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Un Viaggio nell'Inferno di Dante Scritto da Salvatore Abbruscato Mercoledì 01 Febbraio 2012 09:20 - Ultimo aggiornamento Giovedì 23 Febbraio 2012 09:32 Dante nella Divina Commedia descrive il suo viaggio attraverso i tre regni dell'oltretomba, Inferno, Purgatorio, Paradiso. La descrizione è così puntuale, precisa in ogni particolare dei luoghi, delle circostanze, della condizione dei dannati, dei dialoghi che si instaurano tra lui e Virgilio, tra lui e le anime che incontra e coi quali si sofferma, tra Virgilio e i diavoli, che il viaggio 1 / 53

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Un Viaggio nell'Inferno di Dante

Scritto da Salvatore AbbruscatoMercoledì 01 Febbraio 2012 09:20 - Ultimo aggiornamento Giovedì 23 Febbraio 2012 09:32

Dante nella Divina Commedia descrive il suo viaggio attraverso i tre regni dell'oltretomba,Inferno, Purgatorio, Paradiso. La descrizione è così puntuale, precisa in ogni particolare deiluoghi, delle circostanze, della condizione dei dannati, dei dialoghi che si instaurano tra lui eVirgilio, tra lui e le anime che incontra e coi quali si sofferma, tra Virgilio e i diavoli, che il viaggio

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appare concreto, reale, credibile. Dal punto di vista religioso è un viaggio per la salvezzadell'anima dal peccato, dal punto di vista politico è un viaggio che mira al rinnovamento dellasocietà oppressa da conflitti sociali, e da disordine morale. L'idea politica di Dante, che percorretutte le tre cantiche, è che il rinnovamento della società deve avvenire con l'intervento dellasuprema autorità dell'Impero; idea che è già presente nel primo canto quando Virgilio dirà chela lupa, simbolo della cupiditas umana, sarà sconfitta da un veltro, cioè da un imperatoresostenuto dalla fede religiosa. Il rinnovamento morale si avrà attraverso la scomparsa dei viziumani, primi tra tutti, l'avarizia, la superbia e l'invidia. La meta finale del viaggio simbolico delPoeta è Dio. Dante è un uomo del Medioevo e quindi il poema risente della cultura del suotempo alimentata dai classici, dalla Bibbia, da Aristotile, dalla teoria Tolemaica e dalla tradizionepatristica e scolastica, politicamente segnata dalla lotta tra Papato ed Impero, e dal sorgeredelle libertà comunali. Il Papato con la bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII propone il suoprimato sull'Impero sostenendo che questo deriva da Dio in terra rappresentato dal Papa.

Dentro il poema troviamo allegoria, simbolismo, cronaca, storia, inni, laudi, preghiere,misticismo, scolasticismo, politica, filosofia, ma soprattutto vi è la grande poesia. In diversi punticompare la storia di Firenze con le lotte tra i Guelfi Bianchi e Neri, e degli altri Comuni, la storiadi Roma, del Papato e dell'Impero,coi loro personaggi; in diverse occasioni Dante manifesta lasua feroce condanna contro la venalità del clero e delle gerarchie ecclesiastiche e non haalcuna pietà nel collocare papi, cardinali, chierici tra gli avari nel quarto cerchio dell'Inferno, tra isodomiti nel terzo girone del cerchio settimo, tra i simoniaci nella terza bolgia dell'ottavocerchio, tra gli eretici nel sesto cerchio ( papa Anastasio II, dal 496 al 498 traviato dal diaconoFotino) e tra gli ignavi cita papa Celestino V che fece il gran rifiuto. .." Vidi e conobbi l'ombradi colui/ che fece per viltà il gran rifiuto"

Temi teologici vengono trattati, come la discesa di Cristo nell'Inferno e il dogma dellaresurrezione che appare in diversi punti della cantica:nel canto VI, subito dopo il colloquio conCiacco, che, scompare nella fanghiglia:

"... Più non si desta/ di qua dal suon de l'angelica tromba,/quando verrà la nimicapodesta:/ ciascun rivedrà la trista tomba,/ ripiglierà sua carne e sua figura,/ udirà quelche'in etterno rimbomba"

 Il tema ritorna a proposito degli avari e prodighi che risorgeranno in atteggiamento diverso:

“ questi resurgeranno del sepolcro/col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi”

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Viene ripreso nel canto X, nel cimitero degli epicurei, degli eretici che non hanno creduto nellaimmortalità dell’anima:

“…. Tutti saran serrati/ quando di Iosafat qui torneranno/ coi corpi che là su hannolasciati”

Qui è molto chiaro il riferimento al Giudizio Universale.

Dante viaggiando con Virgilio, la sua saggia guida, nell’Inferno porta con sé la sua passione diuomo politico, esperto delle tematiche del tempo,il suo dolore per la condizione di esule, cheegli manifesta, con accenti più o meno forti, durante gli incontri ed i colloqui coi dannati; nelvedere il tormento delle anime, nel dialogare Dante si appassiona, si commuove, prova dolore ,spesso piange, soffre, e sviene. Ed è naturale che sia così, perché il suo non è un viaggionormale, ma è un vero e proprio pellegrinaggio, è il viaggio dell’esule che è costretto ad andareda una corte all’altra,a chiedere asilo, un pellegrino che nutre dentro il suo cuore la speranza diritornare in patria Dante stesso nell’inizio del II canto dirà che il suo cammino sarà una guerra,ciò un travaglio dell’animo che proverà compassione per quello che vedrà.

“….ed io sol uno/ m’apparecchiava a sostener la guerra/ sì del cammino e sì de lapietatade/ che ritrarrà la mente che non erra” Il viaggio è simbolico, è il viaggio dell’uomoverso la sua patria, che è il suo origine, che è, come dice la Scrittura un ritorno alla casa delSignore. Ai suoi occhi appare la visione di gente che soffre i tormenti più orribili, che soggiacealla punizione divina, che bestemmia, urla: lo spettacolo che gli si presenta è terribile. Nelgirone terzo, nell’infuocato sabbione Dante così descrive quello che vede “ … dove si vede/ della Giustizia Divina orribil arte”Tale visione ha un grande significato morale, educativo perché la conoscenza del peccato edelle sue feroci conseguenze può spingere l’uomo a libera la sua anima da ogni tentazione.

Al centro di tutta la cantica è l’uomo coi suoi difetti e con le sue virtù. Tra il pellegrino ed idannati si instaura un colloquio durante il quale le anime riacquistano la loro vitalità, rivivono perun po’ la loro umanità terrena, accettano volentieri il dialogo, raccontano la loro storia echiedono a Dante di essere ricordati sulla terra, dove sicuramente egli ritornerà dopo avereconcluso il suo viaggio.

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Dante non prova disprezzo verso i dannati, né compiacimento per le loro pene, che sono giusteperché decise dalla Giustizia divina, ma mette in evidenza la loro grandezza d’animo, e le lorovirtù terrene, che tuttavia con sono sufficienti a salvarli dalla dannazione. Così avviene conFarinata, Capaneo, conte Ugolino, Giasone,Vanni Fucci, Pier Delle Vigne.

Un altro tema sviluppato in tutto il percorso è il tema del corpo vivo del poeta : tutti simeravigliano nel vedere un uomo vivo in mezzo a loro. Tema che continuerà con maggioreevidenza nel Purgatorio.

Nell’Inferno c’è dunque il dramma dell’umanità,

che ha peccato, e qui deve scontare la sua pena meritata,un luogo che bisogna percorrerecome il viatico necessario perché il poeta possa raggiungere quella libertà dal peccato,simboleggiato dalla foresta amara, oscura dove l’uomo si perde, per essersi allontanato dalladiritta via.

“ Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura/ che la diritta viaera smarrita/ Tant’è amara che poco è più morte:”

 Dante cerca di uscire dalla foresta e giunge ai piedi di un colle le cui “ spalle” sono illuminatedai raggi del sole “ e vidi le sue spalle coperte già dai raggi del pianeta/ che mena drittoaltrui per ogni calle” prova un grande sollievo; dopo una breve pausa,durante la quale riposa il suo corpo lasso, riprende il suo cammino e punta verso la cime delcolle; ma viene impedito dalla presenze di tre fiere: una lonza, un leone, una lupa:

“ Ed ecco qua si al cominciar del’erta,/ una lonza leggera e presta molto/ che di pelmaculato era coverta/ e non mi si partia dinanzi al volto,/ anzi ‘mpedia tanto il miocammino/ ch’io fui per ritornar più volte volto.”

Era l’inizio della mattinata, sicché l’ora mattutina, il brillare del sole, infondevano nell’animo del

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poeta la speranza di raggiungere la sua meta.

“ Sich’ a bene sperar m’era cagione/ di quella fiera a la gaietta pelle/ l’ora del tempo e ladolce stagione”

Viene ostacolato dal leone e dalla lupa; ma ecco che improvvisamente, mentre dispera, vedeuno che forse era già lì da molto tempo. E’ Virgilio, il grande poeta latino, l’autore delcapolavoro del mondo classico “ l’Eneide”, che sarà per Dante la guida durante il viaggionell’Inferno e nel Purgatorio fino alle soglie del Paradiso terrestre. Dante ha sempre ammiratoVirgilio, lo ha intensamente studiato, ne conosce le opere, e lo considera il suo maestro e il suoautore; la sua commozione è quindi enorme e così la manifesta

“ Orse’ tu quel Virgilio e quella fonte/ che spandi di parlar sì largo fiume?/ Oh del’ altripoeti onore e lume/ vagliami il lungo studio e il grande amore/ che m’ha fatto cercar lotuo volume/ Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore/ tu se’ solo clus da cui tolsi/ lo bellostile che m’ha fatto onore.

Virgilio gli consiglia di seguire un altro viaggio attraverso i regni dell’Inferno e del Purgatorio,attraverso i quali lo guiderà, e poi del Paradiso celeste dove la guida sarà Beatrice.

«A te convien tenere altro vïaggio»,/ rispuose, poi che lagrimar mi vide/ «se vuo’ campar d’esto locoselvaggio:

Continua nel suo incoraggiamento e gli descrive il viaggio da fare

“Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno

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che tu mi segui, e io sarò tua guida,

e trarrotti di qui per luogo etterno;

ove udirai le disperate strida,

vedrai li antichi spiriti dolenti,

ch’a la seconda morte ciascun grida

e vederai color che son contenti

nel foco, perché speran di venire,

quando che sia, a le beate genti.

A le quai poi se tu vorrai salire,

anima fia a ciò più di me degna:

con lei ti lascerò nel mio partire.

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Dante si convince e prega il suo maestro di condurlo là dove egli ha detto ed è preso da ungrande desiderio di arrivare fino alla porta di San Pietro e di vedere quelli di cui il maestro hatanto parlato. Virgilio si muove e Dante gli va appresso. “ Allor si mosse, e io li tenni retro.”

Il viaggio nell’Inferno inizia di sera;” Lo giorno se n’andava e l’aere bruno" Canto II

Prima di iniziare il viaggio, Dante è perplesso e ricorda che Enea,prima, e San Paolo, dopo,andarono nell’Inferno, per motivi diversi, ma egli non si sente all’altezza di un tale compito, esostiene: "Io non Enea, non Paolo sono”

Ma Virgilio spiega che in cielo vi sono tre donne che lo assistono, e gli racconta che Beatrice èscesa nel Limbo, il primo cerchio dell’Inferno, per parlare con lui e chiedergli di soccorrereDante che si trova nei guai, avvinto dal peccato.

“Io era tra color che son sospesi ,

e donna mi chiamò beata e bella,

tal che di comandare io la richiesi.

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Lucevan li occhi suoi più che la stella ;

e cominciommi a dir soave e piana,

con angelica voce, in sua favella:

"O anima cortese mantoana,

di cui la fama ancor nel mondo dura,

e durerà quanto 'l mondo lontana,

l'amico mio , e non de la ventura,

ne la diserta piaggia è impedito

sì nel cammin, che volt'è per paura;

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e temo che non sia già sì smarrito,

ch'io mi sia tardi al soccorso levata,

per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.

Or movi, e con la tua parola ornata

e con ciò c'ha mestieri al suo campare

l'aiuta, sì ch'i' ne sia consolata.

I' son Beatrice che ti faccio andare;

vegno del loco ove tornar disio;

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amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio,

di te mi loderò sovente a lui".

Dante ascolta le motivazioni di Virgilio ed i suoi rimproveri e si convince; la tesi forte persuasivadi Virgilio è che vi sono tre donne del cielo( la Madonna, Lucia e Beatrice) che hanno cura di lui.

Inizia il viaggio e i due poeti giungono alla porta dell’Inferno sulla cui sommità sono scritte, colcolore nero, delle parole terrificanti.

" Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l'etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.

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Giustizia mosse il mio alto fattore :

fecemi la divina podestate,

la somma sapienza e 'l primo amore.

Dinanzi a me non fuor cose create

se non etterne , e io etterno duro.

Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".

Dante ha paura e cerca conforto nelle parole del maestro, il quale , in modo perentorio, loesorta dicendo che bisogna abbandonare ogni sospetto, ogni viltà ed affrontare il viaggio concoraggio. Lo prende per mano come il padre il figliolo e lo introduce nel regno del dolore e delladisperazione

Quivi sospiri, pianti e alti guai

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risonavan per l'aere sanza stelle ,

per ch'io al cominciar ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,

parole di dolore, accenti d'ira,

voci alte e fioche, e suon di man con elle

facevano un tumulto, il qual s'aggira

sempre in quell'aura sanza tempo tinta ,

come la rena quando turbo spira.

I primi dannati sono gli ignavi, siamo nell’Antinferno

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Questo misero modo/ tegnon l’anime triste di coloro/ che visser senza infamia e sanzalodo”

 Sono ignudi, corrono velocemente dietro un insegna e sono punzecchiati da vespe e damosconi; il sangue, mischiato alle lacrime, viene raccolto ai loro piedi da schifosi vermi. Qui èchiaro lo schema del contrappasso; questi dannati nella vita non ebbero ideali, ora sono punitiin eterno a correre dietro alla bandiera, che simboleggia l’ideale, e gli animali che lipunzecchiano simboleggiano gli stimoli. L’idea è lo stimolo che spinge l’uomo nell’azione.

Arrivano alla riva del fiume Acheronte:

Ed ecco verso noi venir per nave/ un vecchio bianco per antico pelo

 Le anime dei dannati non hanno alcun ritegno, e bestemmiano mentre il demonio , iltraghettatore Caronte colpisce col remo quelli che indugiano

“Bestemmiavano Dio e loro parenti/l’umana spezie e il tempo il loco e il seme/ di lorosemenza e di lor nascimenti”

Il demonio vuole impedire il passaggio dei due pellegrini ma Virgilio lo rimprovera avvalendosidella sua autorità che gli deriva dal Cielo:

” Caron non ti crucciare/ vuol si così colà dove si puote/ ciò che si vuole e più nondimandare.”

