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XI Convegno Nazionale della Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni Piano di Sorrento 15-17 settembre 2002

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XI Convegno Nazionaledella

Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Piano di Sorrento15-17 settembre 2002

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XI Convegno Nazionaledella

Società Italiana per le Ricerche sulle Radiazioni

Piano di Sorrento15-17 settembre 2002

Programma e Riassunti

Con il patrocinio di: Dipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico IIDipartimento di Fisica, Università degli Studi di MilanoIstituto Nazionale di Fisica NucleareEnte per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’AmbienteIstituto Superiore di Sanità

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Centro Congressi Palazzo Fondi

COMITATI

COMITATO SCIENTIFICOGiustina Simone (Istituto Superiore di Sanità, Roma)Armando Buttafava (Università di Pavia)Roberto Cherubini (INFN, Laboratori Nazionali di Legnaro)Renzo Corvò (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova)Marco Durante (Università Federico II, Napoli)Piergiorgio Fuochi (CNR, ISOF, Bologna)Daniela Frasca (ENEA, CR Casaccia)Paola Scampoli (Università Federico II, Napoli)Caterina Tanzarella (Università Roma Tre)

COMITATO ORGANIZZATOREMauro Bonardi (Università degli Studi di Milano)Marco Durante (Università Federico II, Napoli)Giancarlo Gialanella (Università Federico II, Napoli)Gianfranco Grossi (Università Federico II, Napoli)Mariagabriella Pugliese (Università Federico II, Napoli)Paola Scampoli (Università Federico II, Napoli)Giustina Simone (Istituto Superiore di Sanità, Roma)

SEGRETERIA SCIENTIFICAGianfranco GrossiDipartimento di Scienze FisicheUniversità Federico IIMonte Sant’Angelo, Via CintiaI-80126 NapoliTel: 081676277 – Fax: 081676346E-mail: [email protected]

SEGRETERIA ORGANIZZATIVAITALYMEETING s.r.l.Corso Italia 261I-80067 SorrentoTel: 0818073525 – Fax: 0818071930E-mail: [email protected]: www.italymeeting.it

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PROGRAMMA

ora domenica 15 settembre lunedì 16 settembre martedì 17 settembre

09:0009:3010:0010:3011:0011:0011:3012:0012:3013:0013:3014:0014:3015:0015:3016:0016:3017:0017:3018:0018:3019:0019:3020:0020:3021:0021:3022:0022:3023:00

Registrazione Sessione scientifica S2 Sessione scientifica S5

Pausa caffè Pausa caffè

Sessione scientifica S3 Sessione scientifica S6

Colazione di lavoro Colazione di lavoro

Sessione poster P1 Sessione poster P2Apertura del Convegno

Sessione scientifica S1 Pausa caffè Pausa caffèSessione scientifica S4 Sessione scientifica S7

Cocktail di benvenutoAssemblea SIRR Conclusione dei lavori

Cena sociale

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DOMENICA 15 SETTEMBRE

15:00-16:00 Apertura Convegno

S1 – Radioprotezione nello spazio. Moderatore: V. Cotronei

- Relazione su invito

16:00-16:30 ALTEA: Studio degli effetti in microgravità di ioni pesanti sulle funzioni cerebrali nella stazione spaziale internazionale - F. Belli, V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, A. Rinaldi, R. Sparvoli, S. Licoccia, P. Romagnoli, E. Traversa, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, M. Vazquez, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I. Shevchenko, V. P.Petrov, K .A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang, G. Gianelli

- Comunicazioni orali

16:30-16:45 Misure di abbondanze nucleari e dose assorbita dagli astronauti in condizione di sole quieto e attivo a bordo della MIR e ISS - V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I.Shevchenko, V. P.Petrov, K. A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang, G. Gianelli

16:45-17:00 Protezione passiva ed attiva degli astronauti dalle radiazioni ionizzanti – M. Casolino, G. Furano, L. Imbasciati, P. Papini, L. Rossi, P. Spillantini , F. Taccetti

17:00-17:15 Calcolo dei flussi e della dose di radiazione nell’ambiente spaziale – G. De Angelis17:15-17:30 Schermatura della radiazione cosmica: effetti citogenetici di ioni ferro di alta energia

schermati con diversi materiali - M. Durante, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli e G. Gialanella

17:30-17:45 Effetti della microgravità simulata in cellule linfoblastoidi umane irradiate con raggi - S. Canova, L. Celotti, E. Bortoletto, M. Mognato, A. Russo.

17:45-18:00 Interazione fra microgravità modellata e radiazione ionizzante sull'induzione di aberrazioni cromosomiche in linfociti umani – L. Manti, M. Durante, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli, G. Gialanella

18:00-19:00 Cocktail di benvenuto

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LUNEDÌ 16 SETTEMBRE

S2 – Biologia e radiazioni I. Moderatori: M. Belli e R. De Vita

- Relazioni su invito

09:00-09:30 Ricerca traslazionale e strategie precliniche in radiobiologia – D. Tirindelli Danesi 09:30-10:00 Comunicazione cellulare ed effetto “bystander”: dati sperimentali, modelli teorici, e possibili

meccanismi – F. Ballarini, A. Ottolenghi, O. Sapora10:00-10:30 Analisi ad ampio spettro della risposta trascrizionale di cellule umane a basse dosi di

radiazioni ionizzanti – V. Lanza, V. Pretazzoli, G. Olivieri, R. Negri

10:30- 11:00 Pausa caffè

S3 – Chimica delle radiazioni e chimica radioanalitica. Moderatori: M. Carenza e S. Lora

- Relazioni su invito

11:00-11:30 Il ruolo della ricerca di base nelle applicazioni industriali delle radiazioni ionizzanti: sterilizzazione di biopolimeri e farmaci – A. Buttafava, A. Faucitano

11:30-12:00 Conduttori organici come metalli? Il ruolo della chimica delle radiazioni – S. Emmi12:00-12:30 Il ruolo dell’analisi per attivazione neutronica nello studio dell’inquinamento atmosferico da

parte di metalli ed elementi in traccia - M. Gallorini

- Comunicazioni orali

12:30-12:45 Interazione di sostanze antiossidanti con radicali radioindotti: uno studio di radiolisi pulsata - M. Tamba e A. Torreggiani

12:45-13:00 Preparazione e caratterizzazione di carburo di germanio amorfo mediante radiolisi di miscele Germano/Acetilene – A. Agostino, P. Benzi, E. Bonometti, E. Bottizzo, P. Volpe.

13:00- 14:00 Colazione di lavoro

P1 - Sessione poster

14:00- 16:00 Chimica. Moderatori: M. Carenza e S. Lora - Medicina. Moderatore: C. Vidali

16:00- 16:30 Pausa caffè

S4 – Nuove strategie biologiche e tecnologiche in radioterapia. Moderatore: D. Tirindelli Danesi

- Relazioni su invito

16:30-16:50 La ricerca traslazionale in radioterapia - R. Corvò16:50-17:10 Modificazione della risposta tumorale alle radiazioni mediante inibitori dell’ EGF-receptor -

C. Bianco17:10-17:30 La radioterapia 3D conformazionale: indicazioni cliniche - V. Donato17:30-17:50 La radioterapia ad intensità modulata - M. Paiusco, M. Iori, G. Borasi17:50-18:10 Applicazione dei radiofarmaci in radioterapia, stato dell'arte e nuove prospettive – U. Mazzi

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- Comunicazioni orali

18:10-18:20 Possibili markers di radiosensibilità in cellule tumorali in coltura e in sferoidi multicellulari: segnali da metaboliti solubili esaminati con SRM in alta risoluzione – A. M. Luciani, S. Grande, A. Rosi, V. Viti, L. Guidoni.

18:20-18:30 Crescita in gel di collagene: un modello in vitro per lo studio della risposta cellulare alle radiazioni - L. Rossi, R. Corvò

19:00-20:00 Assemblea dei soci SIRR

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MARTEDÌ 17 SETTEMBRE

S5 – Dosimetria e apparati d’esposizione. Moderatore: G. Gialanella

- Relazione su invito

09:00-09:30 L'esperimento SUE: allestimento di una linea di fasci monocromatici UV-banda B da luce di sincrotrone per irraggiamento di linee cellulari – E. Burattini

- Comunicazioni orali

09:30-09:45 Apparato da irraggiamento a singolo ione per studi radiobiologici di singolo evento presso i Laboratori Nazionali di Legnaro – INFN – R.. Cherubini, G. Galeazzi, S. Gerardi

09:45-10:00 Formazione di difetti in transistori bipolari mediante irraggiamento con elettroni d’alta energia: effetto dell’energia della radiazione – P. Fuochi, M. Lavalle, U. Corda, G. Lulli, E. Gombia, A. Patti

10:00-10:15 Progetto e realizzazione di un sistema di esposizione a radiofrequenza (900 MHz) per studi sperimentali con modalità a doppio cieco automatizzata - R. Pinto, P. Olla, S. Ciattoni, G. A. Lovisolo

10:15-10:30 Livello di azione e azioni di rimedio nello stabilimento balneo-termale militare di Ischia - G. Gremigni, A. Boschi

10:30- 11:00 Pausa caffè

S6 – Biologia e radiazioni II. Moderatore: M. A. Tabocchini

- Relazioni su invito

11:00-11:30 Sindromi genetiche radiosensibili: cause e conseguenze – C. Tanzarella11:30-12:00 Ciclo cellulare e radiazioni – B. Cecchinelli, G. D’Orazi, S. Soddu

- Comunicazioni orali

12:00-12:15 Ruolo del complesso DNA-PK nei tumori umani e in linee cellulari stabilizzate -P. Barattini, L. Stronati, G. Gensabella, M. G. Grollino, F. Castrignanò, D. Tirindelli Danesi

12:15-12:30 I LMDS, non i RMDS, determinano la cinetica di riparo delle rotture radioindotte della doppia elica di DNA – M. Pinto, K. M. Prise e B. D. Michael

12:30-12:45 La risposta di sferoidi tumorali (HT-29) alle radiazioni ionizzanti dipende dal grado di interazione cellula-cellula (compattazione) - A. Ferrante, G. Rainaldi, P. L. Indovina, M. T. Santini

12:45-13:00 Elevata incidenza di medulloblastoma in topi eterozigoti per Ptc1 in seguito ad irraggiamento neonatale - S. Pazzaglia, M. T. Mancuso, M. Tanori, S. Rebessi, V. Di Majo, V. Covelli, A. Saran

13:00- 14:00 Colazione di lavoro

P2 - Sessione poster

14:00- 16:00 Fisica. Moderatore: A. Ottolenghi – Biologia. Moderatore: O. Sapora

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16:00- 16:30 Pausa caffè

S7 – Chimica nucleare e chimica radiofarmaceutica. Moderatore: M. Bonardi

- Relazioni su invito

16:30-17:00 Sviluppo e convalida di test tossicologici richiesti per legge: l’insostituibile uso di radiotraccianti nello studio del metabolismo di metalli in tracce in colture cellulari – E. Sabbioni e S. Fontarner

17:00-17:30 Il frammento metallico [Tc(N)(PNP)]: un approccio alternativo per il design di nuovi radiofarmaci – F. Tisato, F. Refosco, C. Bolzati, L. Uccelli, A. Boschi, A. Duatti

- Comunicazioni orali

17:30-17:45 Ottimizzazione della produzione di radiotraccianti di platino, palladio e rodio ad alta attività specifica per studi metallo-tossicologici ed ambientali – F. Groppi, M. Bonardi, C. Birattari, L. Gini, G. Ballarini, A. Ghioni, H. S. C. Mainardi, E. Sabbioni

17:45-18:00 Ottimizzazione della produzione dei radiotraccianti 64Cu e 66,67Ga, ottenuti in forme NCA con reazioni nucleari indotte da deuteroni su bersagli di Zn di composizione isotopica naturale - C. Birattari, M. Bonardi, F. Groppi, L. Gini, H. S. C. Mainardi, G. Ballarini, A. Ghioni, E. Menapace, K. Abbas, U. Holzwarth, R. Stroosnijder

18:00-18:15 Un nuovo ed efficiente metodo per la preparazione di radiofarmaci di Re188 in concentrazione nano-molare - C. Bolzati, L. Uccelli, A. Boschi, A. Duatti

18:15-18:30 L’analisi per attivazione neutronica come tecnica analitica di riferimento: considerazioni metrologiche – E. Rizzio, M. Gallorini.

19:00- 19:30 Conclusione lavori

21:00- 23:00 Cena sociale

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S1 – Radioprotezione nello spazio

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Relazione su invitoALTEA: Studio degli effetti in microgravità di ioni pesanti sulle funzioni cerebrali nella stazione spaziale internazionale - F. Belli, V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, A. Rinaldi, R. Sparvoli, S. Licoccia, P. Romagnoli, E. Traversa, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, M. Vazquez, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I. Shevchenko, V. P. Petrov, K .A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang, G. Gianelli

Comunicazioni oraliS1.1 Misure di abbondanze nucleari e dose assorbita dagli astronauti in condizione di sole quieto e

attivo a bordo della MIR e ISS - V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I.Shevchenko, V. P. Petrov, K. A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang, G. Gianelli

S1.2 Protezione passiva ed attiva degli astronauti dalle radiazioni ionizzanti – M. Casolino, G. Furano, L. Imbasciati, P. Papini, L. Rossi, P. Spillantini , F. Taccetti

S1.3 Calcolo dei flussi e della dose di radiazione nell’ambiente spaziale – G. De AngelisS1.4 Schermatura della radiazione cosmica: effetti citogenetici di ioni ferro di alta energia

schermati con diversi materiali - M. Durante, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli e G. Gialanella

S1.5 Effetti della microgravità simulata in cellule linfoblastoidi umane irradiate con raggi - S. Canova, L. Celotti, E. Bortoletto, M. Mognato, A. Russo.

S1.6 Interazione fra microgravità modellata e radiazione ionizzante sull'induzione di aberrazioni cromosomiche in linfociti umani – L. Manti, M. Durante, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli, G. Gialanella

PosterS1P.1 Il fenomeno dei lampi di luce nello spazio: misure a bordo delle stazioni spaziali MIR ed ISS

- V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I. Shevchenko, V. P. Petrov, K. A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang

S1P.2 Alteino: dinamica dell’attività cerebrale, flussi e abbondanze nucleari nella Stazione Spaziale Internazionale - V. Bidoli, M. Casolino, M. P. De Pascale, L. Di Fino, G. Furano, I. Modena, A. Morselli, L. Narici, P. Picozza, E. Reali, W. G. Sannita, S. Carozzo, V. Cotronei, A. Galper, A. Khodarovich, M. G. Korotkov, A. Popov, N. Vavilov, S. Avdeev, V. P. Salnitskii, O. I. Shevchenko, V. P. Petrov, K. A. Trukhanov, M. Boezio, W. Bonvicini, A. Vacchi, G. L. Zampa, N. Zampa, G. Mazzenga, M. Ricci, P. Spillantini, G. Castellini, P. Carlson, C. Fuglesang

S1P.3 Esposizione occupazionale a radiazione ionizzante atmosferica: il "progetto piloti" italiano - G. De Angelis, M. Caldora, M. Santaquilani, R. Scipione, A. Verdecchia

S1P.4 Esposizione occupazionale a radiazione ionizzante atmosferica: una comparazione tra il personale aeronavigante italiano e islandese - G. De Angelis, V. Rafnsson, J. Hrafnkelsson, P. Sulem, A. J. Gudjonsdottir

S1P.5 Biodosimetria in astronauti russi ed italiani - O. Greco, M. Durante, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli e G. Gialanella

S1P.6 Influenza della schermatura sull'efficacia biologica di ioni pesanti: induzione del danno al DNA - F. Antonelli, M. Belli, V. Dini, Y. Furusawa, B. Rydberg, G. Simone, E. Sorrentino, M. A. Tabocchini

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S1P.7 Effetti della microgravità simulata in linfociti umani primari irradiati con raggi X - M. Mognato, E. Bortoletto, S. Canova, L. Celotti e A. Russo

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ALTEA: STUDIO DEGLI EFFETTI IN MICROGRAVITÀ DI IONI PESANTI SULLE FUNZIONI CEREBRALI NELLA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALEF. Belli1, V. Bidoli1, M. Casolino1, M. P. De Pascale1, L.Di Fino1, G. Furano1, I. Modena1, A. Morselli1, L. Narici1, P. Picozza1, E. Reali1, A. Rinaldi1, R. Sparvoli1, S. Licoccia2, P. Romagnoli2, E. Traversa2, W. G. Sannita3, S. Carozzo3, V. Cotronei4, M. Vazquez5, A. Galper6, A. Khodarovich6, M. G. Korotkov6, A. Popov6, N. Vavilov6, S. Avdeev7, V. P. Salnitskii8, O. I. Shevchenko8, V. P.Petrov8, K. A. Trukhanov8, M. Boezio9, W. Bonvicini9, A. Vacchi9, G. L. Zampa9, N. Zampa9, G. Mazzenga10, M. Ricci10, P. Spillantini11, G. Castellini12, P. Carlson13, C. Fuglesang13, G. Gianelli14 1 Dept. of Physics, Univ. of Roma ‘Tor Vergata’ and INFN-Roma2, Roma, Italy2 Dept. of Sciences and Chemical Technologies, Univ. of Roma ‘ Tor Vergata’, Roma, Italy3 Neurophysiopathology-DISM, Univ. of Genova, Genova, Italy and Dept. of Psychiatry, SUNY, Stoony Brook, NY, USA4 Italian Space Agency, Rome, Italy5 Brookhaven National Laboratories, Upton, NY, USA6 Moscow State Engineering Physics Institute, Moscow, Russia7 Russian SpaceCorporation "Energia" by name Korolev, Korolev, Moscow region, Russia8 Institute for BioMedical Problems, Moscow, Russia9 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Trieste, Italy10 LNF-INFN, Frascati, Italy; 11 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Florence, Italy12 IROE, CNR, Florence, Italy13 Royal Institute of Technology, Stockholm, Sweden14 Microgravity Section LABEN, Milan, ItalyPresentato da Livio Narici ([email protected])

Gli astronauti hanno riferito, fin dalle prime missioni Apollo, la percezione di fosfeni (descritti come “lampi di luce” di varia forma), che apparivano al buio e con frequenza anormalmente elevata. Primi studi nello spazio durante le missioni Apollo, Soyuz e Skylab, a terra presso acceleratori e, più recentemente, esperimenti dedicati condotti dal nostro team di ricerca nella Stazione Spaziale MIR (esperimenti SilEye e SilEye2) hanno individuato una correlazione tra il passaggio di ioni pesanti presenti nei raggi cosmici e la percezione di fosfeni. Tuttavia, non sono state identificate le strutture nervose dove i fosfeni hanno origine, né sono noti i meccanismi fisiologici coinvolti. Pertanto deve essere verificato se il sistema visivo sia l’unica parte del sistema nervoso centrale interessata da questo tipo d’interazione con ioni pesanti. Dovranno inoltre essere studiate le potenziali conseguenze deputate alla percezione sensoriale od operanti durante i processi cognitivi, di tali anomalie funzionali. Andranno infine valutati i rischi che queste ultime potrebbero generare, soprattutto in situazioni di emergenza, durante la vita a bordo. Il progetto ALTEA si propone di studiare tali fenomeni e si basa sull’uso di una strumentazione modulare (la “facility” ALTEA) che potrà essere utilizzata anche per altri esperimenti spaziali in fisica, dosimetria, psicofisica, elettrofisiologia, neurofisiologia cognitiva. La facility ALTEA è composta da telescopi di particelle attivi al silicio, da un elettroencefalografo avanzato e da uno stimolatore visivo, in una struttura “a elmetto”. ALTEA utilizza anche tre pulsanti su una impugnatura anatomica. Questa strumentazione è in grado di misurare contemporaneamente la dinamica dell’attività elettrofisiologica e il passaggio di ciascuna particella nel cervello, in finestre di energia pre-determinate. All’astronauta verrà chiesto di segnalare la percezione di fosfeni mediante la pressione di uno dei pulsanti. L’analisi off-line permetterà di determinare le correlazioni fra dinamica cerebrale (“funzionalità cerebrale”) e i flussi di (o le singole) particelle, con particolare riguardo ai periodi di percezione di fosfeni. ALTEA, finanziata da ASI ed INFN, verrà lanciata nell’ottobre 2003 sulla Stazione Spaziale Internazionale e beneficerà anche dei risultati ottenuti nell’esperimento Alteino, lanciato nella ISS ed utilizzato dall’Astronauta Italiano Roberto Vittori nell’Aprile 2002 (vedi altrove in questo Convegno).

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S1.1 - MISURE DI ABBONDANZE NUCLEARI E DOSE ASSORBITA DAGLI ASTRONAUTI IN CONDIZIONI DI SOLE QUIETO E ATTIVO A BORDO DELLA MIR E ISS V. Bidoli1, M. Casolino1, M. P. De Pascale1, L. Di Fino1, G. Furano1, I. Modena1, A. Morselli1, L. Narici1, P. Picozza1, E. Reali1, W. G. Sannita2,3, S. Carozzo2, V. Cotronei4, A. Galper5, A. Khodarovich5, M. G. Korotkov5, A. Popov5, N. Vavilov5, S. Avdeev6, V. P. Salnitskii7, O. I. Shevchenko7, V. P. Petrov7, K. A. Trukhanov7, M. Boezio8, W. Bonvicini8, A. Vacchi8, G. L. Zampa8, N. Zampa8, G. Mazzenga9, M. Ricci9, P. Spillantini10, G. Castellini11, P. Carlson12, C. Fuglesang12

1 Dept. of Physics, Univ. of Roma ‘Tor Vergata’ and INFN-Roma2, Roma, Italy2 Neurophysiopathology-DISM, Univ. of Genova, Genova, Italy3 Dept. of Psychiatry, SUNY, Stoony Brook, NY, USA4 Italian Space Agency, Rome, Italy5 Moscow State Engineering Physics Institute, Moscow, Russia6 Russian SpaceCorporation "Energia" by name Korolev, Korolev, Moscow region, Russia7 Institute for BioMedical Problems, Moscow, Russia.8 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Trieste, Italy9 LNF-INFN, Frascati, Italy10 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Florence, Italy11 IROE, CNR, Florence, Italy12 Royal Institute of Technology, Stockholm, SwedenPresentato da Marco Casolino ([email protected])

In questa presentazione verranno discusse le misure di abbondanze nucleari e dosi assorbite effettuate a bordo della Mir e della Stazione Spaziale Internazionale. Queste misure sono state effettuate con gli apparati Sileye-2 a bordo della MIR (1995-2000) e Alteino/Sileye-3 a bordo della ISS (2002). Entrambi gli strumenti si basano su rivelatori al silicio in grado di effettuare misure di abbondanze nucleari sino al ferro da un'energia di circa 50 MeV/n sino a oltre 1 GeV/n. La misura del flusso di raggi cosmici nella stazione spaziale e' di importanza non solo per questioni di carattere astrofisico ma anche per il calcolo della dose assorbita dagli astronauti nello spazio. In entrambi i casi e' necessario misurare flussi ed abbondanze relative in condizioni di sole quieto ed attivo (in presenza di eventi di particelle solari). Inoltre, come verrà mostrato, lo spettro e la composizione dei raggi cosmici e' fortemente dipendente dal punto dell'orbita a causa del taglio geomagnetico e di fenomeni di intrappolamento nell'anomalia del Sud Atlantico.

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S1.2 - PROTEZIONE PASSIVA ED ATTIVA DEGLI ASTRONAUTI DALLE RADIAZIONI IONIZZANTIMarco Casolino1, Gianluca Furano1, Linda Imbasciati2, Paolo Papini3, Lucio Rossi4, Piero Spillantini3, Francesco Taccetti3

1INFN ed Università, Roma Tor Vergata, I-00133 Roma2Univeristà di Milano, I-20133 Milano3INFN ed Università, I-50019 Firenze4Università di Milano, I-20133 Milano e CERN, CH-1211 Ginevra, SvizzeraPresentato da Piero Spillantini ([email protected])

Le radiazioni ionizzanti costituiscono una delle difficoltà più serie da superare per l’esplorazione diretta da parte dell’uomo del sistema solare. Per la protezione dei futuri astronauti interplanetari dalla componente solare dei raggi cosmici (SCR), lontano dalla protezione del campo magnetico terrestre, possono giocare un ruolo sia sistemi di difesa ‘passivi’ basati sull’arresto dei raggi cosmici in materiali assorbenti, sia sistemi ‘attivi’ basati sulla loro deviazione per mezzo di intensi campi magnetici. Invece l’alta energia dei raggi cosmici di origine galattica (GCR) e la loro isotropia rendono del tutto inefficace l’uso di sistemi passivi. Solo gli intensi campi magnetici prodotti da sistemi di bobine superconduttrici possono ridurre in misura significativa l’elevata dose di radiazioni ionizzanti dovuta ai GCR all’interno del modulo abitativo di nave spaziale dove gli astronauti passeranno la maggior parte del loro tempo. Immaginando di poter proteggere questo modulo con un intenso campo magnetico tutto intorno, è stata studiata la riduzione della dose di radiazione dovuta ai GCR per due configurazioni del campo (solenoidale e toroidale), vari valori dell’intensità massima del campo e varie dimensioni esterne del sistema.

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S1.3 - CALCOLO DEI FLUSSI E DELLA DOSE DI RADIAZIONE NELL’AMBIENTE SPAZIALE Giovanni De Angelis1,2,3

1 Istituto Superiore di Sanità, Roma2 NASA Langley Research Center, Hampton VA, USA3 Old Dominion University, Norfolk VA, USA Presentato da Giovanni De Angelis ([email protected])

Metodi di calcolo per ottenere una soluzione deterministica dell'equazione di Boltzmann del trasporto radiativo, accoppiati con database fisici, ambientali, ingegneristici e biologici, sviluppati presso il Centro Ricerche Langley (LaRC) della NASA, sono usati per risolvere il problema di calcolare il flusso di particelle e/o la dose di radiazione assorbita dalla materia in una certa posizione nello spazio, all'interno o all'esterno di una certa struttura, in un certo istante di tempo. Queste tecniche, accoppiate a tecnologie di calcolo ultrarapido e di simulazione e visualizzazione immersiva, possono essere usate nella predizione dell'efficacia dello schermaggio della radiazione in ambienti spaziali noti per veicoli reali e nella progettazione di schermaggi di radiazione ottimizzati per nuovi veicoli in diversi scenari di missione. La prima e più importante applicazione è nel calcolo dei livelli di radiazione all'interno della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) nelle sue diverse configurazioni, tanto nel calcolo delle dosi nei moduli nella loro struttura attuale, quanto nell'ottimizzazione della struttura dei moduli per ridurre al minimo le dosi al loro interno. Le caratteristiche altamente anisotrope dell'ambiente in orbita terrestre bassa (LEO) in cui la Stazione Spaziale opera sono considerate in dettaglio, così come le componenti dei moduli sono minuziosamente descritte. Le attività a bordo della Stazione Spaziale richiedono agli astronauti lunghi periodi di attività extraveicolare (EVA). È desiderabile determinare ed analizzare le esposizioni a radiazioni in tali attività per minimizzare i rischi e non superare i limiti stabiliti di esposizione durante l'EVA. A tale scopo un modello dettagliato della tuta spaziale, i.e. casco, zaino, torso rigido, materiale a più strati del tessuto, etc..., è stato realizzato, e l'astronauta è stato modellizzato con i modelli rispettivamente maschile e femminile CAM e CAF, per poter calcolare dose di radiazione nei diversi organi del corpo umano trasportando sia adroni sia elettroni e fotoni. Uno studio ha riguardato l'ambiente radiativo trovato sulla superficie della luna, ed applicato a diversi scenari di missione riguardanti basi lunari. Una tecnica di ottimizzazione è stata usata per minimizzare l'esposizione a radiazioni dell'astronauta, ed allo stesso tempo per controllare l'effetto della massa come driver di costo di missione. Il processo di ottimizzazione minimizza la massa lungo tutte le fasi dello scenario di missione, considerate in termini di tempistica, equipaggiamento, posizione, caratteristiche dell'equipaggio e prestazioni richieste, limiti annuali e cumulativi di esposizione a radiazioni, ed implementazione del principio di ALARA. Sulla superficie lunare il contributo più importante all'esposizione a radiazioni è dato dal fondo di particelle galattiche dei raggi cosmici (GCR) e dalle particelle, principalmente neutroni localmente indotti, generati da interazione fra i GCR e i materiali della superficie. In questo ambiente gli habitat equipaggiati devono ospitare gli equipaggi addetti alla costruzione e/o all'utilizzazione dell'infrastruttura lunare. I risultati per tutti i gli scenari indicano chiaramente che l'esposizione diretta all'ambiente spaziale come nei voli di trasferimento e nelle fasi di EVA dà la maggior parte della dose, e che gli habitat ed i ripari schermati proposti danno una buona protezione dalla radiazione. Oltre a missioni nello spazio terrestre e circumterrestre, anche missioni nello spazio profondo sono state considerate, fuori dallo schermo protettivo del campo magnetico terrestre. Missioni in partenza da piattaforme operative poste in locazioni particolari (es. Terra-Luna L1) possono raggiungere obbiettivi planetari, loro satelliti, e asteroidi. L'ambiente radiativo interplanetario è ottenuto riscalando i flussi di particelle dei GCR e degli Eventi Solari (SPE) alle condizioni incontrate sui corpi celesti obbiettivi delle missioni, i cui ambienti superficiali e circumorbitali sono stati modellizzati usando dati e risultati delle più recenti missioni spaziali. Vari scenari di missione sono stati considerati: missioni con e senza equipaggio sulla superficie di Marte, per il quale un nuovo modello 3D dell'ambiente radiativo è stato sviluppato, e missioni umane per il sistema di Giove con atterraggio e permanenza nel sistema di satelliti.

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S1.4 - SCHERMATURA DELLA RADIAZIONE COSMICA: EFFETTI CITOGENETICI DI IONI FERRO DI ALTA ENERGIA SCHERMATI CON DIVERSI MATERIALIMarco Durante, Gianfranco Grossi, Mariagabriella Pugliese, Paola Scampoli e Giancarlo GialanellaDipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II, Monte S. Angelo, Via Cintia, 80126 Napoli. Presentato da Marco Durante ([email protected])

La schermatura rappresenta l'unica contromisura semplice ed efficace per l'esposizione alla radiazione. La schermatura nello spazio è però limitata dalla necessità di limitare il peso del materiale trasportato e dal problema della frammentazione della radiazione cosmica primaria. Gli ioni pesanti di alta energia interagiscono infatti con i nuclei dello schermo generando un ampio spettro di frammenti, che comprende protoni, ioni leggeri e neutroni. Queste particelle secondarie penetrano all'interno della navicella spaziale e possono aumentare l'efficacia biologica del fascio primario.Studi sperimentali sugli effetti biologici degli ioni pesanti schermati sono molto limitati. L'Accademia Nazionale delle Scienze USA ha infatti recentemente posto in altissima priorità studi in vitro agli acceleratori con ioni relativistici schermati, allo scopo di ridurre l'incertezza sul rischio stocastico da radiazione in missioni interplanetarie. Scopo dei nostri esperimenti è di fornire una serie di misure sperimentali per verificare i codici di calcolo attualmente in uso alla NASA per la progettazione della schermatura nelle missioni extraterrestri.L'effetto studiato è stato l'induzione di aberrazioni cromosomiche in linfociti periferici del sangue. I cromosomi dei linfociti irraggiati sono stati condensati prematuramente con inibitori delle fosfatasi ed ibridizzati in situ con sonde di DNA fluorescenti (FISH). Le esposizioni sono avvenute presso gli acceleratori HIMAC di Chiba (Giappone) e AGS di Brookhaven (USA) con ioni 56Fe di energia 200, 500 o 1000 MeV/n, con schermi in PMMA (lucite), alluminio o piombo di diverso spessore.I risultati ottenuti finora mostrano differenze a seconda del materiale schermante e dell'energia del fascio incidente. Schermi in Al o PMMA (3-8 g/cm2) aumentano l'efficacia biologica per ione incidente sullo schermo nel caso di Fe da 500 MeV/n: la sezione d'urto per l'induzione di aberrazioni nei cromosomi 1, 2 e 4 passa da 7 m2 per uno schermo di 0 g/cm2 a 13 m2 per uno schermo di 7 g/cm2 di PMMA. I nostri risultati sperimentali sono la prima evidenza sperimentale di un incremento dell'efficacia biologica provocata dagli schermi, come in parte previsto dai modelli matematici e codici di calcolo in uso o in sviluppo (progetto finanziato dall'Agenzia Spaziale Italiana contratto I/R/034/01 e dalla NASA).

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S1.5 - EFFETTI DELLA MICROGRAVITÀ SIMULATA IN CELLULE LINFOBLASTOIDI UMANE IRRADIATE CON RAGGI Sabrina Canova, Elisabetta Bortoletto, Maddalena Mognato, Antonella Russo e Lucia CelottiDipartimento di Biologia, Università di Padova, Via U. Bassi 58/b, 35131 PadovaPresentato da Antonella Russo ([email protected])

Gli effetti delle radiazioni ionizzanti in vivo e in vitro sono ben documentati, ma non è stato ancora chiaramente dimostrato se tali effetti possano essere modificati dall’assenza di gravità. E’ stato osservato che le alterate condizioni di gravità che si verificano durante i voli spaziali hanno effetti negativi sul sistema ematopoietico sia linfocitario che eritroide. Alcuni studi mettono in evidenza che la microgravità simulata (Modeled MicroGravity, MMG) inibisce l’apoptosi spontanea o indotta da radiazioni in linfociti umani [1]. Altri dati, invece, dimostrano che la MMG aumenta l’espressione di p53 e i livelli di apoptosi in cellule umane derivate da carcinoma tiroideo [2]. Da studi recenti sembra inoltre che l'interferenza della microgravità sui processi di riparazione non sia sufficiente per spiegare gli effetti sinergici tra microgravità e radiazioni [3, 4]. In questo lavoro ci proponiamo di valutare se la MMG influenza la risposta di cellule linfoblastoidi umane (TK6) a radiazioni , analizzando la sopravvivenza cellulare, l’induzione di apoptosi e la frequenza di mutanti al locus HPRT in cellule irradiate e mantenute in condizioni stazionarie o di MMG. Si prevede inoltre di effettuare un’analisi citogenetica dei cloni isolati nelle diverse condizioni sperimentali, per valutare, mediante frequenza e tipi di aberrazioni cromosomiche, l’eventuale induzione di instabilità cromosomica. Risultati preliminari indicano che non vi sono differenze significative tra condizioni stazionarie e di MMG per quanto riguarda la proliferazione cellulare, l’efficienza di clonaggio e l’induzione di apoptosi. La frequenza di mutanti HPRT è invece sensibilmente inferiore nelle cellule mantenute in MMG. Dopo irradiazione, si nota un incremento significativo delle mortalità e della frequenza di mutanti in entrambe le condizioni, ma la MMG non sembra interferire con la risposta cellulare al danno da radiazioni.

