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Università degli Studi Roma Tre

Facoltà di Giurisprudenza

TESI DI LAUREAin

Scienza delle Finanze

La finanza islamica e la finanza etica: due modelli alternativi al sistema finanziario convenzionale

Chiar. mo Relatore: Prof. Elena Granaglia

Correlatori: Prof. Bruno Bises

Prof. Sergio Ginebri

Laureando: Diego Marciano

Anno accademico 2010-2011

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A Flavia

“Quando oggi qualcuno mi chiede come mi siano venute tutte quelle idee

innovative…io rispondo che abbiamo guardato come funzionano le altre banche e

abbiamo fatto il contrario.” (Muhammad Yunus)

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Indice

Introduzione pag. 7

Capitolo I

Principi e caratteristiche della finanza islamica

1.1 Genesi e diffusione della finanza islamica pag. 14

1.2. Le fonti religiose e giuridiche dell'economia islamica 18

1.3. Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica 22

1.4. Il sistema bancario islamico 34

1.5. Gli strumenti finanziari e i contratti islamici 42

1.6. Prospettive di sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia 61

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Capitolo II

L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in

Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia

medievale

2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici pag. 71

2.2 L'interpretazione di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e carità

cristiana. La commenda medievale come esempio di compartecipazione del

rischio contrattuale 76

Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino. La

nascita dei Monti di pietà 80

Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella Riforma

protestante e nel Code Napoleon 93

Capitolo III

La finanza etica: principi e prerogative

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3.1 Genesi e diffusione della finanza etica pag. 99

3.2 Principi e caratteristiche 108

3.3 Strumenti finanziari tipici 121

3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia 130

Conclusione

Le analogie e le differenze tra finanza etica e finanza islamica 137

Appendice A 143

Appendice B 146

Appendice C 147

Appendice D 151

Bibliografia 159

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INTRODUZIONE

Questo lavoro si pone l'obiettivo di analizzare e porre a confronto due sistemi

finanziari alternativi alla finanza tradizionale, che negli ultimi anni hanno

suscitato un vivo interesse tra gli operatori finanziari, le istituzioni politiche, e, più

in generale, nell'opinione pubblica. Ciò che distingue in particolar modo questi

due sistemi finanziari dal modello di finanza mondialmente conosciuto al giorno

d'oggi è la rigorosa applicazione di principi etici in un ambito convenzionalmente

ritenuto antitetico a giudizi di carattere umanistico, sociale e morale.

L'esposizione di quelli che sono i tratti storici e le caratteristiche distintive alla

base di questi movimenti, non può tuttavia prescindere da un breve riferimento al

contesto storico ed economico che li ha riportati in auge nell'ultimo decennio.

Il punto di partenza da cui è opportuno prendere le mosse è senz'ombra di dubbio

il Patriot Act approvato negli Stati Uniti d'America sull'onda emotiva dell'11

settembre, su iniziativa del Presidente G. W. Bush. L'atto in questione, giudicato

da molti diffamante e discriminatorio nei confronti dei cittadini di religione

musulmana, nonché limitativo delle libertà individuali, prevedeva uno stretto

controllo sui conti corrente e sugli investimenti dei risparmiatori islamici,

considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico.

Molti investitori musulmani decisero in quell'occasione di trasferire altrove gran

parte dei propri capitali, sottoscrivendo gli strumenti finanziari offerti dalle

banche islamiche, approdo ideale dei loro ingenti capitali. La conseguenza

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immediata prodotta dall'emanazione del Patriot Act fu il drastico depauperamento

del mercato finanziario americano, costretto a rinunciare all'ingente quantità di

capitali rappresentata dagli investitori musulmani. Tale perdita fu certo decisiva

nello spingere le banche d'investimento statunitensi a rivolgere maggiore

attenzione ai risparmi dell'investitore medio americano, consentendo al tempo

stesso ad un numero sempre crescente di mutuatari “low profile” di accendere

quelli che nel linguaggio tecnico vengono definiti mutui subprime. La massiccia

sottoscrizione di questa tipologia di mutui si rivelò letale per le banche:

l'insolvenza di molti mutuatari, in parte dovuta allo spropositato aumento dei tassi

di interesse, fece scoppiare nel 2008 la tristemente nota bolla del mercato

immobiliare americano portando sul lastrico, fra i tanti, il celebre colosso

finanziario Lehman Brothers. La crisi non rimase tuttavia confinata agli Stati Uniti

poiché il crollo della Borsa di Wall Street creò immediatamente un effetto domino

sui mercati finanziari di tutto il mondo occidentale.

In Medio Oriente, le cose andarono diversamente. La tempesta dei mutui

subprime lasciò infatti pressoché indenne le banche islamiche, strutture portanti di

un sistema finanziario del tutto peculiare, guidato dai principi coranici.

Sviluppatasi nei Paesi arabi a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, la

finanza islamica si fonda sulla Shari'a, la legge islamica, che, per quanto concerne

le pratiche finanziarie impone, fra l'altro: la proscrizione degli interessi (ribā),

considerati in qualsiasi caso una forma di usura; il divieto di ogni tipologia di

transazione finanziaria speculativa, che, nella pratica, esclude la possibilità di

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sottoscrivere strumenti finanziari derivati, quali futures e options (maysir); il

divieto di investire in attività illecite o contrarie ai precetti del Corano (haram); il

divieto dell'incertezza/rischio nei termini e nelle condizioni di un contratto(

gharār); un diritto contrattuale, infine, che prevede la compartecipazione di

profitti e perdite fra i contraenti.

Secondo i precetti del Corano, il tempo non può determinare un profitto su una

somma di denaro “immobile”: per crescere, esso deve essere investito in attività

concrete e produttive. Gli investimenti islamici, quindi, sono volti esclusivamente

a favorire la crescita dell'economia reale, e solo in questo caso il profitto generato

dall'investimento è ritenuto lecito. "La nostra religione vieta i prestiti basati

sull'interesse o la commercializzazione dei debiti, ogni prodotto finanziario deve

essere trasparente e in tutto e per tutto compatibile con i dettami del Corano"

spiega Rasheed Al Maraj, governatore della banca centrale del Barhain (Il Sole 24

Ore). Secondo la legge islamica, l'investitore musulmano non potrebbe quindi

acquistare prodotti complessi come le famigerate collaterized debt obligations,

che sono state tra le principali cause della tempesta subprime.

Le banche islamiche si distinguono dunque in modo sostanziale da quelle

occidentali. Piuttosto che concedere un mutuo a una persona che vuole comprare

una casa, riscuotendo in cambio un interesse sul prestito, la banca acquista

direttamente la casa e poi la concede in affitto al cliente, che si impegna a versare

la cifra corrispondente in più rate mensili, pagando una commissione sul servizio

ottenuto. Quando avrà pagato tutte le rate, il cliente diventerà il proprietario della

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casa. Questo breve esempio di come le banche islamiche interagiscano

quotidianamente con i loro clienti spiega in maniera efficace la ragione per la

quale una crisi come quella scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti difficilmente

avrebbe potuto e potrebbe in futuro verificarsi nel mondo islamico.

Molti dei principi alla base del sistema economico-giuridico islamico, presenti

nel libro sacro dei musulmani, affondano le loro radici nella filosofia classica

greca e nella tradizione giudaico-cristiana, dalle quali, nel corso dei secoli, il

sistema economico occidentale è venuto pian piano distaccandosi, facendo dei

principi alla base del capitalismo moderno il suo unico modello di riferimento.

Simile convergenza, prodottasi nei secoli passati e venutasi a perdere in età

moderna, fra due culture apparentemente lontane l'una dall'altra, mostra come i

principi etici alla base della finanza islamica appartengano pienamente alla cultura

occidentale. Proprio in virtù di ciò, la prima grande crisi del sistema capitalistico

occidentale, prodottasi con il crollo di Wall Street del 1929, portò alla diffusione

in Occidente dell'investimento socialmente responsabile, la cosiddetta “finanza

etica”. E' questo un pensiero economico che si pone ad obiettivo l'uso del denaro

come “mezzo” di sviluppo dell'economia reale e non come scopo di profitto

individuale; l'homo oeconomicus, inoltre, non è trattato come mero fattore di

produzione, ma come un essere umano in tutto e per tutto, con propri diritti e

valori.

Il fenomeno della finanza etica ha interessato soprattutto i Paesi anglosassoni, in

particolar modo negli Anni Ottanta, con il diffondersi dei fondi d'investimento

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etici. Successivamente, tuttavia, la moderna finanza etica si è espansa in tutto il

mondo, ampliando il suo raggio d'azione anche in Italia, con l'emergere del

risparmio autogestito e con la creazione, nel 1999, di un istituto bancario

estremamente peculiare, la Banca Popolare Etica.

Le caratteristiche principali della finanza etica si concretizzano in particolare,

nell'escludere gli investimenti in attività ritenute contrarie al benessere

dell'individuo, come la produzione di armi, tabacco, droghe e materiale

pornografico, incentivando, al contrario, progetti socialmente responsabili, come

ad esempio le attività volte alla tutela dell'ambiente. Inoltre, le pratiche finanziarie

devono favorire la massima trasparenza nella gestione del risparmio e degli

investimenti, incentivando la valorizzazione della partecipazione attiva degli

stakeholders nei processi economici.

Introdotte le peculiarità principali della finanza islamica e della finanza etica

presentiamo di seguito la struttura della nostra trattazione. Il lavoro è suddiviso in

tre capitoli: nel primo capitolo della nostra ricerca, “Principi e caratteristiche

della finanza islamica”, delineeremo l'evoluzione storica e le prerogative della

finanza islamica. Successivamente, approfondiremo lo studio delle fonti religiose

sulle quali si fonda il patrimonio giuridico di questo settore finanziario, mettendo

in risalto il profondo connubio esistente fra etica ed economia nel Testo Sacro dei

musulmani. Infine, descriveremo le peculiarità delle banche islamiche, dei singoli

contratti e degli strumenti finanziari islamici e valuteremo le prospettive future

della finanza islamica in Europa.

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Nel secondo capitolo, “l'evoluzione dei concetti di usura e speculazione

finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia

medievale”, esporremo come l'intenso connubio tra etica ed economia alla base

del sistema finanziario islamico, affondi le sue radici culturali nei testi Sacri

dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nelle trattazioni di politica economica

di Platone ed Aristotele; analizzeremo, quindi, l'evoluzione del concetto di usura

nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica.

Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei

massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente

della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza

della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad

interesse nella cultura occidentale.

Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e

prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e la diffusione dell'approccio etico

nella finanza occidentale, descrivendo le peculiarità dei fondi d'investimento etico

e del microcredito. Successivamente, focalizzeremo la nostra attenzione

sull’attività svolta dalla Banca Etica e dalle Società di Mutua Autogestione

(MAG) in Italia.

Nella conclusione esporremo le analogie e le differenze tra le due tipologie di

finanza oggetto della nostra ricerca.

Ciò che ci interessa sottolineare è come questi due modelli di finanza,

estremamente differenti da quello convenzionale, non rappresentino affatto delle

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mere ipotesi concettuali, prive di attuabilità, ma delle effettive e concrete

alternative, dalle quali occorrerebbe ripartire per mettere fine alla crisi economica

e produttiva degli ultimi anni. A nostro giudizio, infatti, la diffusione della finanza

islamica in ambito europeo garantirebbe l'apporto di nuovi capitali da investire in

attività direttamente connesse all'economia reale, mentre l'evoluzione dello

screening e del rating etico delle imprese sottrarrebbe la finanza convenzionale al

giogo della speculazione e dell'arricchimento spregiudicato di pochi individui,

restituendole il ruolo di strumento atto a massimizzare il benessere di tutta la

comunità mondiale.

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Capitolo primo

Principi e caratteristiche della finanza islamica

Premessa

In questo capitolo descriveremo innanzi tutto l'evoluzione storica e le

caratteristiche principali della finanza islamica. Successivamente, analizzeremo le

fonti religiose dalle quali scaturiscono le basi giuridiche di questo settore,

mettendo in risalto il connubio indissolubile esistente fra etica ed economia nel

Testo Sacro dei musulmani. Infine, esporremo le peculiarità dei singoli contratti e

degli strumenti finanziari islamici e valuteremo l'incidenza e le prospettive future

della finanza islamica in ambito europeo.

1.1 Genesi e sviluppo della finanza islamica

La finanza islamica rappresenta un nuovo settore dell'economia mondiale, in netta

espansione. Con il termine “finanza islamica” intendiamo l'insieme delle

transazioni commerciali, dei servizi bancari e più in generale di tutti gli aspetti di

un sistema finanziario conforme ai precetti della shari'a, ovvero la giurisprudenza

musulmana. Nonostante la finanza islamica venga ancora valutato come un

fenomeno regionale e di nicchia (circa l'1% della finanza mondiale), le previsioni

del rapporto di Ernst & Young (2011) indicano nei prossimi cinque anni una

crescita ad un tasso medio annuale del 20%, con il 9% scarso del banking

tradizionale.

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Una crescita importante per un mercato in espansione che nel 2010 rappresentava

il 17,5% degli asset finanziari all'interno dell'area Middle East and North Africa

(MENA).

La genesi di questo sistema risale agli anni cinquanta dello scorso Secolo, quando

molti Paesi del Medio Oriente e dell'Asia, a maggioranza musulmana, divennero

Nazioni indipendenti dai dominatori occidentali, che fino a quel momento

esercitavano il controllo politico sulle risorse e, quindi, sull'economia delle

colonie orientali.

Nel 1963 venne costituito il primo istituto finanziario islamico in Egitto: la Cassa

di risparmio rurale di Mit Ghamr1 ad opera di Ahmad al-Najjar2, il quale si era

direttamente ispirato alle banche cooperative tedesche. Come descriveremo nel

dettaglio nel corso della nostra ricerca, ai risparmiatori era riconosciuto lo status

di soci della banca e compartecipavano agli utili e alle perdite derivanti

dall'attività economica di gestione secondo i dettami dell'etica musulmana3; il

tutto avveniva sotto l'egida di un consiglio di supervisori esperti di legge coranica:

il c.d. Shari'a board, ancora oggi elemento peculiare delle banche islamiche4.

L'esperienza di questo istituto bancario fu decisiva e portò, nel 1970, alla

creazione del primo ente internazionale islamico di carattere economico: l'

1 Mit Ghamr è un piccolo villaggio sulle rive del Nilo.2 Ahmad al-Najjar, economista egiziano. Studiò in Germania specializzandosi in economia

sociale.3 L'attività di questa piccola cassa di risparmio prevedeva la concessione di microcrediti che

ridussero in breve tempo la disoccupazione nell'area del delta del Nilo. L'istituto fu chiuso nel 1968 per volontà del governo Nasser. L'esperienza di Ahmad al-Najjar è stata fonte d'ispirazione per il premio Nobel Yunus in Bangladesh.

4 Le banche islamiche si affidano ad un sistema di doppia governance: da un lato c'è il consiglio di amministrazione e dall'altro il consiglio dei supervisori religiosi.

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Organization of the Islamic Conference (OIC)5. Fu proprio questa conferenza nel

1973 a determinare la fondazione della Islamic Development Bank con sede a

Jeddah, in Arabia Saudita6; l'economia dei Paesi musulmani, grazie agli ingenti

guadagni dovuti alla crisi petrolifera, aveva ormai acquisito forza e autonomia

rispetto alle grandi potenze occidentali, tanto da costringere l'Europa e gli Stati

Uniti a volgere lo sguardo verso questo nuovo mercato finanziario7. Nel 1995

vennero istituiti i primi indici di borsa riservati agli strumenti finanziari islamici

shari'a- compliant in territorio americano e anglosassone: il Dow Jones Islamic

Index e il Financial Times Islamic Index. Nel 1997 la Malaysia costituì un sistema

finanziario innovativo, sintesi tra il modello convenzionale e quello shar'iatico,

dal quale sono scaturiti i primi titoli obbligazionari conformi alla giurisprudenza

islamica: i sukuk. Lo sviluppo di questo settore ha subito una forte crescita a

seguito dell' emanazione del Patriot Act, negli Stati Uniti d'America. L'atto

prevedeva un controllo stringente sui risparmi degli investitori islamici,

considerati potenziali finanziatori del fondamentalismo e del terrorismo islamico.

Molti investitori decisero di trasferire le proprie risorse, sottoscrivendo gli

strumenti finanziari offerti dalle banche islamiche, che rappresentarono l'approdo

ideale di questi ingenti capitali.

Oggi i servizi finanziari islamici vengono offerti in più di 60 Paesi del mondo,

anche non musulmani, tramite i c.d. Sportelli islamici delle banche convenzionali.

5 La prima banca islamica privata risale invece al 1975: la UAE di Dubai.6 L'IDB è una banca sovranazionale partecipata dai membri dell'OIC che ha lo scopo di valutare

il rispetto dei principi coranici da parte delle istituzioni islamiche nelle loro attività d'investimento e gestione.

7 Negli anni '90 fu istituito presso l'Università di Harvard un forum sulla finanza islamica.

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Per sportello islamico si intende la costituzione di un servizio riservato ai

risparmiatori di fede islamica presso le banche convenzionali, nel quale vengono

emessi solo strumenti finanziari Shari'a Compliant; gli intermediari di questi

strumenti gestiscono fondi pari a 750 miliardi di dollari8,sotto il controllo

dell'Islamic Financial Services Board (IFSB)9 con sede a in Malaysia, ente di

coordinamento paragonabile al Comitato di Basilea per il sistema bancario

convenzionale. Secondo quanto sostenuto dalla Banca d’Indonesia, entro soli 4

anni, il giro d’affari della finanza islamica si aggirerà intorno ai 5 trilioni di

dollari, rispetto agli 895 miliardi di dollari del 2010 e ai 137 miliardi di dollari del

1996. La convergenza tra il sistema finanziario islamico e il modello

convenzionale si fa sempre più netta: “In altre parole l'economia e la finanza

islamica nascono come il prodotto di una fecondazione incrociata fra la cultura

economica occidentale e la cultura religiosa islamica”. (Hamaui-Mauri, 2009

pag.52).

8 La Banca Mondiale ha emesso un prestito obbligazionario rispettoso dei precetti della Shari'a di 100 milioni di dollari.

9 Questo istituto fa seguito alla costituzione dell' Auditing Organisation for Islamic Institutions (AAOIFI) nel 1991 con sede in Bahrein, organismo sovranazionale il cui obiettivo è quello di sviluppare norme contabili e di governance compatibili con i dettami coranici.

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1.2 Le fonti giuridiche e religiose dell'economia islamica

Lo studio della finanza islamica non può prescindere dalla conoscenza, seppur

minima, di cosa si intenda per “Islam”. Pertanto, per cogliere il significato di

questo settore economico10 è fondamentale comprendere la forte influenza che la

religione esercita sulla vita sociale di un credente musulmano, imponendo ferree

regole di condotta.

Il termine Muslim è il participio del verbo arabo Salima, il cui significato letterale

è “sottomettersi”. Islam significa dedizione a Dio e fu scelto per denominare il

nuovo culto religioso dal vate Muhammad, l'ultimo dei Profeti mandato sulla

Terra da Allah per concludere la Rivelazione della fede musulmana. L'Islam è una

dottrina che va oltre l'aspetto religioso11,non prevede separazioni semantiche o

funzionali tra le sfere politiche, sociali e religiose ed interviene in ogni aspetto

dell'esistenza umana: “ La religione di Muhammad si richiama alla giustizia,

all'uguaglianza sociale e richiede ai ricchi di essere generosi utilizzando una

parte della loro ricchezza per aiutare i più poveri, i malati e gli orfani” (Siagh,

2008, p.5).

Il Qur'an è il Libro sacro dei seguaci di Maometto e custodisce i principi e i

dettami del culto islamico: è suddiviso in 114 capitoli o sure, ciascuno dei quali

formato da un numero variabile di versetti riferibili alle due città sacre: le sure

della Mecca (610-622 d.C.) e le sure della Medina (622-632 d.C.)12. La differenza 10 Il mondo musulmano rappresenta il 25% della popolazione mondiale e il 10% del PIL.11 In arabo si dice Din Wa- Dunya, è una fede che trascende la religione e permea ogni aspetto

della vita dei credenti.12 Le sure della Mecca sono le rivelazioni ricevute dal profeta nel periodo meccano, mentre le

sure della Medina sono riferite alle rivelazioni successiva all'esilio di Maometto nella città Mdina.

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tra i vari capitoli non è di poco conto; se le sure meccane tramandano

principalmente concetti morali, quelle di Medina rivelano un contenuto più

giuridico e normativo: i principi cardine del sistema economico islamico fanno

riferimento a questi ultimi capitoli rivelati a Mdina.

La Kalam Allah (Parola di Dio) riguarda tre temi fondamentali: l'unicità di Dio o

Tawhid, i racconti dei profeti precedenti a Maometto o Akhbar e le regole e le

leggi o Dyanat. Vi è poi la Tradizione (Sunna)13 ovvero la rappresentazione delle

consuetudini e delle azioni del Profeta ispirate dalla divinità che fungono da

esempi di comportamento individuali e sociali dei fedeli islamici.

L'Ijmà è la prima delle due fonti orali presenti nella tradizione musulmana e con

essa si indica il consenso dei dottori della legge in merito a determinate questioni

di natura religiosa; alcune interpretazioni dei massimi rappresentanti della

comunità possono produrre diritto positivo in base ad una massima del Profeta14.

L'altra fonte orale è il Qiyās15, se possibile ancora più controversa di quella

precedente. Con questo termine si intende la produzione di norme giuridiche

mediante procedimento analogico, operazione logica non prevista dal testo sacro e

quindi priva di “approvazione” divina diretta e sempre soggetta ad errore, come

qualsiasi altra attività razionale dell'uomo. Accanto a queste fonti non possiamo

dimenticare l'importanza delle consuetudini come ulteriore elemento produttivo di

13 La sunna è suddivisa in cinque libri, scritti tra l'870 e il 915 d.C, dopo un'accurata verifica della veridicità dei racconti narrati tre secoli prima. Non c'è concordia tra gli studiosi sulla possibilità di considerare come parte della Sunna un ulteriore libro.

14 Il detto del profeta recita: “la mia comunità non si troverà mai d'accordo su un errore”. Tuttavia gli sciiti non riconoscono la minima valenza a questa fonte potenzialmente normativa.

15 L'idea di dedurre una regola da casi simili e, più in generale, l'ammissibilità di questo procedimento è fonte di scontro tra le quattro scuole giuridiche.

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norme.

Il Qur'an e la Sunna sono gli elementi imprescindibili della Ash-Shari'a al-

Islamiyya, ovvero, dell'interpretazione della dottrina religiosa effettuata dai

dottori della legge o Ulema .Nonostante non possa essere considerata come una

raccolta di norme codificate, il termine Shari'a viene tradotto anche come

sinonimo di Ahkam (legge in arabo).

Gli Ulema suddividono la legge in due unità: la Shari'a 'Ibadat, riguardante le

norme sulla devozione e la Shari'a Mu'amalat, inerente le attività economiche,

giuridiche e sociali. Le azioni umane sono distinte in cinque categorie:

• Fard (atti obbligatori);

• Mansūh ( atti consigliati);

• Makrūh (sconsigliati);

• Haram (proibiti);

• Halāl ( leciti).

Vi è poi il Fiqh, ovvero la conoscenza della legge religiosa, il diritto positivo che

scaturisce dall'interpretazione shari'atica16. Nel Fiqh Al'ibadat troviamo i celebri

cinque pilastri della religione musulmana, che corrispondono agli atti obbligatori.

1) Shadada - la professione di fede: “non c'è altro Dio all'infuori di Allah e il

profeta Muhammad è il suo messaggero”.

2) Salawat – il compimento delle cinque preghiere giornaliere.

3) Sawn – l'obbligo di astenersi dal mangiare, dal bere, dal fumare e

16 La shari'a è immodificabile, in quanto direttamente rivelata da Dio. La sua difficile interpretazione ha dato vita a 4 diverse correnti di pensiero, ciascuna di esse portate avanti da una scuola giuridica.

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dall'avere rapporti sessuali dall'alba al tramonto durante il mese di

Ramadan.

4) Hajj – il pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, alla Mecca. Sono

esentati coloro che non abbiano le condizioni di salute ed economiche per

effettuare il viaggio.

5) Zakat – tassa annuale imposta a ciascun musulmano per aiutare i poveri.

Il Fiqh Al Mu'amalat è la parte della Shari'a che più ci interessa. E' la

giurisprudenza commerciale islamica che tratta delle attività economiche lecite e

illecite, della distribuzione della ricchezza, della produzione e del diritto di

proprietà. L'interpretazione del fiqh varia in ognuna delle scuole giuridiche

esistenti (ne contiamo quattro sunnite e due sciite). Alle scuole giuridiche, di cui

parleremo più approfonditamente nell'appendice A, si aggiunge l'Islamic Fiqh

Academy, con sede a Jeddah e attiva dal 1981 a seguito della deliberazione

dell'OIC. I membri dell'accademia si riuniscono periodicamente con l'obiettivo di

ricercare soluzioni di compromesso tra le norme e i differenti contesti socio-

politici nei quali i dettami stessi esplicano la loro influenza.

I Paesi musulmani si differenziano in funzione del modello legislativo adottato dai

vari governi. Vi sono realtà nelle quali la Shari'a convive con sistemi di common

law e customary law e altre dove, invece, si sceglie il modello islamico puro17.

17 Cfr, Appendice B.

21

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1.3 Il profondo connubio tra etica ed economia nella cultura islamica

Nel paragrafo precedente ci siamo soffermati sul rapporto formale che intercorre

tra le fonti religiose e quelle giuridiche. Ora passeremo ad un'analisi più

approfondita delle sure medinesi e del Fiqh Al Mu'amalat, ove sono racchiuse le

linee-guida e i principi etici dell'economia musulmana. Vedremo come il mondo

islamico miri ad un sistema di welfare state in cui regni una giustizia sociale

improntata su principi come solidarietà e stabilità e che abbia come obiettivo

principale la garanzia del benessere economico per la comunità degli umma18. E'

doveroso premettere che i precetti coranici non sono presentati in modo

sistematico e ogni tentativo di sintesi degli stessi non può essere considerata

esaustiva.

“Uomini, temete Dio, il quale vi creò da una persona sola. Ne creò la compagna e

da essi suscitò molti uomini, e donne. Temete quel Dio nel nome del quale vi

chiedete favori l'un l'altro e rispettate il grembo che vi ha portato, Dio è sopra di

voi che vi osserva” (An-Nisâ',1). (Cfr, Ventura, 2010).

L'economia islamica si basa sul principio della fratellanza o tawhid. La

massimizzazione del profitto e la distribuzione della ricchezza non possono

prescindere dal rispetto di un'equa giustizia sociale; Dio non ha creato solo

l'individuo, bensì l'intera “comunità” dei fratelli: proteggerla e sostenerla è dovere

18 Umma: Con questo nome si indicò fin dall'inizio la prima organizzazione politica dei fedeli musulmani che a Medina (all'epoca Yathrib) nel 622 d. C., vide la luce grazie all'azione del profeta Muhammad.

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di ciascun Umma. Nessun membro della comunità deve essere lasciato in

condizioni di indigenza. Questo precetto può essere assolto solo collaborando alla

creazione di un sistema che eviti l'accumulazione della ricchezza nelle mani di

pochi.

“ E assolvete all'orazione, pagate la zakat e inchinatevi con coloro che si

inchinano” (Al-Baqara, 43).

“In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene, avranno

assolto l'orazione e versato la zakat, avranno la ricompensa presso il loro

Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti”. ( Al-Baqara, 277).

“Preleva un'ammenda dalle loro ricchezze per purificarli e renderli puliti, e

prega per loro, le tue preghiere portano loro la quiete, Dio conosce e ascolta”

(At-Tawba, 103).

In questi passi della seconda e nona sura troviamo i principali riferimenti al

pagamento della tassa sul benessere eccedente o Zakat.19 E' doveroso per ciascun

musulmano contribuire economicamente al sostentamento dei meno fortunati, in

quanto: “Appartiene ad Allah tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla

terra” (Ash-Shura, 43). L'uomo è solo il vicario di Dio sulla Terra (Khalifa fi al

19 Il termine Zakat significa “purificazione” o “crescita”. Come abbiamo ricordato in precedenza, rappresenta uno dei cinque pilastri della religione musulmana.

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Page 24: Università degli Studi Roma Tre · 2021. 3. 3. · Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e

Ard) e per svolgere al meglio questo delicato ruolo dovrà gestire le risorse in

modo che tutta la comunità sia in grado di vivere dignitosamente; donare parte

delle proprie ricchezze è la soluzione ideale per assolvere a questo dovere sociale.

