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Vi annunzio una grande gioia, che - Parrocchia Buon Pastore · grande mosaico dell’unità, non attraverso gesti eclatanti e sterili ma mediante azioni ... Nelle società umane i

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11 Ottobre 1962 CONCILIO VATICANO II

...centinaia

di guerre nel

mondo con

armamenti

sempre più costosi

Comunismo e anticomunismo LA PACE … e la giustizia? DUE GUERRE

IL dio

PETROLIO

E LE NUOVE

GUERRE

LA FEDE

LA CUSTODIA

DEL CREATO

LA CH

IESA D

EL

GR

EMB

IULE

FAMIGLIA DIVORZIO

CONTROLLO DELLE NASCITE

PAESI RICCHI E PAESI POVERI:

LA FAME E LA SETE

LAICITA’ E LAICI

EVANGELIZZAZIONE E NUOVA

EVANGELIZZAZIONE

LE COMUNICA-

ZIONI SOCIALI

DIALO

GO

ECU

MEN

ICO

E

INTE

RRELIG

IOSO

I PRETI

OPERAI

11 Ottobre 2012

SOMMARIO

Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo 1-2 Ecumenismo e Concilio Vaticano II 3 Dal carrello della spesa… ai valori 4-5 Un regalo nuovo per Natale 2012? 6 Natale con Rosaria 6 Il viaggio di Vittorio 7 A voi la penn@ 7-8 Il mio Magnificat… 8

S ono le parole con le quali l’angelo si

rivolge ai pastori: sono le parole che Dio rivol-ge all’umanità che ve-glia, quindi anche noi. Ma qual è questa gioia così grande, che abbia-mo atteso per tutto l’Avvento?

Nel silenzio della not-te, un bambino viene al mondo, e Dio entra nella storia dell’uomo in punta di piedi. Sce-glie un momento che a

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Vi annunzio una grande gioia, che

sarà di tutto il popolo

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noi sembra il meno oppor-tuno. Nessuno di noi avrebbe cominciato di qui.

Sceglie la notte, il mo-mento della tenebra, quello in cui la luce sem-bra essere lontana e la speranza si fa più lieve. Sceglie l’epoca del censi-mento, momento in cui l’oppressione romana arri-va alla beffa: il dominato-re conta la discendenza di Abramo, che Dio aveva promesso sarebbe stata incalcolabile, come le stelle di quel cielo nottur-no che brilla su Betlem-me. Sceglie il momento in cui Maria e Giuseppe sono lontani da casa, in un po-sto fuori mano, dove nes-suno può venire a sapere che il Messia è nato.

Eppure, questo è il momento opportuno, per noi!

Dio non sceglie per sé, sceglie per noi: un Dio che viene a portare luce nelle nostre te-nebre, che viene a risollevare la nostra spe-ranza, che viene ad abitare con noi fin nei punti della nostra vita più lontani da Lui.

Chi può cogliere questo momento? Il vangelo di Luca narra che i soli ad essere avvertiti di questo evento straordinario sono appunto i pastori. Perché solo loro?

Dio sceglie coloro che vegliano, perché ve-glia chi non si accontenta, chi fa le cose sul serio, chi è chiamato a prendersi cura: sono le famiglie con genitori anziani a carico, i genitori che hanno a cuore il futuro dei loro figli, i giovani che lottano per un futuro mi-gliore. Veglia anche chi vive ai margini, chi è umile, povero, a volte disperato. Questo so-no i pastori, e misteriosamente diventano loro i primi testimoni dell’ingresso di Dio nel mondo, perché sia chiaro che il Messia è ve-nuto a cercare e trovare chi era perduto. Il Natale non è la festa di chi si sente speciale, non è la festa di chi sta bene. Natale è la festa di chi sa di non avere la coscienza a posto, di chi sa di avere bisogno di cambiare, di chi sa di avere bisogno di un Dio che viene per salvare la sua esistenza.

