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Unità terminali Gli impianti per il controllo del microclima intervengono in generale su alcuni dei fattori che concorrono a realizzare la sensazione finale di benessere, in particolare su quelli che concorrono al benessere ter- moigrometrico e respiratorio- olfattivo. Le soluzioni impiantistiche possono essere suddivise così in cinque classi , in funzione della diversa capacità delle unità terminali impiegate di intervenire sui due gruppi di parametri per il benessere (temp. e velocità Aria). Si possono pertanto distinguere: - corpi scaldanti a prevalente convezione naturale (radiatori, piastre radianti, termoconvettori ecc.); - corpi scaldanti a prevalente convezione forzata (aerotermi, ventilconvettori ecc .); - corpi scaldanti a prevalente scambio termico radiativo (pannelli radianti a pavimento, a soffitto, strisce radianti ecc.); - termoventilazione (generatori d'aria calda a scambio diretto, gruppi di trattamento dell'aria ecc.); - condizionamento dell'aria - (vi si includono tutte le diverse soluzioni che consentono il trattamento estivo e invernale dell'aria). Nella tabella 1 è riportata esplicitamente la capacità di intervento sui parametri da cui si fa dipendere il benessere, manifestata dalle diverse classi di soluzioni impiantistiche individuate, e ciò consente di istituire un primo criterio di scelta. La conoscenza approfondita delle prestazioni delle unità terminali costituisce così una importante premessa alla corretta progettazione degli impianti per il riscaldamento degli ambienti. 2.1 Unità a prevalente convezione naturale 2.1.1 Radiatori I radiatori sono unità terminali costituite da singoli elementi, di solito a sviluppo verticale, componibili fra loro mediante manicotti biconici filettati esternamente (nipples). I materiali maggiormente impiegati nella loro fabbricazione sono la ghisa, l'acciaio e l'alluminio. Il radiatore più semplice è quello realizzato con tubi lisci collegati in parallelo fra di loro (fig. 2) entro cui viene fatto scorrere il fluido termovettore . Attraverso le pareti dei tubi esso scambia calore con l'aria ambiente, riscaldandola; in questo modo si innesca nell'ambiente una circolazione naturale di aria per differenza di densità. In pratica si realizza così uno scambiatore acqua-aria, in cui prevale lo scambio termico convettivo verso l'ambiente, anche se il contributo radiativo non è trascurabile (20-30%). L'uso della ghisa, e ancora più dell'alluminio, ha consentito il ricorso a sezioni dotate di alette esterne che, sul lato posto in vista nell'ambiente , possono arrivare a costituire una superficie continua (fig. 3). Con l'aumento della super- ficie esterna del radiatore si ottiene uno scambio termico più elevato e aumenta anche il contributo dello scambio termico di tipo radiativo. a) I radiatori in generale sono predisposti per essere installati a parete, sospesi su mensole murate, distaccati di circa 5 cm dalla parete e sollevati almeno 8-10 cm da terra, al fine di poter garantire una buona circolazione dell'aria, ma an che la loro pulizia e quella del pavimento e delle pareti (fig. 4). Le condizioni di impiego più frequenti prevedono l'ingresso di acqua calda alla temperatura di 85 °C e una diminuzione di temperatura ingresso-uscita di cir- ca 10 °C ; solo raramente vengono alimentati con vapore saturo d'acqua o acqua surriscaldata. Bisogna tenere ben presente che la temperatura superficiale del corpo scaldante non deve essere tanto elevata da arrecare danno a persone , in particolare bambini, o animali che entrassero casualmente in contatto con esso. In caso di elevate temperature superficiali diviene necessario il ricorso a schermature di protezione, tenendo conto che esse producono diminuzioni della resa termica , rendendo più difficile il moto dell'aria. Gli elementi più diffusi sono quelli in ghisa, reperibili sul mercato in due diverse tipologie costruttive, a colonnine oppure a piastra (fig. 5). Le loro dimensioni sono ormai standardizzate, so- prattutto nella versione a piastra, attualmente la più diffusa. Gli elementi in alluminio, caratterizzati da un elevato livello di finitura, dovuto alla facilità con cui questo materiale viene lavorato, si trovano sul mercato soprattutto nella versione a piastra (fig. 3). Le dimensioni degli elementi in alluminio seguono praticamente gli stessi standard degli elementi in ghisa. Gli elementi in acciaio vengono pro- dotti nella versione a colonnine e ultimamente anche nella versione tipo ospedale, modello quest'ultimo originario dei mercati nord europei (fig. 6). Negli ultimi tempi è aumentato il ricorso all'uso dell'acciaio, grazie anche all'aspetto particolarmente gradevole ottenibile con questo materiale, che rende possibili soluzioni di estetica raffinata. Una più modesta diffusione hanno i radiatori tipo ospedale, che hanno il pregio di possedere superfici finite piane e levigate, facilmente pulibili , su cui più difficilmente si deposita polvere. Occorre os- servare però che quanto migliore è l'estetica del corpo scaldante, tanto più è difficile avere elementi componibili. Per questo le geometrie più raffinate vengono realizzate come pezzi unici; il loro disegno va previsto fin dallo sviluppo del progetto architettonico-distributivo.

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  • Unità terminali Gli impianti per il controllo del

    microclima intervengono in generale su alcuni dei fattori che concorrono a realizzare la sensazione finale di benessere, in particolare su quelli che concorrono al benessere ter-moigrometrico e respiratorio-olfattivo.

    Le soluzioni impiantistiche possono essere suddivise così in cinque classi, in funzione della diversa capacità delle unità terminali impiegate di intervenire sui due gruppi di parametri per il benessere (temp. e velocità Aria).

    Si possono pertanto distinguere: - corpi scaldanti a prevalente convezione naturale (radiatori, piastre radianti, termoconvettori ecc.); - corpi scaldanti a prevalente convezione forzata (aerotermi, ventilconvettori ecc.); - corpi scaldanti a prevalente scambio termico radiativo (pannelli radianti a pavimento, a soffitto, strisce radianti ecc.); - termoventilazione (generatori d'aria calda a scambio diretto, gruppi di trattamento dell'aria ecc.); - condizionamento dell'aria - (vi si includono tutte le diverse soluzioni che consentono il trattamento estivo e invernale dell'aria).

    Nella tabella 1 è riportata esplicitamente la capacità di intervento sui parametri da cui si fa dipendere il benessere, manifestata dalle diverse classi di soluzioni impiantistiche individuate, e ciò consente di istituire un primo criterio di scelta. La conoscenza approfondita delle prestazioni delle unità terminali costituisce così una importante premessa alla corretta progettazione degli impianti per il riscaldamento degli ambienti.

    2.1 Unità a prevalente convezione naturale

    2.1.1 Radiatori I radiatori sono unità terminali costituite da singoli elementi, di solito a sviluppo verticale, componibili fra loro mediante manicotti biconici filettati esternamente (nipples). I materiali maggiormente impiegati nella loro fabbricazione sono la ghisa, l'acciaio e l'alluminio.

    Il radiatore più semplice è quello

    realizzato con tubi lisci collegati in parallelo fra di loro (fig. 2) entro cui viene fatto scorrere il fluido termovettore. Attraverso le pareti dei tubi esso scambia calore con l'aria ambiente, riscaldandola; in questo modo si innesca nell'ambiente una circolazione naturale di aria per differenza di densità. In pratica si realizza così uno scambiatore acqua-aria, in cui prevale lo scambio termico convettivo verso l'ambiente, anche se il contributo radiativo non è trascurabile (20-30%).

    L'uso della ghisa, e ancora più dell'alluminio, ha consentito il ricorso a sezioni dotate di alette esterne che, sul lato posto in vista nell'ambiente, possono arrivare a costituire una superficie continua (fig. 3). Con l'aumento della super-ficie esterna del radiatore si ottiene uno scambio termico più elevato e aumenta anche il contributo dello scambio termico di tipo radiativo. a) I radiatori in generale sono predisposti per essere installati a parete, sospesi su mensole murate, distaccati di circa 5 cm dalla parete e sollevati almeno 8-10 cm da terra, al fine di poter garantire una buona circolazione dell'aria, ma an che la loro pulizia e quella del pavimento e delle pareti (fig. 4). Le condizioni di impiego più frequenti prevedono l'ingresso di acqua calda alla temperatura di 85 °C e una diminuzione di temperatura ingresso-uscita di cir-ca 10 °C; solo raramente vengono alimentati con vapore saturo d'acqua o acqua surriscaldata. Bisogna tenere ben presente che la temperatura superficiale del corpo scaldante non deve essere tanto elevata da arrecare danno a persone, in particolare bambini, o animali che entrassero casualmente in contatto con esso. In caso di elevate temperature superficiali diviene necessario il ricorso a schermature di protezione, tenendo conto che esse producono diminuzioni della resa termica, rendendo più difficile il moto dell'aria.

