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ARTICOLO 21: Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere al sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando via sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre 24 ore fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. PROFILO ATTIVO: è definito come la libertà di informare e definisce la posizione soggettiva del titolare della libertà d’informazione, cioè di colui che elabora e che diffonde presso il pubblico notizie, fatti e informazioni. PROFILO PASSIVO: si riferisce alla libertà di essere informati, “libertà-diritto” di essere informati. Accanto alla libertà d’informazione c’è anche il diritto di ricercare le fonti e di accedere alle stesse. LIMITI ESPLICITI: l’unico limito esplicito è il buon costume, fondato sul significato di comune senso del pudore e di pubblica decenza e relativo essenzialmente alla sfera della morale sessuale. Infatti l’art. 529 c.p. precisa che “ agli effetti della

Zaccaria Valastro

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diritto dell'informazione

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ARTICOLO 21: Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere al sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria, nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescrive per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando via sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre 24 ore fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle 24 ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

PROFILO ATTIVO: è definito come la libertà di informare e definisce la posizione soggettiva del titolare della libertà d’informazione, cioè di colui che elabora e che diffonde presso il pubblico notizie, fatti e informazioni.PROFILO PASSIVO: si riferisce alla libertà di essere informati, “libertà-diritto” di essere informati. Accanto alla libertà d’informazione c’è anche il diritto di ricercare le fonti e di accedere alle stesse.

LIMITI ESPLICITI: l’unico limito esplicito è il buon costume, fondato sul significato di comune senso del pudore e di pubblica decenza e relativo essenzialmente alla sfera della morale sessuale. Infatti l’art. 529 c.p. precisa che “ agli effetti della legge penale si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore”. La Corte ha precisato che il buon costume non può essere fatto coincidere con la morale o la coscienza etica ma deve intendersi come un insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, l’inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale, della dignità personale e del sentimento morale dei giovani.A questo limite però non è soggetta l’opera d’arte o di scienza però rimane una questione di fondo: quella generale dei criteri per individuare le opere artistiche o scientifiche.

LIMITI IMPLICITI: si classificano in due grandi categorie:- quelli che derivano dal rilievo costituzionale di situazioni giuridiche facenti capo a soggetti privati o a gruppi sociali; sono i cosiddetti diritti della personalità: diritto alla riservatezza, all’onorabilità, alla reputazione, alla dignità sociale, diritti di natura civilistica come il diritto d’autore o le opere d’ingegno;- quelli che derivano dalla tutela di interessi di natura pubblicistica. Oltre ai limiti pacificamente conosciuti, come quello fondato sull’interesse all’amministrazione della giustizia, la Corte costituzionale ne ha riconosciuti altri di + dubbia legittimità, come il prestigio del Governo e della Pubblica Amministrazione, la sicurezza dello Stato e il prestigio dell’economia pubblica.

DIRITTO DI CRONACA: esiste un’equivalenza tra il diritto di manifestare, il diritto di informare e il diritto di cronaca. le condizioni alle quali si fa riferimento sono 3:- utilità sociale o interesse pubblico si ritengono socialmente rilevanti le notizie che presentano interesse per l’intere collettività nazionale mentre la stessa rilevanza sociale dovrebbe negarsi a quelle notizie volte a soddisfare istinti di bassa curiosità e di pettegolezzo. - la verità dei fatti la giurisprudenza sembra ormai ferma a tutelare la reputazione del singolo affermando la necessità di un assoluto rispetto del limite interno della verità oggettiva di quanto riferito e lo stretto obbligo dell’agente di rappresentare fedelmente gli avvenimenti tali quali sono.- la continenza è la forma civile dell’esposizione; è volta a risolvere i problemi derivanti dal fatto che anche notizie sostanzialmente vere possono risultare offensive in conseguenza del modo e della forma in cui vengono presentate. Non possono ammettersi tutte quelle modalità espressive che risultino eccedenti rispetto allo scopo informativo.

ONORE: è il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona. Essendo un valore intrinseco dell’uomo in quanto inerente alla sua qualità di persona, deve essere oggetto di tutela costante ed uguale per tutti, essendovi un minimo etico comune ad ogni persona in quanto tale. La concezione fattuale dell’onore individua due profili di questo sentimento:- onore in senso soggettivo, sentimento che ciascuno ha di se stesso e della propria dignità;- onore in senso oggettivo, la reputazione che si individua nella stima che i consociati hanno del soggetto in questione.

DIRITTO ALLA RISERVATEZZA: è l’interesse di un soggetto a mantenere la sfera delle propria vita privata e intima al riparo da indiscrezioni altrui.la nozione di riservatezza nel corso degli anni si è arricchita di nuovi significati, oltre a quello di privacy è emerso + di recente quello del diritto-interesse al controllo dei propri dati personali. Il problema della tutela della riservatezza si pone soprattutto in relazione all’esercizio della libertà di cronaca perché c’è un contrasto di fondo tra riservatezza e libertà d’informazione. In particolare il dibattito si apre per le persone note. La giurisprudenza ha affermato che non può essere generalizzato il principio della rinuncia implicita delle persone note al principio della riservatezza ma che al contrario anch’esse conservano integra tale esigenza potendola far valere limitatamente e relativamente a quella sfera di interessi e attività personali che nulla hanno a che vedere con i fati e le ragioni della propria popolarità.LEGGE N° 675 DEL 1996: preoccupazioni suscitate dalla forme di trattamento automatizzato dei dati personali. L’utilizzo sempre + ampio di banche dati nella raccolta, elaborazione, conservazione e trattamento di dati personali hanno mostrato da un lato interessi degli imprenditori a ricercare e immagazzinare tutte le informazioni utili per l’esercizio delle loro attività e funzioni; dall’altro l’interesse dei cittadini a mantenere il controllo sui propri dati personali e sulla corretta utilizzazioneDegli stessi in virtù del diritto alla riservatezza. Questa sentenza è stata oggetto di numerose modifiche e integrazione negli anni successivi realizzate con il decreto legislativo del 30.06.2003Le novità sono: - per dato personale si intende qualunque informazione relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili mediante riferimento a qualsiasi informazione. Mentre per trattamento si intende qualunque operazione svolta con o senza l’ausilio di mezzi elettronici o cmq automatizzati concernenti dati personali;- la persona che fornisce i propri dati personali deve essere informata dell’utilizzo che ne verrà fatto;- per i dati è necessario ottenere il consenso dell’interessato;- per il trattamento dei dati sensibili (etnia,relig,fede politica) oltre al consenso dell’interessato occorre l’autorizzazione del garante;- all’interessato vengono riconosciuti rilevanti diritti come la cancellazione,la trasformazione in

forma anonima, la rettifica, l’aggiornamento o l’integrazione dei dati.Il consenso dei dati non occorre per l’attività giornalistica.

RIPRESE TELEVISIVE DELLE UDIENZE PENALI: esiste un doppio livello di rilevanza giuridica dell’interesse a riprendere e trasmettere i procedimenti penali: - il fondamentale diritto di informare garantito dall’art. 21;- il principio di pubblicità delle udienze.L’art. 147 c.p.p. pone 2 condizioni all’effettuabilità delle riprese:- una positiva, relativa alla strumentalità delle udienze all’esercizio del diritto di cronaca (non quindi a forme diverse di divulgazione: didattica, scientifica, ecc..);- l’altra negativa, relativa all’esigenza che le riprese non rechino nessun pregiudizio al regolare svolgimento del processo;Inoltre afferma che il giudice può autorizzare la ripresa dell’udienza solo ove le parti vi consentano, ma subito dopo aggiunge che tale autorizzazione può essere data anche senza il consenso delle parti quando sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante.

PRINCIPIO PLURALISTICO: valore costituzionale più importane nella disciplina dei mezzi di comunicazione di massa. Rappresenta quindi un valore costituzionale, un obiettivo da perseguire da parte del legislatore in particolare attraverso l’adozione di una particolare normativa antitrust. La Corte ha ricavato 2 diverse accezioni di pluralismo:- esterno, che si riferisce all’intero sistema mettendo in luce particolarmente i profili collegati alla realizzazione di una piena libertà di concorrenza;- interno, che riferisce alla tv pubblica e si può definire come l’obbligo a dar voce a tutte o nal maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali presenti nella società.Il principio pluralistico viene realizzato quando in un determinato mercato si trovano ad operare una pluralità di soggetti, diversi tra di loro e tendenzialmente equivalenti sotto il profilo tecnico ed economico. Questo principio va difeso contro l’insorgere di posizioni dominanti tali da comprimere sensibilmente questo fondamentale valore

ARTICOLO 15:La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

DEFINIZIONE DI CORRISPONDENZA E COMUNICAZIONE: per una parte della dottrina la corrispondenza è solo quella epistolare ed è definita come qualsiasi invio chiuso ad eccezione dei pacchi, e qualsiasi invio aperto che contenga comunicazioni aventi carattere attuale e personale. La copertura costituzionale si può riconoscere soltanto alle comunicazioni materialmente assoggettabili e completamente assoggettate a vincolo di segretezza ed escludersi per quegli invii di tipo diverso la cui riconoscibilità come mezzo espressivo del pensiero sia solo convenzionale (pacchi e cartoline). La dottrina prevalente e la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha precisato che il termine corrispondenza non si limita alla sola forma epistolare ma si estende ad ogni altra forma di comunicazione privata.L’ART. 623 BIS DELLA LEGGE N° 98 DEL 1974 prevedeva l’applicazione delle disposizioni sulle comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche a qualunque altra trasmissione di suoni o immagini o altri dati effettuata con collegamento su filo o a onde guidate. LA LEGGE N° 547 DEL 1993 ha introdotto le nozioni di comunicazione informatica e telematica.

La definizione contenuta nell' art. 616 u.c. è stata aggiornata nel senso che per corrispondenza si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.LA SENTENZA N° 81 DEL 1993 della Corte Costituzionale ritiene che devono essere protetti non solo i contenuti ma anche i dati esteriori delle comunicazioni, cioè le comunicazioni che si svolgono tra soggetti predeterminati entro una sfera giuridica protetta da riservatezza è tale da ricomprendere non solo la segretezza del contenuto ma anche quella relativa all’identità dei soggetti e ai riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione stessa.

TUTELA DELLA SEGRETEZZA: la dottrina prevalente ritiene che la libertà e la segretezza siano autonome una dall’altra. Mentre per le comunicazioni affidate a strumenti idonei ad escludere la conoscibilità da parte dei terzi la segretezza dei contenuti sarebbe presunta e tutelata proprio in ragione di tali strumenti, per le comunicazioni aperte il fondamento della segretezza va ricercato nei requisiti dell’attualità e della determinabilità dei destinatari. Saranno quindi tutelati dall’art 15 soltanto i msg che utilizzano modalità di trasmissione escludenti la conoscibilità da parte dei terzi e il contenuto del pensiero trasmesso. Il fenomeno della convergenza multimediale ha alterato profondamente la struttura tradizionale della comunicazione basata sulla corrispondenza tra mezzo e attività.

capitolo 9.

la normativa antitrust nel settore radiotelevisivo.

nozioni di controllo e collegamento.per i mezzi di comunicazione di massa tali norme sono identificate dall’art.1,co.8,della l.n.416,così come riformato dalla l.n.67/1987,e dall’art.2,co.18 della l.n.249/1997.le norme appena citate si pongono in un’ottica di superamento della definizione generale fornita dall’art.2359 c.c,che ravvisa l’esistenza di un rapporto di controllo tra due società che:

- sono in possesso di azioni tali da attribuire a una società la maggioranza di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria dell’altra società;- sono in possesso di un numero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;- hanno un’influenza dominante derivante da particolari vincoli contrattuali.

Allo scopo di ampliare la nozione di controllo il legislatore è intervenuto più volte. Una disposizione del 1990 include nella definizione di controllo e collegamento anche quei rapporti realizzati congiuntamente con altri soggetti tramite società direttamente o indirettamente controllate o tramite intestazione fiduciaria o mediante accordi parasociali.Una nuova definizione di controllo è contenuta nella l.n.249/1997,che considera il controllo come esistente nella forma dell’influenza dominante,quando ricorrono una serie di situazioni indicate:a) esistenza di un soggetto che abbia la possibilità nell’assemblea ordinaria di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori e sussistenza di rapporti di carattere finanziario e organizzativo o economico;b) l’assoggettamento a direzione comune,che può risultare anche in base alle caratteristiche della composizione degli organi amministrativi o per altri significativi e qualificati elementi.

