Al Prof. Pietro Trifone, prodigo di consigli e di incoraggiamenti, va tutta la miagratitudine.Un sincero ringraziamento alla Prof.ssa Maddalena Signorini per la disponibilitàe la competenza paleografica cui più volte sono ricorsa.Un grazie anticipato a coloro che rimedieranno, con critiche e osservazioni, allemanchevolezze inevitabilmente presenti.
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I edizione: settembre 2009II edizione: luglio 2010
5
INDICE
Premessa 7
Capitolo I. Lo Zibaldone di Gallinella 9
1. Il manoscritto IN. III–19 9 2. Datazione e composizione 12
3. Magister e discipulus 14
4. Il «Glossario latino–velletrano» 17
5. Lo studio del latino 19
Capitolo II. La Lingua del Glossario 23
1. Le condizioni dialettologiche 23
2. Note sulla grafia 28
3. Fonetica 31
4. Morfologia 46
5. La struttura delle parole 50
6. Aspetti di sintassi 51
7. Il lessico 53
8. Conclusioni sulla lingua del Glossario 57
Capitolo III. Il «Glossario latino–velletrano» 61 1. I criteri di edizione 61
2. Lemmario 65
Indice dei lemmi latini 123
Indice dei lemmi volgari 141
Bibliografia 161
7
PREMESSA
L‘inedito zibaldone scolastico di Domenico Gallinella rappresenta
un esempio paradigmatico di come doveva strutturarsi l‘attività scola-
stica in epoca umanistica.
Tra le carte del manoscritto trova posto il Glossario latino–volgare
che dà il titolo al volume; si tratta di un repertorio lessicale che fa del
dialetto un uso strumentale di confronto pratico con il latino, lingua da
conquistare.
L‘edizione del Glossario, sulla scia degli studi avviati da Ignazio
Baldelli, apre il ventaglio dei glossari bilingui di tradizione italiana e
consente la fruizione di nuovi dati utili per la ricostruzione della storia
e delle modalità di trasmissione dei repertori lessicali lungo il corso
dei secoli.
Il velletrano, esposto a diverse latitudini dialettali e collocato sullo
scacchiere geo–linguistico dei dialetti viciniori castellani, ―zona gri-
gia‖ della dialettologia laziale segnata da una importante variabilità
linguistica interna, partecipa al dialogo che i dialetti della campagna
romana intrecciano ab antiquo con il romanesco della città.
Il dialetto velletrano non si manifesta con il suo cromatismo lingui-
stico genuino perché deve adeguarsi a due uffici: ―spiegare‖ il latino,
secondo un processo che va dal noto all‘ignoto, e tendere al tipo lin-
guistico del centro più prestigioso dell‘area, il romanesco in via di to-
scanizzazione. L‘allineamento alla varietà del romanesco ―medio‖ im-
pone al velletrano la rinuncia di quei tratti avvertiti come troppo mar-
cati in senso locale.
Il litostròto dialettale è certamente centro–meridionale, sebbene la
lingua del Glossario esibisca esiti fonetici sconosciuti ai dialetti di a-
rea mediana e meridionale, esiti che, al contrario, stabiliscono emble-
maticamente la solidarietà tra romanesco antico e toscano.
Sul Glossario il processo di Toskanisierung passa per via letteraria,
data la gestazione scolastica dell‘opera, ma la stessa tipologia testuale
avrà avuto il suo peso nelle scelte linguistiche delle annotazioni lessi-
cologiche, se pensiamo che in altri loci del quaderno occupati da testi
8 Premessa
di letteratura popolareggiante vi è una più robusta aderenza al tipo me-
ridionale. La precoce toscanizzazione è, però, anche un processo ―me-
diato‖ da Roma, a conferma dei complessi fenomeni di delocalizza-
zione linguistica che caratterizzavano l‘area.
