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20/11/2015 Ematologia can.A Prof. Alonci LEUCEMIA ACUTA Oggi parleremo della leucemia acuta (LA), malattia che non ha una prognosi particolarmente buona, infatti soprattutto per l’adulto le percentuali di guarigione sono molto scarse. Tuttavia, oggi ci sono nuove terapie che permettono di curare meglio questi pazienti, per esempio la possibilità di effettuare un trapianto di midollo anche da non consanguinei (tanto che esiste la banca dei donatori di midollo osseo, anche se ormai non parliamo più di donatori di midollo osseo ma parliamo di donatori di cellule staminali, che si possono prendere non solo dal midollo osseo ma anche in periferia). Ci sono anche terapie che utilizzano fattori di crescita che in molti casi ci aiutano, per cui ora abbiamo speranze sicuramente maggiori rispetto al passato. Oggi abbiamo anche delle procedure diagnostiche più accurate che ci portano ad individuare una ben precisa definizione del tipo di leucemia cui ci troviamo davanti e, nello stesso tempo, avere anche un approccio terapeutico diverso per i vari tipi di leucemia. C’è sicuramente anche un miglioramento della terapia collaterale, ovverosia della terapia di supporto. Quando si parla di terapia per la leucemia acuta dobbiamo distinguere vari tipi di leucemie che, pur avendo la stessa denominazione, sono delle entità nosologiche completamente differenti, sono delle malattie con una prognosi decisamente diversa l’una dall’altra, e con approcci terapeutici diversi l’una dall’altra E le diverse caratteristiche biologiche della leucemia acuta le possiamo identificare in base alla: espressione di determinati antigeni di superficie; presenza di determinate caratteristiche morfologiche; presenza di alterazione cromosomiche e molecolari, e la ricerca di queste alterazioni ci aiuta sia nella diagnosi che nella prognosi (alcune alterazioni rappresentano fattori prognostici positivi, altre negativi). 1.Classificazione Noi distinguiamo:

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20/11/2015Ematologia can.AProf. Alonci

LEUCEMIA ACUTAOggi parleremo della leucemia acuta (LA), malattia che non ha una prognosi particolarmente buona, infatti soprattutto per l’adulto le percentuali di guarigione sono molto scarse.Tuttavia, oggi ci sono nuove terapie che permettono di curare meglio questi pazienti, per esempio la possibilità di effettuare un trapianto di midollo anche da non consanguinei (tanto che esiste la banca dei donatori di midollo osseo, anche se ormai non parliamo più di donatori di midollo osseo ma parliamo di donatori di cellule staminali, che si possono prendere non solo dal midollo osseo ma anche in periferia). Ci sono anche terapie che utilizzano fattori di crescita che in molti casi ci aiutano, per cui ora abbiamo speranze sicuramente maggiori rispetto al passato.Oggi abbiamo anche delle procedure diagnostiche più accurate che ci portano ad individuare una ben precisa definizione del tipo di leucemia cui ci troviamo davanti e, nello stesso tempo, avere anche un approccio terapeutico diverso per i vari tipi di leucemia.C’è sicuramente anche un miglioramento della terapia collaterale, ovverosia della terapia di supporto.

Quando si parla di terapia per la leucemia acuta dobbiamo distinguere vari tipi di leucemie che, pur avendo la stessa denominazione, sono delle entità nosologiche completamente differenti, sono delle malattie con una prognosi decisamente diversa l’una dall’altra, e con approcci terapeutici diversi l’una dall’altraE le diverse caratteristiche biologiche della leucemia acuta le possiamo identificare in base alla:

espressione di determinati antigeni di superficie; presenza di determinate caratteristiche morfologiche; presenza di alterazione cromosomiche e molecolari, e la ricerca di queste alterazioni ci aiuta

sia nella diagnosi che nella prognosi (alcune alterazioni rappresentano fattori prognostici positivi, altre negativi).

