo

Il titolo

ChristianFrascella

Lo scrittorecura

il suo blogchristian

frascella.word-press.com

L’annoscorso,

da Fazi,ha esordito

con il romanzo«Mia sorella

è una focamonaca»

Niente di cui stupirsi. Pao-la Mastrocola è ben notaper i suoi romanzi mor-

daci e per le sue favole stravagan-ti, ma il suo esordio - prima deldecollo con galline e lune - è lega-to alla poesia. Ora questo terzo li-bro poetico, La felicità del gal-leggiante (Guanda, pp. 166,€ 13), a distanza di dieci annidal secondo e quasi venti dal pri-mo, conferma una vocazione maisopita. Anche se per fortuna laNota finale ci esime - con licenzaaccortamente dinoccolata - dall'impaccio di stabilire precise datedi esecuzione.

A contare, infatti, non è tantola certezza dei tempi e delle mo-dalità a cui i testi appartengono,ma piuttosto la loro natura collo-quiale che si muovono entro unariconoscibile filière novecente-sca: da Gozzano (vedi, ad esem-pio, Inventare) a Caproni (vedi,tra i tanti, e L'amore per i viot-toli), senza trascurare qualchemontaliana inflessione (vedi, trale altre, Ai collezionisti di pian-te grasse o Ultime scuse).

Paola Mastrocola gioca adabbassare i toni, a contenere glieccessi, a servirsi di sponde e disordine («Ci salva/ il salto repen-tino laterale»), a inanellare mo-

menti e motivi inconsueti, a co-gliere la quiddità di figure impre-vedibilmente esemplari, a inietta-re piccole e domestiche epifaniedi cose, a maneggiare le parolecome «palline di pane».

Res familiares, vacanze,amori, affetti, amicizie, viaggi,domande provvidamente bilan-ciate o intrise di leggerissima iro-nia («A che la mia snervantescialba/ eternità di lettore?»).Contro ogni mitologia di derivemirifiche, la seria constatazione

di più modesti approdi («partia-mo per tornare»), e forse più l'elo-gio del «rimanere» che del «parti-re»: «Partire è perdere il control-lo/ sui mutamenti,/ lasciare il do-minio ad agenti ignoti,/ a qual-che iddio che smuova/ i meccani-smi immoti».

A prevalere è l'attenzione al-la dimension picciola, la consa-pevolezza di un esistere inessen-ziale («La gioia che non siamo/

niente»), «l'ironica sapienza»che lega la «distrazione del pe-sto» o l'umiltà del rimestare lapolenta (o magari la modica feli-cità del raccogliere funghi e sassidi mare) al «lato luminoso dellaluna», alla sottesa cognizione del-l’«invisibile» e del «non detto»,all'«indicibile mistero», alla «na-tura anfibia che ci salva», connet-tendo ogni umana presunzione alvolteggiare della trottola, alla«varietà casuale/ degli eventi» oalla più modesta ed emblematica«felicità del galleggiante».

Nulla, insomma, che possafar pensare a distillati sapienzia-li, ma piuttosto un filo di medita-zione che attraversa le «occasio-ni» in un'accorta e orchestratastrategia di rime, di virgole, digiochi di parola, in cui si mostra(e ritmicamente s’inarca) l'inge-nuo e dantesco desiderio «di si-gnificar la cosa»: prosa «narrati-va» del mondo della poesia, chetuttavia non si può dire «di checosa parla/ perché non parla:suona,/ e semmai/ procede perimmagini sconnesse».

Tutto questo per significarela lezione di un’ironica e amoro-sa partita che (sia pure «ad oraincerta») vale ancora e sempre lapena di giocare.

Il filo narrativo èun amore lungo 9 mesi,dal concepimentoalla nascitadi una bambina

Billo, Gorilla& C: assaltoalla banca

pp Maurizio Maggianip MECCANICA CELESTEp Feltrinelli, pp. 320, € 18

Maggiani è nato a

Castelnuovo di Magra nel

1951. Esordì nel’90 con «Vi

ho sognato tutti una volta».

Premi Campiello e Viareggio

con «Il coraggio del

pettirosso» nel 1995 ; premio

Strega con «Il viaggiatore

notturno» nel 2005.

ELENALOEWENTHAL

La parola «gentile» hanell'accezione comune un uni-co e univoco significato: l'ag-gettivo indica una forma di mi-tezza che è anche capace di sta-re al mondo. Ma per il mondoebraico questo non è il solo mo-do per usare la parola, che for-se più spesso viene intesa co-me una derivazione di «gen-te», «genti». Gentile indica, inparole povere, «appartenentea un altro popolo» ed è la tradu-zione letterale, quasi assonan-te, dell'ebraico goy. E basta unrapido sguardo al passato delpopolo d'Israele per capire co-me non di rado, anzi spesso, idue significati della parola sia-no entrati in collisione, invecedi comunicare: insomma, negliultimi duemila anni i gentili so-no stati assai poco gentili. Perquesto a volte «gentile» ha,nell'uso ebraico italiano, assun-to fra le righe una sfumatura disprezzo, di distanza diffidente.

Non è certo questo il casode La sposa gentile, l'ultimo ro-manzo di Lia Levi, già nota alpubblico italiano per vari ro-manzi, fra cui Una bambina ebasta e Tutti i giorni di tua vita.Perché Teresa, la protagoni-

sta di questa storia ebraico pie-montese, è una «gentile» che ac-coglie entrambi i significati del-la parola, e sembra quasi vivereproprio per conciliarli. La vicen-da di questo racconto sommes-so, quasi sottovoce come è unpo’ da sempre la storia degliebrei in Piemonte, si svolge tut-ta fra Saluzzo e Cuneo, con qual-che rara puntata - più per senti-to dire che di persona - nella

grande Torino. Inizia con le per-plessità di un giovanotto brillan-te che capisce di dover prende-re moglie, prima o poi. Il lettoresegue Amos Segre nel suo pigrocorteggiamento di Margherita,una buon partito e anche affasci-nante, a modo suo. Ma tutto sispezza nel momento in cui lacontadina Teresa fa il suo in-gresso nella storia, destando loscompiglio nel cuore di Amosma soprattutto in tutto ciò chelo circonda. Saranno la pazien-za di Teresa - ma anche la suapacata intelligenza -, la sua voca-zione di madre - avrà quattro fi-gli da Amos - e la sua fedeltà a ri-marginare le ferite. Fedeltà nontanto coniugale, ovviamente,quanto in un senso ben più am-pio. Perché cominciando dallacucina Teresa finisce per condi-videre il destino ebraico, senzarisparmiare nulla a se stessa.Nemmeno le leggi razziali, chearrivano più o meno quandoquesto libro finisce.

Non è difficile intravedere inquesta parabola esistenzialetracciata da Lia Levi la vicendabiblica di Rut, la donna moabitache decide di condividere la sor-te del popolo ebraico. Rut ha spo-sato un israelita giunto nella suaterra a seguito della carestia, neè rimasta ben presto vedova, maquando sua suocera decide ditornare a casa lei la accompa-gna, perché quello è ormai il suodestino. Rut troverà in TerraPromessa un altro marito, e di lìa qualche generazione da quelceppo nascerà re Davide.

Tanto l'eroina biblica quantola contadina Teresa prendonoin mano il proprio destino conmitezza, ma anche con quella de-cisione che solo l'amore è capa-ce di imprimere.

«Sette piccoli sospetti»:racconto ben costruito,meno persuade il finaleoltremodo debitoredi certi film d’azione

La ricchezza comevia alla libertà,la trasgressione comerito di passaggioverso l’età adulta

L’unica speranza èl’innocenza dei figli

Maurizio Maggiani:nel suo nuovo

romanzo«Meccanica celeste»

tutto cominciacon una notte

d’amore trail protagonista

narratoree la sua donna,

la notte dell’elezionedi Obama

alla Casa Bianca

«La felicitàdel galleggiante»:un filo di meditazionetra Gozzano e Caproni,con ironica sapienza

Paola Mastrocola

La contadinascompigliail cuore di Amos

Lia Levi

«La sposa gentile»:fra Saluzzo e Cuneo,una parabolaesistenziale che ricordala vicenda biblica di Rut

Bloc notes

pp Christian Frascellap SETTE PICCOLI SOSPETTIp Fazi, pp. 348, € 17,50

Christian Frascella è nato

nel 1973 a Torino dove vive

e lavora. Dopo il fortunato

esordio con «Mia sorella è

una foca monaca», che

presto diventerà un film,

racconta nel suo secondo

romanzo sette monelli in

fuga dalle angustie

personali e dalla noia di

Roccella, un paese del

Centritalia. Li avvolgerà

un giro di ricatti,

scommesse truccate, insidie

pedofile. Resta all’attivo,

tra tante disillusioni, lo

spirito di solidarietà che fa

emergere i loro lati

migliori, l’altruismo, un

barlume di saggezza.

Page 5: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - V - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/04 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

LORENZOMONDO

«Avevano tutti piùo meno dodici anni quan-do decisero di rapinare labanca del paese». Comin-cia così il romanzo di Chri-stian Frascella, Sette picco-li sospetti. E questo, oltre aproporre immediatamen-te il filo conduttore dellavicenda, ne segnala il tonodominante, di favolosa av-ventura, propiziato daun’ottica ancora infantile.La stessa che fa presume-re ai sette, al di là di ogniostacolo, la certezza dellariuscita in quanto risulte-rebbero insospettabili perla giovanissima età.

Non che manchino, co-me in Huck Finn, il massi-mo antesignano dei ragaz-

zi ribelli, le durezze e le di-sillusioni della vita reale.Billo, orfano di padre, vivein compagnia di donne ina-sprite dalla solitudine. Go-rilla è vittima di un fratel-lo che lo picchia e lo co-stringe a spacciare droga.Cecconi paventa di eredi-tare il mestiere ingratodei genitori, fruttivendoliabusivi. Ranacci scopreche l’ammirato padre sin-dacalista è in realtà al sol-do dei padroni. Quello, af-fettuosissimo, di Lonìcasta però morendo di can-cro. Fostelli si dibatte con

una malcerta vocazione alsacerdozio insufflata dallamadre. Ed a Coda non gioval’agiatezza garantita dal ri-gido, saccente padre avvo-cato. Una serie di figurineche spiccano nell’ambientepiuttosto incolore.

Qualcuno dei sette cercarifugio nello sport - il calcioe la boxe - praticato con de-dizione e fiducia nelle possi-bilità di carriera (i rispetti-vi incontri sono illustraticon mano esperta da Fra-scella). Ma è la progettata

rapina a trovarli uniti nelmiraggio di una ricchezzache gli schiuda un orizzon-te di libertà: dalle angustiepersonali e dalla noia diRoccella, un paese del Cen-tritalia.

La grande trasgressionerappresenta anche un in-consapevole rito di passag-gio verso l’età adulta, la pro-va di coraggio che li rendadegni delle sfuggenti com-pagne di scuola.

Incombe sulla comunitàla fosca figura del Messica-

no, uscito dal carcere (e for-se da un fumetto) dopo mi-steriosi trascorsi. Nessunosa resistere al suo sguardoinflessibile, i ragazzi davan-ti a lui sono divisi tra ammi-razione e paura. Certo van-no scoprendo che in troppigrandi, che essi intendonoemulare in modo spericola-to, covano il tradimento e lacorruzione.

L’esito fallimentare del-la rapina sembra alluso dal-la casuale citazione di Totòquale protagonista dei Soli-

ti ignoti, ma nulla di comicosi troverà nel resto del rac-conto, nel giro di ricatti,scommesse truccate, insi-die pedofile che li avvolgo-no.

Resta all’attivo, fra tantedisillusioni, lo spirito di soli-darietà che fa emergere i lo-ro lati migliori, l’altruismo,la sopportazione, un barlu-me di saggezza. Finirannoper allearsi con la parte pu-lita degli adulti (un paternotenente dei carabinieri, l’in-sospettabile Messicano)che si piegano indulgentisulle loro manchevolezze echiudono felicemente il lorogioco pericoloso.

Il racconto, ben costrui-to, sta tutto nel tono scan-zonato e ingenuo dei ragaz-zi, non compromesso dal-l’esibita, velleitaria sbocca-tezza del linguaggio. Si ap-prezza soprattutto nellaparte dedicata alla lungapreparazione della rapina,gli stratagemmi, le simula-zioni, l’acquisto di armi

inoffensive. Dove la ruvidafattualità sembra sforare atratti nel surreale.

Meno persuade la conclu-sione, che esibisce spari ebanditi veri, e appare tribu-taria, per gli eccessi e le in-verosimiglianze, di certofilm d’azione. Frascella, alsuo secondo romanzo dopoil fortunato esordio di Miasorella è una foca monaca, do-vrebbe coltivare con misu-ra la sua vena più autentica,quella che rende amabili isuoi piccoli, innocenti eroi.

Frascella Una banda di «soliti ignoti» dodicenni progettauna rapina: una scanzonata, favolosa avventura paesana

pp Lia Levip LA SPOSA GENTILEp e/o, pp.214, € 18

LA POESIAGIOVANNI TESIO

La gioia chenon siamo nientePaola Mastrocola, tra affetti,amicizie,

amori: l’elogio della dimension picciola

GIANANDREAPICCIOLI

Ci sono due scrittori,assolutamente agli antipodi,Alessandro Baricco e Mauri-zio Maggiani, postmodernoben temperato il primo, il se-condo epicamente arcaico,che se scarti generazionali enodi parentali lo consentisse-ro mi piacerebbe avere pernonni: sono entrambi grandinarratori di storie e potreiascoltarli per ore. Di Maggia-ni esce ora da Feltrinelli Mec-canica celeste, uno dei suoi libripiù felici e, per quanto mi ri-guarda, uno dei pochissimi ne-cessari di questi ultimi tempi.

Il filo narrativo principaleè semplice: una grande storiad'amore di cui si raccontano inove mesi dal concepimento,nella notte dell'elezione di Ba-rack Obama, alla nascita del-la figlia del protagonista-nar-ratore e della sua donna, dilui molto più giovane (erabambina quando, alla stazio-ne di Bologna, i suoi perserola vita nell'attentato, lui inve-ce è del '45). Attorno a quest'asse girano le storie degli abi-tanti della zona che si esten-de tra valli, montagne e ma-re, tra Garfagnana e Apuanee Versilia («il distretto», co-me la chiama l'autore). Sem-bra un momento felice di ri-scoperta dell'Appennino, conGuccini e Ferretti, e soprat-tutto con il regista Diritti:Meccanica celeste ha molte sin-tonie con L'uomo che verrà epiacerà senz'altro a chi haamato quel film.

Nell'inanellarsi delle vicen-de si va dall'attentato di Bre-sci agli eccidi compiuti da na-zisti e repubblichini, ma l'oriz-zonte temporale è quello del-la leggenda, e quindi non ci so-

no limiti cronologici e geografi-ci rigidi. E sono storie di guerrae di povertà, di passioni e di te-nacia, di bizzarrie e di creden-ze che oggi si direbbero «magi-che» ma che hanno sorretto gliuomini per generazioni. E sto-rie di lavoro: di pastori, ma an-che di artigiani e maestre, di in-tellettuali e baristi e cuoche econtadini. Di migranti che tor-nano per Natale. Con personag-

gi tutti individuatissimi, maicontemplati e descritti a tuttotondo, sempre colti di sguincio,vivi per quel che fanno, per leattività in cui si riconoscono esi realizzano. Il timbro è quellodei grandi narratori popolari,quale è ancora dato udire neiracconti dei vecchi, come bensa chiunque frequenti vallimontane marginali.

Il protagonista, felice dell'imminente paternità («Solo unpiccolissimo ingranaggio inpiù nella volta celeste (…), unacomplicazione appena calcola-bile nel movimento generaledell'universo, lo spazio di un

grano quantico sottratto all'im-mensità del vuoto siderale»)racconta nella consapevolezza«che tutto quello che poteva es-sere fatto deserto è già statoraso al suolo» e che «l'unica co-sa di buono che i sopravvissutipossono fare per ravvivare ciòche è rimasto della Terra èconfidare nell'innocenza dei fi-gli che sapranno generare».Racconta «perché nulla vadaperduto di ciò che ancora re-sta»: è il suo lascito alla figliache sta per nascere. Siamo allafunzione essenziale del raccon-to, alla sua lotta perenne con-tro la morte e l'oblio.

Di qui l'importanza che vie-ne attribuita ai nomi (e ai so-prannomi, che nella culturapopolare erano ancora più im-portanti): come nel giudai-smo, nel distretto di Maggianifinché si ricorda il nome deldefunto questi non muore persempre. Di qui anche l'ingenui-tà solo apparente dell'autore,che non ha paura di passareper nostalgico cantore di un

mondo che fu o di credere nel-la possibilità di tradizione inuna società che ha smarrito lamemoria, la sostanza stessadel tempo, e pensa che a sosti-tuirla basti il catalogo elettro-nico, coi suoi cartigli senzaspessore. Scartando la lettera-tura come artificio e comecommercio, lo scrittore quirende testimonianza.

Nella testimonianza la real-tà non è certificata: è validata.Per questo c'è bisogno del rac-conto, indipendentemente dal-la sua verità storica (in unodei capitoli chiave del roman-zo si fa esplicito riferimento a

It's all true, in onore di quelprestidigitatore della verità edel falso più vero del vero chefu Orson Welles). Nonostantequello che pensano le chiese ei filosofi neorealisti, il vero ni-chilismo non è negare la veri-tà, ma rinunciare al racconto,

perché è solo questo che dà ilsenso e ci fa vivere: ogni veri-tà, anche quella religiosa, na-sce da una testimonianza.

Qui è la forza di Maggiani,testimone attendibile: per que-sto nelle sue pagine la paroladice ancora la cosa.

