128
UNIVERSITÀ DEL SALENTO FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica TESI DI LAUREA in MECCANICA DEI MATERIALI “Comportamento a fatica oligociclica di una superlega a base di nickel in condizioni di lavoro” Relatore: Prof. Ing. Vito Dattoma Laureando: Antonio Tricarico Matricola 10033748 A.A. 2011/2012

UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

UNIVERSIT À DEL SALENTO FACOLTÀ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

TESI DI LAUREA

in

MECCANICA DEI MATERIALI

“Comportamento a fatica oligociclica di

una superlega a base di nickel in

condizioni di lavoro”

Relatore:

Prof. Ing. Vito Dattoma

Laureando:

Antonio Tricarico

Matricola 10033748

A.A. 2011/2012

Page 2: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe
Page 3: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

FAILURE IS NOT AN OPTION.

Page 4: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

4

INDICE

Considerazioni preliminari ....................................................... 6

Capitolo I Le superleghe di nickel ................................................................... 8

1.1 Generalità sulle superleghe ................................................................................ 9

1.2 Le superleghe di nickel ...................................................................................... 9

1.2.1 Composizione chimica .............................................................................. 10

1.2.2 Microstruttura ............................................................................................ 11

1.2.3 Relazione tra microstruttura e proprietà .................................................... 13

1.2.4 Il Waspaloy®.............................................................................................. 19

Capitolo II

La fatica oligociclica ....................................................................... 21

2.1 La progettazione a fatica .................................................................................. 22

2.2 Prova monotòna di trazione. Relazione tra sforzo e deformazione................. 24

2.3 Comportamento ciclico del materiale .............................................................. 26

2.4 La curva di Manson-Coffin .............................................................................. 32

2.4.1 Rilassamento dello sforzo medio e curve ε-N ........................................... 35

2.5 La curva di Manson-Coffin .............................................................................. 38

2.5.1 Aspetti microscopici della rottura per fatica ............................................. 40

2.5.2 Aspetti macroscopici della rottura per fatica ............................................. 41

Page 5: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

5

Capitolo III

Prove sperimentali ............................................................................ 44

3.1 Normativa di riferimento .................................................................................. 45

3.1.1 Tipologia dei provini ................................................................................. 46

3.1.2 Apparato strumentale ................................................................................ 49

3.1.3 Verifica dell’allineamento ......................................................................... 51

Capitolo IV

Esecuzione delle prove ................................................................. 55

4.1 Descrizione delle prove sperimentali ............................................................... 56

4.2 Prove statiche di trazione ................................................................................. 62

4.2.1 Prove statiche di trazione a temperatura ambiente .................................... 64

4.2.2 Prove statiche di trazione ad alta temperatura ........................................... 72

4.3 Prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente ........................................ 85

4.4 Prove di fatica oligociclica ad alta temperatura ............................................... 90

4.5 Analisi frattografica delle superfici di frattura ............................................... 116

Conclusioni ............................................................................................. 125

Bibliografia ............................................................................................ 126

Page 6: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

6

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Lo sviluppo del turbogas, avvenuto sostanzialmente nel corso dell’ultima guerra

mondiale grazie agli ingenti stanziamenti per le spese militari sostenuti da numerosi

paesi coinvolti nel conflitto, si è imposto con grandissimo successo in ambito

aeronautico, divenendo negli anni oggetto di importarti sforzi di ricerca industriale,

culminati, nell’ultimo decennio del secolo scorso, con la realizzazione di sistemi

stazionari per la produzione di elettricità, in grado di soddisfare i picchi di richiesta

di energia sulla rete grazie alla rapidità di avviamento di questi sistemi.

Importanti programmi di ricerca sviluppati in campo militare hanno reso la turbina a

gas aeronautica tecnologicamente più avanzata rispetto agli impianti fissi: questo

sistema propulsivo è divenuto un optimum locomotivo dell’aviazione, determinando

un considerevole incremento delle prestazioni di volo.

I motori aeronautici, rispetto a quelli per autotrazione, devono attenersi a specifiche

tecniche molto restrittive, quali sicurezza di funzionamento, lunghezza della vita

operativa, elevata potenza specifica, consumo di carburante contenuto, ingombri e

aree frontali ridotti.

I primi studi condotti sugli aviogetti dimostrarono come i materiali tradizionali

comunemente utilizzati nelle strutture aeronautiche non avrebbero garantito, per

questi propulsori, una vita operativa soddisfacente.

A questo punto occorre considerare che, nella valutazione della potenza e dei

rendimenti ottenibili, un ruolo chiave è assunto dalla temperatura dei gas caldi

all’ingresso della turbina: ciò si traduce nella necessità di utilizzare materiali in grado

di opporre adeguata resistenza ad elevate sollecitazioni alle alte temperature.

Parimenti, la scelta del materiale diviene un parametro di fondamentale importanza

anche per quanto concerne la riduzione del peso complessivo dell’impianto, scopo

verso cui è indirizzata anche la progettazione ottimizzata del compressore, finalizzata

alla diminuzione del numero di stadi.

La possibilità di ottenere prestazioni e rendimenti migliori è quindi strettamente

legata allo sviluppo di materiali che possano garantire prestazioni sempre maggiori a

temperature più elevate.

Il presente lavoro di tesi è articolato in quattro capitoli:

Page 7: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

7

- nel primo capitolo verranno messe in luce le caratteristiche tipiche che hanno

decretato l’affermarsi delle superleghe di nickel come materiali in grado di

rispondere pienamente alle esigenze di tutti i progettisti alle prese con la

necessità di ottimizzare quei componenti strutturali sottoposti a condizioni di

esercizio particolarmente estreme tipiche, ad esempio, delle applicazioni

aeronautiche;

- nel secondo capitolo si focalizzerà l’attenzione sui concetti di base da cui

prende le mosse la fenomenologia relativa alla fatica oligociclica, argomento

su cui sono incentrate le attività sperimentali alla base di questa trattazione;

- nel terzo capitolo saranno discusse le modalità di esecuzione dei test, con

particolare attenzione alle norme di riferimento e all’attrezzatura utilizzata;

- nel quarto e ultimo capitolo saranno descritte le modalità di esecuzione delle

prove di laboratorio, unitamente alla descrizione dei risultati ottenuti e alle

relative analisi micrografiche delle superfici di frattura.

Page 8: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

8

CAPITOLO I

LE SUPERLEGHE DI NICKEL

Page 9: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

9

1.1 Generalità sulle superleghe

Il motore a reazione genera sui componenti una significativa azione di stress, che si

concreta in tensioni meccaniche notevoli, alte temperature d’esercizio, aggressioni

superficiali di natura fisico-chimica e condizioni di fatica oligociclica causate dai

continui avviamenti e spegnimenti cui è soggetto questo sistema propulsivo.

La necessità di disporre di materiali in grado di operare in un contesto operativo di

questo tipo ha incentivato la ricerca e l’evoluzione di leghe adatte a questo scopo.

Ciò ha decretato il successo delle superleghe che, grazie alla loro eccezionale

combinazione di proprietà quali resistenza alle alte temperature, tenacità, forte potere

anti-corrosivo e anti-ossidante, sono ampiamente utilizzate dall’ingegneria

aeronautica e aerospaziale, con notevole miglioramento e incremento delle

prestazioni di quei componenti soggetti a condizioni di funzionamento

particolarmente severe.

1.2 Le superleghe di nickel

Le superleghe più complesse, ma soprattutto quelle più utilizzate nella realizzazione

di elementi che lavorano alle alte temperature, sono quelle a base nickel, che

costituiscono circa il 40-50% del peso totale dei componenti dei più avanzati motori

aeronautici e sono largamente impiegate nelle camere di combustione e nelle sezioni

della turbina dove le temperature si mantengono elevate. Il progresso tecnologico ha permesso a queste leghe di tollerare temperature medie di

1050°C, con escursioni occasionali di quasi 1200°C, valore che approssimativamente

corrisponde al 90% del punto di fusione del materiale.

Page 10: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

10

1.2.1 Composizione chimica

Il nickel è naturalmente il costituente fondamentale di queste superleghe, nelle quali

si registra la presenza fino al 40% in peso di una combinazione di altri elementi, che

possono essere classificati come:

- costituenti della fase γ ;

- costituenti della fase γ’ ;

- costituenti dei carburi;

- elementi che segregano a bordo grano.

In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle

superleghe a base nickel.

Come risulta dalla Tabella 1, il maggior numero di queste superleghe contiene

cromo, cobalto, molibdeno, tungsteno, titanio e alluminio.

Figura 1.1: Elementi tipicamente legati al nickel per la formazione di superleghe.

Page 11: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

11

Tabella 1: Composizione chimica di alcune superleghe di nickel.

1.2.2 Microstruttura delle superleghe di nickel

Le principali fasi presenti nella maggior parte di queste superleghe sono:

- fase γ ;

- fase γ’;

- carburi;

- fase TCP (Topologically Close-Packing).

Entrambe le fasi γ e γ’ hanno struttura cubica a facce centrate e presentano per lo più

gli stessi parametri reticolari e simile orientazione dei piani cristallografici, motivo

per il quale tali fasi sono molto spesso coerenti.

La fase γ è indurita per soluzione da alte percentuali di cobalto, cromo, molibdeno e

tungsteno: in γ gli atomi che costituiscono la soluzione solida sono distribuiti

casualmente (Figura 1.2, dettaglio a) e i siti reticolari sono equivalenti.

Page 12: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

12

(a) (b)

Al o Ti Ni

Figura 1.2: Struttura cristallina della fase γ (a) e della fase γ’ (b)

Nella fase γ’ (Ni 3Al,Ti) gli atomi di nickel sono disposti al centro delle facce della

struttura cubica, mentre gli atomi di alluminio o titanio, i principali costituenti di

questa fase, si posizionano agli angoli del cubo (Figura 1.2, dettaglio b).

Nelle superleghe di nickel generalmente il contenuto di carbonio varia

approssimativamente tra lo 0,05% e lo 0,2%: esso forma carburi in combinazione

con elementi reattivi e refrattari quali titanio, tantalio e afnio (i.e. TiC, TaC, HfC).

Durante il trattamento termico questi carburi cominciano a decomporsi in carburi del

tipo M23C6 e/o M6C, con struttura cubica a facce centrate, che precipitano a bordo

grano.

Gli elementi M in M23C6 sono tipicamente cromo, ferro, molibdeno e tungsteno,

mentre in M6C essi comprendono molibdeno, tungsteno, cromo, cobalto e tantalio.

Le formule chimiche principali che portano alla formazione di questi due carburi

sono:

MC + γ � M6C + γ’ (1)

MC + γ � M23C6 + γ’ (2)

M6C + M’ � M23C6 + M’’ (3)

Page 13: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

13

M’ e M’’ possono essere rappresentativi di elementi quali cromo, cobalto, nickel o

molibdeno.

La percentuale di carbonio deve essere comunque mantenuta a valori esigui per

motivi che verranno enunciati nel seguito.

Le fasi TCP sono fasi ad altissimo numero di coordinazione che possono generarsi

durante trattamenti termici o in condizioni di esercizio: queste fasi sono

generalmente dannose e possono apparire come placche allungate o appuntite che

nucleano sul bordo grano dei carburi.

Le principali forme di queste fasi sono le fasi σ, µ e le fasi di Laves.

1.2.3 Relazione tra microstruttura e proprietà

nelle superleghe di nickel

La combinazione ottimale di proprietà fisiche e meccaniche delle superleghe di

nickel ha reso questi materiali i più adatti per l’utilizzo nei motori a turbina.

Le proprietà fisiche più comuni sono riportate in Tabella 2.

Come già visto, la struttura di queste superleghe consiste in una matrice austenitica γ,

cubica a facce centrate, indurita per soluzione da alte percentuali di cobalto, cromo,

molibdeno e tungsteno; alluminio e titanio favoriscono la precipitazione di una fase

indurente, cubica a facce centrate e denominata γ’, con interfaccia coerente alla

matrice γ, come mostrato in Figura 1.3.

È la stretta corrispondenza tra i parametri reticolari di matrice e precipitati,

unitamente alla loro compatibilità chimica, che permette la precipitazione coerente di

γ’ in γ, e ciò rappresenta il motivo fondamentale in base al quale questi materiali

sono caratterizzati dall’eccellente resistenza alle elevate temperature e allo

scorrimento viscoso.

Page 14: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

14

Tabella 2: Proprietà fisiche tipiche delle superleghe di nickel.

Proprietà Valore

Densità 7,7-9,0 g/cm3

Temperatura di fusione (liquido) 1320°C-1450°C

Modulo elastico A temperatura ambiente: 210 GPa

800°C : 160 GPa

Espansività termica 8-18 x 10-6

/ °C

Conducibilità termica A temperatura ambiente: 11 W/m

.K

800°C : 22 W/m.K

Il fenomeno dell’indurimento per precipitazione della fase γ’ è riconducibile a due

meccanismi:

- il contatto che si verifica tra dislocazione e precipitato causa una tensione che

frena la dislocazione stessa, così che la forma e la dimensione del precipitato

inducono la dislocazione ad aggirare o ad attraversare l’ostacolo: come

conseguenza, l’effetto deformativo risulta attenuato dalla tensione generata;

- nel momento in cui la dislocazione incontra e tenta di superare il precipitato

γ’, si verifica uno sdoppiamento della dislocazione, che di fatto aumenta

l’effetto indurente.

Il passaggio della dislocazione attraverso il precipitato rappresenta quindi il

parametro fondamentale degli effetti deformativi che interessano le superleghe di

nickel: la resistenza della lega è posta in relazione ai parametri tipici del precipitato e

della dislocazione con la seguente uguaglianza (1.1)1:

)(2

1

2 00

0pC rb

T

bττγτ ++

⋅−= , (1.1)

1 S. M. COPLEY, B. H. KEAR, A dinamic theory of coherent precipitation hardening with application to Ni base superalloy, Transaction of AIME, Vol. 239, (1967).