1. ClassificazioneNoi distinguiamo:

le leucemie acute de novo: primitive, insorgono come leucemie acute, a volte per motivi sconosciuti;

leucemie acute secondarie sia all’esposizione ad agenti leucemogeni, sia come evoluzione di altre patologie. Per esempio le sindromi mielodisplastiche, soprattutto l’anemia refrattaria con eccesso di blasti, nella loro storia naturale evolvono facilmente in leucemia acuta1;

leucemie acute linfoidi (LAL) e mieloidi (LMA).

La noxa patogena è sempre all’interno della cellula staminale, e poi in base alla noxa patogena la cellula si ferma ad un determinato stadio maturativo

2. EpidemiologiaIn età pediatrica è più facile trovare una leucemia linfoblastica, mentre in età matura superati i 50-60 anni, è più facile trovare una leucemia di tipo mieloblastico. Quando siamo in una età intermedia, tra i 20 e i 40 anni, c’è un incidenza più o meno uguale

1 Domanda: si considera secondaria anche la leucemia acuta come evoluzione della leucemia mieloide cronica?Risposta: si, anche se ormai grazie ai nuovi farmaci la leucemia acuta come evento finale della leucemia cronica non si vede quasi più.

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Per quanto riguarda l’incidenza, si registrano 2-4 nuovi casi/anno/100.000 abitanti ed è più colpito il sesso maschile.

3. Fattori predisponentiI fattori predisponenti che riscontriamo sono:

condizioni genetiche: per esempio se un gemello identico ha una leucemia acuta, è facile che anche l’altro gemello sviluppi la malattia, oppure soggetti con la sindrome di Down o altre alterazioni cromosomiche congenite, e soggetti con l’anemia di Franconi (che fa sempre parte delle alterazioni genetiche);

esposizione a radiazioni ionizzanti; esposizione a farmaci alchilanti: utilizzati molto nella terapia del Linfoma di Hodgkin e

oggi, vista la lunga sopravvivenza di questi pazienti, si vede una discreta percentuale che sviluppa una leucemia acuta anche a distanza di 10-15 anni;

esposizione a erbicidi, pesticidi e altre sostanze come il cloramfenicolo e il fenilbutazone; esposizione a campi magnetici.

FATTORI PREDISPONENTI

Condizioni genetiche Esposizioni (sicure) Esposizioni (probabili)

Gemello identico con LASindrome di DownAnemia di Franconi

Radiazioni ionizzantiBenzeneFarmaci alchilanti

Erbicidi, pesticidiCloramfenicoloFenilbutazoneCampi elettromagnetici

4. SintomatologiaLa sintomatologia generale del paziente con leucemia acuta comprende:

febbre; marcata astenia; anoressia con perdita di peso; fatti emorragici che possono essere anche mortali.

Questa sintomatologia può essere ricondotta a vari fenomeni patogenetici: infiltrazione leucemica dei parenchimi, ad esempio quello epatico; espansione della massa neoplastica e liberazione di sostanze attive da parte delle cellule

neoplastiche (per esempio citochine); insufficienza midollare, che è secondaria alla espansione della massa neoplastica, cioè ci

sono cellule neoplastiche nel midollo osseo e la proliferazione di queste cellule provoca la soppressione della normale emopoiesi, con conseguenti anemia e piastrinopenia.

L’anemia comporterà i sintomi tipici come pallore, astenia tachicardia, facile affaticabilità.La piastrinopenia, invece, causerà manifestazioni emorragiche che possono essere cutanee come petecchie o ecchimosi, ma anche epistassi, gengivorragie, mentre sono rare le emorragie cerebrali.

Ci possono essere delle infezioni legate alla leucopenia, e poi si possono avere localizzazioni extramidollari come la epatosplenomegalia, anche se in verità in linea di massima nelle leucemie acute la splenomegalia non è mai particolarmente marcata. Infatti mentre nei linfomi possiamo trovare anche delle milza che arrivano alla fossa iliaca sinistra, nelle leucemie acute le

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splenomegalie per lo più sono moderate con la milza che si porta fino a 2-3 cm sotto l’arcata costale.

Anche le linfoadenomegalie nelle leucemie linfoblastiche sono in genere molto modeste, non vedremo mai delle grosse linfoadenomegalie.

