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UNA NUOVA SCELTA CIVICA

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Mozione per la candidatura di Irene Tinagli alla Segreteria Nazionale di Scelta Civica.

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Scelta Civica è nata dall’unione di mondi associativi diversi che condividono una visione di

società aperta, libera e solidale, capace di unire crescita e solidarietà.

Una visione basata sulla convinzione che la spinta alla crescita economica non può che

venire dalla creatività dei cittadini, dal loro impegno, dal loro talento, dalla loro libera

iniziativa.

Ma anche sulla consapevolezza che per mettere tutti i cittadini in condizione di misurarsi

con queste sfide occorre uno Stato in grado di definire e far rispettare alcune regole

fondamentali, e dare accesso ad una rete di servizi essenziali efficace e funzionale.

E’ necessario uno Stato meno invasivo nelle questioni economiche, ma più funzionale

laddove il suo ruolo è necessario: legalità, giustizia, sicurezza, istruzione, sanità.

Purtroppo in Italia lo Stato ha finito per svolgere il ruolo opposto: onnipresente nella

gestione o produzione di beni e servizi anche quando questi potevano essere affidati al

mercato (oggi abbiamo persino villaggi turistici di proprietà e gestione statale!), sempre

pronto a riempire consigli di amministrazione e altre poltrone con politici di dubbia

competenza, ma assente o inefficiente nei servizi essenziali, incapace di dare risposte a

problemi fondamentali come la sicurezza del territorio, l’assistenza ai più deboli,

l’istruzione di qualità, i servizi all’infanzia e per gli anziani.

Per compensare queste incapacità lo Stato per decenni ha dispensato trasferimenti

monetari e altre forme assistenziali che non hanno alleviato il disagio sociale, ma hanno

fatto lievitare la spesa pubblica, il debito e, inevitabilmente, la pressione fiscale. Peraltro

nelle pieghe di questo Stato sociale così male strutturato si sono annidati clientelismi e

corruttele a tutti i livelli.

Un circolo vizioso che i partiti tradizionali non sono stati in grado di spezzare, incapaci di

portare avanti riforme profonde per timore di perdere consenso, e incapaci di affrontare la

situazione drammatica in cui l’Italia si è trovata nel Novembre 2011.

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Tanto da doversi affidare a Mario Monti per la formazione di un Governo tecnico che

potesse evitare il peggio per il Paese e avviare quelle riforme fondamentali per farlo

ripartire.

Scelta Civica è nata per dare continuità a quel processo di riforme, e creare un soggetto

in grado di superare i vecchi partiti, paralizzati dai conservatorismi e da quella perenne

ansia elettorale che impedisce loro di compiere scelte coraggiose e lungimiranti.

Un soggetto politico nuovo, profondamente riformatore, moderno ed europeista, in grado

di valorizzare l’impegno civico di migliaia di cittadini desiderosi di dare un contributo alla

rinascita del proprio Paese.

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Le elezioni politiche del 2013 hanno visto realizzarsi un forte indebolimento dei partiti

tradizionali, nessuno dei quali è riuscito da solo ad ottenere il consenso necessario per

formare un governo politico. Parallelamente sono cresciute forze legate all’antipolitica,

mentre l’obiettivo di Scelta Civica di creare un polo riformatore, capace di guidare una

nuova fase di riforme, appariva sfumato.

Lo scenario politico tuttavia è nuovamente cambiato con la formazione del nuovo Governo

Renzi e con l’affermazione del Partito Democratico alle elezioni europee del 2014 che,

seppur indirettamente, ha dato a tale governo una grande legittimazione politica.

Il partito democratico a trazione renziana ha impresso subito un cambio di passo all’azione

di governo, appropriandosi di temi e riforme che erano state al centro del programma

elettorale di Scelta Civica, così come si è appropriato di temi chiave di altri partiti, dal

Movimento 5 Stelle a Forza Italia.

