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M ollo Marka, 3316 metri d’altitudine, nel Canyon di Paucartambo, a circa cento chilometri ad est di Cusco, Perù. Cinque ore di strada sterrata, in un maggiolino bianco carico all’inve- rosimile di bagagli. La strada, una curva dietro l’altra, è affacciata qua- si sempre, ad uno dei lati, su preci- pizi vertiginosi. La cima dell’Ausangate, avvolta in un mare di nubi oltre 3000 metri sopra le nostre teste, domina l’inte- ro paesaggio. A farci da guida due personaggi fuori del comune: Americo Yabar, sciamano del Munay (cuore), e Chaca Runa (uomo ponte tra le diverse realtà), per me, poeta misti- co delle Ande e caro amico. Da quando in Italia ha visitato il mio orto in agricoltura sinergica, Ame- rico ha continuato a sognare di rea- lizzare un orto simile per la comu- nità indio di Salka Wasi (casa selva- tica). Sono qui per questo. Tutto il villaggio a lavoro Al nostro arrivo, diecine di persone corrono esultanti verso l’auto, la maggioranza sono bambini, tanti, tantissimi che si avvicinano nella speranza di una «propina» (mancia). Esauriti i saluti e le feste ad Ameri- co, la folla si fa carico dei nostri bagagli, precedendoci in una festo- Aam Terra Nuova · aprile 2004 68 Un orto sinergico Di Antonio De Falco In viaggio sulle Ande, per portare l’agricoltura sinergica in un villaggio indio. a 3000 metri ecoturismo

Un orto sinergico 3000 metri - agricolturasinergica.it · M ollo Marka, 3316 metri d’altitudine, nel Canyon di Paucartambo, a circa cento chilometri ad est di Cusco, Perù. Cinque

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Mollo Marka, 3316 metrid’altitudine, nel Canyon diPaucartambo, a circa cento

chilometri ad est di Cusco, Perù.Cinque ore di strada sterrata, in unmaggiolino bianco carico all’inve-rosimile di bagagli. La strada, unacurva dietro l’altra, è affacciata qua-si sempre, ad uno dei lati, su preci-pizi vertiginosi.La cima dell’Ausangate, avvolta inun mare di nubi oltre 3000 metri

sopra le nostre teste, domina l’inte-ro paesaggio.A farci da guida due personaggifuori del comune: Americo Yabar,sciamano del Munay (cuore), eChaca Runa (uomo ponte tra lediverse realtà), per me, poeta misti-co delle Ande e caro amico. Daquando in Italia ha visitato il mioorto in agricoltura sinergica, Ame-rico ha continuato a sognare di rea-lizzare un orto simile per la comu-

nità indio di Salka Wasi (casa selva-tica). Sono qui per questo.

Tutto il villaggio a lavoroAl nostro arrivo, diecine di personecorrono esultanti verso l’auto, lamaggioranza sono bambini, tanti,tantissimi che si avvicinano nellasperanza di una «propina» (mancia).Esauriti i saluti e le feste ad Ameri-co, la folla si fa carico dei nostribagagli, precedendoci in una festo-

Aam Terra Nuova · aprile 200468

Un orto sinergicoDi Antonio De Falco

In viaggio sulle Ande, per portare l’agricoltura sinergica in un villaggio indio.

a 3000 metri

ecoturismo

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sa processione che ci accompagnalungo il ripido e fangoso sentieroche porta a Salka Wasi. Mollo Marka è un luogo incante-vole. Un piccolo villaggio con imuri di mattoni di fango e paglia e itetti realizzati con pali di eucalipto,canne e paglia sottilissima.Sotto di noi un boschetto di alberisecolari, campetti di papas e mais e,mille metri più giù, ma molto vicino,lo Wato ’Oqto, un fiume che scorreimpetuoso dall’Ausangate. Nel vil-laggio non c’é luce elettrica, né alcuntipo di riscaldamento. Di giorno,quando splende il sole, la temperatu-ra si avvicina ai 30 gradi, ma appenasi annuvola e piove, o di sera il ter-mometro cala molto vicino allo zero.

Un fornello d’argillaSiamo ospiti di Avelino e della suanumerosa famiglia. Ci accoglie tut-ti, stretti stretti, nella piccola cucinadove, al fuoco di un simpatico epratico fornello di argilla e paglia ealla luce di due candele attaccate(letteralmente) al muro, il capofa-miglia ci prepara una calda e gusto-sa zuppa di quinoa. Il giorno dopo, troviamo tutto ilvillaggio ad attenderci nel cortile.

