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1 “Vademecum del lavoro” aggiornato alla L. 92/2012 (“Riforma Fornero”) A CURA DEL SETTORE LAVORO DI CONFCOMMERCIO COSENZA www. confcommercio. cs.it

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“Vademecum

del lavoro”

aggiornato

alla L. 92/2012

(“Riforma Fornero”)

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www.confcommercio.cs.it

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“Vademecum

del lavoro”

aggiornato

alla L. 92/2012

(“Riforma Fornero”)

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

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Indice

INTRODUZIONE���������������������...8

L’ASSUNZIONE����������������������9

I DOCUMENTI OBBLIGATORI���������������11

I CONTRATTI DI LAVORO SUBORDINATO���������13

I CONTRATTI DI LAVORO PARASUBORDINATO������.20

IL LAVORO AUTONOMO�����������������.22

L’ORARIO DI LAVORO������������������.25

LA MALATTIA����������������������.27

L’ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA��������...31

LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO������..33

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Caro Collega,

la recente riforma del lavoro ha introdotto numerose modifiche ai

contratti utilizzati nel nostro settore.

Per questa ragione, la nostra Associazione ha ritenuto necessario

elaborare un vademecum per gli imprenditori, che, oggi più che

mai, devono essere in grado di districarsi tra le norme che regolano

il rapporto di lavoro subordinato.

Il vademecum è anche scaricabile in formato stampabile dall’area

riservata del nostro sito associativo www.confcommercio.cs.it.

Con la certezza che apprezzerai la semplicità di lettura di questa

guida, ti auguro buon lavoro.

Klaus Algieri

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La presente guida breve ha lo scopo di presentare una rapida ed esaustiva

panoramica sugli istituti principali del diritto del lavoro, anche alla luce delle

recenti modifiche apportate dalla L. n. 92/ 2012 (la cd. “Riforma Fornero”).

Il taglio pratico del vademecum è finalizzato ad offrire un supporto utile e veloce

agli imprenditori e, più in generale, agli operatori del commercio, ai quali si

intende fornire, in linea generale, il quadro dei principali obblighi e diritti

spettanti al datore di lavoro ed al lavoratore.

Introduzione

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Ai fini della corretta instaurazione di un rapporto di

lavoro subordinato (e di lavoro autonomo in forma

coordinata e continuativa, di socio lavoratore di

cooperativa e di associato in partecipazione con

apporto lavorativo) i datori di lavoro sono tenuti a

darne comunicazione al servizio competente entro il

giorno antecedente a quello di instaurazione dei

relativi rapporti, mediante comunicazione avente

data certa di trasmissione (L.608/96 modificata dalla

Finanziaria 2007).

La comunicazione deve indicare i dati anagrafici del

lavoratore, la data di assunzione, la data di

cessazione qualora il rapporto di lavoro non sia a

tempo indeterminato, la tipologia contrattuale e il

trattamento economico e normativo applicato.

Le comunicazioni devono essere trasmesse con

modalità telematica e sostituiscono gli analoghi

obblighi nei confronti di INAIL, INPS, ENPALS e

SPOTELLO UNICO PER L’IMMIGRAZIONE.

Il Ministero del Lavoro ha precisato che il termine

per la comunicazione - il giorno precedente l’assunzione - non può essere

spostato anche se si tratta di giorno festivo.

Inoltre, è prevista una sanzione amministrativa da

Euro 100,00 ad Euro 500,00 per ciascun lavoratore

interessato nei casi in cui la comunicazione non

venga effettuata o venga effettuata in ritardo o

contenga notizie non corrispondenti al vero.

Al momento dell’assunzione il datore di lavoro può

consegnare al lavoratore, invece della lettera di

assunzione, copia della comunicazione trasmessa ai

servizi per l’impiego e l’inosservanza delle norme in

materia di comunicazioni al lavoratore (mancata,

L’assunzione

Il Min. del Lavoro ha

accertato che nel

2012 il numero dei

lavoratori totalmente

in nero (e non

semplicemente

irregolari) è calato del

5%.

La “Riforma Fornero”

(L. 92/2013) ha

introdotto incentivi

(sconto del 50% dei

contributi previdenziali

per 36 mesi)

all’assunzione di

disoccupati o in CIGS

da almeno 24 mesi e

di lavoratori in

mobilità, purché le

nuove assunzioni non

avvengano per

sostituire dipendenti

licenziati dalla stessa

azienda per

giustificato motivo

oggettivo, riduzione

del personale o

sospesi.

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ritardata o incompleta comunicazione) comporta l’applicazione di una sanzione

amministrativa da Euro 250,00 ad Euro 1.500,00 per ogni lavoratore

interessato.

Nel caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di

instaurazione di rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (cd.

lavoro in nero), si applica, inoltre, la sanzione amministrativa da Euro 1.500,00

ad Euro 12.000,00 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorata di Euro 150,00

per ciascuna giornata di lavoro effettiva.

L’ammontare della sanzione va da Euro 1.000,00 ad Euro 8.000,00 per ciascun

lavoratore irregolare, maggiorato di Euro 30,00 per ciascuna giornata di lavoro

irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un

periodo lavorativo successivo.

Il datore di lavoro inadempiente può essere punito con la reclusione fino a 3

anni qualora non versi le ritenute entro tre mesi dalla data di contestazione o

notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Oltre alle sanzioni amministrative e previdenziali, in caso di utilizzo di lavoratori

irregolari in misura pari o superiore al 20% del personale dipendente trovato sul

luogo di lavoro, il datore di lavoro può rischiare la chiusura temporanea

dell’attività imprenditoriale.

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Il “libro unico del lavoro”, istituito dalla L. 133/2008, ha sostituito il libro matricola, il

libro paga, il registro di impresa agricola, il registro dei lavoranti a domicilio, il libretto

personale di controllo e il registro dell’orario di lavoro del personale mobile e sono

obbligati a istituirlo, tenerlo e conservarlo tutti i datori di lavoro privati, ma non anche:

� l’impresa familiare per il lavoro del coniuge, dei figli e degli altri parenti affini che

nell’impresa prestino attività manuale e non manuale;

� i titolari di aziende individuali artigiani che operino con il solo lavoro del titolare o si

avvalgono esclusivamente di soci e/o familiari coadiuvanti;

� le società e le ditte individuali del commercio che non occupino dipendenti,

co.co.pro., associati in partecipazioni, ma operino solo col lavoro del titolare o dei

soci lavoratori.

