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ISTITUTO COMPRENSIVO AD INDIRIZZO MUSICALE “G. ZIMBALO” di CARMIANO (LE)
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO
PROGETTO DI POTENZIAMENTO
LABORATORIO DI SCRITTURA CREATIVAa.s.2017/2018
CLASSE III AS
Docente responsabile: Greco Antonia Fernanda
Docente curriculare: Spagnolo Elsa Gabriella
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PRESENTAZIONE
Quest’anno, insieme alla professoressa Greco A.F. e alla prof.ssa Elsa Spagnolo, noi
alunni della III AS abbiamo partecipato al laboratorio di scrittura creativa della
nostra scuola. Partecipare è stato entusiasmante perché ci siamo “messi alla prova”
scrivendo testi appartenenti a varie tipologie testuali in cui abbiamo attivato le
nostre competenze ed abbiamo espresso le nostre opinioni ed emozioni. L’ipotesi di
una pubblicazione sul blog della nostra scuola per i testi da scrivere è stata un’ottima
motivazione per lavorare sempre meglio, perché alla nostra età sentiamo il bisogno
di farci ascoltare.
Tra i nostri testi non troverete solo testi di fantasia, argomentativi ed espositivi su
varie tematiche di attualità, ma anche commenti su alcune pagine della letteratura
italiana che sono nel cuore di ognuno di noi.
Buona lettura!
Immagina di trovarti improvvisamente su un'isola deserta dove incontri un
animale che non avevi mai visto prima……
UN ANIMALE FANTASTICO
Mi trovavo in barca con la mia famiglia nel Golfo della Finlandia per una vacanza. Mi avvicinai al
bordo della barca perché avevo visto un'ombra molto grande muoversi in acqua; quella creatura
aveva una forma strana ed era veloce e agile nonostante la sua grandezza; appena si accorse della
mia presenza si allontanò e la persi di vista. Nel tentativo di rivederla mi sporsi sempre di più
finché non caddi in acqua. Lì le temperature erano molto basse e l'acqua era così gelida che persi
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conoscenza per il freddo. I miei genitori stavano ancora pranzando, quindi non potevano notare la
mia assenza. Intanto io ripresi conoscenza e appena riaprii gli occhi mi accorsi di trovarmi su
un'isola deserta: la sabbia era bianca e pulita, c'era molta vegetazione e sentivo il rumore molto
forte delle cascate. Mi girai di nuovo verso il mare per cercare di vedere la mia barca; dopo un po’
la vidi molto lontana e mi chiesi come avessi fatto ad arrivare fino a quell'isola. Sentii dei passi
possenti alle mie spalle e appena mi girai vidi un gigantesco animale, dotato di due ali enormi, due
zampe con artigli molto lunghi e al posto delle zampe anteriori aveva la coda di un cavalluccio
marino, però più grande. La faccia era molto simile a quella di un dinosauro e mi stava fissando.
Piano piano si avvicinò per annusarmi; ero molto spaventata perché pensavo volesse mangiarmi,
ma quando si allontanò senza nemmeno sfiorarmi, vidi che mangiava piante e frutti, non era
quindi carnivoro e mi tranquillizzai. Cercai di avvicinarmi e riuscì ad accarezzarlo. Facemmo subito
amicizia; era molto socievole e anche giocherellone.
Io però dovevo ritornare dalla mia famiglia, così gli indicai la barca e lui capì all'istante. Mi fece
salire sopra le sue spalle e nuotò molto velocemente fino alla mia barca, grazie anche alla spinta
delle possenti ali. Appena arrivati ci salutammo e lui ritornò indietro. È stato un incontro molto
bello ed emozionante che non potrò mai dimenticare.
CAGNAZZO LUDOVICA
UN ANIMALE FANTASTICO
Durante il calar del sole udii in quell’isola deserta il rumore delle foglie di un cespuglio lontano
pochi centimetri dal sasso sul quale ero seduta. Cercai in tutti i modi di vedere cosa ci fosse e
intravidi un animale a dir poco strano. La prima cosa che notai fu la coda: mille sfumature che
partivano dal nero per poi finire a un pelo bianco, candido e folto che si estendeva su tutto il corpo
dell’animale; era lungo circa 40-50 centimetri, aveva quattro piccole zampe, ma riusciva a tenersi
in piedi usandone solo due. Quando si girò, vidi la vera meraviglia: un occhio di color celeste con
delle sfumature di color verde acqua, che ricordavano gli occhi di un cane aski, e l’altro nero come
il carbone, un piccolo musetto rosa e due orecchie talmente piccole da non distinguersi nel
morbido pelo. Infine vidi una piccola macchia nera a forma di corona posta sulla minuscola testa.
Mi venne l’istinto di accarezzarlo, ma riuscivo a percepire la sua paura, così presi una foglia e
l’avvicinai al musetto: in questo modo riuscii ad attirare la sua attenzione e a farlo avvicinare
sempre più alla mia mano. Lo presi fra le mie braccia e iniziai ad accarezzarlo dolcemente; lui era
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fermo, immobile e, ogni tanto, attorcigliava la sua coda intorno alla mia mano impedendomi così
di continuare a coccolarlo; mi fermai e incominciai a godermi il tramonto, pian piano era il buio ad
accarezzare noi e le dune di sabbia che ci circondavano. Capii che quell’isola, in fondo, non era così
deserta, ma nascondeva creature fantastiche.
CAROLINA GRECO
DISEGNO DI CAROLINA GRECO
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UN ANIMALE FANTASTICO
Un giorno, spazzata via da un'onda, mi ritrovai sola su un'isola deserta. Passarono poco più di tre
giorni e io ero stanca, avevo paura e mi annoiavo ma, tutto un tratto sentii un rumore strano
provenire da dietro gli alberi che mi circondavano; così, nonostante avessi un’enorme paura, la
curiosità mi spinse a vedere. Quando spostai l'erba, le foglie e la chioma degli alberi vidi una
creatura insolita, strana, alta, grossa e un po' inquietante. Era una creatura apparentemente
feroce e aggressiva, ma in poco tempo scoprii che era docile; era dotata di una pelle grigia e liscia,
il collo molto lungo, gli occhi grandi e sporgenti e ciò che mi affascinò di più erano le sue enormi ali
con le sfumature grigie e bianche. Sembrava un miscuglio di tanti animali: giraffa, elefante, gufo e
farfalla. Appena la vidi mi spaventai talmente tanto che feci un salto e inciampai su un enorme
sasso, ma lei si avvicinò e mi tese l'enorme zampa che aveva. Allora io sorrisi e da quel momento il
mio timore si trasformò in gioia per aver conosciuto qualcuno con cui non mi sarei più annoiata e
che mi avrebbe protetta. Passarono i giorni e piano piano scoprii molte altre cose di lei: era un
cucciolo e forse anche lei avendo "perso" la sua famiglia, era approdata su quell’ isola deserta
dove viveva sola e spaesata. Ma oramai non eravamo più sole e i giorni con lei passarono più
velocemente. Giorno dopo giorno, con tanta pazienza, insegnai a “Butterfly” (il nome che le avevo
associato per le sue ali) a volare. Ero felice, ma una sera, guardando le stelle, pensai che forse un
giorno l'avrei persa, perché forse sarebbe "scappata" via da me per andare a cercare i suoi
genitori. E sfortunatamente accade molto presto. Infatti, quel maledetto 27 luglio appena mi
svegliai non trovai più Butterfly accanto a me, ma alzando gli occhi al cielo la vidi: era lì, fiera di
aver imparato a volare, ma soprattutto contenta di aver imparato per la prima volta ad amare.
Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri, nonostante siano passati ben 10 anni, perché
proprio allora, quando persi Butterfly, qualcun altro ritrovò me, i miei genitori. Felice di averli
ritrovati, tornai a casa e raccontai a tutti la bellissima avventura che avevo vissuto nel periodo
della mia lontananza. Oggi mi piace pensare che anche la mia amica abbia ritrovato i suoi genitori
e non si sia scordata di me.
DE TOMMASI GIORGIA
UN ANIMALE FANTASTICO
Appena la barca giunse a riva, mi trovai davanti un luogo mai raggiunto dall’umanità, un paradiso
che non aveva subito l’arroganza e la prepotenza dell’uomo, un’oasi intatta e, al centro, vi era una
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splendida creatura, insolita, inimmaginabile ed imponente. Non saprei dire se fosse un destriero o
un’aquila, ma di sicuro rappresentava un incrocio fra essi; infatti, il volto con le narici dilatate, gli
occhi brillanti e vivaci e lo sguardo curioso e sensibile appartenevano indubbiamente ad un
cavallo, ma le piume sul capo, gli artigli al posto degli zoccoli e due ali imponenti e lussureggianti
non potevano non essere di un’aquila. Attorno a questa figura, per completare il quadro che mi si
presentava, vi erano tante varietà di fiori dai colori sgargianti: margherite, primule, viole… ma non
solo!
Il cielo limpido e, sullo sfondo, il sole che dava un effetto cangiante ad ogni singolo filo d’erba e la
brezza del vento, che faceva ondeggiare i “capelli” di quella fantastica creatura, davano un senso
di realismo “compromesso” dall’immaginario.
Probabilmente questi non mi aveva notata; ero a diverse miglia di distanza armata del mio
binocolo e della mia macchinetta fotografica, ma sapevo che non potevo sfuggirle: difatti,
nonostante il capo avesse sembianze da destriero, la vista non apparteneva ad un cavallo, bensì
alla sua controparte. Ero un po’ indecisa su come presentarmi: sapevo gestire un destriero, ma chi
ha mai avuto in casa un’aquila docile?
Comunque dovevo provarci, il mondo doveva scoprire e proteggere questa specie e, senza il mio
aiuto, non sarebbe stato tanto facile. Mi avvicinai lentamente, ponendo attenzione ad ogni
ostacolo che avesse potuto infastidire l’udito dell’animale ma, dopo aver attraversato un bel
tratto, notai un dettaglio del tutto inaspettato: la creatura era legata, e i versi che sentivo non
erano minacce, bensì richieste di aiuto. Cominciai a correre, ormai incurante del pericolo, e
quando la mia attenzione fu completamente incentrata su quegli artigli, capii che non ero il primo
essere umano ad aver scoperto questa specie, ma sicuramente sarei stata il primo a salvarla.
Certo, la sua ostilità non mi aiutò, ma quando con la sua intelligenza comprese le mie intenzioni,
mi lasciò fare, fidandosi ciecamente di me come farebbe un qualsiasi cavallo addomesticato. Dopo
essere stata liberata, mi sembrò di notare un sorriso sul suo volto, d’altronde ci si poteva aspettare
di tutto da quella creatura! Infatti, d’improvviso, tra le sue piume comparve una scritta: “Joie”,
nome il cui significato in francese significa “Gioia”.
Sì, gioia di essere liberi, liberi dalle corde che ci tengono stretti al nostro passato, gioia di cambiare,
di esplorare, gioia di scoprire il mondo. Non potevo permettere all’uomo di rovinare quest’anima
mai sfiorata dall’oscurità, pertanto la lasciai andare, facendola volteggiare nell’aria tra le candide
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nuvole e, grazie a lei, a quest’incontro, ho potuto ben comprendere come spesso l’uomo incateni
le meraviglie della natura e, senza accorgersene, si ritrovi incatenato dalla sua stessa malvagità.
VETRUGNO MARIA TERESA
UN INCONTRO INASPETTATO
Mi trovavo da sola in un luogo completamente sconosciuto, in mezzo ad alberi altissimi. Cibo e
acqua? Neanche l’ombra. Animali sconosciuti? Lo scoprii dopo essermi addentrata in una fitta
boscaglia, dove regnava il silenzio. Camminavo nella speranza di trovare qualche segno di vita, o
almeno un posto dove ripararmi e cercare di sistemare la brutta ferita che mi ero procurata
inciampando in una radice; a un certo punto sentii un fruscio e dei rumori alla mia destra. Un
brivido freddo salì lungo la schiena e restai immobile ad attendere che qualcosa si muovesse. La
mia paura continuava a crescere, così come quel rumore. Voltai lo sguardo e rimasi a bocca
aperta. Volevo scappare, andare il più lontano possibile, ma per quanto potessi desiderarlo le mie
gambe non si muovevano, erano diventate pietra.