    Gli elementi più diffusi sono quelli in ghisa, reperibili sul mercato in due diverse tipologie costruttive, a colonnine oppure a piastra (fig. 5). Le loro dimensioni sono ormai standardizzate, so-prattutto nella versione a piastra, attualmente la più diffusa.

    Gli elementi in alluminio, caratterizzati da un elevato livello

    di finitura, dovuto alla facilità con cui questo materiale viene lavorato, si trovano sul mercato soprattutto nella versione a piastra (fig. 3). Le dimensioni degli elementi in alluminio seguono praticamente gli stessi standard degli elementi in ghisa. Gli elementi in acciaio vengono pro-dotti nella versione a colonnine e ultimamente anche nella versione tipo ospedale, modello quest'ultimo originario dei mercati nord europei (fig. 6). Negli ultimi tempi è aumentato il ricorso all'uso dell'acciaio, grazie anche all'aspetto particolarmente gradevole ottenibile con questo materiale, che rende possibili soluzioni di estetica raffinata. Una più modesta diffusione hanno i radiatori tipo ospedale, che hanno il pregio di possedere superfici finite piane e levigate, facilmente pulibili, su cui più difficilmente si deposita polvere. Occorre os-servare però che quanto migliore è l'estetica del corpo scaldante, tanto più è difficile avere elementi componibili. Per questo le geometrie più raffinate vengono realizzate come pezzi unici; il loro disegno va previsto fin dallo sviluppo del progetto architettonico-distributivo.

  • Fig. 2 Radiatore tubolare monocolonna. Fig. 3 Radiatore in alluminio del tipo a piastra. Fig. 4 Distanze da tenere nell’installazione a parete dei radiatori.

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  • 5a

  • Fig. 5 Esempio di caratteristiche e dimensioni di ingombro dei radiatori in ghisa: a) tipo a piastra; b) tipo a colonnine. .

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  • Fig. 6 Radiatori a elementi in acciaio: a) tipo ospedale; b) tipo a colonnine

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  • Le caratteristiche di scambio

    termico dipendono da molti fattori, fra cui principalmente: - forma, dimensioni e materiale del corpo scaldante; - temperatura di ingresso e uscita del fluido termovettore; - posizione dei collegamenti idraulici di entrata e di uscita del fluido termovettore; - temperatura dell'aria nell'ambiente; - posizione del corpo scaldante all'interno del locale.

    Nel dimensionamento si fa riferimento alla resa termica standard, ottenuta mediante prove di laboratorio che consentono di conoscerne le prestazioni in condizioni prestabilite e ripetibili (UNI 6514). I valori rilevati sperimentalmente per ogni singolo elemento vengono forniti dai produttori per i vari modelli, in-sieme con altre informazioni utili per la progettazione e l'installazione (fig. 5). Nel corso delle prove si fa variare la temperatura dell'acqua e dell'aria, mantenendo costanti gli altri parametri, al fine di valutare la resa termica in funzione della temperatura di ingresso e di uscita dell'acqua e dell'aria ambiente. Un fattore di correzione, tabulato (tab. 2) o diagrammato, consente di dedurre poi i valori relativi alle reali condizioni di impiego. Il parametro ∆t che compare nella tabella 2 corrisponde alla differenza tra la temperatura media dell'acqua fra ingresso e uscita e la temperatura dell'aria.

    Nota la potenza scambiata con l'ambiente da un elemento, fissata la temperatura dell'aria e dell'acqua, la scelta del radiatore consiste nel calcolo del numero di elementi da assemblare per fornire, nelle condizioni di progetto, il fabbi-sogno di energia necessario per assicurare le condizioni di benessere. Il numero di elementi, ricavato dividendo la potenza complessiva da fornire nel locale per quella emessa da un singolo elemento, arrotondato di solito all'unità superiore, deve essere verificato anche in funzione di quegli aspetti dell'installazione di cui non si può tenere conto nei calcoli, il cui effetto può essere valutato solo sulla scorta dell'esperienza e della sensibilità del progettista.

    Due i problemi cui porre

    particolare attenzione: - la posizione del corpo scaldante rispetto alle superfici trasparenti; - la presenza di schermature, tende e davanzali. L'importanza della posizione assunta dal corpo scaldante rispetto alle superfici trasparenti nasce dall'insorgere, in corrispondenza di una finestra, di una corrente d'aria di verso discendente, che tende a produrre una decisa stratificazione dell'aria e una conseguente sensazione sgradevole per gli occupanti. Un modo efficace di contrastare questo fenomeno consiste nel collocare il corpo scaldante sotto il davanzale della finestra. In tal modo la corrente d'aria che viene a crearsi in corrispondenza del corpo scaldante contrasta l'effetto della superficie trasparente, miglioran-do la sensazione finale (fig. 7). Quando si ricorre a tale soluzione occorre tenere conto dell'aumento delle dispersioni per trasmissione sotto il davanzale, in corrispondenza del radiatore. In queste zone, infatti, la temperatura superficiale della parete si innalza, a causa del sensibile scambio di calore per irraggiamento con il radiatore, e quindi aumenta la dissipazione verso l'esterno. Tale aumento è ancora più sensibile quando il radiatore è posto in nicchia, perché questa zona, di solito, risulta avere trasmittanza termica anche notevolmente superiore a quella della sezione corrente della parete esterna. In questi casi occorre intervenire con coibentazioni termiche maggiorate e adeguatamente posizionate. Precauzioni ancora maggiori vanno prese quando il corpo scaldante è posizionato di fronte a superfici trasparenti a tutt'altezza. In tale caso la scelta dei radiatori non sembra essere la più appropriata; tuttavia, se li si vuole utilizzare, si rende necessario anche il ricorso a superfici trasparenti particolari, poco disperdenti e a bassa emissività, in modo da ridurre lo scambio termico fra cielo e corpo scaldante e fra vetro e cielo. Per quel che riguarda l'effetto di tende, davanzali e schermature (fig. 8), si segnala che, per esempio, l'effetto di un davanzale posto sopra il radiatore senza particolari precauzioni consiste in una diminuzione fino ai 15-20% della

    potenza resa all'aria. Per contro, tale davanzale trova la sua ragione d'essere quando si pensa allo spiacevole fenomeno legato al moto convettivo dell'aria che, innalzandosi sopra il corpo scal-dante, trascina con sé il pulviscolo atmosferico e lo deposita sui muri, annerendoli gradualmente. Per contrastare tale fenomeno si può ricorrere a una mensola dotata di schermi laterali, posta almeno 7-10 cm sopra la sommità del radiatore, tenendo in debito conto la già illustrata diminuzione di resa. L'effetto dei tendaggi sulla potenza termica resa (fig. 9) è in generale negativo, quando essi sono posti in modo da ostacolare o rallentare il moto convettivo dell'aria nell'ambiente. Può diventare invece positivo quando essi terminano sul davanzale e contribuiscono a ridurre lo scambio con la superficie fredda del vetro. Tuttavia è bene non fare affidamento su tale fenomeno. I radiatori sono dotati, in genere, di elevata inerzia termica a causa della notevole quantità d'acqua contenuta e della loro massa metallica. Al fine di evitare disagi termici e di garantire il benessere termoigrometrico, è opportuno che i radiatori siano posti a una distanza di almeno un metro dagli utenti (uffici, ospedali ecc.). L'allacciamento dei corpi scaldanti alla rete di distribuzione del fluido termovettore viene realizzata attualmente disponendo entrambi gli attacchi sulla parte inferiore del radiatore, facendo sporgere gli attacchi direttamente dal pavimento.