Page 15: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

15

in cui C è lo sforzo di taglio critico, γo rappresenta l’energia del bordo di antifase, ro

è il raggio del precipitato, b indica il vettore di Burger, T esprime la tensione di linea

della dislocazione, o è la tensione di attrito della matrice e p è la tensione d’attrito

del precipitato.

Figura 1.3: Indurimento per precipitazione di γ’ in γ.

Sebbene il nickel, elemento di base della matrice, non presenti un modulo elastico

molto elevato, né tantomeno un’apprezzabile duttilità, tale matrice si presta ad

applicazioni che presentano condizioni gravose di sollecitazioni, temperatura,

ambiente corrosivo e creep.

Questo è reso possibile in virtù delle seguenti considerazioni:

- il nickel tende ad accettare altri elementi in lega senza generare instabilità di

fase2;

- tale elemento, grazie alla sua struttura ordinata, si oppone al moto delle

dislocazioni: difatti, all’aumentare della temperatura, come conseguenza della

formazione del bordo di antifase, si ha un aumento del limite di snervamento;

- il nickel tende a formare, con l’aggiunta di cromo, leghe che presentano

un’elevata concentrazione superficiale di triossido di dicromo, che riduce la

2 R. F. DECKER, Strenghtening mechanism in nickel base superalloy, Climax Molybdenum Company Symposium, Zurich, (1969).

Page 16: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

16

diffusione di elementi metallici verso l’esterno e di elementi aggressivi, come

ossigeno, zolfo e azoto, verso l’interno;

- alle alte temperature, il nickel tende a costituire leghe con una notevole

concentrazione superficiale di allumina, fortemente protettiva contro

l’ossidazione.

Le superleghe di nickel presentano le seguenti caratteristiche microstrutturali che

consentono di controllare l’andamento delle loro proprietà meccaniche:

- granulometria;

- dimensione e distribuzione della fase γ’;

- contenuto di carburi e boruri;

- morfologia dei bordi di grano.

La granulometria costituisce un aspetto molto importante, in quanto questo

parametro influenza lo stress, lo scorrimento viscoso e il modo in cui nascono e si

sviluppano le cricche di fatica.

Ugualmente significativo è il controllo della dimensione e della distribuzione della

fase γ’, poiché la precipitazione di questa fase è responsabile della principale

modalità di rafforzamento di queste leghe alle alte temperature.

Questa fase è interessata da trattamenti termici, i quali rappresentano quindi un

momento critico nella lavorazione dei componenti realizzati in superlega base nickel

e costituiscono una tematica di notevole interesse, in virtù delle problematiche

connesse alla velocità di raffreddamento, di nucleazione e di crescita della fase γ’: in

particolare, si evince come velocità di raffreddamento elevate nel ciclo del

trattamento termico determinano la formazione di fase γ’ fine, con conseguente

aumento della resistenza a trazione e al creep.

Solitamente la frazione volumetrica dei precipitati γ’ che massimizza le prestazioni

di queste superleghe in termini di resistenza al creep è compresa tra il 60% e il 70%.

Considerazioni inerenti al misfit reticolare rivestono un ruolo di primo piano per

quanto riguarda la dimensione, la morfologia e la stabilità di γ’.

Nel caso in cui le particelle siano di piccole dimensioni, i precipitati γ’ assumono una

forma sferica (Figura 1.4), e ciò avviene anche nel caso in cui vi siano valori bassi di

misfit reticolare.

Page 17: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

17

Al contrario, ad alti valori di misfit corrispondono precipitati di forma cubica

(Figura 1.5), la cui dimensione è proporzionale ai tempi di invecchiamento.

In sintesi, alti valori del misfit determinano una diminuzione della spaziatura tra le

dislocazioni all’interfaccia γ-γ’, il che rappresenta un’efficace limitazione alla

deformazione.

Inoltre, intervenendo sulla composizione chimica della lega3, è possibile aumentare il

misfit mediante elementi quali niobio o titanio, oppure ridurlo mediante l’aggiunta in

lega di ferro o molibdeno; tecnicamente, lo stesso scopo potrebbe essere raggiunto

con il passaggio, tramite trattamento termico, da precipitati γ’ coerenti a precipitati

semicoerenti o incoerenti: tuttavia, è bene operare un trattamento termico per il quale

i valori di tempo e temperatura non portino alla formazione di precipitati incoerenti,

che causerebbero un decadimento della resistenza della lega a causa del passaggio da

un meccanismo efficace di ostacolo delle dislocazioni, tipico dei precipitati coerenti

e semicoerenti, ad uno molto meno valido.

Figura 1.4: Precipitati γ’ di forma sferica.

3 R. F. DECKER, J. R. MIHALISIN, Coherency strains of γ’ hardened nickel alloys, ASM Transaction Quarterly, Vol. 62, n° 2, (1969).

Page 18: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

18

Figura 1.5: Precipitati γ’ di forma cubica.

Inoltre, le prestazioni del materiale possono essere ottimizzate anche mediante

interventi sulla morfologia dei bordi di grano: gli sforzi prodotti al fine di sviluppare

bordi di grano ondulati o seghettati ha avuto come effetto utile l’aumento della

resistenza a creep e a rottura.

Relativamente ai carburi, che consentono un incremento della resistenza a rottura

delle superleghe a base nickel alle alte temperature, è necessario aggiungere che

alcune loro morfologie poste a bordo grano causano una decadimento della duttilità

del materiale, come dimostrano le leghe fuse e quelle per lavorazioni plastiche di

prima generazione, dove inclusioni e accumuli di carburi e carbonitruri

rappresentavano zone di innesco delle cricche di fatica: ciò ha orientato la ricerca a

ridurre il contenuto di carbonio in molte superleghe.

Tuttavia, con l’ausilio di opportuni processi termo-meccanici, è possibile regolare la

morfologia e la localizzazione di carbonio in lega, in modo tale che esso possa,

assieme ad altri elementi mirati allo scopo, formare carburi in grado di aumentare la

performance del materiale alle alte temperature e di stabilizzare il bordo grano,

controllandone la crescita.

I boruri si presentano come dure particelle refrattarie e di forma variabile, la cui

importanza risiede nel fatto che essi bloccano l’innesco della cricca per creep a bordo

grano.

Page 19: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

19

Tra le fasi TCP, è la fase σ quella che sortisce gli effetti peggiori sulle proprietà della

lega: la sua morfologia a placchette strette e allungate, accompagnata alla fragilità e

all’elevata durezza, è una condizione ideale per la nucleazione di una cricca anche a

basse temperature, che determina una frattura di tipo fragile.

L’effetto diventa ad ogni modo più marcato alle alte temperature, in quanto la

frattura procede anche lungo le placchette di fase σ, oltre che lungo i bordi di grano.

1.2.4 Il Waspaloy®

Il Waspaloy® è il materiale con il quale sono stati prodotti i provini da testare nelle

prove sperimentali di cui si discuterà nei capitoli III e IV.

Questa superlega a base nickel è attualmente tra le più usate per la realizzazione di

palette e dischi di turbine a gas, guarnizioni, anelli di tenuta e alberi, grazie all’ottima

resistenza e alle caratteristiche anti-corrosive, particolarmente anti-ossidanti, che

questo materiale offre a temperature fino a 870°C.

La resistenza che questa lega possiede alle alte temperature deriva dagli elementi

utilizzati nel rafforzamento per soluzione solida, quali molibdeno, cobalto e cromo, e

da quelli che vengono impiegati nei trattamenti di invecchiamento, ossia alluminio e

titanio.

La composizione chimica di questa superlega4 è riportata nel grafico a torta in

Figura 1.6.

Le eccellenti prestazioni della lega Waspaloy alle alte temperature ne hanno

determinato l’impiego nelle camere di combustione dei motori turbo ventola destinati

agli aerei, nonostante la lavorabilità di questo materiale si presenti molto complessa.

Si riportano in Figura 1.7 gli andamenti tipici delle proprietà meccaniche del

Waspaloy al variare della temperatura.

4 H.CHANDLER, Heat Treater's Guide: Practices and Procedures for Nonferrous Alloys, ASM International, (1996).

Page 20: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo I – Le superleghe di nickel

20

Figura 1.6: Composione chimica della lega Waspaloy.

Figura 1.7: Andamento delle proprietà meccaniche del Waspaloy al variare

della temperatura.

Page 21: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

21

CAPITOLO II

LA FATICA OLIGOCICLICA

Page 22: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

22

2.1 La progettazione a fatica

I primi studi sulla fatica5 furono effettuati dall’ingegnere minerario tedesco

W.A.J. Albert che pubblicò il primo lavoro dedicato esplicitamente alla rottura per

fatica, in seguito ad esperimenti eseguiti a partire dal 1829 sulle catene dei

montacarichi utilizzati nelle miniere di ferro, delle quali era a capo.

Egli notò come le rotture presentavano fratture nette, di tipo fragile, nonostante i

materiali impiegati fossero di buona qualità. Inoltre, non erano state riscontrate

anomalie durante il funzionamento dei montacarichi e i carichi di servizio erano ben

al di sotto del limite elastico del materiale.

Nel 1839 J.V. Poncelet, matematico e ingegnere francese, usò il termine fatigue in

riferimento ad una modalità di rottura dei materiali metallici, i quali si presentavano

un decadimento delle proprietà meccaniche, se sottoposti a carichi ciclici6.

Il problema della resistenza a fatica si rivelò particolarmente critico in seguito allo

sviluppo della trazione ferroviaria, avvenuto intorno al 1850.

In particolare, l’ingegnere tedesco A. Wöhler, direttore delle ferrovie imperiali

prussiane, fu il primo ad indagare in maniera sistematica sulle inspiegabili rotture in

servizio di assili ferroviari, che collassavano prima del previsto, nonostante fossero

progettati con coefficienti di sicurezza elevati: i suoi studi sperimentali hanno

condotto alla definizione del concetto di limite di fatica e della curva tensione-vita.

La curva tensione-vita, detta anche curva di Wöhler, è ottenuta mediante

l’esecuzione di prove di fatica su una serie di provini normalizzati, soggetti

generalmente ad un carico ciclico alterno e simmetrico: su una prima serie di provini,

in numero tale da conferire un peso statistico ai dati ottenuti dai test, viene applicato

un carico ciclico ad ampiezza costante e si misura il numero di cicli che precedono la

rottura.

5 La fatica è definita come “il cedimento di un materiale sottoposto ad un carico ripetuto, o comunque variabile nel tempo, che non raggiunge mai un livello sufficiente da indurne la rottura se applicato in modo singolo o discreto”. 6 J.V. PONCELET, Introduction à la mécanique industrielle, physique ou expérimentale, Mme. Thiel Éditeur, Paris, seconda edizione, (1841).

Page 23: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

23

Solitamente il primo step di test viene eseguito a valori di tensione leggermente

inferiore a quello di rottura del materiale.

Successivamente vengono eseguite verifiche su altre serie di provini a tensione

alternata man mano decrescente.

La costruzione della curva di Wöhler, che deriva dall’interpolazione dei dati

sperimentali ottenuti, può essere tracciata in coordinate bilogaritmiche,

semilogaritmiche e lineari: l’ordinata è chiamata “resistenza a fatica” ed è definita

come l’ampiezza di quel ciclo di tensione che, se ripetuto allo stesso modo per N

volte, provoca la rottura finale del provino; in ascissa si riporta il valore N di cicli a

rottura, che esprime in sostanza la vita a fatica del provino.

Generalmente il dominio della fatica oligociclica è quello che corrisponde a valori di

cicli a rottura inferiori a circa 104 cicli, mentre il campo della fatica ad alto numero di

cicli è compreso tra 104 e 106.

Questa tipologia di studio delle modalità di rottura connesse ai fenomeni di fatica è

nota come metodo “stress-life”, il quale risulta particolarmente adatto per stati di

tensione compresi nella zona elastica e per un numero di cicli a rottura molto elevato,

quindi nel campo della fatica ad alto numero di cicli.

Di contro, questo metodo si presenta assai carente per quanto riguarda il dominio

della fatica oligociclica, dove assumono particolare rilievo le deformazioni plastiche:

ciò ha permesso l’adozione del metodo “strain-life”, il quale caratterizza la vita a

fatica dei componenti strutturali sulla base dell’intensità delle deformazioni durante

l’intero processo di carico, permettendo una precisa trattazione della fenomenologia

della fatica a basso numero di cicli.

Le prove sperimentali condotte secondo questo metodo prevedono di imporre,

contrariamente al metodo “stress-life”, le deformazioni e non gli sforzi nominali.

L’analisi del comportamento a fatica in controllo di deformazione ha registrato un

primo rilevante contributo da S.S. Manson7 e da L.F. Coffin8, i quali, lavorando

indipendentemente sulle problematiche derivanti dalla fatica termica, proposero una

caratterizzazione della vita a fatica basata sull’ampiezza della deformazione.

7 S.S.MANSON, Fatigue: A Complex Subject – Some Simple Approximations, Exp. Mech., vol.5, n°7, pp. 193-226, (1965). 8 L.F.COFFIN, Jr.: Design Aspect of High Temperature Fatigue With Particular Reference to Termal Stress, Trans.ASME, vol.78, n° 3, pp 527-532, (1956).

Page 24: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

24

Si parlerà quindi di fatica in controllo di deformazione.

2.2 Prova monotòna di trazione.

Relazione tra sforzo e deformazione

Durante le prove di trazione si misurano le deformazioni indotte in un provino

cilindrico sollecitato da un carico monoassiale crescente in modo monotòno: detti F

il carico applicato e Ao l’area iniziale del provino scarico, lo sforzo nominale agente

sarà pari a (1.2)

0A

F=σ , (1.2)

mentre la deformazione sarà espressa da (1.3)

l

ll 0−=ε , (1.3)

intendendo con l la lunghezza del provino sottoposto a stress e con lo la lunghezza

iniziale del provino.

