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(hidden) Venice Venezia, 8-9-10 novembre 2013 Prova a fotografare, in modo originale, Venezia, la città più fotografata al mondo e fatti aiu- tare a cogliere alcuni dei suoi lati nascosti come il Ghetto ebraico o il quartiere Castello. Giuseppe Andretta è un fotografo, stampatore fine art e istruttore certificato Adobe, conosce bene Venezia e ti guiderà nei luoghi più insoliti, avendo cura di spiegarti le sue tecniche e come, per esempio, lui stesso sta affrontando i suoi progetti fotografici nella città lagunare. Inoltre ti aiuterà nella selezione e post produzione delle tue immagini migliori, spiegandoti, in aula, le sue tecniche con Lightroom 5 e come applica la correzione ai suoi scatti in bianco e nero. Infine ti ospiterà un’intera giornata presso il suo studio, vicino a Venezia, per mostrarti, ed insegnarti praticamente sulle tue foto, le sue tecniche di finitura delle stampe. www.giuseppeandretta.it fotografia | stampa fine art | post produzione in bianco e nero Black & White P hotography 2- Due giorni guidati a fotografare una Venezia che non avevi mai visto! 1- Un corso su Adobe Photoshop Lightroom 5 2- Due notti a Venezia con prima colazione 1- Una giornata intera in uno studio di stampa Fine Art 3- Tre delle tue migliori fotografie stampate in bianco e nero da Giuseppe Andretta Raccogli la sfida!

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Prova a fotografare, in modo originale, Venezia, la città più fotografata al mondo e fatti aiu-tare a cogliere alcuni dei suoi lati nascosti come il Ghetto ebraico o il quartiere Castello.

Giuseppe Andretta è un fotografo, stampatore fine art e istruttore certificato Adobe, conosce bene Venezia e ti guiderà nei luoghi più insoliti, avendo cura di spiegarti le sue tecniche e

come, per esempio, lui stesso sta affrontando i suoi progetti fotografici nella città lagunare.

Inoltre ti aiuterà nella selezione e post produzione delle tue immagini migliori, spiegandoti, in aula, le sue tecniche con Lightroom 5 e come applica la correzione ai suoi scatti in bianco e

nero. Infine ti ospiterà un’intera giornata presso il suo studio, vicino a Venezia, per mostrarti, ed insegnarti praticamente sulle tue foto, le sue tecniche di finitura delle stampe.

www.giuseppeandretta.it

fotografia | stampa fine art | post produzione in bianco e nero

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2- Due giorni guidati a fotografare una Venezia che non avevi mai visto!1- Un corso su Adobe Photoshop Lightroom 52- Due notti a Venezia con prima colazione1- Una giornata intera in uno studio di stampa Fine Art3- Tre delle tue migliori fotografie stampate in bianco e nero da Giuseppe Andretta

Raccogli la sfida!

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Programma dettagliato

Giorno 1 - Venezia, alla scoperta del Ghetto Ebraicoh 9.00 - Arrivo a Venezia/Mestre e sistemazione in Hotel, breve presentazione ed introduzione al corso.h 11.00 - Ritrovo presso il Ponte delle Guglie. Giro guidato e riprese libere fino al pranzo.h 13.00 - Ritrovo presso GAM GAM restaurant presso il Ghetto ebraico (incluso nel prezzo)h 15.00 - Riprese libere h 17.30 - Ritrovo in hotelh 18.00 - Lightroom 5: la gestione del progetto fotografico. Un paio d’ore per imparare a gestire le fotogra-fie e l’archivio digitale.Cena liberaSerata libera con riprese notturne facoltative.

Giorno 2 - Venezia alternativah 9.00 - Ritrovo all’imbarcadero di Sacca Fisola, isola della Giudecca e vaporetto fino ai Giardini della Bi-ennale. (NB: tutti i biglietti delle corse in vaporetto, 7€ cad., sono inclusi nel prezzo e i biglietti, onde evitare file, sono già acquistati)h 10.00 - Passeggiata lungo l’isola della Giudecca e riprese libere con visita al Mulino Stucky e facoltà di fotografare dalla terrazza.h 13.00 - Pranzo libero alla Giudeccah 14.00 - Ritrovo all’imbarcadero delle Zattere, circa a metà dell’isola della Giudecca e vaporetto fino ai Giardini della Biennale, passando in barca davanti a San Marco h 14.30 - Arrivo ai Giardini della Biennale. Possibilità di visitare in autonomia l’esposizione (biglietto non incluso) oppure passeggiata lungo il Sestriere Castello, l’Arsenale e l’isoletta di San Pietro; zone fuori dai classici itinerari turistici.Rientro in Hotel verso le 18 e lezione di Lightroom sulla post produzione del bianco e neroCena libera

