Provincia di Terni
Aree dismesse e sviluppo locale
nella Provincia di Terni
a cura di
Marcella Arca Petrucci
Tonino Uffreduzzi
Dicembre 2006
INDICE
Pag.PRESENTAZIONI……………………………………………………………………………….……………… 5PREFAZIONE…………………………………………………………………………………………………… 9PREMESSA………………………………………………………………………………………………………. 15
1. INTRODUZIONE METODOLOGICA………………………………………………………....………..… 19 1.1. LE AREE DISMESSE DA PROBLEMA A RISORSA E FINALMENTE A “PRESA” PER LO SVILUPPO LOCALE……………………………………………………………………………………..…..…. 19 1.2. LA PROSPETTIVA DELLA RICERCA. IL MODELLO SLoT, I PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE ED I PAESAGGI DELL’ABBANDONO………………………....………… 221.3. GLI OBIETTIVI SPECIFICI, I CAMPI DI ANALISI E LA METODOLOGIA ADOTTATA…...…… 261.4. LE FASI DELL’ANALISI EMPIRICA………………………….………………………………....….…… 27
2. PROCESSI DI DISMISSIONE E CARATTERI DELLE AREE DISMESSE……………………………. 332.1. LE DINAMICHE TERRITORIALI IN ATTO ED I PRINCIPALI PROCESSI DI DISMISSIONE... 332.1.1. I caratteri del milieu industriale. Dal modello polarizzato allo sviluppo industriale diffuso. Il declino del sistema produttivo ternano-narnese………………………………………………………………....……… 332.1.2. La dismissione industriale come esito dei processi in atto……………………………………………… 382.1.3. La mancata diffusione dei servizi alla produzione: un fattore indiretto di dismissione industriale nei comuni rurali……………………………………………………………………………………………………… 402.1.4. La nuova distribuzione spaziale dei pesi demografici e la dismissione dei servizi alla popolazione…. 41 2.1.5. Dall'azienda agricola produttiva all'impresa polifunzionale. La dismissione agricola………………… 432.2. LE AREE DISMESSE NELLA PROVINCIA DI TERNI……………………………………………….. 472.2.1. Le aree dismesse nella ricerca del 1989…………………………………………………………....……… 482.2.2. Aggiornamento della ricerca del 1989…………………………………………………………....…….… 522.2.3. Le aree dismesse attuali…………………………………………………………………………....……… 592.2.3.1. La consistenza numerica e la distribuzione spaziale……………………………………….......……… 592.2.3.2. I periodi della dismissione……………………………………………………………………....…….… 61 2.2.3.3. Le attività dismesse……………………………………………………………………………....……… 622.2.3.4. Le attività previste nei progetti di recupero…………………………………………………....….….… 632.2.3.5. Le destinazioni di uso nello strumento urbanistico comunale………………………………….......… 642.2.3.6. La dimensione areale e volumetrica…………………………………………………………....……..… 662.2.3.7. Le strutture ed i principali materiali costituenti………………………………………………………... 672.2.3.8. I caratteri territoriali ed ambientali……………………………………………………………………... 702.2.3.9. La bonifica delle aree inquinate………………………………………………………………….……… 74
3. I SISTEMI LOCALI TERRITORIALI (SLOT) E LE DINAMICHE DELLO SVILUPPO LOCALE… 793.1. I PROGETTI DI TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO COME STRUMENTI DI INDIVIDUAZIONE DI POSSIBILI SLoT……………………………………………………………………. 793.2. L’INVENTARIO DEI PROGETTI DI TRASFORMAZIONE TERRITORIALE: DALLE POLITICHE DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE ALLA PROGETTUALITA’ LOCALE 803.3. I TERRITORI DELL’AZIONE COLLETTIVA COME INDIZI DI SLoT. VERSO UNA RICOMPOSIZIONE DEI TERRITORI………………………………………………………………………. 91 3.4. GLI ATTORI TERRITORIALI CHE OPERANO NEGLI SLoT TERNI-NARNI E ORVIETO-CASTEL VISCARDO-ALLERONA…………………………...……………....………………………………. 101 3.5. LE COMPONENTI DEL MILIEU ATTIVATE DAI PROGETTI: I GRANDI TEMI TERRITORIALI………………………………………………………………………………....……………… 1113.6. LA CAPACITA’ DI PRODURRE SVILUPPO LOCALE. IL VALORE AGGIUNTO TERRITORIALE………………………………………………………………………………....……………... 121 3.7. LA SOSTENIBILITA’ TERRITORIALE………………………………………………………...……….. 127
4. IL RUOLO DELLE AREE DISMESSE NELLA PRODUZIONE DELLO SVILUPPO LOCALE. I PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE…………………………………………………………….... 133 4.1. L’INVENTARIO DEI PROGETTI DI RECUPERO DELLE AREE DISMESSE: LA COERENZA CON LE POLITICHE TERRITORIALI…………………………………………………………………… 133 4.2. PATRIMONIO ABBANDONATO E PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE: I GRANDI TEMI TERRITORIALI………………………………………………………………………………....……… 143
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PRESENTAZIONE
Dall’entrata in vigore del PTCP, a conclusione di un lungo e fertile percorso di formazione che ha visto impegnato un folto gruppo di autori e che si fondava su un ricco patrimonio di analisi e conoscenze, la Provincia di Terni ha intrapreso una serie di attività sia connesse direttamente con l’attuazione del piano stesso, sia autonome o comunque legate ad iniziative promosse in altri contesti, ma sempre convergenti rispetto alle tematiche della pianificazione del territorio ed in particolare alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio. La rete di Agenda 21, l’ecomuseo del paesaggio dell’orvietano, le unità di paesaggio a scala comunale, il manuale d’ingegneria natruralistica, gli accordi di pianificazione, i progetti e piani integrati d’intervento, la gestione delle attività estrattive, gli studi sulla frammentazione paesistica , e, da ultimo, la presente ricerca sulle Aree produttive dimesse, commissionata all’AUR, sono nei fatti azioni eterogenee, sostanzialmente diverse nelle forme e nelle singole finalità, ma tutte allineate con le scelte strategiche del PTCP: ciascuna, nel proprio ambito di competenza e con la propria misura, contribuisce a sostanziarne i contenuti. Il PTCP diventa così il denominatore comune per tante iniziative, il contesto all’interno del quale è possibile mettere in moto processi, predisporre azioni, definire strategie coerenti che, una volta completamente definite, potranno anche avere come conseguenza la parziale revisione e l’attualizzazione di alcuni assunti o politiche dello stesso PTCP. Per questo il PTCP si configura come un “piano vitale”, che genera idee, piani, progetti e azioni che contribuiscono al suo continuo arricchimento, anche ritoccandolo, in modo che sia sempre più aderente alla realtà del territorio e sempre più vicino alle esigenze delle comunità locali. La Provincia di Terni, già in fase di redazione del PTCP, ha infatti disegnato una mappa della progettualità locale e ha definito un sistema d'interventi prioritari da attuare con questa modalità, in concertazione con i comuni e le comunità montane. Per attuare le politiche di gestione coordinata delle azioni di sviluppo economico territoriale e di tutela dell'ambiente, il PTCP ha introdotto gli Accordi di Pianificazione, strumenti informali e volontari, finalizzati alla definizione di un sistema di scelte urbanistiche condivise tra Comuni appartenenti allo stesso ambito territoriale. I primi accordi sottoscritti hanno avuto per oggetto specifico l'adeguamento al PTCP della parte strutturale dei PRG comunali, quella che contiene la definizione delle strategie per il governo del territorio. In Umbria, infatti, i PRG sono articolati in parte strutturale e operativa: nella prima, in modo conforme agli obiettivi ed indirizzi regionali e provinciali, sono stabiliti criteri, forme e limiti delle previsioni urbanistiche, che ciascun comune sostanzierà poi nella parte operativa. Altro tema di interesse ai fini della copianificazione è quello delle aree produttive dismesse: rispetto alle analisi compiute dal Piano provinciale, questo studio aggiornato e più approfondito, compiuto dall’AUR e commissionato dalla Provincia, ha consentito di verificare che, dei circa 300 siti dismessi censiti alla fine degli anni ottanta nel territorio provinciale, ad oggi risulta effettivamente ancora dismessa solo una parte minore. C'e' stata dunque una grande capacità di recupero e le dinamiche di trasformazione più rilevanti si sono verificate soprattutto nelle aree marginali.