    2.1.2 Termoconvettori I termoconvettori sono unità terminali a prevalente scambio termico convettivo, costituite da una batteria alettata di scambio termico, alloggiata in un contenitore di foggia tale da innescare un fenomeno di tiraggio naturale (fig. 10). L'aria entra attraverso aperture poste sul fondo o nella parte bassa del frontale dell'apparato e lambisce la batteria riscaldata dal fluido termovettore, innalzando la sua temperatura rispetto a quella dell'aria ambiente; al termine di tale riscaldamento l'aria ha densità minore di quella dell'ambiente e ciò consente l'innesco di un moto a-

  • scensionale per differenza di densità, guidato dal contenitore, che funziona da camino. Lo scambio termico prevalente in questo apparato è quello con- vettivo. L'impiego di tali elementi ha avuto una larga diffusione negli anni Sessanta, per via del loro basso costo. Attualmente non sono di impiego frequente, in quanto sostituiti dai radiatori, assai meno ingombranti e, oggi, anche piacevoli esteticamente. A parità di ingombro e di estetica, ai termoconvettori sono quasi sempre preferiti i ventilconvettori, assai più efficaci e adatti anche al raffrescamento degli ambienti. La batteria alettata (fig. 11) viene realizzata per lo più in rame, con alette in rame o in alluminio, oppure in acciaio. Le alette possono essere lisce o"lavorate", per aumentarne la superficie specifica e l'efficacia; quelle lisce garantiscono un minore deposito di polvere, anche se ad esse corrisponde un più ridotto coefficiente di scambio termico ri-spetto a quelle dalla sagoma più complessa; richiedono per questo dimensioni maggiori. Il collegamento tra alette e tubo, di solito ottenuto per mandrinatura, deve essere sicuro e continuo in tutti i punti. Il buon contatto fra alette e tubo determina infatti gran parte della qualità del termoconvettore. La batteria alettata non può essere realizzata in forma modulare; la mancanza di componibilità rende così limitato il numero delle taglie disponibili.

    Queste unità terminali possono essere incassate nelle pareti oppure poste in vista negli ambienti. Il loro contenitore è costituito da due parti principali (fig. 12): - un fondo sagomato a nicchia e un involucro con le aperture di ingresso e di uscita dell'aria. Per la posizione del corpo scaldante all'interno dei locali vale quanto già visto per i radiatori. Nei locali riscaldati con termoconvettori si verifica di frequente il fenomeno della stratificazione dell'aria perché, soprattutto nelle stagioni intermedie, lo scambio termico richiesto per contrastare le dispersioni del locale è tanto modesto da limitare l'innesco della convezione naturale e quindi della circolazione dell'aria.

    La resa termica è fortemente condizionata dall'altezza del corpo scaldante, perché al suo aumentare aumenta l'effetto camino.

    L'apertura di ingresso normalmente viene lasciata completamente libera, mentre l'uscita viene dotata di una gri-glia di lancio, per meglio dirigere il moto dell'aria nel locale. Alcuni termoconvettori sono dotati anche di una ulteriore serranda, regolabile manualmente, che consente di regolare la portata d'aria. L'alimentazione della batteria alettata viene realizzata di solito con acqua calda alla temperatura di ingresso di 60-80 °C, oppure con acqua surriscaldata.

    Il termoconvettore è un corpo scaldante dall'inerzia molto bassa, grazie al modesto contenuto d'acqua, adatto, in linea teorica, a seguire variazioni anche rapide dei carichi termici. Il suo ingom-bro è superiore a quello dei radiatori a elementi per le dimensioni del contenitore, anche se la batteria alettata ha dimensioni molto compatte.

    È buona norma installare la batteria con adatta pendenza (fig. 13), al fine di evitare il ristagno di aria o gas nei tubi e nei collettori; è bene che la pendenza sia tale da trascinare l'aria nel senso del flusso dell'acqua. Quando ingresso e uscita del fluido termovettore sono dalla stessa parte, l'eliminazione dei gas può essere ottenuta attraverso appositi sca-ricatori. 2.1.3 Piastre radianti Le piastre radianti sono unità terminali (fig. 14) costituite da piastre metalliche saldate fra di loro, in modo da costituire una rete di piccoli condotti entro cui viene fatto circolare il fluido termovettore, di solito acqua calda o più raramente vapore. Lo scambio termico avviene pre-valentemente per convezione naturale prodotta dal riscaldamento dell'aria che ne lambisce le pareti, innescando così una circolazione d'aria nell'ambiente; in questo caso il contributo dell'irraggiamento risulta essere più sensibile rispetto a quello dei radiatori a piastra.

    Il vantaggio principale conseguito dall'impiego delle piastre radianti consiste nella facile pulibilità e nella scarsa a-

    derenza offerta alla polvere. Questo le rende adatte all'impiego negli ospedali o, più in generale, negli ambienti dove le esigenze di igiene sono più elevate.

    Vengono installate a parete, anche in nicchia, mediante staffe murate, rispettando le distanze dalle pareti e dal pavimento già segnalate per i radiatori, in modo da consentire una facile cir-colazione dell'aria. Di solito vengono realizzate in acciaio e in pezzo unico. a) Le piastre radianti sono corpi scaldanti dallo spessore molto contenuto e dal modesto contenuto d'acqua, quindi di inerzia termica inferiore a quella dei radiatori. Anche per queste unità terminali valgono le considerazioni già svolte per i radiatori a proposito della temperatura del fluido termovettore, della verniciatura e della posizione all'interno del

    Fig. 7 Effetto della posizione del radiatore sulla distribuzione della temperatura negli ambienti (temperature in °C). Fig. 8 Usuali tipi di schermatura dei radiatori. Fig. 9 Effetto della posizione dei tendaggi sulla resa termica di un radiatore.

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  • Fig. 10 Termoconvettore: schema di funzionamento. Fig. 11 Schema di batteria alettata.

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  • locale da riscaldare. 2.1.4 Tubi alettati Il sistema più semplice che consente di fornire calore a un ambiente consiste nel disporvi una tubazione attraversata da un fluido caldo. Per aumentare la po-tenza scambiata, le tubazioni vengono dotate di alette, che ne aumentano la superficie di scambio termico con l'aria, realizzando così i cosiddetti tubi alettati (fig. 16). Essi possono essere alimentati, oltre che con acqua calda a bassa pressione, anche con vapore.

    I tubi alettati sono unità terminali che, per fornire la potenza necessaria, richiedono grandi lunghezze; per questo motivo vengono poco impiegati nelle utenze civili, mentre si incontrano più di frequente nelle utenze industriali e per il riscaldamento di serre o di ricoveri zootecnici.

    Normalmente essi vengono installati in vista lungo le pareti esterne, dove le dispersioni termiche sono maggiori, o anche entro percorsi ricavati nel pavimento e racchiusi da una griglia sagomata. Le versioni più moderne sono dotate di un basso involucro protettivo di lamiera (fig. 17) utile anche a evitare che le persone possano entrare in contatto con i tubi, subendone traumi per la temperatura superficiale troppo elevata. Per ottenere la potenza richiesta, con i tubi alettati si fa affidamento solo sul loro sviluppo lineare. Per semplificare la scelta, vista la varietà di tubi alettati in commer-cio, i produttori forniscono per ogni singolo tubo la superficie efficace di scambio termico per metro di lunghezza e, mediante apposite tabelle (tab. 3), la po tenza termica resa per unità di superficie per condizioni operative diverse.

    L'installazione dei tubi alettati è vantaggiosa là dove si desidera che la diffusione del calore avvenga lungo l'intera parete esterna dell'edificio, per esempio per prevenire la formazione di fastidiose correnti discendenti d'aria fredda; per questo vengono impiegati in scuole, chiese, ospedali, aeroporti e stabilimenti. Possono essere utilizzati anche per fornire un riscaldamento supplementare lungo le pareti esterne, accoppiati a un sistema

    principale di condizionamento dell'aria.