Giorno 3 - La stampa Fine Arth 10.00 - Ritrovo presso lo studio Color Connection, a Castelfranco Veneto (TV)h 10.30 - Lezione in aula di Lightroom 5 sul modulo sviluppo e, in particolare sulla gestione del bianco e nero. Si affronteranno anche i temi dell’editing e delle presentazioni dell’immagine e verranno mostrate alcune stampe fine art finite.h 13.30 - Pranzo veloceh 14.30 - Lezione sulla stampa fine art: le carte, le tecniche e gli inchiostri. Presentazione del proprio lavoro e stampa delle foto migliori.h 18.30 - Consegna delle stampe e conclusione del corso

Come arrivare

A Venezia ci si può arrivare in treno, stazione di Venezia S. Lucia, oppure in auto e parcheggiare a Piazzale Roma/Tronchetto. Da Mestre a Venezia P.le Roma ci sono servizi di autobus regolari. Per chi vuole arrivare in auto, risulta economico lasciarla parcheggiata gratuitamente nella stazione di Castelfranco Veneto. Si va a venezia in treno comodamente e si riparte domenica da Castelfranco veneto in auto alla fine del workshop.

A Castelfranco Veneto si arriva comodamente in treno, 50 min. circa da Venezia con treni ogni ora, più o meno. Oppure in auto. Lo studio di Color Connection è proprio nella piazza centrale del paese, Piazza Giorgione, al civico 55.

Per chi arriva in auto può essere conveniente parcheggiare gratuitamente in stazione a Castelfranco Veneto (dove terminerà il corso) e raggiungere Venezia in treno il venerdi mattino. La domenica si ritorna da Venezia a Castelfranco per la stampa fine art e, finito il cors, può ripartire direttamente in auto da Castel-franco.

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Prezzi

Prezzo cliente New Old Camera ALL INCLUSIVE* € 699,00 IVA incl(Acquistabile SOLO tramite New Old Camera)Prenotazione ‘standard’ dal 1 ottobre 2013 € 699,00 IVA inclPrenotazione ‘standard’ dal 1 ottobre 2013 € 399,00 IVA incl

Possono richiedere un codice sconto (che da diritto al prezzo bloccato a € 649,00) i clienti New Old Cam-era, iscritti Hasselblad Bulletin, iscritti Newsletter di Color Connection, iscritti mailing list X-Rite Pantone.

Per richiedere il codice sconto scrivi a: [email protected]

Il prezzo comprende:Pernottamento a Venezia con prima colazioneBiglietti del vaporetto per gli spostamenti in programmaIl pranzo al ristorante GAM GAM nel Ghetto ebraicoIl workshop guidato e le lezioni col docente in aula presso l’hotel3 stampe f.to 35x50 cm stampate su carta fine art con Epson 4900*Pranzo in una trattoria tipica alla Giudecca (2’ giorno)*Biglietti del vaporetto per gli spostamenti in programma*Biglietti treni Venezia- Mestre A/R e Venezia - Castelfranco V.to A/R* Il pacchetto ALL INCLUSIVE è riservato ai clienti New Old Camera e contiene 50€ di valore aggiunto.

Il prezzo non comprende:Il viaggio verso e da Venezia e Castelfranco VenetoTransfer dalla stazione all’hotelPranzi e cene (ad eccezione di quello al Ghetto)Biglietti di ingresso ad eventuali chiese, musei o esposizioniTutto quanto non espressamente elencato in: ‘Il prezzo comprende’

Come prenotare

Per prenotare ed acquistare il biglietto vai sul sito:veneziainbiancoenero.eventbrite.itI clienti NOC devono acquistare il biglietto ALL INCLUSIVE SOLO presso New Old Camera, MilanoPer ulteriori informazioni: [email protected]

Cosa portare

Per la ripresaÈ necessario avere con se la propria attrezzatura fotografica in quanto in workshop prevede fasi di ripresa in esterni ed interni. Vi consigliamo un’attrezzatura e un abbigliamento comodo e leggero per le lunghe passeggiate.Per le lezioni in aulaÈ indispensabile avere con se il computer portatile con il software installato per seguire le lezioni su Light-room e/o un lettore di schede in uso nella propria fotocamera.Per la stampa Fine ArtÈ utile una chiavetta USB per mettere i file da stampare assieme a Giuseppe e un block notes per gli ap-punti.