La disciplina contenuta nella legge n.249 del 1997:la ripartizione delle competenze fra l’Autorità della concorrenza e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Tale legge prevede l’istituzione di una nuova autorità amministrativa nel settore delle comunicazioni,la quale assume su di sé l’ampia e diversificata tipologia di competenze nel settore delle telecomunicazioni e della radiotelevisione. Sembra rivestire un ampio rilievo il disposto dell’ art.2,co.3 della l.n.249/1997,in base al quale gli operatori del settore delle comunicazioni sono obbligati ad inviare,sia alla neo-istituita autorità,sia all’autorità garante,le comunicazioni relative alle intese ed alle operazioni di concentrazione,al fine dell’esercizio delle rispettive competenze da parte delle due autorità.Questo complesso quadro normativo induce a ritenere che all’autorità sia affidata l’applicazione della specifica disciplina del divieto di posizione dominante e la tutela del pluralismo e dei valori dell’art.21 della cost.,mentre all’autorità garante sia affidata l’applicazione,anche nello specifico settore delle comunicazioni,della disciplina generale antitrust e,quindi,la tutela della libertà della concorrenza in attuazione dell’art.41 della cost.

le nuove regole antitrust contenute nella l.112 del 2004.

valutazione di sintesi della nuova legge.legge gasparri:l’art.14 è dedicato all’ accertamento delle posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.L’art.15 è intitolato invece <<limiti al cumulo dei programmi televisivi e radiofonici e alla raccolta di risorse nel sistema integrato delle comunicazioni>>.L’art.5 è intitolato alla salvaguardia del pluralismo e della concorrenza ed include una serie di concetti legati al principio della libertà di concorrenza che riguarda essenzialmente gli imprenditori

La legge Gasparri interviene concretamente a modificare la precedente struttura normativa:- viene eliminato il limite economico settoriale del 30% del mercato radiotelevisivo stabilito dalla legge Maccanico.- viene alzato al 20% il limite degli affollamenti pubblicitari per i privati in modo da consentire liberamente le telepromozioni .- viene creato il SIC (sistema integrato delle comunicazioni).- viene stabilito il nuovo limite antitrust al 20% di questo nuovo enorme contenitore.

La legge inoltre contiene due importanti decisioni di principio: la prima riguarda gli incroci proprietari nel mondo dell’editoria e la seconda riguarda la novità del digitale terrestre.

1)I nuovi limiti antitrust.limiti alla titolarità delle reti.Dice oggi il primo comma dell’art.15 che <<all’atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale,uno stesso fornitore di contenuti,anche attraverso società qualificabili come controllate o collegate ai sensi dell’art.2,commi 17 e 18,della l.31 luglio 1997,n.249,non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o più del 20% dei programmi radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal medesimo piano.con ciò si sostituisce al doppio limite tecnico analogico e digitale,l’unico limite digitale che è molto più elevato e consente agli operatori privati di mantenere comunque le tre reti terrestri e di aumentarne il numero.

2)limiti alla raccolta di risorse economiche. Limite <<economico>>. Il paniere enorme del SIC.- viene creato il paniere enorme del SIC: sistema integrato delle comunicazioni che riunisce un coacervo di entrate.più precisamente racchiude tutte le forme di comunicazione con annessi ricavi.

- viene stabilito il nuovo limite antitrust al 20% di questo nuovo enorme contenitore.<<fermo restando il divieto di costruzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il sistema integrato delle comunicazioni,i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione non possono ne direttamente,ne attraverso soggettiI controllati o collegati,conseguire ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni.>>prima osservazione:questi limiti si applicano esclusivamente ai soggetti che siano titolari di più di una concessione televisiva o radiofonica via etere,o di più di una autorizzazione per trasmissioni a pagamento a mezzo cavo o via satellite.seconda osservazione:c’è disparità tra il sistema della stampa e quello della televisione.terza osservazione:la corte costituzionale aveva detto che <<l’opportunità di conseguire una dimensione di impresa ottimale,sotto il profilo economico aziendale non risponde alla preminente necessità di assicurare il pluralismo.>>cioè,significa che il valore del pluralismo finisce in ogni caso con il prevalere sulle altre ragioni di ordine economico aziendale fondate sull’articolo 41 della costituzione.- viene abbassato il limite al 10% per gli operatori della telecom.il 4 comma dell’art.15 dispone poi un’eccezione per Telecom Italia.<<le imprese anche attraverso società controllate e collegate,i cui ricavi nel settore delle telecomunicazioni,come definito ai sensi dell’art.18 del decreto legislativo 1 agosto 2003,n.259,sono superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel settore non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10%del sistema medesimo.>>

3) possibilità di incroci multimediali.La legge decide di consentire gli incroci proprietari tra stampa e televisione con alcuni limiti della legge mammì.per evitare che il vantaggio possa essere a favore degli operatori televisivi,si è spostato un po’ più il là il termine di ingresso (dicembre 2010)per gli operatori televisivi che controllino più di una rete.gli altri soggetti possono invece estendersi da subito.

4) limiti per le imprese concessionarie di pubblicità.Per le imprese concessionarie di pubblicità valgono le stesse quote previste per le imprese radiofoniche e televisive;ne consegue una sostanziale equiparazione delle concessionarie di pubblicità alle imprese emittenti.

Capitolo 5.

La legislazione prerepubblicana. Accenni storici

Con la legge n. 395 del 1910 veniva sancito il principio della riserva allo stato della “dello stabilimento ed esercizio di impianti radio telegrafici e radioelettrici e, in generale, di tutti quelli per i quali si impiega energia allo scopo di ottenere effetti a distanza senza l’uso di conduttori”. Questa legge ha subito un profondo cambiamento con l’instaurazione del regime fascista in conseguenza sia della progressiva evoluzione tecnologica, sia della diversa ideologia del regime.Nel 1924 si conferma allo stato la riserva dell’attività radiotelevisiva e in base al r.d. 14 dicembre 1924 n. 2191 , in particolare, si procedeva al rilascio di una concessione in esclusiva ad un’unica società, l’Unione Radiofonica Italiana ( U.R.I.). Tale concessione, durata 6 anni, permetteva sia le gestione degli impianti che la diffusione dei programmi, ma soprattutto nell’ottica fascista essa comportava l’ accettazione da parte della concessionaria di una serie di condizioni volte a consentire un penetrante controllo politico sull’assetto societario e sui contenuti dei programmi : venne stabilito che la maggioranza del

pacchetto azionario dovesse appartenere a cittadini italiani ; venne vitata la trasmissione di notizie che non fossero preventivamente approvate dalla polizia locale ; venne imposta la presenza di un funzionario statale addetto al controllo presso ogni stazione emittente.Il r.d.l n. 2207 ( convertito con l. n. 1350 del 1929) portò a compimento il processo di pubblicazione della concessionaria e potenzio il controllo governativo sulla stessa, con tale provvedimento si dispose l’affidamento del servizio in concessione al nuovo Ente Italiano per le Audizioni Radiotelefoniche (E.I.A.R.), successivamente ricondotto nell’ambito dei poteri dell’ I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione Industriale).

La legislazione successiva alla costituzione. Nel 1952 si giunse al rinnovo della concessione in esclusiva del servizio alla RAI- Radiotelevisione Italiana. I punti essenziali della convenzione concernevano:a) il passaggio del pacchetto di maggioranza della società nelle mani dell’ I.R.I., e dunque in mano pubblica; b) l’innalzamento da quattro a sei dei membri del C.d.a. di nomina governativa; c) l’obbligo di sottoposizione dei ad autorizzazione ministeriale del piano triennale dei programmi; d) ed infine la conferma del sistema di finanziamento basato sul canone di abbonamento e sui proventi della pubblicità commerciale. A livello normativo questo assetto è rimasto sostanzialmente immutato fino al 1975, quando il Parlamento, in attuazione di una fondamentale sentenza della corte costituzionale (n. 225 del 1974) ha approvato la prima vera legge organica del settore (l.n. 103 del 1975). Nel 1990 vi fù l’approvazione della legge n. 223 del 1990 ( c.d. legge Mammì) e nel 1997, un’altra tappa importante è stata segnata dalla più organica legge del settore la c.d. legge Meccanico (n. 249 del 1997) che ha avuto invece un più condiviso iter parlamentare.

La legge Gasparri.

Un Iter Legislativo Tormentato.

La legge Gasparri dopo una prima approvazione è stata rinviata alle camere dal Presidente della Repubblica ed è stata approvata definitivamente il 29 aprile 2004. Questa legge è divisa in 5 capitoli: 1cap. =definizioni e principi; 2cap. =antitrust; 3cap.= delega per la definizione di un testo unico della radiotelevisione; 4cap.= rai; 5cap.= digitale terrestre.

Molto importante è l’articolo sulle abrogazioni. Tutta la prima parte della legge si limita a riprodurre una serie di disposizioni esistenti, riformula alcune norme europee ed enuncia principi e stabilisce le competenze dell’autorità, del ministero e delle regioni. Inoltre opera uno spostamento di competenze a favore del ministero e ai danni dell’autorità.

Legge sulla convergenza solo in funzione del SIC.

La legge si autodefinisce legge sulla convergenza e disciplina quasi esclusivamente il settore della radiotelevisione. L’impostazione di carattere generale è limitata all’art.1 nel quale si dichiara di voler disciplinare l’intero settore della convergenza relativa alla radiotelevisione, alle

telecomunicazione e ad internet allo scopo di arrivare a disegnare , nell’art.15 il paniere enorme di risorse del SIC. La prima parte è caratterizzata da tutta una serie di principi generali . La stampa ha un’attenzione del tutto secondaria in questa legge. Molti dubbi inoltre riguardano la disposizione contenuta nell’art.3 dedicata ai principi fondamentali. In realtà essa contiene una sintesi dei principi costituzionali in materia e di alcuni limiti, arbitrariamente individuati dal legislatore.

Manca il diritto all’informazione.

Il fatto più grave è rappresentato dal fatto che nell’art.4 che dovrebbe contenere i principi a garanzia degli utenti manca un qualsiasi richiamo all’informazione. Si parla infatti soltanto di principi che già sono contenuti in leggi esistenti.

L’aumento del limite antitrust e l’insufficiente tutela del pluralismo. Una chiara incostituzionalità.

La parte più importante dell’intera legge è quella contenuta negli articoli 14-15 che parlano del pluralismo e dell’antitrust, e che hanno dato motivo, attraverso la costruzione del SIC al rinvio del Presidente della Repubblica. La legge Gasparri sembra non aver dato grande attenzione ai principi pluralistici ed ha allargato a dismisura i limiti antitrust.

Una delega troppo ampia in relazione ai poteri del parlamento e delle regioni

Il cap.3 , art.16 della legge contiene un’ampia delega al governo per elaborare entro 12 mesi un testo unico. La previsione di così ampia delega legislativa sembra espropriare il Parlamento in una materia che riguarda le libertà fondamentali e sembra anche violare il nuovo titolo 5 della costituzione nei rapporti tra stato e regione che considera l’ordinamento della comunicazione come materia di competenza concorrente tra stato e regione. Un’altra improprietà, contenuta in questa delega riguarda i rapporti con l’ordinamento comunitario.

Il sistema di pianificazione delle frequenze.

Il sistema radiotelevisivo italiano è un sistema misto fondato sulla concorrenza tra la rai (soggetto pubblico) e i soggetti privati. Questo sistema radiotelevisivo si fonda su un’attività fondamentale di pianificazione delle frequenze che si è realizzata per la sola radiotelevisione pubblica e non per quella privata.

Il piano nazionale di ripartizione delle frequenze è disciplinato dall’art.3, commi 2-6 della legge n.223 del 1990. La procedura di elaborazione è gestita dal Ministero delle Comunicazioni. Il Ministero infatti dopo una serie di consultazioni predispone il piano nel rispetto delle convenzioni e dei regolamenti internazionali in materia di trasmissioni radioelettriche. Questo piano è modificato ogni 5 anni in caso di necessità valutato dal ministero.

