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V La regia CONVERSAZIONE CON LUCA RONCONI a cura di Mario Di Giuseppe Lo scorso giugno lei ha diretto per la Rai una versione radiofo- nica c?e//'Alcesti di Samuele di Alberto Savinio e oggi, a distanza di pochi mesi, riaffronta lo stesso testo curandone la messa in scena; che motivi di interesse ha trovato in questo dramma ? Fin dalla prima lettura, nell'Alcesti di Samuele di Savinio ho colto stimoli per approfondire la riflessione su alcuni aspetti dell'esperienza teatrale intorno ai quali da anni si concentrano i miei interessi registici. In primo luogo sono stato colpito dalla struttura linguistica del testo. Nella sua apparente sconclusiona- tezza formale YAlcesti di Samuele presenta una straordinaria - e credo teatralmente efficacissima - precisione di linguaggio. Divagazioni, accensioni metaforiche, calembours, freddure sono governati da Savinio con una non comune padronanza della lingua che gli permette di coniugare la sapida ed efferve- scente ricchezza dell'eloquio dei personaggi alla puntuale defi- nizione di concetti, idee e situazioni. Lavorando s\il\'Alcesti di Samuele ho avuto la riprova di quanto mi era già capitato di osservare in passato portando in scena testi italiani dall'orga- nizzazione verbale particolarmente sofisticata come // cande- laio di Bruno, le commedie di Andreini o, in anni più recenti, Dio ne scampi dagli Orsenigo di Imbriani e Quer pasticciacelo brutto de via Merulana di Gadda e cioè che, per la sua stessa matrice 'storica' curiale, chiesastica ed avvocatesca, l'italiano funziona sulla scena non tanto quando è utilizzato per miniare conversazioni minimaiistiche finto-quotidiane, ma soprattutto quando lo si impiega per mettere in atto congegni linguistici sofisticati, nel segno del travestismo e del funambolismo verba- 239

V La regia CONVERSAZIONE CON LUCA RONCONI · brutto de via Merulana di Gadda e cioè che, ... ma la dolorosa constatazione che ... sione che per restituire coerenza alla partitura

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V La regia

CONVERSAZIONE CON LUCA RONCONIa cura di Mario Di Giuseppe

Lo scorso giugno lei ha diretto per la Rai una versione radiofo-nica c?e//'Alcesti di Samuele di Alberto Savinio e oggi, adistanza di pochi mesi, riaffronta lo stesso testo curandone lamessa in scena; che motivi di interesse ha trovato in questodramma ?

Fin dalla prima lettura, nell'Alcesti di Samuele di Savinio hocolto stimoli per approfondire la riflessione su alcuni aspettidell'esperienza teatrale intorno ai quali da anni si concentrano imiei interessi registici. In primo luogo sono stato colpito dallastruttura linguistica del testo. Nella sua apparente sconclusiona-tezza formale YAlcesti di Samuele presenta una straordinaria - ecredo teatralmente efficacissima - precisione di linguaggio.Divagazioni, accensioni metaforiche, calembours, fredduresono governati da Savinio con una non comune padronanzadella lingua che gli permette di coniugare la sapida ed efferve-scente ricchezza dell'eloquio dei personaggi alla puntuale defi-nizione di concetti, idee e situazioni. Lavorando s\il\'Alcesti diSamuele ho avuto la riprova di quanto mi era già capitato diosservare in passato portando in scena testi italiani dall'orga-nizzazione verbale particolarmente sofisticata come // cande-laio di Bruno, le commedie di Andreini o, in anni più recenti,Dio ne scampi dagli Orsenigo di Imbriani e Quer pasticciacelobrutto de via Merulana di Gadda e cioè che, per la sua stessamatrice 'storica' curiale, chiesastica ed avvocatesca, l'italianofunziona sulla scena non tanto quando è utilizzato per miniareconversazioni minimaiistiche finto-quotidiane, ma soprattuttoquando lo si impiega per mettere in atto congegni linguisticisofisticati, nel segno del travestismo e del funambolismo verba-