Una creatura affascinante si muoveva davanti a me, scrutandomi e osservandomi con aria
minacciosa, ero in preda al panico ma allo stesso tempo volevo “conoscere” questo animale
meraviglioso. Il corpo era quello di un leone: aveva un pelo bianchissimo, che sembrava neve
appena caduta e una criniera azzurra foltissima. Le zampe erano robuste e possenti, con degli
artigli che facevano pensare a una bestia cattivissima. Ma la cosa che mi affascinava più di tutte
era una: aveva due ali simili a quelle di un pipistrello, ma cento volte più grandi, anch’esse bianche
all’esterno e azzurro molto chiaro all’interno. La coda era uguale a quella di un comune leone ma il
pennacchio era una fiamma azzurra, come un piccolo fuoco fatuo. Si avvicinò lentamente a me,
ringhiando. Ero spaventatissima, ma mantenni il sangue freddo e lo guardai fisso negli occhi. Due
occhi stupendi, color ghiaccio che facevano gelare il sangue anche alla creatura più forte di questo
pianeta. A un certo punto smise di ringhiare e lo trovai a circa trenta centimetri di distanza. Mi
guardò in modo strano, non avevo la più pallida idea di ciò che volesse fare. Se mi avesse utilizzato
per pranzo o cena! Quindi decisi di fare una pazzia. Allungai la mano e restai col braccio tesissimo,
immobile, con il palmo rivolto verso la sua fronte. Quello che successe fu straordinario. Poggiò la
sua fronte sulla mia mano. Non era una bestia feroce, ma un gattone gigante che aveva tanta
voglia di giocare e di essere coccolato. Accarezzai la sua criniera: era morbidissima, sembrava un
cuscino e dato che ero molto stanca stavo per addormentarmi, quando qualcosa me lo impedì. Ero
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ancora molto tesa e la paura che mi potesse divorare da un momento all’ altro era comunque
tanta. A un certo punto si rotolò per terra, e mi guardò come se volesse dirmi qualcosa. Volevo
provare a salirci, volevo provare a volare su questo bellissimo animale gentile. Salii sopra di lui, ma
si alzò di scatto, facendomi balzare il cuore in gola, e mi aggrappai più forte che potevo. La fiamma
sulla sua coda divenne più luminosa e più grande, le ali si spiegarono al massimo della loro
grandezza, spalancò la bocca e ruggì talmente forte che uno stormo di uccelli volò via da un
albero. Si mise a correre sempre più veloce finché non fece un balzo e iniziò a sbattere le ali. Io
chiusi gli occhi per la paura, ma quando li riaprii vidi un cielo stupendo. Il vento mi arrivava in
faccia e volevo gridare per la gioia, ma anche per il terrore che provavo in quel momento. Fu
quello che feci e insieme a me un ruggito accompagnava la mia voce.
RAMIREZ FRANCESCA
DISEGNO DI RAMIREZ FRANCESCA
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UN ANIMALE FANTASTICO
Ero lì, sola, in quell’isola deserta. Non c’era alcun essere vivente. Regnava il silenzio. Iniziai a
vagare per quell’isola in cerca di qualcuno o qualcosa. Mi addentrai in una piccola foresta. Nessun
animale, neanche un minuscolo insetto. C’ero solo io, circondata da piante di un verde così intenso
e brillante che non avevo mai visto prima. La fame iniziava a farsi sentire. L’aria era pesante,
afosa…non ricordavo neppure come avessi fatto a finire lì, su quell’isola sperduta. Ero sul punto di
mettermi a piangere; ero spaventata e totalmente nel panico. All’improvviso sentii un rumore, mi
guardai intorno e vidi le foglie muoversi. Eppure non c’era vento. Dopo qualche minuto accadde di
nuovo: le foglie si muovevano senza che soffiasse un alito di vento. Alzai gli occhi e vidi una figura
stranissima che volava sopra di me. Non era un uccello e mi resi conto che era il battito delle sue
ali far muovere le foglie. Ero molto curiosa di capire cosa fosse, ma avevo paura che fosse un
animale pericoloso. Guardai attentamente e…non credevo ai miei occhi! Era un cavallo alato. Vidi
che si dirigeva verso il bagnasciuga; così iniziai a correre per raggiungerlo, ma era scomparso: nel
cielo non si vedeva, e sperai che fosse atterrato sulla spiaggia. Appena uscii da quella piccola
foresta, così misteriosa e anche un po’ inquietante, lo vidi. Guardava verso il mare, ma forse si era
accorto di me perché si girò di scatto… Volevo avvicinarmi per poterlo osservare meglio, ma avevo
paura che mi aggredisse. Così decisi di non muovermi. Ci fissammo per qualche minuto e poi si
avvicinò a me. Pareva fosse curioso di scoprire chi fossi, quasi quanto lo fossi io. Era a circa un
metro di distanza da me ed era bellissimo: i suo occhi luccicavano ed erano azzurri come il mare,
sembrava bianco ma le sue ali avevano dei riflessi rosei e, guardando attentamente, mi accorsi che
era tutto rosa. Pensavo di sognare, o comunque che il caldo mi stesse provocando qualche
allucinazione. Ma era lì, davanti a me, era reale. Aveva un’aria molto tranquilla e sicura di sé e mi
resi conto che non mi avrebbe fatto alcun male. Così lo accarezzai. Lui sembrò ritrarsi, ma poi si
lasciò toccare. Il suo pelo era morbidissimo, così come le sue ali. Erano enormi, morbide,
semplicemente magiche. La sua criniera era di un rosa scuro, insomma era semplicemente
bellissimo. Emise un nitrito e capii che voleva che salissi su di lui. All’inizio esitò; io avevo paura;
ma volevo provare a volare. Ad un tratto mi ritrovai nel cielo. Guardai in basso, mentre mi
aggrappavo alle sue ali, per paura di cadere. Il panorama era bellissimo. Nonostante io soffrissi di
vertigini, non avevo più paura. Volevo solo continuare a sorvolare la Terra e godermi quel senso di
libertà. Il cavallo, volava sempre più in alto e quando salimmo sopra le nuvole vidi gli altri. Erano
una ventina di cavalli alati bellissimi. Io non credevo ai miei occhi. Era tutto magico. Un piccolo
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pony mi passò accanto e pareva quasi mi sorridesse. Il cavallo su cui ero io, che decisi di chiamare
Pegaso, iniziò a scendere. Quando atterrammo su quell’isola, io scesi e lo accarezzai. Sapevo che
doveva andar via, con gli altri, e vidi che aveva un’aria quasi triste. Gli sorrisi, lo accarezzai per
l’ultima volta e poi Pegaso spiccò il volo. Io chiusi gli occhi e mi addormentai. Al mio risveglio mi
trovai nel mio letto e pensavo di aver fatto solo un sogno. Era notte fonda. Mi affacciai dalla
finestra e vidi, nel cielo, Pegaso e i suoi amici volare. Lui mi sorrideva e io capii che era tutto reale e
che era stato lui a riportarmi a casa, sana e salva.
SARA SCATIGNA
Dalla fantasia alla realtà………………………….
LA GLOBALIZZAZIONE
Un fenomeno che sicuramente sta interessando la maggior parte dei Paesi, dai più ricchi ai più
poveri, è la globalizzazione. Ma in realtà, cos’è? E perché vi è tanto entusiasmo intorno a quella
che potremmo definire la parola del millennio?
La globalizzazione, o villaggio globale, è il processo di unificazione, a livello mondiale, dei mercati e
delle tradizioni culturali. La tendenza di tale processo è quella di uniformare gusti e mode del
mondo intero e di creare una rete talmente unita a livello globale da non lasciare nessuna
operazione locale completamente slegata dagli interessi del globo. Per quanto riguarda il mio
parere, tutto l’entusiasmo nei confronti del “villaggio globale” è più un danno che un guadagno. Io
mi ritengo assolutamente contraria a questa eccessiva unificazione, in quanto, a dire il vero, non
aiuta il problema della povertà, ma anzi aumenta il divario tra ricchi e poveri, arricchendo le
multinazionali a discapito di milioni di lavoratori, i quali vivono senza un lavoro dignitoso, senza
alcuna cura igienica e fortemente sottopagati. Inoltre, si parla tanto di culture a “contatto”, ma a
quale costo? Abbagliati dalle tradizioni estere, dimentichiamo spesso le nostre radici, diventando
facili marionette; ormai la nostra vita è resa completa da tutto, tranne che dalle nostre verità, e
quando le perdiamo…beh, è in quel momento che capiamo quanto la piccola bottega dietro casa
nostra, la famosa “putea” leccese, siano parte della nostra stessa storia. Mi si riempie il cuore di
amarezza quando si viene a scoprire che a causa di questo grande arricchimento, interi Paesi
subiscono danni ambientali, e conseguentemente anche la diffusione di malattie talvolta mortali e
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poi, nei Paesi d’origine, addirittura aumenta la disoccupazione. Con quale coraggio un uomo priva
un suo fratello di un suo stesso diritto! Come un giorno io avrò il dovere e il diritto di lavorare,
anche i miei coetanei, anche i miei compagni, i miei fratelli devono averlo! E io, io non sono
nessuno per strapparglielo… e invece le multinazionali fanno esattamente questo, e cosa c’è di
brutto?
Ma vediamo anche la controparte poiché è giusto dare peso a entrambi i piatti della bilancia: cosa
la globalizzazione ha prodotto di positivo? Senza internet (la rete telematica in grado di collegare
tutti computer a livello mondiale) il villaggio globale sarebbe senza dubbio un fenomeno
insignificante; pertanto la rete permette di diminuire le distanze; un tempo, per esempio, poter
comunicare con una madrelingua era un’opzione preclusa agli studenti, oggi, invece è quasi un
gioco da ragazzi! Spesso, poi recandosi all’estero o in generale in ambienti sconosciuti, poter
riconoscere determinati luoghi sapendo che offrono prodotti convenienti (dal punto di vista
economico) ci è di grande aiuto. E, infine, con la presenza di un’unica lingua globale, l’inglese, è
molto più facile entrare in contatto con stranieri e ciò naturalmente è comodo e necessario. Al di
là di tutto, io rimango del parere che anche la cosa più innocua, se portata all’esagerazione tende a
produrre degli effetti negativi e ne è una dimostrazione la riluttanza dello stesso coniatore della
definizione di “villaggio globale”, Marshall Mc Luan, il quale ha criticato fortemente questo
processo internazionale. Pertanto invito tutti a riflettere sul fenomeno senza schierarsi con i
favorevoli o con i contrari. La globalizzazione, in fondo, è una grande opportunità per scoprire
parti del mondo dove arrivare fisicamente diventa una difficoltà notevole. Ma come è doveroso
apprezzare le bellezze del mondo esterno, bisogna anche apprezzare ciò che appare un po’
scontato, in quanto è sempre sotto i nostri occhi. Apprezziamoci e apprezziamo anche tutto ciò
che ci circonda e, soprattutto, riferendomi ai No-Global, protestare non serve a nulla se non si
produce nulla di costruttivo. Pertanto, rimbocchiamoci le maniche e dimostriamo al mondo che
anche un processo che è causa di problemi non facili da risolvere, possiamo trasformarlo in
un’opportunità per scoprire completamente il posto in cui tutta la razza umana è sempre vissuta.
MARIA TERESA VETRUGNO
LA GLOBALIZZAZIONE11
La globalizzazione è un processo di unificazione a livello mondiale dei mercati, delle tradizioni e
delle culture. Questo fenomeno interessa il mondo intero e interessa vari aspetti che sono in grado
di condizionare la vita delle persone: quello economico, quello sociale e quello culturale.
