16
Tuo figlio è gay? Un’app lo svela Sussidiarietà, il valore aggiunto diritti speciale a pag. 12 a pag. 5 « Abbiamo preso un coltello e ab- biamo tagliato il Salento per capire cosa c’è dentro»: con questa metafora Luigi Russo, presidente del CSV Sa- lento, ha presentato il lavoro di “Visti da noi”, 7 dossier tematici, resoconto di un laborioso raccordo che tra il 2010 e il 2011 ha interessato associazioni di volontariato, giornalisti, esperti di set- tore, economisti, sociologi sullo stato di Ambiente, Povertà, Disabilità, Psi- chiatria, Sanità, Carcere e Immigrazio- ne nel nostro territorio. Sette inchieste giornalistiche curate dalla redazione di “Volontariato Salento” per capire e leg- gere il territorio della provincia di Lec- ce da diversi punti di vista e di essere uno strumento in più per i volontari. Dossier a pp. 7-11 F orse anche Antonio Gram- sci si ricrederebbe, in questo momento storico, nello spronare i giovani a guardare le generazioni passate per costruirci sopra. Mai come oggi, la rottura con il passato è decisiva e necessaria per poter ricominciare senza commet- tere errori. La rottura con la generazione im- mediatamente precedente, con la sua politica consumistica, capita- listica e liberista, è la via. A pag. 16 C i vuole un terremoto, l’emergen- za ambientale, il disabile morto, il vecchio o il barbone che muore di fame, in una parola la “cronaca pesan- te”, per fare accorgere alle persone che contano - a quelli che hanno in mano le sorti del Paese, delle Regioni, dei Comuni e a tutto il codazzo di perso- naggi che sopravvivono intorno a loro – che il volontariato esiste, eccome!, che lavora per il bene del Paese senza aptettare la fine della crisi finanziaria, che esiste la gratuità e la cultura della responsabilità. Per questo forse i par- titi godono della fiducia del 18% de- gli italiani, mentre i volontari quella del 90%! Onore dunque al volontario Sandro Usai, trovato morto al largo di Monterosso che ha perso la vita mentre soccorreva gli alluvionati e non si sen- tiva e non voleva essere un eroe; ono- re ai 4 milioni di volontari italiani che ogni giorno lavorano per salvare l’Ita- lia e i diritti degli italiani, per costruire il Bene Comune. In questo paese nel quale la classe di- rigente sembra aver perso la bussola, e la politica, quella vecchia come gran parte di quella nuova, si rincorre con i coltelli in mano facendo finta di ucci- dersi, ma invece cercando solo visibili- tà e notorietà, chi veramente sta mante- nendo in piedi la dimensione etica e la dimensione morale, insomma i principi di equità e giustizia e verità, sono prin- cipalmente i soggetti ecclesiali, della società civile e della cultura, cittadini comuni che non pensano solo al loro tornaconto. Come sarà possibile che questo siste- ma virtuoso che proviene dalla società civile possa un giorno condizionare quel sistema impallato che ha in mano, ahimè, le sorti del paese? Ce lo siamo chiesti quando abbiamo presentato qualche settimana fa il rapporto “Visti Continua a pag..5 LA VERITÀ SUL SALENTO SPANISH BOMBS le parole che contano “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle” Sant’Agostino L a crisi economica è un fatto e coin- volge oltre ai paesi europei anche l’oltre continente. Meno ovvio è che la reazione ad essa sia l’abbattimento delle garanzie so- ciali come accade nel nostro Paese. Lì, più che di co- strizione operata per far fronte alle emergenze indotte dalla crisi, si tratta di chiare e nette scelte politiche che, come cercheremo di spiegare in questo mini dossier, sa- rebbero potute andare in una differen- te direzione. Invece il taglio, di entità notevole, è stato operato proprio sui diritti delle persone più fra- gili. Vediamo come. I tagli “radicali” al sociale, pre- visti dal Gover- no, priveranno dell’assistenza il 20% dei disabili al nord, il 30% nel centro, il 50% al sud. A pag. 13 LA CONTROMANOVRA Ottobre 2011 - Anno VI - n.54 Presentati alla stampa i 7 dossier di Volontariato Salento L’editoriale di Luigi RUSSO LO SDEGNO E IL CORAGGIO Un momento della presentazione del dossier alla stampa

Volontariato Salento Ottobre 2011

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Il mensile delle associazioni di volontariato della provincia di Lecce

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Tuo figlio è gay?Un’app lo svela

Sussidiarietà,il valoreaggiunto

dirittispeciale

a pag. 12a pag. 5

«Abbiamo preso un coltello e ab-biamo tagliato il Salento per capire

cosa c’è dentro»: con questa metafora Luigi Russo, presidente del CSV Sa-lento, ha presentato il lavoro di “Visti da noi”, 7 dossier tematici, resoconto di un laborioso raccordo che tra il 2010 e il 2011 ha interessato associazioni di volontariato, giornalisti, esperti di set-tore, economisti, sociologi sullo stato di Ambiente, Povertà, Disabilità, Psi-chiatria, Sanità, Carcere e Immigrazio-ne nel nostro territorio. Sette inchieste giornalistiche curate dalla redazione di “Volontariato Salento” per capire e leg-gere il territorio della provincia di Lec-ce da diversi punti di vista e di essere uno strumento in più per i volontari.

Dossier a pp. 7-11

Forse anche Antonio Gram-sci si ricrederebbe, in questo

momento storico, nello spronare i giovani a guardare le generazioni passate per costruirci sopra.Mai come oggi, la rottura con il passato è decisiva e necessaria per poter ricominciare senza commet-tere errori.La rottura con la generazione im-mediatamente precedente, con la sua politica consumistica, capita-listica e liberista, è la via.

A pag. 16

Ci vuole un terremoto, l’emergen-za ambientale, il disabile morto,

il vecchio o il barbone che muore di fame, in una parola la “cronaca pesan-te”, per fare accorgere alle persone che contano - a quelli che hanno in mano le sorti del Paese, delle Regioni, dei Comuni e a tutto il codazzo di perso-naggi che sopravvivono intorno a loro – che il volontariato esiste, eccome!, che lavora per il bene del Paese senza aptettare la fine della crisi finanziaria, che esiste la gratuità e la cultura della responsabilità. Per questo forse i par-titi godono della fiducia del 18% de-gli italiani, mentre i volontari quella del 90%! Onore dunque al volontario Sandro Usai, trovato morto al largo di Monterosso che ha perso la vita mentre soccorreva gli alluvionati e non si sen-tiva e non voleva essere un eroe; ono-re ai 4 milioni di volontari italiani che ogni giorno lavorano per salvare l’Ita-lia e i diritti degli italiani, per costruire il Bene Comune.In questo paese nel quale la classe di-rigente sembra aver perso la bussola, e la politica, quella vecchia come gran parte di quella nuova, si rincorre con i coltelli in mano facendo finta di ucci-dersi, ma invece cercando solo visibili-tà e notorietà, chi veramente sta mante-nendo in piedi la dimensione etica e la dimensione morale, insomma i principi di equità e giustizia e verità, sono prin-cipalmente i soggetti ecclesiali, della società civile e della cultura, cittadini comuni che non pensano solo al loro tornaconto.Come sarà possibile che questo siste-ma virtuoso che proviene dalla società civile possa un giorno condizionare quel sistema impallato che ha in mano, ahimè, le sorti del paese? Ce lo siamo chiesti quando abbiamo presentato qualche settimana fa il rapporto “Visti

Continua a pag..5

LA VERITÀ SUL SALENTO

SPANISH BOMBS

le parole che contano

“La speranza ha due bellissimi figli:lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà

delle cose, il coraggio per cambiarle”Sant’Agostino

La crisi economica è un fatto e coin-volge oltre ai paesi europei anche

l’oltre continente. Meno ovvio è che la reazione ad essa sia l’abbattimento delle garanzie so-ciali come accade nel nostro Paese. Lì, più che di co-strizione operata per far fronte alle emergenze indotte dalla crisi, si tratta di chiare e nette scelte politiche che, come cercheremo di spiegare in questo mini dossier, sa-

rebbero potute andare in una differen-te direzione. Invece il taglio, di entità

notevole, è stato operato proprio sui diritti delle persone più fra-gili. Vediamo come. I tagli “radicali” al sociale, pre-visti dal Gover-no, priveranno dell’assistenza il 20% dei disabili al nord, il 30%

nel centro, il 50% al sud. A pag. 13

LA CONTROMANOVRA

Ottobre 2011 - Anno VI - n.54

Presentati alla stampa i 7 dossier di Volontariato Salento

L’editoriale di Luigi RUSSO

LO SDEGNO E IL CORAGGIO

Un momento della presentazione del dossier alla stampa

2ASSOCIAZIONI

Un giardino dell’associazione “Nuove speranze Calimera” dove seminare e coltivare la speranza

Il progetto, finanziato da Fondazione con il Sud nell’ambito del bando “Sostegno a Programmi e Reti di volontariato 2010”, mira alla costruzione di relazioni solidali nel volontariato

Il dialogo e la relazione d’aiuto sono il risultato del progetto “Dialogare nella Rete per Dialogare

per il territorio” finanziato da Fondazione con il Sud nell’ambito del bando “Sostegno a Programmi e Reti di volontariato 2010” e selezionato tra circa 240 pro-poste delle associazioni di Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Calabria e Sardegna. A coordinare le at-tività sarà A.P.MA.R. Onlus (Associazione Persone con Malattie Reumatiche).L’associazione è il soggetto ideatore ed attuatore. Al progetto partecipano altre 9 organizzazioni pugliesi: Dall’altra parte – Medici e Pazienti insieme (Lecce),

AVO “Don Pasquale De Luca” (Lecce), NPS Italia Onlus/ NPS Puglia (Taranto), associazione Alzhei-mer Lecce, G.N.A. ONLUS – Gruppo Assistenza Neoplastici (Ostuni), UILDM – Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (Lecce), UNI.C.E.L. – Unione Casalinghe e Lavoratrici Europee – Onlus (Lecce), Da Sparta a un mondo a colori (Erchie) e CABA – Comitato abbattimento barriere architet-toniche onlus (Lecce).«Per costruire relazioni di solidarietà e di sostegno nel mondo del volontariato è fondamentale saper ascoltare, comprendere e saper comunicare con gli

altri, spiega la presidente di APMAR Antonella Ce-lano. L’intento principale del nostro corso sarà quindi quello di valorizzazione e arricchire di abilità e com-petenze relazionali i volontari componenti la rete, per migliorare la qualità del proprio modo di aiutare e relazionarsi con gli altri».Con questo spirito prende il via giovedì 3 novembre 2011 il corso “Il Dialogo e la Relazione d’aiuto”, com-pletamente gratuito e rivolto a 20 volontari individuati dalle associazioni partecipanti oltre che a 20 cittadini interessati ad avvicinarsi al mondo del volontariato e ad apprendere tecniche e metodi per comunicare con l’altro.

L’ORTO DEI DESIDERI

APMAR COORDINA UNA RETE PUGLIESE PER LA RELAZIONE D’AIUTO

Si chiama “L’orto dei desideri”, ed è il pezzo di terra nel quale “Nuove Speran-ze Calimera”, associazione delle famiglie delle persone con disabilità psichi-

ca di Calimera, ha deciso di coltivare, insieme a lattughe, cicorie e cipolle, anche i semi della speranza, non a caso, e della scommessa, al fine di tracciare nuove modalità nei percorsi di integrazione e socializzazione dei propri utenti. «Immaginate un luogo che possa anche curare, un luogo dove tutti possano esse-re accettati, dove lo stress non esiste e dove scoprire la pace. L’ortoterapia è un metodo riabilitativo del disagio e della disabilità che appartiene all’ambito delle terapie occupazionali. Consiste nell’incentivare, nel preparare e nell’affiancare il soggetto nella cura e nella gestione del verde, nella coltivazione di fiori, ortaggi ed altre piante», afferma Antonella Ottino, presidente dell’associazione. Quel luogo ora esiste, e si trova nelle immediata vicinanza di Calimera, a pochi passi dal centro abitatoAncora, Antonella Ottino racconta che, nei paesi anglosassoni la terapia orticoltu-rale è ormai una tradizione ed è ampiamente utilizzata in tantissimi ambiti di ria-bilitazione, mentre in Italia vi sono solo gli esordi di un discorso scientificamente legittimato. Il progetto dell’associazione pensa all’orto come ad un luogo di rin-novamento e relazione, luogo grazie al quale migliorare la propria vita e ritrovare equilibrio e serenità. Il giardinaggio si pone come ambito creativo di cura e di la-voro che offre all’individuo un ambiente dove realizzare se stesso. Il giardino è un luogo sicuro ed accogliente in cui tutti sono ben accetti. Le attività specifiche sono volte alla costituzione e al mantenimento di un orto urbano, nel quale siano col-

tivate specie tipiche dell’area, secondo uno schema e una cadenza temporale ben definiti ed atti ad insegnare ai ragazzi le varie fasi della coltivazione e l’uso dei relativi attrezzi. In un primo momento i prodotti dell’orto saranno distribuiti fra gli stessi membri, tuttavia è obiettivo di medio lungo termine riuscire a interagire con il mercato locale, al fine di concretizzare una fonte di autofinanziamento che consenta l’ampliamento del progetto. Nel tempo, infatti, all’orto si affiancheranno altre strutture e attività complementari come un erbario per essenze officinali, un semenzaio e alberi da frutta. Il tutto sarà sempre realizzato e condotto con meto-dologie rigorosamente biologiche.

Luca Spagnolo

Azioni e luoghi per superare le difficoltà dei portatori di handicap, in un progetto spiegato con le parole di Sandrino Ratta, presidente di “Superamento Handicap”

Un anno all’insegna dell’inclusione quello proposto dall’associazione

“Superamento Handicap” di Levera-no grazie al progetto “Tutti insieme”, un percorso nato dalla necessità di soddisfare il naturale desiderio di au-tonomia, di informazione e di integra-zione sociale delle persone con disabi-lità e dei loro familiari. Sede operativa dell’iniziativa è quella dell’associa-zione stessa in via R. Sanzio (zona ex 167), all’interno della quale prenderà forma un progetto annuale nato grazie alla collaborazione con l’amministra-zione comunale, l’Istituto Comprensi-vo 1° Polo, il sindacato Sfida, l’asso-ciazione “Vita” e l’Ambito di Zona di Nardò e finanziato dalla Regione Pu-glia – Assessorato al Welfare. Grazie a questa sinergia tra associazionismo

e istituzioni, infatti, è stato possibile realizzare un laboratorio multimediale per l’inclusione tecnologica ed infor-matica delle persone con disabilità. «In quest’ottica – commenta Sandri-no Ratta, presidente dell’associazione “Superamento Handicap” – il progetto si propone di allestire un laboratorio informatico dotato delle più innova-tive tecnologie messe a disposizione dal mercato, nonché di porre in esse-re delle attività volte a facilitare l’ap-prendimento e l’utilizzo stesso delle attrezzature e dei software specifici, e quindi segnalare e promuovere oppor-tunamente i servizi offerti dalla pubbli-ca amministrazione on line, le banche dati e i portali informativi specifici per la disabilità». La quotidianità, infatti, è fatta di vita domestica ed esterna,

intessuta di rapporti sociali (di svago, affettivi, culturali, di impegno civile) e le difficoltà che si presentano nelle va-rie sfere di vita quotidiana per una per-sona con disabilità sono molte, a volte insormontabili, ma i cosiddetti ausili “intelligenti”, frutto di una tecnologia sempre più avanzata e fortunatamente alla portata di molti, possono ridurre se non addirittura azzerare le diversità. Tra i tanti ostacoli, spicca la necessità di accedere tempestivamente alle in-formazioni circa i servizi, le agevola-zioni e le attività di supporto proposte dalla Pubblica amministrazione. “Tutti insieme” si propone di rispondere pro-prio a questo tipo di esigenze, valo-rizzando l’uso delle nuove tecnologie non solo quale veicolo per l’accesso alle informazioni, ma anche e soprat-

tutto quale strumento al servizio delle persone disabili per la propria crescita culturale, la conquista dell’autonomia e quella dell’integrazione sociale. Le nuove tecnologie, inoltre, possono tra-sformarsi in un efficace strumento per combattere la discriminazione, l’isola-mento dalla società, l’emarginazione economica, la mancanza di opportu-nità di partecipazione sociale e per fa-vorire l’accesso al lavoro. La capacità di utilizzare gli strumenti informatici, infatti, rappresenta una competenza essenziale per la ricerca di un’occu-pazione. L’accesso alla tecnologia dell’informazione rappresenta perciò sempre più un’opportunità di cono-scenza, istruzione e lavoro e acquisisce sempre maggior importanza nel modo di vivere, di lavorare e di apprendere.