Referenze1.Risin D. and N. R. Pellis (2001). In Vitro Cell. Dev. Biol. Animal., 37:66-722.Grimm D., J. Baueret, P. Kossmehl, M. Shakibaei, J. Schoberger, H. Pickenhahn, G. Schulze-tanzil, R.

Vetter, C. Eilles, M. Paul, A. Cogoli (2002). FASEB J., 16(6): 604-6063.Horneck G. (1999). Mutat. Res., 430: 221-2284. Pross H. D., A. Casares and J. Kiefer (2002). Radiat. Res., 153: 521-525

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S1.6 - INTERAZIONE FRA MICROGRAVITÀ MODELLATA E RADIAZIONE IONIZZANTE SULL'INDUZIONE DI ABERRAZIONI CROMOSOMICHE IN LINFOCITI UMANILorenzo Manti, Marco Durante, Gianfranco Grossi, Mariagabriella Pugliese, Paola Scampoli, Giancarlo Gialanella Dipartimento di Scienze Fisiche, Laboratorio di Biofisica delle Radiazioni, Università degli Studi di Napoli Federico II, Complesso di Monte S. Angelo, NapoliPresentato da Lorenzo Manti ([email protected])

Un ostacolo all’esplorazione umana dello spazio è rappresentato dal rischio posto dalla radiazione cosmica, che è legato agli effetti genetici tardivi. È pertanto opportuno misurare quantità ben correlate con il rischio di cancro, quali le aberrazioni cromosomiche. È inoltre possibile che le condizioni di microgravità modifichino i meccanismi di riparazione del danno radioindotto. I dati ricavati da esperimenti condotti nello spazio discordano in proposito. Come sistema modello per lo studio in vitro degli effetti della microgravità modellata sulla radiosensibilità si sono impiegati linfociti periferici del sangue umano esposti a radiazione ionizzante e mantenuti in condizioni di gravità normale (1g) o di microgravità simulata (0g) usando il bioreactor, un sistema rotante esente dalle turbolenze e le forze di taglio presenti in clinostati e bottiglie rotanti. È stato trovato che, in presenza di condizioni di microgravità, la stimolazione linfocitica da parte della fitoemagglutinina (PHA) è marcatamente soppressa e l’indice mitotico è inferiore rispetto a quello trovato nei campioni tenuti a 1g, mentre non si sono osservate variazioni nella velocità di crescita cellulare. Nessuna differenza fra gravità normale e microgravità è emersa dalla frequenza di cellule con aberrazioni nei cromosomi 1 e 2 indotte dai raggi X nei linfociti prematuramente condensati mediante caliculyn A ed ibridizzati in situ (FISH). Tuttavia, una maggiore incidenza di frammenti caratterizza i campioni a 0g rispetto a quelli a 1g. L’interpretazione di questo risultato non è immediata, perché non si accompagna a differenze nella frequenza degli scambi intercromosomici, suggerendo o un effetto di perturbazione del ciclo cellulare o una compromessa capacità di riparo delle rotture cromosomiche radioindotte.

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S1P.1 - IL FENOMENO DEI LAMPI DI LUCE NELLO SPAZIO: MISURE A BORDO DELLA STAZIONI SPAZIALI MIR E ISS V. Bidoli1 M. Casolino1, M. P. De Pascale1, L. Di Fino1, G. Furano1, I. Modena1, A. Morselli1, L. Narici1, P. Picozza1, E. Reali1, W. G. Sannita2,3, S. Carozzo2, V. Cotronei4, A. Galper5, A. Khodarovich5, M. G. Korotkov5, A. Popov5, N. Vavilov5, S. Avdeev6, V. P. Salnitskii7, O. I. Shevchenko7, V. P. Petrov7, K. A. Trukhanov7, M. Boezio8, W. Bonvicini8, A. Vacchi8, G. L. Zampa8, N. Zampa8, G. Mazzenga9, M. Ricci9, P. Spillantini10, G. Castellini11, P. Carlson12, C. Fuglesang12

1 Dept. of Physics, Univ. of Roma ‘Tor Vergata’ and INFN-Roma2, Roma, Italy2 Neurophysiopathology-DISM,Univ. of Genova, Genova, Italy3 Dept. of Psychiatry, SUNY, Stoony Brook, NY, USA4 Italian Space Agency, Rome, Italy5 Moscow State Engineering Physics Institute, Moscow, Russia6 Russian SpaceCorporation "Energia" by name Korolev, Korolev, Moscow region, Russia7 Institute for BioMedical Problems, Moscow, Russia8 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Trieste, Italy9 LNF-INFN, Frascati, Italy10 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Florence, Italy11 IROE, CNR, Florence, Italy12 Royal Institute of Technology, Stockholm, SwedenPresentato da Marco Casolino ([email protected])

I lampi di luce rapparesentano probabilmente l'unico fenomeno in cui l'uomo e' in grado di "vedere" senza l'ausilio di alcuno strumento le particelle elementari. Essi sono percepiti con varie topologie (righe, sciami, punti) da astronauti nello spazio. Questo fenomeno fu predetto inizialmente nel 1952 da Tobias ed osservato per la prima volta a bordo dell’Apollo 11. Successivamente una serie di esperimenti a bordo dell’Apollo, Skylab ed Apollo-Soyuz Test Project (ASTP) furono effettuati senza pero’ identificare univocamente i meccanismi coinvolti in questo fenomeno. In parallelo, esperimenti su acceleratore effettuati su soggetti umani utilizzando particelle di varia energia (n, , , ...) hanno mostrato questo fenomeno evidenziando la possibile concomitanza di vari processi fisici (luce Cherenkov, ionizzazione, protoni di knock on). Questa prima fase di esperimenti si e’ conclusa nella prima meta’ degli anni ’70 con la cessazione di esperimenti su soggetti umani e gli ultimi test nell’ambito del progetto Apollo-Soyuz. Gli studi sui LF sono stati ripresi nella seconda meta’ degli anni ’90 sono stati effettuati degli studi estesi sulla stazione spaziale MIR con gli esperimenti Sileye-1 e –2 che – utilizzando la tecnologia dei rivelatori al silicio - hanno consentito di effettuare una correlazione in tempo reale tra flusso e natura di particelle e percezione di LF. Recentemente l’esperimento Alteino/Sileye-3, facente parte della missione ASI Marco Polo, ha proseguito queste misure a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. In questa presentazione verrano discussi i recenti risultati a bordo della MIR e della ISS in relazione ai precedenti esperimenti.

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S1P.2 - ALTEINO: DINAMICA DELL’ATTIVITÀ CEREBRALE, FLUSSI E ABBONDANZE NUCLEARI NELLA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALEV. Bidoli1 M. Casolino1, M. P. De Pascale1, L. Di Fino1, G. Furano1, I. Modena1, A. Morselli1, L. Narici1, P. Picozza1, E. Reali1, W. G. Sannita2,3, S. Carozzo2, V. Cotronei4, A. Galper5, A. Khodarovich5, M. G. Korotkov5, A. Popov5, N. Vavilov5, S. Avdeev6, V. P. Salnitskii7, O. I. Shevchenko7, V. P. Petrov7, K. A. Trukhanov7, M. Boezio8, W. Bonvicini8, A. Vacchi8, G. L. Zampa8, N. Zampa8, G. Mazzenga9, M. Ricci9, P. Spillantini10, G. Castellini11, P. Carlson12, C. Fuglesang12

1 Dept. of Physics, Univ. of Roma ‘Tor Vergata’ and INFN-Roma2,Roma, Italy; Italy2 Neurophysiopathology-DISM,Univ. of Genova, Genova, Italy3 Dept. of Psychiatry, SUNY, Stoony Brook, NY, USA4 Italian Space Agency, Rome, Italy5 Moscow State Engineering Physics Institute, Moscow, Russia6 Russian SpaceCorporation "Energia" by name Korolev, Korolev, Moscow region, Russia7 Institute for BioMedical Problems, Moscow, Russia.8 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Trieste, Italy9 LNF-INFN, Frascati, Italy10 Dept. of Physics, Univ. and INFN, Florence, Italy11 IROE, CNR, Florence, Italy12 Royal Institute of Technology, Stockholm, SwedenPresentato da Livio Narici ([email protected])

Gli astronauti hanno riferito, fin dalle prime missioni Apollo, la percezione di fosfeni (descritti come “lampi di luce” di varia forma), che apparivano al buio e con frequenza anormalmente elevata. Primi studi nello spazio durante le missioni Apollo, Soyuz e Skylab, a terra presso acceleratori e, più recentemente, esperimenti dedicati condotti dal nostro team di ricerca nella Stazione Spaziale MIR (esperimenti SilEye e SilEye2) hanno individuato una correlazione tra il passaggio di ioni pesanti presenti nei raggi cosmici e la percezione di fosfeni. Alteino, finanziato da INFN e ASI è la prima fase di un programma sperimentale inteso a raccogliere informazioni scientifiche per lo studio delle interazioni tra flusso di particelle cosmiche e funzionalità cerebrale. Altro punto di essenziale importanza è la misura delle abbondanze nucleari, del flusso e dell’energia dei raggi cosmici di origine galattica, solare ed intrappolata che colpiscono la stazione spaziale internazionale. Questa misura è necessaria per valutare e caratterizzare la dose assorbita dagli astronauti nello spazio. In un orbita come quella della stazione spaziale gli astronauti sono soggetti ad una dose circa 1000 volte superiore a quella cui siamo soggetti al suolo ma comunque ben al di sotto dei margini di sicurezza.Alteino è costituito da un telescopio (SilEye3: formato da quattro doppi piani di silicio, 32 strip per piano orientate alternativamente nelle direzioni x e y e da due scintillatori per il trigger) e da un sistema elettroencefalografico.Alteino fornirà informazioni utili anche all’ottimizzazione dell’esperimento ALTEA (vedi altrove in questo convegno).Obiettivi principali di Alteino sono dunque: 1- lo studio dei segnali elettrocerebrali spontanei in condizioni di base sulla ISS; 2- la misura della componente di raggi cosmici e della dose di radiazione all’interno della ISS, e 3- la loro correlazione con modificazioni nella dinamica dei segnali cerebrali. Alteino è stato reso possibile da una fruttuosa collaborazione (iniziata con gli esperimenti SilEye sulla Stazione Spaziale MIR) con laboratori ed istituzioni Russe (in particolare l’Institute for Biomedical Problems [IBMP] di Mosca ed il Moscow Engineering and Physics Institute [MEPhI]) ed istituzioni italiane.

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S1P.3 - ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE A RADIAZIONE IONIZZANTE ATMOSFERICA: IL “PROGETTO PILOTI” ITALIANO Giovanni De Angelis1,2,3, Massimiliano Caldora1, Mariano Santaquilani1, Riccardo Scipione1, Arduino Verdecchia1

1 Istituto Superiore di Sanità, Roma2 NASA Langley Research Center, Hampton VA, USA3 Old Dominion University, Norfolk VA, USA Lavoro presentato da Giovanni De Angelis ([email protected])

Dati sull'esposizione di esseri umani a basse dosi di radiazione ionizzante non sono facilmente reperibili, e la più grossa fonte di informazione potrebbero essere i membri del personale di volo delle compagnie aeree, se arruolati in studi sugli effetti sulla salute indotti dalla radiazione ionizzante atmosferica di origine cosmica, la cui dose complessiva, crescendo con gli anni, può causare effetti stocastici, data la componente neutronica ad alto LET e altamente ionizzante della radiazione atmosferica. Nel 1990 al personale aeronavigante è stato conferito dall'ICRP lo status di 'personale occupazionalmente esposto a radiazioni', con una dose media ricevuta che è almeno il doppio di quella della popolazione generale. Gli studi effettuati finora su questa problematica sono stati assai limitati in visione, profondità di analisi, e in dimensioni della coorte in esame, ed inoltre nessuna informazione riguardo all'esposizione occupazionale a radiazione (es. dose, ore di volo, tipologia delle rotte seguite, ecc.) è mai stata usata nell'analisi, così finora non è stato possibile mettere in evidenza con certezza alcuna correlazione tra radiazione ionizzante atmosferica ed effetti sulla salute osservati (forse indotti dalle radiazioni…..). Nel Progetto Piloti Italiano, parte di un più largo Progetto Piloti Europeo, è coinvolto tutto il personale di volo dell'aviazione civile Italiana in attività dal 1965 al 1995, sia personale di cabina di pilotaggio (piloti e tecnici di volo) sia di cabina passeggeri (hostess e steward), con circa 10.000 persone selezionate per lo studio, per le quali l'intera storia lavorativa (rotte, tipo di aeromobile, date dei voli…) è considerata. Dati sulle rotte reali e i profili reali di volo sono stati ottenuti per ogni tratta di volo. La valutazione della dose viene effettuata lungo specifiche rotte come da rotte e profili di volo tenendo conto dell'aeromobile considerata, ed anche naturalmente delle variazioni temporali dei parametri solari e geomagnetici. Valori di dose ottenuti per ogni volo sono associati ai membri della coorte per ottenere la dose di radiazione occupazionale, a scala annuale e complessiva per tutta la carriera lavorativa. Una minuziosa indagine di mortalità è stata effettuata su tutti i membri della coorte per il reperimento dello stato in vita e dell'eventuale causa di morte. Nell'ambito del progetto, un nuovo modello matematico per il calcolo di dosi lungo rotte aeronautiche è in costruzione, con il nome di 'Analizzatore di Radiazione Ionizzante Atmosferica (ARIA)', per essere usato per la valutazione della dose di radiazione nello studio epidemiologico. Il modello, basato sul nuovo codice di trasporto di radiazione atmosferica AIR in sviluppo alla NASA, è dotato di una migliore definizione dell'ambiente atmosferico e geomagnetico. Validazioni preliminari della tecnica di trasporto della particelle sono state effettuate usando i dati delle misure ottenute nello ambito della campagna di volo di progetto NASA AIR a bordo dell'aereo ER-2 della NASA con esiti altamente incoraggianti. Le attività future riguarderanno la modellizzazione degli effetti della struttura dell'aeromobile e l'inclusione dei Solar Particle Events (SPEs). Modelli di aberrazioni cromosomiche in linfociti umani dovute a radiazione ionizzante sono in via di applicazione con l'ambiente radiativo atmosferico.

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S1P.4 - ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE A RADIAZIONE IONIZZANTE ATMOSFERICA: UNA COMPARAZIONE TRA IL PERSONALE AERONAVIGANTE ITALIANO E ISLANDESE Giovanni De Angelis1,2,3, Vilhjalmur Rafnsson4, Jon Hrafnkelsson5, Patrick Sulem4, Asta J. Gudjonsdottir4

1 Istituto Superiore di Sanità, Roma2 NASA Langley Research Center, Hampton VA, USA3 Old Dominion University, Norfolk VA, USA4 Università d'Islanda, Reykjavik, Islanda5 Ospedale Universitario, Reykjavik, Islanda Lavoro presentato da Giovanni De Angelis ([email protected])

Uno studio comparativo è stato effettuato fra i pattern di esposizione a radiazione ionizzante dei membri del personale di volo dell'aviazione civile islandesi ed italiani. Queste due popolazioni rappresentano due estremi nel loro gruppo. I membri del personale aeronavigante islandese, come nel mondo soltanto i loro colleghi canadesi, sempre volano sopra o molto vicino al polo geomagnetico, e sono quindi esposti ad elevate dosi in ogni tratta di volo, mentre i membri del personale italiani, con l'eccezione dei voli transatlantici, volano sempre vicino all'Equatore geomagnetico, o comunque abbastanza lontano dal polo geomagnetico, in tratte di volo a basso dosaggio di radiazione. Sia per i voli islandesi che per quelli italiani i calcoli della dose di radiazione lungo le varie tratte di volo sono stati effettuati considerando i reali profili di volo per i vari itinerari, e le variazioni nel periodo di tempo considerato del potenziale eliocentrico e del campo geomagnetico, per poter considerare i neutroni atmosferici nel loro intero spettro. Valori medi di dosaggio di radiazione per tipo di aeromobile e tipologia di rotte sono stati ottenuti, e le loro variazioni rispetto a tempo, e i differenti pattern di esposizione sono stati messi in evidenza. La dose annuale per ogni membro del personale è stata ottenuta moltiplicando i diversi valori medi della dose per il numero di ore di volo per ogni tipo di aeromobile per anno. In futuro sarà possibile accoppiare i le dosi annuali e cumulative in rapporto ai differenti pattern di morbidità ed effetti sulla salute per i due gruppi in esame. L'analisi dei dati a tale proposito è in corso.

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S1P.5 - BIODOSIMETRIA IN ASTRONAUTI RUSSI ED ITALIANI Olga Greco, Marco Durante, Gianfranco Grossi, Mariagabriella Pugliese, Paola Scampoli, Giancarlo GialanellaDipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico IIPresentato da Olga Greco ([email protected])

I progetti a medio e lungo termine della ricerca spaziale riguardano viaggi con equipaggi umani su Marte e costruzione di stazioni e laboratori spaziali orbitanti attorno alla Terra. Uno dei principali rischi legati a lunghe permanenze di equipaggi al di fuori dell’atmosfera terrestre deriva dall’esposizione alla radiazione nello spazio, in particolare alla radiazione cosmica galattica (GCR) ed a quella solare. L’analisi delle aberrazioni cromosomiche è considerata da circa cinquanta anni un utile strumento nella valutazione dei danni indotti dalla radiazione ionizzante, nella determinazione dei rischi di carcinogenesi e degli effetti letali connessi con l’esposizione ad agenti clastogeni. A scopi biodosimetrici, irraggiando in vitro cellule umane si ottengono delle curve di calibrazione, in cui il numero medio di aberrazioni per cellula è espresso in funzione della dose. Dal confronto con le aberrazioni rivelate in un organismo esposto, è possibile risalire alla dose assorbita o direttamente al rischio di insorgenza di tumori. Nel presente lavoro sono state misurate le aberrazioni cromosomiche nei linfociti di otto astronauti russi ed un astronauta italiano che hanno partecipato a missioni a bordo delle stazione spaziale MIR e della Stazione spaziale internazionale (ISS). Con la tecnica dell’ibridizzazione in situ in fluorescenza (FISH), i danni citogeneteci nei cromosomi 1 e 2 sono stati misurati in cellule mitotiche ed in cromosomi condensati prematuramente (PCC) prima e dopo il volo. Le aberrazioni osservate non appaiono correlate con il numero e la durata dei voli intrapresi al momento del prelievo dei campioni. Inoltre, per valutare se i voli spaziali possono alterare la radiosensibilità cellulare, campioni di sangue sono stati irraggiati in vitro con raggi X da 6 MeV prima e dopo la missione. Nei linfociti irraggiati dopo il volo abbiamo rivelato una maggiore induzione di aberrazioni cromosomiche in vitro.

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S1P.6 - INFLUENZA DELLA SCHERMATURA SULL'EFFICACIA BIOLOGICA DI IONI PESANTI. INDUZIONE DEL DANNO AL DNA.Francesca Antonelli1, Mauro Belli1,2, Valentina Dini1, Yoshiya Furusawa3, Bjorn Rydberg4, Giustina Simone1,2, Eugenio Sorrentino1,2, Maria Antonella Tabocchini1,2

1 Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità, Roma2 INFN Gr.coll.Roma1, Roma3 National Institute for Radiological Sciences, Chiba, Japan4 Life Sciences Division, Lawrence Berkeley Laboratory, Berkeley, USAPresentato da Francesca Antonelli ([email protected])

Nell'ambito di una estesa collaborazione volta allo studio dell' influenza delle schermature sugli effetti biologici degli ioni pesanti, è stata studiata la produzione di doppie rotture nel DNA (Double Strand Breaks, DSB) di fibroblasti umani irradiati con ioni ferro di diverse energie. Il fascio da 1 GeV/u è stato ottenuto al Sincrotrone a Gradiente Alternato (AGS) dei Brookhaven National Laboratory (Upton, USA), mentre fasci da 500 MeV/u e 200 MeV/u sono stati ottenuti all'Acceleratore di ioni pesanti (HIMAC) del National Institute for Radiological Sciences (Chiba, Japan). Negli esperimenti sono state utilizzate differenti schermature di PMMA e alluminio.Cellule AG1522 in fase di plateau sono state irradiate in plugs di agarosio e l'induzione di DSB è stata determinata mediante analisi dei frammenti di DNA separati mediante elettroforesi in campo costante e/o pulsato.I risultati ottenuti fino ad ora mostrano che quando il numero di DSB è rappresentato in funzione della dose sul campione, la più alta efficienza è data dal fascio da 1 GeV/u non schermato. Dopo lo schermo di PMMA di 190 mm, che riduce il range residuo degli ioni ferro pari a quello del fascio non schermato da 500 MeV/u, il numero di DSB indotte diminuisce ed è leggermente più alto di quello ottenuto utilizzando gli altri fasci, con o senza schermatura.Se si analizzano i dati in funzione della fluenza, tra i fasci non schermati la più alta induzione di DSB per ione incidente si osserva per il fascio da 200 MeV/u. Tra i fasci schermati l’effetto protettivo maggiore si ottiene schermando il fascio da 1 GeV/u con PMMA. Dopo la schermatura del fascio da 500 MeV/u con 56 mm di PMMA o 30 mm di alluminio (range residuo degli ioni ferro in entrambi i casi è pari a quello del fascio non schermato da 200 MeV/u), si osserva un aumento del danno, senza differenze significative tra i due tipi di schermo, rispetto allo stesso fascio non schermato.

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S1P.7 - EFFETTI DELLA MICROGRAVITÀ SIMULATA IN LINFOCITI UMANI PRIMARI IRRADIATI CON RAGGI X Maddalena Mognato, Elisabetta Bortoletto, Sabrina Canova, Lucia Celotti e Antonella Russo.Dipartimento di Biologia, via U.Bassi 58B, 35131 PadovaPresentato da Maddalena Mognato ([email protected])

Gli effetti della microgravità in linfociti umani primari irradiati con raggi X, saranno analizzati allo scopo di valutare l'influenza dell'ambiente privo di gravità sulla capacità di riparazione e/o fissazione dei danni al DNA indotti da radiazioni ionizzanti. L'ambiente privo di gravità è simulato mediante il bioreattore RWV (Rotating Wall Vessel, Synthecon), in cui le cellule vengono coltivate in MMG (Modeled MicroGravity). I dati in letteratura indicano che linfociti umani mantenuti in MMG presentano una riduzione dell’attivazione immunitaria in risposta all’esposizione alla tossina tetanica (Cooper et al., 2001) e una diminuzione della risposta apoptotica indotta da raggi gamma (Risin et al., 2001). Nel nostro studio abbiamo valutato innanzitutto l’effetto della MMG sulla efficienza di clonaggio (CE) e sull’ indice mitotico in linfociti di diversi soggetti mantenuti per 24 ore o più in MMG. Risultati preliminari dimostrano che la permanenza delle cellule in MMG per 24 ore prima della stimolazione con mitogeni riduce la CE, pur con elevata variabilità interindividuale. La permanenza dei linfociti in MMG prima della stimolazione non risulta inibirne la successiva proliferazione in condizioni normali di coltura; stiamo verificando inoltre quali siano gli eventuali effetti della stimolazione e successiva proliferazione dei linfociti in MMG. Dopo irradiazione con 2 e 4 Gy di raggi X, l’incubazione dei linfociti per 24 ore in MMG determina una diminuzione della CE, mentre le frequenze di cellule apoptotiche e di mutanti al locus HPRT indotte dall’irradiazione non risultano alterate. Su una serie di popolazioni clonali rappresentative delle diverse condizioni di coltura verrà effettuata l’analisi citogenetica per valutare frequenza e tipi di aberrazioni cromosomiche eventualmente indotte. Attualmente è in corso l'analisi dell'espressione genica mediante Real Time PCR di alcuni geni coinvolti nella riparazione del DNA in linfociti irradiati e mantenuti in MMG.

Referenze1.Cooper D., M. W. Pride, E. L. Brown, D. Risin and N. R. Pellis, Suppression of antigen-specific

lymphocyte activation in modeled microgravity. In Vitro Cell. Dev. Biol.-Animal 37:63-65 (2001)2.Risin D. and N. R. Pellis, Modeled microgravity inhibits apoptosis in peripheral blood lymphocytes. In

Vitro Cell. Dev. Biol.-Animal 37:66-72 (2001)

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S2 – Biologia e radiazioni I

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Relazioni su invitoRicerca traslazionale e strategie precliniche in radiobiologia – D. Tirindelli Danesi

Comunicazione cellulare ed effetto “bystander”: dati sperimentali, modelli teorici, e possibili meccanismi – F. Ballarini, A. Ottolenghi, O. Sapora

Analisi ad ampio spettro della risposta trascrizionale di cellule umane a basse dosi di radiazioni ionizzanti – V. Lanza, V. Pretazzoli, G. Olivieri, R. Negri

Poster

S2P.1 L’induzione della necrosi o apoptosi in sferoidi tumorali di osteosarcoma (MG-63) esposti a radiazioni ionizzanti è dose dipendente – G. Rainaldi, A. Ferrante, P. L. Indovina, M. T. Santini

S2P.2 Induzione di doppie rotture sul DNA di cellule di osteosarcoma umano (MG63) irradiate con raggi gamma sia in monostrato che come sferoidi – F. Antonelli, M. Belli, A. Ferrante, G. Rainaldi, M. T. Santini, G. Simone, M. A. Tabocchini

S2P.3 Possibili markers di radiosensibilità in sferoidi multicellulari di cellule MCF-7: segnali lipidici esaminati con SRM localizzata e non - A. Rosi, S. Grande, A. M. Luciani, L. Guidoni, V. Mlynarik, V. Viti

S2P.4 Effetti a lungo termine indotti dalla componente UVB della radiazione solare in cellule umane della linea CGL1 - D. Bettega, P. Calzolari, L. Doneda e L. Tallone

S2P.5 Meccanismo di azione di agenti fotosensibilizzanti: studi a livello molecolare e cellulare - O. Sapora, A. Maggi, G. La Sala, C. Proietti Pannunzi, E. Krasnowska, T. Parasassi

S2P.6 Campi magnetici sinusoidali di 50 Hz inducono cambiamenti nell’espressione di molecole di adesione in due linee cellulari umane di osteosarcoma (MG-63 and Saos-2) - M. T. Santini, G. Rainaldi, A. Ferrante, P. L. Indovina, P. Vecchia, G. Donelli

S2P.7 L’esposizione in vivo a 900 MHz per 1, 2 o 4 settimane non altera il fenotipo né le funzioni dei linfociti - L. Gatta, V. Ubaldi, L. Pace, P. Galloni, R. Pinto, G. Lovisolo, C. Marino, C. Pioli

S2P.8 Test del micronucleo su linfociti umani di personale dell’Amministrazione Difesa esposto in vitro a radiazioni non ionizzanti - L. Zotti-Martelli, M. Peccatori, R. Barale

S2P.9 Valutazione dell’esposizione interna dell’embrione e del feto a seguito di introduzione di radionuclidi da parte della madre - F. Breuer, L. Frittelli

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RICERCA TRASLAZIONALE E STRATEGIE PRECLINICHE IN RADIOBIOLOGIA Donatella Tirindelli DanesiDipartimento Biotecnologie, Sezione Tossicologia e Scienze BiomedicheENEA CR Casaccia, Via Anguillarese, 301 – 00060 RomaPresentato da Donatella Tirindelli Danesi ([email protected])

Il termine Ricerca Traslazionale è stato sempre più spesso utilizzato negli ultimi 10 anni per indicare una attività di ricerca dettagliata sui fattori che influenzano la specifica attività tumorale allo scopo di migliorare i risultati terapeutici in base alla trasposizione dei dati di laboratorio in un protocollo clinico. Purtroppo, il boom della ricerca biomedica, verificatosi negli ultimi 20 anni, nella maggior parte dei casi non si è tradotto in miglioramenti sostanziali della diagnosi o della terapia. Questi mancati successi sono in contrasto con l’opinione ampiamente condivisa nel mondo medico accademico che le scoperte scientifiche debbano influenzare positivamente il decorso clinico delle malattie. Il limitato successo della traslazione è legato a vari fattori, di cui il principale è il fatto che il trasferimento non è mai così diretto e richiede una ricerca continua sia in laboratorio che in clinica. Inoltre, la ricerca traslazionale è limitata dalla insufficienza di risorse appositamente destinate, dalla carenza di laboratori e reparti clinici con staff dedicati che lavorino in stretto contatto tra di loro, da una cultura accademica che non facilita la collaborazione tra ricercatori di discipline diverse, da una struttura dei centri medici accademici che privilegia gli sforzi dipartimentali rispetto ai programmi interdisciplinari, con un carico regolatorio e burocratico sempre crescente. Occorre comunque sottolineare che la gran mole di dati della ricerca di base può comportare la difficoltà di enucleare selettivamente le informazioni e trasferirle in una decisione terapeutica.Un tentativo di semplificazione riguarda la classificazione della molteplicità di anormalità genetiche in repertori che possono essere utili per la stratificazione dei pazienti nei trials clinici: sbilanciamento allelico, metilazione aberrante, overespressione di mRNA, alterazioni dei microtubuli e polimorfismi. Ad esempio, la valutazione della overespressione dell’mRNA e la presenza di polimorfismi può essere correlata alla resistenza alle radiazioni o a specifici farmaci citotossici. L’identificazione di molecole e processi che regolano la risposta alle radiazioni sia del tumore che dei tessuti normali permette non soltanto di stabilire un nesso tra una data molecola e la radiosensibilità, ma anche di utilizzare quella molecola come bersaglio per una strategia terapeutica di radiosensibilizzazione. In tal caso occorrerà non solo definire il processo di morte cellulare, ma anche il contesto genetico alla base dell’attività della molecola regolatoria e il potenziale per la selettività tumorale. La radiobiologia classica riveste ancora la sua importanza nello studio di nuove terapie, degli effetti sui tessuti normali e delle interazioni radiochemioterapiche e necessita di una implementazione e focalizzazione allo scopo di disporre di laboratori dedicati. La caratterizzazione degli effetti di nuovi farmaci e nuove molecole, implicate nei differenti pathways molecolari, necessita di studi in vitro ed in vivo, su differenti linee e modelli tumorali per la valutazione della eterogeneità delle risposte, di modelli preclinici per lo sviluppo di test predittivi invasivi e non invasivi e per l’ottimizzazione della combinazione dei vari agenti con le radiazioni, in differenti tipi di tumore, inclusi i trapianti tumorali sottocutanei ed ortotopici ed i tumori spontanei. Le esperienze sin qui condotte per ottimizzare le schedule di trattamento combinato senza lo studio dei meccanismi hanno fallito. Per tale motivo gli studi dei meccanismi in modelli animali sani e tumorali possono apportare ulteriori benefici. L’applicazione di meccanismi molecolari sarà sempre più utilizzata per il trattamento del cancro con le radiazioni ionizzanti, ma molti quesiti dovranno ancora essere affrontati e risolti con metodologie più tradizionali, che includono lo sviluppo di nuovi farmaci o modificatori della risposta alle radiazioni e di nuovi composti radiosensibilizzanti o protettivi attraverso screening convenzionali in vitro e successiva valutazione in modelli in vivo.

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COMUNICAZIONE CELLULARE ED EFFETTO “BYSTANDER”: DATI SPERIMENTALI, MODELLI TEORICI, E POSSIBILI MECCANISMIFrancesca Ballarini 1,2, Andrea Ottolenghi 3,2, Orazio Sapora 4

1 Università di Milano, Dipartimento di Fisica, via Celoria 16, 20133 Milano2 INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare3 Università di Pavia, Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica, via Bassi 6, 27100 Pavia4 Istituto Superiore di Sanità, Laboratorio di Tossicologia Comparata ed Ecotossicologia, v.le Regina Elena 299, 00161 RomaPresentato da Francesca Ballarini ([email protected]) e Orazio Sapora ([email protected])

Negli ultimi anni si è andato accumulando un numero considerevole di studi sperimentali che suggeriscono l’esistenza di un “effetto bystander”, consistente nell’induzione di danni in cellule non attraversate dalla radiazione ma poste in prossimità di cellule irraggiate. I meccanismi che governano il fenomeno non sono ancora noti, ma è ormai assodato che il ruolo principale è giocato dalla comunicazione cellulare, le cui varie forme (paracrina, sinaptica ed endocrina) saranno sintetizzate e commentate. L’effetto bystander è stato osservato con diversi approcci (irraggiamento convenzionale con basse dosi di ioni leggeri, irraggiamento con microbeam e trattamento di cellule non irraggiate con medium prelevato da colture cellulari irraggiate precedentemente) e per diversi endpoints quali morte cellulare, micronuclei, mutazioni e aberrazioni cromatidiche. Saranno analizzati studi sperimentali disponibili in letteratura, focalizzando l’attenzione sul ruolo dei principali parametri caratterizzanti ciascun esperimento (dose, qualità della radiazione, condizioni di irraggiamento, tipo di cellule, particolare endpoint etc.) e sui possibili “pathways” di comunicazione cellulare coinvolti. E’ infatti possibile ipotizzare almeno due categorie di meccanismi in base al grado di contatto esistente tra cellule irradiate e non irradiate: nella prima le cellule sono a stretto contatto tra loro e le “gap-junctions” (canali che connettono i citoplasmi di due cellule adiacenti permettendo la diffusione di piccole molecole) giocano un ruolo fondamentale, mentre nella seconda le cellule sono relativamente distanti e l’effetto è dovuto al rilascio nel mezzo di coltura di molecole-segnale, in particolare proteine, da parte delle cellule irraggiate. Saranno presentati alcuni modelli teorici di recente sviluppo e saranno analizzate le possibili implicazioni dell’effetto bystander sulle stime del rischio da radiazioni a basse dosi, attualmente basate su estrapolazioni lineari di dati a dosi maggiori.

