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Il formaggio di Nunzio Marcelli Un pecorino da Oscar Pan dell'Orso: Dolci sapori / Rustichella d'Abruzzo: In tour tra le spighe

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Il formaggio di Nunzio Marcelli Pan dell'Orso: dolci sapori / Rustichella d'Abruzzo: in tour tra le spighe

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novembre - dicem

bre 2011

76

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P 76

novembre/dicem

bre 2011 n.76 • € 4.50

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Il formaggio di Nunzio Marcelli

Un pecorino da OscarPan dell'Orso: dolci sapori / Rustichella d'Abruzzo: in tour tra le spighe

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A vederlo, Nunzio Marcelli è esattamente come ci si figura che sia un pastore. Sguardo bonario, atteggiamento cal-mo, aspetto da montanaro. Quello che non si vede è però

una laurea in Economia, che Nunzio ha conseguito proprio con una tesi sulle possibilità di recupero delle aree marginali grazie alla pastorizia. Marcelli, presidente dell’Arpo (Associazione regionale produttori ovicaprini) è balzato agli onori della cronaca ormai die-ci anni fa con l’iniziativa “Adotta una pecora”, nata per dare dignità

produttiva ad un territorio, che offriva –in cambio di un contributo economico tutto sommato modesto– prodotti di qualità derivanti dalla pecora adottata: agnello, latte, formaggi, ricotta, lana, ferti-lizzante. Un’iniziativa che ha suscitato l’interesse di innumerevoli testate giornalistiche estere e nazionali e che ancora oggi ottiene riscontri positivi da ogni parte del mondo. E che è stata copiata da altre aziende italiane in Sardegna, Sicilia, Liguria, o declinata diver-samente, come in Trentino dove esiste la possibilità di adottare

Un pecorino da OscarDalle stalle abruzzesi alle stelle (del cinema): il formaggio di Nunzio Marcelli conquista New York.“Ma la pastorizia rischia di scomparire”

La Porta dei Parchi

Testo e Foto Andrea Carella

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Un pecorino da Oscar

una mucca: «Solo che –precisa Marcelli– in quei casi gli Enti loca-li sono intervenuti a sostegno dell’iniziativa, cosa che in Abruzzo non si sono neanche sognati di fare». Marcelli da anni lotta per salvaguardare quel che resta della pastorizia, per migliorare una si-tuazione drammatica che ha visto chiudere innumerevoli aziende nell’indifferenza generale di Asl, sindacati e classe politica: «Serve una programmazione, cosa che per il settore ovicaprino non è mai stata fatta. E servirebbe più attenzione da parte delle istituzioni per

un settore dell’agroalimentare che rischia davvero l’estinzione, con conseguenze gravissime dal punto di vista economico e culturale. Si parla tanto oggi della scomparsa dei piccoli Comuni, ma scom-pariranno le comunità se non si rilancia un’economia territoriale». La soluzione proposta da Marcelli e dai suoi è coerente: ricostruire un’economia integrata, che faccia da traino ad un turismo soste-nibile, a partire dall’offerta enogastronomica, affiancata alle altre iniziative. Come il recupero di unità immobiliari inutilizzate per

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IV

l’abbandono della montagna, che –ristrutturate nel rispetto delle tipologie abitative del borgo– vengono inserite in un progetto di “albergo diffuso” e messe a disposizione dei turisti. Tra le iniziati-ve di Nunzio Marcelli tese al recupero e alla conservazione della tradizione agropastorale è la transumanza, alla quale partecipano turisti da tutto il mondo che contattano l’azienda via web: una full immersion di tre giorni nella vita dei pastori dei secoli scorsi, a piedi con le greggi da Anversa degli Abruzzi passando per Castrovalva fino a Frattura Vecchia e al Piano delle Cinque Miglia, attraverso territori incontaminati, senza acqua corrente, nè energia elettrica (e a 1600 metri non prendono neanche i telefoni-ni). «Nello stesso spirito –ag-giunge Marcelli– ospitiamo stage con gli studenti dell'uni-versità del Minnesota e della California, che oltre a visitare l'azienda e il contesto territo-riale, partecipano direttamente alla produzione del formaggio, facendosi una piccola formina di pecorino che poi portano con sé, e inserendo così nel loro percorso di formazione gli elementi di tradizione e innovazio-ne che caratterizzano la nostra esperienza». Che l’azienda di Mar-celli sia ormai international lo dimostra anche la costante presenza di “wwoofer”, ossia di «ragazzi e ragazze che aderiscono al progetto WWOOF (Willing Workers on Organic Farms, www.wwoof.org) e dai quattro angoli del globo (abbiamo avuto inglesi, francesi, tede-schi, americani, giapponesi, olandesi, ungheresi, ovviamente anche italiani) vengono per periodi più o meno brevi (da due settimane a sei mesi) a lavorare e imparare a cucinare, curare l'orto, raccogliere le olive, in cambio di vitto e alloggio. Questo fa sì che in azienda e per il paese ci sia un costante andirivieni di giovani da tutto il mondo, con in comune l'interesse per questa esperienza di tutela del territorio e delle tradizioni». Con un meraviglioso scenario na-turale a fargli da cornice, l’azienda è un piccolo paradiso di 1100 ettari in cui trovano spazio 1200 capi, perlopiù pecore sopravvissa-ne (ma anche capre, maiali, asini e cavalli) dalle quali si producono squisiti formaggi (manco a dirlo, certificati biologici) che finiscono sulle tavole di tutto il mondo. Ricotta affumicata al ginepro, Ricotta