Piano di assegnazione delle frequenze

È disciplinato dai commi 7-21 dell’art.3 della legge n 223 del ’90 e dall’art.1, comma 6 della legge n.249 del ’97. Il piano di assegnazione è quello che regola l’etere e determina le aree di servizio degli impianti e per ciascuna area la localizzazione possibilmente comune degli impianti. Questo piano è elaborato dalla commissione per le infrastrutture e le reti dell’autorità. Il piano attuale(1998) divide il territorio in bacini di utenza coincidenti con il territorio delle regioni e delle province autonome.

Prevede 17 reti a copertura nazionale ciascuno delle quali può utilizzare 3 canali. Delle 17 reti, 6 sono a diffusione regionale e 11 a diffusione nazionale.

Le concessioni e le autorizzazioni.

Caratteristiche generali.

Il servizio di radiodiffusione sonora e televisiva può essere esercitato sia dalla Rai sia da soggetti privati sulla base di concessione amministrativa. La concessione trova la sua disciplina nella legge 223 del ’90 e nella legge 249 del ’97 e infine nel regolamento dell’autorità delle comunicazione del ’98. La legge n.212 del 2004 parla di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento dell’attività di operatore di rete o di fornitore di contenuti; ed aggiunge che l’autorizzazione non comporta l’assegnazione delle radiofrequenze.

tipologia: esistono varie tipologie di emittenti.La divisione fondamentale è quella fra emittenti nazionali e quelle locali.Per le prime sono individuate 3 tipologie:tv commerciali,emittenti specializzate in televendite e pay-tv; per le seconde ci sono 4 tipologie:commerciali,comunitarie,informative,monotematiche a carattere sociale.

requisiti ed obblighi dei titolari: destinatari delle concessioni possono essere la società per azioni,a responsabilità limitata o a cooperative.Le società suddette devono essere di nazionalità italiana o di uno Stato appartenente all’unione europea.è stabilita per le emittenti nazionali una misura adeguata del capitale sociale e le norme che assicurano massima trasparenza.Il regolamento inoltre presenta dei criteri di selezione tra coloro che presentano la domanda di concessione,e delle graduatorie per il rilascio.

procedura e competenza: il regolamento prevede che la valutazione delle domande sia effettuata da un’apposita commissione di esperti incaricata di assegnare a ciascuna domanda un punteggio sulla base di alcuni elementi.Oltre al regolamento dell’autorità si deve ricordare il d.m.8 marzo 1999,disciplina per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione privata televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale.La concessione poi deve indicare la frequenza e l’area di servizio dei relativi impianti,ha una durata di sei mesi ed è rinnovabile,non è trasferibile.La concessione si estingue:a)scadenza del termine di durata ove non rinnovata;b)rinuncia del concessionario;c)morte o sopravvenuta incapacità legale del titolare;d)dichiarazione di fallimento.

La televisione digitale.

Nozione televisione digitale terrestre significa applicazione della tecnologia digitale o numerica all’emittenza radiotelevisiva via etere che permetterà in futuro di utilizzare il televisore come il monitor di un computer.In Italia la tv numerica è stata impiegata nelle trasmissioni via satellite con Sky mentre il sistema

via cavo o via fibra ottica (Fastweb) è ancora indietro.La caratteristica principale dell’emissione numerica è rappresentata dalla sua convenienza in termini di consumo della banda di frequenza.il digitale permette così la moltiplicazione della capacità trasmissiva, cosicchè con la nuova tecnologia digitale lo spettro elettromagnetico può veicolare un numero maggiore di canali.

La legge n.66 del 2001.Questa legge aveva disciplinato la fase transitoria per l’avvio al digitale,aveva previsto anche lo standard(il dab per la radiodiffusione sonora e il dvb-t per i programmi televisivi e per prodotti e servizi multimediali anche interattivi) e infine la stessa legge aveva indicato nell’anno 2006 il termine per l’esclusiva diffusione in tecnica digitale delle trasmissioni televisive dei programmi e dei servizi multimediali su frequenze

La data del 2006 e l’equivoco del pluralismo tecnico.il fatto decisamente più rilevante risiede nel fatto che la legge Gasparri pone a carico della Rai il peso prevalente dell’investimento per realizzare il sistema digitale terrestre sul territorio italiano. Nella legge non vi è,invece,alcuna disposizione che ponga in questo campo obblighi di nessun genere a carico degli operatori privati,neppure dei più importanti.

Gli obblighi dei concessionari: la tutela degli utenti.Gli obblighi più importanti sono quelli che riguardano la programmazione ed in particolare l’informazione.L’art.6 della legge Gasparri esordisce dicendo che l’attività di informazione radiotelevisiva costituisce un servizio di interesse generale.L’art.20 della legge Mammì indica il numero minimo delle ore di programmazione per le emittenti locali sulla base delle quali sono calcolate le percentuali di programmi informativi e il comma 6 della stessa legge stabilisce l’obbligo per i titolari di concessioni nazionali per la radio e la tv di trasmettere telegiornali o giornaliradio.Quest’obbligo essendo formulato in termini generali riguarda tutti gli operatori.Un secondo tipo di obbligo riguarda i comunicati degli organi pubblici,infatti l’art.6 della Gasparri dice di trasmettere i comunicati e le dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali indicati dalla legge.Questi comunicati si riferiscono ad una serie di valori costituzionalmente rilevanti la cui realizzazione deve intendersi prioritaria rispetto alla libertà di informazione dei soggetti titolari delle concessioni.

Il diritto di rettifica.L’istituto della rettifica, caratterizzato dal fatto di essere volto a correggere una precedente esposizione di fatti, è uno strumento a carattere privatistico posto a tutela del soggetto.In materia di radiotelevisione questo diritto è disciplinato dall’art.4,co.1,e dall’art.10 della legge n.223 del 1990.ai sensi dell’art.10:”chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali o materiali da trasmissioni contrarie a verità,ha diritto di chiedere al concessionario privato o alla concessionaria pubblica che sia trasmessa apposita rettifica,purchè quest’ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.”Nel caso in cui la concessionaria si rifiuti di dare corso alla richiesta di rettifica,è chiamata ad intervenire l’Autorità.Il diritto di rettifica nel settore della stampa è oggi disciplinato dall’art.42 della l.416 del 1981.Anche in questo caso si prevede che “il direttore o il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità purchè le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.”

La tutela dei minori.Il sistema normativo attualmente vigente a tutela del minore-utente risulta frammentato in una serie di norme sparse.Vi sono disposizioni che si occupano in generale dei programmi per ragazzi,vi sono poi le norme relative alla trasmissione in tv di opere cinematografiche vietate ai minori,le disposizioni più specifiche relative ai programmi prodotti per la tv ed infine la parte relativa alla pubblicità con particolare riguardo ai minori.

programmazione per ragazzi in termini generali si deve partire dall’art.4,comma 1 e dall’art.10 della legge Gasparri e dall’art.15,10 comma,della legge n.223 del 1990.Importante è l’art.15,comma 10,che afferma che è vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico e morale dei minori,che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche,che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza,sesso,religione o nazionalità.La legge Gasparri non fa altro che rendere relativo quel che prima era assoluto,introducendo fasce orarie protette e norme speciali per la pay-tv.Aggiunge inoltre che in caso di violazione delle norme le sanzioni sono applicate in base alle procedure previste dal comma 3 dell’art.31 della l.6 agosto 1990,n.223.E’ previsto infine che l’Autorità presenti al parlamento,entro il 31 marzo di ogni anno,una relazione in materia di tutela dei diritti dei minori,sui provvedimenti adottati e sulle eventuali sanzioni irrogate.

trasmissione di opere cinematografiche l’art.15 della legge Mammì vieta “la trasmissione di film ai quali sia negato il nulla osta per la proiezione o per la rappresentazione in pubblico oppure siano vietati ai minori di anni diciotto”.Inoltre è importante l’art.9 del regolamento di esecuzione della legge n.161/62 il quale stabilisce che “debbano ritenersi vietate ai minori le opere cinematografiche e teatrali che,pur non offendendo il buon costume, contengono battute o gesti volgari;indulgano a comportamenti amorali;contengano scene erotiche o di violenza verso uomini e animali o relative ad operazioni chirurgiche o a fenomeni ipnotici o medianici;o riguardanti l’uso di stupefacenti;fomentino l’odio e la vendetta;presentino crimini in forma tale da indurre all’imitazione o al suicidio in forma suggestiva”.Un’altra disposizione afferma che:i film vietati ai minori di anni 14 non possono essere trasmessi ne integralmente ne parzialmente prima delle ore 22.30 e dopo le 7.

trasmissione di film prodotti per la tv la legge n.203/1995 è intervenuta per disciplinare uno specifico settore della programmazione.Consapevole del fatto che la gamma della programmazione tv è assai più ampia della semplice trasmissione dei film delle sale,il legislatore ha voluto precisare che “la trasmissione televisiva di opere a soggetto e di film prodotti per la tv che contengano immagini di sesso o di violenza tali da poter incidere negativamente sulla sensibilità dei minori,è ammessa solo nella fascia oraria fra le 23 e le 7.”

Limiti qualitativi della pubblicità radio-televisiva.

cenni generali sulle fonti.le direttive comunitarie.

Durante il periodo del monopolio i contenuti della pubblicità erano regolati da discipline interne della Rai; la prima normativa pubblica significativa si ha con le Direttive europee,con la Convenzione di Strasburgo,con la legge Mammì del 1990 e con la legge n.122 del1998.

I due più importanti interventi sono:la direttiva 84/450 sulla pubblicità ingannevole (cioè qualsiasi pubblicità che induca o possa indurre in errore,che possa pregiudicare il comportamento economico,o che leda o possa ledere un concorrente)e la direttiva 89/552 sulla cosiddetta Tv senza frontiere.L’attuazione dei dettami più importanti della dir. CEE 89/552 si è avuta con la legge 223 del 1990.Nell’art.8 di tale legge sono contenute delle disposizioni che attengono al contenuto dei messaggi e alle modalità di diffusione dei messaggi pubblicitari:la pubblicità non deve offendere la dignità della persona e non deve evocare discriminazioni o indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute,la sicurezza e l’ambiente; inoltre è vietata la pubblicità di prodotti medicinali disponibili su ricetta,alcolici e tabacchi e non si consente di sponsorizzare programmi da parte di aziende produttrici di tali articoli.Di particolare interesse è il divieto di inserimento pubblicitario nei cartoni animati;si ribadisce infine l'obbligo di riconosciblità della pubblicità tramite mezzi visivi e acustici.

le norme a tutela dei minori in materia pubblicitaria.Le principali disposizioni normative che si occupano di questo sono:la direttiva CEE n.89/552,la direttiva 36/1997,la l. 223/1990 e la l.n.122 del 1998.Possiamo dire che la normativa suddetta opera sostanzialmente in due direzioni:disciplinare il contenuto della pubblicità e proteggere i minori da un eccesso di pubblicità.Al primo obbiettivo è rivolto l’art.16 della direttiva, per il quale la pubblicità televisiva non deve arrecare pregiudizio morale o fisico ai minorenni.In questo senso possiamo dire che la legge Mammì può considerarsi attuativa della legge comunitaria.Più problematico è invece il rapporto tra la normativa comunitaria e la legge italiana in ordine all’altro aspetto.la direttiva comunitaria stabilisce che le trasmissioni per bambini di durata inferiore ai 30 min. non possono essere interrotte dalla pubblicità.La disciplina italiana vieta la pubblicità nei programmi per bambini senza limiti di tempo ma grazie alla legge n.122/1998 si è stabilito che i programmi per bambini di durata inferiore a 30 min non possono essere interrotti dalla pubblicità,tutti gli altri si.

La pubblicità ingannevole.

Con riferimento a bambini e adolescenti l’art.6 del d.lgs.n.74 adotta una definizione di ingannevolezza differenziata e più ampia:ingannevole è considerata la pubblicità che,in quanto suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti,possa anche indirettamente minacciare la loro sicurezza o che abusi della loro naturale credulità o mancanza di esperienza o che,impiegando bambini e adolescenti in messaggi pubblicitari,abusi dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani.Disposizioni significative sono state emanate in materia di servizi auditex e videotex.Il d.m. 13 luglio 1995,n.385 precisa che “il costo delle informazioni o prestazioni destinate ai minori non deve superare la seconda fascia tariffaria audiotex e la loro durata non può superare i quattro min.;dopo tale termine la linea deve essere disconnessa automaticamente da parte del centro servizi o del fornitore”. sono vietate inoltre le informazioni o le presentazioni audiotex e videotex che abbiano forme o contenuti a carattere erotico,pornografico ed osceno.

l’autodisciplina pubblicitaria:il CAP (codice di autodisciplina pubblicitaria).