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ANALISI AD AMPIO SPETTRO DELLA RISPOSTA TRASCRIZIONALE DI CELLULE UMANE A BASSE DOSI DI RADIAZIONI IONIZZANTIVincenzo Lanza1, Valeria Pretazzoli1, Gregorio Olivieri1 e Rodolfo Negri2

1 Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare2 Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo - Università di Roma, La SapienzaPresentato da Rodolfo Negri ([email protected])

Lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti ha ormai dimostrato che anche a dosaggi che non sono in grado di produrre danni cromosomali facilmente rivelabili le cellule eucariotiche modificano la loro fisiologia compiendo una serie di adattamenti. Questi adattamenti sono coordinati da complessi pathways di risposta al danno e allo stress genotossico che agiscono modificando l’espressione e l’attività di un gran numero di geni cellulari. E' ormai dimostrato che anche dosi molto basse di radiazioni ionizzanti sono in grado di indurre e/o reprimere l'espressione di una parte cospicua di geni cellulari molti dei quali modulabili anche da parte di altri agenti genotossici. Questi geni controllano molti pathways cellulari: non solo i circuiti di checkpoint da danno e riparo del DNA, ma anche il controllo dei processi apoptotici, la risposta allo stress ossidativo, il metabolismo energetico, etc.Lo studio sistematico di questa risposta trascrizionale con il sistema dei DNA microarrays in vari tipi cellulari si è dimostrato uno strumento sensibile e potente per:a) rilevare effetti delle esposizioni anche a dosi molto basse,b) cercare di razionalizzare i meccanismi di trasduzione e trasmissione del segnale costituito dalla radiazione.Abbiamo utilizzato un sistema basato su DNA microarrays per studiare la modulazione trascrizionale di 4400 geni in seguito ad irradiazione di cellule umane con dosi di raggi x comprese tra 2 e 200 cGy. In particolare abbiamo scelto cellule endoteliali primarie (HUVEC) e linfociti purificati da sangue e stimolati con PHA. I dati ottenuti sono stati sottoposti a filtri statistici e a programmi di clustering che hanno consentito di definire diversi patterns di modulazione in funzione della dose di irradiazione. Dal lavoro emergono differenze qualitative significative tra gli spettri di modulazione a 2cGy rispetto alle dosi più alte (50, 100 e 200 cGy). Questa caratteristica è presente in entrambi i tipi cellulari anche se i pattern di risposta trascrizionale appaiono nettamente distinti. I geni significativamente modulati sono stati anche raggruppati per categorie funzionali. Le implicazioni dei risultati sull’interpretazione del concetto di risposta adattative verranno discusse.

Referenze1. Wolf S. "Aspects of the adaptive response to very low doses of radiation and other agents" -1996-

Mutation Research 358, 135-422. Amudson S. A., Bittner M., Chen Y., Trent J., Meltzer P. and Fornace Jr A. J. "Fluorescent cDNA

microarray hybridization reveals complexity and heterogeneity of cellular genotoxic stress responses" -1999- Oncogene 18, 3666-72

3. Amudson S. A., Bittner M., Meltzer P., Trent J. and Fornace Jr A. J. “Induction of gene expression as monitor of exposure to ionizing radiation” 2001 Radiation Res. 156, 657-661

4. De Sanctis V, Bertozzi C, Costanzo G, Di Mauro E, Negri R. “Cell cycle arrest determines the intensity of the global transcriptional response of Saccharomyces cerevisiae to ionizing radiation.” 2001 Radiat Res. 156, 379-87

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S2P.1 - L’INDUZIONE DELLA NECROSI O APOPTOSI IN SFEROIDI TUMORALI DI OSTEOSARCOMA (MG-63) ESPOSTI A RADIAZIONI IONIZZANTI È DOSE DIPENDENTEGabriella Rainaldi1,2, Antonella Ferrante1, Pietro Luigi Indovina2,3, Maria Teresa Santini1,2

1Laboratorio di Ultrastrutture, Istituto Superiore di Sanità, Roma2Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, Unità di Napoli, Napoli3Dipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico II, NapoliPresentato da: Gabriella Rainaldi ([email protected])

Gli sferoidi tumorali multicellulari sono strutture tridimensionali composte da cellule neoplastiche che, grazie alla loro architettura spaziale, si avvicinano maggiormente all’organizzazione dei tumori solidi in vivo rispetto alle colture cresciute come monostrato cellulare. Gli sferoidi possono quindi essere un utile modello sperimentale per studiare la risposta dei tumori agli agenti antineoplastici, incluse le radiazioni ionizzanti. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di valutare in vitro l’effetto di due dosi di radiazioni ionizzanti (5 e 30 Gy) su sferoidi di cellule di osteosarcoma umano (MG-63) ad intervalli di 24, 48, 72 e 96 ore dall’irradiamento. In particolare, è stata studiata la distribuzione delle fasi del ciclo cellulare mediante citometria a flusso e la morte cellulare (necrosi e apoptosi) mediante la colorazione dei nuclei con il colorante Hoechst di sezioni di sferoidi inclusi in paraffina. Sono state inoltre analizzate, mediante western blot, le principali proteine coinvolte nella regolazione dell’apoptosi (bax, bcl-2 e bcl-xL). I risultati ottenuti hanno dimostrato che negli sferoidi di MG-63, 5 Gy inducono apoptosi mentre 30 Gy inducono necrosi e che bax, bcl-2 e bcl-xL sono responsabili delle due differenti risposte indotte dalle due dosi di radiazioni usate. Sebbene questo studio sia stato eseguito in vitro, i dati ottenuti che dimostrano il coinvolgimento delle proteine che regolano l’apoptosi aprono nuove prospettive nella possibilità di migliorare l’efficacia della radioterapia modulando il processo apoptotico dei tumori in vivo. Infatti, sebbene sia possibile eliminare le cellule tumorali mediante il processo necrotico altamente distruttivo, potrebbe essere molto più utile distruggerle attraverso l’apoptosi che è un processo più controllabile.

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S2P.2 - INDUZIONE DI DOPPIE ROTTURE SUL DNA DI CELLULE DI OSTEOSARCOMA UMANO (MG63) IRRADIATE CON RAGGI GAMMA SIA IN MONOSTRATO CHE COME SFEROIDI.Francesca Antonelli1, Mauro Belli1,3, Antonella Ferrante2, Gabriella Rainaldi2,4, Maria Teresa Santini2,4, Giustina Simone1,3, Maria Antonella Tabocchini1,3

1 Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità, Roma2 Laboratorio di Ultrastrutture, Istituto Superiore di Sanità, Roma3 INFN Gr. Coll Roma1, Roma4 Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, Unità di Napoli, NapoliPresentato da Francesca Antonelli ([email protected])

Gli aggregati di cellule attivamente proliferanti, chiamati anche sferoidi, rappresentano sistemi modello in vitro utili in radiobiologia poiché mimano le caratteristiche dei tumori nello stadio avascolare. Da quanto è riportato in letteratura, cellule cresciute come sferoidi presentano una diversa radiosensibilità rispetto alle stesse cellule cresciute in monostrato. E’ stato ipotizzato che l' "effetto da contatto" giochi un ruolo fondamentale, benché il preciso meccanismo alla base di questo fenomeno non sia ancora ben compreso.Gli sferoidi di cellule di osteosarcoma umano (MG63) rappresentano un sistema sperimentale in uso da diversi anni presso il Laboratorio di Ultrastrutture dell'Istituto Superiore di Sanità, dove questi sistemi cellulari tridimensionali sono stati utilizzati nello studio della risposta cellulare alle radiazioni, in particolare in relazione alla crescita e alla morte cellulare.Scopo di questo lavoro è quello di valutare l'influenza della "configurazione" di crescita (sferoidi rispetto a monostrato) di questa linea cellulare sull’induzione di doppie rotture nel DNA in seguito ad irradiazione con raggi gamma. Come tecnica di analisi è stato utilizzato il "Comet Assay" in condizioni neutre, che consente di valutare le doppie rotture sul DNA nella singola cellula mediante determinazione di un parametro caratteristico chiamato "Tail Moment".Risultati preliminari sembrano indicare una diversa sensibilità in cellule MG63 irradiate come monostrato o come sferoidi.

Progetto finanziato con fondi 1% del SSN: N. PB/F/1

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S2P.3 - POSSIBILI MARKERS DI RADIOSENSIBILITÀ IN SFEROIDI MULTICELLULARI DI CELLULE MCF-7: SEGNALI LIPIDICI ESAMINATI CON SRM LOCALIZZATA E NONAntonella Rosi1 , Sveva Grande1, Anna Maria Luciani1, Laura Guidoni1, Vladimir Mlynarik2, Vincenza Viti1

1Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità ed INFN (RM1), Roma2MR Unit, Department of Radiology, Università di Vienna, Vienna, AustriaPresentato da Vincenza Viti ([email protected])

Scopo del presente lavoro è l'individuazione di segnali di 1H SMR di sferoidi multicellulari tumorali di MCF-7 (carcinoma mammario), la cui intensità risulti modulata in seguito ad irraggiamento con radiazioni ionizzanti. In precedenti lavori su cellule HeLa di carcinoma uterino abbiamo evidenziato che gli spettri di 1H SMR delle cellule suddette, bloccate nella loro progressione lungo il ciclo in seguito ad irraggiamento o trattamento con farmaci antitumorali, sono caratterizzati da una maggiore intensità dei picchi relativi ai lipidi mobili (LM), rispetto ai campioni di controllo. Si è scelto di estendere lo studio al modello degli sferoidi, aggregati tridimensionali di cellule, in quanto sono in grado di mimare in modo abbastanza realistico i tumori in vivo, essendo caratterizzati da regioni disomogenee: un core necrotico, nel centro, ed una regione esterna vitale (il rim). Per osservare e quantificare più accuratamente gli effetti indotti negli sferoidi è stata messa a punto la tecnica combinata di RMN micro-imaging e spettroscopia localizzata, mentre sospensioni di sferoidi più piccoli e quindi più omogenei sono state esaminate mediante spettroscopia ad alta risoluzione (400 MHz). Gli sferoidi, trattati con una singola dose acuta di 40 Gy, sono stati esaminati a diversi intervalli di tempo dall’irraggiamento. I segnali LM sono risultati più intensi nei campioni irraggiati rispetto a quelli di controllo a tempi lunghi rispetto all’irraggiamento (>24 hr), mentre a tempi brevi (2-3 hr dopo l’irraggiamento) tali segnali risultano di intensità molto inferiore rispetto ai relativi controlli. Tali risultati sottolineano che i segnali spettroscopici dei LM negli sferoidi sono in grado di individuare variazioni nel metabolismo lipidico, legate ad un danno diretto su molecole lipidice o all’arresto proliferativo prodotto dalle radiazioni. Queste osservazioni aprono la possibilità di utilizzare segnali di SMR come marker di danno cellulare da radiazioni.

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S2P.4 - EFFETTI A LUNGO TERMINE INDOTTI DALLA COMPONENTE UVB DELLA RADIAZIONE SOLARE IN CELLULE UMANE DELLA LINEA CGL1Daniela Bettega1, Paola Calzolari1, Luisa Doneda2 e Lucia Tallone1

1 Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Milano e INFN-Milano2 Dipartimento di Biologia e Genetica, Università degli Studi di MilanoPresentato da Paola Calzolari ([email protected])

La riduzione dello spessore di ozono stratosferico osservata negli ultimi decenni comporta un aumento della trasmissione della componente UVB (280-320nm) dello spettro solare sulla superficie terrestre, soprattutto alle lunghezze d’onda minori. Poichè l’efficacia della radiazione ultravioletta dipende fortemente dalla lunghezza d’onda, incrementi anche piccoli della radiazione UVB alle lunghezze d’onda minore, possono portare ad un aumento importante degli effetti biologici di cui è necessario conoscere l’entità. E’ stato condotto uno studio sull’efficacia biologica di due spettri ultravioletti ottenuti da un simulatore solare usando due filtri con soglia a 284 e 293 nm rispettivamente. I due spettri studiati hanno la stessa componente UVA ma una diversa componente UVB. Il primo, UV284, include lunghezze d’onda tra 284 e 320 nm, mentre il secondo, UV293, quelle tra 293 e 320 nm. Cellule della linea umana CGL1 sono state irraggiate con due diversi valori di dose dei due spettri che producono lo stesso livello di sopravvivenza pari a circa 25% per la determinazione di effetti a lungo termine quali la formazione di micronuclei nella progenie di cellule irraggiate, la mortalità riproduttiva ritardata e l’induzione di trasformazione neoplastica. I risultati sperimentali dimostrano che, a parità di sopravvivenza, l’efficacia dei due spettri per l’induzione degli effetti a lungo termine è diversa: la frequenza di trasformazione neoplastica, la capacità proliferativa e la frequenza di micronuclei nella progenie delle cellule sopravvissute all’irraggiamento sono significativamente più alti per lo spettro UV284 rispetto allo spettro UV293. In particolare la frequenza di trasformazione indotta da UV284 è circa 10 volte maggiore di quella indotta da UV293. I micronuclei sono stati anche analizzati per la presenza del centromero con tecnica FISH mediante una sonda per tutti i centromeri umani: la persistente formazione di micronuclei positivi è rilevata nella progenie delle cellule che sono sopravvissute all'irraggiamento con lo spettro UV284. In conclusione i risultati riportati in questo lavoro indicano che lo spettro di azione della radiazione UVB per gli effetti a lungo termine potrebbe essere diverso da quello degli effetti a breve termine. Per poter effettuare delle stime realistiche dei rischi connessi con l’esposizione alla radiazione ultravioletta, risulta pertanto importante determinare lo spettro di azione della radiazione UVB per gli effetti a lungo termine, per i quali i dati in letteratura sono molto scarsi.

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S2P.5 - MECCANISMO DI AZIONE DI AGENTI FOTOSENSIBILIZZANTI: STUDI A LIVELLO MOLECOLARE E CELLULAREOrazio Sapora1, Antonella Maggi1, Gina La Sala1, Chiara Proietti Pannunzi1, Ewa Krasnowska2, Tiziana Parasassi2

1Laboratorio di Tossicologia Comparata ed Ecotossicologia, Istituto Superiore di Sanità,Viale regina Elena 299, 00161 Roma2Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare, CNR, Viale Marx 15, 00137 RomaPresentato da Orazio Sapora ([email protected])

E’ stato studiato l’effetto fototossico esercitato da due differenti molecole di fluorochinoloni (FQ’s), ofloxacina e lomefloxacina, su due differenti linee cellulari umane, K562 e HL60. Gli endpoints biologici presi in considerazione sono: la citotossicità, il recovery cellulare, il danno sul DNA ed il danno sul complesso delle membrane cellulari. Le cellule sono state esposte a 330 nm, secondo tre differenti protocolli: (i) solo esposizione a UVR, (ii) esposizione in presenza di FQ’s e (iii) esposizione in assenza di FQ’s di cellule in precedenza preincubate per due ore con FQ’s. Sono stati ottenuti i seguenti risultati: (i) l’effetto fotosensibilizzante è presente a concentrazioni simili a quelle presenti nel sangue di pazienti trattati, (ii) l’effetto biologico considerato è funzione della concentrazione del FQ e della dose di UVA, (iii) e persiste anche dopo la rimozione del farmaco, (iv) nelle prime ore dopo il trattamento si nota una forte diminuzione del numero delle cellule dovuto a lisi cellulare, (v) i due fluorochinoloni in combinazione con UVA producono radicali ossidrilici, (vi) il trattamento combinato produce singole interruzioni sulla catena del DNA cellulare ma solo quando il FQ è presente al momento dell’esposizione, (vii) tale danno viene rapidamente ed efficacemente riparato, (viii) i FQ’s si inseriscono nel doppio strato lipidico delle membrane cellulari ad una concentrazione direttamente correlata alla concentrazione nella soluzione ed al tempo di incubazione, (ix) e producono un aumento dei valori di GP simile a quello prodotto dal danno ossidativo sulle membrane, (x) tale aumento persiste per alcune ore anche dopo la rimozione del farmaco dal terreno di incubazione, infine (xi) il trattamento combinato produce uno stabile aumento della GP totale segno di alterazioni irreversibili delle membrane.Nel loro complesso questi risultati suggeriscono che il complesso delle membrane cellulari è il target principale dell’azione fototossica dei FQ’s. Il meccanismo richiede la formazione di specie reattive dell’ossigeno a loro volta attivanti le reazioni di perossidazione lipidica. Al contrario il DNA cellulare, sebbene danneggiato da queste specie reattive, non sembra direttamente coinvolto nei processi di fototossicità.

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S2P.6 - CAMPI MAGNETICI SINUSOIDALI DI 50 HZ INDUCONO CAMBIAMENTI NELL’ESPRESSIONE DI MOLECOLE DI ADESIONE IN DUE LINEE CELLULARI UMANE DI OSTEOSARCOMA (MG-63 AND SAOS-2)Maria Teresa Santini1,2, Gabriella Rainaldi1,2, Antonella Ferrante1, Pietro Luigi Indovina2,3, Paolo Vecchia4, Gianfranco Donelli1

1 Laboratorio di Ultrastrutture, Istituto Superiore di Sanità, Roma2 Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, Unità di Napoli, Napoli3 Dipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico II, Napoli4 Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità, RomaPresentato da Maria Teresa Santini ([email protected])

Vari studi epidemiologici hanno dimostrato che i campi magnetici sinusoidali a frequenze estremamente basse (ELF) di 50 Hz normalmente presenti nell’ambiente a causa della produzione e del trasporto di elettricità, possono avere diversi effetti sulla salute umana, in particolare nella promozione del cancro. Altri studi hanno invece escluso questa possibilità. La proliferazione e la morte cellulare per apoptosi, due dei principali fenomeni coinvolti nell’evoluzione del processo tumorale, sono controllate da una miriade di segnali connessi tra di loro. In questo scenario, un ruolo fondamentale è giocato dalle molecole di adesione cellulare (CAM) ed i loro recettori, che mediano le interazioni cellula-cellula e cellula-matrice extracellulare. Lo scopo del presente lavoro è stato quello di studiare la possibilità che i campi ELF possano indurre variazioni nell’espressione di due importanti CAM della famiglia delle integrine, ossia il recettore per il collagene (VLA-2) ed il recettore per la fibronectina (VLA-5), nonché il recettore per l’acido ialuronico (CD-44), in due linee cellulari umane di osteosarcoma (MG-63 e Saos-2). Entrambe le linee sono state esposte ad un campo magnetico di 50 Hz/0.5 mT per 7 e 14 giorni e sono state analizzate la morfologia superficiale (mediante microscopia elettronica a scansione), le caratteristiche di crescita (tramite curve di crescita e distribuzione delle fasi del ciclo cellulare mediante citrometria a flusso) e l’apoptosi (mediante la colorazione dei nuclei con Hoechst, specifico colorante per la cromatina). I risultati ottenuti, benchè preliminari, hanno dimostrato che in entrambe le linee cellulari utilizzate i campi ELF non inducono variazioni della morfologia superficiale ed apoptosi, mentre lievi cambiamenti sono stati rilevati nella crescita cellulare e nell’espressione delle CAM analizzate.

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S2P.7 - L’ESPOSIZIONE IN VIVO A 900 MHZ PER 1, 2 O 4 SETTIMANE NON ALTERA IL FENOTIPO NÉ LE FUNZIONI DEI LINFOCITILucia Gatta, Vanessa Ubaldi, Luigia Pace, Paolo Galloni, Rosanna Pinto, Giorgio Lovisolo, Carmela Marino, Claudio PioliSezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, ENEA CR Casaccia, RomaPresentato da Claudio Pioli ([email protected])

Gli studi condotti esponendo i linfociti a radiofrequenze (900 e 1800 MHz) hanno mostrato effetti contrastanti che vanno dalla inibizione della proliferazione alle aberrazioni cromosomiche fino alla totale assenza di effetti. In questo lavoro abbiamo valutato gli effetti dell’esposizione in vivo per 1, 2 e 4 settimane a 900 MHz con modulazione GSM su topi C57Bl/6. Lo studio ha valutato gli effetti sul numero, la proliferazione, la produzione di citochine e il fenotipo di cellule di milza di topi C57Bl/6. I dati mostrano che l’esposizione a 1 e 2 W/Kg per 2 ore al giorno per 1, 2 e 4 settimane, non modifica il numero delle cellule della milza. Inoltre la distribuzione fenotipica dei linfociti CD4+, CD8+ e delle cellule B non subisce modificazioni rispetto al controllo (sham). La capacità proliferativa e la produzione di citochine è stata valutata stimolando le cellule con anticorpi monoclonali (mAb) anti-CD3 e anti-CD28. I risultati mostrano che l’esposizione per 1, 2 o 4 settimane non altera la risposta proliferativa dei linfociti T rispetto al controllo (sham). Anche la produzione di diverse citochine (IL-2, IL-4 e IFN-) non subisce modifiche in seguito all’esposizione per 1, 2 e 4 settimane. Sono state inoltre valutati gli effetti dell’esposizione per 4 settimane sull’attivazione delle cellule mediante analisi dell’espressione di marcatori di attivazione quali CD25 e CD69. In conclusione nelle condizioni sperimentali adottate non ci sono evidenze di effetti dell’esposizione a 900 MHz su cellule periferiche del sistema immunitario.

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S2P.8 - TEST DEL MICRONUCLEO SU LINFOCITI UMANI DI PERSONALE DELL’AMMINISTRAZIONE DIFESA ESPOSTO IN VITRO A RADIAZIONI NON IONIZZANTILaura Zotti-Martelli1, Mario Peccatori2, Roberto Barale1

1Dip. Scienze uomo e Ambiente Università di Pisa2C.I.S.A.M (Centro Interforze e Studi per le Applicazioni Militari) S.Piero a Grado (PI)Presentato da Laura Zotti-Martelli ([email protected])

Il test del micronucleo viene proposto come test citogenetico per valutare il danno cromosomico spontaneo o indotto da agenti fisici o chimici, analizzando un gran numero di cellule in interfase ed in tempi brevi. Tale test è stato impiegato per studiare gli effetti di esposizione a campi di radiazioni non ionizzanti (NIR) su linfociti umani. Negli esperimenti effettuati presso il CISAM sono stati esposti campioni di sangue (3 ml) di 9 individui, suddivisi in tre gruppi di tre per range di età (<30, >30 <40, >40 anni), a tre diverse densità di potenza: 5, 10, e 20 mW/cm2 per 60, 120 e 180 minuti e ad una frequenza di 1.8 GHz. Dopo il trattamento con l’agente fisico sono state allestite le colture cellulari in duplicato e alla 44° ora è stata aggiunta la cyt-B in concentrazione di 6g/ml per bloccare la citodieresi senza interferire con la divisione nucleare o con l’integrità cromosomica.Dall’analisi della varianza emerge una risposta significativa tra la frequenza dei MN (su 2000 binucleate lette) ed il tempo di esposizione, già al tempo più basso (p<0.0002) e con l’età degli individui (p<0.0004), mentre si è trovata un’interazione altamente significativa tra le densità di potenza impiegate ed i tempi di esposizione (p<0.0001), notando già un picco di risposta alla densità di potenza più bassa. Inoltre è stata evidenziata una bifasicità della curva effetto-tempo, che potrebbe essere spiegata come una risposta combinata di due popolazioni cellulari di linfociti, di cui una molto sensibile al trattamento ed una più resistente, mostrando un declino alla densità di potenza 10 mW/cm2, che potrebbe essere causato da una citotossicità della popolazione cellulare più sensibile e quindi evidenziando un minor effetto mutageno a questi valori di campo. E’ stato valutato anche l’indice di proliferazione cellulare (IP) ed i risultati mostrano che sia la densità di potenza (p<0.03) che l’età (p<0.0001) hanno un effetto statisticamente significativo sull’IP. Inoltre è stata trovata una notevole variabilità individuale che sarà ulteriormente indagata con esperimenti di riprova. Pertanto si auspica la necessità di esplorare le risposte cellulari a densità di potenze e a tempi più bassi di esposizione in quanto sono più interessanti nell’ottica dello studio dei rischi professionali di personale esposto a tali agenti fisici e della popolazione in generale.

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S2P.9 - VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE INTERNA DELL’EMBRIONE E DEL FETO A SEGUITO DI INTRODUZIONE DI RADIONUCLIDI DA PARTE DELLA MADRE Franco Breuer, Luigi FrittelliPresentato da Luigi Frittelli ([email protected])

La recente Pubblicazione n. 88 della ICRP sulla valutazione della dose impegnata dall’embrione e dal feto a seguito di introduzione di radionuclidi da parte della madre ha permesso di dare basi quantitative alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 230/95 relative al controllo dell’esposizione delle donne gestanti.Nel presente lavoro viene brevemente discussa la modellistica proposta dalla ICRP e vengono calcolati i livelli di riferimento per taluni radionuclidi di largo impiego relativi alla escrezione urinaria od alla ritenzione da parte della madre in funzione della dose efficace impegnata dall’embrione e dal feto.Vengono anche calcolate le dosi all’embrione ed al feto a seguito di indagini diagnostiche in vivo su donne gestanti.

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S3 – Chimica delle radiazioni e chimica radioanalitica

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Relazioni su invitoIl ruolo della ricerca di base nelle applicazioni industriali delle radiazioni ionizzanti: sterilizzazione di biopolimeri e farmaci – A. Buttafava, A. Faucitano

Conduttori organici come metalli? Il ruolo della chimica delle radiazioni – S. Emmi

Il ruolo dell’analisi per attivazione neutronica nello studio dell’inquinamento atmosferico da parte di metalli ed elementi in traccia - M. Gallorini

Comunicazioni oraliS3.1 Interazione di sostanze antiossidanti con radicali radioindotti: uno studio di radiolisi pulsata -

M. Tamba e A. TorreggianiS3.2 Preparazione e caratterizzazione di carburo di germanio amorfo mediante radiolisi di miscele

Germano/Acetilene – A. Agostino, P. Benzi, E. Bonometti, E. Bottizzo, P. Volpe.

PosterS3P.1 Idrogeli di poli(3-idrossibutirrato) sintetizzati mediante polimerizzazione radioindotta – F.

Martellini, L. H. I. Mei, S. Lora, M. CarenzaS3P.2 I licheni come biomonitori e l’analisi per attivazione neutronica come tecnica analitica: un

sistema efficiente per la valutazione della qualità dell’aria - E. Rizzio, L. Bergamaschi, G. Giaveri, A. Brandone, A. Profumo e M. Gallorini

S3P.3 Preparazione radioindotta di resine di tipo gel per catalisi metallica - P. Centomo, B. Corain e S. Lora

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IL RUOLO DELLA RICERCA DI BASE NELLE APPLICAZIONI INDUSTRIALI DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI: STERILIZZAZIONE DI BIOPOLIMERI E FARMACIArmando Buttafava, Antonio FaucitanoDipartimento di Chimica Generale, Università di PaviaPresentato da Armando Buttafava ([email protected])

Le modalità di somministrazione dei farmaci stanno cambiando velocemente sotto la pressione di nuove metodiche di cura che richiedono un controllo sul rilascio del farmaco dal punto di vista della localizzazione, della quantità e del tempo. I nuovi preparati farmacologici per terapie a base proteica e genica sono inoltre intrinsecamente instabili nei confronti di molti processi biochimici e vanno protetti affinché non perdano la loro efficacia.I materiali che attualmente sono in grado di soddisfare tali esigenze sono costituiti da matrici polimeriche biocompatibili che agiscono come serbatoi per il rilascio controllato dei principi attivi. La complessità dei cicli di lavorazione di questi preparati non è normalmente in grado di assicurare una loro soddisfacente asetticità che può tuttavia essere raggiunta con l’impiego di varie tecniche di sterilizzazione. Tra le più comuni, la sterilizzazione termica a secco o con vapore in autoclave distrugge in modo rapido e completo i microrganismi grazie alle alte temperature (in genere maggiori di 120°C). Un metodo alternativo altrettanto efficiente, che può essere usato anche a basse temperature, impiega l’ossido di etilene gassoso. L’applicazione di queste tecniche ai preparati farmaco/polimero presenta tuttavia gravi inconvenienti. Le temperature tipiche della sterilizzazione con vapore sono spesso superiori alla temperatura di transizione vetrosa (Tg) delle matrici polimeriche e ne possono provocare la deformazione strutturale e/o la degradazione, con riflessi negativi sulle loro proprietà di rilascio. Inoltre, preparati a base di proteine, peptidi, molecole complesse, sono spesso termolabili. La sterilizzazione a base di ossido di etilene non presenta questi inconvenienti. Tuttavia, l’efficacia del trattamento richiede la permeazione della matrice polimerica da parte del gas e soprattutto la successiva completa eliminazione dei residui, essendo l’ossido di etilene fortemente tossico. Queste esigenze, per le caratteristiche intrinseche delle strutture polimeriche, sono in genere difficilmente soddisfatte.La tecnica di sterilizzazione che suscita attualmente maggior interesse per i sistemi polimero/farmaco impiega le radiazioni ionizzanti (fasci di elettroni o fotoni gamma). L’azione sterilizzante delle radiazioni nasce dal danno chimico indotto sul DNA dei microrganismi. La caratteristica saliente di questo effetto è che occorrono dosi di radiazioni relativamente basse, intorno ai 25kGy, per ottenere un abbattimento della carica batterica inferiore ai limiti di legge e a quelli ottenibili dai metodi tradizionali, in particolari con batteri termoresistenti. Con dosi di 25kGy la trasformazione chimica del materiale irraggiato non supera in genere lo 0,1% in moli. L’efficacia dell’azione battericida delle radiazioni è conseguenza dell’effetto di amplificazione che le dimensioni del DNA inducono sulla probabilità di interazione con la radiazione e dal fatto che è sufficiente una rottura su entrambi i filamenti per determinare la morte cellulare.La modestia degli effetti chimici collaterali al danno sul DNA, unita all’efficienza dell’azione battericida, è alla base del successo dell’uso delle radiazioni ionizzanti nella tecnologia della sterilizzazione degli oggetti medicali.L’impiego di questa tecnica nella sterilizzazione dei preparati farmaceutici richiede tuttavia un’analisi accurata degli aspetti chimici e meccanicistici dei fenomeni radiolitici e delle conseguenze dell’irraggiamento sull’efficacia dei principi attivi. Nei preparati farmaco/polimero è di basilare importanza verificare inoltre la presenza di eventuali alterazione sulle caratteristiche funzionali della matrice polimerica indotte dalle radiazioni1.Le conseguenze dell’interazione radiazioni/polimero derivano da due processi principali:

la scissione delle catene, dovuta alla rottura dei legami C-C, che determina una diminuzione del peso molecolare e della viscosità del polimero aumentando la velocità di rilascio del farmaco;

la reticolazione, derivante dalla ricombinazione di radicali su catene diverse, che, creando ponti tra le catene polimeriche, ne diminuisce la mobilità rallentando in genere il rilascio del farmaco.

Questi processi avvengono simultaneamente e la loro entità relativa dipende dalle caratteristiche chimiche e strutturali della matrice polimerica e dal suo intorno (singola fase, più fasi, soluzione)2,3. Il danno radiolitico a livello del farmaco risulta spesso essere trascurabile, per le piccole quantità trasformate in conseguenza dell’irraggiamento. Sembra tuttavia esistere una dipendenza del danno dal grado di dispersione del principio attivo nella matrice polimerica. Nei sistemi caratterizzati da un’elevata area superficiale di contatto farmaco/matrice polimerica (al limite soluzioni) è stato possibile verificare la migrazione del danno radiolitico dalla matrice polimerica al principio attivo4.

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Un ultimo aspetto, ancora poco studiato, e che tuttavia può avere un’importanza fondamentale nella stabilità a lungo termine dei sistemi sterilizzati con radiazioni ionizzanti riguarda le modalità di irraggiamento. I sistemi polimerici sono spesso facilmente permeabili alle sostanze gassose. Trattamenti in presenza di aria devono quindi tener conto della possibilità di instaurarsi di reazioni ossidative da parte dell’ossigeno che, per la loro natura di reazioni a catena, potrebbero produrre una significativa amplificazione del danno radiolitico.

Referenze1. M. B. Sintzel, A.Merli, C. Tabatabay, R. Gurny, “Influence of irradiation sterilization on polymers

used as drug carriers- A review”, DrugDevel.Ind.Pharm. 23(9), 857-878 (1997)2. L. Montanari, M. Costantini, E. Ciranni Signoretti, L. Valvo, M. Santucci, M. Bartolomei, P.

Fattibene, S. Onori, A. Faucitano, B. Conti, I. Genta, “Gamma irradiation effects on poly(DL-lactide –co-glycolide)microspheres”, J. Control Release 56(1-3) 219-29 (1998)

3. L. Maggi, L. Segale, E. Ochoa Machiste, A. Buttafava, A. Faucitano, U. Conte “Chemical and physical stability of hydroxypropylmethylcellulose matrices containing diltiazem HCl after - irradiation”, In corso di pubblicazione J. Pharmac. Sciences

4. L. Montanari, F. Cilurzo, L. Valvo, A. Faucitano, A. Buttafava, A. Groppo, I. Genta, B. Conti, “Gamma irradiation effects on stability of poly(lactide-co-glycolide) microspheres containing clonazepam”, J. Control Release 75(3) 317-30 (2001)

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CONDUTTORI ORGANICI COME METALLI? IL RUOLO DELLA CHIMICA DELLE RADIAZIONI. Salvatore S. EmmiCNR-ISOF, Via P. Gobetti 101 – I-40129 BolognaPresentato da Salvatore S. Emmi ([email protected])

Gli oligomeri e i polimeri dell’acetilene, dell’anilina e del tiofene hanno trovato applicazione in un'ampia varietà di apparecchiature elettro-ottiche e recentemente anche nel campo dei sensori per radiazioni. Ossidando gli oligotiofeni con metodi elettrochimici, radiolitici o fotochimici, si ottengono macromolecole lineari coniugate che possiedono sorprendenti proprietà elettro-ottiche. Questi materiali organici, infatti, sono isolanti nel loro stato neutro (undoped), ma diventano buoni conduttori quando vengono ossidati a radicali cationi o dicationi (doped). Dal punto di vista strutturale le catene macromolecolari si distendono linearmente a causa di una estesa coniugazione di legami , lungo cui gli elettroni paiono muoversi liberamente come nei metalli.Mediante l’ossidazione, e per effetto della coniugazione, viene modificata non solo la conducibilità, ma cambia vistosamente anche il colore, rendendo possibile l’applicazione dei polimeri coniugati nelle cosiddette ‘smart windows’. Inoltre, l'irradiamento di film di oligotiofeni produce radicali cationi coniugati allo stato solido, il cui impiego come dosimetri radiocromici nella regione delle medie e alte dosi si rivela molto vantaggioso rispetto ad alcuni dosimetri in commercio.La chimica delle radiazioni, inoltre, si affianca ad altri metodi per descrivere alcune caratteristiche chimico-fisiche degli oligomeri e polimeri del tiofene, come la relazione fra le proprietà ottiche e la struttura elettronica negli stati ionici radicalici.

