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contesti educativi familiari e disagio nell’adolescenza
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i miti del cambiamento
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nascere non basta! Poiché dal momento che si nasce sia per vivere che per esistere, si nasce ogni giorno.
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non sempre i nostri cambiamenti sono intenzionali, ossia deliberatamente pensati, scelti, pianificati e guidati.
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la metafora del cambiamento è il
viaggio
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“chiunque abbia una volta costruito un nuovo cielo, ha trovato la forza per farlo nel proprio inferno”
nietzsche
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ogni persona deve essere in grado di cambiare……..ogni famiglia deve essere in grado di trasformarsi
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nei riti di passaggio dall’adolescenza alla vita adulta presso i popoli primitivi il novizio deve morire all’infanzia attraverso una drammaturgia della morte iniziatica.
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la prova del fuoco tra gli aborigeni è probabilmente la cerimonia di iniziazione più arcaica. In essa l’adolescente prima di uscire dal “crepuscolo” e di passare al “chiarore” dell’età adulta viene simbolicamente ucciso, perché possa dimenticare definitivamente il suo essere bambino, ossia fare il lutto di quella parte di sé che impedirebbe al neofito “uomo” di diventare tale.
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• se non c’è elaborazione della perdita non c’è metamorfosi (Narciso)
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nell’adolescenza, alcune manifestazioni di breakdown evolutivo, espresse frequentemente in repentine fobie verso la scuola o in comportamenti abnormi di aggressione verso il proprio corpo o il corpo dei genitori, sarebbero la conseguenza di un arresto del processo di cambiamento, di un rifiuto inconscio del corpo che cambia.
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anoressia, tossicodipendenza, e suicidio possono indicare un desiderio di immortalità, un rifiuto del cambiamento, di ogni passo verso la morte simbolica, verso il divenire adulti.
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ci sono dei genitori che fanno di tutto perché il figlio si realizzi e sia felice, a dispetto anche di ciò che lui vorrebbe realmente avere ed essere. Tali genitori, a volte inconsapevolmente, si rifiutano di amare il figlio “come lui stesso” ed accettano di amarlo “come loro stessi”; essi in altre parole, anziché realizzare le proprie aspirazioni di grandiosità con un proprio personale impegno e scontrarsi con le relative difficoltà che un tale impegno comporta, preferiscono depositare le proprie aspirazioni nel figlio trasformato così in una sorta di doppio dei genitori, e chiedere che sia lui che si cimenti nel conquistare tutto ciò che in termini di successo e piacere loro non si sentono più capaci di realizzare, o dovrebbero realizzare ma con il peso di sentirsi in qualche modo inadeguati o in colpa.
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anestetizzare la mente
• no allenamento alla frustrazione
• no allenamento al “sentire”
• eventi emotivi troppo forti (cambiamento)
• anestesia della mente
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cambiare comporta un processo, seppur parziale e temporaneo di disidentificazione……un evento emotivo molto forte
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quando nell’adolescente i contenuti del cambiamento vengono collegati a segnali di sofferenza psichica non sufficientemente tollerabili, si verifica una reazione che consiste nella cancellazione totale o parziale di tali contenuti. In tale modo il cambiamento è impossibile perché appunto rifiutato.
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l’eccesso di frustrazione, e l’incapacità di tollerarla obbligano l’adolescente a mettere in atto una sorta di anestesia per non sentire il peso schiacciante dei nuovi contenuti emotivi che il cambiamento propone
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anestesia della mente
il processo che l’adolescente mette in atto, evitando ogni rappresentazione cognitiva di eventi emotivi avvertiti troppo minacciosi
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solo l’adolescente che sarà in grado di entrare nella condizione accettante e tollerante e ben disposta verso i nuovi lutti, potrà vivere il cambiamento fino in fondo e identificarsi gradualmente come io adulto.
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solo l’adolescente che sarà in grado di riparare dentro di sé gli oggetti interni che il cambiamento ha rotto senza riagganciarsi continuamente ai primitivi legami di dipendenza, potrà percorrere la strada verso la sua individuazione.
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tutto questo è possibile se nei suoi anni di vita precedenti ha trovato amore ed equilibri solidi in famiglia, ha normalmente preso contatto con le proprie emozioni, ha conosciuto e imparato a tollerare livelli equilibrati di frustrazione
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l’incapacità di elaborare i nuovi lutti mette appunto nella condizione obbligata l’adolescente di farsi un’anestesia. Le reazioni più tipiche di un’anestesia adolescenziale sono le seguenti
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1)tendenza al divertimento anestetizzante (sballo)
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2)tendenza a non apprendere dall’esperienza e a rifiutare il cambiamento. (lutto rifiutato e evitamento della ristrutturazione della personalità)
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l’adolescente nella paura di non saper gestire emozioni e tensioni, evita di affrontare il cambiamento. L’adolescente non è in grado di tollerare la frustrazione collegata all’accettazione del lutto di ciò che con il cambiamento andrà perso. Quindi si prospetterà che rifiuterà ogni cambiamento o che il cambiamento verificatosi non avrà nulla di profondo. Il mutamento sarà superficiale, opportunistico, di adattamento alle situazioni esterne. In questo caso avremo un sempre adolescente………………….