Lia Levi Una donna che a pocoa poco condivide il destino ebraico

Scrittori italianiIVTuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA V

LETTERA

Eco e Eliot= Alle recenticommemorazioni di RolandBarthes, Umberto Eco notavache quella sua dedicaconsueta, «En amitié fidèle»,in realtà significa «tu mi seiamico fedele, fedele a me».Frattanto, sul TLS, uscivanolettere che menzionavano unadedica forse tipica di T.S. Eliot:«Inscribed for (e qui il nome)by T. S. Eliot». Ho controllatosui Four Quartets, da luidonatomi e datato il 9.X.56.E l’ Inscribed era lì. Alberto Arbasino

CRITICA

Onofri e Scarpa= Due critici letterari,Massimo Onofri e DomenicoScarpa, danno forma divolume ai loro saggi. MassimoOnofri pubblica da AvaglianoIl secolo plurale, un profilo distoria letteraria novecentesca(pp. 307, € 16), come punto dipartenza la freudianaInterpretazione dei sogni. Daipadri (Luigi Pirandello, ItaloSvevo, Federigo Tozzi) agliAnni Trenta («Solaria edintorni»), dalle «tre corone»(Ungaretti, Montale e Saba) alneorealismo, agli AnniSettanta, per giungere fino ainostri gorni.Domenico Scarpa, perl’editore Gaffi, raccontaStorie avventurose di librinecessari (pp. 487, € 16), difortuna in infortunio, disegreto in speciale intrigo. DaCorrado Alvaro a MarioSoldati, da Domenico Rea allaDuras, da Luigi Meneghello aGiorgio Manganelli e a PrimoLevi.

Storie di guerrae povertà, di lavoroe tenacia, di passioni:il racconto come lottacontro l’oblio

Maggiani In «Meccanica celeste», il timbro di un grandenarratore popolare dell’Appennino, epicamente arcaico

Il titolo

Il titolo

ChristianFrascella

Lo scrittorecura

il suo blogchristian

frascella.word-press.com

L’annoscorso,

da Fazi,ha esordito

con il romanzo«Mia sorella

è una focamonaca»

Niente di cui stupirsi. Pao-la Mastrocola è ben notaper i suoi romanzi mor-

daci e per le sue favole stravagan-ti, ma il suo esordio - prima deldecollo con galline e lune - è lega-to alla poesia. Ora questo terzo li-bro poetico, La felicità del gal-leggiante (Guanda, pp. 166,€ 13), a distanza di dieci annidal secondo e quasi venti dal pri-mo, conferma una vocazione maisopita. Anche se per fortuna laNota finale ci esime - con licenzaaccortamente dinoccolata - dall'impaccio di stabilire precise datedi esecuzione.

A contare, infatti, non è tantola certezza dei tempi e delle mo-dalità a cui i testi appartengono,ma piuttosto la loro natura collo-quiale che si muovono entro unariconoscibile filière novecente-sca: da Gozzano (vedi, ad esem-pio, Inventare) a Caproni (vedi,tra i tanti, e L'amore per i viot-toli), senza trascurare qualchemontaliana inflessione (vedi, trale altre, Ai collezionisti di pian-te grasse o Ultime scuse).

Paola Mastrocola gioca adabbassare i toni, a contenere glieccessi, a servirsi di sponde e disordine («Ci salva/ il salto repen-tino laterale»), a inanellare mo-

menti e motivi inconsueti, a co-gliere la quiddità di figure impre-vedibilmente esemplari, a inietta-re piccole e domestiche epifaniedi cose, a maneggiare le parolecome «palline di pane».

Res familiares, vacanze,amori, affetti, amicizie, viaggi,domande provvidamente bilan-ciate o intrise di leggerissima iro-nia («A che la mia snervantescialba/ eternità di lettore?»).Contro ogni mitologia di derivemirifiche, la seria constatazione

di più modesti approdi («partia-mo per tornare»), e forse più l'elo-gio del «rimanere» che del «parti-re»: «Partire è perdere il control-lo/ sui mutamenti,/ lasciare il do-minio ad agenti ignoti,/ a qual-che iddio che smuova/ i meccani-smi immoti».

A prevalere è l'attenzione al-la dimension picciola, la consa-pevolezza di un esistere inessen-ziale («La gioia che non siamo/

niente»), «l'ironica sapienza»che lega la «distrazione del pe-sto» o l'umiltà del rimestare lapolenta (o magari la modica feli-cità del raccogliere funghi e sassidi mare) al «lato luminoso dellaluna», alla sottesa cognizione del-l’«invisibile» e del «non detto»,all'«indicibile mistero», alla «na-tura anfibia che ci salva», connet-tendo ogni umana presunzione alvolteggiare della trottola, alla«varietà casuale/ degli eventi» oalla più modesta ed emblematica«felicità del galleggiante».

Nulla, insomma, che possafar pensare a distillati sapienzia-li, ma piuttosto un filo di medita-zione che attraversa le «occasio-ni» in un'accorta e orchestratastrategia di rime, di virgole, digiochi di parola, in cui si mostra(e ritmicamente s’inarca) l'inge-nuo e dantesco desiderio «di si-gnificar la cosa»: prosa «narrati-va» del mondo della poesia, chetuttavia non si può dire «di checosa parla/ perché non parla:suona,/ e semmai/ procede perimmagini sconnesse».

Tutto questo per significarela lezione di un’ironica e amoro-sa partita che (sia pure «ad oraincerta») vale ancora e sempre lapena di giocare.

Il filo narrativo èun amore lungo 9 mesi,dal concepimentoalla nascitadi una bambina

Billo, Gorilla& C: assaltoalla banca

pp Maurizio Maggianip MECCANICA CELESTEp Feltrinelli, pp. 320, € 18

Maggiani è nato a

Castelnuovo di Magra nel

1951. Esordì nel’90 con «Vi

ho sognato tutti una volta».

Premi Campiello e Viareggio

con «Il coraggio del

pettirosso» nel 1995 ; premio

Strega con «Il viaggiatore

notturno» nel 2005.

ELENALOEWENTHAL

La parola «gentile» hanell'accezione comune un uni-co e univoco significato: l'ag-gettivo indica una forma di mi-tezza che è anche capace di sta-re al mondo. Ma per il mondoebraico questo non è il solo mo-do per usare la parola, che for-se più spesso viene intesa co-me una derivazione di «gen-te», «genti». Gentile indica, inparole povere, «appartenentea un altro popolo» ed è la tradu-zione letterale, quasi assonan-te, dell'ebraico goy. E basta unrapido sguardo al passato delpopolo d'Israele per capire co-me non di rado, anzi spesso, idue significati della parola sia-no entrati in collisione, invecedi comunicare: insomma, negliultimi duemila anni i gentili so-no stati assai poco gentili. Perquesto a volte «gentile» ha,nell'uso ebraico italiano, assun-to fra le righe una sfumatura disprezzo, di distanza diffidente.

Non è certo questo il casode La sposa gentile, l'ultimo ro-manzo di Lia Levi, già nota alpubblico italiano per vari ro-manzi, fra cui Una bambina ebasta e Tutti i giorni di tua vita.Perché Teresa, la protagoni-

sta di questa storia ebraico pie-montese, è una «gentile» che ac-coglie entrambi i significati del-la parola, e sembra quasi vivereproprio per conciliarli. La vicen-da di questo racconto sommes-so, quasi sottovoce come è unpo’ da sempre la storia degliebrei in Piemonte, si svolge tut-ta fra Saluzzo e Cuneo, con qual-che rara puntata - più per senti-to dire che di persona - nella

grande Torino. Inizia con le per-plessità di un giovanotto brillan-te che capisce di dover prende-re moglie, prima o poi. Il lettoresegue Amos Segre nel suo pigrocorteggiamento di Margherita,una buon partito e anche affasci-nante, a modo suo. Ma tutto sispezza nel momento in cui lacontadina Teresa fa il suo in-gresso nella storia, destando loscompiglio nel cuore di Amosma soprattutto in tutto ciò chelo circonda. Saranno la pazien-za di Teresa - ma anche la suapacata intelligenza -, la sua voca-zione di madre - avrà quattro fi-gli da Amos - e la sua fedeltà a ri-marginare le ferite. Fedeltà nontanto coniugale, ovviamente,quanto in un senso ben più am-pio. Perché cominciando dallacucina Teresa finisce per condi-videre il destino ebraico, senzarisparmiare nulla a se stessa.Nemmeno le leggi razziali, chearrivano più o meno quandoquesto libro finisce.

Non è difficile intravedere inquesta parabola esistenzialetracciata da Lia Levi la vicendabiblica di Rut, la donna moabitache decide di condividere la sor-te del popolo ebraico. Rut ha spo-sato un israelita giunto nella suaterra a seguito della carestia, neè rimasta ben presto vedova, maquando sua suocera decide ditornare a casa lei la accompa-gna, perché quello è ormai il suodestino. Rut troverà in TerraPromessa un altro marito, e di lìa qualche generazione da quelceppo nascerà re Davide.

Tanto l'eroina biblica quantola contadina Teresa prendonoin mano il proprio destino conmitezza, ma anche con quella de-cisione che solo l'amore è capa-ce di imprimere.

«Sette piccoli sospetti»:racconto ben costruito,meno persuade il finaleoltremodo debitoredi certi film d’azione

La ricchezza comevia alla libertà,la trasgressione comerito di passaggioverso l’età adulta

L’unica speranza èl’innocenza dei figli

Maurizio Maggiani:nel suo nuovo

romanzo«Meccanica celeste»

tutto cominciacon una notte

d’amore trail protagonista

narratoree la sua donna,

la notte dell’elezionedi Obama

alla Casa Bianca

«La felicitàdel galleggiante»:un filo di meditazionetra Gozzano e Caproni,con ironica sapienza

Paola Mastrocola

La contadinascompigliail cuore di Amos

Lia Levi

«La sposa gentile»:fra Saluzzo e Cuneo,una parabolaesistenziale che ricordala vicenda biblica di Rut

Bloc notes

pp Christian Frascellap SETTE PICCOLI SOSPETTIp Fazi, pp. 348, € 17,50

Christian Frascella è nato

nel 1973 a Torino dove vive

e lavora. Dopo il fortunato

esordio con «Mia sorella è

una foca monaca», che

presto diventerà un film,

racconta nel suo secondo

romanzo sette monelli in

fuga dalle angustie

personali e dalla noia di

Roccella, un paese del

Centritalia. Li avvolgerà

un giro di ricatti,

scommesse truccate, insidie

pedofile. Resta all’attivo,

tra tante disillusioni, lo

spirito di solidarietà che fa

emergere i loro lati

migliori, l’altruismo, un

barlume di saggezza.

Page 6: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VI - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.14

MICHELEAINIS

Recensire un libro èsempre un'impresa complica-ta: devi tradurre in poche ri-ghe qualche centinaio di pagi-ne, col rischio d'ingannarti, fa-cendo torto ai lettori non me-no che all'autore. Ma recensi-re un libro di Cordero è pres-soché impossibile. Perché nelsuo caso i materiali sono untutt'uno con l'involucro che nesostiene il peso, con il linguag-gio usato per deporli sulla car-ta. E perché Cordero è un fu-nambolo della parola scritta,coniuga invenzioni semanti-che e fraseggi in lingue stranie-re, inanella pagine traboccan-ti d'aggettivi e citazioni colte,o più spesso d'allusioni, segna-li che si lasciano decifrare soloda palati ben addestrati, cui in-fine l'autore somministra il li-quido urticante di uno stile in-confondibile, d'una penna in-tinta nell'acido muriatico.

È la cifra di Cordero, al con-tempo giurista e romanziere,saggista e polemista. Nel suoultimo volume ne fa le speseper esempio Massimo D'Ale-ma, raffigurato come insazia-bile divoratore d'avversari in-terni (Veltroni, Prodi), peròfin troppo compiacente con gliavversari esterni. OppureFrancesco Cossiga, lo «strego-ne eversore». O ancora GianniLetta, che Cordero paragonaa von Papen, la faccia rispetta-bile del Terzo Reich.

Ecco: le analogie, i corsi ericorsi della storia. Dopotutto

nel Brodo delle undici è di questoche si tratta. Fin dal titolo, cheevoca a sua volta la scodella dibrodo propinata durante il Re-gno sabaudo ai condannati amorte, un minuto prima d'im-piccarli. Perché l'Italia non hascampo, dice Cordero. Perché èvittima d'un fascismo atavico,che non cambia pelle nel men-tre che s'alternano le facce del

potere. E perché Silvio Berlu-sconi non è che l'ultimo apostolodi questo antico vizio.

Da qui parallelismi che a mol-ti suoneranno forse un po' azzar-dati, non foss'altro perché la sto-ria non si ripete mai con la me-desima divisa. Il «patto d'accia-io» che Berlusconi dichiara conla Lega (2009), come quello si-glato fra Mussolini e Hitler(1939). Licio Gelli precursore diBerlusconi come Francesco Cri-

spi lo fu rispetto al Duce. Il lodoSchifani (2003), ossia il tentati-vo di rendere penalmente im-muni le alte cariche, come l'in-venzione del titolo di Primo Ma-resciallo dell'Impero (1938), rive-stito in condominio dal re e daMussolini. L'altro lodo, quellovarato nel 2009 su impulso delministro Alfano, occupa a suavolta una parte centrale del vo-lume, e nuovamente il giudiziodi Cordero è senza chiaroscuri.Ambedue incostituzionali, co-me d'altronde ha sentenziato laConsulta; ma sarebbe altresì in-costituzionale un terzo lodo ap-provato nella forma della leggeincostituzionale, perché il prin-cipio d'eguaglianza non ammet-te deroghe di sorta.

A questo riguardo potrem-mo obiettare che sessant'annifa i costituenti fecero spazio aun'immunità ancora più estesa,quella disegnata nel vecchio art.68, poi cancellato dopo Tangen-topoli; sarebbe forse incostitu-zionale la stessa Carta del 1947?Ma in ultimo non è su tali que-stioni il sale del volume. Sta piut-tosto in un giudizio storico, cheravvisa la nostra malattia nelmodo in cui l'Italia diventò na-zione, senza crisi politica, né reli-giosa, né sociale. Sta in un giudi-zio antropologico, dove il decli-no economico dipende dal decli-no etico, e quest'ultimo a sua vol-ta dall'eterno balletto dei corti-giani e delle corti. Sta infine inun giudizio politico, che identifi-ca il governo Berlusconi con lanotte della Repubblica italiana.Quanto siano fondati questi treverdetti, giudicherà il lettore.

Politica in vetrina

pp Carlo Gallip PERCHÉ ANCORA DESTRA E SINISTRAp Laterza, pp.88, € 9

pp Franco Corderop IL BRODO DELLE UNDICIp Bollati Boringhieri, pp. 194, € 14

Cordero La «sentenza» del giurista: l’Italia nonha scampo, vittima com’è di un fascismo atavico

pp Nicola D'Amicop STORIA E STORIE

DELLA SCUOLA ITALIANAp Zanichelli, pp. 800, € 59

IL FUMETTOALBERTO GEDDA

Eia Eia Baccalà,andiamo alle urneDal fascismo alla Repubblica con Jacovitti

che non sapeva «da che parte stare»

MARCOREVELLI

Carlo Galli non usa cer-to mezzi termini. E in questodensissimo, prezioso, breve te-sto prende apertamente posi-zione sulla vexata quaestio del-la sopravvivenza o meno dellacoppia antitetica «destra-sini-stra», dichiarandosi a favoredi essa fin dal titolo: Perché an-cora destra e sinistra (afferma-tivo, non interrogativo).

Seppur vulnerate dalla ra-dicale trasformazione dellospazio politico, minacciate da-gli effetti epocali della globa-lizzazione e della crisi delloStato-nazione, difficili da rico-noscere nella prassi politicaquotidiana, tuttavia quelle ca-tegorie conservano ancora«efficacia e significato». Ri-mangono «due modalità car-dinali della politica».

E', per molti versi, la mede-sima conclusione cui era giun-to, un quindicennio fa, Norber-to Bobbio, con il suo celebreDestra e sinistra. Ma la linea diargomentazione seguita daGalli è diversa: non l'approc-cio definitorio usato da Bobbio(l'individuazione dei valoriidentificanti, e in particolarel'antitesi tra Eguaglianza e Di-seguaglianza), ma il metodo«genealogico». La ricerca, a ri-

troso, del luogo storico-concet-tuale in cui ebbe origine la scis-sione dello spazio politico inDestra e Sinistra, qui indivi-duato con la «genesi del Mo-derno»: con la nascita di quel-la nuova visione del mondoemersa tra XVI e XVII secolo,quando entrò in crisi l'idea -propria del mondo classico epost-classico - di un Ordineumano inscritto nell'ordine diuna Natura in sé armonica, esi pose il problema, drammati-co, della costruzione artificia-le dell'Ordine per differenza ein contrapposizione al «disor-dine naturale».

In essa, convivevano instretta unità l'idea di un natu-rale disordine del mondo (lo«stato di natura» caratterizza-to dalla «guerra di tutti controtutti») e quella del suo neces-sario superamento attraversoun «artificio» (il contratto so-ciale, la costruzione dello Sta-to), secondo una concezionesempre in bilico tra «disordinecome dato e ordine come esi-genza», tra la constatazioneche «esiste una realtà minac-ciosa e instabile, lo stato di na-tura» e la necessità di «costrui-re un artificio che dia forma estabilità alla politica» (lo Sta-to, le Istituzioni).

E Destra e Sinistra non fan-no che aderire, in forma pola-rizzata ma in qualche misuracomplementare, ognuna a untermine di quella dualità: laDestra partecipando al latodell'incertezza, pericolosità e

instabilità del reale; la sinistraidentificandosi col lato proget-tuale e razionalmente ordinabi-le dell'esistente. L'una - la de-stra - facendo del carattere mi-naccioso e mai pienamente or-dinabile del reale ragione perenfatizzare il lato del discipli-namento, dell'autorità, del rap-porto verticale «comando-ob-bedienza», o dell'auto-afferma-zione dei super-uomo; l'altra,la sinistra, per cogliere nel pas-

saggio a un ordine consensua-le e umano l'occasione perl'emancipazione di ognuno e ditutti dai vincoli della disegualenatura: ciò che Galli definisce,con felice espressione, «il fiori-re delle soggettività in ugualedignità». Cioè la libertà di ogni«soggetto» di «vivere secondoquello che, nell’interpretazio-ne di ciascuno, è la pienezza».

