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Informazioni generali:
DURATA DEL VIAGGIO: 19 – 20 giorni.
PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Maggio – Ottobre.
COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare per l’andata l’aeroporto di Omaha e per il
ritorno l’aeroporto del Glacier Park. Alternativamente per l’andata potrete
usufruire dello scalo aeroportuale di Kansas City e per il ritorno di quello di
Missoula.
FUSO ORARIO: - 7 ore rispetto all’Italia ad Omaha e nel Nebraska orientale, - 8 ore in South
Dakota, North Dakota, Wyoming e Montana.
DOCUMENTI NECESSARI: Passaporto, che non vada a scadere durante la permanenza negli USA. Negli USA
non è più necessario possedere un visto per viaggi turistici che durino meno di 90
giorni. Dovrete però essere muniti di un’autorizzazione ESTA (Electronic System
for Travel Authorization) da farsi rilasciare tramite richiesta online preventiva alle
autorità statunitensi prima della partenza. Per richiederlo dovrete per forza
possedere un passaporto elettronico (dotato di microchip).
PATENTE RICHIESTA: Patente Italiana soggetta alle leggi statali del Nebraska, South Dakota, Wyoming,
North Dakota e Montana, ma è sempre consigliabile possedere la Patente
Internazionale.
RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Non sussiste alcun rischio per la sicurezza in questi territori e gli standard
ospedalieri sono ottimi. Si consiglia però di stipulare un’assicurazione sanitaria
che preveda le copertura alle spese mediche e la copertura per un eventuale
rimpatrio sanitario.
MONETA: DOLLARO STATUNITENSE.
TASSO DI CAMBIO: 1 € = 1,20 Dollari Statunitensi.
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Descrizione del viaggio:
1° giorno: trasferimento fino a Omaha
L’aeroporto Eppley Airfield di Omaha è un funzionale, ma non molto trafficato scalo che serve la principale cittadina del Nebraska e funge
da porta di ingresso principale alle immense praterie delle Great Plains americane. Come intuibile non esistono collegamenti diretti tra
Omaha e l’Italia per via aerea e per raggiungere la località dovrete, al minimo, fare uno scalo intermedio presso uno dei principali hub
nordamericani (Toronto, Atlanta, New York, Dallas o Chicago). Anche così facendo comunque l’impegno orario del viaggio di andata non
sfora in genere le 16 – 18 ore, cosa che, complice un fuso orario in deciso avanzamento rispetto all’Italia vi permetterà di raggiungere nella
medesima giornata le terre del Nebraska. Ovviamente poi, una volta in loco, vi raccomandiamo di espletare le procedure di ingresso e di
noleggio per il veicolo che vi accompagnerà per tutto il tour e quindi di portarvi prima possibile al vostro albergo per poter smaltire quanto
prima il cambio di fuso orario.
2° giorno: OMAHA
Omaha è una perla rara nelle immense distese di praterie e campi coltivati delle Great Plains. La città possiede infatti un centro storico
invitante e brulicante di vita, l’Old Town, con strade acciottolate e architetture tipiche in mattoni rossi, ma anche lungofiumi animati da
compagnie di giovani e parecchi club in cui ascoltare a sera della buona musica. Vi consigliamo di iniziare il vostro tour cittadino proprio
dai vicoli e dagli scorci invitanti da questo quartiere, all’interno del quale si colloca peraltro il più bel museo d’arte cittadino: il Durham
Museum. Ospitato in una splendida stazione ferroviaria art decò il Durham Museum ripercorre con dovizia la storia del Nebraska degli
ultimi anni dando ampio spazio soprattutto alle famose gesta degli esploratori Lewis e Clark. Conclusa questa prima visita potrete quindi
girovagare senza meta tra le stradine dell’Old Market curiosando tra i numerosi negozietti storici che un tempo furono frequentati anche da
Warren Buffett, il notissimo broker multimiliardario che nacque in città nel 1930 e che grazie al leggendario fiuto per gli affari si è
guadagnato il nomignolo affettuoso di “Oracolo di Omaha”. Se raggiungerete il lungofiume del Missouri avrete poi a disposizione una serie
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di pub e ristorazioni invitanti in cui pranzare. Nel pomeriggio vi esortiamo quindi a portarvi sulla sponda opposta del grande fiume, in
territorio dell’Iowa, per visitare l’Union Pacific Railroad Museum, un polo museale che ripercorre le gesta della compagnia ferroviaria che
per prima sviluppò su larga scala i commerci su via ferrata transcontinentali negli Stati Uniti e che divenne un vero baluardo dell’economia
a stelle e strisce nel XIX e XX secolo. Anche se non siete cultori del tema dovreste comunque compiere quest’esperienza poiché racchiude in
sé uno dei motivi principali che portarono allo sviluppo di Omaha: ossia il fatto di essere stato uno snodo strategico per i trasporti
nordamericani. A sera infine riguadagnate i vicoli dell’Old Market e fatevi tentare dai suoi club e locali notturni, non ve ne pentirete di certo.
Una vista suggestiva e panoramica del centro di Omaha così come appare dalle sponde del grande fiume Missouri che la attraversa. Quindi
una delle tipiche costruzioni in mattoni rossi della sua vibrante Old Town e una locomotiva classica della Union Pacific presso l’omonimo
museo ferroviario cittadino.
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3° giorno: trasferimento fino a Velentine
La terza giornata di viaggio consta nel primo e più lungo trasferimento di tutto l’itinerario poiché vi permetterà di attraversare
completamente lo stato del Nebraska portandovi da Omaha, sul suo margine orientale, fino a Valentine, posta al confine nord-occidentale
rispetto allo stato del South Dakota. Il tragitto da compiere è parecchio lungo (575km, 6 ore almeno di guida effettiva) ma per fortuna non
mancano i punti di interesse per qualche tattica sosta lungo il percorso. Primo tra questi è sicuramente lo Strategic Air & Space Museum
(40km, 30 minuti da Omaha) un museo che ricorda il ruolo strategico fondamentale per l’aeronautica militare statunitense che il Nebraska
assunse dal termine della seconda guerra mondiale. Oggi come allora non è infrequente vedere sfrecciare nei tersi cieli del Nebraska
velocissimi velivoli militari diretti alle basi situate nei pressi di Omaha. Qui infatti sorge l’US Air Force Strategic Air Command che governa
e gestisce tra le altre cose anche gli arsenali di armi convenzionali e nucleari delle truppe USA. Il museo si incentra proprio su queste
tematiche ed espone una serie di bombardieri in disuso o tecnologicamente sorpassati come i B-17 e i B-52.