    2.2 Unità a prevalente convezione forzata 2.2.1 Ventilconvettori I ventilconvettori sono unità terminali simili ai termoconvettori, ma con l'aggiunta di un ventilatore che, in questo caso, forza lo scambio termico dell'aria sulla batteria alettata. In pratica sono costituiti da una batteria alettata attraverso cui viene fatta passare l'aria ambiente, spinta da un ventilatore (fig. 18); l'aria viene riscaldata per convezione forzata e immessa nell'ambiente. Quando il ventilatore è spento, l'unità si comporta come un termoconvettore e continua a fornire energia all'ambiente per convezione naturale; tale contributo è dell'ordine del 10-20% della potenza scambiata in regime di convezione forzata. Questo tipo di unità terminale consente, grazie al ricorso allo scambio termico di tipo forzato, di ottenere anche il raffrescamento estivo, realizzato facendo circolare acqua refrigerata nella batteria alettata. In questa situazione l'aria umida che entra in contatto con le alette della batteria viene a trovarsi spesso a temperatura inferiore a quella di rugiada; pertanto il vapore d'acqua ivi contenuto condensa e deve così essere raccolto e allontanato. In tal caso il progettista dovrà prevedere un'adeguata rete di smaltimento del condensato, di solito in tubi di plastica (diametro interno 30-40 mm) con le opportune pendenze, limitando curve e tratti orizzontali, evitando strozzature o intralci, poiché il condensato deve essere rimosso per gravità (continua caduta verso il basso). Le parti principali di un ventilconvettore (fig. 19) sono rispettivamente: - la batteria alettata; - il filtro dell'aria; - il ventilatore; - la custodia dell'apparato. Il ventilatore, che provvede a ricircolare continuamente l'aria dell'ambiente attraverso la batteria alettata, possiede di solito tre velocità selezionabili sia manualmente sia automaticamente, in modo da

    garantire le condizioni di benessere anche attraverso la regolazione della portata d'aria. Il ventilatore è per forza di cose causa di rumore, talvolta fastidioso se il rumore di fondo è modesto, soprattutto nelle abitazioni e negli uffici. Nor-malmente la rumorosità aumenta alle portate d'aria più elevate. Nella loro scelta occorre prestare grande attenzione alle indicazioni fornite dai produttori sul livello di rumore generato. Nei locali destinati al riposo è consigliabile prevedere lo spegnimento del ventilconvettore durante i periodi in cui gli ambienti sono occupati. La custodia dell'apparato, di solito in lamiera verniciata, ma oggi proposta anche in materiale plastico con design accurato, serve a contenere i componenti e a funzionare da canale per la raccolta dell'aria dall'ambiente e per il lancio, a trattamento termico avvenuto.

    In genere i ventilconvettori sono predisposti per essere installati a terra, in posizione verticale, a ridosso delle pareti esterne, come i radiatori e i termoconvettori. La ripresa dell'aria può avvenire dal fondo, oppure dal fronte dell'apparato (fig. 20). Esistono anche versioni predisposte per essere installate sospese al soffitto, in posizione verticale od orizzontale; in questo caso occorre prestare attenzione, nel funzionamento invernale, alla stratificazione dell'aria, in quanto l'aria calda lanciata verso il basso può non arrivare nella zona occupata dalle persone. In commercio sono disponibili anche ventilconvettori di potenzialità mediogrande, funzionanti come impianti cen-tralizzati per la produzione d'aria riscaldata, destinati a un'intera unità abitativa. Talora vengono venduti privi di rivestimenti, predisposti per essere installati nei controsoffitti dei corridoi (fig. 21), da cui prelevano l'aria (vedi punto 5.1). L'impiego del ventilatore azionato elettricamente consente notevoli vantaggi gestionali che si ripercuotono particolarmente sui bassi costi di gestione, in quanto orari e temperature di funzionamento diventano regolabili locale per locale. Aumentano anche le possibilità di operare il controllo della

  • Fig. 16 Dimensioni caratteristiche dei tubi alettati: D= diametro del tubo; h= altezza delle alette; p= passo delle alette. Fig. 17 Esempio di installazione di tubi alettati entro un apposito contenitore sagomato da fissare alla parete.

    16 17

  • temperatura dell'aria ambiente, sia nelle condizioni estive sia in quelle invernali. Nel tipo di regolazione più semplice, il controllo viene attuato mediante termostati che agiscono sui ventilatori, dando il consenso al loro funzionamento.

    Un sistema di controllo delle condizioni ambientali più raffinato ed efficace è quello che prevede l'impiego dei ventilconvettori a quattro tubi, dotati cioè di due batterie alettate distinte, una per il riscaldamento e una per il raffrescamento (fig. 22).

    Tale sistema, particolarmente adatto per gli edifici descritti in precedenza, rappresenta però una soluzione abbastanza costosa, perché richiede sia una doppia rete di distribuzione dei fluidi termovettori (caldo e freddo), che il funzionamento contemporaneo degli impianti per la loro produzione; le prestazioni, in compenso, sono molto soddisfacenti.

    I ventilconvettori sono corpi scaldanti di inerzia termica modesta, il cui impiego è opportuno in edifici aventi la stessa caratteristica. Questo significa che i locali dotati di tali unità terminali possono essere portati molto rapidamente alla temperatura voluta, ma che altrettanto rapidamente tornano alla temperatura iniziale. Per questo i ventilconvettori si prestano molto bene a essere impiegati in edifici a occupazione limitata nel tempo nell'arco della giornata, quali per esempio gli edifici per uffici e, più in ge-nerale, gli edifici aperti al pubblico.

    Nel dimensionamento di questi corpi scaldanti, verificato che la potenza fornita nelle condizioni di funzionamento fissate sia sufficiente a far fronte ai carichi termici, occorre verificare anche la portata d'aria fornita. Tale portata, valutata in numero di ricircoli dell'aria ambiente, costituisce un importante para-metro di progetto, in quanto da essa dipende soprattutto l'uniformità della temperatura. Il valore minimo consigliato è di 5 ricircoli per ora; valori inferiori non garantiscono una distribuzione uniforme di temperatura, mentre valori

    eccessivi possono indurre velocità dell'aria troppo elevate, con effetti sgradevoli sulla sensazione di benessere. In generale queste unità terminali si prestano a essere accoppiate a un apposito impianto di ventilazione meccanica, che consenta il solo ricambio del-l'aria (impianti ad aria primaria). Una soluzione cui si può far ricorso quando nei locali non sia presente un tale impianto, ma si riconosca la necessità di un ri-cambio dell'aria, consiste nel ricavare entro la custodia del ventilconvettore, a monte della batteria alettata, una presa d'aria esterna regolabile, eventualmente dotata di serranda di sovrapressione, per l'apertura automatica alla partenza del ventilatore (fig. 23). Si tratta di una soluzione un po' rudimentale che presenta grossi problemi di regolazione della portata d'aria esterna immessa e che viene adottata solo in casi estremi, quando il ricambio naturale è insufficiente e pertanto è necessario ricorrere a ulteriori apporti d'aria esterna. 2.2.2 Mobiletti a induzione Negli edifici in cui si rende indispensabile il ricorso a un impianto meccanico per l'immissione di aria esterna di ri-cambio, necessaria a garantire adeguate condizioni di benessere respiratorio-olfattivo (aria primaria), si fa ricorso talvolta, ma sempre più raramente, all'in-stallazione dei cosiddetti mobiletti a induzione.

    Si tratta di unità terminali in cui lo scambio termico tra aria ambiente e fluido termovettore avviene per convezione forzata su di una batteria alettata. L'aria primaria, prodotta in un'apposita centrale, viene portata ad alta velocità fino ai mobiletti e qui fatta effluire per mezzo di una serie di appositi ugelli. La loro particolare conformazione genera una depressione che richiama aria dall'ambiente (fenomeno dell'induzione) e la costringe ad attraversare la batteria di scambio termico, dove si riscalda o si raffresca, prima di essere miscelata con quella primaria. Viene poi lanciata nell'ambiente attraverso una griglia posta sulla sommità del mobiletto (fig. 24).

    I mobiletti a induzione

    presentano le stesse caratteristiche di ingombro e lo stesso aspetto dei ventilconvettori, ma a differenza di questi ultimi la circolazione dell'aria non viene attivata mediante ventilatori. La regolazione della potenza termica fornita viene ottenuta facendo variare la temperatura o la portata dell'acqua che attraversa la batteria di scambio termico.

    Mentre è possibile tenere in funzione i ventilconvettori nei soli locali occupati, i mobiletti a induzione devono essere sempre tutti in funzione; si prestano perciò a essere installati in quegli edifici in cui l'occupazione è permanente, oppure si presenta secondo fasce orarie ben definite. Consentono inoltre il controllo dell'umidità, anche se esso viene eseguito allo stesso modo per tutti i locali. Nel funzionamento estivo è possibile la formazione di condensa all'interno dei mobiletti e pertanto occorre do-tarli di una apposita bacinella di raccolta e di una rete di scarico, come per i ventilconvettori.

    2.2.3 Aerotermi Gli aerotermi sono corpi scaldanti costituiti da una batteria alettata su cui un ventilatore elicoidale fa circolare una adeguata portata d'aria prelevata dal locale da riscaldare. Il tutto è racchiuso in un involucro di contenimento che funziona da telaio di supporto per tutti i componenti e da canale per l'aria (fig. 25). Lo scambio termico fra aria am-biente e batteria alettata si verifica quasi esclusivamente per convezione forzata.