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le prescritti dalle più 'classiche' regole dell'ornato retorico o,mutatis mutandis, delle poetiche di ispirazione 'espressionista'.Passando dal piano formale a quello contenutistico il mio inte-resse si è poi concentrato sul tema del rapporto tra mito e storia.Contrariamente a quanto accade in tanta parte della produzionedrammaturgica degli anni trenta e quaranta - da La guerra diTroia non ci sarà o Elettro di Giraudoux a\VAntigone diAnouilh - nell'Alcesti di Samuele Savinio non affronta tanto ilproblema dell "aggiornamento' del mito, ma, rinunciando adogni concessione al gusto per il puro gioco letterario, porta inscena il conflitto tra mito e storia, ossia le tensioni, gli attriti, lelacerazioni con cui il mito si travasa in storia. Raccontando lavicenda di Teresa Goerz/Alcesti Savinio non si limita dunque a'modernizzare' la favola classica, ma rappresenta l'irriducibilecontrapposizione tra il divenire doloroso della storia e la persi-stenza del mito, legato all'eterno ripetersi delle cose ed affidatoal 'deposito' della memoria. Da questo punto di vista credo chel'aspetto più interessane della 'rivisitazione' mitica tentata daSavinio nelV Alcesti di Samuele non sia tanto il rispecchiamentodel mythos euripideo di Alcesti nel dramma di Teresa Goerz,quanto piuttosto la riflessione che nel dramma si apre sulloscollamento tra la fabula classica e la sua corrispettiva cronacastorica.

Rimandando all'archetipo tragico, il tema del mito solleva unimportante problema circa la logica compositiva dell'Alcesti.Savinio presenta esplicitamente il proprio dramma come una"tragedia ", ma organizza formalmente il testo secondo la poe-tica dell"arguzia' che è tipica della sua scrittura: che rapportosi da allora a suo giudìzio tra tragedia e commedia nell 'Alcestidi Samuele?

Portando in scena l'Alcesti di Samuele il primo problema a cuibisogna prestare attenzione è quello di non confondere il tono

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del discorso col suo reale contenuto o, il che è lo stesso, di nonscambiare lo stile dell'autore con lo spirito della scrittura.L'intero dramma è costruito su di un equivoco e precario equili-brio tra commedia e tragedia, prodotto di quella che, per lostesso Savinio, è la 'storica' impossibilità del tragico nelmondo moderno. Il problema centrale dell'Alcesti non è lamessa in ridicolo del tragico, ma la dolorosa constatazione cheil tragico nel mondo moderno non può essere proferito che informe 'ridicole'. Lavorando su di una partitura drammaturgicadi tale ambiguità, lo sforzo che si richiede continuamente agliattori è quello di restituire la leggerezza della scrittura diSavinio senza mai perdere di vista l'oscuro fondo tragico delsuo discorso. Abbandonarsi al gusto della battuta, dell'ammic-co al pubblico, è per gli interpreti dell'Alcesti una facile quantopericolosa tentazione; per questa via il dramma si riduce infattiad una sterminata rassegna di aforismi all'Oscar Wilde che, nonessendo però strutturata secondo la cogente logica drammatur-gica delle commedie wildiane, rischia di risolversi alla lunga inun incontenibile diluvio logorroico totalmente privo di interes-se. Per assicurare una reale tenuta scenica al dramma è necessa-rio che gli attori raggiungano la giusta temperatura emotiva delsuo 'spirito'. Come ho già detto YAlcesti non è un semplicedivertissement letterario e non può nemmeno essere ricondottaad un gratuito, per quanto piacevole, esercizio di 'intelligenza'alla maniera di certo Shaw modello Don Giovanni all'Infernodi Uomo e superuompo: le arguzie che innervano le argomenta-zioni storiche, mitologiche e metafisiche del testo sono laforma di un'urgenza espressiva ed emotiva che non può esserein alcun modo cancellata. Impegno etico e pulsione passionalesono le vere matrici generative dei metafisici arabeschi verbalidi Savinio; volendo trovare dei termini di confronto si potrebbedire che l'umorismo di Savinio non è troppo dissimile dallospirito aspro e doloroso che aleggia nelle 'leggerissime' paginedi Swift. Emblema formale della sintesi di comico e tragico

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realizzata nell'Alcesti è la sperimentazione intorno alla catego-ria di 'genere' che Savinio realizza nel testo: i diversi modidella forma tragica - dalla tragedia classica alla sua riletturawagneriana - sono infatti néir Alcesti innestati, con irresistibileeffetto 'grottesco', su di un'anti-tragica impalcatura da drammaborghese.