Terminato il tour in mattinata vi consigliamo di riprendere l’auto e iniziare a percorrere le infinite strade del Nebraska in direzione nord-
ovest. Il Cornhusker State (lo stato degli spannocchiatori di granoturco) è una distesa dapprima senza limiti di campi di questo cereale che si
espandono a perdita d’occhio ed è abitato da una delle popolazioni più strenuamente filo repubblicane degli Stati Uniti. Passato però il
nucleo urbano di Grand Island e imboccata la lunghissima statale 2 il paesaggio si fa inaspettatamente solenne e imperioso. I campi coltivati
cedono man mano terreno alle praterie per poi risolversi nelle Sandhills, ossia migliaia di kmq di dune sabbiose ricoperte d’erba immerse
nella più completa desolazione e interrotte in questo respiro d’infinito solo da sparute fattorie rurali. Qui non è raro vedere volteggiare falchi
nel cielo e fermarsi attoniti dopo centinaia di chilometri alla guida per contemplare la grandezza del continente americano. Queste zone sono
però anche uno degli epicentri del cosiddetto Tornado Alley, il corridoio dei tornado, ossia la zona in cui storicamente si è registrata la
massima concentrazione di questi fenomeni naturali estremi che tanto identificano le Great Plains americane. La stagione dei tornado va
generalmente da aprile a ottobre, ma il fenomeno è mutevole e se le previsioni meteo annunciano la possibile formazione di questi eventi
meteorologici estremi muovetevi con estrema cautela lungo le strade del Nebraska. Per contro noterete come in concomitanza con questi
vortici si muovano anche carovane di veri e propri cacciatori di tempeste amatoriali o semi professionistici pronti a rischiare la vita per
immortalare questi fenomeni con fotografie mozzafiato o per fare rilevamenti scientifici sul campo. Che vi troviate ad attraversare le lande
del Nebraska col bel tempo o sotto nubifragi ricordate di adoperare la località di Valentine come base per il vostro proseguo del viaggio.
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Uno scorcio dei velivoli militari esposti dentro agli hangar dello Strategic Air & Space Museum che vi ricorde come il Nebraska sia da
sempre un polo nevralgico dell’aeronautica militare USA. Quindi le sconfinate distese di praterie e ondulazioni sabbiose delle Sandhills, nel
cuore dello stato, ed infine un cacciatore di tempeste che immortale uno spaventoso tornado, evento climatico comune in queste terre.
4° giorno: FORT NIOBARA WILDLIFE REFUGE
Giusto a una decina di chilometri da Valentine (10 minuti in automobile) sorge l’ingresso principale al Fort Niobara Wildlife Refuge, un
territorio posto sotto tutela già dal 1912 per volontà dell’allora presidente americano Roosevelt che conserva intatto l’habitat ancestrale e
selvaggio delle Great Plains e che è divenuto negli anni uno dei santuari faunistici più importanti dell’area comprendente centinaia di
diverse specie ornitologiche, alci, cervi wapiti, cani della prateria e alcune centinaia di capi di bisonte nordamericano, reintrodotto nel 1913
e che da allora prolifera indisturbato nelle sue terre natali. La collocazione in prossimità di grandi corsi fluviali locali fa sì poi che il Fort
Niobara Wildlife Refuge non presenti solo un monotono paesaggio fatto di praterie a perdita d’occhio ma comprenda anche foreste rigogliose
e falesie calcaree che si gettano a picco negli alvei dei fiumi sottostanti. La modalità migliore per esplorare il parco è quella di muovervi a
piedi (o eventualmente in mountain bike) lungo i tracciati segnalati che si diramano dal centro visitatori, muovendovi in silenzio e
possibilmente sottovento, così da massimizzare le già elevate possibilità di incontri con gli animali selvatici e le chance di scattare
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memorabili fotografie a memoria dell’evento. Se potete intrattenetevi fino all’imbrunire, momento in cui la fauna esce di solito più allo
scoperto vista anche la diminuzione del flusso di turisti. Per la nottata quindi fare rientro alla vicina Valentine.
Alcuni dei mammiferi più iconici che potrete avvistare e avvicinare presso il Fort Niobara Wildlife Refuge: dapprima il mitico e gigantesco
bisonte nordamericano, quindi una famiglia di cani della praterie ed infine un gruppo dei rari cervi wapiti americani.
5° giorno: MINUTEMAN MISSILE SITE, BADLANDS NATIONAL PARK
Svegliatevi di buon’ora in mattinata della quinta giornata di viaggio e siate pronti a una delle tappe più elettrizzanti del vostro viaggio. Se le
prime ore della mattinata dovranno essere spese nel trasferimento da Valentine fin nel cuore dell’adiacente stato del South Dakota una volta
raggiunta la highway 90 potrete muovervi più rapidamente e pervenire in tempi utili in mattinata al sito noto come Minuteman Missile Site
(230km, 2 ore e mezza). Questo complesso costruito dopo la seconda guerra mondiale ha ospitato negli anni ’60 e ’70 qualcosa come 450
testate missilistiche nucleari pronte all’uso e preventivamente già puntate su obiettivi strategici dell’Unione Sovietica e divenne un baluardo
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della difesa statunitense negli anni della Guerra Fredda. Con il passare del tempo il complesso palesò però limiti strutturali che lo resero
inadatto al delicato ruolo e venne riconvertito a primo museo nazionale sugli anni del conflitto latente tra USA e URSS. Il sito si può visitare
o liberamente o assai più intelligentemente prendendo parte a visite guidate che vi permetteranno di comprendere meglio la tecnologia e la
portata distruttiva delle armi una volta qui custodite. Inoltre potrete passeggiare tra le centrali di comando della base e in prossimità delle
postazioni dei funzionari che avrebbero potuto attivare i congegni di lancio missilistici nucleari in qualsiasi momento. Inutile dirvi che il solo
pensiero di stare in uno de luoghi che avrebbero potuto scatenare la terza guerra mondiale è di per sé un’esperienza toccante e adrenalinica.