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3)tendenza ad aderire ad un pensiero superficiale di tipo categoriale strettamente collegato allo stereotipo e al pregiudizio (la chiacchiera che offre pensieri già pensati da altri libera da ogni interrogativo su se stessi, sull’altro e sul mondo, anestetizzando la mente dalla paura del proprio nulla. Sapere impersonale e superficiale che raccoglie il consenso di tanti, ma che logora la fiducia in se stessi)
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4)tendenza ad accumulare il sapere in termini quantitativi (l’adolescente tende a divorare sempre nuovi saperi in maniera ossessiva non per ampliare la consapevolezza di sé e del mondo, ma per allontanarsi dalle proprie paure e dominare).
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l’adolescente si butta in attività sportive, parrocchiali, sociali….in maniera ossessiva e con tempi smodati. Una sorta di bulimia simbolica, che tende a divorare in modo compulsivo nuove realtà per non soffermarsi ad ascoltare il proprio vuoto.
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spesso certi adolescenti debbono, senza mai mostrare pause e cedimenti, impegnarsi incessantemente in una qualche attività (un lavoro, un hobby, una pratica sociale o religiosa), poiché il riconoscimento della propria identità, a livello profondo sentito come incerto e precario, trova una propria solidità e stabilità soltanto nell’identificazione con il proprio fare e con il ruolo che viene a costruirsi intorno a questo fare.
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tali giovani si sentono in espansione e potenti solo se in modo serrato e compulsivo fanno qualcosa, altrimenti, appena si abbandonano a situazioni improduttive e rilassanti, avvertono immediatamente uno stato di impotenza e di vuoto. Il non fare li obbliga al contatto con i propri sentimenti più profondi e questo è un evento emotivo troppo forte.
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non si può assimilare il nuovo se si è troppo identificati con il ruolo che si ha e se non si è in grado di avere un’altra percezione di sé al di fuori di ciò che si fà
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tendenza a mettere in atto comportamenti esageratamente aggressivi e dissociali e a mantenerli e peggiorarli.
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dal momento che l’identità dei normali risulta loro inaccessibile, sembra che preferiscano avere un’identità negativa, piuttosto che non averne alcuna.
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per abbandonare un’identità negativa occorre che l’adolescente si trovi nelle condizioni di avvertire un elevato potere intrinseco idoneo a sostenere e guidare la ricerca della nuova identità.
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solo con l’accettazione della mancanza si permette un percorso di ricerca verso uno sviluppo orientato alla verità. Solo attraverso un dialogo costante e profondo con le proprie emozioni, anche quelle più dolorose, ci è consentito di arricchire il senso della vita.
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Il cambiamento adolescenziale è un lutto. Se il giovane nella sua infanzia sarà stato allenato a superare ed interiorizzare i lutti, probabilmente potrà farlo anche in età adulta.
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•Perché la droga?
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• l’adolescente inizia a far uso di droghe perché è una risposta (anche se vuota) al bisogno di sperimentare stati d’animo e di mente che non ha avuto ancora la possibilità di attivare dentro di sé attraverso il pieno sviluppo delle sue capacità esistenziali e relazionali.
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l’uso di droga è originato dalla povertà interiore che rende la persona incapace di sentire le emozioni degli altri, di attivare risorse emotive dentro di sé o di contenere le emozioni che vive senza debordare o travalicarne il significato.
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quando un adolescente non è in grado di socializzare con altri con semplicità e con il gusto del divertimento cercherà la “ridarella” o lo “sballo” negli effetti introdotti dall’hascish o dalla marijuana
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quando un adolescente non saprà ottenere una pace interiore mediante la riflessione o la capacità di distanziarsi dalla realtà come mezzi “normali”, cercherà questi effetti nell’eroina
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quando soffrirà per il sentirsi inadeguato o complessato, cercherà la pienezza ed il senso di potenza nella cocaina
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quando non riuscirà a fare calma prenderà un ansiolitico, e quando non riuscirà a dormire un sonnifero.
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l’incapacità di vivere pienamente emozioni e sentimenti, di riconoscerli dentro di sé e di divenirne padroni chiude le persone in una grande solitudine
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se ad un adolescente in tale solitudine offriamo una sostanza chimica capace di cancellare anche brevemente la sensazione di profondo ed inesprimibile dolore che accompagna la solitudine interiore, lo avremo fatto schiavo di tale sostanza
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• Che cosa si può fare per prevenire?
