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LA NUOVA S. SEVERINO EDIZIONI 2017 ULISSE Un eroe fuori dagli schemi Classe I Sezione F SCUOLA MEDIA INFERIORE "S. TOMMASO"

ULISSE - Scuola Media "S. Tommaso" Mercato San Severino · SCUOLA MEDIA INFERIORE "S. TOMMASO" 2 ULLI SSEE CEE PCAALLIIPSSOO LAA TSSTOORRIIAA Secondo il racconto dell'Odissea di Omero,

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LA NUOVA S. SEVERINO EDIZIONI

2017

ULISSE Un eroe fuori dagli schemi

Classe I Sezione F

SCUOLA MEDIA INFERIORE "S. TOMMASO"

2

UULLIISSSSEE EE CCAALLIIPPSSOO

LLAA SSTTOORRIIAA

Secondo il racconto dell'Odissea di Omero, Calipso era figlia di Atlante e viveva

sull'isola di Ogigia, che l'autore pone nel Mar Mediterraneo, di fronte a Gibilterra.

Donna bellissima e immortale, Calipso fu punita dagli dei per essersi schierata

dalla parte del padre nella Titanomachia. Fu costretta a rimanere sull'isola di

Ogigia, dove le Moire mandavano uomini bellissimi ed eroici di cui non faceva che

innamorarsi, ma che poi dovevano partire. Calipso abitava in una grotta profonda

con molte sale. Essa si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi

e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare o a

tessere con le schiave, anch'esse ninfe.

Un giorno Ulisse, scampato al vortice di Cariddi, approdò sull'isola e Calipso se ne

innamorò. L'Odissea racconta come ella lo amò e lo tenne con sé per sette anni

offrendogli invano l'immortalità perché Ulisse conservò in fondo al cuore il

desiderio di tornare ad Itaca. Questo desiderio fu accolto da Atena, la quale,

dispiaciuta per il suo protetto, chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora

mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore

acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, provviste per il viaggio e

gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

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UULLIISSSSEE EE CCAALLIIPPSSOO

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

All’inizio dell'Odissea, troviamo Ulisse ospite della ninfa Calipso nell’isola di

Ogigia. Qui l’eroe passa addirittura sette anni, anche se non tutti felicemente.

Della ninfa, infatti, s’era già stufato da tempo, ma non poteva andarsene da lì,

non avendo una nave perché suoi compagni avevano trasgredito ad un preciso

ordine divino: una volta sbarcati in Trinacria (cioè la Sicilia), isola sacra al dio

Sole, non avrebbero mai dovuto uccidere, per cibarsene, le vacche sacre, nemmeno

in preda alla fame più nera. Neanche a dirlo, esaurite le provviste, gentilmente

offerte da Circe che avevano portato con sé, i suoi compagni si danno alla caccia e,

sacre o non sacre, uccidono proprio quelle vacche lì. A questo punto, Elios chiese

vendetta al padre degli dei e così, una volta ripartiti, i sacrileghi furono abbattuti

da una violenta tempesta scatenata da Zeus. Il solo Ulisse si salvò e dopo dieci

giorni di sofferenze e fatiche, venne scagliato dagli dei sull’isola di Calipso.

Calipso era una donna molto caparbia: innamoratasi dell'astuto principe, non lo

mollava, viveva con lui un legame amoroso per un periodo che al nostro eroe

sembrava un'infinitità. Gli prometteva l’immortalità che puntualmente lui

rifiutava, struggendosi in pensieri malinconici e fiumi di lacrime. Probabilmente

Ulisse sperava di svegliarsi da un sogno che stava diventando un incubo, di

ritrovarsi a casa, fra la sua gente, nella sua reggia, confortato dai suoi affetti più

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cari. Magari si augurava che, destandosi, la stessa guerra di Troia non sia mai

esistita.

In questo episodio il nostro protagonista non mostrò proprio quelle qualità di

spirito ("cuore pronto e animo coraggioso") di cui parlano le fonti successive alla

prima stesura dell'opera. In essa, l’eroe greco era un imbroglione, un ingannatore,

un inventore di storie false e un oratore illusionista. Tale apparve anche a Virgilio

nell’Eneide, a Ovidio nelle Metamorfosi, a Stazio nell’Achilleide, e a tutta una

serie di scrittori posteriori. Non c’è alcun dubbio sul fatto che Dante lo relegò

all’inferno per le sue frodi.

Allora se non erano state le sue virtù ad attrarla, era stato il suo fisico prestante?

Macché! Nel terzo canto dell’Iliade, Priamo chiede a Elena di identificare i capi dei

guerrieri Achei visibili dalla torre presso le porte Scee. Nel descrivere Ulisse lei

disse che -"gli sembrava più piccolo della testa di Agamennone Atride, ma più largo di

spalle e di petto a vedersi". - Un uomo minuto quindi, con un corpo non

effettivamente proporzionato ma pur non essendo un Adone, fece ardere d’amore

la dea dell’acqua.

Ma l'idillio ha breve durata perché mentre la ninfa, come tutte le donne, siano esse

mortali o immortali, era intenta alle “opre femminili", Ermes le comunicava il

volere degli Dei: Ulisse doveva riprendere il largo.

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Dopo un primo momento di sconforto, alla ninfa balenarono in mente delle

immagini che la rincuorarono e la fecero rinsavire. La donna non aveva più

davanti a sé l’uomo focoso e passionale di un tempo. Ora doveva condividere il

letto con un relitto umano, incapace di provare alcun sentimento positivo, pervaso

dalla tristezza e dalla malinconia per il mancato ritorno alle sue cose e persone a

lui care (moglie compresa).

Ecco in alcune lettere, i pensieri su papiro della dea.

Mia cara sorella Eete,

Ieri, al sorgere del sole, mi sono recata in spiaggia per godere della fresca

brezza marina e mentre mi rilassavo al sole, vedo un uomo venirmi

incontro. Mi ha sorriso e salutato con gentilezza, poi si è seduto accanto a

me e si è presentato. Dice di essere un principe, scampato dalle grinfie di

Scilla e Cariddi. Parte del suo equipaggio è andato disperso e la sua nave

distrutta. Mi ha chiesto di ospitarlo. Sarei ben lieta di farlo, da anni

patisco la solitudine su quest'isola e parlare un po' con qualcuno,

condividere i miei pensieri con quelli altrui, non mi farà certo male, non

credi?

Un abbraccio

Tua Calipso

Dolce e comprensiva Eete,

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Sono trascorsi alcuni mesi dall'ultima volta che ti ho scritto di Ulisse. Ho

imparato a conoscerlo a fondo e credo di esserne innamorata! Questo

sentimento mi è nuovo, non ho mai provato un'emozione simile! Penserai

che io sia matta, ma ogni mio pensiero o gesto è rivolto a lui. Adoro

osservare la sua folta chioma al vento ed il colore intenso dei suoi occhi.

Mi affascina il modo con cui racconta di sé e delle proprie avventure.