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Tra l'altro si è assistito alla trasformazione delle aree industriali dismesse, soprattutto attraverso il Prusst, che sono state destinate anche a inedite funzioni legate all'industria del cinema. I progetti avviati da alcuni anni, hanno inoltre spesso incentrato sulle acque le azioni di riqualificazione, riuso e valorizzazione delle risorse: nel ternano il Prusst “Il Nera dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile” ha messo a sistema la programmazione urbanistica nell’ambito di intervento dei Comuni di Terni e di Narni con quella del PTCP provinciale, e, grazie all’ammissione a finanziamento tramite bando ministeriale, ha potuto realizzare l’implementazione del Centro servizi di Area ed ha attualmente le risorse per realizzare il “Parco dei laghi”. Quest'ultimo progetto prevede il recupero dei siti precedentemente destinati alle attività estrattive, seguendo le tecniche d'ingegneria naturalistica, la depurazione delle acque, la riqualificazione delle sponde, anche attraverso il riutilizzo degli argini come percorsi ciclo-pedonali ed ippovia, e la valorizzazione turistica-ricettiva e didattica del fiume Nera. Il riuso delle aree produttive dismesse deve continuare ad essere colto come occasione per riarticolare i diversi sistemi insediativi, ricostruendo al loro interno la qualità ambientale. In questa sede è altresì opportuno sottolineare come la concezione di politica per le aree produttive dismesse assuma altresì il ruolo determinante per lo sviluppo sociale, culturale, oltre che economico del nostro territorio. Le priorità e le scelte, dunque, da un lato discendono dal sistema di riferimento, dall’altro contribuiscono a determinarlo. I vari temi, quindi, trasversalmente investono e interagiscono con altre sfere della società. L’individuazione delle eccellenze non può non considerare il ruolo delle imprese leader, quali le multinazionali e sviluppare le interrelazioni, tra settori diversi, componenti integrati dello sviluppo, quali la filiera agroalimentare, il commercio, i trasporti, le costruzioni, l’informatica, i servizi. I protagonnisti delle eccellenze non sono soltanto il sistema delle imprese esistente, ma anche gli “innesti compatibili” che mettono in valore le competenze e le potenzialità della Provincia. La considerazione del territorio non solo come il luogo delle attività ma in particolare come protagonista delle politiche dello sviluppo e quindi la dotazione di infrastrutture materiali ed immateriali, i sistemi logistici, le aree industriali ed i siti dismessi. Le aree produttive dismesse dovranno continuare ad esere elemento portante per lo sviluppo e la riqualificazione del territorio provinciale.
Giampaolo Antoniella Assessore all’Urbanistica
della Provincia di Terni
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PRESENTAZIONE
La ricerca Aree dismesse e sviluppo locale nella Provincia di Terni è l’ultimo dei risultati di un lungo e proficuo rapporto di collaborazione tra l’Agenzia Umbria Ricerche e la Provincia di Terni, in modo particolare con il Servizio Assetto del Territorio, che ha prodotto significative ricerche tese alla elaborazione di strumenti conoscitivi e gestionali nell’ambito della pianificazione territoriale ed ambientale provinciale. Il presente lavoro nasce dall’esigenza di dare una risposta alla domanda di conoscenza sulla dismissione e sul recupero formulata dalla Provincia di Terni, a quindici anni di distanza dalla pubblicazione di un primo studio conoscitivo su questo fenomeno, proponendosi però di conferire al tema una veste nuova dove la dismissione non costituisce necessariamente un problema da risolvere, ma anche un’opportunità di sviluppo in relazione ai nuovi aspetti emergenti, connessi con la rifunzionalizzazione. I contenuti della ricerca pertanto si sono ampliati andando oltre il dettagliato censimento a fini conoscitivi ed all’analisi dei fattori ostativi o permissivi del recupero, sino a proporre una valutazione ed interpretazione del ruolo che le aree dismesse, ormai riutilizzate o per le quali esistono progetti di rifunzionalizzazione, hanno nelle attuali dinamiche territoriali, in quanto risorse economiche, sociali, culturali e ambientali. Le tematiche che la ricerca ha affrontato sono dunque molteplici: da quelle socio-economiche e culturali a quelle urbanistiche, territoriali e ambientali. In questa direzione ha lavorato il gruppo di ricercatori ed esperti appositamente creato dall’Aur, che ha messo in campo le più svariate competenze ed ha prodotto questa ricerca che potremmo definire transdiciplinare.
Lidia Scorsipa
La Direttora dell’Agenzia Umbria Ricerche
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PREFAZIONE
Le Aree dimesse e lo sviluppo locale all’interno delle politiche del PTCP della Provincia di Terni.
II Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (2000, aggiornamento anno 2004), in sigla PTCP, ha cercato di rispondere, attraverso la strumentazione propria di tipo urbanistico-territoriale dell’ “area vasta”, alle molte istanze maturate, a partire dalla metà degli anni 90, nei diversi contesti locali. Nella sua gestione ha assunto il carattere di “quadro complessivo” di riferimento per le politiche sia ambientali che di valorizzazione delle risorse sul territorio provinciale. In quanto piano territoriale e per effetto della sua “contiguità”con la programmazione economica, ha colto l’esigenza di coniugare le specificità locali, tendenzialmente isolate, con l’appartenenza ad un più ampio sistema, che travalica i confini sia provinciali che regionali: il territorio della provincia si trova infatti ad essere collocato tra la macroregione metropolitana tirrenica, che ha il suo fulcro principale nell’area metropolitana romana, e la dorsale adriatica, caratterizzata dall’alternarsi di urbanizzazioni lungo i pettini vallivi e la costa delle regioni centrali1.Il II ed il III Rapporto IRRES (1995, 2000) hanno evidenziato come il modello territoriale umbro risulti per la parte nord occidentale potenzialmente inserito nel reticolo formato dalle città medie e grandi della Toscana, della Romagna e delle Marche, mentre l’area sud-occidentale risulti raggiunta dai fenomeni gravitazionali verso la polarizzazione dell’area romana, insieme alle limitrofe province di Viterbo e Rieti2 . A conclusione del II Rapporto (1995) lo spazio umbro appariva nelle sue dimensioni costitutive come un “insieme assai composto di nodi e di reti connettive sia locali che aperte all’esterno”. Tale spazio, visto da un punto di osservazione sovralocale “appare assai più denso di nodi (costituiti da risorse umane e da depositi materiali di tipo culturale, produttivo e tecnologico) che di relazioni tese a connetterli ed in definitiva ad accrescere l’organizzazione interna”3. Sostanziale limite era quindi riconosciuto nella mancata affermazione di una spiccata autonomia ovvero della capacità locale di controllare i diversi flussi (di capitali, di informazioni, di servizi, merci, persone) e quindi di una generale dipendenza dall’esterno. Per contro la sedimentata qualità e lo spessore dei depositi di risorse, in particolare storico-culturali e fisico-ambientali veniva ad essere fattore trainante, tale da consentire alla regione di tenere il passo nei più generali cambiamenti intervenuti a scala interregionale e nazionale, pur in assenza di deboli processi di integrazione tra le imprese ed i settori economici. Flessibilità quindi, collegata alla spiccata autonomia di più di un sistema locale, ma forte rischio di omologazione funzionale, legata a processi di valorizzazione territoriale e di periferizzazione indotta da spinte localizzative esterne. Nel III Rapporto (2000)4 emergeva una tendenziale evoluzione del modello territoriale verso una maggiore complessità sistemica o, almeno, una maggiore differenziazione dei ruoli territoriali delle partizioni territoriali riconoscibili alla scala regionale, corrispondenti ad areali sovracomunali che diversificano la loro funzione, dovuta forse in parte ad una rinnovata consapevolezza e riflessività sistemica.
1 Tali configurazioni territoriali sono descritte dalla ricerca ITATEN (1996) ed in particolare nella relazione introduttiva di Alberto Clementi 2 A partire dal 1991 (dati ISTAT) i fenomeni di decentramento abitativo dal Comune di Roma tendono ad investire progressivamente ampie aree poste a corona della Capitale, interessando i comuni delle province limitrofe, lungo le principali vie di comunicazione. Per la Regione Umbria il fenomeno interessa in particolare i Comuni a più elevata accessibilità, sia lungo l’asse autostradale che quelli ferroviari. 3 II Rapporto, pg. 639, 640 IRRES, 1995 4 “Terzo rapporto sulla situazione economica, sociale territoriale ed istituzionale dell’Umbria”, IRRES , 2000 pag. 211-217
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A partire dagli anni 2000, anche se molti ambiti permangono in attesa, rispetto a delle traiettorie alternative di sviluppo, si consolida una maggiore conoscenza delle risorse posizionate nei milieu locali e soprattutto una forte spinta propulsiva “dal basso” da parte degli attori locali. Questo nuovo contesto di sviluppo autoriflessivo, i cui esiti si vengono evidenziando nel quinquennio appena trascorso, può essere visto come prodotto di un più generale cambiamento in cui, come effetto dei processi di globalizzazione e di europeizzazione dell’economia,“ogni soggetto territoriale, semplice cittadino, impresa, quartiere, città, provincia, regione, può interagire direttamente con i livelli sovrastanti dell’economia, dell’informazione e delle istituzioni politiche”.5Ad una territorialità, espressa nei passati strumenti di pianificazione e di programmazione, soggetta a norme generali sovraordinate e gerarchiche si sostituisce nel corso di un decennio una “territorialità pattizia, negoziale, concertata” che, nella nostra regione, prende corpo da una parte nella pianificazione urbanistica e territoriale, attraverso le forme della co-pianificazione, delle intese istituzionali tra enti pubblici e degli accordi tra attori delle trasformazioni territoriali e urbane (attivati in particolare nei Programmi urbani complessi e nei PRUSST), dall’altra nei, forse troppi e sovrapposti, strumenti della programmazione negoziata e nei piani di azione locale.6Altro elemento importante è dato dal diffondersi del principio della sussidiarietà, per effetto delle riforme sul Sistema delle Autonomie Locali e delle riforme istituzionali, cui si aggiunge lo sviluppo di forme di collaborazione orizzontali, centrate su linee di azione e progetti pilota, finalizzate alla circolazione delle “migliori pratiche” (come ad esempio nei progetti di rete europea definiti dai programmi INTERREGG II, URB-AL e MEDOCC). Da ultimo concorre al consolidamento dei progetti di sviluppo locali l’affermarsi del modello dei progetti integrati, dai Programmi di Riqualificazione Urbana per lo Sviluppo Sostenibile del territorio (PRUSST) ai Programmi Integrati Territoriali (PIT) di cui al Bando Regionale Multimisura Turismo Ambiente e Cultura (TAC)7 presentati da parte di quasi tutti i comuni umbri, variamente aggregati e con la partecipazione di ingenti investimenti privati. Rispetto al precedente modello territoriale, evidenziato negli studi del ‘95, permangono le diverse velocità nelle traiettorie di sviluppo tra le variamente riconoscibili parti regionali, anche se queste sembrano più essere legate, grazie ad una maggiore consapevolezza del “valore” delle risorse posizionate e per effetto di politiche centrate sullo sviluppo dello spazio rurale, ad una diversità di modello, dove anche le aree in attesa assumono e rafforzano il loro valore in sé,correlato alla maggiore conservazione della qualità ambientale e del paesaggio agrario storico. Si afferma parimenti un nuovo bipolarismo che, più che dividere la regione in due ambiti, tendenzialmente rappresentati dalle due aree provinciali (il ternano ed il perugino), individua una “regione urbana”, coincidente con la figura strutturata ad 8 già delineata nel Piano Urbanistico Territoriale (PUT) del 1983, a forte concentrazione e densità di nodi, che si contrappone alle aree esterne, a maggiore rarefazione ed ad alta qualità paesaggistica ed ambientale. Questa armatura urbana ad alto grado di specializzazione antropica, coincidendo con la principale infrastrutturazione regionale, costituita sia dalle reti viarie e ferroviarie sia dalle attività produttive localizzate, diviene “motore” del sistema regionale, pur assumendo in sé le
5 G. Dematteis, Prolusione Tra fisico e sociale:la mediazione del territorio nella città che cambia, IV Rassegna Urbanistica Nazionale, INU Venezia novembre 1999. 6 “La pianificazione sommersa: gli ambiti della progettualità” III Rapporto IRRES pagina 209 7 DOCUP 2000-2006 Obiettivo 2, C4