Come amava ricordare don Tonino Bello, Ge-sù è nato in un posto scomodo, e Natale non

può che essere una festa scomoda: anzitutto per noi, che ci siamo preparati ad accogliere Dio. L’avvento ci insegna che Dio viene in un modo che non ci aspettiamo, il Natale ce lo dimostra: questo avviene anche nella nostra vita, ogni giorno. Dobbiamo anche noi essere come i pastori, vigilanti, capaci di riconosce-re quello che siamo, per poter accogliere quell’annuncio.

Non solo: l’angelo afferma che la gioia an-nunciata ai pastori “sarà di tutto il popolo”. Se la gioia del Natale è qualcosa che rimane solamente a noi, che non siamo capaci di do-nare agli altri, allora non stiamo vivendo ap-pieno la missione dei pastori. Questi se ne andarono dalla grotta lodando e glorificando Dio.

Anche noi, allora, dobbiamo scomodarci due volte: la prima per andare fino alla mangia-toia e dare compimento alla nostra attesa; la seconda per andare via da quel posto glorifi-cando Dio. Il presepe è una metafora del no-stro vivere cristiano, che è un avvicinarsi sempre più al mistero di un Dio fatto uomo ed un cantare la sua lode per questa meravi-glia operata per noi e per tutti. E forse an-che noi possiamo diventare, da oggi, un po’ come angeli, annunciatori della grande gioia che è per tutti: “oggi è nato il Salvatore”.

Don Francesco Micunco

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Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo

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L ’ecumenismo ha apporta-to, in seno al Concilio Vati-

cano II, sguardi e prospettive nuove, un forte impulso, un deciso cambio di mentalità operando serie riflessioni e interrogativi che capovolge-ranno, completamente, la concezione dominante di quel determinato momento storico.

Il movimento ecumenico ha spalancato, però, i battenti delle comunità, della parrocchia, della stessa Chiesa abbattendo pregiudizi, cliché, strut-ture fisse ormai antiche e inadeguate.

Ha introdotto, così, un respiro universale ca-pace di scorgere e discernere i segni dei tempi e i carismi che lo Spirito Santo dona a tanti uomini e donne nel corso della storia.

Aprire la porta del cuore per accogliere l’al-tro significa, implicitamente, essere e dive-nire uomini ecumenici in grado di tendere la mano e di accettare ogni diversità come ric-chezza e tesoro per la propria storia. Far en-trare nell’orbita della vita un fratello, che vive una situazione delicata, difficile e com-plessa (anche all’interno della Chiesa), impli-ca un continuo atteggiamento di umiltà e di conversione, a tal proposito il decreto Unita-tis Redintegratio, al numero sette, cita così: “Non esiste un vero ecumenismo senza un’in-teriore conversione”. Più il cuore aggiusta, continuamente, il tiro più si allarga e si dila-

ta: solo in questo stato può sorgere lo stile ecumenico.

Nasce, adottando questo stile di vita, un proficuo, attento, attivo dialogo con ogni realtà e componente ecclesiale, con ogni cercatore di Dio incam-minato sulla stessa strada e con ogni fratello ateo e non credente lasciando sempre la libertà fondamentale della persona ma entrando in rela-

zione sincera e profonda condividendo pau-re, attese, speranze, desideri comuni.

Il Concilio Vaticano II, pertanto, interioriz-zando tale stile ha compiuto tanti piccoli passi efficaci in ambito ecumenico, in conti-nuità con il fine che si era preposto afferma-to nel decreto Unitatis Redintegratio al nu-mero cinque: “Il ristabilimento dell’unità, infatti, ristabilire l’unione riguarda tutta la Chiesa e tocca ognuno secondo le proprie possibilità.”

Il cammino verso l’unità, percorso faticoso ma essenziale, è il compito precipuo preso dal Concilio e dalla stessa Chiesa: pertanto ogni credente, laico, persona impegnata o non credente dovrebbe fare il possibile per continuare ad incastonare ogni tassello nel grande mosaico dell’unità, non attraverso gesti eclatanti e sterili ma mediante azioni ordinarie, feriali, silenziose che, però, la-sciano un segno indelebile proseguendo, così, il tragitto dove “tutti saremo una cosa so-

la” (Gv 17, 20) senza alcuna dif-ferenza teologica o dottrinale ma essendo, semplicemente, figli dello stesso Signore e Pa-dre.