9
I
LO ZIBALDONE DI GALLINELLA
1. Il manoscritto IN. III–19
Il manoscritto IN. III–19, conservato presso il Fondo Antico della
Biblioteca di Velletri, sebbene già citato in diversi lavori specialistici
rivolti allo studio dei dialetti di Roma e del Lazio, rimane una rarità
bibliografica che merita ancora attenzione, specialmente per le carte
tuttora inedite1. Si tratta di un quadernuccio di scuola della seconda
metà del Quattrocento appartenuto al giovane Domenico Gallinella,
discepolo del maestro veliterno Antonio Mancinelli; lo Zibaldone rac-
coglie, infatti, le lezioni tenute dal magister e gli esercizi svolti dal di-
scepolo come attività di ripasso e studio individuale. La metodicità di-
dattica è la cifra del volume, nel quale convivono regole di grammati-
ca, strofe poetiche, testi religiosi e spazi deputati ai frequenti riferi-
menti alle Auctoritates2. L‘apprendimento della lingua latina nei suoi
aspetti grammaticali e lessicali non viene disgiunto dalla necessità di
corredare il discepolo di un ricco bagaglio culturale.
Più precisamente, così come si presenta oggi, il quaderno consta di
otto unità disposte secondo il seguente ordine fascicolare:
1
Nel catalogo cartaceo del Fondo Antico della Biblioteca di Velletri il cod. pre-
senta due antiche segnature: K. IV. 1 e N. IV. 3. Il manoscritto è descritto brevemen-
te in D‘Achille–Giovanardi (1984, p. 122): «Zibaldone scolastico–secolo XV ex.
Raccolta delle lezioni tenute dall‘umanista Antonio Mancinelli nel 1486 a Roma, a
cura del suo allievo velletrano Domenico Gallinella. Nel testo vi sono glosse in vol-
gare velletrano a parole latine–Fonti: Velletri, Bibl. comun. IN III 19, originale–testo
inedito. Bibliografia: G. Crocioni, p. 29, nota 5». Si veda Vignuzzi (1984, nota 14,
p. 12). Cfr. anche Trifone P. (1992, pp. 143–145); nonché il cit. Crocioni (1907). 2 Le Auctoritates citate nelle cc. 72r–84v: Beatus Ieronimus, Lactantius, Agusti-
nus, Lucas, Seneca, Xenophon, Isidorus, Zaccarias, Danielis, Cicero, Terentius, Sa-
lustius, Lucanus, Catullus, Gregorius, Sapiens Salomon, Ambrosius.
10 Capitolo I
— le cc. 1–11, a stampa, sono tratte dall‘opera mancinelliana Re-
gulae Constructionis3;
— le cc. 12–29, manoscritte, raccolgono paradigmi verbali ed av-
verbi di luogo tratti dall‘opera a stampa Regulae Constructionis4;
— le cc. 30–36, manoscritte, ospitano più nuclei: una poesia, brevi
sequenze latine (strutturate secondo la formula peto a te… respondeo
que…), passi ciceroniani, nonché voci ispirate agli argomenti trattati
nelle opere a stampa Summa Declinationis Lexicon e Liber de Flori-
bus5;
— le cc. 37–51, manoscritte, contengono una versione del cantare
di Florio e Biancofiore;
— le cc. 52–61, a stampa, con annotazioni marginali manoscritte,
sono tratte ancora dalle Regulae Constructionis6;
— le cc. 62–84, manoscritte, conservano il glossario latino–
velletrano;
— le cc. 85–90, frammento di stampa, ospitano la storia in ottave
di Piramo e Tisbe7;
— le cc. 91–174, manoscritte e datate a partire dall‘anno 1620,
contengono le traduzioni scolastiche dal latino in italiano, e viceversa,
di Domenico Gallinella Giuniore.
3
Secondo l‘analisi codicologica del catalogo cartaceo consultabile presso il Fon-
do Antico di Velletri, le cc. 1–11 sarebbero un frammento dell‘incunabulo stampato
presso la tipografia romana di Bartholomeus Guldinbeck nel 1485. Le Regulae Con-
structionis si trovano in Omnia Opera di Mancinelli, la quale contiene (corrisponde
al vol. K. V. 21. di Velletri): Regulae Constructionis, Summa Declinationis, Summa
Lexicon, Palladius Soranus ad Iulium («Ioanne Tacuino de Tridino, Venetiis M. D.