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maggiori problematiche in ordine alla compatibilità ed alla sostenibilità dello sviluppo, di fatto, per la configurazione orografica regionale, concentrato nelle aree di valle e di piana. Negli anni 2000-2006 alcune tendenze, già segnalate a partire dagli anni 90, si consolidano. Tra queste assume particolare rilievo il rafforzamento della linearizzazione dei centri urbani, insediativa, ma anche funzionale, che investe non solo i centri posti all’interno dell’armatura urbana principale, ma anche la maggior parte degli abitati localizzati lungo tutto il reticolo viario, anche quello minore. La presenza della maglia infrastrutturale e dei servizi continua infatti a favorire l’insediamento delle aree per la produzione e per la residenza, producendo una accentuazione del carico ambientale nelle aree di valle, nei crinali e nelle rare aree di piana. Qui gli indicatori ambientali segnalano il raggiungimento di soglie critiche e una carring capacityresidua vicina ai valori limite, qui la sovrapposizione degli usi crea interferenze tra le diverse funzioni dell’abitare e del produrre, compromettendo ampie parti di territorio, attraverso una veloce aggressione delle risorse residue. Gli ambiti della linearizzazione insediativa si connotano come territori a massima componente antropica e a forte specializzazione, attrattori di energie esterne ed esportatori di inquinamenti puntuali e diffusi. Ma la maggiore ricchezza ed elemento di interesse è costituito dai territori interni collinari, entrati prepotentemente nell’immaginario collettivo anche attraverso il cinema, nonché per una serie di eventi culturali ed enogastronomici oramai consolidati. Allo scenario, che chiudeva il quadro territoriale nel 1995, di un rururbano investito da fenomeni di decentramento abitativo periferico e quindi di una potenziale trasformazione delle aree fuori dalle più grandi realtà urbane in un esteso ambito di suburbanizzazione lineare, si contrappongono dunque gli emergenti modelli di sviluppo locale autocentrato. Questi, anche se lentamente prendono forza, contrastano la deterritorializzazione e la frammentazione indotta dalla competizione economica globale tra città e tra territori, attraverso una valorizzazione delle culture locali e quindi delle identità e delle risorse presenti nei diversi ambiti. Permane comunque la compresenza con i vecchi modelli di crescita indifferenziata ed eterodiretta, che si riaffacciano in molti “progetti di sviluppo”ed in più di uno strumento di programmazione economica e di pianificazione locale. Questa tendenza al coagulo delle aree interne, fa presupporre una maggiore consapevolezza delle proprie risorse, un rinnovato orgoglio locale, una messa in valore che investe non solo le risorse storico-culturali, ma anche il paesaggio riconosciuto ed apprezzato come patrimonio da non compromettere. E’ però vero che, ancora in molte aree, si avverte una forte latenza di tale riscoperta, laddove rimangono non risolte molte delle problematiche ambientali, quali il mancato riambientamento di aree di cava dismesse, la presenza di fonti diffuse di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, la tendenza all’ampliamento delle superfici impermeabilizzate, la accelerazione dei fenomeni di erosione e franosità in presenza di forti pendenze, anche dovuta ad una non ottimale gestione delle superfici boscate, nuove aree in cui le urbanizzazioni non sono all’altezza del ruolo, e dei contesti paesaggistici, in cui si pongono. Tale mancata risoluzione e i non appropriati strumenti di controllo e di gestione, uniti ad alcuni evidenziati ritardi normativi, rischia di compromettere l’avvio di questa importante inversione di tendenza. Ciò premesso, la strategia del PTCP si fonda sulla ricerca delle possibilità che si aprono alle città, per cogliere le capacità di “autopoiesi” o di “autoriproduzione urbana”; la pianificazione è locale, in quanto segnala le disponibilità locali alla trasformazione-coevoluzione: se la pianificazione strategica tradizionale ha privilegiato gli elementi di globalità, la pianificazione strategica locale parte dall’allontanamento delle comunità locali dal vincolo di dipendenza gerarchica, riscopre il territorio come soggetto, legittima la funzione del piano come interlocutore all’interno della comunità locale e tra comunità, si esplica come modello normativo da cui derivare comportamenti coerenti e attribuisce valore non solo alle risorse, ma anche ai modi di pensiero locale.
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L’immagine, veicolata dai più importanti atti di programmazione della Regione fin dagli anni 70, di “Città-regione”, ben descrive la forza di un sistema in cui anche i centri minori costituivano, e costituiscono tuttora, importanti presidi territoriali per ambiti sub-regionali, tanto da non permettere l’affermarsi di consistenti polarizzazioni da parte dei centri maggiori. A partire dunque dal riconoscimento dell’ancora presente trama costituita dai centri urbani di insediamento storico, si è assunto, quale modello di riferimento per l’individuazione delle politiche socio-economiche e territoriali di sviluppo della provincia, l’idea base che, nel loro complesso, le risorse (economiche, ambientali, storico-culturali e, non ultimo, umane) posizionate nei diversi sistemi locali hanno scarso valore se non vengono introdotte dai soggetti locali nel circuito di scambio interno ed esterno. Inoltre le politiche di valorizzazione, tutela e consumo controllato delle risorse locali devono necessariamente riferirsi alle diversità territoriali. Le chiavi di lettura scelte sono state sia di tipo relazionale (che identificano i flussi, le reti di complementarità, le gerarchie e le polarizzazioni, i rapporti esterni), sia di tipo morfologico (ambientale, storico-culturale, sociale) che indagano i caratteri fondanti l’identità propria di ciascun territorio. Ciascun sistema locale pertanto è stato interpretato evidenziando: a) il “patrimonio genetico”, o insieme di caratteri su cui si fonda l’identità propria (riconoscibilità) di ciascun territorio; b) le “condizioni di partenza” ovvero la posizione assunta dal sistema locale rispetto alle principali traiettorie o dinamiche di sviluppo; c) le “caratteristiche dei flussi” ovvero i tipi di relazioni prevalenti sia interne che verso l’esterno;d) i soggetti che agiscono in ciascun territorio. Tale schema offre il vantaggio, nell’impostazione complessiva del sistema delle conoscenze, di permettere la ricostruzione dell’evoluzione dei sistemi locali, attraverso una visione retrospettiva costruita a partire dai dati censuari. E’ inoltre fondamentale per basare la successiva valutazione degli effetti e del grado di incidenza del piano rispetto a ciascun sistema locale, al fine di comporre un “bilancio consuntivo urbanistico-ambientale”. Infatti, il sistema delle valutazioni di congruità dei piani Regolatori Comunali con il PTCP, consente l’implementazione dei Bilanci di Area, attraverso l’aggiornamento e l’approfondimento degli indicatori ecologici (Indicatori di ecologia del paesaggio) strumento per la valutazione ed il controllo delle principali trasformazioni. A tale strategia ha corrisposto un percorso di scoperta-approfondimento-presa di coscienza delle risorse proprie di ciascun contesto, in termini di risorse localizzate e di storia dei territori, attraverso il metodo dell’autodiagnosi.8In questo contesto le “Aree dismesse” individuate dal PTCP e dai successivi strumenti di intervento (PRUSST, PIT, Accordi di co-pianificazione) sono quelle che, per ordine dimensionale, per la durata dello stato di abbandono, per la lentezza delle iniziative di riuso, dovuta ad una serie di fattori economici, ma anche ambientali, rivestono un interesse sovracomunale ed hanno necessità, per la loro riqualificazione e rifunzionalizzazione, di un insieme di azioni concertate fra vari soggetti pubblici e privati, nonché di specifici strumenti attuativi.