Ancora tanto c’è da compiere e da lavorare per perseguire la meta dell’unità ma se ciascuno non si sentirà coinvolto come protagonista attivo ed operoso, coinvolto fino in fondo in questa strada di cui si possono intrave-dere la bellezza e la difficoltà affascinante del vero ascolto, allora la Chiesa sarà ferma alla soglia di un desiderio che rimar-rà per sempre un’utopia.

Francesco De Matteis

Ecumenismo e Concilio Vaticano II

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Giovanni XXIII con alcuni osservatori della Chiesa Ortodossa Russa al Concilio Vaticano II

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S upponiamo di entrare in un supermercato. Probabilmente la prima cosa che facciamo

è quella di munirci di un carrello e poi comin-ciamo a riempirlo di vari articoli prelevati da-gli scaffali, sradicati dal loro ordine impostato (quasi) alla perfezione: le varie marche di sa-pone ordinate insieme, i diversi tipi di panini confezionati posizionati in un altro reparto, i barattoli di salsa ecc.... Alla cassa, dando uno sguardo all’interno del nostro carrello, ci ac-corgiamo che il pane è posizionato accanto alla salsiccia, i tovagliolini di carta con lo spazzolino da denti nuovo, e così via.

Nelle società umane i valori presentano gradi diversi di integrazione. Questi possono essere organizzati in uno o più sistemi, oppure posso-no essere ammucchiati alla rinfusa, come il carrello cui facevo riferimento.

Albert Nolan (sacerdote africano domenica-no), nel suo libro “Cristiani si diventa” nella prima sezione, dà una lettura dei segni sem-pre mutevoli dei nostri tempi. Dunque, affer-ma che “l’ideale culturale del mondo indu-strializzato occidentale è l’individuo autono-mo, autosufficiente”, ed è per questo ideale che la gente vive e lavora. “Dal punto di vista di tutte le altre culture del mondo -prosegue- ciò è semplicemente incomprensibile. [...] L’interdipendenza, l’unità della società e l’aiuto reciproco sono valori culturali grande-mente apprezzati.”

Dando un’occhiata veloce alla nostra nazione sono interessanti le ricerche effettuate dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), dalle quali è emerso che mentre nel 1988 i ‘valori de-gli italiani’ erano ba-sati quasi esclusiva-mente sul concetto di individualismo e di consumismo, oggi, nel 2012, i ‘nuovi va-lori’ sembra siano il senso della famiglia, il gusto per la qualità della vita, l’amore per il bello, una ri-trovata spiritualità, un nuovo bisogno di regole, oltre al ri-spetto dell’altro e del bene comune. Un

segno importante dei nostri tempi, infatti, scavalcando chi parla di “morte dei valo-ri” (Nietzsche), e di scetticismo verso qualun-que ideologia, è, dice Nolan, un forte senti-mento di insicurezza che vive la maggior parte delle persone oggi, la quale insicurezza si ri-vela, udite, nella ricerca di una spiritualità appropriata.

Ma la domanda che mi pongo alla luce di que-ste riflessioni è: noi cristiani, corpo di Cristo che è la Chiesa, rigenerati mediante il Batte-simo, quali valori o ‘sistemi di valori’ dobbia-mo tenere presenti nel nostro cammino di fe-de e di conversione?

Anzitutto ritengo indispensabile definire i con-cetti di cui si sta parlando. A questo scopo ho provato a domandare ad alcune persone il loro punto di vista. Alla parola ‘valore’ l’associa-zione più automatica e frequente, tra espo-nenti della fascia giovane-adulta intervistata, è avvenuta con il concetto di educazione. I valori, quindi, vengono per lo più visti come i principi su cui si basa la propria educazione o, in alcuni casi, come una regola di comporta-mento e un modo di vivere nel quale tutti o la maggior parte delle persone dovrebbe crede-re.