WEB 2.0. E DISABILITÀ INSIEME PER L’INTEGRAZIONE

3ASSOCIAZIONI

DONNE SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

LIBERA-MENTE

A LECCE LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA TRANSFOBIA

Lo stress al lavoro è perlopiù rosa: il 70% dei lavoratori che lo subiscono sono donne. Per l’associazione “Il pane e le rose” è soprattutto una questione culturale

Un progetto di Arci Solidarietà Salento per salvaguardare la salute mentale degli immigrati

La organizza Agedo Lecce il 19 novembre. Interviene, tra gli altri, Vladimir Luxuria

Il 19 novembre 2011, alla vigilia del TdoR (Transgen-der Day of Remembrance), Agedo Lecce, con la col-

laborazione del CSV Salento, organizza per la prima volta a Lecce e in Puglia un’iniziativa per parlare della vita delle persone transessuali. Un incontro per capire attraverso le emozioni, per ascoltare sen-za il filtro dei pregiudizi, per assistere a brevi filmati che riescano ad informare la cittadinanza su un tema ancora molto de-licato e sicuramente poco trattato.Chi sono le persone transessuali? Che cosa pensano? Cosa sognano? Come vivono? Quali sono le loro difficoltà? Quali le loro paure? Quali i loro racconti? A queste e al-tre domande si cercherà di dare una rispo-sta nell’incontro del 19 novembre a Lecce presso la Sala Polifunzionale “ Open Space Lecce Giovani”- Palazzo Carafa in piaz-za Sant’ Oronzo, con un format tutto par-ticolare che sfrutterà le modalità comu-nicative tipiche del talk show per mettere a confronto competenze ed esperienze differenti, sollecitando il pubblico al confronto. Le persone transessuali sono spesso state e sono an-cora vittime di comportamenti aggressivi e violenti (transfobia) che a volte si concludono in modo tragico. È accaduto così anche a Rita Hester, una transessuale afroamericana il cui assassinio, avvenuto nel 1998, è ri-

masto ancora irrisolto. Lo stesso anno, Gwendolyn Ann Smith avviò un progetto web in suo ricordo, “Remem-bering Our Dead” e, nel 1999, organizzò una veglia a lume di candela a San Francisco. Da allora l’evento è cresciuto fino a comprendere commemorazioni in cen-

tinaia di città in tutto il mondo. Così, il 20 novembre di ogni anno è diventato il TDoR - Transgender Day of Remembrance - una ricorrenza della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) per comme-morare le vittime dell’odio e del pregiudizio contro le persone transessuali. La giornata contro la transfobia è

diventata, quindi, un evento internazionale.L’incontro del 19 servirà, attraverso il susseguirsi di racconti ed interviste attuali, a far conoscere ed a far riflettere sulle difficoltà, sui bisogni e sulle aspirazioni delle persone transessuali. Si parlerà ovviamente anche

di transfobia, di ciò che significa e dei gravi danni che causa a livello sociale e personale.“Consideriamo questo incontro di riflessione, di conoscenza e di sensibilizzazione, - spiega Gianfranca Saracino - il suo tributo operativo alla commemorazione delle vittime dell’odio transfobico”.Alla presenza delle istituzioni di Comune, Provincia e Regione, interverranno Vladimir Luxuria, attivista e scrittrice, Alessandro Tau-rino, docente di Psicologia Clinica all’Uni-verità “Aldo Moro”di Bari, Luigi Russo, presidente del CSVSalento, Valeria Pace, psicoterapeuta presso l’ONIG (Osservatorio Nazionale sull’Identità di genere) del Policli-nico di Bari - Dipartimento di Neuroscienze ed Organi di Senso, Università degli studi di

Bari Nadia Durante, laureanda in Scienze e Tecniche Psicologiche, Don Raffaele Bruno ed altri ospiti. Mo-dererà la serata Silvia Cazzato.Dopo le conversazioni con gli ospiti, fondamentale sarà il dibattito con il pubblico presente.

Luigi Conte

Le vittime privilegiate di quello che viene consi-derato uno dei mali del nostro tempo è proprio

il “gentil sesso”. Su nove milioni di lavoratori che ne sono affetti, infatti, il 70% sono donne, colpite soprattutto da ansia (45%), sindrome pre-mestruale (43%), irritabilità (41%), insonnia (39%) e depressio-ne (20%). A rivelarlo, uno studio pubblicato lo scorso settembre sulla rivista “European neuropsychophar-macology” che dal 2005 al 2010 ha registrato aumen-to del 10% degli effetti patologici causati dallo stress, passando dal 27,4% al 38% della popolazione. Un trend crescente che non solo influisce sul malessere psico-fisico delle persone, ma anche sulla stessa pro-

duttività dell’azienda per un costo a livello europeo stimato all’1% del pil.«Si tratta soprattutto di una questione culturale – commenta Angelita Giotta, presidente dell’associa-zione salentina “Il pane e le rose” – perché alla donna viene ancora affidato tutto il lavoro di cura e di rela-zione nei confronti del nucleo familiare, un lavoro si-lenzioso e non retribuito che pesa quasi sempre sulle sue spalle». Le pressioni familiari, però, non sono le uniche cause di questo pesantissimo dato. Secondo la ricerca, infatti, incidono anche l’ansia da prestazione, la competitività, i rapporti interpersonali difficili e le remunerazioni minori rispetto ai colleghi maschi. «Le

donne – continua Giotta – sono spesso le più sfruttate, nonostante siano plurilaureate e molto preparate non hanno il giusto riconoscimento economico: anche in questo siamo il secondo sesso». A subire le peggio-ri conseguenze di questo male soprattutto le donne soggette alle alterazioni ormonali come le donne in gravidanza e, in generale, quelle in età fertile e coloro che soffrono di sindrome pre-mestruale. In questa condizione, il “secondo sesso” dovrà affron-tare ulteriori alterazioni – questa volta tutt’altro che ormonali – quali l’aumento dell’età pensionabile e il taglio del Fondo per la non autosufficienza. Giusto perché il lavoro di cura al femminile non è mai troppo.

L’esperienza di immigrazione che ha coinvolto il Salento ha disvelato l’in-sufficienza della rete di progetti e strutture atti ad erogare servizi di acco-

glienza. Soprattutto, l’affinamento della conoscenza sull’esperienza dell’immi-grazione ha evidenziato come, sempre più spesso lo sradicamento dalla propria terra sia accompagnato anche dai traumi della violenza, spesso vera e propria tortura (Rapporto SPRAR 2008/2009). Queste premesse indicano che il trat-tamento degli immigrati e soprattutto delle vittime di tortura necessita di un approccio complesso oltre che specializzato, che sia psicologico/affettivo oltre che medico. I rifugiati sono il gruppo sociale a maggior rischio di sviluppo di malattie mentali e un’accoglienza non adeguata porta al cronicizzarsi di una condizione di disagio mentale, con tutto quel che questo comporta in quanto ad isolamento e incapacità di relazionarsi con gli altri.Per queste ragioni Arci Soliderietà Salento promuove il progetto “Libera-men-te” intendendo potenziare la qualità, ma anche incrementare il numero delle misure di supporto e riabilitazione di vittime di violenza, tortura e di portatori di disagio mentale richiedenti asilo e/o protezione internazionale. La metodologia

è quella di promuovere approcci globali che riattivino il senso di identità violata e l’autostima cancellata brutalmente. Fra i servizi atti alla costruzione di un per-corso di inserimento sociale individualizzato si annoverano assistenza legale, accompagnamento all’integrazione con particolare attenzione alla vulnerabilità psicologica; orientamento e accompagnamento ai servizi sanitari, orientamento al lavoro; tutoraggio per l’acquisizione di competenze, attivazione di borse la-voro/tirocini formativi; sostegno nella ricerca di soluzione alloggiative. L’accoglienza/sostegno/integrazione sarà curata da una rete territoriale di ope-ratori diversi che lavoreranno simultaneamente per dare continuità al percorso di cura, in modo etico e strategico, con l’azione cosciente del beneficiario. Sono stati individuati per le attività il centro interculturale “Casa delle Culture” a Trepuzzi e il centro TDA di S. Pietro Vernotico (BR). Il centro sarà anche un punto dove incontrarsi, svolgere attività di gruppo e laboratoriali che agiscano ad un livello profondo dell’essere, rafforzando nuove visioni di sé, sviluppando abilità creative e controllo dell’ansia. Ci sarà un servizio di babysitting per fa-vorire la partecipazione delle madri.

4CSVS INFORMA

Si tratta di 400milioni di euro per il 2012 ma per il Forum Terzo settore l’erogazione è ancora troppo lenta e mette in crisi le

associazioni. Aggiornato l’elenco del 2009, disponibile on line

Dopo una diatriba durata 13 mesi in cui è stata sospesa ogniforma di riconoscimento dell’utilità sociale delle attività di

comunicazione del no profit, il Governo si è impegnato per un parziale ripristino delle agevolazioni

Eletti nella giornata di sabato 22 ottobre a Roma il Consiglio Direttivo, il Collegio dei Garanti e i Revisori dei Conti

BANDO FORMAZIONE 2011, A BREVE I CORSI Lo scorso 14 ottobre è stata pubblicata la gra-

duatoria relativa alle proposte formative pervenute al CSV Salento nell’ambito del Bando Formazione 2011, scaduto lo scorso 9 settembre e rivolto alle Organizzazioni di volontariato della provincia di Lecce, iscritte e non iscritte al Regi-stro Regionale del Volontariato.Il bando ha riscosso un notevole interesse da parte del mondo del volontariato della provincia di Lec-ce e lo dimostrano le 37 domande pervenute.Il bando prevedeva che le proposte potessero esse-re presentate da singole Organizzazioni di volonta-riato o da reti di almeno tre Odv: relativamente alla prima modalità sono stati ammessi a finanziamento 15 progetti formativi mentre 17 sono stati presen-tati da reti di Odv, per un contributo totale stanzia-

to dal CSV Salento pari a 44.796 euro.Le tematiche che saranno trattate spaziano da quel-le specifiche, proprie dell’esperienza e delle com-petenze di ciascuna organizzazione, quale ambien-te, protezione civile, assistenza a minori, a disabili e anziani, a quelle di taglio più trasversale, a patto che non ripetano temi trattati dal CSV Salento. In ogni caso, tutte hanno lo scopo preciso di qualifi-care l’apporto dei volontari salentini, in modo tale che il loro intervento sia all’altezza delle esigenze manifestate dal territorio.La realizzazione dei corsi sarà formalizzata con la firma di una convenzione che sancisce la collabo-razione tra il CSVS e le 32 Odv ammesse a finan-ziamento. L’ufficio Formazione e Consulenza del Centro ha predisposto, come previsto dal bando,

un’apposita scheda di progettazione esecutiva con la quale le Odv dettaglieranno le informazioni re-lative alla concreta realizzazione dei corsi (docen-ti, calendario, materiale per i discenti, ecc.). Tutti i progetti saranno cofinanziati dalle organizzazioni proponenti e dagli eventuali enti terzi coinvolti in qualità di partner.La promozione dei corsi sarà curata dal CSV Sa-lento cui tutti i volontari della provincia di Lecce, interessati a prendere parte ad uno dei corsi in par-tenza, possono rivolgersi per conoscere i dettagli relativi al percorso formativo contattando il numero 0832/392640. La graduatoria del bando Formazione 2011 invece è consultabile sul sito del CSV Salento.

Luca Dell’Anna

5 PER MILLE, STANZIATI I FONDI MA NON MANCANO LE CRITICHE

TARIFFE PER IL NO PROFIT, IL TIRA E MOLLA DEL GOVERNO

IL CSVNET SI RINNOVA

Arrivano novità importanti sul fronte della destinazione ed erogazione del 5 per mille. Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 14 ottobre, ha varato la legge

di stabilità all’interno della quale ha previsto lo stanziamento dei fondi derivanti dal 5 per mille per un ammontare di 400milioni di euro per quanto riguarda il 2012. Nonostante le rassicurazioni provenienti da queste nuove previsioni di sostegno eco-nomico, la gestione del fondo del 5 per mille resta oggetto di aspre critiche da parte del Terzo settore. La principale criticità contestata è relativa ai tempi di erogazione dei pagamenti dovuti alle associazioni che ad oggi, denunciano dal Forum del Terzo settore, raggiungono i due anni e rischiano di arrivare anche a tre. Un ritardo di due o tre anni nel pagamento, per una associazione rappresenta un’eternità, soprattutto in un contesto di crisi economica come l’attuale, nel quale è difficile recuperare fondi alternativi e nel quale i cittadini in difficoltà fanno sempre più affidamento sul lavoro delle organizzazioni.Per il momento, comunque, una buona notizia è arrivata e riguarda l’erogazione dei pagamenti del 2009. I fondi del 5 per mille di due anni fa iniziano a pervenire nelle casse delle associazioni destinatarie, ma anche in questo caso i distinguo non man-cano. A beneficiare dei pagamenti, per ora, sono solo alcune associazioni, nello spe-cifico quelle destinatarie di somme inferiori ai 500mila euro. Per associazioni come Emergency, Airc, Medici senza frontiere, ad esempio, i tempi si dilatano proprio perché il ministero dell’Economia non ha i soldi necessari a coprire spese superiori ai 500mila euro.Sul fronte degli elenchi, vi sono alcuni piccoli aggiornamenti su ammessi ed esclusi dalla ripartizione del 5 per mille 2009. I dati relativi alle preferenze espresse dai contribuenti nell’anno 2009 e gli importi attribuiti agli enti beneficiari sono con-sultabili nella versione aggiornata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “Documentazione - 5 per mille - 5 per mille 2009”.

Luigi Apollonio

Dopo mesi di battaglie e di attese, le tariffe postali per il non profit torneran-no a livelli più vantaggiosi. Sarà possibile, infatti, usufruire degli sconti

destinati ai maggiori gruppi editoriali profit. Un piccolo passo avanti rispetto alla situazione attuale: il Governo si è impegnato a concedere anche al mondo del vo-lontariato le tariffe agevolate «previste dal decreto ministeriale 22 ottobre 2010 (quelle applicate all’editoria profit) anche al mondo del non profit, che dal primo aprile 2010 paga la tariffa piena», si legge in una nota inviata alle associazioni dal Forum del Terzo settore, tra gli attori di questa vicenda. Si tratta, in soldoni, di un passaggio a 18 centesimi a copia anziché i precedenti 28 centesimi e, da quanto si legge su Vita.it, le Poste Italiane hanno deciso di prorogare fino al 31 dicembre la tariffa “Posta target day sperimentale”. Le pubblicazioni del Terzo settore potran-no godere delle più convenienti condizioni di cui godono gli editori (ovviamente a seconda delle caratteristiche: peso, omologazione, destinazione), a patto però che siano iscritte al Registro operatori della comunicazione (Roc). In particolare la spedizione dei mailing per la raccolta fondi sarà soggetta alla tariffa delle cam-pagne abbonamento editori (e cioè 0,1136 euro), purché con quantità superiori a 20mila buste (0,142 se superiori a 10mila, 0,1699 se superiori a 2mila).«Si tratta di un primo passo – prosegue la nota, firmata dal portavoce del Forum Andrea Olivero –. Per provare a definire apposite e maggiormente vantaggiose tariffe rivolte al non profit, così da riconoscerne la funzione sociale, occorre tem-po, oltre che disponibilità delle parti: su questo punto da tutti è stata dichiarata la disponibilità a continuare il lavoro del tavolo». Certo, sono lontani i tempi in cui l’utilità sociale della comunicazione non profit e il suo ruolo venivano rico-nosciuti con forza. Per 13 mesi, infatti, ogni agevolazione è stata sospesa, senza dimenticare che un decreto ministeriale del 30 marzo 2010 ha cancellato il fondo di 30 milioni destinato a finanziare questa voce di spesa.