Questa imposta annuale rappresenta, quindi, una forma di raccolta di una piccola

parte di ricchezza di ciascun credente musulmano avente una determinata capacità

contributiva, a titolo di assistenza pubblica. Non si tratta di una contribuzione

volontaria ma di un obbligazione coranica nei confronti della quale si è

direttamente responsabili dinanzi alla propria fede. La base imponibile viene

calcolata sull'eccedenza del livello minimo di benessere pro capite (Nisaab). Il

Nisaab è stato fissato dal Profeta in 20 mithqaal d'oro o 200 dirham d'argento, pari

rispettivamente al valore di 87,48 grammi d'oro e 612,36 di grammi d'argento

oltre il quale scatta l'aliquota. I principali beni sui quali viene effettuato il calcolo

del Nisaab sono: possedimenti d'oro, d'argento, assets liquidi ed investimenti,

nonché terre agricole e bestiame. La percentuale d'imposta per i possedimenti

d'oro, d'argento e il denaro contante è costituita dal prelievo del 2,5% del valore

dei cespiti patrimoniali. Per quanto riguarda le terre agricole l'aliquota è pari al

10% del valore mentre le terre non irrigate subiscono un prelievo del 5%; i beni

devono essere posseduti da almeno un anno islamico o Hijiri.

Il prelievo non è previsto sui beni necessari al sostentamento (cibo, casa, ecc.). I

beneficiari e le finalità dell'imposta annuale sono individuati direttamente dal

Sacro Testo20: i poveri, i bisognosi, le vedove, gli orfani, i pellegrini e i debitori,

ovviamente solo se di fede musulmana, per la liberazione dalla schiavitù e dalla

20 Cfr, Sura 9 versetto 60

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povertà, la diffusione dell'Islam e il sostentamento degli addetti alla riscossione

dell'imposta. Vi sono Paesi nei quali la Zakat viene reinterpretata non come

imposta sul patrimonio, bensì come imposta sul reddito delle persone fisiche e il

suo assolvimento permette l'apertura di un credito d'imposta per l'importo versato,

una vera e propria agevolazione fiscale, simile a quanto avviene in caso di

donazioni nei Paesi Occidentali. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sono previsti

sgravi fiscali per i cittadini musulmani intenzionati a versare l'imposta coranica ad

operatori qualificati.

La questione fondamentale riguarda la ricerca di omogeneità nella riscossione

della Zakat nei differenti contesti islamici. Ad esempio, non vi è consenso tra le

varie scuole sulla determinazione del livello minimo di benessere e, quindi, sulla

base imponibile. In alcuni Paesi islamici la riscossione è obbligatoria per legge, in

altri è affidata ad agenzie o fondazioni non governative. Numerose banche

islamiche si sono impegnate a costituire e gestire un fondo speciale, il c.d. Beit Al-

Mal o tesoro dei musulmani, arricchito da donazioni ed eredità prive di eredi.

L'attivo ottenuto dovrà essere necessariamente investito per scopi sociali, quali la

costruzione di strutture ospedaliere o scuole. In questo modo i patrimoni inattivi

vengono reinvestiti, generando posti di lavoro e crescita economica. Il fondo

finanzia anche borse di studio per studenti meritevoli. Tutto ciò chiarisce il motivo

per cui la Zakat non è solo un semplice dovere morale o atto di fede, come lo è

l'elemosina o Sādaqa, ma uno strumento di politica economica affidato ai

governanti dei Paesi islamici. L'equa distribuzione della ricchezza impone una

25

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minore libertà per gli imprenditori nella massimizzazione del profitto, visto come

un potenziale limite al benessere generale. D'altronde, come abbiamo più volte

chiarito, i mezzi di produzione appartengono ad Allah e i capitalisti hanno solo il

compito di gestirli in modo sostenibile per l'intera comunità.

Veniamo ora alla definizione dell'usura. L'homo islamicus configura come “usura”

qualsiasi forma di interesse determinato ex ante applicato al contratto di prestito.

Il termine arabo utilizzato per definire questo divieto è Ribā, letteralmente

“eccesso”, “incremento”.

“Coloro invece che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato

da Satana. E questo perché dicono: Il commercio è come l'usura! Ma Allah ha

permesso il commercio e ha proibito l'usura. Chi desiste dopo che gli è giunto il

monito del suo Signore, tenga per sé quello che ha e il suo caso dipende da Allah.

Quanto a chi persiste, ecco i compagni del Fuoco. Vi rimarranno in perpetuo”

(Al-Baqara, 275).

“Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina. Allah non ama nessun

ingrato peccatore”. ( Al-Baqara, 276).

“O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete

credenti” (Al-Baqara, 278).

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“Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del Suo Messaggero;

se vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio. Non fate torto e non subirete

torto”. (Al-Baqara, 279).

“Quel che prestate a usura perché cresca con l'accrescersi dei beni altrui non

crescerà affatto presso Dio, ma quel che date in elemosina cercando il Volto di

Dio, quello vi sarà raddoppiato”( Ar-Rum, 39).

Dalla lettura di questi versetti si evincono chiaramente due concetti: l'apertura nei

confronti delle attività commerciali ( Allah ha permesso il commercio...) e la netta

presa di posizione contro l'usura, considerata un arricchimento ingiustificato e un

peccato gravissimo nei confronti di Allah. Il netto rifiuto nei confronti dell'usura

rappresentava una novità nel contesto sociale delle tribù arabe pre-islamiche,

dedite ad un sistema di prestiti in virtù del quale, in caso di ritardo o di mancato

pagamento alla scadenza, il debito stesso veniva raddoppiato; una pratica contraria

al principio della fratellanza e quindi ferocemente contrastata dai seguaci del

Profeta Muhammad21. L'interesse è il vantaggio patrimoniale dovuto a titolo di

compenso per la disponibilità del capitale finanziario prestato, ma la teoria

economica islamica rifiuta l'idea che il denaro possa generare altro denaro;

l'incremento del capitale è conforme alla Shari'a esclusivamente se inserito in un

contesto produttivo reale: solo la crescita reale genera profitto e non la sterile

aspettativa di una remunerazione priva di causa. Pertanto, il risparmio prestato

21 Vedi Sura II, versetto 280.

27

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non legittima l'acquisizione di un tornaconto.

Il significato semantico di ribā non è definito minuziosamente nel Sacro Corano,

di conseguenza è materia di dibattito tra i dottori della Legge. La dottrina delle

scuole giuridiche dominanti ritiene che non vi sia differenza tra la concezione

occidentale di usura22 e ribā: il prestito ad interesse sarebbe comunque attività

illegittima (Haram)23. La proibizione non riguarda, quindi, l'eventuale

sproporzione dell'interesse ex se, bensì la sua quantificazione predeterminata in

qualsiasi tipo di contratto sinallagmatico. Nelle valutazioni degli Ulema vi è

maggiore apertura verso il riconoscimento del ribà' al-nas'iah, ossia l'interesse

riferito ai rapporti debitori. Netta è la chiusura nei confronti del ribā al fadl,

ovvero la remunerazione nello scambio. La compravendita non è legittima se

prevede un vantaggio patrimoniale ulteriore rispetto a quello del valore

dell'oggetto della trattativa24. E' per questo motivo che i contratti a prestazioni

istantanee sono nettamente preferibili, con essi si evita che una parte monetizzi

l'eventuale mutamento del valore dei beni compravenduti nella fase che intercorre

tra la stipulazione e la consegna effettiva.

Gli effetti della proibizione si propagano anche nell'attività d'impresa. Un

corollario del ribā è l'assunzione del rischio di subire perdite nella ricerca del

22 Usura intesa nella cultura latina.23 Il Pakistan Council of Islamic Ideology del 1980 ha categoricamente rifiutato ogni distinzione tra prestiti adibiti al consumo e alla produzione, nonché differenze di sorta tra debitori enti pubblici e privati.24 Questa interpretazione viene riferita al passo Hadith raccolto da Muslim: “vendi oro per oro,

argento per argento, grano per grano, orzo per orzo, dattero per dattero, sale per sale, uguale per uguale, simile per simile; se le merci differiscono puoi vendere come desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di più cade nel ribā. Chi prende e riceve è uguale (nel peccato).

28

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profitto, quello che definiamo rischio d'impresa. In base ai dettami coranici,

l'imprenditore musulmano è legittimato a percepire un profitto se esso è il frutto

della sua attività lavorativa e, allo stesso tempo, l'imprenditore deve accettare la

possibilità di subire perdite nel caso in cui i suoi investimenti non siano redditizi.

Il binomio profitto-perdite non si riscontra nel prestito; il finanziatore è sempre

garantito dalle condizioni che impone nel contratto, addirittura otterrà maggiore

guadagno in funzione del ritardo nei pagamenti da parte del debitore. Nulla di più

distante dal principio della cooperazione e dalle raccomandazioni del Profeta: “ se

il vostro debitore si troverà in difficoltà gli sia accordata dilazione finché una

buona occasione gli si presenterà, ma se rimetterete il debito sarà meglio per voi,

se lo sapeste.” (Al-Baqara, 280). In conclusione, i prestiti hanno la funzione di

finanziare gli investimenti e l'unica possibilità lecita di remunerarne l'utilizzo è la

partecipazione agli utili prodotti dall'investimento stesso.

Un altro principio etico fondamentale dell'economia islamica è la equa

remunerazione del lavoro prestato. Come abbiamo già affermato, la

massimizzazione del profitto non è l'obiettivo principale dell'impresa islamica: i

risultati dell'attività imprenditoriale dovranno portare giovamento alla comunità,

non solo agli azionisti, e il lavoro è un fattore della produzione da trattare con

molta attenzione. Nell'economia di mercato applicata nel mondo occidentale è la

legge della domanda e dell'offerta a regolamentare il livello retributivo di un

individuo; nel sistema shari'atico il salario di un lavoratore dovrà essere stabilito

in funzione del quantum di ore prestato e della tipologia di prestazione

29

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professionale svolta. L'imprenditore che non rispetta queste valutazioni incorre nel

rischio di una cattiva gestione dei mezzi di produzione25. Un passo del Hadith ci

chiarirà le idee:

“ Il profeta disse: ' Allah disse, il Giorno della Resurrezione mi opporrò a tre tipi

di persone: a coloro che trasgrediscono un accordo fatto in mio nome, a coloro

che vendono uomini liberi e si cibano del compenso e a coloro che assumono un

lavoratore e ottengono pieno lavoro da questo, ma non lo ricompensano con un

salario adeguato.” (Narrato da Abu Huraira).26

Proseguiamo la nostra ricerca analizzando altri due divieti previsti dalla Shari'a,

ovvero il maysìr e il ghārar. Il termine maysìr significa letteralmente

“speculazione” mentre ghārar viene tradotto con l'espressione “ irragionevole

incertezza”.

Per “incertezza” non consentita si intende “la frode perpetuata nei confronti di

una o più parti di un contratto stipulato facendo affidamento sull'ignoranza. Vi

sono vari tipi di contratto considerati "gharār", i principali dei quali sono:

• La vendita di beni che il venditore è incapace di consegnare;

• La vendita di beni senza una precisa descrizione, così come un

negoziante vende vestiti di taglia imprecisata;

• La vendita di beni senza un prezzo evidenziato;

25 Ricordiamo che i mezzi di produzione appartengono ad Allah (As-Shura, 43).26 Al-Bukhari, Volume 3, Libro 36, Numero 470.

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• Stipulare un contratto sulla base di una scadenza imprecisata;

• La vendita di beni sulla base di false descrizioni;

• La vendita di beni senza permettere al compratore di esaminare le merci.”

(Cfr, Masullo-Di Gennaro, 2001).

Questo divieto è assoluto solo nel caso in cui si presenti in modo rilevante in uno

dei suddetti contratti, le garanzie corredate ad un bene reale non rientrano nel

divieto; rispetto al ribā vi è maggiore flessibilità.

Storicamente il maysir è il gioco d'azzardo eseguito con l'intenzione di ottenere un

facile profitto: “ Ti chiederanno del vino e del maysir. Rispondi: ' In entrambi c'è

un peccato grave e anche un vantaggio per gli uomini, però il peccato è maggiore

del vantaggio“ (Al-Baqara, 219). Nel sistema economico islamico il maysir è

esteso alle pratiche finanziarie e ai contratti speculativi quali l'assicurazione, gli

options e i futures.

La definizione dei divieti ribā', ghārar e maysir è fondamentale per comprendere

la distinzione tra le attività lecite (Halal) e le azioni proibite (Harām)27. E' illecito

il profitto derivante dal compimento di attività palesemente contrarie ai dettami

etico-religiosi dell'Islam. E' fatto divieto a ciascun fedele di trarre beneficio dalle

seguenti attività commerciali:

• la vendita e l'assunzione di prodotti alcoolici e stupefacenti;

• il gioco d'azzardo e le scommesse;

27 Nella religione islamica il termine Harām permea qualsiasi aspetto della vita del fedele, dal cibo agli orientamenti sessuali. La nostra ricerca si limiterà ad affrontare le prospettive economiche.

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• la vendita e lo sfruttamento di materiale pornografico;

• il commercio e la fruizione di carne suina.

Altri esempi sono inerenti agli utili acquisiti tramite il furto, la corruzione,

l'inganno, l'omicidio oppure con qualsiasi altra modalità che arrechi danno ad un

altro individuo. E' lapalissiano aggiungere che rientra nel divieto anche il semplice

investimento in salumerie, distillerie, sale giochi e società d'assicurazione.

Dall'excursus normativo appena concluso è possibile delineare il profilo

dell'homo islamicus e altresì delle imprese rispettose della Parola di Dio. Le fonti

della religione islamica guidano tutti gli aspetti della vita del credente, non vi è

distinzione tra le sfere politiche, sociali ed economiche; il Qur'an, la Sunna e i

detti e i fatti del Profeta fungono da codici di condotta della vita esteriore ed

interiore del buon musulmano. I testi che abbiamo analizzato evidenziano

l'esistenza di una teoria economica basata sul principio di cooperazione e

solidarietà tra gli uomini, nel quale il benessere della comunità deve prevalere

sugli interessi individuali. La proprietà privata è interpretata in chiave solidaristica

più che nella tipica concezione liberale, l'individuo ha il solo compito di sfruttare

in modo razionale e per il bene di tutti le risorse economiche che appartengono a

Dio. La libera concorrenza è preferita al monopolio in quanto funzionale al bene

comune. Il credente deve astenersi dal consumare e incentivare la diffusione di

sostanze che alterino il suo equilibrio psico-fisico. Una parte del suo reddito andrà

devoluta in beneficenza per aiutare i bisognosi. L'indebitamento è considerata una

pratica degenerativa del sistema economico al pari della predeterminazione di un

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tasso d'interesse nel contratto di prestito. Gli investimenti in strumenti finanziari

speculativi e aleatori sono illeciti. Le imprese non devono puntare alla

massimizzazione del profitto perché quest'ultima limita il benessere della

comunità. Il sistema ideale è la condivisione dei profitti e delle perdite, nel quale

ad ogni investimento corrisponde una partecipazione agli utili e alle eventuali

perdite dell'attività imprenditoriale e dove le aziende non possono accedere al

mercato del debito, anch'esso visto poco confacente ad una visione economica

eticamente sostenibile. Lo Stato ha lo scopo di perseguire la coesione sociale,

elemento base dei rapporti economici, vegliando sul buon funzionamento del

mercato e intervenendo nei casi in cui sia necessario modificare l'allocazione delle

risorse e la distribuzione delle rendite.

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1.4 Il sistema bancario islamico

Il lavoro dei giuristi islamici ha generato un sistema finanziario del tutto peculiare

e alternativo al modello convenzionale adottato praticamente in tutto il mondo. I

divieti, che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente, hanno sollecitato gli

economisti islamici a strutturare un prototipo in grado di fornire servizi finanziari,

direttamente connessi ai principi etici e religiosi28. Vi sono realtà nella quali si è

deciso di riorganizzare completamente l'attività bancaria in base ai dettami

coranici, altre dove si è optato per un sistema misto nel quale convivano banche

convenzionali e islamiche.

L'Islamic banking si configura in tre modi:

1) banche islamiche pure, ove vengono offerti solo servizi finanziari

conformi alla Legge Coranica;

2) sportelli islamici presso banche convenzionali29, nei quali i credenti

musulmani possono investire i propri risparmi in prodotti Shari'a

compliant.

3) succursali presso banche convenzionali, specializzate nell'offerta di

strumenti conformi al Corano.

La banca islamica è un istituto creditizio organizzato nel rispetto delle fonti

giuridiche e della giurisprudenza prodotta dalle quattro scuole di pensiero. La

finalità principale rimane il raggiungimento di un profitto mediante la raccolta del

28 Con l'espressione etica islamica in campo economico non vogliamo descrivere un sistema moralmente superiore o meritevole rispetto a quello Occidentale. Ci limitiamo a trattare la materia in base a ciò che viene definito “etico” da un punto di vista islamico.29 Sono sempre più numerose le banche occidentali che hanno aperto sportelli islamici: ABN

AMRO, ANZ, Barclays Bank, Citibank, Goldman Sachs & Co e HSBC solo per citarne alcune.

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risparmio e l'erogazione del credito, ma esso non può derivare dal pagamento o

dalla ricezione di interessi in qualsiasi tipo di operazione bancaria. Il modello di

riferimento è il profit and loss sharing; i clienti e l'istituto bancario devono

condividere gli utili e le perdite dell'investimento proposto, in una sorta di

partnership. Non è prevista alcuna forma di operazione in strumenti finanziari

speculativi, in quanto, come abbiamo già chiarito precedentemente, il denaro può

produrre ricchezza solo nel momento in cui viene inserito in un contesto

produttivo reale. Al tasso d'interesse si sostituisce il tasso di rendimento su attività

reali.

Le banche islamiche presentano una struttura originale; all'assemblea dei soci

(presente in qualsiasi tipo di istituto bancario mondiale) si affianca il cosiddetto

Consiglio della Shari'a. Questa istituzione è un comitato di giuristi esperti del

Fiqh Al Mu'amalat che ha il duplice compito di valutare la conformità ai principi

etici di ciascun servizio finanziario offerto e di diffondere la cultura etica o

Sulukiat tra i dipendenti della banca; è composto da un minimo di 4 membri ad un

massimo di 7, spesso originari di Paesi diversi. Alla fine di ogni anno finanziario,

il Consiglio presenta un rapporto ai soci e ai clienti sulle attività supervisionate. I

membri del Comitato non sono generalmente retribuiti e possono svolgere le

proprie mansioni di controllo in più di un istituto bancario; maggiore è la notorietà

accademica dei membri e maggiore sarà la credibilità e la affidabilità della banca.

E', quindi, lo Shari'a board ha stabilire se un prodotto bancario è illecito (haram)

o lecito (halal) e le valutazioni (fatwa) possono cambiare in funzione del contesto

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territoriale o del pensiero della scuola giuridica di riferimento di ciascun comitato.

Vi sono Paesi nei quali il giudizio del Consiglio si ritiene vincolante e altre dove

svolge un ruolo più esortativo e meno tecnico30.

Per avere un esempio della composizione e delle mansioni specifiche di un

Consiglio della Shari'a, riportiamo integralmente il testo della pagina web

ufficiale del Comitato shar'iatico dell'AAOIFI (Accounting and Auditing

Organization for Islamic Financial Institutions), che svolge il ruolo di supervisore

dell'attività di tutti gli altri Shari'a board :

The Shari’a Board is composed of not more than twenty members to be

appointed by the Board of Trustees for a four-year term from among fiqh

scholars who represent Shari’a supervisory boards in the Islamic financial

institutions that are members of AAOIFI, and Shari’a supervisory boards in

central banks.

The powers of the Shari’a Board include, among others, the following:

(1) Achieving harmonization and convergence in the concepts

andapplication among the Shari’a supervisory boards of Islamic

30 Nel Sud Est Asiatico vi sono Shar'ia Boards meno conservatori e più flessibili rispetto a quelli delle banche situate nei Paesi del Golfo.

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financial institutions to avoid contradiction or inconsistency

between the fatwas and applications by these institutions, thereby

providing a pro-active role for the Shari’a supervisory boards of

Islamic financial institutions and central banks.

(2) Helping in the development of Shari’a approved instruments,

thereby enabling Islamic financial institutions to cope with the

developments taking place in instruments and formulas in fields of

finance, investment and other banking services.

(3) Examining any inquiries referred to the Shari’a Board from

Islamic financial institutions or from their Shari’a supervisory

boards, either to give the Shari’a opinion in matters requiring

collective Ijtihad (reasoning), or to settle divergent points of view, or

to act as an arbitrator.

(4) Reviewing the standards which AAOIFI issues in

accounting, auditing and code of ethics and related statements

throughout the various stages of the due process, to ensure that these

issues are in compliance with the rules and principles of Islamic

Shari’a

In dottrina e nella prassi societaria è controverso il rapporto gerarchico che

intercorre tra i membri del Consiglio e gli azionisti, soprattutto il grado

d'incidenza delle valutazioni del Comitato stesso sulle scelte finali del CDA. E'

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chiaro che gli azionisti, in quanto proprietari della banca, sono a capo dell'intero

organigramma e, per quanto lo Shar'ia board sia un ente indipendente, è sempre

revocabile da parte del CDA31. Non dobbiamo dimenticare, però, che l'attività

economica deve essere esercitata in base alle regole religiose e morali, delle quali

i membri del Consiglio shar'iatico sono i massimi studiosi. La buona reputazione

di una banca islamica dipende anche dalle sinergie tra gli esperti di finanza e i

dottori della Legge Coranica; un dirigente che sottovaluta le fatawa dello Shar'ia

board rischia di perdere numerosi clienti.

Un'ulteriore funzione specifica di un Comitato di controllo islamico è lo screening

etico di un fondo d'investimento da inserire negli indici finanziari principali, tra i

quali il più importante è il Dow Jones Islamic Market (DJIM). Lo Shari'a Board

del DJIM ha il compito di verificare l'eticità dell'oggetto dell'investimento da far

sottoscrivere dai risparmiatori interessati seguendo una determinata verifica, il c.d.

Filtro islamico:

− la società che emette il fondo non deve aver violato i divieti coranici32;

− la società non deve avere partecipazioni in altre società il cui interesse

primario sia riconducibile ad una delle attività haram;

Successivamente il Comitato del DJIM analizzerà il livello di debito e la presenza

di redditi valutabili come proibiti ed escluderà le società se:

-il rapporto tra debito totale e capitalizzazione di mercato è superiore al 33%;

31 La revoca di un Comitato della Shar'ia può avvenire solo per gravi motivi.32 E' prevista una percentuale di flessibilità che oscilla tra il 5 e il 15%.

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− il rapporto tra la liquidità sommata ai titoli fruttiferi di interessi e la

capitalizzazione di mercato è superiore al 33%33;

− il rapporto tra crediti e attività totali è superiore al 45%.

Dopodiché verrà posto in relazione il reddito non operativo da interessi (Non-

Operating Interest Income, NOII) al reddito totale. Questo controllo è diretto a

valutare il livello di speculazione della gestione di cassa di alcune società che

collocano i flussi di liquidità in conti fruttiferi per un periodo limitato, violando il

divieto del ribā: se la violazione è inferiore al 15% al reddito totale della società

viene “tollerata”, riportando fedelmente i dati sulla percentuale affinché i

risparmiatori siano informati che quel fondo si basa anche per un minimo su

attività impure. Qualora il livello di attività haram superi il 15%, le società non

potranno, invece, emettere titoli e fondi nel mercato finanziario islamico. Un po'

di flessibilità è concessa anche nel mondo del Profeta.

Un ulteriore elemento peculiare degli istituiti di credito islamici è

l'indottrinamento dei dipendenti, o Suluki'at. Con questo termine si indica il

comportamento etico che ciascun impiegato della banca deve rispettare durante le

ore di lavoro, affinché i clienti possano saggiare la dimensione religiosa dell'intero

sistema al quale affideranno i propri risparmi. La Bahrein Islamic Bank e la Dubai

Islamic Bank hanno istituito una scuola di formazione sulla cultura etica e le

tecniche bancarie conformi alla Legge islamica; i dipendenti sono tenuti a

33 Questa apparente violazione legalizzata dei divieti coranici è giustificata da un passo della tradizione (hadith), nel quale il Profeta affermò che “un terzo è un buon accordo” quando gli venne chiesto quanto si potesse chiedere in più come giusta eredità oltre quanto fosse stato prescritto.

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frequentare i corsi di aggiornamento e a rispettare gli orari di preghiera, uno dei

cinque pilastri della religione. Alla fine di ogni preghiera l'Imam compirà una

predica di quindici minuti sull'importanza dell'etica e della religione nell'attività

lavorativa di ogni buon musulmano34.

Questo sistema sottopone i dirigenti della banca al controllo di una doppia

governance che riduce di gran lunga la loro autonomia gestionale. Infatti, da un

lato, dovranno soddisfare le esigenze di carattere puramente finanziario del CDA e

rispettare le aspettative di profitto previste dal medesimo organo, e dall'altro

saranno incentivati a sponsorizzare con maggiore attenzione i prodotti bancari

eticamente sostenibili “preferiti” dagli Ulema, per non correre il rischio di un

giudizio negativo sul proprio operato da parte del Consiglio dei giuristi. I dirigenti

dovranno, quindi, conciliare gli interessi apparentemente contrastanti dei due

organi di controllo, convincendo i giuristi della necessità di adeguare i prodotti

bancari alla realtà capitalistica mondiale e suggerendo al CDA l'emanazione di

strumenti conformi alla cultura religiosa dei potenziali clienti.

La suluki'at è il mezzo fondamentale per coadiuvarli in questa funzione

“diplomatica”: i dirigenti conosciuti nel mondo bancario islamico per la loro

elevata cultura etica acquisiranno una reputazione talmente elevata da influenzare

le scelte degli stessi azionisti. A questo proposito è interessante il pensiero del

34 Un banchiere islamico, intervistato sull'argomento suluki'at ha dichiarato in proposito: “Grazie alla suluki'at la banca realizza un doppio risultato. Sul piano interno raggiungiamo la sinergia, la cooperazione, l'efficacia e soprattutto la legittimità interna. Sul piano esterno rinforziamo l'immagine della banca e di conseguenza la sua legittimità esterna nei confronti dei beneficiari, in seno alla comunità e alle società in generale. In fin dei conti tutto ciò porta al rendimento organizzativo” cit. da L. Siagh, 2008.

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direttore dell'ABC Islamic Bank, Hussain Al Khaja: “ Reclutando il personale, la

banca islamica deve prima di tutto considerare la Suluki'at, poiché il

comportamento etico è molto importante in questa industria. Ad esempio, che una

persona beva o non beva dell'alcool è molto importante. I dipendenti devono

rispettare l'immagine della banca. Se un dipendente frequenta le discoteche o

beve alcool in pubblico, distrugge l'immagine della banca agli occhi dei clienti.

La finanza islamica è prima di tutto una questione di etica e i dipendenti sono

tenuti in ogni modo possibile a rispettare i principi del'Islam, altrimenti devono

andare a lavorare in un altro settore”.

La cultura etica funge da collante tra i collaboratori facendoli sentire parte di una

comunità lavorativa che persegue gli stessi obiettivi di crescita economica e

persino morale.

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1.5 Gli strumenti finanziari e i contratti islamici

Le banche islamiche attirano sempre maggiori capitali, non solo basandosi sul

desiderio dei credenti di vedere le proprie risorse purificate in settori rispettosi

della Fede, ma anche proponendo investimenti concorrenziali e redditizi.

La raccolta del risparmio avviene in due modalità peculiari:

1) conti di deposito non remunerati o Al hisāb al gari;

2) conti di deposito partecipativi o hisābat al-istitmār.

La prima tipologia di conto corrente non produce alcun tipo di rendimento, né

spese da parte dei correntisti. I vantaggi per i depositanti si limitano alla custodia

in banca dei contanti e altri servizi quali, l'utilizzo del carnet d'assegni e il

controllo delle operazioni di trasferimento dei fondi in entrata e uscita senza

commissione35. Per ovviare alla mancanza di una remunerazione basata sul

calcolo degli interessi per il denaro depositato è prevista l'elargizione di “regali”

in natura (ikrāmiyya), ossia piccole somme di denaro sotto forma di donazioni

(hibā) o condizioni vantaggiose per il supporto finanziario di progetti

imprenditoriali (tamwil) alla fine dell'anno finanziario e a discrezione della banca.

Il risparmio raccolto verrà gestito dalla banca in base ad un contratto di mandato

stipulato con il cliente o wakala per finanziare, ad esempio, l'acquisto di un bene

reale o l'apertura di un'attività commerciale da parte di un altro cliente. L'istituto 35 Non è possibile richiedere una carta di credito con questo conto corrente in quanto l'utilizzo

della stessa carta comporterebbe la legittimità di pagamenti dilazionati con interesse.