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presa di coscienza delle proprie emozioni
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comportamenti alimentari adeguati
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il nostro ragazzo/a mangia fino a quando ha fame? Oppure fino a quando gli porgiamo del cibo?
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se la madre offre cibo in risposta a segnali indicanti il bisogno di nutrimento, il bambino svilupperà gradualmente l’engramma fame, quale sensazione diversa da altri stati di tensione e bisogno.
d’altro canto se la reazione materna è sempre
incongrua, a prescindere dal suo carattere di negligenza o di eccessiva sollecitudine, di costrizione o di permissività indiscriminata, il risultato per il bambino sarà una confusione che lo renderà sempre perplesso. Quando sarà più grande non saprà distinguere tra l’aver fame e l’essere sazio, tra il bisogno di mangiare e qualche altro stato di tensione o bisogno.
H. Bruch
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• Quindi se la nutrice risponderà convenientemente ai bisogni del bambino, egli apprenderà a differenziarli e percepirli con maggior precisione, mentre, se questa, a causa di proprie difficoltà (come ad esempio il timore di non controllare la propria aggressività o la paura di separarsi da lui) tenderà ad anticiparli o non sarà in grado empaticamente di recepirli (dandogli, ad esempio, da mangiare quando è sazio o invitandolo a prendere sonno quando non ha necessità di dormire), il bambino, al fine di non deludere l’adulto (da cui dipende la propria sopravvivenza ) cercherà inconsapevolmente di distanziarsi dai bisogni e dagli stimoli provenienti dal proprio corpo fino, alle estreme conseguenze,ad un oblio e negazione di esso.
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In altre parole, il bambino, di fronte alle affermazioni anoressogene della nutrice, del tipo “mangia che hai fame”, “mangia, se vuoi bene alla mamma”,”dormi, la mamma sa che sei stanco”, finirà, al fine di non deludere le aspettative dell’adulto, con il dissociarsi dal proprio corpo veicolo dei propri desideri.
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Da alcune indagini sistematiche condotte in alcune famiglie di pazienti anoressiche emerge poi con rilevanza come quest’ultime siano state precocemente catturate in un’infanzia esemplare, in una “gabbia d’oro”, in un mondo ideale dove potevano godere di tutti i favori ma, in virtù del fatto che non potevano mai deludere le aspettative dei loro genitori, non era loro mai concesso di esprimersi secondo propri bisogni o desideri
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comportamenti adeguati di sonno-veglia
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comportamento caldo-freddo
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il nostro ragazzo/a tiene i vestiti quando sente di avere freddo o
quando noi glielo abbiamo imposto?
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Lutto
• stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo che è stato parte integrante dell’esistenza
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presa di coscienza del lutto
• i fantasmi del bambino
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• il nostro ragazzo è veramente consapevole degli inevitabili “lutti” accaduti nella sua vita?
• il nostro ragazzo ha veramente elaborato, assimilato ed accettato questi lutti?
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limiti e regole
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• la convinzione protettiva favorisce le paure dei bambini, probabilmente privandoli dell’opportunità di imparare a superare i propri timori. La filosofia dell’”imparare ad adattarsi”, invece, sembra aiutare i bambini paurosi a farsi coraggio.
“Kagan”
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• l’impatto con l’inatteso e l’incerto a piccole dosi è un esercizio utilissimo per i bambini. Quando l’incontro del bambino con l’incertezza avviene sotto la guida dei genitori che, per quanto affettuosi, non si precipitano a prendere in braccio il figlio e a consolarlo a ogni minimo turbamento, il bambino gradualmente impara a controllare da sé queste situazioni.
“Kagan”
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• le madri che proteggono i loro bambini altamente reattivi dalla frustrazione e dall’ansia nella speranza di ottenere un buon risultato in realtà esacerbano l’incertezza del bambino e producono l’effetto contrario.