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IL RUOLO DELL’ANALISI PER ATTIVAZIONE NEUTRONICA NELLO STUDIO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PARTE DI METALLI ED ELEMENTI IN TRACCIAMario GalloriniCNR- URS Unità di Radiochimica e Spettroscopia dell’Istituto di Metrologia G.Colonnetti di Torino, c/o Università di Pavia.Presentato da Mario Gallorini ([email protected])

L’aumento delle attività antropogeniche e del traffico autoveicolare sta causando un notevole peggioramento della qualità dell’aria specialmente nelle aree urbane e metropolitane. Il particolato atmosferico presente in queste zone può contenere sostanze potenzialmente tossiche che, in dipendenza delle concentrazioni e delle forme chimico-fisiche con cui sono presenti nel particolato stesso, possono rappresentare un reale pericolo per la salute pubblica. Gli elementi e i metalli in tracce costituiscono una componente non trascurabile di queste sostanze che deve essere caratterizzata e monitorata. La conoscenza delle quantità totali in gioco e, soprattutto, di quelle associate alle particelle più fini presenti nella frazione respirabile è fondamentale per condurre studi su: identificazione delle fonti inquinanti, trasporto a lunghe distanze, identificazione di valori soglia, valutazione dell’esposizione prolungata a bassi livelli. I risultati di tali ricerche potranno fornire quelle informazioni necessarie per prevenire il possibile peggioramento della qualità dell’aria e per adottare misure di controllo più specifiche e mirate alla salvaguardia della salute pubblica. Dal punto di vista analitico, la necessità di determinare contemporaneamente il più grande numero possibile di elementi su frazioni di milligrammi di pulviscolo atmosferico raccolto su filtri, pone il problema di avere a disposizione una tecnica analitica strumentale, multielementare e dotata di grande sensibilità e precisione. In questi casi l’Analisi per Attivazione Neutronica Strumentale (INAA) giuoca un ruolo fondamentale coniugando la sensibilità e la precisione richieste per l’analisi a livello di tracce (parti per miliardo) con la possibilità di determinare, nello stesso campione, un grande numero di elementi. In questo lavoro vengono presentati i risultati di una serie di studi effettuati sui particolati atmosferici e sulle loro frazioni “respirabili” (PM10, PM 2,5) raccolti in zone urbane, industriali e rurali-residenziali. Vengono inoltre discussi i problemi incontrati per il controllo di qualità dei dati analitici ottenuti.

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S3.1 - INTERAZIONE DI SOSTANZE ANTIOSSIDANTI CON RADICALI RADIOINDOTTI: UNO STUDIO DI RADIOLISI PULSATA Maurizio Tamba e Armida TorreggianiIstituto I.S.O.F. (C.N.R.), via P. Gobetti 101, 40129 BolognaPresentato da Armida Torreggiani ([email protected])

Il danno chimico e da radiazioni di sistemi biologici è dovuto principalmente agli effetti deleteri dell'attacco di radicali liberi, in particolare delle specie reattive dell'ossigeno. Tali specie , che possiedono generalmente proprietà ossidanti, fungono da iniziatori del danno mediante un meccanismo di azione che comporta l'ossidazione della molecola(e) bersaglio tramite un processo di trasferimento mono-elettronico. Inoltre, vi sono crescenti informazioni che metalli di transizione come il ferro ed il rame, agiscono come catalizzatori delle reazioni di formazione "in vivo" delle specie reattive all'ossigeno. Sostanze antiossidanti, in particolare quelle introdotte tramite l'alimentazione, costituiscono un sistema di protezione naturale in grado di limitare l'eccesso di radicali liberi agendo mediante un meccanismo di cattura dei radicali liberi e/o di chelazione dei metalli di transizione.Questa ricerca si prefigge di indagare la potenziale efficacia di alcuni antiossidanti naturali e sintetici (per es. polifenoli, allopurinolo, melatonina) in sistemi modello "in vitro".Le reazioni redox che coinvolgono le suddette sostanze con radicali ossidrilici ( .OH) e radicali ossidanti inorganici più specifici (es. N3

., NO2., SO4

-.), e le proprietà chimico-fisiche e cinetiche delle specie intermedie prodotte sono state indagate mediante la tecnica della radiolisi ad impulsi.La capacità di coordinare ioni Cu(II) da parte delle sostanze indagate è stata valutata mediante spettroscopia vibrazionale (Raman e IR) che ha permesso di individuare, in alcuni casi, i siti della molecola coinvolti nella chelazione del metallo e la struttura stessa del complesso prevalentemente formato nel sistema.

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S3.2 - PREPARAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DI CARBURO DI GERMANIO AMORFO MEDIANTE RADIOLISI DI MISCELE GERMANO/ACETILENEAngelo Agostino, Paola Benzi, Elisabetta Bonometti, Elena Bottizzo, Paolo Volpe.Dipartimento di Chimica Generale ed Organica Applicata, c.so Massimo d’Azeglio 48, 10125 TorinoPresentato da: Paolo Volpe ([email protected])

Negli ultimi due decenni le leghe amorfe come SiC, SiGe o GeC hanno acquisito sempre maggiore interesse a causa delle loro possibili applicazioni elettroniche e fotovoltaiche.Nel nostro laboratorio il carburo di germanio amorfo (aGeC:H) viene da tempo ottenuto partendo da miscele di germano e piccoli idrocarburi attivati mediante radiazioni ad alta energia (raggi X).In questo lavoro ci siamo occupati della radiolisi di miscele costituite da GeH4 + C2H2 in varie proporzioni e a varie dosi di radiazioni.Dall’irraggiamento di miscele di GeH4/C2H2 si ottengono sia composti gassosi, sia prodotti solidi.La fase gassosa (oltre a germano e acetilene che non hanno reagito) è costituita principalmente da GeC 2H4, GeC2H6, Ge2C2H6 e Ge2C2H8. Il materiale solido ha composizione e colore che variano al variare della frazione molare dell’acetilene: come questa aumenta, il rapporto C/Ge cresce mentre il colore diventa più chiaro, passando dal giallo intenso per il materiale ottenuto da miscele con il 10% di C2H2, a bianco per quello ottenuto da miscele con il 50%. L’analisi diffrattometrica indica che i solidi sono amorfi e l’EPR evidenzia l’assenza di legami spaiati che compaiono soltanto in seguito a ricottura.Le spettroscopie IR e raman hanno evidenziato la presenza di gruppi CH n, GeHn e Ge-CHn (n=1-3) e dei legami Ge-C e Ge-Ge.Inoltre, dagli spettri UV-Vis mediante la procedura di Tauc, sono stati ricavati i valori di gap ottico.

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S3P.1 - IDROGELI DI POLI(3-IDROSSIBUTIRRATO) SINTETIZZATI MEDIANTE POLIMERIZZAZIONE RADIOINDOTTAFlavia Martellini1,2, L.H.I. Mei1, Silvano Lora3, Mario Carenza3

1 Instituto de Pesquisas Energéticas e Nucleares, IPEN/CNEN – SP, Sao Paulo, Brasile2 Departamento de Tecnologia de Polimeros, Facultade de Engenharia Quimica, UNICAMP, Campinas, Brasile3 Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività, CNR, BolognaPresentato da Mario Carenza ([email protected])

Il rilascio controllato dei farmaci rappresenta una delle aree in rapida crescita nella scienza e tecnologia in cui la collaborazione tra ricercatori di diversa estrazione contribuisce alla salvaguardia della salute. In questi ultimi anni è stata rivolta particolare attenzione ai polimeri biodegradabili sia di origine naturale sia di sintesi che sono stati studiati come veicolanti per il rilascio dei farmaci. Questi sistemi di rilascio presentano numerosi vantaggi rispetto ai trattamenti convenzionali in quanto comportano una maggiore efficacia, una ridotta tossicità, un dosaggio del farmaco più stabile nel tempo e, in definitiva, un maggiore beneficio da parte del paziente. A questo proposito, nei nostri laboratori è stato studiato il poli(3-idrossibutirrato), PHB, al fine di ottenere polimeri che possano rilasciare farmaci in tempi lunghi. Il PHB è un polimero biodegradabile, otticamente attivo e viene prodotto mediante fermentazione aerobica di zuccheri con un batterio del genere Alcaligenes. Con questo polimero addizionato con un monomero di diversa natura sono stati quindi sintetizzati mediante irraggiamento gamma idrogeli aventi struttura IPN (Interpenetrating Polymer Networks) in cui le macromolecole dei due polimeri sono intimamente compenetrate ed intrecciate con la possibilità di essere anche reticolate. Gli IPN di PHB sono stati ottenuti irradiando film di PHB in presenza di un monomero acrilico idrofilico difunzionale con dosi comprese tra 0.5 e 20 kGy L’estrazione della parte solubile dei film polimerici sia con acqua che con cloroformio evidenziano la produzione di materiale reticolato i cui valori di swelling in acqua è di circa il 30%.

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S3P.2 - I LICHENI COME BIOMONITORI E L’ANALISI PER ATTIVAZIONE NEUTRONICA COME TECNICA ANALITICA: UN SISTEMA EFFICIENTE PER LA VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIAE. Rizzio L. Bergamaschi, G. Giaveri, A. Brandone, A. Profumo e M.GalloriniCNR- URS Unità di Radiochimica e Spettroscopia dell’Istituto di Metrologia G.Colonnetti di Torino, c/o Università di PaviaPresentato da Enrico Rizzio ([email protected])

Nell’ambito del programma di ricerche Ev-K2-CNR, l’Unità di Radiochimica e Spettroscopia (URS) dell’Istituto di Metrologia G. Colonnetti di Torino presso l’Università di Pavia, sta svolgendo un progetto di ricerca che prevede l’uso combinato dei licheni e dell’Analisi per Attivazione Neutronica (AAN).L’impiego dei licheni come biomonitori-bioaccumulatori costituisce un prezioso strumento per la valutazione della qualità dell’aria nello studio dell’inquinamento atmosferico da parte di metalli in traccia. In particolare, è possibile valutare sia il grado d’inquinamento sia la distribuzione spaziale dei diversi elementi inquinanti trattenuti ed accumulati dai licheni.L’Analisi per Attivazione Neutronica che associa la multielementarietà con l’alta sensibilità e precisione si è rilevata una tecnica d’analisi veramente appropriata per la determinazione di elementi in tracce necessaria in questi studi, sfruttando, in particolare, la possibilità di analizzare pochi milligrammi di campioni di licheni.Questo progetto di ricerca si propone di valutare lo stato della qualità dell'aria in zone remote ad alta quota estere (Sagarmatha National Park – Nepal, Mount Kenia National Park - Kenia) e in zone d’alta quota italiane (Parco del Gran Paradiso, Val Federia – Livigno).In differenti generi di licheni, raccolti a diverse altitudini, si sono determinati più di 25 elementi e, attraverso l’analisi elementare dei suoli circostanti, si sono calcolati anche i rispettivi Fattori di Arricchimento (normalizzati sulla concentrazione dello scandio e del lantanio). Quest’ultimi permettono di ottenere informazioni sulla possibile origine ( naturale e/o antropogenica) di alcuni elementi potenzialmente tossici. La maggior parte delle analisi è stata effettuata mediante analisi per attivazione neutronica mentre tutte le determinazioni di piombo e cadmio sono state eseguite mediante spettroscopia d’assorbimento atomico(ETAAS). Per i relativi controlli di qualità si sono utilizzati i materiali standard di riferimento NIST Peach Leaves 1547, NIST Apple Leaves 1515 e BCR –CRM482 (lichen TP26). I dati ottenuti hanno permesso di avere inforamzioni sulla qualità dell’aria di zone remote ad alta quota e di costituire una preliminare banca dati dei valori di concentrazioni di metalli in tracce utilizzabili come valori di riferimento per licheni provenienti da zone ritenute a basso tasso di inquinamento.

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S3P.3 - PREPARAZIONE RADIOINDOTTA DI RESINE DI TIPO GEL PER CATALISI METALLICAPaolo Centomo¹, Benedetto Corain¹ e Silvano Lora²¹ Dipartimento di Chimica Inorganica, Metallorganica ed Analitica, Università di Padova e Istituto CNR sulle Scienze e Tecnologie Molecolari² Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del CNR, via Romea 4, 35020 Legnaro (Padova).Presentato da Silvano Lora ([email protected])

Il termine resine funzionali si applica a resine recanti gruppi reattivi che le rendono atte a svolgere precise funzioni chimiche. Questi materiali possono essere sia di origine naturale che di sintesi ed occupano un ruolo di notevole importanza pratica poiché resine funzionali sintetiche possono essere utilizzate per la dispersione di centri metallici aventi attività catalitica. Catalizzatori di questo tipo sono attualmente impiegati in almeno quattro processi industriali come nel processo di sintesi del MIBK (processo Bayer), nella rimozione di diossigeno dalle acque industriali, nella sintesi di MTBE (processo Erdoelchemie) e nei processi si eterificazione-idrogenazione di idrocarburi non saturi per ottenere miscele di alcani ed eteri ramificati da usare nelle benzine senza piombo (processo BP Etherol).Da circa nove anni è in corso un nostro progetto teso alla sintesi radioindotta di resine funzionali di tipo acrilico in possesso di funzioni di progettata morfologia e atte all'aggancio di centri metallici. L’utilizzo delle radiazioni gamma permette, infatti, di variare facilmente le condizioni sperimentali sia per quanto riguarda la composizione della miscela dei monomeri che la temperatura di sintesi. I materiali ottenuti sono convertiti in catalizzatori resina/metallo zerovalente tramite opportuna riduzione. Il controllo della nanomorfologia delle resine impiegate consente il controllo sia delle dimensioni dei nanocluster metallici che in tale modo si generano sia della accessibilità molecolare delle loro superfici.

Referenze1. B. Corain, M. Kralik, J.Mol.Catal. A: Chemical 173 (2001) 992. A. Biffis, M. Kralik, J. Mol. Catal. A: Chemical 177 (2001) 1133. M. Zecca, A. Biffis, G. Palma, S. Lora, K. Jerabek, B. Corain, Macromolecules 29 (1996) 4655

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S4 – Nuove strategie biologiche e tecnologiche in radioterapia

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Relazioni su invitoLa ricerca traslazionale in radioterapia - R. Corvò

Modificazione della risposta tumorale alle radiazioni mediante inibitori dell’ EGF-receptor - C. Bianco

La radioterapia 3D confermazionale: indicazioni cliniche - V. Donato

La radioterapia ad intensità modulata - M. Paiusco, M. Iori, G. Borasi

Applicazione dei radiofarmacipplicazione dei radiofarmaci in radioterapia, stato dell'arte e nuove prospettive – U. Mazzi

Comunicazioni oraliS4.1 Possibili markers di radiosensibilità in cellule tumorali in coltura e in sferoidi multicellulari:

segnali da metaboliti solubili esaminati con SRM in alta risoluzione – A. M. Luciani, S. Grande, A. Rosi, V. Viti, L. Guidoni.

S4.2 Crescita in gel di collagene: un modello in vitro per lo studio della risposta cellulare alle radiazioni - L. Rossi, R. Corvò

PosterS4P.1 L’adenovirus a replicazione selettiva ONYX-015 potenzia la citotossicità delle radiazioni

ionizzanti in linee cellulari umane di carcinoma anaplastico della tiroide – R. Pacelli, S. Libertini, L. Cella, G. Canale Cama, G. Portella e A. Fusco

S4P.2 Dosi assorbite in terapia per cattura neutronica. misure 3D delle singole componenti – C. Colombi, M. Fiocca, G. Gambarini, L. Pirola, O. Fiorani, A. Perrone, G. Rosi

S4P.3 Biodosimetria di pazienti con tumore alla mammella durante il trattamento radioterapeutico - V. d'Alesio, M. Durante, G. Gialanella, G. Grossi, M. Pugliese, I. Sardi, P. Scampoli G. Canale Cama, L. Cella, R. Pacelli, G. Punzo

S4P.4 L’analisi per attivazione neutronica applicata allo studio del morbo di Parkinson per la determinazione di metalli a livello di ultratraccia in campioni di neuromelanina e di tessuto cerebrale - E. Rizzio, L. Zecca, G. Giaveri, L. Bergamaschi e M. Gallorini

S4P.5 Radioterapia interstiziale: studio di fattibilità con raggi X generati da fasci di elettroni prodotti da apparecchiature tipo plasma focus - A. Tartari, A. Da Re, E. Angeli

S4P.6 Trattamento preoperatorio nel carcinoma del retto: significato predittivo di p53 e di PCNA - C. Vidali, C. Rizzardi, M. Melato, A. Beorchia

S4P.7 Effetti del controllo locale del tumore e sopravvivenza nel melanoma oculare - S. Donadio, U. Garibaldi, D. Grosso, B. Mascialino, C. Mosci, M. A. Penco, S. Squarcia, P. Viarengo

S4P.8 Influenza dell’intervallo di tempo tra chirurgia e radioterapia sulla ricrescita tumorale in un modello sperimentale murino – A. Cividalli, G. Creton, F. Ceciarelli, D. Tirindelli Danesi, M. Benassi

S4P.9 IMRT: valutazione della sensibilità del processo di ottimizzazione - B. Caccia, P. Del Giudice, M. Mattia, S. Marzi e M. Benassi

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LA RICERCA TRASLAZIONALE IN RADIOTERAPIARenzo CorvòIstituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di GenovaPresentato da Renzo Corvò ([email protected])

La ricerca traslazionale “indiretta” (reversely translated research) in radioterapia, intesa come sviluppo di concetti ed ipotesi biologiche sulla base di evidenze o risultati clinici, ha rappresentato per anni la base degli studi radiobiologici mirati all’ottimizzazione dei frazionamenti di radioterapia e al disegno ragionato di innovative associazioni chemio-radioterapiche. Esempi di ricerca traslazionale indiretta sono stati l’evidenza dell’impatto della dose per frazione sul danno acuto e tardivo dei tessuti sani, il ruolo del ripopolamento accelerato dei clonogeni tumorali e dei tessuti sani dopo l’inizio della radioterapia, lo studio delle correlazioni tra dose e volume di irradiazione e l’acquisizione della radiosensibilita’ intrinseca individuale. La ricerca traslazionale “diretta” (forward translational research) implica la stretta integrazione tra laboratorio e clinica, disegnando ed esplorando nuovi trias clinici sulla base di nuove evidenze di caratterizzazione biologica tessutale e tumorale ottenute mediante studi di laboratorio sul singolo paziente candidato al trattamento radiante. Esempi di ricerca traslazionale diretta sono l’adozione di nuovi frazionamenti della dose radiante (iperfrazionamento, frazionamento accelerato) o di nuove associazioni tra radiazioni e chemioterapia o nuove bioterapie sulla base di parametri biologici cellulari o molecolari (es. l’impiego di farmaci bioriduttivi nella cura dei tumori ad elevata componente ipossica, l’utilizzo di farmaci inibitori del EGF-R nei tumori che sovraesprimono il recettore dell’Epidermal Growth Factor), o l’adozione di frazionamenti accelerati nei tumori ad elevato “rate” proliferativo. La ricerca traslazionale diretta ha comportato recentemente lo sviluppo di studi di fase II e III, guidati dall’evidenza biologica (“biology-driven trials”) per superare tutti quelle condizioni che portano in clinica a risultati falsamente positivi (analisi di multipli end-points, bassa potenza statistica dello studio, bias di pubblicazioni) o falsamente negativi (inadeguato campione di pazienti, inclusione di pazienti con eterogeneità tumorale,etc).Principali aree di ricerca traslazionale.1. Studio di markers molecolari che contribuiscano a meglio definire il disegno di nuove associazioni radio-chemioterapiche.L’obiettivo è quello di capire i meccanismi interattivi tra radiazioni e nuovi chemioterapici (gemcitabina, capecitabina, tirapazamina, inibitori delle topoisomerasi, taxani, oxaliplatino etc) attraverso lo studio del danno e riparo del DNA e del metabolismo cellulare citoplasmatico e di membrana. Nella clinica assistenziale un più elevato “tumoral cell killing” potrebbe essere ancora ottenuto se fosse ad esempio più chiaro (sulla base di deduzioni osservate con la ricerca di base) il migliore “timing” associativo tra nuovi farmaci e radiazioni.2. Studio di nuovi agenti diretti verso nuovi bersagli (recettori di fattori di crescita, angiogenesi, recettori delle Cox-2).L’obiettivo e’ quello di introdurre in clinica nuove bioterapie dotate di minima tossicità tissutale e capaci di agire direttamente sulle “pathways” implicate nella crescita o nella morte dei clonogeni tumorali.3. Studio di nuovi parametri biologici dotati di potere prognostico o predittivo di risposta alla radioterapia.L’obiettivo e’ quello di identificare e validare il ruolo di vecchi e nuovi markers cellulari (Burd-LI%, Tpot, Ki-67, PCNA, AgNORS), molecolari (Cyclin-D1, p53, bcl-2, EGF-R) e genetici (cDNA microarray) che possano indicare quei sottogruppi di pazienti che beneficiano di selettive terapie oncologiche.4. Studio di nuovi aspetti della tolleranza dei tessuti sani alle radiazioni.L’obiettivo è quello di traslare nella condotta clinica quelle nuove conoscenze fisio-patologiche che sono implicate nell’insorgenza del danno acuto e tardivo da radiazioni. Le ricerche sono prevalentemente rivolte agli studi sul danno vascolare tessutale, sulle citochine circolanti (TNF-a, IL-6 etc) o tessutali (TGF-b1, keratinocyte growth factor), al fine di prevenire gravi effetti collaterali o testare nuovi farmaci con potere radio-protettivo.Lo sviluppo di banche dati tessutali per la correlazione prospettica tra parametri biologici e end-points clinici e l’irradiazione di “specimens” tumorali coltivati in vitro (es. sferoidi multicellulari) rappresentano infine ulteriori metodiche di crescente sviluppo per l’implementazione della “forward translational research” in radioterapia oncologica.

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MODIFICAZIONE DELLA RISPOSTA TUMORALE ALLE RADIAZIONI MEDIANTE INIBITORI DELL’EGF RECEPTORCataldo BiancoRadioterapia Oncologica, Ospedale San Giovanni di Dio, SalernoPresentato da Cataldo Bianco ([email protected])

Il trattamento con le radiazioni ionizzanti determina diversi effetti biochimici nelle cellule tumorali con l'attivazione di molteplici pathways di segnale che portano alla morte cellulare programmata (apoptosi) oppure alla proliferazione cellulare. Quest'ultimo effetto è dovuto all'attivazione di numerosi pathways mitogenici. E' stato recentemente dimostrato che le radiazioni ionizzanti determinano un' attivazione dei pathways del recettore dell'epidermal growth factor (EGFR) attraverso l'attivazione diretta della tirosina chinasi dell' EGFR ed il rilascio del transforming growth factor (TGF), un ligando specifico per l'EGFR. Questo può essere di notevole importanza dal punto di vista clinico poiché può rappresentare un meccanismo attraverso il quale la cellula tumorale riesce ad evitare la morte radio-indotta. Riguardo ciò, i fattori di crescita della famiglia dell' epidermal growth factor (EGF), come il TGF, sono coinvolti nello sviluppo e nella progressione dei tumori umani attraverso pathways autocrini e paracrini. Il TGF si lega al dominio extracellulare dell'EGFR ed attiva il suo dominio intracellulare tirosino-chinasi. Il legame con il ligando induce la dimerizzazione dell'EGFR e la sua autofosforilazione in numerosi residui di tirosina nel dominio intracellulare, formando una serie di siti di legame ad alta affinità per diverse molecole trasduttrici che sono implicate nel trasmettere il segnale mitogenico attraverso il pathway ras/raf/MAPK. Un' elevata espressione di TGF e/o di EGFR è stata osservata nella maggior parte dei tumori umani ed è associata ad una prognosi peggiore e, in alcuni casi, a resistenza alla radioterapia, alla chemioterapia o all' ormonoterapia.Per tali motivi il blocco del pathway autocrino TGF-EGFR è stato proposto come un bersaglio terapeutico. Sono stati sviluppati diversi metodi farmacologici e biologici per bloccare l’attivazione e/o la funzione dell’EGFR nelle cellule tumorali. Anticorpi monoclonali che bloccano l’EGFR, proteine ricombinanti contenenti TGF o EGF legati a tossine ed inibitori selettivi dell’ attività tirosina chinasi dell’ EGFR sono stati caratterizzati per le loro proprietà biologiche e potenzialmente terapeutiche.Gli studi più promettenti come sviluppo clinico sono quelli che utilizzano anticorpi monoclonali per prevenire l’interazione con il ligando e piccole molecole che inibiscono l’attività enzimatica della tirosina chinasi impedendone la autofosforilazione e quindi inibendo la trasmissione del segnale intracellulare. Sono stati sviluppati numerosi anticorpi monoclonali che bloccano l’ EGFR. Tra questi il C225, un anticorpo monoclonale chimerico umano-murino, è stato il primo ad essere stato utilizzato in studi clinici di fase II e III in combinazione con la radioterapia. Inoltre, una serie di piccole molecole che inibiscono l’attività enzimatica della tirosina chinasi dell’ EGFR sono in fase di sviluppo. OSI-774 e ZD1839 (Iressa) sono attualmente utilizzati rispettivamente in studi di fase I e II. ZD1839, un derivato anilinico della quinazolina, somministrabile per via orale, ha mostrato una promettente attività antitumorale sia in vitro che in vivo. Risultati preliminari di uno studio di fase I in pazienti con malattia avanzata dimostrano che ZD1839 possiede un profilo di tollerabilità accettabile ed una promettente efficacia clinica in pazienti affetti da diverse neoplasie.Il C225 lega l' EGFR con una elevata affinità ed è capace di bloccare l'autofosforilazione dell'EGFR in linee cellulari in vitro. Studi in vitro dimostrano che il C225 induce una dimerizzazione ed internalizzazione dell'EGFR. Perciò, rimuovendo l'EGFR dalla superficie delle cellule si può incrementare l'effetto inibitorio di questo anticorpo. Il C225, inoltre, interferisce con il ciclo cellulare arrestando le cellule nella fase G1. In vivo, inibisce significativamente la crescita di cellule di carcinomi della prostata, del rene e del colon-retto e questo effetto è generalmente accompagnato da un incremento significativo della sopravvivenza dei topi nudi. Studi che hanno utilizzato topi nudi inoculati per via sottocutanea con cellule tumorali umane hanno dimostrato che C225 inibisce l'angiogenesi tumore-indotta. Questo è probabilmente dovuto alla ridotta espressione tumorale di alcuni fattori angiogenetici come il TGF, il vascular endothelial growth factor (VEGF), l' interleuchina-8 (IL-8) ed il basic fibroblast growth factor (bFGF).In uno studio da noi condotto è stato dimostrato che il trattamento con il C225 potenzia l'effetto citotossico delle radiazioni ionizzanti in linee cellulari umane di tumore del colon e dell'ovaio che esprimono EGFR. L'effetto di inibizione della crescita in vitro è accompagnato da un evidente incremento nell'attività antitumorale in vivo, il che dimostra che il blocco dell'EGFR permette di superare i segnali di sopravvivenza indotti dal trattamento con le radiazioni ionizzanti. Questi dati sono in accordo e completano quelli di alcuni recenti studi che hanno valutato gli effetti del C225 sulla radiosensitività di linee cellulari umane di carcinoma squamoso della testa-collo e di carcinoma epidermoide umano. Inoltre, il nostro studio ha anche

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valutato l’ effetto del blocco combinato di EGFR, radioterapia e della proteina kinasi cAMP-dipendente (PKAI). Nel 50% dei topi inoculati con cellule GEO (colon) ed OVCAR-3 (ovaio) e trattati con radioterapia (40 Gy) seguita da trattamento con C225 ed un inibitore selettivo di PKAI (oligonucleotide antisenso PKAI) si è ottenuta una eradicazione del tumore. L’ anticorpo monoclonale C225 è in fase di sviluppo clinico in studi di fase II-III da solo ed in combinazione con farmaci citotossici o con la radioterapia. A tale riguardo, uno studio pilota condotto da Ezekiel e colleghi ha dimostrato una notevole attività antitumorale del C225 in combinazione con la radioterapia (70 Gy) in pazienti affetti da neoplasia del distretto cervico facciale (III-IV stadio). 13 pazienti trattati su 15 hanno ottenuto una risposta completa e 2 una risposta parziale. Questa percentuale del 100% di risposte è significativamente più alta rispetto al 30-45% ottenuto con la sola radioterapia. La durata della risposta è stata variabile da 12 a 32 mesi e la tossicità assolutamente accettabile e, comunque, nettamente inferiore a quella dei trattamenti combinati radio-chemioterapici.ZD1839 determina una inibizione della crescita tumorale di tipo citostatico in numerose linee cellulari che esprimono EGFR come tumori di prostata, mammella, ovaio, colon, e polmone. Inoltre, il trattamento con ZD1839 determina un aumento dell'apoptosi in vitro .Come C225, anche ZD1839 determina un arresto delle cellule nella fase G1 del ciclo cellulare. Sono stati riportati dati preliminari di uno studio sulla combinazione di ZD1839 e radioterapia. Il trattamento con ZD1839 mostra un effetto additivo e/o sinergistico nell' inibire la crescita tumorale quando associato alle radiazioni ionizzanti in diverse linee cellulari umane di NCSLC in vitro. Williams e colleghi hanno dimostrato che ZD1839 aumenta l'efficacia della radioterapia nelle cellule LoVo di carcinoma del colon umano. In questo studio l'effetto terapeutico additivo del trattamento combinato era simile a quello ottenuto con una dose di radiazioni 1.6 volte più alta .Clinicamente questa combinazione può, quindi, permettere sia di somministrare dosi inferiori di radioterapia sia di ottenere un migliore risultato terapeutico.Analoghi risultati a quelli da noi ottenuti con l'utilizzo di Mab C225 in termini di inibizione della crescita tumorale, induzione dell'apoptosi e riduzione dell'angiogenesi sono stati ottenuti da uno studioancora in corso nella nostra istituzione con ZD1839 in cellule di colon-retto, ovaio, mammella e polmone sia in vitro che in vivo.Quindi, in conclusione, possiamo dire che la possibilità di combinare i trattamenti antitumorali convenzionali, come la radioterapia o i farmaci citotossici, con molecole nuove che interferiscono selettivamente con importanti pathways che regolano la sopravvivenza, la proliferazione, l' invasione e la metastatizzazione della cellula tumorale è diventata di notevole interesse clinico. Questo potrebbe essere un promettente approccio terapeutico per numerose ragioni. Per prima cosa, poiché i bersagli cellulari di tali agenti ed i loro meccanismi d'azione sono diversi da quelli dei farmaci citotossici e delle radiazioni ionizzanti, è possibile la loro combinazione senza una potenziale cross-resistenza. In secondo luogo, le alterazioni nella espressione e/o nella'attività dei geni che regolano i segnali mitogenici possono non solo determinare direttamente alterazioni della crescita cellulare, ma possono anche influenzare la sensibilità della cellula tumorale alla radioterapia ed alla chemioterapia. A tale riguardo, l' iperespressione dell'EGFR è stata riscontrata, generalmente, in linee cellulari tumorali umane resistenti a diversi farmaci citotossici. Inoltre, le radiazioni ionizzanti inducono l'attivazione della tirosina chinasi dell' EGFR ed il rilascio del suo ligando specifico, il TGF. Per tali motivi, è stato ipotizzato che l' attivazione e l' iperespressione dell'EGFR possono essere un modo di sopravvivere al segnale apoptotico nelle cellule esposte alle radiazioni ionizzanti o ai farmaci citotossici. Infatti, è stato proposto che è possibile ottenere un aumento dell' attività antitumorale con il trattamento con le dosi massime tollerabili di farmaci citotossici o di radioterapia in combinazione con inibitori selettivi di pathways di traduzione del segnale, invece di incrementare le dosi dei chemioterapici o delle radiazioni a livelli estremamente tossici, che richiederebbero un supporto medico complesso per il paziente oncologico, come la reinfusione di cellule staminali ematopoietiche.

LA RADIOTERAPIA 3D CONFORMAZIONALE: INDICAZIONI CLINICHEV. Donato

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LA RADIOTERAPIA AD INTENSITÀ MODULATAM.Paiusco, M.Iori, G.BorasiServizio di Fisica Sanitaria, Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio EmiliaPresentato da: Marta Paiusco ([email protected])

La radioterapia ad intensità modulata (IMRT) viene definita come una forma avanzata di radioterapia conformata (3D-CRT). Essa utilizza un fascio radiante non uniforme determinato attraverso diverse possibili tecniche di ottimizzazione computerizzata. Il potenziale della IMRT si esprime nell’elevato grado di conformità della dose al target unitamente alla capacità di ottenere, rispetto ad altre tecniche, un maggior risparmio dei tessuti sani. Un trattamento IMRT è effettuato con un acceleratore dotato di Collimatore MultiLamellare (MLC) che può essere utilizzato in modalità statica o dinamica. In modalità statica le lamelle si muovono per modulare il fascio solo quando il fascio radiante è off, mentre, in modalità dinamica, le lamelle si muovono durante l’intero irraggiamento. La posizione delle lamelle è calcolata a partire dalla fluenza desiderata. Il problema centrale nella pianificazione IMRT è determinare i profili di fluenza, fisicamente erogabili, che forniscano una distribuzione di dose il più vicino possibile a quanto desiderato. La soluzione di questo problema avviene nel processo di pianificazione inversa in cui gli obiettivi clinici sono matematicamente espressi in una funzione obiettivo il cui minimo è ricercato nell’ottimizzazione computerizzata. Se facilmente si apprezza l’importante sviluppo tecnologico avvenuto in radioterapia grazie alla IMRT, non si deve trascurare il radicale cambiamento imposto, dalla complessità della tecnica, alla pratica radioterapica. L’elevato grado di conformità rende la definizione 3D dei volumi così critica da richiedere l’utilizzo di diverse tecniche di imaging, TAC e RMN, così come, quando indicato, l’uso di immagini funzionali (PET). La possibilità, inoltre, di un tumor-missing, durante l’erogazione della dose, impone un pesante uso di sistemi di controllo del set-up del paziente quali immagini portali. La pianificazione inversa richiede al medico di esprimere in modo chiaro e quantitativamente gli obiettivi del trattamento.In questo lavoro descriveremo il processo di ottimizzazione della dose, noto come pianificazione inversa, analizzando alcuni dei parametri utilizzati nella definizione matematica delle funzioni obiettivo. Particolare rilievo verrà dato all’ottimizzazione basata su criteri di dose e dose volume rappresentando, questo, lo standard esistente.Verranno brevemente descritte le diverse tecniche di erogazione IMRT con particolare attenzione alla tecnica dinamica, o “sliding window”, (DMLC), utilizzata presso il nostro Istituto. Saranno, inoltre, discusse alcune problematiche dosimetriche relative all’attivazione della IMRT . Come precedentemente descritto, la tecnica è caratterizzata da un elevato grado di complessità, da qui la necessità di un attento programma di assicurazione di qualità (QA): incoraggianti sono i risultati dei nostri controlli di dose e distribuzione di dose effettuati su 40 pazienti trattati sino ad ora. Parte della discussione affronterà alcune delle problematiche cliniche correlate all’uso di questa nuova tecnica.