In sociologia il concetto di valore non si lascia definire con precisione e assume significati diversi a seconda dei contesti. Si parla di valo-re come qualcosa che non appartiene al mon-do delle cose reali ma alla sfera degli ideali e

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Dal carrello della spesa… ai valori

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Page 5: Vi annunzio una grande gioia, che - Parrocchia Buon Pastore · grande mosaico dell’unità, non attraverso gesti eclatanti e sterili ma mediante azioni ... Nelle società umane i

dei desideri, ma anche come qualcosa di rea-le, di cui si teme la perdita. Di conseguenza, nel primo caso, il valore orienta l’azione in vista della sua realizzazione, nel secondo caso la orienta in vista della sua difesa. In filosofia morale, il valore incarna l’idea del bene, in contrapposizione al male; in esteti-ca, il valore corrisponde a qualche ideale di bellezza; in antropologia culturale, i valori indicano tutto ciò che in una cultura è rite-nuto buono, giusto e apprezzabile; in econo-mia è valore tutto ciò che è desiderabile e richiede uno sforzo, un impegno (Bagnasco A.-Barbagli M.-Cavalli A., Corso di sociologia, 2007).

Quindi, i valori possono apparire come orien-tamenti dai quali discendono i fini delle azio-ni umane. L’orizzonte in cui essi si collocano, perciò, può essere sia terreno, e quindi l’in-dividuo può essere stimolato nell’impegno per la loro realizzazione (il mondo, pur es-sendo una “valle di lacrime”, può, e deve, esser migliorato), sia ultraterreno, facendo scaturire un atteggiamento passivo nei con-fronti del mondo.

Nella tradizione ebrai-co-cristiana, che in-fluenza fortemente la civiltà occidentale, il tempo e il luogo della realizzazione dei valori ultimi è collocato in un futuro remoto, nell’ol-tretomba, alla fine dei tempi. Questo mecca-nismo rimanda il rag-giungimento del valore ultimo della verità e il riscatto di tutte le an-sie e le sofferenze ter-rene (cfr ibidem).

Ma è mai possibile che la nostra fede sia in vista di una promessa invisibile? E in questa vita, in cui spendiamo tante energie, qual è il nostro ruolo? Il Concilio Vaticano II ci viene in grande aiuto dicendoci che il fatto di non essere a conoscenza del tempo (e del modo) in cui l’universo sarà trasformato “non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la solle-citudine nel lavoro relativo alla terra presen-te” poiché “sulla terra il regno (di Dio) è già presente, in mistero.” (Gaudium et spes n. 39). Qui e adesso: questa è la meraviglia del-la nostra fede!!

Per questo motivo il marxismo, che guarda alla realizzazione della società senza classi, e quindi del valore ultimo dell’eguaglianza tra gli uomini, si discosta tanto dai principi cristiani, perché richiede, oggi, il sacrificio di intere generazioni a beneficio delle gene-razioni future: solo esse potranno assaporare

il frutto della vita autentica. Cri-sto, invece, è venuto nel mondo perché tutti siano salvati!

Il 1° gennaio 2013 si celebrerà la 46ª Giornata Mondiale della Pace. Questa, oggi, è un valore che tutta la civiltà sta im-parando ad accettare e condividere, e per questo motivo viene detto ‘universale’. I cri-stiani sono chiamati ad unirsi “a tutti gli uo-mini sinceramente amanti della pace per im-plorarla dal cielo e per attuarla” (Gaudium et spes, n. 78); ed è, forse, proprio questa, allora, la nostra missione: sollecitare gli uo-mini a credere e riconoscersi in giusti valori. E quello che deve guidarci in maniera impre-scindibile nel farlo è il grande insegnamento che Gesù ci ha dato nel comandamento dell’Amore (Gv 13,34; 1Gv 4,21).

L’Amore. L’unica fonte di ogni comporta-mento, l’unica cartina tornasole per ciò che ha valore e ciò che non ne ha. “Ama e fa’ ciò che vuoi” è una delle frasi più famose di S. Agostino, un’esortazione alla responsabilità per il bene del prossimo. Questo è il nostro valore!!