I due poeti vengono trasportate da Caronte, e Dante si addormenta

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” La terra lacrimosa diede vento/ che balenò una luce vermiglia/ la qual mi vinse ciascunsentimento/ e caddi come l’uom cui sonno piglia”(fine del terzo canto)

Inizio del canto IV: Dante si sveglia e si guarda intorno e vede la voragine dell’Inferno ed èpreso da un grande spavento:

“ Ruppemi l’alto sonno ne la testa/ un grave truono, si ch’io mi riscossi/ Come personache per forza è desta/…….

Vero è che in su la proda mi trovai/ de la valle d’abisso dolorosa/ che n’trono accoglie diinfiniti guai/ oscura profonda era e nebulosa/ tanto che per ficcare lo viso a fondo/ io nonvi discernea alcuna cosa.

Il Maestro vince le perplessità del suo allievo e lo esorta ad entrare nel primo cerchio.

“Così si mise e così mi fè intrare nel primo cerchio che l’abisse cigne”

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In questo cerchio, chiamato Limbo,sono tutti coloro che morirono senza battesimo, e tutti igrandi uomini del mondo antico che vissero prima del cristianesimo senza commettere peccati,tra questi è lo stesso Virgilio:

“Or vo che sappi innanzi che più andi/ ch’ei non peccaro; e s’elli hanno merce di/ nonbasta perché non ebber battesmo/ ch’è porta de la fede che tu credi/ e s’ei furon dinanzial Cristianesmo/ non adorar debitamente Dio/ e di questi cotai son io medesmo/ Per talidifetti non peraltro rio/ semo perduti e sol di tanto effesi/ che sanza speme vivemo indisio.”

Dante chiede a Virgilio se delle anime sono state salvate e portate in Paradiso, e nella rispostaapprende che Gesù Cristo, dopo la sua morte, discese nell’Inferno, sfondò la porta e liberò leanime di alcuni grandi come Adamo ( il primo parente), Abramo, Abele, Noè, Mosè, Davide re,Giacobbe, Rachele e molti altri. Mentre parlano si ode una voce:

” Onorate l’altissimo poeta/ l’ombra sua torna ch’era dipartita”

Vedono avvicinarsi quattro grandi ombre, dall’aspetto né triste né lieto. Virgilio glieli presenta:sono Omero,Orazio,Ovidio e Lucano.

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Lo buon maestro cominciò a dire:

«Mira colui con quella spada in mano,

che vien dinanzi ai tre sì come sire:

quelli è Omero poeta sovrano;

l'altro è Orazio satiro che vene;

Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano

La spada in mano ad Omero significa che egli è il grande poeta epico. Infinita è la gioia e lameraviglia di Dante, perché vede i grandi poeti dell’antichità

Così vid'i' adunar la bella scola

di quel segnor de l'altissimo canto

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che sovra li altri com'aquila vola

I quattro, dopo avere ragionato tra loro, proclamano Dante poeta; così egli si ritiene sesto tracotanto senno.”..sì ch’io fui sesto tra cotanto senno”

I sei poeti camminano ed arrivano in un nobile castello, cerchiato da sette mura e difeso da unbel fiumicello che attraversano come fosse terra dura ed entrano in un luogo meraviglioso,pieno di vegetazione, e qui vedono i grandi uomini, gli spiriti magni.

“ Gente vi era con occhi tardi e gravi/ di grande autorità nei loro sembianti/ parlavanorado con voci soavi”

Il nobile castello simboleggia la sapienza umana, e le sette mura di cinta le sette parti nellequali si divide l filosofia(la sapienza): fisica, metafisica, etica, politica,economia,matematica,dialettica.

Per meglio vederli tutti, si portano in un angolo , in un luogo aperto, luminoso ed alto:

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“Traemmoci così da l’un dei canti/ in luogo aperto luminoso ed alto/ si che veder sipotien tutti quanti” Colà diritto, sovra 'l verde smalto ,/ mi fuor mostrati li spiriti magni,/che del vedere in me stesso m'essalto

Dante, pieno di stupore, ammirazione, commozione vede i grandi spiriti del passato:

“ Io vidi Elettra con molti compagni/ tra i quai conobbi Ettor ed Enea/ Cesare armato conocchi grifagni/ vidi Camilla e la Pantasilea/ dall’altra parte vidi il re Latino/ che conLavinia sua figlia sedea/ Vidi quel Bruto che cacciò Tarquinio/ Lucrezia, Iulia, Marzia eCorniglia/ e solo in parte vidi il Saladino”

In questo primo gruppo sono eroi, guerrieri,politici, uomini e donne virtuosi. Elettra era laprogenitrice della stirpe troiana, Cesare è considerato il fondatore dell’Impero. Nessun eroegreco è citato, perché forse Dante politicamente condannava la guerra di aggressione dei Grecicontro i Troiani; infatti Ulisse e Diomede sono puniti nella ottava bolgia come consiglierifraudolenti, Achille è tra i lussuriosi, insieme a Paride ed Elena puniti non solo per il loro amorepeccaminoso ma per avere causata la guerra tra Troiani e Greci.

Guardando più oltre vedono il gruppo dei filosofi, primo fra tutti Aristotile,( il maestro di color chesanno) poi Socrate e Platone, dietro seguono altri filosofi dell’antichità: Democrito, Diogenes,Annassagora,Talete, Empedocle, Eraclito, Zenone, Euclide, Tolomeo, Ippocrate, Avicenna,eAverroè, che commentarono i libri di Aristotile; tra i filosofi sono Tullio Cicerone, Seneca, edinsieme a loro Orfeo.

Nel secondo cerchio sono puniti i lussuriosi, tormentati da una bufera di vento;

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“ La bufera infernale che mai non resta/ mena gli spirti con la sua rapina/ voltando epercotendo li molesta”

custode è Minosse che assume il ruolo di giudice; sente le anime che a lui si presentano,stabilisce in quale cerchio destinarli e con la coda si cinge tante volte quanto è il numero delcerchio cui il dannato è destinato:

“ Cignesi con la coda tane volte/ quantunque gradi vuol che giù sia messa”

Minosse vuol impedire il cammino di Dante ma Virgilio lo ammutolisce con la stessa frase chedisse a Caronte

“ Vuolsi così colà dove si puote/ ciò che si vuole e più non dimandare”

Dante in tutto l’Inferno non ripeterà più questa frase; esprimerà il concetto con altre parole.Virgilio spiega a Dante chi sono i dannati che soffrono la pena in questo secondo cerchio: ne

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nomina alcune, le più celebri : Cleopatra, Didone, Elena, Achille, Semiramide, Paride, Tristano,Isotta e tanti altri. Dante nota due spiriti uniti, trascinati dal vento e chiede a Virgilio di parlarecon loro.

Sono i due amanti Paolo e Francesca.” Poeta volentieri….

Francesca racconta la storia di amore, di quell’amore che tutta una letteratura aveva celebrato,in modo particolare quella recente del Dolce Stil Novo di cui Dante stesso fu il grande cantore.E tutta la schiera di quegli amanti celebri fa da sfondo storico a questa privata e dolente vicendadei due cognati. Celebri sono i versi

“ Amor che al cor gentile ratto s’apprende/ prese costui de la bella persona/ che mi futolta; e il modo ancor m’offende/ Amor ch’a nullo amato amar perdona/ mi prese delcostui piacer sì forte/ che come vedi ancor non m’abbandona/ Amor condusse noi aduna morte/ caina attende chi vita ci spense.”