Americo distribuisce piccoli regaliper il Natale a tutti i bimbi (sonoproprio tanti e bellissimi, un po’sporchi, ma felici).Io ne approfitto per conoscere eparlare al presidente della comuni-tà e ai numerosi contadini presenti.Così, mi portano a vedere i campidella comunità. Inevitabilmente ildiscorso cade sull’agricoltura siner-gica, dei vantaggi che essa compor-ta ed infine dell’idea di realizzarenel villaggio un orto sperimentale.Tutti i presenti sembrano incredi-bilmente aperti ed interessati e miassicurano il loro aiuto. Si parla diayni, termine difficile da tradurre initaliano, ma che ha un significatomolto vicino a parole come: «siner-gia, aiuto reciproco, scambio diconoscenze, capacità, ricchezze».

Picconi, pale e macheteSempre parlando, facciamo un so-pralluogo nel campo che dovrebbeessere destinato all’orto sinergico.Ci scambiamo opinioni, faccio loromolte domande sul clima, sui tempidi semina, sulle difficoltà che incon-trano nella coltivazione. Le princi-pali colture del villaggio sono pata-ta e mais, delle quali possiedo cen-tinaia di varietà, credo le più buonedel mondo. Tutto il resto degli ali-menti arriva oramai dalla valle.L’inizio dei lavori è fissato per ilgiorno dopo. Le condizioni sonoparticolarmente favorevoli. Mi dico-no che siamo incappati, in quelloche qui chiamano «veranillo», ossiain una serie di 4/5 giorni senza piog-gia. Siamo proprio fortunati!Approfittiamo della mezza giorna-ta libera che ci resta prima dell’ini-zio dei lavori, per godere delle bel-lezze del luogo. È un paesaggiomozzafiato. A sera torniamo nellapiccola e buia cucina del nostroospite, dove Avelino prepara unacalda zuppa di «choclo» (un maiscon chicchi bianchi, grandi comeciliegine schiacciate, teneri e dolci).La mattina successiva, alla buon ora,una trentina di uomini e ragazzi sipresentano muniti di picconi larghi erastrelli, qualcuno impugna un ma-chete e qualcun altro una pala. A rin-forzare la compagnia ci sono anchedue tori neri, intenti a brucare i ce-spugli intorno. A guidare questo ete-rogeneo drappello di giardinieri è

don Miquelito, guardiano e mago delluogo. I convenevoli sono partico-larmente lunghi e complessi, comerichiede il cerimoniale del luogo. Isaluti si concludono con la ritualemasticazione delle foglie di coca;mentre io spiego loro la forma e ledimensioni dell’aiuola che ho inmente di realizzare e le ragioni del-l’agricoltura sinergica. Sono tutti cu-riosi e attenti al mio castigliano unpo’ maccheronico. Poi, all’improvvi-so, come se qualcuno avesse lanciatoun muto segnale, si inizia a lavorare.I giovani, a gruppi di tre, mordonole grosse zolle di terra, compattatedalle radici di gramigna. È incante-vole osservare i tradizionali picconiche si muovono quasi sempre all’u-nisono.Dietro loro, gli uomini di mezza etàbattono le zolle per far cadere la ter-ra imbrigliata nelle radici; mentre ipiù anziani e i ragazzi si limitano araccogliere le gramigne, ripulite dal-la terra, in tessuti di plastica che poiaccatastano al bordo inferiore delcampo, formando così un cumuloallungato che velocemente s’innalza.Terminato di zappare una striscia diterreno si siedono e aspettano che ilpezzo sia stato ripulito dalle erbac-ce per ricominciare il loro duro pic-conare. Una squadra di ragazzi miaiuta a recuperare materiale e acostruire un compost e una spiraledi pietre per le piante aromatiche.Due bimbi, cui il giorno prima ave-vo insegnato a costruire e a suonareun kazoo di canna, improvvisanouna stridula colonna sonora. Ledonne distribuiscono «chicha mora-da», una bevanda ottenuta da pan-nocchie di mais nero, bollite insiemea frutta varia, zucchero e spezie.In breve, un’ampia area di terrenoviene lavorato e liberato dalle erbac-ce. Spiego che in agricoltura sinergi-ca, una volta avviato l’orto, non èpiù necessario ricorrere alle lavora-zioni. Basta seguire alcune sempliciindicazioni:- non pressare il terreno;- tenere il terreno sempre coperto e

occupato con piante di diversespecie;

- non apportare sostanze esterne siachimiche che naturali;

- lasciare sul terreno, in superficie, iresidui di vegetali e tutto ciò chenon serve per alimentarsi.