Uno dei centri di comando sotterranei e una delle rampe dei missili balistici intercontinentali del Minuteman Missile Site, uno dei complessi
per il lancio di testate nucleari più importanti e armati di tutti gli Stati Uniti. Un vero simbolo della Guerra Fredda caduto in disuso.
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Se la mattinata è dedicata a visite a carattere tecnologico il pomeriggio di questa giornata è completamente appannaggio di una delle aree
naturali più scenografiche di tutti gli Stati Uniti: stiamo parlando dei paesaggi surreali fatti di dirupi rocciosi, guglie di sedimenti e calanchi
profondi dai mille colori che caratterizzano il mitico Badlands National Park. Il nome del parco deriva dall’appellativo con cui i nativi
denominavano quest’area (mako sica, terra cattiva) a indicare il tormentato paesaggio più simile a uno scenario extraterrestre che nostrano.
La modalità di esplorazione migliore di questo parco nazionale è via autovettura seguendo dapprima la fantastica Highway 240 Badlands
Loop Road e poi la più selvaggia e forse ancora più suggestiva Sage Creek Rim Road, una strada parzialmente in pietrisco che presenta
numerose piazzole per il campeggio e che permette anche l’avvistamento di numerosi cani della prateria nel loro habitat. Anche se i sentieri
sono numerosi e in genere abbastanza ben segnalati di solito si avventurano tra scenari che potrete allo stesso modo godere dalla strada e
quindi non è necessario compiere estenuanti camminati sotto il sole cocente (è totale la mancanza di acqua corrente nell’area) per godersi
panorami migliori. Anche se il percorso di queste tortuose strade nel parco si snoda per solo 100km circa (fino a raggiungere la statale 44)
mettete in conto non meno di 2 ore e mezza o 3 ore per la percorrenza, sia per l’impossibilità a sorpassare veicoli lenti sia per le numerose
soste fotografiche che vorrete fare lungo il tragitto. Una volta guadagnata la statale 44 infine colmate rapidamente la distanza di 65km (40
minuti) che vi separano da Rapid City, il principale insediamento dell’area delle Black Hills che sarà la vostra nuova base per il proseguo
del viaggio nei giorni successivi.
Alcune delle viste dal sapore quasi onirico che potrete gustarvi percorrendo le splendide strade panoramiche del Badlands National Park,
una delle cattedrali geologiche più magnificenti di tutti gli Stati Uniti.
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6° giorno: RAPID CITY, STURGIS, DEADWOOD, BLACK HILLS NATIONAL FOREST
La sesta giornata dell’itinerario comincia ad esplorare le famose alture delle Black Hills, concentrandosi però per lo più sulle realtà urbane
principali dell’area. Rapid City è sicuramente l’abitato più grande della zona con una Downtown piacevole e sempre percorsa da turisti e
autoctoni alla ricerca di un po' di svago. Qui tra bar, negozi e ristoranti ospitati in pregevoli case in mattoni rossi non avrete davvero modo
di annoiarvi e specialmente la sera la zona si stupirà con una vitalità inaspettata e alcune chicche come singolari statue di dinosauri e vicoli
ricoperti per intero da murales come Art Alley. Nulla comunque in confronto alle oltre 40 statue degli ex presidenti degli Stati Uniti a
grandezza naturale che paiono come sorvegliare il centro di Rapid City, una città che in fatto di irriverenza non è davvero seconda a
nessuno.
Se però Rapid City si presta ottimamente a una visita serale o tardo pomeridiana nel resto della giornata potrete compiere un bel percorso ad
anello tra i contrafforti settentrionali delle Black Hills. Decisamente più simili a montagne che colline (superano di gran lunga i 2000m)
queste alture sono molto antiche e sono state pesantemente erose dagli agenti atmosferici nel corso del tempo che hanno dato vita a scenari
unici. L’appellativo Black Hills lo si deve al nome sioux che identificava questa catena montuosa dalle fitte e cupe foreste di pini che la
ricoprono e per secoli furono un baluardo della cultura sioux, almeno finché l’uomo bianco non scoprì l’oro in zona e relegò i nativi nelle
pianure sottostanti (guardate prima dell’occasione il film Balla coi Lupi, qui ambientato). La strada che vi consigliamo di percorrere per
avere un primo felice approccio con l’area è la statale 385 che collega Rapid City con Deadwood che si snoda tra radure, capanni in legno e
le fitte foreste che compongono la Black Hills National Forest, un’interminabile distesa boschiva di 4800kmq composta da una foresta
vergine primordiale davvero ammaliante. Anche se non vi sono luoghi imperdibili lungo la tratta mettete in conto una serie di soste
fonografiche per immortalare la bellezza del luogo.
Verso l’ora di pranzo raggiungerete quindi Deadwood (70km, 1 ora da Rapid City) una località fondata nel 1870 da cercatori d’oro senza
scrupoli che a lungo in passato ebbe una pessima fama in quanto covo di fuorilegge e posto pericoloso anche per i viandanti. Oggi ciò che
rimane di quel periodo pionieristico e fosco sono una profusione (oltre 80) di sale da gioco e saloon ed è proprio il gioco d’azzardo che
alimenta l’economia locale e che ha portato in città capitali ingenti e sufficienti a ristrutturare gli edifici storici in maniera così perfetta e
accattivante. Ovviamente sono molti gli attori in costume che inscenano sketch da antico West come sparatorie e alterchi nei saloon ma non
mancano anche musei che ricostruiscono in maniera più corretta quel periodo storico come l’Adams Museum. Nel piccolo cimitero locale, il
Mount Moriah Cemetery, riposano infine per l’eternità insieme due miti del West americano: i pistoleri Wild Bill Hickok e Calamity Jane.