La sua velocità di azione, la sua lontananza dalle simbologie e ideologie della politica

tradizionale, ha inevitabilmente eroso una parte dello spazio politico originario di SC. A tal

punto che alcuni si sono chiesti se avesse ancora un senso portare avanti in forma

autonoma il progetto politico di SC.

L’evoluzione di questi mesi dimostra tuttavia che ancora c’è bisogno di un soggetto

riformatore separato e autonomo dai partiti tradizionali. La volatilità del quadro politico è

ancora altissima, ed il Partito Democratico non ha ancora risolto le sue contraddizioni

interne, non ha annullato le sue spinte più conservatrici.

L’impronta moderna e liberal-democratica che avrebbe dovuto emergere dopo il cambio di

leadership si manifesta in modo discontinuo e conflittuale.

Proprio a causa di queste tensioni interne al PD, molte delle riforme fondamentali per

rimettere in moto questo Paese stentano ad affermarsi e farsi strada.

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La dismissione delle società partecipate locali e nazionali, i processi di liberalizzazione che

consentirebbero di attivare nuove energie imprenditoriali, il taglio netto delle agevolazioni

statali alle imprese elargite senza criteri chiari e oggettivi, l’eliminazione delle centinaia di

enti inutili, la ristrutturazione di tutte quelle politiche sociali ed industriali basate sulla

mera logica del sussidio: sono tutte misure fondamentali su cui si registrano ritardi ed

esitazioni.

Insomma: tutte quelle riforme che richiederebbero un passo indietro della lobby più

potente, quella dei politici stessi, sembrano latitare o assumere contorni fumosi e

confusionari. Altri temi importanti, come gli investimenti in innovazione, ricerca, lo

sviluppo di nuovi settori produttivi ad alto potenziale, restano, al momento, parimenti

nell’ombra.

Questo lascia un ruolo ed uno spazio importante ad una forza politica come Scelta Civica,

libera dalle ideologie e da quelle incrostazioni del potere, presenti a tutti i livelli, che

frenano i partiti tradizionali e li costringono a compromessi al ribasso.

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Questo il ruolo di Scelta Civica: supportare ed incalzare le riforme con un contributo di

proposte forte e visibile, aggregando le forze riformatrici del Paese e lavorando su temi

concreti con competenza e serietà.

Una forza politica che non rappresenti altro interesse se non quello della parte più attiva

ed innovativa del Paese, quella che non ha paura di cambiare e misurarsi con le sfide più

difficili.

Una forza politica che dia voce a tutte le energie migliori del Paese, proponendo,

spingendo perché certe riforme non vengano solo annunciate o fatte a metà, ma portate a

termine nei tempi e nei modi migliori. Perché cinque mezze riforme non ne valgono una

fatta bene e fino in fondo. Per far questo è necessario il contributo di tutti, non solo dei

politici, ma anche di associazioni, movimenti, e le tante eccellenze diffuse nella società

civile.

Scelta Civica può e deve quindi proporsi come:

Catalizzatore dei numerosi soggetti riformatori oggi dispersi in un’area molto

frammentata;

Piattaforma di elaborazione e proposta per il cambiamento del Paese: il

cambiamento non si improvvisa, ha bisogno di serietà, competenze e proposte;

Veicolo di partecipazione dei cittadini e di valorizzazione del civismo a tutti i livelli,

ispirato al principio della competenze e del merito contrapposto a quello della

fedeltà politica che, purtroppo, regola ancora la vita (e gli incarichi) dei partiti.

La politica ha visto la rivoluzione post-ideologica, quella del ricambio generazionale, dello

stile informale, della comunicazione veloce, ma la rivoluzione del merito stenta a venire.

Per questo occorre un soggetto che incalzi su questo fronte.

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“Fare il bagno nella vasca è di destra, far la doccia invece è di sinistra, un pacchetto di

Marlboro è di destra, di contrabbando è di sinistra...” così cantava Giorgio Gaber anni fa,

ironizzando su come ormai la distinzione fosse più basata sulle simbologie che sulle

ideologie.