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Alcune informazioni sul docente e sui luoghi del workshop

Giuseppe Andretta

È appassionato di fotografia da oltre trent’anni e ha iniziato a lavorare, a fine anni ‘80, come stampatore analogico in camera oscura. Fino al 2004 ha stampato in digitale fondando, assieme a due soci, un service di stampa fine art. Da oltre 10 anni si occupa di fotografia e formazione sui software Adobe; dal 2004 è un Istruttore certificato in Adobe Photoshop. La sua capacità didattica è provata da anni di insegnamento nelle scuole di fotografia, come lo IED a Milano, e associazioni di settore o durante le principali manifes-tazioni fotografiche

Collabora attivamente, come consulente esterno, per importanti aziende come Nikon, Hasselblad, X-Rite Pantone ed Epson; scrive articoli tecnici ed è beta tester di software dedicati alla fotografia e gestione del colore. Sta seguendo alcuni personali progetti fotografici su Venezia, uno, in corso, visibile sul suo sito:

www.giuseppeandretta.it

Alla scoperta del Ghetto Ebraico

Una città nella città, con le sue cinque sinagoghe, il museo e le altissime case. L’antico quartiere ebraico di Venezia e le sue particolarità, vi faranno da sfondo alle vostre riprese fotografiche.Tra i suoi tanti primati Venezia vanta quello del più antico e meglio conservato fra i quartieri ebraici del Vecchio Continente, nato nel 1516 in seguito alle disposizioni del Governo della Serenissima, che confina-va gli ebrei in una zona circoscritta della città. Ne fa fede la genesi genuinamente veneziana del termine ‘ghetto’, derivante da ‘getto’ e riferito alle fonderie che sorgevano nella zona d’insediamento medievale dei primi ebrei tedeschi, cui si deve la trasformazi-one gutturale della parola. Il quartiere si stende nel sestiere di Cannaregio, non distante dalla stazione ferroviaria, al margine degli itinerari turistici più frequentati. L’atmosfera d’altri tempi e l’inconfondibile fisionomia della zona, con calli e campielli bordati da case altissime e fatiscenti, è uno dei motivi che ne fanno una visita da non perdere. Camminando tra le sue calli e i suoi campielli vi accorgerete che il quartiere conserva ancora un piccolo centro di vita ebraica, con i suoi  Il punto di partenza dell’itinerario e punto di riferimento per la visita guidata dei monumenti del Ghetto è il Museo Ebraico, dotato di un sito internet ricco di informazioni storiche e pratiche, e di una mappa del ghetto. www.museoebraico.it

È’ un museo sorprendente per come riesce a condensare in uno spazio così misurato secoli di storia della comunità ebraica di Venezia. La raccolta prende in considerazione innanzitutto gli oggetti legati al culto e alle festività ebraiche, dallo Shabbat, il giorno dedicato alla preghiera, a Pesaq, la Pasqua ebraica. Al centro dell’attenzione è il Rotolo della Legge (Sefer Torah) con il corredo che lo riguarda: la sacra pergamena, infatti, è rivestita da un manto (Meil) e sormontata da una corona (Ataràh); viene custodita nell’Aron Ha Kodesh (letteralmente, Arma-dio della Santità), le cui porte sono addobbate da drappi in raso e seta (Parokhet); viene letta con l’ausilio di asticciole d’argento lavorato, terminanti con una piccola mano (Yad). Non mancano cimeli curiosi, come i contratti nuziali (Ketubboth), sotto forma di pergamena manoscritta e colorata a tempera, con le norme per la tutela della donna in caso di scioglimento del matrimonio, ammes-so dalla tradizione ebraica. Nel pratico, il museo è il punto di riferimento per la visita delle sinagoghe e del cimitero ebraico del Lido.

Visitate le tre splendide sinagoghe che si trovano nel Campo del Ghetto Novo, accanto al Museo per poi proseguire verso le altre due, nel Campiello delle Scuole, nel Ghetto Vecchio.