    Poiché con dimensioni ridotte trattano grandi portate d'aria, gli aerotermi vengono impiegati prevalentemente per il riscaldamento di locali molto ampi, quali palestre, magazzini e, più in generale, ambienti industriali. Di solito vengono alimentati con acqua calda a bassa pressione; è bene tenere presente che i rendimenti massimi si ottengono quando vengono alimentati con vapore a bassa pressione, spesso disponibile negli ambienti industriali.

  • Fig. 18 Ventilconvettore (fan coil): schema di funzionamento. Fig. 19 Parti principali di un ventilconvettore. Fig. 20 Tipologie disponibili di venti/con vettori. a) installazione a soffitto; b) con ripresa dell'aria dal basso; c) con ripresa dell'aria dal fronte. Fig. 21 Esempio di ventilconvettore installato nel controsoffitto. Fig. 22 Sezione trasversale di un ventilconvettore a doppia batteria per impianto a quattro tubi.

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  • Fig. 23 Esempi di installazione di ventilconvettori: a) per solo ricircolo; b) per ricircolo e ricambio dell'aria. Fig. 24 Mobiletti a induzione: vista e schema funzionale.

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  • Gli aerotermi possono essere installati secondo due modalità che si differenziano per la direzione del getto d'aria (fig. 26). Nell'installazione a lancio verti-cale, che li vede sospesi al soffitto, prelevano l'aria dall'alto e la lanciano verso il pavimento. In quella a lancio orizzontale, che invece li vede posti sulle pareti del locale, prelevano l’aria dai lati del locale e la lanciano verso la zona di occupazione, con traiettoria pressoché parallela al pavimento. Quando i locali da trattare sono di grande altezza, è necessario ricorrere a un tipo di aerotermo predisposto per il solo lancio verticale (fig. 27). In questo apparato la batteria alettata, di foggia cilindrica, circonda il ventilatore, posto di solito a valle, cosicché esso lancia aria già riscaldata, men tre quelli a lancio orizzontale spingono l'aria da riscaldare attraverso la batteria.

    Per migliorare il lancio e adeguarlo alle caratteristiche del locale, gli aerotermi dispongono di diffusori o di alette deflettrici orientabili (fig. 28). La necessità di ben direzionare il getto d'aria nasce anche dall'esigenza di contrastare gli effetti di galleggiamento dell'aria ri-scaldata, lanciata in quella più fredda presente nei locali. Per gli aerotermi a lancio verticale, quando il getto d'aria non dispone di sufficiente energia ral-lenta fino a fermarsi e l'aria, più calda di quella circostante, risale senza raggiungere la zona occupata dalle persone; in questo caso occorre ridurre l'angolo di apertura del getto agendo sui diffusori, in modo da trasferire maggiore energia al getto. Fenomeno analogo si verifica per gli aerotermi a lancio orizzontale; in questo caso se il getto d'aria non è ben direzionato, tende a risalire per effetto del galleggiamento dell'aria più calda in quella più fredda circostante, senza arrivare nella zona occupata dalle persone (fig. 29).

    È importante esaminare a fondo la collocazione di tali unità terminali nel locale da riscaldare, perché i getti d'aria devono essere ben orientati per ottenere una distribuzione uniforme della tem-peratura dell'aria; occorre prestare attenzione a non investire gli occupanti con i getti d'aria e, in ogni caso, a limitare la

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  • Fig. 25 Rappresentazione schematica di un aerotermo. Fig. 26 Principali tipologie di aerotermi: a) a lancio orizzontale; b) a lancio verticale. Fig. 27 Aerotermi a lancio verticale: schema di funzionamento. Fig. 28 Diffusori per aerotermi a lancio verticale. Fig. 29 Effetti di galleggiamento per aerotermi a lancio orizzontale. Fig. 30 Esempio di installazione di un aerotermo a lancio orizzontale con immissione di aria di ricambio.

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  • loro temperatura fino a 45-50 °C, in modo da ottenere un rapido mescolamento con l'aria ambiente.

    Qualora le unità siano dotate di motori a più velocità, è possibile ottenere una regolazione della emissione termica, a parità delle altre condizioni di funzionamento.

    Normalmente gli aerotermi vengono impiegati per il solo ricircolo dell'aria ambiente. Si possono incontrare tuttavia installazioni in cui, mediante canali in lamiera, agli aerotermi viene fatta arrivare anche una certa percentuale di aria esterna di ricambio che può essere regolata mediante serrande (fig. 30).

    Nella scelta degli aerotermi occorre tenere conto dei seguenti parametri:

    - temperatura di ingresso e di uscita del fluido termovettore nella batteria alettata;

    - temperatura di ingresso e di uscita dell'aria nella batteria di scambio termico; - numero di giri del ventilatore;

    - livello sonoro prodotto durante il funzionamento;

    - altezza e larghezza dell'area investita dal flusso d'aria, che dipende a sua volta dalla forma e dalla posizione delle alette, dal numero di giri del ventilatore e dall'altezza di installazione;

    - portata d'aria del ventilatore, perché da essa dipende l'uniformità della distribuzione della temperatura dell'aria nel locale.

    2.3 Unità a prevalente scambio termico radiativo 2.3.1 Pannelli radianti Il riscaldamento a pannelli radianti viene realizzato riscaldando ampie superfici del pavimento, del soffitto o, più raramente, delle pareti, fino a una temperatura superiore a quella dell'ambiente. Ciò si ottiene disponendo le tubazioni, entro cui viene fatto circolare il fluido termovettore, al di sopra o direttamente dentro tali superfici. Con questa soluzione il benessere

    termico viene assicurato soprattutto dallo scambio termico per irraggiamento fra utenti e superfici circostanti del-l'ambiente. Si tratta di un sistema di impiego abbastanza diffuso, particolarmente adatto in ambienti di grande altezza (chiese, capannoni ecc.), ma anche per il riscaldamento di locali di civile abitazione, dove nel passato, talvolta, causa non corretta progettazione aveva presentato taluni inconvenienti. L'utilizzo dei pannelli ingenera temperature medie radianti leggermente superiori a quelle usuali e consente di ottenere condizioni di benessere termico per valori di temperatura dell'aria minori di 1-2 °C rispetto alle altre unità ter-minali. Il ricorso ai pannelli a parete è raro (fig. 31); la soluzione più frequente prevede pannelli a pavimento (fig. 32), oppure a soffitto (fig. 33); nel primo caso il contributo della convezione naturale è maggiore e consente anche moderate circolazioni di aria. I pannelli possono essere realizzati ponendo le serpentine direttamente all'interno della struttura muraria, oppure in strutture ancorate ad essa. Nel primo caso le operazioni di collaudo, che devono precedere il completamento delle strutture murarie, vanno condotte con molta cura per la gravità e il costo degli eventuali successivi interventi di manutenzione in tubazioni annegate nelle murature. La soluzione più diffusa, perché presenta costi contenuti e minori difficoltà tecnologiche, è quella che vede le tubazioni inserite nelle strutture murarie del pavimento. l pannelli a struttura indipendente vengono realizzati di solito per essere installati a soffitto; possono essere posti in aderenza al solaio, rivestiti da un leggero intonaco (fig, 33), oppure sospesi a realizzare un controsoffitto continuo (fig. 34). Questo tipo di pannelli consente interventi di manutenzione più semplici e meno onerosi di quelli necessari in caso di guasto negli impianti annegati nelle strutture. I materiali utilizzati per le tubazioni sono l'acciaio, il rame e, oggi sempre più di frequente, i materiali plastici. I vantaggi legati all'impiego di quest'ultimo mate-

    riale sono molteplici: in primo luogo queste tubazioni resistono meglio agli agenti chimici; inoltre nelle fasi di lavorazione di cantiere reggono alle solleci-tazioni cui possono essere sottoposte, sia per la notevole resistenza alla deformazione, che per la possibilità di recuperare le forme originali, non sono sensibili alle correnti vaganti e consentono una rapida messa in opera. Per contro presentano dilatazioni termiche circa 45 volte superiori a quelle dei tubi metallici e non esiste ancora un'esperienza consolidata nel loro impiego. Di solito, sotto o sopra lo strato destinato ad alloggiare i tubi, viene posto uno strato consistente di isolante termico, al fine di evitare che il flusso di calore possa giungere rispettivamente al terreno o ai piani sopra o sottostanti, producendo anche il riscaldamento di locali diversi da quello prefissato._Questo intervento riduce anche l'inerzia di tale soluzione, limitando le masse interessate, con vantaggi sensibili sul benessere termoigrometrico conseguibile.

