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P.Zatti. Brevi note sul testo approvato Temi aggiunti Il testo ora interviene sulla questione della formazione del personale sanitario ( v. sotto) e disegna, in un articolo aggiunto, una traccia importante di disciplina riguardo alle situazioni di sofferenza, prognosi infausta, imminenza di morte ( ancora sotto). Art. 1. La struttura del 1° comma dell’art. 1 rimane quella del testo presentato dalla Commissione, con il richiamo alle norme della Costituzione e della Carta dei diritti UE ; ma l’arco dei valori/diritti è esteso: “La presente legge….tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”. Evidente il cambiamento, che costituisce un progresso anche rispetto al testo del Dicembre 2016: ne vedremo le conseguenze a proposito dell’art. 2. Consenso Rimane l’intitolazione dell’art. 1 al “Consenso informato”; l’espressione continua a campeggiare lungo il testo. Nel 2° comma dell’art. 1 però il consenso non è più definito come atto fondantedella relazione di cura e fiducia , ma si dice che la relazione “si basa sul consenso informato: il quale si configura dunque più chiaramente come una condizione continuativa della relazione. Si precisa che accanto al medico “contribuiscono alla relazione gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria” : non elegantissimo ma utile. Nel comma 4,° si modifica la frase Il consenso è espresso in forma scritta ecc. Il nuovo testo dice : “Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente , è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare”. Si apre quindi la strada a una “validazione” giuridica di diverse prassi cliniche di formazione e raccolta del consenso La figura del fiduciario viene precisata, come persona che il paziente può delegare non solo ad informarsi, ma “per esprimere il consenso in sua vece”: l’espressione può ritenersi includere il rovescio della medaglia, cioè il rifiuto. Il comma 8° dell’art. 1, che riguarda l’urgenza, e non era ben formulato ora assume questo testo : “Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla” . Due difetti rimasti:

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P.Zatti. Brevi note sul testo approvato

Temi aggiunti Il testo ora interviene sulla questione della formazione del personale sanitario ( v. sotto) e disegna, in un articolo aggiunto, una traccia importante di disciplina riguardo alle situazioni di sofferenza, prognosi infausta, imminenza di morte ( ancora sotto).

Art. 1. La struttura del 1° comma dell’art. 1 rimane quella del testo presentato dalla Commissione, con il richiamo alle norme della Costituzione e della Carta dei diritti UE ; ma l’arco dei valori/diritti è esteso: “La presente legge….tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona”. Evidente il cambiamento, che costituisce un progresso anche rispetto al testo del Dicembre 2016: ne vedremo le conseguenze a proposito dell’art. 2.

ConsensoRimane l’intitolazione dell’art. 1 al “Consenso informato”; l’espressione continua a campeggiare lungo il testo.

Nel 2° comma dell’art. 1 però il consenso non è più definito come ”atto fondante” della relazione di cura e fiducia , ma si dice che la relazione “si basa sul consenso informato” : il quale si configura dunque più chiaramente come una condizione continuativa della relazione. Si precisa che accanto al medico “contribuiscono alla relazione gli esercenti una professione sanitaria che compongono l’équipe sanitaria”: non elegantissimo ma utile.

Nel comma 4,° si modifica la frase “Il consenso è espresso in forma scritta ecc. Il nuovo testo dice : “Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare”. Si apre quindi la strada a una “validazione” giuridica di diverse prassi cliniche di formazione e raccolta del consensoLa figura del fiduciario viene precisata, come persona che il paziente può delegare non solo ad informarsi, ma “per esprimere il consenso in sua vece”: l’espressione può ritenersi includere il rovescio della medaglia, cioè il rifiuto.

Il comma 8° dell’art. 1, che riguarda l’urgenza, e non era ben formulato ora assume questo testo : “Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”. Due difetti rimasti: -circa la volontà, meglio che “ consentano di recepirla” si sarebbe forse dovuto dire “ di acquisirla” : non si tratta di non poter accogliere e rispettare una volontà espressa lucidamente – che deve essere rispettata- ma di non avere le condizioni di tempo e di lucidità del paziente per ascoltarlo adeguatamente; - si doveva anche dire che , appena cessata questa difficoltà, il principio del consenso riprende la sua piena vigenza.