Ammiro il suo coraggio, la sua astuzia e la sua determinazione. Quando

chiudo gli occhi spero di sognarlo e, quando li apro, di trovarlo accanto a

me. Molte delle mie ancelle, dicono che sto sbagliando perché è un uomo

sposato e mi farà soffrire. Tornerà dai suoi cari dimenticandosi di me. In

cuor mio so che loro hanno ragione e che egli mi spezzerà il cuore ma non

riesco a non pensare a lui. Tu che sei stata sempre molto saggia, come mi

consigli di agire? Attendo con ansia la tua risposta. Baci

Calipso

Mia cara Eete,

Sono passati anni dalla tua ultima lettera e sono desiderosa di confidarmi

con te. Il mio amato Ulisse, non è più la persona che ho conosciuto un

tempo: è nervoso e apatico, ha sempre sonno e trascorre tutte le sue

giornate ad osservare in silenzio l'orizzonte. Una radicale trasformazione

insomma! Non passa giorno che io non pianga o mi rattristi nel guardarlo

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o nel ripensare a quell'uomo che mi ha fatto innamorare. Cosa mi consigli

di fare? Rispondimi presto.

Calipso

Mia comprensiva Eete,

Oggi il mio cuore è andato in mille frantumi. Dopo sette anni, il mio dolce

Ulisse ha preso il largo. Quello che temevano tutti si è avverato. Atena, la

sua protettrice, accogliendo un suo desiderio, ha chiesto a Zeus di

parlarmi e convincermi a lasciarlo andare. Non c'é voluto molto.....da

tempo lo avevo letto l'infelicità nei suoi occhi la sera prima, quando ho

cercato di farlo desistere promettendogli invano l'immortalità. Gli ho

fornito il legname di cui aveva bisogno per costruire una nuova

imbarcazione con la quale farà ritorno ad Itaca e i viveri necessari. Con

l'aiuto degli Dei, proverò a dimenticarlo. Fammi presto visita, ho bisogno

di essere rincuorata. Un abbraccio

Calipso

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UULLIISSSSEE EE LLAA MMAAGGAA CCIIRRCCEE

LLAA SSTTOORRIIAA

Circe vive nell'isola di Eea ed è figlia di Helios e della ninfa Perseide, sorella di

Eete (re della Colchide) e di Pasifae (moglie di Minosse), nonché zia di Medea e di

Fedra (figlia di Pasifae). Secondo un'altra tradizione è figlia del Giorno e della

Notte. Omero colloca la sua dimora su di un'isola ad Oriente. La tradizione

successiva identificherà questa con il promontorio del Circeo, nel Lazio. La piccola

spiaggia di Torre Paola viene indicata come luogo dove approdò Ulisse e i suoi

compagni, attratti dal fumo che si levava dalla sua dimora, che si trovava sul

picco più alto del monte a pochi passi dal mare. La dea abitava in un palazzo

collocato in un bosco circondato da bestie selvatiche. L'incontro con la dea

avvenne di primo mattino. L'astuto navigatore divise il suo equipaggio in due

gruppi: uno guidato da lui e l'altro guidato da Euriloco. Il gruppo di Euriloco

raggiunse per primo il castello. Gli uomini vennero invitati a partecipare a un

banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, furono trasformati in maiali,

leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo,

Circe li spinse verso le stalle e li rinchiuse. Euriloco tornò velocemente alla nave e

raccontò a Ulisse quanto accaduto. Il sovrano di Itaca decise di andare dalla maga

per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontrò il dio

Ermes, messaggero degli dèi, che gli svelò il segreto per rimanere immune agli

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incantesimi di Circe. Se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica

chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione. Ulisse raggiunge la maga, la

quale gli offrì da bere (come aveva fatto con i suoi compagni), ma Ulisse non si

trasformò in animale. Egli minacciò di uccidere Circe, la quale riconobbe la

propria sconfitta e ridiede forma umana ai compagni di Ulisse e anche a tutti gli

altri tramutati in bestie feroci. Ulisse trascorse con lei un anno ed ebbe da lei ha un

figlio, Telegono. Ulisse, tempo dopo, cedette ai desideri dei suoi compagni, che

vollero tornare a casa, e chiese a Circe la strada migliore per il ritorno. La maga gli

consigliò di visitare gli inferi e di consultare l'ombra dell'indovino Tiresia, quindi

Ulisse ripartì con la sua nave.

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UULLIISSSSEE EE LLAA MMAAGGAA CCIIRRCCEE

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

Circe rappresenta l'incarnazione della donna che prende l’iniziativa. La leggenda

narra che la nostra Circe, dopo aver ucciso senza tanti complimenti il marito, si

rifugiò nell’isola di Eea e si dedicò ad un’attività altamente umanitaria: ospitare i

forestieri di passaggio (si fa per dire...). Peccato che, dopo li trasformasse in porci.

Anzi, se gli ospiti non erano di suo gradimento, li tramutava direttamente in

animali che andavano a popolare i suoi splendidi giardini. Questa sorte toccò

infatti agli undici compagni di Ulisse, i quali ammaliati dal suo canto melodioso,

furono attratti nelle sua dimora. Tutti tranne uno: Euriloco. Egli si tenne alla

larga intuendo l’insidia. La maga li rifocillò con un menù a base di cacio, farina,

miele e vino, il tutto condito con una buona dose di filtri magici perché cadessero

in trappola. Con un colpo di verga questi si ritrovano nelle vesti, anzi nelle setole,

poco dignitose di porci. Euriloco corse ad avvertire Ulisse che, impavido, partì

immediatamente alla volta del palazzo per soccorrere i compagni. Ma come

avrebbe potuto lui, seppur astuto, resistere alla maga, convincerla a neutralizzare

l’incantesimo senza alcun intervento divino? Insomma, sarà un eroe ma è pur

sempre un mortale e di fronte a situazioni di tal sorta è un po’ difficile escogitare

qualche trucchetto! Mentre è immerso in tali pensieri, incontrò il dio Ermes.

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Questi lo mise in guardia dalla maga e gli consegnò un antidoto contro i filtri

magici di Circe.

Immaginiamo il dialogo via "etere", tra Atena ed Ermes, in cui la dea chiede al

messaggero di intervenire a favore di Ulisse.

Kaliméra Ermes! Sei impegnato? Posso chiederti un meghalòs favore?

Calimero a chi???

Ti sei assentato spesso dalle mie lezioni di greco, eh?

Il favore lo vuoi o no?

Ovvio che nè.

????????????

Si.

Bah, che lingua strana!!! Ho fatto proprio bene a prendere lezioni di canto

da Apollo! Ad ogni modo spiegami di cosa hai bisogno.

Circe ha intenzione di ammaliare e trattenere un mio protetto: Ulisse. Egli

deve ritornare in patria!

In che modo posso esserti utile?

Dovresti andare da lui ed indicargli una pianta di nome Moly!

E poi?

Dovresti aiutarlo a trovarla e spiegargli il suo uso.