Possiamo decidere, quindi, di ammucchia-re nel ‘carrello’ della nostra vita decine di valori, magari alcuni sconnessi fra di loro, oppure possiamo ten-tare di dare un ordine a questi, secondo il sistema che risponde alla chiamata di Dio per ciascuno di noi; ma il cristianesimo, come ci ha ricordato Mons. Leuzzi al 10°

Pellegrinaggio degli universitari ad Assisi lo scorso 10 novembre, non è il perseguimento di un ideale, ma l’incontro, oggi, con il Si-gnore, il quale, col Battesimo, ha preso un impegno con ciascuno di noi. A noi battezza-ti, se vogliamo mettere a frutto il grande Do-no ricevuto, tocca fare una lettura critica dei segni dei tempi che stiamo vivendo (dimensione profetica), assumendoci la re-sponsabilità di essere popolo di Dio (dimensione regale), con la testimonianza di una vita santa (dimensione sacerdotale), fon-data sul Vangelo (cfr Lumen gentium n. 9-10). Tenendo ben presente questa responsa-bilità missionaria, il calo di prospettive lavo-rative di noi giovani, ad esempio, non do-vrebbe condizionare la certezza dei valori in campi affettivo, emozionale, spirituale, co-me, ahimè, capita fin troppo spesso.

Marco Ruggiero

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Un regalo nuovo per Natale 2012? Donate un po’ del vostro tempo

S e cerchi il Natale non è sotto l’albero, ma nel tuo cuore.

Camminando per le strade della città, più di una volta lo sguardo mi si è fermato sulla pubblicità di una catena di grandi magazzini; le immagini che raffigurano persone in atteg-giamenti affettuosi sono accompagnate da uno slogan che suona più o meno così: “ Il valore di un regalo è più grande del suo prez-zo”. Stimolato dalla necessità di fare qualche regalo nell’im-minenza del Natale, ho pensato che oggi, nel nostro mondo, c’è una cosa preziosissima, da rega-lare, considerata da tutti di grande valore, che viene gestita con attenzione: questa cosa è il tempo. Non è una novità. Un antico adagio dice che “il tem-po è denaro”. Se è vera questa equivalenza fra tempo e dena-ro, allora possiamo provare a trovare alcuni modi per fare dei regali “temporali”. Fra le altre cose, mi sembra che il modo migliore di spendere il proprio tempo sia qualificante per la persona, dica molto di chi sia-mo. Un primo regalo, grande, (costo orario consigliato: 1 ora), può essere quello di una visita a chi soffre o è solo; nella scala del mio caseggiato, in un ricovero per anziani, in ospedale, un mio amico o un mio compagno di studio, magari sta attraversando un momento difficile e gradirebbe molto una nostra visita. Un altro regalo serio e interes-sante può essere quello di regalare a chi ne ha bisogno una preghiera, un rosario o un po’ di Adorazione Eucaristica. Si tratta di infilarsi in una chiesa, fare un segno della croce ben fatto ( costo temporale: 4 secondi), cercare la lampada rossa che indica la presenza reale

di Gesù Eucaristia, salutarlo con una genu-flessione ben fatta. Un terzo regalo me l’ha fatto venire in mente un vescovo. Istruzione per l’acquisto: accendere il computer, avvia-re un browser Internet, andare sui blogs più frequentati o su altri spazi e scrivere un au-gurio natalizio ricordando che Dio è amore per tutti, che Gesù di Nazareth, 2000 anni fa è nato, è morto, è risorto ed è il figlio di Dio