Possiamo avere ipertrofia gengivale, che è più frequente nelle forme di tipo monocitico.In questi pazienti a volte si fa la diagnosi perché vanno dal dentista con una gengivite con infiltrazione delle gengive e il dentista comincia a fare una pulizia dentaria, ma appena tocca le gengive il paziente comincia a sanguinare in maniera importante.

Localizzazioni centrali sono più comuni nella leucemia linfoblastica acuta, così come nella leucemia linfoblastica acuta è più facile un interessamento meningeo, perché si deve tenere presente che gli organi genitali soprattutto maschili e il SNC (e quindi le meningi) rappresentano delle zone che non vengono raggiunte da molti farmaci e quindi può esserci una ripresa della patologia, tanto che in alcune leucemie acute si fa anche la rachicentesi, cioè l’esame del liquido cefalorachidiano per vedere se è interessato, e spesso si fa una profilassi terapeutica, cioè quando si aspira questo liquido ci può essere un versamento, una infiltrazione di cellule leucemiche, e contemporaneamente si somministrano dei farmaci soprattutto a scopo di profilassi.

I dolori ossei spesso sono dovuti a un’espansione di queste cellule nel midollo osseo per cui si hanno dolori diffusi a tutte le ossa proprio per l’espansione clonale all’interno dell’osso.

La febbre, invece, può essere dovuta sia a un processo infettivo (perché c’è neutropenia), oppure alla liberazione da parte delle cellule neoplastiche di pirogeni endogeni (quindi abbiamo una febbre da malattia, cioè la febbre è causata dalla malattia anche in assenza di un processo infettivo).

L’aumento del lisozima comporta il rischio di una insufficienza renale, soprattutto nelle leucemie di tipo monoblastico, e poi la secrezione di sostanza tromboplastino-simili può dare la CID e/o iperfibrinolisi.

5. DiagnosticaCome facciamo a fare la diagnosi?Fondamentale è l’esame obiettivo: indagare se ci sono manifestazioni emorragiche, se c’è organomegalia, o linfoadenomegalia.

È importante anche l’esame emocromocitometrico che può farci fare diagnosi di leucemia acuta, anche se ancora possiamo non saperne il tipo, però si ha la possibilità di vedere se c’è una marcata leucocitosi con dei blasti in circolo, se c’è un’anemia o una piastrinopenia associata.

L’aspirato midollare ci dà tutte le informazioni dal punto di vista morfologico.Talvolta l’esame emocromocitometrico nelle leucemie acute può fornire un sospetto di diagnosi ma possiamo avere delle leucemie dette aleucemiche cioè con una tale infiltrazione del midollo osseo che queste cellule leucemiche non vengono dismesse in circolo o ne vengono dismesse poche, quindi si avrà una leucopenia periferica.

Poi è importante fare l’immunofenotipo, la citogenetica, e tutte le indagini molecolari che ci servono per fare diagnosi.

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La puntura lombare o rachicentesi viene utilizzata solo in alcuni tipi di leucemie, soprattutto nelle linfoblastiche e nella promielocitica, cioè in quelle leucemie dove c’è la possibilità di una infiltrazione leucemica delle meningi, ovverosia la cosiddetta meningosi leucemica.Nella mieloblastica non si utilizza quasi mai.

A parte definire se ci sono infiltrazioni da parte della patologia, dobbiamo sempre valutare la funzionalità cardiaca, epatica e renale di questi pazienti perché i farmaci che si utilizzano hanno vari effetti collaterali.Per esempio la daunoblastina che viene utilizzata sia nelle leucemie linfoblastiche che mieloblastiche, ha importanti effetti cardiotossici, effetti cardiotossici che sono dose-dipendenti, cioè non dipendono da una singola somministrazione, ma da quanta daunoblastina il soggetto assume nell’arco della propria vita.La funzionalità renale, invece, a parte il discorso del lisozima, ci interessa perché se facciamo una chemioterapia la lisi cellulare comporta un sovraccarico a livello renale, la cosiddetta lisi tumorale, infatti si parla di sindrome da lisi tumorale che può portare anche all’insufficienza renale.