Sebbene Deadwood inviti a trattenersi molto più a lungo del preventivato verso metà pomeriggio vi consigliamo di muovere da qui in
direzione della vicina Sturgis (20km, 25 minuti) una moderna realtà urbana delle Black Hills nota principalmente per due cose: l’incredibile
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affollamento di motociclisti (in genere in sella ad Harley Davidson) e la presenza di diversi bar con formose e splendide modelle in vetrina.
Anche se a prima vista l’atmosfera possa sembrare rozza in realtà si tratta di un aspetto iconico della realtà americana che si esacerba in
agosto durante lo Sturgis Motorcycle Rally, un enorme motoraduno che raggruppa oltre mezzo milione di centauri nella minuta località.
Ovviamente in questo caso almeno una serata qui è d’obbligo per chiunque. Nella restante parte dell’anno invece valutate voi se intrattenervi
in questi club fino a notte inoltrata o riportarvi già verso sera in quei di Rapid City (45km, 30 minuti) per la notte.
L’impenetrabile Black Hills Forest ricopre praticamente tutte le alture della catena montuosa ed è uno dei più estesi boschi secolari degli
Stati Uniti. Quindi le atmosfere da antico West perfettamente apprezzabili presso l’abitato di Deadwood ed infine l’abnorme concentrazione
di motociclisti a Sturgis in occasione dell’annuale motoraduno Sturgis Motorcycle Rally.
7° giorno: CRAZY HORSE MEMORIAL, MOUNT RUSHMORE, CUSTER STATE PARK
La settima giornata di viaggio tocca i punti sicuramente più celebri delle Black Hills raggiungendo nel volgere di pochi chilometri alcuni
monumenti ciclopici come il Crazy Horse Memorial o le sculture del Monte Rushmore e poi insinuandosi all’interno del parco naturalistico
più rinomato dell’area: il Custer State Park. Seguendo la statale 16 prima e la strada 385 in seguito in mattinata potrete agilmente inoltrarvi
nel cuore delle Black Hills e raggiungere da Rapid City il Crazy Horse Memorial (60km, 1 ora). Questo gigantesco monumento in fase di
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costruzione (fu iniziato nel 1948 da Korczak Ziolowski e solo nel 1998 si ultimò la faccia del soggetto) si prevede che avrà dimensioni
davvero inconsuete, raggiungendo ad esempio un’altezza di 172m secondo il progetto originale che ne faranno l’opera artistica più grande
mai realizzata dall’uomo. L’idea dei suoi creatori è quella di ritrarre il condottiero sioux Cavallo Pazzo in sella a un destriero intento a
scrutare l’orizzonte, come a contrapporre al vicino Monte Rushmore un’opera dedicata agli indiani nativi di uguale, se non superiore,
importanza e visibilità. E’ curioso che si sia deciso di dedicare quest’enorme statua scavata nel granito delle montagne delle Black Hills
proprio a Cavallo Pazzo, un uomo che mai si prestò ad alcuna fotografia o opera di auto celebrazione in vita. Anche se è ampiamente visibile
liberamente già dalla strada vale comunque la pena di spendere il simbolico biglietto che vi permetterà di avvicinarvi con navette apposite ai
siti di scavo e realizzazione dell’opera.
Similare come impostazione ma già completamente realizzato è invece quella sorta di mausoleo presidenziale americano che è in effetti il
Mount Rushmore (25km, 30 minuti). Qui scolpiti nella nuda roccia e alti circa 18m ciascuno si riscontrano le effigi dei più grandi presidenti
americani della storia: George Washington, Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt. Per la realizzazione di quest’opera
scultorea mastodontica ci vollero ben 14 anni di lavoro (tra il 1927 e il 1941) e tutta l’abilità e professionalità di una squadra di scalpellini
guidata da Gutzon Borglum. Il modo migliore per approcciarsi al sito è quello di percorrere il sentiero Presidential Trail che si insinua fino
alla base delle gigantesche effigi e offre scorci memorabili del Monte Rushmore. All’avvio della camminata poi lo Sculptor’s Studio
ripercorre le gesta e spiega le problematiche che dovettero affrontare e risolvere i realizzatori di questo capolavoro della scultura moderna.
Qui si trovano anche alcuni bar e ristoranti ideali per smezzare la giornata con un lauto pranzo.
Nel primo pomeriggio dedicate quindi almeno qualche ora all’esplorazione del Custer State Park, sicuramente l’area naturalistica più
d’impatto e ricca di fauna di tutte le Black Hills. Qui vivono oltre 1500 bisonti allo stato brado, migliaia di asini che sono soliti avvicinarsi
per richiedervi del cibo, ma anche cervi, capre, coyote, cani della prateria, linci e centinaia di specie di uccelli. La zona più significativa in
cui inoltrarsi è sicuramente quella più prossima al Monte Rushmore e che tocca il Sylvan Lake, l’Harney Peak (2208m) e la Cathedral Spires.
Qui potrete percorrere splendidi sentieri immersi in boschi di conifere secolari e avere alte probabilità di incontri con animali selvatici
(specie se eviterete i congestionati weekend estivi). Nel tardo pomeriggio iniziate quindi la discesa lungo la spettacolare statale 16A (Iron
Mountain Road) che tra dislivelli, ponti in legno e gallerie si inoltra nel cuore orientale del Custer State Park. Seguite fedelmente la strada
fino ad Hermosa, la prima località posta sulle pianure orientali che attorniano le Black Hills e poi da qui portatevi rapidamente di nuovo fino
a Rapid City per la notte (80km, 90 minuti).
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La sagoma in via di realizzazione di Cavallo Pazzo e il modello di come sarà la scultura una volta ultimata presso il Crazy Horse Memorial.