Il L.U.L. deve essere elaborato esclusivamente con modalità

informatica con l’obbligo, in fase di stampa, di attribuire a

ciascun foglio una numerazione sequenziale, conservando

eventuali fogli deteriorati o annullati ed, inoltre, esso può

essere tenuto presso la sede legale del datore di lavoro

oppure presso la sede di un soggetto autorizzato alla tenuta

dei libri e della documentazione di lavoro.

Esso deve recare i dati i i dati relativi a:

� lavoratori subordinati in forza e quelli utilizzati con contratto di somministrazione;

� co.co.co., co.co.pro.;

� associati in partecipazione.

Per ciascun lavoratore iscritto nel L.U.L. devono essere indicati:

� dati anagrafici;

� qualifica, livello, retribuzione (compreso rimborsi, spese, premi e compensi per

prestazione di lavoro straordinario) e anzianità di servizio;

� le posizioni assicurative.

Il libro unico del lavoro deve anche includere un calendario delle presenze, da cui

risulti, per ogni giorno:

I documenti obbligatori

Il D.M. del 9/07/2008

ha individuato

nell’INAIL l’unico Ente

deputato a effettuare

la vidimazione del

Libro Unico.

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� il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato;

� le ore di lavoro straordinario;

� le eventuali assenze dal lavoro;

� le ferie e i riposi.

La mancata istituzione del L.U.L. è punita con la sanzione amministrativa da Euro

500,00 ad Euro 2.500,00; invece la mancata esibizione del libro da parte del datore di

lavoro, comporta la sanzione amministrativa da Euro 200,00 ad Euro 2.000,00.

Il libro unico del lavoro, come anche i libri paga e matricola non più in uso, devono

essere conservati per cinque anni dalla data dell’ultima registrazione.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Il “registro degli infortuni”, alla cui tenuta sono obbligati a

tutti i datori di lavoro, compresi quelli che non sono

imprenditori, così come previsto dal dal D.Lgs. 626/94

(modificato dal D.Lgs. n. 81/2008), ha lo scopo di contenere le

annotazioni, tenute in ordine cronologico, degli infortuni sul

lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un

giorno, indipendentemente dal fatto che l’infortunio sia o meno

soggetto all’assicurazione INAIL.

Prima di essere utilizzato, deve essere sottoposto a

vidimazione da parte della ASL territorialmente competente.

La mancata o irregolare tenuta del registro degli infortuni

comporta una sanzione amministrativa da Euro 2.580,00 ad

Euro 15.490,00 a carico del datore di lavoro e dei dirigenti.

Il registro degli infortuni deve essere conservato sul luogo di lavoro e pertanto presso

ogni sede operativa di ciascuna azienda che abbia accentrato in una sola sede

l’attività amministrativa e deve essere conservato per 4 anni dalla data dell’ultima

registrazione o da quella della vidimazione se non è stato utilizzato.

Corre l’obbligo, per il

datore di lavoro, di

sottoporre a visite

mediche periodiche i

lavoratori addetti a

particolari lavori, gli

apprendisti e i

minori, nonché di

conservare gli

originali dei

certificati medici

ottenuti.

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In mancanza di diversa ed esplicita previsione, il

contratto di lavoro si presume stipulato a tempo pieno

ed indeterminato.

Il contratto a tempo parziale deve essere stipulato per

iscritto e deve contenere l’indicazione delle mansioni

nonché la distribuzione dell’orario con riferimento al

giorno, alla settimana, al mese e all’anno.

Il contratto di lavoro a tempo parziale (part-time) si

divide in quattro tipologie:

� Orizzontale: se la riduzione di orario viene effettuata

all’interno dell’orario giornaliero (ad es. 6 ore anziché

8, tutti i giorni).

� Verticale: se la riduzione di orario viene effettuata

nell’ambito di periodi concordati (settimana, mese,

anno). Ad esempio si concordano 4 giorni pieni a

settimana.

� Misto: è una combinazione delle due suddette

tipologie.

� Ciclico: se prevede la prestazione con orario ridotto

solo per alcuni periodi dell’anno.

L’inserimento delle clausole flessibili, ossia relative alla variazione della collocazione

temporale della prestazione lavorativa, ed elastiche, ossia relative alla variazione in

aumento della durata della prestazione stessa, all’interno del contratto individuale di

lavoro, può essere stabilito dalle parti nel rispetto di quanto eventualmente previsto

dalla contrattazione collettiva.

Il datore di lavoro può prevedere l’aumento della durata della prestazione e può

modificare la collocazione temporale della stessa offrendo un preavviso di almeno 5

giorni lavorativi al lavoratore ovvero di 2 giorni lavorativi per il settore terziario e del

turismo (salvo intese tra le Parti).

I contratti di lavoro

subordinato

La trasformazione del

rapporto di lavoro a

tempo pieno in rapporto

a tempo parziale e

viceversa è ammessa su

accordo delle Parti,

formalizzato in un atto

scritto, e comporta il

diritto di precedenza, per

il lavoratore, nelle

assunzioni con contratto

a tempo pieno relativo

all’espletamento di

identiche mansioni o

equivalenti.

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La legge non prevede alcun obbligo di trasformazione del rapporto di lavoro parziale a

rapporto di lavoro a tempo pieno e viceversa, tuttavia è concessa priorità a procedere

con tale modifica nei seguenti casi:

� in caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del

lavoratore o della lavoratrice;

� quanto il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e

permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi

dell’Art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alla quale è stata

riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza

continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;

� in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età

non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi

dell’Art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Per quanto riguarda l’apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro

subordinato, essa è consentita per motivazioni di tipo tecnico, produttivo, organizzativo

o sostitutivo, salvo nel caso di:

� sostituzione di lavoratori in sciopero;

� presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a

licenziamenti collettivi che abbiano interessato lavoratori adibiti alle stesse

mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato;

� presso unità lavorative nelle quali sia operante una sospensione del rapporto o una

riduzione dell’orario;

� da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi

del D.Lgs. n. 81/2008.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato con il consenso del

lavoratore solo nel caso in cui la durata iniziale prevista dal contratto era inferiore a tre

anni.

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La proroga è ammessa per una sola volta e a patto che sia

richiesta da ragioni oggettive e inerisca alla stessa attività

lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato.

La durata complessiva del rapporto a termine non potrà

essere comunque superiore a 36 mesi.