Dalle sue parole è emerso a più riprese il problema della tenu-ta scenica dell'Alcesti, problema su cui spesso si sono interro-gati i critici che hanno affrontato l'analisi - su di un pianopuramente teorico - del dramma. Opinione comune tra gli stu-diosi è che Savinio-drammaturgo sia rimasto vittima diSavinio-letterato e che dunque /'Alcesti sia opera più godibilealla lettura che alla rappresentazione, opinione apparentemen-te suffragata dal fiasco cui /'Alcesti andò incontro nella suaprima, e fino ad ora unica, messa in scena. Forte della sua'concreta' esperienza in palcoscenico che giudizio si sente diesprimere circa la 'teatralità' della tragedia di Savinio?

Ovviamente credo che solo il pubblico, con le sue reazioni,possa essere giudice dell' 'efficacia' teatrale dell'Alcesti; perquanto mi riguarda a questo proposito non posso che esprimere'opinioni' soggettive, legate al mio personale gusto e alla miapersonale sensibilità. Per quanto ho potuto constatare lavorandocon gli attori, credo di poter affermare che nel suo procederedivagante e nella sua stessa 'enormità' l'Alcesti non sia unmonstrum 'amorfo' e 'anti-teatrale', ma sia strutturata secondouna precisa - per quanto a-tipica - logica drammaturgica dinotevole interesse. L'elemento strutturalmente più originaledell'Alcesti è che essa di fatto si presenta come un dramma che,sfuggito di mano all'autore, si viene realizzando sotto gli occhidegli spettatori come negazione del 'progetto' da cui è nato.Chiave di volta dell'Alcesti, come in fondo di molte opere diSavinio, è il tema della morte e delle possibilità che si danno di

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esorcizzare questo sinistro fantasma: pietra del paragone su cuisaggiare le differenti nature delle dramatis personae, la morte -o meglio la rimozione dell'estrema dipartita - è infatti ad untempo il centro semantico della tragedia e il nucleo fondantedel suo plot. Di fatto però se l'intento dell'Autore dell'Alcestidi Samuele - ossia Savinio - è quello di celebrare attraverso unariproposizione del mito di Alcesti la vittoria della vita sulla pro-pria negazione, alla resa dei conti il dramma cui egli da formasi rivela una sorta di metafisica apoteosi della morte: sel'Alcesti euripidea dopo aver sacrificato la propria vita per sal-vare il marito è restituita alla vita grazie all'intervento diÈrcole, la Teresa Goerz/'no velia Alcesti' di Savinio - uccisasiper salvare il marito e riportata in vita come il proprio 'archeti-po' mitico -, ritornata dall'ai di là sceglie consapevolmente dirientrare nella morte e uccide il proprio consorte per portarlocon sé. In realtà 1' 'Anti-Alcesti' di Savinio non può neppureessere risolta in una vittoria della morte tout court, ma presentaun'articolazione ancora più complessa. Con buona approssima-zione si può dire che la tragedia si articola secondo una struttu-ra 'a stazioni' simile a quella dei 'Trionfi' medievali. In unasorta di partita a scacchi con la Morte giocata per eludere laMorte stessa - all'inizio del dramma l'Autore non dichiara forseche "la morte ci coglie per noia"? - Savinio, con l'identificazio-ne di Teresa Goerz in Alcesti, celebra in un primo momento iltrionfo dell'atemporalità del Mito sul divenire dell'essere, quin-di, con l'ingresso in scena di Franklin Delano Roosevelt, rap-presenta il trionfo della Storia - ossia del tempo - sull'esistere.Una volta individuato in Roosevelt il deus letteralmente exmachina capace di risolvere l'azione, l'Autore però si addor-menta e la Morte sua avversaria, approfittando della sua tempo-ranea distrazione, occupa il palcoscenico: è la scena delKursaal dei morti, ossia il completo annichilimento della Storianel trionfo della Morte. Nemmeno tale 'estasi' della Mortesegna però il climax del dramma: la vicenda di Alcesti si scio-