Lara Esposito

Un CSVnet rinnovato quello uscito dall’assemblea di saba-

to 22 ottobre 2011 a Roma durante il quale è stato nominato il nuovo Consiglio Direttivo: 36 rappresen-tanti provenienti dai CSV di tutte le regioni italiane. Eletti, inoltre, i tre componenti del Collegio dei Ga-ranti e i cinque Revisori dei Conti. Come da Statuto la nuova gover-nance di CSVnet resterà in carica per tre anni con il compito di co-ordinare le azioni del sistema dei

CSV: 75 su 78 in tutta Italia sono i Centri di Servizio per il Volonta-riato che fanno parte di CSVnet, con una rete complessiva che rac-coglie oltre 20mila organizzazioni di volontariato. A breve, inoltre, il Consiglio si riunirà per eleggere il nuovo presidente del CSVnet.Eletti Consiglio DirettivoBerlati Silvia Elena; Billi Gian-carlo; Bonagiunti Elisabetta ; Buc-chi Simone Giovanni; Casagranda Giorgio; Castaldi Gennaro; Coleti

Francesca; Conte Luigi; Dal Molin Maria Rita; D’Alessandro Antonio; Danese Francesca; De Matteis Lu-ciano; De Stefano Genesio Adamo; De Stefano Giuseppe; Di Bonaven-tura Ermanno; Fantin Mariangela; Farru Gianpiero; Franchi Luciano; Franco Rosa; Lacagnina Pasquale; Magliano Silvio; Mantineo Anto-nio; Marchese Pasquale; Marcolini Enrico; Miscione Giuseppe; Mo-starda Adriana; Perpiglia Giuseppe; Petrillo Giuditta; Petrucci Patrizio;

Pistono Andrea; Razzano Renzo; Scravaglieri Carmelo; Squillaci Lu-ciano; Stefani Pierluigi; Tabò Stefa-no; Vallet Luigino.Collegio dei GarantiBrigida Maria Antonia; Staffa Pino; Pappalepore GianvitoCollegio Revisori dei ContiDe Luca Rosina, Iacometta Dome-nico; Mezzasoma Gianluca; (Supplenti) Quarta Antonio;Petrecca Piero.

5SUSSIDIARIETÀ

CASE DELLA SUSSIDIARIETÀPiù che un mero principio, il destino della sussidia-rietà è di passare soprattutto attraverso esperienze e idee concrete da cui partire per innescare pratiche nuove di interazione tra cittadini e cosa pubblica. Il motore di questa alchimia è la creatività respon-sabile e la voglia di partecipare al fine di tutelare i Beni Comuni. Tra le proposte promosse dal Forum Terzo settore, in particolare quello pugliese, spicca quella della costituzione delle “case della solidarietà e dei beni comuni”. Si tratta di strutture capaci di accogliere le istanze che provengono dalla cittadi-nanza e dalle istituzioni su temi ben precisi, al fine di tracciare percorsi di riflessione condivisi. Si tratta di luoghi di promozione e raccolta delle istanze dei cittadini e delle amministrazioni, al fine di costrui-re percorsi di riflessione condivisi sui temi centrali per la società. Uno dei suoi obiettivi cardine, infatti, è quello di «promuovere e sviluppare la coscienza della cittadinanza sulla tutela dei beni comuni», così come ha ribadito Daniele Ferrocino del Forum Ter-zo Settore Puglia, cercando di far dialogare cittadi-ni, associazioni, imprese e istituzioni, mantenendo comunque la propria autonomia. Un progetto dalle enormi potenzialità tanto che il 16 settembre 2011 a Taranto la Regione Puglia, ANCI Puglia, Forum Terzo Settore Puglia, Forum Nazionale Terzo Setto-re, Convol Puglia e CSV Puglia net hanno siglato un protocollo proprio per la loro promozione.

COOPERATIVE DI COMUNITÀPratiche ideate, in cantiere, ma anche pratiche reali

ed esistenti, come quella della “Cooperativa di co-munità”, sperimentata nel comune di Melpignano, una modalità di cooperazione tra pubblico e privato che vede come socio privilegiato l’amministrazio-ne comunale ma che nasce perché una comunità si unisce per decidere del proprio futuro e per creare nuove opportunità di lavoro. L’unica strada, infatti, per salvare i borghi è quella di favorire l’auto-orga-nizzazione e autogestione di alcuni servizi. Un progetto innovativo, concreto, che ha visto la nascita del suo primo progetto, quello legato al fotovoltaico diffuso sui tetti delle case. L’ammini-strazione comunale di Melpignano, infatti, in questi anni ha lavorato al progetto in collaborazione con Officina Creativa s.c.s. e al dipartimento di Inge-gneria dell’innovazione dell’Università del Salento, realizzando uno studio di fattibilità sull’idea proget-tuale. Attraverso la sinergia tra cittadini, imprese e istituzioni, la gestione del bene comune dell’energia sarà innovata secondo principi nuovi, solidali e au-tentici in quanto i proventi del fotovoltaico verranno reinvestiti nella comunità diventando la base eco-nomica su cui avviare una serie di ulteriori servizi quali la sistemazione delle strade, i parchi urbani, l’illuminazione pubblica e tutto ciò che interessa la comunità. Una modalità solidale che permetterà di produrre energia pulita nel rispetto del contesto ur-bano, senza devastare i terreni agricoli e che conte-stualmente, renderà la stessa energia un bene a costo zero per il fabbisogno familiare dei cittadini per i prossimi vent’anni.

Lara Esposito

Sussidiarietà, il valore aggiunto e la possibile solu-zione per una crescita della collettività.

Questo il concetto principale emerso dal convegno te-nutosi nel Rettorato dell’Università di Lecce, nell’am-bito del quinto Forum provinciale del Volontariato che si è tenuto a Lecce il 5 ottobre scorso.Sono circa 20mila i volontari nella provincia più a sud della Puglia, per un totale di 690 associazioni. Un dato che indica una crescita di pari passo con il resto dell’Italia rispetto al capitale sociale, spezzando la con-sueta arretratezza meridionale, ma che evidenzia nello stesso tempo, la gravità, se si pensa alla scarsa parte-cipazione nelle pratiche programmatorie. Un esercito di associazioni escluse dai tavoli istituzionali in cui si programmano e decidono i servizi per le persone e per la salvaguardia del territorio e dei beni culturali. Un quadro preoccupante che disegna la necessità di ridi-scutere le pratiche di partecipazione sui territori, pun-tando sul ruolo attivo della cittadinanza. E proprio sul binomio cittadinanza- istituzioni, si fonda il principio di sussidiarietà circolare teorizzato da Peppino Cotturri, docente dell’Università di Bari. «Un nuovo tipo di governo della cosa pubblica, spiega il docente, che agisce nel momento in cui né i cittadini da soli dal basso, né le istituzioni, dall’alto, possono de-terminare il cambiamento». Un principio già contenuto nell’articolo 118 della Costituzione, in cui emerge la potenzialità della sussidiarietà orizzontale, che in una deriva neoliberista ha finito invece per avviare forme di privatizzazioni. Oggi, in questo momento di estre-ma difficoltà economico sociale, travolti dalla spirale

di autorestrizione, torna con attenzione, quella norma che indicava una strada diversa e che parlava di un si-stema basato sul giusto equilibrio e sullo scambio tra la sussidiarietà orizzontale, fatta dai cittadini, e quella

verticale, dettata dalle istituzioni; la teoria, appunto, della sussidiarietà circolare.«Il Welfare State, fa notare ancora Cotturri, è un diritto, non una gentile concessione, e i tagli effettuati al Terzo settore, mettono ancora più in luce come negli ultimi anni, gran parte della crescita del Paese sia stata deter-minata proprio da associazioni e cooperative». A que-sto risponde Piero D’Argento, esperto di politiche so-ciali della Regione Puglia. «Le politiche sociali, spiega

D’Argento, sono sempre state la cenerentola della poli-tica» e con questi tagli al sistema di welfare, un sistema già così debole, dovranno reinventarsi praticamente dal nulla. «Nel 2014, aggiunge, in Puglia ci troveremo da-

vanti ad una riduzione del 60% delle risorse che oggi sono state previste nei Piani sociali di zona. Lo svilup-po di capitale sociale, è un fattore predittivo del corretto funzionamento delle politiche pubbliche e dunque del sistema dei servizi sociali sul territorio. Laddove la rete esiste e si costruisce una dimensione di bene comune, il Piano di zona funziona, i servizi funzionano e rispon-dono ai bisogni reali dei cittadini».

Laura Mangialardo

ESPERIMENTI DI SUSSIDIARIETÀ

SUSSIDIARIETÀ, IL VALORE AGGIUNTO

Due pratiche concrete di proficua partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica

Dai tagli operati dalla manovra, alle occasioni per ripensare modalità nuove di costruzione delle politiche attive dei territori: il resoconto del convegno “Chiamati a partecipare”

da noi. Lo sguardo del volontariato sui bisogni del territori”, una analisi atroce e vera delle sette piaghe del Salento (povertà, disabilità, carcere, sanità, ambiente, immigrazione, psichiatria). Ab-biamo capito che non serve aprire un fronte di guerra con nessuno: le guerre alimentano e con-solidano soltanto le ragnatele del potere. Invece, oltre a “fare concretamente” come i volontari fanno ogni giorno, oltre a sdegnarsi per quello che non va, è necessario avviare anche una ope-razione di “contaminazione” culturale: puntando a informare (e formare) gli uomini e le donne dei partiti circa la verità dei fatti economici e sociali del loro territorio e quindi circa la necessità di darsi una strategia politica condivisa con i citta-dini singoli e associati; puntando sulle giovani generazioni e sulle persone che non sono state assorbite nel morbo del qualunquismo e dell’af-farismo, per indurle a dare il loro contributo alla costruzione dei Beni Comuni.La stagione che si apre per il nostro paese e per il Salento, potrebbe essere quella giusta per dare una svolta reale nella direzione del giusto cam-biamento. A condizione che la politica rispetti i volontari vivi (non solo quelli morti) e partecipi a percorsi di condivisione delle responsabilità, nella logica dell’art. 18 della Costituzione (Prin-cipio di sussidiarietà). I volontari lo vogliono, e ci credono, e sperano, con la speranza di cui par-la Sant’Agostino: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle”.

LO SDEGNO E IL CORAGGIOContinua dalla prima pagina

Un momento del convegno nel Rettorato dell’Università di Lecce

6POVERTÀ

PER PICCINA CHE TU SIA

RAPPORTO POVERTÀ, LA PUGLIA AL QUINTO POSTO

SENZA PIÙ IL MATTONE

Secondo Caritas Zancan il tacco d’Italia ha l’incidenza di povertà relativa superiore alla media nazionale

Affitti da capogiro, tagli e crisi economica fanno aumentare pericolosamente nel Salento gli ordini di sfratto. Sono queste le nuove povertà La crisi sfalda ogni certezza,

la gente è impaurita e più di tutti la famiglia trema

Secondo lo studio “Poveri di dirit-ti”, il Rapporto 2011 su povertà ed

esclusione sociale in Italia presentato nei giorni scorsi a Roma da Caritas Ita-liana e Fondazione Zancan, la Puglia è la quinta regione più povera d’Italia. Nella nostra regione, infatti, l’incidenza della povertà relativa è superiore alla media nazionale. In totale sono 8,3 milioni i cittadini che in Italia vivono in povertà, pari al 13,8% dell’intera popolazione. Le più colpite sono le famiglie nume-rose, monogenitoriali e del Sud. Ma il dato più drammatico, probabilmente, riguarda i giovani: il 20% delle perso-ne che si rivolgono ai Centri di ascolto della Caritas ha meno di 35 anni. In soli cinque anni, dal 2005 al 2010, il numero di ragazzi è aumentato del 59,6%. «Rispetto al 2008 – è scritto nel Rappor-to – si evidenzia in Puglia una situazio-ne di sostanziale miglioramento, con se-gnali positivi in quasi tutti gli indicatori, eccetto quello relativo al numero di fa-miglie che non riescono a sostenere spe-se impreviste di 750 euro». Nel 2010, dunque, diminuiscono le famiglie che non riescono a riscaldare la casa ade-guatamente (-15,8%), le famiglie che

non riescono a fare un pasto adeguato almeno ogni 2 giorni (-15,6%), le fami-glie che arrivano a fine mese con molta difficoltà (-12,6%); «Il Rapporto propone inoltre un’atten-

ta analisi della spesa dei Comuni per la povertà e il disagio economico. Se-condo la rilevazione, negli ultimi due anni la spesa assistenziale dei comu-

ni è aumentata del 4%, la spesa per la povertà dell’1,5% e quella per il disa-gio economico del 18%. Gli enti locali continuano a investire tante risorse assi-stenzialistiche nel contrasto alla pover-

tà, ma con scarsi risultati. Il problema è sempre lo stesso: la prevalente logica emergenziale in base alla quale è prefe-ribile erogare contributi economici piut-

tosto che attivare servizi. Questo modo di rispondere alla povertà non incentiva l’uscita dal disagio ma, anzi, rischia di rendere cronico il problema. Lo dimo-stra il fatto che, a fronte dell’aumento di risorse, non si è registrato il corrispetti-vo calo del numero di italiani poveri». Per migliorare la situazione, i curatori del Rapporto consigliano «di incremen-tare il rendimento della spesa sociale. La seconda è di recuperare i crediti di solidarietà (basati sull’erogazione di fi-nanziamenti a favore di persone che si impegnano effettivamente in progetti di sviluppo locale) destinandoli in via prioritaria a occupazione di welfare a servizio dei poveri». Infine, le Caritas diocesane continuano a segnalare un progressivo aumento del numero di persone che si presentano ai Centri di Ascolto (CdA) e ai servizi Caritas. Da una rilevazione su un cam-pione di 195 Centri di Ascolto, ubicati presso 15 regioni civili, - evidenzia il Rapporto - risulta che nel corso degli ultimi 4 anni (2007-2010), il numero di persone ascoltate è aumentato del 19,8%. L’aumento più elevato si regi-stra nel Sud Italia (+69,3%).

Non sembra esserci un aspetto della vita di milioni di persone sul quale non si facciano sentire gli effetti

della crisi economica e sociale in atto. Oltre alla disoc-cupazione, ai tagli ai servizi sanitari, al ricorso alla cas-sa integrazione, alle basse retribuzioni pensionistiche, anche a Lecce cresce in modo sempre più drammatico il problema della casa e del diritto all’abitare.Sempre più famiglie o pensionati non solo hanno dif-ficoltà ad arrivare alla fine del mese, ma non riescono neppure a pagare gli affitti delle proprie abitazioni cau-sando un vorticoso aumento delle attività di sfratto. Per Mario Vantaggiato, responsabile del settore privato del Sindacato unitario nazionale degli inquilini e degli affit-tuari, «uno dei dati più preoccupanti riguarda il numero di ordini di sfratto nella provincia di Lecce i quali, stan-do alle rilevazioni del 2009-2010 sono 881, dei quali quasi 500 già eseguiti».Un altro aspetto allarmante e che tende a confermare l’esistenza di un vero problema sociale riguarda l’inci-denza delle azioni di sfratto. Se fino a qualche anno fa i contratti erano interrotti solo per il 10% a causa di un ordine di sfratto per il mancato pagamento del canone, oggi questi casi rappresentano l’80 per cento.Dati incredibili per un territorio storicamente legato al “mattone” e nel quale, stando ai dati proposti da Vantag-giato, circa il 75-80% è proprietario di una abitazione.Ma può da sola la crisi economica ed occupazionale spiegare la rinascita di queste forme di disagio socia-le? Per Vantaggiato, oltre al problema della perdita del lavoro, ci sono altri fattori. Uno è quello riguardante l’aumento incontrollato dei prezzi degli affitti nella città di Lecce. «Si può arrivare a pagare anche 1000euro per

una casa in periferia – commenta Vantaggiato – perché non c’è una politica di controllo sul mercato degli affitti e sulla definizione del costo dei canoni». Se da un lato quindi i proprietari tendono ad aumentare i prezzi dei canoni (anche perché possono farlo adeguando il valo-re del canone all’indice Istat), dall’altro le pensioni, gli stipendi dei dipendenti o le casse integrazioni sono sem-pre quelle e rincorrere le scadenze per pagare l’affitto è sempre più difficile.Un altro aspetto è la mancanza di politiche abitative lungimiranti, sia a livello locale sia nazionale. Sul pia-no locale, sostiene Vantaggiato, «mentre noi chiediamo al comune un maggiore impegno in politiche abitative, questo vende stabili abbandonati come caserme, ospeda-li o grandi edifici che dovrebbero essere invece adibiti a nuove case». Sul piano della politica nazionale, continua Vantaggiato, «il fondo nazionale per il sostegno all’af-fitto è stato più che dimezzato passando dai 20 milioni di euro nel 2004 ai 9milioni del 2010 e pare che con la prossima finanziaria sarà azzerato». Per ora il sostegno regionale sembra quello più importante in quanto il fon-do stanziato dalla Regione Puglia ammonta a 15milioni, quasi il doppio rispetto alle somme previste dal governo.Per il momento, dal governo centrale, sono stati stanzia-ti per la città di Lecce circa 300mila euro da destinare al sostegno per gli affitti. Il bando comunale, pubblicato l’11 ottobre scadrà a giorni e le domande saranno più di 3mila, letto in altri termini vi sono migliaia di famiglie e pensionati che, nella città di Lecce, non sono neanche in grado di assicurarsi in autonomia un’abitazione ed un tetto. A nuovi tagli, seguono insomma nuove povertà.

