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----------------------------------------------------Ulcera Cutanea e Diabete –19 Giugno 2003 -- FURLINI S. & SOMA’ K.--- 1 ULCERA CUTANEA E DIABETE: Approccio Multidisciplinare RAZIONALE CUTE E DIABETE Nell’esperienza quotidiana di tutti gli operatori sanitari è ben presente la drammaticità che pervade l’iter dei processi ulcerativi, e ben note sono le conseguenze sul piano umano ed economico, relative all’ancor troppo elevato, e non sempre giustificato, numero di amputazioni maggiori a cui sono sottoposti i soggetti diabetici. Secondo Stadelmann W.K. (1998) il 70% delle lesioni ulcerative croniche cutanee è sostenuto da ulcere da decubito, ulcere venose e ulcere dei piedi nei soggetti diabetici. Diabete e riparazione tissutale patologica I dati disponibili dimostrano che i fibroblasti derivati dalle ulcere croniche hanno una ridotta proliferazione. Tale fenomeno è presente con maggiore intensità nelle cellule derivate da ulcere diabetiche. Di grande interesse sperimentale e clinico sono i risultati finora acquisiti in merito agli effetti dell’eparina sulla proliferazione dei fibroblasti. Studi clinici hanno dimostrato che eparine a basso peso molecolare somministrate per via s.c. a pazienti diabetici con ulcere croniche agli arti inferiori, hanno migliorato il processo di guarigione. (Jorneskog G. et al -1993- Low molecular weight heparin seems to improbe local capillary circulation and healing of chronic foot ulcers in diabetic patients. Vasa 22: 13-142). Studi recenti hanno identificato alterazioni a livello cellulare tali da compromettere la fase proliferativa della guarigione nel paziente diabetico. Le cellule implicate sembrano essere i macrofagi. La glicosilazione non enzimatica delle proteine pare essere coinvolta nelle alterazioni della matrice extracellulare del diabetico a tutti i livelli, e quindi anche nella cute con evidenti danni alla fase riparativa dell’ulcera. Le lesioni cutanee croniche in generale, e ancor più nel paziente diabetico, sembrano congelate in uno stato infiammatorio cronico a basso grado, nel senso che il completamento della fase digestiva ed il passaggio a quella proliferativa non si compiono. Sebbene il grande interesse che circonda la patologia ulcerativa agli arti inferiori nel soggetto diabetico si sia tradotto in un notevole numero di lavori di ricerca, la realtà di tutti i giorni testimonia quanto ancora si sia molto lontani dall’avere compreso l’intimo meccanismo che conduce al difetto di riparazione tissutale. Nel paziente diabetico l’argomento LCC si centra sulla porzione distale dell’arto inferiore, identificando una vera e propria forma morbosa: “il piede diabetico”. Si verifica a questo livello un duplice danno che vede come causa primigenia le elevate concentrazioni di glucosio ematico: la microangiopatia e la neuropatia. A tutto ciò si deve sommare l’effetto negativo della macroangiopatia che non è altro che una arteriopatia obliterante ad insorgenza precoce, bilaterale e maggiormente aggressiva. Per facilità didattica, si è soliti distinguere un “piede neuropatico” da un “piede microangiopatico”.

ULCERA CUTANEA E DIABETE APPROCCIO … CUTANEA E DIA… · -----Ulcera Cutanea e Diabete –19 Giugno 2003 -- FURLINI S. & SOMA’ K.--- 2 IL PIEDE DIABETICO NEUROPATICO La neuropatia