XIX. Die III Augusti»), Thesaurus de varia constructionis, Latini Sermonis Empo-
rium, Speculum de moribus e officiis, Vitae Silva, Statio totius Anni, De poetica vir-
tute, Palladius Soranus ad Papirium («Ioanne Tacuino de Tridino, Venetiis M. D.
XIX. Die XIII Augusti»), Carmen de Floribus, Carmen de figuris, Hexameron Epi-
grammatum, Palladius Soranus ad Flaccum. 4
In Manc., Omnia Opera, cit.
5 In Manc., Omnia Opera, cit.
6 In Manc., Omnia Opera, cit.
7 Secondo quanto si ricava dal catalogo cartaceo di Velletri si tratta di un incuna-
bulo stampato a Cosenza presso Ottaviano Lalomoni nel 1478. Cfr. Crocioni (1903,
pp. 3–41).
61
III
IL «GLOSSARIO LATINO–VELLETRANO»
1. I criteri di edizione
Gli interventi sulle caratteristiche del testo originario sono limitati
all‘uso dell‘accentazione e della segmentazione delle parole secondo
l‘uso moderno (tuttavia per gli avverbi in –mente si è conservata la so-
luzione discreta). È stato rispettato l‘uso dello scrivente di dotare della
maiuscola le voci assunte a lemma.
Le operazioni di sanamento sono affidate alle parentesi: fra quadre
vengono inserite le singole lettere mancanti o illeggibili; puntini di so-
spensione tra quadre indicano, invece, i luoghi ove non sia stato pos-
sibile intervenire con una lettura interpretativa (se vi sono puntini infe-
riori o superiori a tre si intenda una lettera mancante per ogni punti-
no); tra parentesi uncinate si segnala l‘espunzione. Non sono stati in-
seriti segni come barre oblique o punti di divisione tra una parola e
l‘altra, affidando alle note dell‘apparato filologico–editoriale il compi-
to di rendere conto delle particolarità grafiche del testo manoscritto.
Non si è intervenuti sulle caratteristiche del testo volgare che potesse-
ro far supporre l‘interferenza del sistema fonologico del giovane di-
scipulus, come gli ipercorrettismi, le geminazioni aberranti delle con-
sonanti intervocaliche e gli scempiamenti.
Le abbreviazioni sono state sciolte in parentesi tonde nel rispetto
delle abitudini del trascrittore. In presenza del titulus per la nasale di-
nanzi a consonante labiale, è stato scelto di risolvere in m o n a secon-
da del suono successivo. Di fronte al segno di abbreviazione simile a
9, si è risolto con lo scioglimento in con; in (et) la nota tironiana a
forma di 2; in (idest) la .i.1
1
Si è fatto riferimento a A. Cappelli, Dizionario di Abbreviature latine ed italia-
ne, Milano, Hoepli, 2006; lo studio delle abitudini grafiche del giovane scrivente
permette di poter affermare che tendenzialmente vi sia stato un uso appropriato delle
abbreviazioni (benché ciò non possa mettere al riparo da possibili sviste o semplici
trascorsi di penna).
62 Capitolo III
Dal momento che le cc. 62–84 del ms. non ospitano una continua
sequenza di lemmi (intere carte, infatti, sono occupate da nuclei tema-
tici diversi, siano essi passi di ispirazione biblica o argomenti di lette-
ratura classica), è stato stabilito di costruire l‘edizione esclusivamente
sulle voci latine che abbiano una glossa volgare; la mancata continuità
nell‘ordine progressivo delle carte si giustifica, dunque, con l‘assenza
di lemmi volgari all‘interno di una determinata carta.