Al centro quindi le effigi degli storici presidenti americani già ultimate presso il Monte Rushmore ed infine le strade perennemente occupate e
attraversate da mandrie di bisonti, alci e animali selvatici presso l’indimenticabile Custer State Park.
8° giorno: WIND CAVE & JEWEL CAVE NATIONAL PARKS
L’ottava e ultima giornata di stanza nella zona delle Black Hills farà infine la felicità degli speleologi e degli amanti delle grotte naturali. La
tappa odierna tocca infatti due complessi sotterranei di fama mondiale: la Wind Cave e la Jewel Cave, ambedue tutelate da appositi parchi
nazionali. La Wind Cave (90km, 1 ora da Rapid City) si trova all’estremità meridionale della catena montuosa e si snoda nel sottosuolo su
oltre 200km di grotte esplorate. Il suo nome non deve però trarre in inganno il vento in esame infatti vi disturberà solo all’ingresso del
complesso geologico mentre in profondità le turbolenze prima si riducono e poi spariscono. Le grotte si visitano solo con visite guidate e vi
permetteranno di vedere le caratteristiche concrezioni di calcite a nido d’ape, una vera rarità nel panorama speleologico se si pensa che il
95% di queste concrezioni del mondo si trovano solo in questa grotta.
Se la visita alla Wind Cave non vi ha sanato il desiderio di scoperta sotterranea non vi resterà altro da fare che raggiungere la vicina Jewel
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Cave (50km, 40 minuti), un altro mostro sacro tra gli anfratti sotterranei mondiali. Se si stima che i percorsi esplorati (circa 230km) sono
solo una parte del complesso intero (si crede sia il secondo al mondo per estensione totale) e che al suo interno le volte e i pavimenti delle
grotte sono completamente ricoperte di cristalli di calcite si capisce benissimo come mai la Jewel Cave richiami annualmente frotte di turisti
e appassionati del genere in quest’angolo del South Dakota.
Terminata la visita, sulla via del rientro verso Rapid City, dovrete nuovamente passare tra i territori spettacolari del Custer State Park e
questa volta vi suggeriamo caldamente di prendere parte a tour organizzati su mezzi a quattro ruote motrici gestiti da personale del parco
che vi condurranno direttamente tra le mandrie di bisonti e animali selvatici del posto. Questa sorta di mini safari è davvero elettrizzante ed
emozionante e vi parrà di essere tornati indietro nel tempo all’epoca in cui nel Nord America regnava incontrastata la natura e la fauna. Un
vero toccasana per l’animo e le abitudini ormai troppo antropizzate di noi abitanti del XXI secolo. In tarda serata fate quindi rientro a Rapid
City per la notte (95km, 90 minuti dalla Jewel Cave, circa metà tempo e chilometraggio dal Custer State Park).
Scorci degli spettacolari interni sotterranei della Wind Cave (in prima immagine) e della Jewel Cave (in seconda immagine), veri templi della
speleologia mondiale. Quindi nuovamente uno scenario incontaminato e selvaggio popolato da mandrie di bisonti allo stato brado nel Custer
State Park.
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9° giorno: DEVIL’S TOWER
La nona giornata dell’itinerario proposto consta essenzialmente in un lungo e articolato trasferimento da Rapid City alla volta del Theodore
Roosevelt National Park. Nonostante la tappa si svolga principalmente seduti sul sedile di un’automobile non avrete però occasione di
annoiarvi più di tanto. Innanzitutto seguendo di prima mattinata la highway 90 avrete modo di gustarvi ancora una volta le immense praterie
che caratterizzano il South Dakota, uno stato pervaso da un’atmosfera che davvero richiama alla mente i personaggi mitici dell’epopea
indiana della zona, come Cavallo Pazzo, Toro Seduto e Alce Nero, tutti condottieri nativi nati in questo stato. Oltrepassando poi il confine
con il Wyoming a ovest vi esortiamo a raggiungere una delle icone delle Great Plains americane, ossia l’inconfondibile profilo della Devil’s
Tower (170km, 2 ore da Rapid City). Questo monolite di roccia che si protende verso il cielo per 386m in prossimità del Belle Fourche River
è da sempre un venerato monte delle pianure americane, tanto che ben 20 diversi gruppi indiani lo reputavano sacro. Lo spettacolare profilo
solcato da fenditure regolari basaltiche che ne cingono il perimetro è davvero fotogenico e si presta benissimo anche come location per un
pic-nic all’aria aperta ideale per inframmezzare il percorso automobilistico. Nel primo pomeriggio riprendete poi l’auto e colmate i 400km (4
ore di guida effettiva) che distanziano la Devil’s Tower dal Theodore Roosevelt National Park seguendo il percorso della statale 85 che si
protrae verso settentrione tra alcuni degli scenari più isolati e selvaggi del South e del North Dakota. Il North Dakota rappresenta la vera
quintessenza delle pianure sconfinate del nord America con campi di grano che si perdono fino all’orizzonte e sparute cascine che
regolarmente punteggiano un paesaggio isolato e semi selvaggio, animato solo dal sibilare del vento tra i campi e dal volteggiare chiassoso
di stormi di uccelli. Insomma, benvenuti nella terra dell’estrema tranquillità. Per la nottata fate perno sull’abitato di Medora.
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Due viste sull’inconfondibile e misterioso profilo della Devil’s Tower un singolare monolite roccioso che si erge al limitare delle alture delle
Black Hills nel territorio del Wyoming. Quindi gli infiniti e solitari campi che caratterizzano la ruralità del North Dakota.