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APPLICAZIONE DEI RADIOFARMACI IN RADIOTERAPIA, STATO DELL'ARTE E NUOVE PROSPETTIVEUlderico MazziDipartimento di Scienze farmaceutiche, Facoltà di Farmacia, Università di PadovaPresentato da Ulderico Mazzi ([email protected])

La radioterapia è a tutt’oggi utilizzata come ultima ratio nella cura o la regressione dei tumori.Il maggior inconveniente nell’applicazione radioterapica è la gravità degli effetti collaterali che impediscono l’ottimizzazione della sua efficacia.Gli effetti collaterali sono certamente dose dipendenti e pertanto possono essere ridotti abbattendo la quantità di attività a cui vengono esposti i tessuti e gli organi maggiormente dose dipendenti, quali i tessuti emopoietici, e gli altri organi ad alta riproduzione.La riduzione dell’attività distribuita in circolo può essere ottenuta in due maniere: (i) aumentando la percentuale di attività sul tumore e/o (ii) utilizzando radionuclidi ad emivita breve. Il primo fattore è in diretta dipendenza dal radiofarmaco, ovvero dalla sua affinità per le cellule cancerose e dal suo comportamento biologico in generale, il secondo fattore dipende dalla ricerca e produzione di radionuclidi con proprietà nucleari adattabili alle singole applicazioni radioterapeutiche.In relazione al primo fattore, la riduzione degli effetti collaterali può essere ottenuta utilizzando quella tecnica di applicazione radioterapeutica che consenta la massima deposizione di attività sul tumore possibilmente soltanto per il tempo della sua azione; inoltre la riduzione dell’attività in circolo si può ottenere ottimizzando l’eliminazione biologica del radionuclide soprattutto per via renale.Verranno riportati i radiofarmaci finora in uso nella radioterapia dei tumori, i radionuclidi sino ad ora utilizzati allo scopo, le tecniche di maggior efficacia adottate per l’applicazione radioterapeutica, e le incoraggianti prospettive future nei diversi aspetti della terapia dei tumori.

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S4.1 - POSSIBILI MARKERS DI RADIOSENSIBILITÀ IN CELLULE TUMORALI IN COLTURA E IN SFEROIDI MULTICELLULARI: SEGNALI DA METABOLITI SOLUBILI ESAMINATI CON SRM IN ALTA RISOLUZIONEAnna Maria Luciania, Sveva Grandea, Antonella Rosia, Vincenza Vitia, Laura Guidonia

aLaboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità ed INFN (RM1), RomaPresentato da Laura Guidoni ([email protected])

Scopo del presente lavoro è l'individuazione di segnali di 1H SMR provenienti da cellule tumorali in coltura i cui parametri di RMN risultino modulati in seguito ad irraggiamento con radiazioni ionizzanti e confrontarli con gli stessi segnali provenienti da sferoidi multicellulari I sistemi esaminati sono cellule HeLa, cellule MCFT e sferoidi da cellule MCF7. I campioni erano stati trattati con una singola dose acuta di 40 Gy di radiazione gamma ed esaminati a diversi intervalli di tempo dall’irraggiamento. Sono in corso anche esperimenti che utilizzano gli stessi sistemi, ma irraggiati con fasci protonici.Abbiamo esaminato il segnale del glutatione a vari tempi dopo l’irraggiamento osservando che tale segnale poiché il glutatione viene influenzato dalla upregulatione e dalla downregulation degli enzimi che regolano il suo ciclo. I tempi in cui prevale uno o l’altro dei due fenomeni dipende principalmente dalla linea cellulare esaminata, ma anche dallo stato delle cellule (cellule in coltura o sferoidi).Abbiamo esaminato anche i precursori lipidici fosforilcolina (PC), glicerofosforilcolina (GPC) e colina (Cho) che permettono di evidenziare gli effetti dell’irraggiamento sia a livello del metabolismo che del catabolismo lipidico. Si può osservare che il catabolismo lipidico risulta fortemente stimolato a seguito dell’irraggiamento. Sono state inoltre rilevate modificazioni nelle intensità dei segnali derivanti dalle catene di acidi grassi attribuite ai trigliceridi, che risultano più elevate nei campioni irraggiati rispetto ai controlli, sia nelle cellule che negli sferoidi osservati in alta risoluzione. In concomitanza con questa osservazione sul sistema intatto, abbiamo trovato differenze significative nella concentrazione dei trigliceridi nei lipidi totali estratti dai sistemi irraggiati, suggerendo che le variazioni osservate siano originate da differenze di concentrazione e non da una diversa distribuzione dei trigliceridi nei diversi compartimenti cellulari.

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S4.2 - CRESCITA IN GEL DI COLLAGENE: UN MODELLO IN VITRO PER LO STUDIO DELLA RISPOSTA CELLULARE ALLE RADIAZIONI Lorenzo Rossi, Renzo CorvòIstituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro e Dipartimento di Oncologia, Biologia e genetica, Università di Genova (L.R.)Presentato da Lorenzo Rossi ([email protected])

Le probabilità di successo in radioterapia tumorale dipendono dalla plasticità delle cellule maligne, che possono rispondere allo stress fisico favorendo l'emergere di cloni cellulari radioresistenti, altamente maligni e aggressivi. I fattori coinvolti in questo processo sono molteplici e solo parzialmente conosciuti. In anni recenti è emerso un quadro più preciso della cancerogenesi in quanto da una visione che attribuiva allo stroma tumorale un ruolo marginale o neutro nella progressione neoplastica, si è passati ad un apprezzamento più realistico delle sue funzioni come regolatore generico dell'omeostasi epiteliale durante l'embriogenesi e nella vita adulta, inclusi gli epiteli tumorali. Pertanto, nel caso di trattamento radioterapico inefficace, la grave compromissione della componente stromale in seno al tumore potrebbe essere una causa primaria del fallimento della terapia. In questo contesto non è ancora chiaro il ruolo svolto dalle cellule stromali, ed in particolare dai fibroblasti e dalle cellule endoteliali, nel modulare la radiosensibilità delle cellule epiteliali maligne. Per affrontare questo aspetto della cancerogenesi, abbiamo iniziato una serie di studi per valutare l'effetto delle radiazioni sulle cellule HSCO86, una linea isolata da un carcinoma squamoso orofaringeo umano postirradiato, in presenza o assenza di cellule HSF (fibroblasti neonatali) o cellule HECV (human umbilical endothelial cells), cresciute come co-colture in gel di collagene. Il modello è stato adattato all'esigenza di valutare gli effetti dovuti a fattori solubili rispetto agli effetti dovuti al contatto diretto cellula-cellula. Questa distinzione può essere importante, non solo per facilitare la caratterizzazione dei fattori coinvolti, ma anche per discriminare sottopopolazioni di cellule maligne in grado di interagire con le cellule stromali. Dai risultati complessivi emerge che l'effetto delle radiazioni sulle cellule HSCO varia con le condizioni microambientali determinate dalle cellule stromali presenti. In presenza delle cellule HSF le radiazioni sembrano inefficaci, mentre diventano altamente tossiche quando le cellule HSCO sono sotto l'influenza delle cellule HECV. Pertanto i risultati ottenuti con il nostro modello, anche se preliminari, tendono ad attribuire un ruolo importante alle cellule endoteliali, nel senso che la loro presenza aumenta invece che diminuire, la radiosensibilità delle cellule HSCO. Se confermati con altre linee cellulari, questi dati metterebbero in discussione l'attuale tendenza ad associare la radioterapia con i trattamenti antiangiogenici, almeno per quanto riguarda i tumori squamocellulari di testa e collo.

Ricerca finanziata in parte dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Genova.

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S4P.1 - L’ADENOVIRUS A REPLICAZIONE SELETTIVA ONYX-015 POTENZIA LA CITOTOSSICITÀ DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI IN LINEE CELLULARI UMANE DI CARCINOMA ANAPLASTICO DELLA TIROIDERoberto Pacelli1, Silvana Libertini2, Laura Cella1, Gustavo Canale Cama3, Giuseppe Portella2 e Alfredo Fusco2

1 Istituto di Biostrutture e Bioimmagini C.N.R2 Dipartimento di Biologia e Patologia Cellulare e Molecolare3 Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radioterapia, Università Federico II, NapoliPresentato da Roberto Pacelli ([email protected])

Introduzione: Il carcinoma anaplastico della tiroide è una neoplasia caratterizzata da un comportamento clinico estremamente aggressivo e da resistenza a trattamenti convenzionali quali radio e/o chemioterapia. Una caratteristica costante di questo tumore è l’inattivazione della funzione di p53. ONYX-015 è un adenovirus contenente una mutazione genomica che teoricamente gli permette di replicare ed indurre citolisi solo in cellule che mancano di una p53 funzionante. ONYX-015 induce apoptosi e potenzia la citotossicità del paclitaxel e della doxorubicina in linee cellulari umane di carcinoma anaplastico della tiroide.Scopo: Valutazione dell’impatto del trattamento con ONYX-015 sulla tossicità indotta dalle radiazioni ionizzanti in sei linee cellulari umane di carcinoma anaplastico della tiroide.Materiali e metodi: Kat4, Aro, Fro, Kat18, 850-C and Kal-62 sono le sei linee cellulari umane di carcinoma anaplastico della tiroide testate nello studio.Le cellule erano esposte per 24 ore a una concentrazione di 0.5 o 1 plaque forming unit (PFU)/cellula di ONYX-015 e successivamente irradiate con dosi di 2, 4 e 6 Gy erogate con raggi X da 6 MV di energia dell’acceleratore lineare. La tossicità veniva valutata con la colorazione con sulforodamina per la citotossicità (sulphorodamine cytotoxicity assay) e con la colorazione delle colonie per la capacità clonogenica (clonogenic assay). Risultati: In tutte le linee cellulari valutate la tossicità delle radiazioni ionizzanti era potenziata dal pretrattamento con ONYX-015. L’effetto risultava additivo in alcune e sinergico in altre. Conclusioni: I risultati suggeriscono che l’adenovirus ONYX-015 in combinazione con il trattamento radioterapico potrebbe essere una utile strategia terapeutica in pazienti con carcinoma anaplastico della tiroide. Ulteriori esperimenti in modelli animali sono in corso per confermare in vivo i risultati di questo studio in vitro.

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S4P.2 - DOSI ASSORBITE IN TERAPIA PER CATTURA NEUTRONICA. MISURE 3D DELLE SINGOLE COMPONENTI Cristina Colombi1,2, Michele Fiocca1, Grazia Gambarini1,2, Luciana Pirola1, Orlando Fiorani3, Antonio Perrone3, Giancarlo Rosi3

1 Università degli Studi di Milano2 INFN3 FIS-ION, ENEAPresentato da Cristina Colombi ([email protected])

Nella terapia per cattura neutronica (NCT) è di fondamentale importanza la valutazione precisa della dose assorbita, separando i contributi delle varie componenti che hanno diverso effetto biologico. La dose terapeutica è dovuta alla radiazione secondaria generata dalle reazioni dei neutroni termici con opportuni isotopi precedentemente accumulati nel tessuto tumorale in modo selettivo, come il 10B (BNCT) o il 157Gd. E importante valutare anche la distribuzione spaziale della dose in tessuto sano, perché è quella che determina la massima fluenza ammessa per la terapia. E stato sviluppato un metodo per eseguire immagini e profili di dose assorbita, separando i vari contributi, basato su dosimetri a gel radiocromico (Fricke-gel con incorporato Xylenol Orange) analizzati mediante imaging di assorbanza di luce visibile. E anche stato studiato un metodo per eseguire mappature delle varie componenti della dose assorbita mediante dosimetri a termoluminescenza (TLD) e sono stati confrontati, per ciascuna componente della dose assorbita, i risultati ottenuti con i due metodi. Laccordo si è dimostrato buono, confermando la validità dei metodi. In figura 1 è mostrato un esempio di profili di dose misurati con i dosimetri a gel.

Figura 1- Profili di dose assorbita in un irraggiamento BNCT.

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0

0.04

0.08

0.12

0.16

0 4 8 12Profondità (cm)

Dos

e R

ate

(Gy/

min

) Neutroni Termici (Azoto)Protoni di Rinculo FotoniBoro (35 ppm)Totale al tessuto NormaleTotale al Tumore

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S4P.3 - BIODOSIMETRIA DI PAZIENTI CON TUMORE ALLA MAMMELLA DURANTE IL TRATTAMENTO RADIOTERAPICOValentina d’Alesio1, Marco Durante1, Giancarlo Gialanella1, Gianfranco Grossi1, Mariagabriella Pugliese1, Ilaria Sardi1, Paola Scampoli1, Gustavo Canale Cama2, Laura Cella2, Roberto Pacelli2, Giorgio Punzo2

1 Dipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II, Napoli2 Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università Federico II, NapoliPresentato da Valentina d’Alesio ([email protected])

La misurazione delle aberrazioni cromosomiche nei linfociti del sangue periferico rappresenta una delle tecniche di dosimetria biologica per la valutazione dei danni indotti dalle radiazioni ionizzanti.La radioterapia utilizza le radiazioni ionizzanti con l’obiettivo di distruggere il tumore primario, cercando di indurre il minor danno possibile al tessuto sano e agli organi circostanti. A tal fine dosi molto elevate di radiazione vengono somministrate in modo frazionato nella sola regione tumorale. Peraltro, la risposta individuale al trattamento presenta una notevole variabilità individuale: alcuni pazienti tollerano bene il trattamento, mentre per altri l’incidenza di effetti collaterali (morbilità) è tale da forzare l’interruzione del trattamento.Uno degli scopi principali della moderna radiobiologia è di trovare tecniche in grado di prevedere la risposta individuale al trattamento radioterapeutico. La misura delle aberrazioni cromosomiche nei linfociti del sangue periferico dei pazienti durante il trattamento può essere un utile indicatore della risposta individuale alla radioterapia. In pratica, il danno citogenetico ai linfociti può essere usato come indicatore della gravità di effetti collaterali e fornire eventuali indicazioni sulla personalizzazione del trattamento. Inoltre le aberrazioni cromosomiche forniscono un rivelatore di rischi stocastici tardivi dovuti all’esposizione radiogena (tumori secondari).La patologia selezionata in questo studio è quella del tumore alla mammella; il trattamento radiante, al quale le pazienti sono soggette, prevede irraggiamenti localizzati nella zona del letto tumorale con raggi X da 6 MeV di 2 Gy/die per un totale di 25 frazioni (50Gy).La tecnica utilizzata per l’analisi delle aberrazioni è quella della condensazione prematura dei cromosomi (PCC) combinata con l’ibridizzazione in situ in fluorescenza (FISH). Tale metodo consente di misurare le aberrazioni cromosomiche in modo indipendente dalle alterazioni del ciclo cellulare indotto dall’esposizione parziale, caratteristica del trattamento radioterapeutico.I risultati ottenuti indicano che l’andamento della frazione di aberrazioni in funzione della dose somministrata al tumore è di tipo crescente e presenta una notevole variabilità inter-paziente. Tale variabilità sembra suggerire che le aberrazioni riscontrate nei casi di tumore alla mammella durante il trattamento radioterapeutico siano dipendenti dal numero di linfonodi esposti all’interno del volume bersaglio. Sono stati osservati un basso numero di scambi complessi e un basso grado di morbilità, a conferma dell’ipotesi che gli effetti collaterali sono principalmente associati agli scambi complessi.

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S4P.4 - L’ANALISI PER ATTIVAZIONE NEUTRONICA APPLICATA ALLO STUDIO DEL MORBO DI PARKINSON PER LA DETERMINAZIONE DI METALLI A LIVELLO DI ULTRATRACCIA IN CAMPIONI DI NEUROMELANINA E DI TESSUTO CEREBRALEE. Rizzio1, L. Zecca2, G. Giaveri1, L. Bergamaschi1 e M. Gallorini1

1 CNR- URS Unità di Radiochimica e Spettroscopia dell’Istituto di Metrologia G.Colonnetti di Torino, c/o Università di Pavia2 CNR Istituto Tecnologie Biomediche Avanzate, Segrate (Milano)Presentato da Enrico Rizzio ([email protected])

Lo sviluppo di un metodo controllato per la determinazioni di metalli, e in particolare del ferro, in tessuti e neuromelanine è un importante passo in avanti verso la comprensione della patogenesi del Morbo di Parkinson. In passato si sono ottenuti ampi intervalli di valori di concentrazione del ferro nella Substantia Nigra, tra 48 e 360 g/g sul tessuto umido, mentre oggi la maggior parte degli studi indicano valori compresi di circa 100-200 g/g in soggetti normali. Al contrario non c'è ancora accordo sulle concentrazioni di ferro nei soggetti parkinsoniani. Alcuni autori hanno infatti notato un incremento, altri non sono d'accordo. Altri studi hanno denunciato una maggiore incidenza del Morbo di Parkinson in lavoratori cronicamente esposti ai metalli. E' quindi importante misurare le concentrazioni di molti fra questi elementi, oltre a quelle del ferro. E' altresì importante la determinazione di questi metalli nelle neuromelanine, per meglio comprenderne sia il ruolo fisiologico che quello giocato nell'accumulo dei metalli in tracce nei tessuti cerebrali. In particolare, i campioni di neuromelanina, isolata dai rispettivi tessuti cerebrali, sono dell’ordine di frazioni di milligrammi rendendo molto critiche le corrette modalità di analisi. Basti solamente considerare i fattori preanalitici con i relativi rischi di contaminazione. In questo lavoro viene presentato il contributo che la tecnica di analisi per attivazione neutronica può fornire in questo tipo di determinazioni sia a livello di sensibilità che di precisione e accuratezza.

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S4P.5 - RADIOTERAPIA INTERSTIZIALE: STUDIO DI FATTIBILITÀ CON RAGGI X GENERATI DA FASCI DI ELETTRONI PRODOTTI DA APPARECCHIATURE TIPO PLASMA FOCUSAgostino Tartari, Andrea Da Re, Ergisto AngeliDipartimento di Fisica, Università di FerraraPresentato da Agostino Tartari ([email protected])

Durante l’implosione “pinch” in un Plasma Focus (PF) Mather con anodo cavo, vengono prodotti elettroni relativistici in fasci con piccola divergenza chiamati REB (Relativistic Electron Beam). Questi fasci possono essere immessi in guide lineari del diametro di qualche millimetro e lunghezza di qualche decina di centimetri. La proposta di fattibilità riguarda la collisione degli elettroni con una targhetta posta alla fine della guida e conseguente produzione di raggi X caratteristici e di frenamento. La dose, perciò, può essere impartita in una sfera di tessuto circostante il cui diametro è funzione dell’energia dei raggi X prodotti. Il fascio di elettroni prodotto da queste apparecchiature è caratterizzato da un’alta intensità di emissione della durata di 20-30 ns. Il prototipo, attualmente in uso presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Ferrara, consiste in un PF da 7 kJ, 20 cm di diametro e 30 cm di lunghezza. Alla fine della struttura che supporta l’anodo cavo centrale è posta una guida che definisce uno spot di elettroni di circa 5 mm su una traghetta posta a 20 cm di distanza dal pinch. In tal modo si dispone di una sonda di lunghezza utile 10 cm e diametro esterno di 6 mm.I primi risultati mostrano che gli spettri di energia dei fotoni prodotti consistono maggiormente di raggi X caratteristici L e K. Questa radiazione caratteristica è sovrimposta ad un background continuo di radiazione di frenamento il cui intervallo energetico si estende per alcune decine di keV.Tenuto conto della possibilità di disporre di una ripetizione dell’impulso dell’ordine di parecchi hertz, la presente proposta può risultare di interesse dato che: 1) si dispone di un alto dose rate e frazionamento ; 2) la dose è impartita in una piccola sfera di tessuto sovrastante il sito della targhetta.

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S4P.6 - TRATTAMENTO PREOPERATORIO NEL CARCINOMA DEL RETTO: SIGNIFICATO PREDITTIVO DI P53 E DI PCNA Cristiana Vidali1, Clara Rizzardi2, Mauro Melato2, Aulo Beorchia1

1S.C. Radioterapia, Azienda Ospedaliera Trieste2Polo di Citofluorimetria, Università di TriestePresentato da Cristiana Vidali ([email protected])

In questo studio retrospettivo è stato esaminato il valore predittivo dell’espressione dell’antigene PCNA e della proteina p53 (mutata) in 44 casi di adenocarcinoma del retto localmente avanzato(M/F: 29/15; età mediana: 70.6 anni), sottoposti a radioterapia (RT) preoperatoria o a RT preoperatoria + chemioterapia (CT) concomitante a Trieste nel periodo compreso tra luglio 1993 e marzo 1999. L’analisi è stata compiuta sulle biopsie iniziali dei 44 pazienti mediante la citometria a flusso. Nel Gruppo 1 (24/44 casi) è stata eseguita RT preoperatoria (dose totale 40 Gy-20 fr.); nel Gruppo 2 (20/44 casi) RT preoperatoria+CT concomitante (RT dose totale: 45 Gy-25fr.; CT 5-Fluorouracile 350 mg/mq/die+Acido Folinico 10 mg/mq/die in bolo, nei giorni 1-5 e 29-33 della RT). I due gruppi presentavano caratteristiche generali omogenee.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico 4-8 settimane dopo la fine della RT. Nel Gruppo 1, 14 pazienti sono stati sottoposti a resezione anteriore e 10 ad amputazione addomino-perineale sec. Miles; nel Gruppo 2, 13 a resezione anteriore e 7 a Miles. L’espressione di PCNA e di p53 è stata correlata (metodo statistico SPSS) con il downstaging e con l’entità della regressione istologica della neoplasia, al momento dell’intervento chirurgico.L’espressione della proteina p53 mutata è risultata inversamente correlata con la risposta al trattamento preoperatorio, con un valore statisticamente significativo nel Gruppo 2 (p = 0.02); l’antigene PCNA ha mostrato un significato predittivo solo marginale, sia in termini di downstaging che di entità della regressione istologica (p = 0.06 e p = 0.1, rispettivamente).L’analisi successiva, che stiamo ora conducendo, è mirata a valutare la correlazione di questi due parametri (PCNA e p53) con il controllo locale della neoplasia e con la sopravvivenza libera da malattia, nei due gruppi di pazienti esaminati.

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S4P.7 - EFFETTI DEL CONTROLLO LOCALE DEL TUMORE E SOPRAVVIVENZA NEL MELANOMA OCULAREStefania Donadio1, Ubaldo Garibaldi2, Daniele Grosso1, Barbara Mascialino1, Carlo Mosci3, Maria Antonietta Penco1, Sandro Squarcia1, Paolo Viarengo1, 1 Fisica Sanitaria e Statistica Medica - Dipartimento di Fisica di Genova 2 C.N.R. c/o Dipartimento di Fisica - Università degli Studi di Genova3 Divisione Oculistica Ospedale Celesia ASL 3, GenovaPresentato da Sandro Squarcia ([email protected])

Nell’ambito della collaborazione con il Gruppo di Oncologia Oculare di Genova vengono presentati i risultati statistici dei primi dieci anni di trattamento di casi di melanoma oculare mediante radioterapia con protoni. Il campione è composto da 187 pazienti, di cui il 48.1% uomini ed il 51.9% donne, provenienti da tutta Italia ed aventi un’età media pari a 60.5 mesi con deviazione standard 5.5. Tutti i trattamenti con protoni sono stati effettuati a partire dal 1991 presso il Centro Antoine Lacassagne di Nizza (Francia). La nostra statistica comprende 7 casi aventi una stadiazione tumorale T1, 52 casi T2 e 128 casi T3. La regressione neoplastica e lo stato dei pazienti sono seguiti con visite periodiche di follow-up, il cui tempo medio è di 27 mesi. A questa data solo il 18% dei pazienti T1/T2 ed il 29% di quelli T3 non ha sviluppato complicanze attribuibili al piano di trattamento. Per entrambi i gruppi le complicanze più comuni sono la maculopatia, la cataratta e la papillopatia. Mediante l’utilizzo di questa terapia è stato ottenuto un controllo locale del tumore pari al 96.8% dei casi con conservazione dell’occhio nel 94.1% dei casi. Solo undici pazienti, infatti, hanno in seguito subito enucleazione del globo oculare. Sedici pazienti (8.6%) hanno sviluppato impianti secondari del tumore con sede principale il fegato ed in conseguenza di questa fioritura metastatica undici (5.9%) sono morti.La stima della sopravvivenza dell’intero campione è stata effettuata mediante l’integrazione di due diverse tecniche: quella dello stimatore standard di Kaplan-Meier (probabilità di sopravvivenza a 27 mesi dal trattamento del 92.7% ed a 72 mesi del 80.7%) ed un metodo non- parametrico Bayesiano, in cui la distribuzione empirica viene accoppiata con una distribuzione a priori che descrive le informazioni iniziali. Questo metodo è in parte nuovo, ed è basato sull’aggiunta di pesi teorici a quelli empirici nel calcolo dei rischi in ogni intervallo.

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S4P.8 - INFLUENZA DELL’INTERVALLO DI TEMPO TRA CHIRURGIA E RADIOTERAPIA SULLA RICRESCITA TUMORALE IN UN MODELLO SPERIMENTALE MURINOAnna Cividalli1, Giovanni Creton2, Francesca Ceciarelli1, Donatella Tirindelli Danesi1, Marcello Benassi3

1 Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, ENEA C.R. Casaccia, Roma2 Dipartimento di Radioterapia, Clinica Villa Flaminia, Roma3 Divisione di Fisica Medica, Istituto Tumori Regina Elena, Roma Presentato da Donatella Tirindelli Danesi ([email protected])

Alcuni studi clinici sembrano indicare che, aumentando l’intervallo di tempo tra escissione chirurgica e radioterapia, il numero delle cellule tumorali residue aumenta con conseguente diminuzione della percentuale di controllo locale. Per tali motivi, la radioterapia intraoperatoria (IORT) è stata proposta come terapia adiuvante dopo resezione chirurgica Allo scopo di valutare l’influenza dell’intervallo di tempo fra l’inoculo di un carcinoma mammario murino ed il trattamento radiante sul controllo locale e la ricrescita dopo escissione chirurgica, abbiamo effettuato due tipi di esperimenti in topi C3D2F1 inoculati nel piede o nella coscia.1°esperimento: Tumore in piede (210 topi). End point: Tumour Control Dose (TCD). Radiazioni in dose singola (RT) sono state somministrate in tempi diversi dopo l’inoculo delle cellule tumorali (giorno 1). I topi sono stati randomizzati nei seguenti gruppi: 1° gruppo controllo non irradiato, 2 ° gruppo RT giorno 2 ( volume tumorale < 50mmc, dosi di raggi X 3-40 Gy), 3 ° gruppo RT giorno 7 (volume tumorale > 50mmc, dosi di raggi X 15-55 Gy), 4° gruppo RT giorno 12 (volume tumorale > 150mmc, dosi di raggi X 40-65 Gy). TCD50 è stato 29+/-2.1 Gy nel 2° gruppo, 52.5+/-2.9 Gy nel 3° e 61.9+/-2.4 Gy nel 4° gruppo. 2° esperimento: Tumore in coscia (60 topi). End point: percentuale di ricrescita tumorale. I topi sono stati randomizzati in tre gruppi: 1°controllo, 2° gruppo escissione chirurgica del tumore macroscopico tra 7 e 9 giorni dall’inoculo, 3° gruppo come il precedente + RT 30 Gy a 24 ore dall’escissione. La dose di radiazioni è stata scelta sulla base della TCD50 osservata nel primo esperimento in topi con malattia subclinica. Nel gruppo di controllo abbiamo osservato la crescita tumorale in tutti i topi. Nel gruppo con sola escissione chirurgica la ricrescita tumorale si è osservata nell’ 85% dei topi, mentre nel gruppo chirurgia + RT la ricrescita tumorale è stata evidente solo nel 33% dei casi. Questi dati preliminari indicano che la dose di radiazioni capace di sterilizzare il 50% dei tumori aumenta con l’intervallo di tempo fra inoculo delle cellule tumorali e RT e che le cellule tumorali residue dopo chirurgia possono essere distrutte con una dose moderata di radiazioni in dose singola. Un breve intervallo di tempo tra chirurgia e radioterapia potrebbe aumentare la probabilità di controllo locale anche a dosi non elevate di radiazioni, con conseguente risparmio di danno ai tessuti sani, confermando il razionale della IORT.

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S4P.9 - IMRT: VALUTAZIONE DELLA SENSIBILITÀ DEL PROCESSO DI OTTIMIZZAZIONE B. Caccia1, P. Del Giudice1, M.Mattia1, S. Marzi2 e M. Benassi2

1 Laboratorio di Fisica - Istituto Superiore di Sanità Viale Regina Elena, 299 00161 Roma2 Laboratorio di Fisica Medica e Sistemi Esperti del Centro Ricerca Sperimentale - Istituto Regina Elena - Via delle Messi d'Oro, 156 00158 Roma Presentato da Barbara Caccia ([email protected])

La radioterapia con fasci ad intensità modulata (Intensity Modulated Radiation Therapy - IMRT) consente una buona conformazione del rilascio di dose al volume tumorale, preservando i tessuti sani. La complessità del piano di cura IMRT, rispetto alle tecniche tradizionali, è tale da richiedere un sistema di ottimizzazione che, attraverso l'utilizzo di tecniche iterative standad (come la discesa del gradiente o ad esempio il simulated annealing), consentono di determinare la modulazione del fascio necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo.Per raggiungere questo obiettivo è necessario definire dei criteri per determinare il numero di iterazioni che dia il miglior rapporto tra costo computazionale e bontà del risultato ottenuto. Ciò introduce un'incertezza nella minimizzazione della funzione costo studiata nel processo di ottimizazione che, aggiunta alla non linearità della funzione stessa, rende la soluzione del problema dell'ottimizzazione fortemente dipendente dalle condizioni iniziali scelte. Ne consegue che il rsultato del processo di ottimizzazione ha una distribuzione, spesso complicata, di possibili soluzioni. Il problema può essere affrontato sotto diversi aspetti: TCP e NTCP possono essere utilizzati per valutare i diversi effetti biologici dovuti alla molteplicità delle soluzioni trovate; oppure è possibile valutare i diversi minimi della funzione costo in termini fisici, "misurando" la distanza in termini di dose tra i diversi minimi ottenuti. Una ulteriore modalità di approccio è il tentativo di valutare la molteplicità delle soluzioni trovate rispetto all'incertezza associata all'utilizzo del Multi-Leaf Collimator (MLC) nel sistema di controllo e movimento delle lamelle che determinano il profilo del fascio. I risultati ottenuti finora mostrano che l'errore dovuto all'implementazione attraverso un MLC è comparabile con le differenze dovute ai diversi minimi trovati, quindi si può ritenere che il processo di ottimizzazione seguito sia abbastanza robusto verso i possibili minimi locali, permettendo quindi un approccio computazionale semplificato.

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S5 – Dosimetria e apparati d’esposizione

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Relazione su invitoL'esperimento SUE: allestimento di una linea di fasci monocromatici UV-banda B da luce di sincrotrone per irraggiamento di linee cellulari – E. Burattini

Comunicazioni oraliS5.1 Apparato da irraggiamento a singolo ione per studi radiobiologici di singolo evento presso i

Laboratori Nazionali di Legnaro – INFN – R.. Cherubini, G. Galeazzi, S. Gerardi S5.2 Formazione di difetti in transistori bipolari mediante irraggiamento con elettroni d’alta

energia: effetto dell’energia della radiazione – P. Fuochi, M. Lavalle, U. Corda, G. Lulli, E. Gombia, A. Patti

S5.3 Progetto e realizzazione di un sistema di esposizione a radiofrequenza (900 MHz) per studi sperimentali con modalità a doppio cieco automatizzata - R. Pinto, P. Olla, S. Ciattoni, G. A. Lovisolo

S5.4 Livello di azione e azioni di rimedio nello stabilimento balneo-termale militare di Ischia - G. Gremigni, A. Boschi

Poster

S5P.1 Spettroscopia Mössbauer e dosimetria delle radiazioni ionizzanti - G. Pedrazzi, S. Vaccari, E. Papotti

S5P.2 Caratterizzazione delle camere a ionizzazione basate sull’impiego degli elettreti per la valutazione della componente gamma del fondo ambientale e per la misura della concentrazione di radon - M. Caresana, L. Garlati

S5P.3 Determinazione, mediante scintillazione liquida, delle impurezze di 125I nei radiofarmaci marcati con 123I: sensibilità del metodo - F. Groppi, M. Bonardi, C. Birattari, L. Gini, A. Ghioni, H. S. C. Mainardi, G. Ballarini

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L'ESPERIMENTO SUE: ALLESTIMENTO DI UNA LINEA DI FASCI MONOCROMATICI UV-BANDA B DA LUCE DI SINCROTRONE PER IRRAGGIAMENTO DI LINEE CELLULARI Emilio BurattiniDipartimento Scientifico e Tecnologico, Università di Verona e Laboratori Nazionali di Frascati - INFNPresentato da Emilio Burattini ([email protected])

L'incremento dell'irradianza della radiazione UVB solare (280-320 nm) sulla superficie terrestre in seguito alla riduzione dell'ozono stratosferico ha un impatto potenzialmente significativo sull'incidenza di tumori della pelle nell'uomo. Scopo dell'esperimento SUE (Solar Ultra-violet Effects) è la determinazione di vari effetti biologici (morte cellulare, induzione di micronuclei e trasformazione oncogena) indotti in cellule umane in coltura e nella loro progenie dalla banda B dell'ultravioletto. A questo scopo si è allestita una linea di fasci monocromatici da luce di sincrotrone, presso la facility DAFNE-Luce dei Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN in collaborazione con il Laboratorio di Radiobiologia del Dipartimento di Fisica di Milano e con l'Università di Verona.