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di credito otterrà un margine sull'investimento, anziché interessi sul prestito

approvato. Le medesime peculiarità caratterizzano i depositi a risparmio o hisāb

al-tawfir. I movimenti vengono registrati su un libretto nominativo (daftar)

intestato a determinati beneficiari o al depositante stesso.

I conti corrente partecipativi o d'investimento sono depositi a termine fondati sul

principio di compartecipazione agli utili e alle perdite; la banca gestisce i fondi

acquisiti dal cliente e si obbliga a restituirli alla scadenza. Il correntista non ha

poteri di controllo sulle attività imprenditoriali che verranno finanziate (anche con

il suo denaro), e non ha certezza che il capitale iniziale venga restituito nella sua

interezza o ad un tasso di rendimento stabilito a priori. Egli affida i suoi risparmi

alla banca consapevole del rischio che gli investimenti potrebbero produrre utili

quanto perdite; questo sollecita l'istituto bancario a valutare con molta più

attenzione i livelli di redditività di ciascuna operazione piuttosto che le garanzie

prestate. I fondi possono essere depositati per un periodo che va da un mese a

cinque anni. Nel caso in cui si stabilisca di ritirare parte del denaro è necessario

rispettare la tempistica di un mese di preavviso e, a quel punto, l'eventuale profitto

realizzato dalla data del progetto sovvenzionato a quella del preavviso verrà

riversata sulla parte del fondo restante, così come le eventuali passività. In base a

questo sistema il correntista non è un creditore della banca, bensì un “socio” di

capitale, privo del diritto di voto e di poteri gestori. Il rischio di perdite è mitigato,

però, da due tipi di riserve volontarie, costituite presso le banche islamiche: la c.d.

Investment Risk Reserve e la Profit Equalization Reserve36.

36 In questa riserva sono depositati i guadagni da elargire nel caso in cui la remunerazione dei

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Bisogna distinguere l'ipotesi in cui la raccolta del risparmio venga destinata ad

operazioni determinate (unrestricted mudaraba) da quella in cui, invece, i fondi

vengono utilizzati per finanziare l'attività bancaria ordinaria (restricted

mudaraba). Nel primo caso la remunerazione del conto è direttamente connessa

alla proficuità dell'investimento sponsorizzato. Nella seconda ipotesi non vi è

scissione tra i fondi dei correntisti e le risorse totali della banca37. In entrambi i

casi, a fine anno, i conti hisābat al-istitmār verranno remunerati in base al tasso di

rendimento del progetto finanziato.

L'obiettivo principale delle banche islamiche è quello di impiegare questi fondi in

attività Sharia'a compliant. A causa della proibizione del ribā non è possibile

accedere al mercato interbancario o investire in titoli convenzionali a breve e a

basso rischio, quali i titoli di Stato, con rendimenti sicuri e di pronta liquidità.

L'impiego del credito avviene in due diverse modalità:

1) contratti di compartecipazione ai profitti e alle perdite;

2) contratti “trade based”.

Nella prima categoria di finanziamenti rientrano tutti quei contratti nei quali gli

elementi cardine sono l'assunzione del rischio da parte di tutti i paciscenti e la

condivisione dei risultati. Le tipiche garanzie delle banche convenzionali non

vengono prese in considerazione se non per evitare comportamenti speculativi

conti d'investimento non fosse consona alle aspettative.37 Come afferma Siagh (2008), le banche islamiche sono assimilabili alle Società d'investimento a

capitale variabile.

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delle parti.

Il sistema contrattuale islamico può essere suddiviso in tre figure fondamentali:

• il contratto tout court o aqd';

• la promessa unilaterale o wa'd;

• la promessa bilaterale o mua'hida.

I contratti principali sono:

1) il mudaraba;

2) il musharaka;

3) il bay'murabaha;

4) il mugarada.

Il contratto mudaraba è una tipologia di contratto fiduciario partecipativo con il

quale vengono finanziate determinate iniziative imprenditoriali prive delle risorse

economiche adeguate. Le parti sono: il mudarib e il rabb al-mal. La prima è il

cliente-imprenditore, che impiegherà il suo lavoro e le sue competenze

manageriali per sviluppare il programma esecutivo, la seconda è la banca che

elargirà il capitale necessario. In questo modo la banca potrà lucrare sugli utili

dell'investimento e l'imprenditore disporrà dei capitali necessari per sovvenzionare

la sua attività. Il cliente dovrà convincere il rabb al-mal del buon esito dell'affare

e, a differenza del prestito a interesse del sistema bancario convenzionale, la

banca analizzerà le prospettive di sviluppo del progetto piuttosto che la solvibilità

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del mudarib. I profitti dell'attività saranno ripartiti tra le parti in base alle quote

stabilite proporzionalmente agli utili e inserite in forma scritta nel contratto. Se il

progetto non dovesse essere produttivo, il cliente-imprenditore restituirà il

finanziamento ricevuto senza ulteriori somme. E’ interessante notare anche in

questo passaggio la sostanziale differenza che intercorre tra il mudaraba e il

contratto di prestito utilizzato nel mondo occidentale, nel quale il cliente è

obbligato a restituire i capitali ricevuti aumentati dell'interesse stabilito

indipendentemente dal buon esito dell'affare finanziato. Le eventuali perdite però

graveranno solo sul rabb al-mal. Questo perché le perdite del mudarib sono già

rappresentate dal tempo e l'impegno profuso nel progetto stesso. Non sarebbe

etico aggiungervi la quota di capitale perduto. Il cliente ha l'obbligo di gestire

l'impresa in modo trasparente e onesto e non può apportare maggiori capitali

rispetto a quelli già stanziati dalla banca. Tutte le spese necessarie per

l'adempimento del progetto verranno addebitate sul conto mudaraba, con la sola

esclusione delle spese personali del mudarib. Il rabb al-mal si cautela inserendo

nel contratto di mudaraba alcune condizioni, ad esempio la clausola rebus sic

stantibus, con la quale ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto nel caso

in cui sorgano dubbi sulla realizzazione o sulla redditività del progetto a causa di

intervenuti mutamenti nelle circostanze esistenti al momento della stipulazione.

La ripartizione degli utili e la restituzione dei fondi prestati avverranno al

momento della liquidazione del contratto.

La Shari'a non prevede la separazione del patrimonio della società da quello dei

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singoli soci per stabilire la responsabilità tra i soci e verso terzi. Nella mudaraba

la responsabilità finanziaria del rabb al-mal è limitata solo al capitale finanziato e

si esaurisce al momento del primo atto esecutivo compiuto dal cliente-

imprenditore.

Un esempio del sistema mudaraba lo ritroviamo nei conti di deposito partecipativi

che abbiamo analizzato in precedenza. Nei conti hisābat al-istitmār, però, le parti

si invertono: il cliente diventa il rabb al-mal e la banca gestirà i fondi come il

mudarib.

Un ulteriore esempio di mudaraba è il mozara'ah, contratto che ha per oggetto lo

sfruttamento dell'attività di un'azienda agricola, ove la banca fornisce i capitali o

la terra ricevendo in cambio parte dei raccolto a titolo di utili dell'investimento.

Nell'ambito delle attività profit and loss sharing troviamo il musharaka, un

sistema contrattuale simile alla joint veinture, ove il cliente e la banca

costituiscono una società indipendente. A differenza del mudaraba, il cliente-

imprenditore non si limiterà a gestire l'affare con le sue capacità manageriali, ma

apporterà anche una quota di capitale per finanziare il progetto. Inoltre, sia la

banca che il cliente parteciperanno alle perdite e ai profitti in base alle condizioni

del contratto. E' possibile stabilire quote di partecipazione uguali per la

ripartizione degli utili, ma le eventuali perdite dovranno essere suddivise in

proporzione al capitale apportato; nella maggior parte dei casi viene nominato uno

dei partner o un gestore esterno per seguire giornalmente il lavoro. Il musharaka è

strutturato per finanziare principalmente investimenti a lungo termine, ma può

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essere adottato anche come sistema d'intermediazione, ad esempio quando le parti

stipulino un accordo in virtù del quale la banca acquisisce partecipazioni delle

imprese sovvenzionate per poi ricollocarle sul mercato o ritrasferirle all'impresa

partecipata ad un prezzo concordato e ad una certa data; in questo caso siamo

dinanzi al c.d. bay'murabaha (partnership decrescente).

Diversamente, se l'attività finanziata ha ad oggetto proventi agricoli rientrerà nel

contratto c.d. Mosa'qaat.

Concludiamo la nostra rassegna sui finanziamenti profit and loss sharing

analizzando la mugarada, uno schema contrattuale che presuppone l'emissione di

titoli obbligazionari da parte di una società al fine di sponsorizzare una

determinata iniziativa imprenditoriale; le obbligazioni saranno acquisite

dall'istituto bancario e il ricavato verrà trasferito sul conto del progetto finanziato.

La banca parteciperà agli utili e alle perdite in base ad una percentuale stabilita nel

contratto ma non avrà diritto di voto sulle scelte della società (non voting

financing).

Un sistema equipollente ai contratti analizzati in precedenza è l'investimento

diretto in attività lecite dal punto di vista islamico; la banca finanzia le iniziative

economiche di una società e partecipa ad ogni deliberazione del consiglio di

amministrazione con diritto di voto (full equity sharing). La partecipazione ai

profitti e alle perdite avverrà in proporzione al capitale acquisito.

Nell'ambito degli investimenti non profit and loss sharing rientrano tutti gli

strumenti finanziari residuali rispetto a quelli PLS, ovvero i contratti nei quali non

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è prevista nessuna forma di condivisione dei risultati tra le parti. Queste forme di

finanziamento di natura non partecipativa sono il risultato del grande lavoro

innovativo degli economisti islamici, volto a definire nuove tecniche bancarie che,

pur non distaccandosi dai precetti religiosi, siano in grado di adeguarsi agli

strumenti finanziari offerti dalle banche convenzionali. Essi presuppongono la

compravendita e lo scambio di beni e servizi con l’applicazione di un mark-up sul

prezzo di rivendita e rappresentano chiaramente un'anomalia nel sistema bancario

islamico nei casi in cui non sia conveniente utilizzare strumenti compartecipativi,

per esempio per finanziamenti a breve e medio termine e per il credito al

consumo. Negli investimenti trade based viene stabilito una remunerazione

determinata a priori, e persino la connessione con forme seppur indirette di

garanzia. Per evitare che questa tecnica contrasti con i divieti della Legge

Coranica, i giuristi islamici hanno reinterpretato il rendimento prefissato

valutandolo come il corrispettivo di una prestazione di intermediazione

commerciale o per la fruizione di un bene in base al tipo di contratto stipulato

dalle parti. In questo modo il guadagno viene scisso dalla dimensione temporale

dell'affare “aggirando” i limiti coranici.

La natura innovativa di questi contratti crea profondi dissidi tra le scuole

giuridiche tradizionaliste e quelle più moderne; per questo la maggioranza degli

Ulema ritiene legittimo l'utilizzo degli strumenti indirettamente partecipativi solo

in casi eccezionali, ovvero quando non sarebbe possibile incanalare determinati

investimenti delle forme interest based.

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I principali contratti non partecipativi sono:

murābaha (contratto di vendita a premio);

salam ( contratto di vendita a termine con pagamento immediato);

bai'mu'ajjal (contratto di vendita a termine);

istisnā (contratto di appalto islamico);

ijāra wa iqtinā (contratto di leasing).

Il contratto murābaha consiste in una doppia vendita con pagamento differito; è

l'operazione bancaria più diffusa nel mondo islamico per finanziare l'acquisto di

materie prime da parte delle imprese o il credito al consumo. Il cliente interessato

ad acquistare un determinato bene richiede alla banca un finanziamento al fine di

ottenere la cifra necessaria. Al momento dell'erogazione del credito verrà stabilito

un margine di profitto per la banca come remunerazione del servizio reso; la

banca acquista la proprietà del bene direttamente dal venditore, mentre il cliente

sarà nominato agente e potrà immediatamente utilizzare la cosa. Con un atto

separato la banca trasferirà il bene al cliente al prezzo di vendita pattuito

aumentato del mark up (il contributo a titolo di commissione da elargire alla banca

per il servizio reso). Il cliente potrà effettuare il pagamento in un'unica soluzione

o, di concerto con la banca, in forma rateale. In un'operazione siffatta è evidente il

pagamento dell'interesse, ma il divieto del ribā viene “aggirato” scindendo la

compravendita in due fasi distinte. Infatti, nel diritto islamico due atti giuridici

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singolarmente validi, indirettamente collegati, vengono tollerati anche se passibili

di violare i precetti religiosi. Ma c'è di più. I giuristi islamici ritengono che il

margine di profitto sia connesso ai rischi che la banca corre mantenendo la

proprietà del bene nell'interesse del cliente-utilizzatore. Difatti, è la banca che

subirà gli effetti negativi di un eventuale furto o deterioramento del bene nel

periodo che intercorre tra le due operazioni di vendita e, inoltre, accetterà il

pagamento differito da parte del consumatore. Questi servizi sono direttamente

connessi ad un'operazione reale e non al prestito di denaro, perciò vanno

remunerati.

Il contratto salam presuppone la vendita a termine di un bene con il pagamento

dello stesso al momento della stipulazione dell'accordo. Il compratore paga in

anticipo rispetto al momento della consegna del bene. Anche qui vi è una evidente

forzatura dei divieti coranici, in primis del ghārar che vieta i contratti aleatori. Il

venditore, infatti, potrebbe non essere ancora il proprietario della res

compravenduta o il bene potrebbe non esistere al momento della firma del

contratto. Per ovviare a questi inconvenienti i giuristi hanno concentrato la loro

attenzione sui vantaggi reciproci delle parti che annullerebbero gli effetti

sperequativi dell'alea: il venditore riceve immediatamente il prezzo del bene

mentre l'acquirente diventa proprietario fin dalla stipulazione ed evita il rischio di

pagare una cifra maggiore al momento della consegna. La validità del salam è

connessa alla determinazione di alcune condizioni fondamentali oltre al

pagamento immediato: devono essere stabiliti con precisione il luogo e la data,

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l'oggetto del contratto può essere soltanto un bene fungibile standardizzato e già

specificato in quantità e qualità. E' un'operazione finanziaria utilizzata

principalmente da piccole e medie imprese, le quali ottenendo subito il prezzo di

un bene non ancora finito potranno già acquistare materie prime per continuare la

produzione.

Una tipologia particolare di questo contratto è il bai salam ove la banca favorisce

il cliente finanziandolo mediante l'acquisto del bene in fase di creazione.

Il bai'mu'ajjal è un contratto di vendita a termine con mark up che racchiude

quattro differenti operazioni: un ordine garantito da una promessa d'acquisto e due

contratti di vendita. La banca acquista in contanti un bene per conto del cliente, il

quale promette di riacquistarlo a sua volta con un pagamento rateale maggiorato

dal jo'adah, ossia la commissione per il servizio ricevuto. Come nel caso del

murābaha i divieti coranici vengono superati scindendo la transazione in due atti

distinti e collegandola ad un bene reale.

L'istisnā è il contratto di appalto islamico, con il quale la banca finanzia il fondo

di rotazione del cliente-imprenditore. Nella maggior parte dei casi rientra

nell'ambito del project financing ed è utilizzato per la costruzione di infrastrutture

o beni intangibili quali elettricità e gas. Il committente ordina al produttore di

costruire un bene determinato fornendogli le materie prime o i finanziamenti per

acquistarle, la data di consegna e il prezzo devono essere stabiliti al momento

della firma e i pagamenti avvengono in funzione dello stato di avanzamento dei

lavori. Il contratto può essere cancellato unilateralmente solo nel caso in cui i

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lavori non siano ancora iniziati o se il prodotto finito non rispecchia le

caratteristiche previste dal contratto, a differenza del salam dove le parti non

possono recedere dal contratto per nessun motivo.

L' Al-Istisnā al-Tamwili prevede la stipulazione di due differenti contratti della

tipologia appena descritta: uno tra la banca e il beneficiario, ove la prima si

impegna a consegnare il bene oggetto dell'accordo nella data stabilita a fronte del

pagamento rateale da parte del committente, e il secondo tra la stessa banca e un

altro imprenditore, al quale viene subappaltato il lavoro da eseguire. La consegna

può essere effettuata direttamente al committente nella data prevista.

Proseguiamo la nostra rassegna sui contratti islamici non profit sharing con

l'analisi del ijāra wa iqtinā, assimilabile al contratto di leasing finanziario del

mondo anglosassone. La banca acquista un bene e lo cede in comodato d'uso al

cliente, questi verserà un canone mensile per l'utilizzo della res e comprensivo del

costo d'acquisto pagato dalla banca, ma solo dal momento in cui sarà

effettivamente in possesso del bene strumentale. La proprietà del bene rimane in

capo alla banca fino alla scadenza del contratto, data in cui il cliente avrà versato

il valore della cosa maggiorato da una commissione in favore dell'istituto

bancario.

A differenza del leasing finanziario tipico del sistema economico anglosassone,

l'ijara prevede alcune peculiarità rimarcabili: in primo luogo, il fatto che la banca

islamica rimanga proprietaria del bene strumentale fino alla scadenza del contratto

comporta l'assunzione da parte di quest'ultima di tutti i costi connessi alla

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proprietà; il cliente verrà nominato agente ed in questo modo gran parte della

responsabilità verrà delegata all'utilizzatore finale. In secondo luogo, come

abbiamo già visto nell'analisi del murabahā, la banca sosterrà i costi di qualsiasi

danno o deterioramento della res, salvo che sia dimostrata la responsabilità del

cliente-agente; in più non dobbiamo dimenticare che il contratto di Ijara viene

stipulato solo se ha per oggetto le attività conformi alla Shari'a. Ad esempio,

alcune compagnie aeree islamiche quali la Emirates e la Jordanian Airlines

adottano questo sistema di leasing per finanziare l'acquisto della loro flotta aerea.

Il servizio finanziario più significativo del sistema bancario islamico è senza

dubbio il Qard Hassan, ossia il contratto di mutuo senza interessi previsto dalla

Shari'a. E' un prestito gratuito concesso dalla banca islamica ai clienti in specifici

casi di necessità quali la celebrazione di un matrimonio, la nascita di un figlio o

un lutto. Gli istituti bancari effettuano questa operazione di beneficenza

prelevando il denaro da prestare dal fondo della Zakat o, più precisamente, dal

Beit Al-Mal. In alcune realtà del mondo islamico e in Inghilterra, il Qard Hassan

viene utilizzato anche per finanziare il credito al consumo per beni di prima

necessità o per l'acquisto della prima casa; questa tipologia di mutuo si chiama

manzil ijara. Nell'ambito di questo contratto, il cliente-compratore si accorda con

il venditore dell'immobile ma sarà la banca ad acquistare il bene per poi

rivenderlo al cliente, al prezzo pattuito da quest'ultimo con il venditore, entro

venticinque anni. Nel frattempo il cliente verserà mensilmente le rate per

l'acquisto definitivo dell'immobile e avrà la possibilità di estinguere il mutuo in

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qualsiasi momento. La banca si tutela dall'eventuale insolvenza del cliente

richiedendo a quest'ultimo un acconto pari al 20% del valore del bene.

Nonostante le tecniche finanziarie PLS siano largamente preferite dagli Shari'a

board delle principali banche islamiche e dalle scuole giuridiche di maggiore

importanza, numerosi studi settoriali dimostrano che le operazioni non PLS

rappresentano una quota tra il 20 e il 30% dell'attivo bancario dal lato degli

impieghi delle banche prese in considerazione. Un dato molto significativo se si

pensa alle numerose valutazioni negative espresse nei confronti di questo tipo di

operazioni in dottrina.

Un recente studio della Banca d'Italia indica le motivazioni in virtù delle quali le

operazioni profit and loss sharing non incidano in modo determinante sulle scelte

finanziarie degli istituti bancari islamici. In primo luogo, alcune tecniche di

finanziamento, per loro natura, non si adattano all’applicazione del principio della

compartecipazione ai profitti e alle perdite. In secondo luogo, in alcuni contesti

(paesi/settori) la presenza di asimmetrie informative e i problemi connessi di

moral hazard potrebbero scoraggiare l’uso di tecniche basate sul sistema PLS;

infine, le forze concorrenziali potrebbero incentivare le banche islamiche ad

adeguare le condizioni di offerta dei prodotti a quelle delle banche convenzionali,

soprattutto negli ordinamenti statali in cui i due modelli convivono (Gomel,

2010).

Nel paragrafo precedente avevamo concentrato la nostra attenzione sui divieti del

gharar e del maysir, in base ai quali sarebbe impossibile immaginare la

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stipulazione di un contratto di assicurazione nel mondo del Profeta;

nell'assicurazione convenzionale la società assicurativa ottiene un profitto solo se

la somma dei premi incassati sia superiore alla somma elargita in caso di sinistri

compiuti dai clienti assicurati (il guadagno deriva quindi da una scommessa,

maysir) e gli stessi assicurati sono costretti a pagare un premio determinato per un

beneficio eventuale (siamo nell'ambito dell'incertezza, gharār). Il grande lavoro

interpretativo della giurisprudenza commerciale islamica ha superato anche questo

apparente limite strutturale con la creazione del takāful, la mutua assicurazione

islamica. Il takāful è una forma di assicurazione basata sul principio shari'atico

della mutua assistenza e i suoi fondamenti di base fanno riferimento alla

cooperazione e alla reciprocità, alla responsabilità condivisa e all’interesse

comune; gli assicurati costituiscono un fondo di solidarietà dal quale attingere in

caso di sinistri perpetrati a loro danno. Per superare i limiti dell'incertezza e più in

generale dell'alea, tipica in contesti di carattere accidentale, i giuristi islamici

hanno configurato il versamento del premio come una vera e propria donazione, in

favore del partecipante al fondo che ha subito il danneggiamento. Il fondo

assicurativo può essere creato da una società commerciale o da una società no-

profit, nella prima ipotesi vi sarà separazione tra i fondi degli assicurati e degli

azionisti della società e sarà nominato un gestore per amministrare i versamenti

“donati” dai contribuenti al fondo takāful38. L'assicurazione islamica si estrinseca

in due tipologie contrattuali:

38 Nell'assicurazione islamica il fondo di sottoscrizione o underwriting fund appartiene agli assicurati.

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1) takāful mudaraba;

2) takāful wakāla.

Nel takāful mudaraba gli assicurati rappresentano il rabb al-mal mentre il gestore

è il mudarib; le perdite graveranno solo sugli assicurati come in qualsiasi

contratto mudaraba, tranne nel caso in cui si possa dimostrare la negligenza o il

dolo del gestore/mudarib. L'eccedenza del fondo di sottoscrizione e i profitti

derivanti dagli investimenti verranno suddivisi tra le due parti del contratto. Nel

takāful wakāla gli assicurati e il gestore stipulano un contratto di agenzia,

quest'ultimo agirà come agente per conto dei partecipanti al fondo e riceverà una

commissione per il servizio svolto. Nonostante il sistema delle assicurazioni

islamiche non sia ancora molto diffuso, nel 2007 sono state registrate 118 società

assicurative takāful con attivi pari a 41 miliardi di dollari, due terzi appartenenti

alla Takāful IBB Berhad del Brunei (Gomel, 2010).

E' doveroso concludere la nostra rassegna sugli strumenti finanziari islamici

analizzando la figura più innovativa: i sukuk.

I sukuk sono certificati fiduciari d'investimento rispettosi delle regole coraniche,

paragonabili ai titoli obbligazionari del mercato finanziario convenzionale. Queste

“obbligazioni” islamiche sono garantite da progetti e attività produttive reali.

L'emissione di un sukuk avviene in base ad un sistema equivalente alla

cartolarizzazione: innanzitutto viene costituito uno special purpose vehicle (spv),

autonomo soggetto di diritto, al quale l'originator del progetto di finanziamento

consegna gli asset; in funzione di questi beni verranno emessi i certificati sukuk e

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i fondi raccolti grazie alla sottoscrizione dei titoli verranno utilizzati per finanziare

progetti e attività reali. Al momento della sottoscrizione, gli investitori

diventeranno proprietari di una quota dei beni originari e lo spv stipulerà un

contratto islamico con l'originator per conto degli investitori stessi; dal punto di

vista giuridico, si può considerare quindi come un titolo di proprietà di un attivo

che genera flussi finanziari. Alla scadenza dei titoli obbligazionari l'originator

tornerà il proprietario dei beni sottostanti e coloro che hanno sottoscritto i

certificati sukuk otterranno il rimborso del capitale al prezzo stabilito dal contratto

stipulato in precedenza dallo spv per loro conto.

L'emissione di questi titoli si differenzierà sulla tipologia di contratto islamico

stipulato tra le parti e quindi possiamo distinguere39:

1) sukuk murabahā- quota parte di proprietà di un prestito;

2) sukuk al-ijara, quota-parte di un leasing;

3) sukuk al-istisna', quota-parte di un progetto;

4) sukuk al-musharaka, quota-parte di un affare;

5) sukuk al-istithmar, quota-parte di un investimento.

Come tutti gli altri titoli di debito i sukuk hanno una durata predeterminata che va

da tre mesi, per le obbligazioni islamiche che hanno una struttura simile ai BOT, a

cinque o dieci anni.

La differenza con le obbligazioni del sistema convenzionale si basa sulla proprietà

della quota del bene o del progetto finanziato; la cedola di un bond viene pagata a

39 La AAOFII ha classificato 14 tipologie differenti di sukuk.

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prescindere dall'andamento delle attività sottostanti mentre i profitti di un sukuk

saranno direttamente proporzionali all'andamento dei beni in base ai quali sono

stati emessi i titoli; mentre l’obbligazionista ha il diritto di ricevere il pagamento

degli interessi a scadenze fisse, chi sottoscrive le obbligazioni islamiche ha invece

il diritto di partecipare sia ai profitti generati dalle attività sottostanti, sia ai ricavi

che derivano dalla produttività di tali investimenti. La diffusione dei sukuk ha

facilitato la creazione di un mercato obbligazionario anche in un contesto restìo

come quello islamico, le stime di crescita delle emissioni del 2010 sono eclatanti:

da 33.5 miliardi di dollari a 50.3 miliardi. L'evidente sviluppo di questi certificati

è dovuto ad una interessante peculiarità: possono essere emessi anche da società

non shari'a compliant e sottoscritti da investitori non musulmani. I maggiori

fruitori delle obbligazioni sukuk sono i governi, non solo quelli islamici; ad

esempio il governo malese ha sottoscritto nel 2007 un'operazione sukuk al-ijara

trust certificates di 600 milioni di dollari emessi dalla Malaysia Global Sukuk Inc.

e inseriti nel listino della borsa del Lussemburgo. I ricavi derivanti dalle

sottoscrizioni verranno utilizzati per l'acquisto di quattro lotti di terreno nella

capitale malese, Kuala Lumpur. La società emittente (MGS) darà in locazione i

terreni al governo mediante un contratto ijara e il governo pagherà il canone per

un periodo di cinque anni. Il surplus costituito dal canone verrà ridistribuito ai

sottoscrittori dei sukuk. Alla scadenza del periodo di affitto il governo acquisirà la

proprietà dei lotti40. L’emissione di sukuk ha raggiunto i 47 miliardi di dollari in

tutto il mondo, in particolar modo grazie alla immensa liquidità delle potenze

40 Il Bahrein garantisce liquidità al proprio sistema finanziario sfruttando l'emissione di sukuk.

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petrolifere41. Le ripercussioni della crisi finanziaria degli ultimi anno non sembra

intaccare le previsioni e le stime di crescita delle obbligazioni islamiche che

dovrebbero raggiungere i 100 miliardi di dollari entro due anni. E le istituzioni

internazionali ed europee non si limitano ad osservare questo fenomeno in

continuo sviluppo; nel 2004 il Land della Sassonia-Anhalt in Germania ha emesso

per la prima volta in una realtà europea dei fondi sovrani del tipo sukuk per un

ammontare di 123 milioni di dollari, con l'obiettivo dichiarato di attrarre capitali

dal Golfo Persico. Nel 2005 la Banca Mondiale ha emesso un sukuk pari a 200

miliardi di dollari e dal 2006 le obbligazioni islamiche sono quotate nel London

Stock Exchange.

41 I Paesi promotori dei sukuk sono: Malesia, Bahrein, Qatar e Pakistan. I c.d “well rated” : Turchia, Arabia Saudita,Kuwait. I c.d. “wallabies”: Egitto, Sud Africa, Senegal, Kenya. Fonte: ASSAIF.

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1.6 Prospettive e sviluppo della finanza islamica in Europa e in Italia

Il grande obiettivo dell'islamic banking è quello di diffondersi in nuovi contesti ed

uscire dal regionalismo nel quale si è sviluppato dagli Anni Settanta ad oggi. La

presenza di sempre più ingenti comunità musulmane nei Paesi Occidentali rende il

fenomeno della finanza islamica di grande interesse anche in Paesi non islamici.

