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FELIX B. LECCE - LUIGI LUCCHETTI E-book VADEMECUM SUL RISCHIO S S T T R R E E S S S S L L A A V V O O R R O O - - C C O O R R R R E E L L A A T T O O www.aigesfos.it

VADEMECUM sullo stress lavoro-correlato[1]. · 2016-11-14 · Vademecum sul rischio STRESS LAVORO-CORRELATO ©2013 AIGESFOS - Tutti i Diritti Riservati w w w . ai ge s fo s .it 2

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FELIX B. LECCE - LUIGI LUCCHETTI

E-book

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SS TT RR EE SS SS

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Che cosa è AIGESFOS

AIGESFOS(Associazione Italiana per la Gestione dello

Stress nelle Forze dell’Ordine e del Soccorso), è stata fondata dagli autori di questo e-book ed altri, il 30 aprile 2011 a Roma. Il suo motto è “Homo homini spes”. È un’associazione senza scopi di lucro ed ha per finalità la promozione di una moderna cultura del benessere degli appartenenti alle Forze di Polizia e del Soccorso a competenza nazionale e locale, oltre che dei volontari operanti nell'ambito del soccorso pubblico, centrata sulla prevenzione e gestione attiva, individuale e collettiva, dello stress correlato ai servizi di polizia e di soccorso nelle varie forme in cui esso può manifestarsi, oltre che sul riconoscimento, sociale e giuridico, del tributo di danno alla persona che lo svolgimento dei compiti istituzionali può comportare per queste particolari categorie di lavoratori e dipendenti pubblici, a causa degli effetti negativi di ordine bio-psico-sociale conseguenti ai rischi per l’incolumità fisica, ed ai vari e

gravosi fattori stressanti a cui sono quotidianamente esposti.

Per maggiori informazioni, visitate il nostro sito web: www.aigesfos.it

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INDICE

Perché lo stress merita così tanta attenzione?.......... 3

Ricordiamo la definizione scientifica di stress............ 7

Stress positivo: l’eu-stress e Stress negativo: il distress 10

Lo stress lavoro-correlato ………………………………………. 14

Le manifestazioni del (di)stress……………………………….. 19

I fattori stressanti……………………………………………………. 23

Le predisposizioni personali…………………………………….. 26

Le strategie per affrontare lo stress…………………………. 32

Mai confondere lo stress lavoro-correlato con il Mobbing ………………………………………………………………... 36

L’esaurimento di chi lavora con utenze “difficili”: il burnout…………………………………………………………………. 38

Lo stress traumatico…………………………………………………. 42

Che cosa si può fare individualmente per sé (e per i colleghi)………………………………………………………. 49

Vocabolario essenziale…………………………………………….. 55

Per chi vuole approfondire………………………………………. 62

Disclaimer……………………………………………………………….. 63

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Perché lo stress merita così tanta

attenzione?

Gli scenari in cui attualmente si declina qualsiasi attività lavorativa, pubblica e privata, sono

caratterizzati da una congiuntura economica mondiale sfavorevole,

dall’utilizzo massiccio di tecnologie specie di

natura informatica, dall’aumento della

competizione in ambito interno ed internazionale, dall’incertezza e dall’estremo dinamismo

dei mercati, dalle fluttuazioni demografiche connesse all’immigrazione legale e clandestina nei paesi occidentali

di ampie fasce di popolazione provenienti dai paesi più poveri. Tutto ciò si traduce nella concreta realtà lavorativa in subentranti innovazioni nella progettazione, nell’organizzazione e gestione del lavoro, aggravio nel carico e nel ritmo del lavoro, diminuzione fino a perdita di molte tutele sociali, elevate pressioni emotive, precarietà del lavoro e maggiori difficoltà a conciliare le esigenze lavorative con quelle della vita privata. Il D.lgs 81/2008, aggiornato dal D.lgs 106/2009, all’art. 28 ha posto in primo piano la problematica del rischio stress nel mondo del lavoro e delle organizzazioni, introducendo nell’ambito del’obbligo generale per il datore di lavoro di valutare i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, anche quello di effettuare tale procedura per quelli collegati allo stress lavoro-correlato. Nel fare ciò il decreto

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ha richiamato espressamente l’Accordo Quadro Europeo

del 8/10/2004 che, recepito in Italia dall’Accordo

Interconfederale del 9/6/2008, con l’attuale citata

normativa viene di fatto introdotto nella nostra legislazione nazionale. L’obiettivo generale dell’Accordo è quello di offrire ai datori

di lavoro ed ai lavoratori (ed ovviamente ai loro

rappresentanti) un quadro di riferimento normativo (ma

anche di porsi come stimolo culturale) per individuare e

prevenire o - in ultima ipotesi, se già presenti - gestire

problemi di stress lavoro-correlato, accrescendo la

consapevolezza e la comprensione di tutti i soggetti

coinvolti, dal datore di lavoro agli occupati, della specifica

tematica, attivando la loro attenzione sui segnali

potenzialmente indicatori di tale condizione, senza correre

il rischio di attribuire la responsabilità dello stress a singoli

individui che ne evidenziassero le manifestazioni.

Lo stress viene definito non come una malattia in sé, ma come una condizione di tensione che, se prolungata, può

ridurre l’efficienza dell’individuo sul lavoro e determinarne un cattivo stato di salute, oltre che divenire

un rischio per la sicurezza, poiché riduce la percezione del

rischio in generale ed altera i processi comportamentali

necessari per la tutela della propria ed altri incolumità.

Dati europei indicano come si debbano valutare in svariate decine di milioni le giornate lavorative annualmente perse

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a causa degli effetti dello stress lavoro-correlato, significando così come sia interesse di tutti: lavoratori, datori di lavoro, stato e società nel suo complesso, affrontare e quanto meno ridurre significativamente l’impatto di tale fenomeno. Egualmente, nell’ambito delle

professioni sanitarie, si conferma come gli effetti disfunzionali, diretti ed indiretti, dello stress che origina dal lavoro rappresentino la principale causa di assenza dal servizio e di contenzioso processuale relativamente alle responsabilità professionali nei confronti dei pazienti. Anche per quanto riguarda lo stress lavoro-correlato, i lavoratori non sono solo destinatari passivi di norme che hanno l’obiettivo di tutelare la loro salute e sicurezza, ma coinvolti attivamente nel processo di attuazione delle misure per prevenirlo, ridurlo e, quando possibile, eliminarlo.

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Ricordiamo la definizione scientifica di

stress

Il termine stress è comunemente usato per caratterizzare gli aspetti negativi del nostro vivere quotidiano. È un vocabolo di derivazione anglosassone che significa etimologicamente “sforzo,

spinta, pressione”, ed era originariamente utilizzato in ingegneria meccanica per indicare la forza necessaria per vincere la resistenza di un metallo e causarne la rottura.