8 I corsi di autodiagnosi , il cui progetto formativo è stato curato da un gruppo interdisciplinare coordinato dal Prof. G.B. Montironi, si sono rivolti a tecnici e referenti locali; nel progetto si è sperimentata la tecnica di indagine locale “dal basso” per quanto attiene i servizi alla persona ed il terzo settore avvalendosi delle cooperative operanti nel territorio. Recentemente il metodo dell’ autodiagnosi è stato utilizzato per l’analisi propedeutica allo sviluppo del Progetto Pilota “Ecomuseo del Paesaggio Orvietano” (2003-2006)
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In generale si avverte l’esigenza di formulare ipotesi di trasformazione in grado di mantenere un elevato stato di adattabilità e flessibilità rispetto ad una realtà in continua trasformazione e allo stesso tempo dare le garanzie, attraverso regole certe, affinché l’intervento possa essere innescato in tempi compatibili con la possibilità di essere realizzato. Il riuso delle aree dismesse deve infatti essere colto come occasione per riarticolare i diversi sistemi insediativi, ricostruendo al loro interno la qualità ambientale. In particolare le aree industriali dismesse, che derivano la loro origine dalla proto-industrializzazione e dalla industrializzazione del ‘900, generalmente risultano ad alta potenzialità ecologica: la ridestinazione degli spazi liberi ad aree verdi appare necessaria per il riassetto idrogeologico e per la formazione di corridoi e reti ambientali. Inoltre in un ottica anche di marketing urbano la qualità ambientale sempre più deve essere giocata per attirare investimenti e localizzare attività pregiate (eco-audit). Le priorità assunte nell’indicare gli ambiti di interesse provinciale considerano le seguenti caratteristiche: a) Il patrimonio di archeologia industriale presente nell’ambito; b) La collocazione “strategica” rispetto ad ambiti territoriali di particolare sensibilità e/o qualità ambientale (sistemi fluviali, lacustri, etc.) o rispetto a nodi infrastrutturali (ferroviari, stradali, etc.) e rispetto alla necessità di bonifica dei suoli. A livello locale appare decisiva la capacità delle istituzioni preposte al governo del territorio di favorire la cooperazione tra soggetti privati e svolgere funzioni di promozione ed organizzazione dell’offerta. Più che operazioni di marketing urbano, basate prevalentemente sull’advertising dell’entità quantitativa e sul costo contenuto delle aree offerte per la trasformazione, che non hanno dato risultati esaltanti a livello nazionale ed internazionale, esperienze come quelle realizzate nella Ruhr in Germania, ma anche in Francia e nella Gran Bretagna, sembrano mostrare come politiche di recupero e ripristino ambientale, supportate e promosse dai soggetti pubblici possano migliorare l’immagine e l’attrattività di regioni caratterizzate in passato da una forte specializzazione industriale. I problemi oggi posti da riutilizzo delle aree industriali dismesse devono essere uno stimolo al ripensamento del modo con cui i Piani Urbanistici trattano le aree industriali, ponendole in termini esclusivamente quantitativi, senza una valutazione degli effetti che tali aree potranno avere sulla qualità delle risorse (suolo, acque, aria), spesso avviando fenomeni irreversibili, e sulla loro rinnovabilità, anche in termini di modifiche future della destinazione d’uso. Come detto in precedenza il PTCP considera il processo di dismissione e riuso delle aree industriali, associando alle quantità edificabili regole in materia di prestazioni ambientali delle attività insediabili, anche nell’ottica di un loro futuro cambio di destinazione urbanistica. Con questi criteri, a cui si aggiunge il fattore “tempo”, potrebbe essere riorganizzata l’offerta di aree, rendendola più selettiva, ma, garantendo vantaggi localizzativi ed economie di agglomerazione specifiche, maggiormente “appetibile”. Dunque appare nodale costruire per le aree dismesse progetti economico-territoriali integrati, che vedano il coinvolgimento di più soggetti pubblici (Regione, Provincia, Comuni) e strumenti operativi di supporto, di competenza di ciascuno degli enti interessati, correlati dai necessari accordi di pianificazione e accordi di programma. Per la loro valenza sovracomunale lo strumento attualmente più adeguato appare essere quello dell’accordo con soggetti pubblici e privati di diverso livello. E’ a partire da questa esigenza che l’Assessorato ha inteso commissionare all’AUR la ricerca “Aree dimesse e sviluppo locale nella Provincia di Terni”, ricerca che, a partire da una esaustiva analisi delle “risorse posizionate nei diversi mileu”, degli attori (istituzioni, associazioni di categoria, soggetti pubblici e privati) che possono guidare o anche solo favorire i processi di riuso, nonché del quadro delle politiche territoriali ed economiche a supporto e dei collegati
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strumenti, costituisce un prezioso aggiornamento del PTCP da cui partire per consolidare processi in atto, come nel caso del territorio del PRUSST “Il Nera dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile” (Provincia di Terni, Comuni di Terni e Narni) o per ripensare ipotesi di rifunzionalizzazione, non sempre aderenti agli assunti generali fin qui illustrati.
Donatella Venti Dirigente Area Assetto del Territorio
e Coordinatore del PTCP
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PREMESSA
Le ragioni della ricerca e l’articolazione del testo
Questo testo “Aree dismesse e sviluppo locale nella provincia di Terni” raccoglie le riflessioni teoriche e metodologiche e le analisi empiriche condotte da un gruppo di lavoro dell’Agenzia Umbria Ricerche (AUR) per incarico dell’Ufficio Urbanistica e PTCP della Provincia di Terni, nella persona dell’Arch. Donatella Venti, Il coordinamento scientifico è stato di Marcella Arca Petrucci dell’Università degli Studi di Roma Tre. Il gruppo di lavoro AUR, coordinato da Tonino Uffreduzzi, ha coinvolto esperti e ricercatori di differente estrazione disciplinare: Giovanni Mastino, Riccardo Barbieri, Paola Stentella, Nicoletta Serina, Romina Petrelli e Gianluca Venti. La ricerca nasce dall’esigenza di dare una risposta alla domanda di conoscenza sulla dismissione e sul recupero formulata dalla Provincia di Terni, a quindici anni di distanza dalla pubblicazione del primo studio conoscitivo su questo fenomeno“Le aree dismesse del lavoro umano nella provincia di Terni”, condotto da Marcella Arca Petrucci, commissionato e pubblicato dalla Provincia nel 1989. In un processo di acquisizione delle conoscenze sul fenomeno della dismissione, allora appena avviato, all’interno del quale le aree dismesse erano viste soprattutto come un problema, lo studio della Provincia aveva censito 312 siti dismessi, di ciascuno dei quali era stata approntata una scheda di dettaglio con tutte le informazioni utili per un eventuale recupero e ne aveva sottolineato la valenza di risorsa utile per progetti complessivi di trasformazione urbana. Oggi, nell’ambito delle attività del Piano Territoriale di Coordinamento, la Provincia ha riproposto il tema aree dismesse, sia per aggiornare i contenuti della ricerca dell’89, sia con l’intento di conferire all’argomento una veste nuova, che tenga conto dei nuovi aspetti emergenti, connessi con la rifunzionalizzazione. In questo senso possiamo parlare anche per Terni, come già è stato fatto per Torino e altre grandi città italiane, di una seconda generazione della tematica.L’attenzione si è spostata pertanto dal censimento per fini conoscitivi e dall’analisi dei fattori ostativi o permissivi del recupero all’interpretazione del ruolo che le aree dismesse, ormai riutilizzate o per le quali esistono progetti di rifunzionalizzazione, hanno nelle attuali dinamiche territoriali, in quanto risorse economiche, sociali, culturali