Nel caso in cui l’attività lavorativa venga proseguita oltre la

scadenza del termine, il datore di lavoro è tenuto sia a

corrispondere al lavoratore una specifica maggiorazione che

a comunicare detta proroga al centro per l’impiego entro la

scadenza del termine originario, indicando la durata della

prosecuzione (con un limite massimo di 30 giorni per il

contratto di durata inferiore a 6 mesi e di 50 giorni per

contratto di durata superiore a 6 mesi).

Se il lavoratore viene riassunto a termine con un altro

contratto a tempo determinato, entro 60 giorni dalla data di

scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero 90

giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata

superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a

tempo indeterminato.

L’illegittimità del contratto a termine dichiarata giudizialmente, comporta l’applicazione

della duplice sanzione della “conversione” del contratto, da tempo determinato a

tempo indeterminato, e dell’obbligo di corrispondere al lavoratore una indennità

risarcitoria che va da 2,5 a 12 mensilità.

Con la Riforma Fornero è stata introdotta nell’ordinamento italiano un’altra tipologia di

contratti a termine, detti “acausuali” poiché non esigono l’obbligo di specificare la

causale per la quale vuole avviare il rapporto a tempo determinato.

Essi hanno una durata massima di 12 mesi e devono essere instaurati una sola volta

per ogni lavoratore che non abbia mai avuto rapporti di lavoro subordinato pregressi

con il datore di lavoro.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

L’apposizione del

termine è inefficace

se essa non risulta,

direttamente o

indirettamente, da

atto scritto, nel quale

devono essere

specificate

dettagliatamente le

motivazioni che ne

giustificano

l’apposizione.

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L’instaurazione di un contratto di lavoro intermittente (o a chiamata) è permessa

se ricorrono, alternativamente, le seguenti condizioni:

� nel caso in cui ricorra il requisito soggettivo dell’età del lavoratore (soggetti con più

di 55 anni di età, oppure soggetti con meno di 24 anni di età se le prestazioni

contrattuali sono svolte entro il giorno antecedente il compimento del 25° anno di

età);

� per le attività o mansioni individuate dalla contrattazione collettiva (requisito

oggettivo);

� per le attività lavorative svolte durante i “periodi predeterminati” determinati dalla

contrattazione collettiva.

E’ vietato ricorrere alla tipologia contrattuale del lavoro intermittente:

� nel caso di sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

� salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle

quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di

lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro

intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una

sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di

integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si

riferisce il contratto di lavoro intermittente;

� da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi, ai

sensi e per gli effetti del D.Lgs n. 81/2008.

Antecedentemente all’inizio della prestazione lavorativa, il datore di lavoro è tenuto a

comunicarne la durata alla direzione territoriale del lavoro competente per territorio,

mediante sms (339.9942256), fax (848800131) o posta elettronica, anche non

certificata ([email protected]).

I contratti conclusi antecedentemente al 18 luglio 2012, sulla

base dei “vecchi” requisiti soggettivi (l’età anagrafica del

lavoratore), come anche sulla base dei “vecchi” requisiti

oggettivi dei “periodi predeterminati”, potranno continuare ad

operare sino al 18 luglio 2013.

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La mancata comunicazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa per

una somma che va da Euro 400,00 ad Euro 2.400,00, per ogni lavoratore per cui è

stata tralasciata la comunicazione.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

L’apprendistato è un contratto a contenuto formativo tramite il quale l’impresa si

impegna a fornire all’apprendista la formazione professionale all’interno del rapporto di

lavoro.

Può essere di tre tipi:

� apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, con cui possono

essere assunti i soggetti aventi un’età compresa tra i 15 e i 25 anni per la durata

massima del contratto di tre anni;

� apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una

qualifica professionale ai fini contrattuali attraverso una formazione sul lavoro e un

apprendimento tecnico professionale, con cui possono essere assunti con tale

contratto i soggetti aventi età compresa tra i 18 e i 29 anni ovvero 17 anni per i

soggetti in possesso di una qualifica professionale;

� apprendistato di alta formazione e di ricerca: possono essere assunti in tutti i

settori di attività i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni.

La citata tipologia contrattuale prevede una durata massima di 36 mesi. Con

decorrenza dal 1° gennaio 2013, il datore di lavoro, anche per il tramite di un'agenzia

di somministrazione di lavoro, può assumere apprendisti nel numero di 2 ogni 3

dipendenti, mentre prima il rapporto numerico era di 1/1.

Per quanto attiene invece ai datori di lavoro con meno di 10 dipendenti, rimane il

rapporto numerico di 1/1 e, di conseguenza, non si può superare il limite del 100% di

assunzioni di apprendisti rispetto alle maestranze specializzate e qualificate.

Il datore di lavoro senza dipendenti specializzati o qualificati oppure che ne abbia

meno di 3, può comunque assumere fino a 3 apprendisti.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

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Con il contratto di somministrazione, l’agenzia interinale formalmente assume, a

termine o a tempo indeterminato, un lavoratore per destinarlo presso una impresa

utilizzatrice.

Attraverso tale tipologia contrattuale, l’impresa utilizzatrice beneficia di forza lavoro

evitando gli oneri e i costi da supportare in caso di instaurazione di un rapporto di

lavoro subordinato.

L’agenzia di somministrazione è tenuta a provvedere al versamento di tutti gli oneri

contributivi e previdenziali in favore del lavoratore somministrato e a garantirgli un

trattamento economico non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello

dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte; mentre l’agenzia e l’impresa utilizzatrice

sono obbligati in solido al versamento dei trattamenti retributivi e dei contributi

previdenziali.

Nel rapporto contrattuale triangolare, distinguiamo quindi:

� Somministratore: Agenzia per il lavoro iscritta in apposito Albo istituito presso il

Ministero del lavoro per poter esercitare l’attività di somministrazione (D.M 23

dicembre 2003);

� Utilizzatore: un’azienda pubblica o privata che si avvale di personale fornito

dalla impresa somministratrice per esigenze, non limitate nel tempo,

strutturalmente connesse al funzionamento dell’attività produttiva o per

esigenze temporanee di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o

sostitutivo, soggette al controllo giudiziale relativamente al mero accertamento

della loro esistenza, non estensibile alle valutazioni di merito operate dallo

stesso dell’utilizzatore;

� Lavoratore: colui che stipula con l’Agenzia di somministrazione un regolare

contratto di lavoro.

Il nuovo comma 1 bis dell’art. 1 del D.Lgs. n 368 del 2001, introdotto dalla Legge n. 92

del 2012 (Riforma Fornero), ha stabilito la possibilità di assumere a tempo determinato

o a mezzo di contratto di somministrazione di lavoro, senza causa, nell’ipotesi in cui la

durata del rapporto non sia superiore ai 12 mesi.