E’ in questo senso che De-stra e Sinistra possono essere

considerate, fin alla loro gene-si, «i due modi nei quali il mo-derno si manifesta», rintrac-ciabili lungo tutto l'arco dellasuccessiva evoluzione storica.Al di là dell’infinita varietà dimodi, forme e linguaggi in cuile diverse destre e le moltepli-ci sinistre si sono manifestate.Sono esistite destre «conser-vatrici, passatiste, reaziona-rie, ma anche avanguardiste,moderniste e futuriste; autori-tarie, totalitarie ma ancheanarcoidi; statalistiche ma an-che liberiste». Allo stesso mo-do sono esistite sinistre statali-stiche o individualistiche, li-bertarie o autoritarie, sponta-neiste o organizzativiste, pau-periste o produttiviste, indu-strialiste o ecologiste, univer-saliste o differenzialiste... Maal fondo, quei due tratti con-trapposti, che rinviano in ulti-

ma istanza alla polarizzazionetra una visione umanistica-mente egualitaria (il diritto all'eguale riconoscimento della di-gnità di ogni uomo) e il rifiutodi essa in nome della necessitàdell’eccezione e della vigenzadi una «legge non umana», re-siste, come costante nel tem-po. Oltre lo stesso confine delmoderno. Trasbordando an-che nell’attuale spazio indeter-minato di una post-modernitàincompiuta.

Sono esemplari le pagine fi-nali del libro, dedicate all'Ita-lia e all'emergere di una nuova«destra post-moderna», in-treccio di mito del Capo e ditrasgressione autoritaria, diretorica dell'Ordine e di siste-matico attentato alla legalità,in cui l'eccezione elevata a re-gola si incarna nella pratica diun leader che «rende Legge lasua persona e i suoi interessiprivati, proprio mentre rendeil proprio corpo identico alTutto». Esse mostrano - nellastessa difficoltà della Sinistraa ricuperare una qualche di-stanza dall'esistente così in-carnato e a mostrare una pos-sibile emancipazione dal cini-smo e dalla ferocia delle suemanifestazioni immediate -quanto le categorie cardinalidel «moderno» continuino infondo a parlarci, pur offrendo-ci un racconto inquietante.

Carlo Galli Una coppia antititetica che resiste,i due volti del «politico», emersi tra ’500 e ’600

I TESORI DEL BIBLIOFILO

Festeggiamo la primaveracon Nonni, Verga e D’Annunzio

= Sarebbe difficile salutare la primavera conun'immagine più bella della grande xilografia a coloriFantasia dell'incisore e ceramista Francesco Nonni(Faenza 1885-1976), dove un fanciullo con ali di farfallae due fanciulle con ali di libellula e di uccello danzano inaria intrecciando rami fioriti.L'illustrazione (riprodotta qui a destra n.d.r.) èpubblicata da Cesare Ratta nel secondo fascicolo de Lamoderna xilografia italiana (1927), monumentale (49 x

68 cm) e rarissima opera, che si compone di 6 album(venduti da Pontremoli di Milano a 5.000 euro),contenenti ciascuno dalle 20 alle 30 xilografie originalidei più eminenti artisti del bulino dell'epoca. Stampatain 200 esemplari, l'opera era venduta all'epoca a 300lire; si pensi che l'altra grande fatica del Ratta, i 9 volumide Gli adornatori del libro in Italia, pubblicati tra il 1923e il 1927 in 500 esemplari (oggi proposti dai 3.000 ai5.000 euro), costavano 80 lire.Ma la primavera ha ispirato un'infinità di artisti. Eccoalcune opere reperibili sul mercato: Primavera, diGiovanni Verga, pubblicata in prima edizione nel 1877 aMilano per i tipi di Brigola (Pontremoli 450 euro inbrossura), raccoglie anche La coda del diavolo, X, Certi

argomenti, Le storie del castello di Trezza e la ristampadi Nedda, racconto che dà l'avvio al Verismo.Se per la sua rarità è del tutto improbabile trovare Sognodi un mattino di primavera di Gabriele D'Annunzio,stampato nel 1897 in 65 copie fuori commercio dallaTipografia Cooperativa Sociale di Roma, ci si puòaccontentare dell'egualmente rara edizione Treves(1899) offerta dall'olandese Antiquariaat Forum a 1.250euro. La Libreria dei Passi Perduti di Perugia offre I fiori diprimavera, con 10 cromolitografie di Tito Chelazzi(Treves 1892), a 1.100 euro. Alla stessa cifra si puòacquistare l'acquaforte Primavera di Telemaco Signorini(Taberna Libraria di Pistoia). Santo Alligo

Il giurista Franco Cordero in ritratto di Ettore Viola

Ancora un volumone trattodall'affabulante fantasiadisegnata di Franco Beni-

to Jacovitti. E' Eia Eia Baccalà,la guerra è finita (Stampa Alter-nativa/Nuovi Equilibri, pp. 180, €23) che, a cura di Goffredo Fofi eAnna Saleppichi con Gianni Bru-noro, ripropone strisce e tavole re-alizzata da Jac tra il 1940 e il1950, ovvero in anni cruciali per ilnostro Paese - dal fascismo allaResistenza, alla ricostruzione -raccontati e commentati attraver-so i suoi abituali, stralunati, perso-naggi che qui assumono persinouna caratteristica più pesante raf-figurando una parte consistentedell'Italietta pavida e genuflessa.

Non a caso Fofi si dilunga sulqualunquismo, sulla «zona gri-gia» divenuta col tempo una mag-gioranza silenziosa fortementecondizionabile. Della quale il per-

sonaggio di Battista l'ingenuo fa-scista è l'emblema: «L'ometto par-te da una convinta fede politica fa-scista in regime fascista - annotaBrunoro - per passare attraversotutte le fedi e tornare alla fine,anacronisticamente, a quella d'ori-gine, senza aver capito l'essenzadi nessuna di esse. Una pungentesatira dell'imbecillità umana».

Quando scoppia la secondaguerra mondiale Jacovitti ha 16anni e inizia a pubblicare le suestorie: il segno, naturalmente, èancora incerto, ma si presentanogià i vari ingredienti del suo mon-do caotico, zeppo di figure, detta-gli, parole. Dunque un adolescentecome milioni di altri educato all'amore per il duce che non sbagliamai e all'odio per il nemico demo-pluto-giudaico, balilla prima eavanguardista poi. E quando vie-ne il momento di scegliere da che

parte stare - con i nazifascisti ocon i partigiani - Jacovitti, comemilioni di altri, si defila nella zonagrigia che tira a campare e sfottecome può il potere. Rimpiangendoanche il «si stava meglio quando sistava peggio».

E' questo il senso che emanadalla rilettura delle tavole pubbli-cate in quegli anni di svolta e di im-pegno per molti ma non per tutti,come ci ricorda anche Jac con Pip-po, Pertica e Palla, Raimondo ilVagabondo, sulle pagine del catto-lico Il Vittorioso che aveva intuitol'importanza del fumetto per la pro-paganda. E di propaganda Jaco-vitti si occupò per i Comitati Civicirealizzando, alle elezioni del 1948,manifesti anticomunisti (lettera aTogliatti, il pugno di Mosca…) e disostegno al voto come: «L'esser libe-ro ti stanca? Vota pure schedabianca». Sempre attuale.

Specchio del Paese Storia e analisiin un ricco percorso di Nicola D’Amico

DIZIONARI

Le parole e gli «ismi»Da «Antipolitica» a «Vocazione maggioritaria», da «Doppio turno» a«Separazione dei poteri». Ritorna il «dizionario» di GianfrancoPasquino Le parole della politica (il Mulino, pp. 254, € 18): «E’opinione di chi scrive che la “transazione” italiana non sia affattofinita. (...). Dunque, è tuttora compito necessario, civile e, spero, utilecercare di spiegare le parole della politica italiana».A cura di Angelo d’Orsi, Gli ismi della politica per l’editore Viella (pp.499, e 28), 52 voci per ascoltare il presente, affidate a vari studiosi:da «azionismo» di Franco Sbarberi a «femminismo» di GiovannaSavant e Anna Maria Verna, da «pacifismo» (dello stesso D’Orsi) a«trasformismo» (di Massimo L. Salvadori).STORIA E BIOGRAFIE

Berlusconi col senno di poiCome si definirà nei libri di scuola il ciclo politico di questi ultimiquindici anni? Risponde Antonio Gibelli in Berlusconi passato allastoria, un viaggio nell’Italia «della democrazia autoritaria» (Donzelli,pp. 121, € 12,50): Gibelli spiega le radici e le componenti del successodi Forza Italia e del suo leader, la loro sintonia con un cambiod’epoca, nella società e nelle idee, i rischi della loro «democraziaautoritaria» e non intravede «per ora segnali sufficienti di erosionedel potere berlusconiano» per poter affermare la «fine di un’epoca».All’uomo di Arcore dedica una biografia (Silvio Berlusconi, Zorroeditore, pp. 382, € 18, 50) lo storico inglese Charles Higgins: «Scopodi questo libro non è sostenere la condanna o la difesa di SilvioBerlusconi (...), ma raccontare la sua vita nel modo più precisopossibile». Scudiero fedelissimo di Berlusconi, è il gentiluomopontificio Gianni Letta: a scriverne una «biografia non autorizzata»sono Giusy Arena e Filippo Barone (Editori Riuniti, pp. 279, € 15).LEADER ALL’OPPOSIZIONE

Da Pannella e Bonino a Di Pietro e GrilloTra i protagonisti della politica oggi nel campo avversario diBerlusconi: Marco Pannella, neo ottantenne, in dialogo con StefanoRolando (Le nostre storie sono i nostri orti ma anche i nostri ghetti,Bompiani, pp. 201, € 15); Emma Bonino (Alfabeto Bonino, a cura diCristina Sivieri Tagliabue, Bompiani, pp. 156, € 14); Antonio Di Pietro,le sue battaglie e proposte in Ad ogni costo ( Ponte alle Grazie, pp.189, € 14) con la prefazione di Beppe Grillo che, da Rizzoli, pubblica ilproprio manifesto, A riveder le stelle ( pp. 189, € 132);

Oggi la Sinistra sembrarassegnata all’esistentee la Destra si affidaal mito del Capo cherende Legge se stesso

Visioni opposte delrapporto tra individuoe istituzioni, anche seè difficile riconoscerlenella prassi quotidiana

GIORGIOBOATTI

Che la scuola sia lospecchio veritiero di un Paese,sono in pochi a dubitarne.L'Italia non fa eccezione. An-che se la querelle sull’istruzio-ne pre-unitaria è di quelle chenon si chiuderanno mai, tantesono le questioni e i luoghi co-muni da sfatare. Non a casoNicola D'Amico nella sua Sto-ria e storie della scuola italiana.Dalle origini ai nostri giorni, af-fresco imprescindibile per ric-chezza di documentazione, fi-nezza di analisi ed efficacia diricostruzione, parte propriodalla diversificazione territo-riale, così marcata prima delRegno d'Italia, anche sul fron-te dell’istruzione.

E’ un’Italia pre-unitaria do-ve, è bene rammentarlo, il 44per cento dei bimbi non supe-ra la soglia di una scuola - am-messo che ce ne siano di dispo-nibili - perché non arriva ai cin-que anni di vita. Certo, nelLombardo-Veneto l'ammini-strazione austriaca ha valoriz-zato la scuola e infatti nella pri-ma metà dell’Ottocento il tas-so di scolarità in una città co-me Bergamo è del 61 % rispet-to al 12% di Napoli. Percentua-le, quest’ultima, da prenderecon le pinze perché spesso le

scuole, nella capitale dei Borbo-ni, sono una rappresentazionefugace che, per mancanza di ri-sorse, fa presto a svaporare. Aquesti fuggevoli entusiasmi fa ri-

ferimento il Leopardi quando,ospite a Napoli del suo amicoRanieri, nota che: «Piazze, porti-ci e vie per molti dì/non d'altrorisonar che d'a, b, c...».

Dalle parti di Torino, sottoun Carlo Felice ben indottrinatodalla generosa marchesa GiuliaFalletti, la scolarità va meglio: èdel 45%. Però basta scendere aGenova per vederla calare al 26

mentre in Sardegna, dimentica-ta propaggine del regno dei Sa-voia, tracolla al 9. Nell’Italia ot-tocentesca non mancano anchestereotipi che si smentiscono.Ad esempio nella Roma papali-na ritenuta, quanto a dinami-smo dell’istruzione, un assolutofanalino di coda, i «piemontesi»scoprono, appena arrivati, chevi sono attive e ben funzionanti45 scuole serali per operai e 55scuole tecniche commerciali.

Tutta questa variegazioneterritoriale peserà non poco sul-l’assetto dei vari ordini del-l’istruzione - dalle primarie alle18 università del nuovo Regno -su cui i governi cercheranno dipilotare l’istruzione per quelche possono. Ovviamente nonc'è ministro dell’Istruzione chenon abbia ambìto durante il suoincarico a riformare la scuolaitaliana. D’Amico dimostra co-

me siano davvero pochi quelliche vi lasciano un segno.

Oltre al De Sanctis, cheestende l'ordinamento Casatidella pubblica istruzione del Re-gno di Sardegna all'intera peni-sola, sono da annoverare Coppi-no e Credaro che stabilisconol'obbligo scolastico, la statalizza-zione delle elementari e le basidel Liceo su cui inciderà poi Gen-tile, con la sua riforma delle su-periori. Per trovare qualcosa diparagonabile durante la Repub-blica occorre giungere al tan-dem Fanfani-Gui che nel 1962crea la Scuola media unica.

Poi è tutto un susseguirsi diinterventi parziali, un aggiu-sta e ripara, abroga e introdu-ci, che fa dell’istruzione uncantiere polveroso dalle pochee definitive messe in opera madalle molte macerie. Quelle incui studenti, insegnanti e fami-

glie hanno spesso l'impressio-ne di inciampare.

Perché - come emerge dallepagine di D'Amico - la scuola èuna semina a raccolto assai dif-ferito per chi governa e per l'in-tero Paese. Momenti crucialidella vita nazionale lo dimostra-no. Nel 1918 ad esempio Luigi Ei-naudi scrive sul Corriere della Se-ra che: «La cosa più benigna chesi possa dire della scuola italia-na è che essa è stata assente nelperiodo in cui si formava la ge-nerazione che ora combatte...».Vale a dire gli analfabeti di fatto,incapaci di capire segnali e istru-zioni degli ufficiali e di compren-dere l'italiano: tra di essi si anno-vera buona parte dei seicento-cinquanta mila caduti dellaGrande Guerra.

I baby-boomers che stannoandando in pensione adesso so-no stati certo più fortunati. Ap-partengono alla generazione, lapiù favorita dalla sorte in un se-colo e mezzo di Italia unita, figliadella riforma della media unicadel 1962. E’ la scuola che ha ri-modellato la nazione. Facendo-ne - assieme alla televisione - ilPaese che ora siamo. Solo che,allora, la Tv assomigliava allascuola. Non voleva seminare eraccogliere - come la Tv attuale- nella stessa stagione.

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MODE E PERSONE CHE RESTANO

Dai jeans alle canzoni di Minatutti i nostri «intramontabili»= Che cos’è un classico? Lo sappiamo: un libro che rimanenel tempo, resiste alla storia, magari adattandosi a nuoveepoche. Sì, ma oggi «classico» è anche un modo di dire cheindica fenomeni più vasti, non solo relativi ai libri ma, inpotenza, a qualsiasi altro segno o linguaggio della culturamediatica. Classici sono i jeans e le canzoni di Mina (buoncompleanno...), i film con Peter Sellers o la 500, un divano deldesign italiano Anni 50 o una borsetta di Courrèges. I mediahanno i loro miti (non a caso si dice anche «mitico»), sui quali

occorre un pensiero critico che li spieghi. Da qui il nuovo librodi Patrizia Calefato Gli intramontabili. Mode, persone,oggetti che restano (Meltemi, pp. 191, € 18), che si pone ladomanda: come mai, nel flusso bruciante dei cambiamentidi moda, emergono persone, oggetti, immagini che restanocome fermi nel tempo, resistono a ogni nuovo trend oritornano magari sotto nuove spoglie, anche come semplicema ininterrotta citazione? A dispetto di molti interpretidell’attualità, che liquidificano tutto, ci sono ancora cose chemantengono uno stato solido, e forse proprio per questo ciprocurano immenso piacere. Sembra insomma che, mentre ipiù rincorrono un triste dandismo di massa, esistanosoluzioni alternative alla moda della moda. Le pratichesempre più frequenti del riuso, del riciclo, del patchwork, del

vintage, permettono l'emergere di una nuova etica deiconsumi. A cadere, secondo questa prospettiva, è propriol'idea stessa di un logoramento delle cose, di quella lorosupposta inevitabile usura che ci costringeva a gettarle viaper ricomprarne di nuove. Così, per nulla paradossalmente, illusso estremo incontra la neo-frugalità: entrambi rifiutano ilpacchiano, l'esibizione della griffe, lo spreco fine a se stesso.L'evergreen, l'intramontabile piccolo classico che permea lavita quotidiana finisce per fare da battistrada a questioni benpiù radicali come la sostenibilità ambientale o la salvaguardiadel pianeta. Dietro la fascinazione per i tubini neri di AudreyHepburn potrebbe nascondersi un rinnovato rispetto per lecose e soprattutto per le persone. Gianfranco Marrone

E’ servita l’ultimascodella di brodo

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA VII

Fra corti e cortigiani,fra corsi e ricorsidella storia, con alcuniparallelismi cherisultano azzardati

Destra e sinistrapari non sono

Ormai la scuolaassomigliaalla televisione

Dall’800 a oggi, pochevere riforme e moltiaggiustamenti per avererisultati immediati,senza pensare al domani

Una vignetta di Altan (da «L’Italia di Cipputi», Mondadori 2005)

Disegni di Jacovitti da «Eia eia,baccalà»: a sin. e qui sopra due

manifesti elettorali per i Comitaticivici; in alto Battista l’ingenuo

fascista e Raimondo il vagabondo

Francesco De Sanctis, ministrodell’Istruzione con Cavour e Ricasoli

Mina, 70 anni evergreen

«Pippo e il dittatore» di Jacovitti

Page 7: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VII - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/06 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.15

MICHELEAINIS

Recensire un libro èsempre un'impresa complica-ta: devi tradurre in poche ri-ghe qualche centinaio di pagi-ne, col rischio d'ingannarti, fa-cendo torto ai lettori non me-no che all'autore. Ma recensi-re un libro di Cordero è pres-soché impossibile. Perché nelsuo caso i materiali sono untutt'uno con l'involucro che nesostiene il peso, con il linguag-gio usato per deporli sulla car-ta. E perché Cordero è un fu-nambolo della parola scritta,coniuga invenzioni semanti-che e fraseggi in lingue stranie-re, inanella pagine traboccan-ti d'aggettivi e citazioni colte,o più spesso d'allusioni, segna-li che si lasciano decifrare soloda palati ben addestrati, cui in-fine l'autore somministra il li-quido urticante di uno stile in-confondibile, d'una penna in-tinta nell'acido muriatico.