e ambientali. In particolare, si è voluta verificare la capacità o meno dei processi di recupero degli ultimi venti anni di partecipare allo sviluppo locale. Insomma, l’attuale programma di ricerca ha voluto far luce sulle differenze che caratterizzano le politiche per le aree dismesse di questi ultimi decenni, fra quante “riusano” semplicemente i siti abbandonati, banalizzando il senso del patrimonio e quelle che al contrario agiscono a favore dei processi di sviluppo locale. In relazione a ciò, la prospettiva di ricerca adottata in questo lavoro si discosta dalla copiosa letteratura sulle aree dismesse, aderendo invece ad un approccio di recente formulazione, che guarda ai sedimenti patrimoniali, e quindi anche alle aree dismesse, come a un insieme di potenzialità endogene capaci di contribuire all’attivazione di processi di sviluppo locale (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Oggi, in un’epoca in cui il dibattito nazionale e internazionale sulle aree dismesse ha dato ormai per acquisito il passaggio dalla considerazione di queste aree da problema a risorsa, da vuoto a pieno (di storia e di potenzialità), appare importante fare un ulteriore passo in avanti per sondare la capacità delle aree dismesse di costituire possibili “prese” per lo sviluppo locale. L’ambizione scientifica della ricerca è pertanto quella di sperimentare questo approccio nella Provincia di Terni e di fornire indicazioni utili ai responsabili delle politiche, con i quali si è avuto un primo confronto dialettico nei convegni tenuti a Terni, il 20 aprile 2004 Aree dismesse e
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sviluppo locale e il 12 ottobre dello stesso anno Siti Industriali dismessi in Umbria, problematiche e opportunità.Il programma di ricerca costituisce un’esperienza pilota che apre la strada a maggiori approfondimenti. Ciò non toglie che fornisce fin d’ora criteri di azione per le politiche di sviluppo e per il governo del territorio. I risultati conseguiti si collocano su tre livelli. A livello teorico-concettuale, si è cercato di chiarire alcuni aspetti della problematica delle aree dismesse, rivedendo criticamente categorie concettuali e metodologie di indagine. L’interpretazione delle aree dismesse come milieu e come possibili elementi di formazione dei sistemi locali territoriali ha consentito di approfondire il rapporto tra aree dismesse e sviluppo locale. A livello metodologico-applicativo, la lettura della soggettività locale, condotta attraverso l’esame dei progetti di valorizzazione territoriale ha permesso di formulare suggerimenti e proposte utili per il governo del territorio e per l’ideazione di progetti complessi di valorizzazione. Infatti, chi si occupa di governo del territorio non può pensare di sovrapporre sic et simpliciter la sua visione “scientifica” a quelle che sono radicate nei diversi contesti territoriali. Per cui deve mettere a fuoco l’idea della realtà che si fanno i protagonisti e passare dai suoi ai loro codici di lettura. Infine, a livello conoscitivo, l’indagine, oltre ad aggiornare il quadro provinciale delle aree dismesse, ha consentito di individuare i sistemi territoriali della provincia e di conoscere il ruolo svolto dalla patrimonializzazione delle aree dismesse nella formazione dello sviluppo locale.
Il testo si struttura in quattro parti. Nel capitolo I Introduzione metodologica Marcella Arca Petrucci spiega la chiave di lettura utilizzata per interpretare le aree dismesse e presenta la metodologia adottata per aggiornare la ricerca dell’89 e analizzare il contributo della rifunzionalizzazione alla produzione di sviluppo locale.Nel capitolo II Processi di dismissione e caratteri delle aree dismesse, Riccardo Barbieri descrive il rapporto tra dismissione e dinamiche territoriali nel par. 2.1 Le dinamiche territoriali e i principali processi di dismissione, e analizza Le strutture e i principali materiali costituenti delle aree dismesse nel par. 2.2.3.7; Tonino Uffreduzzi conduce l’analisi quantitativa e qualitativa delle aree dismesse aggiornando la ricerca dell’89 e ricostruendo la situazione attuale nel par. 2.2 Aree dismesse nella Provincia di Terni; Paola Stentella descrive i vincoli e i fattori permissivi del recupero attraverso il GIS nel par. 2.2.3.8 I caratteri territoriali e ambientali; Romina Petrelli e Gianluca Venti curano la redazione delle tabelle contenute nelle figg.27 e 37. Nel capitolo III I sistemi locali territoriali (SLoT) e le dinamiche dello sviluppo locale Marcella Arca Petrucci conduce l’analisi dei sistemi territoriali locali e ne discute il funzionamento, ricostruendo la geografia dello sviluppo locale nella provincia di Terni nei paragg. 3.1: I progetti di trasformazione del territorio come strumenti di individuazione di possibili SLoT; 3.3 I territori dell’azione collettiva come indizi di SLoT. Verso una ricomposizione dei territori; 3.4 Gli attori territoriali che operano negli SLoT Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona; 3.5 Le componenti del milieu attivate dai progetti: i grandi temi territoriali; 3.6 La capacità dei progetti di produrre sviluppo locale. Il valore aggiunto territoriale e 3.7 La sostenibilità territoriale. Nicoletta Serina analizza il rapporto tra progetti di trasformazione del territorio e politiche territoriali nel par. 3.2 L’inventario dei progetti di trasformazione territoriale: dalle politiche della programmazione territoriale alla progettualità locale e cura la redazione delle tabelle contenute nel capitolo III. Nel capitolo IV Il ruolo delle aree dismesse nella produzione di sviluppo locale: i processi di patrimonializzazione Marcella Arca Petrucci discute il ruolo della patrimonializzazione delle aree dismesse nell’affermazione dei sistemi locali e nella produzione di sviluppo locale, curando i paragg. 4.2. Patrimonio abbandonato e processi di patrimonializzazione: i grandi temi territoriali; 4.3 Le aree dismesse come prese per lo sviluppo locale nei sistemi Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona; 4.4 SLoT Teni-Narni. Il ruolo delle aree dismesse nella produzione di sviluppo locale, tra stimoli esterni e risposte
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del sistema locale; 4.5 SLoT Terni-Narni. Valore aggiunto e sostenibilità territoriali della patrimonializzazione; 4.7 Il processo di formazione dello SLoT Orvieto-Castel Viscardo-Allerona: significati e ruolo del recupero delle aree dismesse e 4.8 SLoT Orvieto-Castel Viscardo-Allerona. Valore aggiunto e sostenibilità territoriali della patrimonializzazione. Nicoletta Serina ricostruisce il rapporto tra progetti di recupero e politiche territoriali nel par. 4.1 L’inventario dei progetti di recupero delle aree dismesse e cura la redazione delle tabelle riferite al capitolo IV. Giovanni Mastino delinea le strategie della sostenibilità ambientale e il loro possibile impiego nel recupero, esaminando il ruolo della produzione di energia diffusa nel par. 4.6 Le strategie di sostenibilità ambientale nelle operazioni di recupero: la produzione di energia diffusa.Nelle Conclusioni Marcella Arca Petrucci discute i risultati dalla ricerca, sia nell’individuazione dei meccanismi di ricomposizione dei territori attualmente in atto nella provincia, sia nell’interpretazione delle aree dismesse come “prese” per lo sviluppo locale
Al volume è allegato un CD-ROM contenente l’Appendice, articolata in: Schede relative all’aggiornamento del censimento condotto nel 1989 (Appendice A), Le schede del censimento condotto tra aprile 2004 e aprile 2005 (Appendice B), compilate da Romina Petrelli e Gianluca Venti, Griglie dei progetti di trasformazione territoriale (Appendice C) e le Griglie dei progetti di recupero delle aree dismesse (Appendice D), compilate da Nicoletta Serina e Marcella Arca Petrucci.