Ancora, in sede di contrattazione interconfederale, nazionale o decentrata (sempreché

espressamente delegata) a seguito dell’entrata in vigore della Riforma Fornero viene

conferito il potere di prevedere l’assunzione senza l’apposizione della causa che ne

costituisce il presupposto “nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la

missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga

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nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5,

comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati

nell’ambito dell’unità produttiva”.

Queste ragioni sono enucleate nella seconda parte del predetto comma 3 (aggiunto

dall’art. 1, lett. h) della riforma), e riguardano “l’avvio di una nuova attività; il lancio di

un prodotto o di un servizio innovativo; l’implementazione di un rilevante cambiamento

tecnologico; la fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; il

rinnovo o (la) proroga di una commessa consistente”.

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Il contratto di lavoro a progetto (co.co.pro.) è un contratto in cui l’attività

prevalentemente personale è svolta senza vincolo di subordinazione verso il

committente ed è caratterizzata quindi dall’autonomia del soggetto che la svolge.

Da redigersi in forma scritta, esso deve essere ricondotto unicamente a progetti

specifici e non più anche a “programmi di lavoro o a fasi di questi ultimi”, ed in oltre la

prestazione in esso dedotta non può consistere in una mera riproposizione

dell’oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente

esecutivi o ripetitivi.

Inoltre, nel contratto deve essere specificato anche “il risultato finale che si intende

conseguire”.

Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla

quantità e alla qualità del lavoro eseguito e non può essere inferiore ai minimi stabiliti

in modo specifico dai contratti collettivi in base alle mansioni equiparabili svolte dai

lavoratori subordinati.

In assenza di contrattazione collettiva specifica, si fa riferimento alle retribuzioni

minime previste dai contratti collettivi per le figure professionali analoghe.

Le parti possono recedere prima della realizzazione del progetto solo per giusta

causa.

Il committente può altresì recedere qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità

professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del

progetto, mentre il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine,

dandone preavviso, qualora tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono convertiti in rapporti di

lavoro subordinato a tempo indeterminato nei seguenti casi:

� se non è stato individuato il progetto;

� se l'attività del collaboratore è svolta con modalità analoghe a quelle dei lavoratori

dipendenti dell'impresa committente. Sono fatte salve le prestazioni di elevata

professionalità e la prova contraria del committente.

I rapporti di lavoro

parasubordinato

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Il lavoro coordinato e continuativo occasionale (mini co.co.co.), da eseguirsi nello

stesso anno solare e con lo stesso committente, ha una durata complessiva non

superiore a 30 giorni e prevede un compenso complessivo non superiore a 5.000

euro.

Il collaboratore è dotato di autonomia organizzativa circa le modalità, il tempo e il

luogo dell’adempimento ed agisce in assenza di rischio economico.

Nel caso in cui i limiti temporali e retributivi previsti dalla legge non vengano rispettati,

il rapporto di collaborazione è assoggettato alla disciplina del lavoro a progetto.

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Il lavoro accessorio (voucher) è definito come

l’attività lavorativa di natura meramente occasionale,

che non dà luogo a compensi superiori a 5.000 euro

nel corso di un anno solare con riferimento alla totalità

dei committenti (il limite va inteso come netto ed è pari

a 6.660 euro lorde).

Le prestazioni rese nei confronti di imprenditori

commerciali o professionisti, salvo per imprenditori

agricoli, fermo restando il limite dei 5000 euro, non

possono comunque superare i 2.000 euro per ciascun

committente (il limite va inteso come netto ed è pari a

2.666 euro lorde).

La Riforma Fornero ha confermato la nozione di committente pubblico, che

comprende oltre a quelle indicate nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 /2001 (“tutte le

amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le

istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento

autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e

associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di

commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici

non economici nazionali, regionali e locali, le Amministrazioni, le aziende e gli enti del

Servizio sanitario nazionale, l’ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle

pubbliche amministrazioni) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.

300”) anche gli enti e le società inserite nel conto economico consolidato (art. 1,

comma 3, L.196 del 31/12/2009), quale utilizzatore delle prestazioni di lavoro

occasionale accessorio, nei limiti previsti dalle disposizioni di spesa relative al

personale nonché ai vincoli stabiliti, eventualmente, dal patto di stabilità interno.

I rapporti di lavoro autonomo

Possono essere rese

prestazioni di lavoro

accessorio:

- da percettori di

prestazioni integrative

del salario o di

sostegno al reddito,

in tutti i settori

produttivi, compresi

gli enti locali;

- nel limite massimo di

3.000 euro di

corrispettivo per anno

solare.

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La legge n. 134 del 7 agosto 2012 di conversione del decreto legge n 83/2012,

all’articolo 46 bis, nel modificare il comma 32 lett. a) dell’articolo 1 della legge 28

giugno 2012 n.92, conferma per l’anno 2013 la possibilità per i lavoratori percettori di

prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito di effettuare lavoro

accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite massimo di

3.000 euro complessive per anno solare.

Il limite dei 3.000 euro (da intendersi al netto dei contributi previdenziali),

integralmente compatibile e cumulabile con l’indennità percepita, è riferito al singolo

lavoratore.

A differenza della precedente normativa, la quale indicava tipologie di attività e

categorie di prestatori, il lavoro occasionale di tipo accessorio nella nuova disciplina

non è soggetto ad alcuna esclusione, ad eccezione del richiamo a studenti e

pensionati per le attività agricole stagionali e ad un altro specifico caso riguardante

l’agricoltura.

Il lavoro occasionale accessorio può essere svolto per ogni tipo di attività e da

qualsiasi soggetto, ferma restando l’incompatibilità, per finalità antielusive, dell’uso

dell’istituto del lavoro occasionale con la qualità di lavoratore subordinato impiegato

presso lo stesso datore di lavoro (Circolare INPS n. 49 del 29.03.2013).

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Il lavoro autonomo occasionale è, ai sensi dell’art. 2.222 cod. civ., proprio di chi si

obbliga a compiere, dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro

prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento

del committente ed in via del tutto occasionale.

Il Ministero del Lavoro ha chiarito che la disciplina del progetto, introdotta dal D.Lgs.