Aggiunto un comma 11° che dice: “La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative.”. Come prescrizione, investe le istituzioni cui compete la formazione del personale sanitario, a partire dalle Università fino alle Aziende ospedaliere; come elemento del sistema la norma dice che la “prestazione” del medico non include soltanto gli atti medici e non si valuta soltanto sulla perizia tecnica, ma include le buone condotte relazionali e si valuta sul metro della loro qualità.

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Rifiuto di cure. L’inciso per cui la rinuncia e il rifiuto debbono essere espressi “nelle forme di cui al comma 4°” cambia fortunatamente senso, perché quel comma non prevede più che il consenso ( dunque il rifiuto) sia “espresso in forma scritta” : si apre quindi al rifiuto la gamma di manifestazione di cui si è detto.

Al comma 5° dell’art. 1 si inserisce questo periodo: “Ai fini della presente legge, sono da considerarsi trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici”. La qualificazione normativa della nutrizione e dell’idratazione artificiali come trattamenti sanitari ne esclude l’opinabilità e ne esplicita la ratio: delimita quindi il campo di quanto è oggetto di legittimo rifiuto, separandolo – implicitamente - dal campo della somministrazione di cibo e bevande di tipo accuditivo. Va detto però che di fronte a un diniego di alimentarsi di una persona cosciente, il problema si sposta sul versante dell’habeas corpus. Certo il limite rende discutibile il caso di un divieto generale espresso nelle DAT. Il successivo periodo contiene prescrizioni di condotta idonee a creare attorno al paziente che rifiuta un atteggiamento di attenzione, offerta di alternative, sostegno: “Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.” Sarà importante l’interpretazione: guai se l’assistenza psicologica fosse malamente intesa sulla base del pregiudizio gravissimo secondo cui chi rifiuta le cure non è, per definizione, pienamente lucido.

Il comma 6°, che riguardava, sinteticamente, il divieto dell’abbandono terapeutico e le cure palliative, è soppresso e sostituito con un art. 2 che ridisciplina la questione.:“1. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le

sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un'appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l'erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38.2. Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve

astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.3. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati

nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.

E’un’operazione opportuna, perché nel primo testo il problema delle cure palliative era impropriamente incapsulato nella previsione del rifiuto di cure. Occorre leggere insieme i primi due commi ma distinguerne il campo, e tenere presente che nel caso di rifiuto di cure le sofferenze da evitare al paziente, con cure palliative o anche sedazione palliativa profonda, sono anche quelle conseguenti al suo rifiuto o richiesta di interruzione di cure. Per il caso di richiesta , da parte del paziente, di trattamenti contrari alla legge , alla deontologia, alle buone

pratiche cliniche: si è voluto precisare che “a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”. L’ovvio di solito non si esplicita: e l’ accentuazione potrebbe prestarsi a essere intesa come via libera a un respingimento non delle richieste improprie, ma del paziente.

Minori e incapaci . Importante! L’art 2 ritrova una premessa simile a quella che aveva perduto nel passaggio dal testo-base al testo licenziato per la discussione: “La persona minore o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui all'articolo

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1, comma 1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nella condizione di esprimere la propria volontà.” Merita sottolineatura il richiamo ai “diritti di cui all’art.1” che sono, nel nuovo testo, la vita, la salute, la dignità e l’autodeterminazione. Coerentemente nei due commi successivi il vincolo del potere di rappresentanza alla “tutela della salute psicofisica e della vita“ dell’incapace si arricchisce della clausola “nel pieno rispetto della sua dignità”. Si è corretta quindi un’impostazione “potestativa” e vincolata alla coppia di valori “ vita e salute”.

Si è anche corretta l’erronea inclusione del curatore nel comma 3° e la difettosa collocazione del minore e del suo rappresentante nel comma 4° ; si è estesa ai "soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile" la legittimazione al ricorso al giudice tutelare nell’ipotesi in cui, in assenza di DAT, e rifiuto di trattamenti da parte del rappresentante legale, sorga conflitto con il medico che ritenga le cure “appropriate e necessarie” .