Francesca , cede all’invito di Dante, che considera gentile e benigno, racconta con tenerezza ilmomento più decisivo della sua storia di amore piangendo e provando un grande dolore per lostato di miseria in cui si trova. Celebre la frase “ …nessun maggior dolore/ che ricordarsidel tempo felice nella miseria”

L’amore si manifestò durante la lettura della celebre storia d’amore di Lancillotto dove il passoin cui si legge il bacio dei due, scatena il desiderio e spinge i due amanti all’abbraccio e albacio. In Dante non c’è alcuna condanna, ma solo pietà e al termine del racconto cade a terra “come corpo morto cade”

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Nel terzo cerchio sono i golosi, immersi sotto grandine grossa, acqua tinta e neve; custode èCerbero, fiera crudele, con tre teste che “ caninamente latra” I dannati giacciono tutti a terra,nudi, tranne una che, vedendo i due pellegrini, si levò e sedette; è Ciacco, che così si presenta“ Voi cittadini mi  chiamaste Ciacco/ per questa dannata colpa de la gola,/ adesso a lapioggia mi fiacco” E’ un fiorentino col quale Dante sviluppa un breve ma appassionato dialogo nel corso del qualesi parla di Firenze, la città, sempre presente nel suo cuore, dove egli agogna di ritornare, chenel Paradiso, canto XXV chiama “ ilbell’ovile”: il goloso predice la sconfitta dei Guelfi Bianchi da parte dei Guelfi Neri: Continuando nel suodiscorso accusatorio Ciacco sostiene che a Firenze vi sono solo due persone giuste, e tutti glialtri sono infiammati dai tre peccati, invidia, superbia, avarizia che sono la vera causa dellediscordie dei cittadini“Giusti son due, e non vi sono intesi;/ superbia, invidia e avarizia sono/ le tre favillech’hanno i cuori accesi.” Questo tema della città dilaniata da lotte intestine ritornerà nel colloquio con Brunetto Latini cheincontreremo nel terzo girone del cerchio settimo.

Prima di congedarsi Dante chiede se Farinata, Iacopo Rusticucci, il Tegghiaio, Mosca, e Arrigosiano tra i dannati o tra i beati;

dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;

ché gran disio mi stringe di savere

se 'l ciel li addolcia, o lo 'nferno li attosca». Canto VI, 82-84

gli viene risposto che sono tra le anime più nere.

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Nel quarto cerchio sono gli avari e prodighi , colpevoli perché non hanno saputo usare il denarocon moderazione,condannati a rotolare a forza di “ poppa” dei massi enormi ed incontrandosisi rimproverano i reciprochi peccati; gli avari gridano“ perché burli?” i prodighi “ perché tieni?” Custode è Pluto. “Papèsatan,papèsatanaleppe/ cominciò Pluto con la voce chioccia/ e quel savio gentil chetutto seppe/ disse per confortarmi non ti noccia/ la tua paura¸ che poder ch’elli abbia/non ci torrà lo scender questa roccia” (cantoVII)

Tutti furono ecclesiastici, e tra essi sono papi e cardinali, tutti rei della stessa colpa, così spiegaVirgilio:

Questi fuor cherci, che non han coperchio

piloso al capo, e papi e cardinali,

in cui usa avarizia il suo soperchio». Canto VII, 46-48

Qui inizia a svolgere un aspetto del pensiero politico di Dante: egli , in tutto il Poema, condannala terribile piaga della venalità del clero, che dai più bassi ai più alti gradi della gerarchiaaffliggeva la Chiesa e tutta l’umanità. Dante chiede i nomi di alcuni dannati; ma Virgilio rispondeche essi non possono meritare alcuna conoscenza; come sono stati nella vita sozzi, a causa delmalo uso del denaro, ora questa stessa colpa li rende ignoti.

” La sconoscente vita che i fè sozzi/ ad ogne conoscenza or li fa bruni” canto VII 53-54 “Mal dare e mal tener lo mondo pulcro/ ha tolto loro, e posti a questa zuffa” 58-59

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Arriviamo ora nel V cerchio, dove, immersi nella palude Stige, custodita dal diavolo Flegiàs,sono puniti gli iracondi ed accidiosi; è un canto pieno di grande movimento ; Filippo Argenti,noto a Firenze come persona arrogante e orgogliosa, trattato da Dante con grande sdegno, siaggrappa alla barca ma viene scaraventato nella palude da Virgilio , che aspramente lorimprovera “ Vai costà con li altri cani!!” .

Poi appaiono le roventi mura della città di Dite, le Furie ( Aletto, Tesifone, Megera) cheinvocano l’arrivo della Medusa; mille diavoli chiudono la porta in faccia a Virgilio impedendoglil’entrata, ed in loro aiuto arriva un messo divino camminando sull’acqua senza toccarla,spostando con la mano l’aere pesante e spesso, e con una verghetta apre la porta toccandola;tutto questo movimento crea un vivace e suggestivo scenario teatrale.

Ecco come viene descritto l’arrivo del messo celeste, preceduto da un gran fracasso e tumultoche spaventa le anime che fuggono:

E già venia su per le torbide onde

un fracasso d'un suon, pien di spavento,

per cui tremavano amendue le sponde, canto IX 64-66

vid'io più di mille anime distrutte

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fuggir così dinanzi ad un ch'al passo

passava Stige con le piante asciutte.

Dal volto rimovea quell'aere grasso,

menando la sinistra innanzi spesso;

e sol di quell'angoscia parea lasso .

Ben m'accorsi ch'elli era da ciel messo,

e volsimi al maestro; e quei fé segno

ch'i' stessi queto ed inchinassi ad esso

Ahi quanto mi parea pien di disdegno

Venne a la porta, e con una verghetta

l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno canto IX,79-90

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Al di là delle mura è il cerchio VI dove sono puniti, dentro tombe più o meno infuocate, glieretici.

“ Or sen va per un secreto calle/ tra il muro della terra e li martiri/ lo mio maestro e iodietri le spalle” Canto X

Dante vede una ampia pianura piena di tombe infuocate, si accorge che i coperchi sono levatima non c’è nessuno ; e chiede

“ la gente che per li sepolcri giace/ potrebbesi veder già son levati/tutt'i coperchi, enessun guardia face ».

Virgilio, che legge il pensiero del suo compagno che spera di incontrare Farinata, lo rassicura,dicendogli che la sua curiosità di vedere Farinata sarà presto soddisfatta. Improvvisamente dauna di quelle tombe proviene una voce che chiede a Dante di fermarsi e parlare.

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« O Tosco che per la città del foco

vivo ten vai così parlando onesto,

piacciati di restare in questo loco.

La tua loquela ti fa manifesto

di quella nobil patria natio

a la qual forse fui troppo molesto». Canto X, 22-27

Dante al suono di queste parole, preso da un lieve spavento, si accosta a Virgilio come perproteggersi, ma il maestro lo rimprovera e lo spinge verso la sepoltura chiarendo che Farinatagià si erge dalla tomba col petto e con la fronte come se avesse l’inferno in grande dispregio; gliraccomandai di essere schietto nel parlare.

Com'io al piè de la sua tomba fui,

guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,

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mi dimandò: « Chi fuor li maggior tui?

Io ch'era d'ubidir disideroso,

non gliel celai, ma tutto gliel'apersi;

ond'ei levò le ciglia un poco in suso ;

poi disse: «Fieramente furo avversi

a me e a miei primi e a mia parte ,

sì che per due fiate li dispersi».

« S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte»,

rispuos'io lui, «l'una e l'altra fiata;

ma i vostri non appreser ben quell'arte». 40-51

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Qui si innesta un episodio di grande dolcezza, e tenerezza, il dolore di un padre che chiedenotizie del figlio e, dalla risposta avuta, crede che sia morto e disperato sprofonda nella tomba;èil papà di Guido Cavalcante.