Nel 1719 nel ghetto di Venezia vi erano ben nove sinagoghe, al servizio delle tre ‘nazioni’ compresenti - To-desca, Levantina e Ponentina - approdate in città nei secoli, a mano a mano che gli ebrei venivano espulsi

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dalle terre d’origine. Singolare è il fatto che nel glossario cittadino al termine ‘sinagoga’ si sia preferito quel-lo di ‘scuola’, coniato in origine per gli edifici di culto delle confraternite cristiane. Un’altra caratteristica peculiare delle sinagoghe veneziane è la pianta rettangolare, con arca santa e podio che si fronteggiano sui lati minori mentre i banchi sono allineati su quelli maggiori. Alle pareti, citazioni bibliche in ebraico; carat-teristici, gli arredi, con lumiere in ottone e argento, e gran profusione di tessuti preziosi e tendaggi rossi. Nel Campo del Ghetto Nuovo restano oggi  tre sinagoghe, fondate nel 500, celate dietro facciate di edifici preesistenti: la Scuola Grande Tedesca, la Scuola del Canton e la Scuola Italiana. Nel campiello delle Scuole, al centro del Ghetto Vecchio, se ne trovano altre due, la Scuola Levantina e la Scuola Spagnola, d’analoga fondazione ma riprese con un certo sfarzo architettonico nel Seicento.

La cucina degli Ebrei Veneziani

La cucina ebraica ruota attorno al concetto di cibo kashèr, ovvero ‘adeguato’, secondo i dettami della Torah applicati nel quotidiano dal rabbino. Motivazioni di vario genere, senza poter entrar nel dettaglio, com-portano la messa all’indice del maiale, com’è risaputo, ma anche del coniglio e dell’anguilla, di crostacei e molluschi in genere, della carne in genere cotta nel latte e nei suoi derivati, panna e burro. Questo vale in assoluto, ma Venezia fa caso a sé perché in nessun altro luogo del mondo si è verificata una tale sovrappo-sizione di usanze. Nel ghetto la sobria cucina degli ebrei ashkenaziti, giunti dalla Germania, si incrocia con quella esuberante dei sefarditi, originari dalla Francia meridionale e dalla Spagna, senza contare il contributo dei levantini e di tante altre eterogenee presenze legate ai commerci marittimi. Il piatto simbolo della cucina ebraica veneziana sono le sarde ‘in saor’, un agrodolce nel quale l’aceto l’aceto e la cipolla si sposano all’uvetta e ai pinoli - ma molte altre sono le specialità di questo particolarissimo filone etnico.

L’isola della GiudeccaDa Wikipedia, l ’enciclopedia libera.

La Giudecca (Giudèca in dialetto veneziano, anticamente Zudèca e Zuèca) è un’isola (o, meglio, un insieme di otto isole collegate tra loro) posta a sud del centro storico di Venezia. Si affaccia sull’omonimo canale della Giudecca, di fronte al sestiere di Dorsoduro, di cui l’isola fa parte dal punto di vista amminis-trativo.Alla Giudecca vera e propria si è aggiunta in tempi recenti Sacca Fisola (1.458[1] abitanti), un’isola posta all’estremità occidentale ottenuta bonificando parte della Laguna.Situata a sud rispetto al resto della città, ne costituisce una zona residenziale piuttosto tranquilla e priva di eccessiva presenza turistica. La lunga banchina situata a nord, rivolta verso la città, forma un viale sul quale è molto piacevole passeggiare e che offre meravigliose viste sulla città lagunare.

Architetture religioseSu questa isola, tra il 1577 e il 1592, venne eretta la chiesa del Redentore su progetto del Palladio. Questo monumento religioso fu un segno di ringraziamento per la fine della terribile pestilenza che nel 1576 causò la morte di un terzo della popolazione cittadina, fra cui lo stesso doge Sebastiano Venier; ancor oggi risulta essere il fulcro della Festa del Redentore.L’interno della chiesa del Redentore è pregevole e ricco di dipinti dei maggiori pittori veneziani. Nella sagrestia vi sono dipinti di Paolo Veronese. La migliore vista d’insieme di questa pregevole chiesa tardo-ri-nascimentale si può avere dalla Fondamenta delle Zattere, ovvero la lunga banchina a sud del sestiere di Dorsoduro.