“Kagan”
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• a livello neurologico ciò significa che i circuiti prefrontali di questi soggetti perdono l’opportunità di imparare reazioni alternative alla loro paura; invece, la loro tendenza alla paura incontrollata può uscire rafforzata dalla semplice ripetizione
“Kagan”
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• l’iperprotezione è una forma di negazione del cambiamento come lo è la ripulsa completa
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• l’iperprotezione stigmatizza l’altro nella sua impotenza confermando l’inadeguatezza nei confronti del cambiamento
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• la comunicazione, la norma, la regola danno i famosi paletti dove i giovani si appoggiano per poter crescere …..questo è dare struttura
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• alcuni tipi di famiglia che possono predisporre ai comportamenti di disagio
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chiusa su se stessa e difensiva
• una famiglia disposta a tollerare tutto, anche comportamenti amorali, purchè non si riconoscano all’esterno o purchè siano fatti nell’interesse della famiglia. Generalmente è una famiglia saldamente incentrata sulla figura materna….ella tende a trattenere i figli all’interno della famiglia e compensa con il “mammismo” le difficoltà incontrate dai figli. Per tale madre i figli hanno sempre ragione e le colpe sono sempre da attribuire agli esterni della famiglia. Quando l’adolescente incontrerà la droga la mamma dirà…..”lo avevo detto che non doveva frequentare quel gruppo”
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iperprotettiva
• e’ una famiglia che tende a sostituirsi costantemente al figlio nelle difficoltà che incontra. La figura predominante è il padre che, in cuor suo teme che il figlio “gli faccia fare brutta figura”. Cercherà quindi raccomandazioni e vie traverse per agevolare il figlio in occasione delle difficoltà scolastiche, sportive o di relazione con i coetanei. E’ la famiglia che di fronte alla droga dirà:” ma noi gli abbiamo sempre dato tutto!” e, senza rendersi conto che il problema è proprio questo “tutto”, cercherà anche la inutile raccomandazione per far entrare il figlio in una comunità di recupero.
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assente
• e’ una famiglia dove all’apparenza tutto funziona, ciò che però manca è il sentimento di comprensione profonda tra i diversi membri. E’ una famiglia in cui i genitori discutono a tavola dei problemi più disparati, quelli del loro lavoro, quelli politici, culturali, sociali, ecc. senza rendersi conto che tali discussioni passano di molto sopra la testa e la capacità di comprensione dei propri figli. I figli, fin da piccoli, si sentono inadeguati ed avvertono i genitori come irraggiungibili; troppo alti per i loro problemi e sempre con la risposta pronta a tutte le questioni che tentano di sollevare. E’ una famiglia che sbigottita di fronte alla scoperta della droga dirà: Mio figlio non sa nemmeno lui cosa vuole!!”
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puoi farne parte solo se avrai successo
• e’ una famiglia dove ciò che soprattutto conta è il successo sociale ed economico. I genitori stessi sono un modello di successo nella società e trasferiscono questo concetto…..solo se avrai successo sarai amato!! Quando l’adolescente incontrerà la droga questa famiglia dirà.”come ha potuto farci questo!!”
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la famiglia materiale
• in queste famiglie i figli hanno quintali di giochi perché ogni loro esigenza viene accontentata o direi soffocata da un acquisto. Vuoi giocare…..eccoti il gioco, vai male a scuola ecco le ripetizioni, non sei bravo a calcio…ecco le scarpette più costose, vuoi iniziare musica, ecco il pianoforte prima di iniziare… i figli perdono contatto con il valore delle cose e faticano a stimarne le differenze. Saranno queste le famiglie che saranno soprattutto disposte a pagare soldi per far star meglio il figlio, magari comprandogli la droga…..
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la famiglia paradossale
• e’ una famiglia dove la comunicazione viaggia su dei binari ambigui. Il babbo dice una cosa, la mamma tanto dirà il contrario e poi la nonna mi dirà che dovrò fare ancora diverso….. Oppure anche la mamma stessa mi dice di stare calmo quando lei è sull’orlo di una crisi nervosa. I genitori litigano spesso tra di loro ed anche con i nonni…..quali sono i miei punti di riferimento? I miei paletti dove appoggiarmi? Quando l’adolescente incontrerà la droga, la famiglia sarà intenta a continuare nei suoi paradossi…..
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conclusioni c’è chi riesce a chiudere il naso con una molletta, chi del tanfo se ne frega, ma anche chi finisce per campare svenuto, immolato sull’altare dell’amara filosofia per cui è sua eccellenza la casualità colei che scandisce cosa scrivere sul foglio bianco della vita
Cesare Liuzzi lupi
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conclusioni fissare nella sfera di cristallo un evento prossimo
venturo al quale si tiene in maniera vitale, è plausibile, anzi, per gli umani è consueto. E’ solo un embrione e già lo si sbaciucchia. Piace supporlo, viverlo anticipatamente, vederlo in un video girato nel futuro. Con fior di zoomate sui dettagli. Mentre ci si flirta in una girandola di entusiasmi, angosce e speranze, gli si chiede se davvero cambierà tutto, nulla, o qualcosa, in meglio o in peggio, ci si diletta a pianificarlo addirittura nei movimenti, ma l’atto non risponde, attende che lo si compia o si compia. C’è chi trova talmente saziante l’attesa che l’atto cerca di evitarlo, altri si infradiciano d’attesa, ad altri l’atto rovina addosso come il frammento di un meteorite mentre compri il giornale
Cesare Liuzzi Lupi
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Grazie per l’attenzione!
Dott. Marcantognini Sammy
3357362857