Poiché la glossa traducente non è sempre in volgare, sono state e-
stromesse dalla presente edizione le voci che non contemplino alcun
elemento volgare, fatta eccezione per alcuni particolari casi. La glossa
in latino è stata mantenuta:
1. qualora fosse risultato arduo decidere dell‘appartenenza di
una voce al versante latino o a quello volgare;
2. perché la sua soppressione avrebbe reso meno perspicua o
incompleta la glossa in volgare con la quale condivide l‘ambito se-
mantico (talvolta si è optato per la sua collocazione nell‘apparato filo-
logico piuttosto che a testo);
3. per rendere ragione al non infrequente trapasso dall‘uno
all‘altro codice linguistico.
Vengono esclusi, invece, i lemmi sprovvisti di glossa (in alcuni
casi particolari, sono state riportate nelle note del secondo apparato le
voci che presentano una glossa latina. Anche se ripetuti, i lemmi latini
corredati di glossa volgare non sono stati estromessi.
All‘originaria disposizione dei lemmi su due colonne è stata prefe-
rita una soluzione unicolonnare.
L‘oscillazione del valore consonantico e vocalico di u è stata risolta
adottando, rispettivamente, la v per la labiodentale e u per la vocale
velare. Vengono conservate, così come si trovano nel manoscritto, le
occorrenze grafiche di j e i, adoperate con grande libertà dal giovane
discipulus. Si sono differenziati gli omografi monosillabici mediante
l‘impiego dell‘accento.
Due tipologie di apparati accompagnano l‘edizione del glossario.
Quella di natura editoriale e filologica occupa la prima fascia imme-
diatamente sotto la sequenza dei lemmi: in essa si segnalano idiosin-
crasie grafiche, depennamenti, trascorsi di penna ed eventuali frain-
Il «Glossario latino–velletrano» 63
tendimenti dello scrivente; la seconda fascia di note, di più ampio re-
spiro, stabilisce i rinvii testuali interni ed esterni, quest‘ultimi fondati
soprattutto sui repertori lessicali già editi, con l‘intento di mostrare la
ricorsività delle voci nei glossari latino–volgari (fatto che corrobora il
nutrito sospetto circa l‘esistenza di possibili fonti comuni, o comunque
la frequentazione di stessi modelli repertuali da parte di coloro che in-
tendevano allestire un repertorio di natura lessicale).
L‘edizione del Glossario latino–velletrano consta di tre parti distin-
te, in quanto le voci vengono recuperate da diversi loci dello Zibaldo-
ne scolastico; nel Lemmario (L) si raccolgono i lemmi che provengo-
no dalle cc. 62–84. Segue il Lemmario avverbiale (LA), un corpus di
avverbi locativi, corredati di glossa volgare. Il LA, corrispondente alle
cc. 25r/v, 26r/v del quaderno di scuola, ospita settantadue forme av-
verbiali ispirate alle Regulae Constructionis di Mancinelli (cc. B iii r–
B iii v)2. La terza parte è l‟Appendice lessicale (AL); corrisponde alle
cc. 33r, 34v, 35r, 36r del ms. e attinge abbondantemente il suo mate-
riale dalle opere a stampa del Mancinelli, soprattutto dal Liber de Flo-
ribus3.
2
In Manc., Omnia Opera, cit. (vol. K. V. 21. di Velletri). Per ragioni di spazio
nel secondo apparato dell‘edizione si troverà il solo richiamo all‘autore Mancinelli e
all‘opera interessata, dal momento che sono tutte contenute nel vol. K. V. 21. di Vel-
letri (v. nota 3 del Cap. I).
3 In Manc., Omnia Opera, cit.
Il «Glossario latino–velletrano» 65
2. Lemmario
(c. 62r)
Abjuro abjuras p(er) negare co(n) juramento 1
Altuter altutera uno piò de doi
Actu(m) acti presta me(n)te
Amurcha amurce la morca del‘olio
Agniportu(m) agniporti la via strecta 5
Asilu(m) asili la exlesia dove no(n) se pò
Agnina agnine lo varevone
Arcades ubrs jn grecia
________________________________________________________ L2 Ripetuto a L321. In Vignuzzi (1984), c. 94r, 457, Lemmario Avverbiale: alter u-
tru(m), l‟uno (et) l‟alt(r)o. In Arcangeli (1997), c. 9r, 455, 464, 466: Alius (…)
l‟altro de più de duy; Alter (...) l‟uno de duy tanto; Alteruter (…) questo o quello o
l‟uno o l‟altro (…). In Pelle (2001): «L‟uno de‟ doi Alter; Alteruter».