276/03, non ha abrogato le disposizioni di cui all’art. 2.222 e segg. del Codice Civile,

con l’effetto che, anche quando una prestazione lavorativa superi uno dei limiti previsti

dalla legge (30 giorni e/o i 5000 euro nel corso dell’anno solare con lo stesso

committente), non necessariamente verrebbe a configurarsi una collaborazione

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coordinata e continuativa a progetto o a programma, poiché si potrebbe avere

semplicemente uno o più contratti d’opera resi al committente.

Con il contratto di associazione in partecipazione, l’associante attribuisce

all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il

corrispettivo di un determinato apporto.

A seguito dell’entrata in vigore della Riforma Fornero, è stato

stabilito che nel caso in cui l’apporto dell’associato consista

anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati

impegnati in una medesima attività non può essere

superiore a tre, indipendentemente dal numero degli

associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati

siano legati all’associante da rapporto coniugale, di

parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo: in

caso di violazione del divieto il rapporto con tutti gli associati

il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si

considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Mentre, nel caso in cui non venga rispettata la limitazione in ordine al numero degli

associati, i rapporti con tutti gli associati si presumono di lavoro subordinato a tempo

indeterminato.

Si presumono, rapporti di lavoro a tempo indeterminato, i rapporti di associazione in

partecipazione il cui apporto di lavoro non sia connotato da competenze teoriche di

grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità

tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio

concreto di attività.

L’apporto di lavoro è

in forma autonoma,

il rischio d’impresa

che ricade sul

associato e

l’associato ha diritto

al rendiconto

necessario per

definire la propria

partecipazione agli

utili.

I rapporti di associazione in partecipazione

instaurati o attuati senza che vi sia stata

un’effettiva partecipazione dell’associato agli

utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza

consegna del rendiconto (art. 2552, c.c.), si

presumono, salva prova contraria, rapporti di

lavoro subordinato a tempo indeterminato.

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Costituisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a

disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni

(D.Lgs. 66/2003, in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce).

E’ fissato in 40 ore settimanali, modificabile in senso riduttivo dai contratti collettivi ma

con l’obbligo di riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in

un periodo non superiore all’anno.

La durata massima dell’orario di lavoro è quella fissata volta per volta dalla

contrattazione collettiva e che non può comunque superare mediamente le 48 ore

settimanali, comprese le ore di straordinario.

Il Ministero del Lavoro ha specificato che si può considerare

"settimana lavorativa" ogni periodo di sette giorni, con la

conseguenza che i datori di lavoro possono far decorrere la

settimana di riferimento a partire da qualsiasi giorno.

La durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata

con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi,

che può essere dilatato (sempre con contrattazione

collettiva) fino a sei o a dodici mesi, ma solo per ragioni

obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro,

che siano specificate negli stessi contratti collettivi.

Non è stabilito un limite giornaliero di durata dell’orario di lavoro, ma solo il diritto al

riposo giornaliero del lavoratore che non può essere inferiore alle undici ore di riposo

consecutivo ogni 24 ore.

La contrattazione collettiva dovrà stabilire modalità e durata delle pause giornaliere se

l’orario giornaliero è superiore a 6 ore e, in assenza di previsione contrattuale, al

lavoratore dovrà essere concessa una pausa tra l’inizio e la fine di ogni periodo

giornaliero di lavoro di durata non inferiore a 10 minuti.

Per quanto riguarda il riposo settimanale, sono previste almeno 24 ore consecutive di

riposo (di regola coincidenti con la domenica) ogni 7 giorni, e nel computo delle 24 ore

sono comprese anche le ore di riposo giornaliero.

L’orario di lavoro

E’ lavoro straordinario

quello prestato oltre il

normale orario di lavoro,

cioè quello prestato oltre

la quarantesima ora

ovvero oltre la minore

durata stabilita dai

contratti collettivi.

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Per quanto riguarda il lavoro notturno (ossia prestato nel periodo di almeno 7 ore

consecutive comprendenti l’ intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino) esso

viene prestato solo da personale idoneo e i contratti collettivi di lavoro stabiliscono i

requisiti dei lavoratori notturni ed i casi di esclusione.

E’ comunque vietato adibire al lavoro le donne, dalle ore 24.00 alle ore 6, nel periodo

compreso tra l’accertamento dello stato di gravidanza ed il compimento di un anno di

età del bambino.

Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:

� la lavoratrice madre con figlio di età inferiore a 3 anni o in alternativa il lavoratore

padre con lei convivente;

� la lavoratrice o lavoratore che rappresentino l’unico genitore affidatario di un figlio

convivente minore di 12 anni;

� la lavoratrice o lavoratore con soggetto disabile a carico.

Il lavoratore ha diritto ad

un periodo annuale di

ferie retribuite non

inferiori a 4 settimane

che non può essere

sostituito dalla relativa

"indennità per ferie non

godute" salvo il caso di

risoluzione del rapporto

di lavoro.

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La malattia è una indennità riconosciuta ai lavoratori quando si verifica un evento

morboso (malattia) che ne determina l’incapacità lavorativa.

L’indennità di malattia a carico dell’INPS spetta a:

� Operai settore industria;

� Operai ed impiegati settore terziario e servizi;

� Lavoratori dell’agricoltura;

� Apprendisti;

� Disoccupati;

� Lavoratori sospesi dal lavoro;

� Lavoratori dello spettacolo;

� Lavoratori marittimi;

� Lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2 comma 26. Legge 335/95.

Non Spetta:

� Collaboratori familiari (COLF e Badanti);

� Impiegati dell'industria;

� Dirigenti;

� Portieri.

Agli Operai settore industria /operai ed impiegati settore terziario e servizi con rapporto

di lavoro in essere:

� a tempo indeterminato: l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da

idonea certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare;

� a tempo determinato: l’indennità di malattia spetta, per tutti i giorni coperti da

idonea certificazione, per un numero massimo di giorni pari a quelli lavorati nei 12

mesi immediatamente precedenti l'inizio della malattia da un minimo di 30 giorni ad un

massimo di 180 giorni nell’anno solare. Il diritto cessa in concomitanza con la

cessazione del rapporto di lavoro anche se avvenuta prima dello scadere del

contratto. Il datore di lavoro non può corrispondere l’indennità per un numero di

La malattia

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giornate superiore a quelle effettuate dal lavoratore alle proprie dipendenze; le restanti

giornate sono indennizzate direttamente dall’Inps.