A distanza di quasi venti anni etichettarsi di destra o di sinistra sembra avere ancora meno

senso, soprattutto per una forza politica come Scelta Civica nata con l’obiettivo di

superare tale distinzione in favore della dicotomia “innovatori-conservatori”. Ma in

particolare ha poco senso se pensiamo che alle ultime elezioni europee quasi mezzo

milione di elettori di Forza Italia, un partito di originaria ispirazione liberal-popolare, ha

votato Partito Democratico, ovvero un partito saldamente inserito nel quadro del

socialismo europeo.

L’elettorato è sempre meno attratto da etichettature del secolo scorso. In quest’ottica

anche le nozioni di “liberale” o “popolare”, hanno ben poco appeal per la maggior parte

dei cittadini, che valutano l’offerta politica sulla base della sua capacità di cambiare e

riformare il Paese.

Per valutare un movimento e decidere a chi affidare il proprio consenso, la bussola è

sempre meno affidata alle ideologie e sempre più basata su tre elementi:

Contenuti e messaggi chiave, (messaggi di rottura contro messaggi di

conservazione, di speranza o di paura, di apertura o di chiusura);

Lo stile comunicativo (affidato a slogan o più ragionato, aggressivo o conciliante);

Le persone e la loro credibilità: le persone incarnano i messaggi e lo stile, se non c’è

coerenza tra questi elementi si perde credibilità.

Più che l’ansia di collocarsi a destra o a sinistra Scelta Civica dovrebbe sentire l’urgenza di

ridefinire i suoi messaggi chiave, il suo stile comunicativo, le persone che lo incarnano per

poter rafforzare il suo ruolo di piattaforma di elaborazione, di strumento di civismo e

partecipazione a supporto delle riforme e del cambiamento.

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Dovendosi comunque muovere in un quadro di alleanze, è evidente che Scelta Civica non

potrà che essere a fianco di chi maggiormente si caratterizza per spinta riformatrice. Nello

scenario politico di oggi, in cui il centro destra italiano appare sempre più pervaso da

populismi e spinte antieuropeiste in stile leghista-lepenista, Scelta Civica non può che

essere un alleato del Governo attuale: alleato leale ma non subalterno, capace di incalzare

con idee e contenuti di forte innovazione su tutti i fronti, dagli investimenti al lavoro, dalla

giustizia al welfare.

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Nonostante sia nata con l’obiettivo di avviare riforme ambiziose in molti ambiti, dal

welfare alla sanità, dalla ricerca scientifica al mercato del lavoro, dalla giustizia al turismo,

Scelta Civica ha finito tuttavia per essere identificata e schiacciata su temi

macroeconomici legati al risanamento economico-finanziario.

Questo ci ha allontanati da parti importanti del nostro elettorato e dai problemi quotidiani

dei cittadini.

Dobbiamo riappropriarci di quei temi che ci appartenevano e su cui abbiamo una visione e

delle proposte importanti ed innovative, arricchendoli di nuovi contenuti, facendo evolvere

la nostra proposta economica e sociale assieme all’evoluzione del contesto e dei problemi

dei cittadini.

Non possiamo pensare che l’Agenda Monti, attorno alla quale si sono aggregate le forze

che hanno dato vita a Scelta Civica, resti un documento immutato ed immutabile.

La politica si fa misurandosi con le sfide ed i problemi di ogni giorno, ispirandoci ai

principi fondamentali che motivano il nostro impegno, ma sapendo dare di volta in volta

risposte nuove e adeguate alle situazioni contingenti.

Non solo rigore dei conti, patti europei ed economia, ma ambiente, cultura, turismo,

servizi per l’infanzia, per gli anziani, diritti civili, tutela del territorio.

Scelta Civica dovrà essere più presente nei temi che segnano la vita del nostro Paese,

facendo leva sulle tante e variegate eccellenze che la compongono.