Non ne sono capace. Mi sono assentato anche dalle lezioni di Esculapio!!!

Uffa…Le sue foglie, una volta sminuzzate in una bevanda, annullano il

sortilegio della maga.

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Però questo Ulisse quanto scoccia!!!

Metti le ali ai piedi e vola in suo aiuto! Efharistò

Chi è ora questo Evaristo???

Ci risiamo!!!.......Grazieeeee

...DOPO UNA CLESSIDRA E MEZZA...

Ermeeeeeeeees……Dove sei?

All’isola di Eea.

Hai trovato la pianta?

Non ne sono sicuro. Me la descrivi?

Ha dei piccoli fiori gialli e foglie grigio-verde. Può raggiungere l’altezza di un

metro. Combatte le fermentazioni intestinali e l’aria nella pancia.

Mi scappa una battuta……….

Trattienila….Raccogli l’erba e portala ad Ulisse.

Vado.

Yassou.

Yassou.

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UULLIISSSSEE EE LLAA CCOOSSTTRRUUZZIIOONNEE DDEELL CCAAVVAALLLLOO DDII TTRROOIIAA

LLAA SSTTOORRIIAA NNAARRRRAATTAA

Achille era morto e i generali si riunirono a consiglio per decidere su quello che si

dovesse fare. Ulisse astuto e saggio, re di Itaca, prese la parola.

"Generali, il nostro guerriero più forte, Achille figlio di Peleo, è morto. E' morto

Achille il migliore di tutti noi! E noi non possiamo più sperare di vincere i Troiani

in guerra aperta, ma forse con un'astuzia potremo riuscire. Se non troviamo il

modo di ingannare i nostri nemici e sorprenderli quando meno se l'aspettano, io ho

paura, o generali, che dovremo tornarcene a casa con gran vergogna, e la gente

dirà: "Dieci anni sono stati lontani quei forti guerrieri, dieci anni hanno

combattuto per riavere Elena, ma Elena è rimasta a Troia ed essi son tornati a

mani vuote!". Ora io vi dico, o generali, che a qualunque costo dobbiamo vincere,

e qualunque strada è buona purche si vinca!"

"Dici bene" rispose Agamennone "ma è appunto la strada che non sappiamo

trovare!"

"Ci ho pensato molto e mi pare di averla trovata. Ascoltate. Fabbricheremo un

cavallo di legno, ben lavorato, tutto dipinto e grande abbastanza da contenere nel

suo interno otto o dieci persone. Lo faremo portare a Troia, e nel mezzo della notte

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i guerrieri nascosti dentro il cavallo usciranno, apriranno le porte e Troia sarà

invasa dai nostri. Non vi pare che così si potrebbe riuscire?"

"Certamente! Ecco una buona strada!" rispose Agamennone.

"Sì, la strada è buona" osservò Nestore "ma c'è una difficoltà. I Troiani faranno

entrare nella città il cavallo?"

"Avranno paura di un inganno e lo lasceranno fuori delle mura!" disse Menelao.

"Questa è certo una difficoltà e io, prima di parlarvi, ci ho pensato lungamente.

Ma ho pensato anche al modo di superarla, e mi pare di averlo trovato. Conosco un

uomo che ci potrà aiutare efficacemente. Ma bisogna che ogni generale dia ai suoi

soldati gli ordini per la partenza, perché i Troiani siano presi più facilmente nella

rete. Non sono sicuro di riuscire, ma se Zeus mi aiuta vinceremo, e la guerra sarà

finita. Volete lasciarmi tentare?"

"Certamente!"

"Ma sicuro!"

"Tu sei il più saggio di tutti noi!"

"E il più abile!"

"E il più astuto!"

"Ci fidiamo tutti di te!"

Così dissero i generali. E Ulisse andò dai falegnami e ordinò:

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"Fatemi un cavallo di legno grande come quattro cavalli vivi messi uno sull'altro.

Questo cavallo sia bellissimo e abbia dentro al corpo una stanzino nella quale

possano stare parecchie persone; ma la porta della stanzina non si deve vedere.

Fatelo nel minor tempo possibile e non parlatene con nessuno".

I falegnami si misero a lavorare, e lavoravano giorno e notte e notte e giorno.

Ma intanto il re Ulisse chiamò i marinari, e disse loro:

"O compagni, noi siamo stanchi di guerra. Apparecchiate le navi e preparatevi a

partire, perché desideriamo di tornare alle nostre case, alle nostre mogli e ai nostri

figli".

I marinari urlarono di gioia e corsero alle navi a prepararsi per la partenza. Ma

Ulisse non corse alle navi. Andò a cercare un uomo che egli conosceva bene e di cui

in quel momento aveva bisogno, e lo condusse con sé nella tenda.

"Sinone, tu sei astuto e intelligente, e sai bene fingere!"

"Non quanto te, che riuscisti a farti credere un mendicante, quando andasti fra i

nemici per vedere e misurare le loro forze!"

"Allora ci andai io, ma adesso tocca a te. Sinone, è venuto il momento di mostrare

tutta la tua abilità. A te soltanto dico veramente quello che ho intenzione di fare,

perché tu solo puoi aiutarmi. Io voglio che i Troiani facciano entrare nella loro

città il cavallo che i nostri falegnami stanno fabbricando: se tu riuscirai a farlo

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entrare, non avrai più bisogno di lavorare per tutta la vita, perché riceverai tanti

regali quanti ne puoi desiderare."

"Re Ulisse, tu vuoi far entrare a Troia questo cavallo? E perché? A che cosa ti

servirà?" Così disse Si- none con l'aria di uno che non capisce nulla, ma Ulisse si

accorse benissimo che Sinone aveva capito tutto.

"Gli Achei fingeranno di partire con le loro navi, ma si nasconderanno dietro l'isola

di Tenedo, quell'isola che si vede là di faccia. Tu farai entrare a Troia il cavallo

pieno di guerrieri e nella notte i nostri compagni torneranno; noi usciremo dal

cavallo e apriremo le porte, e la città sarà presa."

"Re Ulisse, io persuaderò i Troiani ad accogliere il cavallo entro le mura. Tu

dammi dei pugni e dei calci e graffiami ben bene, ma bada che i colpi si devono più

vedere che sentire! Al resto ci penserò io."

"Quando t'avrò dato i graffi e i pugni, che cosa farai tu?" domandò il re di Itaca.

"Quando m'avrai dato i graffi e i pugni e sarò tutto botte e lividure, io mi vestirò

da povero e andrò a Troia."

"E quando sarai a Troia che cosa farai?" domandò Ulisse.

"Re Ulisse, tu lo sai meglio di me! Quando sarò a Troia dirò che m'avete

maltrattato, che siete crudeli e prepotenti, che voglio vendicarmi di voi! E per

vendicarmi voglio farvi morire tutti, e..."

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"Bravo Sinone!" disse il re di Itaca. "Se non sei più astuto di me, non sei neanche

meno e diventerai ricco di sicuro!"