Attualmente, sono circa quindici i milioni di musulmani residenti in Europa, con

un ammontare totale di risparmio gestito, stimato in quattordici milioni di dollari

nel 2020 (Lewis-Algoud, 2007). In questo senso, svolge un ruolo decisivo anche il

sempre più intenso interesse per i prodotti finanziari islamici mostrato anche da

parte degli investitori non musulmani, vista la maggiore stabilità che i prodotti

Shari'a compliant garantiscono sia in termini etici che di collegamento con il

sistema reale. Tuttavia sono molte le differenze economiche e sociali di ciascuna

realtà europea; nel Regno Unito, ad esempio, è presente una comunità di circa due

milioni di musulmani tendenzialmente benestante e molto interessata all'offerta di

prodotti finanziari Shari'a compliant, a differenza di paesi come l'Italia, nel quale

gli immigrati di fede musulmana provengono principalmente dai Paesi del Nord

Africa (realtà economicamente più povere rispetto ai Paesi del Golfo) e,

quantomeno nel periodo attuale, non hanno ancora manifestato un serio interesse

verso il sistema bancario approvato dai giuristi coranici.

Fino ad ora, quindi, la maggior parte dei seguaci del Profeta in Europa gestisce le

proprie risorse finanziarie con l'intermediazione delle banche convenzionali,

perché i principali fornitori di servizi finanziari islamici non sono presenti nel

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mercato al dettaglio.

Le banche occidentali (ABN Amro, Barclays Bank, BNP Paribas, Citibank, HSBC,

Societé Generale UBS) comprendendo gli sviluppi di questo settore, hanno

limitato la concorrenza presente e futura delle banche islamiche in Europa grazie

all'apertura degli sportelli islamici.

Il Regno Unito ha colto le potenzialità di questo sistema innovativo con largo

anticipo rispetto agli altri partners europei e Londra è considerata da tutti l'hub

principale della finanza islamica nel mondo economico occidentale. Lo sviluppo

del sistema bancario islamico in Inghilterra risale agli albori degli anni '80, con

l’istituzione dell’Al Baraka International Bank a Londra. Negli anni successivi,

gli inglesi hanno incentivato la crescita della finanza islamica nel territorio

anglosassone, evitando ogni contrapposizione di natura religiosa e valutando il

settore dell’islamic banking come una interessante innovazione finanziaria da

affiancare al sistema convenzionale.

Nel 2007 il governo inglese ha dato seguito ad una serie di riforme del sistema

fiscale britannico affinché i prodotti finanziari islamici non venissero più

discriminati, seguendo come principio fondamentale la regola “no obstacles no

special favours”42.

Tra le misure più incidenti ricordiamo l'abolizione della doppia imposta di registro

nelle operazioni immobiliari della tipologia murabaha e il riconoscimento della

deducibilità fiscale del canone di contratti islamici della tipologia musharaka o

42 Il Ministero del Tesoro britannico ha costituito un gruppo di lavoro per favorire l'emanazione di norme che garantiscano una parità di trattamento tra gli strumenti finanziari convenzionali e quelli islamici.

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Ijara, assimilabile alla deducibilità degli interessi passivi di un comune contratto

di mutuo. Le banche islamiche nel Regno Unito (sul territorio britannico ne sono

presenti ventidue) si costituiscono rispettando il medesimo iter delle banche

convenzionali, non vi è una licenza bancaria differente come avviene, ad esempio,

in Malaysia. La banca più importante è la Islamic Bank of Britain43, con sede a

Birmingham.

La IBB ha avuto il merito di adottare una politica innovativa in materia di tutela

dei depositi, da sempre elemento di distinzione profonda tra le norme tipiche di

tutela previste nel sistema convenzionale e le peculiarità dell'islamic banking.

Ricordiamo infatti che le regole fondamentali della finanza islamica impediscono

di stabilire a priori la determinazione obbligatoria di un rimborso in caso di

deposito44. Le soluzioni della IBB sono le seguenti: in caso di diminuzione del

valore nominale del deposito, la banca arginerà la perdita attingendo dai fondi di

stabilità45 o rinunciando ad una parte del guadagno delle commissioni previste dal

contratto di conto corrente. Ovviamente, per rispettare le norme britanniche in

materia bancaria, la IBB si vedrà comunque “costretta” a proporre un rimborso al

cliente islamico come a qualsiasi altro cliente occidentale, in caso contrario ci

troveremmo di fronte ad una violazione della parità di trattamento; sarà poi il

correntista a rinunciare all'offerta per non violare le norme coraniche (R. Wilson,

43Il capitale sociale iniziale della IBB ammontava a 14 milioni di sterline, successivamente, con un’offerta pubblica iniziale lanciata in Gran Bretagna e un successivo private placement nel Medio Oriente, il capitale sociale è stato portato a oltre 50 milioni di sterline.44 La previsione di un rimborso a tutela del valore nominale del deposito contrasterebbe con il

principio della partecipazione alle perdite tra cliente e banca. Come abbiamo analizzato in precedenza, il rimborso dipende dall'attività d'impresa connessa al deposito.

45 La Investement risk reserve.

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2002). La City di Londra è anche la più importante piazza d’Europa per la

gestione fondi, sia per i fondi onshore che per i fondi offshore quotati in vari Paesi

Europei, tra i quali Lussemburgo e le isole Channel. E' interessante mettere in

risalto che ben sette fondi islamici, concepiti per i facoltosi clienti dell'area del

Golfo, vengono commercializzati nel mercato orientale ma gestiti a Londra e

amministrati in paradisi fiscali. L’Amanah Global Equity Fund dell’HSBC,

quotato in Lussemburgo e gestito nell'interesse delle grandi aziende del mondo, in

particolar modo multinazionali statunitensi.

In Francia si stima una comunità musulmana di oltre sei milioni di persone, per la

maggior parte proveniente dalle antiche colonie dell'Africa Settentrionale; in base

alla legislazione transalpina sul diritto di cittadinanza, la metà di essi sono in

possesso anche del passaporto francese. Questo particolare status di cittadino

francese di religione islamica accresce la necessità di creare una sinergia tra il

sistema finanziario d'Oltralpe e gli strumenti bancari islamici, rispondendo così

alle esigenze peculiari di questa comunità.

Lo sviluppo in Francia di una finanza conforme ai principi della Shari'a ha trovato

in Cristine Lagarde, già Ministro dell'Economia e ora direttore del Fondo

Monetario Internazionale (FMI), un inaspettato promotore. Nonostante le

opposizioni dei deputati socialisti, contrari alla diffusione dei principi della

finanza islamica nel diritto francese, in nome del principio di laicità, il 17

settembre del 2009 il Parlamento d'oltralpe aveva adottato un emendamento

legislativo alla legge sulle piccole e medie imprese (PME), volto a permettere

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l'emissione delle obbligazioni islamiche (sukuk), una norma che faceva seguito

alla creazione di schemi d'investimento collettivo della tipologia islamica da parte

delle autorità garanti del mercato finanziario francese fin dal 200746.

Successivamente, il Conseil d'Etat ha censurato il testo per un vizio di forma. La

sentenza della Corte ha solo rinviato la questione e i dibattiti in materia di

sviluppo dell' islamic banking in Francia sono all'ordine del giorno. Un esempio è

la creazione dell'Istituto Francese di Finanza Islamica, promosso dal presidente

della Camera di commercio franco-araba Hervé de Charette, già Ministro degli

affari esteri. Nella conferenza stampa di presentazione dell'istituto, Hervé de

Charette aveva dichiarato che "C'est le mot islamique qui pose question auprès

d'une partie de l'opinion qui ne connaît pas le sujet (...) la finance islamique est

une question qui intéresse le développement économique mondial et notre

développement (…) Elle pourrait servir à financer en France des PME ou des

projets descollectivités locales”47 . Sempre nel 2009, al Palais de Bercy è stata

organizzata una conferenza con la finalità di dimostrare le opportunità concrete

dell'apertura nei confronti di questo sistema finanziario alternativo. Gli

organizzatori dell'evento ritengono la diffusione della finanza Shari'ah Compliant

in Francia permetterebbe a privati e imprese, che investono all'estero o che si

astengono dal sottoscrivere strumenti finanziari convenzionali, di disporre di

strumenti d'investimento compatibili con le proprie opinioni religiose. In base ad 46 Questi schemi di investimento non possono essere sottoscritti dalle aziende con debito in

bilancio superiore ad un terzo della loro capitalizzazione media dell'ultimo anno.47 “ E' il termine “Islam” che crea problemi in una parte dell'opinione pubblica che non conosce

la materia di cui si parla...la finanza islamica interessa lo sviluppo economico mondiale e il nostro sviluppo, potrebbe servire a finanziare in Francia piccole e medie imprese o progetti di collettività locali”. Cit. da “Hervé de la Charette...”, 2009.

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uno studio di due analisti transalpini, Elyès Jouini e Olivier Pastré, i capitali

islamici da attirare verso la piazza di Parigi ammonterebbero a circa 100 miliardi

di euro, una stima non ritenuta attendibile dagli esperti, che permetterebbe a Parigi

competere con Londra per la leadership europea in questo settore finanziario

(AFP,2009). Attualmente, la Qatar Islamic Bank ha fatto richiesta alle autorità

francesi di aprire una succursale a Parigi; in caso di autorizzazione sarebbe la

prima banca islamica in Francia.

In Germania è presente una comunità di circa 5 milioni di musulmani, per lo più

di origine turca e poco inclini, almeno fino ad ora, ad incentivare, anche in

territorio teutonico, la diffusione di strumenti finanziari compatibili con la legge

islamica. Nonostante questa mancata propensione da parte dei potenziali

investitori di religione musulmana, il governo tedesco ha manifestato un notevole

interesse nei confronti della finanza islamica, a cominciare dalla sottoscrizione di

sukuk per 100 milioni di euro da parte della Land Sassonia-Anhalt (come abbiamo

analizzato nel paragrafo precedente) fino ad arrivare nel 2010 all'apertura di una

succursale di una banca islamica presente a Kuwait City e Istanbul: la Kuveyt

Türk Beteiligungsbank a Manheim, che ha già palesato l'intenzione di espandersi

in tutta la Germania con almeno altre dieci filiali .

Concludiamo la nostra rassegna sulle prospettive della finanza islamica in Europa

con l'analisi della situazione italiana. Nel nostro Paese, rispetto alle altre potenze

economiche europee, la comunità musulmana è composta da circa 1,6 milioni di

persone, per lo più immigrati di prima generazione, ancora lontani dall'essere

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realmente integrati con la società italiana e nella maggior parte dei casi sono

impiegati in attività lavorative poco remunerative o sono privi di contratti di

lavoro che certifichino la loro posizione economica e contributiva; non potendo

contare su fondi da investire, i servizi bancari richiesti degli immigrati di religione

musulmana sono quasi esclusivamente i conti di deposito, le rimesse e gli

strumenti standard di pagamento. Questo è uno dei motivi per cui la diffusione di

strumenti finanziari islamici non ha ancora trovato una considerevole importanza

nel sistema bancario italiano. Ciò nonostante l'analisi delle prospettive di questo

sistema finanziario alternativo comincia ad attirare l'attenzione di molti istituti

bancari italiani.

Un esempio concreto di questa nuova mentalità è la firma, nel 2007, di un

memorandum d'intesa tra l' Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l'Unione delle

Banche Arabe (UAB), in base al quale è stata rafforzata la cooperazione

economica e politica tra l'Italia e i Paesi del Golfo. Obiettivo primario di questo

accordo è trovare il punto d'incontro tra i due sistemi bancari e fare in modo che

anche in Italia si possano gettare le basi per l'apertura di una banca islamica nel

più breve tempo possibile48. Inoltre, l'Abi ha costituito un comitato di studio sulla

finanza islamica volto a proporre una proposta di legge che renda possibile

l'emissione di sukuk anche in Italia (Sisto, 2011) Guido Rosa, vice-presidente

dell'associazione bancaria ha sollecitato il governo italiano ad intervenire a livello

legislativo per introdurre strumenti finanziari "Sharia compliant". “È importante

48 In Italia contiamo una sola banca islamica privata; la Bank Sepah, istituto iraniano con sede a Roma dal 1972.

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non restare indietro e modificare il nostro impianto normativo, civilistico e fiscale,

per favorire lo sviluppo della finanza islamica in Italia, aprendo la strada a nuove

opportunità per gli intermediari e intercettando la grande liquidità dei paesi arabi”

(Latour, 2010).

L’Area Research di Banca Monte dei Paschi ha studiato il potenziale sviluppo

della finanza islamica in Italia, valutando l'ipotesi di una raccolta potenziale di

4,5 miliardi di Euro nel 2015. Lo studio effettuato nel 2009 dal centro di ricerca di

MPS, parte dall'analisi dei dati di crescita del fenomeno dell' islamic finance nel

Regno Unito: “Si evidenzia, in particolare, che in UK la prima banca ad operare

interamente secondo i principi della Shari’a alla fine del 2008, dopo 4 anni

dall’apertura, conta più di 40.000 clienti e una raccolta di 153 mln £. Sulla base

dei dati relativi alla crescita delle banche già avviate in UK, lo studio dell’ ”Area

Research” effettua delle stime sul potenziale di crescita della finanza islamica in

Italia. I clienti islamici secondo l’Istat potrebbero salire a 1,3 milioni nel 2015: in

caso di avvio di filiali islamiche o di sportelli islamici sarebbero in grado di

generare per il sistema bancario italiano una raccolta potenziale di circa €4.500

milioni nel 2015 e ricavi superiori a 150 milioni. I numeri evidenziano, dunque,

l’esistenza di un potenziale sviluppo del mercato finanziario islamico in Italia, la

cui diffusione però è ancora ritardata da un contesto fiscale e regolamentare non

ancora implementato” (Cit. da Sienafree.it, 19/10/2009).

Non mancano le iniziative dei privati, tra le quali citiamo l'accordo tra CO.RE.IS.

(Comunità Religiosa Islamica) e Deloitte Consulting S.p.A., volta a condividere ed

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integrare le competenze ed expertise in materia finanziaria di Deloitte (nazionali

ed internazionali) con quelle dello Shari’a Board di CO.RE.IS. ed offrire così

servizi di consulenza compatibili con i principi giuridico-religiosi dell’Islam in

tema di finanza.. Ancora più importante è la costituzione dell' Associazione per lo

Sviluppo di Strumenti Alternativi e di Innovazione Finanziaria (ASSAIF), nata

con l'obiettivo di presentare soluzioni di investimento Sharia'a compliant,

compatibili con il sistema bancario italiano, ai potenziali investitori interessati.

Questa associazione ha avuto il merito di realizzare nel 2006 la prima operazione

italiana della tipologia Murabaha per un investimento immobiliare in Lombardia,

un'iniziativa che ha mostrato tutti i limiti della legislazione italiana in materia, in

quanto la doppia imposta di registro prevista dal nostro ordinamento, per il

duplice trasferimento dell'immobile, dal venditore alla banca e dalla banca al

cliente, rende l'intero progetto finanziario estremamente oneroso.

In conclusione, è necessario raccogliere le fila del discorso e chiederci perché

possa essere desiderabile creare delle convergenze tra il nostro sistema economico

e quello islamico. Per i governi e per gli investitori europei la finanza islamica

rappresenta una possibilità interessante di diversificare gli investimenti delle

proprie risorse di budgetary financing, captando il surplus di liquidità delle

potenze petrolifere finanziando la crescita con strumenti eticamente sostenibili.

Inoltre, studiare in modo più approfondito questo sistema innovativo può fungere

da esempio per rilanciare temi fondamentali in ambito di finanza convenzionale:

la trasparenza e la standardizzazione dei contratti sono una necessità.

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Il sistema finanziario islamico non ha subito i medesimi effetti recessivi sofferti in

tutto il mondo occidentale a causa della crisi finanziaria del triennio 2008-2010;

l'emissione di prodotti collegati ad attività reali e il mancato ricorso alla leva

finanziaria hanno salvaguardato la crescita costante delle banche islamiche,

dimostrazione tangibile degli ottimi risultati ottenuti dal binomio etica-economia

del profit and loss sharing system.

Un recente working paper del Fondo Monetario Internazionale (Hasan-Dridi,

2010) ha analizzato gli effetti della crisi globale sul sistema bancario

convenzionale e sul sistema islamico. I risultati di questo studio comparato sono

tutti a favore dell'islamic banking: “ Ibs' credit and asset growth were at least

twice higher than that of Cbs during the crisis, suggesting a growing market

share going foward and larger supervisory responsability. External rating

agencies re-assessment og IB's risk was generally more favorable or similar to

that of Cbs. Higher solvency has facilitated meeting the relatively more robust

demand for Islamic banking finance and maintaining stable external ratings.

Lending to the less affected consumer sector has helped support strong credit and

asset growth.”

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Capitolo secondo

L'evoluzione dei concetti di usura e speculazione finanziaria in Occidente: le connessioni tra i divieti coranici e la filosofia medievale

Premessa

Il connubio tra etica ed economia non è una prerogativa esclusiva della religione

musulmana, esso affonda le sue profonde radici culturali nei testi Sacri

dell'ebraismo e del Cristianesimo e ancora, nel pensiero filosofico del grande

padre ispiratore della filosofia scolastica: Aristotele.

In questo capitolo della nostra ricerca analizzeremo l'evoluzione del concetto di

usura nei testi sacri della tradizione giudaico-cristiana e nella filosofia classica.

Successivamente, approfondiremo il pensiero su questa tematica di uno dei

massimi Dottori della Chiesa Cattolica, Sant'Ambrogio, e del principale esponente

della filosofia scolastica, San Tommaso d'Aquino. Infine, esamineremo l'incidenza

della Riforma protestante nel superamento definitivo del divieto di prestito ad

interesse nella cultura occidentale.

2.1 Il concetto di usura nell'etica aristotelica e nei passi biblici.

La solidarietà, il giusto mezzo e la visione dell'individuo-membro della comunità,

già analizzati nelle fonti giuridico-religiose dell'Islam, sono gli elementi portanti

dell'economia etica aristotelica. Nel Libro I del De Politica troviamo la distinzione

illuminante tra oikos-nomia (economia) e crema-atos (la crematistica, ovvero

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l'accumulazione della moneta). L'economia è la buona amministrazione della casa

e delle risorse della comunità dei cittadini.

La crema-atos viene distinta in crematistica “per natura”, che rientra nell'ambito

dell'economia e rappresenta l'accumulazione della ricchezza con la precipua

finalità di sostenere la comunità della polis, e "crematistica contro natura", ovvero

la produzione di un profitto priva di qualsiasi scopo sociale. Ciò che distingue la

crematistica “per natura” dalla crematistica “contro natura” è la finalità etica di

ogni attività produttiva, la buona accumulazione del denaro trova il limite del

giusto e moderato profitto della comunità, mentre la speculazione monetaria è

vista come un atto contro natura, priva di fini specifici o di limiti ed esercita una

forza distruttrice dell'etica comunitaria e persino dell'intera polis. La crematistica

per natura presuppone il rispetto di norme morali che fungano da

regolamentazione del flusso monetario, l'esatto contrario della tipologia contro

natura, il cui unico obiettivo è quello di favorire l'arricchimento individuale

sfrenato ed egoistico. Aristotele definisce la crematistica contro natura con un

termine dispregiativo: Tokos, letteralmente “figlio” o “parto”, ma inteso quale

risultato di atti impuri (l'immagine di un “figlio bastardo”, nato al di fuori della

moralità dell'epoca di cui si tratta): è Tokos il denaro prodotto attraverso se stesso.

Sempre nel De Politica troviamo la definizione di prestito a interesse:

“ ben ragionevolmente si nutre odio per il prestito a interesse, in quanto trae

guadagno dal denaro stesso e non dal fine per cui esso fu escogitato: infatti esso

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fu prodotto per gli scambi, mentre l'interesse ne aumenta la quantità. Di qui esso

ha tratto il nome con cui lo si designa in greco (tokos): infatti i figli sono simili ai

genitori e l'interesse è denaro di denaro, costituendo appunto per questo il più

innaturale di tutti i modi di arricchire.” (Aristotele, De politica, Cpt. VIII e IX)

Un ulteriore riferimento è riscontrabile nella visione politica di Platone. Nel II

libro de la Repubblica, l'accumulazione della ricchezza senza limite dei crematisti

conduce la città priva di una guida politica (polis acefala) alla degenerazione dei

costumi, alla pleonexia49. Nel modello ideale di polis, le attività economiche

trovano, invece, il limite del bene comune della città. I crematisti devono produrre

e acquisire ricchezze fino a garantire l'equa distribuzione delle risorse della polis

secondo le disposizioni dei governanti; nella città ben governata essi sono costretti

a limitare le loro brame di ricchezza e potere, la giustizia e la temperanza guidano

e controllano le attività economiche.

Il rifiuto del prestito a interesse è riscontrabile anche in molti passi biblici, i più

celebri e controversi sono contenuti nel Deuteronomio...

“ Non farai a tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di

qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad

interesse, ma non al tuo fratello” (XXIII,19,20)

49 Pleonexia - (PLE-O-nĕx'-bis) - il desiderio insaziabile di più, una condizione di profonda insoddisfazione con ciò che si ha, cercando di realizzarsi attraverso l'acquisizione di beni, prestigio o potere.

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...e nel Levitico:

“Se tuo fratello impoverisce e si trova nell'indigenza in mezzo a voi, tu lo

sosterrai come un forestiero e un ospite perché possa vivere presso di te. Non

trarre da lui alcun interesse o utile; ma temi il tuo Dio, e il tuo fratello vivrà

presso di te. Non gli presterai il tuo denaro a interesse, né gli darai i tuoi viveri

per ricavarne un utile.” (25,36).

In questi passi biblici è evidenziata la ferma condanna del contratto di prestito a

interesse, ma solo nei confronti dei “fratelli”, ovvero i membri della propria

comunità religiosa. L'ammonimento non riguarda le somme di denaro prestare

agli stranieri; al contrario, la richiesta di una somma a titolo di interesse nei

riguardi di un nokri50 veniva utilizzata come elemento di indebolimento delle

comunità nemiche. Non è un caso che questa esortazione sia collocata nel

Deuteros nomios, la seconda legge, il libro nel quale vengono stabiliti i diritti e i

doveri dei membri della comunità, escludendo di fatto da queste regole tutti coloro

che non fanno parte del popolo d'Israele.

Nel passi evangelici viene meno questa distinzione:

“E se prestate a uno di coloro dai quali sperate ricevere, quale grazie ne avrete?

Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i

vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio

sarò grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i

50 Il nokri è lo straniero, colui che non fa parte di nessun clan.

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malvagi” (Luca 6, 34-35).

Questo passo tratto dal Vangelo secondo Luca ricorda il versetto coranico già

citato nel capitolo precedente: “O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai

profitti dell'usura se siete credenti” (Al-Baqara, 278). I dottori della Chiesa

troveranno il modo di tutelare questo principio etico, ma allo stesso tempo lo

renderanno più flessibile per venire incontro anche alle esigenze dell'economia di

mercato, in pieno sviluppo in età medievale.

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2.2 L'interpretazione esegetica di Sant'Ambrogio: il prestito tra usura e

carità cristiana. La commenda medievale come primo esempio di

contratto di compartecipazione ai profitti e alle perdite

Il sommo dottore della Chiesa Cattolica e celebre vescovo di Milano

Sant'Ambrogio ebbe un ruolo decisivo nella legittimazione del prestito ad

interesse, offrendo un'interessante riflessione del concetto di usura. In età

medievale, le istituzioni cattoliche prenderanno ad esempio il lavoro del grande

esegeta milanese per venire incontro alle esigenze dei nuovi soggetti economici. Il

passo del Deuteronomio viene ridefinito nel De Tobia, dove il giurista cristiano

analizza la differenza tra fratello e straniero : “ La legge ti proibisce in qualunque

circostanza di prestare usura a tuo fratello (...) ma forse replicherai che sta

scritto: allo straniero presterai ad interesse(...) Chi erano allora gli stranieri? Se

non gli Amaleciti, gli Amorrei51 e i nemici? (...) Dunque, ti si dice in quel

comandamento, domanda l'usura a colui il quale tu a buon diritto vuoi nuocere,

contro il quale tu impugni legittimamente le armi. Da questi puoi legalmente

esigere l'usura. Da colui che tu non puoi facilmente vincere in guerra puoi trarre

vendetta coll'imposizione della centesima. A colui che potresti uccidere senza

commettere delitto, tu puoi chiedere l'usura. Chi domanda l'usura combatte senza

armi: chi riscuote gli interessi dal suo nemico, e si vendica così su di lui,

combatte senza la spada. Perciò, dove c'è il diritto di guerra, ivi è anche il diritto

51 Gli Amaleciti e gli Amorrei sono le popolazioni che si rifiutarono di concedere le terre al popolo eletto da Dio.

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dell'usura”. Nelle riflessioni di Sant'Ambrogio, il passo evangelico di Luca (6,34-

35) esprime la vittoria della carità sulla vendetta, della riconoscenza sulla mera

obbligazione: “...se, infatti, qualcuno restituisce il denaro, non salda certamente il

favore ricevuto e rimane debitore del favore, anche se non lo è più del denaro.

Come possiamo pensare di restar senza obblighi quando abbiamo dimostrato

concretamente la nostra gratitudine, se il fatto stesso di sdebitarci prova che noi

abbiamo ricevuto più che non compensato il bene?”52.

Senza soffermarci sull'esegesi del testo, è chiara l'intenzione di dimostrare che la

ricezione di un prestito presuppone un vantaggio economico ulteriore alla mera

disponibilità di credito, un beneficio da ricompensare53 grazie alla qualità più

importante del buon cristiano: la carità insegnata da Gesù. Siamo agli albori della

valutazione dell'interesse quale giusto emolumento nei confronti del creditore a

fronte della sua rinuncia ad una somma di denaro, palesata dalla concessione del

capitale stesso a titolo di prestito, fino alla restituzione. Nelle riflessioni di

Sant'Ambrogio non vi è , però, il superamento del divieto di prestito ad interesse

quando sono palesi le disuguaglianze sociali: “Non è del tuo avere che fai dono al

povero. Tu non fai che rendergli ciò che gli appartiene. Poiché è quel che è dato

in comune per l'uso di tutti, ciò che tu ti annetti. La terra è data a tutti e non

solamente ai ricchi (...) Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò

52 Sant'Ambrogio, Opera Omnia, esposizione del Vangelo secondo Luca /1 Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Milano 1996 v.11.

53 Contra, Chiara Scattone ne “L'usura nel verbo religioso” pag.58, ove l'autrice non ritiene plausibile ritenere che nel passo lucano interpretato da Sant' Ambrogio vi sia l'intenzione di giustificare l'interesse sul mutuum come forma di riconoscenza: “Non è del denaro che si diviene debitori, bensì della carità che viene noi concessa”.

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che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario54.

In epoca medievale, l'assenza di una interpretazione univoca da parte dei giuristi

acuiva i dubbi sulla possibilità di richiedere una somma di denaro a titolo

d'interesse nei contratti di prestito e nella realtà fattuale il divieto etico e non

giuridico dell'interesse veniva puntualmente eluso da tecniche contrattuali

innovative.

Un esempio fu la commenda medievale teorizzata da Benedetto da Norcia,

fondatore dell'ordine dei benedettini. Questo contratto prevedeva due parti: il

tractator e lo stans. Lo stans (capitalista) apportava il capitale necessario per

finanziare le attività commerciali del tractator, quest'ultimo, alla scadenza del

contratto, si impegnava a restituire il capitale e il 75% degli utili ottenuti

dall'investimento intrapreso. I rischi dell'operazione erano tutti a carico del

tractator, così come la responsabilità illimitata nei confronti dei terzi, mentre il

capitalista correva il solo rischio di perdere il capitale apportato. E' evidente la

somiglianza con in contratto islamico mudaraba: la posizione giuridica del

tractator è la stessa del mudarib, mentre lo stans ha gli stessi diritti e doveri del

rabb al-mal, una forma antesignana del profit and loss sharing system.

Sempre in epoca medievale, alcune confraternite di monaci inglesi

sperimentarono un particolare contratto di prestito, basato sul sistema gage

(garanzia sotto forma di pegno o ipoteca), nelle due forme mortgage e vifgage,

Nel mortgage, termine ancora utilizzato in terra anglosassone per tradurre la

parola mutuo, il creditore prestava una determinata somma di denaro al debitore,

54 Sant'Ambrogio, De Nobutae Historia: sulla proprietà, i ricchi e i poveri, in Opera Omnia.

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in cambio del possesso e del godimento di un bene, solitamente fruttifero, di

proprietà del mutuatario. Alla scadenza del contratto, il godimento del bene dato

in garanzia veniva reso al debitore solo nel caso in cui egli avesse onorato il

debito. Il termine mort, ripreso dal francese, significava che i frutti del bene dato

in pegno erano da subito “morti” per il debitore, in quanto non contribuivano a

pagare una parte del debito e rimanevano in godimento al creditore. In questo

caso, quindi, la rendita del bene si mostrava come una forma d'interesse occulto,

formalmente osteggiata dalla Chiesa.