Gli autori ringraziano tutti coloro, enti e/o soggetti pubblici e privati, che mettendo a disposizione le loro banche dati hanno contributo alla realizzazione dello studio, in particolare:
Donatella Venti, Renzo Rossi e Fabrizio Fazi (Ufficio Urbanistica, Provincia di Terni), Bruno Giulianelli e Walter Castelli (Osservatorio Chimico Provinciale di Terni), Guidi Giovanni e Andrea Capitoli (Servizio Politiche sviluppo, Provincia di Terni); Vittorio Di Carlo (Provincia di Terni); Massimo Tondi e Maria Dionisi (Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali Terni Narni e Spoleto), Maurizio Cipollone, Gianfranco Pannacci, Emilia Sorci; Maurizio Cipollone, Gianfranco Pannacci, Emilia Sorci, Cristina Giulianelli, Chiara Dall’Aglio (Sviluppumbria); Paola Boschi (Ufficio Beni Culturali Regione Umbria), Franco Giustinelli, Renato Covino, Roberta Ciuffoni, Francesca Ciarroni e Marco Venanzi (ICSIM – Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa Franco Momigliano); Rocco Olivadese, Cristiano Baciarello (Comune di Orvieto); Aldo Tarquini, Carla Comello, Roberto Meloni, Bruno Belinci, Roberto De Carlo, Carlo Fioretti, Piero Giorgini, Piero Maroni, Renato Perdonati, Massino Romani, Daniela Virili (Comune di Terni), Antonio Zitti, Franco Cerasa, Alessandra Trionfetti, Moreno Lignini, Rita Falocco Ugo Capitoni, Umbro Pasquini, Daniela Pinzaglia (Comune di Narni), Paola Ceccaccio (Comune di Lugnano in Teverina), Gianfranco Grosso (Comune di Otricoli), Andrea Di Santo (Comune di Ferentillo, Paolo Cavalletti, Bruno Guerrini, Emilio Corvi (Comune di Amelia), Fabrizio Di Patrizi (Comune di Avigliano Umbro), Fabio Cestellini (Comune di Acquaparta), Serena Croce (Fondazione Centro Studi Città di Orvieto); Paolo Pennazzi (GAL ternano); Francesca Caproni e Cristina Tarducci (GAL Trasimeno-Orvietano), Monica Rossetto (GAL Media Valle del Tevere); Luca Scorsolini, Luisa Trentavizi e Rosaria Massetti (Consorzio Crescendo); Maurizio Conticelli (Comunità Montana Monte Peglia – Selva di Meana); Cristina Tirafili (ISRIM), Cristiano Graziani (Responsabile progetti Umbria Innovazione), Becchetti (Regione Umbria), Gino Mechelli (Sindaco del Comune di Parrano), Stefano Di Giampietro (Comune di San Gemini), Stefano Martini (Consorzio Insieme per Crescere), Enzo Cerasoli (Sindial s.p.a.), Stefano Pinsaglia (Tarkett), Studio Maroni Architetti Associati, Claudia Cordovani e Lorenzo Mencarelli (Agenda 21 Orvieto), Sabrina Sacramati (Agenda 21 Provincia di Terni), Danca Caccavello (Associazione Strada dei Vini etrusco-romana in provincia di Terni); Daniela Tabarrini, Giulio Scatolini (Associazione Strada dell’olio
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extra vergine DOP Umbria); Sergio Carsili (Comune di Montecastrilli); Alessandro Maltinti (Patto Verde Ternano Narnese Amerino); Sergio Golfieri (Comunità Montana Amerino – Croce di Serra); Sandra Meniconi (Consorzio Coimpreso); Gabriele Nardini (Consorzio Gea); Claudio Torcolacci (Distretto Integrato Turismo Terni); Franco Marini (Istituto Beata Lucia); Cristiano Graziani (Umbria Innovazione); Ciro Becchetti (Regione Umbria); Valentino Rocchigiani (Sindaco del comune di Allerona); Massimo Piracorrento (Sindaco del comune di Castel Viscardo); Gino Mechelli (Sindaco del comune di Parrano); Patrizia Campili (Studio tecnico “Nomos” Terni); Valentina Galluzzi (Laboratorio Giovani, Diritti, Pace, Ambiente).
Si precisa infine che la raccolta dati del presente lavoro è stata effettuata tra aprile 2004 e aprile 2005; pertanto le informazioni in esso contenute sono quelle disponibili a tale data.
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1. INTRODUZIONE METODOLOGICA
1.1. LE AREE DISMESSE DA PROBLEMA A RISORSA E FINALMENTE A “PRESA” PER LO SVILUPPO LOCALE Nel Convegno di Torino del 1998 su “Aree dismesse: i temi le ricerche” Spaziante, per sintetizzare con un’immagine efficace il momento del percorso che la rifunzionalizzazione delle aree dismesse stava attraversando, affermava che questa era “ad un punto di non ritorno” (2000, p.13). Nel senso che in molte aree, come nella Provincia di Terni, i programmi e i progetti di recupero dei tanti edifici o aree dismesse “avevano superato ormai la metà del percorso” che avrebbe dovuto portarli dalla fase critica della dismissione, caratterizzata da problemi economici, sociali, ambientali e culturali, al recupero della funzionalità perduta e alla riconquista di un ruolo nelle strategie competitive delle città e delle regioni. Oggi, quella transizione delle aree dismesse da problema a risorsa che già nel ’98 si dava per gran parte superata, non solo si è conclusa, per cui sono scomparsi anche gli ultimi dubbi sulla effettiva capacità di queste aree di costituire un reale motore di rilancio della città, ma ha aperto la strada all’ ipotesi che quelle stesse aree possano costituire un’opportunità per fare società, per sperimentare nuove pratiche territoriali e produrre sviluppo locale (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Oggi come allora l’aspetto che più affascina è che, nell’attuale tentativo di conservare un ruolo non secondario nel sistema globale, queste aree ci offrono la possibilità di rifare i conti con il passato, di riaprire un laboratorio di nuove configurazioni e di sperimentare innovazioni territoriali. Ci consentono di annullare decenni di intensificazioni d’uso, di degrado ambientale, “di monofunzionalità e di ghettizzazione dello spazio, per invertire improvvisamente il processo, per prendere decisioni diverse, per rimettere di nuovo in discussione la struttura di parti rilevanti e talora dell’intera città, per riappropriarci del diritto di ripensare la città e il territorio” (Spaziante, 2001, p.14). Paradossalmente quelle stesse aree, che negli anni ‘80 erano state causa di grandi apprensioni per città come Terni, forniscono oggi l’occasione per passare a più elevate qualità urbane, per rilanciare la centralità delle città e per affermare le aspettative di sviluppo locale dei sistemi territoriali, assumendo il ruolo di luoghi dell’innovazione sociale e territoriale (Arca Petrucci, 2003). Tutto ciò conferma una volta di più che non dobbiamo pensare di avere a che fare con una serie di vuoti da riempire a nostro piacimento. Non bisogna dimenticare che quelli che negli anni ’80 sono stati definiti vuoti urbani con un termine chiaramente funzionale a riutilizzazioni più remunerative, che ne ha negato la natura di luoghi, in realtà sono molto pieni: di manufatti, spesso di notevole interesse per la storia dell’industria e della tecnologia, di memorie individuali e collettive, di cultura del lavoro,di valori simbolici, di competenze e di stili di vita locali (Arca Petrucci, Dansero, 1998, Dansero, Giaimo, Spaziante, 2000). In questo senso le aree dismesse appaiono come le spie materiali, di un patrimonio immateriale ben più profondo e complesso, al quale gli edifici dismessi possono solo alludere e che oggi rappresenta, oltre a una testimonianza preziosa per le collettività, in quanto luoghi della memoria e dell’identità locale, anche una risorsa fondamentale per costruire possibili futuri e per riposizionare il sistema territoriale nel contesto globale (Dansero, Governa, 2001).