    Durante la posa occorre tenere presenti alcuni accorgimenti molto importanti dal punto di vista pratico: - la planarità dei tubi, per evitare la formazione di sacche di gas che possono ostacolare la circolazione del fluido ter-movettore; - la previsione di giunti e fughe

    nei pavimenti, per consentire le dilatazioni termiche senza fessurazioni, rotture o altro; - il sicuro ricoprimento dei tubi con uno spessore sufficiente di caldana.

    Il massetto entro cui vengono alloggiate le tubazioni va realizzato con molta cura, con un impasto simile a quello dei sottofondi dei pavimenti; la malta deve essere resa molto fluida, anche mediante additivi, per facilitarne la penetrazione tra tubo e supporto e per evitare la formazione di bolle d'aria. I parametri da cui dipende la resa termica di tali unità terminali sono: - temperatura di ingresso e di uscita dell'acqua; - temperatura dell'aria; - diametro e natura dei tubi; - interasse dei tubi; - spessore e conduttività termica degli strati di ricoprimento dei

  • tubi. La temperatura di ingresso del

    fluido termovettore, in questo caso quasi esclusivamente acqua, non deve superare i 35 - 40 °C. La necessità di mantenere l'acqua a temperature medio-basse rende questa soluzione adatta a essere accoppiata anche a fonti energetiche alternative, quali impianti a pannelli solari o a pompa di calore. Una tempera-tura dell'acqua troppo elevata produce fenomeni negativi, in particolare effetti sul benessere e sulla salute degli utenti, e pericolose sollecitazioni nelle strutture portanti dell'edificio. Il salto termico fra ingresso e uscita viene contenuto di solito entro 4-8 °C. La temperatura superficiale massima dovrà essere inferiore ai seguenti valori: - pannelli a pavimento, 25-28 °C; - pannelli a soffitto, 30-35 °C; - pannelli a parete, 26-30 °C.

    Di solito nel dimensionamento vengono fissate le temperature massime superficiali e di ingresso dell'acqua e, ricorrendo a tabelle o a correlazioni opportune, si determina sia l'interasse dei tubi che le caratteristiche e gli spessori da non superare per il loro ricoprimento. Usualmente i dati per il dimensionamento di tali pannelli vengono forniti dalle ditte fornitrici. Nella scelta della distribuzione dei tubi occorre garantire che la temperatura superficiale delle strutture entro cui sono alloggiate le tubazioni sia il più possibile uniforme. Ciò si può ottenere facendo correre insieme le tubazioni di mandata e di ritorno (figg. 36a e 36b). Le zone del locale a ridosso delle pareti esterne, dove si hanno le maggiori dispersioni termiche, richiedono potenze maggiori per realizzare una distribuzione uniforme di temperatura nell'ambiente. A tal fine si può raffittire il passo delle tubazioni (fig. i 36c), oppure si fanno attraversare queste zone periferiche dall'acqua più calda proveniente dalla rete principale di di-stribuzione (fig. 36d); talvolta si adottano contemporaneamente le due soluzioni (fig. 36e) accettando così che la temperatura superficiale decresca progressi-vamente dalla parete esterna verso l'interno del locale. La tubazione va posata anche nelle zone previste

    per i mobili e sotto le vasche e i piatti doccia. I corridoi interni di solito vengono riscaldati dalle tubazioni di distribuzione degli altri vani. La regolazione delle condizioni di be-nessere nell'ambiente viene ottenuta correggendo la temperatura di ingresso dell'acqua nel pannello. Tale regolazione risulta tuttavia, in genere, molto lenta e poco efficace, a causa dell'elevata inerzia del sistema, e non consente un rapido adeguamento dell'erogazione di energia alle esigenze (variabili) dell'ambiente. Ciò suggerisce il ricorso a questa soluzione impiantistica in presenza di clima esterno poco variabile e/o di e-difici caratterizzati da grandi volumi e dotati di forte inerzia termica. Nel caso di installazione dei pannelli radianti, in particolare per quelli a pavimento, non si devono rivestire le superfici con materiali di elevata resistenza termica, quali moquette, parquet di legno e tappeti, pena la limitata efficacia degli impianti stessi. La resistenza al moto dell'acqua è in genere elevata, a causa del notevole sviluppo in lunghezza della rete; si rende necessario così il ricorso alla circolazione forzata dell'acqua mediante elettropompe (vedi punto 4.1). Poiché i singoli rami del circuito possono avere lun-ghezze e quindi perdite di carico molto diverse, grande attenzione deve essere posta nel dotare i singoli rami di valvole di regolazione, e particolare cura va rivolta al bilanciamento idraulico dei circuiti. È bene anche controllare la lunghezza di ogni ramo, perché per reti troppo lunghe le perdite di carico (vedi a punto 5.5.3) possono raggiungere valori tali da richiedere pompe troppo costose e rumorose. Questo sistema presenta un'inerzia termica molto elevata dovuta al coinvolgimento delle strutture murarie del pavimento o del soffitto. Per questo motivo, talvolta le installazioni più recenti ne vedono l'impiego per il mantenimento di una temperatura di base costante (in genere 16-18 °C), affidando a un sistema complementare, dotato

    di bassa inerzia termica, il compito di far fronte alle punte del carico termico. Se le difficoltà di regolazione costituiscono un difetto notevole, lo scambio a termico per irraggiamento offre pure numerosi vantaggi: - il corpo umano cede circa il 45% del calore per irraggiamento, così il contributo alla sensazione di "calore" derivata dallo scambio termico radiativo è maggiore di quello dovuto alla convezione; - la distribuzione della temperatura è molto uniforme e il suo gradiente nella direzione verticale molto contenuto; - il riscaldamento per irraggiamento fornisce una sensazione di benessere a temperature dell'aria inferiori e consen- te un risparmio nelle spese; - le correnti d'aria e la polvere trascina:a ta in circolo sono ridotte al minimo.

    Anche per il raffrescamento degli ambienti vengono talvolta utilizzati gli stessi pannelli radianti che servono per il riscaldamento, facendovi circolare acqua refrigerata. Va ovviamente controllata la temperatura superficiale, che non deve mai risultare inferiore alla temperatura di rugiada dell'aria ambiente. 2.3.2 Strisce radianti Mentre i pannelli radianti occupano ge- neralmente gran parte della superficie del locale, esistono corpi simili, ma di estensione più ridotta, di solito da sospendere al soffitto, funzionanti sullo stesso principio ma a temperature più elevate. In essi il fluido termovettore può essere introdotto anche ad alta temperatura, fino a 200 °C, rendendo possibile il ricorso a fluidi, quali il vapore d'acqua e gli oli diatermici, che consentono scambi termici più efficaci. Queste unità, nella loro versione più semplice, sono costituite da una lastra sagomata di materiale a elevata conduttività termica, cui sono strettamente collegati i tubi nei quali viene fatto circolare il fluido termovettore (fig. 37). La piastra, d'acciaio o d'alluminio, dello spessore di 1-1,5 mm, si porta a una temperatura pressoché uniforme e

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  • molto vicina a quella del fluido che attraversa il sistema. Molto importante a tal fine risulta essere l'aderenza tubo-piastra, che dovrà essere buona. Le strisce vengono sospese nel locale, cosicché possano scambiare calore per irraggiamento con le superfici che "vedono". L'aria circostante il pannello si riscalda e tende a mettersi in moto per convezione naturale, tanto più quanto il pannello è lontano dal soffitto. Allo scopo di ostacolare questi moti convettivi, le strisce vengono sagomate lungo i lati con profili volti a confinare l'aria calda; tali profili mancano di solito nelle strisce destinate a essere installate molto vicine al soffitto. Poiché l'irraggiamento dal retro della striscia causa dissipazioni di energia, il pannello viene coibentato sul lato posteriore con uno strato di materiale termicamente isolante. Così strutturato, il pannello scambia calore quasi esclusivamente per irrag-giamento. Le strisce radianti sono adatte a essere impiegate nei locali alti e di grandi dimensioni, in quanto consentono di limitare il riscaldamento alle sole zone in cui sono presenti gli utenti, con sensibili risparmi di energia. Infatti, in funzione della distribuzione dei corpi scaldanti nel locale, le singole zone risultano essere più o meno riscaldate. Poiché la quota parte principale dell'energia viene scambiata per irraggiamento verso il pavimento, la zona sottostante si riscalda, mentre le zone superiori e circostanti rimangono relativamente fredde, tanto più se le correnti d'aria sono modeste (fig. 38).

    L'inerzia termica di questa soluzione impiantistica è molto bassa, inferiore anche a quella degli elementi funzionanti a sola aria, perché non si richiede che le strutture murarie e l'aria vengano portate a una prefissata temperatura essendo lo scambio termico limitato al solo irraggiamento.