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UULLCCEERRAA CCUUTTAANNEEAA EE DDIIAABBEETTEE:: AApppprroocccciioo MMuullttiiddiisscciipplliinnaarree RAZIONALE CCUUTTEE EE DDIIAABBEETTEE Nell’esperienza quotidiana di tutti gli operatori sanitari è ben presente la drammaticità che pervade l’iter dei processi ulcerativi, e ben note sono le conseguenze sul piano umano ed economico, relative all’ancor troppo elevato, e non sempre giustificato, numero di amputazioni maggiori a cui sono sottoposti i soggetti diabetici. Secondo Stadelmann W.K. (1998) il 70% delle lesioni ulcerative croniche cutanee è sostenuto da ulcere da decubito, ulcere venose e ulcere dei piedi nei soggetti diabetici. Diabete e riparazione tissutale patologica I dati disponibili dimostrano che i fibroblasti derivati dalle ulcere croniche hanno una ridotta proliferazione. Tale fenomeno è presente con maggiore intensità nelle cellule derivate da ulcere diabetiche. Di grande interesse sperimentale e clinico sono i risultati finora acquisiti in merito agli effetti dell’eparina sulla proliferazione dei fibroblasti. Studi clinici hanno dimostrato che eparine a basso peso molecolare somministrate per via s.c. a pazienti diabetici con ulcere croniche agli arti inferiori, hanno migliorato il processo di guarigione. (Jorneskog G. et al -1993- Low molecular weight heparin seems to improbe local capillary circulation and healing of chronic foot ulcers in diabetic patients. Vasa 22: 13-142). Studi recenti hanno identificato alterazioni a livello cellulare tali da compromettere la fase proliferativa della guarigione nel paziente diabetico. Le cellule implicate sembrano essere i macrofagi. La glicosilazione non enzimatica delle proteine pare essere coinvolta nelle alterazioni della matrice extracellulare del diabetico a tutti i livelli, e quindi anche nella cute con evidenti danni alla fase riparativa dell’ulcera. Le lesioni cutanee croniche in generale, e ancor più nel paziente diabetico, sembrano congelate in uno stato infiammatorio cronico a basso grado, nel senso che il completamento della fase digestiva ed il passaggio a quella proliferativa non si compiono. Sebbene il grande interesse che circonda la patologia ulcerativa agli arti inferiori nel soggetto diabetico si sia tradotto in un notevole numero di lavori di ricerca, la realtà di tutti i giorni testimonia quanto ancora si sia molto lontani dall’avere compreso l’intimo meccanismo che conduce al difetto di riparazione tissutale. Nel paziente diabetico l’argomento LCC si centra sulla porzione distale dell’arto inferiore, identificando una vera e propria forma morbosa: “il piede diabetico”. Si verifica a questo livello un duplice danno che vede come causa primigenia le elevate concentrazioni di glucosio ematico: la microangiopatia e la neuropatia. A tutto ciò si deve sommare l’effetto negativo della macroangiopatia che non è altro che una arteriopatia obliterante ad insorgenza precoce, bilaterale e maggiormente aggressiva. Per facilità didattica, si è soliti distinguere un “piede neuropatico” da un “piede microangiopatico”.

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IILL PPIIEEDDEE DDIIAABBEETTIICCOO NNEEUURROOPPAATTIICCOO

La neuropatia diabetica è definita come un danno a carico del sistema nervoso periferico, somatico o vegetativo, attribuibile unicamente al diabete. Si può manifestare con diversi quadri clinici ma la forma più frequente è la polineuropatia distale simmetrica, forma che sta alla base del piede neuropatico e determina la compromissione di tutte e tre le componenti: sensitiva, motoria e vegetativa. Neuropatia sensitiva Inizia con la riduzione della sensibilità vibratoria a cui segue la dolorifica e termica con completa anestesia del piede. I primi disturbi sensitivi si manifestano alle dita coinvolgendo successivamente tutto il piede e le gambe con tipica disposizione “a calza”. In alcuni casi si ha presenza di dolore urente o dolore profondo, sordo e lancinante (neuropatia dolorosa). Tipiche le parestesie e le disestesie. La perdita della sensibilità è “conditio sine qua non” per sviluppare un’ulcera: il piede diviene insensibile agli elementi lesivi esterni.

FATTORI DI LESIONE

ESTRINSECI Calzature non appropriate Cammino a piedi scalzi Cadute ed incidenti Oggetti all’interno delle scarpe

INTRINSECI Prominenze ossee Limitata mobilità articolare Deformità articolare Callo Precedenti amputazioni Precedenti ulcere Charcot

Neuropatia motoria Responsabile delle modificazioni morfologiche e funzionali del piede. Determina perdita del tono e progressiva atrofia dei muscoli intrinseci del piede.

• Iperestensione dorsale della articolazione metatarso-falangea • Accentuazione dell’arco plantare • Dita a martello o ad artiglio • Piede cavo • Alluce valgo

Ciò comporta una alterazione dei carichi con creazione di aree di abnorme carico pressorio con comparsa di ipercheratosi quale meccanismo di difesa formazione di callo. Questo costituisce un corpo estraneo, traumatizzando i tessuti cutanei e sottocutanei. La diretta conseguenza del trauma è la formazione di raccolta a contenuto sieroso o siero-ematico che si estende progressivamente in profondità per poi aprirsi all’esterno, determinando l’ulcera. La lesione può essere di piccole dimensioni esternamente, ma molto estesa in profondità. Appare con bordo fibrotico, bianco, circondato da tessuto ipercheratosico.