Scorza Nera, Pecorino classico, Brigantaccio, Muffato sono infatti oggi disponibili nei menù di alcuni dei più noti ristoranti di New York: da Eataly, per esempio, o da Babbo, Bar Boulud, Del Posto, Per Se e perfino da Locanda Verde, il ristorante di proprietà di Robert DeNiro. E perfino lo chef Tony Mantuano li serve nella Spiaggia di Chicago, il ristorante preferito di Obama che vi ha festeggiato la vittoria alle ultime presidenziali. Merito di questo successo l’intra-prendenza di Marcelli e l’incredibile qualità dei prodotti: «Per ot-tenere un buon formaggio ci vuole del buon latte –spiega– e le

pecore danno buon latte se c’è un buon pascolo. È il latte, la lavorazione a latte crudo (ovvero con latte non trattato, che mantiene quindi intatte le sue caratteristiche nutrizio-nali) che conferisce al formag-gio il suo particolare gusto. E ovviamente non bisogna dimenticare le fasi successive: salatura, stagionatura, e un controllo nel corso del tempo dell’andamento della stagio-natura, perché il formaggio è qualcosa di vivo, che ha biso-

gno di essere continuamente assistito. Per questo noi massaggia-mo i nostri formaggi con olio d’oliva per ridurne la traspirazione, in modo che determinati processi di fermentazione avvengano all’interno della forma, in maniera naturale. E far maturare un for-maggio in un ambiente integro e caratterizzato dalla biodiversi-tà, come tra le nostre montagne, non è certo lo stesso che in un nucleo industriale». La sua esperienza nella produzione casearia Marcelli l’ha messa a disposizione anche di progetti di coopera-zione internazionale: in Palestina, ad esempio, o in Afghanistan, dove è andato a sostenere i pastori Kuchi: «Visto che l’operazione militare americana si chiamava Enduring Freedom, noi abbiamo voluto chiamare la nostra Enduring Cheese, che sostanzialmente significa “formaggio stagionato”. In Afghanistan non si usa il caglio, e i loro formaggi non resistono nel tempo. Noi abbiamo portato il nostro know-how e gli abbiamo insegnato a stagionare i formaggi, loro ci hanno insegnato a fare il formaggio con il latte acido: è con questa tecnica che realizziamo il Muffato, un prodotto che è molto apprezzato negli Stati Uniti». Se lo sapesse Obama…

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Come si riconosce un buon pecorino

Alla prova del palato, bisogna degustare il formaggio la-sciando il tempo, in bocca, di raggiungere la tempera-

tura interna; in questo modo il formaggio a latte crudo può esprimere tutta la varietà dei profumi presenti, grazie ai diversi componenti acquisiti con il nutrimento delle greggi sui pasco-li, dove sono presenti erbe diverse; al contrario il formaggio pastorizzato, al quale è necessario (per ottenere la cagliata) aggiungere fermenti, che sono quindi di un unico ceppo, non sprigiona aromi diversi, ma è caratterizzato da una uniformità di aromi e sapori

La consistenza del formaggio può variare da una più gom-mosa se è stato prodotto in un periodo più caldo (prima-

vera/estate), mentre in periodi di grande caldo può avere un’occhiatura più marcata (mai eccessiva) per effetto di fer-mentazioni;

La presenza di latte di capra si evidenzia nei formaggi di lunga stagionatura per un sapore piccante più marcato e

leggermente più asciutto

Il colore può andare dal bianco avorio al giallo paglierino, più intenso quando c’è prevalenza di essenze ricche di betaca-

rotene, cioè quando l’erba è al massimo di maturazione (fine primavera)

Sono indizi di difetti la pasta non omogenea e una marcata occhiatura

Consigli Di Degustazione

I formaggi vanno sempre degustati a temperatura am-biente.

Consigliamo di associare la degustazione alla frutta di stagione ed agli ortaggi crudi, che sono in grado grazie

alla loro acidità naturale, di creare un giusto complemento di sapori e dare al palato una sensazione di completezza, oltre a favorire la digestione del formaggio.

Un’idea originale per portarli in tavola sono gli spiedi-ni di formaggio e frutta o verdura, in cui inserire un

pezzetto di formaggio e un chicco d’uva, o uno spicchio di finocchio, carote crude o melone, alternando formaggio e frutta o verdura per ottenere una sensazione di sapori e co-lori che esalta tutti i sensi.