10° giorno: THEODORE ROOSEVELT NATIONAL PARK
Il Theodore Roosevelt National Park è un’area protetta istituita nel 1947 dedicata al compianto ex presidente americano (che qui costruì due
ranch nell’800 come basi per muoversi in zona perpetrando la sua grande passione, la caccia ai bisonti) che tutela tre distinte aree dalla
geologia tormentata del North Dakota. Queste zone sono note anche con l’appellativo di Badlands ma normalmente si preferisce il nome che
richiama il presidente USA per evitare spiacevoli incomprensioni identificando con l’appellativo di Badlands National Park l’area protetta
del South Dakota. La sezione più grande e spettacolare del parco è la South Unit che si estende giusto a settentrione della piccola località di
Medora e che è percorsa da una splendida strada panoramica, la Scenic Loop Drive. Questa strada si articola per circa 60km tra le asperità
più fantasiose e caratteristiche del parco composte da bizzarre formazioni geologiche dai mille colori, dovuti alla miscellanea di
composizione chimica unica delle rocce della zona. Ciò che vi colpirà soprattutto dell’area è la sua incredibile solitudine e mancanza di
affollamento: qui davvero avrete tutto per voi questo territorio magico dove peraltro vivono cervi, muli, cavalli selvatici, pecore delle
Montagne Rocciose, bisonti e una quantità incredibile di specie ornitologiche. Anche procedendo con una certa verve lungo la Scenic Loop
Drive mettete in conto di impiegarci non meno di due ore effettive di guida, comprendendo numerose soste per immortalare con fotografie
uniche questi scenari incantati. Se vi sentite in forma un consiglio per godere dei silenzi e dell’immensità del posto è quello di compiere il
giro della Scenic Loop Drive in bicicletta, tenendovi tutta la giornata a disposizione, un’esperienza davvero memorabile. I cultori delle
camminate all’aperto avranno infine di che sbizzarrirsi sui numerosi sentieri che si inoltrano tra gli anfratti più reconditi del parco come l
Paddock Creek Trail che serpeggia nel Painted Canyon o il Petrified Forest Loop Trail che si insinua tra le desolate aree settentrionali del
South Unit. Per la nottata ovviamente vi consigliamo di pernottare nuovamente in quei di Medora.
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Un tipico scenario desolato e spettacolare del Theodore Roosevelt National Park caratterizzato da singolari e coloratissime formazioni
geologiche. Quindi alcuni gruppi di animali selvatici che popolano in massa le lande selvagge della zona.
11° giorno: LITTLE BIG HORN, BOZEMAN
L’undicesima tappa di questo viaggio nel cuore selvaggio del nord America vi porterà dal North Dakota in profondità nello stato del
Montana. In questo stato confederato si respira ad ogni chilometro lo spirito libero e avventuriero da frontiera che lo caratterizza con cieli
infiniti e quasi sempre tersi solcati da brezze frizzanti che vi ricordano la prossimità con le pianure sconfinate del Canada (d’altronde il suo
nomignolo è per l’appunto Big Sky Country, stato del grande cielo). L’animo dei suoi abitanti è tollerante e curioso e vi capiterà di incrociare
in zona ricchi proprietari di immensi ranch ma anche comunità moderne e progressiste nelle principali cittadine dello stato. La tappa in
oggetto comunque consta in un lungo trasferimento, a tratti monotono, lungo le highway 94 e 90 in direzione ovest che vi condurrà da
Medora fino a Bozeman, una delle più estroverse e caratteristiche città del Montana. Vi consigliamo di partire di buon’ora da Medora e di
muovervi rapidamente tra le sconfinate praterie del Montana fino al sito storico di Little Big Horn (440km, 5 ore). Il Little Big Horn
Battlefield National Monument commemora l’ultima ingloriosa battaglia del generale Custer contro gli schieramenti di indiani nativi
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(capeggiati tra gli altri da Cavallo Pazzo) che si risolse in un bagno di sangue per i 272 uomini dell’esercito statunitense che dovettero
soccombere alla forza e all’astuzia degli autoctoni, ben più abituati di loro a muoversi su questi terreni. Il piccolo ma illuminante museo
presente descrive con minuzia la battaglia del 1876 che vide prevalere i nativi Lakota-Cheyenne ed è un sito di pellegrinaggio per molti nativi
nostalgici delle loro libere origini. Inutile dire che visitare il sito dopo magari aver visto un po' di filmografia dedicatagli in anticipo renderà
la vostra esperienza molto più intensa e cosciente. A visita ultimata vi consigliamo quindi di pranzare in loco.
Nel primo pomeriggio ritornate quindi alle vostre macchine e muovete nuovamente verso ovest in direzione di Bozeman (330km, 3 ore) una
gradevolissima cittadina universitari a incastonata in un contesto naturale d’eccezione tra alture verdeggianti ammantate di pini e cime
innevate. Anche se la cittadina ha un’interessante museo (il Museum of the Rockies) incentrati sulle tradizioni degli indiani locali, sugli scavi
paleontologici dei dinosauri della zona e sugli usi dei pionieri del West dei secoli scorsi il fulcro di una visita a Bozeman è lo spirito della
città stessa. I numerosi studenti della Montana State University scaldano l’ambiente stimolando il proliferare di micro birrifici, ristorazioni
informali, saloon in stile antico West e club bohémien in cui riunirsi per una lauta bevuta in compagnia. Dopo alcuni giorni passati nel quasi
più completo isolamento tra South e North Dakota il passare almeno una serata in questa vivace località sarà davvero un toccasana per il
vostro spirito e il vostro viaggio.
Una vista sui cippi commemorativi del Little Big Horn National Monument che ricorda le gesta delle truppe Lakota-Cheyenne che nel 1876
inflissero una pesantissima sconfitta alle truppe del generale Custer intento a sgominare le tribù indiane del nord America. Quindi una vista
panoramica sull’universitaria e frizzante località di Bozeman e su uno dei suoi numerosi e animati pub.
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12° giorno: MISSOULA, FLATHEAD LAKE
La dodicesima giornata di viaggio consta nell’ultimo lungo trasferimento di questo viaggio. Vi muoverete infatti dal cuore dello stato del
Montana fino alla sua estremità settentrionale, in prossimità dello splendido Glacier National Park. Lungo questa tratta in compenso potrete
intrattenervi con alcuni degni siti di interesse costituiti dalla città di Missoula e dagli ameni scenari del Flathead Lake.