L’art.11 del CAP stabilisce che i messaggi pubblicitari rivolti a bambini e adolescenti,o che da essi possono essere ricevuti,devono essere realizzati con una cura particolare,facendo in modo

che tali soggetti non vengano danneggiati psichicamente, moralmente o fisicamente, e che non abusi della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà. I messaggi ai minori non devono indurre a “violare norme di comportamento sociale generalmente accettate;compiere azioni o esporsi a situazioni pericolose;ritenere che il mancato possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità,oppure mancato assolvimento dei loro compiti da parte dei genitori”.

La disciplina della campagna elettorale.

Premessa.

Le prime disposizioni in materia si ritrovano nell’art.4 della l.n.103 del 1975 che attribuisce alla Commissione parlamentare il potere di disciplinare direttamente le rubriche di Tribuna politica,Tribuna elettorale,ecc.

- la presenza poi di una serie di nuovi soggetti operanti nel settore dei media avrebbe richiesto logicamente l’emanazione di una nuova e più organica disciplina ed invece la sola disposizione in materia viene dettata dall’art.9 bis del decreto legge 6 dicembre 1984 n.807 che stabilisce che nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda istituzionale.

- marzo 1993:vengono approvate due disposizioni sulla stampa e sulla televisione nel corso delle campagne locali amministrative.

- dicembre 1993:disciplina più organica su questo argomento riferita alle elezioni per la Camera dei deputati e per il senato.

- marzo 1995:firmato dal ministro Gambino è un decreto che regola l’intera materia della parità di accesso ai mezzi di comunicazione di massa durante le campagne elettorali e referendarie.

- legge n.28 del 2000 che presenta la novità di essere diretta a regolare le condizioni di accesso ai mezzi di informazione da parte dei partiti e movimenti politici nel corso delle campagne elettorali,e disciplina più generalmente la comunicazione politica,in particolare televisiva.

I principi costituzionali operanti in materia e la giurisprudenza della corte costituzionale.

Si deve premettere che questo diritto è riconosciuto alle persone fisiche,alle associazioni,ai partiti e naturalmente anche alle persone giuridiche operanti in forma di impresa e in particolare alle imprese aventi ad oggetto l’attività di stampa o di radiotelevisione.Nella materia specifica della propaganda politica ed elettorale la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare almeno due principi importanti.La prima è una decisione nella quale la Corte ha giustificato le limitazioni che imponevano durante il periodo della campagna elettorale spazi eguali a favore di tutti i partiti al fine di favorire un’informazione equilibrata almeno durante il periodo della campagna elettorale.C’è stata un’altra sentenza nella quale si è voluto sottolineare l’esistenza di un diritto dei cittadini alla genuinità del voto e quindi ad un’informazione corretta durante la campagna elettorale.Nella sentenza n.155 del 2002 la Corte ha dichiarato che il “diritto alla completa ed obbiettiva informazione del cittadino appare tutelato soprattutto in riferimento a valori costituzionali primari,quelli connessi al corretto svolgimento del confronto politico su cui in permanenza si fonda il sistema democratico.”

Questo non è un principio assoluto ma relativo che ha senso fintantochè in un certo paese,alcuni dei mezzi di comunicazione si trovano in posizione dominante,capace di influenzare fortemente l’opinione pubblica e di condizionare le opinioni dei cittadini.

Le linee della legislazione ordinaria di attuazione costituzionale.

a) la normativa di attuazione la legge n.28 del 2000 riconosce un potere regolamentare di tipo attuativo-integrativo in capo all’autorità per le garanzie nelle comunicazioni.collegato al potere regolamentare è il problema del coordinamento tra le disposizioni di competenza dell’autorità e quelle di competenza della commissione parlamentare.

b) mezzi di comunicazione interessati l’obbligo della parità di trattamento riguarda essenzialmente gli operatori radiotelevisivi e il riferimento è a chi trasmette su onde hertziane terrestri.

c) la disciplina generale della comunicazione politica la disciplina valida per i periodi diversi da quelli elettorali prevede che i programmi di comunicazione politica vengano diffusi obbligatoriamente dalle emittenti nazionali,pubbliche e private.E’ stabilito poi espressamente che le disposizioni che regolano la comunicazione politica radiotelevisiva non si applicano alla diffusione di notizie nei programmi di informazione,con ciò precludendo l’apposizione a questi programmi di limiti derivanti da motivi connessi alla comunicazione politica.Vi sono poi i messaggi autogestiti,che vengono diffusi obbligatoriamente da parte della concessionaria pubblica,ove le siano richiesti dagli interessati appositi spazi e facoltativamente da altre emittenti.I messaggi autogestiti debbono avere una durata minima che consenta l’espressione di opinioni pur sinteticamente motivate.

d) campagne elettorali e referendarie interessate e periodo di rispetto la disciplina speciale per le campagne elettorali accentua la specificità di quella generale,in considerazione anche degli altri valori costituzionali coinvolti,per entrambe le tipologie di comunicazione.I programmi di comunicazione politica vengono più specificamente tipizzati;vengono definite le regole da applicare in caso di consultazioni referendarie,in tempi eguali per favorevoli e contrari all’abrogazione.

e) i soggetti della competizione elettorale aventi diritto di accesso ai mezzi di comunicazione i soggetti aventi diritto di accesso ai mezzi di comunicazione sono individuati,in particolare per i programmi di comunicazione politica,con riferimento agli spazi da ripartire,secondo il periodo di riferimento.

f) scientificità dei sondaggi e divieto negli ultimi giorni della campagna elettorale questi due principi sono stati introdotti dalla legge n.515 del 1993 e successivamente ribaditi dalla legge n.28 del 2000.

g) controlli e sanzioni il potere di controllo sull’applicazione delle disposizioni contenute nella legge è affidato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha il compito anche di applicare tutta una serie di sanzioni.

Il servizio pubblico radiotelevisivo.

Il servizio pubblico radiotelevisivo in Europa nasce come evoluzione del monopolio prima radiofonico e in seguito televisivo che costituisce uno dei pilastri dell’organizzazione radiotelevisiva del vecchio continente.È in Italia però che ha inizio negli anni 70 il fenomeno di privatizzazione su larga scala che porterà quasi tutti gli stati europei all’adozione, negli anni 80, di sistemi misti nei quali l’anacronistico monopolio viene sostituito, nel settore pubblico, dalla + moderna formula del servizio pubblico.

La definizione classica di servizio pubblico.

L’inizio dell’epoca moderna per la radiotelevisione in Italia è segnata da due sentenze, la n°225 del 74 e la n°202 del 76 e dalla legge statale di riforma della radiotelevisione n°103 del 75.Con la sentenza del 74 si indicano i capisaldi costituzionali di un nuovo ordinamento della radiotelevisione; la legge di riforma del 75 ha delineato l’impostazione fondamentale del servizio pubblico radiotelevisivo ed infatti, pur toccata in parte dalla sentenza 202 del 76 che ha dichiarato la fine del monopolio radiotelevisivo in Italia, è rimasta in vigore, nella sua struttura portante, relativa alla concessionaria del servizio pubblico, fino ai nostri giorni.I due primi commi della legge n 103 del 75 contenevano le finalità e i principi ispiratori della legge di riforma.1° comma la diffusione circolare di programmi radiofonici e televisivi costituisce un servizio pubblico essenziale che volta ad ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese. Il servizio pertanto è riservato allo Stato.2° comma l’indipendenza, l’obiettività e l’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali nel rispetto della libertà garantite dalla costituzione, sono principi fondamentali della disciplina del servizio pubblico radiotelevisivo.Dal punto di vista legislativo era la prima volta che veniva data una definizione del servizio pubblico televisivo e che questa definizione veniva ancorata a due finalità principali: l’ampliamento delle partecipazione dei cittadini e il concorso allo sviluppo sociale e culturale del paese.Nel 2° comma si riconosce nell’indipendenza un presupposto o una condizione strutturale che doveva caratterizzare l’organizzazione del servizio pubblico; nell’obiettività una sintesi della missione informativa della radiotelevisione pubblica; nel pluralismo interno il metodo peculiare che deve contraddistinguere il servizio pubblico rispetto ai privati.

Protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri, annesso al Trattato di Amsterdam (2 ott. 97).

Si collega direttamente al sistema di radiodiffusione pubblica, all’esigenze democratiche sociali e culturali di ogni società nonché all’esigenze di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione.È competenza dei singolo Stati definire la missione di servizio pubblico dei rispettivi organismi; la responsabilità di provvedere al finanziamento dei servizi pubblici; l’attenzione ad evitare che tale finanziamento non turbi le condizioni degli scambi e della concorrenza, principi fondamentali della Comunità.Anche se non è possibile tracciare una nozione uniforme del servizio pubblico, i contenuti che le legislazioni dei diversi Paesi europei tendono a garantire attraverso la definizione concreta della missione di servizio pubblico fanno frequente riferimento proprio a questi profili:

la caratteristica costante di tutela del pluralismo interno non può avere un riscontro economico;

il costante riferimento ai parametri di ordini qualitativo che devono connotare trasversalmente l’intera programmazione e + in generale l’attività dei servizi pubblici.

Una funzione di servizio pubblico può essere considerata legittima se finalizzata ad una programmazione equilibrata e varia in grado di mantenere un certo livello di ascolto per le emittenti pubbliche e dunque assicurare adempimento della funzione consistente nel soddisfare le esigenze democratiche, sociali e culturali della società e garantire il pluralismo.La direttiva 2000/52/CE della Commissione, prevede un obbligo di trasparenza a carico degli Stati e inoltre stabilisce che nelle scritture contabili siano distinte le diverse attività esercitate, i costi e i ricavi relativi a ciascuna di esse, e i metodi di imputazione e di ripartizione dei costi e dei ricavi = contabilità separata.

Nozione di servizio pubblico oggettiva e soggettiva per la dottrina e la giurisprudenza italiana.

Opinioni della dottrina: riconoscimento sia alla tv che alla stampa periodica il carattere di servizio pubblico di

preminente interesse generale; negazione della configurabilità dell’attività radiotelevisiva in termini di servizio

pubblico, dato il contrasto di questa nozione con gli articoli 21 e 41 della Costituzione; qualificazione di servizio pubblico solo per l’attività d’istallazione e gestione tecnica

degli impianti di radiodiffusione; riconoscimento alla sola RAI del ruolo di servizio pubblico poiché il fine sociale della

RAI è profondamente diverso da quello commerciale dei privati il servizio radiotelevisivo è configurabile come servizio pubblico a prescindere dalla

natura del concessionario in virtù della sua automatica facilità d’ingresso nelle case di tutti, per cui sono legittimi solo i limiti che incidono sull’attività imprenditoriale ma non sul contenuto della libertà di manifestazione dl pensiero. All’interno di questa concezione si individua anche una nozione di carattere soggettivo di servizio pubblico che permette di qualificare con sicurezza l’attività della concessionaria pubblica come servizio pubblico: la RAI può essere sottoposta ad altre ulteriori regole, senza un eccessivo divario tra le due categorie di limiti.

Nella giurisprudenza la qualificazione dell’attività radiotelevisiva come servizio pubblico risale alla sentenza n° 225 del 74, in cui si afferma che la radiotelevisione è un servizio pubblico essenziale caratterizzato dall’interesse generale a quei fini di utilità generale che ne giustificano la riserva statale in quanto adempie a compiti d’informazione, concorre alla formazione culturale del paese, diffonde programmi che in qualche modo incidono sulla pubblica opinione.La sentenza n° 148 dell’81 individua una nozione oggettiva di servizio pubblico radiotelevisivo fondata sulla natura del fenomeno delle radio-teletrasmissioni, su quella capacità diffusiva della televisione che “per la sua nota capacità di immediata penetrazione nell’ambito sociale attraverso la diffusione nell’interno delle abitazioni, dispiega una peculiare capacità di penetrazione e di incidenza sulla formazione dell’opinione pubblica di natura ben diversa da quella attribuibile dalla stampa” .