(costo orario minimo: 20 minu-ti). Questo sarebbe un regalo di verità per molti. Dopo i blogs anonimi, qualcuno po-trebbe trovare coraggio e po-trebbe incominciare a scrivere sui settimanali cattolici o sui quotidiani cittadini, negli spazi per le lettere al Direttore. Tra i tanti regali che non co-stano niente, ve ne propongo uno che è sempre accettato benissimo ed ha un grandissi-mo valore: UNA BELLA DONA-ZIONE DI SANGUE. In questo tempo di tasche “al verde” è veramente un’ottima idea! Tanti altri regali ho in mente. Non li scrivo, li lascio alla vo-stra fantasia. Ho già speso for-

se troppo tempo! Vorrei concludere con le parole di don Tonino Bello: “…facendovi tanti auguri : impegnate-vi, fate volontariato, innamoratevi della cit-tà, incoraggiate gli sforzi degli uomini di buo-na volontà perché Natale non è una data da festeggiare ma un incontro da vivere”. Come Noè, anche noi, a Natale, leviamo lo sguardo al cielo per vedere se da qualche parte compare la calotta dell’arcobaleno. Un caro augurio per un Santo Natale.

Alfredo Zippari

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C i avviciniamo al Natale e ricordo con gioia quando noi, i ragazzi del gruppo

Shalom (14-16 anni), andavamo con Rosaria a casa degli ammalati per la novena di Natale. Eravamo tanti, ci piaceva molto andarci e Rosaria lo sapeva. L'appuntamento era alle 19,00 nel cor-tile della parrocchia; una volta che era-vamo tutti, ci mettevamo insieme in cammino. Era bellissimo quando entravamo nelle loro case!! Tutti ci accoglievano con grande affetto!! Erano tutti molto felici e ci dicevano “ma che bei giovanotti” oppure “che bravi ragazzi” o ancora “che bel regalo che ci hai portato, Ro-saria”!! Ammetto che qualche sorrisino e qual-che risatina scappava, ma noi cercavamo di metterci il massimo impegno possibile per evitarlo. Molte volte ci offrivano cioccolate e caramelle che, però, non colmavano la no-stra fame; per questo, quando tornavamo in

parrocchia Rosaria ci faceva sempre trovare due vassoi di focaccia e cioccolata calda per tutti; dopo giocavamo un po' nel campetto e tornavamo a casa.

Rosaria era contentissima nel vedere il nostro gruppo così numeroso ed affiata-to. Io non so se qualcuno venisse solo per mangiare, ma non credo, perché anche oggi nel gruppo “Shalom” siamo ancora tanti; questo perché Rosaria ci ha insegnato a ritrovarci sempre in par-rocchia almeno una volta a settimana. Lei ci voleva molto bene, anche quando si arrabbiava con noi, a volte anche in modo duro. Rosaria diceva sempre di non essere la migliore educatrice, ma io credo che i migliori educatori siano proprio quelli che non si ritengono tali,

quelli che si rendono conto del loro limiti e li riconoscono. Per questo Rosaria sarà sempre nei nostri cuori e sarà sempre la migliore.

Il Gruppo Shalom

Natale con Rosaria

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V ittorio Arrigoni è un giovane italiano ucci-so nel 2008 ad appena trentasei anni in

Medio Oriente, a Gaza, dove da anni era im-pegnato ad alleviare le sofferenze di quanti nei Territori palestinesi restano vittime di oppressioni e massacri. Soprattutto i bambini e la violenza quotidiana su di loro era entrata nella pelle e nel cuore di Vittorio che lì ha consumato la sua breve vita, scudo umano all’uscita dagli asili, infermiere con gli infer-mieri sotto i bombardamenti israeliani, vitti-ma fra le vittime. Pur traendo dalla memoria di Vittorio la spe-ranza di poter “restare umani” (questo il suo motto) in questi giorni mi sono trovata a “parlare” con la sua mamma (con le armonie del cuore, ovviamente) leg-gendo il suo libro “Viaggio con Vitto-rio” (Egidia Beretta Arrigoni, ed. Dalai). Non ci sono parole per commentare quelle di Mamma Egidia, almeno io non ne ho. La commozione, invece, quella così prepotente che stringe il cuore e si fa lacrima, quella sì. Perché Egidia tesse il racconto di due vite che si fanno una, dall’in-fanzia fino alla morte di VIK, unite nell’Utopia, nell’amore per gli altri fino al dono di sé, nella ricerca autentica del senso vero del dolore e della vita. Trepida la Mam-ma, sapendo i pericoli che consapevolmente suo figlio corre nel generoso tentativo di re-stare umano, ricorda i giorni dell’infanzia, addolcisce nel significato del Natale l’asprez-za di un dolore che si fa assenza profetica nel suo cuore di madre. Non si trova, nelle pagine del libro, l’amaro dell’incomprensione o l’in-vito alla fuga, c’è anzi discreto l’orgoglio di un figlio dalla parte giusta, fino alla fine. Vittorio si era innamorato di Handala, un bim-bo palestinese creato dal disegnatore Naji Ali che “gira le spalle al mondo perché il mondo gira le spalle a lui”. Lo aveva scelto come lo-go del suo cammino, ne portava un tatuaggio