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S5.1 - APPARATO DA IRRAGGIAMENTO A SINGOLO IONE PER STUDI RADIOBIOLOGICI DI SINGOLO EVENTO PRESSO I LABORATORI NAZIONALI DI LEGNARO – INFN Roberto Cherubini1, Giuseppe Galeazzi1,2, Silvia Gerardi1

1INFN-Laboratori Nazionali di Legnaro – Legnaro, Padova 2Dipartimento di Fisica – Università di PadovaPresentato da Silvia Gerardi ([email protected])

Tradizionalmente in radioprotezione le stime di rischio da esposizione a basse dosi di radiazioni ionizzanti derivano da dati sperimentali relativi alle alte dosi e dall’estrapolazione di tali dati alle basse dosi. Al fine di investigare gli effetti radiobiologici relativi alle basse dosi, si rende necessario l’uso di apparati che consentano un irraggiamento di tipo deterministico, cioè che coinvolga una singola cellula in un sito specifico, con un numero prestabilito di particelle, fino al limite di una particella per cellula. A tale scopo ai Laboratori Nazionali di Legnaro è stato sviluppato un apparato per la microcollimazione di fasci di ioni leggeri estratti in aria. Tale apparato è stato installato presso la linea di fascio di radiobiologia dell’acceleratore elettrostatico CN da 7MV. Sono state studiate diverse geometrie di microcollimatori tali da consentire di ottenere un fascio di 14m2 di sezione e di ridurre al massimo la diffusione multipla degli ioni sulla pareti interne del microcollimatore. La visualizzazione delle cellule avviene in modo semi-automatico attraverso un apparato basato su un microscopio ottico a contrasto di fase. Un sistema di acquisizione di immagini permette di registrare le coordinate X-Y di ogni cellula da irraggiare. Una coppia di traslatori micrometrici consente il posizionamento delle cellule sotto fascio con precisione e ripetibilità (unidirezionale) di 0.1m e la rivisitazione post-irraggiamento. Una CCD camera ad alta risoluzione e alta sensibilità, accoppiata ad uno scintillatore, è utilizzata per determinare la posizione spaziale del fascio microcollimato. Il sistema di rivelazione delle particelle in aria si basa su un rivelatore al silicio, posto dietro il campione biologico e usato come trigger di un deflettore elettrostatico del fascio, e su un rivelatore a tracce posto subito prima del campione e usato per confrontare il punto d’impatto delle particelle relativamente alla posizione delle cellule. In questo lavoro saranno presentati una descrizione completa dell’apparato, il protocollo di irraggiamento e i risultati preliminari ottenuti con tale apparato.

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S5.2 - FORMAZIONE DI DIFETTI IN TRANSISTORI BIPOLARI MEDIANTE IRRAGGIAMENTO CON ELETTRONI D’ALTA ENERGIA: EFFETTO DELL’ENERGIA DELLA RADIAZIONEPiergiorgio Fuochia, Marco Lavallea, Ugo Cordaa, Giorgio Lullib, Enos Gombiac, Alfonso Pattid

aCNR-ISOF, Via P. Gobetti 101, 40129 BolognabCNR-IMM, Via P. Gobetti 101, 40129 BolognacCNR-IMEM, Viale delle Scienze, 43100 ParmadST-Microelectronics, Stradale Primosole 50, 95121 CataniaPresentato da Piergiorgio Fuochi ([email protected])

Vengono riportati i risultati di uno studio sui difetti prodotti in transistori bipolari di potenza da fasci di elettroni di diversa energia; questi transistori bipolari sono stati studiati come posiibile dosimetri di routine da utilizzarsi nei processi industriali di irraggiamento[1]. Lo scopo di questo studio era l’analisi della formazione dei difetti in questi dispositivi in seguito ad irraggiamento con fasci di elettroni di diversa energia. Le energie utilizzate allo scopo erano comprese tra 1,2 e 9 MeV con dosi da 100 Gy fino a 25 kGy (2x1011 – 6x1013 e-/cm2). Il comportamento del parametro fisico T, legato al tempo di vita dei portatori di carica, e la concentrazione dei difetti sono stati studiati in funzione della dose e dell’energia degli elettroni. Misure di DLTS sono state effettuate sui dispositivi irraggiati per identificare i centri di ricombinazione introdotti con l’irraggiamento. I risultati sperimentali sono stati confrontati con quelli riportati in letteratura, tenendo conto del fatto che parte dell’energia del fascio di elettroni viene assorbita dalla basetta di rame in cui sono incapsulati i transistori.La dipendenza del tasso di generazione dei difetti dall’energia della radiazione può essere facilmente descritta da un modello semplice che tiene conto dello spostamento atomico primario e dell’azione degli atomi di rinculo, che aumenta con l’aumentare dell’energia degli elettroni del fascio.

Referenze1. P.G. Fuochi, M. Lavalle, E. Gombia, R. Mosca, A. Kovács, A. Vitanza, and A. Patti, IAEA-

TECDOC-1070, 95 (1999)

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S5.3 - PROGETTO E REALIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI ESPOSIZIONE A RADIOFREQUENZA (900 MHZ) PER STUDI SPERIMENTALI CON MODALITÀ A DOPPIO CIECO AUTOMATIZZATARosanna Pinto1, Pietro Olla2, Simona Ciattoni2 e Giorgio Alfonso Lovisolo1

1 Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, ENEA C.R.Casaccia2 Centro Interuniversitario sull’Interazione tra Campi Elettromagnetici e Biosistemi (ICEmB)Presentato da Rosanna Pinto ([email protected])

Introduzione. Nella definizione dell’EMF Project l’OMS ha stabilito che la condizione necessaria per eseguire una adeguata sperimentazione biologica, atta alla valutazione degli effetti delle radiazioni non ionizzanti, è rappresentata dalla aderenza a criteri di qualità standardizzati.Tali criteri richiedono, oltre che un’accurata caratterizzazione dei sistemi espositivi, una modalità di esposizione in cieco (blind) o doppio cieco per tutti gli operatori coinvolti, nel momento in cui è necessario effettuare esposizioni simultanee a diversi livelli di potenza. Inoltre per mantenere inalterate le condizioni di esposizione per tutta la durata dell’esperimento è necessario disporre di un sistema controllato in remoto. Altro criterio importante per l’aderenza alle Good Laboratory Practice (GLP) è rappresentato dalla memorizzazione e il mantenimento di tutti i dati grezzi relativi all’esperimento, inerenti sia alle caratteristiche dell’esposizione e sia ai parametri e risultati biologici.Obiettivo. Scopo di questo lavoro è stata la realizzazione di un sistema di esposizione in vitro, automatizzato, in grado di gestire l’esposizione contemporanea e indipendente dei campioni biologici a quattro livelli di dose e quindi di potenza diversi (tre livelli di esposizione + sham=potenza zero) o eguali (più campioni per lo stesso punto sperimentale), secondo il protocollo biologico, in modalità a doppio cieco. Inoltre è stato realizzato un archivio dei dati per mezzo del quale è possibile seguire passo passo l’intero esperimento biologico oltre che immagazzinare tutti i dati utili alla presentazione dei risultati, come richiesto dalle GLP.Materiali e Metodi. Il sistema di irraggiamento a radiofrequenza utilizzato è rappresentato dalla Wire Patch Cell [1,2] operante alla frequenza di 900 MHz. Il sistema deve essere in grado di effettuare l’esposizione simultanea dei campioni a quattro livelli di dose diversi. Si sono pertanto utilizzati due incubatori con all’interno due sistemi espositivi ciascuno. Dopo avere verificato che le condizioni ambientali di temperatura e CO2 fossero garantite, si è passati a progettare un intero sistema automatizzato con quattro canali RF a 900 MHz e modulazione GSM. Il progetto comprende più sottosistemi tra cui uno di generazione ed amplificazione del segnale ed uno di controllo ed acquisizione dei diversi parametri utili (guadagno, potenza diretta e riflessa, temperatura) al mantenimento delle condizioni espositive durante tutta la durata dell’esperimento. Per soddisfare quest’ultimo requisito è stata appositamente realizzata una scheda hardware (WPCController), in grado di comunicare con un PC per mezzo del protocollo di comunicazione LAN. E’ stato quindi sviluppato un software di gestione in ambiente di lavoro LabVIEW 6.0 per fornire un interfaccia utente –sistema utilizzabile anche da personale non esperto- mediante la quale sia i dati biologici che espositivi sono memorizzati in tempo reale all’interno di un database, realizzato utilizzando Microsft Access97. La modalità a doppio cieco dell’esperimento è garantita da un programma di criptaggio che nasconde, tramite un codice, l’associazione tra dose ed “espositore” (cioè dispositivo WPC). La decriptazione di questa informazione avviene solo al termine dell’esperimento quando nel database dopo la fase espositiva sono immessi i risultati biologici raccolti. Solo a questo punto e solo al capo progetto designato (o ad altro utente autorizzato) è accessibile la chiave di decodifica per la decriptazione da effettuare mediante il software di gestione. Il database è stato strutturato per contenere in tabelle distinte i dati biologici, separando i dati iniziali da quelli di fine esperimento, i dati espositivi, l’insieme degli utenti e del loro livello gerarchico di responsabilità, lo stato dell’esperimento, e la chiave di decodifica. L’insieme delle tabelle con le relazioni che le legano non permettono di risalire all’associazione tra dose ed “espositore” se non tramite la chiave software. Inoltre l’accesso al database da file system è protetto da password, per mantenere l’integrità dei dati raccolti.Risultati e Conclusioni. Ad oggi tutti i sottosistemi, che costituiscono l’intero sistema di esposizione, sono stati testati separatamente: comincia adesso la campagna di verifica di funzionamento di tutto l’apparato per l'avvio dell'attività sperimentale prevista.Referenze

1. Laval L, Leveque Ph, Jecko B. A new in vitro exposure device for the mobile frequency of 900 MHz. Bioelectromagnetics, 21: 255-263, 2000

2. Lovisolo G.A., Asta D., Ciammetti LMancini., S., Marino C., Pinto R., and d’Inzeo G.. In vitro exposure systems operating at 900 and 1800 MHz. Proceedings of Millenium International Workshop

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on Biological Effects of Electromagnetic Field, eds. P. Kostarakis and P. Stavroulakisp, Crete, p. 527-532, 2000

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S5.4 - LIVELLO DI AZIONE E AZIONI DI RIMEDIO NELLO STABILIMENTO BALNEO-TERMALE MILITARE DI ISCHIA Giampaolo Gremigni, Alberto BoschiC.I.S.A.M. San Piero a Grado (PI)Presentato da Giampaolo Gremigni ([email protected])

Gli autori, consapevoli dei problemi posti dal recepimento della Direttiva Euratom 96/29 del 13 maggio 1996 (D.Lgs. 241/2000, Capo-III bis, art. 10-bis, comma 1, lettera e), intendono proporre i risultati, relativi alla concentrazione di radon e discendenti, dei numerosi interventi effettuati presso lo Stabilimento balneo-termale Militare di Ischia. Il livello di azione per questi particolari luoghi di lavoro è stato fissato (Allegato I-bis, comma 4, lettera b) in 1 mSv/anno di dose efficace ivi compresa l’eventuale esposizione a radon de-rivante dalle caratteristiche geofisiche e costruttive dell’ambiente su cui viene svolta l’attività lavorativa. Le misure effettuate in un periodo in cui l’attività termale era sospesa mostrano che il contributo alla dose annua dovuto all’ambiente non è affatto trascurabile; ciò ha indotto gli autori della presente memoria ad invocare un aggiornamento del livello di azione per gli stabilimenti termali in ottemperanza a quanto ipotizzato dall’art. 2-ter del D.Lgs. 241/2000. Nella memoria vengono proposte, inoltre, azioni di rimedio poste in essere mediante degasificazione delle vasche in cui transita la sorgente termale prima dell’immissione nelle cabine dello Stabilimento in argomento.

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S5P.1 - SPETTROSCOPIA MÖSSBAUER E DOSIMETRIA DELLE RADIAZIONI IONIZZANTIGiuseppe Pedrazzi1,2, Silvia Vaccari2, Ermanno Papotti2

1 Dipartimento di Sanità Pubblica, Sezione di Fisica - INFM UDR-PR Università degli Studi di Parma, via Volturno 39, 43100 Parma.2 Servizio di Fisica Sanitaria - Università degli Studi di Parma, via Volturno 39, 43100 ParmaPresentato da Silvia Vaccari ([email protected])

Lo scopo di questo lavoro è di indagare una possibile applicazione della spettroscopia Mössbauer in un campo fino ad ora non considerato per questa tecnica: quello della dosimetria delle radiazioni ionizzanti.E' noto infatti che attraverso la tecnica Mössbauer è possibile determinare in modo accurato gli stati di ossidazione e le proprietà magnetiche del ferro. In questo contesto abbiamo quindi considerato come modello di dosimetro quello di Fricke. Tra i motivi che hanno indotto questa scelta possiamo ricordare l'alta affidabilità del sistema, ritenuto uno dei dosimetri di riferimento per quanto concerne la misura della dose, la rapidità del processo di rivelazione tramite semplici misure ottiche, e da ultimo, ma fondamentale per i nostri scopi, la composizione stessa del dosimetro (soluzione di solfato di ammonio ferroso in acido solforico 0.4 M). La dosimetria di Fricke è basata infatti sulla reazione indotta, a seguito dell'irraggiamento, dai radicali dell'acqua sugli ioni ferrosi (Fe2+), ossidandoli a ioni ferrici (Fe3+) in presenza di ossigeno.Negli studi degli effetti della radiazione su campioni biologici il dosimetro di Fricke viene da sempre ritenuto tra i più indicati, sia dal punto di vista del materiale stesso del dosimetro che dal punto di vista della sua geometria variabile. Infatti, essendo appropriato per stime di dose in sistemi acquosi, ben si addice alla valutazione della dose in campioni biologici, costituiti prevalentemente d'acqua. Nello stesso tempo permette di determinare la dose nella stessa geometria del sistema oggetto dell'irraggiamento, evitando complicate analisi ed inevitabili approssimazioni. Dai valori di G (numero di molecole prodotte o distrutte dall'irraggiamento per 100 eV di energia assorbita) e dalle aree degli spettri Mössbauer è possibile calcolare la dose impartita al mezzo. Sono state osservate reazioni da ioni ferrosi a ioni ferrici anche in altre soluzioni con composizione e pH diversi dal dosimetro originale. Queste informazioni preliminari lasciano aperta la possibilità di trovare nuovi sistemi dosimetrici basati su Fe2+/ Fe3+.

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S5P.2 - CARATTERIZZAZIONE DELLE CAMERE A IONIZZAZIONE BASATE SULL’IMPIEGO DEGLI ELETTRETI PER LA VALUTAZIONE DELLA COMPONENTE GAMMA DEL FONDO AMBIENTALE E PER LA MISURA DELLA CONCENTRAZIONE DI RADON.Marco Caresana, Luisella GarlatiDip. di Ingegneria Nucleare – CeSNEF - Politecnico di MilanoPresentato da Luisella Garlati ([email protected])

Con l’entrata in vigore del D.Lgs 241/00 si è imposto il controllo a esposizioni di sorgenti di radiazioni naturali (radon e suoi prodotti di decadimento, componente ) in una serie di ambienti lavorativi, ben individuati dalla norma stessa. Le camere a ionizzazione basate sull’impiego degli elettreti possono essere impiegate per la rivelazione passiva sia della concentrazione di radon sia della componente del fondo ambientale, dal momento che sono sensibili a qualsiasi tipo di radiazione in grado di ionizzare l’atmosfera al loro interno.In questo lavoro si analizza la risposta degli elettreti irraggiati con una dose nota di radiazione (sorgente di 137Cs). Lo studio è condotto sia sugli elettreti short-term (più sensibili) che sui long-term (meno sensibili), abbinati alle camere di tipo L, S e H, caratterizzate da differenti volumi. Dopo aver stabilito un fattore di taratura rispetto alla grandezza kerma in aria, riferita a campioni nazionali, si determina il fattore di conversione “kerma in aria – concentrazione di radon”, esponendo le camere a ionizzazione presso la Camera Radon, in fase di messa a punto presso il Dipartimento. Questa camera ha un volume di circa 0.8 m 3

ed è abbinata a un sistema volumetrico, che permette di creare differenti atmosfere di Rn con concentrazioni da 1000 a 150000 Bq/m3.Particolare attenzione verrà posta allo studio della riproducibilità della risposta e allo studio delle incertezze associate ai fattori di taratura determinati.

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S5P.3 - DETERMINAZIONE, MEDIANTE SCINTILLAZIONE LIQUIDA, DELLE IMPUREZZE DI 125I NEI RADIOFARMACI MARCATI CON [123I]: SENSIBILITÀ DEL METODOMauro Bonardi, Flavia Groppi, Claudio Birattari, Luigi Gini, Alberto Ghioni, H. S. C. Mainardi, Gianluca BallariniLaboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)Presentato da: Flavia Groppi ([email protected])

Lo 125I è un’impurezza radioisotopica che è sempre presente nella produzione di 123I, indipendentemente dal fatto che vengano utilizzate le reazioni nucleari su targhette naturali: 127I(p,5n)123Xe e 127I(d,6n)123Xe , natXe(d,X) o su targhette altamente arricchite: 124Xe(p,2n)123(m+g)Cs 123Xe , piu’ 124Xe(p,X) . Lo 125I si forma dalle catene 127I(p,3n)125Xe , Xe(p,xn)125Cs 125(m?+g)Xe ed in particolare 126Xe(p,2n)125Cs 125Xe . Sia lo 123I (t1/2 = 13.27 h), sia lo 125I (t1/2 = 59.408 d) decadono per il 100% per EC su 123Te (stabile); inoltre decadono rispettivamente su 123mTe (t1/2 = 119.7 d ; 0.0044 % branching, IT 100 %) e su 125Te (stabile). Lo 123I emette un gamma più intenso a 158.97 keV (83.3 %), mentre lo 125I presenta un solo gamma a 35.492 keV (6.68 %). L’energia media degli elettroni dello 125I è di 17.9 keV e quella dello 123I è di 27.6 keV; l’energia media dei fotoni dello 125I è di 42.3 keV e quella dello 123I è di 172.8 keV. La scintillazione liquida (LSC) è una tecnica molto sensibile (< Bq/ml), che permette di determinare impurezze presenti in concentrazioni estremamente basse di emettitori di elettroni di bassa energia (IC e Auger) e di fotoni, di impurezze presenti nelle soluzioni organiche e/o acquose dei composti radiofarmaceutici. Misurando campioni di 123I (125I) con LSC abbiamo ottenuto spettri “quenciati” che, in mille canali, presentano 3 picchi con massimi rispettivamente ai canali 150, 320 e 460, che corrispondono ad energie di 1.7, 6.9 e 36 keV. Viceversa lo spettro dello 125I, presenta solo due picchi nei canali 180 e 340, che normalmente sono indistinguibili (in comune) dai primi due dello 123I. Abbiamo misurato numerosi radiofarmaci commerciali marcati con 123I, sia con spetttrometria gamma, con rivelatori HPGe e Si(Li), sia mediante LSC. I risultati hanno mostrato che il contenuto di 125I non è minore di 0.1% per lo 123I prodotto tramite la reazione nucleare 127I(p,5n), mentre non è minore di 0.01% per lo 123I ottenuto tramite reazioni nucleari su targhette “molto” arricchite in 124Xe. Nei radiofarmaci analizzati, non si sono state evidenziate altre impurezze gammaemittenti

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S6 – Biologia e radiazioni II

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Relazioni su invitoSindromi genetiche radiosensibili: cause e conseguenze – C. Tanzarella

Ciclo cellulare e radiazioni – B. Cecchinelli, G. D’Orazi, S. Soddu

Comunicazioni oraliS6.1 Ruolo del complesso DNA-PK nei tumori umani e in linee cellulari stabilizzate -P. Barattini,

L. Stronati, G. Gensabella, M. G. Grollino, F. Castrignanò, D. Tirindelli DanesiS6.2 I LMDS, non i RMDS, determinano la cinetica di riparo delle rotture radioindotte della

doppia elica di DNA – M. Pinto, K. M. Prise e B. D. MichaelS6.3 La risposta di sferoidi tumorali (HT-29) alle radiazioni ionizzanti dipende dal grado di

interazione cellula-cellula (compattazione) - A. Ferrante, G. Rainaldi, P. L. Indovina, M. T. Santini

S6.4 Elevata incidenza di medulloblastoma in topi eterozigoti per Ptc1 in seguito ad irraggiamento neonatale - S. Pazzaglia, M. T. Mancuso, M. Tanori, S. Rebessi, V. Di Majo, V. Covelli, A. Saran

PosterS6P.1 Analisi dell’induzione di geni coinvolti nella risposta alle radiazioni ionizzanti in topi p53+/- -

A. di Masi, I. Dimauro, A. Antoccia, A. Argentino-Storino, A. Mosiello, C. TanzarellaS6P.2 Inattivazione cellulare e espressione della p53 in cellule tumorali umane irraggiate con ioni

leggeri di bassa energia - A. Bertoldo, M. Cavinato, R. Cherubini, F. Cucinotta, S. Gerardi, S. Lora, P. Stoppa, J. R. Williams

S6P.3 Induzione di carcinomi a cellule basali in topi knock-out eterozigoti per il gene patched dopo esposizione a raggi X - A. Saran, S. Pazzaglia, M. T. Mancuso, M. Tanori, P. Merola, S. Rebessi, V. Covelli

S6P.4 Analisi del danno sul DNA di cellule di mammifero irraggiate con gamma e particelle cariche - M. Belli, A. Campa, R. Cherubini, V. Dini, G. Esposito

S6P.5 Induzione e ricongiungimento di doppie rotture nel DNA di fibroblasti umani irradiati con protoni e raggi gamma: analisi del pattern di frammentazione - V. Dini, M. Belli, R. Cherubini, G. Esposito, S. Gerardi, O. Sapora, G. Simone, E. Sorrentino, M. A. Tabocchini

S6P.6 Ruolo dell’organizzazione del DNA in interfase nella formazione del danno iniziale e delle aberrazioni cromosomiche radioindotte - F. Ballarini, A. Ottolenghi, D. Scannicchio, A. Valota

S6P.7 Sviluppo di un sistema di riconoscimento automatico di immagini cromosomiche per la biodosimetria e la diagnostica citogenetica - R. D. Esposito, M. Durante, G. Gialanella, G. Grossi, M. Pugliese, P. Scampoli

S6P.8 Doppie rotture radioindotte nel DNA di cellule tumorali murine: confronto in vivo - ex vivo - in vitro - F. Antonelli, M. Belli, O. Sapora, G. Simone, M. A. Tabocchini, O. Allegrucci, A. Cividalli, D. Tirindelli Danesi

S6P.9 Oxaliplatino (1-ohp), 5-fluorouracile (5-fu) e radiazioni in un modello sperimentale murino – A. Cividalli, F. Ceciarelli, O. Allegrucci, G. Cruciani, P. Altavista, D. Tirindelli Danesi e P. Marchetti

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SINDROMI GENETICHE RADIOSENSIBILI: CAUSE E CONSEGUENZE.Caterina TanzarellaDipartimento di Biologia, Università di “Roma Tre”, RomaPresentato da Caterina Tanzarella ([email protected])

Una grande varietà di lesioni possono alterare il DNA e non sorprende che si siano evoluti multipli "pathway" riparativi specifici per ogni tipo di lesione.L'importanza dei meccanismi della riparazione del DNA è illustrata dai fenotipi di alcune malattie umane genetiche rare e recessive che pur presentando un quadro clinico diverso, sono accomunate dalla presenza di mutazioni in geni coinvolti nella riparazione del danno al DNA o in processi legati al mantenimento della stabilità del genoma Tra i vari tipi di lesioni al DNA, le DSBs (double-strand breaks) sono una forma di danno altamente deleteria che conduce alla perdita ed a riarrangiamenti del materiale genetico, all'attivazione dei "checkpoint" del ciclo cellulare ed eventualmente alla morte cellulare. Le DSBs sono indotte efficacemente da radiazioni ionizzanti e da sostanze radiomimetiche, ma possono anche originarsi come prodotti intermedi di eventi fisiologici quali la replicazione del DNA, la ricombinazione meiotica e la ricombinazione V(D)J.Il principale meccanismo che assicura la riparazione delle DSBs nei mammiferi è il DNA "non-homolougus end-joinig" (NHEJ).A tale attività riparativa sono note contribuire proteine quali DNA-PKcs, Ku70 e Ku80, la ligasi IV, il prodotto del gene Xrcc4 e recentemente è stato riconosciuto essere coinvolto un nuovo gene: Artemis Accanto a patologie in cui sono state individuate mutazioni in geni che prendono parte direttamente alla riparazione delle DSBs, ve ne sono altre caratterizzate da difetti nella risposta indiretta alle DSBs indotte, ma in cui non è stata ancora riconosciuta un'alterazione nei sistemi di riparazione. Tra queste patologie umane si annoverano tre sindromi autosomiche recessive rare quali la NBS, AT e ATLD (ataxia telangiectasia like disorder), che se pur eterogenee da un punto di vista clinico e genetico sono caratterizzate tutte da estrema radiosensibilità, Anche mutazioni nei geni quali RAG1 e RAG2 (recombination-associated genes) che prendono parte alla ricombinazione V(D)J producendo rotture nel DNA, e mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, associate al tumore del seno, rivestono un ruolo nella riparazione del DNA e nella regolazione del ciclo cellulare e possono condurre a difetti nella riparazione.I dati attualmente disponibili indicano che le patologie caratterizzate da difetti in geni che prendono parte direttamente o indirettamente alla riparazione delle DSBs, sono accomunate da sensibilità ad agenti in grado di indurre rotture al doppio filamento del DNA, nonché da immunodeficienza e predisposizione a sviluppo neoplastico.

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CICLO CELLULARE E RADIAZIONIBarbara Cecchinelli, Gabriella D’Orazi, Silvia SodduDipartimento di Oncologia Sperimentale, Istituto Regina Elena, RomaPresentato da Silvia Soddu ([email protected])

Quando il DNA è danneggiato le cellule possono temporaneamente smettere di duplicarsi per prevenire la propagazione del danno con sviluppo di mutazioni e riparare il DNA, oppure, se il danno è grave, andare incontro ad apoptosi. I meccanismi molecolari che regolano i due diversi effetti biologici (arresto del ciclo cellulare ed apoptosi) sono stati largamente studiati ed individuati. Cio’ che non è ancora chiaro sono i meccanismi che consentono alla cellula di discriminare tra la decisione di fermarsi e riparare il DNA e quella di programmare la morte per apoptosi. Un fattore chiave nella regolazione di questi eventi è risultata essere la proteina p53, un fattore trascrizionale con azione onco-soppressiva. p53 regola la trascrizione di numerosi geni coinvolti sia nel ciclo cellulare e nel riparo del DNA, che nell’apoptosi. In assenza di stress p53 è presente nelle cellule a bassi livelli ed è inattiva; in seguito a danno al DNA o altri tipi di stress, p53 viene stabilizzata ed attivata con conseguente trascrizione di geni bersaglio responsabili dell’arresto del ciclo cellulare e del riparo del DNA o dell’apotosi. Recentemente, abbiamo individuato e caratterizzato una molecola (HIPK2) capace di modificare p53 in modo specifico (fosforilazione della Serina 46) da consentire la trascrizione dei geni responsabili dell’apoptosi, ma non dell’arresto proliferativo. I dettagli molecolari di questo tipo di attivazione verranno discussi e confrontati ai meccanismi di attivazione dell’arresto del ciclo cellulare.

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S6.1 - RUOLO DEL COMPLESSO DNA-PK NEI TUMORI UMANI E IN LINEE CELLULARI STABILIZZATEP. Barattini, L. Stronati, G. Gensabella, M.G. Grollino, F. Castrignanò e D. Tirindelli DanesiSezione di Tossicologia and Scienze Biomediche, ENEA Casaccia, RomaPresentato da Paola Barattini ([email protected])

Il complesso DNA-PK, una serina-treonina chinasi, gioca un ruolo cruciale nelle fasi iniziali della riparazione delle doppie rotture del DNA. Esso è costituito da una subunità catalita di 350 KDa, la DNA-PKcs e da un eterodimero, p70/80 (l’autoantigene Ku), che rappresenta la componente regolatoria del complesso. L’eterodimero è capace di riconoscere il sito di rottura del DNA e di legarsi ad esso senza specificità di sequenza. Inoltre, Ku richiama la DNA-PKcs, innescando la cascata enzimatica che conduce alla riparazione della doppia rottura.In un nostro precedente studio, effettuato in pazienti affetti da carcinoma a cellule transizionali (TCC) della vescica, erano stati presi in esame sia l’espressione che l’attività di legame al DNA della proteina Ku in estratti nucleari ottenuti da campioni bioptici. Per effettuare queste analisi erano stati utilizzati saggi di Western Blot ed Electrophoretic Mobility Shift Assay (EMSA). Dai risultati ottenuti emerse che la proteina Ku non solo era presente nel tessuto tumorale, ma la sua attività di legame al DNA risultava aumentata se confrontata con il rispettivo controllo.Al fine di valutare il ruolo di Ku nella risposta cellulare alle radiazioni il complesso DNA-PK è stato studiato in due linee cellulari umane stabilizzate di vescica: RT112, una linea tumorale radioresistente e PNT2, costituita da cellule di tessuto uroepiteliale sano. Entrambe le linee sono state esposte a dosi fino a 14 Gy di raggi X e gli estratti nucleari e citoplasmatici sono stati allestiti per saggiare una eventuale modulazione di espressione ed attività di legame al DNA dell'eterodimero Ku. I risultati ottenuti mostrano che negli estratti nucleari di entrambi i tipi cellulari il legame di Ku al DNA aumenta sempre dopo trattamento radiante, rispetto al controllo non irraggiato. Esiste una relazione diretta tra espressione proteica di Ku e aumento della dose solo in PNT2 ma non in RT112. In quest'ultima l'aumento di attività di legame potrebbe essere indotto non da un'aumentata espressione di Ku, ma da un aumentato livello di fosforilazione della stessa, tenendo presente che la forma fosforilata della proteina probabilmente costituisce la forma attiva (Frasca et al. 2001). Questa ipotesi è attualmente al vaglio del nostro laboratorio.E’ anche in corso uno studio del ruolo di Ku in biopsie di pazienti affetti del carcinoma del retto. I risultati preliminari mostrano un aumento dell’attività di legame al DNA della proteina nel tessuto tumorale rispetto a quello sano di controllo, in totale accordo con i dati precedentemente ottenuti con il tumore della vescica.

Il lavoro è stato eseguito nell’ambito del Progetto Strategico MIUR 98, Art.51, L.449/97 “Effetti nocivi su uomo ed ecosistemi”.

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S6.2 - I LMDS, NON I RMDS, DETERMINANO LA CINETICA DI RIPARO DELLE ROTTURE RADIOINDOTTE DELLA DOPPIA ELICA DI DNAMassimo Pinto, Kevin Michael Prise e Barry Danby MichaelGray Cancer Institute, Northwood, Middlesex HA6 2JR, UKPresentato da Massimo Pinto ([email protected])

Radiazioni di diversa qualità sono associate ad un diverso pattern di deposizione di energia nel nucleo cellulare. Ogni tipo di radiazione ionizzante può provocare danni correlati sulla doppia elica, detti Locally Multiply Damaged Sites (LMDS), la cui complessità aumenta con il LET. Soltanto la radiazione di medio-alto LET può invece provocare danni correlati a distanze maggiori, detti Regionally Multiply Damaged Sites (RMDS), in corrispondenza dei diversi ordini di organizzazione della cromatina, fino a diversi Mbp di distanza genomica. Ci siamo proposti di capire se sono i RMDS oppure i LMDS più complessi a contribuire alla maggiore efficacia biologica della radiazione di alto LET. Abbiamo irraggiato fibroblasti umani AG01522B con particelle da 3.5 MeV e raggi X 240 kVp per indurre rotture della doppia elica di DNA (DSB), studiando la frammentazione del DNA con la tecnica PFGE nell'intervallo 30 kbp-5.7 Mbp. Abbiamo utilizzato modelli numerici di Montecarlo per simulare la frammentazione del DNA ed analizzare le misure sperimentali di frammentazione, descrivendo in modo quantitativo la capacità della radiazione di alto LET di produrre DSB correlate (un tipo di RMDS). Lo stesso modello ha dimostrato anche che ai raggi X corrisponde una distribuzione spaziale di DSB sostanzialmente uniforme nel genoma. Risultati di simulazioni Montecarlo di cinetica di riparazione di DSB, un marker di efficacia biologica della radiazione, sono stati confrontati con numerose misure sperimentali effettuate su fibroblasti incubati per tempi compresi tra 10 minuti e 48 ore dopo l’irraggiamento. Tali simulazioni consentono lo studio della cinetica di riparazione di frammenti aventi lunghezza variabile, derivanti dai numerosi livelli di RMDS corrispondenti all’interazione della radiazione con i vari ordini di organizzazione della cromatina. La cinetica di riparazione delle DSB causate dalla radiazione di alto LET appare più lenta, ma per le DSB causate da entrambi i tipi di radiazione è indipendente dalla dimensione dei frammenti di DNA. Concludiamo che la lunghezza dei frammenti, dunque i RMDS, non sembra determinare la cinetica di riparo delle DSB, entro l'intervallo di peso molecolare osservato. Suggeriamo pertanto che la cinetica di riparo più lenta delle DSB indotte da particelle è determinata dalla maggiore complessità dei LMDS, rilevate nel nostro esperimento come semplici DSB. Fondamentale per un’analisi dei dati priva di bias è l’uso di un metodo che tenga conto correttamente del danno al DNA causato accidentalmente durante la manipolazione dei campioni.

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S6.3 - LA RISPOSTA DI SFEROIDI TUMORALI (HT-29) ALLE RADIAZIONI IONIZZANTI DIPENDE DAL GRADO DI INTERAZIONE CELLULA-CELLULA (COMPATTAZIONE)Antonella Ferrante1, Gabriella Rainaldi1,2, Pietro Luigi Indovina2,3, Maria Teresa Santini1,2

1 Laboratorio di Ultrastrutture, Istituto Superiore di Sanità, Roma2 Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, Unità di Napoli, Napoli3 Dipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli "Federico II", NapoliPresentato da Antonella Ferrante ([email protected])

Sebbene l'utilizzo dei monostrati cellulari abbia condotto a scoperte determinanti nel campo della biologia tumorale, bisogna considerare che la loro struttura bidimensionale è molto diversa da quella tridimensionale dei tumori solidi e quindi che non sempre sono in grado di rappresentarli. Per queste ragioni è stato sviluppato un modello sperimentale tridimensionale multicellulare definito sferoide. Lo sferoide è un aggregato di cellule tumorali attivamente proliferanti. Questo modello, a differenza dei monostrati cellulari, presenta proprietà proliferative e metaboliche tipiche dei tumori solidi in vivo. Lo scopo del presente lavoro è di dimostrare l'effetto della compattazione dello sferoide, intesa come maggiore grado di connessione intercellulare, sulla risposta alle radiazioni ionizzanti gamma. Si ipotizza infatti che la maggiore interazione cellulare possa innescare segnali di sopravvivenza che determinano una diversa sensibiltà alle radiazioni ionizzanti. Sferoidi della linea cellulare umana di adenocarcinoma del colon (HT-29) sono stati irraggiati con la dose di 15 Gy in due fasi diverse di formazione: nello stadio iniziale (sferoidi non perfettamente compatti) e nello stadio tardivo (sferoidi più compatti). Gli effetti delle radiazioni sui due modelli di sferoide sono stati valutati mediante l'analisi morfologica utilizzando tecniche di microscopia ottica ed elettronica a scansione, curve di crescita e analisi del ciclo cellulare mediante citometria a flusso. E' stata inoltre valutata la morte cellulare tramite colorazione dei nuclei con l'intercalante della cromatina Hoechst. Sono state anche analizzate alcune proteine regolatrici del ciclo cellulare (cicline B1 e D1) e alcune molecole d'adesione (E-caderina) mediante la tecnica del "western blotting". I risultati ottenuti da questi studi dimostrano che gli sferoidi allo stadio tardivo di formazione risultano più resistenti alle radiazioni gamma rispetto a quelli allo stadio iniziale.