La sentenza n° 155 del 2002 si pronuncia sulla legittimità della contestatissima legge sulla par condicio.Vi è un forte richiamo del diritto all’informazione come uno dei principi cardine della giurisprudenza attuale e la sottolineatura che l’attuale stato del pluralismo esterno non si presta a garantire in maniera adeguata proprio il richiamato diritto all’informazione.

La sentenza n° 284 del 2002 interviene sulla tormentata questione del canone di abbonamento. Il venir meno del monopolio statale delle emissioni televisive non ha fatto venir meno l’esistenza e la giustificazione costituzionale dello specifico servizio pubblico radiotelevisivo esercitato da un

apposito concessionario rientrante, per struttura e modo di formazione degli organi di indirizzo e di gestione, nella sfera pubblica. Inoltre, l’esistenza di un servizio radiotelevisivo pubblico si giustifica però solo in quanto chi esercita tale servizio sia tenuto ad operare non come uno qualsiasi dei soggetti del limitato pluralismo di emittenti, nel rispetto, da tutti dovuto, dei principi generali del sistema ma bensì svolgendo la funzione specifica per il miglior soddisfacimento del diritto dei cittadini all’informazione e per la diffusione della cultura, con il fine di ampliare la partecipazione dei cittadini a concorrere allo sviluppo sociale e culturale del paese.

La natura giuridica della RAI.

Il dibattito riguardante la società concessionaria del servizio pubblico (RAI) per chiarire se e in che misura questa natura possa essere determinata liberamente, è una questione molto dibattuta.L’opinione prevalente si era assetata da tempo sulla soluzione di tipo privatistico, pur articolata in modo del tutto singolare. La RAI ancor prima delle legge n° 112 del 2004 veniva e viene considerata dai + come una società privata di diritto speciale.L’articolo 21 della legge n° 112 imposta, per la prima volta nella storia della RAI, un procedimento di privatizzazione totale decisamente radicale. La scelta contenuta nelle legge è quella di procedere dopo l’entrata in vigore delle legge, a una privatizzazione del capitale della RAI in due fasi: la prima fase è costituita dalla fusione RAI e RAI Holding, da completarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge; la seconda fase, da compiersi entro 4 mesi dalla fusione delle due società, è costituita dall’offerta pubblica di vendita. Il Governo è autorizzato a vendere quote di partecipazione della RAI con l’unico limite di non vendere a nessun soggetto + dell’1%.L’articolo si conclude affermando che i proventi derivanti dalle operazioni di collocamento sul mercato di azioni ordinarie della RAI sono destinati per il 75% al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

Il modello proposto sembra essere quindi quello della public company, modello rivelatosi quantomeno utopico nel nostro sistema. Per questo la privatizzazione integrale della RAI risulta incompatibile con i principi del nostro sistema costituzionale.

I compiti del servizio pubblico radiotelevisivo.

I compiti specifici della concessionaria trovano la prima fonte della disciplina nella legge, che provvede ad aumentare gli obblighi a carico della RAI, a confronto di quelli inesistenti per le emittenti private e di provvedere ai nuovi contratti di servizio regionali. Oltre alla legge vi è il Contratto di Servizio, che oggi è disciplinato dall’articolo 45, comma 1, del TU della Radiotelevisione e contiene una disciplina puntuale e di dettaglio integrativa della legge. Il contratto di servizio, siglato per la prima volta nel 96 è oggi alla sua quarta edizione dell’inizio del 2003.Un nuovo tipo di fonte è disciplinato dal comma 4 dell’articolo 45 del TU il quale prevede che “ con deliberazione adottata d’intesa dall’autorità per le garanzie delle comunicazioni e dal Ministro delle comunicazioni, prima di ciascun rinnovo triennale del contratto nazionale di servizio sono fissate le linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo, definite in relazione allo sviluppo dei mercati, al processo tecnologico e alle mutate esigenze culturali, nazionali e locali”.

Gli obblighi della RAI.

In materia di informazione e di programmi è la legge che stabilisce le finalità e i principi regolatori della materia, ponendo obblighi alla concessionaria pubblica, come l’imparzialità e il pluralismo interno, obblighi confermati anche dalla legge e dal

contratto di servizio.La commissione parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza definisce gli indirizzi generali che la società concessionaria assumerà a parametri della propria attività con l’elaborazione del piano editoriale e dei piani annuali di programmazione e trasmissione.

Imposizione di un adeguata distribuzione dei diversi generi di programmazione: un numero adeguato di ore di trasmissioni televisive e radiofoniche dedicate all’educazione, all’informazione, alla formazione, alla promozione culturale. Tale numero di ore è definito ogni 3 anni con deliberazione dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni e dal compunto di tali ore sono escluse le trasmissioni di intrattenimento per i minori.

Un altro obbligo è costituito dalla trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale che siano richiesti dalla presidenza del consiglio dei ministri e la trasmissione di adeguate informazioni sulla viabilità delle strade e delle autostrade italiane. Per quanto riguarda il contenuto si pone il problema di stabilire se in tali messaggi debba ravviarsi una generica forma di pubblicità informativa, volta ad informare la collettività sull’attività svolta dall’Esecutivo, o se debbano ravvisarsi limiti + precisi. L’opinione prevalente è orientata verso il riferimento ad altri valori costituzionali: sul governo incombe quel dovere di imparzialità che caratterizza lo svolgimento delle funzioni pubbliche in genere;dovrebbero quindi escludersi dall’ambito di riferimento della norma quei messaggi che esplicitando la posizione del Governo su determinate questioni, si presterebbero a divenire strumenti di parte.La legge prevede quindi messaggi di utilità sociale di provenienza non governativa.

Un’altra categoria di obblighi concerne la trasmissione di comunicati di organi pubblici e conferma l’obbligo per la sola concessionaria pubblica di trasmettere i comunicati e le dichiarazioni ufficiali degli organi costituzionali senza che alcun vincolo al contenuto del msg possa essere imposto dalla concessionaria stessa. Quest’obbligo è evidentemente collegato a particolari esigenze di utilità sociale e giustificato dall’incisivo ruolo informativo svolto dal servizio pubblico. La concessionaria pubblica è tenuta a dare tempestiva diffusione delle informazioni relative agli scioperi dei servizi pubblici essenziali, fornendo informazioni sulle modalità dello sciopero nel corso di tutti i telegiornali e giornali radio.

Obblighi specifici della concessionaria in materia di accesso e di tribune elettorali: la RAI deve garantire l’accesso alla programmazione nei limiti e secondo le modalità indicate dalla legge, in favore dei partiti e dei gruppi rappresentati in parlamento, in assemblee e consigli regionali, delle organizzazioni associative, delle autonomie locali, dei sindacati nazionali ecc.. che ne facciano richiesta.

Obblighi a favore di particolari categorie di persone: tra questi si segnala la tutela dei minori per la quale il TU prevede una serie di disposizioni ancora + incisive che recepiscono in parte anche il contenuto del contratto di servizio. in particolare vi è l’obbligo di trasmettere in orari appropriati programmi destinati specificatamente ai minori che tengano conto delle esigenze e della sensibilità della prima infanzia e dell’età evolutiva.

Compiti specifici del servizio pubblico per le misure di tutela per le persone portatrici di handicap sensoriali in attuazione dell’art. 4, comma 2.

Obblighi specifici di natura produttiva e organizzativa:

obbligo di valorizzare e potenziare i centri di produzione decentrati per le esigenze di promozione delle culture e gli strumenti linguistici locali; obbligo di articolare la società concessionaria in una o + sedi nazionali;

costituzione di una società per la produzione, distribuzione e trasmissione dei programmi radiotelevisivi all’estero finalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione della lingua della cultura e delle imprese italiane attraverso l’utilizzazione dei programmi e diffusione delle + significative produzioni del panorama audiovisivo nazionale;

obbligo di conservazione degli archivi storici, radiofonici e televisivi garantendo l’accesso del pubblico;

obbligo di destinazione di una quota non inferiore al 15% dei ricavi complessivi annui alla produzione di opere europee, comprese quelle realizzate da produttori indipendenti;

obbligo al rispetto dei limiti di affollamento pubblicitario.

Obblighi specifici di natura tecnica e finanziaria:

in questa prospettiva la legge si limita a sottolineare gli obblighi concernenti: la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della

società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale; la destinazione di adeguate risorse ad attività di ricerca e di sperimentazione; la realizzazione degli impianti a regola d’arte; obblighi collegati alla realizzazione della radiotelevisione digitale terrestre ai quali si

aggiunge anche la realizzazione dei servizi interattivi digitali di pubblica utilità. Questi a loro volta si dividono in obblighi espliciti ( realizzazione di almeno due blocchi di diffusione DTT per una copertura del territorio nazionale del 50% della popolazione entro il 1gennaio 2004 e del 70% entro il 1 gennaio 2005 e trasmissione di 3 programmi televisivi e 3 programmi digitali) e in obblighi impliciti ( di natura tecnica ed economica come il reperimento delle frequenze e relativi problemi economici).

Gli organi di governo della RAI.

Legge n° 112 del 2004 gli organi di governo della RAI sono costituiti dal Consiglio, del Presidente e dal Direttore Generale. Questi organi si ritrovano anche nelle normali società per azioni ma nel caso della RAI i principali scostamenti rispetto al codice civile riguardano la formazione e la configurazione di questi organi. Il disegno generale relativo all’assetto della RAI prevede un’ipotesi di privatizzazione totale, da realizzarsi secondo uno schema temporale breve e scandito dalla legge all’interno del quale si pone la nuova architettura dell’organo di governo della RAI disciplinato dall’art. 49 del TU. L’art. ai commi 1 e 2 afferma che “la concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata fino al 16 maggio 2016 al RAI spa” e che “la RAI è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni anche per quanto concerne l’organizzazione e l’amministrazione”. Al comma 3 si afferma che “il consiglio d’amministrazione RAI spa, composto da nove membri, è nominato dall’assemblea e oltre ad essere organo di amministrazione svolge anche funzioni di controllo e di garanzia circa il corretto adempimento delle finalità e degli obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo”; il comma 4 aggiunge che “ possono essere nominati membri del consiglio d’amministrazione i soggetti aventi requisiti per la nomina giudice costituzionale o cmq persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale, di notoria indipendenza di comportamenti e con significative esperienze manageriali”. “La nomina del presidente è effettuata dal consiglio nell’ambito dei suoi membri e diviene efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi”. La disciplina del potere di nomina e il percorso che la legge segue per arrivare a questa nomina si può riassumere in tre fasi: fase 1: dall’approvazione della legge fino alla vendita del 10% del capitale sociale;fase 2: privatizzazione oltre il 10 %: incerta la previsione sui tempi;fase 3: totale privatizzazione: previsione ancora più incerta sui tempi.

Organi di governo.

A) C.D.A : la disciplina concernente la nomina, la composizione e i compiti del c.d.a. dettata dalla legge di riforma del ’75 ha conosciuto un’evoluzione travagliata; passando per la fase transitoria della legge n. 206 del 1993 si è arrivati oggi all’art. 49 del TU.Quest’art. dispone che il c.d.a. deve essere composto di nove membri; 7 dei quali sono indicati in una prima fase dalla commissione parlamentare che li elegge con voto limitato a uno; un altro membro e il presidente vengono indicati dal ministro dell’economia e quest’ultimo deve ottenere il voto favorevole dei 2/3 della commissione. L’influenza governativa è quindi forte ed esplicita per l’indicazione di un componente e del presidente. I compiti più specifici del c.d.a possono dividersi in alcune grandi aree:

Programmazione: elaborazione ed approvazione del piano editoriale; Approvazione dei piani annuali di trasmissione e di produzione dell’azienda e delle relative variazioni; Assegnazione delle risorse economiche approvazione degli atti e dei contratti aziendali;

Nomine e organizzazione aziendale: Nomina dei vice direttori generali e dei dirigenti di primo e secondo livello e la relativa collocazione e delibera dei piani di organizzazione aziendale e del personale;

Gestione bilancio: Approvazione del bilancio della società, del piano degli investimenti e del pino finanziario; approvazione degli atti e dei contratti aziendali di carattere strategico

Controllo e garanzia.