sul braccio e dopo la sua morte Carlos Latuff li ha voluti ricordare insieme per sempre in un’immagine diventata universale: Vittorio si gira e sorride ad Handala che è ancora di spalle ma alza il braccino formando una “V” (Vittoria? Vittorio?). Ecco, arriva il Natale e davanti alla grotta dei nostri ricchi presepi a memoria di quella che era proprio lì, nelle terre di Palestina, occorre fermarsi a contem-plare il volto del Cristo Bambino e chiedersi se c’è ancora al mondo una grotta di Salvezza per Handala e per tutti, un posto dove l’Amo-re faccia fiorire la pace nella giustizia, dove nessuno più debba camminare voltando le spalle all’umanità.

Grazie, mamma Egidia, per questo figlio perduto che ha vis-suto un’utopia, che ha voluto rima-nere pienamente umano e che da Nazareth ti scriveva : “Percorro strade che rappresentano il viaggio esistenziale, il miracolo, il calvario di un Dio che di queste ter-re sembra essersi scordato”; per questo figlio oggi dici: “La fede poco mi consola. Faccio ancora fatica a pregare come un tempo. Mi sento come tradita. Quante volte l’ho affidato a Maria

“Madonnina, proteggilo”, Le dicevo,Tienigli la mano sulla testa. Tu lo sai cosa significa per-dere un figlio. Ci rincontreremo e anelo quel momento, ma è adesso che lo vorrei qui a continuare i nostri lunghi discorsi …” Sei nella prova, mamma Egidia, ma le tue so-no già parole di attesa e mentre ti scrivo sen-to arrivare, prima lieve sussurro poi sempre più forte, il tuo Magnificat per “Questo figlio perduto, ma così vivo come forse non lo è stato mai, che, come il seme che nella terra marcisce e muore, darà frutti rigogliosi”: E’ più di un sentimento, Mamma Egidia: per te e per tutti noi è Speranza che si fa certez-za nel Cristo che vive e che verrà.

Gabriella Violante

La buona notizia

Il viaggio di Vittorio “Salvare la vita non è salvare la pelle ma compiere

la propria umanità”

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A voi a penn@... Questo è un adattamento di una canzone ascoltata nella trasmissione in onore di Lu-cio Dalla.

Cara mamma ti scrivo ma poiché sei molto lontana più forte ti scriverò. Il 2012 sta per finire, ma i guai per me sono ancora presen-ti.

Ora carissima mamma, insieme a Lina e a papà Aldo vi dico: sì, ho perduto il vostro grande amore familiare e terreno, ma il buon Dio mi ha fatto incontrare delle dol-cissime persone: Giannotti Mario con Fran-ca, Giuditta-Rithy-Nicola, Teresa De Candia con il marito, Teresa Quinto e famiglia, Ma-

(Continua a pagina 8)