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Neuropatia autonomica Il sistema nervoso vegetativo esercita un controllo sulla circolazione cutanea. Fisiologicamente il sistema simpatico determina una vasocostrizione arteriolare. Con la perdita del tono simpatico si ha aumento del flusso cutaneo, aumento della temperatura, aumento della permeabilità capillare con formazione di edema. Inoltre, nella neuropatia si ha una apertura degli shunt AV con passaggio di sangue arterioso direttamente nel distretto venoso e aumento del contenuto di ossigeno nel sangue refluo della gamba. La denervazione simpatica porta ad una alterazione della sudorazione con completa anidrosi della cute del piede che si presenta:

• anelastica • secca • desquamata • fissurata (specie in regione calcaneare) • ricca di flora batterica a maggiore potenzialità patogena (da modificazioni del pH

per anidrosi) Altra conseguenza del mancato controllo simpatico è la comparsa sulla parete arteriosa di calcificazioni lineari della tunica media (sclerosi di Monkeberg) con conseguente aumento della rigidità vascolare.

IL PIEDE DIABETICO

Caldo

Dita ad artiglio

Distensione vene del dorso

Alluce valgo

Cute anidrosica e fissurata

Dita a martello

Atrofia dei muscoli interossei

Dita sovrapposte

Arco plantare accentuato

Teste metatarsali prominenti

Piede di Charcot Processo patolologico che sconvolge l’architettura osteoarticolare e la morfologia del piede creando le condizioni che favoriscono l’insorgenza di ulcere. Le alterazioni interessano le ossa tarso-metatarsali con:

• osteoporosi diffusa • micro-macro fratture con frammentazioni • articolazioni lussate • dislocazione frequente del cuboide o del cuneiforme • Si ottiene: • sublussazione delle ossa tarsali verso il basso • inversione della volta plantare (“suola a dondolo”). • Scomparsa delle teste metatarsali per riassorbimento • avampiede assottigliato, piede accorciato

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Conclusioni meccaniche Neuropatia motoria atrofia muscoli intrinseci deformità

ipercarichi (teste metatarsali) aree ipercheratosiche accentuazione del carico localizzato.

Come migliorare la situazione?

• Togliere il callo (riduzione 30% del carico) • Uso di plantari (ridistribuzione dei carichi)

Alterazioni biomeccaniche dell’arto inferiore: • modificazione del passo • instabilità posturale • compromissione della articolazione tibio-tarsica (dovuta alla neuropatia motoria che

interessa anche i muscoli della gamba ed in particolare quelli della loggia anteriore) • riduzione in ampiezza dei movimenti del piede (tendinopatia diabetica dei flessori

dorsali e plantari del piede). IILL PPIIEEDDEE DDIIAABBEETTIICCOO VVAASSCCOOLLAARREE

Domina in questa forma morbosa l’arteriopatia obliterante periferica (AOP) che nel diabetico assume le seguenti caratteristiche:

• più frequente • più precoce • più rapidamente progressiva • non risparmia le donne anche in età fertile • prevalentemente distale e bilaterale

Si calcola che nel diabetico il rischio di ischemia cronica critica degli arti inferiori sia aumentato di 5 volte rispetto la popolazione generale. E’ considerata il fattore patogenetico della non guarigione del 60% delle ulcere e motivo del 40% delle amputazioni maggiori. “Un’ulcera puramente neuropatica, se ben curata, deve guarire. Se non guarisce le ipotesi sono due:

1. il trattamento è stato inidoneo 2. quell’ulcera non è puramente neuropatica” (E. Faglia, Milano)

E’ stato ampiamente dimostrato che procedure di rivascolarizzazione anche molto distali, sia con angioplastica che con by-pass, sono fattibili più di quanto ritenuto possibile in passato, e sono in grado di modificare la prognosi amputativa. NB= Trascurare l’accuratezza diagnostica di questa patologia significa rischiare di privare alcuni pazienti di una opportunità terapeutica di indiscussa efficacia. Importante nel diabetico è sempre la considerazione riguardo alla presenza di neuropatia, quindi di ridotta sensibilità agli stimoli dolorosi. Questo determina una sostanziale difficoltà nella diagnosi d’ischemia funzionale, in quanto molto spesso la malattia diabetica si accompagna ad AOP in assenza di claudicatio.