Tra i numerosi temi su cui dovremo affermare la nostra presenza, dovremo in modo

particolare focalizzarci su cinque aree principali, sulle quali il lavoro e la proposta politica di

Scelta Civica dovrà essere particolarmente forte e visibile:

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I temi dell’impresa e del lavoro fanno parte del nostro “DNA” ed è uno dei pochi fronti su

cui siamo stati effettivamente in grado di plasmare il dibattito pubblico e alcuni

provvedimenti importanti del Governo: dalla eliminazione del monte salari

dall’imponibile IRAP (già presente nel nostro programma elettorale) alla riforma del

mercato del lavoro con il contratto a tutele crescenti ed il codice semplificato del lavoro

(tutte proposte depositate in Parlamento sin dall’inizio della legislatura che vedranno la

luce all’interno del Jobs Act nei prossimi mesi).

Questi provvedimenti testimoniano una visione di crescita che passa attraverso la

creazione d’impresa e le condizioni essenziali per la sua crescita. Dobbiamo adesso

continuare ad affermare questa visione con nuove battaglie: da quella per il

rifinanziamento delle agevolazioni per gli investimenti (cosiddetta legge Sabatini), a quella

per il finanziamento di un grande piano per l’Export. Non possiamo pensare che la ripresa

della nostra economia e delle nostre aziende dipenda solo dalla ripresa della domanda

interna. Esiste un mondo fuori dai nostri confini con molti Paesi che stanno crescendo,

mercati in forte espansione che potrebbero dare spazio e ossigeno alle nostre imprese.

Il nostro tessuto produttivo è un grande tesoro e dobbiamo creare le condizioni perché

possa rinnovarsi, crescere, ed essere competitivo in Europa e nel mondo. Le politiche

portate avanti fino ad oggi, basate su miliardi di incentivi dati in modo opaco a poche

aziende senza chiari piani economici ed industriali, non hanno portato risultati. Dobbiamo

chiedere con determinazione un taglio netto a queste agevolazioni per finanziare azioni

meno distorsive di cui possano beneficiare tutte le aziende, come per esempio ulteriori

tagli dell’IRAP fino ad una sua completa abolizione.

Dobbiamo infine insistere sulla necessità di riprendere un vero, ampio programma di

liberalizzazioni e di rafforzamento del ruolo delle authorities per aprire e difendere la

concorrenza in tutti quei settori dove ancora oggi è umiliata da cartelli e da ingerenze della

politica. Liberare i mercati significa creare spazi per l’imprenditorialità, opportunità per i

giovani e per le nuove aziende di misurarsi e crescere, investire, introdurre innovazioni e

migliorare le condizioni dei consumatori.

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Si fa un gran parlare di crescita e posti di lavoro, ma incredibilmente si continuano a

cercare nuove opportunità in settori ormai molto maturi e incapaci di espansione,

prevalentemente incentrati sul manifatturiero tradizionale.

Quasi nessuno sembra prestare attenzione a quei settori che negli ultimi anni hanno

saputo creare molte più opportunità di lavoro e spazi di altri: quelli basati sulle

innovazioni tecnologiche, o quelli legati alle professioni, ai servizi del terziario avanzato

(dallo sviluppo di software, al design, all’architettura o all’ingegneria), così come alle

industrie creative e all’intrattenimento.

Difendere il manifatturiero e l’anima industriale del nostro Made in Italy è fondamentale:

ci aiuterà a recuperare competitività ed elevare il tasso di produttività ed il valore aggiunto

prodotto nel Paese. Ma dobbiamo essere consapevoli che questa riorganizzazione non

porterà milioni di posti di lavoro, che potranno arrivare solo dai nuovi settori ad alto

potenziale di crescita. Basta guardare anche alle esperienze straniere.

Nei paesi anglosassoni e nel nord Europa i servizi professionali si sono sviluppati con delle

vere logiche imprenditoriali, con investimenti, export crescente e milioni di posti di lavoro

creati. Da noi, nonostante le prime liberalizzazioni del Governo Monti, si fa ancora fatica ad

aprire il settore e renderlo una leva di sviluppo.

Dovremmo rafforzare le politiche di liberalizzazione delle professioni e dei servizi

avanzati, così come ci chiede anche l’Unione Europea che ormai considera questi settori

alla stregua di ogni altro settore imprenditoriale.