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glie infatti con l'ecatombe che fa seguito alla "rentrée" diTeresa, 'trionfale' ribaltamento della Morte nell'epifania di un'incontro coniugale' proiettato sulla scena di un eterno oltra-tombale. Il giudizio sulla Morte resta alla fine del dramma insospeso: agli allusivi e funebri "Buonanotte, mamma","Buonanotte, babbo" del Padre e della Madre, l'Altoparlanterisponde con uno scaramantico "Chi ha detto che la notte èbuona? / Su nota finale si metta corona". Ad un'attenta letturadietro l'apparente indeterminazione formale dell'Alce s ti diSamuele è dunque possibile scorgere una ponderatissima scalet-ta drammaturgica, progettata su di un minuzioso contrappunto'in negativo' dell'Alcesti euripidea e scandita secondo il ritmoteatrale del più classico Stationendrama. Proprio il parallelismocui ho fatto cenno tra l'organizzazione del plot della tragedia elo schema dei Trionfi consente di individuare la legge fonda-mentale della sintassi drammaturgica di quel dramma ''infierìed autocontraddicentesi che è YAlcesti di Savinio nel principiodella discontinuità. Contro le più elementari norme di 'buonacontinuazione' consacrate dall'incontrastato successo delmodello delle pièces bienfaites francesi, Savinio frantuma l'u-nità del discorso drammaturgico in una serie di 'capitoli', ditessere dai 'colori' ben definiti e inconfondibili. Ho l'impres-sione che per restituire coerenza alla partitura drammaturgica diAlcesti - e in questo senso ho lavorato con gli attori -, non sidebba tanto cercare di 'legare' tra loro le differenti situazioni,le diverse scene o i vari enunciati del copione, ma si debbapiuttosto tentare di mettere a fuoco l'irriducibile individualitàdei singoli sintagmi testuali, trapassando agilmente da un regi-stro all'altro, da un tono all'altro. Lungi dal risolversi in unanegazione della 'teatralità' del dramma, le continue digressionidi cui il testo è intessuto sono dunque la figura della logicadrammaturgica discontinua adottata da Savinio. Da questopunto di vista sono convinto del fatto che - paradossalmente manon troppo - la tenuta scenica dell'Alcesti sia garantita proprio

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da una totale adesione alla sua apparentemente anti-teatralestruttura divagante, spinta fino all'acccttazione della intrinsecae consapevole 'letterarietà' dell'opera - Savinio stesso dichiara-va: "II teatro è parola. Meglio: l'azione sta nella parola. Meglioancora "tutto" sta nella parola". Per questo motivo, pur avendoampiamente sfrondato il testo per ricondurlo ad una durata tea-tralmente accettabile - con la sua sintassi digressiva il drammaconsente ampi tagli e nella versione che attualmente portiamoin scena VAlcesti è stata ridotta a circa la metà del testo origina-le -, ho ritenuto opportuno fare recitare le didascalie di Savinio.Le didascalie dell'Alcesti di Samuele hanno una formulazionenotevolmente più ricca di quella delle normali didascalie deitesti teatrali; esse non si risolvono in semplici - per quanto sug-gestive - indicazioni date per la messa in scena, ma sono arzi-gogoli, elucubrazioni, commenti d'Autore sulla vicenda in atto.Recitarle consente dunque di render conto della 'letterarietà'del teatralissimo dramma di Savinio, articolando ulteriormenteil complesso rapporto che l'Autore - non per nulla personaggiodel copione - ha con il proprio 'testo-che-si-sta-facendo'. Se lasi riesamina alla luce di queste considerazioni, nel suo statutostrutturalmente 'eccezionale' \'Alcesti di Samuele è un po' ladimostrazione che in nazioni prive di una consolidata tradizio-ne drammaturgica come l'Italia, la scrittura per la scena, peraffermare una propria originale individualità che la sottragga alrischio di risolversi in una mera imitazione di modelli stranieri,deve imboccare la strada dell'anomalia e dell'eterodossia.