Missoula (330km, 3 ore da Bozeman) è la realtà più progressista e protesa al futuro di tutto il Montana essendo animata da una folta e
vibrante comunità studentesca che ama frequentare le pulite e pittoresche stradine pedonali del suo centro storico. In realtà qui non ci sono
monumenti o motivi di richiamo particolari ed è proprio la vitalità del posto il motivo che ci spinge a fare una sosta in questa località. Fa
eccezione solo lo Smokejumper Visitor Center poco fuori città che esalta le gesta degli impavidi pompieri paracadutisti che vengono lanciati
per domare pericolosi incendi tra le montagne dello stato in caso di necessità. Missoula, visto anche l’ora in cui la raggiungerete, brilla poi
per la presenza di diverse taverne gustose e a buon mercato, ideali per il pranzo.
Nel primo pomeriggio abbandonate quindi la cittadina e seguite la statale 93 che si protende verso l’estremo nord del Montana e che in 90
minuti circa (110km) vi porterà a raggiungere le sponde del Flathead Lake, il più grande lago americano che sorge ad ovest del corso del
fiume Mississippi. Il lago trova ubicazione tra catene montuose e foreste secolari, ed è punteggiato da minuscoli abitati composti da
pittoresche abitazioni. Il nucleo urbano più meritevole è quello di Polson, situato all’estremità meridionale del bacino. Da qui salpano
regolarmente barche che solcano le sue placide e cristalline acque con mini crociere da una o due orette e che sono un modo squisito e
romantico per entrare in sintonia con il Falthead Lake. Una volta dopo aver fatto rientro con le imbarcazioni a Polson, verso sera, vi
consigliamo infine di muovere con l’auto da qui fino al borgo di Whitefish (110km, 75 minuti) che fungerà da porta di ingresso nei giorni
successivi verso il Glacier National Park.
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Alcuni degli Smokejumper (pompieri paracadutisti) che si allenano presso il centro nazionale di prevenzione incendi montani di Missoula.
Quindi un’immagine esemplificativa della bellezza incontaminata del Flathead Lake e una delle imbarcazioni che salpano quotidianamente
da Polson sulle placide acque del più grande lago d’acqua dolce degli Stati Uniti occidentali.
13° - 14° - 15° - 16° - 17° giorno: GLACIER NATIONAL PARK
Magari alle orecchie degli europei suonerà come un anonimo parco naturale che non evoca nessun sentimento di grandezza come
Yellowstone o lo Yosemite ma di sicuro il Glacier National Park nel nord America è conosciuto da tutti come uno dei luoghi più magnificenti
del continente, tanto che il compianto attore hollywoodiano Robin Williams per descriverlo ebbe a dire “Se questo non è il giardino di Dio,
egli certamente abita nei paraggi”. Istituito già nel 1910 il Glacier National Park tutela uno degli ecosistemi più intatti del nord America:
un’estensione di 4.000kmq di territorio praticamente mai scalfiti dall’antropizzazione caratterizzati dalla presenza di 130 laghi, più di mille
specie diverse di flora e una concentrazione faunistica unica nel suo genere (da ricordare che qui sopravvive l’ultima colonia stabile e
proliferante di orsi grizzly negli USA, eccezion fatta per l’Alaska). Il suo nome deriva dal fatto che all’atto della sua istituzione in zona si
contavano ben 150 ghiacciai mentre ad oggi, complice il surriscaldamento globale che qui viene studiato nel dettaglio, sono solo 37 i bacini
glaciali attivi e degni di tale appellativo. Come facilmente intuibile tanta magnificenza è valsa all’area il riconoscimento come patrimonio
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dell’umanità da parte dell’UNESCO già a partire dal 1995 e annualmente il Glacier National Park richiama in questo recondito angolo del
Montana ben 2 milioni di visitatori, ma non abbiate timore gli spazi sono così ampli che non troverete mai affollamento. Il parco è e ha
intenzione di rimanere ancora a lungo secondo le idee dei suoi curatori un’oasi selvaggia appannaggio della natura.
Per un primo approccio con il Glacier National Park nulla è più elettrizzante e scenografico che percorre in automobile i memorabili 80km
della Going to the Sun Road, una ardita strada che si insinua nel cuore del parco (è l’unica che lo attraversa) costruita nel lontano 1932 e
divenuta, caso raro, un luogo storico di importanza nazionale riconosciuto. La strada va da West Glacier (40km, 35 minuti da Whitefish) fino
a St Mary (80km, 2 ore da West Glacier) e tocca alcuni punti memorabili come il cristallino Lake McDonald e il famoso Logan Pass (2033m)
posto giusto sullo spartiacque tra i bacini che convergono verso l’Oceano Pacifico e il Golfo del Messico (detta linea Garden Wall). Da
questa magnifica strada si staccano poi almeno tre sentieri degni assolutamente di essere menzionati: dalla località di Avalanche, sulla salita
verso il Logan Pass, ha inizio un sentiero di 6,5km (2 ore) che vi condurrà al meraviglioso e selvaggio Avalanche Lake, ideale per un pic-nic
all’aria aperta, mentre i meno avvezzi alle camminate potrano dilettarsi direttamente dal passo sulla traccia che conduce al piccolo Hidden
Lake Overlook (2,5km, 1 ora) che si staglia tra pinnacoli rocciosi davvero spettacolari. Se invece siete amanti dell’escursionismo sempre dal
passo, ma verso nord, si inoltra tra i pendii scoscesi del Glacier National Park l’Highline Trail (12km, 4 ore sola andata) che vi porterà fino
allo Swiftcurrent Pass permettendovi di avvicinarvi ai piccoli ghiacciai residui siti sui versanti nord delle montagne e in vista dei meravigliosi
bacini lacustri della Grinnel Valley. Dal passo infine discendete in direzione est fino a St Mary magicamente adagiata sulle sponde del lungo
lago omonimo dalle tinte cobalto. Il paese è perfetto anche per il pernottamento e offre diverse ristorazioni per i viandanti.