Sul fronte ricerca e innovazione, dovremmo almeno raddoppiare il credito di imposta per

le imprese che fanno ricerca. I finanziamenti stanziati nella legge di stabilità 2014

ammontano ad appena 220 milioni, meno dei 250 elargiti agli autotrasportatori. Bisogna

inoltre rendere tali misure strutturali. Non si può investire in ricerca con orizzonti brevi e

senza avere certezza della normativa.

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Bisognerebbe inoltre riorganizzare tutti gli incentivi alla ricerca e all’innovazione, oggi

frammentati in centinaia di fondi e programmi, disseminati tra numerosi istituti, agenzie e

ministeri diversi. Ogni programma alimenta piccoli orticelli di potere, comitati

selezionatori, presidenti e supervisori, che non fanno che aumentare la probabilità di

distorsioni e inefficienze nell’assegnazione di tali risorse.

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In un Paese come l’Italia, perennemente in fondo alle classifiche sulla corruzione, con

un’evasione fiscale stimata attorno ai 150 miliardi annui e in cui la politica continua,

vent’anni dopo tangentopoli, ad essere travolta da scandali di ogni genere non si può

eludere il tema della legalità.

Il Governo Monti è stato il primo ad introdurre, con la legge Severino, una norma che

impedisse ai politici condannati di candidarsi ad incarichi istituzionali o a continuare a fare

politica come se nulla fosse, così come accaduto per decenni in Italia. E Scelta Civica è stato

l’unico partito che ha applicato ai propri candidati criteri ancora più rigorosi di quelli

prescritti dalla legge, escludendo dalle liste chiunque fosse in qualche modo implicato in

procedimenti penali.

Dobbiamo difendere il principio per cui la politica deve essere garante delle limpidezza ed

onorabilità delle istituzioni, applicando a se stessa rigorosi criteri morali senza aspettare

che arrivi la magistratura a fare pulizia. Politici e rappresentanti delle istituzioni non sono

persone qualunque, devono garantire ai cittadini il diritto ad essere governati da figure

libere da procedimenti penali e ancor di più da condanne. Non possiamo consentire che il

ritrovato “primato della politica” si trasformi in una ritrovata impunità della politica.

Vi sono molte altre cose da fare su questo fronte. Innanzitutto occorre una seria legge sul

conflitto di interessi, che riguardi tutti i livelli di governo e non solo quello nazionale.

Gestione di appalti e progetti pubblici, fondi comunitari, sussidi e trasferimenti statali: le

occasioni di potenziali conflitto e corruzione a livello regionale e locale sono innumerevoli

e vanno regolamentate al più presto. Scelta Civica ha una sua proposta seria e rigorosa,

confluita in un testo unico di legge in esame alla Camera. La silenziosa reticenza dei partiti

tradizionali ne ha ritardato l’esame. Spingeremo perché sia approvato prima possibile.

Tutelare la legalità significa anche prevenire ogni situazione di potenziale clientelismo,

distorsione nell’allocazione delle risorse, aggiramento delle regole di trasparenza degli enti

pubblici. Anche per questo è fondamentale insistere sul “Disbosca Italia”, il provvedimento

con cui Scelta Civica propone una drastica riduzione delle partecipate pubbliche locali.

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Oltre ad essere una fonte di risparmi questo provvedimento toglie alla politica potenziali

strumenti spartizione di poltrone e di favori.

Difendere la legalità ed il principio di una “politica pulita” non significa essere giustizialisti.

Scelta Civica appoggia la riforma della giustizia e l’introduzione di norme disciplinari più

stringenti verso quegli amministratori della giustizia che commettano scorrettezze o abusi,

perché colpire la libertà personale di una persona in modo scorretto è l’illegalità più grave

che ci sia. Semplicemente, Scelta Civica deve essere il partito secondo cui sul fronte delle

regole non si fanno sconti a nessuno: né ai politici corrotti o agli evasori, né ai magistrati

scorretti o incapaci.