Ai lavoratori dell’agricoltura:

� a tempo indeterminato: l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da

idonea certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare, purché

abbiano effettivamente iniziato l’attività lavorativa;

� a tempo determinato: l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da idonea

certificazione purché il lavoratore possa far valere almeno 51 giornate di lavoro in

agricoltura prestato nell'anno precedente (può essere considerata utile l'attività

svolta nel medesimo settore agricolo anche se a tempo indeterminato). In

alternativa 51 giornate di lavoro in agricoltura effettuate nell'anno in corso e prima

dell'inizio della malattia. Il periodo indennizzabile per malattia è pari al numero di

giorni di iscrizione negli elenchi e fino ad un massimo di 180 giorni nell’anno solare.

Agli apprendisti l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da idonea

certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare.

Ai disoccupati l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da idonea

certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare, purché la malattia inizi

entro 60 giorni o 2 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Ai sospesi l’indennità di malattia spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione

e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare, purché la malattia inizi entro 60 giorni

o 2 mesi dall’inizio della sospensione.

A seguito della trasmissione telematica del certificato medico all’INPS, il lavoratore

è esonerato dall’obbligo di invio dell’attestato al proprio datore di lavoro, il quale

potrà usufruire dei servizi messi a disposizione dall’Inps per la visualizzazione o la

ricezione dell’attestato stesso.

Per avere diritto all’indennità economica di malattia

il lavoratore, indipendentemente dalla categoria di

appartenenza, deve farsi rilasciare il certificato di

malattia dal medico curante che provvede a

trasmetterlo telematicamente all’Inps.

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Qualora la trasmissione telematica non sia possibile, il lavoratore deve, entro due

giorni dalla data del rilascio, presentare o inviare il certificato di malattia all’Inps e

l’attestato al proprio datore di lavoro.

Sino a che non saranno estese le modalità di

rilascio e di invio telematico della certificazione di

malattia anche da parte delle Strutture

ospedaliere, nel caso di degenza ospedaliera, i

certificati di ricovero e dimissioni, redatti in

modalità cartacea, possono essere consegnati

alla Struttura territoriale Inps anche oltre i 2 giorni

dalla data del rilascio ma comunque nel termine

di prescrizione della prestazione. Le attestazioni

di ricovero e della giornata di pronto soccorso

carenti di diagnosi non sono ritenute certificative,

a meno che contengano le generalità

dell’interessato, la data del rilascio, la firma

leggibile del medico e l’indicazione della diagnosi

comportante incapacità lavorativa.

Il diritto all’indennità di malattia decorre (inizio malattia) dal 4° giorno (i primi 3 giorni

sono di “carenza” e se previsto dal contratto di lavoro verranno indennizzati a totale

carico dell’Azienda) e cessa con la scadenza della prognosi (fine malattia). La malattia

può essere attestata con uno o più certificati.

Si considera rientrante nel periodo di malattia anche

l’eventuale ricovero in regime ordinario o in regime di

day hospital purché la relativa certificazione rechi

specifica diagnosi.

Nei casi in cui si verifichi l’effettiva necessità per il

lavoratore di dover cambiare il proprio indirizzo di

reperibilità, durante il periodo rientrante nella prognosi

del certificato, egli dovrà darne tempestivamente, con

congruo anticipo, comunicazione alla Struttura

territoriale Inps di appartenenza con le seguenti

modalità: PEC, fax o lettera raccomandata A.R.

I lavoratori iscritti alla

Gestione separata

oltre alla certificazione

di malattia, per

ottenere il

pagamento, dovranno

presentare alla Sede

Inps di appartenenza

il modello SR 06,

scaricabile dal sito

internet dell’Inps.

Il lavoratore ha

l’onere di rendersi

reperibile al proprio

domicilio per essere

sottoposto, nelle

fasce di reperibilità

previste dalla legge,

ai controlli atti a

verificarne l’effettiva

temporanea

incapacità

lavorativa.

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L’assenza a visita medica di controllo potrà comportare l’applicazione di specifiche

sanzioni.

Le fasce di reperibilità alla visita medica di controllo domiciliare sono, per tutti i giorni

compresi nella certificazione di malattia:

� dalle ore 10,00 alle ore 12,00

� dalle ore 17,00 alle ore 19,00

L’assenza a visita medica di controllo, se non giustificata, comporterà

l’applicazione di sanzioni e quindi la non indennizzabilità delle giornate di malattia

nel seguente modo:

� per un massimo di 10 giorni di calendario, dall'inizio dell'evento, in caso di 1°

assenza a visita di controllo non giustificata;

� per il 50% dell'indennità nel restante periodo di malattia in caso di 2° assenza a

visita di controllo non giustificata;

� per il 100% dell'indennità dalla data della 3° assenza a visita di controllo non

giustificata.

Il medico di controllo domiciliare riscontra l'assenza mediante il rilascio (in busta

chiusa) di invito a visita medica di controllo ambulatoriale.

A titolo di indennità di malattia, spetta ai dipendenti pubblici dal 4° al 20° giorno il 50%

della retribuzione media giornaliera

e dal 21° al 180° giorno il 66,66% della retribuzione media giornaliera.

Ai dipendenti di pubblici esercizi e laboratori di pasticceria l’indennità spetta nella

misura dell’80% (e non del 50% e del 66,66%) per tutto il periodo di malattia.

Ai disoccupati e sospesi dal lavoro l'indennità spetta in misura ridotta pari ai 2/3 della

percentuale prevista.

Ai ricoverati senza familiari a carico l’indennità è ridotta ai 2/5, per tutto il periodo di

degenza ospedaliera, escluso il giorno delle dimissioni per il quale viene applicata la

misura intera secondo le percentuali sopra indicate.

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EST è il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i dipendenti dalle Aziende del

Commercio, Turismo e Servizi, nato come Associazione, nel 2005, seguendo il dettato

del CCNL del Terziario e del Turismo sottoscritti dalle Associazioni delle Aziende

(CONFCOMMERCIO, FIPE, e FIAVET), e dai Sindacati dei Lavoratori (FILCAMS

CGIL, FISASCAT CISL e UILTUCS UIL).

Devono iscrivere obbligatoriamente al fondo i propri dipendenti tutte le aziende che

applicano i seguenti contratti:

� CCNL per i dipendenti del Terziario e dei Servizi sottoscritto il 14 luglio 2005;

� CCNL per i dipendenti delle aziende del Turismo sottoscritto il 17 maggio 2005;

� CCNL per i dipendenti da aziende ortofrutticole ed agrumarie (Accordo del

9.8.2007);

� CCNL per i dipendenti da Aziende Farmaceutiche Speciali.