Numerose sono le conseguenze della globalizzazione, sia positive che negative. Infatti, a causa di
questo fenomeno la ricchezza si concentra nelle mani delle multinazionali e dei ricchi,
aumentando il divario tra ricchi e poveri: i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più
poveri. Tutte le culture sono esposte a un modello dominante che induce processi di
omologazione: ciò è favorito anche dai format comuni alle TV di tutto il mondo, che trasmettono
ovunque modelli di vita comuni. Inoltre, i paesi poveri sono esposti al rischio ambientale;
scompaiono le tradizioni e piccole imprese locali, che non sono in grado di competere con le
grandi multinazionali; le grandi aziende si spostano nei Paesi meno sviluppati per trovare
manodopera a costo molto basso e risorse da sfruttare: aumentano così sia la disoccupazione che
lo sfruttamento della manodopera e dell'ambiente.
Molti ritengono che questo fenomeno sia positivo. Sostengono, infatti, che grazie alla
globalizzazione entrino in contatto culture diverse, vi sia un miglioramento delle tecnologie e un
sistema di trasporti più economico. Il vantaggio maggiore è quello di ottenere prodotti a prezzi
molto più bassi. Inoltre, trovando realtà note in ambienti sconosciuti, si può avere la sensazione di
trovarsi a casa un po' dovunque. Ma sono davvero dei vantaggi quelli che abbiamo appena
elencato? Pensiamo, per esempio, alla possibilità di acquistare prodotti a prezzi favorevoli: la loro
qualità è molto bassa e spesso sono proprio i prodotti che costano di meno quelli che fanno più
male alla nostra salute (se si tratta di alimenti). Inoltre, come si può notare, sono molti di più i
rischi per l'umanità che i vantaggi. Per quanto riguarda le culture, con la globalizzazione non ci
saranno più culture diverse da mettere in contatto, poiché l'unica cultura sarà quella pubblicizzata
dai mass media, ovvero quella occidentale. In futuro si dovrebbe tenere conto che l'obiettivo finale
di ogni politica dovrebbe essere il benessere dell'intera umanità, oggi messo da parte in nome di
facili guadagni.
SCATIGNA SARA
LA GLOBALIZZAZIONE
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L'uomo da sempre ha sentito il bisogno di stabilire rapporti dapprima economici e poi culturali con
altre popolazioni.
Le civiltà antiche praticavano il baratto attraverso lo scambio di prodotti per poi arrivare a
commerciare anche con l’uso della moneta. L’esigenza continua degli scambi economici, col
tempo, ha permesso all’uomo anche di stare a contatto con altre culture diverse dalla propria e di
scambiare le sue conoscenze con quelle dei suoi simili.
Questo continuo rapporto con popolazioni e culture diverse pian piano ha trasformato il mondo in
un grande villaggio con un costante flusso di scambi culturali, economici e sociali. Negli ultimi anni
tale fenomeno ha preso il nome di “globalizzazione” perché l'uomo è arrivato ad accettare anche
l'apertura di mercati internazionali. La crescente distribuzione di prodotti in tutti i Paesi del mondo
e il superamento, quindi, del concetto di nazionalità che si sta sviluppando sempre più anche
grazie all'uso delle nuove tecnologie, ha permesso la riduzione delle distanze e la facile
comunicazione in tempo reale in ogni parte del mondo.
Il mercato è diventato tanto globale da permettere alle grandi imprese e alle multinazionali
principalmente, a scapito delle piccole imprese, di avere sedi anche in Paesi diversi e in continenti
distanti, che non si trovano così a competere soltanto con quelle dello stesso territorio e
commerciano materie prime con Paesi in via di sviluppo.
L'economia, però, così facendo, tende sempre più a concentrarsi nelle mani solo di alcune persone
e ad accentuare le distanze tra Paesi poveri" e "Paesi ricchi".
La nascita di questo villaggio globale, in più, sta spingendo notevolmente la società, fino a ieri ricca
di cultura e tradizioni distinte, a perdere la sua originalità e ad omologarsi sempre più.
La globalizzazione, pertanto, non è stata accettata da tutti, anzi, molte sono le proteste che spesso
manifestano i "no global" : giovani e "non" da sempre contrari a questo fenomeno, che
continuano a lottare per un mondo migliore.
Secondo me, invece, dobbiamo imparare a pensare globalmente, guardando gli interessi di tutto il
pianeta e tutto questo dovrebbe servire per assicurare il benessere e il miglioramento non solo di
alcuni, ma dell'intera umanità.
CASILLI FILIPPO
LA GLOBALIZZAZIONE
13
Riguardo alla globalizzazione ci sono molti aspetti da considerare, sia positivi che negativi:
oggigiorno se ne sente parlare molto e credo che sia importante allora cominciare dalla definizione
di questo fenomeno.
La globalizzazione è un continuo flusso di scambi economici e culturali a livello mondiale,
consentito dalle innovazioni tecnologiche e soprattutto dall’avvento di Internet.
Gli aspetti postivi della globalizzazione hanno portato ad ulteriori innovazioni e l’innovazione ha
spinto verso la globalizzazione.
Una delle conseguenze che è sotto gli occhi di tutti è la perdita delle biodiversità: a mio parere,
quando arriveremo ai limiti della omologazione verrà un periodo in cui tutti si metteranno alla
ricerca delle diversità. E poi, per quanto possa essere forte la globalizzazione, il processo di
omologazione è molto lento, perché gli anticonformisti non mancano mai.
Un altro aspetto negativo della globalizzazione su cui credo convenga riflettere è la gestione dei
mercati: le grandi multinazionali dominano i mercati e questo non permette ai singoli di emergere,
perché quando succederà che voi abbiate delle idee, sarà più facile che voi le vendiate alle
multinazionali piuttosto che investirci, perché questo vorrebbe dire rischiare.
Gli effetti positivi della globalizzazione, però, ci sono, ma per ora sono meno visibili e tangibili e
questo deve necessariamente cambiare. Sono convinto che per ora è inutile schierarsi a favore o
contro la globalizzazione, perché per me stiamo vivendo una fase di passaggio. La globalizzazione
può essere paragonata al Medioevo, età di passaggio tra la massima espansione dell’Impero
romano e il periodo di grande rinascita noto col nome di Umanesimo. L’unica mia grande
preoccupazione è: ne approfitteranno i politici per rimanere nel “Medioevo”, per arricchirsi
sempre di più, o lasceranno alla globalizzazione fare il suo corso per portare l’umanità ad un
periodo di massimo splendore?
ZECCA EUGENIO
LA GLOBALIZZAZIONE14
La globalizzazione è uno scambio culturale ed economico mondiale nato negli anni ‘80, grazie
all’avvento di internet e allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Nel mondo una parte dell’opinione pubblica è favorevole alla globalizzazione; un’altra è contraria.
La globalizzazione riduce le distanze grazie all’uso di internet che ci aggiorna in tempo reale su
tutti gli avvenimenti che avvengono nelle altre parti del mondo, ci mette in comunicazione con
altri Paesi diversi per cultura, lingua e tradizioni. Ma la globalizzazione porta anche alla diffusione
delle tradizioni locali e degli stessi prodotti in ogni parte del Pianeta e tutte le volte che viaggiamo
ce ne possiamo rendere conto, perché usufruendone possiamo sentirci come a casa: il Mc Donald
per esempio, si trova in Italia, ma anche in America, Cina, Giappone, ecc.
Oggi nel mondo usiamo tutti la stessa lingua, l’inglese, per comunicare con popoli così differenti
dal nostro.
Però la globalizzazione causa la perdita delle tradizioni locali, lo sfruttamento dei Paesi poveri che
si impoveriscono sempre di più, l’arricchimento delle multinazionali, l’inquinamento dell’ambiente
nei Paesi dove si producono le merci. La globalizzazione è anche causa dell’omologazione, cioè
dell’uniformarsi di tutte le culture al modello occidentale e del trasferimento in un altro Paese dei
lavoratori interessati dalla delocalizzazione, della scomparsa delle attività artigianali e locali.
Eppure io continuo a pensare che, se la globalizzazione non ci fosse stata, non avremmo avuto
l’evoluzione in tutti i campi, che ha reso più facile e talvolta migliore la nostra vita, che ci fa sentire
finalmente cittadini del mondo.
Piuttosto che volgerci al passato, quindi, sarebbe auspicabile continuare sulla strada intrapresa,
avendo come obiettivo, però, il bene dell’umanità e non il profitto e la ricchezza di chi ha imparato
a sfruttare i deboli.
MONACO DALILA
LA GLOBALIZZAZIONE
L'argomento di cui abbiamo tanto parlato e che abbiamo approfondito in maniera esaustiva con le
nostre insegnanti di Lettere e di Potenziamento è il fenomeno della globalizzazione, un processo di
unificazione a livello mondiale, generato da un continuo flusso di scambi che possono riguardare il
denaro, i beni, le informazioni, le persone...
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Essa nasce nel periodo storico in cui si afferma il capitalismo, ovvero negli anni ottanta, con
l'invenzione dei computer, quindi anche con lo sviluppo di internet e dei social, che ci mettono in
comunicazione in tempo reale con persone che si trovano in ogni parte del mondo.
Protagoniste della globalizzazione sono le multinazionali, cioè delle grandi imprese che aprono
delle filiali nei paesi più poveri in cui il costo del lavoro è più basso, come in Asia, dove riescono a
guadagnare enormi profitti.
Si può, quindi, intuire che questo processo di espansione dei mercati, detto appunto
"globalizzazione", produca dei vantaggi e degli svantaggi che ci inducono all’interrogativo:
"dobbiamo schierarci pro o contro questo fenomeno che ha cambiato il volto del Pianeta?" Per
rispondere bisogna prima conoscerne gli aspetti positivi e quelli negativi.
Tra i vantaggi bisogna ricordare: la riduzione delle distanze (attraverso internet), la comunicazione
tra culture diverse, l'offerta dei prodotti di qualità non eccellente, ma a prezzi concorrenziali; il
sentirsi a casa quando ci si trova lontani dal proprio Paese d'origine per la diffusione di tradizioni e
costumi in ogni parte del mondo; il diffondersi della lingua inglese, che ci permette di comunicare
ovunque, sebbene esso provochi la scomparsa di molti altri idiomi.
Ma numerosi sono anche gli svantaggi: la globalizzazione porta i Paesi alla perdita della propria
cultura ed identità per un diffuso conformismo che ci sta già rendendo tutti uguali al modello
statunitense, capace di imporre modelli di vita e valori.
Un altro svantaggio è l'aumentare della disoccupazione nei Paesi d'origine delle multinazionali, che
spinge i lavoratori ad abbandonarlo, trasferendosi all'estero. Ma conseguenze più gravi possono
considerarsi l'impoverimento dei Paesi già poveri e l'arricchimento di quelli che da secoli
dominano l’economia mondiale.
Contrari alla globalizzazione sono i NO GLOBAL, cioè delle associazioni nate nel 2001 in Brasile
(Porto Allegre) dove hanno dato origine al Forum Sociale Mondiale (WSF).
Da un veloce esame si può affermare che gli aspetti negativi sono molto più evidenti e
predominanti di quelli positivi ed il nostro “no” alla globalizzazione sembra scontato. Ma poiché
questo processo appare ormai inarrestabile, forse è inutile opporvisi. Non ci rimane che augurarsi
che tra i “potenti” prevalgano i buoni propositi e non gli interessi economici di pochi e che noi,
comuni cittadini, sappiamo dare ogni giorno il nostro piccolo contributo per valorizzare ciò che è
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locale: solo così potremo ridare un peso alle piccole culture e tradizioni e anche alle nostre
economie.