Nel quadro della sostanziale assenza di una tradizione dram-maturgica forte di cui lei parla a proposito della civiltà teatraleitaliana, Alcesti di Samuele può dunque fornire a suo giudiziosollecitazioni o spunti per la codificazione di una 'nuova ' scrit-tura per la scena?

Se la si analizza con attenzione la tragedia di Savinio offre non»

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poche stimolanti indicazioni per esplorare nuove possibilitàdella comunicazione scenica: alcune fondamentali categoriedrammaturgiche sono infatti nelYAlcesti rimesse radicalmentein discussione. Ben lontana dall'essere un facile ammicco ad unpirandellismo esteriore e di maniera, la presenza dell'Autore trale dramatis personae di Alcesti, spalancando di fatto un abissotra lo statuto ontologico dei diversi personaggi del dramma,mette di fatto in crisi l'idea convenzionale di personaggio comedoppio artistico dell'uomo reale, creando al tempo stesso unfolgorante corto circuito tra finzione estetica e vero storico. Nelvalutare il risentito e appassionato moralismo che da forza allearguzie di Savinio su cui ho già avuto modo di dilungarmi, nonsi può a questo proposito non ricordare che nello scambio dibattute tra Paul Goerz e l'Autore attraverso il quale si da 'lettu-ra' della lettera di addio di Teresa, il finto - ed artistico - sacrifi-cio della signora Goerz è posto ex abrupto a confronto, constridente e traumatico contrasto formale, con la 'reale' mortedell'editore Formiggini. D'altra parte tutte le riposanti certezzesulla natura del personaggio teatrale non possono non esseremesse in dubbio in un dramma che annovera tra i suoi protago-nisti i quadri di due defunti - il Padre e la Madre - e i cui 'eroi'sono figure ambigue di volta in volta definite dalla relazioneche intrattengono con il proprio archetipo mitico - Admeto perPaul, Alcesti per Teresa, Èrcole per Roosevelt. Il personaggiodi Teresa è in questo senso il caso limite: carnevalesco travesti-mento dell'Alcesti di Euripide, essa non si da al pubblico comeun personaggio in divenire, ma - in obbedienza alla logicadiscontinua che informa il testo - come una galleria di 'masche-re' snodantesi dalla mitologia classica a quella borghese fino araggiungere la verità storica del quotidiano. Nell'arco della suagrottesca epifania finale Teresa/anti-Alcesti è di volta in voltaVampiro, Erinni, incarnazione del Gelo, Isotta wagneriana eSposa appassionata. In armonia con i grandi modelli barocchi -vera culla della nostra civiltà drammaturgica -, tendenzialmente