Il vino da associare sarà un rosso corposo per formaggi di una certa stagionatura (oltre un anno), mentre quelli con

essenze di erborinato come il Muffato si sposano bene con vini liquorosi o moscato. La ricotta affumicata al ginepro è ideale se degustata con vini bianchi non troppo strutturati, come il pecorino o la malvasia.

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Scanno: il paese noto per la sua oreficeria, il cui simbolo è la Presentosa. Scanno: il paese reso famoso dalle immagini di Cartier-Bresson e di Giacomelli. Scanno, il paese rinomato

per il Pan dell’orso, per i mostaccioli e le “lumachine”. La famiglia Di Masso da tre generazioni detiene la tradizione dolciaria dell’an-tico centro turistico: una famiglia che ha tramandato di padre in figlio i gusti e i saperi della pasticceria mantenendo forme e sa-pori della tradizione. Ultimo di loro è Angelo Di Masso, pasticciere pluridecorato che a Scanno vive, lavora e produce, quando non si trova all’estero per partecipare a concorsi e premi. «Mi ritengo un apprendista –afferma– perché in questo mestiere non si finisce mai di imparare e di attingere alle esperienze precedenti. I nostri ultimi prodotti sono dolcetti ripieni di marmellata di mele cotogne di Scanno, crema di mandorle al cacao e una marmellata di Mon-tepulciano d’Abruzzo. La creatività è fondamentale anche per i pasticcieri, ma la differen-za tra noi e gli chef è che per noi non esiste il “q.b.”: abbiamo un at-teggiamento molto più preciso nelle quantità, per poter ottenere sempre lo stesso risultato e mantenere inalterati i sapori. La nostra produzione è realizzata tutta nel nostro laboratorio, e le materie prime sono frutto del nostro territorio, notoriamente generoso». Il Pan Dell’Orso è il loro prodotto più noto. Ma non è una rivisita-zione del Parrozzo di D’Amico e d’Annunzio? «No, quello è infatti un “pan rozzo”, ed è fatto con farina di granturco. Il nostro utilizza farina di frumento e ha altre caratteristiche. In effetti di simile c’è solo l’aspetto». Altri prodotti tipici scannesi a firma Di Masso sono i mostaccioli, nelle loro varianti al cioccolato o ricoperti di glassa di zucchero, e i frutticelli, deriva-ti dalla ricetta di una signora scannese, realizzati nella ca-ratteristica forma a lumachi-na e ripieni di crema pastic-ciera e marmellata di mele

cotogne: «Ma produciamo anche pasticceria tradizionale, locale e nazionale. E nel periodo natalizio anche panettoni, rigorosamente artigianali». E del resto la ditta Di Masso «è una tipica azienda arti-gianale a conduzione familiare. Sotto la guida di mio padre Gino lavora tutta la famiglia: io mi occupo della pasticceria insieme a mia mamma Maria mentre i miei fratelli Giulio e Alessandro hanno la gestione del punto vendita e del bar. Giulio inoltre si occupa del-la cura del giardino antistante il bar pasticceria: un luogo ameno, costeggiato da un piccolo torrente, un vero orto botanico dove –quando il clima lo consente– è piacevole sostare per un caffè e un pasticcino dopo aver fatto il tour del paese».

Pan dell'Orso

Dolci saporiIl gusto della tradizione dolciaria scannese nell’arte pasticciera della famiglia Di Masso

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Rustichella d'Abruzzo

In tour tra le spighe

Cinque giorni, un evento. La trebbiatura è un momento importante per Rustichella d’Abruzzo, l’azienda che da Pianella porta la buona pasta artigianale abruzzese in

tutto il mondo. Un evento che il pastificio guidato dalla famiglia Peduzzi ha –come in passato– voluto celebrare e condividere con i suoi migliori clienti e distributori, giunti a Pianella dai quattro an-goli del mondo (Stati Uniti, Russia, Svizzera, Canada e Giappone) per un tour promozionale e didattico il cui momento culminante è stato proprio il giorno della trebbiatura. «Primograno, la nostra ultima linea di pasta artigianale –spiega Gianluigi Peduzzi, patron dell’azienda– nasce da un progetto di interazione e sinergie con l'area Vestina, una zona ormai famosa per l’olio, che si sviluppa lun-go la vallata del Fiume Tavo, un tempo ricca di mulini; la pasta Pri-mograno viene realizzata con tre varietà di grano (S. Carlo, Varano e Mongibello) che alcuni imprenditori agricoli di Pianella, Moscufo e Loreto Aprutino seminano su circa 100 ettari di terreno». Tutti i pro-cedimenti di lavorazione di Primograno, dalla semina al raccolto, «sono monitorati da alcuni esperti aziendali con la collaborazione e il controllo dell'Istituto Cerealicolo di Foggia, al fine di ottenere un grano duro con un alto potere proteico fondamentale per la qua-lità della Pasta». Gli oltre 20 partecipanti al Primograno Tour 2011 hanno visitato il molino aziendale e partecipato alla tradizionale trebbiatura a Castiglione Messer Raimondo.

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