In ambito biologico si può definire come la reazione di

attivazione corpo/mente in risposta a sollecitazioni in

grado di turbare l’equilibrio fisico, mentale e psico-sociale

dell’individuo, con lo scopo di mantenere il precedente

livello di stabilità o favorire l’adattamento ad uno nuovo. Gli stimoli o le situazioni potenzialmente perturbanti l’equilibrio sono indicati come stressori, esterni all’organismo; la reazione di quest’ultimo è lo stress, che

quindi è la risposta proveniente dall’interno alla

sollecitazione dei primi. Lo stress pertanto è una reazione fisiologicamente utile in quanto finalizzata all’adattamento: può però diventare una condizione patogena, generatrice di malattia o comunque di danno, se lo stressore agisce con particolare intensità o per periodi di tempo sufficientemente lunghi, o se si sommano più

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stressori impegnativi contemporaneamente, portando l’individuo al logoramento. Gli stressori sono di varia natura: fisica (es. caldo, freddo), chimica (es. inquinanti di aria ed acqua, il gas presente nei lacrimogeni), biologica (es. il virus dell’influenza o altri

microrganismi dannosi) - e la ormai superata legge 626/94 ha focalizzato la sua attenzione su di essi -, oppure di natura psico-sociale, ossia riferiti alle relazioni interpersonali ed all’universo sociale in cui l’individuo è inserito (es. dissapori coniugali, contrasti con i colleghi, eccessive richieste dell’utenza, tensioni con figli

adolescenti, lutti o gravi malattie di amici o familiari, minacce, difficoltà nel gestire il lavoro). Mentre per le prime tre tipologie si può affermare, insieme con Hans Selye, il padre degli studi moderni sullo stress, che quest’ultimo è la risposta non specifica dell’organismo

ad ogni richiesta effettuata su di esso, per quanto riguarda l’ultima, che a noi più interessa in questo momento,

dobbiamo prendere atto che la risposta è specifica, individuale, collegata alla valutazione assolutamente personale che il singolo fa dello stressore in causa. Ad esempio osservando i vari automobilisti fermi da un po’

in un mega-ingorgo di una grande città, ci accorgeremo che le loro risposte sono estremamente diverse, qualitativamente e quantitativamente, a seconda della valutazione e del significato personale in quel momento dello stressore traffico. Ci sarà addirittura qualcuno che

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fischietta allegramente perché l’ingorgo rappresenta una

buona giustificazione per evitare un appuntamento sgradito senza peraltro essere costretti a mentire (cosa per alcuni molto stressante!).

Pertanto di fronte agli stressori psico-sociali la risposta di

stress è mediata dalla valutazione, razionale ed emotiva,

che l’individuo effettua, potendo variare enormemente tra

vari soggetti esposti alle medesime sollecitazioni.

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Stress positivo: (eu)stress e Stress

negativo: il (di)stress

Come abbiamo visto la parola stress ha una connotazione di valore neutra, in quanto risposta finalisticamente adattativa per mantenere o ripristinare un equilibrio. Tutta la nostra vita, sia in una prospettiva biologica che relazionale, è caratterizzata dalla ricerca e dalla

conquista più o meno piena di un equilibrio dinamico di fronte alle sollecitazioni dell’ambiente in cui viviamo, e che, tra l’altro,

stimolano la nostra crescita ed evoluzione personale e collettiva.

Pertanto è assolutamente condivisibile la seguente frase che ebbe a pronunciare Hans Selye: “La completa libertà

dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa

di solito, noi non dobbiamo, ed in realtà non possiamo,

evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace,

e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi

ed adattando la nostra filosofia dell’esistenza ad esso”.

Lo stress è quindi una medaglia a due facce:

- fino ad un certo livello migliora la qualità della vita, c’è più entusiasmo,

aumenta la nostra attenzione, la concentrazione, la memoria, ci sentiamo più attivi e vitali: questo è l’eustress. Esso ha effetti positivi sull’economia

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complessiva della persona, mettendo in grado l’organismo di affrontare le situazioni difficili; si

diventa vigili ed attenti in modo ottimale, si sperimenta quella giusta tensione che caratterizza uno stato di attivazione psico-fisiologica che consente all’individuo la migliore risposta possibile alle richieste dell’ambiente circostante.

- Oltre un determinato livello, che varia da individuo ad individuo e nello stesso individuo nel corso dell’esistenza, impone all’organismo sforzi esagerati che conducono, attraverso un processo connotato da tre fasi successive, chiamato “sindrome generale da

adattamento”, ad un logoramento che termina con lo sfinimento: questo è il distress. Esso è caratterizzato da uno stato di attivazione psico-fisiologica troppo elevato o che si prolunga eccessivamente nel tempo, con il conseguente esaurimento delle energie di riserva e il collasso finale. La capacità di adattamento dell’organismo ha dei limiti (pur con ampia variabilità interindividuale) che non possono essere superati, pena il pagamento di un prezzo, spesso salato, mai auspicabile.

La Sindrome Generale da Adattamento si configura pertanto in questi tre momenti:

1) fase di allarme: in cui l’organismo si difende

dall’impatto dello stressore mettendo in atto

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risposte immediate, attraverso modificazioni di carattere biochimico ed ormonale;

2) fase di resistenza o adattamento: fortemente correlata alla durata della pressione dello stressore, rappresenta il periodo durante il quale l’organismo tenta di adattarsi alla situazione per

sopportare l’azione svolta dall’agente nocivo,

attraverso modificazioni anatomiche e funzionali;

3) fase di esaurimento: se la pressione perdura, oppure risulta troppo intensa, l’organismo entra in

una fase di esaurimento in cui non riesce più a difendersi e ad adattarsi ulteriormente allo stressore, con comparsa di malattie fisiche e/o psichiche e/o alterazioni comportamentali, fino a giungere nei casi estremi alla morte dell’individuo.

Ovviamente questo percorso non è obbligato: la reazione può concludersi con la fase di allarme (es. la percezione di un colpo di arma da fuoco che subito si rivela sparato da una pistola giocattolo), oppure si passa alla fase di resistenza in cui, più o meno rapidamente, l’individuo ristabilisce un equilibrio sufficiente (es. un cambio di incarico che costringe il soggetto a variare orari di lavoro, a riorganizzare gli impegni della vita privata e ad apprendere un nuovo campo di conoscenze, ma che in sei mesi esita in un favorevole assestamento); nell’evenienza più negativa

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la resistenza si conclude con un danno significativo (es. un brutto incidente stradale causato da un colpo di sonno in un soggetto da qualche mese passato a svolgere un’attività lavorativa caratterizzata dal

turnismo notturno). Da quanto è stato sopra descritto si ricava che la

parola stress viene comunemente usata per indicare lo

stress negativo che più opportunamente dovrebbe

essere chiamato di-stress.

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Lo stress lavoro-correlato

Dopo aver affrontato, anche se in modo essenziale, la definizione scientifica dei concetti fondamentali che

caratterizzano lo stress, passiamo ad occuparci

del tema centrale di questo vademecum: lo

stress da lavoro, o come definito nell’Accordo Quadro Europeo lo stress lavoro-

correlato. Risulta utile definirlo secondo le linee tracciate dal citato documento in modo da focalizzare la problematica anche sotto il profilo della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro:

A) Lo stress viene definito in senso generale non come una malattia in sé, ma come una condizione

di tensione, che se prolungata, può ridurre

l’efficienza sul lavoro e determinare un cattivo

stato di salute ed essere accompagnato da

disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica

e sociale;

B) Lo stress è la conseguenza di un divario tra

richieste ed aspettative e capacità dell’individuo di corrispondervi, capacità che non sono identiche nei vari soggetti a parità di stimoli, né nello stesso

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soggetto in momenti diversi della propria vita di fronte ad identiche situazioni;

C) Lo stress può avere origini sia nell’ambito

lavorativo che extra-lavorativo, e le sue manifestazioni sono identiche qualunque sia il contesto di genesi: pertanto non esiste alcun indicatore assolutamente specifico di stress lavoro-correlato;

D) Anche lo stress indotto da condizioni extra-

lavorative può condurre a cambiamenti nel

comportamento lavorativo, e ad una ridotta efficienza prestazionale;

E) Un alto tasso di assenteismo, di rotazione del

personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni degli indicatori che possono orientare per un problema di stress lavoro-correlato.

Lo stress lavoro-correlato si caratterizza per un insieme di

reazioni fisiologiche, cognitive, emotive e

comportamentali conseguenti alla percezione di aspetti

avversi e nocivi del contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro. Presenta una connotazione soggettiva in quanto ogni

lavoratore reagisce in maniera diversa agli stessi stimoli a

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cui sono esposti i propri colleghi, in rapporto alla sua struttura di personalità, all’esperienza di vita e di lavoro ed

alla personale interpretazione delle situazioni problematiche. Nell’approfondimento del fenomeno la ricerca scientifica ha posto l’attenzione su quattro elementi fondamentali:

1) Le richieste, intese come il livello di prestazione a

cui il lavoratore è chiamato a corrispondere;

2) Il controllo, inteso come la possibilità di gestire il carico ed i ritmi di lavoro oltre che di ridurne la monotonia e la ripetitività ;

3) La ricompensa, intesa come forme di

riconoscimento, gratificazione economica e non solo, conseguenti alle proprie prestazioni;

4) Il supporto: inteso come l’insieme delle risorse,

soprattutto umane e relazionali, di cui l’individuo

può disporre specialmente nelle situazioni e nei momenti problematici.