Allor surse a la vista scoperchiata

un' ombra , lungo questa, infino al mento:

credo che s'era in ginocchie levata.

Dintorno mi guardò, come talento

avesse di veder s'altri era meco;

e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,

piangendo disse: «Se per questo cieco

carcere vai per altezza d'ingegno ,

mio figlio ov'è? e perché non è teco?». 52-60

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Dante capisce subito che si tratta del papà di Guido e subito così gli risponde:

E io a lui: « Da me stesso non vegno :

colui ch'attende là, per qui mi mena

forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».61-63

Da queste parole il dannato crede suo figlio morto e ricade dentro la tomba; ma Farinata restaimpassibile , quella scena non lo turba, egli resta altero, sdegnoso:

Ma quell'altro magnanimo, a cui posta

restato m'era, non mutò aspetto,

né mosse collo, né piegò sua costa : 73-75

Dante in questo incontro mette in risalto la grandezza d’animo di questo grande capo deiGhibellini di Firenze e lo illumina di una luce patriottica, lo definisce magnanimo, mettendo inevidenza che dopo la battaglia di Montaperti fu solo lui ad opporsi alla distruzione di Firenze.

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Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso,

« A ciò non fu' io sol», disse, «né certo

sanza cagion con li altri sarei mosso.

Ma fu' io solo, là dove sofferto

fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,

colui che la difesi a viso aperto». 88-93

ll cerchio VII è diviso in tre gironi.

Inizia ora il basso Inferno che si divide in tre cerchi, VII,VIII, IX- se noi contiamo dall’inizio; mase il conto è limitato al basso Inferno allora i cerchi sono I, II, III,:Virgilio sviluppa, con grandeprecisione, un’ ampia e scolastica spiegazione della struttura di questa parte dell’Inferno.

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“ Figliol mio, dentro da codesti sassi/ cominciò poi a dir, son tre cerchietti/ di grado ingrado come quei che lassi/ Tutti son pien di spirti maledetti;/ ma perché poi ti basti pur lavista/ intendi come e perché son costretti.” Canto XI 16-21

Nel primo girone scontano la pena i violenti contro il prossimo, e contro i suoi beni, assassini,tiranni, predatori, guastatori,

“ onde omicide e ciascun che mal fiere/ guastatori e predon, tutti tormenta/ lo gironprimo per diverse schiere.” 37-39

Tutti sono immersi in un fiume di sangue bollente, il Flegetonte, alcuni fino ai capelli, altri fino alcollo, altri fino al petto: la diversità di immersione sembra denotare una minore o maggiorecolpa; essi non hanno un volto, pur avendo dei nomi, anche famosi, tra Dante ed essi non siinstaura alcun dialogo, lo stesso è avvenuto per gli avari e prodighi; centauri corrono lunga lariva del fiume, guardiani del girone, armati di archi e frecce; il centauro Nesso, che liaccompagna, indica i nomi dei vari dannati: Attila, Alessandro Magno,Dionigi il tiranno diSiracusa, Obizzo D’Este, tiranno di Ferrara, Ezzelino Da Romano.

All’inizio sta il Minotauro, il frutto della snaturata passione sessuale di Pasife verso il toro:

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“ In su la punta de la rotta lacca/ l’infamia di Creta era distesa/che fu concetta nella falsavacca” canto XII, 11-13

Nel secondo girone sono i suicidi, trasformati in piante e qui Dante incontra Pier Delle Vigne, ilprotonotaro di Federico II che racconta la sua storia e rivendica la sua innocenza e chiede aDante di svelare sulla terra che egli fu vittima di complotto di corte..Il canto XIII inizia con ladescrizione del bosco, oscuro,dove non c’è nulla di bello, di vivo, di amabile.

” Non era ancor di là Nesso arrivato/ quando noi ci mettemmo per un bosco/ che danessun sentiero era segnato/ Non fronda verde, ma di color fosco;/ non rami schietti, manodosi e ‘nvolti/ non pomi v’eran, ma stecchi con tosco” canto XIII, 1-6

Il bosco è abitato dalle brutte Arpie, figure mitologiche con volto femminile e corpo di uccellorapace. Dalle piante emergono forti lamenti , voci umane di persone che soffrono e Dante credeche vi fossero dannati nascosti dietro le piante; ma, consigliato da Virgilio, strappa unramoscello e subito esce del sangue ed una voce lo rimprovera "Perché mischiante?” 33“Uomini fummo e or siam fatti sterpi”37 E’ Pier Delle Vigne.

Nel terzo girone sono puniti i peccatori contro natura: i sodomiti, i bestemmiatori e gli usurai.

Sono su un sabbione ardente, flagellati da falde di fuoco che piovono dal cielo: alcune stannosupine a terra, altre sedute, altre corrono disperatamente.. Tra tanta gente Dante scorge unoche sembra non curare il martirio, e si erge dispettoso ed accigliato, tale che non apparedomato dalle fiamme che lo percuotono: è Capaneo, uno dei sette re che assediarono Tebe;

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chi è quel grande che non par che curi

lo 'ncendio e giace dispettoso e torto,

sì che la pioggia non par che 'l marturi ?».

Il dannato, che intese la domanda, così rispose con tono duro e pieno di superbia “ Qual fuivivo tal son morto!”

Dopo questo incontro i due poeti proseguono camminando sull’argine senza toccare il sabbioneardente; Virgilio spiega a Dante l’origine dei fiumi infernali ( Acheronte, Stige, Flegetonte,Cocito); essi hanno origine nell’isola di Creta dove , in una grotta, è un gran veglio, che guardaverso occidente; la sua testa è d’oro,argento le spalle ed il petto, poi bronzo fino al bacino, lecosce e le gambe e i piedi di ferro, tranne il piede destro che è terra cotta. Da tutto il corpo,pieno di fessure, tranne che la testa, sgorgano lacrime che escono dalla grotta e formano i fiumidell’Inferno.

Tra i sodomiti Dante, con sua grande meraviglia, incontra il suo maestro, Brunetto Latini cheegli ha venerato in vita;( fu magistrato, notaio, divulgatore di filosofia e retorica, scrittore)camminano a fianco , e, dato il dislivello tra la zona del sabbione dove cammina Brunetto el’orlo superiore su cui Dante cammina, si ha che la testa di Brunetto è a livello con l’orlo dellaveste di Dante; il vecchio maestro predice a Dante l’esilio ed il suo glorioso destino

“ Ma quell’ingrato popolo maligno/che discese di Fiesole ab antico/e tiene ancor delmonte e del macigno/ ti si farà, per tuo ben far, nimico”

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I Fiorentino sono orbi, come i Pisani sono traditori, continua a dire il vecchio maestro e scagliauna invettiva contro Firenze dove si coltiva avarizia, invidia, superbia

“Vecchia fama nel mondo li chiama orbi/ gent’è avara, invidiosa e superba;/ dai lorocostumi fa che tu ti forbi”

Dante desidera sapere chi sono quelli che fanno parte della schiera dei sodomiti, e Brunettoben volentieri lo asseconda e rivela che tutti sono ecclesiastici e letterati:

“ Insomma sappi che tutti fur cherci/ e litterati grandi e di gran fama,/ d’un peccatomedesmo al mondo lerci”

 Lasciato Brunetto i due poeti riprendono il cammino e sentono il rimbombo del fiumeFlegetonte che precipita nel baratro infernale, quando tre ombre corrono verso di loro echiedono a Dante di fermarsi riconoscendo in lui, dall’abito che porta, un fiorentino, un loroconcittadino: sono Guido Guerra, dei conti Guidi, un personaggio di grande spicco, un guelfo,

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uomo di grande senno e grande guerriero

“ … e in su la vita/fece col senno assai e con la spada”;

l’altro è Tegghiaio Aldobrandi , podestà di Arezzo, della stessa generazione di Guido Guerra eFarinata, quello che parla con Dante è Iacopo Rusticucci, un onorato cavaliere fiorentino. Silamentano per le brutte notizie che il nuovo arrivato Guglielmo Borsiere ha portato loro: Dante aconferma delle brutte notizie esplode in una brevissima invettiva di tre versi per dire che Firenzeè cambiata a causa della nuova classe commerciale che ha contrastato la nobiltà e ha generatoimprovvisi guadagni.”La gente nuova e i subiti guadagni/ orgoglio e dismisura hangenerata,/ Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni”.canto XVI 73-75.