Nel vifgage la differenza con il tipo di prestito mortgage era rappresentata dalla

possibilità di imputare la rendita del bene dato in garanzia al pagamento

dell'obbligazione, in questo modo i frutti erano “vivi”, vif appunto, in capo al

mutuatario.

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2.3 Il concetto di usura nel pensiero e nelle opere di Tommaso d'Aquino.

La nascita dei Monti di Pietà

Il maggior rappresentante della filosofia cristiana medievale e dottore della Chiesa

Cattolica enuncia il suo pensiero sulla liceità dell'usura nella Quaestio 78 della

Secunda Secundae della Summa Theologiae, ove l'Aquinate si pone quattro

domande alle quali risponde analizzando i passi biblici e il pensiero dei filosofi

greci: “Deinde considerandum est de peccato usurae, quod committitur in mutuis.

Et circa hoc quaeruntur quator. Primo, utrum sit peccatum accipere pecuniam in

pretium pro pecunia mutuata, quod est accipere usuram. Secundo, utrum liceat

pro eodem quamcumque utilitatem accipere quasi in recompensationem mutui.

Tertio, utrum aliquis restituere teneatur id quod de pecunia usuraria iusto lucro

lucratus est. Quarto, utrum liceat accipere mutuo pecuniam sub usura.”

Negli articoli 1 e 2 San Tommaso si chiede se possa essere considerato un peccato

percepire un interesse o un qualsivoglia vantaggio economico come compenso di

una somma di denaro concessa in prestito.

IIª-IIae q. 78 a. 1 co. “Percepire l'usura, o interesse, per il denaro prestato è per

se stesso un'ingiustizia: poiché si vende così una cosa inesistente, determinando

una sperequazione che è in contrasto con la giustizia. Per averne l'evidenza si

deve considerare che ci sono delle cose il cui uso consiste nel loro consumo: tali

sono, p. es., il vino che consumiamo usandolo per bere, e il grano che

consumiamo usandolo per mangiare. Perciò in codeste cose l'uso non si deve

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computare come distinto dalle cose stesse, ché la concessione dell'uso implica la

concessione della cosa. E quindi per tali cose il prestito determina un passaggio

di proprietà. Perciò se uno volesse vendere il vino separatamente dall'uso del

vino, venderebbe due volte la stessa cosa, oppure venderebbe un'entità

inesistente. È chiaro, quindi, che commetterebbe un peccato d'ingiustizia. Per lo

stesso motivo commette un'ingiustizia chi presta il vino, o il grano chiedendo due

compensi, cioè la restituzione della merce equivalente, e in più il prezzo dell'uso

denominato usura.

Ci sono invece altre cose il cui uso non consiste nel loro consumo: l'uso della

casa, p. es., consiste nell'abitarla, non già nel distruggerla. Perciò in questi casi

si può concedere l'una, o l'altra delle due cose: uno può concedere a un altro la

proprietà della casa, riservandosene l'uso per un certo tempo; o viceversa uno

può concedere l'uso, conservandone la proprietà. Ecco perché si può percepire un

compenso per l'uso della casa, ed esigere la restituzione della casa stessa; il che è

evidente nei contratti di conduzione o di locazione.

Il denaro, come insegna il Filosofo, è stato inventato principalmente per facilitare

gli scambi: quindi l'uso proprio e principale del denaro è il consumo, o la spesa

che di esso si fa negli scambi. Perciò di suo è illecito percepire un compenso per

l'uso del denaro prestato, cioè per l'usura. Pertanto, come l'uomo è tenuto a

restituire le altre cose ingiustamente acquistate, così è tenuto a farlo per il denaro

ricevuto come usura, o interesse”.

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 2. Agli ebrei fu proibito di percepire l'usura "dai loro

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fratelli", cioè dagli ebrei. E questo ci fa comprendere che percepire l'usura da un

uomo qualsiasi è intrinsecamente peccaminoso. Infatti noi dobbiamo considerare

ogni uomo "come prossimo e fratello", specialmente dopo l'instaurazione della

legge evangelica, aperta a tutta l'umanità. Ecco perché nella Scrittura si elogiano

senza restrizioni, "chi il suo denaro non dà ad usura", e "chi non esigerà usura e

interessi". Ma agli ebrei fu concesso di percepire l'usura dagli stranieri, non

come cosa lecita, bensì come una permissione per evitare un male maggiore: e

cioè perché, spinti dall'avarizia cui erano dediti a detta del profeta Isaia, non

l'esigessero dagli ebrei stessi, adoratori di Dio. Invece la promessa riferita: "Tu

darai ad usura a molti popoli", va intesa in senso lato per prestito; cioè nel senso

di quel passo dell'Ecclesiastico: "Molti non danno ad usura", vale a dire "non

danno a prestito", "non per cattiveria (ma per paura di restare sacrificati)".

Perciò agli ebrei vien promesso in quel testo abbondanza di ricchezze, da cui

deriva il fatto che possano prestare (queste ricchezze) ad altri.

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 3. Poiché gli uomini sono imperfetti, le leggi umane

lasciano impuniti alcuni peccati. Se venissero, infatti, rigorosamente puniti tutti i

peccati, gli uomini verrebbero privati di molti vantaggi. Perciò le leggi umane

permettono l'usura, non perché la ritengono secondo giustizia, ma per non

impedire i vantaggi di molti. Difatti anche nel diritto civile si legge: "Le cose

consuntibili con l'uso non sono suscettibili di usufrutto né secondo il diritto

naturale, né secondo il diritto civile". E ancora: "Il Senato non ha ammesso

l'usufrutto, o interesse di codeste cose, né poteva farlo; ma ne ha fissato i

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Page 83: Università degli Studi Roma Tre · 2021. 3. 3. · Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e

termini", nel concedere l'usura. Anche il Filosofo, seguendo la ragione naturale,

afferma che "l'acquisto del denaro mediante l'usura è quello più estraneo alla

natura".

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 4. Non sempre si è tenuti a dare in prestito: ecco perché ciò

rientra nei consigli. Ma rientra nell'ambito dei precetti non cercare un guadagno

dal prestito. Oppure può considerarsi un consiglio rispetto alle massime dei

Farisei, i quali pensavano che in certi casi l'usura fosse lecita: e cioè come può

dirsi consiglio l'amore dei nemici. In quel testo si condanna non la speranza

relativa al guadagno dell'usura, ma la speranza riposta nell'uomo. Infatti non

dobbiamo dare a prestito o fare qualsiasi altro bene sperando nell'uomo, ma

riponendo la speranza in Dio.

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 5. Chi non è tenuto a prestare può percepire una ricompensa

del suo gesto: ma non deve esigere di più. Ora, egli viene ricompensato con

perfetta uguaglianza, con la restituzione di quanto aveva prestato. Perciò, se

esigesse di più per l'usufrutto di una cosa che non ha altro uso all'infuori del suo

consumo, esigerebbe un compenso per una cosa inesistente. Si avrebbe quindi

una richiesta ingiusta.

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 6. L'uso principale degli arredi d'argento non è il loro

consumo: perciò si può vendere lecitamente codesto uso, conservandone la

proprietà. Invece l'uso principale delle monete d'argento è la loro spesa negli

acquisti. Dunque non è lecito vendere l'uso del denaro dato a prestito, e insieme

pretenderne la restituzione. Si deve però notare che, come uso secondario, gli

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arredi d'argento possono avere quello di moneta di scambio. In tal caso non è

lecito venderne l'uso. Parimenti ci può essere un uso secondario delle monete

d'argento: prestarle, p. es., come campioni di raffronto, o in sostituzione di un

pegno. Ebbene, codesto è un uso del denaro che può essere venduto.

IIª-IIae q. 78 a. 1 ad 7. Chi dà l'interesse o l'usura dà volontariamente non già in

senso assoluto, ma costretto dalla necessità: perché costretto a prendere denaro a

prestito, che l'offerente non vuol concedere senza l'usura.”.

L'Aquinate mette in luce il rischio che corre colui che presta denaro, rinunciando

ad una parte del suo patrimonio ed esponendosi al pericolo di un danno nel caso in

cui l'operazione finanziaria non vada a buon fine. In base a questa impostazione

di carattere risarcitorio, non può essere illecito richiedere una maggiorazione a

titolo di indennizzo per gli eventuali danni. Si arriva persino ad avvicinare questo

surplus ad una obbligazione naturale, ad un favore si risponde con un favore. In

più, vi è il paragone tra il denaro concesso in prestito e il denaro dato per

finanziare la commenda: se è ritenuto lecito ottenere un vantaggio economico da

questa tipologia di contratto, non può essere altrimenti anche per il surplus nel

caso di un prestito, valutato alla medesima stregua di un'operazione commerciale

finanziata.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 1 Si ritiene che per il denaro prestato uno possa richiedere

qualche altro vantaggio. Infatti: 1. Chiunque può lecitamente provvedere alla

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propria indennità. Ma nel prestare il denaro spesso ci si espone a un danno.

Perciò è lecito richiedere e persino esigere, oltre il denaro prestato, un compenso

per il danno affrontato.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 2 A detta del Filosofo, per un dovere di onestà ciascuno è

tenuto a "ricompensare in qualche modo chi gli ha fatto un favore". Ora, chi

presta il denaro a chi si trova in necessità offre un favore: e quindi si esige un

ringraziamento. Perciò chi lo riceve ha il dovere naturale di ricompensare in

qualche modo. Ora, non sembra possa essere illecito obbligarsi a un dovere cui si

è tenuti per legge naturale. Dunque non è illecito se uno, nel prestare ad altri del

denaro, esiga l'obbligazione di un compenso.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 3.La Glossa nel commento a quel passo di Isaia: "Beato

chi scuote dalle mani ogni donativo", spiega che ci sono donativi di mano, ma ce

ne sono anche di lingua e di servizio. Ora, da chi ha avuto in prestito il denaro,

uno può lecitamente ricevere lodi e servizi. Dunque può riceverne, per lo stesso

motivo, qualsiasi altro donativo.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 4. Identico appare il rapporto tra prestito e prestito con

quello esistente tra offerta e offerta. Ma percepire del denaro per l'offerta di altro

denaro è cosa lecita. Perciò, per il denaro prestato, è lecito ricevere il compenso

di un prestito dal mutuatario.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 5. Aliena di più il denaro chi ne trasferisce il dominio col

prestito, che colui il quale l'affida a un mercante o a un artigiano. Eppure

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percepire un guadagno dal denaro affidato a un mercante o a un artigiano è cosa

lecita. Quindi è lecito anche percepire un guadagno dal denaro prestato.

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 6. Per il denaro prestato uno può ricevere un pegno il cui

uso si potrebbe anche vendere: come quando si pignora un campo, o una casa

d'abitazione. Perciò è lecito ricevere un guadagno dal denaro prestato

IIª-IIae q. 78 a. 2 arg. 7. Talora capita che, a motivo di un prestito, uno venda più

cara una cosa, o compri a meno la roba altrui, oppure aumenti il prezzo per il

ritardo del pagamento, o lo diminuisca perché pagata in contanti: ma in tutte

queste cose è evidente un compenso per il prestito del denaro. Ora, tutto ciò non

sembra chiaramente illecito. Dunque è lecito attendere e persino esigere un

compenso per il denaro prestato.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 1 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Chi concede il

mutuo può, senza peccato, stabilire nei patti col mutuatario un compenso per il

danno, privandolo di qualche cosa di quanto dovrebbe avere: infatti questo non è

vendere l'uso del denaro, ma evitare il danno. E può darsi che chi riceve il

prestito eviti così un danno maggiore di quello incorso dal mutuante: perciò il

mutuatario ricompensa il danno altrui a proprio vantaggio. - Ma non si può nei

patti fissare una ricompensa per il danno dovuto al fatto che con quel denaro uno

non può guadagnare: egli infatti non ha il diritto di vendere ciò che ancora non

ha e che in più modi potrebbe venirgli a mancare.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 2. Il compenso di un beneficio si può avere in due modi.

Primo, per dovere di giustizia: dovere al quale uno può essere obbligato con un

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patto preciso. E codesto debito si misura dalla grandezza del beneficio ricevuto.

Perciò chi ha ricevuto un prestito in denaro, o in altre cose di consumo, non è

tenuto a dare di più di quanto ha ricevuto in prestito. E quindi sarebbe contro

giustizia, se venisse obbligato a rendere di più. - Secondo, uno è tenuto a

ricompensare il beneficio ricevuto per un dovere di amicizia: e in questo si

considera più l'affetto col quale uno ha beneficato, che la grandezza di ciò che ha

fatto. E codesto dovere esula da un'obbligazione civile, la quale impone una

necessità, che distrugge la spontaneità del compenso.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 3. Se uno per il denaro prestato attenda od esiga, come per

l'obbligazione di un patto tacito o espresso, il compenso di una prestazione di

servizio o di lingua, è come se attendesse o esigesse un donativo: poiché son tutte

cose che si possono valutare in denaro, com'è evidente nel caso dei salariati, che

prestano l'opera loro con la mano o con la lingua. Se invece le prestazioni

suddette non vengono date per obbligo, ma per benevolenza, la quale non è

valutabile in denaro, allora è lecito riceverle, esigerle e attenderle.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 4. Il denaro non si può vendere a un prezzo superiore a

quello del denaro prestato, e che deve essere restituito: e in questo non c'è da

esigere e da attendere altro che la benevolenza, la quale non è valutabile in

denaro, e da cui può derivare in seguito un prestito spontaneo. Ma l'obbligo di un

prestito successivo è inammissibile: poiché anche codesto obbligo si può valutare

in denaro. Perciò è lecito scambiarsi dei prestiti reciprocamente: ma non è lecito

obbligare il mutuatario a un prestito successivo.

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IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 5 .Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo

riceve. Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo

integralmente. Perciò il mutuante non deve da lui esigere di più. Invece chi

consegna il proprio denaro a un mercante o a un artigiano facendo società con

essi, non cede loro il dominio, ma il denaro rimane di sua proprietà; cosicché è a

suo rischio l'uso che ne fa il mercante, o l'artigiano. Ecco perché egli può

pretendere parte del guadagno, come di roba sua.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 6. Se uno per il denaro avuto in prestito dà in pegno una

cosa il cui uso può essere valutato in moneta, il mutuante nella restituzione è

tenuto a computarne l'uso. Altrimenti, se pretendesse l'uso gratuito di quella cosa

come un sovrappiù, sarebbe come se, da usuraio, ricevesse del denaro in prestito:

a meno che non si trattasse di cose che si è soliti cedere agli amici senza

compenso, come il prestito di un libro.

IIª-IIae q. 78 a. 2 ad 7. Se uno pretende di vendere la sua merce a un prezzo

maggiorato per rifarsi sul compratore della dilazione del pagamento, commette

un'usura evidente: poiché codesta dilazione di pagamento ha natura di prestito; e

quindi tutto ciò che si esige oltre il prezzo giusto a motivo della dilazione è come

la paga di un prestito, e questo è precisamente usura o interesse. - Parimenti, se

un compratore volesse comprare a un prezzo inferiore a quello giusto, per aver

anticipato il denaro prima di avere la merce, commetterebbe un peccato di usura:

poiché anche codesto anticipo ha l'aspetto di un prestito, il cui compenso sta

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nella diminuzione del prezzo. - Se invece chi vende diminuisce spontaneamente il

vero prezzo per aver prima il denaro, allora non c'è un peccato di usura.

Il punto n. 5 (Chi presta il denaro cede il dominio di esso a chi lo riceve.

Cosicché costui lo detiene a suo rischio, ed è tenuto a restituirlo integralmente...)

è molto esplicativo. Anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad un esempio di

compartecipazione ai profitti e alle perdite simile ai contratti islamici: colui che

presta una somma di denaro ad un artigiano al fine di finanziare le sue attività o

per realizzare una determinata opera diviene soggetto attivo del progetto stesso ed

ha diritto agli utili e il dovere di partecipare alle eventuali perdite. In questo senso

è come se il finanziatore fosse il legittimo proprietario di una parte dei guadagni.

La richiesta di un surplus sul prestito a titolo di guadagno non può essere ritenuto

usura. Tommaso d'Aquino giunge alla conclusione che le due parti, il mercator e

l'artifex investono il proprio capitale, a rischio di colui che lo concede. Questi ha

diritto ad una parte degli utili ottenuti dall'operazione commerciale finanziata in

quanto è come se non avesse mai perduto la proprietà del capitale. E' chiaro il

motivo per cui l'Aquinate arriva a questa considerazione: tra le due parti la

compartecipazione agli utili e alle perdite è la rappresentazione della funzione

economica solidaristica tipica della società mercantile medievale, ove l'interesse

dei nuovi protagonisti dell'economia prevale sui vincoli e sui limiti dei testi sacri:

“ la norma biblica, come viene qui dimostrato, non ha avuto bisogno né di essere

smentita né di essere elusa, ma semplicemente storicizzata. L'idea dell'Aquinate di

far istituire tra il capitalista e il mercante finanziato una quaedam societas, pur se

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lontano dal concetto di societas, è tutta via geniale e innovativa, soprattutto perché

espressa da un teologo e non da un giurista” (Scattone, 2010). Al di là delle

valutazione etiche e filosofiche l'usura era il problema finanziario per eccellenza

del XIII secolo, terreno di scontro perenne tra teologi puristi e giuristi progressisti.

I nuovi valori dell'economia medievale costringevano le istituzioni ecclesiastiche

ad uno sforzo interpretativo non indifferente per assicurare, allo stesso tempo,

crescita economica e rispetto dei testi sacri.

Il primo passo fu il Concilio Lateranense III del 1179, ove venne confermata

l'illiceità del prestito a interesse ma si decise la scomunica solo nei confronti degli

usurai manifesti, i professionisti di tale pratica. Nel Concilio Lateranense IV del

1215 venne condannata solo l'usura grave et immoderata; la posizione della

Chiesa si fece meno intransigente nei confronti del delitto di usura, prevedendo la

scomunica solo verso coloro che ne facessero un utilizzo smodato ed eccessivo,

l'obiettivo era quello di distinguere una volta per tutte il concetto di interesse

lecito da quello di usura. Nonostante le innovazioni teoriche e le sanzioni previste,

il fenomeno del prestito ad interessi divenne sempre più ingente, tanto da

scatenare pericolose rivolte popolari nei riguardi degli usurai.

La soluzione per arginare il problema fu la nascita dei Monti di Pietà nel XV

secolo, istituiti per venire incontro alle esigenze finanziarie delle popolazioni più

povere. Fortunatus de Coppolis, un frate perugino, nel Consilium montis pietatis,

scritto nel 1462 per il Monte di Pietà della città di Perugia55, ebbe l'illuminante

55 Il Monte di Pietà di Perugia fu la prima istituzione finanziaria senza scopo di lucro nata in Italia.

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idea di scomporre il contratto di prestito in quattro fattispecie principali: il

contratto di pegno, il contratto di mutuo, il contratto di mandato e il contratto di

locazione d'opera. I prestiti venivano concessi senza usura, era previsto solo il

pagamento di una commissione destinata a garantire una minima retribuzione agli

impiegati del Monte, responsabili della custodia del bene lasciato in pegno per la

concessione del finanziamento. Il pegno doveva avere un valore pari o superiore

ad un terzo rispetto alla somma di denaro richiesta in prestito. Questi antesignani

istituti di credito furono definitivamente approvati dalla Chiesa con la bolla inter

multiplices di Leone X nel 1515, nella quale venne stabilito l'interesse massimo

del 6% a titolo di salario per il personale e per le spese correnti degli immobili,

un vantaggio non indifferente per i debitori se si pensa alla percentuale di

interesse applicato in città come Firenze in quel periodo storico: il 20-30%.

L'approvazione papale dei Monti di Pietà fu necessaria allo scopo di porre fine

alle forti critiche apportate dai teologi agostiniani e domenicani, convinti

dell'illiceità di qualsiasi forma di interesse nella concessione di un prestito.

La risposta definitiva della Chiesa assopì ogni attrito: “con l'approvazione del

sacro concilio , dichiariamo e difendiamo che i suddetti Monti di Pietà costituiti

dalle pubbliche autorità e finora approvati e confermati dalla Sede Apostolica, nei

quali si esiga, oltre il deposito un modesto compenso per le sole spese degli

impiegati e di quanto è necessario per il mantenimento, senza un guadagno per gli

stessi Monti, non presentano nessun male specifico, né costituiscono incentivo al

peccato. Essi non possono in nessun modo essere condannati, ma al contrario un

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tale tipo di prestito è meritorio e deve essere lodato e approvato, né deve essere

assolutamente considerato una usura (...) Tutti i religiosi e gli ecclesiastici e i

secolari, che in futuro osassero predicare o discutere sia a voce che per iscritto

contro il testo di questa decisione, incorreranno nella scomunica.”.56

Affinché si potesse lecitamente percepire un interesse sul capitale non era

concepibile la durata del prestito come titolo estrinseco, poiché non si riteneva che

il valore del denaro potesse mutare nel tempo.

Come si evince chiaramente dal decreto, l'attività di queste proto-banche fu

ritenuta fondamentale per lo sviluppo economico e sociale della popolazione,

l'attività di erogazione del credito venne sempre più legittimata e gli istituti

bancari cominciarono a diffondersi in tutta Europa.

56 Conciliorum Oecomenicorum Decreta, op.cit., pp.626-627.

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2.4 Il superamento definitivo del divieto di prestito ad interesse nella

Riforma protestante e nel Code Napoleon

La Riforma protestante ha avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo

dell'economia capitalistica moderna e nella crescita di uno spirito produttivo ed

imprenditoriale libero dai condizionamenti della tradizione della religione

cattolica medievale. Con Lutero nasce una nuova concezione della visione del

profitto, lo spirito del capitalismo religioso, basato sulla massima efficienza

lavorativa come strada principale per il massimo guadagno, guidato da uno stile di

vita austero e rigoroso. Nel pensiero luterano il divieto di usura vive una profonda

evoluzione: nei primi anni, la Riforma condanna qualsiasi forma di interesse o

vantaggio economico a titolo di danno emergente, riconoscendo la legittimità solo

del prestito gratuito, così come è previsto nei testi Sacri. La salvezza dell'uomo

non è assicurata o prevedibile con certezza nella cultura protestante e solo una vita

rispettosa dei principi cristiani e austera può far sperare in essa, praticare l'usura

ne è l'esatto contrario nel pensiero del riformatore tedesco.

L'impostazione cambia nettamente negli ultimi anni della sua vita, ove il pensiero

di Lutero si adegua alle necessità e agli interessi dei nuovi protagonisti

dell'economia mercantile tedesca. L'usura resterà un grave peccato per l'etica

protestante, in quanto strumento di accumulazione delle ricchezze nelle mani di

pochi a danno dell'intera comunità, ma il prestito a interesse otterrà la benedizione

anche della nuova Chiesa, ovviamente nei limiti di una percentuale di interessi

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ragionevole e non speculativa.

Il superamento definitivo dell'interdizione del prestito a interesse avverrà grazie

alle teorie economico-filosofiche del calvinismo. Calvino parte dal presupposto

che il divieto biblico del prestito usuraio abbia portato nessun miglioramento alle

condizioni sociale ed economiche delle popolazioni credenti; in più ritiene che

siano stati ben pochi a rispettarlo nel corso della storia, in primis le stesse autorità

ecclesiastiche. Sempre Calvino cita l'esempio della città di Ginevra, ove i vescovi

concedevano il permesso di praticare l'usura ai ricchi imprenditori svizzeri in

cambio di protezione. Il riformatore ginevrino era convinto che le istituzioni

religiose avrebbero dovuto assecondare gli interessi della nuova classe sociale

dominante dell'epoca, ovvero la borghesia mercantile. E il prestito usuraio era una

delle attività predilette dai borghesi di tutta Europa.

Per Calvino la disapprovazione della ricchezza, in tutte le sue forme,

rappresentava un'offesa a Dio, in quanto la “variabile mescolanza di ricchi e

poveri” era determinata dalla provvidenza divina. La salvezza dell'anima era

concessa a tutti coloro che avessero saputo utilizzare adeguatamente la propria

ricchezza e ai poveri che fossero stati in grado di accettare la povertà con dignità

e pazienza, tesi corroborate da una rilettura dei testi sacri in chiave capitalistica.

Inoltre, viene posta l'attenzione sul fatto che l'interdizione dell'usura fosse vietata

presso la comunità ebraica, ma non nel rapporto degli ebrei coi pagani57 e che gli

ebrei stessi fossero costretti all'usura nei confronti dei pagani, in quanto questi la

praticavano senza limiti. La conclusione del riformatore svizzero è quella di

57 Cfr. Es 22,25; Lv 25,35. Dt 23,19.

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considerare il divieto di prestito a interesse semplicemente una legge politica,

priva di qualsiasi valore universale e quindi limitata al periodo storico di

riferimento.

Giovanni Calvino reinterpreta anche il passo evangelico di Luca 6,35: “date a

mutuo senza sperarne nulla”: l'avvocato del vescovo di Noyon, dunque, sostiene

che il pensiero di Luca non possa necessariamente impedire di richiedere un

interesse, visto che l'unico obiettivo è quello di incentivare i credenti a donare ai

poveri. Gesù Cristo nella parabola dei talenti non condanna in forma esplicita

l'usura, si limita a predicare l'amore universale e non impone delle leggi severe ai

suoi discepoli. Calvino stravolge l'esegesi medievale del divieto biblico di San

Tommaso d'Aquino, secondo cui la concessione agli ebrei di praticare l'usura nei

confronti dei nemici fosse un escamotage per evitare che la medesima pratica

avvenisse all'interno della stessa comunità ebraica, tra fratelli spinti dall'avidità.

Se per i giuristi medievali l'usura era illecita e illegittima, per Calvino andava

giustificata e storicizzata, anche all'interno della comunità dei cristiani, l'amore

universale avrebbe evitato ogni eccesso.

La grande rottura del pensiero di Calvino con l'impostazione concettuale comune

ad Aristotele, al cattolicesimo,e all'islamismo è l'esaltazione del crematismo: il

denaro, in quanto merce universale, può produrre ulteriore denaro. E' interessante

il saggio di Enrico Galavotti (2007) in materia: “Dopo aver costatato, amaramente,

che il principio medievale della carità cristiana era venuto meno, Calvino pensò

che era rimasto solo un modo per convincere il borghese a diventare "cristiano",

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pur restando "borghese": quello di assicurargli un interesse sui suoi crediti. E'

stato così che il denaro è diventato più importante della proprietà della "terra" (...).

Il vero sofisma di Calvino, quello assolutamente inedito, sta nell'aver distinto tra il

profitto di soccorso o di consumo, destinato al povero o all'acquisto di beni di

consumo, per il quale non è previsto alcun interesse, essendo questo improduttivo;

é il prestito di produzione o d'investimento, non previsto dalla Bibbia, perché è un

credito commerciale o d'impresa. Chi riceve del denaro in prestito e lo investe,

deve pagare un giusto interesse. Il ragionamento, dal punto di vista borghese, è

-come si può notare- perfettamente logico, ma appunto perché si era voluti

assolutamente uscire da un'economia di autosussistenza, fondata sul valore d'uso,

ovvero perché, nel democratizzare la vita rurale, abolendo il servaggio, si era

preferito concedere ampia autonomia allo "spirito capitalistico" delle manifatture

e dei commerci privati. Naturalmente Calvino si rendeva conto che, potendo

scegliere fra il concedere prestiti a un povero incapace di metterli a frutto, e il

concedere gli stessi crediti a uno intenzionato a lavorare sodo, il borghese avrebbe

sempre scelto la seconda alternativa. Egli dunque doveva escogitare un sistema

per impedire che qualcuno potesse rivolgergli la seguente obiezione: chi potrebbe

prestare senza interesse per soccorrere altri e non lo fa, col pretesto che col suo

denaro può acquistare dei vantaggi con un buon investimento, è come se fosse un

usuraio. I problemi di coscienza -come si può notare- avevano ancora un certo

peso agli albori del capitalismo. Sapendo questo, Calvino si preoccupò di elencare

una serie di restrizioni sul prestito a interesse (si preoccupò naturalmente solo di

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questo e non anche di come risolvere il problema della povertà). Nessuno può far

di professione l'usuraio; 2) è vietato chiedere un interesse al povero; 3) il creditore

non può pensare solo ai propri interessi; 4) l'interesse dev'essere equo, benché sia

impossibile stabilire una regola oggettiva in base alla quale fissare un tasso

uniforme; 5) l'interesse va chiesto solo se chi lo riceve ha ottenuto, dopo aver

impegnato il prestito in un'attività produttiva, un guadagno superiore alle spese

sostenute; 6) l'interesse dev'essere pubblico, perché bisogna controllare che non

aumenti, in virtù di esso, il costo della vita. Occorre quindi un controllo statale.