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S6.4 - ELEVATA INCIDENZA DI MEDULLOBLASTOMA IN TOPI ETEROZIGOTI PER PTC1 IN SEGUITO AD IRRAGGIAMENTO NEONATALES. Pazzaglia1, M. T. Mancuso1, M. Tanori2, S. Rebessi1, V. Di Majo1, V. Covelli3, A. Saran1

1 Unità Biotec-Med, ENEA CR-Casaccia, Roma2 Dipartimento di Oncologia Sperimentale, Istituto Nazionale Tumori, Milano3 Unità di Radioprotezione, ENEA CR-Casaccia, RomaPresentato da Simonetta Pazzaglia ([email protected])

Obiettivi. Mutazioni germinali di una copia del gene Ptc1 (patched) sono responsabili della sindrome di Gorlin o BCNS, una rara malattia ereditaria umana. Gli individui affetti da tale sindrome presentano una varietà di problemi clinici, quali una eccessiva crescita corporea generalizzata ed anomalie dello scheletro, e mostrano una aumentata suscettibilità allo sviluppo di tumori. Carcinoma delle cellule basali (BCC), medulloblastoma (MB) e rabdomiosarcoma (RMS) sono alcuni dei tipi di neoplasie associati alla aploinsufficienza di Ptc1. I soggetti colpiti da tale sindrome sottoposti a radioterapia sviluppano basaliomi multipli nelle aree cutanee esposte rivelando una ipersensibilità alle radiazioni ionizzanti (RI). Mediante l’inattivazione germinale di una copia del gene Ptc1 è stato prodotto un modello murino che rappresenta una fenocopia della sindrome umana e che ne ricapitola quindi le caratteristiche cliniche e biologiche. Su questo modello abbiamo analizzato il coinvolgimento di Ptc1 nella risposta tumorigenica ad una singola dose di 3 Gy di raggi X in topi adulti e neonati. Materiali e Metodi. Gruppi di topi Ptc1+/- su background CD1, caratterizzati dalla sostituzione degli esoni 6 e 7 di una copia del gene Ptc1 con una cassetta di resistenza alla neomicina, ed animali wild type della stessa nidiata sono stati sottoposti ad irraggiamento a corpo intero con una dose di 3 Gy di raggi X di 250 kVp a 4 giorni o a 3 mesi di età. I topi sono stati osservati giornalmente ed al primo cenno di morbidità o appena il tumore diveniva visibile sono stati sacrificati ed è stata eseguita l’autopsia completa. Cellule del tessuto normale e tumorale sono state isolate per microdissezione da differenti aree della stessa sezione. Il DNA è stato esaminato per alterazioni del pattern allelico al locus Ptc1. Sono state eseguite reazioni di amplificazione del DNA genomico con coppie di primers che amplificano un frammento di 650 paia di basi (allele wt) e 400 bp (allele mu). Risultati e Conclusioni. Topi Ptc+/- di controllo hanno sviluppato spontaneamente medulloblastoma con una incidenza del 7%. L’irraggiamento di topi Ptc+/- neonati ha aumentato drammaticamente l’incidenza di MB (51%). L’irraggiamento di topi Ptc+/- adulti non ha invece prodotto alcun aumento indicando che la capacità, delle radiazioni ionizzanti (RI), di indurre MB in topi Ptc+/- è soggetta a restrizioni temporali. Nelle prime due settimane di vita post-natale le granule cell precursors, da cui il medulloblastoma è ritenuto originare, sono in rapida proliferazione nello strato germinale esterno del cervelletto. Questo rende più probabile che gli effetti stocastici indotti dalle RI possano tradursi in aumento della tumorigenesi. L’abilità delle RI di indurre MB è però dipendente dall’aploinsufficienza di Ptc1 come mostrato dall’incapacità delle RI di indurre MB in topi wild type adulti e neonati. Per studiare i meccanismi molecolari dell’induzione di MB da RI abbiamo eseguito l’analisi per lo sbilanciamento del pattern allelico al locus Ptc1 su 18 MB radioindotti. Tale analisi ha rivelato la perdita dell’ allele Ptc1 wild type nel 94% (17/18) degli MB suggerendo che tale perdita abbia un ruolo causativo nella induzione di MB da RI. L’irraggiamento di topi Ptc1 neonati costituisce inoltre, il primo modello di induzione di MB da RI utile per lo studio delle basi molecolari dello sviluppo del MB.

Progetto parzialmente finanziato dal contratto ENEA-UE FIGHT-CT99-00006 -“MAGELLANS”.

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S6P.1 - ANALISI DELL’INDUZIONE DI GENI COINVOLTI NELLA RISPOSTA ALLE RADIAZIONI IONIZZANTI IN TOPI P53+/-

Alessandra di Masi1, Ivan Dimauro1, Antonio Antoccia1, Alberta Argentino-Storino2, Alberto Mosiello2, Caterina Tanzarella1

1 Dipartimento di Biologia, Università di Roma “Roma Tre”, Roma2 Research Toxicology Centre S.p.A., Pomezia, RomaPresentato da Caterina Tanzarella ([email protected])

Modelli murini geneticamente modificati difettivi nella riparazione o privi di geni oncosoppressori funzionali potrebbero rappresentare un valido strumento da utilizzare negli studi di cancerogenesi e rivelarsi utili per valutare il ruolo di specifici geni nella risposta cellulare al trattamento chimico e fisico. In topi C57BL/6-p53+/+ e C57BL/6-p53+/- è stato valutato l’effetto dell’aploinsufficienza di p53 nell’induzione di geni coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare o nell’apoptosi. Gli animali sono stati irraggiati con 7.5 Gy di raggi X, sacrificati dopo 5 ore e da essi sono stati prelevati diversi tessuti (milza, colon, reni, polmoni e fegato). L’analisi dell’induzione di p53 attraverso immunoprecipitazione ha evidenziato che in topi “wild-type” p53 veniva indotto a livelli elevati in tutti gli organi analizzati, mentre in topi p53+/- tale incremento era osservabile solo nella milza e nel colon e comunque ad un livello inferiore rispetto a quanto osservato in animali p53+/+. L’analisi dell’espressione di p21/WAF1 attraverso RT-PCR ha indicato un incremento nei livelli di mRNA nella milza e nel colon di ambedue i ceppi, benché livelli più elevati siano stati osservati in topi p53+/+. L’analisi dell’espressione di Bax ha rivelato un aumento dei livelli di mRNA nel colon di topi wild type, mentre in topi eterozigoti non è stata osservata nessuna differenza tra animali trattati e non trattati.L’analisi attraverso immunoblotting della proteina anti-apoptotica Bcl-2 e pro-apoptotica Bax, ha indicato un modesto decremento dei livelli di Bcl-2 nella milza e nel colon di topi p53-eterozigoti, mentre non è stata osservata alcuna modulazione della proteina Bax in ambedue i ceppi.Allo scopo di valutare l’attivazione del processo apoptotico, è stato analizzato il taglio della poli(ADP-ribosio)polimerasi (PARP) attraverso esperimenti di immunoblotting. Risultati preliminari indicano un taglio della proteina nella milza di ambedue i ceppi e nel colon di animali wild-type trattati.I dati ottenuti sembrano indicare che la presenza di una sola copia di p53 determini una risposta ridotta al trattamento con raggi X rispetto al ceppo wild-type, sia in relazione al controllo del ciclo cellulare che all’induzione di apoptosi.

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S6P.2 - INATTIVAZIONE CELLULARE ED ESPRESSIONE DELLA P53 IN CELLULE TUMORALI UMANE IRRAGGIATE CON IONI LEGGERI DI BASSA ENERGIAAlessandro Bertoldo1, Maria Cavinato1, Roberto Cherubini1, Frank Cucinotta2, Silvia Gerardi1, Silvano Lora3, Pamela Stoppa1, Jerry R. Williams4

1 INFN-Laboratori Nazionali di Legnaro, Legnaro, Padova2 NASA Johnson Space Center, Houston, TX-USA3 Istituto CNR-FRAE, Legnaro, Padova4 Johns Hopkins University, Oncology Center, Baltimora, MD-USAPresentato da Alessandro Bertoldo ([email protected])

Numerose evidenze sperimentali mostrano la maggiore efficacia biologica delle radiazioni ad alto LET rispetto ai raggi X/ e alle particelle a basso LET per diversi endpoint biologici e per diversi sistemi cellulari in vitro. D’altra parte il meccanismo biochimico coinvolto nella risposta cellulare alle radiazioni è poco noto e conflittuali sono i dati disponibili sul ruolo delle proteine che, come la p53, sono coinvolte nel controllo del ciclo cellulare e nella riparazione del danno al DNA indotto dalla radiazione. Al fine di investigare il meccanismo biochimico attivato in risposta a radiazioni ad alto LET è stato intrapreso uno studio sistematico sull’inattivazione cellulare, sulla mutazione genica e sull’espressione della proteina p53 in seguito a irraggiamenti con protoni e ioni elio. In questo lavoro saranno presentati i risultati relativi alla sopravvivenza cellulare e all’espressione della p53 e della p21 in cellule umane tumorali (DLD1 (p53 mut; MMR mut), HCT116 (p53 wt; MMR mut), 80S4 (p53 wt; MMR mut; p21 mut)) irraggiate con protoni di 7.7 e 31keV/m e ioni elio di 80 e 102 keV/m presso l’acceleratore CN dei Laboratori Nazionali di Legnaro e, per confronto, con raggi presso la facility di “gamma beam” 60Co del CNR-FRAE (Legnaro). Si è osservato che la sopravvivenza cellulare decresce in funzione del LET e della dose, ad eccezione del fatto che i raggi risultano più efficaci dei protoni (per le DLD1 e le 80S4 solo alle dosi più alte). Per quanto riguarda l’espressione della p53 per le HCT116 e per le DLD1, non è stato osservato alcun aumento in seguito all’irraggiamento, suggerendo per queste cellule un meccanismo biochimico in risposta alle radiazioni che non coinvolge la p53. Per le 80S4 si è riscontrato invece un incremento nel tempo del livello di p53 in seguito a irraggiamenti con protoni da 7.7keV/m e ioni elio da 102keV/m.

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S6P.3 - INDUZIONE DI CARCINOMI A CELLULE BASALI IN TOPI KNOCK-OUT ETEROZIGOTI PER IL GENE PATCHED DOPO ESPOSIZIONE A RAGGI X Anna Saran1, Simonetta Pazzaglia1, M.T. Mancuso1, M. Tanori2, P. Merola1, Simonetta Rebessi1, Vincenzo Covelli1

1ENEA CR-Casaccia, Roma2Istituto Nazionale Tumori, Dipartimento di Oncologia Sperimentale, MilanoPresentato da Anna Saran ([email protected])

Il carcinoma a cellule basali (BCC) è la forma più comune di cancro nell’uomo, con incidenza in rapido aumento. La rara malattia ereditaria conosciuta come sindrome del carcinoma nevoide a cellule basali (BCNS), o sindrome di Gorlin, è caratterizzata da una varietà di problemi clinici, tra cui crescita eccessiva generalizzata del corpo, cisti, anomalie di sviluppo dello scheletro ed una predisposizione allo sviluppo di carcinomi a cellule basali (da decine a centinaia) e di tumori extracutanei, come medulloblastomi e rabdomiosarcomi. Mutazioni ereditarie nei pazienti affetti da BCNS e mutazioni somatiche nei carcinomi a cellule basali sporadici sono state identificate nell’omologo umano del gene patched (ptch) di Drosophila. Il gene Ptch codifica per una proteina transmembrana che in Drosophila controlla il destino delle cellule, la polarità dei segmenti e la crescita in numerosi tessuti, agendo in opposizione alla proteina Hedgehog (Hh). I pazienti affetti da BCNS ereditano una copia difettosa del gene Ptch. Topi knock-out eterozigoti per il gene patched mostrano gran parte delle anomalie di sviluppo e delle manifestazioni neoplastiche associate alla BCNS, e sviluppano un’alta incidenza di tumori BCC-simili dopo esposizione cronica a raggi UV o ad una singola dose di radiazioni ionizzanti. Gruppi di topi eterozigoti Ptch e controlli wild-type sono stati irraggiati con 3 Gy di raggi X a corpo intero a tre mesi, o con 4 Gy localizzati alla cute dorsale a due mesi di età. In questi esperimenti la mortalità più elevata si è avuta nei gruppi eterozigoti indipendentemente dall’irraggiamento, ed in questi è stata quasi sempre associata a patologie specifiche. I topi eterozigoti Ptch hanno mostrato un’insorgenza precoce di tumori del sistema nervoso centrale (medulloblastomi) e di tumori connettivali (rabdomiosarcomi). Sono stati indotti BCC macroscopici nei topi eterozigoti Ptch con una frequenza più alta nel gruppo irraggiato a corpo intero rispetto al gruppo irraggiato localmente. Nessuno dei topi eterozigoti di controllo ha sviluppato tumori di questo tipo, confermando il ruolo chiave svolto dalle radiazioni nel processo di tumorigenesi, e fornendo il primo esempio di induzione di BCC macroscopici da radiazioni nel topo. L’incidenza di BCC è variata in funzione dell’età del topo all’irraggiamento, suggerendo possibili correlazioni con la fase del ciclo di crescita del pelo e lo stato proliferativo delle cellule progenitrici del pelo stesso (hPr), dalle quali si ipotizza che i BCC derivino. Per comprendere i meccanismi molecolari dell’induzione di BCC da parte delle radiazioni lo status dell’allele normale del gene Ptch è stato analizzato nei BCC radioindotti. I risultati hanno dimostrato la perdita di tale allele in tutti i BCC esaminati, dimostrando che l’allele normale del gene Ptch rappresenta un target preferenziale delle radiazioni e che la sua perdita è un evento probabilmente iniziante nel processo di tumorigenesi radioindotta.

Parzialmente finanziato dal contratto ENEA-UE FIGHT-CT99-00006 -“MAGELLANS”

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S6P.4 - ANALISI DEL DANNO SUL DNA DI CELLULE DI MAMMIFERO IRRAGGIATE CON GAMMA E PARTICELLE CARICHE Mauro Belli1,2, Alessandro Campa1,2, Roberto Cherubini3, Valentina Dini1, Giuseppe Esposito1

1 Laboratorio di Fisica, Istituto Superiore di Sanità, Roma2 INFN, Gruppo Collegato Sanità, Roma3 INFN, Laboratori Nazionali di LegnaroPresentato da Giuseppe Esposito ([email protected])

Il danno biologicamente più rilevante sul DNA, che causa l’inattivazione cellulare a seguito di irraggiamento di cellule con radiazioni ionizzanti, è costituito dalle doppie rotture. Il livello di inattivazione cellulare dipende dal numero medio di doppie rotture, ma anche dalla loro distribuzione spaziale lungo la macromolecola. Una stima di questa distribuzione si può ottenere con l’elettroforesi, che risolve i frammenti di DNA di diversa lunghezza causati dalle doppie rotture, quando questi frammenti non superino una lunghezza di qualche milione di coppie di basi (Mbp).In questo lavoro analizziamo i risultati di alcuni esperimenti effettuati su cellule di mammifero irraggiate con raggi gamma e con diversi ioni, in cui gli spettri di frammentazione sono determinati tra 0.023 e 5.7 Mbp. Gli spettri sperimentali, dai quali tra l’altro si determina lo yield delle diverse radiazioni (cioè il numero medio di doppie rotture per Gy e per Mbp), sono per prima cosa confrontati con quelli calcolati sulla base di una distribuzione casuale di doppie rotture; in questi calcoli è essenziale tenere conto della ulteriore frammentazione prodotta sul DNA durante la procedura connessa all’elettroforesi, che è rivelata dallo spettro dei campioni di controllo non irraggiati. Un’ulteriore analisi valuta poi la deviazione dalla frammentazione casuale: la distribuzione sperimentale dei frammenti nei diversi intervalli di peso molecolare è utilizzata per stimare la probabilità di produzione di doppie rotture correlate a varie distanze, e per determinare come questa probabilità dipende dalla qualità della radiazione.Mostriamo l’analisi di esperimenti eseguiti su cellule V79 di hamster cinese irraggiate con raggi gamma da 60Co, protoni con LET uguale a 31 keV/m e alfa con LET uguale a 123 keV/m. Gli spettri relativi alle particelle cariche deviano dalla frammentazione casuale in maniera più netta rispetto a quelli relativi ai raggi gamma. Nella nostra analisi caratterizziamo questa deviazione con una maggiore probabilità di produzione di frammenti piccoli da parte di protoni ed alfa, soprattutto alle basse dosi, e forniamo un criterio relativamente semplice per avere una stima quantitativa della correlazione tra doppie rotture. Uno studio analogo sarà presentato riguardo a fibroblasti umani normali AG1522.

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S6P.5 - INDUZIONE E RICONGIUNGIMENTO DI DOPPIE ROTTURE NEL DNA DI FIBROBLASTI UMANI IRRADIATI CON PROTONI E RAGGI GAMMA: ANALISI DEL PATTERN DI FRAMMENTAZIONEValentina Dini1,2, Mauro Belli1,2, Roberto Cherubini3, Giuseppe Esposito1, Silvia Gerardi3, Orazio Sapora1,2, Giustina Simone1,2, Eugenio Sorrentino1,2, Maria Antonella Tabocchini1,2

1 Istituto Superiore di Sanità, Roma2 INFN, Gr. coll. Sanità, Roma1, Roma3 INFN, Laboratori Nazionali di Legnaro, PadovaPresentato da Valentina Dini ([email protected])

L’interazione delle radiazioni ionizzanti con le cellule induce un ampio spettro di lesioni a livello molecolare. Tra queste, le doppie rotture (DSB) a carico del DNA sono ritenute le più rilevanti e quelle maggiormente responsabili di effetti biologici quali aberrazioni cromosomiche, mutazioni, inattivazione cellulare. Negli ultimi anni, numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato che radiazioni di diversa qualità inducono dsb di diversa complessità e riparabilità. La mancanza di una correlazione diretta tra quantità di danno iniziale a carico del DNA e inattivazione cellulare ha sottolineato l’importanza di determinare la quantità di dsb residue, non riparate o riparate male, responsabili degli effetti a livello cellulare. Recenti studi sperimentali hanno messo in evidenza una distribuzione non random delle DSB nel DNA di cellule irradiate con radiazioni ad alto LET, con un incremento nella produzione di piccoli frammenti nell’intervallo compreso tra poche centinaia di bp e 1-2 Mbp. In questo lavoro sono presentati dati sperimentali preliminari sulla induzione e ricongiungimento di DSB radioindotte, ottenuti mediante l’analisi della frammentazione del DNA in fibroblasti umani normali, AG1522, irradiati con protoni da 31 keV/m. Raggi gamma sono stati utilizzati come radiazione di riferimento.Il pattern di frammentazione nell’intervallo di pesi molecolari 5.7 – 0.023 Mbp, è stato analizzato mediante elettroforesi in campo pulsato (PFGE). Sono stati utilizzati due diversi protocolli capaci di ottimizzare la separazione dei frammenti negli intervalli 5.7 – 1.0 Mbp e 1.0 – 0.023 Mbp.I dati finora ottenuti hanno mostrato che i protoni rispetto ai raggi gamma producono un maggior numero di piccoli frammenti e quindi di DSB, più difficilmente riparabili.

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S6P.6 - RUOLO DELL’ORGANIZZAZIONE DEL DNA IN INTERFASE NELLA FORMAZIONE DEL DANNO INIZIALE E DELLE ABERRAZIONI CROMOSOMICHE RADIOINDOTTEFrancesca Ballarini1,3, Andrea Ottolenghi2,3, Domenico Scannicchio2,3, Andrea Valota1

1 Dipartimento di Fisica, Università degli Studi di Milano2 Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica, Università degli Studi di Pavia3 Istituto Nazionale di Fisica NuclearePresentato da Andrea Valota ([email protected])

La distribuzione spaziale delle deposizioni di energia iniziali a livello del nanometro costituisce un punto di partenza essenziale per la formazione ed evoluzione di danni biologici alle strutture del DNA e dei cromosomi. I meccanismi di induzione di tali danni sono modulati anche dall’organizzazione del bersaglio biologico d’interesse. In questo contesto è stata simulata l’induzione di danni al DNA (essenzialmente singole e doppie rotture) su varie strutture (DNA lineare, DNA cellulare privato di istoni e fibra di cromatina), in diverse condizioni di scavenging capacity. Il confronto tra le simulazioni effettuate con il codice PARTRAC e dati sperimentali disponibili in letteratura, ha permesso la validazione del modello e ha indicato che per radiazioni sparsamente ionizzanti la presenza di scavengers ha un effetto protettivo molto più rilevante di quello degli istoni. L’organizzazione del bersaglio a livelli di ordine superiore gioca un ruolo fondamentale nell’induzione di aberrazioni cromosomiche. Il processo è stato studiato mediante lo sviluppo di un modello e un codice di simulazione in grado di riprodurre in modo esplicito i territori cromosomici in interfase; il modello permette di tener conto sia della complessità e della distribuzione spaziale delle lesioni al DNA, sia della posizione relativa dei cromosomi. Le curve dose-risposta simulate hanno mostrato un ottimo accordo con dati sperimentali relativi a vari tipi di aberrazioni indotte da radiazioni di diversa qualità.

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S6P.7 - SVILUPPO DI UN SISTEMA DI RICONOSCIMENTO AUTOMATICO DI IMMAGINI CROMOSOMICHE PER LA BIODOSIMETRIA E LA DIAGNOSTICA CITOGENETICARaffaele Danilo Esposito, Marco Durante, Giancarlo Gialanella, Gianfranco Grossi, Mariagabriella Pugliese, Paola ScampoliDipartimento di Scienze Fisiche, Università Federico II, NapoliPresentato da Raffaele Danilo Esposito ([email protected])

L’analisi delle aberrazioni cromosomiche (CA) è un metodo largamente utilizzato per diverse finalità. Nell’ambito della citogenetica medica, essa permette di effettuare diagnosi prenatali, diagnosi tumorali e monitoraggio di trattamenti tumorali specifici; in ambito radioprotezionistico permette di determinare la dose biologicamente significativa cui un individuo è stato esposto di agenti genotossici specifici, sia fisici, tra cui le radiazioni ionizzanti, che chimici (dosimetria biologica). Tali indagini sono, generalmente, eseguite osservando i cromosomi dei linfociti del sangue periferico (PBL). È stata, infatti, più volte osservata la correlazione tra CA ed effetti sia acuti (morte cellulare) che tardivi (trasformazioni neoplasitche).Una tecnica citogenetica particolarmente indicata per lo studio delle CA è la “Fluorescence in situ Hybridization” (FISH); essa permette di ottenere valutazioni più complete rispetto ad altre tecniche tradizionali.Il principale fattore limitante nell’analisi delle CA è rappresentato dalla rarità con la quale tali eventi si presentano e quindi dal tempo necessario per trovare un numero statisticamente significativo di cellule aberrate.Per tali ragioni stiamo sviluppando un sistema di riconoscimento automatico di immagini cromosomiche (RAIC), ottenute utilizzando la tecnica FISH, che effettua automaticamente la scansione, l’acquisizione e l’identificazione delle cellule apparentemente non normali presenti nel campione. Il RAIC si basa sul cercatore automatico di metafasi Metafer4, prodotto dalla MetaSystems (Altlußheim, Germania) da noi opportunamente implementato ed integrato con un nostro software per la classificazione delle metafasi trovate.Il RAIC sarà utilizzato in un progetto di stima di rischio per esposizione a radiazioni nello spazio. In particolare sarà studiata la trasmissibilità delle CA stabili radioindotte, come scambi simmetrici e scambi complessi, nella prima, seconda e terza mitosi, che richiederà l’analisi di circa 20000 cellule.

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S6P.8 - DOPPIE ROTTURE RADIOINDOTTE NEL DNA DI CELLULE TUMORALI MURINE: CONFRONTO IN VIVO - EX VIVO - IN VITRO Francesca Antonelli1, Mauro Belli1,2, Orazio Sapora1,2, Giustina Simone1,2, Maria Antonella Tabocchini1,2, Orsio Allegrucci3, Anna Cividalli3, Donatella Tirindelli Danesi3

1 Istituto Superiore di Sanità, Roma2 INFN Gr. coll. Roma1, Roma3 ENEA, CR Casaccia, Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, RomaPresentato da Francesca Antonelli ([email protected])

Nell’ambito di un collaborazione tra ISS ed ENEA è in corso uno studio di fattibilità per un confronto in vivo - ex vivo - in vitro del danno radioindotto sul DNA di cellule di adenocarcinoma mammario murino. Questo sistema sperimentale è in uso da molti anni presso l’ENEA Casaccia per studi pre-clinici sugli effetti di trattamenti radianti con dosi singole o frazionate e in combinazione con chemioterapici e/o radiosensibilizzanti. Il tumore, di origine spontanea, viene inoculato nella zampa posteriore del topo dove cresce senza produrre metastasi. Tale localizzazione consente l’irradiazione della sola zampa e la sopravvivenza dell’animale a lungo termine. Con questo sistema sperimentale è quindi possibile, oltre a confrontare la radiosensibilità cellulare in diverse situazioni di micro/macro ambiente, cercare di valutare quanto i risultati sul danno al DNA ottenuti “in vitro” possano essere correlati con l’efficacia del trattamento in vivo, in termini di controllo della crescita tumorale. Una eventuale correlazione potrebbe avere un valore predittivo di notevole utilità pratica.Come tecnica di analisi del danno al DNA è stato scelto di utilizzare il “Comet assay” in condizioni neutre, che consente di valutare le doppie rotture sul DNA nella singola cellula mediante la determinazione del “Tail moment”. Come sorgente di radiazione è stato utilizzato un apparecchio a raggi X (Gilardoni), operante a 250 kV, 15 mA, e filtrato con 0.5 mm Cu, 2 mm Al, 3 mm Be.Nel caso dei tumori irradiati in vivo, dopo 1 ora dall’inizio dell’irradiazione i topi sono stati sacrificati ed i tumori prelevati e ridotti a sospensione cellulare. I campioni sono stati quindi mantenuti in ghiaccio fino all’esecuzione del test. Nel caso dell’irradiazione dei tumori ex vivo e delle cellule in sospensione in vitro, i campioni sono stati mantenuti a temperatura fisiologica o a 4°C per 1 ora a partire dall’inizio dell’irradiazione e poi tenuti in ghiaccio fino all’esecuzione del test. Risultati preliminari ottenuti a seguito di irradiazione con una dose di raggi X pari a 30 Gy sembrano mostrare una maggiore induzione di danno al DNA nelle cellule irraggiate in vitro ed un effetto minore in cellule irraggiate in vivo .

Progetto finanziato con fondi 1% del SSN: N. PB/F/1

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S6P.9 - OXALIPLATINO (1-OHP), 5-FLUOROURACILE (5-FU) E RADIAZIONI IN UN MODELLO SPERIMENTALE MURINOAnna Cividalli1, Francesca Ceciarelli1, Orsio Allegrucci1, Giorgio Cruciani2, Pierluigi Altavista1, Donatella Tirindelli Danesi1 e Paolo Marchetti3

1 Sezione di Tossicologia e Scienze Biomediche, ENEA CR Casaccia, Roma2 Istituto Oncologico Romagnolo (IOR), Ravenna3 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università degli Studi, L'AquilaPresentato da Donatella Tirindelli Danesi ([email protected])

Lo studio eseguito con 1-OHP (SIRR 2000, Int J Radiat Oncol Biol Phys 2002) è stato completato confermando l’azione radiosensibilizzante del farmaco, simile a quella del Cisplatino. Poiché il 5-FU è uno dei farmaci più utilizzati in clinica per la sua azione radiosensibilizzante, abbiamo voluto verificare se la combinazione 1-OHP, 5-FU e radiazioni (RX) potesse portare ad una maggiore efficacia terapeutica senza un eccessivo incremento di tossicità. Sono stati eseguiti esperimenti sia in dose singola che frazionata.Come modello sperimentale è stato utilizzato un adenocarcinoma murino inoculato nel piede posteriore destro di topi femmine (C3D2F1). L’irraggiamento è stato eseguito utilizzando una macchina a raggi X operante a 15 mA, 250 kV, HVL 1,56. I farmaci sono stati somministrati i.p.La massima dose tollerata (MTD) di 1-OHP, in dose singola, è stata di 10 mg/kg; tale dose ha indotto un ritardo di crescita (TGD) significativo (TGD = 3,4 giorni). Il 5-FU, anche alla MTD di 100 mg/kg, non ha ritardato la crescita tumorale. L’aggiunta di 5-FU 25 e 50 mg/kg al trattamento con 1-OHP 6mg/kg -->24 ore--> RX 10 Gy non ha modificato il TGD indotto dalla associazione 1-OHP + RX. Per i trattamenti frazionati è stato scelto lo schema di irraggiamento di 10 trattamenti giornalieri (2 Gy per frazione) e 10 somministrazioni di 5-FU di 10 e 20 mg/kg. Con 5-FU 20mg/kg/frazione in associazione ai raggi X si è ottenuto un significativo incremento del ritardo di crescita rispetto a quello determinato dai soli raggi X. Il trattamento RT+1-OXP+5-FU frazionato è stato particolarmente complesso nella scelta fra diversi protocolli e dosi di 1-OHP ed è inoltre stato osservato un incremento di tossicità. Si è quindi deciso di somministrare 1-OHP in due frazioni alla distanza di quattro giorni a dosi variabili da 4 a 7 mg/kg/frazione. Il trattamento con 5-FU 10mg/kg x 10 + 1-OHP 5mg/kg x 2 + RX 2 Gy x 10 ha determinato un significativo ritardo di crescita con una tossicità tollerabile. Sono di seguito riportati i tempi di quadruplicamento del volume tumorale (TGT4) relativi al protocollo in considerazione: 1) Controllo, TGT4 = 7.1±0.1 - 2) 5-FU 10 mg/kg x 10, TGT4 = 7.7±0.2 - 3) 1-OHP 5 mg/kg x 2, TGT4 = 7.8±0.3, 4) RX 2 Gy x 10, TGT4 = 10.5±0.6 - 4) 1-OHP 5mg/kg x 2 + RX 2 Gy x 10, TGT4 = 11.9± 0.7 - 5) 5-FU 10 mg/kg x 10 + RX 2 Gy x 10, TGT4 = 11±0.5 - 6) 5-FU 10mg/kg x10 + 1-OHP 5 mg/kg x 2 + RX 2 Gy x 10, TGT4 = 15.4±0.9. I risultati degli esperimenti svolti indicano che l’efficacia del trattamento combinato radiochemioterapico può dipendere da numerosi fattori (dosi, protocolli, sequenza) e che farmaci a dosi anche più basse di quelle di per sé inattive possono potenziare gli effetti delle radiazioni.

Il lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto “Metodologie avanzate per la valutazione della radiosensibilità cellulare in relazione allo stato proliferativo” Convenzione ENEA-Istituto Superiore di Sanità n° 9B/F/5.

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S7 – Chimica nucleare e chimica radiofarmaceutica

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Relazioni su invitoSviluppo e convalida di test tossicologici richiesti per legge: l’insostituibile uso di radiotraccianti nello studio del metabolismo di metalli in tracce in colture cellulari – E. Sabbioni e S. Fontaner

Il frammento metallico [Tc(N)(PNP)]: un approccio alternativo per il design di nuovi radiofarmaci – F. Tisato, F. Refosco, C. Bolzati, L. Uccelli, A. Boschi, A. Duatti

Comunicazioni oraliS7.1 Ottimizzazione della produzione di radiotraccianti di platino, palladio e rodio ad alta attività

specifica per studi metallo-tossicologici ed ambientali – F. Groppi, M. Bonardi, C. Birattari, L. Gini, G. Ballarini, A. Ghioni, H. S. C. Mainardi, E. Sabbioni

S7.2 Ottimizzazione della produzione dei radiotraccianti 64Cu e 66,67Ga, ottenuti in forme NCA con reazioni nucleari indotte da deuteroni su bersagli di Zn di composizione isotopica naturale - C. Birattari, M. Bonardi, F. Groppi, L. Gini, H. S. C. Mainardi, G. Ballarini, A. Ghioni, E. Menapace, K. Abbas, U. Holzwarth, R. Stroosnijder

S7.3 Un nuovo ed efficiente metodo per la preparazione di radiofarmaci di Re188 in concentrazione nano-molare - C. Bolzati, L. Uccelli, A. Boschi, A. Duatti

S7.4 L’analisi per attivazione neutronica come tecnica analitica di riferimento: considerazioni metrologiche – E. Rizzio, M. Gallorini.