L4 Dal lat. parl. *amŭrc(u)la(m), dim. del lat. class. amŭrca, a sua volta adattamento
del gr. amórgē ‗feccia dell‘olio‘. In Navarro Salazar (1985), f. 71r, 413: Hec amur-
ca, ce id est la forca dela pallia; nel nostro Glossario il termine indica il deposito la-
sciato dall‘olio per chiarificazione spontanea. Con questo valore semantico la voce
si trova pure in Arcangeli (1997), c. 10v, 555: Amurca (…) la fece del olio. Si veda
Cap. II, 7.
L6 In Arcangeli (1997), c. 14v, 796: Asilum (…) lo refugio. In Monaci (1920, p. 84):
Xilum […] dicto casa de misericordia et de refugio. In Gambacorta (2007), L881:
h(oc) asilu(m) –li refugii dom(us) […].
L7 In Crocioni (1907): «varevono (od. varvone) […] male alla gola (di cavalli, buoi,
ecc.)». In Manc., Flores (A iiiiii v) viene così spiegata la patologia: «Angina: Est
genus hæc morbi faucisq(ue) Angina: q(ui) angat». Cfr. DEI, s. v. barbone ‗strangu-
glione‘, malattia epizootica dei giovani bufali. Si veda Cap. II, 7.
66 Capitolo III
Agnulus agnuli lo ca(n)tone
Amnuo amnuis p(er) circu(n)nare 10
Arvearium arvearii lo copello (et) la cop[e]lla1
Anzericus anzerica anzericu(m) de oca
Arveatim torta me(n)te
Amaracus amaraci la p(er)sa
Anceps dubio 15
Antie antiaru(m) li capelli delle do(n)ne
Aditu(m) aditi la sacrestia
Arbustu(m) l‘arboreto
________________________________________________________ 1 lla nell‟interlinea.
___________________________________________________________________
L9 In Savonese (1489): Angulus… el cantone di la casa; in Arcangeli (1997), c.
11v, 614: Angulus (…) lo cantono. Si veda Mattesini (1985) s. v. cantoni ‗grosso
sasso‘.
L11 In Crocioni (1907): «copello arnia […], oggi cupiello, –ellitto […]». In Mari-
noni (1955): ‗alveare ris et alvearium rii… vas apum quod dicitur cupugluni‘; in
DEI, s. v. copiglio (compiglio, coviglio) ‗alveare‘; velletrano cupeglitto. In Navarro
Salazar (1985), f. 79v, 750: Hoc alveare id est lo buçço deli lapi. In Pelle (2001):
«Loco dove stano li buchij da le ape Alvearium». Si veda Cap. II, 3.1. e 7.
L12 Cfr. Navarro Salazar (1985), f. 61r, 7: Hic anser id est l‟oca […]. Da notare il
passaggio ns > nz nella voce latina, per cui si veda Cap. II, 3.12.
L14 In Crocioni (1907): «persa prezzemolo; (in vellet. pressita persa)». Si veda
Cap. II, 7.
L15 Il lemma è ripetuto a L209. In Arcangeli (1997), c. 11v, 607: Anceps (…) du-
bioso o ch(e) taglia da duy parte.
L16 Cfr. Baldelli (1971), c. 58r, 3: Hic capillus –li […] lu capillo. Nel nostro Glos-
sario la voce capelli non presenta chiusura metafonetica; cfr. Cap. II, 3.1.
L17 Dal lat. Abdo ‗nascondere‘; da intendere come il luogo annesso alla chiesa ove
si custodiscono gli arredi sacri.
L18 In Barzizza (1514): lo loco unde cresce li arbori selvatici (Arbustum); in Ar-
cangeli (1997), c. 13v, 727: Arbustum (…) loco ove crescono le arbore o arbore no-
vella.
161
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