Luigi Apollonio

Pur restando uno dei capi saldi della società, la famiglia italiana

trema e si appoggia sulla solidità del suo stesso sistema relazionale.Questo è quanto emerge dalla ri-cerca Eurisko e Centromarca per Famiglia Cristiana.Una forma di ritorno al mutuo soccorso, per superare le difficoltà economiche e le preoccupazioni. Prima tra tutte, la preoccupazio-ne nella mancanza di basi per il futuro, che affligge l’81% degli italiani, ma anche la consapevo-lezza, del 52%, del peggioramento del livello di vita, in Italia più che Unico motivo di soddisfazione è la famiglia, con una percentuale del 45%, mentre solo il 7% degli inter-vistati si può ritenere soddisfatto del proprio reddito e tenore di vita.In questo quadro depressivo la fami-glia è anch’essa vittima della crisi, secondo il parere del 62% delle stes-se famiglie, con tutti i cambiamenti che ormai la interessano, con figli incapaci di uscire dal nucleo fami-liare e con libertà sempre più limita-te proprio a causa della mancanza di una stabilità economica.

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

2007 2008 2009

22,16%

25,17%26,65%

Fonte: elaborazione Provincia di Lecce su dati U�cio statistica e Istat

Percentuale delle persone in cerca di occupazione iscritte presso i Centri per l'impiego della provincia di Lecce, calcolata su popolazione in età attiva

residente in provincia nel triennio 2007-2009

7DOSSIER VISTI DA NOI

Una provincia in bilico tra la necessità di “tamponare” le situazioni di disagio ed il bisogno di offrire risposte di ampio respiro, fuori da una logica di assistenza,

orientate alla cooperazione e allo sviluppo del territorio. Questo il quadro che emer-ge dall’indagine sulle povertà nella provincia di Lecce condotta dal Csv Salento dando spazio al lavoro e al punto di vista di associazioni, parrocchie, Caritas, Co-muni. Le nuove povertà, accanto al disagio più grave, più manifesto e conclamato, si insinuano silenziose e senza dubbio meno evidenti coinvolgendo famiglie con un solo stipendio, donne sole con figli minori, chi sull’onda della crisi economica ha perso il posto di lavoro senza riuscire a tenere la casa, i cassaintegrati figli delle vertenze in corso sul territorio. In una provincia marginalizzata sul piano industriale – anche se Unioncamere registra segnali incoraggianti dal secondo trimestre 2010 – con una forte presenza di economia irregolare, il disagio si manifesta sul fronte ali-mentare, coinvolge il mondo del lavoro, mette a rischio la possibilità di soddisfare il diritto alla casa. Ad oggi sono circa 41mila in tutta la provincia le persone assistite dal Banco delle Opere di Carità, quasi il doppio rispetto al 2010.

Tra loro ci sono sia coloro che si trovano al di sotto della soglia di 800 euro al mese, in situazioni di povertà assoluta, ma anche coloro che oggi vivono la difficoltà nuo-va di arrivare alla fine del mese. Presso la Chiesa di San Giovanni Battista a Lecce,

dove è parroco Don Attilio Mesagne, direttore della Caritas diocesana, può accadere di esaurire anche in un paio d’ore più di 200 pacchi dono distribuiti a persone che ar-rivano da tutta la diocesi. Lo scenario complessivo di impoverimento del territorio, con una crescita progressiva delle persone in cerca di occupazione dal 2007 in poi, chiama in causa anche la riduzione dei redditi delle famiglie e dunque il mercato del lavoro. A pagare uno dei prezzi più alti i giovani, che a causa della riduzione dei posti di lavoro e della crescente precarietà di quelli disponibili si trovano senza potere contrattuale, accettando condizioni di impiego precarie e bassi salari pur di non cadere nel licenziamento e nella disoccupazione.

Anche la crescita dell’emigrazione, con 10mila giovani laureati che hanno lasciato la Puglia nel 2009 secondo i dati Ipres, non risolve i problemi, complice una pre-carietà lavorativa ormai nazionale. I giovani emigrati dal Sud verso il Nord Italia, quindi, rischiano oggi di produrre rimesse negative e soprattutto di continuare ad essere mantenuti dalle famiglie di origine. Qui risiede, in parte, una spiegazione della contrazione della capacità di risparmio delle famiglie, sempre più essere riser-vata a chi dispone di redditi molto alti. E nelle banche, in questa logica, si stanno diffondendo i “mutui finalizzati alla liquidità”: le famiglie chiedono soldi non allo scopo di acquistare un bene ma proprio per arrivare alla fine del mese, far fronte a debiti assunti in precedenza, in molti casi aiutare i figli. In evoluzione sul territorio la situazione sul fronte casa, che sembra manifestarsi con proporzioni maggiori su Lecce e in modo meno grave a livello provinciale.

«Abbiamo preso un coltello e abbiamo tagliato il Salento per capire cosa c’è dentro»: con questa metafora Luigi Russo, presidente del CSV Salento, ha

presentato il lavoro di “Visti da noi”, 7 dossier tematici, resoconto di un laborioso raccordo che tra il 2010 e il 2011 ha interessato associazioni di volontariato, gior-nalisti, esperti di settore, economisti, sociologi sullo stato di Ambiente, Povertà, Disabilità, Psichiatria, Sanità, Carcere e Immigrazione nel nostro territorio. Sette inchieste giornalistiche curate dalla redazione di “Volontariato Salento” nate dalla volontà delle associazioni che fanno parte delle Consulte, un organismo parteci-pativo del CSV Salento, per capire e leggere il territorio della provincia di Lecce

da diversi punti di vista e di essere uno strumento in più per i volontari. «La seconda fase di questo lavoro – annuncia Luigi Russo – sarà la nascita di la-boratori socio-politici permanenti tra politica e volontariato, nei quali affrontare, con gli interlocutori interessati ai vari settori (politici, volontari, esponenti della cultura, chiesa), i problemi emergenti, nel tentativo di individuare anche azioni coerenti di risposta politica e culturale. L’idea – continua Luigi Russo – è quella di contribuire a costruire un “sistema Salento” in cui Pubblica Amministrazione – Mercato - Terzo Settore (in particolare il volontariato) siano protagonisti coor-dinati ed efficaci di sviluppo e qualità della vita».

La sfida delle nuove poverta'Il disagio sociale e la crisi del ceto medio nella provincia di Lecce tra comuni che “navigano a vista” e terzo settore

supplente. In un anno quasi raddoppiate le persone assistite attraverso il Banco delle Opere di Carità. In crisi la capacità di risparmio delle famiglie. Le banche rispondono con il “mutuo finalizzato alla liquidità”

Una fotografia del nostro territorio per fare luce sulla deriva ambientale, l’incremento di nuove povertà, le quotidiane sfide della disabilità, i tanti volti nascosti della psichiatria, le ripercussioni dei tagli alla sanità,

la drammatica situazione del carcere e le difficoltà di dialogo e integrazione dell’immigrazione osservate attraverso la lente del mondo del volontariato a cura della redazione

di “Volontariato Salento”, il mensile del CSV SalentoA cura di Serenella PASCALI e Lara ESPOSITO

Ospedale Posti letto (HSP 1.1.2010) Rideterminazione

Lecce 649 687

Casarano 277 277

Gagliano del Capo 76 0

Copertino 168 153

Nardò 103 58

Maglie 64 0

Scorrano 147 147 (in futuro 206)

Poggiardo 73 73 (in futuro 0)

San Cesario di Lecce 83 90

Campi Salentina 57 0

Gallipoli 223 219

Galatina 228 261

TOTALE 2148 1965 (in futuro 1951)

Provincia di Lecce anno 2008 anno 2009 anno 2010

Numero ricette 8.514.801 8.950.809 5.518.084

Spesa farmaceutica € 184.621.159,31 € € 191.941.019,81 € € 117.480.577,33Dati Federfarma Lecce

Area Gruppo Tempo max ministeriale

Denominazioneministeriale

Sede I° data disponib.

Attesa in giorni

Area Onco-logica

Risonanza magnetica

60 gg. RMN Cervello e tronco encefalico

Poliamb. Lecce (con MDC)

19/01/11 184

Area Onco-logica

Risonanza magnetica

60 gg. RMN Cervello e tronco encefalico

Poliamb. Lecce (senza MDC)

29/11/10 133

Area Onco-logica

Ecografia 60 gg. Ecografia Addome P.O. Gagliano 2/10/10 75

Area Onco-logica

Ecografia 60 gg. Ecografia Mam-mella

P.O. Campi (U.O. Ginecol.)

23/09/10 66

Area Onco-logica

Esami Spe-cialistici

60 gg. Colonscopia (no screening)

P.O. Gallipoli 23/09/10 66

Area Cardiova-scolare

Generale 30 gg. Visita cardiologica Poliamb. Casarano

29/09/10 72

Area Cardiova-scolare

Ecografia 60 gg. Ecografia Cardiaca P.O. Scorrano 7/12/10 141

Area Cardiova-scolare

Ecografia 60 gg. Ecocolordoppler dei tronchi sovra aortici

P.O. S. Cesario 3/02/11 199

Area Cardiova-scolare

Ecografia 60 gg. Ecocolordoppler dei vasi periferici

P.O. S. Cesario 3/02/11 199

Estratto rilevazioni del 20/07/2010 tramite sistema Cup

8DOSSIER VISTI DA NOIQuali risposte dai comuni? Emerge una situazione di stallo, accompagnata da al-cuni tentativi di incidere in modo più efficace attraverso azioni fuori da una logica puramente assistenziale. Accanto ai sussidi economici, quindi, si diffondono borse lavoro, tirocini formativi, iniziative per promuovere il lavoro femminile, contrastare la disoccupazione di lunga durata. Un nodo critico resta il rapporto delle ammini-strazioni locali con il volontariato: tranne qualche buona eccezione, risulta assente o ridotto ad un supporto di enti, i Comuni soprattutto, in empasse. L’associazionismo

così continua a rischiare di essere “sfruttato” e confinato nel compensare la scarsità di risorse delle istituzioni. Il messaggio delle associazioni che hanno partecipato all’indagine è chiaro: le istituzioni devono farsi carico di questi problemi. Accanto all’assistenza materiale che riescono ad offrire, le associazioni cercano di dare aiuto morale, educazione, ascolto, di accompagnare verso l’autonomia. Si tratta in molti casi di capire bisogni non detti, tenuti nascosti. Eppure proprio nella solidarietà tra cittadini, tra famiglie, si trova uno dei punti di forza per contrastare il disagio.

Una sanità provinciale alle prese con una sfida durissima, quella del Piano di rien-tro varato dal Consiglio regionale, su indicazione del Governo nazionale. Oltre

600milioni di euro di deficit, un piano di riordino che rivoluziona l’approccio stesso al tema salute, l’esigenza di tirare la cinghia, tagliando servizi e strutture, il fronte personale divenuto critico dopo le sentenze della Corte Costituzionale sulle interna-lizzazioni e sulle stabilizzazioni, l’82% della spesa regionale destinato alla Sanità, una Regione che è tenuta sotto costante attenzione da parte del Governo e messa sotto pressione ad ogni passo. Un Piano di rientro che nella nostra provincia sacrifica gli ospedali di Maglie, Gagliano del Capo, Campi Salentina e San Cesario di Lecce e sop-prime 197 posti letto. Un taglio bilanciato da una serie di riconversioni e investimenti non ancora completati o pensati solo quale prospettiva futura, come la creazione delle Case della salute e di due nuovi grandi nosomocomi pubblici (Maglie-Poggiardo-Scorrano e Galatina-Copertino-Nardò) e il potenziamento di quelli già esistenti di Lecce e Casarano.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione per trasformare un sistema sanitario locale nettamente “ospedalocentrico” in uno nuovo che si basi di più sull’assistenza territo-riale. Ma come ogni rivoluzione, anche quella sanitaria è piena di incertezze e rischia di lasciare imperdonabili lacune proprio in questa delicata fase di passaggio. Basti pensare che i tagli dovrebbero essere in qualche modo compensati dalla rete di assi-stenza territoriale, che vanta in provincia numeri impietosi: l’Assistenza Domiciliare Integrata, ad esempio, raggiunge solo l’1,8% della popolazione anziana autosufficien-te, molto lontano dalle cifre di Brindisi (6,6%) e di Taranto (4,2%). In pratica, o ci si affretta subito o si rischia di lasciare sole le fasce più deboli. A rendere più gravoso il panorama per i cittadini pugliesi si è aggiunto, inoltre, il ritorno dei ticket per i disoc-cupati e i cassintegrati.

Il contesto in cui questa rivoluzione prende forma non è certo dei più rosei in quan-to sconta le difficoltà di comunicazione e collaborazione dei tre livelli assistenziali – medicina di base, rete ambulatoriale, strutture ospedaliere – che si rimpallano le responsabilità di un sistema in stallo. Basti pensare ai medici di base costretti a garanti dell’economia delle casse dello Stato più che della salute dei propri pazienti, tacciati

di iper-prescrizione di farmaci – con oltre 5milioni e mezzo di ricette emesse nel solo primo semestre 2010, una spesa media di quasi 152mila euro per ogni medico – ma anche di visite ed esami diagnostici. Uno dei nodi cruciali dell’intero settore è quello delle persistenti liste d’attesa, che costringono i cittadini ad attendere più di 6 mesi per una risonanza magnetica, oltre 6 mesi e mezzo per un ecocolordoppler, quasi 5 mesi per un’ecografia cardiaca ma anche 6 ore al Pronto soccorso del Vito Fazzi di Lecce, congestionato da una media di 250 accessi giornalieri, per il 70 % codici bianchi o verdi per i quali la struttura ospedaliera si trova a supplire alle mancanze degli altri livelli assistenziali, pur in una situazione di sottodotazione organica difficil mente gestibile.

Ma sono un po’ tutti gli angoli della Sanità pubblica a soffrire di carenze organizzati-ve, strutture inadeguate, personale insufficiente. Il deficit sanitario si legge nelle facce dei genitori dei bambini nati prematuri, costretti al Vito Fazzi in spazi ridotti, in cui le cullette sono ammassate in un’unica stanzina nella quale sono accolti anche piccoli con altre patologie e in cui il personale, anche quello essenziale, è ridottissimo. O in quella dei migliaia di malati oncologici del Salento, che in un sistema di assistenza domiciliare di fatto inesistente, devono contendersi i 78 posti letto della provincia – ridotti a 66 dal Piano di rientro – e i due soli hospice a servizio anche di Brindisi e Taranto. I tagli calano come una scure su strutture come quelle della dialisi pubblica, già sature e bisognose di interventi, al punto tale da portare a pensare che «ad un’ap-plicazione puntuale della normativa sull’accreditamento delle strutture della Regione Puglia l’80% delle strutture risulterebbero probabilmente inidonee», come sostenuto dall’associazione Nazionale Dializzati e Trapiantati.Il volto umano delle associazioni di volontariato spesso supplisce alla Sanità “dei numeri”, in funzione ora di collaborazione, ora di denuncia. Lo fanno con i tanti vo-lontari ospedalieri che si alternano al capezzale degli ammalati, anche solo per una parola di conforto o per aiutarli a mangiare. Lo fanno supplendo gratuitamente alle carenze del sistema di trasporto per i malati oncologici, come fa la Lilt provinciale. O formando e pagando il personale mancante, come l’associazione L’Abbraccio nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale del Vito Fazzi di Lecce. Un volontariato attivo, a volte supplente, sempre determinato nella sua funzione di fattore di cambiamento, per ricucire i “tagli” di una Sanità a brandelli

SanitA', chi ricuce il taglio?Oltre 600milioni di deficit da risanare: è questa la dura sfida del Piano di rientro trascina con sé lacune di assistenza

e solitudini. Nella provincia di Lecce sono stati soppressi 197 posti letto. Un taglio bilanciato da una serie di riconversioni e investimenti non ancora completati o pensati solo nella prospettiva futura,

cui si aggiunge una medicina di base sempre più burocratizzata, con oltre 5milioni e mezzo di ricette emesse nel solo primo semestre 2010, attese di oltre 6 mesi per una risonanza magnetica

o per un ecodoppler e di quasi 5 per un’ecografia cardiaca

9DOSSIER VISTI DA NOI

Chi è più sordo? Un ipoacusico o un Ente locale che fa orecchie da mercante alle richieste di eliminazione delle barriere architettoniche?