È la cifra di Cordero, al con-tempo giurista e romanziere,saggista e polemista. Nel suoultimo volume ne fa le speseper esempio Massimo D'Ale-ma, raffigurato come insazia-bile divoratore d'avversari in-terni (Veltroni, Prodi), peròfin troppo compiacente con gliavversari esterni. OppureFrancesco Cossiga, lo «strego-ne eversore». O ancora GianniLetta, che Cordero paragonaa von Papen, la faccia rispetta-bile del Terzo Reich.

Ecco: le analogie, i corsi ericorsi della storia. Dopotutto

nel Brodo delle undici è di questoche si tratta. Fin dal titolo, cheevoca a sua volta la scodella dibrodo propinata durante il Re-gno sabaudo ai condannati amorte, un minuto prima d'im-piccarli. Perché l'Italia non hascampo, dice Cordero. Perché èvittima d'un fascismo atavico,che non cambia pelle nel men-tre che s'alternano le facce del

potere. E perché Silvio Berlu-sconi non è che l'ultimo apostolodi questo antico vizio.

Da qui parallelismi che a mol-ti suoneranno forse un po' azzar-dati, non foss'altro perché la sto-ria non si ripete mai con la me-desima divisa. Il «patto d'accia-io» che Berlusconi dichiara conla Lega (2009), come quello si-glato fra Mussolini e Hitler(1939). Licio Gelli precursore diBerlusconi come Francesco Cri-

spi lo fu rispetto al Duce. Il lodoSchifani (2003), ossia il tentati-vo di rendere penalmente im-muni le alte cariche, come l'in-venzione del titolo di Primo Ma-resciallo dell'Impero (1938), rive-stito in condominio dal re e daMussolini. L'altro lodo, quellovarato nel 2009 su impulso delministro Alfano, occupa a suavolta una parte centrale del vo-lume, e nuovamente il giudiziodi Cordero è senza chiaroscuri.Ambedue incostituzionali, co-me d'altronde ha sentenziato laConsulta; ma sarebbe altresì in-costituzionale un terzo lodo ap-provato nella forma della leggeincostituzionale, perché il prin-cipio d'eguaglianza non ammet-te deroghe di sorta.

A questo riguardo potrem-mo obiettare che sessant'annifa i costituenti fecero spazio aun'immunità ancora più estesa,quella disegnata nel vecchio art.68, poi cancellato dopo Tangen-topoli; sarebbe forse incostitu-zionale la stessa Carta del 1947?Ma in ultimo non è su tali que-stioni il sale del volume. Sta piut-tosto in un giudizio storico, cheravvisa la nostra malattia nelmodo in cui l'Italia diventò na-zione, senza crisi politica, né reli-giosa, né sociale. Sta in un giudi-zio antropologico, dove il decli-no economico dipende dal decli-no etico, e quest'ultimo a sua vol-ta dall'eterno balletto dei corti-giani e delle corti. Sta infine inun giudizio politico, che identifi-ca il governo Berlusconi con lanotte della Repubblica italiana.Quanto siano fondati questi treverdetti, giudicherà il lettore.

Politica in vetrina

pp Carlo Gallip PERCHÉ ANCORA DESTRA E SINISTRAp Laterza, pp.88, € 9

pp Franco Corderop IL BRODO DELLE UNDICIp Bollati Boringhieri, pp. 194, € 14

Cordero La «sentenza» del giurista: l’Italia nonha scampo, vittima com’è di un fascismo atavico

pp Nicola D'Amicop STORIA E STORIE

DELLA SCUOLA ITALIANAp Zanichelli, pp. 800, € 59

IL FUMETTOALBERTO GEDDA

Eia Eia Baccalà,andiamo alle urneDal fascismo alla Repubblica con Jacovitti

che non sapeva «da che parte stare»

MARCOREVELLI

Carlo Galli non usa cer-to mezzi termini. E in questodensissimo, prezioso, breve te-sto prende apertamente posi-zione sulla vexata quaestio del-la sopravvivenza o meno dellacoppia antitetica «destra-sini-stra», dichiarandosi a favoredi essa fin dal titolo: Perché an-cora destra e sinistra (afferma-tivo, non interrogativo).

Seppur vulnerate dalla ra-dicale trasformazione dellospazio politico, minacciate da-gli effetti epocali della globa-lizzazione e della crisi delloStato-nazione, difficili da rico-noscere nella prassi politicaquotidiana, tuttavia quelle ca-tegorie conservano ancora«efficacia e significato». Ri-mangono «due modalità car-dinali della politica».

E', per molti versi, la mede-sima conclusione cui era giun-to, un quindicennio fa, Norber-to Bobbio, con il suo celebreDestra e sinistra. Ma la linea diargomentazione seguita daGalli è diversa: non l'approc-cio definitorio usato da Bobbio(l'individuazione dei valoriidentificanti, e in particolarel'antitesi tra Eguaglianza e Di-seguaglianza), ma il metodo«genealogico». La ricerca, a ri-

troso, del luogo storico-concet-tuale in cui ebbe origine la scis-sione dello spazio politico inDestra e Sinistra, qui indivi-duato con la «genesi del Mo-derno»: con la nascita di quel-la nuova visione del mondoemersa tra XVI e XVII secolo,quando entrò in crisi l'idea -propria del mondo classico epost-classico - di un Ordineumano inscritto nell'ordine diuna Natura in sé armonica, esi pose il problema, drammati-co, della costruzione artificia-le dell'Ordine per differenza ein contrapposizione al «disor-dine naturale».

In essa, convivevano instretta unità l'idea di un natu-rale disordine del mondo (lo«stato di natura» caratterizza-to dalla «guerra di tutti controtutti») e quella del suo neces-sario superamento attraversoun «artificio» (il contratto so-ciale, la costruzione dello Sta-to), secondo una concezionesempre in bilico tra «disordinecome dato e ordine come esi-genza», tra la constatazioneche «esiste una realtà minac-ciosa e instabile, lo stato di na-tura» e la necessità di «costrui-re un artificio che dia forma estabilità alla politica» (lo Sta-to, le Istituzioni).

E Destra e Sinistra non fan-no che aderire, in forma pola-rizzata ma in qualche misuracomplementare, ognuna a untermine di quella dualità: laDestra partecipando al latodell'incertezza, pericolosità e

instabilità del reale; la sinistraidentificandosi col lato proget-tuale e razionalmente ordinabi-le dell'esistente. L'una - la de-stra - facendo del carattere mi-naccioso e mai pienamente or-dinabile del reale ragione perenfatizzare il lato del discipli-namento, dell'autorità, del rap-porto verticale «comando-ob-bedienza», o dell'auto-afferma-zione dei super-uomo; l'altra,la sinistra, per cogliere nel pas-

saggio a un ordine consensua-le e umano l'occasione perl'emancipazione di ognuno e ditutti dai vincoli della disegualenatura: ciò che Galli definisce,con felice espressione, «il fiori-re delle soggettività in ugualedignità». Cioè la libertà di ogni«soggetto» di «vivere secondoquello che, nell’interpretazio-ne di ciascuno, è la pienezza».

E’ in questo senso che De-stra e Sinistra possono essere

considerate, fin alla loro gene-si, «i due modi nei quali il mo-derno si manifesta», rintrac-ciabili lungo tutto l'arco dellasuccessiva evoluzione storica.Al di là dell’infinita varietà dimodi, forme e linguaggi in cuile diverse destre e le moltepli-ci sinistre si sono manifestate.Sono esistite destre «conser-vatrici, passatiste, reaziona-rie, ma anche avanguardiste,moderniste e futuriste; autori-tarie, totalitarie ma ancheanarcoidi; statalistiche ma an-che liberiste». Allo stesso mo-do sono esistite sinistre statali-stiche o individualistiche, li-bertarie o autoritarie, sponta-neiste o organizzativiste, pau-periste o produttiviste, indu-strialiste o ecologiste, univer-saliste o differenzialiste... Maal fondo, quei due tratti con-trapposti, che rinviano in ulti-

ma istanza alla polarizzazionetra una visione umanistica-mente egualitaria (il diritto all'eguale riconoscimento della di-gnità di ogni uomo) e il rifiutodi essa in nome della necessitàdell’eccezione e della vigenzadi una «legge non umana», re-siste, come costante nel tem-po. Oltre lo stesso confine delmoderno. Trasbordando an-che nell’attuale spazio indeter-minato di una post-modernitàincompiuta.

Sono esemplari le pagine fi-nali del libro, dedicate all'Ita-lia e all'emergere di una nuova«destra post-moderna», in-treccio di mito del Capo e ditrasgressione autoritaria, diretorica dell'Ordine e di siste-matico attentato alla legalità,in cui l'eccezione elevata a re-gola si incarna nella pratica diun leader che «rende Legge lasua persona e i suoi interessiprivati, proprio mentre rendeil proprio corpo identico alTutto». Esse mostrano - nellastessa difficoltà della Sinistraa ricuperare una qualche di-stanza dall'esistente così in-carnato e a mostrare una pos-sibile emancipazione dal cini-smo e dalla ferocia delle suemanifestazioni immediate -quanto le categorie cardinalidel «moderno» continuino infondo a parlarci, pur offrendo-ci un racconto inquietante.

Carlo Galli Una coppia antititetica che resiste,i due volti del «politico», emersi tra ’500 e ’600

I TESORI DEL BIBLIOFILO

Festeggiamo la primaveracon Nonni, Verga e D’Annunzio

= Sarebbe difficile salutare la primavera conun'immagine più bella della grande xilografia a coloriFantasia dell'incisore e ceramista Francesco Nonni(Faenza 1885-1976), dove un fanciullo con ali di farfallae due fanciulle con ali di libellula e di uccello danzano inaria intrecciando rami fioriti.L'illustrazione (riprodotta qui a destra n.d.r.) èpubblicata da Cesare Ratta nel secondo fascicolo de Lamoderna xilografia italiana (1927), monumentale (49 x

68 cm) e rarissima opera, che si compone di 6 album(venduti da Pontremoli di Milano a 5.000 euro),contenenti ciascuno dalle 20 alle 30 xilografie originalidei più eminenti artisti del bulino dell'epoca. Stampatain 200 esemplari, l'opera era venduta all'epoca a 300lire; si pensi che l'altra grande fatica del Ratta, i 9 volumide Gli adornatori del libro in Italia, pubblicati tra il 1923e il 1927 in 500 esemplari (oggi proposti dai 3.000 ai5.000 euro), costavano 80 lire.Ma la primavera ha ispirato un'infinità di artisti. Eccoalcune opere reperibili sul mercato: Primavera, diGiovanni Verga, pubblicata in prima edizione nel 1877 aMilano per i tipi di Brigola (Pontremoli 450 euro inbrossura), raccoglie anche La coda del diavolo, X, Certi

argomenti, Le storie del castello di Trezza e la ristampadi Nedda, racconto che dà l'avvio al Verismo.Se per la sua rarità è del tutto improbabile trovare Sognodi un mattino di primavera di Gabriele D'Annunzio,stampato nel 1897 in 65 copie fuori commercio dallaTipografia Cooperativa Sociale di Roma, ci si puòaccontentare dell'egualmente rara edizione Treves(1899) offerta dall'olandese Antiquariaat Forum a 1.250euro. La Libreria dei Passi Perduti di Perugia offre I fiori diprimavera, con 10 cromolitografie di Tito Chelazzi(Treves 1892), a 1.100 euro. Alla stessa cifra si puòacquistare l'acquaforte Primavera di Telemaco Signorini(Taberna Libraria di Pistoia). Santo Alligo

Il giurista Franco Cordero in ritratto di Ettore Viola

Ancora un volumone trattodall'affabulante fantasiadisegnata di Franco Beni-

to Jacovitti. E' Eia Eia Baccalà,la guerra è finita (Stampa Alter-nativa/Nuovi Equilibri, pp. 180, €23) che, a cura di Goffredo Fofi eAnna Saleppichi con Gianni Bru-noro, ripropone strisce e tavole re-alizzata da Jac tra il 1940 e il1950, ovvero in anni cruciali per ilnostro Paese - dal fascismo allaResistenza, alla ricostruzione -raccontati e commentati attraver-so i suoi abituali, stralunati, perso-naggi che qui assumono persinouna caratteristica più pesante raf-figurando una parte consistentedell'Italietta pavida e genuflessa.

Non a caso Fofi si dilunga sulqualunquismo, sulla «zona gri-gia» divenuta col tempo una mag-gioranza silenziosa fortementecondizionabile. Della quale il per-

sonaggio di Battista l'ingenuo fa-scista è l'emblema: «L'ometto par-te da una convinta fede politica fa-scista in regime fascista - annotaBrunoro - per passare attraversotutte le fedi e tornare alla fine,anacronisticamente, a quella d'ori-gine, senza aver capito l'essenzadi nessuna di esse. Una pungentesatira dell'imbecillità umana».

Quando scoppia la secondaguerra mondiale Jacovitti ha 16anni e inizia a pubblicare le suestorie: il segno, naturalmente, èancora incerto, ma si presentanogià i vari ingredienti del suo mon-do caotico, zeppo di figure, detta-gli, parole. Dunque un adolescentecome milioni di altri educato all'amore per il duce che non sbagliamai e all'odio per il nemico demo-pluto-giudaico, balilla prima eavanguardista poi. E quando vie-ne il momento di scegliere da che

parte stare - con i nazifascisti ocon i partigiani - Jacovitti, comemilioni di altri, si defila nella zonagrigia che tira a campare e sfottecome può il potere. Rimpiangendoanche il «si stava meglio quando sistava peggio».

E' questo il senso che emanadalla rilettura delle tavole pubbli-cate in quegli anni di svolta e di im-pegno per molti ma non per tutti,come ci ricorda anche Jac con Pip-po, Pertica e Palla, Raimondo ilVagabondo, sulle pagine del catto-lico Il Vittorioso che aveva intuitol'importanza del fumetto per la pro-paganda. E di propaganda Jaco-vitti si occupò per i Comitati Civicirealizzando, alle elezioni del 1948,manifesti anticomunisti (lettera aTogliatti, il pugno di Mosca…) e disostegno al voto come: «L'esser libe-ro ti stanca? Vota pure schedabianca». Sempre attuale.

Specchio del Paese Storia e analisiin un ricco percorso di Nicola D’Amico

DIZIONARI

Le parole e gli «ismi»Da «Antipolitica» a «Vocazione maggioritaria», da «Doppio turno» a«Separazione dei poteri». Ritorna il «dizionario» di GianfrancoPasquino Le parole della politica (il Mulino, pp. 254, € 18): «E’opinione di chi scrive che la “transazione” italiana non sia affattofinita. (...). Dunque, è tuttora compito necessario, civile e, spero, utilecercare di spiegare le parole della politica italiana».A cura di Angelo d’Orsi, Gli ismi della politica per l’editore Viella (pp.499, e 28), 52 voci per ascoltare il presente, affidate a vari studiosi:da «azionismo» di Franco Sbarberi a «femminismo» di GiovannaSavant e Anna Maria Verna, da «pacifismo» (dello stesso D’Orsi) a«trasformismo» (di Massimo L. Salvadori).STORIA E BIOGRAFIE

Berlusconi col senno di poiCome si definirà nei libri di scuola il ciclo politico di questi ultimiquindici anni? Risponde Antonio Gibelli in Berlusconi passato allastoria, un viaggio nell’Italia «della democrazia autoritaria» (Donzelli,pp. 121, € 12,50): Gibelli spiega le radici e le componenti del successodi Forza Italia e del suo leader, la loro sintonia con un cambiod’epoca, nella società e nelle idee, i rischi della loro «democraziaautoritaria» e non intravede «per ora segnali sufficienti di erosionedel potere berlusconiano» per poter affermare la «fine di un’epoca».All’uomo di Arcore dedica una biografia (Silvio Berlusconi, Zorroeditore, pp. 382, € 18, 50) lo storico inglese Charles Higgins: «Scopodi questo libro non è sostenere la condanna o la difesa di SilvioBerlusconi (...), ma raccontare la sua vita nel modo più precisopossibile». Scudiero fedelissimo di Berlusconi, è il gentiluomopontificio Gianni Letta: a scriverne una «biografia non autorizzata»sono Giusy Arena e Filippo Barone (Editori Riuniti, pp. 279, € 15).LEADER ALL’OPPOSIZIONE

Da Pannella e Bonino a Di Pietro e GrilloTra i protagonisti della politica oggi nel campo avversario diBerlusconi: Marco Pannella, neo ottantenne, in dialogo con StefanoRolando (Le nostre storie sono i nostri orti ma anche i nostri ghetti,Bompiani, pp. 201, € 15); Emma Bonino (Alfabeto Bonino, a cura diCristina Sivieri Tagliabue, Bompiani, pp. 156, € 14); Antonio Di Pietro,le sue battaglie e proposte in Ad ogni costo ( Ponte alle Grazie, pp.189, € 14) con la prefazione di Beppe Grillo che, da Rizzoli, pubblica ilproprio manifesto, A riveder le stelle ( pp. 189, € 132);

Oggi la Sinistra sembrarassegnata all’esistentee la Destra si affidaal mito del Capo cherende Legge se stesso

Visioni opposte delrapporto tra individuoe istituzioni, anche seè difficile riconoscerlenella prassi quotidiana

GIORGIOBOATTI

Che la scuola sia lospecchio veritiero di un Paese,sono in pochi a dubitarne.L'Italia non fa eccezione. An-che se la querelle sull’istruzio-ne pre-unitaria è di quelle chenon si chiuderanno mai, tantesono le questioni e i luoghi co-muni da sfatare. Non a casoNicola D'Amico nella sua Sto-ria e storie della scuola italiana.Dalle origini ai nostri giorni, af-fresco imprescindibile per ric-chezza di documentazione, fi-nezza di analisi ed efficacia diricostruzione, parte propriodalla diversificazione territo-riale, così marcata prima delRegno d'Italia, anche sul fron-te dell’istruzione.