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In uno studio del 1998 di E. Faglia et all. è stato evidenziato come in 104 pazienti ospedalizzati per grave ulcera del piede, ben 103 presentavano AOP all’arteriografia ma solo nel 27% di questi, era presente una claudicatio. Di qui la necessità di programmare un iter diagnostico vascolare il più accurato possibile in tutti i pazienti diabetici affetti da Lesione Cutanea Cronica (angiografia). Grazie alle nuove tecniche angiografiche ed alla messa a punto di precisi protocolli di idratazione prima e dopo l’esame, il rischio di tossicità renale è divenuto molto basso anche nei diabetici. Dalla letteratura risulta importante sottoporre ad arteriografia tutti i diabetici con ulcera al piede che abbia le seguenti caratteristiche: • grado 2 Wagner che non guarisce in 30 gg. di cure • grado > 2 Screening dell’AOP Diabetici ad alto rischio di AOP

TIPO 1

TIPO 2

> 20 anni di malattia > 40 < 70 anni d’età > 40 < 70 anni d’età

Con

- Cardiopatia ischemica e/o cerebrale - Proteinuria

Oppure con 2 dei seguenti fattori

- Colesterolo tot >250 mg/dl - Trigliceridi >400 mg/dl - Colesterolo HDL <45 se F; <35 se M - Ipertensione Arteriosa - Tabagismo

Su questi pazienti è utile effettuare lo screening con angiografia.

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Diagnosi

DIABETICO – ULCERA

DIABETICO + ULCERA

Ispezione del piede Claudicatio Polsi assenti, soffi Wagner 2 senza miglioram 30 gg

Wagner >2 Alto rischio vascolare

ABPI ANGIOGRAFIA >0,9 <=0,9 >0,5 <=0,5 F.U. Ecodoppler Angio. Procedure vascolari annuale Terapia vasoattiva

L’aspetto diagnostico deve ruotare intorno al paziente di 360 gradi. Poiché la malattia diabetica interessa non solo i vasi dell’arto inferiore, risulta indispensabile operare uno screening generale diabetologico completo con:

• equilibrio glico-metabolico • studio del cuore • studio vascolare cerebrale (ecodoppler TSO) • studio della situazione renale (clearances e AER) • studio retinico • quadro lipidico • stato infiammatorio-coagulativo • EMG

Terapia Scopi della terapia dell’AOP sono:

• Migliorare l’autonomia di marcia del claudicante • Rallentare la progressione distrettuale della malattia al fine di prevenire l’ischemia

critica • Prevenire la diffusione della malattia e ridurre il rischio di eventi cardio-vascolari

maggiori • Perseguire il salvataggio dell’arto nei pazienti giunti all’ischemia cronica critica.

AUTONOMIA DI MARCIA Esercizio fisico (camminare resta il presidio fondamentale !!) Abolizione del fumo Riduzione dell’obesità Farmaci: pentossifillina e buflomedil attivi sulla viscosità ematica ticlopidina antiaggregante antitrombotici “minori” sulodexide, mesoglicano, defibrotide propionil-L-carnitina attiva sul metabolismo muscolare

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PROGRESSIONE DELLA MALATTIA Controllo dei fattori di rischio modificabili: fumo, diabete, ipertensione, obesità, dislipidemia, sedentarietà Farmaci antiaggreganti: ASA, ticlopidina, clopidogrel, statine SALVATAGGIO DELL’ARTO Procedure chirurgiche o interventistiche Farmaci vasodilatatori: prostaglandine Medicazione delle lesioni ulcerative Terapia del dolore: Il paziente ischemico presenta un livello di dolore spesso drammaticamente più elevato, pertanto si consiglia l’applicazione di elastomeri sottocute, cateterini peridurali, pompe infusionali e morfinici a dosaggi terapeutici da subito. Particolare attenzione va posta all’equilibrio cardio-vascolare in quanto la ben nota scarica adrenergica dovuta al dolore causa l’instaurarsi di un circolo vizioso peggiorativo con frequente decesso del paziente per IMA, scompenso cardiaco acuto, EPA, ictus cerebri. CCLLAASSSSIIFFIICCAAZZIIOONNEE DDEELLLLEE UULLCCEERREE NNEELL DDIIAABBEETTIICCOO Occorre definire prima di tutto due entità spesso compresenti all’ulcera vera e propria: LESIONI PRE-ULCERATIVE: paracheratosi, onicodistrofie, ipotrofia cutanea, disidrosi LESIONI POST-ULCERATIVE: cicatrici, lesioni di trasferimento (modificazioni di struttura dovute ad interventi terapeutici) CLASSIFICAZIONE DI WAGNER