Disposizioni anticipate di trattamento. Qui si è peggiorato il testo nella direzione “burocratizzante” . Si prevedeva la forma scritta senza ulteriori requisiti. Ora invece a forma più semplice è la scrittura privata ma solo se “consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove istituito, oppure presso le strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di cui al comma 7”. Quest’ultimo comma prevede che “Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l'indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove esse siano reperibili”. In sostanza la scrittura privata non basta, occorre il “deposito”: ma in una Regione che regoli con proprio atto la raccolta di copia delle DAT al firmatario potrebbe essere lasciata la scelta di non darne copia, ma indicare dove le proprie DAT siano reperibili.

L’espressione“consegnata personalmente dal disponente” è formula pericolosa. Sembra sottintendere il sospetto di un abuso e richiedere la presenza fisica del disponente come garanzia di autenticità. Se i regolamenti di attuazione e comunali saranno come sempre di stampo burocratico, si rischia di escludere la consegna da parte di persona munita, come d’uso, di delega scritta e sottoscritta copia di documento di identità a riprova dell’autenticità della sottoscrizione. Certamente illegittimo sarebbe escludere la consegna da parte di un delegato munito di procura notarile o autenticata.

Si è però mantenuta la previsione di modalità diverse per il caso in cui le condizioni del paziente “non lo consentano”: all’interno del nuovo testo vale “non consentano la redazione delle DAT per atto pubblico o per scrittura privata seguita da consegna fatta dalla persona stessa”; nel qual caso le DAT possono essere “espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentono alla persona con disabilità di comunicare”. Quali sono le condizioni che non consentono un atto pubblico? si può sempre chiamare un notaio a casa: si intende che la persona non è in grado di dettare le sue volontà? e come potrebbe allora usare la videoregistrazione? che significa “persona con disabilità”? è tale una persona che potrebbe scrivere, ma non recarsi personalmente a depositare? è tale dunque una persona che, nel momento in cui vuole disporre anticipatamente, non è in grado di recarsi all’ufficio comunale? e se poi recupera questa possibilità, la registrazione video non vale più?

Altra sciocchezza: si è aggiunto che le DAT possono essere disposte dalla persona dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte. Come? e come si accerta o si esclude l’esistenza di questo pre-requisito?

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L’idea delle DAT come atto dispositivo negoziale ha suggerito un altro cambiamento : mentre prima si parlava di “convinzioni e preferenze” si parla ora solo di “volontà” ( commi 1° e 4°) . Si è persa anche qui l’occasione per chiarire che le DAT sono uno strumento di tutela non solo della propria libertà di scelta, ma della propria identità: come fa chi vi include ( raccomandazione dei vescovi tedeschi) la propria professione di fede.

Questa mentalità si riflette nel comma 7°, dove si sono in parte riformulate le condizioni in presenza delle quali le DAT possono essere “disattese” in tutto in parte, con accordo tra medico e fiduciario: “qualora le DAT appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero qualora sussistano terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita. Il termine “disattese” non è il migliore, perché si tratta piuttosto di adattare, concretizzare in situazione non prevedibile dal disponente: individuare il senso di quanto manifestato dalla persona e scegliere la soluzione che, nelle condizioni date, meglio lo “rispetti”.

Si lascia così aperta all’interpretazione e alla pratica clinica una questione: come trattare un olografo presentato dai familiari? Come conciliare la rigidità in tema di DAT con l’ampia formulazione del diritto al rifiuto di cure e del correlativo dovere di rispetto della volontà del paziente – comunque manifestata e comunque accertata - di rifiutare le cure?

Pianificazione delle cure. Una piccola, ma importante consolazione: nel prevedere all’art. 5. comma 4° l’aggiornamento della pianificazione delle cure, si è cancellata la parola “atto”: restituendo alla pianificazione il suo carattere di percorso.

ConclusioneIl testo ha resistito nel suo insieme; di più, una sapiente conduzione della battaglia sugli emendamenti ha consentito dei miglioramenti importanti; l’unico vero rammarico è quello da ultimo espresso: non aver superato una concezione burocratizzante a proposito delle DAT. Il risultato è, probabilmente, il migliore conseguibile in questa temperie politica e nella costante presenza di agguerrite forze integraliste. Va difeso a oltranza al Senato.