E’ un’Italia pre-unitaria do-ve, è bene rammentarlo, il 44per cento dei bimbi non supe-ra la soglia di una scuola - am-messo che ce ne siano di dispo-nibili - perché non arriva ai cin-que anni di vita. Certo, nelLombardo-Veneto l'ammini-strazione austriaca ha valoriz-zato la scuola e infatti nella pri-ma metà dell’Ottocento il tas-so di scolarità in una città co-me Bergamo è del 61 % rispet-to al 12% di Napoli. Percentua-le, quest’ultima, da prenderecon le pinze perché spesso le

scuole, nella capitale dei Borbo-ni, sono una rappresentazionefugace che, per mancanza di ri-sorse, fa presto a svaporare. Aquesti fuggevoli entusiasmi fa ri-

ferimento il Leopardi quando,ospite a Napoli del suo amicoRanieri, nota che: «Piazze, porti-ci e vie per molti dì/non d'altrorisonar che d'a, b, c...».

Dalle parti di Torino, sottoun Carlo Felice ben indottrinatodalla generosa marchesa GiuliaFalletti, la scolarità va meglio: èdel 45%. Però basta scendere aGenova per vederla calare al 26

mentre in Sardegna, dimentica-ta propaggine del regno dei Sa-voia, tracolla al 9. Nell’Italia ot-tocentesca non mancano anchestereotipi che si smentiscono.Ad esempio nella Roma papali-na ritenuta, quanto a dinami-smo dell’istruzione, un assolutofanalino di coda, i «piemontesi»scoprono, appena arrivati, chevi sono attive e ben funzionanti45 scuole serali per operai e 55scuole tecniche commerciali.

Tutta questa variegazioneterritoriale peserà non poco sul-l’assetto dei vari ordini del-l’istruzione - dalle primarie alle18 università del nuovo Regno -su cui i governi cercheranno dipilotare l’istruzione per quelche possono. Ovviamente nonc'è ministro dell’Istruzione chenon abbia ambìto durante il suoincarico a riformare la scuolaitaliana. D’Amico dimostra co-

me siano davvero pochi quelliche vi lasciano un segno.

Oltre al De Sanctis, cheestende l'ordinamento Casatidella pubblica istruzione del Re-gno di Sardegna all'intera peni-sola, sono da annoverare Coppi-no e Credaro che stabilisconol'obbligo scolastico, la statalizza-zione delle elementari e le basidel Liceo su cui inciderà poi Gen-tile, con la sua riforma delle su-periori. Per trovare qualcosa diparagonabile durante la Repub-blica occorre giungere al tan-dem Fanfani-Gui che nel 1962crea la Scuola media unica.

Poi è tutto un susseguirsi diinterventi parziali, un aggiu-sta e ripara, abroga e introdu-ci, che fa dell’istruzione uncantiere polveroso dalle pochee definitive messe in opera madalle molte macerie. Quelle incui studenti, insegnanti e fami-

glie hanno spesso l'impressio-ne di inciampare.

Perché - come emerge dallepagine di D'Amico - la scuola èuna semina a raccolto assai dif-ferito per chi governa e per l'in-tero Paese. Momenti crucialidella vita nazionale lo dimostra-no. Nel 1918 ad esempio Luigi Ei-naudi scrive sul Corriere della Se-ra che: «La cosa più benigna chesi possa dire della scuola italia-na è che essa è stata assente nelperiodo in cui si formava la ge-nerazione che ora combatte...».Vale a dire gli analfabeti di fatto,incapaci di capire segnali e istru-zioni degli ufficiali e di compren-dere l'italiano: tra di essi si anno-vera buona parte dei seicento-cinquanta mila caduti dellaGrande Guerra.

I baby-boomers che stannoandando in pensione adesso so-no stati certo più fortunati. Ap-partengono alla generazione, lapiù favorita dalla sorte in un se-colo e mezzo di Italia unita, figliadella riforma della media unicadel 1962. E’ la scuola che ha ri-modellato la nazione. Facendo-ne - assieme alla televisione - ilPaese che ora siamo. Solo che,allora, la Tv assomigliava allascuola. Non voleva seminare eraccogliere - come la Tv attuale- nella stessa stagione.

[email protected]

MODE E PERSONE CHE RESTANO

Dai jeans alle canzoni di Minatutti i nostri «intramontabili»= Che cos’è un classico? Lo sappiamo: un libro che rimanenel tempo, resiste alla storia, magari adattandosi a nuoveepoche. Sì, ma oggi «classico» è anche un modo di dire cheindica fenomeni più vasti, non solo relativi ai libri ma, inpotenza, a qualsiasi altro segno o linguaggio della culturamediatica. Classici sono i jeans e le canzoni di Mina (buoncompleanno...), i film con Peter Sellers o la 500, un divano deldesign italiano Anni 50 o una borsetta di Courrèges. I mediahanno i loro miti (non a caso si dice anche «mitico»), sui quali

occorre un pensiero critico che li spieghi. Da qui il nuovo librodi Patrizia Calefato Gli intramontabili. Mode, persone,oggetti che restano (Meltemi, pp. 191, € 18), che si pone ladomanda: come mai, nel flusso bruciante dei cambiamentidi moda, emergono persone, oggetti, immagini che restanocome fermi nel tempo, resistono a ogni nuovo trend oritornano magari sotto nuove spoglie, anche come semplicema ininterrotta citazione? A dispetto di molti interpretidell’attualità, che liquidificano tutto, ci sono ancora cose chemantengono uno stato solido, e forse proprio per questo ciprocurano immenso piacere. Sembra insomma che, mentre ipiù rincorrono un triste dandismo di massa, esistanosoluzioni alternative alla moda della moda. Le pratichesempre più frequenti del riuso, del riciclo, del patchwork, del

vintage, permettono l'emergere di una nuova etica deiconsumi. A cadere, secondo questa prospettiva, è propriol'idea stessa di un logoramento delle cose, di quella lorosupposta inevitabile usura che ci costringeva a gettarle viaper ricomprarne di nuove. Così, per nulla paradossalmente, illusso estremo incontra la neo-frugalità: entrambi rifiutano ilpacchiano, l'esibizione della griffe, lo spreco fine a se stesso.L'evergreen, l'intramontabile piccolo classico che permea lavita quotidiana finisce per fare da battistrada a questioni benpiù radicali come la sostenibilità ambientale o la salvaguardiadel pianeta. Dietro la fascinazione per i tubini neri di AudreyHepburn potrebbe nascondersi un rinnovato rispetto per lecose e soprattutto per le persone. Gianfranco Marrone

E’ servita l’ultimascodella di brodo

Idee e societàVITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA VII

Fra corti e cortigiani,fra corsi e ricorsidella storia, con alcuniparallelismi cherisultano azzardati

Destra e sinistrapari non sono

Ormai la scuolaassomigliaalla televisione

Dall’800 a oggi, pochevere riforme e moltiaggiustamenti per avererisultati immediati,senza pensare al domani

Una vignetta di Altan (da «L’Italia di Cipputi», Mondadori 2005)

Disegni di Jacovitti da «Eia eia,baccalà»: a sin. e qui sopra due

manifesti elettorali per i Comitaticivici; in alto Battista l’ingenuo

fascista e Raimondo il vagabondo

Francesco De Sanctis, ministrodell’Istruzione con Cavour e Ricasoli

Mina, 70 anni evergreen

«Pippo e il dittatore» di Jacovitti

Page 8: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - VIII - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.15

SERGIOPENT

Intorno alla politicadei padroni del vapore, che an-naspa sbavando in un guazza-buglio di miracolosi proclamipuntualmente smentiti, accu-se ignominiose a tutto campoe latrati rancorosi, c’è un’«ita-lia» a cui tutto quanto contri-buisce a togliere anche l’inizia-le maiuscola. Un’ «italia» sem-pre più disunita e in lotta con-tro se stessa, dove l’incapaci-tà di comprendere la fumosi-tà dei tempi, di arginare gli as-salti alla diligenza, di accoglie-re la babele del mondo che en-tra in casa senza bussare, si fanegazione, abbarbicandosi acertezze estemporanee, giu-stificando ogni mancanza co-me la diretta conseguenza dimancanze e assenze superio-ri, proprio in un tempo dovesarebbe necessaria - pressan-

te - una solida unità nazionaledi base per riaprire qualchespiraglio di speranza.

Dal Nord al Sud il disagiopercorre anche le rotte lette-rarie, pure queste minime,circostanziate, racchiuse inun neorealismo tecnologicoma imbarbarito, dove gliastratti furori si sono concre-tizzati in lotte di quartieresenza quartiere. E se le dispe-razioni regionali sono ormaiquasi intercambiabili, le di-stanze sembrano aumentate,se le problematiche dei giova-

ni fanno penosa statistica, i vi-zi di forma locali stanno venen-do a galla dal basso di campani-lismi ancestrali mai sepolti.Dal nord al sud il malessere èuguale, la forza di raccontarlomagari ancora disarmata manecessaria, presente.

Le Ragazze del Nordest visi-tate in forma di intervista daRomolo Bugaro e Marco Fran-zoso coltivano ataviche speran-ze di riscatto aggiornate al di-sagio di una crisi economicache in quei lidi ha già portato alsuicidio non pochi piccoli im-prenditori abbandonati a sestessi, all'incertezza di un'ap-partenenza sociale, alla vogliadi imitare i volti del successotelevisivo in cui tutti, almenoper il fatidico quarto d'ora irri-petibile, crediamo di esistere.Ma le sconfitte si chiamanogravidanze indesiderate, sessospicciolo, anoressia generazio-nale, benesseri traballanti eignoranti, rancori per il manca-to decisionismo politico che in-cide sulle volontà di futuro.

Un futuro visto come la pun-tuale ideologia di un passato all'acqua di rose, almeno nelle me-morie calabro-milanesi dell'operaio di Dante Maffìa. La suaMilano non esiste rappresenta,in fondo, la negazione di qua-rant'anni illusori. Non è la Mila-

no - frenetica baraonda di stra-de, case e storie - esplorata neigrovigli delle sue Tangenzialida Gianni Biondillo e MicheleMonina. Nel romanzo di Maf-fia, la voglia del protagonista ditornare a casa, al sole di Cala-bria, è in aperto contrasto conla Milano in cui non faceva fred-do di Giuseppe Marotta. L’inte-grazione sociale è stata un desi-derio politico ed economico irri-solto, i contrasti sono ancoraaperti, l'Europa è lontana, e seanche la soluzione romanzescasfiora toni grotteschi e surreali,

è vincolante la volontà dell’auto-re di spiegare i fallimenti epoca-li, di reintegrare le speranze in-dividuali nei ranghi del pubbli-co malessere, mentre un’interavita è passata e questa Italia èsempre un’altra Italia, e sem-pre più sconosciuta.

Per un ritorno a casa solita-rio, sconfitto e lontano da unafamiglia che non capisce, ci so-no forze fresche che arrivanodalle province del Sud per effet-tuare Prove di felicità a RomaEst. L’italianissimo Roan John-son rappresenta, nel suo disin-

cantato minimalismo giovanile,l’estrema volontà di riscattodelle nuove generazioni, quelleche esibiscono ancora intattaun’esuberanza tutta da scalfi-re. Storia d'amore tra un porta-tore di pizze e una marocchinapiuttosto licenziosa, il romanzoè una rincorsa insensata versoil nulla di cui - forse - il protago-nista acquista consapevolezzealla resa dei conti. Il lavoro el’amore sono i simboli della pre-carietà dilagante: in un vorticeconfuso di umanità minori,Johnson traghetta il suo Loren-

zo Baldacci sulle sponde diun’accettazione già tragica,quasi definitiva, del suo destinodi cittadino irrisolto.

Scendendo nel profondoSud i mali secolari sono anco-ra l'unica certezza. Il bozzetti-smo tuttora intrigante di Reae Compagnone viene a galla inuna confusione sociale aggior-nata ma non risolta, sia nel fin-to romanzo a tappe metropoli-tane di Giusi Marchetta, Napo-li ore 11, sia nel beffardo deliriocasertano dello Zoo col semafo-ro di Paolo Piccirillo, o nelle

frenesie imbarbarite e mafio-se di Giuseppe Rizzo con L'in-venzione di Palermo. Autori me-no che trentenni, incentivati ascrivere per confermare - qua-si - l'immobilismo di un siste-ma-Paese granitico nel giustifi-care in eterno la sua assenza.

Nei personaggi della Mar-chetta ritroviamo le stesse di-namiche di Gesù, fate luce diDomenico Rea - recentementeriproposto da Isbn nella bellacollana «Novecento italiano»diretta da Guido Davico Boni-no - la stessa volontà di darefiato alle anime dei vicoli, al-meno per un attimo di vita ve-ra, di furore condiviso.

Nell’odissea surreale di Pic-cirillo in una Caserta delittuo-sa e popolata di fantasmi clan-destini, l'atto di ripulire le stra-de dalle carcasse dei cani co-me in una perpetua ossessio-ne, cela la necessità di far lucesu una terra di nessuno abban-donata non solo dalle istituzio-ni, ma anche da chi ne condivi-de l’agonia quotidiana.

E se l’inferno attraversato

dalla quindicenne Annina nellasarabanda mafiosa palermita-na di Rizzo si risolve in un col-lettivo sorriso di speranza, re-sta intatta la necessità di rac-contare ciò che non cambia, ciòche vede lottare da sempre gliitaliani contro un immobilismoormai incancrenito nei suoi vizieterni, si chiamino mafia, artedi arrangiarsi, emigrazione sel-vaggia o politica. In fondo, sia-mo ciò che non siamo diventati:il buco mancante di una ciam-bella passata dalle mani di trop-pi cuochi improvvisati.

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

I titoli

Il titolo

I viaggi di Alajmo e CarraroGIOVANNITESIO

Piccolo mondo anticocontiene fin dal titolo la misuramalinconicamente riduttiva diuna nostalgia che diventa carez-zevole, quasi redenta nella poe-tica musicalità del suo respiro.Mondo piccolo perché chiuso inun circuito breve di luoghi e dirapporti. Mondo antico perchéremoto. Mondo perché univer-so in cui il piccolo raccoglie ilgrande, assumendone gli echi efinendo per rappresentarne -nella dimensione perfettamen-te conclusa - un valore calligrafi-camente esemplare.

Il romanzo più noto (e piùbello) di Antonio Fogazzaro èanche - nonostante le moltecontroversie critiche cuil'opera di Fogazzaro è andatanel tempo soggetta - uno diquelli che si distinguono nelpanorama narrativo del no-stro Ottocento ormai avviatoalla fine. Ideato fin dall'83,scritto tra il 1889 e il 1895, nel'95 viene pubblicato quando ilRisorgimento - sottopostocom'è a deformazioni, prote-ste, cocenti disillusioni - ha or-mai perso lo smalto dell'im-presa incendiaria (come disseFogazzaro a Ojetti, «quandol'idea della patria ardeva som-ma sui nostri monti»).

Come spesso accade nellastoria, la magnifica impresa s'èormai ridotta alle secche dei la-menti, dei tradimenti, delle re-criminazioni, di cui nel 1913 I vec-chi e i giovani di Pirandello da-ranno una delle ultime e più cor-rusche versioni. Fogazzaro pro-ietta la sua vicenda su scenarilontani, gettandola in una geo-grafia marginale, arretra di qua-rant'anni (sfumandoli in paginedi misura elegiaca ma anche didrammatica, persino tragicacompostezza) i conflitti che glistanno più a cuore, tra patriotti-smo e religione, tra scienza e fe-de, tra giustizia e carità.

Le due anime del giovane ari-stocratico e liberale Piero Mai-roni e della tanto più razionaleLuisa Rigey si cercano attraver-so gli scontri della mente, gli ur-ti del cuore, gli strappi della sof-ferenza, fino a trovarsi - dopotante vicissitudini - in un incon-tro che lascia spazio alla speran-za dell'unione perfetta, della ri-nascita annunciata. La tempe-rie risorgimentale sta tra di lorocome una cartina di tornasole,utile, sì, a rilevare le scosse di untransito forte della storia, ma so-prattutto a muovere le istanzedella volontà che si matura, noncerto a prendersi carico dell'in-tera macchina narrativa.

Qual è, insomma, il Risorgi-mento che affiora nel romanzo?Quale idea di riscatto? Quale im-pegno? Quali implicazioni? UnRisorgimento - direi - abbastan-za astrattamente ecumenico.La vecchia marchesa in combut-ta con l'Imperial Regio Gover-no, il coreografico Pasotti, qual-che altra più inquietante pre-senza, un'occhiuta vigilanza

che ha l'aria - più che altro - di unrendiconto di famiglia, l'apologodi una pesca alla lenza volta instrategia di ben altri bocconi, au-striacanti non proprio ardenti epatrioti avvolti in caute arie dicongiura. E poi la guerra diCrimea, i patemi delle alleanzeballerine, il volontario esilio diFranco a Torino alla corte del ca-vouriano Giacomo Dina, diretto-re dell'Opinione, l'adesione comevolontario alla guerra del '59, laseconda guerra per l'indipenden-za, la partenza dall'Isola Bella einfine i lacerti di una futura siste-

mazione italiana che non è anco-ra sistemazione di parti congettu-rali, ben prima che l'impromptugaribaldino dettasse le ben notemosse unitarie.

A fare da cammeo, la topogra-fia di una città non semplicemen-te libresca (Fogazzaro aveva purabitato a Torino da giovane neglianni che vanno dal '60 al '64, fre-quentando l'Università e conse-guendovi anche la laurea). Ma èpiuttosto nell'appena trascorso«decennio di preparazione» (dal-lo Statuto alla seconda guerraper l'indipendenza) che Torino è

diventata «La Mecca d'Italia», at-tirando patrioti da ogni dove.

Anche qui, però, la Torino rie-vocata viene a corrispondere conle divagazioni sentimentali di unaffresco ammiccante e affettuo-so, tutto giocato sulla memoria diuna tradizione che si costruiscenegli Anni Ottanta e Novanta (all'altezza della prima grande cele-brazione che sarà quella del '98).Una fin de siècle che stinge già inBelle Époque, finendo a celebrareun mondo in minore, saturo di te-nerezzedialettali, come accade inuna famosa pagina di RobertoSacchetti, poi ricordata in un epi-sodio del deamicisiano Cuore.

Ma anche in un'altra paginadello stesso De Amicis che sta agomito con quella di Sacchettinello stesso volume sulla Torino«1880». La figurina lunga e segali-gna di Massimo d'Azeglio, che vaa udienza dal suo re, è infatti diquelle che inevitabilmente si an-nettono ai via vai di un ex-voto ri-sorgimentalista piamente postu-mo. E non a caso sarà l'ultimoGiovanni Faldella, storico aned-dotico del Risorgimento come ilgià «scapigliato» maestro Berse-zio, a pestare le stesse orme e arendere esplicito di suo: «Noi dob-biamo serbare viva nell'anima ri-conoscente la storia popolare delRisorgimento italiano, formarce-ne la salutare leggenda».