SARA CIURLIA
LA GLOBALIZZAZIONE
Oggi l’intero Pianeta è coinvolto in una fitta rete di scambi, di beni e di servizi che viaggiano
sempre più velocemente grazie al continuo miglioramento dei trasporti, dell’informatica e della
telematica: questo sistema viene indicato con il termine di globalizzazione.
Gli aspetti della globalizzazione sono estesi e immediatamente sperimentabili. Li tocchiamo nel
mondo degli oggetti intorno a noi, li vediamo attraverso le immagini televisive, li viviamo
nell’istantaneità di Internet, attraverso cui possiamo:
Comunicare in tempo reale con una persona anche a grande distanza;
Avere un oggetto in breve tempo e rimanendo comodamente seduti in casa;
Confrontarci con culture anche molto diverse dalla nostra.
L’immediatezza di Internet sta abolendo, inoltre, la geografia del mondo, sostituendola con i tour
virtuali che ci fanno vedere e quasi toccare con mano paesaggi distanti e altrimenti, per molti di
noi, irraggiungibili.
Però la globalizzazione ha portato con sé anche molti svantaggi: l’omologazione, ad esempio, cioè
un processo culturale per il quale una persona o una cosa va perdendo le proprie caratteristiche e i
comportamenti peculiari, uniformandosi alle tendenze dominanti. A causa di tale processo,
ognuno di noi sta perdendo la propria identità.
Inoltre, il mondo globale si trova di fronte all’urgenza di ripensare il modo di abitare la Terra e di
usare le sue risorse; è diviso da profonde ineguaglianze nella distribuzione della ricchezza,
soprattutto a causa delle politiche aziendali delle multinazionali.
Una multinazionale è una grande impresa che ha sede in un Paese, ma dispone anche di filiali
(uffici, fabbriche, punti vendita, magazzini) in altri Stati esteri. Due scambi commerciali su tre
effettuati sul pianeta hanno come protagonista una delle 500 multinazionali più importanti. Esse
trovano conveniente spostare la propria produzione nei Paesi più poveri, dove il costo del lavoro è 17
più basso per accrescere i propri guadagni, senza preoccuparsi di garantire salari dignitosi ai propri
dipendenti, né di rispettare l’ambiente del Paese che ospita le loro filiali. A ciò si aggiunga la
possibilità di far circolare liberamente merci e capitali in tutto il mondo e il basso costo dei
trasporti. La conseguenza più evidente è l’arricchimento dei Paesi già ricchi e l’ulteriore
impoverimento di quelli da molto tempo in difficoltà.
A sfavore della globalizzazione sono sorti movimenti no-global, gruppi di associazioni che
contestano il processo di globalizzazione considerato come fonte di inaccettabili iniquità tra Nord
e Sud del mondo e all’interno delle singole società nazionali.
Schierarsi a favore o contro la globalizzazione non è semplice, perché gli aspetti positivi e quelli
negativi che abbiamo analizzato sono sotto gli occhi di tutti, ma tornare al passato è per lo più
impossibile. Mi auguro però che l’umanità trovi il modo per rivalutare le tradizioni e soprattutto il
coraggio per giungere ad una più equa distribuzione della ricchezza, perché solo così la Terra
potrebbe conoscere una pace più duratura.
DE TOMMASI GIORGIA
L E N O S T R E R I F L E S S I O N I S U “ I P R O M E S S I S P O S I ”
I P R O M E S S I S P O S I
Il romanzo “I promessi sposi” mi è piaciuto molto: anche se c’erano termini a me sconosciuti e in
lingua volgare l’ho letto molto volentieri. Ho deciso di scrivere le mie riflessioni su un episodio ben
preciso, che è quello che mi è rimasto impresso e mi è piaciuto di più, ovvero l’incontro fra Lucia
Mondella e l’Innominato.
Per fare una cortesia a Don Rodrigo, Lucia viene fatta rapire dal terribile Innominato e viene
portata nel suo castellaccio dal Nibbio. Tutti gli abitanti del paese hanno paura di quest’uomo
potente e crudele, ma lei, grazie alle sue preghiere e alla fede, riesce a farlo convertire. Mi ha
colpito molto come la giovane protagonista del romanzo in questa situazione mostri un lato di sé
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completamente diverso dal solito; infatti, nonostante la paura, riesce a fare delle scelte precise e a
mantenere il “sangue freddo”. In tutto il romanzo invece il Manzoni ce la presenta come una
ragazza timida, incapace di prendere da sola delle decisioni e soprattutto molto insicura. Mi ha
colpito molto il fatto che l’Innominato si sia convertito così facilmente e abbia capito tutti gli sbagli
che aveva compiuto nella sua vita in poco tempo e di come sia stato colto dal panico di fronte a
questa ragazza così semplice e timida, ma allo stesso tempo così forte. Questo, in effetti, mi ha
fatto pensare che egli si fosse come innamorato di Lucia a tal punto da liberarla e cambiare
completamente la sua vita. L’Innominato è una figura particolare e che mi ha incuriosito molto
proprio per questo motivo. Non è un personaggio così forte: si è trovato in difficoltà ben due volte,
sia con padre Cristoforo che con Lucia e sinceramente mi è sembrato meno cattivo di Don Rodrigo.
In questo episodio, inoltre, l’autore ci descrive alla perfezione tutti i sentimenti e le emozioni
provate dai due personaggi durante la notte. Mentre leggevo mi sono immedesimata molto e
riuscivo a immaginare tutte le scene del capitolo. Anche i paesaggi sono descritti con accuratezza,
fra cui il castello dell’Innominato detto anche “castellaccio”, che rappresenta al meglio il suo
padrone e incute timore a chiunque.
Devo osservare, infine, come Manzoni voglia collegare la figura di Lucia a se stesso, perché come
lei crede in Dio e prega per essere liberata, egli confida nella Provvidenza divina per scrivere
questo romanzo.
RAMIREZ FRANCESCA
INCONTRO TRA LUCIA E L’INNOMINATO
Leggendo “I Promessi Sposi”, il capitolo che mi ha colpito di più è il XXI, dove Manzoni racconta
l’incontro tra Lucia e l’Innominato. Questo capitolo è molto affascinante perché avviene una
trasformazione sia in Lucia che nell’Innominato. Lucia da fanciulla timida è divenuta una donna
audace, che attraverso il potere della Misericordia è riuscita a scuotere il rigido cuore
dell’Innominato.
L’Innominato, invece, era quello che oggi definiremmo un “capo mafioso” che non aveva mai
temuto Dio, fino a quando non ha incontrato Lucia che, grazie a una semplice frase, “Dio perdona
ogni peccato per un atto di misericordia”, è riuscita a far ragionare il crudele nemico. Egli, infatti,
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ha iniziato ad avere dei sensi di colpa sui terribili atti compiuti in passato e non riuscendo più a
controllare questi sensi di colpa pensa anche di suicidarsi, ma mentre sta per farlo una voce
interiore gli dice “NO!”. Questo ci fa capire che nel cuore dell’Innominato c’è una scintilla di
speranza che lo porterà alla conversione.
Ancora una volta Manzoni ci invia un messaggio: anche un uomo che si è macchiato di gravi delitti
può riuscire a percorrere la via della luce. L’immagine a mio parere più bella la troviamo alla fine
del capitolo quando l’Innominato guardando dalla sua finestra vede la popolazione felice per
l’arrivo del cardinale Borromeo e si sente come “catturato” da un desiderio improvviso di
incontrare anche lui il Cardinale.
SABATO ANDREA
RIFLESSIONI SUI CAPITOLI XX E XXI DE “I PROMESSI SPOSI”
Nella lettura del romanzo “I promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, mi ha fatto riflettere molto
l’episodio raccontato nel XX e XXI capitolo dove avviene l’incontro tra l’Innominato e Lucia.
In questi due capitoli si nota un nuovo aspetto di Lucia, un po’ insolito; infatti, la fanciulla si
dimostra più forte caratterialmente e meno timida.
È evidente anche un suo “potere”, cioè è capace di far commuovere anche i cuori più stanchi come
quello del Nibbio e addirittura il cuore del personaggio più temuto e spietato del romanzo, quello
dell'Innominato.
Dopo il lungo dialogo tra i due, infatti, l’Innominato trascorre una notte tragica, conosciuta come
“La notte dell’Innominato”, durante la quale non riesce a dormire perché dentro di lui vi è una
lotta interiore, per la quale combatte con se stesso e non smette più di riflettere sulle parole dette
da Lucia.
Alessandro Manzoni ci fa una descrizione accurata dei pensieri dell’Innominato e dice che anche le
coperte del letto, nel quale dorme, gli sembrano diventino più pesanti.
Nel momento della disperazione più cupa crede di aver trovato una soluzione, cioè quella di
abbandonarsi alla propria morte. Arrivare ad una simile conclusione per lui può essere stato solo
una sconfitta, o peggio ancora un’umiliazione, perché un personaggio così potente riesce a farsi 20
condizionare dai pensieri di una povera e umile contadina, a tal punto da arrivare a desiderare il
proprio suicidio.
Tutto ciò penso che sia spiegabile col fatto che a Lucia sembra che Dio stia sempre vicino, che lei
confidi molto nella fede e nella concezione divina.
Lo si riesce a notare, tutto questo, nella discussione diretta tra Lucia e l’Innominato, come scrive
Manzoni nel capitolo XXI, al rigo 124: “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia!”.
Anche nell’Innominato si trovano delle caratteristiche insolite: non si mostra più con quell’aria
arrogante e meschina che assumeva prima e lo si riesce a capire già dal primo incontro tra i due
personaggi…..insomma, è come se fosse cambiato del tutto!
Dopo, infatti, egli si dimostra comprensivo nei confronti di Lucia e non la trascura affatto nei suoi
giorni di prigionia, anzi, ci tiene che sia trattata nel migliore dei modi dalla vecchietta che le faceva
da guardia e si raccomanda di consolarla nei momenti di sconforto.
In questo capitolo appare anche la figura della vecchietta servitrice che si manifesta con modi di
fare e di pensare opposti a quelli di Lucia. Il Manzoni ce la presenta come un personaggio
invidioso, soprattutto nel vedere la giovane trattata così bene dall'Innominato, che le riserva agi e
vivande a lei sempre negate. Lei che si preoccupava solo che il padrone fosse contento del suo
lavoro in modo tale da poter soddisfare la sua fame e il suo sonno.
Tale episodio del romanzo “I Promessi Sposi” mi ha fatto riflettere molto sul fatto che il Manzoni
abbia voluto mettere in evidenza il ruolo importante di una umile ragazza come Lucia che, pur
appartenendo ad una bassa classe sociale, è riuscita a scuotere e trasformare un personaggio che
lo scrittore inizialmente aveva presentato come un uomo misterioso e intoccabile.
CASILLI FILIPPO
RIFLESSIONI SUL CAP. XXI DE “I PROMESSI SPOSI”
La narrazione degli eventi relativi al cap. XXI, rapimento di Lucia e conversione dell’Innominato, mi
ha fatto riflettere sulla personalità di questi due personaggi.
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Lucia, che come abbiamo visto nei capitoli precedenti, è una ragazza timida, semplice e dall’ animo
puro, in questa occasione si dimostra più decisa e forte, come se non sapesse con chi avesse a che
fare.
Lucia nel suo linguaggio usa nominare spesso Dio e la Vergine: “Sono una povera donna, in nome
di Maria Vergine”, “mi conduca lei in Chiesa… que’ passi Dio glieli conterà”, “Oh! Voi che siete una
donna, in nome di Maria Vergine”.
Nelle parole di Lucia si rispecchia la grande fede di Manzoni.
Una frase che Lucia ripete spesso mentre supplica l’Innominato di liberarla è: “Dio perdona tante
cose per un’opera di misericordia”. Grazie a queste parole Lucia riuscirà successivamente ad
ottenere la libertà.
La fede di Lucia si manifesta nella preghiera alla Vergine. Durante la notte insonne, Lucia trova
rifugio nella preghiera e supplica la Madonna facendo un voto: lei chiede la libertà, in cambio della
rinuncia al suo promesso sposo, Renzo.