Se il lavoratore viene ricoverato per effettuare un intervento chirurgico, ha diritto al

pagamento delle spese sostenute nei 120 giorni prima e nei 120 giorni dopo il ricovero

e durante la degenza e la somma massima a disposizione è di € 90.000,00 per anno e

per persona.

Nel caso di utilizzo del Servizio Sanitario Nazionale, vengono rimborsate

integralmente le eventuali spese per ticket sanitari o per trattamento alberghiero (ad

L’assistenza sanitaria

integrativa

Il Fondo ha lo scopo di garantire trattamenti di Assistenza Sanitaria

Integrativa ai Lavoratori del Commercio, Turismo e Servizi ed è

regolato da uno Statuto e da un Regolamento.

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esempio le spese per un`eventuale camera a pagamento) rimasti a carico del

lavoratore.

Se il lavoratore non richiede alcun rimborso, avrà diritto ad un`indennità al giorno.

Nel caso di utilizzo di strutture non convenzionate, ed il lavoratore è domiciliato in una

provincia priva di strutture sanitarie convenzionate, le prestazioni vengono rimborsate

nella misura dell’80%, con un minimo non indennizzabile pari a € 2.000,00 e nel limite

di un sottomassimale di € 8.000,00 per ciascun intervento, nel massimale complessivo

dell’area ricovero.

Il Piano sanitario prevede il pagamento di una serie di prestazioni diagnostiche.

Nel caso di utilizzo di strutture non convenzionate, le prestazioni vengono rimborsate

al lavoratore nella misura del 75%, con un minimo non indennizzabile pari a € 55,00

per ogni accertamento o ciclo di terapia.

In ogni caso, la somma massima a disposizione è di € 6.000,00 per anno e per

persona.

Tra le altre prestazioni offerte, inoltre, il Fondo Est provvede al pagamento di una

visita specialistica e di una seduta di igiene orale professionale, una volta l`anno, nelle

strutture sanitarie convenzionate indicate dalla Centrale Operativa, previa

prenotazione.

Le prestazioni sotto indicate che costituiscono la prevenzione, devono essere

effettuate in un unica soluzione.

- ablazione del tartaro mediante utilizzo di ultrasuoni, o in alternativa, se necessario,

mediante il ricorso ad un altro tipo di trattamento per l`igiene orale;

- visita specialistica odontoiatrica.

Nel caso di utilizzo del Servizio Sanitario Nazionale,

vengono rimborsati integralmente i ticket sanitari.

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Le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, a partire dal 18 luglio 2012

sono state sottoposte all’obbligo di convalida presso la DTL competente (ovvero

presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva) o, in

alternativa è necessario sottoscrivere una dichiarazione apposta in calce alla ricevuta

di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.

La convalida presso le DTL non implica particolari formalità istruttorie, in quanto i

funzionari si limitano a constatare la genuina manifestazione di volontà del lavoratore

a cessare il rapporto di lavoro, né è necessario procedere alla convalida in tutti i casi

in cui la cessazione del rapporto di lavoro rientri nell’ambito di procedure di riduzione

del personale svolte in una sede qualificata istituzionale o sindacale.

Con l’entrata in vigore della Riforma Fornero, è stato specificato che il rapporto di

lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, se entro 7 giorni

di calendario dalla ricezione, il lavoratore o la lavoratrice non aderiscono all’invito del

datore di lavoro a presentarsi presso i Servizi ispettivi per la convalida o ad apporre la

suddetta sottoscrizione, o se la lavoratrice o il lavoratore non effettuano, nei predetti 7

giorni (che possono sovrapporsi con il periodo di preavviso) la revoca delle dimissioni

o della risoluzione consensuale.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Il licenziamento per giusta causa scatta quando si verifica una circostanza così

grave da non consentire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto

lavorativo (art. 2119 c.c.).

In questo caso il datore di lavoro può recedere dal contratto senza l’obbligo di dare il

preavviso, né l’indennità di mancato preavviso, trattandosi di casi così gravi da

provocare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro (cd. licenziamento in tronco).

A mero titolo esemplificativo, possono costituire giusta causa di licenziamento:

� il rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire la prestazione

lavorativa/insubordinazione;

La cessazione del rapporto di lavoro

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� il rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato

l’insussistenza di una malattia;

� il lavoro prestato a favore di terzi durante il periodo di malattia, se tale attività

pregiudica la pronta guarigione e il ritorno al lavoro;

� la sottrazione di beni aziendali nell’esercizio delle proprie mansioni (specie se

fiduciarie);

� la condotta extralavorativa penalmente rilevante ed idonea a far venir meno il

vincolo fiduciario (es. rapina commessa da dipendente bancario);

� risse nei luoghi di lavoro o violenze verso gli altri lavoratori.

Con la Riforma Fornero, il legislatore ha previsto per i licenziamenti per giusta causa,

definiti disciplinari, due tipi di tutele:

� nel caso in cui il giudice accerti che non ci sia stato il fatto contestato, o che

questo fosse punibile con una sanzione “conservativa” del posto di lavoro,

intima il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore ed a pagargli un’indennità

risarcitoria (fino a 12 mensilità);

� nel caso in cui il giudice accerti che non vi sia stata giusta causa, ma per ragioni

diverse da quelle sopra elencate, condanna il datore di lavoro al pagamento di

un’indennità tra un minimo di 12 mensilità ed un massimo di 24, senza reintegro

nel posto di lavoro.

Se il licenziamento avviene per giustificato motivo anziché per giusta causa, il

datore di lavoro è obbligato a dare il preavviso al lavoratore.

La legge (n. 604 del 1966) distingue chiaramente tra il giustificato motivo soggettivo ed

oggettivo.

Il “giustificato motivo soggettivo” è costituito dal “notevole inadempimento degli

obblighi contrattuali” da parte del lavoratore, ma non in maniera così grave da non

consentire la prosecuzione del lavoro per il periodo del preavviso. Possono costituire

ipotesi di giustificato motivo soggettivo l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro,

minacce, percosse, assenza per malattia oltre il periodo consentito.

I licenziamenti intimati per giustificato motivo soggettivo ricadono nella stessa

disciplina del licenziamento disciplinare.

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Nell’ipotesi in cui il giudice accerti che non c’è stato il

comportamento punibile dal lavoratore, o quando tale

comportamento ricada nelle condotte punibili con una

sanzione di tipo diverso, “conservativa” del posto di lavoro,

egli ordina il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro ed il

pagamento di un’indennità risarcitoria.