Quella leggenda - diventataamara verifica o salutare con-forto - è la stessa che poi sugge-rirà a Mario Soldati la riduzionedi Piccolo mondo antico nel suofilm di suggestiva e a sua voltacalligrafica bellezza. Remoto an-ch'esso, come ha detto un criti-co avvertito, dalle «cesure capi-tali della storia».

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

L’italianolingua in gabbia

Così lo definiva Meneghello,in rapporto ai dialetti, liberi da regole

E’ il malessereche fa l’Unità

Il 2011, anno di celebrazio-ne dei 150 anni dell'Unitàd'Italia, non è lontano, e si

moltiplicano le iniziative perricordarlo. Per secoli la no-stra penisola è stata una divi-sione geografica, non già unanazione. Per secoli gli abitanti(governi diversi, diversi i co-stumi) non sono riusciti a esse-re un popolo: sono stati moltipopoli che non hanno avuto al-tro di comune che la linguaformatasi sul modello dei no-stri grandi scrittori. E ora fi-nalmente, anche se ancoranon si sono fatti del tutto gliitaliani (visto che si blateraspesso di devolution o di se-cessione), esiste una linguamedia comune, nota e pratica-ta dalla quasi totalità dei par-lanti, che fa da collante, segnaun'identità, raccoglie la me-moria della nazione.

L'italiano è diventato lalingua di tutti. Ed è un granbene. Che la quasi totalità de-gli italiani parli italiano, do-po secoli che questa lingua èstata soprattutto scritta e nonparlata, lingua di cultura enon di natura, è un grandetraguardo. La lingua di natu-ra è stata per secoli il dialetto.

L'italiano si imparava comese fosse straniero. Così appari-va in un sonetto del Belli a unpopolano, il quale non riusci-va a capacitarsi che si dovesse«impara’», cioè «insegnare»l'italiano a un italiano (son.1171, La lezzione der padron-cino: «Oh ddi', Bbastiano, / sinun ze chiama avé pperzo ercervello / d'imparà l'itajjanoa un itajjano»). Ancora nelprimo Novecento l'italiano lo

si apprendeva a fatica: «unalingua in gabbia», come l'hachiamata Luigi Meneghello inJura, che si cominciava a scri-vere a scuola tra i «binari» (lerighe dei quaderni), una lin-gua che pareva contrappostaal dialetto che si parlava, sen-tito come libero da regole e co-strizioni.

Comunque sia, ora l'italia-no, dicevo, è diventato dopotanto la lingua di tutti. E la

cosa non è di poco conto sepenso che a Torino (lo ricordaBianca Guidetti Serra nellasua recente autobiografiaBianca la Rossa, Einaudi)Badoglio, al ritorno dallaguerra d'Etiopia, dopo un bre-ve discorso dal balconcino diPalazzo Campana, si era ri-volto alla folla concludendo:«Türineis, si 'l eve 'ncura dabsogn, sun ancura sì!», Torine-si, se avete bisogno, io sono an-cora qui.

L'unità raggiunta non to-glie però che ancor oggi moltis-simi italiani quanto alla lin-gua sentano di appartenerepiù alla «piccola» che alla«grande patria». La nostra, èvero, è una storia tutta comu-nale e regionale, e ancora sene sentono i riflessi. Noi nonabbiamo l'orgoglio di unaidentità linguistica. Sono sta-to felice di aver letto di recen-te in Raffaele La Capria quest'annotazione: «ogni volta cheriesco a comporre una fraseben concepita, ben calibrata eprecisa in ogni sua parte, unafrase salda e tranquilla nellabella lingua che abito, e che èla mia patria, mi sembra di ri-fare l'Unità d'Italia».

Presente e passatoVIIITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA IX

Italia di ieri Quel «Piccolo mondo antico» traaristocratiche energie liberali e «austriacanti»

Italia di oggi Da Nord a Sud, nella narrativa,tra crisi economica, conflitti, speranze di riscatto

A Milano con Maffia,Biondillo e Monina,tra Napoli, Caserta,Palermo con MarchettaPiccirillo e Rizzo

Le ragazze del Nordestdi Bugaro e Franzosoe i giovani precaridi Roan Johnsonin cerca di felicità

Il romanzo di Fogazzaro(poi film di Soldati)uscì nel 1895 quandola «magnifica impresa»aveva perso lo smalto

Patriottismo e religione,scienza e fede,giustizia e carità fannoda sfondo all’amoretra Piero e Luisa

R. Bugaro - M. Franzoso

RAGAZZE DEL NORDESTMarsilio, pp. 140, € 15

Dante Maffìa

MILANO NON ESISTEHacca, pp. 202, € 12

G. Biondillo - M. Monina

TANGENZIALIGuanda, pp.312, € 17

Roan Johnson

PROVE DI FELICITÀA ROMA ESTEinaudi, pp. 160, € 16,50

Giusi Marchetta

NAPOLI ORE 11Terre di Mezzo, pp. 183, € 7

Paolo Piccirillo

ZOO COL SEMAFORONutrimenti, pp. 126, € 12

Giuseppe Rizzo

L'INVENZIONE DI PALERMO

Perrone, pp. 203, € 12

ANNACARSI IN SICILIAL'Italia resiste, si ricrea sulle sue tradizioni millenarie e sui suoivizi. Madre di santi e poeti, figlia di culture di passaggio, è una terrache cerca conferme attraverso la voce di chi ama percorrerla eraccontarla. L'itinerario capriccioso di Roberto Alajmo da un capoall'altro della Sicilia non è tanto una conversazione vittoriniana,una ricerca della mitiche «città del mondo», quanto una salottierapromenade da un indirizzo all'altro di un’isola che il mondo loraccoglie in sé, con le sue esperienze, di conquista o di transito.L'arte di annacarsi (Laterza, pp. 274, € 16), reca come sottotitoloun semplicissimo «viaggio in Sicilia». Da Palermo a Siracusa, daCatania ad Agrigento, attraverso un reticolo di deviazioni tra gliusi, i costumi, le ossessioni e le tradizioni di un popolo complesso evariegato, Alajmo cerca di capire senza spiegare, perché - comeafferma - «il viaggio in Sicilia è una responsabilità». Il massimo delmovimento col minimo di spostamento: questo significa«annacarsi», e questo diventa quindi un godibile tragitto dell'animatra Storia e memoria, consuetudini e stravaganze, in un labirinto diincontri che - alla fine - ci hanno messo in contatto con un pianeta,più che con un'isola presa a calci dalla punta dell’italico stivale.NELLE PERIFERIE DI ROMAPiù ridotto ma altrettanto colorito il percorso di Andrea Carraro,che si sposta semplicemente da Roma a Roma (Ediesse, pp. 170,€ 10). Ma ciò che racconta è l'Italia delle periferie, dei confini edelle frontiere, siano esse Centocelle o Tor Vergata o isoleprotette come l'Olgiata. Aprendosi e chiudendosi sulla memoriaquantomai necessaria di Pasolini, il viaggio a tappe di Carrarotrascende la quotidianità e ci trasporta in una contemporaneitàspesso dolente che diventa strumento di analisi sociale, poichéRoma è l'Italia, e raccoglie in sé tutti i suoi vizi - tanti - e le suesempre più esangui virtù. «Finché se sparano fra de loro io me nesbatto i cojoni», osserva un operaio al bancone di un bar. E proprioin questo assunto rilevato con arguzia da Carraro scopriamo l'Italiavera, quella che sta sparando sul suo futuro. [S. P.]

La nostra è una storiacomunale e regionaleche ancora perdura:ci manca l’orgogliodella «grande patria»

Sono diverse le edizioni di«Piccolo mondo antico». Ilromanzo è nei cataloghiGarzanti (€ 9), Mondadori(€ 8,40), Newton Compton(€ 5). E’ disponibile ancheun’edizione per ipovedenti,dell’editore Marco Valerio(€ 32). Da «Piccolo mondoantico», Mario Soldati trassel’omonimo film nel 1941, con

Alida Valli e Massimo Serato.Antonio Fogazzaro (1842-1911,nella foto) nacque e morì aVicenza. Si laureò inGiurisprudenzanell’Università di Torino(1864). Candidato più volte alNobel, è autore anche di«Malombra», «DanieleCortis», «Leila», «Il Santo»,che ne testimonia lasensibilità modernista (saràcondannato all’Indice).

Era ecumenicoil Risorgimento

Immagine dall’«Album Giovani» (Laterza, Foto Tania) Massimo Serato e Alida Valli (locandina di «Piccolo mondo antico» di Soldati)

Luigi Meneghello

Il testo più completo, documentato, aggiornato sui risultati del-le indagini storiche e delle ricerche scientifiche sulla Sindone. Ne esamina la compatibilità con i Vangeli canonici e rintraccia altri rife-rimenti nella letteratura apocrifa. Ne ricostruisce la storia verosimile fino all’imperatore bizantino Giustiniano II che nel 692 batte alcune monete d’oro e d’argento su cui rappresenta un volto di Gesù estre-mamente simile a quello della Sindone. Ne segue il percorso fino in Europa considerandolo avvenuto ad opera dei Templari, anche con ipotesi alternative. Dagli Charny ai Savoia fino a quando nel 1983 Umberto II la lascia per legato testamentario al Pontefice. Ne illustra le ostensioni fino a quella del 2010. Analizza infine la questione delle voci contrarie e in particolare del radiocarbonio, oggi disatteso anche da chi partecipò all’indagine.

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DA MERCOLEDÌ 31 MARZO

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Con il patrocinio del Comitato

per la Solenne Ostensione

della Sindone 2010

Il nuovo libro di PIERLUIGI BAIMA BOLLONESINDONE · STORIA E SCIENZA · 2010

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Page 9: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - IX - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/08 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.15

SERGIOPENT

Intorno alla politicadei padroni del vapore, che an-naspa sbavando in un guazza-buglio di miracolosi proclamipuntualmente smentiti, accu-se ignominiose a tutto campoe latrati rancorosi, c’è un’«ita-lia» a cui tutto quanto contri-buisce a togliere anche l’inizia-le maiuscola. Un’ «italia» sem-pre più disunita e in lotta con-tro se stessa, dove l’incapaci-tà di comprendere la fumosi-tà dei tempi, di arginare gli as-salti alla diligenza, di accoglie-re la babele del mondo che en-tra in casa senza bussare, si fanegazione, abbarbicandosi acertezze estemporanee, giu-stificando ogni mancanza co-me la diretta conseguenza dimancanze e assenze superio-ri, proprio in un tempo dovesarebbe necessaria - pressan-

te - una solida unità nazionaledi base per riaprire qualchespiraglio di speranza.

Dal Nord al Sud il disagiopercorre anche le rotte lette-rarie, pure queste minime,circostanziate, racchiuse inun neorealismo tecnologicoma imbarbarito, dove gliastratti furori si sono concre-tizzati in lotte di quartieresenza quartiere. E se le dispe-razioni regionali sono ormaiquasi intercambiabili, le di-stanze sembrano aumentate,se le problematiche dei giova-

ni fanno penosa statistica, i vi-zi di forma locali stanno venen-do a galla dal basso di campani-lismi ancestrali mai sepolti.Dal nord al sud il malessere èuguale, la forza di raccontarlomagari ancora disarmata manecessaria, presente.

Le Ragazze del Nordest visi-tate in forma di intervista daRomolo Bugaro e Marco Fran-zoso coltivano ataviche speran-ze di riscatto aggiornate al di-sagio di una crisi economicache in quei lidi ha già portato alsuicidio non pochi piccoli im-prenditori abbandonati a sestessi, all'incertezza di un'ap-partenenza sociale, alla vogliadi imitare i volti del successotelevisivo in cui tutti, almenoper il fatidico quarto d'ora irri-petibile, crediamo di esistere.Ma le sconfitte si chiamanogravidanze indesiderate, sessospicciolo, anoressia generazio-nale, benesseri traballanti eignoranti, rancori per il manca-to decisionismo politico che in-cide sulle volontà di futuro.

Un futuro visto come la pun-tuale ideologia di un passato all'acqua di rose, almeno nelle me-morie calabro-milanesi dell'operaio di Dante Maffìa. La suaMilano non esiste rappresenta,in fondo, la negazione di qua-rant'anni illusori. Non è la Mila-

no - frenetica baraonda di stra-de, case e storie - esplorata neigrovigli delle sue Tangenzialida Gianni Biondillo e MicheleMonina. Nel romanzo di Maf-fia, la voglia del protagonista ditornare a casa, al sole di Cala-bria, è in aperto contrasto conla Milano in cui non faceva fred-do di Giuseppe Marotta. L’inte-grazione sociale è stata un desi-derio politico ed economico irri-solto, i contrasti sono ancoraaperti, l'Europa è lontana, e seanche la soluzione romanzescasfiora toni grotteschi e surreali,

è vincolante la volontà dell’auto-re di spiegare i fallimenti epoca-li, di reintegrare le speranze in-dividuali nei ranghi del pubbli-co malessere, mentre un’interavita è passata e questa Italia èsempre un’altra Italia, e sem-pre più sconosciuta.

Per un ritorno a casa solita-rio, sconfitto e lontano da unafamiglia che non capisce, ci so-no forze fresche che arrivanodalle province del Sud per effet-tuare Prove di felicità a RomaEst. L’italianissimo Roan John-son rappresenta, nel suo disin-

cantato minimalismo giovanile,l’estrema volontà di riscattodelle nuove generazioni, quelleche esibiscono ancora intattaun’esuberanza tutta da scalfi-re. Storia d'amore tra un porta-tore di pizze e una marocchinapiuttosto licenziosa, il romanzoè una rincorsa insensata versoil nulla di cui - forse - il protago-nista acquista consapevolezzealla resa dei conti. Il lavoro el’amore sono i simboli della pre-carietà dilagante: in un vorticeconfuso di umanità minori,Johnson traghetta il suo Loren-

zo Baldacci sulle sponde diun’accettazione già tragica,quasi definitiva, del suo destinodi cittadino irrisolto.

Scendendo nel profondoSud i mali secolari sono anco-ra l'unica certezza. Il bozzetti-smo tuttora intrigante di Reae Compagnone viene a galla inuna confusione sociale aggior-nata ma non risolta, sia nel fin-to romanzo a tappe metropoli-tane di Giusi Marchetta, Napo-li ore 11, sia nel beffardo deliriocasertano dello Zoo col semafo-ro di Paolo Piccirillo, o nelle

frenesie imbarbarite e mafio-se di Giuseppe Rizzo con L'in-venzione di Palermo. Autori me-no che trentenni, incentivati ascrivere per confermare - qua-si - l'immobilismo di un siste-ma-Paese granitico nel giustifi-care in eterno la sua assenza.

Nei personaggi della Mar-chetta ritroviamo le stesse di-namiche di Gesù, fate luce diDomenico Rea - recentementeriproposto da Isbn nella bellacollana «Novecento italiano»diretta da Guido Davico Boni-no - la stessa volontà di darefiato alle anime dei vicoli, al-meno per un attimo di vita ve-ra, di furore condiviso.

Nell’odissea surreale di Pic-cirillo in una Caserta delittuo-sa e popolata di fantasmi clan-destini, l'atto di ripulire le stra-de dalle carcasse dei cani co-me in una perpetua ossessio-ne, cela la necessità di far lucesu una terra di nessuno abban-donata non solo dalle istituzio-ni, ma anche da chi ne condivi-de l’agonia quotidiana.

E se l’inferno attraversato

dalla quindicenne Annina nellasarabanda mafiosa palermita-na di Rizzo si risolve in un col-lettivo sorriso di speranza, re-sta intatta la necessità di rac-contare ciò che non cambia, ciòche vede lottare da sempre gliitaliani contro un immobilismoormai incancrenito nei suoi vizieterni, si chiamino mafia, artedi arrangiarsi, emigrazione sel-vaggia o politica. In fondo, sia-mo ciò che non siamo diventati:il buco mancante di una ciam-bella passata dalle mani di trop-pi cuochi improvvisati.

150O

Libri d’ItaliaVerso il 2011

I titoli

Il titolo

I viaggi di Alajmo e CarraroGIOVANNITESIO

Piccolo mondo anticocontiene fin dal titolo la misuramalinconicamente riduttiva diuna nostalgia che diventa carez-zevole, quasi redenta nella poe-tica musicalità del suo respiro.Mondo piccolo perché chiuso inun circuito breve di luoghi e dirapporti. Mondo antico perchéremoto. Mondo perché univer-so in cui il piccolo raccoglie ilgrande, assumendone gli echi efinendo per rappresentarne -nella dimensione perfettamen-te conclusa - un valore calligrafi-camente esemplare.

Il romanzo più noto (e piùbello) di Antonio Fogazzaro èanche - nonostante le moltecontroversie critiche cuil'opera di Fogazzaro è andatanel tempo soggetta - uno diquelli che si distinguono nelpanorama narrativo del no-stro Ottocento ormai avviatoalla fine. Ideato fin dall'83,scritto tra il 1889 e il 1895, nel'95 viene pubblicato quando ilRisorgimento - sottopostocom'è a deformazioni, prote-ste, cocenti disillusioni - ha or-mai perso lo smalto dell'im-presa incendiaria (come disseFogazzaro a Ojetti, «quandol'idea della patria ardeva som-ma sui nostri monti»).

Come spesso accade nellastoria, la magnifica impresa s'èormai ridotta alle secche dei la-menti, dei tradimenti, delle re-criminazioni, di cui nel 1913 I vec-chi e i giovani di Pirandello da-ranno una delle ultime e più cor-rusche versioni. Fogazzaro pro-ietta la sua vicenda su scenarilontani, gettandola in una geo-grafia marginale, arretra di qua-rant'anni (sfumandoli in paginedi misura elegiaca ma anche didrammatica, persino tragicacompostezza) i conflitti che glistanno più a cuore, tra patriotti-smo e religione, tra scienza e fe-de, tra giustizia e carità.

Le due anime del giovane ari-stocratico e liberale Piero Mai-roni e della tanto più razionaleLuisa Rigey si cercano attraver-so gli scontri della mente, gli ur-ti del cuore, gli strappi della sof-ferenza, fino a trovarsi - dopotante vicissitudini - in un incon-tro che lascia spazio alla speran-za dell'unione perfetta, della ri-nascita annunciata. La tempe-rie risorgimentale sta tra di lorocome una cartina di tornasole,utile, sì, a rilevare le scosse di untransito forte della storia, ma so-prattutto a muovere le istanzedella volontà che si matura, noncerto a prendersi carico dell'in-tera macchina narrativa.