Mi ha colpito la compassione che Lucia suscita nell’Innominato e la sua grande forza d’animo e allo
stesso tempo, mi ha sorpreso la figura dell’Innominato, che nell’incontro con Lucia, non somiglia
affatto a come ce lo aveva descritto Manzoni nelle pagine precedenti: un uomo avido, malvagio e
senza amici, circondato solo da servitori e del quale nessuno osa pronunciare il nome.
In questo capitolo lottando con se stesso, si dimostra più sensibile, tanto da provare pietà: “Oh
perché non è figlia di uno di que’ cani che m’hanno bandito! Che ora goderei di questo strillare, e
invece…”.
La conversazione con Lucia ha fatto nascere nell’Innominato una piccola fede, all’inizio rifiutata e
odiata.
La frase pronunciata da Lucia “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia”, fa molto
riflettere l’Innominato, tanto da fargli passare la notte insonne. Questa piccola fede, come si vede
nei capitoli successivi, continuerà a rafforzarsi. Il mattino dopo, il Signorotto, sente le risate e la
musica del popolo che è felice per l’arrivo del nuovo Vescovo; riflettendo, egli si chiede perché
anche lui non può esserlo e giunge alla conclusione che il suo tormento e i rimorsi per i crimini
commessi sono una conseguenza delle parole di Lucia. L’Innominato vive un conflitto interiore e
cerca conforto nelle parole del Vescovo. Quest’ ultimo quieto e tranquillo, riesce a commuovere
l’Innominato e ad alimentare in lui il desiderio di avvicinarsi a Dio.
Un’altra figura meno importante è quella della vecchia, nota per la sua obbedienza al padrone e
per la sua avidità. Manzoni mette in risalto il carattere della vecchia serva e lo si può notare dal
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linguaggio che egli usa per descrivere le sue azioni: “Così detto, lei si mise a mangiare avidamente”
oppure “Così dicendo in fretta si cacciò sotto, vestita”.
CONTE LETIZIA
RIFLESSIONI SU “I PROMESSI SPOSI”: LE FIGURE FEMMINILI
Leggendo il romanzo “I Promessi Sposi” mi hanno colpito molto il carattere e le descrizioni dei vari
personaggi, in particolare delle figure femminili.
La figura principale del romanzo è certamente Lucia: lei è una ragazza molto semplice e subito
appare timida e riservata; una delle sue qualità, forse la più importante, è la devozione a Dio.
All’inizio del racconto Lucia mi è sembrata molto fragile, indifesa, ma anche incapace di prendere
decisioni da sola. Invece, nel corso del romanzo, emerge una forza stimolata proprio dalla sua fede
in Dio. Un episodio che mi ha colpito molto è stato quello dell’incontro tra Lucia e l’Innominato,
dove Lucia riesce a provocare nell’Innominato un sentimento di compassione, usando la sua unica
arma: la preghiera. È proprio il colloquio tra i due che porterà poi alla conversione
dell’Innominato. Una frase di Lucia molto significativa è: “Dio perdona tante cose, per un’opera di
misericordia”: grazie ad essa spinge l’Innominato a riflettere portandolo a pentirsi per tutto ciò che
aveva fatto. Dopo l’incontro tra i due vi è un episodio che mi ha fatto comprendere quanto sia
cambiata la figura di Lucia nel corso del racconto: il momento in cui lei decide di fare il voto di
verginità. Qui per la prima volta la ragazza riesce a prendere una posizione, prendendo una
decisione da sola, senza consultarsi con qualcun altro. Un’altra caratteristica di Lucia è la sua
innocenza e la purezza. Manzoni infatti racchiude in lei tutti i valori cattolici (umiltà, compassione,
perdono, bontà) a cui tutti dovremmo fare riferimento. Con i suoi valori, lei ha un’influenza
positiva su tutti i personaggi con cui entra in contatto nel corso della storia, tra cui, come abbiamo
già visto, l’Innominato. Con Lucia, Manzoni vuole dimostrare come la Provvidenza divina sia
importante nella vita.
Un'altra figura femminile è quella di Agnese, la madre di Lucia. Lei è quasi l’opposto della figlia: è
impulsiva, testarda, anche superficiale. Al contrario della figlia, Agnese ha un carattere molto forte
e determinato. Lei dà consigli basandosi sulla sua esperienza di vita. Agnese è colei che escogita le
idee più ingegnose per contrastare Don Rodrigo, fino a tentare un matrimonio a sorpresa tra
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Renzo e Lucia. Una qualità della donna è quella di essere molto protettiva nei confronti di Lucia e
la difende di fronte a tutti.
Il personaggio che rappresenta l’opposto di Lucia è Gertrude. La monaca di Monza ha vissuto una
vita molto travagliata ed ha un carattere aggressivo ed egoista: è una donna molto complicata. La
famiglia le ha provocato molte sofferenze, poiché è stata costretta dal padre a diventare monaca.
Proprio per questo motivo lei appare subito una monaca singolare, anche nel modo di indossare
gli abiti e nel modo in cui si esprime. È molto dettagliata la sua descrizione. Una caratteristica che
indica la sua singolarità è la ciocca di capelli che esce dal velo e, proprio a questo proposito,
Manzoni ci dice che ciò “dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola”. In Gertrude c’è
qualcosa di provocatorio che nasce proprio dall’ingiustizia subita da parte della famiglia. Dal suo
modo di vestire, Manzoni ci fa capire che la giovane è ribelle, bisognosa d’affetto e ambigua. Dai
suoi occhi, l’autore ci dice che traspariva un sentimento di odio e rancore, ma anche infelicità e
bisogno d’affetto. Recensione de “I Promessi Sposi”
SCATIGNA SARA
LE FIGURE FEMMINILI DEI PROMESSI SPOSI
Nel romanzo “I Promessi Sposi” l’autore, Alessandro Manzoni, ha voluto presentarci al meglio ogni
singolo personaggio descrivendocene tutte le caratteristiche fisiche, ma, soprattutto caratteriali.
È riuscito a delineare tutti gli stati d’animo trasmettendo anche al lettore innumerevoli sensazioni.
Ma i personaggi che più hanno destato la mia attenzione sono state le tre figure femminili
principali: Lucia, la madre Agnese e la Monaca di Monza, Gertrude.
Lucia, fin da subito, è descritta dal Manzoni come una creatura semplice, umile, ma, nello stesso
tempo, con mille sfaccettature; un animo delicato e, al tempo stesso, forte. Nel corso della lettura
ci troviamo di fronte a dei lati caratteriali di Lucia molto distanti fra loro: nel secondo capitolo,
quando Renzo annuncia a Lucia l’annullamento del matrimonio, la ragazza è smarrita e angosciata;
successivamente, quando incontra la Monaca di Monza esprime imbarazzo e timidezza; ma,
secondo me, è nel ventunesimo capitolo che scopriamo il suo lato più bello e vero: Lucia, un’umile
ragazza, che si trova a confrontarsi con uno degli uomini più potenti, l’Innominato. In questa
circostanza dimostra di essere coraggiosa e forte senza fare uso della violenza, ma di quella che è
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l’arma più bella: la Preghiera, riuscendo, con una delle frasi più significative del libro, ad attirare
ancora di più l’attenzione dell’Innominato: “Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia”
(capitolo ventunesimo, rigo 36).
La madre Agnese, invece, viene descritta dal Manzoni come una signora curiosa e, al contrario
della figlia, per niente timida ma fin troppo aperta (quasi sfacciata); lo dimostra proprio parlando
al posto della figlia durante l’incontro con Gertrude.
Ed è proprio a quest’ultima che il Manzoni dedica il nono capitolo. Incomincia descrivendola dal
punto di vista fisico; una bellezza nascosta sotto quel velo nero che le copre il capo e quella
candida benda di lino che le circonda la testa; ma oltre ad essere nascosta, la sua bellezza risulta
anche scomposta, come dirà lo stesso Manzoni, dalla sua vita dissipata e tormentata ed è proprio
la sua esperienza che ha dato vita al suo carattere. Un carattere forte e ribelle, ma nello stesso
tempo fragile e indeciso, dal quale si percepisce un grande travaglio interiore. L’eterna lotta tra il
bene e il male.
CAROLINA GRECO
RIFLESSIONI SUI PROMESSI SPOSI: TRE RELIGIOSI A CONFRONTO
Durante la lettura di alcuni capitoli de I Promessi Sposi, splendida opera scritta da Alessandro
Manzoni, ho potuto osservare tre figure molto interessanti che, dalla loro prima comparsa nello
svolgimento delle vicende del romanzo, hanno attirato la mia curiosità.
La prima fra queste è sicuramente il Cardinal Federigo. Egli, divenuto nel 1580 sacerdote, ebbe il
coraggio di insegnare la dottrina cristiana ai più rozzi e derelitti del popolo e a visitare, servire,
consolare e soccorrere gli infermi. Anche dopo esser passato al titolo di cardinale, la sua anima
restò pura; difatti il Manzoni lo descrive dicendo che “la sua vita è come un ruscello che, scaturito
limpido dalla roccia, senza ristagnare né intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni, va
limpido a gettarsi nel fiume” cit. Pertanto in quest’uomo la nobiltà sociale si accompagna a quella
morale e intellettuale e la sua umiltà, benevolenza, semplicità e generosità esplodono quando
prende la decisione di aiutare uno degli uomini più violenti, impudenti e depravati, convertendolo
in un convinto fedele e commettendo un grande atto di misericordia e umanità.
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Un’altra figura presente nel romanzo ben si può paragonare a questo fantastico cardinale: fra’
Cristoforo. La storia di quest’uomo è molto più travagliata, ma sicuramente non meno
interessante. Egli, infatti, era un nobile cavaliere il cui nome non era affatto Cristoforo, bensì
Lodovico e non amava mostrare la propria ricchezza e potenza. Un dì un signore arrogante e
risoluto soverchiatore lo minacciò e quando il servitore più fedele di Lodovico, Cristoforo, si fece
avanti per proteggere il padrone, morì trafitto dalla lancia del nemico. Offuscato dalla rabbia,
Lodovico uccise il birbone e, per proteggersi dalle leggi civili, si rifugiò in un monastero, dove la sua
vita cambiò completamente.
Nel ritratto che ci fa il Manzoni, vediamo questa figura come un ribelle, impulsivo, un uomo diretto
e immediato, ma notiamo contrapposte anche la sua pazienza, l’umiltà, la prudenza e la
semplicità.
Nella storia dei Promessi Sposi egli si presenta come un comune monaco cappuccino confessore e
consigliere dei due giovani, ma anche loro difensore. Fra’ Cristoforo, infatti, possiamo apprezzarlo
maggiormente nel suo incontro con l’uomo più temuto dal popolo paesano: il signorotto Don
Rodrigo. In quel momento, è evidente la forza di quest’uomo nel tener testa a un tale arrogante,
provocando in lui una profonda paura dovuta agli errori commessi nel passato e, pertanto, dopo
aver riconosciuto l’espressione di spavento del signorotto, il frate conclude un episodio così
intenso, intimamente soddisfatto e sereno per aver compiuto il suo dovere.