Possono essere anche utili esami culturali per vedere se la febbre è dovuta a un processo infettivo, nel qual caso si fa una terapia specifica.E poi è importane fare anche i marcatori virali, soprattutto per quanto riguarda HIV, HCV e HBsAg, perché se un soggetto è stato a contatto con il virus dell’epatite B, a meno che non sia vaccinato (e oggi sotto una certa età bene o male si è tutti vaccinati), sotto chemioterapia avrà una immunosoppressione per cui è facile che ci sia una riattivazione virale, quindi si fa la terapia specifica, soprattutto per il virus dell’epatite B, per evitare situazioni che si verificavano in passato in cui pazienti con leucemia acuta avevano riattivazioni virali sotto chemioterapia.

6. Classificazione FAB (French-American-British)Questa classificazione è una classificazione fondamentalmente di tipo morfologico.I suoi limiti sono che:

spesso, soprattutto se sono leucemie di tipo mieloblastico alto (ovverosia la noxa è quasi a livello della cellula staminale), non si riesce a definire se è una mieloblastica o una linfoblastica;

non ci dà un’indicazione precisa dello stadio differenziativo a cui è bloccata la leucemia linfoblastica;

abbiamo anche poche indicazioni riguardo ai fattori prognostici.

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In questa immagine vediamo tutte le fasi maturative della serie mieloide, vedete abbiamo il neutrofilo maturo, il metamielocita, il mielocita, il promielocita con queste granulazioni azzurrofile classiche, e poi il mieloblasto.

E in base alla maturazione della linea mieloide la classificazione FAB divide la leucemia mieloide acuta in:

M0: si intende una leucemia che interessa una cellula altamente immatura, in cui non si riesce a distinguere se è una mieloblastica o una linfoblastica perché non ci sono granulazioni;

M1: mieloblastica in cui non vi sono segni di maturazione, o perlomeno troviamo qualche blasto, qualche granulo aspecifico;

M2: mieloblastica, dove già vediamo le granulazioni specifiche dei mieloblasti; M3: promielocitica; M4: mielo-monocitica acuta, o mielomonoblastica, dove sono interessate sia la serie

mieloide che quella monocitoide; M5: solo monoblastica, con dei sottotipi su cui non mi soffermo per non confondervi; M6: eritroleucemia, perché interessa la linea eritroide; M7: megacarioblastica.

Sottotipo Nome % dei pazienti adulti di AML

Prognosi confrontata alla media per AML

M0 Mieloblastica acuta non differenziato 5% Peggio

M1 Leucemia mieloblastica acuta con maturazione minima 15% Media

M2 Leucemia mieloblastica acuta con maturazione 25% Migliore

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M3 Leucemia promielocitica acuta (APL) 10% Il La Cosa Migliore

M4 Leucemia mielomonocitica acuta 20% Media

EOS M4 Leucemia mielomonocitica acuta con eosinofilia 5% Migliore

M5 Leucemia monocitica acuta 10% MediaM6 Leucemia degli eritrociti acuta 5% Peggio

M7 Leucemia megacarioblastica acuta 5% Peggio

Classificazione FAB

In questa immagine vedete la M1con dei blasti e si riesce a vedere qualche piccolo granulo che vi permette di dire che c’è un orientamento di tipo mieloide.Poi ci sono la M2 e la M3, e questi che sono caratteristici della M3 e sono i cosiddetti corpi di Auer, che sono dei granuli a forma di bastoncino e che contengono sostanze tromboplastinosimili, e infatti spesso queste diagnosi vengono fatte in pazienti con CID, cioè l’esordio avviene con una CID, un paziente emorragico in cui poi si riscontra una leucemia promielocitica.

Nella M4 troviamo invece i mieloidi e i monocitoidi.

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Invece la classificazione FAB per la leucemia linfoblastica prevede tre classi: L1: linfoblasti piccoli o medi omogenei, che non hanno nucleoli (tipica dei bambini); L2:via di mezzo fra L1 e L3, con linfoblasti un po’ più grandi, eterogenei e qualcuno

presenta una cicatrice nucleolare (tipica dell’adulto); L3: grossi linfoblasti dal citoplasma più ampio con grossi vacuoli citoplasmatici (cellula

simil-Burkitt).