Quando questi quattro elementi risultano

cronicamente in squilibrio tra di loro è molto probabile

l’emergenza di problemi di stress lavoro-correlato.

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L’individuazione di un eventuale problema di stress lavoro-correlato richiede una analisi di fattori

oggettivi (gli stressori) come: la gestione dell’organizzazione e dei processi di lavoro, le condizioni in cui il lavoro viene svolto, la comunicazione e le informazioni a disposizione del lavoratore; e di fattori soggettivi, relativi alla personale modalità di affrontare le problematiche connesse al proprio ruolo ed impegno lavorativo. Nonostante lo stress rappresenti uno dei principali effetti del disagio lavorativo, non se ne possono pertanto attribuire le cause esclusivamente alle disfunzionalità dell’organizzazione o, viceversa, alla

risposta soggettiva del o dei lavoratori. Esso si configura come il risultato di un processo in cui

interagiscono sia gli stressori lavorativi che le

caratteristiche dei lavoratori e le loro strategie di

affrontamento (coping in lingua inglese) delle

situazioni problematiche o comunque difficili da

gestire.

Qualora si individui un problema di stress lavoro-

correlato il datore di lavoro ha comunque l’obbligo di stabilire le misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo,

che possono essere di carattere collettivo, individuale

o di entrambi i tipi.

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Si deve segnalare che l’Accordo Quadro Europeo a cui fa

riferimento la legislazione italiana non comprende la

violenza, le molestie e lo stress post-traumatico

significando che tali evenienze, pur se in capo alla

responsabilità del datore di lavoro nei limiti e secondo la

normativa vigente di carattere penale e civile, non entrano

a far parte del protocollo di valutazione standard dei rischi

collegati al lavoro.

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Le manifestazioni del (di)stress

Lo stress, quando giunge a connotarsi come distress, impatta progressivamente su tutte le funzioni dell’individuo, alterando:

come la persona pensa e percepisce la realtà(canale

cognitivo);

come la persona vive le emozioni proprie ed altrui(canale emotivo);

come la persona si comporta nell’ambito della vita

privata e del lavoro(canale comportamentale);

come il suo organismo funziona(canale fisiologico). Gli individui si diversificano rispetto alle modalità con cui evidenziano uno stato di distress: ciascuno ha una propria

modalità di esprimere il

disagio prediligendo uno o più

dei canali sopradescritti. Ad esempio, il soggetto A evidenzia prevalentemente disturbi psicosomatici come cefalea e mal di stomaco, mentre il soggetto B manifesta frequentemente insonnia e umore depresso. Nell’ambito di ogni canale, inoltre, le possibili manifestazioni sono numerose, per cui la variabilità

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espressiva è molto ampia, configurando una specie di impronta digitale del distress che contraddistingue ciascun individuo. Le seguenti sono solo le principali manifestazioni del distress, distinte per ciascuno dei canali sopradescritti:

canale cognitivo: disattenzione, difficoltà di concentrazione, disturbi della memoria(specialmente per le informazioni

recenti), scarsa capacità di apprendere cose nuove, blocco decisionale, rigidità

nell’affrontare i problemi;

canale emotivo: ansia, irritabilità, depressione, ipocondria, esagerati sensi di colpa, demotivazione, senso di frustrazione, risentimento, senso di fallimento, appiattimento emotivo, tristezza, euforia ingiustificata;

canale comportamentale: scatti di rabbia verso familiari e/o colleghi, crisi di pianto, diminuzione della produttività,

assenze dal lavoro, abuso di: alcool, sostanze psicotrope, tabacco, caffè; comportamenti

impulsivi, tendenza ad incidenti lavorativi ed extralavorativi, manifestazioni isteriche, iperalimentazione o ipoalimentazione, alterazioni nella sfera sessuale,

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conflittualità interpersonale, comportamenti disciplinarmente censurabili;

canale fisiologico: stanchezza, dolori muscolari, mal di schiena, cefalea, disturbi del sonno, vertigini,

palpitazioni, crisi ipertensive, disturbi intestinali, diarrea, sudorazione eccessiva, urinare frequentemente, suscettibilità alle malattie dell’apparato respiratorio, tremori,

tic, sensazioni anomale di caldo e/o freddo, bruxismo (il serrare involontariamente le mascelle), mal di stomaco, dispnea(respirazione

difficoltosa), irregolarità mestruali, nausea, vomito, aumento del colesterolo. A livello lavorativo, focalizzandoci soltanto sugli indicatori di natura comportamentale, in quanto più facilmente osservabili e “obiettivabili”, possiamo assistere a:

- assenteismo elevato; - frequenti avvicendamenti o aumentata richiesta di

avvicendamento; - accrescimento del numero delle procedure e/o delle

sanzioni disciplinari; - aumento degli infortuni; - incremento degli errori; - aumento della conflittualità fra colleghi e/o con i

superiori; - disimpegno; - deresponsabilizzazione;

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- demotivazione; - scarsa identificazione nel ruolo ricoperto; - lamentele dell’utenza; - problematiche giudiziarie; - aumento delle spese di manutenzione per scarsa cura

delle attrezzature e degli strumenti di lavoro in genere;

- recriminazioni continue nei confronti del datore di lavoro.

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I fattori stressanti

La ricerca scientifica ha identificato e classificato i fattori stressanti in ambito lavorativo, ricomprendendoli in due grandi aree: il contesto e il contenuto del lavoro.

Nell’ambito del contesto lavorativo si distinguono i seguenti fattori: R cultura e funzione organizzativa: riguarda la

codificazione delle procedure di lavoro, la presenza di un definito organigramma aziendale, la qualità della comunicazione interna, la chiarezza degli obiettivi da raggiungere, ecc. ;

R ruolo nell’organizzazione: riguarda la chiarezza dei compiti e delle responsabilità di ciascuno, la presenza di conflitti o ambiguità di ruolo, la necessità di assommare più incarichi o di svolgere mansioni di livello superiore o inferiore al proprio ruolo, ecc.;

R sviluppo di carriera: riguarda le possibilità, le regole e

le procedure relative alla crescita professionale, i livelli retributivi iniziali e successivi, la sicurezza del posto di lavoro, la considerazione sociale del lavoro, ecc. ;

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R l’autonomia decisionale e il controllo: riguarda la partecipazione al processo decisionale, il grado di autonomia nello svolgimento del lavoro, la possibilità di ricevere una supervisione di supporto, la possibilità di conoscere l’evoluzione ed i risultati della propria

attività, ecc.; R rapporti interpersonali sul lavoro: riguarda le

dinamiche di collaborazione e competizione, i conflitti interpersonali a livello orizzontale e verticale, e le modalità della loro gestione, ecc.;

R interfaccia casa-lavoro: riguarda le problematiche di conciliazione delle richieste lavorative con le esigenze famigliari, il travaso di stress nei due sensi tra l’ambito

lavorativo ed extralavorativo, la facilità nel raggiungere il posto di lavoro, ecc. .