La curva σ(ε) che si ottiene, denominata curva σ -ε ingegneristica, presenta tre zone

distinte: nella prima, σ risulta proporzionale ad ε tramite il modulo di Young, quindi

risulta che σ = E . ε ; nella seconda zona, il legame σ – ε non è più lineare, ma le

deformazioni risultano distribuite uniformemente; nella terza, le deformazioni sono

localizzate e portano progressivamente alla rottura del materiale.

Ad ogni modo, lo sforzo considerato non è rappresentativo della reale condizione di

sollecitazione, poiché si sta considerando il valore iniziale dell’area del provino,

senza tener conto della strizione, che consiste in una riduzione localizzata della

sezione del provino, che si verifica in corrispondenza del massimo valore della

tensione nel diagramma σ -ε , detto “resistenza a trazione”: ciò determina la

costruzione della reale curva σ -ε avente come ascissa e ordinata, rispettivamente,

A

Ft =σ (1.4)

e

Page 25: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

25

0

ln0

l

l

l

dll

l

t == ∫ε . (1.5)

Tale curva non presenta il carattere “convenzionale” della curva σ -ε ingegneristica,

in cui lo stress è calcolato in riferimento alla sezione iniziale: a seguito della

strizione, lo stress aumenta sino al raggiungimento della tensione di rottura.

Le due curve sforzo-deformazione, ingegneristica e reale, sono riportate in

Figura 2.1.

Superato lo snervamento, la deformazione totale è espressa dalla somma di una

componente elastica, rappresentata da (1.6)

Ee

σε = , (1.6)

e di una componente plastica, che risulta essere pari, per la legge di

Ramberg-Osgood, a (1.7)

n

p K

1

= σε , (1.7)

dove K è il coefficiente di resistenza e n è l’esponente di incrudimento.

È possibile quindi esprimere la deformazione totale come (1.8)

n

KE

1

+= σσε . (1.8)

σ σ

εe

ε ε

εp

Figura 2.1:Curva sforzo-deformazione ideale e reale.

Page 26: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

26

2.3 Comportamento ciclico del materiale J. Bauschinger dimostrò come si comportano i materiali metallici qualora siano

sottoposti a sollecitazioni di compressione dopo essere stati sollecitati a trazione nel

campo dell’incrudimento9.

L’”effetto Bauschinger” permette di valutare il differente comportamento del

materiale sollecitato dopo lo scarico rispetto a quello che si avrebbe per il materiale

vergine: in particolare, lo snervamento viene raggiunto ad un valore inferiore, in

valore assoluto, a quello relativo al primo carico, a causa del diverso comportamento

dei grani che costituiscono il materiale e alla presenza di tensioni residue presenti

prima dell’inversione del carico10.

Il fenomeno si ripete anche se si inverte la sequenza di carico.

Imponendo al materiale cicli di deformazione tra valori uguali e tali da superare lo

snervamento, si ha l’andamento ciclico riportato in Figura 2.2, noto come ciclo di

isteresi.

L’area racchiusa dalla ciclo di isteresi, che individua il comportamento di un

materiale in un ciclo completo di trazione-compressione, è un indice dell’energia

dissipata dal materiale stesso, che spende energia o sotto forma di calore o per

riorganizzare la propria microstruttura.

9 B. DE NICOLO, Materiali da costruzione. Sperimentazione e normativa. Ed. F.Angeli, pp.170-171, (2004). 10 Ibidem.

Page 27: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

27

Figura 2.2: Effetto Bauschinger.

Sottoponendo provini di materiale differente a cicli di deformazione alternati

simmetrici di semi-ampiezza costante e registrandone le curve σ – ε, è possibile

valutare come vi siano comportamenti diversi a seconda del materiale testato.

L’andamento della deformazione in funzione del tempo dato dalla forma d’onda

triangolare in Figura 2.3, in cui si evidenziano:

- la deformazione massima εmax;

- la deformazione minima εmin;

- la deformazione media εm, definita come (1.9)

2

minmax εεε +=m ; (1.9)

- le deformazione alternata εa, definita come (1.10)

2

minmax εεε −=a . (1.10)

Page 28: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

28

Figura 2.3: Andamento temporale della deformazione.

Detto R il rapporto di deformazione ed espresso come (1.11)

max

min

εε

=R , (1.11)

si evince come nel caso in esame la deformazione media sia nulla, ossia 1−=R .

Alcuni materiali mostrano un incremento della tensione necessaria a raggiungere

l’ampiezza di deformazione imposta, il che si traduce in un aumento dell’area

racchiusa dal ciclo di isteresi, mentre per altri materiali accade il contrario: si parla,

rispettivamente, di incrudimento ciclico e di addolcimento ciclico (Figura 2.4).

Page 29: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

29

Figura 2.4: Incrudimento e addolcimento ciclici in controllo di deformazione.

La curva ciclica, che consente di valutare il comportamento del materiale soggetto a

cicli di deformazione, è costruita sottoponendo il materiale a cicli di deformazione di

una data ampiezza e misurando il valore stabilizzato dell’ampiezza di carico

(Figura 2.5), effettuando le prove successive a differenti ampiezze di deformazione:

le coppie di valori di ampiezza di deformazione e di carico ottenuti dalle prove

effettuate costituiscono la curva ciclica, che rappresenta l’inviluppo dei vertici dei

cicli di isteresi stabilizzati (Figura 2.6) ottenuti imponendo ampiezze di

deformazione diverse.

La curva ciclica può essere espressa da una relazione simile a quella relativa alla

curva monotona di trazione, infatti si ha (1.12)

'

1

'

naa

aKE

+=σσε , (1.12)

in cui εa è la semi-ampiezza del ciclo di deformazione di isteresi stabilizzato, σa è la

semi ampiezza del relativo ciclo di carico, K’ è il coefficiente di resistenza ciclico e

n’ è l’esponente di incrudimento ciclico.

addolcimento ciclico

Page 30: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

30

Ricorrendo all’ipotesi di Massing11, è possibile ricavare i cicli di isteresi stabilizzati,

noti i parametri della curva ciclica.

In definitiva, si ottiene (1.13)

'

1

'2

n

KE

∆⋅+∆=∆ σσε . (1.13)

Figura 2.5: Ciclo di isteresi stabilizzato.

11 Secondo questa ipotesi, ciascun ramo del ciclo di isteresi può essere rappresentato mediante la forma matematica tipica della curva ciclica, purché si sostituiscano le semi-ampiezze di sforzo e di deformazione con le variazioni corrispondenti.

Page 31: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

31

Figura 2.6: Curva ciclica.

Sovrapponendo la curva ciclica a quella monotona è possibile constatare se il

materiale testato tende all’incrudimento o all’addolcimento ciclico: se la curva

ciclica è più alta di quella monotona, il materiale tende a incrudire ciclicamente, se

accade il contrario esso subirà un addolcimento ciclico12 (Figura 2.7).

0

Figura 2.7: Incrudimento ciclico e addolcimento ciclico:

confronto tra curve cicliche e monotone.

12 Molto spesso i metalli che non hanno subito deformazioni plastiche a freddo tendono ad incrudire ciclicamente, mentre metalli precedentemente deformati tendono a diventare meno resistenti.

Page 32: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

32

Come emerge dalla Figura 2.7, quando un materiale tende all’addolcimento, la

tensione di snervamento ciclica è minore della corrispondente tensione di

snervamento nel caso monotono. Ciò testimonia come può risultare controproducente

valutare la vita a fatica del materiale considerato utilizzando i dati ottenuti dalle

prove statiche, in quanto si commetterebbe l’errore di non considerare i fenomeni di

plasticizzazione che insorgono a livelli di tensione inferiori rispetto a quelli di

snervamento tipici del comportamento statico.

2.4 La curva di Manson-Coffin

L’ampiezza di deformazione è espressa dalla relazione (1.14)

222

peεεε ∆

+∆

=∆. (1.14)

La legge di Basquin permette di esprimere la componente elastica nella forma (1.15)

bfae NEEE

)2('

22

σσσε==∆=

∆, (1.15)

mentre una seconda relazione, detta equazione di Manson-Coffin, consente di

scrivere la componente plastica come (1.16)

cf

p N)2(2

'εε

=∆

, (1.16)

il che determina l’uguaglianza (1.17)

cf

bf NNE

)2()2('

2'ε

σε +=∆. (1.17)

b e c sono chiamati esponenti di fatica e sono legati al coefficiente di incrudimento

ciclico tramite le relazioni (1.18), (1.19)

'

'

51 n

nb

+−= , (1.18)

'51

1

nc

+−= . (1.19)

b ha valori tipici compresi tra -0,14 e -0,06, mentre c può variare tra -0,07 e -0,05.

Page 33: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

33

f'σ è il coefficiente di resistenza a fatica, solitamente variabile nel range

0,8 rσ ÷1,7 rσ , dove con rσ si intende la tensione di rottura del materiale; f'ε

rappresenta il coefficiente di duttilità a fatica, compreso tra 0,35rε e rε , indicando

con rε la deformazione corrispondente a rσ .

È da notare come in entrambe le espressioni precedentemente scritte si sia usato il

numero di alternanze in luogo del numero di cicli.

La curva di Manson-Coffin è riportata in coordinate bilogaritmiche in Figura 2.8.

Tale curva presuppone, come per la curva ciclica, l’esecuzione di prove a

deformazione alternata simmetrica imposta, tenendo conto in questo caso anche della

vita del provino fino alla rottura.

Essa rappresenta un modello a quattro parametri della curva di fatica, valido sia nel

campo della fatica oligociclica sia nel campo della fatica ad alto numero di cicli.

In particolare si nota come per valori bassi della vita a fatica sono preponderanti le

componenti plastiche della deformazione e il ciclo d’isteresi è ampio, mentre per alti

valori del numero di cicli a rottura prevalgono le componenti elastiche e il ciclo

d’isteresi risulta essere stretto.

Il numero di cicli per il quale si eguagliano le componenti elastica e plastica della

deformazione prende il nome di numero di cicli a transizione, valore che limita

superiormente il dominio della fatica oligociclica.

Il numero di cicli a transizione (2NT) rappresenta quindi lo spartiacque tra i metodi

stress-life e strain-life: per valori superiori a 2NT predomineranno le condizioni della

fatica ad alto numero di cicli e sarà più appropriato il metodo stress-life per il calcolo

della vita a fatica. Il numero di cicli a transizione è ricavato mediante l’equazione

(1.20)

cTf

bT

f NNE

)2()2('

'εσ

= , (1.20)

per cui si avrà (1.21)

cb

f

f

T

EN

⋅=

1

'

'

ε. (1.21)

Generalmente i materiali che denotano un comportamento migliore nel dominio della

fatica oligociclica tendono ad avere minore resistenza nel campo della fatica ad alto

Page 34: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

34

numero di cicli: questi materiali sono classificati come duttili, in caso contrario si

parlerà di materiali resistenti.

Materiali che sono caratterizzati da un comportamento intermedio sono detti tenaci

(Figura 2.9).

Figura 2.8: Curva di Manson-Coffin.

Page 35: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

35

2

logε∆

2NT fN2log Figura 2.9: Comportamento di materiali diversi aventi medesimo

numero di cicli a transizione.

2.4.1 Rilassamento dello sforzo medio e

curve ε-N

La valutazione dell’incidenza sulle curve ε-N di uno sforzo medio diverso da zero si

presenta molto complessa, poiché nelle prove in controllo di deformazione con una

deformazione media non nulla (Figura 2.10) si ha il cosiddetto rilassamento dello

sforzo medio (contrariamente a quanto avviene nelle prove in controllo di carico),

che diventa particolarmente significativo in presenza di un’elevata ampiezza di

deformazione.

Il fenomeno del rilassamento dello sforzo medio è visibile in Figura 2.11.

Tuttavia, l’esecuzione di prove con valori di ampiezze di deformazione non elevate,

le quali causano un rilassamento solo parziale dello sforzo medio, consente di

risolvere parzialmente questa problematica.

duttili tenaci resistenti

LCF HCF

Page 36: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

36

εm

ε

εmax

εmin

t

Figura 2.10: Ciclo di deformazione generico (forma d’onda triangolare)

con deformazione media diversa da zero.

Figura 2.11: Rilassamento dello sforzo medio.

Un primo metodo di analisi che tenga conto degli effetti dello sforzo medio è stato

offerto da J.D. Morrow13, il quale ha proposto una modifica della legge di Basquin,

che consiste nel ritenere come gli effetti di una tensione media non nulla riguardano

13 L. VERGANI, Meccanica Dei Materiali, Ed. Mc Graw-Hill, (2006).

Page 37: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

37

esclusivamente la componente elastica della deformazione, ossia (1.22)

cf

bmf NNE

)2()2('

2'ε

σσε +−

=∆, (1.22)

poiché, come asserito in precedenza, il rilassamento dello sforzo medio è tanto più

rilevante quanto più alte sono le ampiezze di deformazione imposte, il che autorizza

a considerare che l’effetto dello sforzo medio non riguarda la componente plastica

della deformazione.

In Figura 2.12 si può notare come uno sforzo medio di compressione causa un

innalzamento della curva ε-N, mentre uno sforzo medio di trazione ne causa un

abbassamento14.

Successivamente, un approccio diverso fu presentato da Smith, Topper e Watson, i

quali introdussero il “parametro di danno”, proporzionale al prodotto 2max

εσ ∆⋅ .