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Tutti sembrano molto contenti. Lacontentezza raggiunge la gioia quan-do, al suono di un gong, Avelino ar-riva con il suo pentolone di zuppa dipapas e l’immancabile salsina di «ro-coto» (un peperone piccante smi-nuzzato con cipolle rosse, pomodo-ri, succo di limone e sale) aggiuntadai locali ad ogni pietanza e capace difarti alitare come un drago.

La spirale prende formaUn giro ancora di foglie di coca e siriprende il lavoro. Il presidente michiede quando ci sarà la semina. Ilmio programma – spiego – è di con-cludere la preparazione dell’aiuolaper la sera e l’indomani seminare,trapiantare e coprire il tutto di pa-glia. Intorno a me vedo numerosivolti delusi; molti non possono re-stare un giorno e quindi vorrebberovedere tutto il lavoro finito. Che fa-re? Propongo di non continuare conla preparazione del campo e di inco-minciare a tracciare i camminamen-ti e le aiuole rialzate. Spiego loro laforma che deve assumere l’aiuola aspirale e inizio a darmi da fare.Dapprima, mi sembrano perplessi,ma via via che la spirale comincia aprendere forma, si entusiasmano eproseguono ad una velocità incre-dibile.La forma dell’aiuola è davvero bel-la, anche se le misure originarie nonsono state rispettate in pieno (diconseguenza il camminamento è an-dato man mano restringendosi).D’altra parte, non c’è tempo perrealizzare l’aiuola in maniera per-fetta, si farà meglio la prossima vol-ta. Ogni tanto s’interrompe il lavo-ro per una piccola pausa. È l’occa-sione opportuna per guardare l’a-vanzamento dei lavori e fare qual-che riflessione.Dall’incredibile cucina arriva della«Chicha fermentata», una bevanda,questa volta alcolica, ottenuta conun altro tipo ancora di mais, unavarietà a chicchi gialli, fatti germo-gliare e fermentare con frutta matu-ra e zucchero (il sapore ricordavagamente il Kefir che un po’ dianni fa circolava in Italia).Il presidente del villaggio mi comu-nica che hanno deciso di nominareun responsabile dell’orto e che siaccingono a fare un cerchio perdecidere la persona. In breve viene

fatta la nomina. Parlano tutti inQuechua e non capisco niente diquello che dicono. Ma ad un certopunto mi presentano il presceltoche accetta la carica con un lungodiscorso. Nel bel mentre della ceri-monia improvvisata, mi viene chie-sto, senza tanti giri di parole, unaiuto economico per portare l’ac-qua potabile nella comunità. Sonosufficienti 300 Soles (circa 80 euro),per loro è una cifra enorme. Decido,insieme ad Americo, di condividerela spesa: mi sembrano i soldi megliospesi di tutto il viaggio.

Tempo di seminaNel frattempo i lavori vengonocompletati: è tempo di pensare allasemina. Donne e bambini si unisco-no al gruppo. Faccio fatica a segui-re così tante persone insieme e aspiegare a tutti cosa e come fare.Annarita e Kristian mi aiutano ed inbreve l’orto è pieno di piante e semi.La luce del giorno cala giù veloce-mente e ci salutiamo con calorosiabbracci e reciproci ringraziamenti.Per tutta la notte e la mattina dopo,una lieve ma costante pioggia prov-vede a bagnare in maniera impecca-bile i semi e le piantine appena mes-se in terra. Incredibile!Approfittiamo del caldo e soleggia-to pomeriggio del giorno seguenteper completare con calma la semina,i trapianti e la pacciamatura. Questavolta, ad aiutarci è un gruppettoristretto di donne e ragazzi. Con

noi c’è anche Vincente, un bambinosui 10 anni che ha aspettato tutta lamattina nel cortile perché volevalavorare in orto.Avelino ci assicura che avrà cura del-l’orto. Non la smette più di ringra-ziarci e di manifestare la propria ap-provazione per quello che abbiamofatto. La moglie, Maria, curanderadel villaggio, dice che ricorda che inonni facevano qualcosa di moltosimile e che a quei tempi c’era tantaabbondanza d’ortaggi. Aiutato daKristian, metto giù un elenco dellecose da fare e di consigli per conti-nuare ad avere cura dell’orto.Mi sembra tutto così incredibile,quasi un sogno, eppure, l’orto e lì –bello ed amato.Stiamo per rientrare al calducciodella cucina quando arriva il presi-dente con una pentola di «cuy»(porcellino d’india) e papas al fornoche la comunità ha preparato pernoi.Mi sento emozionato e felice… chebella storia. l

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Per contattare i curatori dellarubrica:

Fortunato Fabbricini(Associazione Kanbio, Chiaves, To,tel. 0123.42153, [email protected]);

Antonio De Falco([email protected] – AssociazioneBasilico – [email protected]).

per saperne di più

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