Nell’ambito del contenuto lavorativo vengono individuati i seguenti fattori: R ambiente ed attrezzature di lavoro: riguarda i rischi di

ordine fisico, chimico e biologico su cui si è concentrata l’attenzione della legge 626/94 relativi a: illuminazione, temperatura, correnti di aria, umidità, rumori, spazi a disposizione, condizioni igieniche, inquinanti, ecc.; i rischi per la incolumità fisica, la disponibilità ed idoneità di attrezzature e

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strumentazioni necessarie allo svolgimento(in sicurezza) del lavoro, ecc.;

R pianificazione e progettazione dei compiti: riguarda la certezza dei compiti da svolgere, la sovrapposizione dei compiti, la rigidità e monotonia della mansione, il sottoutilizzo della capacità ed abilità, la frammentarietà e la mancanza di significato del lavoro, ecc.;

R carico e ritmo di lavoro: riguarda carichi di lavoro

eccessivi o scarsi, la possibilità di controllare il ritmo dell’attività, livelli elevati di pressione in relazione al

tempo, la responsabilità per la vita e l’incolumità di

terzi, la necessità di collaborare con operatori di altre organizzazioni, la necessità di entrare in contatto con soggetti di differente etnia o cultura, ed in generale con una utenza “ socialmente” difficile, ecc;

R orario di lavoro: riguarda il lavoro a turni, i turni

notturni, orari di lavoro non flessibili, orari imprevedibili, superamento dell’orario ordinario,

pause di lavoro troppo brevi o scarsamente definite, ecc.

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Le predisposizioni personali

Esiste un numero limitato di eventi e situazioni che sfuggono alla possibilità di controllo da parte di chiunque di noi, ma nella maggior parte dei casi l’influenza dell’ambiente

esterno(psico-sociale) su di noi dipende in gran parte dalle nostre caratteristiche individuali. Ciò che rende “dannosi” gli eventi connessi alla nostra vita

di relazione, e quindi anche lavorativa, dipende in buona parte dal modo con cui essi vengono percepiti ed interpretati: è la modalità emozionale

con cui si reagisce che li rende o meno stressanti. Ciò che giustifica la differenza nelle reazioni degli individui ad eventi simili, o addirittura allo stesso evento a cui sono esposti contemporaneamente più soggetti, è lo stile personale di ciascuno, determinato oltre che da fattori

costituzionali (immodificabili), anche dall’esperienza e

dalle abitudini comportamentali apprese(modificabili), oltre che dagli atteggiamenti verso la vita in generale e le

persone(anch’essi modificabili).

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Quindi gli stili personali incidono fortemente sulle capacità di gestire le situazioni difficili o comunque problematiche, e la ricerca scientifica ha individuato due tipologie umane, definite di tipo A e B, che si situano agli estremi opposti per quanto concerne la vulnerabilità allo stress, ed in particolare alle malattie cardio-vascolari a cui sono nettamente più esposti i primi. Le manifestazioni ed i comportamenti tipici degli individui

di tipo A sono: o aggressività(spesso repressa) pervasiva in tutte le

relazioni personali e sociali o bisogno di competizione elevato e trasversale a tutti

gli aspetti della vita o insofferenza per i ritmi di vita e di lavoro diversi dal

proprio, con tendenza a valutare gli altri insufficienti nelle prestazioni

o tensione muscolare e verbale, con esplosività del linguaggio che risulta tagliente e conciso; ipervigilanza; difficoltà a rilassarsi

o appetizione all’acquisizione di oggetti e beni, ed in

generale al consumo indifferenziato o bisogno di mantenere il controllo assoluto delle

situazioni in cui sono coinvolti, anche quelle banali o spinta a fare ed ottenere un impossibile numero di

cose in un ridotto lasso di tempo; sensazione costante di non avere tempo a sufficienza

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o consumo notevole di tabacco, alcool, caffè; forte tendenza alla gratificazione orale

o effettuazione di scarsa attività fisica o sua assenza completa

o scarsità di interessi oltre il lavoro o alimentazione eccessiva ed irregolarità dei pasti.

Le manifestazioni ed i comportamenti propri degli individui di tipo B sono sostanzialmente opposti ai precedenti:

aggressività di base modesta e comunque agita in risposta a stimoli significativamente frustranti o lesivi

competitività proporzionata e limitata agli obiettivi concreti da raggiungere

capacità di tollerare le diversità, e di adattarsi agli stili ed ai ritmi degli altri

atteggiamento di base rilassato, eloquio tranquillo e morbido, facilità a “staccare la spina”

scarso interesse per l’acquisizione e il consumo di beni

inutili

necessità di avere il giusto grado di controllo solo sulle situazioni importanti

valutazione realistica della possibilità di fare cose e raggiungere obiettivi in rapporto al tempo disponibile

consumo assente o limitato di alcool, tabacco, caffè

attività fisica di routine o abbastanza regolare

coltivazione di interessi alternativi al lavoro

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alimentazione controllata e regolarità nel ritmo di assunzione dei pasti.

Non dobbiamo però ritenere che l’individuo di tipo A sia

destinato in modo irrevocabile a rimanere tale nel suo modo di comportarsi: egli, dopo aver preso consapevolezza delle sue caratteristiche disfunzionali, può iniziare un percorso progressivo di modificazione del suo stile di vita per avvicinarsi il più possibile alle modalità comportamentali di tipo B, maggiormente salutari. Ovviamente non esistono tipi puri e ciascuno di noi può collocarsi, in un certo momento temporale, in uno dei numerosi intervalli tra l’uno e l’altro estremo dei due

opposti. Un’altra caratteristica significativa che distingue gli

individui è il diverso modo di

attribuire la causalità degli

eventi che accadono loro. Ci sono infatti coloro che ritengono che gli eventi siano sempre in qualche modo una conseguenza delle loro azioni,

giuste o sbagliate a seconda del caso; mentre altri sono convinti che ciò che accade loro dipenda essenzialmente da variabili esterne al loro controllo, derivandone la scarsa importanza attribuita all’agire personale e al

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relativo livello qualitativo. Di conseguenza i primi tenderanno ad essere costantemente attivati per fare in modo che le cose evolvano nel senso sperato, mentre gli altri tenderanno a prendere atto di come sono andate le cose attribuendone la “piega” a cause esterne

indipendenti da loro. Ovviamente, entrambi possono ottenere benefici e danni dalla loro opposta prospettiva. I primi pagano il prezzo di una costante attivazione, ma hanno maggiori probabilità di raggiungere i loro scopi, se essi dipendono significativamente dall’impegno

personale, evitando o limitando quindi lo stress dell’insuccesso; i secondi non pagano il prezzo di una continua attivazione, ma corrono maggiori rischi di insuccesso - se il raggiungimento dei loro scopi dipende significativamente dal proprio agire - e del relativo stress, specialmente se nello specifico prendono consapevolezza di quanto sarebbe stato determinante un maggior impegno personale.

Una ulteriore caratteristica che distingue gli individui è il

livello ottimale di

attivazione neurofisiologica necessario per percepirsi in

uno stato di benessere, per cui i soggetti che evidenziano al riguardo una soglia più elevata, sono orientati alla ricerca

di sensazioni che alcuni

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ruoli o collocazioni professionali possono offrire differentemente da altri. Tali individui manifestano una maggiore sensibilità alla monotonia e la tendenza a cercare continuamente stimoli nuovi. Alcuni di essi inoltre, abituati ad una vita intensa durante la settimana lavorativa, sopportano mal volentieri la caduta di tensione conseguente al riposo settimanale ed al periodo di ferie.

Pertanto le interazioni tra una fonte di stress ed uno specifico individuo sono complesse e si sostengono: § sul carattere obiettivo di minaccia dello stressore

§ sulla valutazione che la persona opera

§ sul valore attivante(oltre che di minaccia) che lo

stressore ha per quell’individuo questo ultimo elemento giustifica come nei confronti dello stress possono manifestarsi comportamenti di ricerca attiva e mirata, e non solo comportamenti di evitamento.

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Le strategie per affrontare lo stress

L’intensità stressogena di una situazione o di un evento è di fatto un rapporto fra la valutazione del grado di minaccia

che essi comportano per il proprio equilibrio psico-fisico e sociale(al numeratore)e la qualità e quantità delle risorse a propria disposizione, personali e/o ambientali(al denominatore).