7. Indagini diagnostiche integrativeSuperata la fase di tipo morfologico (cioè è arrivato un paziente abbiamo fatto un emocromo e abbiamo visto lo striscio) cominciamo a vedere che tipo di leucemia è, e a questo scopo abbiamo:

indagini di tipo citochimico: servono più che altro per vedere la serie interessata (se è mieloide, linfoide ecc.), con il PAS, il Sudan, ma ormai sono state soppiantate quasi completamente da indagini per l’immunofenotipo;

indagini di immunofenotipo: sono rapide, più precise, più sicure; indagini di tipo citogenetico: per vedere se ci sono alterazioni di tipo cromosomico; biologia molecolare.

La citogenetica e le indagini ti tipo molecolare ci danno informazioni sia per la diagnosi, ma anche sui fattori prognostici.La citochimica in fin dei conto era un sistema di laboratorio che riusciva a vedere delle attività enzimatiche all’interno della cellula. Le principali reazioni citochimiche erano il PAS, il Sudan nero, la perossidasi e l’esterasi.Il sudan e la perossidasi erano caratteristici della serie mieloide, il PAS era caratteristico della serie linfoide.

Oggi si studiano gli antigeni di superficie rilevati con gli anticorpi monoclonali, e si deve tenere presente che ci sono antigeni lineage-specifici, quindi specifici di una specie cellulare, e degli antigeni non lineage-specifici, che non sono specifici ma che ci possono aiutare dal punto di vista prognostico più che diagnostico.Non dovete conoscere tutti gli antigeni, ma quelli che più ci interessano sono:

CD34: per le cellule staminali e tute le cellule altamente immature, quindi la presenza di CD34 in un immunofenotipo ci dà l’idea di una cellula bloccata a livello differenziativo molto alto, quasi a livello di cellula staminale (è presente anche nelle leucemie linfoidi);

CD33 e CD13: sono classici della serie mieloide, però sono anche positivi per la seria monocitaria (quindi non sono lineage-specifici);

CD14: più specifico per la serie monocitaria, quindi se ci sono cluster CD14+ sono monocitoidi anche se hanno il CD33 e il CD13. Se invece sono CD33+, CD13+ e CD14‒ sono mieloidi;

CD2 e CD7 sono quelli che ci interessano di più per la serie linfocitaria, che ci dicono che le cellule appartengono alla linea linfoide T2;

CD5 e CD3: compaiono in cluster in fase maturativa avanzata; CD19: è un pan-B, appena la cellula staminale si differenzia in linfocita B, oltre al CD 34

compare il CD19, quindi se non c’è il CD19 non possiamo dire che è un linfocita B; CD22: ci dà l’indice maturativo, perché prima è un antigene intracitoplasmatico e poi

diventa di superficie;

2 Il CD7 è quello che compare per primo nella differenziazione della linea T.

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CD10: definisce le cosiddette cellule linfoblastiche common e dà una prognosi, soprattutto nel bambino, decisamente favorevole3, con 70-75-80% di guarigione per le cellule linfoblastiche B CD10+, mentre per le cellule linfoblastiche T la percentuale è peggiore;

Glicoproteine: antigeni di superficie per le cellule megacariocitarie (la GP2A, G3PB ecc); Glicoforina: per la serie eritroide.

È anche importante sottolineare che nella biologia è tutto in continua evoluzione, scompare un antigene e ne compare un altro, quindi non si deve vedere solo la positività di un antigene, ma anche la sua espressività, perché a seconda se un antigene sia fortemente o debolmente espresso, ci orientiamo già verso uno step maturativo.

E poi abbiamo le cosiddette leucemie bifenotipiche, in cui talvolta a livello della cellula staminale possiamo trovare la co-espressione di antigeni sulla superficie di queste cellule, ed essere in presenza di una leucemia bifenotipica è sicuramente un fattore prognostico sfavorevole, anche perché è più difficile decidere che tipo di terapia somministrare al paziente, se per una leucemia linfoblastica o per una mieloblastica.