Tale parametro si esprime come SWT15, definito in modo euristico come (1.23)

2max

εσ ∆⋅⋅= ESWT . (1.23)

Nota l’espressione di 2

ε∆dall’equazione di Manson-Coffin, posto che l’espressione

di SWT vale anche nel caso in cui la tensione media sia pari a zero ed essendo, per la

legge di Basquin, bf N)2(

2'

max ⋅=∆= σσσ , si potrà scrivere che (1.24)

+⋅⋅⋅=∆⋅⋅= c

fbfb

f NNE

NEESTW )2()2('

)2(2

''max

2 εσ

σεσ . (1.24)

Questa espressione permette di valutare la durata, una volta noti la tensione massima,

l’ampiezza della deformazione e i coefficienti dell’equazione di Manson-Coffin,

tuttavia non è applicabile nel caso in cui vi sia una tensione massima negativa,

14 Y.L.HEE, Fatigue testing and analysis. Theory and practice, Elsevier (2005).

15 S.S.MANSON, G.R. HALFORD, Fatigue And Durability of Structural Materials, ASM International, (2006).

Page 38: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

38

poiché nella formula precedente il termine STW compare elevato alla seconda

potenza.

Figura 2.12: Modello di Morrow.

2.5 Meccanismi di rottura per fatica

Da quanto detto precedentemente si deduce come la rottura per fatica, tipica in

strutture caratterizzate da sollecitazione dinamiche e fluttuanti, possa avvenire a

livelli di carico inferiori rispetto a quelli riscontrati nelle prove statiche.

Il processo di rottura per fatica attraversa tre fasi:

- l’innesco di una o più microcricche;

- la propagazione della cricca dominante, fino al raggiungimento di una

dimensione critica;

- la rottura finale del componente.

La fase di nucleazione della cricca avviene principalmente: nelle zone sottoposte alle

sollecitazioni più elevate, per effetto di concentrazione di tensione; sulla superficie

esterna del materiale, laddove vi siano discontinuità geometriche, quali asperità,

intagli e cavità; all’interno del pezzo, in presenza di inclusioni o particelle di seconda

fase, come i carburi.

Page 39: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

39

Qualora non siano presenti difetti nel materiale, le sollecitazioni cicliche cui è

sottoposto determinano il movimento delle dislocazioni al suo interno, dando luogo a

bande di scorrimento, responsabili della formazione di intrusioni ed estrusioni

superficiali, che hanno come conseguenza la nucleazione della cricca.

Durante questo stadio, la cricca si propaga a velocità molto bassa e tende a

svilupparsi in un piano caratterizzato dal massimo sforzo di taglio.

Questa prima fase ha termine nel momento in cui la geometria della microcricca è

tale da causare una concentrazione di tensione critica per il materiale in causa, tale da

consentire la propagazione della frattura (Stage II).

In questo secondo stadio, che riguarda quasi il 90% della vita totale del materiale, la

fessura si accresce inizialmente lungo i piani di scorrimento, per poi svilupparsi

lungo un piano disposto ortogonalmente alla direzione di applicazione della tensione

ciclica agente.

I primi due stadi del processo di rottura per fatica sono evidenziati in Figura 2.13.

Figura 2.13: Stadi I e II del meccanismo di rottura per fatica.

Page 40: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

40

La rottura finale avviene nel momento in cui la sezione resistente del componente,

indebolita dalla dimensione critica raggiunta dalla cricca, non è in grado di sostenere

il carico agente.

2.5.1 Aspetti microscopici della rottura per

fatica

La frattura per fatica a carattere microscopico è evidenziata da piccoli avvallamenti

denominati striature (Figura 2.14), disposte in maniera concentrica rispetto alla

microcricca iniziale, anche se è opportuno aggiungere che queste possono non essere

visibili su tutte le superfici, a causa di alterazioni post-rottura, quali sfregamenti o

danneggiamenti di vario genere, che concorrono a modificarne la morfologia.

Ogni qual volta le tensioni di trazione del ciclo di carico, cui è sottoposto il

componente, determinano la propagazione della cricca, il suo apice è interessato da

microscopiche deformazioni plastiche, responsabili della formazione di striature su

entrambe le superfici di frattura.

Figura 2.14: Striature rilevate attraverso microscopio

elettronico a scansione.

Page 41: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

41

In prossimità dell’origine della microcricca le striature si presentano di piccole

dimensioni e molto vicine tra loro, per poi disporsi a distanze via via maggiori col

procedere della sollecitazione ciclica.

2.5.2 Aspetti macroscopici della rottura per

fatica

Un’analisi a livello macroscopico consente di ottenere molte informazioni sulla

rottura per fatica che ha interessato un materiale o un componente.

Considerata una sezione di un pezzo interessato da meccanismi di frattura avvenuti

per fatica, si può notare come siano visibili due superfici distinte: la prima zona, che

si presenta come opaca, liscia e levigata, è in taluni casi caratterizzata dalle

cosiddette “linee di spiaggia” (Figura 2.15), chiamate anche “linee di riposo” o “linee

di arresto”, differenti dalle striature di cui si è detto precedentemente: le striature e le

linee di spiaggia possono ovviamente essere presenti sulla medesima superficie, ma

bisogna tener conto che tra due linee di spiaggia possono essere presenti migliaia di

striature microscopiche.

Figura 2.15: Linee di spiaggia rilevate da analisi frattografica.

Page 42: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

42

Le linee di spiaggia possono originarsi in tre modi differenti: si possono formare a

causa di un’ampia variazione dell’ampiezza o della frequenza del carico agente, di

microscopiche deformazioni plastiche formatesi all’apice della cricca, durante

periodi di arresto temporaneo delle sollecitazioni prodotte sul pezzo o nella

situazione in cui lo stress ciclico non è sufficiente per lo sviluppo della cricca di

fatica, e da differenze nella velocità di corrosione durante la propagazione della

cricca.

Inoltre, questa zona può presentare striature macroscopiche che prendono il nome di

ratchet marks (Figura 2.16), perpendicolari alla superficie dai cui si è originata la

frattura per fatica: ogni ratchet mark separa due fratture per fatica adiacenti, motivo

per cui questa caratteristica superficiale consente di valutare il numero dei punti da

cui si origina la rottura.

Figura 2.16: Superficie di frattura caratterizzata da ratchet marks.

Page 43: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo II – La fatica oligociclica

43

La seconda zona si distingue dalla prima in quanto si presenta dall’aspetto scabro e

brillante, simile alla superficie di frattura di un materiale fragile, che è indice della

rottura di schianto del componente.

Page 44: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

44

CAPITOLO III

PROVE SPERIMENTALI

Page 45: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

45

3.1 Normativa di riferimento

Le prove di fatica oligociclica su cui si basa questo lavoro di tesi sono state eseguite

in base alle direttive enunciate dalla Norma ASTM E60616, la quale impone che i

provini oggetto di indagini sperimentali siano costituiti da materiale omogeneo e

siano soggetti ad un carico monoassiale.

Inoltre, non si contempla l’esecuzione di test riguardanti componenti in scala reale e

non si impongono restrizioni per quel che riguarda le condizioni ambientali in cui

sono condotte le prove, purché le variabili quali temperatura, pressione, umidità e

altri parametri siano opportunamente tenuti sotto controllo, affinché non alterino

l’andamento delle indagini svolte.

In particolare, si stabilisce che, per temperature diverse da quella ambiente, la

temperatura della sezione resistente nel corso della prova non vari per più di 2°C.

Qualora non vi siano ulteriori indicazioni a riguardo, le prove di fatica oligociclica

vengono generalmente condotte in controllo di deformazione, con forma d’onda

preferibilmente triangolare, imponendo che la deformazione applicata cresca con

velocità costante.

L’apparecchiatura di prova deve essere settata in modo tale da attenuare quanto più

possibile l’insorgere di sforzi di flessione nel provino e minimizzare gli effetti del

backlash17, mediante un adeguato controllo dell’allineamento del provino rispetto

alla direzione del carico.

Nel prosieguo si enunceranno i principali accorgimenti dettati dallo standard di

riferimento, in particolar modo si focalizzerà l’attenzione sulla tipologia dei provini

generalmente utilizzati, sulle modalità di esecuzione delle prove e sull’attrezzatura

atta a questo scopo, descrivendo nel contempo le specifiche relative alle esigenze di

allineamento della macchina di prova.

16 Standard Recommended Practice for Constant-Amplitude Low-Cycle Fatigue Testing. 17 Per backlash si intende il gioco presente in componenti meccanici accoppiati tra loro, ed è descritto come la quantità di movimento perso negli istanti compresi tra quando questo è invertito e quando si ristabilisce il contatto tra le parti accoppiate.

Page 46: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

46

3.1.1 Tipologia dei provini

La normativa di riferimento indica le configurazioni tipiche dei provini utilizzati per

l’esecuzione delle prove in oggetto.

I provini usualmente utilizzati nelle prove di fatica oligociclica sono quelli

rappresentati in Figura 3.1, dove è possibile distinguerne le varie tipologie:

- provino cilindrico a sezione resistente circolare uniforme (a);

Figura 3.1 (a): Provino cilindrico con sezione resistente circolare uniforme.

- provino cilindrico con sezione resistente a clessidra (b);

Figura 3.1 (b): Provino cilindrico con sezione resistente a clessidra.

Page 47: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

47

- provino piatto con sezione resistente rettangolare uniforme (c);

Figura 3.1 (c): Provino piatto con sezione resistente rettangolare uniforme.

- provino piatto con sezione resistente circolare (d).

Figura 3.1 (d): Provino piatto con sezione resistente circolare.

È altresì necessario sottoporre la superficie del provino a trattamenti di finitura e a

operazioni di verifica in modo tale da non compromettere il corretto svolgimento del

test, operando in modo tale che i raggi di raccordo siano i maggiori possibili, onde

limitare l’effetto di concentrazione delle tensioni.

Per quanto concerne il parametro di controllo, per ampiezze di deformazione imposte

fino al 2% si raccomanda inoltre l’uso dei provini a sezione resistente uniforme.

Page 48: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

48

Le attività sperimentali che verranno descritte nel seguito hanno riguardato provini

piatti del tipo mostrato in Figura 3.1 (c).

L’origine di questa scelta sta nell’intenzione di simulare al meglio il comportamento

del materiale: componenti come il casing turbina, ad esempio, denotano raggi di

curvatura molto ampi, il che consente di approssimarne la geometria con un provino

caratterizzato dalla geometria suddetta.

Poiché si sono utilizzati dei provini piatti, ricavati da una piastra omogenea di

spessore pari a 3.1 mm, la geometria dei provini ha rispettato le indicazioni sui

rapporti geometrici suggeriti dalla norma ASTM E606-04, ad eccezione del raggio di

raccordo tra tratto utile ed estremità del provino, che è stato aumentato a 7.75 mm

per evitare rotture causate da indesiderate concentrazioni di tensione (Figura 3.2)

Difatti, la geometria adottata evita l’insorgere di fenomeni di instabilità e

sbandamenti laterali, anche in presenza di carichi di compressione prossimi allo

snervamento.

Figura 3.2: Geometria del provino adoperato nelle prove di fatica oligociclica.

Page 49: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

49

3.1.2 Apparato strumentale

La prova deve essere condotta mediante una macchina di trazione-compressione, che

risponda ai requisiti esposti nella Norme ASTM E 418 e ASTM E 46719.

Si tratta di una macchina servocontrollata, a comando elettronico o digitale, che si

basa su un sistema di regolazione ad anello chiuso.

In particolare, le attività sperimentali in questione sono state condotte mediante la

macchina di prova universale Material Test System® 810 (Figura 3.3), con cella di

carico da 100kN ed attuatore idraulico in grado di garantire una corsa effettiva di

±84mm.

Il provino è bloccato dalle estremità tramite due morse, di cui una è fissa e l’altra è

solidale all’attuatore, che permette l’applicazione del carico.

Una cella di carico rileva in tempo reale le forze di trazione e di compressione

generate dall’attuatore, al cui interno è collocato un trasduttore di spostamento di tipo

differenziale (LVDT20), per la misura della corsa.

Il layout di base per un sistema di prove di fatica oligociclica in controllo di

deformazione è quello rappresentato in Figura 3.4.

La variazione temporale della variabile di controllo, che in questo tipo di prove

coincide ovviamente con l’ampiezza di deformazione imposta, è analizzata da un

sistema elettronico.

La deformazione longitudinale del provino è misurata mediante un estensometro, il

cui segnale di controllo (segnale attuato dalla macchina), è oggetto di continue

verifiche da parte di un sistema di regolazione, che registra la differenza tra il valore

della variabile di controllo (segnale imposto) e il segnale attuato dalla macchina di

prova: l’eventuale differenza tra questi due valori rappresenta il segnale errore, il

quale è opportunamente amplificato, al fine di permettere ad un’elettrovalvola

idraulica di regolazione di agire sull’attuatore, per garantire l’uguaglianza tra segnale

imposto e segnale attuato.

18 Practices for Force Verification of Testing Machines. 19 Practice for Verification of Constant Amplitude Dynamic Loads on Displacements in an Axial Load Fatigue Testing System. 20 Linear Variable Differential Transformer.

Page 50: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

50

L’intero sistema di prova è stato sottoposto ad esami e controlli preliminari, in modo

tale da verificare che lo stato di conservazione e di utilizzo delle apparecchiature e

dei provini sia tale da non alterare l’andamento della prova.

Figura 3.3: Macchina di prova MTS® 810.

Page 51: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

51

Figura 3.4: Layout di base per un sistema di prove di fatica oligociclica

in controllo di deformazione.

Nel capitolo successivo si vedrà come la temperatura a cui sono state svolte le prove

abbia rappresentato un parametro determinante nella scelta del sistema di afferraggio

più idoneo.

3.1.3 Verifica dell’allineamento

Come è stato affermato in precedenza, un corretto svolgimento delle prove non può

prescindere da una limitazione degli effetti flessionali che possono interessare il

provino, a causa di disallineamenti che possono verificarsi tra le morse superiore e

inferiore della macchina di prova: difatti, i disallineamenti determinano nel provino

tensioni assiali non uniformi, che possono essere maggiori o minori della tensione

media, peggiorando così la resistenza del campione testato.