Chi è più cieco? Un non vedente o una comunità cittadina e una classe imprenditoria-le miope che giudica le persone solo in base alla loro produttività? Chi è più muto? Chi ha problemi di espressione verbale o le Istituzioni pubbliche che non informano i cittadini dei loro diritti socio sanitari (qualora vengano garantiti)?Lo stato della disabilità nella provincia di Lecce è segnato, al più, da servizi inesi-stenti o “virtuali” come la Porta Unica di accesso, prevista dalla legge nazionale sui servizi sociali (L. 328/2000) e dalle normative regionali, che consentirebbe a chi ha problemi di salute e ha anche un bisogno sociale di non girare tra mille sportelli in cerca di risposte, accedendo invece in unico luogo di raccolta del bisogno. Elementari diritti ad una vita da cittadini negati, a causa dell’atavico problema delle barriere archi-tettoniche: a Melissano l’ufficio postale è inaccessibile, mentre ad Alessano è il Muni-cipio ad essere off limits per i disabili fisici. Due esempi tra tanti, eppure i fondi ci sono.Integrazione scolastica affidata alla buona volontà e alla sensibilità di docenti e presi-di, tra tagli di risorse e battaglie tra istituzioni (Asl, Comuni e Provincia) per definire “chi deve fare cosa”.2.187 sono gli alunni (anno 2010) con disabilità iscritti nelle scuole della provin-cia di Lecce, di ogni ordine e grado, a fronte di 1.166 insegnanti di sostegno con un rapporto di 0,53. Il che significa che ogni insegnante ha in carico in media due alunni. A questo si aggiunge il fatto che i PEI (Piani educativi individualizzati), che dovrebbero personalizzare il piano di studi a seconda dei limiti e delle abilità residue, in molti istituti vengono copiati da quelli redatti in precedenza per altri alunni, come denunciano genitori e insegnanti.Sono 1.971 le persone in riabilitazione in provincia di Lecce. Diverse le esperienze

raccolte nel dossier: a volte positive, altre discrete grazie alla professionalità degli operatori e alla loro coscienza, altre fortemente negative. Un dato è certo: il setto-re della riabilitazione ha bisogno di una revisione, per ammissione della stessa Asl. Attualmente molto si poggia sui centri privati convenzionati che, tra luci e ombre, la fanno da padrone. Continuano invece i viaggi della speranza delle famiglie che si ritrovano doppiamente beffati: la prima volta per aver speso i soldi, la seconda per non poter effettuare le terapie mediche consigliate dagli specialisti oltre confine regionale o nazionale. Sono invece 22.085 i disabili nelle liste provinciali del collocamento (il 5% in più rispetto al 2008), una lista d’attesa lunga con poche chance. Crollano le percentuali di inserimenti lavorativi di persone con disabilità, scese del 37,5% dal 2008 al 2009, non solo per la crisi economica ma per la permanenza di antichi pregiudizi: «Mi sono presentato ad una ditta che appariva nelle ‘scoperture’. Appena ho iniziato a parlare con il datore di lavoro, lui mi ha interrotto dicendomi: ‘Non voglio disabili, anche se ti prendo, tra due o tre mesi, ti licenzio o ti licenzi’». Questa una delle esperienza narrate da un giovane con disabilità. Qualche luce si intravede nell’investimento per la creazione delle strutture: sette centri diurni e un “Dopo di Noi” sono stati attivati nel 2010 con 4milioni di euro di finanziamenti. Altri sei centri diurni semiresidenziali e due “Dopo di Noi” sono stati previsti nella nuova programmazione dei piani sociali di zona per oltre 2,2milioni di euro. Manca una riflessione culturale, a livello politico, sul valore e sul contributo sociale che i disabili possono avere e offrire. Per un assessore ai servizi sociali di un Co-mune della provincia di Lecce lo scopo dei centri diurni, ad esempio, è «risolvere... tamponare il problema, giusto per tenere impegnati questi qua».

È uno dei settori sociosanitari di cui si parla di meno e quando se ne parla, lo si fa spesso in maniera inappropriata ma col tempo qualcosa inizia a smuoversi

nei riguardi della malattia psichiatrica. Su vari fronti: quello legislativo, perché dopo 33 anni di glorioso servizio la legge 180/78, meglio conosciuta come “Legge Ba-saglia” pare aver già bisogno di una revisione. Le nuove proposte parlano però di un prolungamento dei TSO, Trattamenti Sanitari Obbligatori in ospedale, persino in strutture private anche se in provincia di Lecce hanno raggiunto una frequenza altis-sima, 383 conto i 271 di Bari. Nel territorio, inoltre, la distribuzione delle strutture per la cura delle malattie psichiatriche è piuttosto disomogenea. È carente l’offerta pubblica: sono 5 le strutture riabilitative assistenziali su tutto il territorio, nessun cen-tro diurno in tutta l’area del sud Salento. Il privato sociale sopperisce alla mancanza delle strutture, soprattutto in materia di residenzialità, ma assorbe i 2/3 delle già scarse risorse destinate al settore. Il personale specializzato è sottodimensionato e inadeguato rispetto al fabbisogno e alla normativa sia nei Centri di Salute Mentale sia nei Servizi ospedalieri psichiatrici. Il 50% dei SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) provinciali opera in ospedali privi della rianimazione e di altri reparti essenziali a gestire le emergenze. Mancano i fondi per la prevenzione e per le strutture per l’assistenza leggera e le persone stabilizzate.Altro servizio carente a causa della mancanza di risorse è l’assistenza domiciliare. Azio-ni per le quali non sono i pazienti a dover ricorrere alle strutture di cura o riabilitazione, ma le terapie vengono svolte direttamente in casa di coloro che ne hanno necessità.Esistono ancora nelle strutture residenziali persone che da molti anni vi sono ricoverate, ma una nuova disposizione regionale, la cosiddetta “18+18”, porterà alla fuoriuscita di molti di essi da questi centri, destinazione Gruppi appartamenti e Case per la vita. Che però non ci sono: nella nostra provincia, nonostante il Piano regionale delle politiche sociali attualmente vigente li consideri obbligatori, sono quasi completamente assenti. Intanto incombe anche la minaccia della mancata riapertura a pieno regime dei sei centri diurni esistenti. Il 19 settembre scorso la Asl, grazie all’infaticabile impegno

delle famiglie e delle associazioni, ha accordato una nuova proroga per la ripresa delle attività che erano state sospese nell’agosto 2011, a causa del piano di riordino e di ade-guamento alla normativa. Restano però fermi gli interrogativi sul personale sanitario e le preoccupazioni delle famiglie di una virata verso la medicalizzazione del servizio.Ombre anche su un’altra legge che rischia di costare molto cara alle casse dell’ASL, il Regolamento regionale n.11 dell’8 luglio 2008, che legittima il cosiddetto “Vuoto per pieno”. Secondo la norma, le ASL pugliesi dovrebbero pagare le strutture riabilitative private non più in base al numero di utenti presenti ma con un importo forfettario, sulla scorta dei posti letto teorici, anche se vuoti. Il Dipartimento di Salute Mentale di Lecce sinora resiste, ma essendo la legge in vigore, sarebbe sufficiente un semplice ricorso al TAR per dare la stura ad un dannoso processo.Piccoli successi si riscontrano con le borse lavoro, previste in tutti gli ambiti territoriali con la seconda programmazione dei piani sociali di zona: 150 i progetti finora attivati, in alcuni casi i pazienti sono stati assunti dalle ditte stesse dove hanno fatto lo stage formativo e di inserimento lavorativo.Resta pesante e incombente l’ombra della contenzione, una pratica medica an-cora oggi troppo spesso utilizzata negli SPDC della provincia di Lecce, sulla cui legittimità ed efficacia tanto si discute a livello nazionale. «I miei lividi – rac-conta chi ha subito l’umiliazione della contenzione – quelli dei lacci sul corpo, sulle mie gambe, sulle mie braccia, quelli si trasferiscono dritti nella mente e non ti lasciano più, ti legano la mente, come il corpo, per sempre».Anche il mondo associazionistico sembra essere qualche passo indietro rispetto alle altre associazioni, demandando invece il grosso dell’impegno agli addetti ai lavori: sono poche le associazioni che si occupano strettamente di persone con disagio psichiatrico, in provincia di Lecce. Nella maggior parte dei casi i servizi del volontariato per questa utenza sono inclusi nel novero delle attività a favore delle disabilità più ampie. Sono soprattutto i familiari ad associarsi, ma l’attività è spesso autoreferenziale.

Doppio handicap

Psichiatria, 180 passi indietro

Nonostante anni di lotte sociali da parte delle associazioni, molti aspetti dell’integrazione delle persone con disabilità fisiche e sensoriali restano al palo. Prime tra tutte quella scolastica e lavorativa.

Saldi positivi nella realizzazione di strutture residenziali e semiresidenziali, ma con il rischio che diventino “luoghi parcheggio”, senza una riflessione culturale sul valore delle persone disabili, o peggio ancora

che rimangano chiuse per mancanza di fondi per la gestione

Un settore di cui si parla poco e male, soprattutto per episodi di cronaca. Persone su cui aleggia ancora il pesante velo dello stigma, come se la malattia mentale fosse una colpa. Un ambito sanitario in cui le risorse (economiche, umane

e infrastrutturali) sono poche e distribuite in maniera disomogenea. A soli 13 anni dalla chiusura dell’O.P.I.S., incombe ancora il fantasma dei “manicomi”. Alla provincia di Lecce il triste primato pugliese dei ricoveri obbligatori

10DOSSIER VISTI DA NOI

Scoppiare di carcere

Ambiente, la deriva del Bene Comune

1.441 detenuti nel carcere di Lecce con un indice di sovraffollamento del 120%. Il 90% ha problemi di ansia e depressione. 718 agenti di polizia penitenziaria, circa 200 quelli assenti. Di questi 140 hanno certificati brevi, ma 61 soffrono

di patologie depressive. 251 i poliziotti effettivi nei reparti e nelle sezioni. Si contano 3 suicidi nel 2010. Alta la presenza di stranieri (circa il 20%) e tossicodipendenti attivi (oltre il 16%). La sanità pubblica non riesce

a far fronte ai problemi: sono 80 le visite giornaliere dei medici in carcere, oltre 24mila in un anno

Un territorio, quello salentino, con un elevatissimo tasso di mortalità per tumore, percentuali dal 5 al 20% più alte della media regionale soprattutto per «le malattie che più si correlano con i fattori di inquinamento ambientale».

Nonostante l’allarme salute, sono sempre più numerose le querelle aperte per progetti di megaimpianti industriali,inceneritori e gestione dei rifiuti, superstrade e consumo del territorio, gestione degli impianti di fotovoltaico

e eolico, discariche, depuratori, scarichi abusivi, trivellazioni e ogni tipo di inquinamento del mare. A sostenere le battaglie contro la deriva ambientale, associazioni, gruppi formali e informali, troppo spesso lasciate soli

Tutta la vita in una bara. Le dimensioni di una bara sono generalmente di 1,70 metri di lunghezza, 40 centimetri di altezza. All’incirca lo spazio che un dete-

nuto del carcere Borgo san Nicola di Lecce ha per tutto il tempo della sua deten-zione, che siano mesi, anni, il resto di una vita. Chi dorme “sull’attico” dei letti a castello, aprendo gli occhi la mattina ha solo 50 centimetri di spazio dal soffitto. Durante il giorno, se tutti gli ospiti di una cella sono in piedi, ognuno di loro si rigira in uno spazio largo quanto una bara. Ma come si può vivere così anni della nostra vita, svegliarsi al mattino e aprendo gli occhi, vedere a pochi centimetri dal naso il soffitto. Ansia? Batticuore? I reclusi li vivono ogni giorno. Nel carcere di Lecce il 90% dei detenuti è costituito da soggetti ansiosi e depressi, e fa uso di ansiolitici e antidepressivi. Circa il 40% da psicotici.La depressione e l’ansia, si innescano automaticamente nel momento in cui un uomo entra in carcere e per sopravvivere bisogna essere molto forti, o molto for-tunati da avere buoni compagni di cella. Molto spesso infatti, i suicidi vengono fermati proprio dai compagni di cella.E proprio il 2010, porta la triste medaglia del primato. Un numero così alto di suicidi lo si è riscontrato sin da gennaio. Già nel primo mese dell’anno, infatti, i suicidi sono stati 7 nelle carceri italiane, due nello stesso giorno. Al Borgo San Nicola di Lecce in tutto l’anno sono stati 3.Uno dei drammi dei detenuti, nonostante il passaggio al servizio sanitario pubbli-co avvenuto nel 2008, è proprio quello della salute. Le condizioni in cui vivono, il disagio ridotto degli spazi, il fumo, l’alimentazione, portano a patologie ormai comuni in tutti i detenuti. Ogni giorno, i medici che lavorano nel Borgo San Nicola, affrontano una media di 80 visite ordinarie per dolori articolari, tossi, bronchiti, addominalgie per un totale di oltre 80mila in un anno. Come sostiene il dott. Rima, responsabile sanitario dell’istituto di Lecce «sono tutte patologie dovute alle condizioni di detenzione». Alla fine di agosto 2010, tra l’altro, secondo il presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, Sergio D’Elia, nell’Istituto leccese erano ristretti, spesso in maniera pro-

miscua con altri detenuti, 242 tossicodipendenti, di cui 62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140 con patologie di tipo psichiatrico.La funzione educativa della detenzione è quasi nulla, considerato che i tagli economi-ci applicati al settore carcerario, hanno inciso proprio nell’ambito dell’educazione. Su 1.441 detenuti circa, 250 sono coloro che vanno a scuola, 195 i lavoranti alle dipendenze dell’istituto, 20 quelli alle dipendenze di cooperative e aziende esterne. A fronte di circa 1.441 detenuti, sono effettivamente in servizio 8 educatori e 6 psico-logi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e uno psicologo ogni 240 reclusi. Un numero eccessivamente ridotto per poter far fronte alle esigenze delle persone detenute.L’incontro con l’educatore è infatti una delle richieste più frequenti, ma anche una di quelle che troppo spesso rimane inevasa. Una donna reclusa alla quinta detenzio-ne non ha mai incontrato l’educatore.La mancanza di personale non può non pregiudicare anche le attività lavorative e il rein-serimento sociale. Problematica anche la questione della sicurezza e non solo per il noto sovraffollamento (l’indice di sovraffollamento è del 120%). Ad essere “ristretti”, oltre ai detenuti, sono gli agenti di polizia penitenziaria. Su 718 agenti, circa 200 sono as-senti, 140 sono gli agenti che hanno certificati brevi, ma 53 hanno patologie da stress lavorativo e sono in carico presso i CMO (Commissioni Medico Ospedaliere militari).Alla fine di agosto 2010, il numero di detenuti definitivi a Lecce era di circa 800, solo il 55,5% di tutti i detenuti.Dalla valutazione di questo dato derivano due considerazioni. Innanzitutto la metà dei detenuti è costituita da persone in attesa di giudizio. E la seconda: tra gli 800 definitivi, e pertanto in parte eleggibili a misure alternative, solo 16 (lo 0,2%) sono in semilibertà alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Più drammatica la situazione per i detenuti che invece potrebbero lavorare all’esterno: «In 25 anni un solo detenuto ha usufruito dell’art.21 e quindi del lavoro all’esterno» dice Donato Montinaro della Uil Peniten-ziari. Il riferimento è alla legge 26 luglio 1975 n. 354, che all’art.21 disciplina il lavoro all’esterno per persone che abbiano già scontato almeno un terzo della pena o anche per ergastolani che abbiano già espiato dieci anni.