"Graffiami dunque e picchiami quant'è necessario" disse Sinone.

Si denudò, e il re gli diede pugni e graffi e calci; e quando fu tutto pesto e

sanguinoso e contuso, Sino- ne prese un vecchio cencio stracciato ed unto, se lo

mise addosso a mo' di mantello, e andò solo solo, zoppicando, verso Troia.

Entrò nella città che faceva proprio compassione, e vedendolo così malconcio,

stracciato, sanguinante e pieno di lividure, uomini e donne gli si affollarono

intorno facendogli mille domande.

"Chi sei?"

"Di dove vieni?"

"Chi t'ha conciato in questo modo?" "Pover'uomo!"

"Come ti chiami?"

"Come mai sei così ferito?"

"Che cosa t'è successo?"

"Che cosa m'è successo? Non lo vedete? Mi hanno trattato come un cane, quei cani

dei miei compagni! E mi volevano ammazzare, ma sono riuscito a fuggire! E voglio

vendicarmi! Di tutti mi voglio vendicare! Del re Menelao, del re Agamennone, del

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re Ulisse e degli altri! Vedranno che anche un povero uomo come me può far del

male, quand'è trattato peggio d'una bestia! Ma io muoio, io muoio di fame! Ooh!"

E Sinone chiuse gli occhi e si lasciò cascare per terra come se davvero fosse sfinito

di fame, ma i Troiani, contenti di avere nella loro città un nemico di Agamennone,

lo raccolsero e lo ristorarono. E dicevano:

"Che fortuna aver qui uno che conosce i segreti dei nostri nemici! Ci aiuterà, e

potremo meglio vincere!".

Quando Sinone fu ristorato, i Troiani gli si fecero intorno desiderosi di sapere tante

cose. E uno domandò:

"Dimmi, o buon uomo, che cos'è quella fabbrica alta che gli Achei hanno costruito

e par quasi un cavallo? Lo sai tu?".

"Lo so certo! È un cavallo proprio! Stavo ad ascoltare dietro la tenda quando il re

Agamennone ne parlava col re Menelao! È un cavallo, e lo fabbricano per offrirlo a

Pallade Atena, perché Pallade permetta agli Achei di arrivare a casa sani e salvi."

"Di arrivare a casa? Tornano dunque a casa gli Achei? Non combattono più?"

"Non lo sapete? Dopo la morte di Achille l'esercito s'è perso di coraggio, e nessuno

spera più di vincere! Tornano a casa; non vedete che apparecchiano le navi per la

partenza? Tornano, e arriveranno in patria sani e salvi, quei cani! Ma se voi invece

li volete morti, moriranno tutti, e nessuno di loro toccherà la terra ellenica!"

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"Sicuro che li vogliam morti! Che cosa dobbiamo fare? Dillo, Sinone, dillo! E sarai

uno dei nostri, e nessuno oserà più maltrattarti!"

"Finché il cavallo resterà fuori delle mura gli Achei saranno salvi e sicuri nel mare,

ma se il cavallo entrasse nella vostra piazza più grande, davanti al tempio di

Pallade Atena, una tempesta terribile si scatenerebbe nel mare, onde enormi

farebbero colare a fondo le navi, venti furiosi le spezzerebbero e i corpi dei vostri e

miei nemici sarebbero gettati alla spiaggia. L'ha detto Calcante, il più famoso dei

nostri indovini! Così potessi veder morto sulla spiaggia quel cane del re

Agamennone! La mia gioia sarebbe tale, che niente al mondo potrebbe piacermi di

più!"

I Troiani credettero a Sinone e cominciarono a discutere se il cavallo dovesse esser

portato a Troia. Intanto le navi si preparavano alla partenza, e quando tutte

furono pronte e le tende disfatte, gli Elleni salirono sulle navi e s'allontanarono nel

mare. Il cavallo rimase solo, enorme, davanti alle mura; e i cittadini di Troia

uscirono a frotte dalla città per accertarsi che i nemici fossero veramente partiti e

per vedere il cavallo.

"Com'è bello e ben lavorato!"

"Par vivo!"

"Bisogna portarlo in città davanti al tempio di Pallade Atena!"

"Se Io portiamo in città i nostri nemici moriranno tutti!"

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"Già! Chi l'ha detto?"

"L'ha detto quell'Acheo che è arrivato qui mezzo morto!"

"L'hanno detto gli indovini!"

"È sicuro!"

"Già! Fidatevi degli Achei e degli indovini!"

"C'è Cassandra, la figlia del re, che urla e piange,

e dice che il cavallo è vivo e ci porterà danno!" "Cassandra? La figlia del re? Che

cosa ne sa lei? È

pazza! Chi ci bada alle sue parole?"

Cassandra, la più bella delle figlie del re Priamo, usciva in quel punto fuori delle

mura, e quando fu davanti al cavallo si gettò per terra piangendo. Poi si alzò,

guardando lontano nel mare, come se nel mare vedesse cose spaventose.

"È vivo il cavallo! Combatterà come mille nemici! Io lo vedo! Saremo vinti,

saremo morti! Il cavallo respira, cammina, porta armi! Non lo vedete che è vivo?

Non conducetelo a Troia! Ecco! Corrono per la città, vi uccidono! Ah! Tutti morti,

tutto sangue! Sangue e catene! Pianti, grida, dolore, disperazione!" Così gridò

Cassandra, piangendo, e si gettò per terra sfinita.

Ma nessuno le credeva; nessuno credeva mai alle parole di Cassandra. E i cittadini

si affollavano sempre più intorno al cavallo, ammirandolo.

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Ma uno dei sacerdoti, Laocoonte, disse:

"Cittadini, vi do un consiglio. Non vi fidate degli Achei, non vi fidate di Sinone,

non portate il cavallo dentro la città. Gli Achei sono traditori e Sinone, forse, ha

mentito".

Così disse Laocoonte. E due serpenti vennero contro a lui dal mare. Erano

spaventosi, enormi, con gli occhi di fiamma e sulla testa mille creste di fiamma.

S'avvicinarono a Laocoonte, lo guardarono e si avvolsero intorno al suo corpo

stringendolo forte e sempre più forte.

Urlò il disgraziato, ché i serpenti lo soffocavano, e alle grida i suoi due giovani figli

accorsero, tentando di liberare il padre; ma i serpenti si allungarono e si avvolsero

intorno al corpo dei giovinetti, e così, stretti insieme, Laocoonte e i suoi figli

morirono e i serpenti tornarono nel mare. I cittadini avevano assistito, muti di

spavento, all'orribile scena, e nessuno pensò più di lasciare il ca-. vallo fuori delle

mura, ma ognuno voleva dare una mano per portarlo nella piazza, davanti al

tempio di Pallade Atena. Così il cavallo fu portato nella città e i Troiani, credendo

di esser finalmente liberati dai nemici, banchettarono e gioirono fino a notte. Poi

ognuno andò a riposare, stanco e contento, senza accorgersi che le navi nemiche

nascoste dietro l'isola di Tenedo tornavano pian piano, e i guerrieri scendevano di

nuovo alla spiaggia, armati per combattere e assetati di sangue.