Al confine del girone terzo con la voragine che lo collega con il cerchio VIII Malebolge, sono gliusurai, che sono di famiglia nobile e benestante, e sfoggiano i loro stemmi su delle saccheappese al collo.

Gerione dalla faccia di uomo buono, dal corpo di serpente con la coda dello scorpione, il corpopieno di rotelle e nodi, simbolo della frode, li trasporta fino al fondo dove sono le dieci bolgedette Malebolge.

“ Luogo è in Inferno detto Malebolge/ tutto di pietra di color ferrigno/ come la cerchia ched’intorno il volge/” canto XVIII, 1-3

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E’ il secondo cerchio del basso Inferno, ma l’ottavo contando i cerchi dall’inizio dell’Inferno; quisono puniti i peccatori di frode, che per Dante sono quelli che non rispettano il vincolo di amoreche Dio ha creato tra gli uomini tutti: “ La frode, onde ogne coscienza è morsa/ può l’uomousare in colui che in lui fida/ o in quel che fidanza non imborsa/ Questo modo di retro parch’ncida/ pur lo vinco d’amor che fa natura/ onde nel cerchio secondo s’annida/ ipocrisialusinghe e chi affattura/ falsità, ladroneccio e simonia/ ruffian, baratti e simile lordura”cantoXI,52-60

Nella prima bolgia sono i seduttori e i ruffiani,frustati da diavoli cornuti;

“ Di qua, di là, su per lo sasso tetro/ vidi demon cornuti con gran ferze/ che li battiencrudelmente di retro/ Ahi come facean lor levar le berze / a le prime percosse! giànessuno/ le seconde aspettava né le terze. Canto XVIII, 34-39

qui i poeti incontrano un bolognese, Venedico Caccianemico , appartenente ad una potentefamiglia guelfa, che, con vergogna, confessa di avere spinto la sorella tra le braccia di Opizzo,marchese da Este di Ferrara ( che abbiamo incontrato immerso nel fiume Flegetonte)perottenere più potere” io sono colui che la Gisolabella/condussi a far la voglia del marchese,/comeche suoni la sconcia novella” Virgilio richiama l’attenzione di Dante verso un altro dannato, unseduttore: è Giasone, l’eroe della Colchide che conquistò il vello d’oro; qui viene punito perchésedusse Isifile e Medea; viene descritto come un grande che non si cura del martirio.( comeFarinata, Capaneo, Fanni Fucci)

“ E il buon maestro, sanza mia dimanda/

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mi disse : guarda quel grande che vene/

e per dolor non par lacrime spanda; /

quanto aspetto reale ancora ritene!/

Ivi con segni e con parole ornate

Isifile ingannò, la giovinetta

che prima avea tutte l'altre ingannate.

Lasciolla quivi, gravida, soletta;

tal colpa a tal martiro lui condanna;

e anche di Medea si fa vendetta canto XVIII 82-96

Nella seconda bolgia gli adulatori, immersi nello sterco. Tutte le pareti della bolgia sonoincrostate d’una muffa prodotta dall’esalazione vischiosa che sale dal fondo e vi si attacca, ecolpisce gli occhi ed il naso; il fondo è cupo difficile a vedersi anche dal ponte dove i due poetisostano:

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le ripe eran grommate d’una muffa,/per l’alito di giù che vis’appasta,/ che con li occhi ecol naso facea zuffa” canto XVIII, 106-108

Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso

vidi gente attuffata in uno sterco

che da li uman priva di parea mosso canto XVIII, 112-114

Tra i dannati i due poeti incontrano un cittadino di Lucca, Alessio Interminei, un nobile, guelfobianco, che ha un breve colloquio con Dante durante il quale si lamenta della sua condizione ericonosce di trovarsi qui a causa della sua lingua che mai cessò di adulare; “ quaggiù m’hansommerso le lusinghe/ ond’io non ebbi mai la lingua stucca” 125-126. Dopo questo spirito vedono una donna, Taide, la puttana, protagonista della commedia diTerenzio “ L’eunuco”. Dante colloca sempre , accanto a un personaggio della storia recente unpersonaggio della storia antica.

Nella terza bolgia sono i simoniaci, che fanno commercio delle cose sacre.Ilcanto inizia con unainvettiva contro il commercio delle cose sacre

” O Simon mago, o miseri seguaci/che le cose di Dio, che di bontade/ deon essere spose,e voi rapaci/ per oro e per argento avolterate”

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Sono puniti a testa in giù dentro fosse, con le piante dei piedi infuocate, che bruciano comedelle torce.

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava

d'un peccator li piedi e de le gambe

infino al grosso, e l'altro dentro stava.

Le piante erano a tutti accese intrambe;

per che sì forte guizzavan le giunte ,

che spezzate averien ritorte e strambe.

I due poeti incontrano papa Nicolò III, al secolo Giovanni Nicolò Orsini, che crede Dante essereBonifacio VIII. Subito Dante dichiara di non essere quello che lui crede. Alla domanda di Dante,che chiede chi lui fosse, il dannato risponde dichiarandosi di essere un papa “ sappi ch’i’ fuivestito del gran manto” della famiglia Orsini, confessa il suo nepotismo e il suo peccato di simonia “cupido sì per avanzar gli orsatti,/ che sù l’avere e qui me misi in borsa” Spiega che sotto di lui stanno in posizione orizzontale tutti i papi che lo precedettero

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simoneggiando, ed egli cadrà giù nella fossa e sarà orizzontale “ piatto” quando verrà l’altropapa, cioè Bonifacio VIII anche lui reo di simonia, che starà ritto a capo in giù nella stessa fossafino a quando non arriverà altro papa, peggiore di lui, che non avrà alcuna legge, che saràcolpevole per avere asservito la Chiesa al re di Francia, Filippo il Bello; questo papa saràClemente V, che portò la sede papale ad Avignone. Questo fatto storico sarà ripreso nelPurgatorio al canto XXXII, dove sono raffigurati sopra un colle una puttana ( che rappresenta laChiesa guidata dal papa Clemente V) accanto ad un gigante ( il re di Francia, Filippo il Bello)che si baciano. Questi due papi hanno meritato per il loro comportamento la feroce condannadel poeta: Bonifacio VIII ( 1294-1303) fu il papa che ingannò Firenze e segnò la rovina di Dante,ma fu anche il papa che con la sua bolla “Unam Sanctam” affermò la supremazia della Chiesasull’Impero; Clemente V( morì nel 1314) portò la Chiesa ad Avignone ed ingannò l’imperatoreArrigo VII determinando così il fallimento della sua impresa. Questi due papi saranno ricordatinel Paradiso, XXX 142-148 per la loro condanna come simoniaci.