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Un tratto della spettacolare strada Going to the Sun Road che serpeggia tra i maestosi scenari naturali del Glacier National Park e che ne
costituisce la principale direttrice dei flussi turistici. Quindi due immagini sull’Hidden Lake e sull’Avalanche Lake che potrete raggiungere
con comode escursioni che hanno inizio direttamente dalla strada predetta.
L’indomani vi consigliamo di muovervi da St Mary alla volta della magnifica vallata di Many Glacier (35km, 45 minuti) che costituisce la
porta di ingresso al cuore selvaggio del Glacier National Park. Al fondo del lago Sherburne si trova uno degli alberghi più in vista della
zona, lo storico Many Glacier Lodge del 1915, che funge da avvio a una sequela di magnifici sentieri che si inoltrano tra la natura selvaggia.
Tra le escursioni in giornata fattibili vi consigliamo la scalata allo Swiftcurrent Pass dal lato orientale sorpassando una serie di idilliaci
invasi post glaciali (24km, 8 ore in tutto), la risalita verso il Grinnel Glacier lambendo i pittoreschi laghi che si formano dalle sue acque di
disgelo (24km, 8 ore in tutto), oppure la gettonatissima all’Iceberg Lake un bacino solcato nella stagione estiva da centinai di piccoli iceberg
scintillanti che più di ogni altra cosa rendono giustizia alla fama del Glacier National Park.
Una vista sullo storico Many Lake Lodge, l’albergo per antonomasia del Glacier National Park. Quindi un’istantanea che ritrae il sublime
Iceberg Lake cinto da poderose pareti rocciose e il pericoloso e affascinante grizzly, il predatore alfa del parco.
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Il percorso di sola andata in questo caso è di 8km (3 ore) ed un poco più ripido ma la vista di questo scenario naturale ripagherà di gran
lunga la fatica. I vero cultori del trekking però non dovrebbero limitarsi a questa escursione ma proseguire in direzione dello Ptarmigan
Tunnel, oltrepassare la linea di cresta e discendere nel successivo vallone in direzione dell’Elizabeth Lake un grandioso e solitario invaso
immerso nella natura selvaggia del Glacier Lake (12km, 4-5 ore di cammino ulteriori). Pernottare in questo luogo, meglio piantando una
tenda, è la quintessenza del viaggio nel Glacier Lake e potrete facilmente avere incontri ravvicinati con la fauna locale composta sia da
specie innocue come le capre di montagna, alci, cervi, puzzole, ghiottoni, linci, coyote, linci rosse, tassi, orsi bruni, visoni, porcospini,
martore e pecore Bighorn sia con animali decisamente più pericolosi come lupi e orsi grizzly. Si ricorda che gli attacchi di questi carnivori
sono rari ma il numero (specie dei grizzly, stimato sulle 300 unità) e l’alta frequentazione del parco portano sempre più spessi ad indesiderati
incontri tra l’uomo e i plantigradi, con un numero di attacchi medi all’anno di cinque unità. Pertanto siate accorti e meglio ancora fatevi
accompagnare da ranger in questo trekking nel cuore del Glacier Lake National Park. In seconda giornata potrete quindi spingervi
dall’Elizabeth Lake fino in profondità nella vallata limitrofa del Glenns Lake curiosando tra scenari naturali che facilmente vi lasceranno
attoniti più volte nella giornata (fate sempre rientro all’accampamento dell’Elizabeth Lake a sera). Come ultimo giorno di trekking infine dal
lago prendete il lungo ma spettacolare sentiero che vi riporterà nei pressi del Many Glacier Lodge (27km, almeno 10 ore di cammino)
passando per le alture scarlatte del Red Gap Pass che si staglia tra vette composte da un terreno particolarmente brunastro per l’alta
concentrazione di ferro disciolto in esso. Per chi non se la sentisse di compiere tutta la tratta in un’unica giornata potrete sempre bivaccare
all’aperto una notte in più. Ricordate infine che dal Many Glacier Pass dovrete giocoforza ancora l’indomani fare rientro fino a Kalispell
(165km, 3 ore) percorrendo nuovamente la Going to the Sun Road per raggiungere il Glacier Park International Airport per iniziare il vostro
viaggio di rientro verso l’Italia.
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L’ameno scenario del Glenns Lake dominato da torreggianti rilievi rocciosi è una delle aree più incontaminate e ad alta concentrazione di
animali selvatici del Glacier Lake National Park (in seconda immagine un alce). Quindi la vista panoramica dal Red Gap Pass che
supererete all’interno del vostro trekking pluri gionaliero nell’area.
18° - 19° - 20° giorno: trasferimento fino in Italia
Collocato in una delle regioni più remote degli USA, il Montana settentrionale, l’aeroporto del Glacier Park presso Kalispell è una vera
benedizione per i turisti che così potranno evitare lunghi rientri via terra per raggiungere i principali aeroporti delle Rocky Mountains e delle
Great Plains per fare rientro in Italia. Tuttavia proprio il suo essere remoto lo rende solo parzialmente collegato ai grandi hub
nordamericani e così il rientro verso il Bel Paese da qui non è in genere né agevole né veloce. Se siete diretti a Roma esiste la possibilità di
fare rientro in Italia facendo un solo scalo intermedio presso l’aeroporto di Chicago, ma compiendo allo stesso modo una tratta che si
sviluppa su 35 ore complessive e quindi necessiterete di due giorni per il trasbordo più un giorno perso sul calendario per via del fuso orario
in avanzamento. Se invece siete diretti per il ritorno agli aeroporti milanesi non avrete nemmeno questa opzione e dovrete fare per forza due
o più scali intermedi per raggiungere l’Italia. Perlomeno la durata dei viaggi con più scali è simile a quella a scalo singolo e i costi si
riducono sensibilmente. Anche adoperando il vicino scalo aeroportuale di Missoula (190km, 2 ore da Kalispell) la situazione non muta e anzi
ricalca fedelmente la situazione precedente esposta per l’aeroporto di Glacier Park.