Page 52: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

52

Il disallineamento può essere di tipo concentrico (Figura 3.5, dettaglio a) e angolare

(Figura 3.5, dettaglio b), tuttavia è opportuno considerare che entrambe le tipologie

possono riscontrarsi contemporaneamente durante la prova (Figura 3.5, dettaglio c).

Il disallineamento angolare produce una deformazione a forma di C ed è causato

dalla condizione per la quale l’asse della morsa superiore è inclinato rispetto all’asse

della morsa inferiore.

Il disallineamento concentrico deriva dalla situazione in cui gli assi delle morse sono

paralleli, ma non appartengono alla medesima retta: la deformazione del provino

assume la forma di una S, in cui la deformazione flessionale è nulla nella parte

centrale della sezione resistente; nella zona superiore, così come in quella inferiore,

le tensioni flessionali sono maggiori della tensione media in corrispondenza di un

lato del provino e minori dalla parte opposta, ma nelle due estremità il

comportamento nelle zone laterali è invertito.

Figura 3.5: Disallineamento concentrico (a), angolare (b) e combinato (c).

Un provino in cui sono evidenti gli effetti del disallineamento è quello raffigurato in

Figura 3.6.

Page 53: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

53

Figura 3.6: Effetti flessionali indotti dal disallineamento.

La macchina di prova utilizzata per lo svolgimento delle attività di laboratorio consta

di un sistema di allineamento tale da poter ovviare alle problematiche di cui sopra.

Operando sulle quattro viti in corrispondenza del collare che regola la coassialità

della morsa si possono ottenere miglioramenti nel relativo allineamento (Figura 3.7);

analogamente, per ridurre il disallineamento angolare delle morse è possibile

intervenire sulle quattro viti posizionate in corrispondenza del collare che regola

l’inclinazione della morsa, determinando il movimento dell’alloggiamento

(Figura 3.8).

Il sistema di allineamento di cui è fornita la macchina di prova è quello in Figura 3.9.

La Norma raccomanda che il disallineamento tra le morse debba essere contenuto

entro il 5% della ampiezza di deformazione minima imposta.

Figura 3.7: Struttura per la riduzione del disallineamento concentrico.

Page 54: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo III – Prove sperimentali

54

Figura 3.8: Struttura per la riduzione del disallineamento angolare.

Figura 3.9: Sistema di allineamento per la macchina di prova MTS® 810.

Page 55: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

55

CAPITOLO IV

ESECUZIONE DELLE PROVE

Page 56: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

56

4.1 Descrizione delle prove sperimentali

Le prove sperimentali eseguite si dividono in:

- prove statiche di trazione a temperatura ambiente;

- prove statiche di trazione ad alta temperatura;

- prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente;

- prove di fatica oligociclica ad alta temperatura.

La totalità dei provini testati è stata fornita da un’azienda operante nel campo

aeronautico, impegnata nella progettazione e nella produzione di componenti e

sistemi per la propulsione aerospaziale, la quale ha commissionato lo studio della

resistenza a fatica dei campioni di Waspaloy.

I campioni esaminati in questa campagna di prove sono di due tipi:

- provini costituiti da materiale base (Base Material);

- provini ottenuti mediante saldatura nella zona centrale di tipo TIG21.

Questo processo di saldatura interessa particolarmente tutti quei materiali che, al pari

del Waspaloy, si configurano come metalli difficili da saldare e risulta essere

largamente impiegato nell’industria aeronautica, poiché risulta essere più resistente,

più duttile e maggiormente resistente alla corrosione rispetto alla tradizionale

saldatura ad arco protetta22.

Quanto detto permette di sottolineare come sia possibile, mediante opportuni

interventi di saldatura da effettuare laddove vi siano danni localizzati, aumentare la

vita residua dei componenti aeronautici, garantendo al materiale saldato proprietà

meccaniche del tutto simili a quelle del materiale base.

Per quanto concerne le morse, come asserito precedentemente la loro scelta è stata

vincolata alle condizioni di temperatura a cui devono essere condotte le prove di

laboratorio.

A temperatura ambiente sono state impiegate le morse di cui consta la macchina

MTS® 810, del tipo mostrato in Figura 4.1. 21 La sigla “TIG” sta per Tungsten Inert Gas (Welding) e indica un processo di saldatura con arco elettrico con elettrodo di tungsteno, entro atmosfera protettiva inerte. 22 R.K.RAJPUT, A Textbook of Manufacturing Technology: (Manufacturing Processes), Firewall Media, (2007).

Page 57: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

57

Tuttavia, le attività sperimentali sui campioni di Waspaloy hanno previsto prove di

fatica oligociclica svolte in un regime di temperatura rappresentativo delle condizioni

di esercizio tipiche delle palettature statoriche e rotoriche delle turbine aeronautiche:

come richiesto dal soggetto committente, le prove meccaniche alle alte temperatura

sono state eseguite a 704°C e a 760°C, in quanto il Waspaloy si configura come una

superlega di nickel che denota un decadimento delle proprietà meccaniche per

temperature superiori ai 700°C, con particolare sensibilità all’ossidazione e alla

corrosione a caldo per temperature superiori a 750°C.

Figura 4.1: Morsa MTS utilizzata nelle prove statiche di trazione e nelle

prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente.

Tale decadimento si evince dalla Figura 4.2, in cui si mostra l’andamento delle

proprietà meccaniche per due diversi trattamenti termici che determinano l’impiego

del Waspaloy per la produzione di dischi e palette di turbina23.

23H.CHANDLER, Heat Treater's Guide: Practices and Procedures for Nonferrous Alloy, ASM International, (1996).

Page 58: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

58

Figura 4.2: Influenza della temperatura sulle proprietà

meccaniche del Waspaloy per due differenti applicazioni.

L’entità dei suddetti regimi di temperatura ha impedito l’utilizzo delle morse

adoperate nelle prove a temperatura ambiente, la cui massima temperatura di

esercizio è pari a 540°C, e ha indotto ad optare per un altro sistema di afferraggio,

compatibile con le sopracitate condizioni di temperatura e il cui ingombro

permettesse l’utilizzo del forno elettrico a tre zone indipendenti adoperato per

riscaldare i provini (Figura 4.3).

Le morse su cui sono stati fissati i campioni testati alle temperature di 704°C e

760°C sono realizzate in Udimet 720 (Figura 4.4), una superlega a base nickel che

denota un’ottima resistenza alle alte temperature e che trova impiego nella

realizzazione di dischi per turbine a gas24.

24 ASM International, Nickel, Cobalt, and Their Alloys, (2000).

Page 59: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

59

Figura 4.3: Forno elettrico adoperato per riscaldare i provini nei test

ad alta temperatura.

In Figura 4.5 e in Figura 4.6 sono rappresentati, rispettivamente, l’esploso del

sistema di afferraggio in Udimet 720 e il relativo ammorsaggio del provino.

Page 60: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

60

Figura 4.4: Sistema di afferraggio realizzato in Udimet 720.

Figura 4.5: Esploso della morsa realizzata in Udimet 720.

Page 61: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

61

Figura 4.6: Montaggio del provino sulla morsa in Udimet 720.

Il montaggio di queste morse avviene su un sistema oleodinamico MTS®

rappresentato in Figura 4.7.

Figura 4.7: Sistema oleodinamico MTS®.

Page 62: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

62

Il sistema di controllo è stato affidato ad un’unità hardware sulla quale è installato il

software fornito da MTS®, che permette la configurazione e il monitoraggio di tutti i

parametri di prova e registra i valori di spostamento, forza applicata e deformazione

nel corso di ogni test.

4.2 Prove statiche di trazione

Le prove statiche di trazione, di cui si è discusso nel par. 2.2, sono state condotte al

fine di valutare le proprietà meccaniche del materiale, in modo tale da avere un

valido riferimento per la successiva caratterizzazione dei provini che presentano nel

tratto utile una saldatura trasversale di tipo TIG.

La procedura per l’esecuzione delle prove in oggetto fa riferimento alla norma

ASTM E8M-0425 per le prove a temperatura ambiente e alla norma ASTM E21-0926

per i test ad alta temperatura.

Le prove sono state condotte in controllo di spostamento dell’attuatore assiale,

imponendo una velocità di spostamento costante pari a 0,1 mm/min per i test

condotti a temperatura ambiente e pari a 0,5 mm/min per la caratterizzazione alle alte

temperature.

Lo spostamento dell’attuatore è rilevato tramite LVDT.

A questo tipo di prova sono stati sottoposti diciannove provini piatti a sezione

rettangolare uniforme, la cui geometria è mostrata in Figura 4.8, mentre le tolleranze

sul design sono indicate in Figura 4.9.

25 Standard Test Methods for Tension Testing of Metallic Materials.

26 Test Methods for Determining Area Percentage Porosity in Thermal Sprayed Coatings.

Page 63: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

63

Figura 4.8: Provino utilizzato nelle prove statiche di trazione.

Figura 4.9: Geometria e tolleranze dei provini utilizzati nelle prove statiche di trazione.

Nei sottoparagrafi successivi verranno enunciati i risultati forniti dalle prove

effettuate.

Page 64: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

64

4.2.1 Prove statiche di trazione a temperatura

ambiente

Le prove statiche di trazione condotte alla temperatura ambiente di 25°C hanno

interessato tre provini di materiale base e tre provini saldati, le cui caratteristiche

geometriche sono indicate, rispettivamente, in Tabella 3 e in Tabella 4.

Tabella 3: Dimensioni dei provini di materiale base testati nelle prove statiche di trazione a

temperatura ambiente.

PROVINO

LARGHEZZA INIZIALE

BI

[mm]

SPESSORE INIZIALE

TI

[mm]

SEZIONE RESISTENTE

S0

[mm2]

BM-RT-01 12,75 3,19 40,67

BM-RT-02 12,75 3,19 40,67

BM-RT-03 12,55 3,19 40,03

Tabella 4: Dimensioni dei provini saldati testati nelle prove statiche di trazione a temperatura

ambiente.

PROVINO

LARGHEZZA INIZIALE

BI

[mm]

SPESSORE INIZIALE

TI

[mm]

SEZIONE RESISTENTE

S0

[mm2]

TIG-RT-01 12,53 3,19 39,97

TIG-RT-02 12,63 3,16 39,91

TIG-RT-03 12,34 3,16 38,99

Page 65: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

65

La deformazione longitudinale del provino è stata misurata mediante un

estensometro MTS® 632.13F-20 (Figura 4.10), fissato sul provino mediante due

molle, che lo sostengono per attrito.

Le principali caratteristiche dell’estensometro utilizzato sono:

- base di misura pari a 10mm;

- allungamento massimo pari a ±1,5mm;

- temperatura di utilizzo compresa nel range -100°C - 150°C.

Figura 4.10: Estensometro MTS® 632.13F-20.

Il montaggio del provino sulla macchina di prova per i test a temperatura ambiente è

rappresentato in Figura 4.11.

Page 66: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

66

Figura 4.11: Montaggio di un provino per l’esecuzione di una prova statica

di trazione a temperatura ambiente.

Le attività sperimentali hanno permesso di valutare le seguenti proprietà meccaniche

del Waspaloy:

- modulo elastico;

- tensione di snervamento;

- tensione di rottura;

- allungamento percentuale a rottura.

Le grandezze sopra enunciate sono stimate numericamente in questo modo:

- il modulo elastico (E) rappresenta il coefficiente angolare della regressione

lineare su dati che interessano il tratto rettilineo della curva: tale valore è

arrotondato all’unità;

- la tensione di snervamento (σs) si ricava dall’intersezione tra la curva

monotòna di trazione e la retta, parallela a quella di regressione, passante per

l’ascissa corrispondente ad una deformazione permanente dello 0,2%;

Page 67: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

67

- la tensione di rottura (σr) è l’ordinata corrispondente al punto più alto

raggiunto dalla curva e rappresenta il carico massimo sopportato dal provino

durante il test;

- l’allungamento percentuale a rottura (At) è identificato dall’ascissa in

corrispondenza del carico di rottura.

Tali grandezze sono visibili nel grafico in Figura 4.12.

Figura 4.12: Proprietà meccaniche ricavate da una prova di trazione.

In Tabella 5 e in Tabella 6 sono riportati i risultati relativi a entrambe le tipologie di

provini, con i valori di tensioni di rottura e di snervamento, modulo elastico e

allungamento percentuale adimensionalizzati mediante i relativi valori massimi

registrati.

Page 68: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

68

Tabella 5: Risultati delle prove di trazione a 25°C effettuate sul materiale base.

PROVINO

TENSIONE DI

SNERVAMENTO

σσσσsn /σσσσsn(MAX)

TENSIONE

DI ROTTURA

σσσσR /σσσσR(MAX)

ALLUNGAMENTO

A ROTTURA

A / A(MAX)

MODULO

ELASTICO

E / E(MAX)

BM-RT-01 0,994 0,993 0,880 1

BM-RT-02 1 1 0,865 0,999

BM-RT-03 0,950 0,985 1 0,985

Tabella 6: Risultati delle prove di trazione a 25°C effettuate sul materiale saldato.

PROVINO

TENSIONE DI

SNERVAMENTO

σσσσsn /σσσσsn(MAX)

TENSIONE

DI ROTTURA

σσσσR /σσσσR(MAX)

ALLUNGAMENTO

A ROTTURA

A / A(MAX)

MODULO

ELASTICO

E / E(MAX)

TIG-RT-01 0,969 0,984 0,865 0,971

TIG-RT-02 0,974 1 1 0,980

TIG-RT-03 1 0,955 0,594 1

Le curve monotone di trazione e la retta elastica ottenute per i provini di materiali

base e saldati sono quelle mostrate, rispettivamente, nelle Figure 4.13 e 4.14.

Page 69: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

69

Figura 4.13 (a): Curva sforzo-deformazione per il provino BM-RT-01.

Figura 4.13 (b): Curva sforzo-deformazione per il provino BM-RT-02.