(Tratto da: "Storie della storia del mondo" di Laura Orvieto- Giunti Junior)

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IILL CCAAVVAALLLLOO DDII TTRROOIIAA

SSEECCOONNDDOO NNOOII EERRAA SSTTAATTOO PPRROOGGEETTTTAATTOO CCOOSSII''......

IL CAVALLO DI LEGNO

ISTRUZIONI PER L'USO E LA MANUTENZIONE

1) APRIRE LA BOTOLA

2) SALIRE LA SCALA PIEGHEVOLE ED ENTRARE NEL CAVALLO

3) PRENDERE POSIZIONE

4) CHIUDERE LA BOTOLA DI ACCESSO

5) AZIONARE LE LEVE PER CONSENTIRE LA VISUALIZZAZIONEDELL'ESTERNO

6) APRIRE LA BOTOLA SOLO ALL'OCCORRENZA

PULIZIA E MANUTENZIONE

1) FISSARE IL CAVALLO PRIMA DI PULIRLO

2) PULIRE SOLO LE ZONE PIU' IMPORTANTI E DELICATE

3) USARE UN PANNO MORBIDO

4) PULIRE LE PARTI IN LEGNO CON ACQUA E ACETO

5) LUCIDARE CON CERA D'API

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PRECAUZIONI PRIMA DELL’USO

1) VERIFICARE CHE GLI ELEMENTI SIANO POSIZIONATI BENE

2) VERIFICARE CHE LE LEVE SIANO FUNZIONANTI E BEN OLIATE

3) ASSICURARSI CHE LE LENTI CONVESSE SIANO PULITE

4) SCROSTARE E LUBRIFICARE LE PARTI ARRUGINITE

5) CONTROLLARE LA CORRETTA CHIUSURA DELLE BOTOLE

6) ACCERTARSI CHE LE ARMI IN DEPOSITO SIANO IN BUONO STATO

7) CONTROLLARE NON VI SIANO PARTI DANNEGGIATE O NON FUNZIONANTI

8) ASSICURARSI CHE LE BOTOLE NON SIANO DANNEGIATE

COMPONENTI

1) LEVE

3) BOTOLE

4) LENTI CONVESSE

5) ARMI

6) DEPOSITO

8) RUOTE

9) INGRANAGGI

10) GAMBE

11) LEGNO

12) CORDE

13) SCALE

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UULLIISSSSEE EE PPOOLLIIFFEEMMOO

LLAA SSTTOORRIIAA

Polifemo era un ciclope figlio di Poseidone e di Toosa, una ninfa dei mari. Omero ci

narra che Ulisse, durante il suo lungo viaggio di ritorno dalla guerra di Troia,

sbarcò nella Terra dei Ciclopi. Spinto dalla curiosità, Ulisse raggiunse la grotta del

più terribile di tutti, Polifemo, dove lui e i suoi compagni vennero catturati dal

gigante. Vennero, inoltre, mangiati e divorati sei uomini dei dodici scelti da Ulisse

per esplorare l'isola. Intrappolati nella caverna del Ciclope, il cui ingresso era

bloccato da un masso enorme, Ulisse escogitò un piano per sfuggire alla prigionia

di Polifemo. Come prima mossa, egli offrì del vino dolcissimo e molto forte al

Ciclope, per farlo cadere in un sonno profondo. Polifemo gradì così tanto il vino

che promise a Ulisse un dono chiedendogli però il suo nome. Ulisse, astutamente,

gli rispose allora di chiamarsi "Nessuno"; "E io mangerò per ultimo Nessuno", fu il

dono del ciclope. Dopodiché Polifemo si addormentò profondamente, stordito dal

vino. Qui Ulisse mise in atto la seconda parte del suo piano. Egli infatti, insieme ai

suoi compagni, aveva preparato un bastone di notevoli dimensioni ricavato da un

ulivo che una volta arroventato fu piantato nell'occhio del Ciclope dormiente dai

Greci. Polifemo urlò così forte da destare dal sonno i ciclopi suoi fratelli. Essi

corsero allora alla porta della sua grotta mentre Ulisse e i suoi compagni si

nascosero vicino al gregge del ciclope Polifemo. I ciclopi chiesero a Polifemo

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perché avesse urlato così forte e perché stesse invocando aiuto, ed egli rispose loro

che "Nessuno" stava cercando di ucciderlo. I ciclopi pensandolo ubriaco lo

lasciarono allora nel suo dolore. La mattina dopo, mentre Polifemo fece uscire il

suo gregge per liberarlo, giacché lui non sarebbe stato più in grado di guidarlo,

Ulisse e i suoi soldati scapparono grazie a un altro abile stratagemma, che faceva

parte della terza parte del suo piano. Ognuno di loro si aggrappò infatti al vello del

ventre di una pecora per sfuggire al tocco di Polifemo, poiché il Ciclope si era posto

davanti alla porta della caverna, tastando ogni pecora in uscita per impedire ai

Greci di fuggire. Ulisse, ultimo ad uscire dalla grotta, la fece aggrappato all'ariete

più grande, la preferita del Ciclope. Accortosi della fuga dei Greci, Polifemo si

spinse su un promontorio, dove, alla cieca, iniziò a gettare rocce contro il mare, nel

tentativo di affondare la nave. Qui Ulisse commise un errore. All'ennesimo tiro a

vuoto del Gigante, Ulisse, ridendo, ebbe a gridare: «Se qualcuno ti chiederà chi ti ha

accecato, rispondi che non fu "Nessuno" ma Ulisse d'Itaca!», rivelando così il suo

vero nome. Polifemo, venuto allora a conoscenza dell'identità del greco, lo

maledisse, invocando il padre (Poseidone) e pregandolo di non farlo mai ritornare

in patria.

27

28

UULLIISSSSEE EE PPOOLLIIFFEEMMOO

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

Il ciclope Polifemo era un essere che eccelleva in bruttezza e stoltezza. Abitava in

una grotta fra le capre e la muffa dei formaggi che produceva. Si nutriva di carne

umana per variare il suo scarno menù e teneva in scarsissimo conto gli dèi

dell’Olimpo. Non badava al suo aspetto: era rozzo, mal vestito e sporco. L’unico

suo interesse era dato dal gregge. Non conosceva l’arte, non aveva fantasia, non

aveva compagni, viveva come un rettile nell’umidità della sua grotta.

E se questo famelico e (di)sgraziato personaggio fosse vittima e non carnefice?

Riflettiamo un po' sulla vicenda. Egli era intento nella sua quotidiana attività

quando un gruppo di uomini entrò nella sua "abitazione". E' vero era una spelonca

insalubre ma era pur sempre la sua dimora, di cui egli ne era geloso custode. Egli

amava la sua intimità e non era affatto incline a ricevere ospiti. Cosa direste voi

se qualcuno, forzando la serratura della vostra porta pretendesse ospitalità? Come

reagireste? Forse come fece Polifemo: arrabbiandosi a dismisura ed urlando a gran

voce. Il manipolo di uomini guidato da Ulisse compì quello che il Dispositivo

dell'art. 614 del Codice Penale→ Titolo XII - Dei delitti contro la persona (artt.