    Negli ultimi anni ha avuto una certa diffusione un nuovo tipo di strisce radianti pensili, dotate di un bruciatore alimentato

    a gas che provvede a portare la parete esterna del tubo ad alta temperatura (400-500 °C), facendovi circolare i prodotti della combustione (fig. 39). In questo caso i tubi non sono an-corati direttamente alle piastre retrostanti, bensì esse costituiscono un riflettore che reirradia raggi infrarossi sulle persone e sugli oggetti circostanti. I fumi prodotti dalla combustione, dopo un percorso abbastanza lungo, vengono estratti mediante un apposito ventilatore, che può anche essere in comune a un gruppo di strisce. Severe precauzioni debbono essere prese nella loro realizzazione, affinché non si presentino pericoli connessi a fuoriuscite o esplosioni di gas e a perdite di fumo. Facendo ricorso a questi apparecchi dotati di bruciatore a gas, occorre prestare particolare attenzione alla compatibilità dell'installazione con le attività svolte, per il rispetto delle normative vigenti in tema di prevenzione incendi.

    2.4 Unità per la diffusione dell'aria Le unità per la diffusione dell'aria servono a immettere negli ambienti aria opportunamente trattata, al fine di ottenere le condizioni termoigrometriche desiderate. L'aria esausta viene ripresa e allontanata dai locali attraverso griglie di ricircolo e di estrazione.

    I diffusori sono elementi essenziali per il corretto funzionamento dei sistemi di termoventilazione e condiziona-mento dell'aria. Scelta del tipo, collocazione e corretto dìmensionamento devono assicurare una diffusione dell'aria all'interno dei locali in grado di mantenere buona uniformità di temperatura e assenza di correnti d'aria sensibili o di zone di aria stagnante; tali sono infatti le qualità che caratterizzano l'efficienza del sistema di diffusione. Se l'aria viene distribuita male, ne risultano condizioni, talora gravi, di disagio per gli utenti. I diffusori sono realizzati generalmente in acciaio verniciato o in alluminio e, quando sono presenti rischi di corrosione, anche in plastica. Disponibili in differenti tipologie,

    con modalità diverse di suddivisi in quattro categorie: - diffusori a parete (bocchette); - diffusori a soffitto (anemostati); - diffusori lineari (o a feritoia); - pannelli forati da soffitto. Ai diffusori vengono accoppiati di solito vari accessori che servono a regolare la portata d'aria immessa e a controllarne le caratteristiche del movimento nell'ambiente. Dal momento che essa si mescola con quella già presente nei locali, deve essere in genere introdotta a velocità e temperatura diverse da quelle di benessere . Per questo motivo i diffusori devono essere scelti così da lanciare l'aria in modo tale da portare la sua temperatura e la sua velocità a valori accettabili prima di entrare nella zona normalmente occupata dalle persone. I vari tipi di diffusori differiscono per il modo con cui il getto d'aria interagisce con l'aria ambiente. Per controllarne il lancio, si sfruttano alcuni fenomeni naturali il principale dei quali è quello del-l'induzione, cioè il coinvolgimento da parte di un getto d'aria nel proprio moto delle masse d'aria circostanti, con un conseguente mescolamento. I diffusori con alto grado di induzione, che producono lanci corti e rapida omogeneizzazione della temperatura, sono adatti ad essere impiegati negli impianti di condi-zionamento che prevedono una temperatura dell'aria di mandata molto diversa rispetto a quella dell'ambiente. Un altro di questi fenomeni, chiamato effetto parete, consente di ritardare la caduta di un getto d'aria semplicemente lanciandolo a ridosso di una parete o del soffit-to; in questo modo, nella zona compresa fra parete e getto si crea una depressione che lo sostiene (fig. 41). 1 diffusori con cui è possibile sfruttare l'effetto parete producono in genere lanci lunghi e rapporti di induzione modesti.

    Non bisogna dimenticare che il comportamento dei diversi tipi di diffusore nella stagione di riscaldamento è diverso da quello nella stagione di raffrescamento, perché l'aria immessa presenta densità rispettivamente inferiore e su-periore a quella ambiente. Di ciò occorre tenere conto nella scelta del tipo di diffusore da

  • 36b 36c

    36d 36e

  • adottare. I immissione dell'aria, possono essere 2.4.1 Diffusori a parete I diffusori a parete, detti anche bocchette, consistono di un telaio che racchiude un certo numero di lame orizzontali e/o verticali (fig. 40). Tali lame, che possono essere sia fisse che orientabili, servono a dirigere il lancio del getto d'aria. Quelle verticali lo deflettono nel piano orizzontale; quelle orizzontali nel piano verticale. Per ostacolare il meno possibile il moto dell'aria, in genere le lame sono dotate di profilo alare. Le bocchette a doppia deflessione dispongono di due serie di alette, poste l'una perpendicolarmente all'altra, per consentire il controllo del lancio in entrambe le direzioni. Sono disponibili anche bocchette ad alette non orientabili, che possono essere diritte, oppure preorientate con un certo angolo. Il tipo più economico è quello stampato, cioè con alette ricavate per stampaggio da un solo foglio di metallo.

    Si segnalano infine le bocchette ad area variabile, simili a quelle a doppia deflessione, ma in grado di variare l'area di scarico per consentire cambiamenti di portata a pressione costante; in questo modo nell'ambiente si manifestano variazioni minime al mutare della portata dell'aria.

    Di solito le bocchette vengono installate sulle pareti laterali, in prossimità del soffitto. Quanto più esse sono prossime al soffitto, tanto più si fa sentire l'effetto parete e si allungano i lanci. Esse consentono così lanci lunghi e basso grado di induzione, con la possibilità di sfruttare al meglio l'effetto parete. 2.4.2 Diffusori a soffitto I diffusori a soffitto, detti anche anemostati, sono costituiti da una serie di anelli divergenti, di sagoma circolare, quadrata o rettangolare, che formano una serie di passaggi concentrici, grazie ai quali l'aria può essere guidata (fig. 42). Per una facile installazione, questi diffusori sono composti in genere da un involucro esterno fisso e da un complesso interno facilmente smontabile. I diffusori a soffitto vengono predisposti sposti di solito per

    Fig. 37 Strisce radianti. Fig. 38 Area di benessere termico in una installazione di strisce radianti. Fig. 39 Strisce radianti con bruciatore di combustibile gassoso.

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  • Fig. 40 Diffusore a parete (bocchetta) a doppia deflessione con serranda di regolazione. Fig. 41 Effetto parete ed effetto induzione in un getto d'aria orizzontale. Fig. 42 Diffusore a soffitto (anemostato). Fig. 43 Caratteristiche di diffusione dell'aria di anemostati posti: a) a filo del soffitto; b) su canale in vista. Fig. 44 Pannello forato perla diffusione dell'aria negli ambienti. Fig. 45 Diffusore lineare da controsoffitto. Fig. 46 Griglia di ripresa aria con serranda di regolazione. Fig. 47 Griglia di transito con protezione visiva installata su una porta.

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  • Fig. 48 Ventilconvettore con bruciatore di combustibile gassoso incorporato.

    immettere aria in tutte le direzioni e vengono installati al centro dei locali, in modo da coprire l'intera superficie prevista. Essi immettono l'aria con elevato grado di induzione, cosicché l'aria ambiente si miscela rapidamente con quella di mandata, anche al di sopra della zona occupata.