Ora, ahimè, passiamo ad una figura che, dopo questi due colossi, appare un po’ come una formica:
il nostro simpatico Don Abbondio. In lui, se pur sforzandosi, è difficile trovare anche una sola
piccola traccia di nobiltà d’animo e d’eroismo, ma molto probabilmente è il personaggio più
realistico e verosimile dell’intera opera. Fra le varie descrizioni a lui dedicate, lo ritroviamo come
“un vaso di terracotta in mezzo a tanti vasi di ferro”, a mio parere la più profonda ed intima fra
tutte, perché poi il Manzoni continua descrivendolo “non nobile, non ricco, coraggioso ancor
meno” e dichiarando anche che “non era nato con un cuor di leone, ma si sentiva come un
animale senza artigli e senza zanne, un uomo, per così dire, tranquillo e inoffensivo”. Difatti, il
nostro simpatico curato si era costruito un sistema che consisteva nello scansar tutte le guerre che
lo circondavano e nel cedere in quelle inevitabili. Egli era pigro, abitudinario, codardo e indolente
e sicuramente il momento in cui il lettore sente di conoscere bene nell’intimo questo personaggio
è proprio nel primo capitolo, durante l’incontro con i bravi. Il curato non ha saputo far rispettare la
sua figura di uomo religioso, tenendo più alla sua vita che a quella degli altri, e sarà questo
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atteggiamento che scatenerà tutte le disavventure vissute dai futuri sposi. In fondo, se rifletto
bene su questi tre uomini religiosi, posso affermare sicuramente che il cardinale e il frate sono
indiscutibilmente due eroi, i quali sfidando le vittime della ricchezza e delle più alte classi sociali,
hanno saputo dimostrare l’insistente presenza del bene anche nel periodo più triste e depravato
della storia.
Sull’altro piatto della bilancia, poi, osservo Don Abbondio, il quale anche a me suscita un
sentimento di compassione e pietà, ma sono convinta che senza quest’uomo la storia sarebbe
parsa meno coinvolgente e realistica poiché egli è lo specchio della società del tempo e, con i suoi
pensieri così stravaganti, ha saputo certamente rimanere impresso nella mente di chiunque abbia
letto un’opera così bella e completa, quali sono “I Promessi Sposi”.
MARIA TERESA VETRUGNO
LE NOSTRE RAGIONI CONTRO LA GUERRA IN UNA LETTERA
Carmiano, 20 febbraio 2018
Cara Sofia,
è da tanto che non ci scriviamo! Sai, ultimamente a scuola stiamo parlando della guerra e della
pace. È un argomento che mi fa riflettere molto e, dato che tu sai sempre cosa dire riguardo a
tutto, volevo parlarne con te. La cosa che mi stupisce è che nonostante siamo nel 2018, ancora
l’uomo non si rende conto di quanto sia sbagliata la guerra. Insomma basta accendere la TV per
non sentir parlare d’altro che di conflitti. La storia è sempre stata caratterizzata dall’alternarsi di
pace e guerra. Ma la situazione deve cambiare: la guerra porta solo morte e distruzione. Ci sono
così tanti conflitti nel mondo, solo che non tutti ne sono a conoscenza. Libia, Afghanistan, Siria,
Israele, Palestina, Nigeria e tanti altri, sono tutti Paesi coinvolti in conflitti. Alla base di queste
guerre vi sono solo motivi politici ed economici. Molte sono scoppiate per impossessarsi di
territori ricchi di giacimenti di petrolio o altre materie prime da sfruttare, o per il controllo di
alcune zone. Spesso invece sono le differenze fisiche e culturali la causa di molti conflitti. Tutto ciò
avviene senza alcun interesse per il bene e per la vita delle persone che vivono in quei luoghi.
Ultimamente, però, i media non fanno altro che parlare di un conflitto: quello tra Stati Uniti e 27
Corea del Nord. Io penso che le persone a capo di questi due Paesi non meritino di occupare la
loro posizione, perché sono solo dei pazzi non curanti del bene dei popoli. Infatti, sia Donald
Trump che Kim-Jong-Um pensano solo ai loro interessi economici e ormai tutti hanno paura che
possa scoppiare una guerra nucleare, perché è questa la loro arma: il nucleare. Fanno a gara a chi
ne possiede di più, come dei bambini che litigano per i lori giocattoli. Ma pensiamo a cosa è
successo nel 1945 quando furono sganciate le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, che
provocarono circa 200.000 morti: ora che le armi nucleari sono diventate più potenti se scoppiasse
un’altra guerra cosa accadrebbe? Io non oso immaginarlo…e tu ci hai mai pensato? Nel 1945
quelle bombe causarono gravi danni, le cui conseguenze sono ancora visibili. Quelle bombe rasero
al suolo intere città. A Hiroshima provocò persino una tempesta di fuoco, 20 minuti dopo l’attacco.
I bambini che sono nati successivamente, avevano subito l’effetto delle radiazioni mentre erano
ancora nel grembo materno. Le radiazioni provocarono modifiche al DNA portando tumori,
malattie genetiche e neurologiche. Quindi se dovesse accadere oggi tutto ciò, ma con armi ancora
più potenti, mi chiedo: cosa accadrebbe al genere umano? Perché se dovesse scoppiare una
guerra nucleare, essa non coinvolgerebbe solo USA e Corea del Nord, ma il mondo intero.
Ma c’è un altro problema che desta preoccupazione in tutto il mondo: quello dell’Isis. Infatti, molti
sono gli Stati che hanno subito attentati terroristici per opera dell’Isis, specialmente negli ultimi
anni. L’obiettivo dell’Isis è dare vita a un califfato islamico in Siria e in Iraq, ma tra gli obiettivi, negli
ultimi anni vi è la lotta contro Russia e Occidente. La paura ormai, insomma, è all’ordine del giorno
e io non posso fare a meno di pensarci. Nonostante la storia ci dimostri quanto la guerra sia
inutile, non sono poche le persone che ancora oggi vivono sotto la minaccia delle bombe. Secondo
me, tutto ha origine dal fatto che crediamo di appartenere a razze diverse, quando, invece,
facciamo parte tutti di un’unica razza, quella umana. Siamo fratelli e non dovremmo combattere
tra di noi, perché facciamo parte tutti di un’unica grande famiglia, proprio come dice il testo di una
canzone molto significativa di Ermal Meta e Fabrizio Moro: “Scambiamoci la pelle, in fondo siamo
umani, perché la nostra vita non è un punto di vista e non esiste bomba pacifista”. Questa canzone
mi ha fatto riflettere molto e mi ha fatto capire quanto siano falsi coloro che dicono di combattere
per la pace.
Vorrei tanto sapere come la pensi tu, ma credo che tu sia della mia stessa opinione: la guerra
conviene a pochi. “Perché tutto va oltre le vostre inutili guerre” (Non mi avete fatto niente, Ermal
Meta e Fabrizio Moro). Spero che tu mi risponda presto, perché forse, saggia come sei, saprai
come placare la mia ansia.
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Con affetto,
Sara
SARA SCATIGNA
Carmiano, 20 febbraio 2018
Cara Alessia,
come stai? Spero bene. Io sono un po’ angosciata a causa dei brutti avvenimenti che accadono in
questo periodo nel mondo; mi riferisco alla guerra che ancora oggi continua ad essere una realtà
triste e crudele. Leggendo i libri di storia mi sembra che la guerra sia un fenomeno del passato,
invece è attuale, anche se lontana dalla nostra realtà.
In TV o alla radio, continuo a sentire, ogni giorno, notizie tristi su molte guerre che sono in atto ai
giorni d’oggi. Molte di esse non nascono solo per “regolare” rapporti internazionali, ma anche per
espandere i propri territori, per il desiderio di dominio, per avere il controllo di ricchezze e risorse
indispensabili come petrolio e acqua, per ottenere l’indipendenza o per liberarsi dalla presenza di
stranieri. Poi ho capito che ci sono anche le guerre civili che interessano un solo Stato, nelle quali
si oppongono due minoranze o un’etnia e il governo dittatoriale. Prevalgono in questo periodo
sempre più guerre civili, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove non permettono la crescita
economica e culturale.
Avrai sentito parlare spesso anche tu del conflitto in Iraq, sorto tra USA e regime iracheno di
Saddam Hussein in seguito all’attentato dell’11 settembre 2001; Saddam Hussein è stato ritenuto
dagli Americani complice dell’attentato e accusato di avere rapporti col terrorismo internazionale.
E che pensare del conflitto arabo-israeliano, che vede contrapposti il popolo ebraico a quello
arabo-palestinese? Entrambi rivendicano il territorio della Palestina e da molti anni sono in guerra
per poterlo conquistare; ancora oggi i palestinesi non hanno un territorio in cui vivere
pacificamente.
Un altro conflitto di cui ho sentito parlare molto è quello siriano, che dal 2012 vede il popolo
lottare per portare alle dimissioni il Presidente Bashas al-Assad ed il suo partito totalitario. Non ti
nascondo che ho difficoltà a capire i motivi e tutti i fatti che hanno scatenato e continuano ad
essere la causa di questi brutti eventi.
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Documentandomi ho scoperto che molteplici sono le guerre ancora in atto oggi in Africa, Asia,
Medio Oriente e America Latina. Ma oggi sono molto preoccupata per la situazione molto delicata
tra Corea del Nord e USA. Kim Jong-un sembra molto agguerrito e ben fornito di materiale bellico.
Ascoltando il TG ho capito che la Corea sarà disposta ad attaccare gli USA in caso di provocazione.
Inoltre, si parla di esperimenti nucleari: attraverso missili, razzi o bombe che sarebbero in grado di
distruggere la Terra provocando terremoti e tzunami. Ovviamente non mancano le risposte da
parte del Presidente americano Donald Trump, anch’egli fornito di materiale nucleare molto
potente.
Ho cercato di comprendere l’origine del conflitto e ho scoperto che tutto è nato dalla divulgazione
di un video in cui la Corea simulava un bombardamento agli Stati Uniti. Da qui è partita una serie
di minacce che, se si attuassero, potrebbero essere molto gravi per l’umanità intera. Come in tutte
le guerre si stabilirebbero alleanze tra Stati che oggi sono sempre più forti e altrettanto pericolosi.
Tu hai mai pensato ad una simile eventualità? So che sei una persona ottimista, ma anche sempre
informata su tutto ciò che accade intorno a noi. Io spero che tutto ciò non accada mai perché oltre
a causare morti, feriti e malattie, potrebbe distruggere il nostro pianeta, in quanto sarebbero
usate armi nucleari di cui conosciamo l’elevata pericolosità. Mi sono anche chiesta: “cosa
possiamo fare noi?”. Dobbiamo “dichiarare guerra alla guerra” come diceva Gandhi e un ruolo
importante, secondo me, può essere svolto dall’educazione. I bambini devono essere educati alla
pace, ad accettare la diversità e preoccuparsi per gli altri, a saper accettare opinioni altrui e a saper
riconoscere i propri errori perché la pace non è un diritto per pochi ma un diritto di tutti, garantito
dalla nascita.
Leggendo alcune citazioni di Gandhi, Kennedy e Papa Giovanni XXIII ho riflettuto sulla guerra e ho
capito che può essere sconfitta solo con l’amore, non con la violenza; se parliamo di pace
dobbiamo essere per primi noi a crearla e ad imparare che la pace non è data da un solo individuo,
ma che bisogna unirsi per crearla.
Mi è piaciuta molto la poesia “Se vuoi la pace”, nella quale Gandhi ci fa capire l’importanza
dell’aiuto fraterno e ci invita a combattere l’egoismo e il desiderio di dominio. La pace “comincia
da noi”.
Ritornando all’attualità, a quella che vede protagonisti noi giovani, hai ascoltato la canzone
vincitrice del festival di Sanremo, “Non mi avete fatto niente”? Anche il suo testo è ricco di
riferimenti al mondo presente e ci induce a non avere paura del male e di ciò che ci vuole
terrorizzare. Anche a te è piaciuta?
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Mi piacerebbe sapere cosa pensi su questo argomento, perciò scrivimi.
Avere tue notizie è sempre una grande gioia per me. Saluti!
Letizia
LETIZIA CONTE
Carmiano, 18 febbraio 2018
Caro amico,
è da un po' che a scuola non parliamo che di guerra.... in Storia, Geografia, Letteratura,
Cittadinanza....
Comunque, dovunque e da chiunque sia condotta, la guerra è sempre un evento orribile, che è
causa di massacri e distruzione, che spinge tante persone ad abbandonare la propria terra per
andare a combattere in Paesi sconosciuti. E i soldati non hanno mai avuto possibilità di scelta.