Architetture civili Sull’estremità occidentale dell’isola sorge il neogotico Molino Stucky, costruito nel 1895 dal conte Giovan-ni Stucky. Troppo costoso da mantenere, cadde in disuso nel 1955. Rilevato dal gruppo Acqua Pia Antica Marcia, dal 2007 è adibito a centro congressi e hotel della catena Hilton.Sulla punta opposta dell’isola sorge invece l’Hotel Cipriani, una delle residenze veneziane più lussuose, non molto lontano dal quale si vede la caratteristica facciata della Casa dei Tre Oci, palazzo neogotico, di cui sull’isola è presente anche un altro esempio nel complesso di Villa Herriot, rivolto verso la laguna.

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Il Molino Stucky

Il molino Stucky fu costruito nel 1895 per iniziativa di Giovanni Stucky, imprenditore e finanziere di nob-ile famiglia svizzera, il cui padre si era spostato nel Veneto con un’italiana della famiglia Forti. La proget-tazione dell’imponente complesso fu affidata all’architetto Ernst Wullekopf, che realizzò uno dei maggiori esempi di architettura neogotica applicata ad un edificio industriale.L’edificio colpisce per le sue proporzioni anomale rispetto a quelle delle tradizionali architetture veneziane presenti su entrambe le sponde del Canale della Giudecca.

L’idea originale di istituire un mulino nella laguna veneta venne a Giovanni Stucky intorno alla metà dell’Ottocento in seguito allo studio del funzionamento di diversi mulini in paesi esteri. In base a tali studi, l’imprenditore decise di sfruttare il canale veneziano per un veloce trasporto via acqua del grano da destin-are al mulino dell’isola di Giudecca.

L’impianto modello - dotato di illuminazione elettrica alimentata a gas - dava lavoro, a pieno regime, a millecinquecento operai impegnati in turni che coprivano l’intera giornata ed era in grado di macinare, nel periodo di maggiore funzionalità, 2.500 quintali di farina al giorno[2].Nel 1895 il complesso preesistente sul quale il mulino sorgeva fu ampliato su progetto dell’architetto Wullekopf e suddiviso due distinte aree: una - maggiore e a sviluppo verticale - includeva il mulino, i maga-zzini e i silos nonché gli uffici; una seconda - costituita da edifici più bassi - ospitava il solo pastificio. Fu allora che assunse le sembianze attuali.

Wullekopf volle dotare l’edificio della classica e caratteristica facciata neo-gotica con impresso il nome del proprietario del mulino sormontato da un gigantesco orologio, un prospetto diventato da allora un simbolo dell’architettura industriale in Italia.

L’inizio della decadenza del Molino Stucky - che fu anche adibito a pastificio - ebbe inizio a partire dagli anni 1910, fino alla irreversibile chiusura avvenuta nel 1955 dopo un lungo periodo di crisi e una tribolata vicenda sindacale (lo stabilimento fu occupato per un mese dai cinquecento dipendenti).Rilevata nel 1994 dalla società Acqua Pia Antica Marcia (gruppo Acqua Marcia), l’antica area industriale è stata posta quattro anni dopo sotto la tutela della Sovrintendenza alle Belle Arti. Lasciandone inalterata l’architettura neo-gotica, è stata poi sottoposta ad uno dei maggiori restauri conservativi d’Europa riguar-danti direttamente un antico opificio.

La fine delle traversìe dell’antico complesso è giunta a metà degli anni 2000 con la stipula di una partner-ship economico-finanziaria fra Acqua Marcia e la catena di alberghi Hilton,[3] in base alla quale l’area è stata destinata a complesso immobiliare dotato di residence, centro congressi e sede alberghiera capace di 379 stanze, ristorante e piscina panoramici, una sala convegni da duemila posti. Il complesso ha avviato l’operatività nel giugno 2007.

Il 15 aprile 2003, quando i lavori di ristrutturazione erano già in corso, il Molino Stucky è stato colpito da un vasto incendio che ha distrutto l’intera parte centrale dello stabile, danneggiato in particolare la torre, la piccola loggia e il cappello - ovvero il punto più alto dello stabile - nonché il prospetto laterale della struttu-ra, la parete est, quasi interamente crollata nel rio sottostante.L’incendio è stato domato dopo intense ore di lavoro da parte dei Vigili del fuoco, giunti con due grandi motobarche e due elicotteri per l’opera di controllo e spegnimento, contrastata dal forte vento e resa comp-lessa dalle grandi dimensioni dell’edificio.

Castello (sestiere di Venezia)Da Wikipedia, l ’enciclopedia libera.