Dante prorompe in una aspra invettiva contro le gerarchie della Chiesa che fanno mercato dellecose sacre. La colpa originale fu dell’imperatore Costantino che donò alla Chiesa vasti territoriodell’Italia centrale, dando così inizio al potere temporale dei Papi, che, per Dante, costituisce lavera causa della loro avidità. In realtà l’invettiva è contro papa Bonifacio VIII che Dante avversòper tutta la sua vita per la brama di potere e per la sua ingerenza nella politica di Firenze.

Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento;

e che altro è da voi a l'idolatre,

se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,

non la tua conversion, ma quella dote

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che da te prese il primo ricco patre!».canto XIX

La stessa invettiva sarà pronunciata da San Pietro del Paradiso celeste.

Quarta bolgia gli indovini, che hanno il capo girato indietro e camminano a ritroso, a passi lenti,in processione; tra essi sono Aronte, Tiresia e la figlia Manto che fondò Mantova.

ché da le reni era tornato 'l volto

e in dietro venir li convenia,

perché 'l veder dinanzi era lor toltocantoxx 13-15

Dante rimane sconvolto nel vedere una tale deformazione del corpo umano, che è lostravolgimento della immagine dell’uomo che è stata fatta ad immagine di DIO, e piange;Virgilio lo rimprovera e lo invita a non avere pietà di nessuno, qui nell’Inferno.

” Vedi Tiresia che cambiò sembiante/ quando di maschio femmina divenne/ cangiandosile membra tutte quante” canto XX 40-42

Tiresia era un famoso indovino dell’antichità, tebano. La mitologia narra che vide due serpentiavviticchiati tra loro e con la verga li separò e nello stesso istante fu tramutato in femmina; doposette anni riacquistò il sesso maschile colpendo di nuovo i serpenti che rivide di nuovoavviticchiati.

Nella quinta bolgia sono puniti i barattieri, quelli che fanno commercio delle cose pubbliche,

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immersi dentro la pece bollente e uncinati dai diavoli: è piena di grande movimento; i poetivedono un diavolo nero con le ali, correre tenendo sopra le spalle un dannato che vienelanciato nella pece bollente.

e vidi dietro a noi un diavol nero

correndo su per lo scoglio venire.

Ahi quant'elli era ne l'aspetto fero!

e quanto mi parea ne l'atto acerbo ,

con l'ali aperte e sovra i piè leggero!

L'omero suo , ch'era aguto e superbo,

carcava un peccator con ambo l'anche,

e quei tenea de'piè ghermito'lnerbo canto XXI 29-36

Virgilio ordina a Dante di nascondersi sotto il ponte; dei diavoli si parano davanti a lui perimpedirgli il passo e per uncinarlo, ma lui li rimprovera

“ Nessun di voi sia fello/ innanzi che l’uncin vostro mi pigli/ traggasi avante un di voi chem’oda/ e poi d’arrunci gli armi si consigli” canto XXI 72-75

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Un Viaggio nell'Inferno di Dante

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Dalla folla dei diavoli si stacca il capo, Malacoda che accetta di parlare con Virgilio e viene cosìa conoscere l’ordine divino, per cui nessuno può impedire il cammino dei due poeti.

«Credi tu, Malacoda, qui vedermi

esser venuto», disse 'l mio maestro,

«sicuro già da tutti vostri schermi ,

sanza voler divino e fato destro ?

Lascian'andar, ché nel cielo è voluto

ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro».

Allor li fu l'orgoglio sì caduto,

ch'e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi,

e disse a li altri: «Omai non sia feruto ».

Così i due scortati da dieci diavoli passano nella bolgia successiva. Ecco i nomi di questidiavoli: Alichino, e Calcabrina, Barbariccia, Cagnazzo, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto,Graffiacane, Farfarello e Rubicante pazzo Canto XXI

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Nella sesta bolgia sono gli ipocriti, coperti da grave cappe di piombo dentro e dorate all’esterno;camminano lenti, in processione; sono i frati godenti, ordine nato a Bologna; erano noti colnome di Cavalieri della Milizia della Beata Maria Vergine Gloriosa; andavano armati. Il loroscopo era di proteggere la Chiesa contro l’eresia e promuovere la pace civile. L’ordine nongodeva di buona fama

Frati godenti fummo, e bolognesi;

io Catalano e questi Loderingo

nomati,e da tua terra insieme presi canto XXIII, 103-105

ma l’attenzione di Dante è posseduta dalla vista di Caifa, e degli altri membri del Sinedrio: tutticrocifissi, a terra, e calpestati dagli ipocriti.

” Mi disse:quel confitto che tu miri/ consigliò i farisei che convenia / porre un uom per lopopolo a martiri/ attraversato è, nudo,ne la via/ come tu vedi, ed è mestier ch’el senta/qualunque passa,come pesa,pria.” Canto XXIII 115-120

Nella settima bolgia sono i ladri, morsicati, divorati, feriti, flagellati da una enorme moltitudine diserpenti. Tra essi Dante incontra Vanni Fucci.

e vidivi entro terribile stipa

di serpenti, e di sì diversa mena

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che la memoria il sangue ancor mi scipa .82-84

Tra questa cruda e tristissima copia

correan genti nude e spaventate,

sanza sperar pertugio o elitropia :

con serpi le man dietro avean legate;

quelle ficcavan per le ren la coda

e'l capo, ed eran dinanzi aggroppate Canto XXIV 91-96

Vanni Fucci fu uomo violento, sanguinario,superbo più di Capaneo; fu Guelfo Nero e , nelcolloquio con Dante, si compiace di essere violento come una bestia e di essere vissuto aPistoia, sua degna tana. Riconosce di essere un ladro e dichiara di avere rubato i bei arredidella sacrestia di San Iacopo a Pistoia.Prova un morboso piacere nel predire che i Neri sarannocacciati da Pistoia e a Firenze i Bianchi saranno cacciati dai Neri. Alla fine del suo discorso alzaambedue la mani spavaldo verso Dio facendo le fiche

”..Togli,Dio,ch’a te le squadro!” CantoXXV3

Non ebbe finito di pronunziare queste parole che due serpenti si avvinghiarono al suo corpo,quasi per punirlo della sfida che aveva rivolto a Dio. Dante esplode in una invettiva controPistoia che deve scomparire così non darà i natali a simili uomini. Qui la spavalderia e l’empietàdi Vanni Fucci è pari a quella mostrata da Capaneo: entrambi hanno osato sfidare Dio. Dantedichiara che in tutti i cerchi del dolente regno non ha visto altro spirito tanto superbo contro Dio.

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In questa bolgia assistiamo a scene di serpenti che divorano i dannati e si trasformano inuomini mentre i dannati diventano serpenti, o scene in cui i dannati, morsi dalle serpi, sitrasformano in cenere e dopo la cenere tutta si raccoglie e si trasforma in forma umana. Sono lemetamorfosi.

Nella ottava bolgia sono i consiglieri fraudolenti, tra essi Ulisse e Diomede che bruciano dentrouna fiamma cornuta e pagano così l’inganno del cavallo di Troia, il furto della statua di Pallade,e l’abbandono di Dedamia fatto da Achille che fu convinto da Ulisse a ritornare sul campo dibattaglia.

di tante fiamme tutta risplendea

l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi

tosto che fui là 've 'l fondo parea . Canto XXVI, 31-33

Dante vede una fiamma biforcuta e Virgilio gli spiega che in essa sono puniti Ulisse e Diomede.

Rispuose a me: «Là dentro si martira

Ulisse e Diomede , e così insieme

a la vendetta vanno come a l'ira;

e dentro da la lor fiamma si geme

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l'agguato del caval che fé la porta

onde uscì de' Romani il gentil seme.