Page 70: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

70

Figura 4.13 (c): Curva sforzo-deformazione per il provino BM-RT-03.

Figura 4.14 (a): Curva sforzo-deformazione per il provino TIG-RT-01.

Page 71: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

71

Figura 4.14 (b): Curva sforzo-deformazione per il provino TIG-RT-02.

Figura 4.14 (c): Curva sforzo-deformazione per il provino TIG-RT-03.

Page 72: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

72

4.2.2 Prove statiche di trazione ad alta

temperatura

Le prove statiche di trazione ad alta temperatura hanno caratterizzato:

- cinque provini di materiale base testati a 704°C;

- quattro provini di materiale base testati a 760°C;

- cinque provini saldati testati a 760°C.

Le caratteristiche geometriche dei provini di materiale base e saldati in oggetto sono

indicate rispettivamente in Tabella 7 e in Tabella 8.

Tabella 7: Caratteristiche geometriche dei provini di materiale base testati ad alta temperatura.

PROVINO

LUNGHEZZA

INIZIALE

BI [mm]

SPESSORE

INIZIALE

TI [mm]

SEZIONE

RESISTENTE

So [mm2]

T = 704°C

BM-T2-01 12,64 3,19 40,32

BM-T2-02 12,72 3,18 40,45

BM-T2-03 12,79 3,20 40,93

BM-T2-04 12,66 3,18 40,26

BM-T2-05 12,69 3,22 40,86

T = 760°C

BM-T3-01 12,94 3,19 41,28

BM-T3-02 12,93 3,19 41,25

BM-T3-03 12,70 3,19 40,51

BM-T3-04 12,71 3,21 40,80

BM-T3-05 12,68 3,20 40,58

Page 73: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

73

Tabella 8: Caratteristiche geometriche dei provini saldati testati ad alta temperatura.

PROVINO

LUNGHEZZA

INIZIALE

BI [mm]

SPESSORE

INIZIALE

TI [mm]

SEZIONE

RESISTENTE

So [mm2]

T = 760°C

TIG-T1-01 12,73 3,19 40,61

TIG-T1-02 12,71 3,17 40,29

TIG-T1-03 12,57 3,13 39,34

TIG-T1-04 12,54 3,14 39,38

TIG-T1-05 12,66 3,15 39,88

I risultati che hanno caratterizzato ciascuno provino sono mostrati in Tabella 9 e in

Tabella 10, mediante la procedura di adimensionalizzazione di cui si è detto nel

paragrafo 4.2.1 a proposito delle prove di trazione svolte a 25°C.

Tabella 9: Risultati delle prove di trazione ad alta temperatura effettuate sul materiale base.

PROVINO

TENSIONE DI

SNERVAMENTO

σσσσsn /σσσσsn(MAX)

TENSIONE

DI

ROTTURA

σσσσR /σσσσR(MAX)

ALLUNGAMENTO

A

ROTTURA

A / A(MAX)

MODULO

ELASTICO

E / E(MAX)

T = 704°C

BM-T2-01 0,972 0,929 1 0,740

BM-T2-02 1 0,956 0,969 0,812

BM-T2-03 0,913 0,988 0,660 0,881

BM-T2-04 0,951 1 0,995 1

BM-T2-05 0,894 0,877 0,642 0,969

T = 760°C

BM-T3-01 0,870 0,990 0,981 0,986

BM-T3-02 0,872 0,998 1 1

BM-T3-03 0,882 1 0,893 0,861

BM-T3-04 1 0,991 0,894 0,860

Page 74: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

74

Tabella 10: Risultati delle prove di trazione ad alta temperatura effettuate sul materiale base.

PROVINO

TENSIONE DI

SNERVAMENTO

σσσσsn /σσσσsn(MAX)

TENSIONE

DI

ROTTURA

σσσσR /σσσσR(MAX)

ALLUNGAMENTO

A

ROTTURA

A / A(MAX)

MODULO

ELASTICO

E / E(MAX)

T = 760°C

TIG-T1-01 0,680 0,931 0,944 0,548

TIG-T1-02 0,965 0,982 0,809 0,761

TIG-T1-03 0,957 0,955 0,821 0,683

TIG-T1-04 0,824 0,987 0,252 1

TIG-T1-05 1 1 1 0,662

Le curve monotone di trazione e l’andamento della retta elastica ottenuti per i provini

di materiali base e saldati sono quelle mostrate nelle Figure 4.15 (materiale base

testato a 704°C), 4.16 (materiale base testato a 760°C) e 4.17 (materiale saldato

testato a 760°C).

Figura 4.15 (a): Curva di trazione per il provino BM-T2-01.

Page 75: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

75

Figura 4.15 (b): Curva di trazione per il provino BM-T2-02.

Figura 4.15 (c): Curva di trazione per il provino BM-T2-03.

Page 76: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

76

Figura 4.15 (d): Curva di trazione per il provino BM-T2-04.

Figura 4.15 (e): Curva di trazione per il provino BM-T2-05.

Page 77: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

77

Figura 4.16 (a): Curva di trazione per il provino BM-T3-01.

Figura 4.16 (b): Curva di trazione per il provino BM-T3-02.

Page 78: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

78

Figura 4.16 (c): Curva di trazione per il provino BM-T3-03.

Figura 4.16 (d): Curva di trazione per il provino BM-T3-04.

Page 79: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

79

Figura 4.17 (a): Curva di trazione per il provino TIG-T1-01.

Figura 4.17 (b): Curva di trazione per il provino TIG-T1-02.

Page 80: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

80

Figura 4.17 (c): Curva di trazione per il provino TIG-T1-03.

Figura 4.17 (d): Curva di trazione per il provino TIG-T1-04.

Page 81: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

81

Figura 4.17 (e): Curva di trazione per il provino TIG-T1-05.

La Tabella 11 riassume i dati rilevati per ciascun provino integro e saldato,

adimensionalizzati utilizzando i massimi valori di tensione di rottura, tensione di

snervamento, allungamento percentuale e modulo elastico che hanno caratterizzato

la totalità dei campioni testati a trazione, con indicazione del valor medio e della

deviazione standard.

In Figura 4.18 è possibile valutare l’influenza della temperatura di prova sul

diagramma sforzo-deformazione per il materiale base, prendendo in considerazione i

campioni BM-RT-02, BM-T2-03 e BM-T3-02: si nota come l’aumento della

temperatura incida notevolmente sulle proprietà meccaniche considerate.

Page 82: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

82

Tabella 11: Comparazione tra le proprietà meccaniche dei provini testati nelle

prove statiche di trazione.

PROVINO

TENSIONE DI

SNERVAMENTO

σσσσsn /σσσσsn(MAX)

TENSIONE DI

ROTTURA

σσσσR /σσσσR(MAX)

ALLUNGAMENTO

A

ROTTURA

A / A(MAX)

MODULO ELASTICO

E / E(MAX)

T = 25°C

BM-RT-01 0,986 M: 0.973

DS: 0,027

0,993 M: 0.992

DS: 0,008

0,554 M: 0.576

DS: 0,047

1 M: 0.995

DS: 0,008 BM-RT-02 0,992 1 0,545 0,999

BM-RT-03 0,942 0,984 0,630 0,985

TIG-RT-01 0,969 M: 0.981

DS: 0,017

0,965 M: 0.961

DS: 0,022

0,403 M: 0.382

DS: 0,096

0,931 M: 0.943

DS: 0,014 TIG-RT-02 0,974 0,980 0,466 0,939

TIG-RT-03 1 0,937 0,277 0,958

T = 704°C

BM-T2-01 0,836

M: 0.814

DS: 0,037

0,589

M: 0.602

DS: 0,031

0,971

M: 0.822

DS: 0,185

0,463

M: 0.550

DS: 0,067

BM-T2-02 0,860 0,606 0,932 0,507

BM-T2-03 0,786 0,626 0,642 0,550

BM-T2-04 0,818 0,634 0,966 0,625

BM-T2-05 0,769 0,556 0,600 0,605

T = 760°C

BM-T3-01 0,676

M: 0.704

DS: 0,049

0,494

M: 0.496

DS: 0,003

0,981

M: 0.942

DS: 0,057

0,556

M: 0.524

DS: 0,042

BM-T3-02 0,677 0,498 1 0,564

BM-T3-03 0,686 0,499 0,893 0,490

BM-T3-04 0,777 0,494 0,894 0,485

TIG-T1-01 0,528

M: 0,686

DS: 0,103

0,489

M: 0,510

DS: 0,014

0,271

M: 0,220

DS: 0,086

0,429

M: 0,572

DS: 0,132

TIG-T1-02 0,748 0,516 0,232 0,596

TIG-T1-03 0,742 0,502 0,236 0,534

TIG-T1-04 0,639 0,518 0,072 0,783

TIG-T1-05 0,775 0,525 0,287 0,518

Page 83: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

83

Figura 4.18: Curve di trazione per tre provini di materiale base a tre diverse temperature di prova.

L’incremento della temperatura di prova ha determinato un’estensione del campo

plastico, riscontrata in maniera evidente a 760°C, temperatura alla quale si ha un

valore cospicuo dell’allungamento percentuale.

Di contro, le alte temperatura hanno fatto sì che il modulo elastico abbia subito una

riduzione pari a circa il 50% rispetto ai valori registrati nelle prove a temperatura

ambiente.

Analogamente, è possibile valutare il comportamento del materiale saldato in

relazione alla temperatura di svolgimento dei test (Figura 4.19).

Page 84: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

84

Figura 4.19: Curve di trazione per due provini di materiale saldato a differenti temperature di prova.

Si nota come il comportamento del materiale saldato sia antitetico rispetto al

materiale base, presentando un minore allungamento percentuale ad alta temperatura,

in relazione a quello rilevato a temperatura a ambiente.

Inoltre, tenendo conto di tutti i provini testati, il massimo valore della tensione di

snervamento è stato raggiunto in un provino saldato e non nel materiale base.

Questo comportamento si può attribuire alla presenza del materiale d’apporto

utilizzato nel processo di saldatura, che ha di fatto provocato un irrigidimento del

materiale, causando gli effetti di cui sopra.

In definitiva, le caratteristiche meccaniche ottenute da questa caratterizzazione

iniziale di prove sono totalmente simili a quelle reperibili in letteratura27, 28, 29.

27 Waspaloy Technical Data Sheet, (2008). 28 A.K. ROY, A. VENKATESH, V. MARTHANDAM, A. GHOSH, Tensile deformation of a Nickel-base Alloy at elevated temperatures, Journal of Material Engineering and Performance, 17(4), pp. 607-61, (2008). 29 M. OJA, K.S. RAVI CHANDRAN, R.G. TRYON, Orientation Imaging Microscopy of fatigue crack formation in Waspaloy: Crystallographic conditions for crack nucleation, International Journal of Fatigue 32, pp. 551–556, (2010).

Page 85: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

85

4.3 Prove di fatica oligociclica a temperatura

ambiente

Lo svolgimento delle prove di fatica oligociclica alla temperatura ambiente di 25°C è

avvenuto imponendo dei cicli a rampe triangolari in controllo di deformazione alla

frequenza di 0.5 Hz, in modo tale da pregiudicare l’insorgere di surriscaldamenti del

materiale nel corso della prova.

Le ampiezze di deformazione imposte sono comprese nel range 0,44≤

max

min

εε

≤0,78,

con rapporto di deformazione R = 0.

L’andamento temporale della deformazione imposta è visibile in Figura 4.20.

La scelta di un rapporto di deformazione nullo, con conseguente deformazione media

diversa da zero, ha permesso di simulare il comportamento del materiale in

condizioni operative vicine a quelle reali di sollecitazione.

I provini utilizzati in queste prove (Figura 4.21) sono conformi alle prescrizioni

dettate dalla norma ASTM E606 e il loro design è riportato, con le relative

tolleranze, in Figura 4.22.

Figura 4.20: Forma d’onda di ε(t)

Page 86: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

86

Figura 4.21: Provino utilizzato nelle prove LCF a temperatura ambiente

e ad alta temperatura.

Figura 4.22: Geometria dei provini utilizzati nelle prove LCF.

Page 87: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

87

Le dimensioni della sezione resistente, con le relative ampiezze di deformazione

imposte nel corso delle prove adimensionalizzate mediante il valore massimo, sono

riportate in Tabella 12.

Tabella 12: Dimensioni della sezione resistente dei provini utilizzati nelle prove di fatica oligociclica.

PROVINO

LARGHEZZA

INIZIALE

BI

[mm]

SPESSORE

INIZIALE

TI

[mm]

SEZIONE

RESISTENTE

S0

[mm2]

Δε / ΔεMAX

TIG-FRT-01 7,81 3,02 23,59 1,00

TIG-FRT-02 7,81 3,12 24,37 0,71

TIG-FRT-03 7,84 3,05 23,91 1,00

TIG-FRT-04 7,83 3,08 24,12 0,57

TIG-FRT-05 7,84 3,01 23,60 0,57

TIG-FRT-06 7,89 3,01 23,75 0,71

TIG-FRT-07 7,97 3,00 23,91 0,57

TIG-FRT-08 7,78 3,07 23,88 0,86

L’estensometro utilizzato per la misura della deformazione longitudinale del provino

è il medesimo utilizzato per le prove statiche di trazione ed è montato come è

mostrato in Figura 4.23.

In prove di questo tipo particolare attenzione deve essere posta nel montaggio

dell’estensometro: esso deve aderire perfettamente alle superfici del campione testato

e, inoltre, occorre evitare che vibrazioni indotte dall’apparecchiatura di carico

possano interferire nella registrazione dei dati.

Page 88: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

88

Figura 4.23: Montaggio dell’estensometro MTS® sul campione da testare nelle prove di fatica

oligociclica a temperatura ambiente.

Per ognuno dei test condotti il software di controllo e acquisizione dati, che ha

operato congiuntamente alla macchina di prova, ha registrato cento coppie di punti

sforzo-deformazione, provvedendo al salvataggio di un file dati.