La fotografia dello stato in cui versa il territorio salentino svela, in tutta la sua evidenza, il vuoto di prospettiva politica e il fallimento della logica della mera

sovranità istituzionale. La negazione del diritto del cittadino di vivere in una ambiente sano è la violazione del più elementare diritto alla vita, e la responsabilità principale, è in capo a chi ha dettato le regole e ha operato delle scelte in nome dell’utilità pub-blica. Non a caso l’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale nel 2011 dichiarò che sulla base dei dati epidemiologici, contenuti nell’Atlante delle cause di morte della Regione Puglia 2000-2005, elaborato dall’Osservatorio epide-miologico regionale, l’elevato tasso di mortalità per tumore nella provincia di Lecce «definisce una situazione di peculiare vulnerabilità del territorio ad ulteriori pressioni di carattere ambientale». Si registrano, inoltre, percentuali dal 5 al 20% più alte della media regionale per le malattie oncologiche, soprattutto per cancro al polmone, ai bronchi, alla trachea, i linfomi e le leucemie, «le malattie che più si correlano con i fattori di inquinamento ambientale», come ha fatto notare l’oncologo salentino Giu-seppe Serravezza.Un territorio quindi, già al limite della sopportazione nel quale, nonostante tutto, le questioni ambientali aperte sono sempre più numerose. Quelle più accese riguardano progetti di megaimpianti industriali, inceneritori e gestione dei rifiuti, superstrade e consumo del territorio, gestione degli impianti di fotovoltaico e eolico, discariche, depuratori, scarichi abusivi, trivellazioni e ogni tipo di inquinamento del mare.Nella gestione delle querelle la cittadinanza è rimasta troppo spesso ai margini e que-sto vuoto di collaborazione si sta manifestando con tutti i suoi limiti e tutta la sua

forza. La gestione dei rifiuti, ad esempio, o le stesse procedure che dispongono il diniego o l’accoglimento di progetti con un carico impattante sul territorio non ga-rantiscono l’esercizio della sovranità popolare ma contemplano un ambito ristretto di osservazioni motivate, con finalità consultiva. La capacità di incidere della volontà popolare, così come viene denunciato dagli stessi comitati, è legata alla buona pratica della sussidiarietà e affidata alla responsabilità degli enti pubblici. Il conflitto istituzionale osservato di fatto è una delle cause che hanno impedito nelle piccole realtà comunali l’avvio di processi virtuosi di collaborazione nelle risposte ai problemi e nella tutela preventiva del danno. In questo contesto si colloca, oggi, il ruolo e la sfida dell’Associazionismo e del Terzo Settore, mentre si osserva la nascita di nuovi comitati civici spontanei su tutto il territorio salentino. Ad oggi ne abbiamo contati più di 70 tra associazioni, gruppi formali e informali riuniti e in rete nella forma del coordinamento territoriale e del Forum (a questi biso-gna aggiungere la rete che si è costituita intorno al Coordinamento Salentocontroilnu-cleare, che al momento conta 62 associazioni, comitati, perfino enti locali salentini). Sono realtà sorte e operanti intorno e sulla scia dell’emergenza sanitaria causata dalla presenza di impianti industriali che sprigionano diossina nell’aria o discariche che emettono odori nauseabondi che legittimano dubbi sulla gestione nel ciclo di smal-timento dei rifiuti; sono realtà attente alle questioni della salvaguardia del territorio e dal suo consumo eccessivo (case abusive, villaggi turistici, progetti di mega strade, fotovoltaico ed eolico selvaggio); sono realtà attente alla qualità del mare contro ogni forma di inquinamento (depuratori, scarichi abusivi, trivellazioni, ecc.).

11DOSSIER VISTI DA NOI

Immigrati: uomini. O no?La questione dell’immigrazione è tornata alla ribalta a partire dall’estate 2010: il consistente aumento di sbarchi

sulle coste salentine ha, di fatto, rievocato il ricordo del grande esodo di albanesi e popoli dell’est del 1991 e di tutti gli anni Novanta. Ma la questione immigrazione spesso tocca solo le forze di polizia, la Caritas e

poche altre associazioni, gli immigrati restano estranei alla vita del territorio.

Cresce la presenza degli immigrati nel Salento. I dati Caritas Migrantes 2009 par-lano di 13.911 stranieri regolari, a cui vanno aggiunti quelli presenti senza per-

messo di soggiorno. A Lecce nel 2010 sono 4.926 pari al 5,2% del totale, quando solo dieci anni fa erano poco più di 1.300. Una realtà importante e significativa sotto tutti i punti di vista che resta ancora margi-nale nell’opinione pubblica se non per fatti di cronaca o per eventi eccezionali come il sensibile aumento di sbarchi sulle coste salentine, registrato a cavallo tra il 2010 e il 2011. Oltre all’eccezionale arrivo delle persone immigrate nel Centro di Manduria.Aumenta anche lo sfruttamento del lavoro nella nostra regione, nonostante le denunce che hanno interessato la Capitanata. Esemplare il caso della Tecnova a cavallo tra le province di Brindisi e Lecce, dove i lavoratori immigrati lavoravano fino a 20 ore al giorno, pagati 2 euro l’ora.I piani di zona della provincia di Lecce per il triennio 2010-2012 hanno previsto un investimento di un milione e 53mila euro, quasi esclusivamente per servizi obbliga-toriamente prescritti dalla normativa regionale, gli sportelli per l’integrazione socio-sanitaria-culturale degli immigrati. Dopodiché poche altre idee. Nei rapporti con la politica invece non è servito molto tempo per imporre dinamiche autoctone: lottiz-zazioni delle associazioni di immigrati da parte dei politici locali e “interferenze alle elezioni del 41° consigliere, creando spaccature tra le associazioni di immigrati” come denunciano i docenti dell’Università del Salento, Albetaar Fadl e Luigi Perrone.I problemi dei cittadini extracomunitari restano questioni esclusivamente loro eppure,

come dice il direttore della Caritas di Otranto, don Maurizio Tarantino: «Nella pro-vincia, anche nei centri più piccoli, ci sono persone immigrate che lavorano, che ci vivono. Con queste persone va avviato anche un lavoro di dialogo che non significa che devono diventare come noi. Una cosa che mi spiace è che, da un punto di vista della percezione dell’opinione pubblica e della politica, questo fenomeno sia sempre e solo un discorso di pubblica sicurezza, null’altro».Tra le questioni scottanti al primo posto senza dubbio l’abitazione rispetto alla quale ricordiamo l’esperienza dell’intermediazione abitativa del progetto Asia, che fa fronte a discriminazioni ed emergenze, ma non si sblocca la possibilità delle garanzie con il microcredito che avrebbe dato qualità all’iniziativa. Non meno rilevante la questione del lavoro, condizione indispensabile per restare in Italia da “regolari” ma sempre più merce rara. Oltre che per un salario, i migranti sono in prima linea per la loro dignità e contro lo sfruttamento. Altra questione di cui si dibatte da anni, quella dell’educazione interculturale. È diffuso il pregiudizio che gli immigrati siano ignoranti: eppure coloro che arrivano e vivono nel Salento sono mediamente più istruiti della popolazione ita-liana, il 4,2% ha il diploma. Importanti i progetti di integrazione avviati dalle scuole che a Lecce guardano all’Europa nonostante la d’istruzione.Non mancano poi i guai in tema di salute: nonostante l’impegno della Regione Puglia per garantire a chiunque il diritto alla salute, molti cittadini extracomunitari diffidano ancora dei servizi pubblici sia per il timore di essere denunciati che a causa degli osta-coli linguistici e burocratici per l’accesso alle strutture sanitarie.

12DIRITTI

MEGLIO PARLAREIL COMMENTO

ARCIGAY: INDAGINE SULLA DISCRIMINAZIONE LAVORATIVA DELLE PERSONE LGBT UE: I TRANS NON SONO

MALATI MENTALI

TUO FIGLIO É GAY? UN’APP LO SVELA... MA LE PROTESTE LA BLOCCANO

Interviene Anna Lucia Sabetta, psicologa e psicoterapeuta, esperta in aspetti medico sociali della sessualità

Android, il sistema operativo per smartphone e tablet di Google,

ha recentemente proposto un’appli-cazione il cui nome lascia poco spa-zio all’immaginazione: “Mio figlio è gay?”. Si tratta di un test di venti do-mande che promette di svelare ai ge-nitori preoccupati, l’identità sessuale dei propri figli. Basta scaricarla sul proprio cellulare dal sito di Market Android, per la modica cifra di 1,99 euro, ed iniziare a rispondere alle do-mande. Ai genitori viene chiesto se il figlio ama vestirsi bene, se ci mette molto tempo a sistemarsi i capelli, se segue il calcio, se gli piacciono gli sport di squadra, se ha mai partecipato a una rissa, se ama le cantanti-dive, se gli piacciono i piercing, ma anche una

serie di domande sul rapporto padre-figlio, ad esempio se il padre è stato presente nella sua vita o se hanno un rapporto di complicità.A fine questionario due sono le possibi-lità: “Non preoccuparti, tuo figlio non è

gay” oppure “Non far finta di non ve-dere: tuo figlio è gay, accettalo!”.L’App ha destato uno scalpore tale che, ad un mese dal suo lancio, è stata ritirata dal mercato inglese e francese. Soprattutto le associazioni omoses-

suali hanno espresso la propria indignazione ver-so uno strumento conside-rato discriminante nei con-fronti delle scelte sessuali di ogni individuo. Il sito AllOut.org – che promuo-ve l’uguaglianza di Lgbt, acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transessua-li – ha subito promosso una campagna su Twitter per protestare contro que-sto ulteriore mezzo che

promuove l’omofobia e rinforza lo stereotipo omosessuale.”L’ennesima applicazione densa di luoghi comuni e stereotipi sui gay” è stato il commento espresso dal sito gay.it. Per la comuni-tà gay si tratta infatti di uno “strumen-to idiota e omofobo con delle doman-de caricaturali (...) un’applicazione stupida e scandalosa” ed è “triste che dei genitori la utilizzino invece di par-lare con il proprio figlio”.I creatori dell’App si difendono spie-gando di aver sviluppato “Mio figlio è gay?” per promuovere l’uscita del li-bro “La Raison du cœur”del francese Christophe de Baran, lui stesso omo-sessuale dichiarato. Libro che avrebbe lo scopo di aiutare le madri a capire se i loro figli sono gay usando il senso dell’umorismo.

L’App “Mio figlio è gay?” ha una legittimità scientifica o qualche valore dal punto di vi-

sta psicologico? Lo abbiamo chiesto ad Anna Lu-cia Sabetta, psicologa e psicoterapeuta, esperta in aspetti medico sociali della sessualità.«Il questionario contenuto nell’applicazione non si basa su un metodo scientifico – ci racconta la psicologa. I test psicologici sono supportati da un rigoroso lavoro scientifico preliminare e sempre ac-compagnati da colloqui e dal rapporto vis-à-vis. Al massimo, con queste domande, basate su stereotipi e luoghi comuni, si può capire se una persona ap-partiene più al ruolo sociale femminile o maschile». È necessario, a questo riguardo, introdurre l’impor-tante distinzione, tra ruolo sessuale e orientamento sessuale: «Quando parliamo di ruolo sessuale – continua la Sabetta – ci riferiamo a tutti quei com-portamenti che la società e il contesto culturale di appartenenza associano all’essere uomo o donna. Ad esempio, il fatto che ad un ragazzo piaccia il gioco del calcio mentre una ragazza preferisce la danza è un “ruolo” attribuito dalla società. Se una

bambina viene abituata o avvicinata al calcio, po-trà sviluppare una passione per questo sport ma ciò non vuol dire che preferirà le donne agli uomini. L’orientamento sessuale invece ha a che fare con l’attrazione che si prova nei confronti di una perso-na dello stesso sesso o del sesso opposto. Ed è qual-cosa d’innato, non una scelta fatta deliberatamente. L’identità di genere, ossia la convinzione individua-le di base di essere un maschio o una femmina, si definisce in un periodo che va dalla nascita fino ai tre anni di età e si acquisisce la consapevolezza pie-na nella pre-adolescenza».Quindi, determinati comportamenti, come prendere parte ad una rissa, o i gusti, relativi alla musica o allo sport piuttosto che al modo di vestirsi, possono essere indicatori del ruolo sessuale ma assoluta-mente non dell’orientamento.Quali sono gli effetti che la diffusione di un’appli-cazione di questo tipo può portare?«Non si tratta solo di uno strumento inutile, privo di valore scientifico, ma comporta anche degli ef-fetti deleteri perchè fa leva sul disagio che molti

genitori vivono quando sono alle prese con questa “omofobia interiorizzata”, poichè cresciamo in un contesto culturale in cui l’omosessualità è percepi-ta come qualcosa di diverso, mentre la normalità è rappresentata dal rapporto etero. Il test fa leva sulla disinformazione e rischia di far passare mes-saggi che non sono veri. Inoltre, questo test mostra l’omosessualità come una patologia il che è del tut-to sbagliato, perchè non si tratta di una malattia».Un consiglio da dare ai genitori: «Il consiglio è prima di tutto quello di parlare con i propri figli. I genitori, la scuola, il sacerdote della parrocchia o l’allenatore sportivo, hanno il compito di dare un’educazione di tipo sessuale ed affettivo ai più piccoli. Spesso gli adulti si defilano da questo ruolo poichè l’ambito della sessualità è conside-rato un tabù. Bisogna insegnare l’affettività, ad esprimere i propri vissuti emozionali e a com-prendere quelli degli altri. Solo così si può im-parare a rispettare l’altro che può essere diverso in tante cose, dal colore degli occhi alla religione alle preferenze sessuali».

“Io Sono Io Lavoro” è l’indagine condotta da Arcigay, con il contributo del mi-nistero del Lavoro e delle Politiche sociali, sulla discriminazione delle persone

Lgbt sul posto di lavoro. La prima di rilievo nazionale realizzata in questo campo e condotta attraverso 2.229 questionari, 52 interviste a testimoni qualificati e 17 storie di discriminazione sul lavoro. Tra i risultati più importanti: il 19% delle persone Lgbt ha subito discriminazioni sul posto di lavoro e il 4,8% addirittura il licenziamento. Il 48% teme di poter essere trattato ingiustamente per le informazioni personali comunicate. Difficoltoso anche l’accesso al lavoro: il 13% ha visto respinta la propria candidatura in ragione della propria identità sessuale. Inoltre, a parità di lavoro, gli uomini omosessuali guada-gnano dal 10% al 32% in meno dei colleghi etero.Il fenomeno oggetto dell’indagine è ancora inesistente nella riflessione scientifica nostrana e non esiste un sistema di rilevazione consolidato. Il presidente nazionale Arcigay, Paolo Patanè, pone l’accento sulla necessità di denunciare i comportamen-ti discriminatori e sulla creazione di strumenti per contrastare queste azioni: «Gay, lesbiche, bisessuali e trans se vittime di discriminazioni sono impotenti e non hanno punti di riferimento (...) l’urgenza è quella di convincere le vittime a denunciare e noi lavoreremo per questo».

La transessualità non sarà più considerata una malattia. Con una larga maggioranza di voti favorevoli il Parlamento Europeo ha adottato mer-

coledì 28 settembre una risoluzione che prevede il pieno rispetto e la difesa dei diritti dei Lgbt (lesbian, gay, bisexual, transgender), ancora oggi in alcuni Paesi, equiparati a malati psichiatrici. «I deputati – si legge sul sito del Parlamento Europeo (www.europarl.it) – condannano severamente quei Paesi, tra cui anche alcuni Stati membri, in cui l’omosessualità, la bisessualità e la transessualità sono considerate malattie psichiche da curare secondo trattamenti psichiatrici, e chiedono che i differenti orientamenti sessuali vengano eliminati dalla lista delle patologie mentali e comportamentali, dell’Organizzazione mondiale della sanità». La risoluzione afferma, dunque, l’esclusione del transessualismo dalla lista delle malattie mentali nella futura versione dell’ICD – International Classifi-cation of Diseases – redatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sarà comunque previsto il ricorso ai farmaci, alle cure mediche e chirurgiche, senza dover essere classificati ingiustamente come malati mentali.

A cura di Alice MI

13CONTROMANOVRA

I TAGLI RADICALI E LE SCELTE POLITICHELa crisi economica è un fatto e coinvolge oltre ai paesi europei anche l’oltre

continente. Meno ovvio è che la reazione ad essa sia l’abbattimento delle garanzie sociali come accade nel nostro Paese. Lì, più che di costrizione operata per far fronte alle emergenze indotte dalla crisi, si tratta di chiare e nette scelte politiche che, come cercheremo di spiegare in questo mini dossier, sarebbero po-tute andare in una differente direzione. Invece il taglio, di entità notevole, è stato operato proprio sui diritti delle persone più fragili. Vediamo come. I tagli “radicali” al sociale, previsti dal Governo, priveranno dell’assistenza il 20% dei disabili al nord, il 30% nel centro, il 50% al sud. Questo scenario «penalizza le famiglie, impoverendole ulteriormente» secondo le associazioni “Fand” e “Fish”, le due maggiori federazioni rappresentative delle persone con disabilità. Stiamo andando verso lo smantellamento, del «seppur minimo sistema di protezione», assicurato in precedenza al nostro paese.