Fra le risorse personali, che includono elementi molto diversi, come l’età, lo stato di salute, la flessibilità

caratteriale, le risorse economiche, il livello culturale, le precedenti esperienze di vita e di lavoro, la formazione, l’addestramento, ecc., vi sono anche le proprie capacità ed

il proprio stile di far fronte agli stimoli stressanti, che caratterizzano le cosiddette strategie di fronteggiamento

(coping). Quando queste strategie sono funzionali a gestire la situazione che si sta vivendo, esse sono in grado di ridurne o abbatterne la portata stressogena, mentre se risultano non adeguate, esse non solo non costituiscono alcuna risorsa, ma addirittura possono amplificare l’impatto dannoso dell’evento. Queste strategie sono in definitiva attività, sia di tipo

cognitivo che comportamentale, di natura intenzionale, la

cui finalità è quella di controllare e contenere l’impatto

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negativo dell’evento stressante. Esse sono sostanzialmente di due tipi: Centrate sul problema: sono orientate a gestire in modo diretto il problema, che viene analizzato, scomposto in unità minori se complesso, ed affrontato dopo l’elaborazione di precisi piani di azione. A livello pratico sono dirette a:

- influenzare il comportamento dell’interlocutore coinvolto nella situazione problematica, come ad esempio: � convincere il proprio capo ufficio a rivedere il piano

ferie � spiegare e fare accettare ad un figlio adolescente le

regole del “rientro la sera” � chiedere ad un collega di evitare di parlare al telefono

ad alta voce � spiegare ad un collaboratore dove ha sbagliato

È evidente che questo primo sottogruppo si avvale notevolmente delle capacità comunicative verbali e non verbali del soggetto che deve gestire la situazione stressante.

- Cambiare la situazione attraverso l’evitamento o il

distanziamento dal contesto stressante, senza affrontarlo direttamente e senza un confronto interpersonale diretto, come ad esempio:

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� Delegare il problema a persona o ufficio più competente

� Abdicare alla macchina e prendere il treno per evitare il traffico

� Rinunciare alla prospettiva di una promozione, che comporterebbe l’impossibilità di conciliare

lavoro e vita privata � Dichiarare apertamente di non essere interessati

a svolgere lavoro straordinario, in quanto impedirebbe la possibilità di coltivare interessi personali essenziali

� Far filtrare le telefonate da un collaboratore � Fissare precise fasce orarie di accesso al proprio

ufficio da parte del pubblico.

Centrate su sé stessi: queste ultime prevedono di cambiare il proprio modo di vedere le cose, di pensare e/o trattare un problema, di modificare il proprio modo di prendersi cura di sé stessi e di prepararsi ad eventi stressanti, come ad esempio:

R Non prendersela per i commenti spiacevoli di un collega che di solito è sgarbato con tutti

R Accettare l’inopportunità di aggiungere un nuovo

progetto di vita, anche se interessante, perché già troppo sovraccarichi

R Decidere di essere meno intransigenti con sé stessi quando si commette un errore

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R “ingoiarsi il proprio orgoglio” e chiedere aiuto per affrontare un problema troppo grande per le proprie spalle

R Arrivare a rendersi conto che è il nostro atteggiamento ad indisporre gli interlocutori

R Imparare a gestire meglio il proprio tempo R Impegnarsi seriamente con sé stessi per fare

regolarmente attività fisica R Migliorare le proprie capacità comunicative,

ascoltando attentamente chi ci parla R Decidere che è finalmente ora di smettere di

fumare Nessuna strategia è di per se funzionale o meno: è sempre l’interfaccia dinamica tra uno specifico individuo in una particolare situazione ambientale a condizionare il risultato del processo adattativo teso a conservare il precedente equilibrio o a raggiungerne uno nuovo. Pertanto sono gli

individui che hanno maggiore flessibilità nell’adozione delle

strategie di coping più funzionali alla situazione specifica

che stanno vivendo a gestire meglio lo stress.

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Mai confondere lo stress lavoro-correlato

con il mobbing

Per mobbing si intende la persecuzione sistematica messa in atto da una o più

persone, nel corso di un

intervallo temporale

piuttosto lungo, con l’obiettivo

intenzionale di danneggiare chi ne è

vittima, attraverso l’emarginazione e la discriminazione,

fino alla perdita del posto di lavoro come conseguenza di una rinuncia “volontaria” da parte del soggetto

mobbizzato, o di un provvedimento di licenziamento a suo carico da parte dell’azienda. Si tratta pertanto della messa

in atto di molestie morali sul posto di lavoro, agita attraverso atti vessatori, discriminatori, o comunque configuranti una violenza psicologica, tali da compromettere la salute psicofisica e danneggiare la professionalità e la dignità della vittima, sino ad estrometterla dalla realtà lavorativa. Pur dovendosi distinguere sul piano etico-giuridico mobbing e stress lavoro-correlato – in quanto in quest’ultimo caso, anche quando lo stress trovasse origine

nel comportamento di capi, colleghi, collaboratori, utenti,

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ecc., è assente l’aspetto della persecutorietà volontaria e sistematica – non vi è dubbio che i due fenomeni possono in alcuni casi avere strette relazioni. Dato per scontato che il mobbing comporta un notevole livello di stress per chi ne è vittima, non si può escludere la possibilità che il perpetratore dell’azione mobbizzante, il

mobber, sia a sua volta un soggetto con un elevato carico di stress, in qualche modo correlato al lavoro, mal gestito così da comportare una notevole carica di rabbia ed ostilità, poi canalizzata verso soggetti vulnerabili. Inoltre, le situazioni conflittuali, spesso causate da problematiche organizzative(sovraccarico lavorativo, istruzioni imprecise, ambiguità di ruolo, obiettivi contraddittori, ecc.), in quanto generatrici di stress in chi ne è coinvolto, sarebbero esse stesse, quando mal gestite, matrici di dinamiche mobbizzanti. Questo ovviamente non significa che il conflitto sia di per sé generatore di mobbing, né di effetti comunque negativi, rappresentando invece in molti casi, specialmente se affrontato intelligentemente dalle parti in causa, un potente elemento di chiarificazione dei problemi e di sviluppo di valide soluzioni.

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L’esaurimento di chi lavora con utenze

“difficili”: il burnout

Il termine burnout significa “fuso”, “bruciato”, “logorato”,

“cortocircuitato”, “scoppiato”,

“usurato” e sta ad indicare il rischio

professionale di chi opera nelle cosiddette professioni di aiuto, settori lavorativi in cui l’implicazione

relazionale e, conseguentemente, emotiva con gli utenti è molto forte. L’aspetto fondamentale che caratterizza tali attività

professionali sta nel carico di responsabilità vissuto e collegato alla consapevolezza che dal proprio operato dipende il benessere, finanche la vita, degli altri, specialmente quando questi ultimi rappresentano utenze difficili: malati gravi, pazienti psichiatrici, adolescenti problematici, vittime di particolari reati, minori senza protezione, immigrati, tossico-dipendenti, emarginati, ecc.. Sono pertanto medici, infermieri, psicoterapeuti, assistenti sociali, insegnanti, educatori, avvocati, sacerdoti, operatori delle Forze di Polizia e del Soccorso, i soggetti più esposti alla sindrome del burnout. Essa si caratterizza per la presenza di tre fondamentali manifestazioni:

- L’esaurimento emozionale: il soggetto si sente emotivamente svuotato e privo di energie

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- La depersonalizzazione: un sentimento improntato al

cinismo da parte del lavoratore nei confronti dei suoi utenti che vengono vissuti più come “cose” che come

persone

- La ridotta autorealizzazione: un sentimento di sfiducia personale e di svilimento del proprio ruolo professionale, oltre che dell’organizzazione in cui si

opera. Il burnout rappresenta pertanto l’esito disfunzionale di uno

stress cronico vissuto pesantemente da operatori delle professioni di aiuto, i cui fattori causali vanno ricercati sia nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, che in elementi

predisponenti di carattere personale. Infatti, se il sovraccarico lavorativo, la insufficiente formazione iniziale, la mancanza di turn-over, l’assenza di

supporto, la cattiva organizzazione del lavoro in generale, giocano un ruolo rilevante, non si deve dimenticare che alcune caratteristiche personali possono rivestire un ruolo altrettanto determinante: un eccessivo senso di responsabilità, un livello di aspettative irrealistico rispetto alla propria professione, una elevata tendenza ad identificarsi con le vittime, la compulsività ad aiutare, la difficoltà a condividere con gli altri le proprie emozioni(elemento che può essere accentuato nell’ambito

di alcune culture organizzative come quelle delle forze di polizia).