GRADO 0 Assenza di ulcerazioni attive Eventuale edema Deformità

Cellulite Lesioni pre-ulcerative

GRADO 1 Ulcera superficiale

GRADO 2 Ulcera profonda fino al tendine

Fino alla capsula articolare Fino all’osso

GRADO 3 Ulcera profonda con ascesso

Osteomielite Artrite settica

GRADO 4 Gangrena localizzata all’avampiede

Gangrena localizzata al tallone

GRADO 5 Gangrena di tutto il piede

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Importanza delle unghie: spesso distrofiche e colonizzate da miceti, possono costituire il punto di partenza dai margini (perionichia) di un processo infettivo che si localizza sotto il letto ungueale dando origine a veri e propri ascessi, soprattutto nei pazienti ischemici. IMPOSTAZIONE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICA

GRADO

DIAGNOSI TERAPIA

Grado 0 E. O. mirato Educazione Calzature adeguate

Grado 1 E. O. mirato Scarico della lesione RX del piede Medicazione avanzata

Grado 2 RX del piede Toeletta Esplorazione lesione Scarico della lesione Valutazione circolo Event. rivascolarizzazione

Grado 3 RX del piede Drenaggio-detersione Colturale

Valutazione circolo ATB sistemici Event. rivascolarizzazione

Grado 4 Come nel grado 3 Come nel grado 3 + Seccare la necrosi

Amputazioni minori

Grado 5 Come nel grado 4 + Valutazione sistemica

Come nel grado 4 + Amputazioni maggiori

Poiché la classificazione di Wagner non teneva in considerazione le condizioni vascolari locali e quindi la presenza o meno di ischemia, fattore che condiziona maggiormente l’evolutività delle lesioni, è stato recentemente messo a punto un sistema di inquadramento e classificazione che valutasse in modo più completo la lesione. (Classificazione Texas University)

Grado 0

Grado 1 Grado 2 Grado 3

Stadio A Zona non ulcerata o zona completamente

riepitelizzata

Ulcera superficiale che non coinvolge

tendini capsule o ossa

Ulcera penetrante in

tendini o capsule

Ulcera penetrante in

ossa o articolazioni

Stadio B Con infezione

Con infezione

Con infezione

Con infezione

Stadio C Con ischemia

Con ischemia

Con ischemia

Con ischemia

Stadio D Con infezione e ischemia

Con infezione e ischemia

Con infezione e ischemia

Con infezione e ischemia

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Clinica della lesione Quando il piede assume visibilità ischemica, si è già in presenza di una AOP di grado severo.

Piede vascolare Piede neuropatico

Aspetto

Atrofico Deforme

Cute

Sottile Ipercheratosica

Colorito

Pallido Rossastro

Temperatura

Ridotta Aumentata

Vene

Esili Turgide

Polsi

Iposfigmici Assenti

Presenti

Quadro clinico tipico:

• gangrena delle dita • ulcerazioni in qualsivoglia parte del piede

Gangrena secca richiede la mummificazione da cui, talvolta, si ha autoamputazione Gangrena umida dal principio o per evoluzione da secca per cause infettive L’infezione è la minaccia più infausta per una lesione vascolare: i tessuti ipossici sono un ottimo pabulum per i germi, soprattutto per gli anaerobi. Terapia Nelle lesioni diabetiche è ancora più pregnante l’approccio globale al paziente:

• raggiungere e mantenere l’equilibrio glico-metabolico • terapia antinfettiva • terapia chirurgica • scarico delle lesioni con calzature apposite o apparecchi gessati

Viene coinvolta quindi una costellazione di specialisti:

• diabetologo • angiologo • neurologo • ortopedico • fisiatra • chirurgo • angio-chirurgo