    Quando sono montati a filo del soffitto, presentano un sensibile effetto parete con cui, per esempio, si contrasta la tendenza alla caduta dell'aria fredda: il flusso d'aria resta aderente al soffitto e si allarga (fig. 43a). Quando vengono montati su canali in vista, si ha una forte diminuzione della gittata rispetto al funzionamento a soffitto; tale diminuzione diventa più sensibile al crescere della differenza di temperatura fra aria immessa e ambiente (fig. 43b). I diffusori a soffitto possono essere realizzati per portate o condizioni di uscita variabili, modificando la posizione dei coni concentrici di cui sono costituiti, in modo da far penetrare il getto d'aria fino alla zona occupata dalle persone senza che si formino zone con aria sta-gnante. 2.4.3 Diffusori lineari I diffusori lineari sono costituiti da un telaio allungato dotato di una o più fessure parallele (fig. 45) e vengono installati accostando più elementi l'uno di seguito all'altro. Di solito le fessure hanno un rapporto fra le dimensioni almeno di 25 a 1, con una larghezza massima della fessura di 5-8 cm. I diffusori lineari possono dirigere il flusso d'aria sia in direzione perpendicolare che parallela al piano su cui sono posizionati. In generale i diffusori lineari devono essere accoppiati con accessori che consentano di distribuire l'aria in modo uniforme lungo l'intera lunghezza della fessura. E’ importante che l'aria arrivi al diffusore con velocità e pressione adeguate a garantire prestazioni soddisfacenti. Per un buon funzionamento questi diffusori devono essere accoppiati a sistemi di distribuzione accuratamente progettati. Possono essere installati in varie

  • posizioni, con prestazioni molto diverse: alla sommità delle pareti, a soffitto, a pavimento. 2.4.4 Pannelli forati da soffitto I pannelli forati da soffitto vengono impiegati per l'immissione di aria in ambienti dove è necessario un grande nu-mero di ricambi e quando si richiedono temperature uniformi su grandi estensioni. Sono costituiti da pannelli di lamiera o di gesso che utilizzano lo spazio soprastante come canale di distribuzione (fig. 44). Tale spazio deve pertanto essere progettato in modo da garantirvi una pressione il più possibile uniforme e, di conseguenza, un'analoga distribu-zione dell'aria.

    La sovrapressione dell'aria nel plenum deve essere limitata (30 Pa al massimo), con valori tanto più bassi quanto più la distribuzione dell'aria deve essere uniforme (fino a 2,5 Pa). La portata d'aria per m2 di pavimento può variare da un minimo di 15 m3/h fino a 25 m3/h. Si consiglia l'impiego di grandi portate d'aria solo con bassi differenziali di temperatura.

    L'aria fuoriesce dai pannelli attraverso fori circolari o fessure.

    2 .4.5 Altri diffusori La ripresa dell'aria dai locali avviene mediante bocchette ad alette fisse, con o senza serrande di regolazione, dette comunemente griglie di ripresa (fig. 46). Le indagini eseguite hanno evidenziato come esse influenzino il movimento dell'aria solo nelle loro immediate vicinanze, con un effetto complessivamente modesto sul movimento dell'aria nell'ambiente. Solo in situazioni particolari il posizionamento delle griglie può essere scelto così da correggere eventuali carenze legate alla scelta della posizione e delle caratteristiche dei diffusori. Negli edifici dotati di molti locali di piccole dimensioni (per esempio edifici per uffici), la ripresa dell'aria può essere centralizzata in un solo punto del corridoio, molto spesso nei servizi igienici. In questo caso sulle porte o sulle pareti dei locali vengono installate bocchette particolari, dette griglie di transito. Di solito si cerca di limitarne la superficie e di renderle adatte a impedire alla luce di filtrare nei locali mediante alette opportuna-mente sagomate (fig. 47). Questo

    tipo di griglia ha il grave limite di avere un basso grado di isolamento acustico, rendendo di difficile soddisfacimento il requisito di riservatezza, spesso richiesto da questi ambienti. Sono disponibili anche griglie di transito di tipo afonizzato, che migliorano l'isolamento acustico. Le prese d'aria esterna vengono realizzate con bocchette dello stesso tipo delle griglie di ripresa con l'aggiunta, sul lato esterno, di una protezione contro la pioggia. Oltre a ciò, queste griglie sono corredate, sul lato interno, di una rete metallica che protegge l'impianto dall'ingresso di volatili, di ratti o di insetti. Un cenno meritano anche particolari unità per la diffusione dell'aria impiegate nei più recenti impianti a portata va-riabile, anche se di fatto la diffusione avviene ancora utilizzando i componenti già descritti. Per questi impianti le unità terminali sono riconducibili a due tipi: - cassette terminali a plenum; - terminali con diffusore incorporato. Le cassette terminali sono apparati provvisti di un sistema di regolazione della portata in funzione delle condizioni ambientali. Servono a ridurre la pressione dell'aria, in arrivo da una rete ad alta pressione, e ad alimentare quindi canali a bassa pressione, collegati sia a un plenum che direttamente ai diffusori. Possono essere provviste di una batteria alettata per il riscaldamento finale dell'aria, oppure funzionare da miscelatrici di aria calda e aria fredda provenienti da reti separate.

    I terminali con diffusore incorporato sono apparati dotati delle apparecchiature di regolazione necessarie a ottenere la variazione di portata. Sono progettati per assicurare riduzioni delle portate d'aria anche molto forti, con cui fare fronte a carichi termici con escursioni rapide nel corso della giornata. L'elemento sensibile alla temperatura può essere posto all'interno del diffusore stesso (ma sempre lambito dall'aria am-biente indotta dal getto d'aria), oppure nell'ambiente.

    2.5 Unità speciali Alcune unità terminali, destinate ad applicazioni particolari e meno frequenti, possono essere raggruppate in una categoria a parte. Differiscono da quelle precedentemente descritte essenzialmente per le modalità con cui avviene la fornitura dell'energia da scambiare con gli ambienti: tali unità infatti non vengono alimentate con un fluido termovettore, bensì direttamente con energia elettrica o con un combustibile. Per questo motivo sono state suddivise in due gruppi, distinti per il tipo di sorgente d'energia impiegato: - apparati alimentati a energia elettrica; - apparati alimentati a gas. 2.5.1 Unità alimentate a energia elettrica Le tipologie delle unità terminali alimentate a energia elettrica non differiscono in pratica da quelle degli apparati già descritti in precedenza; si possono in-contrare così radiatori, termoconvettori e ventilconvettori. Tali unità vengono impiegate di solito nei locali a occupazione occasionale o saltuaria, oppure come sistemi di riscaldamento complementare a un impianto di base, per fare fronte a picchi di fabbisogno energetico in zone a rapida escursione climatica dove è richiesta solo per poche ore/giorno e giorni/anno una sovrapotenza termica. Possono essere installate in modo fisso o rimanere portatili, per far fronte alle esigenze in modo più fles-sibile. Nei termoconvettori e ventilconvettori le batterie alettate vengono sostituite da resistenze elettriche, pure alettate, che riscaldano direttamente l'aria da immettere negli ambienti. Ciò consente di portare rapidamente l'aria alla temperatura prevista nei locali, che poi ritornano altrettanto rapidamente alla temperatura iniziale. Si tratta di apparecchi dal peso molto limitato (da 5 a 10 kg) in grado di fornire una potenza che varia da un minimo di 500 W per i termoconvettori, a un massimo di 2 kW per i ventilconvettori.

  • Infine si segnalano alcuni radiatori, messi in commercio negli ultimi anni, costituiti da normali radiatori ad acqua, entro cui è collocato anche un riscaldatore elettrico. Queste unità servono a far fronte, nelle stagioni intermedie, all'esigenza di riscaldare un numero limitato di locali nelle abitazioni, in genere i servizi igienici, consentendo di mantenere spento l'impianto centralizzato. 2.5.2 Unità alimentate a gas Sono state messe a punto particolari unità terminali che consentono di dotare di impianto di riscaldamento anche edifici esistenti che ne sono privi. In questo caso, invece di distribuire un fluido termovettore, si distribuisce il combustibile e si provvede localmente alla sua combustione. Si fa ricorso di solito ad apparati alimentati a gas, dotati di un piccolo bruciatore indipendente (fig. 48). Devono essere installati a ridosso delle pareti esterne per potere aspirare da un condotto l'aria necessaria alla combustione e scaricarne i prodotti. Chiamati anche radiatori a gas a scarico bilanciato, hanno le stesse caratteristiche dei termoconvettori quando cedono calore all'ambiente mettendo in circolo l'aria per effetto camino, e quelle dei ventilconvettori quando invece la circolazione dell'aria viene aumentata mediante un ventilatore.

    Al fine di garantire un sufficiente grado di sicurezza, la camera di combustione del bruciatore è a tenuta stagna, cioè non esiste comunicazione fra ambiente da riscaldare e focolare.

    La potenza fornita agli ambienti di solito varia da un minimo di 2 kW a un massimo di 4 kW. Il bruciatore ha le caratteristiche di quelli delle caldaiette domestiche, cioè è dotato di termostato, rivelatore di fiamma e valvola di sicurezza (vedi punto 3.1.1) per fornire la necessaria garanzia di sicurezza nel funzionamento.

    Il vantaggio maggiore connesso all'installazione di tali

    elementi consiste nei limitati interventi sulle opere murarie, che si riducono in genere al solo foro di passaggio della presa d'aria e di scarico e del tubo di alimentazione del combu-stibile.

    Travi fredde