In fase preliminare è stato necessario effettuare un’operazione di pulitura del

suddetto file, dal quale sono state eliminate alcune righe di testo di intestazione

generate all’atto del salvataggio da parte del software.

L’elaborazione dei dati ottenuti è avvenuta in ambiente MATLAB® 7.7, che ha

permesso di generare algoritmi in grado di valutare gli andamenti degli estremi di

tensione e deformazione in funzione del numero di cicli, nonché di ottenere le

immagini relative ai cicli di isteresi.

In tal modo il file elaborato ha permesso di ottenere informazioni sulle seguenti

grandezze:

- numero dei cicli di isteresi di stabilizzazione;

- area del ciclo di isteresi stabilizzato;

Page 89: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

89

- modulo elastico;

- ampiezza di carico;

- tensione massima;

- tensione minima;

- numero di cicli a rottura.

Occorre sottolineare che l’area del ciclo di isteresi stabilizzato e il modulo elastico si

configurano come due parametri di grande interesse, poiché la loro variazione

consente di valutare il danneggiamento che il provino subisce durante una prova di

fatica.

L’elaborazione di ciascuno dei file dati di ogni singola prova ha inoltre fornito gli

andamenti delle tensioni e delle deformazioni in funzione del numero di cicli.

L’ampiezza di carico, il modulo elastico e l’area del ciclo di isteresi sono individuati

in corrispondenza della metà del numero di cicli a rottura.

I risultati adimensionalizzati ai valori massimi registrati tra tutti i provini saldati

testati a temperatura ambiente sono indicati in Tabella 13.

Tabella 13: Risultati delle prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente su provini TIG.

Provino

Ampiezza di

deformazione

Δε / ΔεMAX

Area di

isteresi

H / HMAX

Modulo

elastico

E / EMAX

Ampiezza di

carico

Δσ / ΔσMAX

Vita a

fatica

Ni / Nrif

TIG-FRT-02 0,71 0,056 1,000 0,7674 0,8470

TIG-FRT-03 1,00 0,037 0,973 1,0000 0,1768

TIG-FRT-04 0,57 0,529 0,949 0,6285 0,8552

TIG-FRT-05 0,57 0,216 0,950 0,6113 1,0000

TIG-FRT-06 0,71 0,065 0,970 0,7171 4,4675

TIG-FRT-07 0,57 0,685 0,935 0,5838 0,4550

TIG-FRT-08 0,86 1,000 0,989 0,9257 0,4226

Page 90: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

90

Il provino TIG-FRT-06 ha registrato il superamento dei 100000 cicli, e quindi il

dominio della fatica oligociclica, motivo per il quale la prova è stata condotta

successivamente in controllo di carico.

La rottura del provino TIG-FRT-01 si è rivelata anomala, motivo per cui i risultati

forniti da questa prova non sono stati ritenuti validi ai fini dell’indagine sperimentale.

La rottura del provino TIG-FRT-07 si è verificata al piede del raccordo e non in

prossimità del cordone di saldatura, tuttavia i dati acquisiti sono coerenti con quelli

delle altre prove di fatica, il che ha consentito di ritenerli accettabili.

4.4 Prove di fatica oligociclica ad alta

temperatura

La campagna di prove condotta sui campioni di Waspaloy si è concentrata

sull’esecuzione di prove di fatica oligociclica alla temperatura di 760°C.

La forma d’onda della deformazione imposta e la frequenza scelta sono le medesime

scelte per l’esecuzione delle prove di fatica svolte a temperatura ambiente.

Come detto in precedenza, queste prove hanno riguardato provini integri, poiché i

risultati di questa indagine saranno oggetto di valutazione per analizzare il

comportamento di provini saldati, da testare nelle medesime condizioni.

Le caratteristiche geometriche dei campioni testati e le relative ampiezze di

deformazione imposte (normalizzate) sono riportate in Tabella 14.

Page 91: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

91

Tabella 14: Caratteristiche geometriche dei provini testati a fatica oligociclica a 760°C.

PROVINO

LARGHEZZA

INIZIALE

BI

[mm]

SPESSORE

INIZIALE

TI

[mm]

SEZIONE

RESISTENTE

S0

[mm2]

Δε /ΔεMAX

BMF-T1-01 7,72 3,19 24,63 0,86

BMF-T1-02 7,87 3,19 25,11 0,71

BMF-T1-03 7,81 3,18 24,84 0,71

BMF-T1-04 7,79 3,18 24,77 0,57

BMF-T1-05 7,92 3,18 25,19 0,86

BMF-T1-06 7,90 3,22 24,44 1,00

BMF-T1-07 7,97 3,21 23,58 0,71

BMF-T1-08 7,74 3,12 24,15 1,00

BMF-T1-09 7,72 3,19 24,63 0,71

Il riscaldamento del provino è avvenuto mediante l’utilizzo del forno a tre zone

indipendenti mostrato in Figura 4.3, che ha permesso di ottenere un campo termico

omogeneo nell’area di prova, mentre la temperatura è stata monitorata mediante

l’ausilio di termocoppie con isolatore in ceramica a doppio foro.

La misura della deformazione longitudinale è stata affidata ad un estensometro

Epsilon®, su cui sono stati fissati due coltelli in ceramica (Figura 4.24) che

consentono il contatto con la superficie del provino.

Page 92: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

92

Figura 4.24: Estensometro Epsilon® munito di coltelli in ceramica.

Il set-up ottimale per l’esecuzione delle prove in oggetto ha previsto che il

posizionamento delle punte dei due coltelli avvenisse sul lato minore della sezione

resistente, al fine di minimizzare gli effetti dovuti ai fenomeni vibratori che

interessano la macchina di prova e che possono ripercuotersi negativamente sulle

misurazioni dell’estensometro: ciò ha rappresentato la difficoltà principale connessa

a questo modus operandi in quanto, nonostante siano state adottate tutte le

precauzioni richieste dalla tipologia del test, i coltelli in ceramica si sono rivelati

particolarmente sensibili allo slittamento per il suddetto motivo (Figura 4.25).

Page 93: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

93

Figura 4.25: Incipiente slittamento di un coltello in ceramica nel corso di una

delle prove di fatica oligociclica a 760°C.

La configurazione di base per l’avvio del test è quella mostrata in Figura 4.26, dove è

possibile valutare, oltre al posizionamento delle punte dei coltelli in ceramica, anche

l’ancoraggio delle due termocoppie, posizionate alle estremità della sezione

resistente.

La fase di riscaldamento del provino è mostrata in Figura 4.27.

Page 94: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

94

Figura 4.26: Set-up iniziale per le prove di fatica oligociclica ad elevata temperatura.

Figura 4.27: Fase di riscaldamento del provino.

Page 95: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

95

In Tabella 15 sono riassunti i risultati di ogni singola prova.

Tabella 15: Risultati delle prove di fatica oligociclica a 760°C eseguite su provini di materiale base.

Provino

Ampiezza di

deformazione

Δε / ΔεMAX

Area di

isteresi

H / HMAX

Modulo

elastico

E / EMAX

Ampiezza di

carico

Δσ / ΔσMAX

Vita a

fatica

Ni / Nrif

BMF-T1-01 0,86 0,066 0,529 0,6867 0,1670

BMF-T1-02 0,71 0,632 0,638 0,5774 6,6100

BMF-T1-03 0,71 0,063 0,958 1,0000 0,0497

BMF-T1-04 0,57 0,829 0,758 0,5697 1,3057

BMF-T1-05 0,86 0,070 0,406 0,5372 0,3482

BMF-T1-06 1,00 0,439 0,473 0,7791 0,1295

BMF-T1-07 0,71 1,000 0,421 0,6353 1,0000

BMF-T1-08 1,00 0,079 0,457 0,8005 0,3915

BMF-T1-09 0,71 0,999 1,000 0,9806 0,0695

Per i provini BMF-T1-02 e BMF-T1-04 è avvenuto il superamento dei 100000 cicli

ed entrambe le prove sono state successivamente condotte in controllo di carico,

tuttavia il provino BMF-T1-04 non ha registrato alcuna rottura e il numero di cicli a

rottura utilizzato per il tracciamento dell’equazione di Manson-Coffin, di cui si

parlerà nel prossimo paragrato, è stato considerato pari al numero di cicli raggiunto

nel test in controllo di deformazione.

In ultima analisi, tutti i valori forniti dai test di fatica oligociclica condotti sono stati

adimensionalizzati tenendo in considerazione i risultati reperiti da precedenti attività

Page 96: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

96

sperimentali, inerenti a prove di fatica oligociclica eseguite sul materiale base a

temperatura ambiente30.

I dati ottenuti sono elencati in Tabella 16.

Nel seguito si riportano i grafici inerenti il ciclo di isteresi stabilizzato e gli

andamenti delle deformazioni e tensioni massime e minime in funzione del numero

di cicli, ricavati attraverso le elaborazioni in ambiente Matlab, per tutti i test di fatica

oligociclica effettuati.

I valori di tensione e del numero di cicli sono normalizzati rispetto ai rispettivi valori

massimi di riferimento.

30 R.COSMA, Caratterizzazione a fatica oligociclica di laminati metallici di tipo Waspaloy, (2011).

Page 97: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

97

Tabella 16: Comparazione tra i dati ottenuti nelle prove di fatica oligociclica effettuate su provini di

materiale base e saldati.

Provino

Ampiezza di

deformazione

Δε/ ΔεMAX

Vita a

fatica

N/Nrif

Area di

isteresi

H/HMAX

Modulo di

elasticità

E/EMAX

Ampiezza

di carico

∆σ∆σ∆σ∆σ/∆σ∆σ∆σ∆σMAX

25°C

BMF-RT-01 1,00 0,0658 0,053 0,910 1,0000

BMF-RT-02 0,89 0,0810 0,211 0,930 0,9629

BMF-RT-03 0,78 0,1683 0,370 0,903 0,8672

BMF-RT-04 0,67 0,2515 0,843 0,954 0,8315

BMF-RT-05 0,56 0,5617 0,060 1,000 0,7486

BMF-RT-06 0,78 0,1364 0,054 0,974 0,9520

BMF-RT-08 0,78 0,1577 0,212 0,961 0,9357

BMF-RT-09 0,56 0,4034 0,372 0,961 0,7236

BMF-RT-10 0,56 2,8276 0,064 0,972 0,7394

BMF-RT-11 0,56 0,3409 0,529 0,987 0,7656

BMF-RT-12 0,44 0,3782 0,687 0,924 0,6219

BMF-RT-13 0,44 1,1056 0,060 0,986 0,5948

BMF-RT-14 0,44 0,8245 0,064 0,980 0,5857

BMF-RT-15 0,44 1,1077 0,061 0,988 0,5932

BMF-RT-16 0,44 1,0000 0,061 0,921 0,5416

TIG-FRT-02 0,56 0,3517 0,056 0,961 0,7154

TIG-FRT-03 0,78 0,0734 0,037 0,935 0,9127

TIG-FRT-04 0,44 0,3551 0,529 0,912 0,5585

TIG-FRT-05 0,44 0,4152 0,216 0,913 0,5500

TIG-FRT-06 0,56 1,8549 0,065 0,932 0,6639

TIG-FRT-07 0,44 0,1889 0,685 0,898 0,5297

TIG-FRT-08 0,67 0,1755 1,000 0,950 0,8248

760°C

BMF-T1-01 0,67 0,1493 0,055 0,525 0,4227

BMF-T1-02 0,56 5,6872 0,531 0,633 0,3554

BMF-T1-03 0,56 0,0444 0,053 0,951 0,6155

BMF-T1-04 0,44 1,1673 0,697 0,752 0,3507

BMF-T1-05 0,67 0,3113 0,059 0,403 0,3307

BMF-T1-06 0,78 0,1158 0,369 0,470 0,4800

BMF-T1-07 0,56 0,8940 0,840 0,418 0,3911

BMF-T1-08 0,78 0,3500 0,066 0,453 0,4927

BMF-T1-09 0,56 0,0622 0,840 0,993 0,6036

Page 98: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

98

Figura 4.28 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-02.

Figura 4.28 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-02.

Figura 4.28 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-02.

0,4

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

0,4 N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 99: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

99

Figura 4.29 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-03.

Figura 4.29 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-03.

Figura 4.29 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-03.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

-0,8

1

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

-0,8

0,3

0,3 N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

x10-3

Page 100: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

100

Figura 4.30 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-04.

Figura 4.30 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-04.

Figura 4.30 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-04.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,4

0,4 N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

x10-3

Page 101: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

101

Figura 4.31 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-05.

Figura 4.31 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-05.

Figura 4.31 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-05.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,45

0,45

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 102: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

102

Figura 4.32 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-06.

Figura 4.32 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-06.

Figura 4.32 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-06.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

1

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

-0,8

1,3

1,3

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 103: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

103

Figura 4.33 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-07.

Figura 4.33 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-07.

Figura 4.33 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-07.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,22

0,22

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 104: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

104

Figura 4.34 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino TIG-FRT-08.

Figura 4.34 (b): Andamento delle deformazioni per il provino TIG-FRT-08.

Figura 4.34 (c): Andamento delle tensioni per il provino TIG-FRT-08.

1

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

1

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0.6

0,18

0,18

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 105: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

105

Figura 4.35 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-01.

Figura 4.35 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-01.

Figura 4.35 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-01.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

0,16

0,16

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 106: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

106

Figura 4.36 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-02.

Figura 4.36 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-02.

Figura 4.36 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-02.

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

0,7

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

1,23

1,23

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 107: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

107

Figura 4.37 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-03

.

Figura 4.37 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-03.

Figura 4.37 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-03.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

-0,6

0,05

0,05

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 108: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

108

Figura 4.38 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-04.

Figura 4.38 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-04.

Figura 4.38 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-04.