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DETERSIONE Rimozione del materiale inerte e necrotico dal contesto della lesione. Chirurgica : rimozione con mezzi fisici (tipico esempio del bisturi) dei tessuti necrotici e apertura di tramiti fistolosi e formazioni ascessuali; manovra indispensabile nel caso delle tilectomie per ridurre i carichi locali e nel caso di infezioni profonde peraltro assai frequenti nel paziente diabetico. Ulcerectomia: asportazione chirurgica della zona ulcerata con rimodellamento osteoarticolare. Si asportano così i margini cronicamente infiammati lasciando spazio a tessuto sano e più facilmente riepitelizzante. Laddove nel fondo fossero presenti segmenti ossei o articolari, è possibile attuare un rimodellamento o asportazione, nel caso di compresente infezione, consentendo al fondo di ferita di granuleggiare su tessuto sano. Autolitica: mediante idrogel che attiva le proteinasi del fondo di ferita, garantendo una colliquazione dei tessuti necrotici. Tale tecnica può essere quindi adottata anche al domicilio, ma non in caso di infezione. Enzimatica: apposizione sulla lesione di collagenasi, proteasi in preparazione topica. Frequenti le sensibilizzazioni, l’inattivazione rapida da parte degli enzimi tissutali e la durata del trattamento è spesso molto lunga e costosa. STERILIZZAZIONE Eradicazione dell’infezione dai tessuti ma anche a livello sistemico. Prevede l’uso di antibiotici sistemici e medicazioni antisettiche. Fase acuta: irrigazione con acqua ossigenata, iodopovidone e fisiologica (in questo ordine rispettando intervalli di qualche minuto tra un presidio e l’altro); posizionamento di garza allo iodopovidone. Fase sub-acuta: irrigazione con fisiologica e posizionare garza allo iodopovidone. Fase cronica: possibile continuare fino alla formazione di tessuto di granulazione con garza allo iodopovidone o passare a garze grasse (valutare idrocolloidi). Importante: gli antisettici vanno cambiati almeno una volta al giorno nella fase cronica; nella fase acuta e spesso anche nella sub-acuta, è indispensabile un cambio ogni 12 ore, se non ogni 8, in quanto il rischio di osteomielite e quindi di elevata probabilità di amputazione, è elevatissimo. STIMOLAZIONE DEI PROCESSI RIPARATIVI Meccanica: abrasione del fondo e bordi di ferita con garza (ndr: sigh !?!) o con bisturi e curette (ndr 2: sigh sigh, ahii !!??) fino al sanguinamento del tessuto di granulazione. (Sistema MAI adottato durante lo studio né contemplato dalla scuola del Prof.Ricci alla quale questo lavoro si ispira). Fattori di crescita: applicazione di PDGF sul fondo di ferita. Tecnica in corso di studio. Ingegneria tissutale: fibroblasti e cheratinociti autologhi su supporto di acido jaluronico, applicati più volte sulla lesione, stimolano la rigenerazione dei tessuti attraverso la liberazione di fattori di crescita. Medicazioni avanzate: schiume di poliuretano, idrofibre, alginati. Autoinnesto cutaneo: indicata nelle vaste lesioni superficiali in fase di avanzata granulazione. Secondo A. Piaggesi (Pisa), “…è utile stabilire un limite massimo di tempo, o meglio una finestra temporale, per valutare se le diverse fasi stanno correttamente procedendo nel senso della guarigione.