575-623 bis) → Capo III - Dei delitti contro la libertà individuale → Sezione IV -

Dei delitti contro la inviolabilità del domicilio, definisce come "violazione del

domicilio". L'articolo in questione cita:

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"Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle

appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi

s'introduce clandestinamente o con l'inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni" Alla

stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di

escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno. Il delitto è punibile a querela della

persona offesa. La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con

violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato."

Ebbene alla luce di quanto appreso, chi fu il vero reo? Anche Ulisse si macchiò del

reato di cui sopra perché, palesemente si trattenne nella dimora del ciclope contro

la sua volontà, clandestinamente e con inganno. Oggi sarebbe stato arrestato,

giudicato e punito con la reclusione. Il verbale di una possibile denuncia potrebbe

essere il seguente:

Alla Eliea dell’Isola dei Ciclopi

Oggetto: Denuncia violazione del proprio domicilio e della proprietà privata ad opera di ignoti

Il sottoscritto Polifemo, ciclope, figlio di Poseidone, Dio del Mare e della ninfa Toosa, e residente in Terra detta dei Ciclopi, alle pendici dell’Etna, nella qualità pastore, espone quanto segue:

Nella odierna mattinata, un manipolo di uomini, ignoti alla mia persona, ha violato il mio domicilio, approfittando della mia momentanea assenza. Ha avuto facile accesso ad esso, in quanto non è mia abitudine sigillare l’antro della caverna. Hanno fatto scorta di tutti i viveri e della mia produzione casearia, mentre io ero impegnato a condurre il gregge al pascolo.

Al mio rientro, ho trovato tali uomini sdraiati a terra, ubriachi del loro vino e sazi del mio cibo. Ne è seguita una violenta reazione. Uno di essi, probabilmente il loro capo, ha temporeggiato incantandomi con il suo eloquio. Sentitomi in qualche modo rincuorato, mi sono disteso su di un pagliericcio. Mi hanno offerto del vino per farmi perdere i sensi. Intorpidito, mi sono lasciato prendere dal sonno. Poco dopo, ho avvertito un dolore lancinante all’occhio. Il traditore, che si fa chiamare Nessuno, ha ordinato ai suoi compagni di trafiggerlo con un

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ramo di ulivo, appuntito e rovente. Dolorante per il ferimento, ho cercato aiuto uscendo dalla mia spelonca. Come è possibile intuire, a questa violenza ho reagito con altra violenza per difendere la mia incolumità.

Il sottoscritto propone formale querela nei confronti di ignoti, oppure nei confronti delle persone che saranno, all'esito, identificate come autori dei fatti suesposti, affinché l'adita Autorità proceda nei loro confronti al fine di comminare la giusta punizione per i reati che sono stati ravvisati nei fatti precedentemente narrati, oppure affinché accertata la responsabilità penale in ordine ai reati di cui artt. 575-623 bis c.p. venga comminata la giusta punizione. Il sottoscritto nella qualità di persona offesa

Dichiara

altresì di opporsi sin da ora all'eventuale decreto penale di condanna riservandosi sin da ora, l'eventuale dichiarazione di costituzione di parte civile

Chiede

di essere informato ex art. 405, 408 c.p.p. Dell'eventuale formulazione della richiesta di proroga delle indagini preliminari ovvero della formulazione della richiesta di archiviazione.

Indica

quali persone in grado di riferire espressamente sui fatti oggetto della presente querela i sig.ri. Ciclopi suoi parenti.

La seguente documentazione in copia, riservandosi sin da ora la produzione degli originali o di indicare persone in grado di produrli.

Polifemo il Ciclope

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UULLIISSSSEE,, IILL MMAARREE EEDD II VVEENNTTII AAVVVVEERRSSII

LLAA SSTTOORRIIAA

Ulisse ed i suoi amici piansero i loro compagni morti, poi ripresero il mare e

arrivarono all'isola galleggiante dove dimorava Eolo, re dei venti. Per aiutare quei

navigatori, Eolo chiuse in un otre di cuoio, che poi affidò ad Ulisse, tutti i venti

contrari, e lasciò libera soltanto una brezza favorevole, che spingerà gli achei verso

Itaca. Ulisse caricò a bordo il prezioso otre, spiegò la vela e non lasciò il timone né

di giorno né di notte. Dopo dieci giorni di navigazione avvistò finalmente le

sponde di Itaca e si addormentò. Ma ahimè, i suoi compagni, immaginando che

l'otre di cuoio contenesse un tesoro donato da Eolo, decisero di aprirlo

approfittando del sonno di Ulisse: i venti contrari si scatenarono fuori dall'otre e

sospinsero le navi lontano da Itaca verso le Eolie. Qui il dio dei venti, adirato,

respinse Ulisse e gli rifiutò il suo aiuto. Abbattuti, demoralizzati, Ulisse ed i suoi

compagni ripresero il mare. Dopo sei giorni di navigazione, approdarono nell'isola

dei Lestrigoni. Undici delle dodici navi entrarono nel porto, ma Ulisse, reso

circospetto dalle precedenti avventure, decise di ormeggiare la sua imbarcazione in

un'ansa fuori mano. Questa diffidenza gli salvò la vita, poiché i Lestrigoni si

nutrivano di carne umana. Dall'alto delle scogliere essi gettarono grossi massi sulle

navi ancorate nel porto, poi trafissero a colpi di lancia i marinai prima di divorarli.

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Ulisse riuscì in tempo a levare gli ormeggi della propria nave e a fuggire. Con la

flotta ridotta a una sola nave, Ulisse arrivò all'isola di Eea.

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UULLIISSSSEE,, IILL MMAARREE EEDD II VVEENNTTII AAVVVVEERRSSII

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

DIARIO DI BORDO DEL CAPITANO

1° giorno di Navigazione-Mar Egeo

Finalmente la guerra è cessata. Io e i miei compagni siamo liberi di lasciare gli insanguinati lidi

troiani. Ci siamo procacciati la nave sulla quale stiamo navigando. All'alba abbiamo preso il largo

per ritornare ognuno alla propria casa. I venti ci sono avversi. Mare fortemente increspato. Onde

alte. Poseidone ci ha scatenato contro violente tempeste, pena per aver distrutto la città a lui cara

ed aver profanato il suo tempio.

5° giorno di Navigazione-Mar Egeo

Oggi, Gamelione ha navigato in acque calme a circa 2 nodi. Abbiamo fatto tappa a Ismaro, nella

terra dei Ciconi. Avendo terminato le nostre provviste, siamo stati costretti ad attaccarli. Io, in

qualità di comandante ho dato l'ordine, ma non avrei voluto farlo. Abbiamo risparmiato Marone,

sacerdote di Apollo, per non inimicarci altre divinità. In cambio della vita, egli ci ha donato del

vino forte e dolcissimo.