Il sestiere di Castello è il più esteso e il secondo per popolazione della città. Paragonando Venezia ad un pesce, come nel libro di Tiziano Scarpa, Castello può rappresentarne la “coda”, essendo posto all’estremità est della città e vista la sua forma stretta prima quindi allargata e biforcuta infine.

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Esso è dunque una penisola e confina a nord-ovest con il sestiere di Cannaregio nel tratto compreso fra le Fondamente Nove e Campo Santa Marina, e a sud-ovest con il sestiere di San Marco nel tratto compreso fra la Parrocchia di San Lio e Piazza San Marco.

Uno dei ponti che uniscono Castello col sestiere di San Marco è il ponte della Paglia che mette in comu-nicazione il molo della Piazzetta San Marco con la Riva degli Schiavoni, scavalcando il Rio di Palazzo (adiacente al Palazzo Ducale).

Il sestiere di Castello è collegato a quello di Cannaregio tramite il ponte dei Santi Giovanni e Paolo che, di fronte all’omonima basilica, scavalca il Rio dei Mendicanti a pochi passi dal monumento a Bartolomeo Colleoni del Verrocchio.

Castello è anche l’unico dei sestieri veneziani a non affacciarsi sul Canal Grande. Il nome del sestiere deriva da una fortificazione presente nel primo medioevo sull’Isola di Olivolo, oggi isola di San Pietro di Castello. Qui si trova la Basilica di San Pietro di Castello sede vescovile fino al 1807, anno in cui Napoleone la tras-ferì nella Basilica di San Marco, fino allora cappella del Doge ed usata solo per eventi speciali.All’inizio della sua storia era diviso nelle due isole Gemine e l’Isola di Olivolo, unite in seguito a costituire il sestiere attuale.

Di grandissima importanza per la storia della città la Chiesa di San Zaccaria di Venezia, luogo di attentati a vari dogi prima dell’anno mille, posta alle spalle di Piazza San Marco. A nord la Basilica dei Santi Giovan-ni e Paolo, accoglie le tombe di numerosi dogi fra cui Nicolò Marcello, Pietro Mocenigo, e di Andrea Vendramin.Rivestiva un’importanza letteralmente vitale per la Serenissima l’Arsenale di Venezia, ora di proprietà della Marina Militare, centro strategico della sua potenza e importantissima fabbrica di navi. Questo enorme complesso, di cui una parte fu progettata e realizzata dal Sansovino, occupa una porzione significativa del sestiere e all’incirca un sesto dell’intera superficie del nucleo cittadino insulare.

Nel lato rivolto verso la parte sud della laguna si trova la Riva degli Schiavoni, che prende il nome dai mercanti della Dalmazia, allora chiamata Schiavonia, che qui ormeggiavano le loro navi e svolgevano i loro commerci.

Nel corso del XX secolo durante il ventennio fascista vennero demoliti i cantieri navali che si affacciavano nel tratto compreso tra Via Garibaldi e i Giardini della Biennale per realizzare un prolungamento ideale della Riva degli Schiavoni, chiamato originariamente Riva dell’Impero. Oggi questo tratto si chiama Riva dei Sette Martiri, a ricordo di un tragico episodio di rappresaglia contro i partigiani da parte delle truppe di occupazione tedesca avvenuto proprio in questo punto durante la Seconda guerra mondiale.

In questo sestiere si trovavano due Scuole: la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni e la Scuola Grande di San Marco. Quest’ultima fu riadattata da Napoleone in Ospedale militare ed è tuttora la sede dell’Osped-ale Civile cittadino dei Santi Giovanni e Paolo, così chiamato perché si appoggia alla basilica omonima.

L’isola di San Pietro di Castello

L’isola di San Pietro di Castello (San Piero de Casteo in veneziano) è un isolotto posto all’estremità orien-tale del centro storico di Venezia e compreso nel sestiere di Castello.Anticamente nota come Olivòlo (forse perché vi si coltivavano ulivi, o per la forma che ricorda vagamente quella di un’oliva), rappresentò con Rialto e altri isole minori uno dei primi insediamenti della Laguna Veneta ed ebbe una propria diocesi, in seguito trasformata nel Patriarcato di Venezia.Anche dopo la formazione dell’attuale Venezia, rimase a lungo separata dal resto della città dall’ampio canale di San Pietro. A partire dall’Ottocento i collegamenti sono assicurati da due ponti di legno: il ponte di San Pietro e il ponte di Quintavalle, di recente rimodernati.Vi si trova la Chiesa di San Pietro di Castello.

