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Una chiesa che ascolta Instrumentum laboris

Una chiesa che ascolta Instrumentum laboris. L’icona biblica: "Erano assidui nell'ascoltare …" L’idea: l'uomo è fatto di ascolto e la fede nasce dall'ascolto

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Una chiesa che ascolta

Instrumentum laboris

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L’icona biblica:"Erano assidui nell'ascoltare …"  • L’idea: l'uomo è fatto di ascolto e la fede

nasce dall'ascolto

• La centralità della Parola; • l’ascolto della vita e del tempo; • l’ascolto come stile e come vita concreta; • il linguaggio e i linguaggi: come cambia il

modo di comunicare; • comunicare la fede richiede la

testimonianza della vita ed esige il curare la formazione accompagnando e sostenendo la vita delle persone.

• L’atteggiamento da maturare: l’accoglienza

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Ascolto della Parola• Ascoltare la Parola e ascoltare la vita per una

nuova progettazione pastorale .• La Rivelazione è locutio Dei ad homines,

vale a dire il “parlare” di Dio agli uomini. L’atteggiamento dell’ascolto è la caratteristica fondamentale dell’uomo che si apre alla relazione salvante con il Signore.

• L’ascolto di Cristo, sacramento del Padre (un ascolto che fiorisce nelle opere) caratterizza il discepolo e garantisce la relazione profonda con Gesù. “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 10, 3).

• Pastori e gregge, tutti noi siamo chiamati ad essere discepoli della Parola.

• La comunità cresce con la disponibilità, da parte di tutti, a lasciarsi plasmare dalla Parola di Dio, a lasciarsi sempre riformare, per assumere un aspetto sempre fresco, sempre nuovo, sempre più bello, quale si addice alla sposa di Cristo.

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Ascolto delle persone• All’ascolto della Parola deve affiancarsi, come

sua naturale derivazione, l’ascolto della vita delle persone.

• Esperta in umanità e spinta o, per meglio dire, “totalmente occupata” dalla carità di Cristo (cfr 2Cor 5, 14), la Chiesa ascolta la vita degli uomini e, di volta in volta, offre le risposte più adatte suggeritele dallo Spirito.

• L’ascolto, congiunto a una sempre maggiore lucidità di sguardo, dono dello Spirito, rientra in quella scrutazione dei “segni dei tempi” che è dovere permanente della Chiesa.

• Esemplare a tale proposito è l’atteggiamento di san Paolino che scrive testualmente: “pendiamo dalla bocca di tutti i fedeli, poiché in ogni fedele soffia lo spirito di Dio” (Ep. 23, 36 a Severo).

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Rapporto stretto tra ascolto della Parola e delle persone• L’attitudine ad un ascolto attento e cordiale, tuttavia, non deve

condurre la Chiesa ad assumere acriticamente tutto quanto il mondo esprime: “[…] i discepoli di Cristo devono avere anche il coraggio della ‘differenza’, dell’essere sale della terra, capaci di dare sapore alla vita umana e di impegnarsi per l’umanizzazione e l’autentica libertà di tutti” (E. Bianchi, La Stampa, 23.02.2014).

• C’è un rapporto strettissimo tra l’ascolto della Parola e l’ascolto della vita delle persone. Solo se educati alla scuola della Parola sappiamo ascoltare la vita in profondità e d’altra parte non ascoltiamo veramente la Parola se non ci lasciamo interpellare dalla vita, perchè è nella vita e nella storia che il Signore continua a parlare.

• Ascoltare vuol dire incontrare, passare del tempo con le persone, perché ogni persona è una storia ricca di domande. Ogni uomo è una sorpresa che Dio ci manda.

• Per questo bisogna deporre ogni atteggiamento di chiusura, la tendenza al giudizio senza appello, e assumere piuttosto un atteggiamento di benevolenza che ci rende capaci di scorgere la presenza del Signore nel cuore e nella vita dell’altro.

• L’accoglienza deve diventare lo stile della comunità che deve poter essere riconosciuta come luogo in cui nessuno si sente escluso o di troppo. La Chiesa più che annunciare la Parola è parola di Dio con il suo stile, il suo modo di stare in mezzo agli uomini, come Gesù.

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La Parola, le parole e le sfide della comunicazione

 • Dall’ascolto scaturiscono parole vere. La parola è un evento serio. Occorre evitare il vuoto

verbalismo.

• Si tratta allora di ripensare la nostra progettazione pastorale a partire da questo duplice ascolto: l’ascolto della Parola e l’ascolto della vita delle persone che il Signore ci affida. Ripensarne i tempi, i modi, le forme, perché sappiano intercettare storie e situazioni diverse accogliendone le domande più profonde.

• Tanto Israele quanto la Chiesa hanno sempre parlato il linguaggio degli uomini del proprio tempo. Già nel II secolo a.C. gli ebrei hanno avvertito la necessità di tradurre in greco l’Antico testamento ebraico, dando origine alla versione che va sotto il nome di “Settanta” (LXX), la quale rappresentò la più grande operazione linguistica e culturale dell’epoca ellenistica, consentendo, tanto agli ebrei grecofoni quanto ai pagani, di poter leggere agevolmente i libri sacri. E fu la lingua greca parlata nel bacino del Mediterraneo, ad essere scelta dagli autori del Nuovo testamento per tradurre e diffondere l’Evangelo.

• Già dal secolo II d.C., poi, l’AT greco e il NT cominciarono ad essere tradotti in latino dando origine a quel variegato “corpus” di traduzioni che va sotto il nome di Vetus Latina e che sarà la base del latino cristiano della liturgia e dei Padri occidentali. Si può dunque affermare che la Parola non solo si è fatta carne ma si è fatta, bensì, “parole”, essendo stata tradotta nelle parole degli uomini.

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Trasformazioni• Non possiamo perciò ignorare le trasformazioni che oggi

attraversano il linguaggio e la comunicazione tra le persone. • L’enorme capacità di coinvolgimento dei social network deve

spingerci a interrogarci sul crescente desiderio di comunicazione e di relazione che é nel nostro tempo e a imparare a rapportarci ai nuovi luoghi della parola (che possono unire o dividere, creare comunione o distruggere) come luoghi da abitare più che semplici strumenti da usare.

• Come credenti siamo chiamati a leggere in profondità le trasformazioni evitando condanne sommarie ma anche pericolosi scimmiottamenti. È soprattutto la potenzialità di bene che è insita nelle trasformazioni quella che occorre contribuire a far emergere.

• Nel caso specifico è il bisogno di comunicare e la sete di relazioni ciò che costituisce il motivo da cui partire e su cui far leva. Questo implica un’assunzione di responsabilità e un impegno educativo che aiuti a non vivere passivamente il nuovo che emerge e metta in guardia dalle possibili deformazioni.

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Domande• Come ritrovare la centralità della Parola nella vita della nostra

comunità e che cosa questo concretamente significa? • Come ripensare i tempi e i modi delle nostre comunità perché

siano accoglienti della vita delle persone? • Quale cura riserviamo alla crescita nella fede delle persone? • Avvertiamo come comunità parrocchiale la responsabilità di

generare alla fede? • Quali percorsi formativi siamo in grado di offrire per interiorizzare

la fede? • Sappiamo differenziare e talvolta anche personalizzare i cammini

nell’educazione alla fede? • Quanto sappiamo valorizzare e armonizzare i percorsi formativi

delle associazioni, gruppi e movimenti presenti nella vita della comunità?

• Ci lasciamo interpellare dalla realtà di vita del nostro territorio nella progettazione pastorale?

• Quanto siamo capaci di intercettare e di educare i nuovi linguaggi?