B) Il presidente: La legge non ci dice nulla su i suoi poteri; quelle indicate sono funzioni tradizionali della figura del presidente delle società come il potere di rappresentanza e il potere di convocare e presiedere il c.d.a. Il ruolo effettivo del presidente non può non essere colto se non attraverso 2 parametri di valutazione che tengano conto da un lato del ruolo che il presidente ha assunto per effetto delle diverse disposizioni della legge speciale, del codice civile e dello statuto, dall’altro per effetto dell’interpretazione concreta del suo ruolo che deriva da molteplici fattori ed interrelazioni con gli altri organi dentro e fuori l’azienda. Gli elementi che più di altri possono incidere sulla fisionomia del presidente sono in primo luogo il sistema di nomina e le modalità concrete di investitura del direttore generale da parte del consiglio e dall’altra parte il grado di fiducia di cui può disporre in consiglio il presidente. I rapporti tra direttore e presidente si configurano quindi come espressioni di un regime diarchico nel quale i poteri di ordine amministrativo del direttore sono bilanciati dai poteri di ordine politico del presidente.

C) Il direttore generale: La legge n.10 dell’85 aveva restituito al direttore di marcata autonomia e in qualche modo di contrapposizione rispetto al consiglio. Con la legge 206 del ’93 la nomina del direttore generale torna ad essere competenza del consiglio intesa che ha portato a situazione di stallo difficilmente superabili allorché i due organi si sono trovati in contrasto. A questo proposito la dottrina ha elaborato due orientamenti: da un lato la volontà di revoca dall’altro chi ritiene sufficiente la sfiducia del c.d.a. Le competenze principali riguardano: l’attuazione dei piani delle norme generali approvate dal consiglio; gestione della società; organizzazione e gestione del personale; programmazione; dovere informativo nei confronti del consiglio riguardo gli obbiettivi aziendali e l’attuazione degli indirizzi definiti dagli organi competenti.

Capitolo 6:il finanziamento del sistema radiotelevisivo.

Una questione fondamentale per il sistema delle telecomunicazioni è rappresentata dal problema del finanziamento.Durante il periodo del monopolio statale l’unica fonte di finanziamento era costituita dal canone di abbonamento alla radiotelevisione; in seguito con la notevole espansione del mezzo televisivo,i crescenti costi di produzione e con l’affermazione del sistema misto(pubblico privato)è stata valorizzata la risorsa pubblicità.Questa centralità della risorsa pubblicitaria ha favorito l’affermazione di nuove forme di pubblicità,che vanno dalle sponsorizzazioni per arrivare alle telepromozioni ed infine alle televendite; poi l’introduzione di nuovi mezzi di comunicazione(cavo satellite pay tv) ha portato a nuove forme di finanziamento sempre più dirette e specifiche,come ad esempio l’abbonamento.

Il canone di abbonamento alla radiotelevisione.

Costituisce la principale fonte di finanziamento della concessionaria del servizio pubblico.La pubblicità invece, assume per la Rai, almeno in termini normativi il valore di fonte accessoria.Il finanziamento del servizio pubblico è disciplinato dall’art 18 della legge Gasparri.C’è stato un ampio dibattito sulla legittimità costituzionale del canone.

determinazione della misura del canone: in un primo momento alla somma determinata dalla legge veniva aggiunto un sovrapprezzo.Tale meccanismo oggi risulta sorpassato; la legge Gasparri infatti precisa che “al fine di consentire la determinazione del costo di fornitura del servizio pubblico generale radiotelevisivo,e di assicurare la trasparenza e la responsabilità nell’utilizzo del finanziamento pubblico,la società concessionaria predispone il bilancio di esercizio indicando in una contabilità separata i ricavi derivanti dal gettito del canone e gli oneri sostenuti nell’anno solare precedente per la fornitura del suddetto servizio”.La nuova disposizione stabilisce che “entro il mese di novembre di ciascun anno,il ministero delle comunicazioni con proprio decreto stabilisce l’ammontare del canone di abbonamento in vigore dal primo gennaio dell’anno successivo,in misura tale da consentire alla società concessionaria della fornitura del servizio di coprire i costi che prevedibilmente verranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo affidati a tale società.La ripartizione del del canone inoltre dovrà essere operata con riferimento anche all’articolazione territoriale delle reti nazionali per assicurarne l’autonomia economica”.Infine è vietato alla società concessionaria del servizio pubblico utilizzare i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo.

La pubblicità. Limiti quantitativi.

La pubblicità rappresenta una forma di comunicazione delle imprese avente finalità di carattere economico.Il suo scopo principale è quello di indurre nei telespettatori un atteggiamento di preferenza nei confronti di determinati prodotti o servizi.La pubblicità è inoltre un’importante fonte di finanziamento.- limiti qualitativi:attengono al contenuto del messaggio.- limiti quantitativi:relativi alla quantità massima di messaggi pubblicitari da trasmettere attraverso un determinato mezzo.Nel 1975 prima dello sviluppo del sistema pubblico-privato il legislatore aveva posto un limite annuo del 5% alla trasmissione di spots pubblicitari rispetto alla programmazione complessiva.In seguito con lo sviluppo del sistema misto il legislatore con la legge n.10 del 1985 introduceva dei limiti quantitativi alla trasmissione di spots publicitari per le emittenti private.Questi limiti venivano individuati,per le emittenti private, in rapporto alle ore settimanali(16%)e ad ogni ora di programmazione(20%);mentre con riferimento alla concessionaria pubblica si

introduceva un indice di affollamento orario da determinarsi annualmente dalla commissione parlamentare.

la direttiva 97/36:stabilisce che il tempo di trasmissione per spot pubblicitari non deve superare il 15% del tempo di trasmissione quotidiano; inoltre è stabilito che la proporzione di tempo fra trasmissione destinata agli spot di televendita pubblicitari e altre forme di pubblicità,eccettuate le finestre di televendita,non deve superare il 20% del tempo di trasmissione quotidiana,mentre quella tra spot pubblicitari e quelli di televendita in un ora determinata non deve il 20%.

Per quanto riguarda i concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva, i limiti sono espressi in termini di percentuale di affollamento orario. L’articolo 8, comma 7 della legge Mammì ha fissato l’indice di affollamento per l’emittenti nazionali televisive al 15% giornaliero e al 18% orario. I commi successivi hanno alzato queste percentuali, portandole al 18% e al 20%, rispettivamente x l’emittenti radiofoniche nazionali e per l’emittenti locali radiofoniche e televisive. Una serie di leggi successive non hanno fatto altro che alzare ulteriormente questi indici di affollamento. Per quanto riguarda il servizio pubblico l’art. 8, comma 6 ha stabilito che la trasmissione di messaggi pubblicitari non può superare il 4% dell’orario settimanale di programmazione e il 12% di ogni ora. Sono limiti più rigidi perché la concessionaria pubblica è finanziata non solo dalla pubblicità ma anche dal canone di abbonamento.

LE SPONSORIZZAZIONI E LE TELEPROMOZIONI.

Sponsorizzazioni: è il contributo di un’impresa pubblica o privata, non impegnata in attività televisive o di produzione di opere audiovisive, al finanziamento di programmi televisivi, allo scopo di promuovere il suo nome, il suo marchio, la sua e i suoi prodotti. L’articolo 17 della direttiva indica i criteri cui deve rispondere la sponsorizzazione:

- il divieto per lo sponsor d’influenzare i contenuti dei programmi.

-la necessità che il programma sponsorizzato sia sempre riconoscibile come tale.

- il divieto di stimolare all’acquisto di prodotti o servizi dello sponsor o di terzi, specialmente mediante riferimenti di carattere promozionale.

Telepromozioni: sono messaggi pubblicitari che da una parte sfruttano una forma di comunicazione commerciale mascherata da una presentazione solo apparente rivolta solo alla conoscenza del marchio dei prodotti dell’impresa; e inoltre ottiene un grande vantaggio per effetto della tecnica del convertitore.

Decisione del TAR del Lazio: nello specifico è stato dichiarato illeggittimo l’articolo 12 nella parte in cui, equiparando le telepromozioni ai normali messaggi pubblicitari, le esclude dal beneficio del tempo aggiuntivo giornaliero di pubblicità previsto per la trasmissione di televendite da parte dei concessionari privati in ambito nazionale.

Regolamento dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni:sono norme in materia di pubblicità televisiva e televendita. Queste pur riconoscendo la natura pubblicitaria delle telepromozioni le ha però distinte dagli spot tradizionali. Il punto cruciale del dibattito ancora in atto è dato dal problema che se le televendite e le telepromozioni siano da includere o meno nei tetti orari previsti nella pubblicità. Il parere del consiglio di stato ha stabilito che queste vanno calcolate ai fini dell’affollamento orario previsti dall’art. 8 della legge Mammì. In seguito il consiglio ha chiarito che il limite orario complessivo del 18% della programazione stabilito sempre dall’art.8

debba essere applicato alle telepromozioni congiuntamente alle altre forme tradiozionali di pubblicità, ossia gli spot. Il risultato che ne deriva dall’applicazione che ne deriva è ridurre l’applicazione del limite giornaliero e di quello orario della pubblicità ai soli spot pubblicitari.

Le televendite costituiscono un a forma di vendita a distanza attrverso il mezzo televisivo. La direttiva comunitaria all’art.18 ha definito le televendite come offerte fatte direttamente al pubblico ai fini della vendita, dell’acquisto o del noleggio di prodotti, oppure delle fornitura di sevizi, stabilendo per queste due limiti quantitativi: un primo limite del 5% del normale tempo di trasmissione quotidiano e un ulteriore limite di un’ora al giorno riferito a 24 ore di trasmissione. Questi limiti potevano essere innalzati a seconda dei casi e delle situazioni particolari. In questa materia è intervenuta anche la legge Gasparri con il 5 comma dell’art.7 . Questa legge dice che: imprese di radiodiffusione televisiva in ambito locale che s’impegnano entro 2mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ha trasmettere televendite per oltre l’80% della propria programmazione non sono soggette al limite di affollamento previsto dall’art.8, nonché agli obblighi informativi previsti per l’emittente televisivo e locale.

Il finanziamento delle Pay-tv.

Il finanziamento avviene in modo diretto, cioè comprende le forma di pagamento diretto da parte dell’utente. Le Pay tv hanno introdotto per la prima volta in Italia, l’abbonamento come nuova forma di finanziamento. La legge n.249 del ’97 inserisce i ricavi dall’offerta televisiva a pagamento tra le risorse economiche del settore della comunicazione. Il carattere tra la Pay tv e l’utente si basa sul rapporto di scambio caratterizzato da un elemento tecnologico (necessario possesso di un decodificatore di segnale ) e un elemento negoziale (particolare qualità che dovrebbero avere i programmi quale corrispettivo del pagamento di un abbonamento). Il fenomeno della Pay tv è quindi caratterizzato dal momento dell’offerta al pubblico e da quello successivo della concreta diffusione a chi abbia adempiuto alle condizioni richieste nell’offerta, con il sorgere di un contratto.

Le misure di sostegno delle radio e delle televisioni private.

Oltre alle forme di finanziamento già analizzate esistono altre forme che derivano da fondi pubblici stanziati nei bilanci dello stato o delle regioni e si configurano come contributi sovvenzioni o misure di sostegno della radiodiffusione. Queste misure di sostegno si rivolgono soprattutto a favore dell’emittenti locali .

Agevolazioni fiscali per il sostegno delle radio comunitarie. Si rivolge ai soggetti che effettuano erogazioni liberali i favore di un’impresa radiofonica comunitaria. L’agevolazione consiste nella possibilità di dedurre la spesa per un ammontare complessivo non superiore all’1% del reddito imponibile dei soggetti stessi.

Agevolazioni creditizie per le radiotelevisioni. Sono destinatarie di queste misure di sostegno le imprese che: - abbiano registrato la testata radiofonica giornalistica trasmessa presso il competente tribunale;- trasmettano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, per non meno del 25% delle ore di trasmissine omprese fra 7:00 e le 20:00.

Sostegno delle radio di partito.

Il finanziamento di radio radicale.

L’art.4 della legge n.250 del 1990 prevede, in favore delle imprese radiofoniche che risultano essere organi di partiti politici rappresentanti del parlamento: - un contributo pari al 70% della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi 2 esercizi;- un ulteriore contributo pari al 50% nel caso in cui l’entrate pubblicitarie siano inferiori al 25% dei costi di esercizi annuali;- le riduzioni tariffarie di cui ha parlato l’art.28 della legge n.416 del 1981;- l’accesso ai finanziamenti agevolati citati nell’art.20 della legge 67 del 1987.