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Arsenale di VeneziaDa Wikipedia, l ’enciclopedia libera.

L’Arsenale di Venezia costituisce una parte molto estesa della città insulare e fu il cuore dell’industria navale veneziana a partire dal XII secolo. È legato al periodo più florido della vita della Serenissima: grazie alle imponenti navi qui costruite, Venezia riuscì a contrastare i Turchi nel Mar Egeo e a conquistare le rotte del nord Europa.

L’Arsenale di Venezia ha anticipato di secoli il moderno concetto di fabbrica, intesa come complesso produttivo in cui maestranze specializzate eseguono in successione le singole operazioni di assemblaggio di un manufatto, lungo una catena di montaggio e utilizzando componenti standard. Rappresenta l’esempio più importante di grande complesso produttivo a struttura accentrata dell’economia preindustriale. La su-perficie si estendeva su un’area di 46 ettari, mentre il numero di lavoratori (gli Arsenalotti) raggiungeva, nei periodi di piena attività produttiva, la quota media giornaliera di 1500-2000 unità (con un picco di 4500-5000 iscritti al Libro delle maestranze), cioè dal 2% fino al 5% dell’intera popolazione cittadina dell’epoca (circa 100.000 abitanti).

Gli ampi locali delle Corderie dell’Arsenale sono attualmente utilizzati come una delle sedi espositive della Biennale di Venezia, oltre che per alcune attività di piccola cantieristica ed altre attività minori.Il termine Arsenale, in uso nell’italiano moderno, deriva dall’arabo daras-sina’ah, cioè “casa d’industria”. Il termine, noto ai Veneziani tramite i loro frequenti contatti commerciali con l’Oriente, sarebbe passato al veneziano darzanà, poi corrotto nel tempo nella forma arzanà, citata anche da Dante nell’Inferno, quindi, attraverso arzanàl e arsenàl, alla forma finale di arsenàle.La forma darzanà e poi dàrsena è invece rimasta ad indicare gli specchi d’acqua interni dell’Arsenale, e da tale uso è derivato il significato odierno del termine darsena.Per l’Arsenale di Venezia non esiste una data di fondazione: la notizia che lo volle fondato ai primi del XII secolo, nel 1104, dal doge Ordelafo Faliero, per l’esigenza di dare maggiore sviluppo alla cantieristica, un’attività strategica per la Serenissima, è derivata da una falsa medaglia commemorativa realizzata nel XIX secolo.

L’ubicazione dell’area, compresa tra le zone conventuali di San Pietro di Castello e la parrocchia di San Giovanni in Bragora (Darsena Vecchia), fu decisa sia per motivi strategici (difesa contro eventuali attacchi nemici) che logistici (qui si trovava il punto di arrivo del legname proveniente dal Cadore). Il primo nucleo, documentabile fin dagli inizi del XIII secolo, è costituito da due file di squeri ai lati della Darsena Vecchia. Vi si può accedere dal Bacino di San Marco solo attraverso uno stretto canale.

All’inizio del Trecento, in seguito alle aumentate esigenze navali della città, fu aggiunto il “Lago di S. Dan-iele” (annesso all’omonimo monastero) e costruito l’Arsenale Nuovo (la Darsena Nuova), raggiungendo così un’estensione di 138.600 m² In seguito fu aggiunta la Stradal Campagna sulla quale sorsero le attuali Fonderie, le Officine dei remi, le Corderie della Tana e il Reparto artiglieria.

Con la caduta di Costantinopoli (1453) e la conseguente minaccia turca nel Mediterraneo, vennero erette la monumentale Porta di Terra o porta da tera[2], che alludeva al ruolo di Venezia quale baluardo della cristianità, e le due torri che affiancano la porta ad acqua, poi ricostruite nel Seicento. Il portale d’ingresso di terra fu costruito sulla base degli archi di trionfo romani, ed è il primo esempio di arte rinascimentale nella città.

A partire dal 1473 fino al 1570 è la terza grande fase di sviluppo, nella quale furono apportati gli ultimi ampliamenti, con la realizzazione di residenze esterne per i lavoratori, di forni pubblici e di magazzini per i cereali (la Darsena Nuovissima) e delle Galeazze, il che portò l’Arsenale a coprire una superficie di quasi 24 ettari. Di particolare interesse per i suoi caratteri architettonici è lo Squero delle Gagiandre, eretto nel 1570 ed attribuito a Jacopo Sansovino.