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organizzati in una successione di monologhi e di 'a-parte' piùche articolati secondo un intreccio dialogico, nell'Alcesti diScimmie Savinio, non si limita a sottoporre a critica lo statutodel personaggio, ma dissolve anche la struttura del dramma-conversazione. Il piglio apparentemente salottiero di certe bat-tute non deve trarre in inganno: nella tragedia di Savinio il dia-logo è travolto dall'onda delle digressioni che spezzano conti-nuamente il filo del discorso. A rigor di logica per l'avvicen-darsi degli interventi dei diversi personaggi non si può nemme-no parlare di dialogo in senso stretto: non si può realizzareinfatti comunicazione dialogica tra personaggi che appartengo-no a livelli di realtà o a piani esistenziali differenti. NelTAlcestidi Samuele non si sviluppa un vero dialogo tra l'Autore e i suoipersonaggi; il flusso della conversazione che a tratti sembrereb-be intrecciarsi tra le mura di casa Goerz è continuamente bloc-cato dagli interventi del Padre e della Madre che, non uditi senon dall'Autore, intrecciano un serrato controcanto-commentoall'azione; inquietante incarnazione delle "voci metalliche esenza corpo" con le quali "l'uomo oggi fa paura all'uomo"l'Altoparlante si 'incunea' nel dramma senza trovare effettiviinterlocutori; o ancora il pubblico è spesso implicitamente evo-cato da Savinio nella propria opera come reale destinatario dibattute solo apparentemente indirizzate a personaggi del testo.Strutturata sull'antitesi mito/storia, la tragedia di Savinio pre-senta poi una scansione temporale estremamente complessacollassante in un precipitato 'cronologico' in cui, sgomberato ilcampo da tutti gli scrupoli di verosimiglianza imposti dallepoetiche classicistiche o dalle inclinazioni naturalistiche allafranche de vie (per certi aspetti non troppo distanti dalle con-venzioni temporali dell'attuale drammaturgia 'minimalista'),l'autore fa coesistere momenti e durate differenti. Stagliato orasull'eternità del mito ora sulla a-temporalità della morte - meta-fisici luoghi deputati della tragedia storica di Alcesti -, il 1942,anno in cui l'Autore finge di aver incontrato Paul Goerz, riman-

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dando ad un immediato passato in cui ha avuto luogo il sacrifi-cio di Teresa coesiste nella scansione cronologica del drammacon il 1948, anno in cui, essendo composta la tragedia, si sup-pone abbia luogo l'azione. L'intreccio 'cronologico' entro cuisi snoda YAlcesti di Samuele, già di per sé intricato, è ulterior-mente imbrogliato dal fatto che - nel concreto della messa inscena - ai tempi dell'azione si sovrappone il tempo della rap-presentazione: i differenti tempi dell'Alcesti sono cioè chiamatia reagire sul nostro presente. Nel!'orchestrare questa complessaorganizzazione cronologica non si può non tener conto del fattoche nella manciata d'anni compresa tra il 1942 e il 1948 - polientro i quali è storicamente compressa la fabula di Alcesti diSamuele- si consuma una frattura epocale socio-culturale cheha ben poco a che vedere con le trasformazioni che in seguitohanno segnato il mezzo secolo intercorso dal 1948 al nostrooggi e che nel vortice temporale che squassa l'azione del dram-ma il pubblico, imprescindibile interlocutore-protagonista delcomposito congegno meta-teatrale di Savinio, si profila comeimmemore destinatario dell'ambigua cronaca/mito immaginatadall'Autore - in fondo il richiamo a Formiggini suona come unsinistro ed appassionato memento rivolto a chi ormai non hapiù memoria.

Che spazio ha immaginato per la sua Alcesti di Samuele?

Per riprodurre il delicato equilibrio drammaturgico del testo diSavinio ho cercato, per quanto possibile, di oggettivare anchesul piano dell'impaginazione visiva dello spettacolo le situazio-ni in esso via via proposte, ricreandole 'alla lettera' in palcosce-nico con quell'inevitabile margine di 'tradimento' che accom-pagna ogni operazione di restituzione scenica. Nel rispetto dellalogica drammaturgica feW Alcesti, che richiamandosi a certimodi del teatro borghese ne sovverte in realtà tutti gli schemi,ho rinunciato in primo luogo ad una ambientazione 'realistica'

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del dramma. L'importanza della collocazione cronologica del-l'azione - precisata finanche nelle battute del copione - haimposto che nella messa in scena si lasciasse spazio alla ricrea-zione di una certa suggestione d'epoca - in realtà affidata più aicostumi che alla scenografia -; d'altra parte la dimensionemetafisica e nichilistica entro cui si svolge la Storia del dram-ma ha imposto di rinunciare al tradizionale décor del salottoborghese. 'Segno' della struttura metateatrale della tragedia emateriale concretizzazione della logica discontinua dell'azione,in questa riduzione all'essenziale della scena il sipario - nontroppo oscuro simbolo di un ben più radicale limen - si è impo-sto di fatto come nucleo generatore dello spazio.

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