Qual è, insomma, il Risorgi-mento che affiora nel romanzo?Quale idea di riscatto? Quale im-pegno? Quali implicazioni? UnRisorgimento - direi - abbastan-za astrattamente ecumenico.La vecchia marchesa in combut-ta con l'Imperial Regio Gover-no, il coreografico Pasotti, qual-che altra più inquietante pre-senza, un'occhiuta vigilanza

che ha l'aria - più che altro - di unrendiconto di famiglia, l'apologodi una pesca alla lenza volta instrategia di ben altri bocconi, au-striacanti non proprio ardenti epatrioti avvolti in caute arie dicongiura. E poi la guerra diCrimea, i patemi delle alleanzeballerine, il volontario esilio diFranco a Torino alla corte del ca-vouriano Giacomo Dina, diretto-re dell'Opinione, l'adesione comevolontario alla guerra del '59, laseconda guerra per l'indipenden-za, la partenza dall'Isola Bella einfine i lacerti di una futura siste-

mazione italiana che non è anco-ra sistemazione di parti congettu-rali, ben prima che l'impromptugaribaldino dettasse le ben notemosse unitarie.

A fare da cammeo, la topogra-fia di una città non semplicemen-te libresca (Fogazzaro aveva purabitato a Torino da giovane neglianni che vanno dal '60 al '64, fre-quentando l'Università e conse-guendovi anche la laurea). Ma èpiuttosto nell'appena trascorso«decennio di preparazione» (dal-lo Statuto alla seconda guerraper l'indipendenza) che Torino è

diventata «La Mecca d'Italia», at-tirando patrioti da ogni dove.

Anche qui, però, la Torino rie-vocata viene a corrispondere conle divagazioni sentimentali di unaffresco ammiccante e affettuo-so, tutto giocato sulla memoria diuna tradizione che si costruiscenegli Anni Ottanta e Novanta (all'altezza della prima grande cele-brazione che sarà quella del '98).Una fin de siècle che stinge già inBelle Époque, finendo a celebrareun mondo in minore, saturo di te-nerezzedialettali, come accade inuna famosa pagina di RobertoSacchetti, poi ricordata in un epi-sodio del deamicisiano Cuore.

Ma anche in un'altra paginadello stesso De Amicis che sta agomito con quella di Sacchettinello stesso volume sulla Torino«1880». La figurina lunga e segali-gna di Massimo d'Azeglio, che vaa udienza dal suo re, è infatti diquelle che inevitabilmente si an-nettono ai via vai di un ex-voto ri-sorgimentalista piamente postu-mo. E non a caso sarà l'ultimoGiovanni Faldella, storico aned-dotico del Risorgimento come ilgià «scapigliato» maestro Berse-zio, a pestare le stesse orme e arendere esplicito di suo: «Noi dob-biamo serbare viva nell'anima ri-conoscente la storia popolare delRisorgimento italiano, formarce-ne la salutare leggenda».

Quella leggenda - diventataamara verifica o salutare con-forto - è la stessa che poi sugge-rirà a Mario Soldati la riduzionedi Piccolo mondo antico nel suofilm di suggestiva e a sua voltacalligrafica bellezza. Remoto an-ch'esso, come ha detto un criti-co avvertito, dalle «cesure capi-tali della storia».

PAROLE IN CORSOGIAN LUIGI BECCARIA

L’italianolingua in gabbia

Così lo definiva Meneghello,in rapporto ai dialetti, liberi da regole

E’ il malessereche fa l’Unità

Il 2011, anno di celebrazio-ne dei 150 anni dell'Unitàd'Italia, non è lontano, e si

moltiplicano le iniziative perricordarlo. Per secoli la no-stra penisola è stata una divi-sione geografica, non già unanazione. Per secoli gli abitanti(governi diversi, diversi i co-stumi) non sono riusciti a esse-re un popolo: sono stati moltipopoli che non hanno avuto al-tro di comune che la linguaformatasi sul modello dei no-stri grandi scrittori. E ora fi-nalmente, anche se ancoranon si sono fatti del tutto gliitaliani (visto che si blateraspesso di devolution o di se-cessione), esiste una linguamedia comune, nota e pratica-ta dalla quasi totalità dei par-lanti, che fa da collante, segnaun'identità, raccoglie la me-moria della nazione.

L'italiano è diventato lalingua di tutti. Ed è un granbene. Che la quasi totalità de-gli italiani parli italiano, do-po secoli che questa lingua èstata soprattutto scritta e nonparlata, lingua di cultura enon di natura, è un grandetraguardo. La lingua di natu-ra è stata per secoli il dialetto.

L'italiano si imparava comese fosse straniero. Così appari-va in un sonetto del Belli a unpopolano, il quale non riusci-va a capacitarsi che si dovesse«impara’», cioè «insegnare»l'italiano a un italiano (son.1171, La lezzione der padron-cino: «Oh ddi', Bbastiano, / sinun ze chiama avé pperzo ercervello / d'imparà l'itajjanoa un itajjano»). Ancora nelprimo Novecento l'italiano lo

si apprendeva a fatica: «unalingua in gabbia», come l'hachiamata Luigi Meneghello inJura, che si cominciava a scri-vere a scuola tra i «binari» (lerighe dei quaderni), una lin-gua che pareva contrappostaal dialetto che si parlava, sen-tito come libero da regole e co-strizioni.

Comunque sia, ora l'italia-no, dicevo, è diventato dopotanto la lingua di tutti. E la

cosa non è di poco conto sepenso che a Torino (lo ricordaBianca Guidetti Serra nellasua recente autobiografiaBianca la Rossa, Einaudi)Badoglio, al ritorno dallaguerra d'Etiopia, dopo un bre-ve discorso dal balconcino diPalazzo Campana, si era ri-volto alla folla concludendo:«Türineis, si 'l eve 'ncura dabsogn, sun ancura sì!», Torine-si, se avete bisogno, io sono an-cora qui.

L'unità raggiunta non to-glie però che ancor oggi moltis-simi italiani quanto alla lin-gua sentano di appartenerepiù alla «piccola» che alla«grande patria». La nostra, èvero, è una storia tutta comu-nale e regionale, e ancora sene sentono i riflessi. Noi nonabbiamo l'orgoglio di unaidentità linguistica. Sono sta-to felice di aver letto di recen-te in Raffaele La Capria quest'annotazione: «ogni volta cheriesco a comporre una fraseben concepita, ben calibrata eprecisa in ogni sua parte, unafrase salda e tranquilla nellabella lingua che abito, e che èla mia patria, mi sembra di ri-fare l'Unità d'Italia».

Presente e passatoVIIITuttolibri

SABATO 27 MARZO 2010LA STAMPA IX

Italia di ieri Quel «Piccolo mondo antico» traaristocratiche energie liberali e «austriacanti»

Italia di oggi Da Nord a Sud, nella narrativa,tra crisi economica, conflitti, speranze di riscatto

A Milano con Maffia,Biondillo e Monina,tra Napoli, Caserta,Palermo con MarchettaPiccirillo e Rizzo

Le ragazze del Nordestdi Bugaro e Franzosoe i giovani precaridi Roan Johnsonin cerca di felicità

Il romanzo di Fogazzaro(poi film di Soldati)uscì nel 1895 quandola «magnifica impresa»aveva perso lo smalto

Patriottismo e religione,scienza e fede,giustizia e carità fannoda sfondo all’amoretra Piero e Luisa

R. Bugaro - M. Franzoso

RAGAZZE DEL NORDESTMarsilio, pp. 140, € 15

Dante Maffìa

MILANO NON ESISTEHacca, pp. 202, € 12

G. Biondillo - M. Monina

TANGENZIALIGuanda, pp.312, € 17

Roan Johnson

PROVE DI FELICITÀA ROMA ESTEinaudi, pp. 160, € 16,50

Giusi Marchetta

NAPOLI ORE 11Terre di Mezzo, pp. 183, € 7

Paolo Piccirillo

ZOO COL SEMAFORONutrimenti, pp. 126, € 12

Giuseppe Rizzo

L'INVENZIONE DI PALERMO

Perrone, pp. 203, € 12

ANNACARSI IN SICILIAL'Italia resiste, si ricrea sulle sue tradizioni millenarie e sui suoivizi. Madre di santi e poeti, figlia di culture di passaggio, è una terrache cerca conferme attraverso la voce di chi ama percorrerla eraccontarla. L'itinerario capriccioso di Roberto Alajmo da un capoall'altro della Sicilia non è tanto una conversazione vittoriniana,una ricerca della mitiche «città del mondo», quanto una salottierapromenade da un indirizzo all'altro di un’isola che il mondo loraccoglie in sé, con le sue esperienze, di conquista o di transito.L'arte di annacarsi (Laterza, pp. 274, € 16), reca come sottotitoloun semplicissimo «viaggio in Sicilia». Da Palermo a Siracusa, daCatania ad Agrigento, attraverso un reticolo di deviazioni tra gliusi, i costumi, le ossessioni e le tradizioni di un popolo complesso evariegato, Alajmo cerca di capire senza spiegare, perché - comeafferma - «il viaggio in Sicilia è una responsabilità». Il massimo delmovimento col minimo di spostamento: questo significa«annacarsi», e questo diventa quindi un godibile tragitto dell'animatra Storia e memoria, consuetudini e stravaganze, in un labirinto diincontri che - alla fine - ci hanno messo in contatto con un pianeta,più che con un'isola presa a calci dalla punta dell’italico stivale.NELLE PERIFERIE DI ROMAPiù ridotto ma altrettanto colorito il percorso di Andrea Carraro,che si sposta semplicemente da Roma a Roma (Ediesse, pp. 170,€ 10). Ma ciò che racconta è l'Italia delle periferie, dei confini edelle frontiere, siano esse Centocelle o Tor Vergata o isoleprotette come l'Olgiata. Aprendosi e chiudendosi sulla memoriaquantomai necessaria di Pasolini, il viaggio a tappe di Carrarotrascende la quotidianità e ci trasporta in una contemporaneitàspesso dolente che diventa strumento di analisi sociale, poichéRoma è l'Italia, e raccoglie in sé tutti i suoi vizi - tanti - e le suesempre più esangui virtù. «Finché se sparano fra de loro io me nesbatto i cojoni», osserva un operaio al bancone di un bar. E proprioin questo assunto rilevato con arguzia da Carraro scopriamo l'Italiavera, quella che sta sparando sul suo futuro. [S. P.]

La nostra è una storiacomunale e regionaleche ancora perdura:ci manca l’orgogliodella «grande patria»

Sono diverse le edizioni di«Piccolo mondo antico». Ilromanzo è nei cataloghiGarzanti (€ 9), Mondadori(€ 8,40), Newton Compton(€ 5). E’ disponibile ancheun’edizione per ipovedenti,dell’editore Marco Valerio(€ 32). Da «Piccolo mondoantico», Mario Soldati trassel’omonimo film nel 1941, con

Alida Valli e Massimo Serato.Antonio Fogazzaro (1842-1911,nella foto) nacque e morì aVicenza. Si laureò inGiurisprudenzanell’Università di Torino(1864). Candidato più volte alNobel, è autore anche di«Malombra», «DanieleCortis», «Leila», «Il Santo»,che ne testimonia lasensibilità modernista (saràcondannato all’Indice).

Era ecumenicoil Risorgimento

Immagine dall’«Album Giovani» (Laterza, Foto Tania) Massimo Serato e Alida Valli (locandina di «Piccolo mondo antico» di Soldati)

Luigi Meneghello

Page 10: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - X - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/10 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.15

4851

Varia

8 9 49

Saggistica RagazziNarrativaitaliana

Maigret e ilcaso Nahour

SIMENONADELPHI

59

59

4La mammadel sole

VITALIGARZANTI

76

Bianca comeil latte, rossacome il sangueD’AVENIAMONDADORI

Laprincipessadi ghiaccioLÄCKBERGMARSILIO

Narrativastraniera Tascabili

LA CLASSIFICA DI TUTTOLIBRI È REALIZZATA DALL’ISTITUTO DEMOSKOPEA DI MILANO, ANALIZZANDO I DATI DELLE COPIE VENDUTE OGNI SETTIMANA, RACCOLTI IN UN CAMPIONE DI 120 LIBRERIE A ROTAZIONE, DI CUI 80 EFFETTIVE. SI ASSEGNANO I 100PUNTI AL TITOLO PIÙ VENDUTO TRA LE NOVITÀ. TUTTI GLI ALTRI SONO CALCOLATI IN PROPORZIONE. LA CIFRA FRA PARENTESI, SOTTO IL PUNTEGGIO, INDICA LA POSIZIONE IN CLASSIFICA NELLA SETTIMANA PRECEDENTE.LA RILEVAZIONE SI RIFERISCE AI GIORNI DAL 15 AL 21 MARZO.

Il tempoche vorrei

VOLOMONDADORI

53

1. Maigret e il caso Nahour 51SIMENON 19,00 ADELPHI

2. È una vita che ti aspetto 37VOLO 29,00 MONDADORI

3. Gomorra 34SAVIANO 1110,00 MONDADORI

4. Il giorno in più 30VOLO 612,00 MONDADORI

5. L’ombra del vento 29RUIZ ZAFÓN 313,00 MONDADORI

6. Un posto nel mondo 28VOLO 412,00 MONDADORI

7. Esco a fare due passi 23VOLO 79,00 MONDADORI

8. Solo per giustizia 23CANTONE -10,00 MONDADORI

9. Il giovane Holden 22SALINGER 912,00 EINAUDI

10. Il gioco dell’angelo 21RUIZ ZAFÓN 513,00 MONDADORI

Non so cheviso avesse

GUCCINIMONDADORI

832Le perfezioniprovvisorie

CAROFIGLIOSELLERIO

89

Il pesodella farfalla

DE LUCAFELTRINELLI

100

6

1. La principessa di ghiaccio 49LÄCKBERG 118,50 MARSILIO

2. L’ipnotista 43KEPLER 318,60 LONGANESI

3. Ritorno a Ford County 37GRISHAM 820,00 MONDADORI

4. La compagna di scuola 36WICKHAM 219,00 MONDADORI

5. La pattuglia all’alba 36WINSLOW 518,50 EINAUDI

6. L’eleganza del riccio 33BARBERY 618,00 E/O

7. Scenedallavitadi unvillaggio 32OZ 1416,00 FELTRINELLI

8. Il ranch della giumenta perduta 31SIMENON 718,00 ADELPHI

9. L’umiliazione 30ROTH 417,50 EINAUDI

10. Il simbolo perduto 29BROWN 1724,00 MONDADORI

Il nuovo che avanza, il vecchioche non arretra. A Londra ca-pita, così racconta il Guar-

dian, di imbattersi in passanticon il naso affondato non in un li-bro ma in un iPhone. Cammina-no, per esempio, in Brick Lane,nella East London, ma contempo-raneamente sono in un libro diMonica Ali. O, viceversa, dalla let-tura del romanzo sono approdatialla strada reale. C'è infatti unanuova applicazione per il telefoni-no, che guida attraverso la cittàcosì come è stata descritta nei ro-manzi. Si chiama «Get LondonReading», e crea un bel cortocir-cuito nel tempo e nello spazio: seiqui e ora, nel traffico del marzo2010, ma sei anche altrove, in un'altra epoca, fra le pagine di que-sto o quel libro.

Per la serie il vecchio che avan-za, invece: domani lo scrittore Phi-lip Pullman parteciperà sottoscorta all'Oxford Literary Festi-val. Ha ricevuto molte lettere diminaccia per il suo nuovo libroThe Good Man Jesus and the

Scoundrel Christ, nel quale sostie-ne che un uomo di nome Gesù è vis-suto duemila anni fa, mentre Cristoil figlio di Dio è un'invenzione dell'apostolo Paolo. Pullman la prendecon humour: chi gli scrive lo condan-na alla dannazione eterna, ma perfortuna, dice, «non ha il potere dimandarmi all'inferno». Oltre allaquantità e alla virulenza delle mi-

nacce, però, c'è qualcos'altro chepreoccupa: il libro condannato al ro-go eterno non è ancora uscito.

Il passato, il futuro. Il ministrodella cultura Margaret Hodge è fie-ra delle biblioteche britanniche(«con più sedi di McDonald's o diBoots, e più visitatori dei negozi delWest End londinese, la rete delle bi-blioteche pubbliche è un trionfo diinfrastruttura e brand», ma si slan-cia verso il futuro: internet gratisper tutti, apertura domenicale,ebooks gratuiti.

E che cosa c'è di nuovo, o di vec-chio, in classifica? In una settima-na di vendite in calo, 61 Hours diLee Child ha venduto 26.247 copiein tre giorni, ma è al primo postosoltanto perché Stieg Larsson hasmerciato 33.862 copie ma di duelibri diversi. Solar, il nuovo roman-zo sui cambiamenti climatici diIan McEwan, non se l'è cavata ma-le: è secondo nella narrativa, e conle sue 14.176 copie è il libro diMcEwan che vende meglio da mol-ti anni a questa parte. Un bel cam-biamento climatico, per lui.