In una nuova area, detta Tana, sorsero le corderie, dove venivano prodotte a livello industriale le funi navali, bene prezioso nell’antichità, al più basso costo possibile, con il vantaggio di rimanere indipendenti da terzi in caso di guerra. La materia prima (la canapa, usata anche per il calafataggio degli scafi) proveniva

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prevalentemente dalla foce del fiume Don, sul Mar d’Azov, dove i Veneziani avevano stretto importanti accordi commerciali. Il sistema garantiva l’assenza di scarti: le corde uscivano dalla corderia attraverso dei fori, per poi essere tagliate della misura richiesta, anziché essere confezionate in lunghezze standard. Ciò garantiva un buon risparmio alla Repubblica e contemporaneamente consentiva di vendere alle navi stra-niere in transito le funi ad un prezzo inferiore a quello dei concorrenti.

In questi tre secoli, sempre circondato da un alone di segretezza, l’Arsenale produsse le galee e le grandi galeazze, che determinarono la vittoria della cristianità nella Battaglia di Lepanto del 1571, e divenne il fulcro dello sviluppo veneziano.

Nel periodo della prima occupazione francese (1797-1798), Napoleone mise fuori uso tutte le navi presenti nell’Arsenale, tranne quelle che avrebbero preso parte alla guerra assieme alla flotta francese, e licenziò tut-ti i 2000 arsenalotti; abolì inoltre ogni distinzione tra marina mercantile e marina da guerra. I napoleonici poi mutarono radicalmente l’organizzazione dell’Arsenale, perché ormai difficilmente agibile, e aprirono il canale di Porta Nuova affiancandovi la torre omonima.

L’Arsenale fu in parte riassestato tra il 1798 ed il 1806, durante il primo governo austriaco.Il successivo governo napoleonico del Regno d’Italia, di cui Venezia entrò a far parte, apportò alcune modi-fiche sul piano strutturale, per rimetterlo in attività e nell’ottica di aumentarne la produttività.Nel 1814 con la caduta del Regno d’Italia Venezia e l’intero Veneto tornarono all’Impero d’Austria e l’arse-nale divenne il più importante della Marina Imperiale Austro-Veneziana.

Il quarto e ultimo grande sviluppo si colloca però tra il 1876 e il 1909 dopo che nel 1866 in seguito alla ter-za guerra di indipendenza Venezia era entrata a far parte del Regno d’Italia, che voleva riproporre l’Arse-nale come importante base navale nell’alto Adriatico. Venezia era infatti stata scelta dal governo come base principale delle flotta adriatica a scapito di Ancona, sede precedente della marina adriatica. Durante questa fase all’arsenale si aggiunse l’area nuova del piazzale dei Bacini e le aree vecchie dei tre conventi soppressi di S. Daniele, delle Vergini e della Celestia. Importante fu l’opera progettuale di Giuseppe Morando, allora direttore del Genio militare di Venezia[3]. A seguito di vari progetti per consentire il movimento delle navi, furono scavate le strutture preesistenti fra la Darsena Nuova e la Nuovissima realizzando, al loro posto, l’attuale Darsena Grande. Contemporaneamente, per evitare la sommersione, il livello del terreno fu leggermente elevato (di circa 70 cm).

Negli anni successivi l’Arsenale si avviò ad un lento declino, ormai incapace di soddisfare le enormi esi-genze delle moderne forze navali, fino al suo parziale abbandono. In anni recenti si è comunque cercato di ridare importanza all’Arsenale, inserendovi alcune attività culturali e ponendo il problema del suo recupe-ro, che in ogni caso risulta problematico data la vastità dell’area.

Nel 2003 nasce, su iniziativa dell’Agenzia del Demanio e del Comune di Venezia, La Società Arsenale spa con l’obiettivo di farlo rivivere, promuovendo, attivando e gestendo importanti progetti di valorizzazione.Nell’agosto 2012 il compendio costituente l’Arsenale di Venezia, con esclusione delle porzioni utilizzate dal Ministero della difesa per i suoi specifici compiti istituzionali, in ragione delle caratteristiche storiche e ambientali, è trasferito in proprietà al Comune di Venezia, che ne assicura l’inalienabilità, l’indivisibilità e la valorizzazione attraverso l’affidamento della gestione e dello sviluppo alla Società Arsenale di Venezia SpA.