Tutte queste restrizioni sembrano volerci far capire che Calvino si assoggettò

malvolentieri all'idea di dover concedere ampio spazio ai prestiti con interesse. In

realtà egli lo fece con la convinzione ch'essi erano non solo legittimi ma anche

indispensabili alla vita economica borghese. "E' chiarissimo -egli afferma- che

agli antichi era proibita l'usura, ma dobbiamo riconoscere che ciò faceva parte

della loro costituzione politica. Ne consegue che oggi l'usura non è illegale,

purché non contravvenga all'equità a alla fraternità". In questo senso la sua opera

segna una svolta epocale, un punto di non ritorno. L'usura non è più proibita come

principio ma solo post-factum, cioè quando l'interesse richiesto diventa eccessivo.

L'interesse, prima proibito come principio ma tollerato in diversi casi particolari

(uno era appunto quello dei Monti di pietà), ora diventa lecito come principio,

nell'illusione che lo si possa proibire ogni volta che sembri contrario all'equità”.

In sintesi, il tempo dei limiti etici era definitivamente tramontato e anche a livello

normativo il prestito ad interesse trovò la sua legittimità nel codice civile francese

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voluto da Napoleone Bonaparte. La produzione di denaro sul denaro diventò uno

degli elementi strutturali della moderna finanza convenzionale.

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Capitolo terzo

La finanza etica: principi e prerogative

Premessa

Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato il fenomeno della finanza islamica e lo

sviluppo di questo sistema finanziario nell'ambito della economia globale, per poi

concentrare l'attenzione del lettore sulle analogie culturali che intercorrono tra i

divieti posti dalla religione islamica e l'evoluzione dei medesimi concetti nei Testi

Sacri e nella filosofia medievale. In questo capitolo esamineremo le caratteristiche

principali di un settore della finanza mondiale che condivide alcune delle

peculiarità teoriche dell'islamic banking: la finanza etica.

3.1 Genesi e diffusione della finanza etica

Con il termine finanza etica si intende “l'organizzazione e la gestione dei servizi

d'intermediazione finanziaria con lo scopo di rispettare determinati valori umani,

sociali e ambientali e di raggiungere obiettivi ritenuti moralmente vincolanti”. Gli

effetti negativi della crisi finanziaria del 2008, propagatasi dagli Stati Uniti in

tutto il mondo, e che continua ancora oggi a rendere i mercati finanziari molto

fragili dinanzi ai comportamenti speculativi, ha convinto gli operatori finanziari a

ricercare strategie di investimento più affidabili e attente alle esternalità sociali e

ambientali, superando il principio dogmatico della massimizzazione del profitto e

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inserendo il criterio della responsabilità sociale in un ambito scevro da qualsiasi

valutazione etica come quello della finanza. Infatti, per l'opinione generale,

l'espressione “finanza etica” può sembrare un ossimoro, un'incoerenza linguistica

e semantica; la finanza tout court gode di una reputazione negativa, rievoca l'idea

di transazioni milionarie volte solo all'arricchimento individuale, mentre l'etica, al

di là delle svariate definizioni che si possono prendere in considerazione, ha una

connotazione positiva e rimanda a valori sociali, morali o religiosi.

L'obiettivo primario di questa “presunta” contraddizione in termini è quello di

fungere da leva culturale per tutti gli interpreti del mondo finanziario e bancario,

affinché la finanza possa trasformarsi da strumento di profitto per pochi

privilegiati a elemento portante dello sviluppo e della crescita dell'economia reale,

rendendo, appunto le scelte degli investitori più sensibili alle attività socialmente

sostenibili58.

Secondo il pensiero di Milano (2001) però, commetteremmo un errore a

presentare la finanza etica come una sorta di alternativa, politicamente corretta,

alla finanza convenzionale, “E' una finanza classica con tutte le sue regole: la

diversità sta nel suo scopo, nel benessere dell'uomo globale e non solo quello di

uno spicchio di mondo. E' una disciplina per l'uomo, e non solo per alcuni

uomini” In realtà si potrebbe persino affermare che la finanza etica sia una

sovrastruttura destinata ad essere superata nel momento in cui riuscirà a cambiare

le regole e i comportamenti degli stakeholders della finanza tradizionale. Il grande

58 Ad esempio, aumentando il capitale di quelle aziende che operano nel settore della cooperazione sociale, del commercio equo e solidale, della produzione eco-sostenibile.

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limite dell'intero sistema è, però, la ricerca di una valutazione oggettiva del

termine “etica” negli investimenti, un concetto troppo spesso abusato e che spesso

ha generato diffidenze nei confronti dei promotori dei c.d. Socially Responsible

Investment (SRI), conosciuti e diffusi in Italia con la denominazione di Fondi

etici. Nei paragrafi successivi affideremo questa ardua interpretazione alle

definizioni presentate, ad esempio nel nostro Paese, dalla Consob e dalla

associazione Assogestione, leader nel settore del risparmio gestito. Prima di

affrontare l'analisi delle prerogative tecniche dell'approccio etico nella finanza, e

per comprende l'evoluzione di questo movimento, è necessario partire da alcuni

riferimenti storici.

La finanza etica è un movimento culturale che affonda le sue radici fin dai tempi

della costituzione dei Monti di Pietà, che come abbiamo analizzato nel capitolo

precedente, furono la prima tipologia di istituti bancari a vocazione solidale.

Lorenzo de Tonti59, pioniere del microcredito e Antonio Genovesi60, professore di

Economia Pubblica della prima facoltà di economia al mondo, furono i promotori

in Italia di una filosofia che, reinterpretando la figura dell' homo oeconomicus

come “persona” e non solo come “merce”, aprirono la strada alla rivalutazione

dell'economia quale bene comune e, in particolar modo, del denaro come mezzo

59 L.Tonti (ca. 1602- ca. 1684) fu un banchiere di origini napoletane, inventore della “tontina”, la prima forma di microcredito, ancora utilizzata in alcune zone dell' Africa e fonte di ispirazione del Premio Nobel, M. Yunus, per la sua attività bancaria. Nella tontina, ogni partecipante paga una quota d'ingresso, il denaro raccolto viene investito e i partecipanti godono degli utili per tutta la vita. Alla morte di uno dei partecipanti la quota del de cuius viene ripartita tra i superstiti.

60 A.Genovesi (1713-1769) economista e filosofo napoletano, pioniere dell'Economia civile e professore di metafisica, etica ed Economia Pubblica all'università di Napoli. Fu il promotore di una politica economica influenzata dalle dottrine fisiocratiche e liberiste.

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per la salvaguardia del benessere economico e sociale della comunità. Giuseppe

Toniolo, uno dei padri della dottrina sociale della Chiesa, si fece portavoce morale

del buon lavoro delle neonate casse di risparmio mutualistiche del '700, nelle quali

la teoria dell'utilitarismo nell'economia, aspramente criticata dal sacerdote, veniva

mitigata dall'incidenza dell'etica. Fu però in ambito internazionale che vennero

mossi i primi passi concreti verso una più forte convergenza tra etica ed

economia. Nel 1760, il teologo e fondatore del movimento britannico protestante

metodista, John Wesley, sostenne l'idea che gli imprenditori non avrebbero dovuto

più produrre ricchezza in modo egoistico e a svantaggio della comunità; agendo

da custodi dei propri beni piuttosto che da proprietari. Questa nuova concezione

ispirò il pensiero economico delle Chiese protestanti del mondo anglosassone.

Agli albori del XX secolo i movimenti protestanti negli Stati Uniti cominciarono a

criticare, in modo sempre più deciso, il deposito di denaro e l'impiego del

risparmio dei propri seguaci in attività moralmente sconvenienti, quali la vendita

di prodotti alcoolici, tabacco, pornografia e gioco d'azzardo. Su questa

impostazione, nel 1928, il Federal Council of Churches lanciò il primo fondo

comune etico della storia: il c.d. Pioneer Fund (Milano, 2001). I sottoscrittori del

fondo61 vennero informati minuziosamente sulla gestione dei loro risparmi: in

base all'etica cristiana il denaro venne impiegato solo in attività ritenute favorevoli

per la comunità. Il Fondo non subì gli effetti negativi della crisi di Wall Street del

1929 e ciò aprì la strada all'emissione di nuovi fondi etici.

I decenni di maggiori sviluppo della finanza etica in America furono gli Anni

61 Il Pioneer Fund poteva essere sottoscritto solo dai seguaci del movimento dei Mennoniti.

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Sessanta e Settanta, quando il movimento pacifista, contrario alla guerra del

Vietnam, e gli anti-nuclearisti, cominciarono a sensibilizzare l'opinione pubblica

sulla mancanza di responsabilità sociale delle multinazionali statunitensi. E non

solo. In quel periodo vennero costituite numerose associazioni di piccoli azionisti,

pronte a far sentire il proprio peso specifico all'interno dei consigli di

amministrazione delle aziende e a boicottare i prodotti proveniente dalle Nazioni

responsabili di eccidi e violazioni dei diritti umani62. Da questi movimenti di

protesta costruttiva nacquero i primi fondi etici con “criteri positivi”, ovvero i

fondi comuni che non si limitavano a non investire in attività disdicevoli ma che

supportavano economicamente le aziende ritenute meritevoli: il Foursquare

(1961), il Pax World Fund (1971) e il Third Century Fox (1972). Il fondo più

emblematico per il movimento fu il Pax World Fund, perché la sottoscrizione

venne aperta a tutti gli interessati e non solo ai sostenitori e ai seguaci delle Chiese

promotrici. In Europa, l'evoluzione della finanza etica avvenne in modo più lento

e graduale, il primo strumento di investimento etico fu il fondo Ansvar della

società scandinava Swedish Temperance Society, anch'esso come il Pioneer Fund,

aperto alla sottoscrizione dei soli sostenitori del movimento. In Gran Bretagna, la

Chiesa Anglicana cominciò a diversificare le proprie scelte d'impiego del

risparmio mirando ad investimenti eticamente sostenibili fin dal 1948 ma

bisognerà attendere il 1984 per assistere alla promulgazione del primo fondo

comune etico: lo Stewardship Unit Trust della Friends Provident, una compagnia

di mutue assicurazioni facente parte della corrente protestante dei Quakers, un

62 Gli Stati in questione erano principalmente: il Sud Africa, il Cile e la Cina.

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movimento religioso particolarmente attento alle tematiche della responsabilità

sociale in ambito finanziario. L'esperienza della Friends Provident fu seguita da

altre società e, in brevissimo tempo, furono lanciati numerosi fondi comuni dello

stesso genere63. La tabella riportata in seguito ci dà un'idea dei diversi veicoli

d'investimento etici sottoscritti in Gran Bretagna dal 1984 al 1990 ( Cit. pag. 62)

A cornetichal unit trust No: armi, tabacco, alcool, esperimenti su animali, attività in Sud Africa.

Amity Fund Si: aziende che contribuiscono alla qualità della vita della famiglia nei campi dell'educazione, della salute, della sicurezza casalinga.

Conscience Fund Sì: aziende preoccupate dell'ecologia, in buoni rapporti con i propri dipendenti, dedite alla beneficienza.No: tabacco, alcool, armi, gioco d'azzardo, regimi oppressivi, sfruttamento degli animali.

Investment Fund Ethical No: armi, attività in Sud Africa o Namibia, energia nucleare, esperimenti sugli animali, pellicce, gioco d'azzardo, alcool,banche, pubblicità scorretta.

Ethical Trust Sì: salute, costruzioni, protezione dell'ambiente.No: armi, tabacco, alcol, nucleare, gioco d'azzardo, sperimentazioni irresponsabili sugli animali, affari con regimi oppressivi o non democratici.

Fellowship Trust No: gioco d'azzardo, alcol, tabacco, armi, affari in Sud Africa, gruppi petroliferi e bancari internazionali.

63 Gli investimenti etici nel Regno Unito fanno seguito all'istituzione dell'EIRIS (Ethical Investment Research service). La rivista annuale di questo ente funge da guida agli investimenti etici, con tutte le informazioni da sapere sulle aziende che svolgono attività meritevoli di essere menzionate tra quelle etiche.

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Fidelity Famous Name Trust No: tabacco.

Health Fund Sì: salute e protezione dell'ambiente.No: alcol, tabacco, gioco d'azzardo, affari in Sud Africa.

Merlin Ecology Fund No: affari in Sud Africa, armi, tabacco, nucleare.

Stewardship Unit Trust No: armi, sfruttamento degli animali, gioco d'azzardo, alcol, tabacco, affari in Paesi con dittature e regimi oppressivi.

Target Global Opportunities No: armi, gioco d'azzardo, alcol, tabacco, affari con regimi che praticano l'apartheid.Sì: aziende con buona politica sociale verso i dipendenti e attenzione all'ambiente.

Il Regno Unito é ancora oggi il paese guida della finanza etica in Europa. In

Francia, i primi fondi comuni etici risalgono al 1983 e al 1989:il fondo Nouvelle

Stratégie 50, lanciato dalla società d'investimento Meeschaert e dalla

organizzazione no profit Éthique et Investissement e il fondo Hymnos, emanato

dall'istituto bancario Credit Lyonnais, dedicato alle scelte finanziarie delle

congregazioni religiose. In Italia, nonostante le grandi innovazioni teoriche di

economisti come Genovese e Tonti, la finanza etica non trovò grande spazio fino

agli anni Ottanta, quando la società cooperativa finanziaria di mutua Autogestione

(Mag) di Verona lanciò la sua proposta di risparmio autogestito. Gli investimenti

della Mag furono diretti su tre attività principali: la solidarietà sociale, l'ambiente,

la cultura e l'informazione; l'intero sistema si basa tutt'oggi su presupposti del

tutto nuovi nel panorama finanziario italiano: la partecipazione dei soci alla

gestione, finanziamento di progetti di cooperative e associazioni ethical friendly,

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massima trasparenza nelle informazioni sui progetti finanziati, riducendo al

minimo le asimmetrie informative. Gli Anni Novanta vedranno poi la nascita della

massima espressione della espressione della finanza etica in Italia, la Banca

Popolare Etica.

Questa breve rassegna storica ha evidenziato l'importanza che hanno avuto le

congregazioni religiose nella diffusione della finanza etica; oggi, la maggior parte

dei fondi etici è detenuta da società e aziende laiche che hanno portato avanti

l'utopia di una finanza socialmente responsabile. I dati di crescita della finanza

etica sono emblematici; secondo l'associazione dei forum europei per la finanza

sostenibile (EUROSIF) nel periodo 2008-2010 vi è stato un incremento dei

patrimoni investiti in Europa in base a criteri di responsabilità sociale pari all'

87%, le risorse investite hanno raggiunto la cifra record di 5000 miliardi euro a

fine 2009. Di questa cifra, 3800 miliardi sono investiti solo in base a criteri di

esclusione di determinate aziende mentre ben 1200 miliardi sono investiti

seguendo criteri selettivi negativi e positivi, ovvero non limitandosi ad eliminare

dal portafoglio le aziende produttrici di armi e altri prodotti ritenuti nocivi per

l'uomo, ma prevedendo una selezione di aziende particolarmente meritevoli di

essere finanziate in funzione delle ottime politiche di governance all'interno di

esse. Lo schema che segue rappresenta l'emissione di fondi etici in Europa al

giugno 2010

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L'Italia ha vissuto un periodo di forte crescita tra il 2003 e il 2009 ed in base ai

dati in possesso di EUROSIF (2009), 312,4 miliardi di euro sono investiti nel

nostro paese secondo criteri di responsabilità sociale (banknoise.com)

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3.2 Principi e caratteristiche della finanza etica

Nel paragrafo precedente abbiamo accennato al fatto che sia molto complesso

trovare una definizione univoca e oggettiva di etica nella finanza. Ci siamo

limitati a sostenere che la finanza etica mira alla ridefinizione delle regole degli

investimenti nel mercato finanziario, inserendo ulteriori parametri di riferimento

ai requisiti tipici del sistema tradizionale. Al rischio e al rendimento si aggiunge il

criterio della responsabilità sociale. Ma in cosa consiste la responsabilità sociale?

Cosa distingue effettivamente l'investimento etico da quello tradizionale?

Vi sono almeno quattro diverse fasi di evoluzione del concetto di responsabilità

sociale nella finanza, che corrispondo a a quattro concezioni differenti di finanza

etica (Becchetti-Paganetto, 2003):

gli intermediari finanziari e i risparmiatori utilizzano una parte dei

rendimenti percepiti sui mercati finanziari in attività di beneficenza;

gli intermediari finanziari svolgono un ruolo attivo nei consigli di

amministrazione delle aziende di cui sono azionisti, affinché il CDA

indirizzi gli investimenti in fondi eticamente sostenibili;

gli intermediari finanziari e i risparmiatori si astengono dal compiere

investimenti in quelle aziende che abbiano violato determinati criteri etici

selezionati aprioristicamente da agenzie di rating etico;

Si istituisce un' Agenzia Internazionale di controllo e consulenza che valuti

con attenzione,in nome del Fondo, ogni società oggetto di investimento.

Nel primo caso, l'intero sistema della finanza etica si basa sulla beneficenza tout

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court, senza effettuare distinzioni tra le tipologie di investimento. L'intermediario

finanziario o il risparmiatore si limitano a versare una parte dei loro profitti in

attività ritenute socialmente utili, prescindendo da qualsiasi valutazione sulla fonte

dei profitti stessi. E' evidente come in funzione di questa prima definizione, la

convergenza tra la finanza tradizionale e la finanza etica sia quasi impercettibile.

Non vi è diversificazione negli investimenti ma semplice diversificazione

nell'impiego del profitto individuale. Il finanziamento delle attività etiche avviene

in modo indiretto e sporadico64. La situazione cambia nella seconda fase: si

valutano criteri positivi nella selezione degli investimenti: i gestori del fondo

vengono incentivati, dalla partecipazione attiva dei piccoli azionisti, ad effettuare

gli investimenti in aziende considerate sostenitrici di politiche sociali e produttive

attente alla crescita del benessere sociale della comunità. Ad esempio, finanziando

le aziende che producono energie rinnovabili o che adottano una buona politica

sociale nei confronti dei dipendenti. In tal modo, la crescita degli investimenti in

queste attività etiche costringerebbe tutte le aziende presenti sul mercato a

modificare le proprie attività al fine di non perdere fruttuosi capitali. La terza fase

prevede l'adozione di criteri negativi di selezione: i manager delle società di

gestione fondi e i risparmiatori attuano una selezione degli investimenti,

escludendo dal portafoglio titoli gli strumenti e i prodotti finanziari di quelle

aziende che favoriscono l'incremento di attività produttive ritenute eticamente

64 La dottrina non è unanime nella valutazione di questa fase. Riccardo Milano ritiene che non possa essere considerata un'attività rientrante nell'ambito della finanza etica la semplice rinuncia di una parte del profitto ottenuto finanziando il sistema tradizionale per destinarlo a organizzazioni no profit e del Terzo settore in genere. La beneficenza è un'azione moralmente rilevante ma non è finanza etica.

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dannose per il benessere della comunità. L'esempio è quello dei fondi comuni che

escludono dagli investimenti le attività di promozione e produzione di tabacco,

alcool, materiale pornografico ed energia nucleare. Lo screening etico avviene in

base alla informazioni acquisite da determinati organismi professionali esterni e

società di consulenza quali, ad esempio, la Kinder-Lyndemberg and Domini negli

Stati Uniti e la Eiris in Gran Bretagna, che aggiornano gli investitori sul rating

etico delle varie aziende presenti sul mercato. Nella maggior parte dei casi

vengono utilizzati criteri misti, sia positivi che negativi. Nella quarta fase, la

finanza etica cristallizza l'elemento essenziale, ovvero istituzionalizza le società di

consulenza nella gestione del risparmio che effettuano valutazioni sul livello di

responsabilità sociale delle varie aziende presenti sul mercato, per poi aggiornare

gli intermediari finanziari sul rating di ciascuna società. In questo modo, lo

screening etico diventa più credibile e decifrabile.

La responsabilità sociale non è l'unico parametro di riferimento della finanza

etica, la visione economica di questo sistema rispetto alla finanza tradizionale è

riconducibile ad alcuni punti chiave che proveremo a sintetizzare, seguendo lo

schema adottato da Milano (2001).

La finanza tradizionale:

• prevede un tasso d'interesse liberamente determinato dalle regole del

mercato (in ambito di apertura di un conto corrente);

• la trasparenza nella gestione della raccolta del risparmio e negli

investimenti è contemplata ma non è vista come un valore aggiunto. Il

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cliente non viene minimamente incentivato alla condivisione delle scelte

da effettuare in ambito finanziario, se non da precisi obblighi di legge;

• la massimizzazione del profitto individuale è la regola fondamentale di

ciascun investimento, più è alto il rendimento e più il cliente è incentivato

ad investire su un determinato settore, senza alcuna valutazione ulteriore;

• gli investimenti sono effettuati senza considerare il livello di impatto

ambientale che possono produrre;

• la concorrenza è intensa e legata solo alle regole del mercato;

• Il mercato è libero, le aziende devono solo dimostrare di avere bilanci

attivi;

• non vi è l'obiettivo di creare un modello di sviluppo inclusivo e

socialmente utile;

• la concentrazione della ricchezza è nelle mani di pochi.

La finanza etica:

prevede la determinazione di un tasso d'interesse tra 0 e un massimo

concordato tra banca e cliente;

la trasparenza nella gestione del risparmio e degli investimenti è

considerato un valore assoluto, da sponsorizzare e incentivare in ogni

modo;

la valorizzazione degli operatori del mercato è una prerogativa

insindacabile, l'homo oeconomicus è una persona e non un mezzo di

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profitto;

la massimizzazione preferita è quella che mira al benessere comune, gli

investimenti che permettono la crescita dell'economia reale sono i più

sponsorizzati;

ciascun investimento deve essere valutato in funzione dell'impatto che può

generare sull'ambiente;

il mercato è organizzato in modo da incentivare il commercio equo e

solidale;

la concorrenza esasperata è sostituita dalla competizione solidale, aperta

anche a possibili alleanze che potenzino il benessere sociale;

la creazione di un modello di sviluppo sostenibile da un punto di vista

etico è l'obiettivo fondamentale;

La distribuzione della ricchezza è una delle conseguenze del mercato

solidale.

Al di là delle facili conclusioni di carattere morale sulla preferibilità di un sistema

rispetto all'altro, quello che desideriamo porre in evidenza sono le diverse finalità.

Nella finanza etica, la crescita del bene comune è un obiettivo imprescindibile, da

realizzarsi puntando ad un rendimento equo e solidale. Senza soffermarci in

esempi banali, gli alti profitti realizzabili da un'azienda che produce energie

rinnovabili non si limitano ad arricchire esclusivamente l'azienda produttrice, ma

rappresentano esternalità positive per tutta la comunità. L'apertura di un conto di

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deposito in una Banca Etica permette di determinare un tasso d'interesse tra 0

(come avviene nel sistema delle banche islamiche) e un massimo determinato, ciò

avviene perché il fine ultimo di un correntista di queste banche non è la

massimizzazione del guadagno sui soldi depositati: l'obiettivo primario è quello di

investire il proprio denaro in modo da partecipare attivamente alla crescita di

progetti reali e costruttivi. La speculazione finanziaria non trova spazio.

Quindi, se dovessimo trovare una definizione di etica nella finanza che rappresenti

la differenza di questo settore con la finanza tradizionale, potremmo affermare che

i criteri etici effettuano una drastica selezione della raccolta dei capitali e

nell'impiego degli stessi, rifiutando l'afflusso di denaro di dubbia provenienza e

valutando attentamente gli strumenti finanziari meritevoli di essere sottoscritti. In

Italia, ad esempio, si è arrivati alla promulgazione di un Manifesto della Finanza

Etica che faccia da base portante dell'intero sistema65.

Una delle caratteristiche principali della finanza etica è la valorizzazione della

partecipazione attiva degli stakeholders66 nei processi economici, senza la

quale non sarebbe possibile attuare le politiche solidaristiche e democratiche

necessarie per presentarsi al mondo finanziario come aziende ethical friendly. Lo

statuto di Banca Etica, ad esempio, dichiara : “ Va favorita la partecipazione alle

scelte dell'impresa, non solo da parte dei soci, ma anche dei risparmiatori.

L'istituzione che accetta i principi della finanza etica orienta con tali criteri l'intera

65 Cfr, Appendice C.66 Con il termine stakeholders, letteralmente “portatori d'interesse”, si intendono tutti i soggetti

che posseggono un interesse nei confronti di un'iniziativa economica, azienda o progetto. Tra questi consideriamo i clienti, i fornitori, le banche, gli azionisti.

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sua attività” ( Art. 5 Statuto Banca Etica).

Gli organismi partecipativi possono essere direttamente previsti dalla legge, come

il Cda o l'assemblea dei soci o costituiti da regolamenti interni come i Comitati

Etici ma non bisogna trascurare l'incidenza della partecipazione di ogni piccolo

azionista. Infatti, nell'era della globalizzazione, come ricorda Becchetti (cfr,

2003): oltre al voto, il consumo e il risparmio sono gli strumenti più efficaci per

influenzare i comportamenti delle imprese e delle istituzioni in modo socialmente

responsabile e possono essere esercitati quotidianamente, preferendo un fondo

d'investimento che tuteli l'ambiente o acquistando prodotti di aziende che

rispettano le regole del commercio equo e solidale. Ogni forma di partecipazione

arricchisce la diversificazione delle opinioni all'interno dell'assemblea dei soci e le

aziende che inseriscono nel proprio statuto un Comitato Etico si pongono sul

mercato come imprese socialmente responsabili. E non solo. La democraticità,

aumentando il livello di incidenza delle strategie comunitarie all'interno dei CDA,

riduce una delle grandi problematiche della finanza etica: le asimmetrie

informative. La valutazione dell'eticità di un prodotto finanziario, infatti, è

un'operazione complessa, soggetta a criteri oggettivi e soggettivi che possono

variare e confondere le idee dei risparmiatori intenti a investire il proprio

risparmio secondo i principi della finanza etica. Non è semplice stabilire se una

società promotrice di fondi etici investa in aziende che rispettino seriamente

l'ambiente o che adottino con continuità una politica rispettosa dei diritti dei

lavoratori. Molte imprese, per catturare profitti in questo nuovo settore e per

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migliorare la propria immagine agli occhi del mondo dei risparmiatori, potrebbero

mettere in atto vere e proprie trasformazioni di facciata, offrendo prodotti etici

senza modificare nulla della propria governance, e rifiutando quindi l'idea di una

finanza etica come frutto di una vocazione differente. E' evidente che l'interesse

di grandi intermediari “tradizionali” possa essere visto come una buona pubblicità

per l'intero sistema ma il rischio di assistere alla trasformazione della finanza etica

in una opportunità usa e getta, inghiottita nei meandri della massimizzazione del

profitto tipica della finanza convenzionale, sarebbe elevatissimo. In questo

contesto è fondamentale l'istituzione di autorità autonome e indipendenti che

valutino attentamente i comportamenti delle imprese socialmente responsabili, e

l'inserimento nella governance delle aziende di un Comitato Etico è una soluzione

percorribile, esattamente come avviene nel sistema della finanza islamica con gli

Shar'ia boards. Questi comitati hanno quindi il compito di garantire il profilo di

responsabilità sociale dei fondi e della gestione delle società di riferimento e sono

composti da membri scelti tra personalità di alto profilo morale e di riconosciuta

esperienza nel campo del sociale, dell'ambiente,dell'impegno civile, del mondo

religioso, dell'università. L'attività dei comitati si concentra sul controllo del

livello di trasparenza delle singole operazioni finanziarie e dovrà dare certezze

sulla affidabilità dei fondi, affinché gli operatori finanziari possano investire il

proprio risparmio senza cadere in errore. I risparmiatori, però, possono prendere

in considerazione anche le valutazioni delle società di consulenza, agenzie private

di ethic rating come, ad esempio la Eiris in Gran Bretagna, che ogni anno stila

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l'elenco dei fondi etici sottoscrivibili Oltremanica e indica i criteri positivi e

negativi specifici da seguire per lanciare fondi d'investimento67. In Italia, un

sistema di rating etico viene adottato dall'Osservatorio finanza etica, il primo

portale nazionale di analisi dei fondi e investimenti eticamente sostenibili. A

livello europeo, l'agenzia di rating più importante è la Standard Ethics, con sede

a Bruxelles. La Standars Ethics68 valuta la sostenibilità e la responsabilità sociale

d'impresa e i modelli di governance delle aziende interessante al settore

Corporate Social Responsability (CRS), senza definire un concetto oggettivo di

investimento etico ma basandosi direttamente sui criteri stabiliti dalle Nazioni

Unite, dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) e

dell'Unione Europea. Grazie a questa convergenza con le maggiori istituzioni

internazionali del Mondo, i rating di sostenibilità della Standard Ethics (SE)

hanno un'influenza particolarmente forte sugli indici del mercato finanziario etico.