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Pertanto burnout e stress lavoro-correlato non vanno immediatamente identificati, in quanto il primo rappresenta nell’ambito del più vasto panorama dello

stress lavorativo, un possibile esito sfavorevole di uno stress cronico a cui sono esposti gli operatori delle professioni di aiuto, e quindi anche alcuni soggetti che svolgono il loro servizio in particolari settori delle forze di polizia. Gli effetti del burnout si manifestano a livelli molteplici:

4 A carico del lavoratore: in quanto può manifestare uno o più dei sintomi fisici, psichici e comportamentali già descritti nelle manifestazioni generali del distress

4 A carico dell’utenza: che si sente trascurata, trattata cinicamente, finanche maltrattata, con gravi rischi per la salute e l’incolumità personale,

specialmente nel caso del burnout degli operatori della sanità, della sicurezza e del soccorso

4 A carico dell’organizzazione: con perdita di fiducia nei suoi riguardi da parte dell’utenza e della

società in generale, aumento dei contenziosi legali e dei relativi risarcimenti per i danni provocati ad alcuni utenti.

Da tutto ciò si evince come la prevenzione del burnout, così come dello stress lavoro-correlato in generale, sia interesse non solo dei lavoratori, ma anche delle

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organizzazioni, dello Stato e della Società in generale, in quanto i suoi effetti deleteri attingono in vario modo, tutti questi livelli.

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Lo stress traumatico

Anche se, come abbiamo già anticipato, lo stress traumatico non è compreso nell’Accordo Quadro Europeo,

a cui fa espresso riferimento la legislazione italiana, è necessario farne un breve

accenno in quanto esso, anche se non particolarmente frequente sotto il profilo statistico, rappresenta un rischio specifico per tutti quei professionisti che hanno uno stretto contatto con eventi che hanno a che fare con la morte o il rischio di morte da causa violenta, per loro stessi o per altri, rispetto alla generalità degli altri lavoratori.

Questa particolare forma di stress è innescata da eventi

cosiddetti “critici”, in quanto in grado di sconvolgere le capacità di adattamento dell’individuo che pertanto sperimenta un profondo sentimento di vulnerabilità ed

una devastante sensazione di perdita di controllo sulla

realtà.

Alcuni esempi:

ý disastri naturali o provocati dall’uomo ý gravi incidenti automobilistici ý aggressioni personali violente ý suicidio di terzi significativi ý essere presi in ostaggio o rapiti

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ý diagnosi di malattie minacciose per la vita a carico del soggetto o stretti familiari

Caratteristiche degli eventi critici:

R sono improvvisi ed inaspettati R travolgono la nostra sensazione di controllo

della realtà R comportano la percezione di una minaccia

potenzialmente mortale R possono causare perdite fisiche e/o emotive R violano i presupposti su come pensiamo

funzioni il mondo: “Questa cosa non doveva accadere”

“Le cose brutte non capitano a me”

“Il mondo è prevedibile, giusto e controllabile, ed io ne ho

il controllo”

“Alle brave persone non capitano brutte cose”

“Non doveva capitarmi ancora questo, dopo tutto quello

che ho già passato”

Eventi critici professionali (o di servizio)

Vengono definiti così quelli a cui sono esposti più tipicamente gli appartenenti a particolari categorie lavorative a ragione della loro specifica attività.

Dopo aver avuto esperienza di un evento critico, si possono avere scarse reazioni o una sintomatologia più vivace, riconducibile alle varie

manifestazioni del distress già trattate ed a cui si rimanda – in particolare, irritabilità e disturbi del sonno – oltre a

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flashback, pensieri intrusivi, ottundimento emotivo, aumento della sensazione di pericolo, “marchio di

caino”(credere erroneamente che tutti sanno ciò che è avvenuto e che chi ne è stato coinvolto vive con senso di colpa o vergogna). Queste possono essere considerato reazioni normali ad eventi anormali, e generalmente tendono spontaneamente e progressivamente a diminuire, fino a scomparire nell’arco di alcune settimane

dall’episodio vissuto. La condivisione emotiva dell’evento con famigliari, amici e

colleghi, insieme ad una idonea igiene di vita e di lavoro nel periodo successivo all’esperienza traumatica, sono fondamentali elementi in grado di accelerare la “guarigione” ed il ripristino di un buon equilibrio

personale e sociale. Alcuni invece, ed in particolare quelli che evitano di consapevolizzare ed affrontare le loro reazioni emotive, possono trovarsi a rivivere il loro trauma con intensità sempre maggiore, fino a credere che niente si risolva durante le prime settimane dopo l’incidente, ma che anzi le cose si aggravino sempre di più. Chi ha vissuto un evento critico dovrebbe cercare e ricevere un aiuto professionale se le reazioni seguenti perdurano per più di un mese ad un livello che peggiora significativamente il proprio grado di funzionamento precedente l'evento:

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immagini intrusive: ricordi e pensieri disturbanti, incubi, flashback;

disturbi marcati in caso di esposizione ad eventi che somigliano o simboleggiano l’incidente vissuto

(es. per un soggetto vittima di aggressione di gruppo vedere persone assembrate);

evitamento di pensieri ed emozioni relative all’evento, o di attività o situazioni che sollecitano

ricordi del trauma (es. non riuscire ad andare più alla Posta o in Banca se l'evento è avvenuto in uno di quei luoghi);

ottundimento o gamma ristretta di risposte emotive (che vengono vissuti come un'amputazione della propria personalità e identità);

reazioni eccessive di stress;

ipervigilanza(eccessiva attivazione attenzionale a segnali di potenziale pericolo);

reazioni scarse o molto intense, propensione al rischio (in ambito lavorativo, sportivo, sessuale, ecc.);

aumento dell’irritabilità, della rabbia o dell’ira

("nessuno si sforza di capirmi, tutti si fanno i fatti loro", "come fa a vivere così stupidamente questa massa di imbecilli?");

ossessioni relative all’incidente, facile innesco di

pensieri sull’evento, il soggetto sembra bloccato

nel passato ed ha difficoltà a considerare il futuro (come se il tempo si fosse fermato);

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l’evento attuale innesca sensazioni spiacevoli associate ad eventi passati(il prestare soccorso ad un bambino traumatizzato “aggancia” il ricordo

della morte per incidente stradale di un compagno di scuola);

l’impatto emotivo accumulato di vecchie e nuove

situazioni, appare così sconvolgente che la capacità di gestire efficacemente qualsiasi evento sembra assente o gravemente menomata;

senso di colpa, dubbi e convinzioni negative su sé stessi, sensazioni di inadeguatezza, Rimuginamento su errori percepiti;

senso crescente di isolamento: “nessuno capisce

quello che provo… mi sento perduto, abbandonato

e diverso dagli altri”;

sensazioni intense o continue di depressione, dolore, perdita di controllo;

confusione mentale: facilità a distrarsi, difficoltà di concentrazione o di prendere decisioni, scarsa capacità di giudizio;

aumento della diffidenza e della sospettosità nei rapporti con gli altri;

problemi di relazioni interpersonali, allontanamento dagli altri, conflitti coniugali e familiari, aumento delle difficoltà nei rapporti con colleghi/superiori/collaboratori/utenti;

o se manifesta:

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o marcata e progressiva riduzione del rendimento sul lavoro, cronico aumento dell’assenteismo, burnout (sentirsi bruciati, fusi, esauriti ed ostili nei confronti dei cittadini), diminuzione della produttività e della qualità del lavoro;

o comportamento autodistruttivo: abuso di sostanze, fumo, caffè, alcool; incidenti, scarsa capacità di giudizio e decisioni inadeguate;

o pensieri suicidi, che possono presentarsi sulla base di sentimenti di depressione, colpa, disperazione e rabbia nei confronti di sé stessi (ricordarsi che in casi eccezionali vi può essere il passaggio a gesti autolesivi).