11° giorno di Navigazione-Mar Egeo

Dopo nove giorni di tempesta, siamo approdati presso Capo Malea. Le forti onde ci hanno spinto

oltre l'isola di Citera. Siamo giunti su di un'isola i cui abitanti sembrano cibarsi di uno strano

frutto che chiamano loto. Essi ci hanno accolto bene e ce lo hanno. Era decisamente gustoso ma

aveva una particolarità quella di far perdere la memoria a chiunque lo ingerisse. Questo il motivo

per cui ho dovuto imbarcare con la forza i miei compagni e prendere subito il largo.

40° giorno di Navigazione-Mar Mediterraneo

Oggi abbiamo lasciato l'isola di Eolo, dio dei venti, da cui siamo stati ospitati per un mese,

ricevendo in dono l'otre dei venti, accompagnato da un divieto da non infrangere: nessuno, eccetto

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il sottoscritto, dovrà aprire l'otre. Questi ci consentiranno di tornare a casa e riabbracciare i nostri

cari. Egli inoltre, ci ha gentilmente e saggiamente consigliato di costruire un nuovo albero

maestro. Per fare ciò abbiamo dovuto impiegare le nostre spade e ricavare una vela dai nostri

vestiti, in quanto la precedente non era adatta.

Purtroppo i miei compagni curiosi di scoprire il suo contenuto e invidiosi del dono ricevuto, hanno

approfittato dell'attimo in cui mi sono addormentato per aprirlo. I venti, da esso fuoriusciti,

hanno spinto l'imbarcazione al largo, sballottandola a destra e a manca, facendoci perdere la

rotta.

56° giorno di Navigazione-Mar Mediterraneo

Dopo aver lottato contro i Lestrigoni e aver dialogato con l'indovino Tiresia nell'Ade, io e

Gamelione abbiamo deciso di sfidare il pericolo e udire il canto delle sirene, creature marine dal

canto dolcissimo. Prima dell’atteso incontro, ci siamo ritrovati in mezzo ad una foschia che non

consentiva la visibilità. Superatala, ci siamo imbattuti nelle sirene. Grazie ai suggerimenti

fornitimi della maga Circe, sono riuscito a salvare i miei compagni. Lei mi ha detto che dovevo

tappare a tutti le orecchie con della cera. Io ho insistito perché mi legassero all’albero maestro

perché desideravo sentire la loro voce. E' stata un'esperienza fantastica!

406° giorno di Navigazione-Mar Tirreno

Trascorso un anno trascorso tra le braccia di Circe, ho finalmente preso il largo con i miei i

compagni (quelli superstiti) e insieme a loro ho fatto rotta verso casa. Quando il sole ha

raggiunto il suo vertice, abbiamo costeggiato la Sicilia. Qui ci siamo imbattuti in un duplice

pericolo: Scilla e Cariddi. Due mostri marini che si trovano nello stretto di Messina, posizionati

l'unodi fronte all'altro. Scilla è un mostro a sei teste che divora coloro che gli passano accanto.

Cariddi invece, è un mostro capace di generare un vortice marino nel quale vengono risucchiati i

malcapitati. Io e i miei compagni siamo sopravvissuti per miracolo. L'azione di Scilla però ha

peggiorato le già precarie condizioni della nostra imbarcazione. Colpendoci con violenza, ci ha

spinto contro gli scogli. La prua e l'albero maestro sono andati distrutti. Nutro poche speranze di

uscirne vivo.....

35

UULLIISSSSEE EE NNAAUUSSIICCAAAA

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EERRAA CCAANNTTAATTAA CCOOSSII''......

Le onde del mare trascinano Ulisse a riva. Mentre egli dorme sulla spiaggia,

vinto dal sonno e dalla stanchezza, Atena predispone le condizioni perché

egli possa trovare ospitalità presso i Feaci, apparendo in sogno a Nausicaa,

figlia di Alcinoo, re dei Feaci, nelle sembianze della sua più cara amica. La

esortò a recarsi al fiume per lavare le sue vesti. Nausicaa si recò quindi dal

padre e ottenne da lui il permesso di andare fuori città con un carro, insieme

alle ancelle. Al fiume, Atena, fece in modo che avvenisse l’incontro tra i

due: Ulisse venne svegliato dalle grida delle ragazze e si recò da loro

chiedendogli aiuto. Alla vista di Ulisse le ancelle scapparono, invece

Nausicaa rimase e ascolta ciò che aveva da dire. Nausicaa aiutò Ulisse,

ordinando alle ancelle di dare all’ospite dei doni tra cui: cibi, bevande e il

ristoro di un bagno ma Ulisse rifiutò. Ormai era tempo di rientrare in città e

Nausicaa disse ad Ulisse di tenere le distanze da lei perché la gente avrebbe

potuto pensare male. Più tardi egli potrà raggiungere la città e facilmente

farsi indicare la reggia.

"LA CANZONE DEL NAUFRAGO"

Era stanco, sonno e fame aveva assai

non sapeva nemmeno dov’era oramai;

si addormentò perché abbattuto

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ma per lui nulla fu perduto.

Rit.

Uno sconosciuto il mar ha qui condotto

"Un principe sarà"- abbiam noi dedotto.

Bella la parola e nobile il suo incedere

alla nostra signora non ha che da chiedere.

Nausicaa avvertita in sogno da Minerva,

va con le ancelle al rio e il blu ne osserva.

Con le loro grida Ulisse han svegliato

e al loro cospetto lo hanno attirato.

Rit.

Uno sconosciuto il mar ha qui condotto

"Un principe sarà"- abbiam noi dedotto.

Bella la parola e nobile il suo incedere

alla nostra signora non ha che da chiedere.

Si spaventano e scappano tutte di filato,

alla vista di quel naufrago bagnato.

Poco dopo, l’eroe a Nausicaa si avvicinò

e il suo aiuto a gran voce implorò.

Rit.

Uno sconosciuto il mar ha qui condotto

"Un principe sarà"- abbiam noi dedotto.

Bella la parola e nobile il suo incedere

alla nostra signora non ha che da chiedere.

Nausicaa con un femmineo coraggio,

consentì la ripresa di nuovo viaggio.

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Di quell'uomo ne serberà memoria

e ai posteri ne racconterà la storia.

Rit.

Uno sconosciuto il mar ha qui condotto

"Un principe sarà"- abbiam noi dedotto.

Bella la parola e nobile il suo incedere

alla nostra signora non ha che da chiedere.

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IILL RRIITTOORRNNOO DDII UULLIISSSSEE IINN PPAATTRRIIAA EE LLAA SSUUAA VVEENNDDEETTTTAA

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

Giunto finalmente sulla sua isola, Ulisse venne trasformato da Atena, in un

vecchio mendicante. Con queste nuove sembianze, egli si recò da Eumeo, un

porcaro che gli era rimasto fedele e venne da lui ospitato. Questi lo informò del

comportamento dei proci. Il re decise quindi di vendicarsi. Atteso il ritorno del

figlio, a cui svelò la sua identità, decise di mettere in atto un piano per vendicarsi.