8. Importanza delle alterazioni citogeneticheFra leucemie acute linfoblastiche il 65-70% presenta un’alterazione di tipo citogenetico, mentre nelle mieloidi circa l’80% ha un’alterazione.

Quindi la citogenetica è importante perché: permette di stratificare le categorie di rischio, cioè in base alle alterazioni citogenetiche

presenti noi possiamo definire la prognosi, o comunque avere un’idea sulla prognosi di quel soggetto;

fornisce una maggiore comprensione dei meccanismi patogenetici; fornisce indicazioni per stabilire la terapia più adatta; dà informazioni molto utili per la valutazione della malattia minima residua dopo la

chemioterapia.

Nella leucemia linfoblastica le alterazioni più diffuse nei bambini4 sono: la t(8, 14); la t(9;22) la t(4;11).

Negli adulti invece abbiamo: la t(8;14) la t(9;22)5

la delezione del cromosoma 14.

La t(9;22) è quella tipica della Leucemia Mieloide Cronica, anche se è stata trovata pure nella leucemia linfoblastica, per cui avremo delle leucemie linfoblastiche philadelphia+. (la differenza è che cambia il punto del BCR, della regione del break point).Una volta queste leucemie linfoblastiche philadelphia+ erano considerate quelle a prognosi più infausta, che portavano facilmente alla morte del soggetto; oggi con i nuovi farmaci che agiscono sulle tirosin chinasi a livello delle cellule con alterazione philadelphia e che vengono utilizzati anche nella linfoblastica acuta philadelphia+ abbiamo ottenuto degli ottimi risultati. Ancora non ci sono dati precisi ma sta quasi cominciando ad essere un indice prognostico favorevole, addirittura la

3 Quando nei mass media si dice che il 75-80% delle leucemie acute nei bambini guarisce, di solito si parla di leucemie acute linfoblastiche CD19+ e CD10+.4 In genere nei bambini il fenotipo normale è più presente che nell’adulto.5 È la più comune.

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prognosi migliori fra le leucemie linfoblastiche, quindi con questi farmaci abbiamo completamente sovvertito il decorso della patologia.Altre alterazioni morfologiche importanti sono la:

t (8;21) t (15;17) che è presente nelle leucemie promielocitiche e comporta la formazione del gene

PML/RARα, che è fondamentale perché i pazienti che presentano questa mutazione rispondono benissimo alla terapia con acido transretinoico (ATRA).

Il vantaggio della promielocitica è che in fin dei conti ha il grosso problema a livello diagnostico, cioè il paziente spesso arriva in condizioni drammatica perché presenta nel 98% dei casi una CID, però la possibilità di una terapia alternativa in questi casi comporta una somministrazione di antiblastici decisamente più blanda rispetto alle altre leucemie acute, e porta facilmente a una guarigione; cioè abbiamo una prognosi decisamente favorevole, superata la fase acuta della CID6.

.

9. Malattia minima residua (MMR)L’importanza della MMR (cioè ciò che resta della malattia dopo la chemioterapia) è che dal punto di vista morfologico abbiamo dei limiti, cioè riusciamo a vedere se c’è un residuo di malattia quando questo è notevolmente elevato, e allora nello studio della MMR quello che ci aiuta moltissimo sono proprio la citologia molecolare e le indagini citogenetiche perché noi, da un punto di vista diagnostico, morfologicamente (quindi col microscopio ottico) vediamo la malattia almeno due logaritmi al di sopra di quanto riusciamo a vederla con la diagnosi molecolare.Oggi come oggi se c’è una remissione molecolare completa, se non c’è completamente segnale di alterazioni molecolari, cominciamo a parlare di remissione molecolare e, probabilmente, è un paziente che non ha più segni di malattia.

Tutte queste valutazioni di tipo citogenetico prognostico ci servono perché quando facciamo una terapia dobbiamo valutare gli effetti positivi e quelli negativi, in quanto i chemioterapici hanno sicuramente una tossicità tale da ridurre notevolmente la qualità della vita del paziente, quindi dobbiamo valutare se siamo davanti a una remissione totale o parziale, perché di fronte a una remissione totale possiamo anche attenerci a una terapia di mantenimento o addirittura sospendere la terapia, se siamo in remissione parziale dobbiamo continuare la terapia, quindi la malattia minima residua è fondamentale nel prosieguo della terapia.