Chi ha vissuto un evento critico in servizio potrebbe evidenziare poche o lievi reazioni iniziali a tale evento, ma esse potrebbero innescarsi alcuni mesi più tardi, quando, ad esempio, egli rientra nell'ambiente lavorativo dopo un periodo di malattia per le sequele fisiche riportate. In questi casi si rende necessario un aiuto professionale da

parte di psicologi e/o psichiatri esperti nel campo dello

stress traumatico, eventualmente coadiuvati da “Pari”:

colleghi appositamente formati che hanno, nel passato

vissuto e superato eventi professionali simili, i quali con la

loro presenza vissuta come autentica offerta di aiuto,

riescono a superare la diffidenza che molti spesso nutrono

verso i professionisti della salute mentale.

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Questa figura di supporto, già da tempo sperimentata in

molti paesi occidentali, viene impiegata con successo in

eventi di servizio particolarmente gravi.

Di fronte ad un evento traumatico di servizio, chi lo subisce deve essere seguito nel processo di normalizzazione

dell’esperienza vissuta, senza che si assuma nei suoi confronti atteggiamenti esclusivamente di controllo ipervigile, ma di supporto e protezione, che in alcuni casi può anche configurare l’allontanamento temporaneo dal servizio o l’impiego in settori ed attività diversi dai precedenti. I colleghi, con la loro vicinanza rispettosa e solidarietà autentica, possono rappresentare una notevole risorsa, anche attraverso l’attenzione a cogliere indicatori di

evoluzioni sfavorevoli che rendono necessario un intervento professionale specifico.

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Che cosa si può fare individualmente per sé

(e per i colleghi)

Poiché il benessere organizzativo, ed il suo reciproco: lo stress lavoro-correlato, sono condizioni che vedono fortemente interessati e coinvolti tutti gli “attori”

implicati nell’attività

lavorativa, e premesso che nel determinare queste due dimensioni (benessere/distress) interagiscono fattori organizzativo-ambientali (esterni) e fattori personali-soggettivi (interni), è evidente che anche i singoli – oltre a dover mettere in atto le misure individuate dal datore di lavoro - possono fare la loro parte, per se stessi e per i colleghi, per ridurre o eliminare lo stress lavoro-correlato. Qui di seguito vengono presentate delle indicazioni di

massima per affrontare individualmente la sfida che lo stress pone ad ogni lavoratore:

- Farsi parte attiva nell’acquisire e far proprie le conoscenze essenziali sul tema “stress” e “stress lavoro-correlato”, imparando a riconoscere i

segnali precoci di distress in sé stessi e negli altri;

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- Assumere un atteggiamento tendenzialmente

attivo, di confronto con le situazioni problematiche, non confondendo le cause (gli stressori), con gli effetti (la risposta di stress), perché mentre sui primi potremmo non avere alcun controllo, sulla risposta di stress, che è personale, abbiamo sempre dei margini, più o meno ampi, per agire efficacemente a tutela della nostra salute;

- Comprendere fino in fondo che gestire lo stress

lavorativo, oltre ad essere un’incombenza

giuridicamente prevista a carico del datore di lavoro, è un nostro personale e pressante

“dovere” nei confronti di noi stessi, in quanto potenziali vittime dei danni alla integrità psico-fisica che lo stress può comportare;

- Focalizzarsi e prendere consapevolezza di quali

siano i nostri reali fattori di stress, lavorativi ed

extra-lavorativi, di come essi si influenzino reciprocamente, di quali siano gli aspetti del proprio lavoro che creano maggiore tensione o disagio, di quali siano le usuali strategie adottate per affrontare le difficoltà ed il loro livello di efficacia;

- Dare un ordine di importanza a questi fattori,

valutando i rispettivi margini di gestione a livello

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individuale, al fine di decidere le priorità nelle azioni personali da intraprendere per il miglioramento del proprio benessere;

- Chiedersi quanto la propria percezione

dell’ambiente lavorativo, di noi stessi implicati in quel contesto e di quanto di significativo vi ruota intorno sia realistica, ed in particolare se:

Siamo in grado di distinguere ciò che è modificabile, e quindi almeno parzialmente sotto il nostro controllo, da ciò che non lo è, e pertanto può essere unicamente accettato

Vi siano strategie alternative a quelle che stiamo adottando per affrontare meglio la situazione

Eventuali conflittualità interpersonali derivino da punti di vista differenti sul contenuto del contendere, o se invece siano da attribuire a problematiche relazionali

Siamo in grado di essere o divenire consapevoli di cosa e come stiamo comunicando, oltre che degli effetti che induciamo nei nostri interlocutori

Siamo abituati a distinguere tra cose importanti ed urgenti, e pertanto a gestire nel modo migliore il nostro tempo sul luogo di lavoro (e non solo).

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- Prendersi cura del proprio corpo: dedicandosi ad una attività fisica regolare, curando la propria alimentazione in modo adeguato, controllando il peso corporeo, evitando o limitando sostanze nocive come tabacco, caffè, alcool; prendendosi delle giuste pause, evitando l’automedicazione con

farmaci ad azione sul sistema nervoso (ansiolitici, ipnotici ecc.), imparando tecniche di rilassamento come la respirazione diaframmatica o il rilassamento muscolare progressivo, effettuando periodici check-up per il controllo della pressione arteriosa, dei valori glicemici e di colesterolo ecc;

- Imparare a pensare e vivere “positivo”:

Dicendosi “bravo/a” quando facciamo bene il

nostro lavoro

Ponendosi obiettivi a corto raggio e vivendo il senso di soddisfazione al loro raggiungimento

Approcciando il collega e/o l’utente senza

pregiudizi negativi

Vivendo le critiche come possibilità di crescita e maggiore autoconsapevolezza, e non unicamente come affronto personale

Imparando a cercare e trovare punti di accordo, vicinanza e somiglianza con gli altri (sintonia), piuttosto che ipertrofizzando le distanze e le differenze (distonia)

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Riconoscendo che se il bicchiere è mezzo vuoto, vuol dire che almeno per l’altra metà è

pieno

Ricordando anche ciò che di positivo è stato ottenuto, conquistato, concesso e non solo quanto vi è ancora da migliorare e da raggiungere

Rivedendo la nostra scala di valori e privilegiando nei fatti le persone e le cose a cui teniamo di più e che sono per noi veramente importanti

Divenendo meno inflessibili con noi stessi, cercando qualcosa di meno della perfezione in se stessi e negli altri, prendendo consapevolezza che non si può prevedere e controllare tutto nella vita, ammettendo la prospettiva di dover chiedere aiuto agli altri per affrontare frangenti difficili

- Imparare a pianificare le proprie attività ed a

gestire intelligentemente il tempo, privilegiando le cose contemporaneamente importanti ed urgenti, poi quelle urgenti e non importanti, dopo ancora quelle importanti e non urgenti, ed infine quelle non importanti né urgenti

- Essere consapevoli che, oltre un certo limite, reprimere, nascondere o negare le proprie

emozioni è una carta perdente, mentre la

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condivisione di stati d’animo difficili da gestire con

persone di cui ci fidiamo è una grande risorsa a cui possiamo ricorrere

- Mettere in conto la possibilità che nella vita, di fronte a momenti di particolare difficoltà sia di natura privata che conseguenti a fatti di servizio di una certa gravità – compresi quelli a valenza psicotraumatica -, può essere necessario ricorrere

all’aiuto di un esperto di counselling, di un coach,

di uno psicoterapeuta, o di uno psichiatra, senza che questo significhi che siamo pazzi o “senza

schiena”

- Imparare a ridere di sé stessi, a fare una sana autoironia e a non prendersi troppo sul serio

- Impegnarsi in attività di gruppo esterne

all’ambiente di servizio: gruppi sportivi, di volontariato e promozione sociale, associazioni culturali, gruppi spirituali, ecc., i quali possono darci quegli stimoli e quelle gratificazioni che sono assenti o scarsi nel nostro ambiente lavorativo

- Impegnarsi nel promuovere nell’ambito

lavorativo lo spirito di squadra e una cultura

improntata alla solidarietà ed al reciproco sostegno.