Hanno dovuto solo obbedire a degli ordini in nome della Patria. Molti di loro in passato hanno
tentato anche di opporsi al loro dovere, cercando di scappare, ma era quasi impossibile e se ci
riuscivano potevano essere uccisi per tradimento; è accaduto nella Prima e nella Seconda Guerra
Mondiale. Ma oggi non voglio scriverti per soffermarmi sulla Storia.... quella la lascio ai libri....
bensì per poterti parlare di ciò che succede al giorno d'oggi. La guerra si è evoluta davvero
tanto...ma in peggio! Ai nostri tempi viene combattuta sfruttando i bambini. Molte associazioni
non governative cercano di combattere il fenomeno dei bambini soldato in Africa, Asia, America
Latina ed ancora in Sudan, Ciad, Repubblica Democratica del Congo.... I bambini costretti a
combattere vengono privati per sempre del diritto a un’infanzia spensierata e sono obbligati a
crescere nella violenza; sono destinati a rimanere analfabeti perché a loro non viene riconosciuto il
diritto allo studio. Addestrati dai capi militari, sono usati per compiere missioni impossibili, con
armi che le industrie belliche creano su loro misura!
Oggi, amico mio, si ricorre allo sterminio, al genocidio e allo stupro di guerra perpetrato nei
confronti delle donne, persino religiose. Questo modo di fare è diverso, ma forse più crudele,
perché coinvolge civili innocenti. E di armi da fuoco ce ne sono a valanghe: si va dalle bombe alle
mine antiuomo che uccidono chiunque le sfiori, dai mitra alle bombe atomiche, dai carri armati ai
missili, dai fucili alle bombe a grappolo, che lasciano sul terreno proiettili esplosivi, ai proiettili in
uranio che diffondono polveri radioattive.
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Se la guerra è nuova nelle sue strategie ed armi, è antica per le sue motivazioni.... sempre politiche
ed economiche, a cui si aggiungono ragioni etniche, religiose, nazionalistiche e separatistiche che
portano a guerre anche civili, comunque inutili.
E che dire dei conflitti che si combattono da molti, troppi anni, senza che ci sia la speranza di una
risoluzione? Mi riferisco alla guerra scoppiata tra USA e Afghanistan accusato degli attentati
terroristici dell'11 settembre del 2001 alle Twin Towers di New York; ma soprattutto al conflitto
arabo israeliano, esploso all'indomani della nascita dello Stato d'Israele.
Gli orrori del mondo moderno sono tanti e talvolta inimmaginabili! E il mondo non fa abbastanza
per combatterli.
A tutte queste considerazioni sulle catastrofi della guerra, io aggiungerei le migrazioni.... ogni
guerra le porta con sé, generando solo altro dolore. Anche su questo argomento ci sarebbe tanto
da dire, ma non ti voglio tediare oltre e ti lascio proponendoti la lettura di un libro fantastico di
Hermann Hesse:" Se la guerra continua". Ti farà riflettere molto.
Spero di avere anche una tua opinione in proposito.
A prestissimo.
La tua amica Bernadette
BERNADETTE SGAMBATO
Carmiano, 16 febbraio 2018
Cara Chiara,
non ci scriviamo da tanto tempo, ma oggi stavo riflettendo un po' su un argomento molto
importante: la guerra, e volevo discuterne con te.
Al giorno d’oggi vi sono numerosi conflitti in molte parti del mondo, di cui ci giungono spesso
immagini o riprese drammatiche. Ma oggi, un po' dovunque, si parla del contrasto tra il Presidente
americano Donald Trump e quello della Corea del Nord Kim Jong Un. Entrambi vogliono
dimostrare il loro potere, facendo mostra delle loro armi a tutto il mondo. Così non si rendono
conto di ciò a cui stanno andando incontro. Tu ti sei fatta un’opinione in proposito? Si arriverà
davvero a una terza guerra mondiale? Sicuramente si tratta di due super potenze, entrambe ben
fornite di armi, ma anche economicamente organizzate ed io ho il timore che si scateni
l’irreparabile. In una guerra di questo tipo saremmo coinvolti tutti, anche l’Italia, che non è nella
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situazione economica e sociale adeguata per affrontarla -anche se, secondo me, nessuno Stato lo è
mai- e nonostante la nostra Costituzione ripudi la guerra.
Hai anche tu le mie stesse paure? O credi che io sia troppo pessimista?
Quello che mi preoccupa maggiormente è che con la tecnologia nucleare esistente oggi e in
possesso di Coreani e Americani, questa sarebbe una guerra ancora più disastrosa rispetto alle
precedenti per gli esseri umani e per tutto il pianeta.
Ma poi una guerra serve davvero a risolvere un problema fra Stati diversi? Bisognerebbe utilizzare
le parole e non la forza, né quelle fisica né quella delle armi. Tu la pensi come me, Chiara?
Aspetto una tua risposta e ti mando un grosso bacio.
Elisena
ELISENA COPPOLA
Carmiano, 22 febbraio 2018
Caro Giuliano,
ti scrivo per parlarti di un argomento su cui mi capita di riflettere da tanto tempo: la guerra,
perché purtroppo oggi in molti continenti ci sono ancora conflitti bellici più o meno estesi e la cui
soluzione appare molto lontana.
In Africa i principali conflitti si verificano in Egitto, Libia, Nigeria, Somalia e Repubblica Centro
Africana: nella maggior parte dei casi si tratta di guerre civili che vedono contrapposte fazioni di
etnia e religioni diverse.
In Asia i gli scontri si verificano tra i gruppi di ribelli di religione islamica più o meno radicali e gli
eserciti dei rispettivi Stati.
L’America e l’Europa sono caratterizzate in misura minore da conflitti bellici rispetto agli altri
continenti. Si tratta per lo più di gruppi secessionisti (ad esempio in Ucraina) o di tentativi di colpi
di Stato (ad esempio in Colombia).
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Ma che dire delle minacce di un intervento nucleare che si scambiano il Presidente americano
Donald Trump e quello nord Coreano Kim Jung Un? Le ragioni dei loro contrasti risalgono alla
storia del conflitto tra Korea del Nord e Stati Uniti tra il 1950 e il 1953. In questo senso la tensione
tra Stati Uniti e Corea del Nord può considerarsi come una delle conseguenze a lungo termine
della politica imperialista che gli USA hanno portato avanti dopo la Seconda Guerra Mondiale.
In realtà, secondo me, in questo caso una guerra nucleare è molto improbabile, ma se dovesse
scoppiare tutto il genere umano e molte altre specie animali rischierebbero l’estinzione. La guerra
comunque sia condotta è sempre un’esperienza devastante, ma una guerra nucleare causerebbe
forse la distruzione del pianeta. E perché poi? Perché i politici non si impegnano abbastanza per
evitare che crisi economiche e sociali diano origine alle guerre.
Le mie considerazioni forse ti sembreranno scontate o inutili, ma sono nate dalla mia riflessione
dovuta alle difficoltà del particolare momento storico che stiamo vivendo. Perciò, caro Giuliano,
spero che mi comprenderai e che anche tu voglia condividere con me le tue opinioni
sull’argomento.
Grazie per avermi ascoltato.
Il tuo caro amico Emanuele
EMANUELE CENTONZE
Carmiano, 1 marzo 2018
Caro Emanuele,
ti scrivo per parlare con te di ciò di cui sento parlare spesso al telegiornale: mi riferisco alla
potenza che la Corea del Nord vuole dimostrare con i suoi esperimenti missilistici e che mi
preoccupa un po'. Da quello che ho capito la Corea, su ordine di Kim Jung Un, sta dotando i suoi
missili di testate nucleari. La cosa che più mi spaventa è la possibile reazione degli Stati Uniti e di
Donald Trump, notoriamente poco propenso al dialogo. Infatti Trump ha minacciato di schierare le
sue navi da guerra ai confini marittimi della Corea e anche lui sembrerebbe pronto all’utilizzo di
armi atomiche. Sia il Presidente russo che quello cinese sono stati irritati dalle reazioni americane
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e questo potrebbe portare verso una terza guerra mondiale condotta con armi nucleari. Per me,
tutto questo è assurdo: sembra che i governanti dalla Storia non abbiano imparato nulla.
Basterebbe ricordare, per esempio, quello che accadde dopo l’assassinio avvenuto a Sarajevo nel
giugno del 1914 dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, quando scoppiò la Prima Guerra
mondiale. Bastò poco allora per far esplodere un conflitto la cui portata non era prevedibile.
Potremmo fare anche un’analogia tra la sete di potere di kim Jung Un e quella di Adolf Hitler.
Forse l’uomo è attratto dalla violenza e dalla guerra, forse questa è proprio la natura dell’uomo……
Spero comunque che il bisogno di violenza si possa placare attraverso la conoscenza degli eventi
storici e la consapevolezza della tragedia che una guerra può causare.
Ora ti lascio, fammi saper cosa ne pensi tu.
A presto
Giuliano
GIULIANO PETRELLI
Carmiano, 28 febbraio 2018
Caro amico,
ti scrivo poiché sento parlare della possibilità di una terza guerra mondiale e sono preoccupata.
Nel 2017 non c'è stato alcun conflitto tra potenze e in alcune parti del mondo come la Siria la
tensione è diminuita. Altrove, invece, la situazione diventa sempre più tesa. Da alcun mesi le
relazioni tra la Corea del Nord e il resto del mondo stanno diventando molto difficili. Le tante
prove di forza del leader Kim Jong Un sono aumentate all'inizio dello scorso settembre con
l'esplosione della bomba ad idrogeno, cinque volte più potente della bomba atomica fatta
esplodere su Nagasaki il cinque agosto 1945. Gli Stati Uniti vogliono che la Corea blocchi i test
nucleari e missilistici. Dalla Corea vogliono invece non rinunciare all'arsenale "poiché si tratta di
una questione di vita o di morte". Il presidente Kim Jong Un ha dichiarato di volere andare avanti
con l'obiettivo di allestire un deposito con un centinaio di missili in grado di raggiungere il
territorio americano e di costruire un sottomarino lanciamissili. Questa situazione potrebbe
portare a una guerra che capace di coinvolgere anche Cina e Giappone, ma anche il mondo intero.
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Donald Trump potrebbe agire contro la Corea del Nord e sbarazzarsi del regime di Pjongyang. Ma
la Cina ha dichiarato che in caso di attacco degli USA interverrebbe in difesa della Corea,
generando un conflitto in cui si scontrerebbero le due più grandi potenze del mondo. La Cina non
potrebbe accettare che ad iniziare la guerra sia Trump.
Il mondo rimane estremamente pericoloso e la condotta diplomatica dell'amministrazione Trump
ha aumentato questo pericolo creando incertezza in tutto il mondo. Per alcuni osservatori la terza
Guerra mondiale è alle porte. Spero che non accada nulla, perché la violenza non è mai la
soluzione a tutto. Mi piacerebbe sapere se anche tu sei informato sull'argomento e cosa ne pensi.
Aspetto a breve una tua risposta.
Ludovica
LUDOVICA CAGNAZZO
Carmiano, 2 marzo 2018
Ciao Giangiorgio,
oggi ti scrivo perché vorrei parlare con te dell’ansia che mi procura l’argomento della guerra, di cui
parliamo sempre più spesso e non solo sui banchi di scuola.
Secondo me, la guerra è inutile, ma nessuno vuole capirlo anche dopo due guerre così devastanti
come la Prima e la Seconda Guerra Mondiale…..
E infatti ora il mondo si ritrova davanti a due capi di Stato, quello americano e quello nord-coreano
che si minacciano a vicenda e promettono di far ricorso ad armi distruttive come quelle nucleari.
Perché le persone, soprattutto i potenti, non capiscono che i problemi si possono risolvere solo
attraverso il dialogo? Perché secondo te?