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è cuore che canta che danza che esulta e dice ogni giorno Sei grande Signore e la storia comincia lontana all’inizio fosti solo respiro sospeso nelle onde degli anni più azzurri … ma era subito sera … Anche il silenzio di neve restava presenza terrena Tu Mio Signore con gioia leggevi in quel respiro sospeso e in quel silenzio terreno facevi udire la Tua voce a me piccolo bruco che nulla sapeva di farfalle. E io lì Ti ho trovato lama di luce nel pozzo più profondo dell’essere … e niente più come prima … Dalla Tua tenerezza di Padre il dono di grazia di un dolore che si fa festa (noi figli in cerchio tenerci per mano intorno a Mamma morente e pregare con la gioia di riunirci per sempre) Hai agito per me Hai Disperso Hai Difeso Hai Rovesciato Hai Innalzato Hai Soccorso e mai hai tradito mai hai odiato Dalla Tua tenerezza di Padre Il dono di senso alla fila dei giorni. Allora a TE voglio ancora cantare con voce che vien giù dalla cima dei tempi e oggi fa coro con le sorelle umiliate dei popoli d’Africa con le madri eroiche di figli capaci d’amore fino a dare la vita con quelle che cullano una famiglia aperta la porta a Dio che bussa e vuol restare con noi. E tutto questo, Signore, per sempre!

Dal ritiro spirituale d’Avvento 2012

Il mio Magnificat...

VOCE NEL VENTOVOCE NEL VENTO Parrocchia Buon Pastore

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REDAZIONE:REDAZIONE:REDAZIONE:

Emanuele Battista, Mariella Bonsante,Emanuele Battista, Mariella Bonsante,Emanuele Battista, Mariella Bonsante, Giuseppe Calefati, Ester Catucci senior,Giuseppe Calefati, Ester Catucci senior,Giuseppe Calefati, Ester Catucci senior,

Gina Cavone, Gabriella Ceccarelli Pondrelli, Gina Cavone, Gabriella Ceccarelli Pondrelli, Gina Cavone, Gabriella Ceccarelli Pondrelli, Daniele Lapedota, Mariella Loglisci,Daniele Lapedota, Mariella Loglisci,Daniele Lapedota, Mariella Loglisci, Simone Scintilla, Floriano Scioscia, Simone Scintilla, Floriano Scioscia, Simone Scintilla, Floriano Scioscia,

Gabriella ViolanteGabriella ViolanteGabriella Violante

riella sempre disponibile, la gen-tilezza di Paolo con la moglie.

Non parlo poi di Angela, Leo e il piccolo Karol Maria. Ora carissima Lina, tu dell’at-tesa di Angela del grazioso Karol sei stata la prima ad averne notizia; eri allegra e gioiosa, ma al tempo stesso hai capito il tuo pericolo dichiarando (“Io non ci sarò”), parole ben ascoltate da Leo.

Tutte queste famiglie sopra nominate fan-no a gara per portarmi affetto e sorrisi; mi incoraggiano ad affrontare e vincere que-sta dolorosa battaglia.

Ascoltami ancora un po’, cara la mia mam-ma, tu che sempre mi hai difesa con tutta la tua forza di vita da ogni aggressione, affrontando anche umiliazioni. Ci confor-tavi, me insieme a Lina, dicendo: “Domani è un altro giorno, continuiamo, andiamo avanti.”

Spero carissimi tutti, che anche voi di lassù ne siate contenti e ammiriate il mio com-portamento sociale. Pregate per me, affin-ché superi questo grande ostacolo. La for-za più grande, oltre voi di lassù, e ancora prima di tutti il Buon Dio, me la danno i due piccoli gioielli Karol e Rithy, quando entrano in casa ti cercano, ti chiamano in ogni angolo, cara sorellina.

Mi ripeto miei carissimi, ho bisogno delle vostre preghiere. Sono sempre la vostra Dina, la chiacchierona, la radio, la “pazzerella”, come tu mi chiamavi, mam-ma; “la signora”, mi apostrofava la cara Li-na, quando ci si azzuffava, però Dina è sta-ta sempre combattiva, sempre in prima linea senza guardare in faccia nessuno.

Ora a te, cara Lina, chiedo perdono se ho sbagliato in qualcosa. Ciao.

Non abbandonatemi ancora, come mai avete fatto. Eternamente

Dina Leo

(Continua da pagina 7)

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