L'Agenzia SE non si limita ad analizzare i comportamenti delle aziende,

promuovendo la diffusione dei principi etici in ambito economico e finanziario ma 67 Esempi di criteri positivi Eiris (www.eiris.org):

-protezione dell'ambiente mediante l'utilizzo di sistemi di riciclaggio dei rifiuti eco-sostenibili;-assistenza sanitaria e assistenza agli anziani; -progetti nei paesi in via di sviluppo;- attenzione alla promozione di attività di educazione e cultura;Esempi di criteri negativi:-attività in Paesi che non rispettano i diritti umani; -partecipazioni in aziende produttrici di armi, alcol, pellicce, materiale pornografico,energia nucleare; -aziende produttrici di: pesticidi, prodotti inquinanti per lo strato dell'ozono e le foreste tropicali;-che utilizzano cavie animali o che non ne limitano l'utilizzo.

68 La Standard Ethics nasce dall'esperienza innovativa di una holding italiana, la Agenzia Europea d'investimenti (AEI). La AEI fu costituita nel 2001 da 65 soci (sia privati che istituzionali) come Holding di Partecipazioni di diritto italiano, L’Aei Spa controllava al 100% la Aei Sgr (Società di Gestione del Risparmio), vigilata dalla Banca d'Italia e dalla Consob, iscritta al numero 136 dell’Albo delle Sgr (con sede a Milano). La Aei Sgr fu la prima Sgr italiana ad amministrare esclusivamente fondi comuni d’investimento etici.

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fornisce anche un quadro di riferimento per gli studi sulla responsabilità sociale e

la sostenibilità delle imprese. In nessun caso, quindi, l’Agenzia, attraverso la

pubblicazione del rating, incentiva la sottoscrizione di determinati investimenti.

Le valutazioni finali della Standard Ethics riguardano le attività delle aziende

private e il rispetto dei valori etici espressi da ONU, OCSE e UE delle singole

nazioni.

Il rating viene stabilito su otto livelli, introdotti per la prima volta nel 2002: EEE;

EEE-; EE+; EE; EE-; E+; E; E-; dove “EEE” rappresenta il modello, “EE” la

media, la singola “E” sotto la media. Le Nazioni o società quotate che si

distanziano in modo evidente dai criteri etici considerati dall'Agenzia, non

ricevono il Rating e vengono inserite tra gli emittenti “sospesi”.

Ecco i dati riguardanti le aziende del nostro Paese analizzate da Standard Ethics

(www.agenziaeuropea.it).

Company Rating Outlook Date

Eni EE+ 01/07/11

Saipem EE+ “

Banca Popolare di Milano

EE “

Banco Popolare EE “

Enel EE “

Fiat EE Sotto osservazione “

Fiat Industrial EE “

STMicroeletronics EE “

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UBI Banca EE “

A2A EE- “

Monte dei Paschi di Siena

EE- “

Campari EE- “

Enel Green Power EE- “

Generali EE- “

Luxottica EE- “

Snam Rete Gas EE- “

Telecom Italia EE- “

Unicredit EE- “

Ansaldo STS E+ “

Bulgari E “

Diasorin E+ “

Fondiaria SAI E+ “

Intesa San Paolo E+ Positivo “

Parmalat E+ “

Pirelli & C. E+ “

Prismian E+ “

Tenaris E+ “

Autogrill E “

Atlantia E “

Buzzi Unicem E “

Exor E “

Mediobanca E “

Terna E “

Mediaset E “

Mediolanum E- “

Impregilo E- “

Lottomatica E- “

Finmeccanica Sospesa “

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Page 119: Università degli Studi Roma Tre · 2021. 3. 3. · Nel terzo ed ultimo capitolo della trattazione, “la finanza etica: principi e prerogative”, ci soffermeremo sulla genesi e

E i dati riguardanti le singole Nazioni:

Country Rating Outlook Date

Argentina E+ 01/05/11

Australia EE+ “

Austria EEE- “

Belgio EE- “

Brasile EE- “

Bulgaria EE- “

Canada EE+ “

Cile E+ “

Cina E- “

Rep. Ceca EE “

Danimarca EEE NEGATIVO “

Egitto E- POSITIVO “

Estonia EE- “

Finlandia EEE “

Francia EEE- “

Germania EEE- “

Regno Unito EEE “

Grecia EE “

Ungheria EE- NEGATIVO “

Islanda EEE “

India E “

Irlanda EEE- “

Israele E+ “

Italia EE- NEGATIVO “

Giappone EE “

Lussemburgo EE+ “

Messico EE NEGATIVO “

Paesi Bassi EEE- “

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Nuova Zelanda EEE- “

Norvegia EEE “

Polonia E+ “

Portogallo EE+ “

Romania EE- “

Russia E “

Slovenia EE+ “

Sud Africa EE- “

Corea del Sud E+ “

Spagna EEE- “

Svezia EEE “

Svizzera EE+ “

Turchia E+ “

Stati Uniti d'America

EE+ POSITIVO “

In base a questi dati, i Paesi scandinavi sono le realtà più attente allo sviluppo

degli investimenti etici mentre i c.d. Paesi in via di sviluppo si collocano agli

ultimi posti della classifica. In conclusione, possiamo affermare che il

coinvolgimento delle istituzione europee ed internazionali, come nel caso della

creazione dell'Agenzia Standards Ethics, sia essenziale, affinché la finanza etica

possa superare tutte le diffidenze e i dubbi sulla effettiva credibilità di un sistema

finanziario basato su principi morali e non esclusivamente matematici.

3.3 Strumenti finanziari e attività tipiche della finanza etica

120

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La finanza etica utilizza i medesimi prodotti della finanza tradizionale; come

sappiamo, l'elemento di distinzione è rappresentato dalle finalità e non dagli

strumenti di investimento. Ciò non esclude la presenza di determinate peculiarità

strutturali di alcuni strumenti. Ad esempio per quanto riguarda le banche etiche,

che differiscono completamente dalle banche convenzionali, possiamo distinguere

le attività in:

fondi comuni d'investimento;

fondi pensione;

microcredito.

I fondi comuni etici si distinguono dai prodotti finanziari tradizionali perché la

valutazione e la gestione degli investimenti avviene in funzione di principi etici e

sociali, che si sostituiscono alla massimizzazione del profitto. In Italia, l'effettivo

grado di eticità di un fondo, oltre ad essere sotto il controllo delle agenzie di

rating, è sottoposto alla verifica della Commissione Nazionale per le Società e la

Borsa (CONSOB). Infatti, in base al Testo Unico sull'intermediazione finanziaria

e al D. Lgs. n. 164/2007 che ha recepito i dettami della Direttiva MiFID

2004/39/CE (Market in Financial Instruments Directive), la CONSOB ha avuto la

delega ad emanare disposizioni in materia di obblighi informativi e di

rendicontazione sulle società che promuovono fondi etici. L'attività normativa

della CONSOB ha portato all'emanazione del Libro VII del TUF sulle

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Disposizioni in materia di finanza etica o socialmente responsabile (artt. 55Bis-

89). La medesima Commissione Nazionale ha definito la finanza etica: “ un

processo d'investimento fondato su criteri di selezione dei titoli che non si

pongono, come fine esclusivo, la massimizzazione dei rendimenti (dato un certo

grado di rischio), ma anche la salvaguardia di valori universali di equità sociale,

protezione dell'ambiente e salute, svolgimento dell'attività economica nel rispetto

degli interessi di tutti gli stakeholders e, più in generale, dei cittadini” (Consob,

2005). Le disposizione della CONSOB stabiliscono gli obblighi di trasparenza che

devono precedere l'emissione di un fondo etico:

obiettivi e caratteristiche che qualificano il prodotto o servizio come etico

o socialmente responsabile;

criteri generali di selezione degli strumenti finanziari, conformi agli

obiettivi e alle caratteristiche delineate;

politiche e obiettivi di azionariato attivo perseguiti;

destinazione dei proventi ad iniziative di carattere sociale o ambientale;

misura dei proventi destinati ad iniziative di carattere sociale o ambientale;

procedure adottate per assicurare il perseguimento degli obiettivi dichiarati

(come l'istituzione di organi interni specializzati e l'attribuzione di

specifiche funzioni);

adesione a codici di autoregolamentazione, promossi da soggetti

specializzati.

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Successivamente all'emanazione del fondo d'investimento, gli obblighi di

rendicontazione si sommano agli obblighi di trasparenza:

illustrazione dell'attività di gestione in relazione ai criteri generali di

selezione degli strumenti finanziari detenuti in portafoglio;

esercizio dell'attività di azionariato attivo;

devoluzione dei proventi ad iniziative di carattere sociale e ambientale e

relativa misura.

Per quanto riguarda i dati di diffusione dei fondi di questa tipologia, in base ad un

rapporto di Eurosif, risalente al 2009, il 94,8% dei fondi etici italiani non investe

in armi, il 52% nel tabacco, il 33,3% nel mercato degli alcolici e il 41% in quello

della pornografia. In più, vi sono sette fondi che escludono i titoli di debito

pubblico dei Paesi che applicano la pena di morte e 28 che escludono i titoli dei

Paesi che violano libertà e diritti civili. Sempre per quanto concerne il nostro

Paese, non possiamo esimerci dal menzionare l'attività della più importante e

strutturata società di gestione di fondi etici: Etica Sgr.

L'attività di questa società si fonda sull'emissione diretta di fondi d'investimento

basati sui criteri etici di EIRIS69 e sull'azionariato attivo70. Attualmente, Etica Sgr

ha emesso quattro diverse tipologie di fondi etici sotto la denominazione di fondi

valori responsabili: fondo monetario, fondo obbligazionario misto, fondo

69 Cfr. nota 9.70Esercizio dei diritti di voto collegati al possesso di azioni, attraverso il quale si cerca di sensibilizzare l'impresa verso una maggiore sostenibilità, intervenendo in assemblea o votando i punti all'ordine del giorno della stessa.

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bilanciato e fondo azionario. Il fondo monetario è un investimento a breve

termine, dai 2 ai 3 anni e presenta un grado di rischio medio-basso, e per questo è

consigliato a chi ha una minima propensione al rischio e preferisce gestire la

liquidità in un'ottica di breve periodo. Il Fondo investe in obbligazioni e titoli di

Stato con una durata massima di 2,5 anni, emessi o garantiti direttamente dagli

Stati o da Organismi Sovranazionali. Esclusivamente in via residuale possono

essere effettuati investimenti in obbligazioni emesse da società. I mercati

regolamentati di riferimento sono quelli dell'area-euro. Non rientrano in questa

tipologia di sottoscrizione i titoli azionari. I parametri oggettivi di riferimento

(benchmark) sono: 80% JP Morgan EMU e 20% JP Morgan Index euro 3 mesi71.

Il versamento minimo iniziale ammonta a 500 euro ed è prevista una commissione

annuale di gestione dello 0,60 %. Il fondo obbligazionario misto ha un grado di

rischio medio ed un orizzonte temporale massimo di 4 anni. Gli investimenti

hanno come oggetto obbligazioni, titoli di stato e fondi sovrani europei, emessi

anche da organizzazioni internazionali. Per questa tipologia di fondo, è possibile

acquisire anche titoli azionari, ma il relativo importo complessivo non deve

superare il 20 % del portafoglio. Gli indici di riferimento sono: 65% JP Morgan

EMU, 25 % JP Morgan Index euro 3 mesi e 10% MSCI DM World Index (in

euro). Anche per questo fondo il versamento iniziale minimo è di 500 euro ed è

prevista una commissione di gestione annua dell' 1,20%. Il fondo bilanciato

prevede un rischio più alto e prevede un livello massimo d'investimento in titoli

71 Jp Morgan Emu e Jp Morgan Index sono gli indici di riferimento dei fondi di liquidità e dei fondi obbligazionari internazionali.

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azionari del 70% del portafoglio complessivo. I benchmark sono: 35% Jp Morgan

Emu, 5% Jp Morgan Index euro 3 mesi e 65% MSCI DM World Index. In questo

caso la commissione annua è dell'1,80 %. Infine, il fondo azionario internazionale

è il fondo con il livello di rischio più alto e quindi con la redditività maggiore. Gli

investimenti vengono effettuati acquistando titoli azionari da qualsiasi mercato

azionario del mondo, fino al 100% del portafoglio. I benchmark sono: 10% Jp

Morgan Index e 90% MSCI DM World Index. La commissione annua è pari

all'1,85%. La sottoscrizione di qualsiasi investimento di questa società comporta

la trattenuta di una commissione ulteriore pari al 1% da destinare al finanziamento

di operazioni di microcredito. I criteri positivi si basano su tre grandi campi:

ambiente, governance e sviluppo sociale:

Criteri positivi aziende Criteri positivi Stati

Valutazione dell'impatto ambientale nella realizzazione dei prodotti

Rispetto dei Trattati internazionali sulla diminuzione dell'inquinamento terrestre

Presenza nel CDA di amministratori indipendenti e qualificati

Rispetto delle libertà politiche e trasparenza nelle procedure elettorali

Rispetto di criteri sociali quali: sicurezza e sanità nei luoghi di lavoro e rispetto dei diritti dei lavoratori

Riduzione costante del tasso di disoccupazione e di mortalità infantile.

I criteri negativi d'investimento di Etica Sgr sono i seguenti:

Criteri negativi aziende Criteri negativi Stati

Produzione armi Applicazione della pena di morte

Produzione cosmetici con test su animali

Violazione dei diritti umani

Energia nucleare Violazione dei diritti civili

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Gioco d'azzardo

tabacco

Modificazione genetica di animali o piante non a scopo medico

Utilizzo di legname proveniente da foreste protette

Produzione di pesticidi

Non rispetto del Codice Internazionale di Marketing dei sostituti del latte materno

Spetterà al Comitato Etico vigilare sull'effettivo rispetto dei suddetti criteri.

L'approccio etico sta allargando il suo ampio raggio anche nell'ambito dei fondi

pensione, ovvero gli strumenti principali della previdenza complementare. Nel

2001 ben il 60% degli investimenti etici statunitensi erano rappresentati da fondi

previdenziali. In Italia il primo fondo pensione etico è stato lanciato dalla

UNIPOL nel 2001 ma nel nostro Paese non è ancora prevista una legislazione

specifica in materia di investimenti socialmente responsabili in materia

previdenziale; gli investitori istituzionali non hanno particolari incentivi ad

investire secondo criteri etici ed in base all' art. 6 comma 13 lettera C del D. Lgs.

252/2005 l'unico obbligo previsto è la trasparenza nel prospetto informativo, nel

quale deve essere specificata l'eventuale considerazione di criteri ambientali e

sociali dell'investimento o in che misura vi sia il rispetto dei suddetti criteri etici.

Nonostante i dati sulla scelta di fondi pensione etici da parte degli investitori non

siano ancora particolarmente rilevanti (in Italia si contano circa 2 miliardi di euro

investiti), in base ad uno studio effettuato dalla società Allianz Global Investors

126

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Europe in collaborazione con il Centre European Economic Research, il 62%

degli italiani ritiene che i fondi pensione futuri prenderanno sempre più in

considerazione i criteri etici al momento di investire i capitali raccolti dai

risparmiatori interessati ad una forma di previdenza complementare. Tra i più

ottimisti vi sono i francesi (il 90%) mentre i più scettici sono gli inglesi, sono il

30% degli intervistati ritiene che l'approccio etico possa avere uno sviluppo

sempre più considerevole in questo settore specifico.

Lo strumento più celebre del sistema finanziario etico è senza dubbio il

microcredito, concesso dalle c.d. Banche Etiche. Questa tipologia di istituti

bancari, nati dall'esperienza pionieristica della Graamen Bank del premio Nobel

Muhammad Yunus in Bangladesh, fondano la propria attività di erogazione del

credito su criteri e garanzie completamente diverse rispetto alle banche del

sistema tradizionale. Il microcredito viene definito un “credito di piccolo

ammontare finalizzato all'avvio di un'attività imprenditoriale o per far fronte a

spese d'emergenza, nei confronti di soggetti vulnerabili dal punto di vista sociale

ed economico, che generalmente sono esclusi dal settore finanziario

convenzionale”. Gli studi del Prof. Yunus si basano sulla tesi, comprovata da

decenni di prove empiriche nell'ambito del Progetto Graamen nel villaggio

bengalese di Jobra, che la concessione di piccolissime disponibilità di denaro, a

soggetti privi delle tipiche garanzie reali necessarie per ottenere un finanziamento,

possa rilanciare in modo esponenziale la crescita economica di quei ceti sociali

definiti poveri. Yunus ritiene che la beneficenza tout court non abbia reali

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esternalità positive sul superamento della povertà delle popolazioni indigenti,

bensì peggiora la situazione generale; la raccolta di denaro tramite la carità non

motiva il beneficiario a migliorare le sue condizioni economiche, lo rende ancora

più passivo e incline ad accettare definitivamente il suo status di povero. In base a

questa impostazione, i funzionari della Graamen Bank, tecnicamente molto

preparati, girano i villaggi al fine di comprendere le reali esigenze e le possibilità

di sviluppo di progetti imprenditoriali o di consumo di ogni famiglia, proponendo

finanziamenti alle donne, solitamente impossibilitate a ricevere qualsiasi forma di

vantaggio economico. Le garanzie richieste sono minime, l'obiettivo è quello di

fare affidamento sulla moralità e l'ambizione dei beneficiari, spesso il

finanziamento viene erogato ad un piccolo gruppo eterogeneo di famiglie, facendo

in modo che i rimborsi vengano pagati con la partecipazione e l'aiuto di tutti.

Solitamente, il credito concesso prevede un rientro rateale a cadenza settimanale,

con un tasso d'interesse che può raggiungere anche il 20%72 ma i debitori hanno la

possibilità di pagare anche piccolissime rate giornaliere, che permette loro di

mostrare affidabilità alla banca creditrice. D'altronde, la banca non ha garanzie su

beni reali sui quali rivalersi in caso di mancato pagamento delle rate e la

determinazione di un elevato tasso d'interesse è considerato un elemento

essenziale affinché i funzionari possano elargire credito ad altri gruppi o individui.

Il rapporto di fiducia tra debitori e creditori è fondamentale, i beneficiari del

finanziamento diventano soci della banca stessa e il 5% del totale di ogni credito

72 La concessione di un prestito ad un interesse così elevato contrasta con i principi della finanza islamica. Per questo, Yunus è stato accusato dai giuristi islamici di diffondere una cultura economica anti-islamica nei villaggi del Bangladesh.

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serve a sovvenzionare un fondo di salvaguardia, dal quale attingere in casi

specifici di necessità. La Graamen Bank ha elargito finanziamenti a oltre 7 milioni

di clienti di circa 78000 villaggi negli ultimi 20 anni, il 97% dei beneficiari sono

donne e il tasso di rimborso è stato del 98% (Hamaui-Mauri, 2009) dati che hanno

reso l'utopia di Yunus una realtà concreta. L'esperienza dell'economista bengalese

ha ispirato il lavoro di tante banche etiche anche in realtà del ricco mondo

occidentale. La prima Banca Etica in Europa risale al 1974, con l'istituzione della

GLS-Bank in Germania, alla quale seguirono in pochi anni la Alternative Bank

Suisse in Svizzera e la Triodos Bank in Olanda. Questi particolari istituti bancari

forniscono i medesimi servizi di qualsiasi altra banca convenzionale, la differenza

si sostanzia nel rispetto dei criteri tipici della finanza etica nella realizzazione di

ogni operazione. Ad esempio, una banca etica si obbliga a impiegare i capitali

raccolti dai risparmiatori solo per finanziare fondi etici, garantendo ai clienti la

massima trasparenza nella presentazione di ogni settore d'investimento;

trasparenza che si esplica anche nella scelta di non emettere depositi al portatore,

affinché il risparmiatore sia facilmente rintracciabile, così come il suo denaro.

Inoltre, i correntisti potranno determinare autonomamente il tasso d'interesse del

proprio conto corrente, da zero ad un massimo previsto dalla banca stessa.

3.4 L'esempio di Banca Etica e delle MAG in Italia

In Italia, il settore bancario etico è rappresentato da Banca Popolare Etica, istituita

a Padova nel 1998. Lo slogan di questo istituto bancario è “ l'interesse più alto è

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quello di tutti”, una massima che rende l'idea della politica finanziaria scelta dai

soci fondatori. L'art. 5 dello Statuto di Banca Popolare Etica chiarisce i principi di

riferimento e la “missione” dei funzionari: l'obiettivo è “ essere pionieri di una

nuova idea di banca, intesa come luogo di incontro, dove le persone e la banca

manifestano trasparenza, solidarietà, e partecipazione facendo della banca uno

strumento anche culturale per la promozione di un'economia che ritiene

fondamentale la valutazione sociale ed ambientale del proprio agire.(...)

permettere l'accesso al credito ai soggetti dell'Economia Sociale: imprese,

persone e progetti valutati principalmente per la loro capacità di produrre valore

sociale” (bancaetica.com). La presenza operativa sul territorio è assicurata dalla

presenza di circoscrizioni locali, nelle quali operano due categorie di promotori: i

dipendenti e i soci volontari, di cui abbiamo già analizzato la missione. Seguendo

l'esempio della Graamen Bank di Yunus, i promotori finanziari di Banca Etica

hanno il compito di cercare un contatto diretto con i potenziali clienti, trovando le

migliori soluzioni in base alle esigenze precipue di quella categoria di persone che

difficilmente viene presa in considerazione dalla banche convenzionali. A questo

fine, le garanzie richieste per il finanziamento di un'attività imprenditoriale o per

il consumo non saranno solo di natura patrimoniale (fidejussione individuale e

collettiva) ma verrà esaminata la validità sociale del progetto73,prevedendo forme

di sostegno reciproco che possano coinvolgere associazioni o Enti locali. Le

decisioni aziendali vengono prese in funzione del principio “una testa, un voto”,

73 La sostenibilità del progetto da finanziare comporterà l'esame di requisiti quali: la partecipazione, il rispetto dell'ambiente e la valorizzazione del volontariato.

130

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affinché ogni socio possa partecipare democraticamente alle scelte politiche della

banca, prescindendo dalla quota di capitale posseduta, quota tra l'altro, che non

può superare lo 0,50% del capitale sociale. In questo modo, il principio di

democraticità non rischia di essere superato da logiche lobbistiche in seno

all'Assemblea dei Soci. A livello territoriale, i soci di ogni circoscrizione eleggono

il GIT (Gruppo di Iniziativa Territoriale), formato da un minimo di 3 e un

massimo di 11 rappresentanti, i quali eleggeranno a loro volta il coordinatore

locale. Sarà compito del GIT assicurare la massima trasparenza sull'attività della

Banca, fungendo da mediatore tra le esigenze del territorio e le politiche della

sede centrale. Inoltre, la missione di Banca Etica è supportata da consorzi esterni e

banche che si impegnano a favorire la diffusione dei prodotti bancari socialmente

responsabili, stipulando apposite convenzioni. Il rispetto dei principi tipici

dell'approccio etico nelle operazioni bancarie è assicurato dal Comitato Etico, il

cui compito è quello di coadiuvare l'attività del Consiglio di Amministrazione

nella valutazione dei prodotti da offrire alla platea dei risparmiatori interessati. La

trasparenza nella determinazione delle clausole contrattuali è considerata la regola

cardine dell'intera attività bancaria. Ad esempio, per quanto riguarda i conti

corrente, nei quali gli accrediti degli interessi attivi e passivi avviene

esclusivamente su base annuale, evitando ogni forma di anatocismo. Il recesso è

concesso alle medesime condizioni sia per la banca che per il correntista ed il foro

di competenza in caso di controversie legali è quello del cliente. Nel caso dei

depositi, non viene effettuata nessuna forma di distinzione quantitativa, in quanto

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il denaro raccolto ha l'unica funzione di finanziare progetti etici ed ognuno

partecipa in base alle proprie capacità contributive. Inoltre, la scelta del tasso

d'interesse spetta al singolo cliente entro una soglia massima prevista dalla banca.

La politica non cambia in caso di concessione di un prestito, il tasso d'interesse

sarà sempre lo stesso per qualsiasi cifra e senza distinzione tra Nord e Sud Italia o

ceto sociale. I correntisti di Banca Etica dovranno sottoscrivere la dichiarazione di

condivisione delle finalità della banca e, come abbiamo già accennato, tutti i

rapporti dovranno essere nominativi, nessuna operazione potrà essere effettuata

con denaro di cui non si garantisca la provenienza. L'offerta dei prodotti riguarda

quattro grandi settori: la cooperazione sociale, la cooperazione internazionale,

ambiente, cultura e società civile, prediligendo la concessione di capitali al c.d.

Terzo Settore74. Per quanto riguarda la valutazione delle performance etiche di

ciascuna impresa da finanziare, Banca Etica si avvale di un sistema particolare:

viene assegnato un coefficiente in base al rispetto dei valori presi in

considerazione: partecipazione democratica (3 punti), qualità sociale prodotta (3

punti), rispetto per l'ambiente (3 punti), solidarietà (3 punti), pari opportunità (2

punti), rispetto delle condizioni di lavoro (2 punti), legami territoriali (2 punti),

volontariato (1 punto). L'analisi finale del punteggio ottenuto, combinato con

l'autocertificazione dell'impresa di non effettuare investimenti contrari ai principi

della finanza etica, permetterà alla banca di definire l'istruttoria e di accertare

74 Per Terzo Settore si intende il complesso delle istituzioni che si inseriscono tra Stato e mercato, senza poter essere considerate una diretta espressione dell'uno o dell'altro; sono organizzazioni di diritto privato, tra le quali ricordiamo le ONLUS, le ONG e le associazioni di volontariato dedite alla produzione di beni e servizi a destinazione collettiva e a scopo sociale.

132

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l'affidabilità del progetto. Per raccogliere le fila di quanto abbiamo esposto,

schematizzeremo le differenze sostanziali tra la politica di una banca

convenzionale e quella di una banca etica, prendendo ispirazione dalle

considerazioni di Katharina Beck dell'Institut for Social Banking75 e dal lavoro di

Milano:

Banca Etica Banca Convenzionale

Vincolo etico che lega contratto di deposito e impiego

Separazione gestionale tra contratti di deposito e contratti di impiego

Fini mutualistici e di utilità sociale Fini lucrativi

Esercizio dell'intermediazione monetaria in funzione di principi etici e solidali dichiarati espressamente

Ottimizzazione dell'efficacia e dell'efficienza dell'intermediazione monetaria e finanziaria

Preminenza del capitale umano Preminenza del capitale finanziario

Tipologia selezionante dei finanziamenti

Tipologia anonima dei finanziamenti

Interesse per il progetto del cliente Interesse relativo per il progetto del cliente

Credito anche a coloro che non possono presentare particolari garanzie

Credito solo a chi è già stabile economicamente

Responsabilizzazione del risparmiatore Relativo disinteresse per la provenienza del denaro, nei limiti della legge anti-riciclaggio

Informazione costante sulla destinazione degli investimenti

Informazione sporadica o inesistente sulla destinazione degli investimenti

Maggiore considerazione per le persone Valgono gli azionisti

Creazione di ricchezza nel rispetto dell'ambiente e delle generazioni future

Creazione di ricchezza per massimizzare i guadagni a brevissimo termine

Garanzie personali, di categoria e di comunità

Garanzie patrimoniali

75 L' Institute for Social Banking è un associazione senza scopo di lucro, composto da 15 banche ed istituti finanziari ad orientamento eco-sociale in Europa. Tra i soci ci sono anche Banca Etica, la Alternative Bank Schweiz, la GLS Bank a Bochum e la Triodos Bank nei Paesi Bassi.

133

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Le banche etiche in Europa sono in netta ascesa, analizziamo il quadro economico

per avere un'idea del potenziale di questo settore innovativo (Meggiolari, 2008):

I dati sono espressi in milioni di euro

Paesi Istituto Capitale sociale

Raccolta di risparmio in

Finanziamenti

N° dipendenti

ITALIA Banca Popolare Etica

19,43 414 322 122

FRANCIA NEF 11 32 35,5 28

REGNO UNITO

Charity Bank

9,47 44,87 25,42 64

SPAGNA Fiare 9,57 2,06 - 4

NORVEGIA

Cultura Sparebank

13

OLANDA Triodos Bank*

124 1,36 854 349

DANIMARCA

Merkur 7,87 77,4 57,54 37

SVEZIA Ekobanken 2,65 19,43 15,57 8

SVIZZERA BAS 24,35 418 340,91 62

BCL 7,30. 98,55 82,82 15

GERMANIA

GLS 35,5 567,8 383,8 174

Umweltbank

51,5 515,8 685,9 135

(2) i dati si riferiscono anche alle sedi Triodos Bank in Spagna, Belgio e Regno Unito.