PosterS7P.1 Studio sulla produzione in reattore nucleare del radionuclide no carrier added 199Au da

impiegarsi nella SPECT e nella radioterapia metabolica - M. Bonardi, F. Groppi, L. Gini, M. Gallorini, E. Rizzio

S7P.2 Determinazione di impurezze di 90Sr in radiofarmaci per radioterapia metabolica marcati con 90Y, mediante scintillazione liquida – M. Bonardi, F. Groppi, C. Birattari, L. Gini, G. Ballarini, A. Ghioni, D. Arginelli

S7P.3 Determinazione radioanalitica di attinoidi tramite spettrometria- ad alta risoluzione – D. Arginelli, S. Bortoluzzi, M. Montalto, M. Nocente, M. Bonardi, F. Groppi, C. Birattari, L. Gini, G. Ballarini, A. Ghioni, H. S. C. Mainardi

S7P.4 Controllo di qualità radiochimica e misura dell’attività specifica del radiofarmaco [186Re]-HEDP per radioterapia palliativa dei dolori causati da metastasi ossese - A. Giussani, M. C. Cantone, D. Bagatti, C. Birattari, M. Bonardi, F. Groppi, M. Gallorini, E. Rizzio

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SVILUPPO E CONVALIDA DI TEST TOSSICOLOGICI RICHIESTI PER LEGGE: L’INSOSTITUIBILE USO DI RADIOTRACCIANTI NELLO STUDIO DEL METABOLISMO DI METALLI IN TRACCE IN COLTURE CELLULARIEnrico Sabbioni e Salvador FortanerCommissione Europea, Centro Comune di Ricerca-Ispra, Istituto per la Salute e la Protezione del Consumatore, Unità ECVAM, 21020 Ispra (Varese)Presentato da Enrico Sabbioni

La valutazione del rischio sanitario associato all’esposizione a metalli in tracce è basata sull’interpretazione delle conoscenze scientifiche relative a tre stadi: identificazione del rischio, valutazione dell’esposizione e formulazione di relazioni dose-risposta. Tale approccio integrato richiede la disponibilità di dati metabolici e tossicologi derivati da diversi tipi di studi come quelli in vivo con animali da laboratorio e studi clinici sull’uomo ed in vitro mediante l’uso di colture cellulari di origine animale ed umana, questi ultimi finalizzati per ragioni etiche anche alla diminuzione e sostituzione degli animali da laboratorio nei test tossicologici richiesti per legge.In questo lavoro vengono riassunti alcuni tra i più significativi risultati ottenuti, mediante l’uso di tecniche radioanalitiche in combinazione con tecniche di biologia cellulare e molecolare, nell’ambito del progetto IMETOX (In vitro MEtal TOXicology) che ha lo scopo di studiare l’aspetto inorganico nello sviluppo e validazione dei test in vitro di tossicità ad ECVAM. In particolare maggior enfasi concerne gli studi metabolici (accumulo, distribuzione intracellulare e biotrasformazione) di composti metallici marcati con radiotraccianti ad elevata radioattività specifica (74As, 51Cr, 199Hg, 54Mn, 191Pt, 48V) in diversi sistemi cellulari di mammifero, quali modelli di cancerogenesi, neurotossicità, nefrotossicità, tossicità cutanea ed immunotossicità. Vengono inoltre discussi alcuni fattori chiave che influenzano la tossicità dei metalli in tracce (esposizione cronica a basse dosi, speciazione ed effetti sinergistici/antagonistici) che attualmente rendono ancora l’approccio dell’utilizzo dei radiotraccianti ad elevata attività specifica per lo più insostituibile per scopi pratici.

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IL FRAMMENTO METALLICO [TC(N)(PNP)]: UN APPROCCIO ALTERNATIVO PER IL DESIGN DI NUOVI RADIOFARMACIFrancesco Tisato1, Fiorenzo Refosco1, Cristina Bolzati1, Licia Uccelli2, Alessandra Boschi2, Adriano Duatti2

1 ICIS – CNR, Padova2 Università di Ferrara Presentato da Francesco Tisato ([email protected])

La ricerca di configurazioni stabili attorno al Tc ha prodotto recentemente due nuovi esempi utili per il design di nuovi radiofarmaci: trattasi dei frammenti metallici fac-[TcI(CO)3]+ (1) e fac-[TcV(N)(PXP)]2+ (2) (PXP è una difosfina che incorpora un eteroatomo X in catena). Questi nuovi agenti contengono il metallo radioattivo intrappolato da opportuni co-leganti, in grado di produrre un frammento inerte alla sostituzione (vedi figura). Al contrario, altri leganti quali l’acqua o gli alogenuri (L) sono labili, e vengono facilmente sostituiti da

chelanti bi- o tri-dentati dotati di atomi donatori in grado di formare nuovi legami covalenti molto forti. Il composto finale che ne risulta, con formulazione fac-[TcV(N)(PXP)(BID)]+/0, è estremamente stabile, anche in vivo. I chelanti tipo-BID possono agire pure da leganti bifunzionali, abili nella coniugazione di molecole biologicamente attive. Tra i composti ottenuti per mezzo di questa nuova tecnologia, un agente cationico con formulazione [99mTcV(N)(PN(R)P)(S,S-dbodc)]+ ha mostrato di possedere qualità biologiche molto interessanti quando viene iniettato in piccoli animali prototipo (ratti). In questo caso, l’imaging della funzionalità cardiaca è superiore, se comparato agli agenti a base di Tc-99m (Cardiolite e Myoview) attualmente in uso clinico.

Referenze1. Alberto R. et al. J. Am. Chem. Soc. 120: 7987 (1998)2. Bolzati C. et al. J. Am. Chem. Soc. 122: 4510 (2000)

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S7.1 - OTTIMIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE DI RADIOTRACCIANTI DI PLATINO, PALLADIO E RODIO AD ALTA ATTIVITÀ SPECIFICA PER STUDI METALLO-TOSSICOLOGICI ED AMBIENTALIFlavia Groppi, Mauro Bonardi, Claudio Birattari, Luigi Gini, Gianluca Ballarini, Alberto Ghioni, H. S. C. Mainardi, Enrico Sabbioni*Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFNvia F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)* IHCP, JRC-Ispra, via E. Fermi 1, I-21020 Ispra (Varese)Presentato da Mauro Bonardi ([email protected])

L'utilizzo di marmitte catalitiche nell'autotrazione ha portato ad un aumento della concentrazione di Pt, Pd e Rh nell'ambiente, causato dal rilascio di questi elementi da parte delle marmitte catalitiche stesse. Questi elementi, come tutti gli elementi metallici pesanti, generano un inquinamento che risulta dannoso per la salute dell'uomo. Una tecnica che permette di studiare il comportamento biocinetico degli elementi in traccia, sia sulle colture cellulari, sia sugli animali da laboratorio al fine di valutare i loro effetti sulla salute dell’uomo, dopo un'esposizione protratta per lungo tempo e a basse concentrazioni, consiste nell’utilizzare Radiotraccianti ad Alta Attività Specifica. La tossicologia del platino è nota ad alte dosi. Viceversa, al momento attuale, si hanno a disposizione poche informazioni a dosi confrontabili ai livelli di esposizione ambientale, attualmente presenti nei paesi tecnologicamente sviluppati. Un ulteriore motivo d'interesse per lo studio della modalità di produzione di radioisotopi di platino risiede nel fatto che il radiotracciante 191Pt viene utilizzato per marcare composti antitumorali (cis-Pt e carbo-Pt) utilizzati nella chemioterapia metabolica.Lo scopo di questo lavoro riguarda quindi lo studio dell'ottimizzazione della produzione dei radionuclidi di platino da utilizzarsi in studi metallobiochimici e tossicologici sia su cellule sia su animali al fine di determinare l'impatto di questi elementi sull'uomo.A tal fine sono state determinate sperimentalmente e sono presentate in questo lavoro le funzioni di eccitazione di targhetta spessa e sottile per i radionuclidi di 188,189,191Pt, prodotti tramite irraggiamento con il ciclotrone ad energia variabile Scanditronix MC40 del JRC-Ispra (Varese), che accelera protoni e particelle alfa per energie sino a 38 MeV, utilizzando le reazioni nucleari natOs(,xn). Al fine poi di ottenere i radiotraccianti in questione in forma No Carrier Added (NCA), sono state messe a punto sia delle separazioni radiochimiche selettive, sia delle procedure per gli opportuni controlli di qualità.

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S7.2 - OTTIMIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE DEI RADIOTRACCIANTI 64CU E 66,67GA, OTTENUTI IN FORME NCA CON REAZIONI NUCLEARI INDOTTE DA DEUTERONI SU BERSAGLI DI ZN DI COMPOSIZIONE ISOTOPICA NATURALEClaudio Birattari1, Mauro Bonardi1, Flavia Groppi1, Luigi Gini1, H. S. C. Mainardi1, Gianluca Ballarini1, Alberto Ghioni1, Enzo Menapace2, Kamel Abbas3, Uwe Holzwarth3, Rien Stroosnijder3

1 Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)2 ENEA, Division for Advanced Physical Technologies, via Don Fiammelli, 2, I-40128 Bologna3 IHCP, JRC-Ispra, CE, via E. Fermi 1, I-21020, Ispra (Varese)Presentato da Flavia.Groppi ([email protected])

Il radioisotopo 64Cu grazie alle sue caratteristiche fisiche ( t1/2 = 12.70 h, - 578 keV EP, 38 %, +, 653 keV EP, 18 %; at 1345.84 keV, 0.473 %) risulta particolarmente adatto per marcare un ampio range di radiofarmaci da impiegarsi sia per l’indagine diagnostica PET (massimo range dei + in tessuto molle 2.7 mm, con un range “medio” 1 mm), sia per la radioterapia metabolica di diversi tipi di tumori. Tra i diversi metodi a disposizione per ottenere il 64Cu (61Cu) in forma NCA, si è scelto di indagare e di mettere a punto la produzione attraverso reazioni nucleari (d,xn) e (d,2pxn) indotte da deuteroni su bersagli di zinco di composizione isotopica naturale. In questo lavoro vengono presentate le funzioni d’eccitazione di targhetta sottile, determinate sperimentalmente in seguito ad irraggiamenti di targhette di zinco per energie dei deuteroni incidenti sino a 19 MeV (energia massima disponibile per i deuteroni presso il Ciclotrone Scanditronix MC40 del JRC, Ispra) per i radionuclidi 61Cu, 64Cu, 66Ga, 67Ga, 65Zn and 69mZn. Gli yield di targhetta sottile sono stati opportunamente fittati al fine di ottenere una funzione analitica che è stata integrata per ottenere le curve di yield di targhetta spessa per diverse energie incidenti e per diverse perdite di energia nei bersagli stessi. I valori calcolati di yield, corrispondenti alla massima energia e perdita di energia a disposizione, sono stati confrontati e sono in ottimo accordo con i valori di yield di targhetta spessa misurati sperimentalmente, ottenuti in irraggiamenti precedenti. È stata messa a punto una separazione radiochimica rapida e selettiva degli radionuclidi di Cu da quelli di Ga e Zn in forme NCA ad alta attività specifica. Infine i valori di sezione d’urto sperimentali ottenuti con questo lavoro sono stati confrontati con quelli calcolati tramite il codice Penelope, sviluppato presso l’ENEA di Bologna.

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S7.3 - UN NUOVO ED EFFICIENTE METODO PER LA PREPARAZIONE DI RADIOFARMACI DI RE188 IN CONCENTRAZIONE NANO-MOLARECristina Bolzati1, Licia Uccelli2, Alessandra Boschi2, Adriano Duatti2

1 ICIS – CNR, Padova2 Università di FerraraPresentato da Cristina Bolzati ([email protected])

Il 188Re, grazie alle sue caratteristiche nucleari (Emax= 2.1 MeV, t½ = 16.98 h), è attualmente considerato un importante candidato per lo sviluppo di radiofarmaci utilizzabili in terapia. Questo, unitamente alla possibilità di disporre di un generatore portatile (188W/188Re), in grado di produrre questo radionuclide con un’elevata attività specifica e a costi relativamente bassi, ha suscitato un notevole interesse verso lo sviluppo di questa categoria di radio-composti. Il Re appartiene allo stesso gruppo del Tc per cui agenti del 99mTc possono essere utilizzati come “matched pair” per lo sviluppo di analoghi complessi del 188Re. Nonostante questa somiglianza, la differenza tra i valori dei potenziali standard di riduzione dei rispettivi anioni tetraossigenati [MO4]- [M= Re (+0.51 E°V), Tc (+0.7 E°V)], che rappresentano il materiale di partenza per la sintesi dei radiofarmaci, preclude il semplice trasferimento delle procedure di sintesi dei radio-farmaci del 99mTc alla preparazione di analoghi composti di 188Re.Ne consegue che, nelle preparazioni radio-farmaceutiche che utilizzano il perrenato come materiale di partenza, sono richieste condizioni di riduzione molto drastiche, al fine di ottenere la formazione del radio-complesso finale in resa accettabile per l’impiego clinico (>95%). Negli ultimi anni abbiamo condotto un approfondito studio sull’applicazione di nuove metodologie sintetiche per la preparazione di complessi del 188Re. Questo ha portato allo sviluppo di un nuovo ed efficiente metodo di riduzione dell’anione perrenato, utilizzabile nella preparazione di differenti classi di radiofarmaci, in condizioni sterili ed apirogene. Nel presente lavoro verrà illustrata la possibilità di applicare questo metodo di riduzione, alla preparazione di composti con applicazione clinica nel trattamento delle malattie degenerative dell’apparato scheletrico quali: 188Re(DMSA) (DMSA= acido dimercapto succinico), e 188Re-MDP (MDP= metilendifosfonato) ed alla marcatura di anticorpi monoclonali ottenuta per via diretta.

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S7.4 - L’ANALISI PER ATTIVAZIONE NEUTRONICA COME TECNICA ANALITICA DI RIFERIMENTO: CONSIDERAZIONI METROLOGICHE Enrico Rizzio, Mario Gallorini. CNR- URS Unità di Radiochimica e Spettroscopia dell’Istituto di Metrologia G.Colonnetti di Torino, c/o Università di PaviaPresentato da Enrico Rizzio ([email protected])

Nella determinazione dei metalli e degli elementi a livello di tracce, l’Analisi per Attivazione Neutronica è la tecnica analitica nucleare che, per un grande numero di elementi, offre elavate garanzie in termini di sensibilità, precisione e accuratezza. L’esigenza, comunque, di valutare tutti i parametri necessari per l’effettuazione dei controlli di qualità sui dati ottenuti, pone, anche per questa tecnica, l’obligo di definire e misurare tutte le possibili fonti di errore e le relative incertezze.Questo si rende necessario sopratutto in considerazione che, nell’ambito delle analisi di tracce, viene spesso attribuito all’AAN il ruolo di “tecnica analitica di riferimento”.In questo lavoro vengono presentate tutti le possibili fonti di incertezza presenti nell’applicazione della tecnica anlitica e le corrispondenti valutazioni degli errori associati. A titolo di esempio viene studiata dal punto di vista “metrologico” l’analisi del contenuto di arsenico presente, come drogante, in campioni di silicio iperpuro.

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S7P.1 - STUDIO SULLA PRODUZIONE IN REATTORE NUCLEARE DEL RADIONUCLIDE NO CARRIER ADDED 199AU DA IMPIEGARSI NELLA SPECT ED IN RADIOTERAPIA METABOLICAMauro Bonardi1, Flavia Groppi1, Luigi Gini1, Mario Gallorini2, Enrico Rizzio2

1 Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)2 CRAA-CNR, via Taramelli 12, I-27100 PaviaPresentato da Mauro Bonardi ([email protected])

L’isotopo 198Au (energia di emissione: 411.80205 keV, 95.58%) e’ stato impiegato per decennii in medicina nucleare per ottenere immagini scintigrafiche di diversi organi corporei, anche se ciò comporta la somministrazione ai pazienti di elevate dosi. Si ottiene, con un yield elevato, dalla reazione nucleare 197Au(n,) bombardando targhette di oro naturale. Data l’impossibilità di separare radiochimicamente 198Au dalla targhetta di 197Au stabile, l’attività specifica che si ottiene a saturazione raggiunge solo 2.96 GBq/mg con un flusso di neutroni di 1013 n/cm2 s.L’isotopo 199Au (t1/2 = 3.139 d), è un radionuclide che decade - (100 % branching) ed emette due a 158.37947 keV (40.0 %) e 208.20597 keV (8.732 %). Ha un’attività Specifica Carrier Free di 7.73 GBq/g. E’ stato prodotto col reattore nucleare TRIGA di Pavia, per attivazione neutronica di targhette di platino di composizione naturale (198Pt = 7.2 %), sfruttando la reazione a catena 198Pt(n,)199(g+m)Pt 199Au che presenta uno yield a saturazione per 199Au di 8.88 MBq/mg Pt, con un flusso di 1013 n / cm2 s. Utilizzando una targhetta arricchita al 100% di 198Pt si potrebbero ottenere 115 GBq/mg Pt. Con questo metodo di produzione si ottiene 199Au in forma no carrier added, NCA, con attività specifica molto alta. La purezza radioisotopica del 199Au, dopo separazione radiochimica dalla targhetta di platino e dalle impurezze di iridio presenti, raggiunge il 99.99%, che corrisponde ad una contaminazione radioisotopica di 198Au minore dello 0.001%. L’199Au di elevata purezza può essere impiegato sia per immagini scintigrafiche, sfuttando il gamma di 158.38 keV, sia nella radioterapia, dato che l’energia media degli elettroni è di 57.5 keV e l’energia beta massima è pari a 0.208 MeV che corrisponde ad un range di 4.5 mm in tessuto equivalente. Infine, l’avere a disposizione un radioisotopo ad alta attività specifica in condizione NCA permette di somministrare alte attività, evitando gli effetti di elevata tossicità chimica tipica dell’oro(III).

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S7P.2 - DETERMINAZIONE DI IMPUREZZE DI 90SR IN RADIOFARMACI PER RADIOTERAPIA METABOLICA MARCATI CON 90Y, MEDIANTE SCINTILLAZIONE LIQUIDAMauro Bonardi1, Flavia Groppi1, Claudio Birattari1, Luigi Gini1, Gianluca Ballarini1, Alberto Ghioni1, Dolores Arginelli2

1 Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)2 ENEA, Centro di Ricerca, Istituto di Radioprotezione, Strada per Crescentino, I-13040 Saluggia, VercelliPresentato da Flavia.Groppi ([email protected])

Il radionuclide 90Y (t1/2 = 64.10 h) è il radionuclide figlia del prodotto di fissione a lunga emivita 90Sr (t1/2 = 28.78 a). I due radionuclidi decadono beta con abbondanza del 100%. Le energie beta “medie” dei due radionuclidi sono 934.8 keV e 195.7 keV rispettivamente. L’energia di End Point del 90Y è elevata (2.228 MeV) e corrisponde ad un range in tessuto equivalente pari a ca. 12 mm, pertanto tale radionuclide è utilizzato prevalentemente per la terapia radiometabolica di tumori massivi (in bulk). L’ 90Y è presente sul mercato sotto forma di soluzione cloridrica di 90Y(III), oppure puo’ essere eluito dal proprio “generatore” 90Sr/90Y, con valori estremamente diversi di attività specifica, purezza radiochimica e purezza radionuclidica, in dipendenza dal tipo di processamento chimico al quale è stato sottoposto. Con l’ 90Y(III) vengono marcati numerosi radiofarmaci, fra i quali il piu’ comune è la biotica (i.e: co-enzima R, vitamina H), che è un fattore di crescita cellulare presente in tutti gli organi umani ed in concentrazione particolarmente elevata nei tessuti tumorali. La biotina viene coniugata con la proteina avidina.La tecnica della spettrometria beta mediante scintillazione liquida (LSC) è estremamente sensibile (< Bq/ml) e permette la determinazione di impurezze di emettitori beta ed alfa nei radiofarmaci marcati con 90Y. Data l’energia elevata di 90Y e 90Sr il quench dei campioni è relativamente basso (numero di Horrocks 100) e l’efficienza di rivelazione è quindi prossima al 98%. I radiofarmaci commerciali analizzati al momento della certificazione, hanno presentato una purezza radionuclidica > del 99.99% ed un contenuto tipico di 90Sr del 10-3%. Ovviamente, data la breve emivita dell’ 90Y rispetto allo 90Sr, la percentuale di quest’ultimo aumenta rapidamente nel tempo trascorso fra la certificazione del 90Y (o l’eluizione dal suo generatore) ed il momento della somministrazione al paziente.

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S7P.3 - DETERMINAZIONE RADIOANALITICA DI ATTINOIDI TRAMITE SPETTROMETRIA- AD ALTA RISOLUZIONE Dolores Arginelli1, Sandro Bortoluzzi1, Mario Montalto1, Mauro Nocente1, Mauro Bonardi2, Flavia Groppi2, Claudio Birattari2, Luigi Gini2, Gianluca Ballarini2, Alberto Ghioni2, H. S. C. Mainardi1

1 ENEA CR-SALUGGIA, Istituto per la Radioprotezione, Strada per Crescentino, I-13040 Saluggia (Vercelli)2 Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)Presentato da Dolores Arginelli ([email protected])

Nell’ambiente sono presenti attinidi sia di origine naturale sia di origine artificiale (IUPAC, elementi 5f). Il torio e l’uranio sono elementi naturali che compaiono nell’ecosistema in grandi quantità (la concentrazione dell’uranio nell’acqua del mare Adriatico è di 3 t/km3). Il rischio radiologico di questi elementi naturali è dovuto all’alta attività specifica dei loro prodotti di decadimento (catene naturali 4n+2, 4n, 4n+3).Alcuni elementi transuranici naturali (Np, Pu, Am, Cu, Bk) sono a livello di ultra-tracce negli ecosistemi, essendo prodotti da auto-attivazione indotta da neutroni, di radionuclidi di uranio e torio naturali (U-234, 235, 238 e Th-232), che presentano un rateo di fissione spontanea non trascurabile, con emissione di neutroni veloci, che vengono termalizzati in materiali e minerali naturali. Inoltre alcuni attinoidi sono prodotti nei cosiddetti reattori nucleari naturali di origine fossile (ad es: effetto Gabon/Oklo) come prodotti di attivazione.Enormi quantità di elementi transuranici con numero atomico fino a 100 (Fm) sono prodotti artificialmente (da 50 anni) nel ciclo del combustibile nucleare ed erano presenti nel fall-out delle esplosioni delle bombe atomiche e dei test nucleari. Gli elementi oltre il fermio (IUPAC, Z = 101 – 109) e gli ipotizzati super-attinoidi (IUPAC, Z up to 153) possono essere considerati solo elementi artificiali, e fino ad ora non sono ancora stati rivelati nell’ambiente, sia all’interno che all’esterno del sistema solare.Tutti gli attinoidi ad alta attività specifica (esclusi i radionuclidi di U e Th a vita molto lunga) sono molto pericolosi dal punto di vista radiologico, essendo emettitori alfa e dando luogo a fissione spontanea. Vice versa l’alta tossicità dei composti di U è principalmente dovuta a ragioni chimiche.Al fine di misurare la concentrazione di attività dei radionuclidi di U, Th e Am, in campioni biologici ed ambientali è stato fatto grande uso di tecniche radioanalitiche basate sui seguenti passaggi:

1. mineralizzazione dei campioni per via acida, usando la tecnica dello spike interno (232U and 243Am sono stati usati come traccianti). Diverse miscele acidiche/ossidanti sono state usate dipendentemente dalla matrice considerata (biologica, ambientale, ecc.);

2. separazione radiochimica selettiva dei differerenti attinoidi, da altre specie radioattive emettitrici alfa, come i prodotti di decadimento delle diverse catene radioattive naturali. Sono state usate differenti tecniche radiochimiche combinate, come: coprecipitazione con carrier isomorfo, estrazione liquido/liquido, cromatografia a fase inversa, cromatografia a scambio ionico, elettrodeposizione;

3. elettrodeposizione di frazioni di attinoidi altamente arricchite su supporti di acciaio inossidabile;4. determinazione della resa radiochimica e dell’attività di vari attinoidi tramite spettrometria alfa ad alta

risoluzione, attraverso l’uso di rivelatori al silicio a impiantazione ionica, connessi ad analizzatori multicanali da 512 canali.Fino ad ora sono stati analizzati parecchi campioni di terreno e di urine umane e le rese chimiche ottenute variano fra il 30 e il 70 %.In particolare nei campioni di urina si è posta grande attenzione al problema della contaminazione da polonio. Il 210Po essendo un membro della catena naturale dell’238U è presente nelle matrici considerate come pure il suo progenitore. In questo lavoro vengono presentati i risultati preliminari dello studio di una procedura di estrazione radiochimica dei radionuclidi di interesse, tenendo conto dell’interferenza del 210Po che, avendo un’emissione nella stessa regione energetica dei radiotraccianti usati, tende a falsare la determinazione della resa chimica e della conseguente attività.

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S7P.4 - CONTROLLO DI QUALITÀ RADIOCHIMICA E MISURA DELL’ATTIVITÀ SPECIFICA DEL RADIOFARMACO [186RE]-HEDP PER RADIOTERAPIA PALLIATIVA DEI DOLORI CAUSATI DA METASTASI OSSEEA. Giussani1, M. C. Cantone1, D. Bagatti1, C. Birattari2, M. Bonardi2, F. Groppi2, M. Gallorini3, E. Rizzio3

1 Sezione di Fisica Medica, Dipartimento di Fisica, via Celoria 16, I-20133 Milano

2 Laboratorio di Radiochimica, LASA, Università degli Studi e INFN, via F.lli Cervi 201, I-20090 Segrate (Milano)3 CRAA-CNR, via Taramelli 12, I-27100 PaviaPresentato da Augusto Giussani ([email protected])

Il radiofarmaco (idrossil-etilidene)-difosfonato sale disodico (HEDP) marcato col radionuclide 186Re, viene utilizzato per le sue proprietà osteotropiche, per la palliazione del dolore associato alle metastasi ossee provocate da tumori primari della prostata, delle ovaie, della mammella. Il radionuclide 186Re viene prodotto comunemente mediante irraggiamento di bersagli arricchiti in 185Re in reattore nucleare termico. Le reazioni utilizzate 185Re(n,)186Re, permettono di ottenere un radionuclide con attività specifiche che dipendono in prevalenza dal grado di arricchimento del bersaglio irraggiato, dal flusso di neutroni impiegato, dalla durata dell’irraggiamento e dal tempo d’attesa fra la fine dell’irraggiamento, la fine del processo di marcatura radiochimica ed il momento dell’impiego del radiofarmaco marcato. Mediante la tecnica dell’attivazione neutronica, è stato possibile determinare sperimentalmente sia il grado di arricchimento del 185Re utilizzato, sia l’attività specifica del [185Re]-HEDP.Inoltre, mediante impiego di tecniche di radiocromatografia su carta, seguite da misure di spettrometria gamma e conteggio beta mediante scintillazione liquida, è stata misurata la purezza radiochimica e la stabilità nel tempo di numerosi campioni commerciali di tale radiofarmaco. La stabilità del radiofarmaco è influenzata marcatamente da temperatura, pH e tempo d’attesa fra la fase di produzione e l’impiego.Infine, poiché una percentuale non nota di radiofarmaco si decompone - dopo iniezione nel paziente - nelle principali forme radiochimiche di 186ReO2 (biossido di 186Re(IV) insolubile) e 186ReO4-(anione tetraossarenato(VII), o anione perrenato(VII)), è stata misurata la composizione radiochimica del 186Re anche in campioni di urina e siero prelevati in pazienti sottoposti a tale terapia radiometabolica. Le informazioni ottenute permetteranno di ottimizzare il trattamento radioterapico mediante lo sviluppo di un modello biocinetico compartimentale.

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INDICE DEGLI AUTORI

Abbas, K 102Agostino, A. 47Allegrucci, O. 95, 96Altavista, P. 96Angeli, E. 64Antoccia, A. 88Antonelli, F. 24, 32, 95Argentino-Storino, A. 88Arginelli, D. 106, 107Avdeev, S. 12, 13, 19, 20Bagatti, D. 108Ballarini, F. 29, 93Ballarini, G. 79, 101, 102, 107Barale, R. 38Barattini, P. 84 Belli, F. 12Belli, M. 24, 32, 91, 92, 95Benassi, M. 67, 68Benzi, P. 47Beorchia, A. 65Bergamaschi, L. 49, 63Bertoldo, A. 89Bettega, D. 34Bianco, C. 54Bidoli, V. 12, 13, 19, 20Birattari, C. 79, 101, 102, 106, 107, 108Boezio, M. 12, 13, 19, 20Bolzati, C. 100, 103Bonardi, M. 79, 101, 102, 105, 106, 107, 108Bonometti, E. 47Bonvicini, W. 12, 13, 19, 20Borasi, G. 56Bortoletto, E. 17, 25Bortoluzzi, S. 107Boschi, A. 76, 100, 103Bottizzo, E. 47Brandone, A. 49Breuer, F. 39Burattini, E. 71Buttafava, A. 42Caccia, B. 68Calzolari, P. 34Campa, A. 91Canale Cama, G. 60, 62Canova, S. 17, 25Cantone, M. C. 108Carenza, M. 48Caresana, M. 78Carlson, P. 12, 13, 19, 20Carozzo, S. 12, 13, 19, 20Casolino, M. 12, 13, 14, 19, 20Castellini, G. 12, 13, 19, 20Castrignanò, F. 84Cavinato, M. 89

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Cecchinelli, B. 83Ceciarelli, F. 67, 96Cella, L. 60, 62Celotti, L. 17, 25Centomo, P. 50Cherubini, R. 72, 89, 91, 92Ciattoni, S. 74Cividalli, A. 67, 95, 96Colombi, C. 61Corain, B. 50Corda, U. 73Corvò, R. 53, 59Cotronei, V. 12, 13, 19, 20Covelli, V. 87, 90Creton, G. 67Cucinotta, F. 89d'Alesio, V. 62D’Orazi, G. 83Da Re, A. 64De Angelis, G. 15, 21, 22De Pascale, M. P. 12, 13, 19, 20Del Giudice, P. 68Di Fino, L. 12, 13, 19, 20Di Majo, V. 87di Masi, A. 88Dimauro, I. 88Dini, V. 24, 91, 92Donadio, S. 66Donato, V. 55Doneda, L. 34Donelli, G. 36Duatti, A. 100, 103Durante, M. 16, 18, 23, 62, 94Emmi, S. S. 44Esposito, G. 91, 92Esposito, R. D. 94Faucitano, A. 42Ferrante, A. 31, 32, 36, 86Fiocca, M. 61Fiorani, O. 61Fontaner, S. 99Frittelli, L. 39Fuglesang, C. 12, 13, 19, 20Fuochi, P. 73Furano, G. 12, 13, 14, 19, 20Furusawa, Y. 24Fusco, A. 60Galeazzi, G. 72Galloni, P. 37Gallorini, M. 45, 49, 63, 104, 105, 108Galper, A. 12, 13, 19, 20Gambarini, G. 61Garibaldi, U. 66Garlati, L. 78Gatta, L. 37Gensabella, G. 84

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Gerardi, S. 72, 89, 92Ghioni, A. 79, 101, 102, 106, 107Gialanella, G. 16, 18, 23, 62, 94Gianelli, G. 12Giaveri, G. 49, 63Gini, L. 79, 101, 102, 105, 106, 107Giussani, A. 108Gombia, E. 73Grande, S. 33, 58Greco, O. 23Gremigni, G. 76Grollino, M. G. 84Groppi, F. 79, 101, 102, 105, 106, 107, 108Grossi, G. 16, 18, 23, 62, 94Grosso, D. 66Gudjonsdottir, A. J. 22Guidoni, L. 33, 58Holzwarth, U. 102Hrafnkelsson, J. 22Imbasciati, L. 14Indovina, P. L. 31, 36, 86Iori, M. 56Khodarovich, A. 12, 13, 19, 20Korotkov, M. G. 12, 13, 19, 20Krasnowska, E. 35Lanza, V. 30La Sala, G. 35Lavalle, M. 73Libertini, S. 60Licoccia, S. 12Lora, S. 48, 50, 89Lovisolo, G. A. 37, 74Luciani, A. M. 33, 58Lulli, G. 73Maggi, A. 35Mainardi, H. S. C. 79, 101, 102, 107Mancuso, M. T. 87, 90Manti, L. 18Marchetti, P. 96Marino, C. 37Martellini, F. 48Marzi, S. 68Mascialino, B. 66Mattia, M. 68Mazzenga, G. 12, 13, 19, 20Mazzi, U. 57Mei, L. H. I. 48Melato, M. 65Menapace, E. 102Merola, P. 90Michael, B. D. 85Mlynarik, V. 33Modena, I. 12, 13, 19, 20Mognato, M. 17, 25Montalto, M. 107Morselli, A. 12, 13, 19, 20

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Mosci, C. 66Mosiello, A. 88Narici, L. 12, 13, 19, 20Negri, R. 30Nocente, M. 107Olivieri, G. 30Olla, P. 74Ottolenghi, A. 29, 93Pace, L. 37Pacelli, R. 60, 62Paiusco, M. 56 Papini, P. 14Papotti, E. 77Parasassi, T. 35Patti, A. 73Pazzaglia, S. 87, 90Peccatori, M. 38Pedrazzi, G. 77Penco, M. A. 66Perrone, A. 61Petrov, V. P. 12, 13, 19, 20Picozza, P. 12, 13, 19, 20Pinto, M. 85Pinto, R. 37, 74Pioli, C. 37Pirola, L. 61Popov, A. 12, 13, 19, 20Portella, G. 60Pretazzoli, V. 30Prise, K. M. 85Profumo, A. 49Proietti Pannunzi, C. 35Pugliese, M. 16, 18, 23, 62, 94Punzo, G. 62Rafnsson, V. 22Rainaldi, G. 31, 32, 36, 86Reali, E. 12, 13, 19, 20Rebessi, S. 87, 90Refosco, F. 100Ricci, M. 12, 13, 19, 20Rinaldi, A. 12Rizzardi, C. 65Rizzio, E. 49, 63, 104, 105, 108Romagnoli, P. 12Rosi, A. 33, 58Rosi, G. 61Rossi, L. 14Rossi, L. 49Russo, A. 17, 25Rydberg, B. 24Sabbioni, E. 99, 101Salnitskii, V. P. 12, 13, 19, 20Sannita, W. G. 12, 13, 19, 20Santaquilani, M. 21Santini, M. T. 31, 32, 36, 86

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Sapora, O. 29, 35, 92, 95Saran, A. 87, 90Sardi, I. 62Scampoli, P. 16, 18, 23, 62, 94Scannicchio, D. 93Scipione, R. 21Shevchenko, O. I. 12, 13, 19, 20Simone, G. 24, 32, 92, 95Soddu, S. 83Sorrentino, E. 24, 92Sparvoli, R. 12Spillantini, P. 12, 13, 14, 19, 20Squarcia, S. 66Stoppa, P. 89Stronati, L. 84Stroosnijder, R. 102Sulem, P. 22Tabocchini, M. A. 24, 32, 92, 95Taccetti, F. 14Tallone, L. 34Tamba, M. 46Tanori, M. 87, 90Tanzarella, C. 82, 88 Tartari, A. 64Tirindelli Danesi, D. 28, 67, 84, 95, 96Tisato, F. 100Torreggiani, A. 46Traversa, E. 12Trukhanov, K. A. 12, 13, 19, 20Ubaldi, V. 37Uccelli, L. 100, 103Vaccari, S. 77Vacchi, A. 12, 13, 19, 20Valota, A. 93Vavilov, N. 12, 13, 19, 20Vazquez, M. 12Vecchia, P. 36Verdecchia, A. 21Viarengo, P. 66Vidali, C. 65Viti, V. 33, 58Volpe, P. 47Williams, J. R. 89Zampa, G. L. 12, 13, 19, 20Zampa, N. 12, 13, 19, 20Zecca, L. 63Zotti-Martelli, L. 38

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