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La crisi degli ultimi anni ha trasposto verso il basso i redditi di tutte le categorie sociali,

facendo sì che nel 2013 siano cadute sotto la soglia di povertà quasi tre milioni di persone

in più rispetto all’anno precedente. Sono aumentati i disoccupati e le persone non coperte

da alcuna forma di ammortizzatore sociale né supportate da servizi efficaci. E purtroppo il

bonus degli ottanta euro non va ad alleviare queste situazioni di povertà, in quanto

direzionato a chi, comunque, un lavoro e un reddito già ce l’ha. In questo quadro una

profonda revisione del welfare non è più rinviabile.

Il welfare italiano è in larga parte costoso ed inefficiente. Fortemente sbilanciato su misure

di natura monetaria e assistenzialista che sono oltretutto mal distribuite e che non aiutano

le persone a riattivarsi e recuperare autonomia economica.

Spediamo circa dieci miliardi l’anno tra assegni familiari, maternità e altre politiche per la

famiglia, ma le famiglie con figli piccoli sono ancora i soggetti più fragili e a maggior rischio

povertà. Uno studio di alcuni anni fa stimava che oltre un milione e mezzo di famiglie

riceveva assegni familiari pur non avendo figli minori. Il bonus bebè introdotto nella legge

di stabilità andrà ad aggiungersi alle misure di sgravi e aiuti che si sono stratificate negli

anni, ma non andrà a migliorare i servizi a disposizione delle famiglie per l’assistenza

all’infanzia, agli anziani, ai disabili.

Abbiamo una delle spese più alte per invalidità, tra pensioni ed assegni di

accompagnamento, ma il 58% degli assegni va al 50% dei più ricchi, perché tali assegni non

sono legati al reddito.

Ogni anni spendiamo circa 24 miliardi per ammortizzatori sociali che sostengono il reddito

dei lavoratori ma non sono legati ad alcuna attività di formazione, riqualificazione e

neppure ad alcuna condizionalità sulla ricerca di lavoro. In questo modo le competenze e

l’occupabilità di questi lavoratori si deteriorano di mese in mese e sarà sempre più difficile

per loro ritrovare lavoro, restando dipendenti da sussidi e altre forme di aiuto.

Questi sono solo alcuni esempi che danno la misura di quanto ci sia da fare in termini di

riorganizzazione del welfare e dei servizi di supporto alla vita attiva nel nostro Paese.

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La legge delega sul lavoro (Jobs Act) contiene importanti linee guida volte a migliorare

l’erogazione degli ammortizzatori sociali e a condizionarli ad effettiva ricerca di lavoro,

formazione e riqualificazione. Scelta Civica dovrà vigilare con attenzione affinché i decreti

delegati siano incisivi ed operino una profonda ristrutturazione sia degli ammortizzatori

che dei servizi per l’impiego.

Scelta Civica si è già fatta promotrice di vari interventi per correggere alcune delle

principali storture del welfare italiano: dalla costituzione di un Fondo per le Politiche

Attive istituito (legge di stabilità 2014) alla definizione del contratto di ricollocazione per

chi ha perso un lavoro; da una proposta di legge per la revisione delle pensioni di

reversibilità che ne riveda i criteri assegnazione in chiave più equa, agli emendamenti per

rafforzare l’offerta di servizi all’infanzia; dalla proposta di ricalcolo per le pensioni

d’importo elevato alle proposte sul taglio ai vitalizi. Altre iniziative dovranno essere messe

a punto su questo fronte, a partire da una proposta seria e concreta che riorganizzi i 24

miliardi di sussidi al reddito e li trasformi in un ammortizzatore universale condizionato a

politiche di ingresso nel mercato del lavoro: unico vero strumento di lotta alla povertà.

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L’Istruzione è il più potente strumento di crescita personale, sociale ed economica. Purtroppo in

alcuni casi, in Italia, il ruolo di ascensore sociale della scuola e dell’Università si è indebolito.