Ogni guerra causa milioni di morti e feriti, ma le armi nucleari o quelle chimiche sarebbero ancora
più pericolose o temibili. Perché non si capisce che i problemi non si risolvono con la guerra ma
con la pace? E poi non ci bastano tutti gli altri mali del mondo? Mi riferisco alle morti causate da
malattie difficilmente curabili o dalla povertà e dal disagio sociale. Dovremmo causare anche altre
morti? Con una guerra nucleare si sterminerebbe il genere umano e si distruggerebbe l’ambiente
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senza poter tornare indietro. Non pensi che dovremmo provare a vivere tutti insieme in questo
mondo, rispettandoci indipendentemente dallo Stato a cui apparteniamo?
Forse ti sembrerò troppo ansioso, ma tu mi conosci bene e sai che mi piacerebbe avere la tua
opinione.
A presto, amico mio!
Thomas
THOMAS METRANGOLO
Carmiano, 22 febbraio 2018
Caro amico,
non ti scrivo da un po' perché sono stata impegnata con la scuola.... mi manchi tanto e oggi voglio
dirti che ho paura di quello che sta accadendo nel mondo in questo periodo.
Ho il presentimento che ci stiamo avviando verso una terza guerra mondiale perché è in corso da
mesi un contrasto tra il Presidente dell'America Donald Trump e quello coreano Kim Jong Un, che
si stanno minacciando con armi nucleari. Soprattutto la Corea sta facendo esperimenti con queste
armi per sembrare più potente. Una guerra nucleare, oltre a mettere in pericolo il genere umano,
potrebbe distruggere il Pianeta. Inoltre, si sprecano soldi che potrebbero essere utilizzati per
aiutare i più indigenti, mentre si arricchiscono i produttori di armi. Le guerre che si sono
combattute in passato sono state spesso scatenate da un dittatore e dalla sua sete di potere.
Prima c'erano Hitler e Mussolini che hanno portato solo orrore e ora c'è Kim Jong Un, che
nessuno, nemmeno l'ONU può fermare. Questo conflitto potrebbe coinvolgere molti altri Stati
com'è successo nel secolo scorso.
Ma a preoccuparmi è anche l'ISIS, sebbene questa organizzazione non possieda armi così potenti
perché vuole avere il dominio dell'Occidente.
Sai amico mio, mi sono resa conto che nel mondo si lotta per il denaro e per il potere. Dopo quello
che è successo in passato, perché ripetere e fare gli stessi sbagli, invece di essere più uniti e vivere
in un mondo dove regni la Pace?
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Spesso sentendo le notizie di attualità politica mi rattristo perché gli esseri umani sono solo degli
egoisti. Mi piacerebbe tanto avere la tua opinione.
Un abbraccio
Maria Sofia
CHIRIZZI MARIA SOFIA
Carmiano, 27 febbraio 2018
Caro Arcivaldo,
oggi ti vorrei parlare di una cosa molto discussa: no, non intendo parlare di politica, bensì della
minaccia di nuovi conflitti. Già, la guerra, argomento SCOTTANTE!!! Scommetto che ne hai
discusso pure tu a scuola.
Nel mondo c’è molta ansia per il contrasto tra Kim Jong Un e Donald Trump. Per colpa loro si
potrebbe scatenare la terza guerra mondiale che vedrebbe le potenze nucleari di tutto il mondo
scontrarsi in un conflitto catastrofico.
Forse non sai perché Trump e Kim Jong Un si odiano. Perciò dobbiamo tornare un po' indietro,
quando la Corea del Nord era governata da Pyongyang. In quel periodo la Corea lanciava molti
missili, quasi a voler dimostrare che era ben armata e pronta ad una guerra. Ovviamente l’America
ha risposto a questa minaccia imponendo pesanti sanzioni sul Paese, con forti danni economici.
Kim Jong Un non ha reagito molto bene ed è appunto da qui che nasce il contrasto tra L’America e
la Corea del Nord. Donald Trump però in un dibattito ha risposto: «Anch’io ho un arsenale
nucleare, ma è molto più grosso e più potente del suo, e il mio funziona!». Da qui si è scatenata la
paura sulla possibilità di una terza guerra mondiale e sulla sua pericolosità per il genere umano.
Purtroppo la storia dell’uomo è caratterizzata da una serie di guerre. Ma quali sono i motivi che
spingono ad affrontarle, tu lo sai? In genere le guerre hanno sempre trovato il proprio motivo
scatenante nell’espansionismo territoriale. L’espansionismo, infatti, porta alla conquista della
ricchezza e del potere. Così fu per l’Austria con la guerra del 1915/18, così fu per la Germania
nazista nell’ultima grande guerra: La Seconda Guerra Mondiale, la più devastante, perché si ricorse
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a mezzi di distruzione di massa mai usati prima, cioè le bombe atomiche lanciate sulle città di
Hiroshima e Nagasaki.
Proprio non riesco a capire perché debbano morire tanti innocenti. La guerra è una cosa
abominevole e non dovrebbe esistere. Non so se succede anche a te, ma io non riesco a guardare
un telegiornale perché non si vede altro che scene di guerre, non si parla altro che di morte e
distruzione. Molte le scene agghiaccianti: bambini che rimangono mutilati, che perdono la loro
famiglia o che muoiono per la fame. Ma perché nel mondo c’è tutto quest’odio???
Nonostante la storia dell'uomo sia millenaria, l'umanità non sembra aver attraversato nessun
periodo prolungato senza guerre. Ho il sospetto, caro amico mio, che la guerra, con i suoi orrori e
le sue crudeltà, appartenga al patrimonio genetico della specie umana. Ho il timore che la terza
guerra mondiale si possa veramente scatenare: Kim Jong Un e Trump hanno le armi pronte, e
questa volta sarebbe proprio la fine del mondo, perché a morire saremmo proprio tutti!
Mi chiedo: cosa può fare l’uomo, cosa possiamo fare noi, tu ed io, per fermare tutto questo?
Potremmo impedire a Kim Jong Un e Donald Trump di scatenare la guerra? Caro amico credo che
l’uomo ormai sia impotente dinanzi ai disastri che lui stesso ha creato.
Ora ti devo lasciare e spero di non averti annoiato.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Cari saluti dal tuo amico Andrea
ANDREA SABATO
IL PIU’ BEL RICORDO DI QUESTI TRE ANNI
Sicuramente, nel corso di questi tre anni un’esperienza che rimarrà impressa nella memoria è la
partecipazione alle esibizioni dell’orchestra formata da tutti i ragazzi che frequentano il triennio
del corso musicale. Come dimenticarla?!
Ricordo bene il terrore negli occhi dei miei compagni, il tremolio delle mani, l’espressione smarrita
su tutti i nostri volti… e a pensarci bene…eravamo davvero ridicoli!
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E che dire dei professori che, con certe espressioni balletti e canti intonatissimi, riuscivano a farci
sembrare meno patetici? Poi, andando avanti con gli anni, ci siamo abituati a stare sotto i riflettori,
scoprendo la bellezza dei brani e dimenticando la nostra nemica più spietata: la paura. Ah, la
paura! Ci perseguitava, appena voltavi l’angolo era lì pronta a farti tremare le gambe, a
beffeggiarsi dei tuoi errori. Per non dimenticare la bellezza di quelle prove che i prof. si ostinavano
a voler iniziare puntuali, minacciando gli eventuali ritardatari di note e abbassamento di voti…ma
detto fra noi, chi ci credeva? Ebbene, con i nostri disastri siamo riusciti a sopravvivere tre anni
insieme. Tre anni in cui non sono mancate prese in giro, cattiverie e bravate, ma nemmeno
qualche bella “scaffuniciata” a chi aveva aspettative troppo alte. Tre anni di spartiti che ancora
molti non hanno studiato; tre anni di risate inopportune; tre anni di noi. Nonostante tutto, però,
quando salivi sul palco tra i volti sorridenti dei tuoi parenti, quando appoggiavi le dita su quel
sofferto strumento, quando vedevi la mano del direttore cantare …che emozione! Sentivi i brividi
dietro la schiena come una vecchierella che prega troppe ore in Chiesa. E appena sentivi quel
“quattro”, beh allora lì davi tutto te stesso, dimenticando ogni preoccupazione: in quel momento
non eri un qualunque ragazzo, in quel momento eri consapevole di essere importante.
Perché in fondo è questo che fa l’orchestra: quando ti esibisci suonando insieme agli altri, non sei
un anonimo, ma sei tu, tu ragazzo, tu studente, ma soprattutto tu musicista.
Il tempo passa, molti di noi sono cresciuti e mi tocca mettermi in punta di piedi per vedervi bene.
Tanti hanno fatto stupidaggini madornali, ma il buonsenso fortunatamente ha prevalso (anche se
fosse arrivato prima non ci sarebbe dispiaciuto!); in fondo siamo una classe, a modo nostro
speciale!
Ora, se vi dicessi che non ci separeremo mai, vi autorizzerei a buttarmi dalla finestra, perché sì, ci
separeremo. Probabilmente qualcuno farà anche finta di non vederci, quando ci incontreremo per
le vie del nostro paesino, ma sappiate anche questo: siete impressi nella memoria di tutti noi. Un
domani ci sarà chi farà l’impiegato, chi il commercialista, chi l’avvocato, ma quando arriverà la
domanda del proprio figlio: “com’era la scuola media?” ecco che riaffioreranno i ricordi, i nostri
ricordi.
Quindi, ragazzi, sappiate che è stato bello conoscervi, nei vostri pregi e difetti; è stato bello aiutarvi
quando eravate in difficoltà, ma soprattutto è stato bello sapere di non essere l’unica tredicenne
pazza in questa scuola tanto alternativa.
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MARIA TERESA VETRUGNO
IL PIU’ BEL RICORDO DI QUESTI TRE ANNI
Ciao ragazzi, ci avviamo ormai alla fine di questa esperienza triennale, che inevitabilmente ci
dividerà perché ognuno di noi seguirà la propria strada.
Vorrei condividere il momento per me più significativo di tutti questi tre bellissimi anni passati
insieme; ovvero il nostro primo concerto (lo ricordo quasi come fosse successo ieri).
Era il 22 dicembre del 2015 (giorno del concerto) e tutti noi eravamo vestiti con jeans e camicia
bianca; eravamo agitati e avevamo paura di commettere qualche errore durante l’esecuzione. Le
nostre insegnanti accordavano gli strumenti, “impeciavano” gli archi, regolavano il volume delle
tastiere e predisponevano tutto l’occorrente. Ricordo pure che mentre stavano regolando il
volume, è partito un BOOOOOOM degli altoparlanti. Ricordo i miei due amici Giuliano e Michele
che sudavano per l’ansia: anzi, forse un po' di più io. Ricordo anche il fatidico conto alla rovescia
prima di entrare in scena. Quanta ansia! mi sentivo come un agnello in mezzo ad un branco di lupi.
Però quando presi l’arco per iniziare a suonare, d’incanto sparirono tutti i timori, e via come un
treno a suonare tutto il brano! Mi sentivo leggero, coinvolto, e intanto intravvedevo i miei genitori
che mi osservavano. In quel momento mi sono sentito importante. Non ci credevo che finalmente,
io, come mio padre e mio fratello, facevo un concerto! Alla fine la gente ha chiesto un bis! Non ci
credevo…….! Sembrava un sogno vedere tutta quella gente applaudire o chiederci nuovamente di
suonare. In quel preciso momento avevamo iniziato la strada della musica, una strada
meravigliosa da percorrere, ricca di emozioni e soddisfazioni. Ricordo la commozione l’atmosfera
natalizia, i saluti e i complimenti delle nostre insegnanti.
Sinceramente, ragazzi, sono stato, anzi, sono felice di aver vissuto quei bellissimi momenti con voi
e spero che un giorno ci rincontreremo.
Sarà un ricordo che rimarrà impresso nella mente, un ricordo di questi bellissimi tre anni.
SABATO ANDREA
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