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

-0,2

0,7

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

-0,2

1,23

1,23

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 109: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

109

Figura 4.39 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-05.

Figura 4.39 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-05.

Figura 4.39 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-05.

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

-0,2

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0.1

-0,2

0,35

0,35

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 110: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

110

Figura 4.40 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-06.

Figura 4.40 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-06.

Figura 4.40 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-06.

0,7

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0,1

-0,2

0,7

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0,1

-0,2

0,12

0,12

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 111: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

111

Figura 4.41 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-07.

Figura 4.41 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-07.

Figura 4.41 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-07.

0,6

0,5

0,4

0,3

0,2

0,1

0

-0,1

-0,2

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

1,05

1,05

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

Page 112: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

112

Figura 4.42 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-08.

Figura 4.42 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-08.

Figura 4.42 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-08.

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,35

0,35

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

x10-3

Page 113: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

113

Figura 4.43 (a): Ciclo di isteresi stabilizzato per il provino BMF-T1-09.

Figura 4.43 (b): Andamento delle deformazioni per il provino BMF-T1-09.

Figura 4.43 (c): Andamento delle tensioni per il provino BMF-T1-09.

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,8

0,6

0,4

0,2

0

-0,2

-0,4

0,07

0,07

N/Nrif

N/Nrif

σ/σ

MA

X

σM

IN/σ

MA

X

εmax

εmin

σMAX / σMAX

σMIN / σMAX

x10-3

Page 114: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

114

La normativa prescrive che la determinazione sperimentale della curva di

Manson-Coffin necessiti di almeno dieci campioni testati.

Tuttavia, i risultati ricavati dalle prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente e

ad alta temperatura sono stati ritenuti significativi per il tracciamento della curve in

esame e sono stati impiegati al fine di visualizzarne qualitativamente l’andamento.

Per procedere alla determinazione della curva di Manson-Coffin è necessario

considerare, per ciascun provino, i valori di ampiezza di deformazione imposta e del

numero di cicli a rottura, mostrati in precedenza in Tabella 16.

Le curve di Manson-Coffin ottenute a partire dai dati sperimentali hanno permesso di

effettuare un confronto tra il materiale saldato e il materiale base (Figura 4.44),

nonché di relazionare gli andamenti delle curve per il materiale base testato a due

differenti temperature (Figura 4.45).

Figura 4.44: Curve di Manson-Coffin ricavata mediante i dati sperimentali relativi a provini di

materiale base e saldati testati in prove di fatica oligociclica a temperatura ambiente.

I dati sperimentali risultano maggiormente dispersi nel caso dei provini saldati, a

causa della presenza di difettosità connesse al processo di saldatura.

Page 115: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

115

La vita a fatica del materiale saldato, oltre ad essere inferiore rispetto a quella del

materiale base, si riduce marcatamente in corrispondenza di bassi valori

dell’ampiezza di deformazione imposta.

Figura 4.45: Curve di Manson-Coffin a confronto per provini di materiale base a differenti

temperature.

La Figura 4.45 mostra, invece, come i vari provini presentino una durata comparabile

con quella a temperatura ambiente, se si escludono due casi a max

min

εε

=0,56 che

presentano valori anomali di durata, a causa di slittamenti continui subiti

dall’estensometro durante tutta la durata della prova.

Page 116: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

116

4.5 Analisi frattografica delle superfici di

frattura

In seguito alle prove sperimentali condotte, ciascun provino testato è stato soggetto

ad accurate analisi frattografiche, volte a individuare lo stato strutturale delle

superfici di frattura.

Tutte le ispezioni sono state condotte presso il “Laboratorio di Costruzione di

macchine” del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione mediante l’utilizzo dello

stereomicroscopio Nikon® SMZ-745T (Figura 4.46), con ingrandimento massimo

fino a 8x.

L’analisi frattografica costituisce un elemento d’indagine molto importante per lo

studio dei meccanismi di rottura, poiché essa consente di visualizzare le

caratteristiche linee di spiaggia, che come si è visto sono causate da variazioni nella

distribuzione degli sforzi agenti, nonché di valutare il verso di propagazione della

rottura e di constatare l’eventuale presenza di difetti da cui è scaturita la rottura del

materiale.

Figura 4.46: Stereomicroscopio Nikon® SMZ-745T.

Page 117: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

117

Nelle immagini in Figura 4.47 si mostrano alcune micrografie eseguite sui provini

saldati testati nelle prove di fatica oligociclica.

Figura 4.47 (a): Micrografia del provino TIG-FRT-02.

Figura 4.47 (b): Micrografia del provino TIG-FRT-04.

Figura 4.47 (c): Micrografia del provino TIG-FRT-05.

Page 118: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

118

Figura 4.47 (d): Micrografia del provino TIG-FRT-06.

Figura 4.47 (e): Micrografia del provino TIG-FRT-08.

Come ci si attendeva, gli esami macroscopici testimoniano come la causa della

rottura dei provini sia imputabile a fenomeni di fatica che si propagano

maggiormente sulla linea di saldatura.

Le ispezioni visive hanno dimostrato una configurazione estremamente rugosa e

frastagliata delle superfici di frattura, accentuata dalla tipologia del provino.

Le condizioni di carico che hanno caratterizzato le prove hanno impedito di rilevare

le linee di spiaggia (appena visibili nel dettaglio in Figura 4.48 relativo alla

micrografia del provino TIG-FRT-02), direttamente connesse ai continui arresti e

ripartenze delle cricche di fatica per effetto di sensibili variazioni del carico agente.

Page 119: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

119

Figura 4.48: Linee di spiaggia rilevate sulla superficie di frattura del provino

TIG-FRT-02.

Inoltre, nei dettagli in Figura 4.49 e in Figura 4.50 si notano delle inclusioni gassose,

che si presentano sotto forma di macchie nere arrotondate di dimensione inferiore a

1mm.

Figura 4.49: Porosità sulla superficie di frattura del provino TIG-FRT-02.

Page 120: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

120

Figura 4.50: Porosità sulla superficie di frattura del provino TIG-FRT-06.

Le micrografie relative ai provini di materiale base soggetti a fatica oligociclica

hanno dimostrato come le superficie di frattura siano meno frastagliate e irregolari

rispetto a quelle del materiale saldato, consentendo di individuare in maniera univoca

la zona di innesco della cricca (Figura 4.51, Figura 4.52, Figura 4.53 e Figura 4.54).

Figura 4.51: Micrografia del provino BMF-T1-01 con indicazione della

zona di innesco della cricca.

Page 121: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

121

Figura 4.52: Micrografia del provino BMF-T1-03 con indicazione della

zona di innesco della cricca.

Figura 4.53: Micrografia del provino BMF-T1-05 con indicazione della

zona di innesco della cricca.

Figura 4.54: Micrografia del provino BMF-T1-08 con indicazione della

zona di innesco della cricca.

Page 122: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

122

Le analisi condotte sulle superfici di frattura dei campioni testati nelle prove statiche

di trazione hanno evidenziato una differente tonalità di tali superfici, dovuta a

fenomeni di ossidazione causati da regimi di alta temperatura.

Quanto detto è si riscontra nelle immagini in Figura 4.55 e in Figura 4.56, in cui sono

rappresentate due micrografie relative, rispettivamente, ai provini TIG-RT-01 e

TIG-T1-04. Come ci si attendeva, le superfici osservate testimoniano una modalità di frattura

differente da quella riscontrata nei provini testati a fatica oligociclica e caratterizzata

da agglomerati di semi-cavità detti dimples, causati dalla formazione di microvuoti di

forma irregolare che, all’aumentare del carico, coalescono sino a determinare la

strizione del materiale.

Figura 4.55: Micrografia del provino TIG-RT-01.

Figura 4.56: Effetto dei fenomeni di ossidazione verificatisi ad alta temperatura

sulla superficie di frattura del provino TIG-T1-04.

Page 123: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

123

L’aspetto risultante della superficie appare dunque fibroso nella zona centrale e

contrassegnato dallo scorrimento al contorno.

Alcune micrografie sono riportate nel seguito nelle immagini in Figura 4.57.

Figura 4.57 (a): Micrografia del provino TIG-RT-02.

Figura 4.57 (b): Micrografia del provino TIG-RT-03.

Figura 4.57 (c): Micrografia del provino TIG-T1-02.

Page 124: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

Capitolo IV – Esecuzione delle prove

124

Figura 4.57 (d): Micrografia del provino TIG-T1-05.

Page 125: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

125

CONCLUSIONI

In questo lavoro di tesi sono stati presentati i risultati di una campagna di prove di

fatica oligociclica che hanno interessato una superlega di nickel, il Waspaloy,

adottata con successo per la costruzione di componenti di turbina a gas per impiego

aeronautico.

Scopo delle indagini sperimentali è stato quello di valutare le proprietà meccaniche

di questa superlega e l’incidenza della saldatura TIG sul loro andamento.

In questo ambito occorre infatti sottolineare come il procedimento di saldatura che si

adotta per garantire la continuità del materiale deve soddisfare la condizione

fondamentale per la quale le caratteristiche meccaniche e chimiche dei pezzi saldati

risultino il meno possibile alterate rispetto a quelle del materiale base, e ciò deve

verificarsi sia nelle zone di giunzione che nelle zone ad essa prossime: date queste

premesse, i risultati forniti dalle prove statiche di trazione hanno permesso di

concludere che la saldatura TIG ha garantito al materiale un’efficacia, in termini di

resistenza a rottura, a snervamento e di modulo elastico, simile a quella del materiale

base, registrando tuttavia una diminuzione dell’allungamento percentuale a rottura.

Per quanto concerne il comportamento a fatica oligociclica rilevato per entrambe le

tipologie di provini, si è evinto come il materiale saldato, pur denotando una

resistenza a fatica inferiore rispetto al materiale base, abbia risposto in maniera

soddisfacente ai test cui è stato sottoposto.

Oggetto di studio è stato anche il modo in cui il regime di temperatura influenzi le

caratteristiche meccaniche e la vita a fatica di entrambe le tipologie di provini testati.

Infine, si evidenzia come siano necessari ulteriori ricerche sull’ottimizzazione dei

parametri di saldatura, in modo tale da migliorarne gli effetti sulle caratteristiche

meccaniche e funzionali del tipo di materiale oggetto di indagini sperimentali.

Page 126: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

126

BIBLIOGRAFIA

S. M. COPLEY, B. H. KEAR, A dinamic theory of coherent precipitation hardening with application to Ni base superalloy, Transaction of AIME, Vol. 239, (1967). R. F. DECKER, Strenghtening mechanism in nickel base superalloy, Climax Molybdenum Company Symposium, Zurich, (1969). R. F. DECKER, J. R. MIHALISIN, Coherency strains of γ’ hardened nickel alloys, ASM Transaction Quarterly, Vol. 62, n° 2, (1969).

H.CHANDLER, Heat Treater's Guide: Practices and Procedures for Nonferrous Alloys, ASM International, (1996).

J.V. PONCELET, Introduction à la mécanique industrielle, physique ou expérimentale, Mme, Thiel Éditeur, Paris, seconda edizione, (1841). S.S.MANSON, Fatigue: A Complex Subject – Some Simple Approximations, Exp. Mech., vol.5, n° 7, pp. 193-226, (1965). L.F.COFFIN, Jr.: Design Aspect of High Temperature Fatigue With Particular Reference to Termal Stress, Trans.ASME, vol.78, n° 3, pp 527-532 (1956). B. DE NICOLO, Materiali da costruzione. Sperimentazione e normativa. Ed. F.Angeli, pp.170-171, (2004). B.ATZORI, Appunti di costruzione di macchine, Ed.Cortina (1999). L. VERGANI, Meccanica Dei Materiali, Ed. Mc Graw-Hill, (2006). Y.L.HEE, Fatigue testing and analysis. Theory and practice, Elsevier, (2005). S.S.MANSON, G.R. HALFORD, Fatigue And Durability of Structural Materials, ASM International, (2006).

R.K.RAJPUT, A Textbook of Manufacturing Technology: (Manufacturing Processes), Firewall Media, (2007). H.CHANDLER, Heat Treater's Guide: Practices and Procedures for Nonferrous Alloy, ASM International, (1996). ASM International, Nickel, Cobalt, and Their Alloys, (2000). Waspaloy Technical Data Sheet, (2008).

Page 127: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

127

A.K. ROY, A. VENKATESH, V. MARTHANDAM, A. GHOSH, Tensile deformation of a Nickel-base Alloy at elevated temperatures, Journal of Material Engineering and Performance, 17(4), pp. 607-61 , (2008). M. OJA, K.S. RAVI CHANDRAN, R.G. TRYON, Orientation Imaging Microscopy of fatigue crack formation in Waspaloy: Crystallographic conditions for crack nucleation, International Journal of Fatigue 32 pp. 551–556, (2010). R.COSMA, Caratterizzazione a fatica oligociclica di laminati metallici di tipo Waspaloy, (2011).

Page 128: UNIVERSITÀ DEL SALENTOantoniotricarico.altervista.org/wp-content/uploads/2015/...In Figura 1.1 sono riportati gli elementi tipicamente utilizzati per la formazione delle superleghe

128

RINGRAZIAMENTI Un sincero ringraziamento va a tutti coloro i quali, in momenti diversi e in vari

modi, hanno costituito un valido supporto morale e materiale.

Desidero ringraziare il Prof. Ing. Vito Dattoma per la disponibilità accordatami.

Ringrazio sentitamente l’Ing. Riccardo Nobile per la cortesia e la professionalità

dimostratemi e per il ruolo determinante che ha rivestito nel mio percorso formativo.

Voglio rivolgere un ringraziamento speciale all’Ing. Alessio Carofalo che,

nonostante i suoi impegni, ha sempre trovato il tempo per ascoltarmi e per

indirizzare al meglio il mio lavoro di tesi, aiutandomi a risolvere ogni tipo di

problema che si è presentato.