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FASE ACUTA Con infezione

7-21 giorni

FASE ACUTA Post infettiva

3-15 giorni

FASE SUB-ACUTA Pre-proliferativa

5-15 giorni

FASE CRONICA Proliferativa

Fino a 6 mesi (Dipende dall’entità della

perdita di sostanza) LLEE IINNFFEEZZIIOONNII NNEELL PPIIEEDDEE DDIIAABBEETTIICCOO Nei pazienti diabetici è stata dimostrata un’incidenza maggiore di malattie infettive dell’arto inferiore. Le infezioni del piede costituiscono infatti la più comune causa di ospedalizzazione per malattie infettive nei diabetici. Patogenesi I soggetti con vasculopatia periferica presentano un deficit nella capacità di sviluppare un’appropriata risposta infiammatoria a causa della scarsa perfusione dei tessuti, con conseguente alterazione dei processo di guarigione dei tessuti. Immunità umorale normale Immunità cellulare diminuzione delle funzioni dei PMN e Mo. Nel diabetico si ha una alterazione della attività battericida, chiaramente correlata allo scompenso metabolico e che si normalizza soltanto dopo 48 ore di euglicemia. Caratteristiche cliniche Le infezioni al piede sono correlate, nella quasi totalità dei casi, alla neuropatia più che alla vasculopatia. Spesso i sintomi ed i segni dell’infezione possono essere confusi con i segni della neuropatia o dell’angiopatia e perciò misconosciuti. In tal modo, è frequente che un’infezione sia in realtà più estesa di quanto non appaia. TESSUTI MOLLI : ogni infezione dei tessuti molli può diffondersi lungo le fasce interessando tutto l’arto. Stafilococchi e streptococchi producono enzimi angiotossici che provocano trombosi “in situ” con necrosi e gangrena. Le lesioni cutanee necrotizzanti si presentano in tre modi: Cellulite necrotizzante: sottocutanea, progressiva Fascite necrotizzante: fino ai muscoli, cute risparmiata, ampi ascessi infiltranti e fistolizzati, stato tossico Cellulite crepitante: gas nei tessuti, secrezione scura e fetida OSTEOMIELITE: la complicanza più grave. Può insorgere per contiguità d’infezioni trascurate o maltrattate. Interessa ogni porzione dell’impalcatura ossea del piede con predilezione delle teste metatarsali e le piccole ossa delle dita. Eseguire RX in ogni paziente diabetico febbrile con dolore localizzato.

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Microbiologia Numerosi organismi sono implicati nell’eziologia delle infezioni del piede diabetico. Il miglioramento delle tecniche di coltura ha dimostrato la genesi polimicrobica con partecipazione frequente di germi anaerobi. Anaerobi: associati a lesioni profonde, necrotizzanti ed associate a focolai di osteomielite. Clinicamente si assiste ad:

• odore fetido • enfisema sottocutaneo • secrezione purulenta e di colore rosso scuro

Il 20% delle infezioni locali può evolvere in batteriemia. I patogeni in causa sono più frequentemente aerobi (S. Aureus) ma anche anaerobi (B. Fragilis).

Specie microbiche GRAM + Staph.Aureus S. Coagulasi neg Strepto Agalactiae Enterococchi Corynebacteri GRAM - Pseudominas Aeruginosa Proteus Enterobacter Escherichia Coli

Terapia Prevede quattro momenti fondamentali:

1. DIAGNOSI essenzialmente clinica dell’infezione 2. VALUTAZIONE dell’interessamento osseo mediante RX 3. TERAPIA ANTIBIOTICA sistemica 4. ANTISETTICI locali previo accurato debridment

Ascessi e raccolte profonde:

• drenaggio chirurgico • asportazione dei tessuti necrotici • primo e unico passaggio con acqua ossigenata • lavaggio con iodopovidone • lavaggio con fisiologica (non indispensabile al primo intervento in quanto lo

iodio lasciato in loco agirebbe per un tempo maggiore) • garze allo iodopovidone / medicazioni all’argento / garze alla clorexidina • nei tragitti fistolosi si ottiene una buona detersione utilizzando idrogel (E.

Ricci) • medicazione necessariamente effettuata una volta al dì

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Osteomielite: • intervento chirurgico di pulizia locale • medicazione con garze alla clorexidina o iodopovidone • cambio medicazione quotidiano

Infezioni superficiali:

• asportazione tessuti necrotici • medicazione con garze alla clorexidina o iodopovidone • cambio medicazione quotidiano

Scelta dell’antibiotico: L’antibiotico terapia locale non viene praticata a causa della scarsa efficacia, dei frequenti fenomeni di sensibilizzazione e di resistenza. Inoltre, data l’alta frequenza di disseminazione ematica di alcuni batteri, si preferisce rivolgersi all’antibioticoterapia sistemica. OSTEOMIELITI : proposti più schemi terapeutici combinati. La terapia va eseguita necessariamente ev e per tempi molto lunghi (anche 30-40 giorni). Il trattamento delle osteomieliti è di competenza specialistica. Buoni risultati con: NB = Alla terapia antibiotica va associata obbligatoriamente:

• correzione dello stato glico-metabolico usare insulina • correzione delle alterazioni coagulative del microcircolo (si verifica una CIL=

coagulazione intravasale localizzata) eparina bpm • correzione dello stato infiammatorio • terapia del dolore • anabolismo spinto (E. Ricci)

LLAA PPRREEVVEENNZZIIOONNEE

Prevenzione

Obiettivi

PRIMARIA - Prevenire la comparsa di neuropatia e vasculopatia

SECONDARIA - Prevenire l’insorgenza di lesioni ulcerative in presenza di neuropatia/vasculopatia

TERZIARIA -Prevenire le amputazioni e conservare l’integrità anatomica del piede in presenza di ulcera. - Prevenire le recidive.