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VOCABOLARIO ESSENZIALE

Addestramento: il complesso delle attività dirette a far apprendere ai lavoratori l’uso corretto di

attrezzature(incluse le armi da fuoco), macchine, impianti, sostanze, dispositivi, compresi quelli di protezione individuale, e le procedure di lavoro Ansia: stato emotivo caratterizzato da paura non collegata ad alcun pericolo definito, e pertanto molto difficile da sopportare e controllare Conflitto: il contrasto, il disaccordo tra individui o gruppi; ovvero, tra bisogni o motivazioni discordanti all’interno del

singolo individuo Coping: termine anglosassone indicante la gestione attiva, il far fronte, il fronteggiare una determinata situazione problematica Cultura organizzativa: l’insieme dei valori, delle credenze, dei simboli, delle tradizioni e delle prassi di riferimento, che caratterizzano il modo in cui opera una azienda, una organizzazione o una istituzione Datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore; nelle pubbliche amministrazioni il

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dirigente al quale spettano poteri di gestione e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa Depressione: flessione patologica del tono dell’umore,

caratterizzata da sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi, che determinano la compromissione più o meno grave del funzionamento sociale della persona, arrivando in alcuni casi a determinarne la volontà suicidaria Dirigente: persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali conferitigli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa Distress: l’aspetto o il livello negativo dello stress, comportante effetti sfavorevoli a livello fisico, psichico e comportamentale Documento di valutazione dei rischi: documento redatto dal datore di lavoro relativo alla valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui

essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e protezione, e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza

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Emozione: una reazione che si manifesta a livello mentale e corporeo, in un tempo circoscritto, innescata da specifici stimoli (persone, oggetti, animali, relazioni, ricordi, ecc.), presenti nella realtà o immaginati, in grado di attivare effetti sui seguenti quattro livelli: a) pensieri; b) esperienze soggettive percepite coscientemente; c) stati biologici; d) disponibilità all’azione. Prendendo ad esempio la gelosia: a) pensieri: se il mio compagno/a mi lascia per un altro/a, il

mondo mi crolla addosso, ecc.; b) esperienza soggettiva: avvilimento, arrendevolezza, oppure oppositività, ostilità, ecc.; c) stati biologici: irrequietezza, disturbi cardio-circolatori,

cefalea, ecc. d) disponibilità all’azione: causare un danno al partner, al

rivale, a sé stessi, ecc. . Le persone reagiscono, in modo individuale di fronte ai

medesimi stimoli, e questo dà ragione della diversità

delle emozioni sperimentate da ciascuno di noi in

analoghe situazioni.

Eustress: l’aspetto o il livello positivo dello stress, con

effetti di risposta adattativa a fattori perturbatori l’equilibrio di un organismo Flash-back: vocabolo inglese la cui traduzione letterale è “scena retrospettiva”. In ambito psicotraumatologico

indica una breve ma intensa esperienza in cui il soggetto, suo malgrado, rivive la scena dell’evento critico, come se

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stesse avvenendo in quel momento, con tutto il corteo di stimoli sensoriali(visivi, cinestesici, uditivi, olfattivi, ecc.) che lo hanno caratterizzato

Formazione: processo educativo attraverso il quale vengono trasferite ai lavoratori, ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione dell’organizzazione, conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti svolti sul luogo di lavoro ed alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi

Frustrazione: stato emotivo spiacevole causato dalla mancata soddisfazione di un bisogno per cause interne o esterne all’individuo, che a sua volta determina l’attivazione della rabbia Informazione: il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi in ambiente di lavoro Ipervigilanza: stato di perdurante elevazione dell’attivazione psicofisica(tensione muscolare e nervosa, aumento dell’attenzione e della acutezza dei sensi, ecc.) Lavoratore: persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa

nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro

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pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione

Medico competente: medico in possesso di titoli e requisiti formativi e professionali specifici che collabora con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi, ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e quant’altro previsto dalla normativa per la

salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Percezione: l’attività psichica che opera la sintesi delle

informazioni provenienti dai sensi, e la loro traduzione in forme dotate di significato per l’individuo. Pertanto, di fatto, l’individuo “interpreta” sempre in modo personale

gli stimoli e le informazioni che, attraverso i sensi, gli giungono dall’ambiente Pericolo: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni Preposto: la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali conferitigli, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la

corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa Prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure necessarie, anche secondo la particolarità del lavoro,

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l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali, nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno Psicologo: studioso del comportamento umano, in possesso di specifico titolo professionale, che utilizza gli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto riguarda gli aspetti della sicurezza e della salute durante il lavoro Responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali previsti dalla legge, designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi Rischio: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente,oppure alla loro combinazione Salute: secondo la definizione dell’Organizzazione

Mondiale della Sanità(OMS), lo stato di completo

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benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità

Sorveglianza sanitaria: l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di

rischio professionali e alla modalità di svolgimento dell’attività lavorativa Stressore: vocabolo italianizzato dall’etimo inglese

“stressor”, indicante il fattore con potenzialità perturbatrici

l’equilibrio fisico, psichico o sociale di un individuo

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PER CHI VUOLE APPROFONDIRE

1) Axia Giovanna: Emergenza e psicologia. Mente umana,

pericolo e sopravvivenza, Ed. Il Mulino, Bologna, 2006

2) Bisio Carlo: Psicologia per la sicurezza sul lavoro.

Rischio, benessere e ricerca del significato, Ed. Giunti O.S. Organizzazioni Speciali, Firenze, 2009

3) Favretto Giuseppe: Lo stress nelle organizzazioni, Ed. Il

Mulino, Bologna, 1994 4) Lazzari David: La “bilancia dello stress”, Ed. Liguori,

Napoli, 2009 5) Maslach Cristina: La sindrome del burnout. Il prezzo

dell’aiuto agli altri, Ed. Cittadella Editrice, Assisi, 1992

6) Pozzi Gino(a cura di): Salute mentale e ambiente di

lavoro. Conoscere e tutelare dal disadattamento al

mobbing, Ed. Franco Angeli, Milano, 2008

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DISCLAIMER

Questo e-book è una edizione di AIGESFOS in formato

elettronico. Si tratta di una pubblicazione che ha scopo

principalmente informativo-formativo e della quale gli

autori hanno ceduto i propri diritti ad AIGESFOS.

Questa opera editoriale è espressione della libera

elaborazione ed organizzazione del patrimonio di

conoscenze, studi ed esperienze professionali acquisiti

dagli autori in materia di stress e stress lavoro-correlato.

Le tecniche e le strategie illustrate in questo e-book sono il

frutto di anni di studio, di ricerche e di esperienze

professionali, rispetto al cui utilizzo il lettore si assume la

piena responsabilità delle proprie scelte.

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di questo e-book può essere riprodotta con alcun mezzo

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