Piangevisi entro l'arte per che, morta,

Deidamìa ancor si duol d'Achille,

e del Palladio pena vi si porta». Canto XXVI, 55-63

Dante desidera parlare con loro, ma Virgilio consiglia che sia lui a rivolgere la parola a loroperché furon greci e non potrebbero avere alcun conoscenza di Dante.

Poi che la fiamma fu venuta quivi

dove parve al mio duca tempo e loco,

in questa forma lui parlare audivi :

«O voi che siete due dentro ad un foco,

s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,

s'io meritai di voi assai o poco

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quando nel mondo li alti versi scrissi,

non vi movete; ma l'un di voi dica

dove , per lui, perduto a morir gissi».canto XXVI, 76-84

Ulisse accoglie l’invito del poeta latino e racconta la sua storia, la sua avidità di conoscere chelo portò alla morte. Questa morte significa che nessuno può raggiungere la conoscenzaassoluta, come Dante dirà nel Purgatorio

“ Matto è che spera che nostra ragione/possa percorrere la infinita via/ che tiene unasustanza in tre persone.” canto III del Purgatorio. Famosa la frase con cui Ulisse giustifica ilsuo viaggio che gli impedì di onorare il dovuto amore verso la sua Penelope, di rispettarel’affetto verso il padre e di abbracciare il figlio:

”Considerate la vostra semenza/fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute econoscenza”

Nella nona bolgia sono i seminatori di scisma e di discordie, continuamente feriti, tagliati dadiavoli armati di spada; il canto inizia con un paragone; il poeta dice che se potessimo vedereinsieme tutti i feriti di tutte le battaglie della storia d’Italia a partire dai Troiani di Enea,continuando fino a Canne ( nel 260 A.C. dove morirono sessantamila uomini), a Benevento (dove fu ucciso Manfredi) a Tagliacozzo ( dove fu ucciso Corradino) non potremmo vederequello spettacolo orrendo che si vede nella nona bolgia. Qui è la condanna delle divisioni chesono di due tipi: gli scismi, cioè la divisione nel corpo della Chiesa( la più grandiosa fu quellaoperata da Maometto che creò l’Islam) e le discordie civili e politiche.

Il primo grande scismatico che Dante incontra è Maometto, che è tutto spaccato dal mento finoal basso ventre, cioè diviso in due, così come egli divise in due il mondo cristiano, fondandol’Islamismo. Poi è Alì suo cugino e genero, il suo successore, anche lui tagliato in due dalla

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testa al mento. Maometto nel Medioevo fu ritenuto dal mondo cristiano un malvagio predicatoreche allontanò il popolo dalla vera fede. L’odio era alimentato dalle continue aggressionidell’Islam contro la cristianità avvenute con la occupazione della Spagna, della Sicilia e dellaTerra Santa.

com'io vidi un, così non si pertugia,

rotto dal mento infin dove si trulla.

Tra le gambe pendevan le minugia ;

la corata pareva e 'l tristo sacco

che merda fa di quel che si trangugia.

Mentre che tutto in lui veder m'attacco,

guardommi, e con le man s'aperse il petto,

dicendo: «Or vedi com'io mi dilacco !

vedi come storpiato è Maometto !

Dinanzi a me sen va piangendo Alì,

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fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

E tutti li altri che tu vedi qui,

seminator di scandalo e di scisma

fuor vivi, e però son fessi così.

Un diavolo è qua dietro che n'accisma

sì crudelmente, al taglio de la spada

rimettendo ciascun di questa risma,canto XXVIII,23-39

Il poeta si meritò l’odio del mondo musulmano per avere trattato così malamente il profetaMaometto. Nel limbo ha collocato altre personaggi del mondo arabo come il Saladino,i filosofi emedici Avicenna e Averroè. Dante incontra Pier Da Medicina, il Mosca( Mosca Dei Lamberti, unillustre fiorentino),Bertram Dal Bornio( un trovatore provenzale) che porta in mano la sua testaper le chiome come se fosse una lanterna. Egli è punito perché spinse il figlio di Enrico II ,red’Inghilterra, contro il padre così come Aristofele spinse il figlio Assalonne contro suo padre reDavide

Nella decima bolgia sono i falsari, colpiti da diverse e laide malattie.

Noi discendemmo in su l'ultima riva

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del lungo scoglio, pur da man sinistra;

e allor fu la mia vista più viva

giù ver lo fondo, la 've la ministra

de l'alto Sire infallibil giustizia

punisce i falsador che qui registra. Canto XXIX 52-57

I falsari sono di diverse tipologie: falsari di metalli, colpiti da lebbra; falsificatori di persona (come Mirra, che si accoppiò con suo padre facendosi credere un’altra persona, e GianniSchicchi che prese le sembianze di un ricco morente facendo così un falso testamento), colpitida idrofobia che li rende furiosi,falsari di monete, rappresentati dal solo mastro Adamo,condannati ad essere idropici, i falsificatori di parole o mentitori, colpiti da febbre acuta; questiultimi sono rappresentati dalla moglie di Putifarre, faraone d’Egitto, che calunniò Giuseppe e dalgreco Sinone che con inganno convinse i troiani a portare il cavallo dentro le mura di Troia. QuiDante mette personaggi biblici ( Mirra e la moglie di Putifarre) accanto a personaggidell’Eneide( Sinone) e del suo tempo ( Gianni Schicchi). Tutti sono colpiti da malattia perchécorrompe e modifica il loro aspetto fisico: questo è il contrappasso. Ecco come il poeta descrivela triste condizione dei falsari di metalli colpiti dalla lebbra ( Capocchio e Griffolino d’Arezzo):

come ciascun menava spesso il morso

de l'unghie sopra sé per la gran rabbia

del pizzicor, che non ha più soccorso ; canto XXIX 79-81

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Dante riconosce tra i dannati Griffolino d'Arezzo, mandato al rogo, prima del 1272, sotto la falsaaccusa di eresia (" ma quel per ch'io morii qui non mi mena ") e qui punito perché fu falsariodi metalli,e Albero o Alberto da Siena che era un giovane di nobile famiglia, qui ritratto come unbalordo che accusò Griffolino di averlo ingannato facendolo condannare al rogo.

La scena della decima bolgia viene dominata dalla presenza di maestro Adamo, falsificatore dimetalli che fu condannato per avere falsificato i fiorini d’oro di Firenze( che recano su una facciail giglio di Firenze e sull’altra la testa di San Giovanni) inserendovi tre carati di vile metallo; èdeforme per la sua grossa pancia che lo fa somigliare a un liuto: egli riconosce il suo delitto cuifu spinto dai tre figli di Guido I, i conti Guidi di Romena, Alessandro, Guido II e Aghinolfo epronuncia parole di odio contro questi.

Dante vuole sapere chi sono i due dannati che stanno l’uno accanto all’altro stretti, mentre dailoro corpi esala un vapore ( dovuto alla forte febbre) che sembra fumo; ecco la risposta

“ L’una è la falsa che accusò Gioseppo/ l’altr’è ‘l falso Sinon greco di Troia;/ per febbreaguta gittan tanto leppo”

Sono la moglie del faraone Putifarre e il greco Sinone. Tra Sinone e Adamo si svolge un serratodialogo di insulti ed accuse e si percuotono a vicenda: Sinone gli sferra un forte pugno sullagrossa pancia, di risposta Adamo gli dà un forte pugno sulla faccia. E’ una rissa di parole e fattidegna di popolani di bassissimo stato, ma vivace e di grande effetto scenico. Ci richiama allamemoria la rissa tra i diavoli nella quinta bolgia dei barattieri immersi nella pece bollente, cantoXXII

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Il cerchio IX dove sono puniti i traditori sarà oggetto di un’altra relazione.

Salvatore Abbruscato

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