La Banca Popolare Etica, con la la Fondazione Fiare e la Nouvelle Economie

fraternelle (NEF) hanno dato vita al progetto di una nuova realtà finanziaria di

caratura internazionale: la Banca Etica Europea. I tre istituti hanno costituito un

gruppo di lavoro con l'obiettivo di definire un quadro di valori comuni, il cui

risultato più emblematico è rappresentato dal Manifesto per una Banca Etica

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Europea76.

Concludiamo la nostra rassegna sulle organizzazioni promotrici di un sistema

economico basato sulla responsabilità sociale e sulla solidarietà, portando

l'esempio delle MAG: società cooperative di mutua autogestione. Queste società

finanziarie, sorte agli verso la fine degli Anni Ottanta, si pongono il medesimo

fine delle banche etiche: ridimensionare le “regole del gioco” del sistema bancario

convenzionale, offrendo ai soci la possibilità di impiegare i propri risparmi in

progetti finanziari eticamente sostenibili e ad un tasso d'interesse equo, non

superiore al tasso d'inflazione. Le MAG raccolgono i versamenti dei soci e li

reinvestono in base ai principi del “Manifesto della finanza mutualistica e

solidale”, del tutto simili ai valori espressi dai promotori del microcredito.

L'accesso al credito è scevro da ogni tipo di discriminazione basata sul

patrimonio, sesso, etnia o religione ed è volto al sostegno di attività che

favoriscano il benessere della comunità, l'unico requisito necessario per ottenere

un finanziamento è lo status di socio della MAG. Il 75% dei finanziamenti

concessi deve basarsi solo su garanzie personali, con una predilezione per le

garanzie di gruppo (esattamente come la Graamen Bank) e l'istruttoria economica

deve avere pari valore a quella socio-ambientale. Trasparenza, partecipazione e

mutualità sono le linee guida di ogni operazione effettuata dalla società. Infine,

come ulteriore elemento di distinzione, la cooperativa dovrà adottare idonei

strumenti, discussi e approvati dalla propria assemblea dei soci, per definire e

verificare periodicamente in modo partecipato, il raggiungimento dei propri fini

76 Cfr, Appendice D.

135

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sociali.

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Conclusione

Le analogie e le differenze tra la finanza etica e la finanza islamica

Nei paragrafi precedenti abbiamo esposto i principi fondamentali della finanza

etica e, giunti alla conclusione della nostra ricerca, valutiamo le possibili analogie

tra l'approccio etico nella finanza occidentale e i valori di riferimento del sistema

finanziario Shari'a Compliant.

Analizzeremo le sinergie in funzione dei seguenti argomenti:

responsabilità sociale delle imprese;

sviluppo sostenibile;

investimenti e strumenti finanziari;

politiche di governance di banche e aziende;

propensione alla rinuncia ad un rendimento massimizzato nel breve

periodo.

Il primo punto di convergenza tra i due settori riguarda la responsabilità sociale

delle imprese, in base alla quale, le aziende sono portate a riconoscere maggiore

importanza alle esternalità sociali e ambientali delle loro attività, evitando di

considerare solo la massimizzazione del profitto. L'attività socialmente

responsabile si fonda su alcuni presupposti: produrre di più, al servizio del più

ampio numero possibile di utenti, con un occhio di riguardo per la salvaguardia

dell'ambiente. Questa visione della produttività aziendale influendo positivamente

sulla lotta alla povertà e sulla crescita dell'economia reale è incentivata in

entrambi i sistemi finanziari oggetto del nostro studio, anche se nel mondo

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economico e sociale islamico ha necessariamente una valenza più religiosa che

politica. L'imprenditore islamico non deve considerare la responsabilità sociale

come una semplice possibilità di valorizzare la propria immagine o i propri

guadagni, tutt'altro: i profitti di un'impresa islamica devono essere investiti per lo

sviluppo di attività utili alla comunità e alle generazioni future, attività che siano

in linea con il volere di Allah. Questo perché le imprese sono viste come risorse

economiche appartenenti a tutta la società, le conseguenze finanziarie, positive o

negative che siano, non hanno il potere di influenzare la politica economica di

un'azienda rispettosa della Shari'a.

La responsabilità sociale delle imprese è elemento integrante dello sviluppo

sostenibile, ulteriore punto di contatto tra le due concezioni di finanza. La

definizione di “sviluppo sostenibile” enuncia che “ esso è uno sviluppo che

risponde alle esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle

generazioni future di pensare alle proprie (...) Lo sviluppo sostenibile mira a

favorire uno stato di armonia tra gli essere umani e tra l'uomo e la natura”

(Rapporto Bruntland,1987). Queste considerazioni collimano perfettamente con i

principi della Legge Islamica, i quali si fondano sull'armonia tra l'uomo e la natura

circostante creata da Allah. Il buon musulmano deve farsi promotore di uno stile

di vita che rispetti la salvaguardia della fede, dell'individuo, dell'intelletto, della

ricchezza della comunità e delle generazioni future. Questa vocazione sociale

condivisa non può che incidere sul tipo di investimenti promossi dalle banche

etiche e dagli istituti islamici, nonché sulla costruzione di un qualsiasi prodotto

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finanziario che sia compatibile con i valori ideologici di entrambi gli ordinamenti

finanziari. I Socially Responsible Investsments (SRI) tipici della finanza etica, e

gli investimenti islamici basati sui divieti coranici del maysir e del gharar

presentano svariate analogie; ad esempio per quanto concerne l'esclusione di

determinate attività ritenute contrarie ai principi etici o religiosi.

Come abbiamo esposto in precedenza, nel mondo della finanza islamica un titolo

finanziario è ritenuto un investimento conforme ai dettami coranici se supera il

filtro costituito da quattro requisiti negativi: la società emittente non deve

sviluppare attività proibite; l'indebitamento di questa società non può superare il

33%; l'attivo liquido della società non può essere superiore al 50% dell'attivo

complessivo; i profitti della società provenienti da attività non conformi alla

Shar'ia non deve superare il 5% o il 15% dei guadagni totali.

Le strategie d'investimento nell'ambito della finanza etica si fondano su criteri di

selezione molto simili: ambiente, sviluppo sociale, governance. Gli investitori

valuteranno il rispetto dei suddetti criteri in base alle informazioni ottenute da

agenzie di rating specializzate (ad esempio la Standard Ethics), o da società di

consulenza che effettueranno lo screening delle aziende sulle quali poter effettuare

investimenti. Verranno prediletti gli strumenti finanziari delle società best in class,

ovvero le aziende posizionate ai vertici delle classifiche stilate dalle agenzie di

rating etico, o i prodotti emessi dalle società best effort, ossia gli enti che hanno

mostrato una reale propensione ad adottare politiche aziendali rispettose dei

principi fondamentali dell'ethical finance. I criteri di esclusione sono quasi

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coincidenti nelle scelte dei due sistemi finanziari; non possono essere promossi

investimenti in attività quali la produzione di alcool, armi, materiale pornografico,

gioco d'azzardo, tabacco. Una sostanziale differenza riguarda il collocamento di

fondi in aziende produttrici di combustibili fossili come il petrolio, elemento

preponderante dell'economia islamica ma, allo stesso tempo, rientrante nelle

esclusioni ambientali da parte dei promotori della finanza etica, insieme

all'ingegneria genetica, all'agricoltura geneticamente modificata e all'energia

nucleare.

Per quanto concerne la governance, è interessante la convergenza di struttura e di

attività tra i Comitati Etici delle Banche Etiche e delle società di gestione del

risparmio del medesimo settore, e gli Shar'ia Boards, presenti in tutte le banche

islamiche. Entrambi gli enti hanno il compito di monitorare il rispetto dei valori di

riferimento da parte degli istituti nei quali offrono la propria conoscenza tecnica,

collaborando a stretto contatto con i Consigli di Amministrazione. Inoltre, la

trasparenza assoluta nei rapporti con la clientela e la scelta di investimenti volti

alla crescita dell'economia reale sono elementi emblematici degli istituti di credito

etici e islamici.

Passando all'analisi della propensione alla rinuncia di un profitto massimizzato nel

breve periodo77 da parte del risparmiatore, che decide di investire in strumenti

finanziari etici o islamici, ci troviamo dinanzi ad una peculiarità interessante: nel

caso sia dell'investitore socialmente responsabile, sia dell'investitore islamico la

77 Il rendimento nel lungo periodo degli strumenti finanziari etici ed islamici tende ad equipararsi e, in alcuni casi, persino a superare quello dei prodotti convenzionali.

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massimizzazione del profitto non si estrinseca in un guadagno economico

maggiore, bensì nella certezza di aver impiegato il proprio denaro in attività

rispettose di valori morali o religiosi. In realtà, queste categorie di risparmiatori

rischierà di subire un duplice costo in più rispetto all'investitore convenzionale: il

primo è rappresentato dall'informazione necessaria per venire a conoscenza della

effettiva responsabilità sociale delle imprese o del rispetto dei dettami coranici, e

il secondo è il vincolo imposto al gestore del portafoglio di smobilizzare un

investimento nel caso in cui l'impresa selezionata abbandoni i criteri etici o

religiosi nel lungo periodo. Insomma, non solo il rendimento monetario ha una

minore importanza per l'investitore etico: quest'ultimo è disposto a pagare di più

per l'eticità del prodotto finanziario, rinunciando alla massimizzazione del

rendimento nel breve periodo, e accettando l'aggravio dei costi di gestione.

L'attitudine del risparmiatore etico rispecchia esattamente quella dell'investitore

musulmano: la scelta di investire in strumenti finanziari rispettosi dei principi

coranici è vista come una vera e propria purificazione della coscienza del

credente, per la quale si è disposti anche a ridurre i guadagni materiali nel breve

periodo.

Nonostante, come abbiamo dimostrato, la finanza islamica sia una finanza etica,

non possiamo tuttavia considerare tali modelli perfettamente speculari. La finanza

islamica scaturisce da una visione economica rigorosamente legata ai dettami

religiosi e presenta elementi di particolare rigidità strutturale, quale

l'indottrinamento quotidiano dei dipendenti delle banche islamiche. La finanza

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etica, sebbene condivida con il sistema islamico la genesi religiosa, negli anni ha

assunto sempre più i contorni di un modello finanziario di matrice liberale ed

universalista. Quindi, mentre la finanza islamica rappresenta il modello di

riferimento di una comunità religiosa ben definita, la finanza etica si pone

l'obiettivo di rappresentare l'intera comunità umana.

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APPENDICE A

Le scuole giuridiche sunnite

Il diritto islamico è il frutto dell'interpretazione delle quattro scuole di cui

descriveremo le caratteristiche principali.

La scuola hanafita

Questa scuola di pensiero deve la sua denominazione al giurista islamico iracheno

Abu Hanifa (696-767). Gli Hanafiti riconoscono al procedimento analogico

(Qiyās) il rango di fonte giuridica. E' considerata la scuola più liberale e seguita

del mondo islamico, alla quale aderiscono circa 350 milioni di fedeli,

principalmente le popolazioni musulmane di etnia non araba (indiani, turchi,

iraniani e afgani).

La scuola malikita

I Malikiti si definiscono seguaci del pensiero giuridico dell' Imam Malik Ibn Ben-

Anas (709-795), fondatore della suddetta scuola teologica nella città di Medina.

La scuola vanta un seguito di circa 160 milioni di fedeli, la maggior parte dei

quali originari dell'Africa settentrionale e centrale (Algeria, Marocco, Tunisia,

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Sudan). Viene riconosciuta grandissima importanza alla Sunna (Tradizione).

La scuola hanbalita

Questa scuola prende il nome dall' Imam Ahmed Ibn Abdul Wahab ( 1703-1792),

giurista conservatore saudita e fondatore del movimento wahabihista. Il Qiyās

viene rifiutato nella sua interezza e, anche per questa impostazione estremamente

rigida riguardo alle fonti orali, è considerata la scuola ultratradizionalista. Sebbene

il pensiero e l'interpretazione dei wahabiti non goda di grandissima diffusione tra i

fedeli musulmani (solo lo 0,2%), la sua influenza è molto rilevante, essendo la

scuola di riferimento dell'Arabia Saudita.

La scuola Shafiita

Il rappresentante principale di questa corrente giuridica è l'Imam Al-Shàf'i Abu

'Abd Allah Muhammad Ibn Idris (767-820), seguace del fondatore della scuola

malikita. Fu il primo ad organizzare in modo sistematico la giurisprudenza

islamica e a coordinare i quattro pilastri (Corano, Sunna, Qiyàs, Ijmà). La scuola è

diffusa maggiormente in Siria, Caucaso, Arabia Occidentale e Meridionale, Egitto

e Africa Orientale, raccogliendo circa 175 milioni di fedeli. Al Shāf'i è anche il

fondatore del fiqh.

144

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Le scuole giuridiche sciite

La scuola Ismailita, duodecimana e alawita

Gli studiosi di questa scuola si ispirano al pensiero e alle opere dell' Imam Ja'far

al-Sadiq (702-765), tradizionalista giuridico e massimo interprete sciita della

Shari'a. Tra i suoi discepoli ricordiamo il fondatore della scuola malikita sunnita.

Gli Ismailiti credono che l'applicazione storica del corano sia stata portata a

termine e che sia fondamentale una maggiore apertura verso interpretazioni

umanistiche e liberali. Questa corrente di pensiero è diffusa principalmente nel

nord del Pakistan e dell'Afghanistan, Zanzibar e Africa orientale, circa 15 milioni

di fedeli.

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APPENDICE B

PAESI ISLAMICI E MODELLI LEGISLATIVI DI RIFERIMENTO

Sistema misto Shari'a, Common Law e Civil Law: Arabia Saudita, Giordania,

Iran, Yemen.

Sistema misto Shari'a, Common Law e Customary Law: Brunei, Gambia,

Kenya, India, Malaysia, Nigeria.

Sistema misto Shari'a, Civil Law e Customary Law: Eritrea, Gibuti, Indonesia,

Timor Est.

Sistema misto Shari'a e Common Law: Bangladesh, Bahrein, Emirati Arabi

Uniti, Oman, Pakistan, Qatar, Singapore, Sudan.

Sistema misto Shari'a e Civil Law: Algeria, Afghanistan, Egitto, Isole Comore,

Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Siria, Tunisia.

Sistema islamico puro: Maldive. (Giustiniani, 2006, pag.26)

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APPENDICE C

Manifesto della finanza etica*

*promosso in occasione del Convegno “Verso una carta d'intenti per la finanza etica

italiana”. Firenze 1998.

L'economia e la finanza eticamente orientate si pongono domande e cercano

risposte sulle conseguenze delle azioni economiche. Quali conseguenze comporta

una attività produttiva o finanziaria per la vita delle persone, per il bene comune,

per l'ambiente naturale?

La finanza eticamente orientata :

1. Ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano.

Non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell'etnia o

della religione e neanche sulla base del patrimonio curando perciò i diritti dei

poveri e degli emarginati.

Finanzia quindi attività di promozione umana, sociale ed ambientale, valutando i

progetti con il duplice criterio della vitalità economica e della utilità sociale.

Le garanzie sui crediti sono un'altra forma con cui i partner si assumono la

responsabilità dei progetti finanziati. La finanza etica valuta, al pari delle garanzie

di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di garanzie personali, di

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categoria o di comunità che consentono l'accesso al credito anche alle fasce più

deboli della popolazione.

2. Considera l'efficienza una componente della responsabilità etica

Non è una forma di beneficenza: è un'attività economicamente vitale che intende

essere socialmente utile. L'assunzione di responsabilità, sia nel mettere a

disposizione il proprio risparmio, sia nel farne un uso che consenta di conservarne

il valore, è fondamento di una partnership tra soggetti con pari dignità.

3. Non ritiene legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di

denaro

Il tasso di interesse, in questo contesto, è una misura di efficienza nell'utilizzo del

risparmio, una misura dell'impegno a salvaguardare le risorse messe a

disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetto vitali. Di conseguenza

il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, è diverso da zero, ma va

mantenuto il più basso possibile, sulla base di valutazioni economiche, ma anche

sociali ed etiche.

4. E' trasparente

L'intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni

sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il

rapporto trasparente con il cliente impone la nominatività dei risparmi. I

depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento

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dell'istituzione finanziaria e le sue decisioni d'impiego e di investimento.

5. Prevede la partecipazione alle scelte importanti dell'impresa non solo da parte

dei soci, ma anche dei risparmiatori

Le forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle

preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di

partecipazione alle decisioni. La finanza etica è così portatrice di un messaggio

forte e coraggioso di democrazia economica.

6. Ha come criteri di riferimento per gli impieghi la responsabilità sociale ed

ambientale

Individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi privilegiati,

introducendo nell'istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla

promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale ed ambientale.

Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che

ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali

della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni

gravemente lesive della salute e dell'ambiente, le attività che si fondano sullo

sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili.

7. Richiede un'adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta

la attività.

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Qualora invece l'attività finanziaria eticamente orientata fosse soltanto parziale, è

necessario spiegare, in modo trasparente, le ragioni della limitazione adottata. In

ogni caso l'intermediario si dichiara disposto ad essere monitorato da istituzioni di

garanzia dei risparmiatori.

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APPENDICE D

MANIFESTO PER UNA BANCA ETICA EUROPEA

Premessa

Il denaro, che dovrebbe essere lo strumento dello sviluppo umano, è divenuto

l’obiettivo principale dell’economia con il rischio di far perdere ogni senso alle

attività economiche. Nei paesi ricchi, come nei paesi emergenti, lo sviluppo

economico ha di certo consentito un aumento del tenore di vita, ma ha generato al

contempo un deterioramento della qualità delle relazioni umane e,

paradossalmente, della soddisfazione degli individui. La disoccupazione, la

precarietà e le disuguaglianze si sono moltiplicate. In realtà, l’economia ha preso

il sopravvento sulle altre sfere di attività e troppo spesso l’uomo è diventato uno

strumento a servizio delle leggi di mercato.

L’inquinamento dell’ambiente vitale e l’esaurimento delle risorse naturali (in

particolare le energie), addirittura prima che l’insieme delle popolazioni possano

avervi accesso, rendono urgenti l’investimento nelle pratiche e nelle tecnologie

pulite e rinnovabili, nel Nord come nel Sud del mondo.

Occorre opporre a questa situazione una resistenza costruttiva ed energica.

Parallelamente alla lenta reazione delle istituzioni pubbliche e delle imprese in

proposito, la società civile, ispirandosi ai principi di cooperazione, di fratellanza e

di sostenibilità, intesa come solidarietà fra generazioni, si è fatta promotrice di

molteplici iniziative a forte impatto sociale ed ambientale.

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In questo contesto, nell’aver colto dall’orientamento della loro storia e dai

rispettivi manifesti, una comunanza di valori e di finalità e la consapevolezza

dell’elevata importanza dell’etica economica e finanziaria ai fini di un armonioso

sviluppo culturale, sociale ed economico, la BANCA POPOLARE ETICA (Italia),

la NEF (Francia) e FIARE (Spagna) hanno deciso di unire le loro forze e le loro

complementarietà nella volontà di creare una banca etica europea. Insieme, hanno

formulato e adottato questo manifesto comune per guidare le azioni quotidiane

della banca. Il manifesto va inteso come documento aperto, destinato ad evolversi

proseguendo il dialogo e gli scambi iniziati tra i partner del progetto. Ogni

organizzazione che intenderà confluire nel progetto e partecipare alla governance

della banca etica europea dovrà recepire questo manifesto.

Intenti

Come hanno voluto e lo vivono ora le istituzioni fondatrici, la banca etica

europea si propone di promuovere nuove modalità nelle relazioni economiche (in

particolare in campo finanziario) in seno alla società, ponendo la centralità

sull’etica, sull’esercizio della responsabilità e sull’interesse per l’altro.

Quello che, quindi, essa sta ponendo è una formidabile sfida: centrare l’economia

sull’essere e non sull’avere. Si tratta di dare voce a tutti ed in particolare ai meno

abbienti. Si tratta di non cedere più all’immagine di una società dove si combatte

l’uno contro l’altro per la sopravvivenza, e di dare libero corso alle forze di

giustizia e di fratellanza presenti in ogni essere umano. La banca etica europea

viene creata e gestita dalle persone e dalle organizzazioni che intendono agire

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all'interno della società affinché il denaro unisca gli uomini.

Con la sua attività, la banca etica europea si propone:

La trasformazione sociale tramite il rapporto con il denaro

− Accompagnare una trasformazione sociale nonviolenta al fine di far

crescere l’essere umano, e per proteggere e rigenerare i beni comuni in una

società giusta, sia nei paesi del Nord che in quelli del Sud. Ogni persona

deve trovare in questa società di che soddisfare i bisogni primari e potere

sviluppare pienamente le proprie capacità.

- Ricercare questa trasformazione tramite l’esercizio della responsabilità da parte

delle persone e delle organizzazioni nello scambio del denaro. Le organizzazioni

fondatrici hanno infatti constatato che il cambiamento di attitudine nei confronti

del denaro comporta, quando si generalizza, un forte potenziale di cambiamento

sociale. Nella pratica della finanza etica, non si agisce solamente nel proprio

interesse, ma anche consapevolmente a favore di quelli di altre persone.

- Essere un laboratorio di “reinvenzione della ricchezza”, dove si sperimenta

l’integrazione tra valori economici e non economici (gratuità, solidarietà,

attenzione all’altro, volontariato, qualità della vita, rispetto dell’ambiente,

valutazione di costi sommersi, ecc.)

La trasparenza e l’etica

- Praticare la trasparenza in tutti i processi bancari, nella circolazione del denaro

ed, in particolare, nel suo impiego. Si tratta di dare a tutti gli stakeholders le

informazioni necessarie affinché possano formarsi un parere etico e giocare il

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ruolo che loro gli compete in modo responsabile.

- Operare nella consapevolezza delle conseguenze non economiche di ogni azione

economica.

- Fare in modo che la ricchezza prodotta ed ottenuta dal possesso e dallo scambio

di denaro siano

la conseguenza di attività orientate a favore dell’interesse comune e non degli

interessi particolari.

Considerare, con i risparmiatori, che il denaro depositato in attesa della sua

utilizzazione debba essere gestito come un bene comune, affinché ciascun

essere umano possa coltivare le proprie capacità ed assumersi le proprie

responsabilità quando si inserisce nella vita

Governance

Far emergere un sistema di governance partecipativa, fondata sullo spirito

di cooperazione e che implichi il coinvolgimento del maggior numero di

persone (risparmiatori, fruitori di credito, dirigenti, lavoratori/trici ecc.) e

di organizzazioni, fra le quali gli istituti finanziari.

• Favorire la partecipazione e la responsabilità personale nel funzionamento

della banca attraverso la pratica della trasparenza istituzionale.

• Rispettare le libertà individuali di scelta di natura religiosa, filosofica o

politica e quindi la diversità delle opinioni o degli impegni, nel rispetto

dei valori che ispirano il presente manifesto. a economica.

Modalità di azione

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Per realizzare i propri intenti, la banca etica europea intende:

Costruire una vera banca etica …

- Cooperare con le reti economiche e finanziarie (produzione di ricchezza,

risparmio, produzione di beni e servizi, credito) al servizio dell’economia reale e

non dell’attività speculativa;

- Essere un attore autonomo e significativo del sistema bancario, sia sul piano

economico che sul piano sociale, favorendo al contempo la sobrietà e l’efficienza.

- Concedere credito ai progetti portatori dei valori di rispetto dell’uomo e

dell’ambiente.

- Offrire ai propri soci e clienti i migliori prodotti e servizi finanziari possibili a

servizio dei valori comuni, compatibilmente con le risorse della banca e in

funzione delle priorità definite in un processo permanente di concertazione e di

mediazione. Costituire le condizioni affinché la banca etica europea possa

riscuotere fiducia e diventare la banca di riferimento dei propri soci.

- Gestire il risparmio come un bene comune e quindi accogliere con rispetto e

attenzione tutte le richieste di credito, pur assumendo pienamente la responsabilità

di un eventuale diniego di credito. In quest’ultimo caso, ascoltare, dialogare,

cercare con l’aiuto della società civile di ricreare le condizioni che rendano

possibile l’accesso al credito (accompagnamento, garanzie, ecc.).

… fondata sulla vita cooperativa

- Impegnarsi affinché la banca nel suo insieme si sviluppi in maniera coerente

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rispetto ai valori espressi nel manifesto, grazie all’assunzione di responsabilità da

parte di tutti i portatori d’interesse.

- Essere un’istituzione aperta a chi, condividendone i valori, intende unirsi ad

essa.

- Sviluppare un processo di concertazione fra i diversi attori coinvolti al fine di

trovare soluzioni equilibrate alle rispettive domande (ad esempio nella relazione

tra la raccolta di risparmio e la sua utilizzazione).

Definizione delle parole chiave in italico nel testo

Beni comuni

Un bene comune è qualcosa di materiale o di immateriale che riceviamo

gratuitamente e che dobbiamo ritrasmettere possibilmente arricchito alle future

generazioni. L’aria, l’acqua, la terra, la diversità delle sementi, e così via,

costituiscono tali beni comuni materiali; le conoscenze, i diritti dell’uomo e della

donna, i saper fare sono beni comuni immateriali. La protezione e la rigenerazione

dei beni comuni richiedono molta cura. La presa di coscienza del deterioramento

dei beni comuni naturali ha portato alla rivoluzione ecologica. Quando questi beni

sono minacciati, appartiene ai cittadini consci della loro importanza di attivarsi

per allertare la società e organizzare la loro tutela con l’appoggio delle

organizzazioni, e nel caso la presa di coscienza raggiunga la sfera pubblica, con i

pubblici poteri.

Economia reale

La circolazione del denaro può riguardare sia un’operazione economica reale

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(acquisto, investimento, acquisto di quote di un’impresa, ….), sia un’operazione

virtuale (scambio di valori finanziari per ottimizzare la relazione profitto-rischio-

liquidità).

Etica

E’ importante notare che la parola etica si riferisce al fatto che ciascun essere

umano è chiamato ad essere istanza di giudizio di valore sulle proprie azioni o su

quelle compiute a suo nome. Il giudizio etico è di natura fondamentalmente

individuale, pur ispirandosi ad un corpus di valori riconosciuti dalla collettività. In

se, nessuna organizzazione può essere etica, se non a partire dal giudizio degli

uomini e delle donne che ne assumono il funzionamento. Una organizzazione non

può quindi qualificarsi come etica se non pratica sistematicamente e attivamente

la trasparenza, a partire della messa a disposizione di informazioni pertinenti.

Finanza etica

La definizione della finanza etica si deduce dal manifesto nel suo insieme. Non

dovrebbe esserci motivo di parlare di finanza etica in quanto tale, poiché l’insieme

dell’attività finanziaria dovrebbe essere etica di per sé. La finanza etica esiste e

non cessa di svilupparsi nel mondo intero. Ma, stiamo attenti, esiste un altro

fenomeno: molte istituzioni tentano di offrire prodotti finanziari cosiddetti “etici”,

ma solamente allo scopo di conquistare nuovi mercati… Molte sono le persone

che tendono a far confusione a questo proposito. Sono convinte di agire bene

senza realmente viverlo come un gesto normale corrispondente a motivazioni

ideali ben definite per apportare un cambiamento a situazioni economiche

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discutibili. Ne deriva la necessità di una definizione chiara, coerente e condivisa

della finanza etica, come intende contenerla questo manifesto. Occorre tuttavia

rimanere consapevoli che, visto l’inesistenza di una definizione giuridica nella

legge dei nostri diversi paesi, il termine etico può essere utilizzato senza

restrizioni da qualsiasi realtà.

Governance partecipativa

La governance partecipativa include e supera la tradizione cooperativa.

L’assemblea generale consente ad ogni persona di esprimere il proprio voto

qualunque sia l’ammontare del suo apporto finanziario. Essa da regolarmente la

parola ai soci e riconosce alla dimensione locale la capacità di trattare tutte le

questioni affrontabili a questo livello sviluppando una vita cooperativa locale.

Interesse comune

L'interesse comune è l’obiettivo che ogni cittadino dovrebbe perseguire nel

praticare le proprie responsabilità nella sfera pubblica, cercando di raggiungere in

questo ambito accordi equi e onesti. Perciò, l’idea di interesse comune richiama in

ultima analisi il valore della giustizia e comporta una serie di condizioni per poter

compiersi pienamente nella nostra società, fra le quali l’impegno civico e la

partecipazione.

Sobrietà

La sobrietà è un’arte di vivere e di resistere a quanto spinge al consumo.

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