Il “giustificato motivo oggettivo” riguarda i casi di

licenziamento dovuto a “ragioni inerenti all’attività

produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare

funzionamento di essa” e non attiene, pertanto, al

comportamento del lavoratore. Tra i casi più frequenti,

individuati dalla giurisprudenza come giustificato motivo

oggettivo, vi sono: cessazione dell’attività, fallimento,

riorganizzazione aziendale; ma anche la sopravvenuta

inidoneità fisica del lavoratore a svolgere le mansioni

assegnategli, o la sua carcerazione.

La normativa codicistica concede a ciascuno dei contraenti

di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato

senza fornire alcuna motivazione (“ad nutum”), e senza

motivazione di giusta causa, ma con l’unico vincolo del

preavviso.

Il datore di lavoro può licenziare il lavoratore senza

comunicare la decisione per iscritto e senza motivarla (art.

2118 c.c.) solo nei confronti di particolari categorie:

� lavoratori domestici;

� coloro che hanno raggiunto l’età pensionabile;

� lavoratori assunti in prova, per tutto il periodo di prova e fino a 6 mesi

dall’assunzione;

� lavoratori assunti in prova;

� dirigenti;

� sportivi professionisti;

Nell’ipotesi di

licenziamento per

giustificato motivo

oggettivo, definito

come “economico”

dalla Riforma Fornero,

il giudice può obbligare

il datore di lavoro al

pagamento di

un’indennità, tra un

minimo di 12 mensilità

ed un massimo di 24

mentre il reintegro nel

posto di lavoro, che

prima della Riforma era

automatico, in caso di

licenziamento giudicato

illegittimo può essere

ordinato dal giudice

solamente nel caso in

cui si provi che esso è

stato determinato da

ragioni discriminatorie

o disciplinari.

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� apprendisti (al termine dell’apprendistato).

La motivazione del licenziamento, a seguito della Riforma del Lavoro 2012, deve

essere contestuale al licenziamento, ossia il datore di lavoro deve comunicare i motivi

del licenziamento nella lettera inviata al dipendente.

Se il lavoratore ritiene il licenziamento illegittimo, può

impugnarlo entro 60 giorni dalla sua comunicazione.

L’impugnazione va fatta in forma scritta, anche tramite lettera

raccomandata spedita al datore, ovvero “con qualsiasi atto

scritto, anche extra-giudiziale, idoneo a rendere nota la sua

(del lavoratore) volontà”. Successivamente, il lavoratore ha a

disposizione due procedure alternative:

1) tentare la strada della conciliazione o arbitrato col datore,

entro 180 giorni dalla data d’impugnazione; se la conciliazione

viene rifiutata o non porta ad un accordo, il lavoratore ha poi

60 giorni di tempo per presentare ricorso;

2) presentare direttamente ricorso, entro 180 giorni

dall’impugnazione del licenziamento.

La motivazione del

licenziamento, a

seguito della Riforma

del Lavoro 2012,

deve essere

contestuale al

licenziamento: il

datore di lavoro deve

cioè comunicare i

motivi del

licenziamento già

nella lettera inviata al

dipendente.

Il tentativo di conciliazione è stato reso facoltativo, a partire

dal 2010, dal Collegato Lavoro (legge 183\2010).

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Invece, è obbligatorio il tentativo di conciliazione in caso di licenziamento per

giustificato motivo oggettivo nelle imprese con più di 15 dipendenti. In tal caso, il

datore di lavoro, prima di procedere al licenziamento, deve inviare una comunicazione

al lavoratore ed alla Direzione Territoriale del Lavoro con cui attivare la procedura di

conciliazione. La procedura deve concludersi entro 20 giorni e nel caso in cui il

tentativo fallisce, il datore può procedere al licenziamento.

Il licenziamento intimato senza la forma scritta o senza giustificazione è illegittimo e

inefficace.

La tutela reale ovvero obbligatoria accordata al dipendente, licenziato ingiustamente, è

diversa a seconda della dimensione dell’azienda: la reintegrazione del lavoratore è

prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (modificato dalla Legge n. 108/1990)

nei confronti dei datori di lavoro, imprenditori o meno, che occupano:

� più di 15 dipendenti (5 se agricoli) in ciascuna unità produttiva: sede,

stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo, dove è avvenuto il

licenziamento;

� più di 15 dipendenti (5 se agricoli) nell’ambito dello stesso Comune, anche se

ciascuna unità produttiva non raggiunge il limite;

� più di 60 dipendenti complessivamente se nell’unità produttiva interessata sono

occupati meno di 16 dipendenti.

Il licenziamento illegittimo obbliga il datore di

lavoro, oltre che a procedere con la reintegrazione

del lavoratore ingiustamente licenziato, anche a

risarcire il lavoratore del danno subito,

rappresentato dal pagamento della retribuzione

globale di fatto, non inferiore a 5 mensilità che il

lavoratore non ha percepito, dal giorno del

licenziamento fino a quello dell’effettiva

reintegrazione nonché il versamento dei contributi

assistenziali e previdenziali.

L’obbligo di riassunzione del lavoratore (art. 2 L. n. 108/1990 che ha ampliato l'art. 8

della L. 604) invece viene ordinato dal giudice nei confronti dei datori di lavoro,

imprenditori o meno, che occupano:

� fino a 15 dipendenti (5 se agricoli) in ciascuna unità produttiva;

Il lavoratore può rinunciare

alla reintegrazione e

chiedere in cambio, entro 30

giorni dall’invito a riprendere

il lavoro, un’indennità, pari a

15 mensilità di retribuzione.

Resta fermo il diritto al

risarcimento del danno.

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� fino a 60 complessivamente se nell’unità produttiva interessata sono occupati

meno di 16 dipendenti.

Tale tutela si applica anche alle organizzazioni di tendenza, cioè datori non

imprenditori che svolgono attività senza fini di lucro (sindacati, partiti politici,

associazioni religiose, culturali). Si applica inoltre ai lavoratori dipendenti da enti

pubblici in cui la stabilità non è garantita da norme di legge, di regolamento e di

contratto collettivo o individuale.

Il licenziamento illegittimo, ossia intimato senza la sussistenza di giusta causa o di

giustificato motivo, in tal caso pone il datore di lavoro di fronte alla possibilità di

riassumere il lavoratore entro 3 giorni, senza diritto alla retribuzione arretrata non data,

oppure, di pagargli un'indennità a titolo di danno, la quale dovrà essere compresa tra

un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto,

in relazione al numero dei dipendenti, alla dimensione dell'impresa, all'anzianità, al

comportamento e alle condizioni delle parti.

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