Infine il decreto legge n.355 del 1995 (salva-rai) ha previsto un contributo di 10 miliardi di lire annui ad un’impresa radiofonica scelta mediante gara allo scopo di assicurare il servizio di trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari.

Cap. 7

Cenni storici

1848: Statuto Albertino ed editto sulla stampa equivalenza fra libertà di manifestazione del pensiero e libertà di stampa; assenza di ogni strumento di autorizzazione o censura; limitatezza delle prescrizioni di pubblicità per la stampa periodica e non = scelta a favore della preminenza di valori liberali e di intervenire in questo settore mediante meccanismi soltanto repressivi. Figura del “gerente responsabile”: previsto per ogni periodico, fungeva da centro d’imputazione della responsabilità per la commissione di reati a mezza stampa; rispondeva personalmente del contenuto degli art anonimi e insieme con l’autore per il contenuto di quelli firmati.

Periodo giolittianoil sequestro può essere disposto dal giudice soltanto dopo una sentenza di condanna a carico del soggetto responsabile della pubblicazione; la possibilità di un sequestro preventivo rispetto alla sentenza di condanna rimane nei soli casi di mancato deposito di copie dello stampato presso le autorità pubbliche indicate nell’editto e di violazione del buon costume.

1915-1919limitazione della liberta di stampa: con l’avvento del regime fascista si inizia a dare particolare attenzione alla stampa per la consapevolezza della grande importanza che questo mezzo viene assumendo e della permanente presenza in tale settore di antagonisti culturali e politi incompatibili con il programma di conquista totalitaria dello stato. Si riforma l’istituto del gerente responsabile stabilendo che egli fosse il direttore o uno dei principali redattori, che non fosse deputato senatore e che la sua nomina dovesse essere riconosciuta dal prefetto. Emerge quindi la chiara vocazione totalitaria del regime e l’intento di realizzare un pieno controllo politico sulla stampa periodica e quotidiana come dimostrano anche le”istruzioni alla stampa” ovvero gli ordini e i divieti fatti pervenire ai giornali al fine di rendere la stampa “sempre +illustratrice agile, varia, brillante delle quotidiane conquiste del fascismo.

29 sett. 1943 “armistizio lungo”vengono concessi pieni poteri agli alleati sui mezzi di comunicazione di massa con la conseguenza di consentire agli stessi forme vistose non solo di controllo indiretto ma anche di intervento diretto nel settore editoriale.

Governo Badoglio e governi del comitato di liberazione nazionale(CLN)viene meno la censura ma non la legislazione sul sequestro amministrativo; si aggiunge la previsione di una

apposita autorizzazione per chiunque “pubblichi, stampi o riproduca giornali o altri scritti periodici in cui vengono riportate notizie ed opinioni politiche”.

Principali riferimenti normativi

Legge 8 feb 1948 n .47 è la legge sulla stampa cui fa riferimento il terzo comma dell’art. 21. Rimuove alcune delle limitazioni al libero esercizio della stampa che avevano caratterizzato il periodo precedente. Sostituisce il provvedimento autorizzatorio con quello della mera registrazione;introduce la disciplina del diritto di rettifica; prevede l’aggravamento delle pene per il reato di diffamazione commesso con il mezzo stampa estendendo la responsabilità civile all’intera categoria dei reati commessi a mezzo stampa.Direttore responsabile: la legge afferma che ogni giornale o periodico deve avere un direttore responsabile il cui nome deve essere riportato obbligatoriamente in ogni stampato, oltre ai dati relativi allo stampatore e all’editore, ai fini dell’imputazione della responsabilità penale per i reati commessi col mezzo stampa.

Legge 5 ago 1981 n. 416 rappresenta ancora oggi l’ossatura della legislazione in materia; tentava di fornire una risposta organica alla grande crisi economica che ha investito la stampa dinanzi alle trasformazioni culturali e tecnologiche degli anni 80; realizzazione della trasparenza della proprietà e delle fonti di finanziamento delle imprese editoriali; limitazione dei processi concentrativi( limiti antitrust); agevolazione di programmi di ristrutturazione e riconversione tecnologica; predisposizione di un sistema di sostegno basato sull’integrazione del prezzo della carta. La gestione e l’applicazione della legge è stata difficile per mancata copertura amministrativa, ovvero per mancato adeguamento dei mezzi e degli organici delle strutture esecutive.

Legge n. 67 del 87sorta di seconda riforma: perfezionamento delle disposizioni antimonopolistiche; scomparsa dei contributi generalizzati alle imprese editrici di quotidiani; cessazione dei contributi diretti all’editoria periodica; estensione all’editoria periodica e in parte a quella libraria di alcune forme di agevolazione indiretta; sostegno economico alla categoria delle “imprese editrici di particolare valore”.

Legge n.250 del 90parziale revisione della categoria delle imprese editrici di particolare valore.

Legge n. 595 del 94 liquidazione dell’Ente Nazionale cellulosa e carta trasferendo la funzione di pagamento direttamente allo stato; interventi sulle leggi finanziare con disposizioni in ordine agli interventi economici e in favore delle imprese editrici.

Decreto legislativo n. 129 del 23 feb 94 norme in materia di bilanci delle imprese editrici. Reiterato 16 volte e decaduto il 22 dicembre del 96 le disposizioni in esso contenute sono state trasfuse nella legge n. 650 del 23 dic 96.

Legge 7 marzo 2001 n. 62.

Il settore editoriale era originariamente caratterizzato da imprese identificabili chiaramente da una testata quotidiana o periodica e si era sviluppato attraverso gli editori puri, ovvero gli editori con interessi economici legati quasi esclusivamente alla stampa. Oggi invece con la digitalizzazione e il fenomeno della convergenza multimediale l’editoria è divenuta parte integrante di un sistema economico più ampio teso a sfruttare le opportunità di internet: la rete è divenuta l’occasione per offrire agli utenti servizi nuovi on line, anche attraverso l’editoria telematica. È stato necessario quindi un ripensamento del quadro normativo esistente poiché la legge n. 47 del 48 si basava su una nozione di prodotto editoriale evidentemente pensata in funzione di un supporto di

tipo cartaceo = legge n. 62 del 2001 recante “nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge n. 416 dell’81” e la delibera n. 236 dell’Autorità, recante il regolamento per la tenuta e l’organizzazione del nuovo registro degli operatori di comunicazione ROC . La nuova legge estende la nozione di prodotto editoriale precisando che tale deve intendersi quello “realizzato su supporto cartaceo o informatico, destinato alla pubblicazione o alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici e cinematografici”= nozione di prodotto che prescinde dal tipo di supporto o veicolo per basarsi solo sul contenuto. Inoltre estende all’editoria on line sia le norme sulle indicazioni obbligatorie previste per la stampa cartacea sia quelle sull’obbligo di registrazione ai tribunali competenti; prevede l’obbligo di iscrizione nel ROC anche per le imprese fornitrici di servizi di editoria elettronica digitale, richiamata anche nel quadro delle disciplina antitrust.

I soggetti.

Art. 1 della legge n.416 dell’81, così come modificato dalla legge n. 62 del 2001:

Comma 1: definisce i soggetti cui è riservato l’esercizio dell’impresa editrice di giornali quotidiani: persone fisiche, società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni o cooperative “ il cui oggetto comprenda l’attività editoriale, esercitata attraverso qualunque mezzo e con qualunque supporto, anche elettronico, l’attività tipografica, radiotelevisiva o cmq attinente all’informazione e alla comunicazione, nonché le attività concesse funzionalmente e direttamente a queste ultime.Comma 2: dispone che le società in accomandita semplice debbono in ogni caso essere costituite soltanto da persone fisiche.Comma 3: stabilisce che quando l’impresa è costituita in forma di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, le azioni aventi diritto di voto o le quote devono essere intestate a persone fisiche, società in nome collettivo, in accomandita semplice o a società a prevalente partecipazione pubblica.Comma 4: prevede che nell’ipotesi che l’impresa editrice sia costituita in forma di società di capitali, le azioni aventi diritto di voto o le quote sociali possono essere intestate ad altre società di capitali, purchè la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a presone fisiche o a società direttamente controllate da persone fisiche.

La legge inoltre esprime una chiara avversione verso l’ingresso nel capitale azionario di imprese editoriali da parte di soggetti pubblici = divieto di costituzione, acquisto e acquisizione di nuove partecipazioni in imprese editoriali da parte di enti pubblici e di società a prevalente partecipazione statale o da queste ultime controllate.

L’esercizio dell’attività d’impresa è inoltre esclusa solo per le persone fisiche che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea e per le società che non hanno sede in uno di tali Stati.Possono esercitare l’impresa editoriale anche le cooperative di giornalisti e i consorzi ad esse equiparati.

Interventi di finanziamento in favore dell’editoria.

Aiuti economici diretti.Anni 30 creazione dell’Ente nazionale Cellulosa e Carta: organismo di autogoverno corporativo la cui attività tendeva essenzialmente allo sviluppo autarchico delle materie prime e alla regolamentazione del mercato della carta, con il corollario delle sovvenzioni alle imprese editoriali che venivano realizzate nella forma dell’integrazione del prezzo della carta destinata alla

produzione di giornali quotidiani; una volta fissato con trattative dirette tra produttori di carta ed editori il prezzo di riferimento, l’Ente erogava a questi ultimi un contributo pari alla differenza tra quello interno e quello internazionale.

Oggi forme di contribuzione diretta rimangono solo in favore di alcune tipologie specifiche di imprese editrici e in particolare di:

a) imprese editrici di particolare valore:- imprese editrici di quotidiani o di periodici che siano costituite come cooperative giornalistiche;- imprese editrici di giornali quotidiani editi in lingua francese, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino, nonchè i giornali italiani editi all’estero;- imprese editrici di periodici che risultino esercitate da cooperative, fondazioni o enti morali;- imprese editrici di quotidiani o periodici che oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche;

b) stampa italiana all’estero: imprese editrici di giornali e riviste italiani pubblicati all’estero e di pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale in Italia e diffuse prevalentemente all’estero;

c) pubblicazioni con elevato valore culturale: pubblicazioni periodiche le cui pagine pubblicitarie siano state nell’anno precedente inferiori al 50% delle pagine complessivamente pubblicate e che vengano riconosciute di elevato valore culturale per il rigore scientifico con il quale viene svolta la trattazione degli argomenti.

Aiuti economici indiretti. È la principale forma di sostegno economico delle imprese editrici. Si compongono di:

a) riduzioni tariffarie:- tariffe telefoniche: art. 28 l. n. 416, riduzione del 50% delle tariffe stesse per le imprese editrici di quotidiani e di periodici; - tariffe postali: agevolazioni per la spedizione di libri, giornali, quotidiani e riviste iscritti al ROC, pubblicazioni informative di enti, associazioni senza fini di lucro, anche in lingua estera. A questo fine è stato istituito un Fondo per le integrazioni tariffarie presso le Presidenza del Consiglio dei Ministri; sono escluse dai benefici del fondo le pubblicazioni pornografiche, le testate giornalistiche di quotidiani e periodici che contengano inserzioni pubblicitarie e le pubblicazioni di enti che includano inserzioni pubblicitarie o perseguano vantaggi commerciali a favore di terzi, nonché quelle in vendita per corrispondenza.

b) Agevolazioni fiscali: la legge n. 154 dell’89 aveva assoggettato al pagamento dell’I.V.A. tutti gli stampati, nella misura del 4% da calcolare sul solo 40% della tiratura. La legge n.549 del 95 ha portato al 50% la base imponibile su cui deve essere calcolata l’IVA; la finanziaria 2002 ha aumentato la percentuale per i giornali all’80%. Con la legge 350/2003 si è previsto un credito d’imposta pari al 10% della spesa sostenuta per l’acquisto di carta a favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici di libri iscritte al ROC.

c) Finanziamenti agevolati: Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese editoriali: i contributi sono concessi in conto interessi per finanziare progetti, di durata massima decennale, di ristrutturazione tecnico-produttiva con particolare riferimento all’istallazione e potenziamento della rete informatica. Una quota del 5% del Fondo è riservata alle imprese di + ridotte dimensioni; un altro 5% è riservato alle imprese impegnate in progetti per la diffusione della lettura in Italia o per la diffusione di prodotti italiani all’estero; un 10% è

destinato ai progetti volti a sostenere spese di gestione o di esercizio per le imprese costituite in forma di cooperative di giornaliste o di poligrafci.