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Punti cardine • Ispezione ed esame del piede • Identificazione del piede a rischio • Educazione del paziente e del caregiver • Calzature idonee • Trattamento della patologia non ulcerativa

AMBULATORIO INFERMIERISTICO E’ un sistema organizzato, destinato alla prevenzione e cura della patologia ulcerativa nel diabetico. Obiettivi:

• ottimizzazione delle risorse • identificare i pazienti ad alto rischio, educandoli alla prevenzione • diagnosi delle specifiche lesioni • rapido e corretto trattamento della lesione • fornire visite di controllo regolari ed a breve distanza di tutte le lesioni, possibilità di

accesso senza prenotazione per emergenza • prevenire la comparsa di recidive e nuove problematiche nel paziente guarito

“Il piede diabetico è una patologia multifattoriale e come tale richiede la collaborazione di diversi specialisti attraverso un sistema organizzato. L’ambulatorio del piede diabetico si pone come centro organizzativo e terapeutico, trait d’ union fra le differenti aree di interesse”. (E.Ricci) ATTIVITA’ INFERMIERISTICA Esame clinico

• Ispezione • Palpazione • Valutazione della sensibilità

-vibratoria -termica -tattile

• Controllo delle scarpe • Controllo della situazione generale (PAOS, FC, peso)

Provvedimenti

• Educazione • Tilectomia • Taglio delle unghie • Indice di Windsor

Ispezione

• Forma • Trofismo della cute (disidrosi) • Presenza di calli • Annessi cutanei (unghie e peli) • Spazi interdigitali • Consumo della calzatura

Palpazione • Termia cutanea • Arteria pedidia e

tibiale posteriore • Aree di colliquazione • Prominenze ossee

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E’ molto importante prendere confidenza con le sensazioni tattili che danno i piedi dei pazienti diabetici: la rugosità dell’ipo-anidrosi, la macerazione interdigitale, la tensione cutanea, la sensazione termica da comparare bilateralmente.

ISPEZIONE + PALPAZIONEISPEZIONE + PALPAZIONE

PIEDE A RISCHIOPIEDE A RISCHIO PIEDE NON A RISCHIOPIEDE NON A RISCHIO

CONTROLLI CONTROLLI FREQUENTIFREQUENTI

CONTROLLI CONTROLLI DILAZIONATIDILAZIONATI

Identificazione del piede a rischioIdentificazione del piede a rischio

CURA ED IGIENE DEL PIEDE

• Autoispezione (impiego di specchi o collaborazione dei familiari) • Controllo delle ipercheratosi • Mantenere la cute ingrassata • Corretto taglio delle unghie • Evitare la macerazione • Evitare di camminare senza calzature • Controllo delle infezioni interdigitali • Disinfezione e sorveglianza delle piccole lesioni • Evitare l’eccessivo uso di antisettici

CONTROLLO DELLE SCARPE

• Confortevole • Tomaia morbida • Suola rigida a barchetta • Plantare su misura in materiale soffice • Dimensioni congrue • Tacco di 3-4 cm • Senza aree di possibile conflitti

Il taglio delle unghie deve avvenire evitando di creare curvature che pieghino sugli angoli. L’unghia infatti presenta maggior crescita nei punti di taglio. Effettuando un accorciamento squadrato, si evita la crescita verso l’interno e quindi la genesi di lesioni cutanee periungueali, porta d’ingresso sicura per batteri e miceti.

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Di fronte a fatti infettivo-infiammatori, linfangitici o improvvisi peggioramenti dell’ulcera o ancor più evidenti raccolte ascessuali nella compagine del piede, è importante un’attenta osservazione delle unghie e dei calli presenti sulle zone di carico digitali, in quanto spesso sede di piccoli processi infettivi sub-clinici che fanno da ingresso all’agente infettante i tessuti profondi.

GENESI DEL DANNO

AREE DI IPERCARICO