Serve anche a valutare se dobbiamo sottoporre il soggetto al trapianto oppure no, e un paziente che è in remissione di tipo molecolare ha sicuramente più possibilità di riuscita rispetto al paziente con una remissione di tipo clinico-morfologico.Ricordiamo che si parla di MMR se è presente un clone su 10³, e a volte anche un clone su 10 alla nona (se utilizziamo indagini di tipo molecolare).

10.Terapia

6 Domanda: non muore nessuno a causa della CID?Risposta: si muoiono, infatti la CID è la parte più drammatica, e nel caso della CID promielocitica è anche importante ridurre la massa neoplastica, perché riducendo la massa neoplastica riduciamo la dismissione in circolo delle sostanze tromboplastinosimili contenute nei granuli.Domanda: questo tipo di leucemie risponde al cortisone?Risposta: quelle mieloidi molto meno; nei protocolli è previsto l’uso del cortisone soltanto per le linfoblastiche, perché il cortisone ha già di per sé un effetto linfocitotossico, infatti è inserito non soltanto nei protocolli delle terapie per le leucemie linfoblastiche ma anche in quelle per i linfomi

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Lo scopo della terapia è ottenere il massimo risultato possibile con la minore tossicità, e tenere in considerazione la prognosi è importante perché se abbiamo un soggetto con una linfoblastica T sarà trattato con dei protocolli chemioterapici più aggressivi rispetto a un soggetto che magari ha una leucemia linfoblastica B CD10+, oppure in una promielocitica utilizziamo una terapia antiblastica sicuramente inferiore rispetto a quella che utilizziamo per una M1.

In tutte le terapia della leucemia acuta è anche importante è la profilassi delle complicanze che possono essere di natura infettiva sia batterica (ma oggi con gli antibiotici si riesce a superarle), mentre sono più gravi le sovrainfezioni di tipo virale (contro i virus abbiamo ben poche chance) e di tipo micotico.Teniamo presente che se abbiamo dei miceti o dei virus a livello saprofitico nel soggetto normale non danno alcuna patologia, mentre nel soggetto così immunocompromesso questi germi danno una patologia mortale.Quando facciamo una chemioterapia, soprattutto per le leucemia acute dove già c’è una soppressione della emopoiesi, vengono distrutte tutte le cellule leucemiche ma anche quelle normali, quindi questi sono soggetti che andranno incontro a una leucopenia avanzata, e che in fin dei conti vanno in aplasia midollare, tanto che li troviamo con 50 leucociti/mm³, con 5 di Hb, con 1000 piastrine per mm³, quindi praticamente senza difese, e prima di cominciare la chemioterapia dobbiamo aspettare che il midollo ricominci a produrre per vedere se produce cellule normali o cellule patologiche.E in questi soggetti una profilassi con terapia antibiotica, antivirale e antimicotica è importante indipendentemente dal fatto che ci sia già un fatto infettivo, e sono pazienti che in chemioterapia stanno almeno in ambiente protetto, non dico in camera sterile, però per lo meno un ambiente protetto in una camera singola indossando la mascherina e tutti gli altri accorgimenti come mascherine e guanti, per non farli entrare in contatto con i germi.

Poi c’è tutta la terapia collaterale di tipo trasfusionale che è fondamentale in questi pazienti perché chiaramente andando in aplasia midollare avranno anemia e piastrinopenia (e quindi manifestazioni emorragiche), quindi è importante la terapia trasfusionale con globuli rossi concentrati e concentrati piastrinici.

Dopo terapia il midollo comincia a produrre e per essere in remissione dobbiamo avere: scomparsa dei sintomi di malattia; un quadro midollare che mostri una normale attività con un numero di blasti inferiore al 5%; un quadro ematologico periferico perfettamente normale.

(n.d.s. questa sbobinatura è stata fatta trascrivendo la lezione del canale A, ma ho integrato alcuni concetti detti dal professore durante la lezione del canale B)

Valentina Urzì Brancati