Vediamo cosa accade per i fondi storicamente dedicati alla tutela dei diritti delle fasce più deboli della popolazione. Dal 2012 il Fondo per le politiche sociali sarà cancellato, quello per il diritto al lavoro delle persone disabili subirà un taglio del 75%, mentre il Fondo per la non autosufficienza, già abrogato nel 2011, non verrà ricostituito; inoltre la diminuzione delle risorse destinate alla scuola, avrà ulteriori ricadute sugli alunni con disabilità. I dati parlano di 2miliardi di euro in meno per il sociale rispetto al 2008 e quasi un miliardo in meno rispetto al 2010. I fondi statali per le politiche sociali sono scesi del 63,4% rispetto al 2010, superando appena la soglia dei 500milioni di euro complessivi (538,3milioni). Cifra che nel 2010 sfiorava il miliardo e mezzo (1.472milioni) e nel 2008 superava i due miliar-di e mezzo (2.526,7milioni). In tre anni la flessione è stata di -79%, e le previsioni per il 2012 e 2013 parlano di ulteriori tagli, arrivando a toccare quota 271milioni.

Luigi Conte

RIPARTIRE DALLA DEMOCRAZIA REALE

LACRIME E SANGUE

QUESTIONE DI KARMA

Un Comitato per difendere i diritti dei familia-ri di disabili gravi e gravissimi. È quello che

da anni cerca di fare il Comitato per il prepensio-namento dei familiari di disabili gravi e gravissimiPresente su facebook con oltre 3.500 membri, da 17 anni e cinque legislature si è speso infaticabilmente per l’approvazione di una legge che possa sottrarre dal lavoro chi vive nelle pesantissime condizioni di farsi carico quotidianamente delle cure dei familiari con disabilità gravissima. Una legge che sembra non vedere mai la luce, tra rimpalli differenti e intop-pi nelle commissioni. Ma il Comitato non sostiene solo la causa del prepensionamento. Di recente ha

denunciato i tagli effettuati dal Governo nazionale sulle politiche sociali, proponendo anche delle solu-zioni che consentirebbero il ripristino di quella che in tanti chiamano la “democrazia reale”. Secondo le stime del Comitato, “la democrazia reale” partireb-be da questi numeri: con 10 miliardi di euro oggi spesi per 629mila auto blu (nel solo 2010) si finan-zierebbero i livelli essenziali di assistenza, il Fondo nazionale per la non autosufficienza, la formazione e il collocamento di insegnanti di sostegno in nume-ro adeguato alle necessità e la formazione e l’inse-rimento di assistenti ad personam; con un miliardo e 350milioni spesi per le missioni militari all’estero

prive del sostegno delle Nazioni Unite (Afghanistan ad esempio) si potrebbero finanziare gli ammortiz-zatori sociali per i lavoratori precari e il Piano nazio-nale per gli asili nido; con 150 milioni di euro che è il costo dei privilegi pensionistici dei parlamentari italiani (che maturano il vitalizio dopo un’unica le-gislatura) si potrebbe finanziare il prepensionamen-to di 10 anni per chi assiste un disabile gravissimo in famiglia da almeno 18 anni.Insomma una vera contromanovra a tutti gli effetti che ridurrebbe il livello di sperequazione nel nostro Paese e fornirebbe maggiori garanzie sociali ai cittadini.

Serenella Pascali

Se la manovra finanziaria è stata da più parti definita di “lacrime e san-

gue” soprattutto per le fasce più deboli, sono tante le lacrime e il sangue che si potrebbero evitare nei nostri bilan-ci pubblici. Ne sono convinti i quasi 15mila firmatari dell’appello lanciato sul web da padre Alex Zanotelli, da sempre vicino alle questioni sociali e alla tutela dei Beni Comuni. Le lacrime e il sangue oggetto dell’appello sono quelle legate alle tante risorse che lo stato italiano destina alla Difesa: solo nel 2010, infatti, l’Italia ha investito in

operazioni di pace – o di diversamente guerra, dipende dal registro linguistico che si preferisce usare – ben 27miliardi di euro. Un gruzzoletto cui si aggiunge quello previsto dall’acquisto, deciso dal Governo e approvato dal Parla-mento, di 131 cacciabombardieri F 35 per un costo di altri 17 miliardi di euro. Si tratta di dati ufficiali rilasciati lo scorso maggio dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) riportati da Alex Zanotelli nel suo ap-pello: «se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia

spendiamo oltre 50.000 euro al mi-nuto, 3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!». Numeri da capogiro se si pensa che la manovra finanziaria di quest’anno ci costerà circa 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013. Una manovra “lacrime e sangue” pro-prio perché tocca soprattutto le fasce più deboli, mozzando il respiro ai ser-vizi sociali e all’assistenza alle persone disabili e non autosufficienti.

Lara Esposito

Calcolatrici alla mano, le politiche più umane e at-tente al sociale non sempre sono un mero costo per

lo Stato, anzi. A sfatare questo dannoso mito, una stima elaborata dal sito www.stranieriinitalia.it che, sulla base dei dati dell’Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità), ha valutato un tesoretto nascosto di circa 3,5miliardi di euro all’anno. Un gruzzoletto che, oltre a dare respiro alle casse statali, potrebbe essere facilmente recuperato grazie ad una semplice norma di poche righe che pre-veda la regolarizzazione dei lavoratori immigrati senza permesso di soggiorno. Una comunità sempre più nu-merosa quella degli immigrati irregolari in Italia, tanto consistente quanto indefinita. L’ultima prudente stima

dell’Ismu ne ha contato oltre cinquecentomila, ma i dati sono evidentemente al ribasso. Un esercito di persone tagliate fuori dall’ultima sanatoria e dall’ultimo decreto flussi, perché non erano lavoratori domestici o cittadini di Paesi che hanno accordi con l’Italia e che non vedo-no l’ora di uscire alla luce del sole. La regolarizzazione, inoltre, oltre a restituire finalmente un riconoscimento sociale e umano a chi viene da lontano ma da anni vive e lavora in Italia, regalerebbe alle casse dello stato an-che una serie di entrate. Secondo le stime del portale, se si ipotizzano mezzo milione di lavoratori per la cui regolarizzazione, come già successo due anni fa, si po-trebbe chiedere contributo una tantum di cinquecento

euro, il primo incasso sarebbe di circa 250milioni di euro. A questo guadagno una tantum, si aggiungereb-be quello più consistente e duraturo di mezzo milione di nuovi contribuenti. Sempre secondo l’Ismu, infatti, ogni immigrato regolare versa in media quasi 6mila euro l’anno tra tasse e contributi. Se poi, oltre a recu-perare i fondi utili a supportare le casse statali, secondo le buone regole del karma, a queste persone si garan-tissero i servizi e il supporto necessario, il diritto alla pensione e magari anche quello di voto, il batter cassa e l’integrazione potrebbero, finalmente, viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda.

Lara Esposito

Il Comitato per il prepensionamento dei familiari di disabili gravi e gravissimi propone una contromanovra che toglie ai ricchi per dare ai poveri

Sono 15mila i firmatari dell’appello lanciato da Alex Zanotelli per riequilibrare i tagli operati in gran partenelle politiche sociali: « spendiamo oltre 50.000 euro al minuto,

3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno» in armamenti

La regolarizzazione dei lavoratori immigrati irregolari in Italia, secondo la rielaborazione dei dati dell’Ismu, porterebbe nelle casse dello Stato almeno 3,5miliardi di euro

14DISABILITÀ

IL COMPUTER AMICO DELLA DISABILITÀIl progetto di Strade Giovani, in partenariato con il Centro delle Tecnologie per l’handicap e l’integrazione

del Dipartimento di Scienze Pedagogiche dell’Università del Salento, l’Ordine degli Ingegneri di Lecce e l’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce

L’Università del Salento è un punto di riferimento in Europa in politiche per la disabilità

Creare competenze specifiche in grado di sfruttare e potenziare i sistemi tec-nologici e di comunicazione a sostegno della disabilità, con questo obiettivo

l’associazione di promozione sociale “Strade Giovani” di Lecce ha avviato il pro-getto “Tecnoabilitiamoci: costituzione di un’equipe specializzata nell’intervento tecnologico a vantaggio dell’integrazione” in parteneriato con Università, Pro-vincia e Ordine degli Ingegneri. All’interno del progetto, si formerà un gruppo di professionisti attraverso un corso gratuito, finanziato dalla Regione Puglia, di consulenza specialistica (rivolto a 30 persone di cui il 50 % con disabilità moto-rie, sensoriali e cognitive lievi) della durata di 100 ore. Seguiranno, un ciclo di

approfondimento di 50 ore con un’ equipe specializzata (rivolto a 7 persone di cui sempre la metà disabili), uno stage di 30 giorni e l’avvio di un’ attività di consu-lenza specialistica sulle tecnologie assistive a disabili, familiari di disabili, scuole, personale e operatori di enti pubblici. Il percorso formativo prevede una sessione dedicata alle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) e ai suoi interventi nella disabilità motoria, sensoriale e cognitiva, nonché alla disabilità della comunicazione e all’uso di boardmaker, ed una sessione sull’accessibilità del web, che si concluderà con la programmazione e la progettazione di un sito.

Silvana Sarli

AL SALENTO IL PREMIO EUROPEO “VISION FOR EQUALITY”

FALSI INVALIDI O INVALIDANTI FALSITÀ? QUANTI SONO I DISABILI NELLE SCUOLE?

Il 7 ottobre scorso a Fredericia, in Danimarca, l’European Blind Union (EBU), organizzazione

non governativa che rappresenta le persone cieche e ipovedenti in Europa, ha consegnato il prestigio-so premio “Vision for Equality” agli studiosi Paola Martino e Antonio Donno per l’attività svolta all’interno del Centro per l’Integrazio-ne dell’Università di Lecce, che conta circa 300 iscritti. «È un riconoscimento che dà valo-re al lavoro svolto in questi anni e suggerisce all’Università di continuare ad investire negli studenti disabili, è un discorso umano ma an-che un esempio positivo» ha dichiarato Paola Martino, dal 2000 collaboratrice a contrat-to dell’ufficio che si occupa di supportare il percorso universitario degli studenti disabili. In questi anni ha lavorato in perfetta sinergia con Antonio Donno, non vedente, esperto in disabilità visiva, prima studente e poi laure-

ato in Scienze della Comunicazione. E proprio la sua esperienza ha dato un fondamentale contributo di idee per promuovere attività utili a innalzare il livello qualitativo dei progetti per l’integrazione,

applicabili come buone prassi. Come tali, espor-tabili anche in altri contesti, in quanto rispondenti a esigenze universali di procedure collaudate nella realizzazione di semplici processi d’integrazione.

Tra le attività svolte, l’allestimento di posta-zioni pc specifiche per non vedenti, dotate di sintesi vocale e di tastiere in braille, il pro-getto “Leggimi un libro”, corso per studenti volontari che hanno utilizzato la propria voce registrando libri o parti di libri, la creazione di una piccola biblioteca di libri in Braille, le attività di laboratorio per promuovere la so-cializzazione degli studenti con disabilità del-la vista. «Spesso la difficoltà di integrazione maggiore è di chi è “normale”- spiega Paola Martino – in una sorta di disagio nella comu-nicazione di fronte a chi è disabile. Lavoriamo molto anche in questa direzione».

Silvana Sarli

Il ministro Sacconi smentisce l’Inps sui numeri delle pensioni revocate

e restituisce una realtà totalmente di-versa, come già avevano denunciato le associazioni di categoria.Era il marzo del 2011, quando il pre-sidente dell’Inps Antonio Mastropa-squa dichiarava ai quattro venti che, dalle verifiche effettuate, un invalido su quattro risultava falso. In que-sti giorni è Sacconi, ministro delle Politiche Sociali, a sconfessare Ma-stropasqua: ad essere revocate sono state non una pensione ogni quattro, ma solo quattro su cento. Ma com’è possibile che per mesi abbiano po-tuto circolare dati così alterati e che li stessi siano stati utilizzati, con estrema facilità, da esponenti politici di ogni schieramento? Perché il pre-sidente dell’Inps si è fregiato di tali clamorosi risultati, specificando an-che che, tale impennata fosse dovuta all’affinamento del campione control-lato, concentrando le indagini nelle aree del Paese che già avevano evi-denziato i maggiori tassi di revoche e dalle quali, di solito, arriva il più alto numero di domande di pensione d’in-

validità, pur se questo non corrispon-de ad un’effettiva realtà?Il bluff si svela quando il leghista Reguzzoni, non certo in cerca di giu-stizia sociale, chiede al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Sac-coni una risposta scritta sullo stato dell’arte. E Sacconi, a fine settembre, risponde formalmente: «All’interno del piano di verifiche straordinarie a livello nazionale nel 2009 è stato re-vocato l’11,69% delle prestazioni... Nel 2010 la percentuale di non con-formità è stata del 10,2%...» In sin-tesi: nel 2010 la percentuale delle re-voche è inferiore di un punto e mezzo rispetto al 2009. E soprattutto è cla-morosamente falso che una pensione su quattro va ai falsi invalidi. Mauro Nori, direttore generale dell’Inps, du-rante una conferenza di Conferser-centi affermava che nel 2010 «abbia-mo revocato pensioni di invalidità per il 10%... Per le revoche siamo in atte-sa di eventuali contenziosi». Aprendo un’altra parentesi non di poco conto: come asseverato formalmente dalla Corte dei Conti il 9 novembre 2010, con delibera n. 84 - l’Inps soccombe

davanti al giudice per il 67% dei casi che trattano di invalidità civile. Quin-di, quel 10% è destinato a scendere di oltre la metà. Fatti i calcoli, 4 revoche confermate ogni 100 controlli.Un altro dato fondamentale, di cui però spesso si tace,è che le prestazio-ni revocate, in larghissima parte, non rispondono a patologie inesistenti, ma ad una modificazione del “giudizio sanitario”, ovvero una rivalutazione dell’incidenza della specifica patolo-gia sulla qualità della vita. Tradotto in parole concrete, persone che per effetto di nuovi criteri di valutazio-ne (e sarebbero qui da comprendere i criteri) hanno visto scivolare la loro percentuale di invalidità al di sotto della soglia di accesso alla prestazio-ne pensionistica. Non falsi invalidi, ma persone ritenute “meno invalide” di prima. Un cavillo per qualcuno dei nostri politicanti, forse, ma un fonda-mentale riconoscimento di dignità per quelle persone che già devono affron-tare una nuova situazione di difficol-tà, senza dover esser costretti anche a scontare l’epiteto di truffatori.

Luca Spagnolo

Quanti e come sono divisi i disabili nel-le scuole? E gli insegnanti di sostegno? Non si sa. Perché, nonostante le nume-rose e inevase richieste da parte delle as-sociazioni e dei parenti dei disabili, sono due anni che il Ministero dell’Istruzione, non pubblica i dati aggiornati in Italia. Fondamentali, però, per un monitoraggio della qualità dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità secondo quan-to stabilito dalla normativa rafforzata dalla Convenzione ONU e ratificata con legge n. 18 del 2009. Ad interrompere il silenzio ministeriale, il 28 settembre scorso, è stata presentata un’interroga-zione parlamentare, a firma dell’on. Ma-ria Letizia De Torre. Nello stesso tempo, la Federazione Italiana Superamento Handicap ha rivolto al ministro Gelmini, l’accusa di «nascondere i dati sui disa-bili». Ora si aspetta relazione dettagliata, come veniva regolarmente pubblicata fin dal 1992 (data dell’entrata in vigore della legge n. 104 del 1992), sul numero degli alunni certificati, dei posti dei docenti per il sostegno, del numero delle classi frequentate da alunni con disabilità, del numero complessivo di alunni e di alunni con disabilità presenti nelle classi.

Si.Sa.

15IMMIGRAZIONE

SALUTE SENZA ESCLUSIONE: LE ATTIVITÀ DEL PROGETTO FORUM

DAL NOSTRO TERRITORIO AL MEDITERRANEO E DA QUI IN EUROPA

Le attività del progetto F.O.R.U.M., Favorire Op-portunità di Ricerca attraverso Urp Multiculturali,

sono state presentate al convegno dell’INMP dell’11 ottobre da Manuela Tritto, ricercatrice dell’OPI, Osser-vatorio Provinciale sull’Immigrazione.F.O.R.U.M. ha realizzato azioni integrate di ricerca per la promozione della salute delle popolazioni mi-granti, introducendo modelli sperimentali di media-zione transculturale attraverso l’istituzione degli Urp Multiculturali e finalizzate a facilitare l’accesso dei migranti alle prestazioni socio-sanitarie.I mediatori sono stati dislocati sul territorio secon-do le richieste dirette dei differenti Urp e sono stati un valido supporto anche nei Distretti, nei Presidi Ospedalieri, negli Stabilimenti, nei 118, nei reparti maggiormente interessati dall’affluenza di cittadini stranieri e dovunque è stata richiesta la loro presenza.