Si recò a palazzo e ancora in incognito, ebbe modo di osservare di persona il

comportamento volgare ed offensivo dei proci. Qui nessuno lo riconobbe, eccetto

Argo, il suo fedelissimo cane, e la vecchia nutrice Euriclea. Ebbe modo di parlare

con Penelope, la quale gli confidò i suoi tormenti. L’eroe, le suggerì di indire una

gara: il vincitore di essa avrebbe potuto prendere il posto del marito disperso. Il

giorno seguente iniziò la prova di abilità. Come previsto, nessuno dei nobili

presenti riuscì a compiere le gesta di Ulisse: tendere il suo arco e scagliare una

freccia. Dopo una serie di fallimenti da parte dei Proci, il mendicante chiese di

potersi cimentare nell'impresa. Tese l'arco e ne fece passare una freccia attraverso i

fori di dodici scuri, svelando così la sua vera identità. Si scatenò una rivolta, a

seguito della quale, Ulisse con l'aiuto del figlio Telemaco, uccise tutti i pretendenti.

Il re riprese il suo trono e tornò a governare, allietato dalla presenza dei suoi cari.

39

40

IILL RRIITTOORRNNOO DDII UULLIISSSSEE IINN PPAATTRRIIAA EE LLAA SSUUAA VVEENNDDEETTTTAA

SSEECCOONNDDOO NNOOII LLAA VVIICCEENNDDAA EE'' AANNDDAATTAA CCOOSSII''......

Il tema della vendetta domina l'itero episodio. Ulisse perseguì il suo scopo con

grande determinazione. Se fosse esistita la radio a quei tempi, la cronaca

dell'evento sarebbe stata la seguente:

[[OONN AAIIRR]]

P= Benvenuti a tutti, ch parla è Paulos Aversakis. Con me c'é Anthimos Paskalos. Insieme vi racconteremo, attimo per attimo, la sfida a cui parteciperanno i Proci. Tra i concorrenti, per lo più giovani, nobili e vigorosi, anche un vecchio mendicante.

A= Esatto un vecchio! Paulos, dice proprio il vero. Davanti ai nostri occhi, vediamo ergersi un anziano signore, che ha chiesto alla Principessa Penelope il consenso a cimentarsi in tale abilità. Ne ignoriamo le motivazioni.

P= Ma non perdiamo tempo in chiacchiere e presentiamo i concorrenti.

A= Oggi si sfideranno con il tiro al bersaglio 108 giovani, tra cui i noti:

• Agelao: figlio di Damastore; • Anfimedonte: figlio di Melaneo; • Anfinomo: principe di Dulichio; • Antinoo: figlio di Eupite; • Ctesippo: figlio di Politerse; • Demoptolemo; • Elato; • Euriade; • Euridamante; • Eurimaco; • Eurinomo: figlio di Egizio; • Leocrito; • Leode; • Pisandro; • Polibo.

[[OONN AAIIRR]]

P= Ecco che comincia. I concorrenti si posizionano.

A= Vengono precisate le regole: Chi riuscirà a tendere il leggendario arco di Ulisse e scoccare un freccia avrà in sposa Penelope e diventerà re. La freccia dovrà passare tutti gli scuri posizionati in verticale.

41

P= E' una prova particolarmente complessa, non credi Anthimos?

A= Si, Paulos.

P= Vediamo ora il primo concorrente provare: Leocrito. Cerca di tendere l'arco ma nulla di fatto. Suo malgrado deve cederlo al suo prossimo rivale.

A= E' ora il turno di Euriade ma stessa sorte del precedente.

P= I concorrenti si succedono velocemente ma senza conseguire risultati soddisfacenti.

A= Ecco Antinoo. E' il preferito. La sua forza farà la differenza!

P= Sorprendente! Anche Antinoo ha fallito l'impresa!

A= Lo vediamo agitarsi e gridare all'imbroglio. Viene allontanato dai compagni.

P= Attenzione! E' giunto il turno del vecchio sconosciuto. Tutti ci domandiamo se ce la farà mai!

A= Incredibile! Incredibile! Il vecchio tira e colpisce il bersaglio. Ma cosa fa....? E' impazzito? Scaglia le frecce contro i Proci! Li colpisce ad uno ad uno. Invano tentano di fugg ire!

P= Ora cosa fà? Il suo volto sta cambiando? Sorprendente........è....è....Ulisse!

A=Sconvolgente. Ulisse è tornato e si è vendicato dei torti patiti dalla moglie e dal figlio.

P= I Proci si lanciano su di Ulisse.

A= Ulisse non si scoraggia, ha Telemaco al suo fianco che interviene prontamente!

P= Ulisse e i suoi uomini rispondono all'attacco e sconfiggono tutti i Proci.

A= Quella che pareva essere una gara, si è poi rivelata un'azione strategica paramilitare! Siamo tutti ancora increduli!

P= Ulisse si è vendicato. Siamo ora curiosi di conoscere il suo piano. Ad intervistarlo, è andato il nostro collega Mikalos Gaetalos, a cui cediamo la linea.

A= Da Itaca è tutto. Un saluto da Paulos e Anthimos.

M= Grazie Anthimos. Vediamo ora di conoscere meglio il protagonista della giornata di oggi. Principe Ulisse, come ha fatto ad entrare ad Itaca?

U= Grazie alla Dea Atena che mi ha trasformato in un vecchio Mendicante.

M= Da chi hai saputo del comportamento dei Proci nel tuo regno?

U= Da Eumeo un porcaro a me rimasto fedele.

M= Qual è il nome con cui ti sei presentato a tua moglie?

U= Le ho detto di essere il re di Creta: Etone.

M= Quale sfida avrebbero dovuto superare coloro che avessero voluto il tuo posto?

U= Proposi a Penelope di indire una gara per la quale solo chi fosse riuscito a tendere il mio arco, avrebbe preso il mio posto.

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M= La regina ti sottopose ad una prova? Se si quale?

U= La regina mi chiese di descrivere la nostra camera da letto.

M= Sei sicuro che nessuno ti riconobbe?

U= Solo il mio cane Argo che morì per la gioia di rivedermi.

M= Un'ultima domanda. Per favore mi può far usare il suo arco?

U= Si, certo.

[[TTRRAASSMMIISSSSIIOONNEE IINNTTEERRRROOTTTTAA]]

A= Ci scusiamo per l'interruzione ma ci comunicano solo ora, che il nostro collaboratore ha colpito un cane per errore e che questi lo sta ora rincorrendo...

P=Allora se lui se la squaglia, ce la squagliamo anche noi. Arrivederci da Radio Attica, la Radio più famosa della Grecia Antica (...e anche l’UNICA di questi tempi!).

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FINE