Nel nostro Paese infatti il figlio di un laureato ha una probabilità di ottenere la laurea 25 volte

maggiore del figlio di un non-laureato. E l’influenza della famiglia di origine non agisce solo

sull’iscrizione all’Università ma anche sui test di apprendimento condotti dall’OCSE sui quindicenni

e sui loro percorsi successivi.

Ci sono aree e quartieri disagiati in cui la povertà e l’ignoranza sono una trappola mortale per

centinaia di migliaia di giovani e dove purtroppo anche la scuola non è in grado di assolvere

appieno le sue funzioni di recupero delle situazioni di disagio e appianamento delle divergenze

sociali.

Non è facile affrontare queste problematiche, ma è un imperativo provarci. I due elementi chiave

sono, da un lato l’innalzamento qualitativo dell’offerta scolastica, dall’altro la realizzazione di

misure che agevolino l’accesso agli studi universitari anche ai meno abbienti. Due elementi che

richiedono inevitabilmente un forte rafforzamento del merito, della valutazione e dell’autonomia

scolastica.

Il Programma della “Buona Scuola” realizzato dal Ministro di Scelta Civica Stefania Giannini

contiene elementi innovativi su entrambi i fronti, ma ci sono altre importanti iniziative su cui

Scelta Civica dovrà avanzare proposte e dare battaglia.

Come, per esempio, la creazione in via sperimentale e graduale di scuole autonome sul modello

delle Charter Schools americane o delle Grant Mantained Schools inglesi (oggi School Academies).

Due esperienze internazionali che prevedono una maggiore autonomia delle singole scuole e

hanno ottenuto risultati incoraggianti sia in termini di efficienza sia di equità.

E anche la battaglia per l’introduzione di “income contingent loans” ovvero di prestiti d’onore che

le università, a fronte di una maggiore autonomia sui programmi e sulla possibilità di elevare le

tasse di iscrizione per i più abbienti, erogheranno agli studenti meritevoli (che dovranno restituirli

solo quando avranno un lavoro e flussi di reddito oltre un certo livello).

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Assemblea degli associati, direzione nazionale, direttivo e comitato di presidenza, oltre a

ventidue coordinamenti regionali e più di cento coordinamenti provinciali: Scelta Civica si è

dotata di una struttura da partito tradizionale, pesante e complessa, paragonabile ad un

castello con più stanze e corridoi che residenti. Richiede più tempo per la manutenzione

che per il suo godimento.

Dobbiamo snellire, velocizzare i processi decisionali, lasciare più spazio alle attività

spontanee di militanti e simpatizzanti. Dobbiamo inoltre incentivare e premiare di più

l’impegno e la partecipazione non solo degli iscritti e dei simpatizzanti ma anche dei

parlamentari, per rafforzare il loro rapporto con l’elettorato ed il territorio.

A livello Nazionale dovremmo eliminare molti organismi pletorici che hanno solo rallentato

il coordinamento. Gli organi primari dovrebbero essere una Segreteria e una Direzione

Nazionale chiamata a discutere e votare le decisioni più critiche con maggiore frequenza di

quanto fatto finora.

Dobbiamo introdurre norme più chiare e stringenti sulle incompatibilità tra ruoli e una

rigorosa valutazione delle attività e della produttività del parlamentare (da parte di un

comitato esterno), al fine di valutare l’opportunità della ricandidatura dopo il primo

mandato. La meritocrazia non può essere una parola vuota o che vale solo per gli altri.

Dobbiamo innanzitutto applicarla a noi stessi.

Formalizzazione di un codice etico dei candidati, che impedisca la candidatura di persone

soggette a procedimenti penali, nonché un codice etico dei parlamentari, dei membri del

Governo, degli enti regionali o locali che impegni alle immediate dimissioni in caso di

condanna anche in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione o altri reati

gravi.

Anche sui territori il partito dovrà dotarsi di una struttura più snella, che da un lato lasci più

spazio all’iniziativa spontanea di iscritti e simpatizzanti, ma che dall’altro garantisca un

coordinamento più efficace.