1. Cotto e mangiato 100PARODI 214,90 A. VALLARDI

2. Non so che viso avesse... 83GUCCINI 118,00 MONDADORI

3. I sogni fanno rima. «Amici» 35CARONE 315,50 MONDADORI

4. Dizionariobilingueitaliano-cane... 27MARCHESINI; CUVALIER 513,90 SONDA

5. E’ facile smettere di fumare... 26CARR 710,00 EWI

6. Che Litti che Fazio 2. 2 DVD 22LITTIZZETTO; FAZIO 622,00 MONDADORI

7. The secret 19BYRNE 818,60 MACRO EDIZIONI

8. Dizionariobilingueitaliano-gatto... 17CUVALIER 912,90 SONDA

9. La forzadelcuore 13GUERRITORE 417,50 MONDADORI

10. Quellocheimaritinondicono 13BAL; BERBENNI -17,00 MONDADORI

1. Il piccolo principe 32SAINT-EXUPERY 27,50 BOMPIANI

2. Il ladro di fulmini 26RIORDAN 117,00 MONDADORI

3. Diario di una schiappa (III) 18KINNEY 312,00 IL CASTORO

4. Bentornato Mister! 12GARLANDO -11,00 PIEMME

5. Alice in Wonderland 11SUTHERLAND 414,90 WALT DISNEY ITALIA

6. L’isola pietrificata 10STILTON -18,50 PIEMME

7. Diario di una schiappa 9KINNEY 1812,00 IL CASTORO

8. Il segreto dei tre samurai 9STILTON 108,50 PIEMME

9. James Cameron’s avatar 9WILHELM; MATHISON 619,50 RIZZOLI

10. Alice nel paesedelle meraviglie... 8CARROLL 1119,90 DE AGOSTINI

AI PUNTILUCIANO GENTA

Abbondanole ricette, ma

solo in cucina

Chiarelettere non molla. Sein Il partito dell’amoreMario Portanova (giorna-

lista, non a caso, del Fatto quoti-diano) vuole «andare alle radicidell’odio» spiegandoci «comel’esercito di Berlusconi ha spacca-to l’Italia e svuotato la nostra de-mocrazia», il Controcanto (sullacaduta dell’altra Italia) è un pam-phlet-saggio con il quale a giorniMarco Revelli approda all’editricedi Lorenzo Fazio: cuore del libro il«"disagio dell’inciviltà" che ci op-prime...». Un grumo di dolore, nonsolo denuncia, che finisce per esse-re l’identikit della casa, liberamen-te apparentata con il GruppoMauri-Spagnol.

Chiarelettere nasce nel 2007,una cinquantina di titoli, tutti oquasi balzati in primo piano (inclassifica adesso il nuovo Trava-glio Ad personam, sterminata ri-cognizione, su come, tra il 1994 e il2010, «destra e sinistra hanno pri-vatizzato la democrazia») e chehanno toccato e toccano, da Vati-cano Spa di Nuzzi (un hit del

2009) a Togherotte di Bruno Tinti,la politica in tutti i suoi meandri.

Si aspettava, Fazio, tanta ade-sione dai lettori?

«So che percorrere questo cammi-no era necessario. Credo nell’utili-tà di essere dalla parte dei cittadi-ni per sorvegliare chi ha il potere einsieme cercare di far emergere leenergie di questo Paese».

Continuerà a provarcisi conL’agenda nera della seconda Re-pubblica, il viaggio di Lo Bianco-Rizza che, partendo da via D’Ame-lio, cerca di illuminare «coperturee depistaggi di Stato»; con Intri-go internazionale dove il giudiceRosario Priore (insieme a Giovan-ni Fasanella) «racconta le "veri-tà" che ha intravisto tra le pieghedelle sue inchieste ma che non si èpotuta certificare attraverso lesentenze»; con Grazie di RiccardoStaglianò, ovvero «perché senzaimmigrati saremmo perduti»; conl’arrivo di Massimo Fini «il piùimprevedibile e spietato dei "con-formisti"» che in Senz’anima dise-gna il ritratto di un Paese svuota-to di tutti i suoi valori.

Ma questo cupo orizzonte po-trà rischiararsi?

«Ho fiducia nei tanti italiani chenon ne vogliono più sapere dell’il-legalità diffusa. Saltate tutte le re-gole, dovremo ripartire da zero,ciascuno assumendosi una respon-sabilità individuale».Cammino lungo, c’è da temere.

31Cotto emangiato

PARODIA. VALLARDI

107Ad personam

TRAVAGLIOCHIARELETTERE

1. Le perfezioni provvisorie 89CAROFIGLIO 114,00 SELLERIO

2. La mamma del sole 76VITALI 218,60 GARZANTI

3. Il peso della farfalla 59DE LUCA 37,50 FELTRINELLI

4. Il tempo che vorrei 59VOLO 418,00 MONDADORI

5. Bianca come il latte, ... 48D’AVENIA 519,00 MONDADORI

6. Hanno tutti ragione 42SORRENTINO 818 FELTRINELLI

7. La bellezza è un malinteso 35DAZIERI 917,50 MONDADORI

8. Sotto cieli noncuranti 31CIBRARIO 716,00 FELTRINELLI

9. Acciaio 25AVALLONE 618,00 RIZZOLI

10. Il bastone dei miracoli 20NIFFOI 1018,00 ADELPHI

CHE LIBRO FA...A LONDRA

GIOVANNA ZUCCONI

L’iPhonemacchinadel tempo

1. Ad personam 53TRAVAGLIO 216,90 CHIARELETTERE

2. La malapianta 45GRATTERI; NICASO 117,50 MONDADORI

3. Se niente importa... 33FOER 518,00 GUANDA

4. Così in terra, come in cielo 32GALLO 317,00 MONDADORI

5. La civiltà dell’empatia 26RIFKIN 622,00 MONDADORI

6. In cerca dell’anima... 20PAGLIA; SCAGLIA 419,00 PIEMME

7. La vita autentica 20MANCUSO 713,50 R. CORTINA

8. Annus horribilis 20BOCCA 1115,00 FELTRINELLI

9. A riveder le stelle. Come... 20GRILLO 1813,00 RIZZOLI

10. Liberascienza in libero stato 20HACK 816,50 RIZZOLI

I PRIMI DIECI INDAGINE DEMOSKOPEA

Nella settimana della Fiera di Bologna, per una vol-ta partiamo dal fondo, diamo uno sguardo ai «Ra-gazzi». Ancora e sempre Il piccolo Principe di Sa-

int Exupéry, evergreen di genitori, zii, insegnanti essendodifficile immaginare che i piccoli lettori se lo cerchino da so-li: esaurita l’abbuffata di Harry Potter, restano attrattipiuttosto dai loro autori seriali, come il goleador Garlandoe il proteiforme Stilton. Eppure nella ricerca presentatadall’Associazione Editori alla rassegna «Libri come» incorso a Roma, i dati indicano che la generazione in erba, de-finita «always on», sempre connessa fra telefonini, Inter-net, playstation, iPod, non trascura la carta, anzi legge in

media più degli adulti. E un’altra ricerca, pubblicata sul-l’ultimo numero di LiBeR, rileva nel corso degli anni co-stanti differenze fra i titoli più venduti in libreria e quellipiù richiesti nelle biblioteche. Insomma, molto dipende dal-l’offerta (forma, contenuto, contesto). Risalendo alle altretabelle, nessuna novità nella narrativa italiana; nella stra-niera appaiono i racconti di Oz; in saggistica, primeggiaTravaglio e rientrano Bocca e Grillo. C’è pure Berlusconi,con L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio, antolo-gia degli oltre 50 mila messaggi di solidarietà per il lenire ildolore inflitto dal fromboliere del Duomo, 14˚ (fuori tabel-la) nella «Varia» dove entrano invece le «confessioni» del

trans Efe, Quel che i mariti non dicono. Dunque, radi in-dizi di vigilia elettorale, momento sempre poco favorevoleper le vendite in libreria: lì, vista la bassa cucina della poli-tica, si preferiscono le ricette della Parodi, cui vanno i 100punti, aspettando Il nipote del Negus di Camilleri, appe-na uscito. Nell’attesa, tra un voto e un ex voto, potrà servireun romanzo che non c’entra nulla - autore Amedeo Romeo,editore Isbn - ma offre un perfetto titolo ricetta, chef PaoloConte: Non piangere coglione. Perché, come si legge in Ilsegreto del mondo di Carrière (Garzanti), «la situazioneè brutta, molto brutta. Il pessimista dice: “Peggio di cosìnon si può”. E l’ottimista: “Sì che si può! Sì che si può”».

PROSSIMAMENTE

MIRELLA APPIOTTI

A Chiarelettere: no

all’inciviltà

Classifiche TuttolibriSABATO 27 MARZO 2010

LA STAMPAX

5

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Page 11: Tuttolibri n. 1707 (27-03-2010)

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - XI - 27/03/10 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOLIBRI/11 - Autore: PAOGIR - Ora di stampa: 26/03/10 20.15

f

CICERONE

La repubblicaRizzoli Bur, pp. 583,€ 12

«Coniugare la vitacontemplativa dei grecicon quella pragmaticadei romani»

f

ÉMILE DURKHEIM

Le regole del metodosociologicoEinaudi, pp. XXX-230, € 16

«Una grande figura diricercatore autonomo inmaniera intransigente»

f

RICCARDO BACCHELLI

Il mulino del PoMondadori, 3 voll, € 24

«E’ un libro che ho amato.Dalla letteratura italianacontemporaneasonoabbastanzadeluso»

I PREFERITI

Il padre della sociologia italiana, una vita da studiosocontrocorrente: volgendo le spalle a Benedetto Croce,alla tradizione cattolica e al marxismo dogmatico

ALBERTOPAPUZZI

E' considerato unani-memente il grande padre dellasociologia italiana, il primo aavere la cattedra nella discipli-na, a Roma nel 1960, dopo averfondato dieci anni prima, conNicola Abbagnano, i Quadernidi sociologia, prima rivista ita-liana della materia. Ma adessoFranco Ferrarotti, 84 anni por-tati spavaldamente, figlio diagricoltori di Palazzolo Vercel-lese, battezzato il Piemonteseerrante per quanto ha girato ilmondo, denuncia una crisi del-la sua creatura.

Un libro-intervista appenauscito, Perché la sociologia? acura di due suoi allievi, Umber-to Melotti e Luigi Solvetti (edi-to in collaborazione da Monda-dori Università e dall'AteneoLa Sapienza), ricorda un suorecente ammonimento: «Hocominciato a fare sociologiaperché non ce n'era e oggim'interessa molto meno per-ché ce n'è troppa». Parte daquesta confessione un Diariodi lettura che ripercorre la sto-ria di questo intellettuale stra-ordinariamente poliedrico.

Cosa significa, professore,quell'ammonimento?

«Naturalmente è un'afferma-zione paradossale, tipica di chi,come me, soffre del complessod'Ulisse che una volta tornato aItaca riparte per le Colonned'Ercole, cioè non si sente maipago e cerca sempre nuove sfi-de. Avendo la sociologia avutosuccesso, corre il pericolo di tra-sformarsi da disciplina autono-ma, eticamente fondata, in unatecnica che si vende al migliorofferente».

Come giudica i sociologi do-po mezzo secolo dal loro in-gresso nelle università italia-ne?

«Ci sono ottimi studiosi ma cisono anche i praticoni. Per prati-coni intendo i colleghi che nonriescono in altre discipline e per-ciò si dedicano alla sociologia,

senza avere però l'enorme cultu-ra che richiede. Non sono certocontro le contaminazioni: IlvoDiamanti o Luca Ricolfi sonoper esempio giornalisti investi-gatori che frequentano benissi-mo la ricerca sociologica. Ma so-no eccezioni. In troppi altri casila sociologia rischia di diventareun refugium peccatorum».

Lei, da giovane, come è ap-prodato agli studi sociologi-ci?

«Cercavo cose meno astrattenella filosofia d'allora, idealisti-ca e crociana. Tenga conto cheho studiato da privatista, la miaè stata la formazione d'un auto-didatta. All'inizio degli AnniQuaranta i miei mi mandavanoal mare, poiché soffrivo di bron-copolmonite bilaterale. Mi man-davano a Sanremo e io ne appro-fittavo per frequentare la biblio-teca di Nizza, ricca di saggi di so-ciologia che non si potevano tro-vare da noi, coperti com'’rava-mo dalla soffocante cappa delneoidealismo».

Ma lei all’inizio degli AnniQuaranta era poco più cheun ragazzo!

«Proprio così. Pensi che io hodato la maturità classica daprivatista nel 1942 a 16 anni.Ricordo che per filosofia biso-gnava portare tre libri, io peròne portai sessantacinque, co-minciando da Platone e Aristo-tele, che avevo sempre studia-to da solo. I commissari di esa-me mi guardavano ridendo. Il

presidente si chiamava Ermene-gildo Bertola (che divenne poisenatore democristiano) e comin-ciò l'interrogazione quasi commi-serandomi. “Sentiamo il Fedro”.Allora io gli chiesi se voleva chemi riferissi all'edizione scolasticadi Paravia o a quella di Lipsia del1872. Durò cinque ore, alla fineBertola mi disse: “Lei è uno stu-dioso non uno studente”».

Quale autore e quale libro han-no più influenzato la sua pas-sione per la sociologia?

«Emile Durkheim, francese diorigini ebraiche e alsaziane, fon-datore dei Cahiers de sociologieche mi ispirarono i Quaderni disociologia. Una grande figura diricercatore autonomo in manie-ra intransigente, che ha studia-to di tutto, dalla divisione del la-voro alle ragioni dei suicidi, auto-re di un libro prezioso: Le regoledel metodo sociologico».

Si sa che da noi la sociologiaha fatto fatica a affermarsi:che nemici ha avuto?

«Innanzi tutto Benedetto Croce,per il quale non si potevano stu-diare i comportamenti dell’uo-

mo perché voleva dire oggetti-varlo. Poi la tradizione cattolica,che prevede di credere nellaprovvidenza. Infine il marxismodogmatico, specialmente nellaversione stalinista. Uno dei mieiprimi libri, La protesta operaia,venne stroncato dallo storico co-munista Paolo Spriano sulla pri-ma pagina dell’Unità nel 1955».

Lei ha frequentato due am-bienti molto elitari, due centridi vita intellettuale: l’Einaudie la Olivetti. Da Einaudi arrivòcome traduttore, alla fine del-la guerra. Che personaggi ri-corda? Chi le era più vicino?

«I miei amici einaudiani erano Fe-lice Balbo, che mi aveva introdot-to nella casa editrice, coltissimo,aristocratico, e Cesare Pavese,che avevo conosciuto in tempo di

guerra, a Casale dove era sfollato.Con lui facevo lunghe passeggia-te, su e giù per le colline dei dintor-ni. Ci divertivamo a declamare adalta voce, naturalmente in tede-sco, il “Chorus mysticus” delFaust di Goethe, suscitando lo stu-pore dei soldati tedeschi che ci ca-pitavadi incrociare».

Quindi nel 1948, tornato dall'Inghilterra, riceve un invito daAdriano Olivetti…

«Era una di quelle offerte che nonsi possono rifiutare. Un ufficiocontiguo al suo, nessun orario dilavoro, massima libertà e indipen-denza. Mi occupavo non della fab-brica ma del movimento di Comu-nità, che era la proiezione politicadel sogno imprenditoriale olivet-tiano. Mi accusarono di aver spin-to Adriano a entrare nella politi-ca, ma il problema era tutt’altro: ilnostro piano per il Canavese el'Eporediese poteva reggere sol-tanto se aveva una copertura ro-mana. Lui venne eletto deputatonelle elezioni del 1958, unico seg-gio vinto da Comunità, ma dopoun anno, amareggiato, si dimise,tre mesi prima di morire. Gli su-

bentrai sino a fine legislatura».Però poi abbandonò la politi-ca, nonostante molti inviti aproseguire. Come mai non cicredeva più?

«Perché il movimento di Comu-nità sosteneva una dura lottacontro i partiti. Siamo stati noi adiffondere il termine partitocra-zia, per denunciare l'usurpazio-

ne della volontà popolare da par-te dei partiti. Mani pulite c’eragià e l’avevamo capito. Perciò hosempre detto di no: a VittorioFoa, a Riccardo Lombardi, allaDc di sinistra o al Pci di Berlin-guer. Per un debito di coerenza.La forma partitica per com'èstrutturata impedisce agli uomi-ni di dare il meglio di sé. Ma poi,se devo essere sincero, io lasciaila vita politica perché mi piace-

va troppo, mi occupava troppotempo. Perché io, in realtà, ado-ravo la vita politica».

Ma lei frequenta anche la let-teratura? Legge, cioè, testi let-terari?

«Per me la letteratura è un'espe-rienza fondamentale, anche in re-lazione agli studi sociologici, per-ché rappresenta l’autoconsapevo-lezza con cui una società si espri-me attraversose stessa. Tutt'oggileggo Pindaro nel testo greco. Epoi tutti i poeti latini».

E qualcosa di contempora-neo? Qualcosa di narrativa?

«Vede, dalla letteratura italia-na contemporanea sono abba-stanza deluso. A parte Pavese.Ho conosciuto Moravia, ma loconsidero soprattutto un saggi-sta anche come romanziere.Nelle borgate romane mi capi-tava di incontrare Pier PaoloPasolini, che però ci andavaper le ragioni sue. Il fatto è chenoi non abbiamo avuto Balzac oFlaubert a tracciare un solco.Perché notoriamente non sia-mo una società coesa bensì unarcipelago di culture. Ci sono leeccezioni di Manzoni e Nievo e iloro epigoni. Per esempio io hoamato Riccardo Bacchelli e ilsuo Mulino del Po».

Ultima domanda: se può por-tare solo tre libri sulla prover-biale isola deserta, che titolisceglie?

«I detti memorabili di Socrateattribuiti a Senofonte. I fram-menti del De re publica di Cicero-ne, in particolare il Somnium Sci-pionis, in cui l'eroe di Zama spie-ga al nipote Emiliano che l'idea-le è coniugare la vita contempla-tiva dei greci con quella pragma-tica dei romani. Infine, lei non locrederà, mi porterei Dante, manon la Commedia, bensì la VitaNova, suo vero capolavoro».

«Ho cominciato a faresociologia perchénon ce n’era e oggim’interessa assai menoperché ce n’è troppa»

Diario di lettura TuttolibriSABATO 27 MARZO 2010

LA STAMPAXI

“Quando declamavoil Faust con Pavese”

«Comunità, il movimentodi Olivetti a cui aderii,già criticava i partiti:fummo noi a diffondereil termine partitocrazia»

«La letteratura?Non abbiamo avutoun Flaubert o un Balzaca tracciare il solco,mi rifugio in Bacchelli»

La vita. Franco Ferrarotti è nato a Palazzolo Vercellese nel 1926. Laureatosi in filosofia a Torino, con NicolaAbbagnano fondò nel 1951 i «Quaderni di Sociologia». Fu tra i collaboratori di Adriano Olivetti. In rappresentanzadel Movimento Comunità, deputato dal 1958 al 1963. Nel 1961 ottenne la prima cattedra di sociologia in Italia.

Le opere. E’ appena uscito, a cura di Umberto Melotti e Luigi Solvetti, «Perché la sociologia?» (Mondadori Università -La Sapienza, pp. 232, € 17). Da Laterza: «Manuale di sociologia» e «L’ultima lezione». Da Carocci: «Che cos’è la società».

Franco Ferrarotti

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