Il settore librario: istituzione di un Fondo, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, finalizzato all’assegnazione di contributi ai soggetti che abbiano stipulato contratti di mutuo per lo sviluppo dell’attività di produzione, distribuzione e vendita del libro e dei prodotti editoriali di elevato valore culturale. A questo settore inoltre è data la possibilità di accedere alla cassa integrazione guadagni; è riconosciuta una indennità aggiuntiva nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro e la possibilità di optare per il prepensionamento a condizioni particolarmente agevolate.

Il sistema della distribuzione e della vendita.

Dallo scarso sviluppo dei canali distributivi alternativi ( recapito per posta e la distribuzione presso le abitazioni) derivano una serie di comportamenti differenziati delle imprese editrici le quali, in base alla tiratura, all’organizzazione aziendale e alle diverse aree territoriali, provvedono a distribuzioni dirette, all’affidamento dell’intera distribuzione a imprese operanti su scala nazionale o al trasporto delle copie presso distributori locali.Questa diversificazione fa si che non si possa definire genericamente il rapporto giuridico che lega l’editore al distributore, incorrendo tra questi una pluralità di rapporti contrattuali inquadrati nella figura del contratto di agenzia.La principale esigenza che si pone in ordine al funzionamento del sistema distributivo, ossia quella di garantire la parità di trattamento delle testate da parte dei distributori, è stata realizzata con l’art. 16 della l.n.416 dell’81 che prevede che le imprese di distribuzione devono garantire, a parità di condizioni rispetto ai punti di vendita serviti e al numero di copie distribuite, il servizio di distribuzione a tutte le testate giornalistiche che ne facciano richiesta.La disciplina della vendita, lasciata inizialmente alla regolamentazione di tipo contrattualistico tra editori e venditori è stata progressivamente ricondotta nell’ambito della disciplina del commercio(l.n. 426 del 71), subordinando ad autorizzazione amministrativa anche l’esercizio della vendita dei giornali, e delegando alle regioni le funzioni amministrative relative all’autorizzazione alla rivendita di giornali e riviste (d.p.r. n.616 del 77). Questo sistema è stato poi ulteriormente confermato dalla legge n. 416 dell’81 sull’editoria la quale prevede che le regioni elaborino li indirizzi per i comuni in tema di predisposizione dei piani di localizzazione dei punti ottimali di vendita, attenendosi ad una serie di prescrizioni analiticamente determinate dallo stesso legislatore; mentre spetta ai comuni adottare il citato piano di localizzazione e rilasciare le relative autorizzazioni, salve le eccezioni che la legge consente.Per quanto riguarda i soggetti titolari dell’attività di rivendita si prevede che il titolare possa essere soltanto una persona fisica e che l’esercizio della rivendita può essere svolto unicamente dal titolare e dai suoi familiari o parenti, o affini di terzo grado; quanto alla presenza di terzi, si consente la loro collaborazione nell’esercizio della rivendita, mentre si vieta l’affidamento in gestione a terzi e la cessione dell’attività.Sebbene questo tipo di organizzazione del sistema di vendita presentasse alcuni vantaggi è stata fortemente criticata per la sua eccessiva rigidità e oggi è in corso di parziale superamento. In particolare, l’esistenza di un sistema unico di commercializzazione basato sull’edicola tradizionale, con problemi frequenti di scarsa visibilità dei prodotti e perciò ridotta capacità di vendita, si è rivelato inadeguato alla luce degli attuali obiettivi di espansione del mercato. Il fallimento del sistema delineato dalla l.n. 416 ha portato ad una crescita irrazionale dei punti di vendita e per questo negli ultimi anni si è avviato un dibattito favorevole alla liberalizzazione dei quotidiani e dei periodici, attraverso l’abrogazione dell’autorizzazione amministrativa per gli esercizi diversi da quelli tradizionali, che ha portato all’approvazione della l. 13 aprile 99 n. 108 recante “Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica”. Questa legge prevede una fase di sperimentazione di forme alternative di vendita, da effettuare x 18mesi su tutto il territorio nazionale. Tale sperimentazione può essere effettuata da soggetti

tassativamente individuati, ossia rivendite di generi di monopolio, rivendite di carburanti e di oli minerali, bar, grandi strutture di vendita e esercizi adibiti a prevalente vendita di libri e prodotti equiparati. Gli esercizi partecipanti alla sperimentazione hanno anch’essi l’obbligo di assicurare parità di trattamento alle testate, con l’eccezione delle pubblicazioni pornografiche, escluse dalla sperimentazione.La legge inoltre, nell’art. 3 delega il Governo ad emanare un decreto legislativo diretto a riordinare in maniera organica la disciplina della materia, sulla base di alcuni criteri direttivi e soprattutto dei risultati della sperimentazione. Il Governo ha assolto tale compito con il d.lgs.n. 170 del 2001 dettando i principi per la disciplina, da parte delle Regioni, dei punti vendita esclusivi e non della stampa quotidiana e periodica. Il decreto stabilisce che il rilascio dell’autorizzazione debba avvenire in ragione della densità della popolazione, della caratteristiche urbanistiche e sociali delle zone, dell’entità delle vendite di quotidiani e periodici negli ultimi due anni, delle condizioni di accesso, nonché dell’esistenza di altri punti vendita nn esclusivi.Il decreto richiama sostanzialmente le stesse categorie ammesse alla sperimentazione ai sensi della l.n. 108 del 99, precisando che l’autorizzazione spetta di diritto ai soggetti che effettivamente abbiano partecipato alla fase sperimentale.

capitolo 9.

la normativa antitrust nel settore radiotelevisivo.

nozioni di controllo e collegamento.per i mezzi di comunicazione di massa tali norme sono identificate dall’art.1,co.8,della l.n.416,così come riformato dalla l.n.67/1987,e dall’art.2,co.18 della l.n.249/1997.le norme appena citate si pongono in un’ottica di superamento della definizione generale fornita dall’art.2359 c.c,che ravvisa l’esistenza di un rapporto di controllo tra due società che:

- sono in possesso di azioni tali da attribuire a una società la maggioranza di voti esercitabili nell’assemblea ordinaria dell’altra società;- sono in possesso di un numero di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;- hanno un’influenza dominante derivante da particolari vincoli contrattuali.

Allo scopo di ampliare la nozione di controllo il legislatore è intervenuto più volte. Una disposizione del 1990 include nella definizione di controllo e collegamento anche quei rapporti realizzati congiuntamente con altri soggetti tramite società direttamente o indirettamente controllate o tramite intestazione fiduciaria o mediante accordi parasociali.Una nuova definizione di controllo è contenuta nella l.n.249/1997,che considera il controllo come esistente nella forma dell’influenza dominante,quando ricorrono una serie di situazioni indicate:a) esistenza di un soggetto che abbia la possibilità nell’assemblea ordinaria di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori e sussistenza di rapporti di carattere finanziario e organizzativo o economico;b) l’assoggettamento a direzione comune,che può risultare anche in base alle caratteristiche della composizione degli organi amministrativi o per altri significativi e qualificati elementi.

La disciplina contenuta nella legge n.249 del 1997:la ripartizione delle competenze fra l’Autorità della concorrenza e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Tale legge prevede l’istituzione di una nuova autorità amministrativa nel settore delle comunicazioni,la quale assume su di sé l’ampia e diversificata tipologia di competenze nel settore delle telecomunicazioni e della radiotelevisione. Sembra rivestire un ampio rilievo il disposto dell’ art.2,co.3 della l.n.249/1997,in base al quale gli operatori del settore delle comunicazioni sono obbligati ad inviare,sia alla neo-istituita autorità,sia all’autorità garante,le comunicazioni relative alle intese ed alle operazioni di concentrazione,al fine dell’esercizio delle rispettive competenze da parte delle due autorità.Questo complesso quadro normativo induce a ritenere che all’autorità sia affidata l’applicazione della specifica disciplina del divieto di posizione dominante e la tutela del pluralismo e dei valori dell’art.21 della cost.,mentre all’autorità garante sia affidata l’applicazione,anche nello specifico settore delle comunicazioni,della disciplina generale antitrust e,quindi,la tutela della libertà della concorrenza in attuazione dell’art.41 della cost.

le nuove regole antitrust contenute nella l.112 del 2004.

valutazione di sintesi della nuova legge.legge gasparri:l’art.14 è dedicato all’ accertamento delle posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni.L’art.15 è intitolato invece <<limiti al cumulo dei programmi televisivi e radiofonici e alla raccolta di risorse nel sistema integrato delle comunicazioni>>.L’art.5 è intitolato alla salvaguardia del pluralismo e della concorrenza ed include una serie di concetti legati al principio della libertà di concorrenza che riguarda essenzialmente gli imprenditori

La legge Gasparri interviene concretamente a modificare la precedente struttura normativa:- viene eliminato il limite economico settoriale del 30% del mercato radiotelevisivo stabilito dalla legge Maccanico.- viene alzato al 20% il limite degli affollamenti pubblicitari per i privati in modo da consentire liberamente le telepromozioni .- viene creato il SIC (sistema integrato delle comunicazioni).- viene stabilito il nuovo limite antitrust al 20% di questo nuovo enorme contenitore.

La legge inoltre contiene due importanti decisioni di principio: la prima riguarda gli incroci proprietari nel mondo dell’editoria e la seconda riguarda la novità del digitale terrestre.

1)I nuovi limiti antitrust.limiti alla titolarità delle reti.Dice oggi il primo comma dell’art.15 che <<all’atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale,uno stesso fornitore di contenuti,anche attraverso società qualificabili come controllate o collegate ai sensi dell’art.2,commi 17 e 18,della l.31 luglio 1997,n.249,non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi televisivi o più del 20% dei programmi radiofonici irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale mediante le reti previste dal medesimo piano.con ciò si sostituisce al doppio limite tecnico analogico e digitale,l’unico limite digitale che è molto più elevato e consente agli operatori privati di mantenere comunque le tre reti terrestri e di aumentarne il numero.

2)limiti alla raccolta di risorse economiche. Limite <<economico>>. Il paniere enorme del SIC.- viene creato il paniere enorme del SIC: sistema integrato delle comunicazioni che riunisce un coacervo di entrate.più precisamente racchiude tutte le forme di comunicazione con annessi ricavi.

- viene stabilito il nuovo limite antitrust al 20% di questo nuovo enorme contenitore.<<fermo restando il divieto di costruzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il sistema integrato delle comunicazioni,i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori della comunicazione non possono ne direttamente,ne attraverso soggettiI controllati o collegati,conseguire ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni.>>prima osservazione:questi limiti si applicano esclusivamente ai soggetti che siano titolari di più di una concessione televisiva o radiofonica via etere,o di più di una autorizzazione per trasmissioni a pagamento a mezzo cavo o via satellite.seconda osservazione:c’è disparità tra il sistema della stampa e quello della televisione.terza osservazione:la corte costituzionale aveva detto che <<l’opportunità di conseguire una dimensione di impresa ottimale,sotto il profilo economico aziendale non risponde alla preminente necessità di assicurare il pluralismo.>>cioè,significa che il valore del pluralismo finisce in ogni caso con il prevalere sulle altre ragioni di ordine economico aziendale fondate sull’articolo 41 della costituzione.- viene abbassato il limite al 10% per gli operatori della telecom.il 4 comma dell’art.15 dispone poi un’eccezione per Telecom Italia.<<le imprese anche attraverso società controllate e collegate,i cui ricavi nel settore delle telecomunicazioni,come definito ai sensi dell’art.18 del decreto legislativo 1 agosto 2003,n.259,sono superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel settore non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10%del sistema medesimo.>>

3) possibilità di incroci multimediali.La legge decide di consentire gli incroci proprietari tra stampa e televisione con alcuni limiti della legge mammì.per evitare che il vantaggio possa essere a favore degli operatori televisivi,si è spostato un po’ più il là il termine di ingresso (dicembre 2010)per gli operatori televisivi che controllino più di una rete.gli altri soggetti possono invece estendersi da subito.

4) limiti per le imprese concessionarie di pubblicità.Per le imprese concessionarie di pubblicità valgono le stesse quote previste per le imprese radiofoniche e televisive;ne consegue una sostanziale equiparazione delle concessionarie di pubblicità alle imprese emittenti.