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Una ipotesi di lavoro potrebbe essere una struttura matriciale organizzata per aree

tematiche (“Laboratori Civici”) e per regioni. All’interno di queste macro-aree sarà

possibile attivare gruppi di lavoro, comitati tematici o territoriali, che si interfacceranno

direttamente con i responsabili tematici nazionali e quelli regionali, in modo che questi

possano realizzare un coordinamento rapido ed efficace.

Una struttura di questo genere aumenterebbe le opportunità di coinvolgimento, offrendo

modalità diverse che possano rispondere meglio agli interessi e ai bisogni dei simpatizzanti.

Sia i responsabili tematici che quelli regionali saranno eletti e non nominati, e anche per

loro si applicherà la valutazione di risultato applicata ai parlamentari.

E’ importante comunque che qualsiasi riorganizzazione avvenga con il coinvolgimento degli

aderenti al partito: nessuna struttura calata dall’alto potrà essere implementata in modo

efficace.

A prescindere dalla struttura dovranno essere rafforzate le attività online: seminari, live

chat, forum, scambio di documenti e raccolta di idee, tutte queste attività possono essere

efficacemente condotte attraverso internet.

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Dare maggior spazio per attività tematiche e all’utilizzo di internet servirà anche per

raggiungere e coinvolgere le comunità di italiani all’estero. Scelta Civica è stato il secondo

partito più votato all’estero, eppure dopo le elezioni nessuno si è preoccupato di

coinvolgere quella parte di elettorato.

Dovremmo infine abbandonare il sistema delle tessere: come possiamo diventare un

movimento aggregatore, aperto, moderno, se poi pretendiamo di ingabbiare le persone col

vecchio sistema delle tessere? Dovremmo ispirarci a logiche non soltanto più vicine alla

natura civica e associativa che ha accompagnato il nostro impegno, ma più vicine alla

realtà e al modo di vivere la politica dei cittadini di oggi. Nemmeno i partiti con il 40%

riescono più a “tesserare”. Le persone si attraggono con i contenuti, le idee, con persone

oneste, competenti e comunicative, con una mobilitazione aperta e spontanea.

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La politica è elaborazione ma anche comunicazione. E su questo fronte Scelta Civica ha

mostrato più di una debolezza. Certamente è stata penalizzata dai risultati elettorali e dalle

scelte editoriali di giornali e trasmissioni televisive, ma anche da suoi errori.

Occorre potenziare la presenza su una maggior varietà di temi e di media – sia nazionali

che locali, su cui siamo quasi assenti. La maggiore attenzione alle attività tematiche potrà

aiutare a sollevare problematiche concrete anche livello territoriale, mobilitando di più

l’attenzione pubblica e dei media nei territori.

Maggior coordinamento su posizioni tematiche e comunicati. Il sovrapporsi di posizioni

individuali non sempre armoniche ha finito per indebolire il nostro messaggio e rendere le

nostre posizioni confuse agli occhi di elettori e giornalisti. Occorre riorganizzare la

comunicazione centrale, per una maggiore unificazione ed incisività dei nostri messaggi.

E’ necessaria inoltre l’elaborazione di una «narrazione» coerente e costante, che

caratterizzi e accompagni ogni nostra apparizione e intervento. Una narrazione che

racchiuda la nostra storia, la nostra essenza di forza “civica” e i valori che sottendono il

nostro impegno politico: la serietà, la competenza, la politica intesa come servizio e non

come mestiere.

Scelta Civica dovrà caratterizzarsi anche per lo stile della sua comunicazione: uno stile

semplice, diretto, senza le formule del vecchio politichese, ma che rifugge volgarità e

populismi, e preferisce la testa alla pancia, la preparazione all’improvvisazione.

Fondamentale una continua attività di scouting e valorizzazione di persone nuove che

incarnino il messaggio stesso della narrazione. La Scelta Civica che vorrei è un movimento

che dia spazio ed opportunità a persone nuove che per la prima volta si affacciano alla

politica nazionale, così come è stato per molti attuali parlamentari.

Servirà non solo per un salutare ricambio, ma per tenere vivo lo spirito civico del progetto

politico di SC.

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