Le attività principali sul campo, relativamente alla ricerca-azione come da progetto, sono state di mediazione linguistico-interculturale (inglese, francese, albanese, portoghese, arabo, russo, ser-bo-croato, spagnolo) per l’attività di front office, back office e out door, cioè accompagnamento degli utenti nei percorsi diagnostico-terapeutici. I fruitori dell’attività di mediazione sono stati 171.Parallelamente all’attività di pura mediazione con gli utenti, si è svolta anche una ricerca sociologica sui progetti di mediazione attuati nelle strutture Asl, grazie alla somministrazioni di appositi questionari predisposti dall’Osservatorio Provinciale sull’Im-migrazione. I risultati confermano nel 92,68% dei casi che la figura del mediatore ha prodotto miglio-ramenti nel rapporto con l’utenza straniera: grazie alla sua presenza si sono potute risolvere problema-

tiche che prima non trovavano soluzione nel 75,61% dei progetti e il lavoro di mediazione ha prodotto innovazione nel’80,49% dei casi. Si sono utilizzate le mediatrici anche per una ri-cerca sul proprio lavoro, finalizzata a rilevare le caratteristiche a livello qualitativo e quantitativo dei mediatori nel territorio salentino, la loro for-mazione ed esperienza lavorativa, il tipo di lavoro e formula contrattuale. Sono state intervistate 41 mediatrici a Lecce con una diversa preparazione: molte hanno un’esperienza decennale e sono tutte aggiornate sul tema, hanno fatto corsi di formazio-ne e seminari almeno due o tre volte l’anno.La ricerca ha quindi valorizzato la figura del me-diatore transculturale assicurando al contempo una migliore congruità ed efficienza organizzativa dei servizi socio-sanitari.

L’INMP IN PUGLIALa sfida della salute per tutti. A Bari l’11 ottobre scorso il convegno dell’Istituto Nazionale per la Promozione

della Salute delle Popolazioni Migranti e il Contrasto delle Malattie e della Povertà

Un progetto di ricerca-azione in mediazione interculturale

Da osservatorio provinciale per le migrazioni a International Center of Interdisciplinary Studies of Migration

L’Istituto Nazionale per la Promo-zione della Salute delle Popolazioni

Migranti e il Contrasto delle Malattie della Povertà (INMP) nasce nel 2006 da un protocollo d’intesa fra il Mini-stero della Salute e le regioni del Lazio, Puglia, Sicilia e gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri per la costituzione del “Cen-tro di Riferimento Nazionale per la Pro-mozione della Salute delle Popolazioni Migranti e il Contrasto delle Malattie della Povertà”.Da allora il Centro ha ampliato le sue sedi, il numero di collaboratori e di pro-getti attuati per promuovere la salute delle popolazioni migranti presenti sul territorio e per contrastare l’insorgenza delle malattie correlate alla povertà.L’11 ottobre a Bari si è svolto il conve-gno “La sfida della salute per tutti: i pro-getti INMP in Puglia” in cui sono stati presentati i progetti che in questi due anni sono stati attuati in Puglia.I progetti, destinati ai migranti, sono in

realtà una risorsa per quelli spesso con-siderati “diversi”, per i malati mentali, i tossicodipendenti, i malati di hiv. Il

target è quindi l’escluso, la persona che non può o non vuole rivolgersi al siste-ma Sanitario Regionale.Gioacchino Angarano, infettologo e responsabile del INMP in Puglia, ha

aperto i lavori presentando gli scopi del’Istituito: erogare assistenza a chi ne ha bisogno e formazione, agli addetti al

sistema Sanitario Regionale, finalizzata all’integrazione dei migranti. I progetti sono tredici, sviluppati nel-le sei provincie: quattro riguardano le malattie infettive, tre le metodologie di

erogazione dell’assistenza, quattro le patologie neuropsichiatriche, due le pa-tologie ginecologiche. Un progetto a se’ stante è il camper, attrezzato dall’INMP con personale dell’Asl, che si occupa prevalentemente dei migranti residenti in strutture d’assistenza.Per raggiungere gli scopi ottenuti e per dare “salute” a un gran numero di cittadini pugliesi, l’Istituto ha lavorato in rete con le università di Roma, Torino, Foggia e Bari, con l’Ares Puglia, i diversi ospeda-li, le sedi Asl Pugliesi e le associazioni di volontariato che si occupano di migranti. Durante l’intensa giornata di lavori, ogni responsabile ha presentato i dati definitivi dei tredici progetti svoltisi tra il 2010 e il 2011, i risultati raggiunti e il numero degli utenti interessati. Tra questi solo il Progetto FORUM, Favori-re Opportunità di Ricerca Tramite URP Multiculturali, ha interessato la nostra provincia, essendo un lavoro in rete tra gli URP di Lecce, Taranto e Brindisi.

Si sono svolti tra il 3 e il 4 ottobre due giorni di incontro sul tema delle mi-grazioni. È stato infatti presentato alla stampa il nuovo International Center of

Interdisciplinary Studies of Migration, ICISMI, il centro studi internazionale sulle migrazioni che ha sede a Lecce. L’Osservatorio Provinciale delle Migrazioni, OPI, che per vent’anni ha studiato i flussi nel nostro territorio, collegandoli con quelli globali, verrà infatti trasformato in ICISMI. La giustificazione di questo cambio, secondo Luigi Perrone, direttore dell’OPI e del ICISMI è molto semplice: «dalle nostre ricerche non risulta che i cittadini di Oria e Manduria siano in conflitto con i migranti, anche se è questo il messaggio che televisione e Stato danno per giustifica-re le loro leggi sempre più restrittive. A noi risulta invece che, mentre la televisione vende il suo copione, ci sono fenomeni di grande solidarietà e accoglienza, proprio in quei territorio dove si insediano abusivamente dei CPT. Questi sono elementi di conflitto e uno dei motivi di trasformazione dell’Osservatorio in Centro Studi.Si rompe il rapporto con la Provincia, che come tutte le istituzioni statali vivono questa contraddizione, come è facile comprendere.Il Centro Studi raccoglierà quindi l’eredità dell’ OPI e tutti quei saperi, cervelli e

competenze che in questi anni sono nati sul territorio attraverso l’insegnamento, il rapporto con le associazioni, i master e i dottorati di ricerca.Il Centro Studi ha la grande ambizione di mettere insieme, attraverso progetti, tutte queste realtà per lavorare in direzione della convivialità, vivere e con-vivere, senza colpevolizzare e criminalizzare i migranti, che anche statisticamente sono “infrena-bili” e in costante crescita».Nei due giorni del Convegno è stata notevole la presenza di associazioni, me-diatori interculturali, professori universitari, studenti e di tutti gli interessati ai temi della migrazione.Durante la presentazione del ICISMI, il 4 ottobre, nomi illustri quali Franco Ferrarotti, padre della sociologia italiana del dopoguerra, e Maria Maciot-ti, esperta dei fenomeni migratori, soprattutto delle migrazioni al femminile, sono intervenuti al Convegno. Si è ribadita l’idea di un Centro studi interna-zionale che colga le sollecitazioni estere in uno sguardo interdisciplinare sul fenomeno migratorio e che colleghi i diversi segmenti di studio quali politica, economia, statistica, giurisprudenza.

A cura di Sara BEAUJESTE D’ARPE

Mensile delle associazioni di volontariato della Provincia di LecceOttobre 2011 - Anno VI - n.54

Iscritto al n.916 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 24/01/2006

Direttore Responsabile: Luigi Russo

Redazione: Serenella Pascali (coordinatrice), Luigi Conte, Sara Mannocci, Lara Esposito, Sara D’Arpe, Laura Mangialardo, Luca Spagnolo, Silvana Sarli

Grafica e impaginazione: Sergio De Cataldis

Sede: Centro Servizi Volontariato Salento - via Gentile, 1 - LecceTel. 0832.392640 - Fax 0832.391232 - Direttore: 335.6458557

www.csvsalento.it [email protected] Stampa: BLEVE PUBBLICITÀ - Tel e Fax 0833.532372

16

Il 15 ottobre, le città europee e americane sono state coinvolte da uno stesso evento: la protesta degli Indignados. Roma si è distinta tra tutte per la violenza in cui è deragliata

Forse anche Antonio Gramsci si ricrederebbe, in questo momento storico, nello spronare i giovani

a guardare le generazioni passate per costruirci sopra.Mai come oggi, la rottura con il passato è decisiva e ne-cessaria per poter ricominciare senza commettere errori.La rottura con la generazione immediatamente prece-dente, con la sua politica consumistica, capitalistica e liberista, è la via.Questo professa, nel suo delirio veritiero della rabbia, il movimento del 15 M, meglio conosciuto come mo-vimento degli Indignados.

Nato sulla scia della Primavera Araba, ne ha preso la rabbia, che riportata in altri contesti è diventata semplice indignazione, ne ha preso la consistenza, ma non il linguaggio. È nato in Spagna, ed ha av-volto nella sua onda giovani, lavoratori, disoccupati, precari, e cittadini pacifici di ogni età, credo e colore politico, figli, padri e madri.Soprattutto, ha coinvolto tutti gli indignati per il disfa-cimento e peggioramento delle loro vite a causa di una crisi provocata dalle lobbies economiche e i governi.Compare nelle piazze, con manifestazioni, spettacoli di

strada, musica, compostezza e determinazione, come direbbe Stefano Cristante, e viene interrot-ta, come è accaduto a Roma, spezzata, travolta dall’onda nera.L’animo estremo del corteo: i black bloc per i qua-li vige la regola dei videogames «dell’eliminazione dell’avversario, con i quali la catarsi arriva ammaz-zando tutti». Questo secondo il docente di Sociologia della comunicazione presso l’Università di Lecce e direttore dell’Osservatorio della Comunicazione Po-litica della stessa università.

Come in un videogames di distruzione si muovono gli avatar neri, pericoloso incesto di estrema destra, sinistra e ultrà, con una formazione militaresca e organizzati per colpire. Ne parliamo con il professore Cristante

SMARTPHONE ANDROID

SPANISH BOMBS

Il giorno dopo il 15 ottobre, sul-la stampa italiana non si parlava

d’altro, la manifestazione tanto attesa degli Indignados, in tutto il mondo, solo in Italia aveva avuto dei risvolti terribili. Una città distrutta, banche, agenzie interinali ma anche auto di povera gente, bruciate.Mentre la manifestazione sfilava, a pochi minuti dalla sua partenza, in-spiegabilmente gioiosa per essere una protesta, in via Cavour, con un’or-ganizzazione degna di un plotone militare, il primo blocco nero faceva esplodere le vetrine di un negozio ap-partenente ad una catena. Sembra di rivivere il Social Forum, il suo entusiasmo e poi Genova.Il movimento degli indignati lo ricor-da, perché mondiale, anticapitalista, giovane e pacificista. Perché l’uno può considerarsi morto ed è stato ne-cessario farne nascere un altro?Il Social Forum si è già spento da di-verso tempo. Ha incontrato a Genova il disastro, la triste vicende delle Torri Gemelle e il fallimento con la guerra in Iraq, in quel momento la sua efficacia è stata superata.Gli Indignados sembrano un movimen-to di Topolino, fumettistico, hanno nel nome un participio passato, forte, e si

muovono in una dimensione un po’ troppo morale. Una differenza fonda-mentale tra l’uno e l’altro movimento è che il secondo nasce in un momento di crisi totale e per questa ragione, la sua dimensione di massa, è forse più possibile, il primo invece, per quanto grande o mondiale, era come una gran-de minoranza.Si parla di giovani sempre più distanti dalla dimensione di partito, dalla po-litica, mentre sono sempre più vicini al volontariato e ai movimenti. Fanno una politica attiva, ma differente da quella dimensione storica di partito.Il volontariato è un mondo relativa-mente più semplice, animato da prin-cipi più semplici. Un mondo più con-creto. Così come i movimenti, essi possono inglobare i partiti ma nessuno di essi tiene alla propria identità. Nes-sun partito all’interno di un movimen-to vuole necessariamente emergere, rispettando quella dimensione che ap-partiene alla nostra società. La violenza, com’è accaduto a Roma, è un linguaggio, un esagerato proces-so di liberazione della rabbia o una risposta necessaria?I black bloc, sembravano lottassero contro il corteo. Concordo con la defi-nizione attribuitagli da Carlo Formen-

ti, di idiozia. Era triste vederli usare le mazze contro la gente comune, spa-ventare i manifestanti. Pretendevano forse di impaurire il capitalismo con le bombe carta? È stato stupido, brutale, feroce. Questo atteggiamento a mio avviso, rientra nella logica parassi-taria di entrare in un corteo di altri e usarlo come una sorta di carro ar-mato che ti protegge, approfittarne, sposando al contempo, la disponibi-lità alla violenza estrema dei giovani definiti nativi digitali.C’è una curiosa coincidenza tra chi ha ordinato e coordinato la violenza e chi l’ha eseguita, simile ai perso-naggi dei videogames e di chi gioca alla consolle. In questo momento e in questa situa-zione in particolare, i due media più influenti sono stati videogames e smar-tphone. Come se l’immaginario di que-sta parte minoritaria, perché è uno spil-lo in una fabbrica di spilli, avesse un problema di come gli funziona il cer-vello, con la logica dei supereroi, sono velocissimi, freddi come il giocatore, e come i tutti i consumatori di un me-dium estendono una parte sensoriale ma ne obliterano un’altra. La velocità è conflittuale rispetto al sentimento. Uno che gioca al videogame rientra in un meccanismo autistico. Più che internet credo che il medium di questi violenti sia quello dei videogames la cui appen-dice è lo smartphone che consente di essere onnipresente, in ogni posto in un attimo. Si verifica un’ amplificazione della logica della consolle attraverso lo smartphone. Quello che è accaduto è una violenza per la quale le banche e le multinazio-nali saranno rimborsate, poiché quan-to più sono ricchi, tanto più saranno coperti dall’assicurazione, mentre chi ha avuto la panda bruciata, probabil-mente avrà difficoltà a ricomprarla. È una forma di borghesia urbana che non ha alcun legame con i principi del movimento. Gli atti di terrorismo degli

anni di piombo, ad esempio, avevano un bersaglio, gli atti violenti di questi giorni, invece, si scagliano contro un corteo, contro persone incazzate. Sono una minoranza contro una maggioran-za. Negli anni settanta, anche la mino-ranza più violenta, aveva la capacità di prendere parola in assemblea e propor-re argomentazioni seducenti, adesso, questi ragazzi non fanno discussioni. Questi ragazzi si riconoscono in base all’affinità con una logica da videoga-mes e la violenza è pianificata per avere la più grande risonanza possibile. Ma mentre si comportano in questo modo, fanno risvegliare quel bisogno di ordine che il neoliberismo nella sua globalità e il centro destra italiano, uno dei più for-caioli, così reazionario, con le sue idee ferocemente conservatrici, propinano, caricando contemporaneamente sulle fasce deboli, il peso della crisi. Si inibisce attraverso la paura alla par-tecipazione alle manifestazioni, un ra-gazzino avrà problemi a partecipare, un anziano avrà paura. Se la polizia non avesse attaccato, il 15 ottobre avrebbe spostato in avanti gli equilibri sociali, con un grande numero di partecipanti.La compostezza e la determinazione di persone stanche di pagare, di vede-re tasse aumentate, avrebbero posto con più urgenza la questione anche di persone non estremiste che si stan-no ponendo il problema di chieder-si come un pianeta capace di dare a tutti, abbia creato una mostruosa disparità. Le minoranze lobbistiche davvero credono di abbassare ancora il reddito delle classi lavoratrici per far ripartire la baracca?Chi crede però che sia sufficiente mandarsi messaggi su facebook, tril-li su twitter per fare un movimento, è in errore, perché in assenza di una base intellettuale e di un’organizza-zione, tutto il resto rimane una ma-sturbazione mentale.Chi fa paura lavora per la destra, la paura stessa è di destra.

A cura di Laura MANGIALARDOGIOVANI