E’ attraverso le politiche che le aree dismesse si trasformano da problema a risorsa e finalmente a “presa” per lo sviluppo locale. A partire dagli anni ’90 si sono affermate linee di ripensamento delle politiche praticate negli anni ’70 e 80. Si è cominciato a considerare le valenze culturali, storiche, simboliche, sociali, paesistiche, ambientali ed economiche delle aree dismesse in maniera integrata, si è iniziato a diffidare di ipotesi di riuso eccessivamente
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specialistiche, a dare maggior importanza ai valori storico-culturali incorporati in queste aree e a non escludere le opportunità di riuso offerte dalla formazione di spazi verdi e dall’innovazione produttiva (Gambino, 2001; Leone 2003). Il dibattito restituisce bene i motivi di inquietudine dei cultori di archeologia industriale, dovuti al fatto che se il riuso aveva il merito di salvare le apparenze formali, di mantenere i punti di riferimento dello spazio urbano storico, di salvaguardare architetture di valore storico-artistico e di conservare i segni materiali della memoria collettiva, coincideva spesso con uno stravolgimento di senso, con una banalizzazione delle scelte (Bergeron, 1996) e con una recisione dei legami con il territorio, presenti nell’attribuzione dei valori d’uso immobiliare e fondiario da parte della progettazione urbana1. Contemporaneamente si è avvertita l’inadeguatezza delle politiche per singoli interventi, largamente sperimentate negli anni ’80, e l’esigenza di guardare al vuoto come ad una risorsa da conservare e riprodurre all'interno di un progetto complessivo di riqualificazione urbana, formulando strategie complessive della città per la città, capaci di mobilitare reti complesse di attori pubblici e privati. Con il nuovo millennio, finalmente, si è ampliato ulteriormente il livello scalare dello sfondo sul quale erano stati proiettati i problemi delle aree dismesse, fino a comprendere il livello sovracomunale. E’ in questo quadro più ampio che ormai ci si misura e nel quale, da una parte, si tenta il confronto con le memorie collettive e con la coscienza storica dei territori e, dall’altra, ci si confronta con i sistemi locali territoriali e con le loro strategie per conseguire competitività e sperimentare sviluppo locale. Inserite in una prospettiva di sviluppo locale, le aree dismesse assumono una declinazione inedita che ne ridisegna il ruolo nelle dinamiche attuali delle città e delle regioni. Sono viste come componenti di un patrimonio da scoprire e reinterpretare all’interno dei sistemi territoriali, come un insieme di potenzialità dei milieux sulle quali costruire percorsi endogeni di sviluppo, per cui recuperare non significa scambiare valori economici con valori storici, simbolici e ambientali; non vuole dire produrre solo benefici immobiliari, peraltro spesso incerti, bensì significa produrre vantaggi per tutta la società locale. In quanto “prese” per lo sviluppo locale, le aree dismesse diventano potenzialità da spendere nei processi di auto-organizzazione locale, luoghi in cui sperimentare innovazioni sociali e territoriali e al tempo stesso risorse non rinnovabili, utilizzabili per ricostruire la qualità del territorio nella consapevolezza della loro limitata disponibilità (Arca Petrucci, Dansero, 1998).In questa visione diventano centrali i processi di patrimonializzazione, attraverso i quali si attribuiscono valori presenti ai patrimoni costruiti nel passato, e attraverso i quali di volta in volta si assegnano valori diversi alle aree dismesse: valore identitario, per identificare un luogo, valore economico, per favorire processi di sviluppo turistico, valore storico-memoriale, da trasmettere alle generazioni future, valore simbolico per promuovere l’immagine di un territorio (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Tale pluralità sottolinea il fatto che i patrimoni abbandonati non hanno valore assoluto, ma assumono diversi significati in relazione alle dinamiche sociali ed economiche dei contesti territoriali in cui sono inseriti. Non esistono vocazioni dei territori definite una volta per tutte, ma sedimenti patrimoniali che diventano risorse solo quando sono riconosciuti e attivati dalla rete dei soggetti locali. Come afferma Berque, tali potenzialità diventano prese che la rete locale trasforma in risorse nel momento in cui prende coscienza della sua esistenza e consistenza (1990). Le aree dismesse a lungo hanno costituito risorse latenti, non riconosciute dalla rete locale e perciò emarginate ed escluse dai processi di valorizzazione. Basti pensare ai fenomeni di dismissione industriale del sistema ternano, che sono stati ignorati dalla rete dei soggetti locali fino alla seconda metà degli anni ’80, sebbene da tempo avessero già raggiunto la massima espressione territoriale. L’acquisto da
1 Per una più ampia riflessione sul superamento della rivalutazione economica dei suoli si rinvia a Roberts, Sykes, 2000.
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parte del Comune delle Officine Bosco, per salvarle dalla demolizione e lo studio della Provincia di Terni dell’89, di cui si è detto in premessa, rappresentano i primi riconoscimenti delle aree dismesse come risorse del sistema locale. I processi di patrimonializzazione interferiscono in vari modi con le dinamiche di riposizionamento competitivo dei sistemi locali territoriali. In alcuni casi, le iniziative di valorizzazione delle aree dismesse incidono in misura debole sulle strategie competitive dei territori; in altri casi contribuiscono in maniera evidente a programmi di riqualificazione urbana e territoriale finalizzati ad acquisire nuova competitività. Anche in questi casi però, spesso si affermano politiche di valorizzazione che banalizzano il senso del patrimonio, come in certe operazioni riduttive di marketing territoriale. In altri casi invece, le politiche del patrimonio sono centrali nel favorirne la riproduzione e nell’innescare processi di sviluppo locale. Ciò significa che i processi di patrimonializzazione avvengono con modalità, tempi, costi e prospettive estremamente variabili, nel senso che occorre riconoscere la natura plurale di tali processi e degli scenari che essi prefigurano. Sicuramente gli esiti di maggior successo si sono avuti là dove la patrimonializzazione ha mobilitato le reti locali dei soggetti, dove i processi sono stati fortemente sostenuti dall’azione pubblica, dove si è fatto ricorso a strumenti di concertazione e dove le strategie sulle aree dismesse hanno trovato nei Piani territoriali e nelle politiche di sviluppo quadri significativi di riferimento. E’ il caso del sistema Terni-Narni, dove il ricorso consistente a innovazioni normative, come i “programmi urbani complessi” e i “programmi integrati”, ha messo in moto, proprio a partire dalla rifunzionalizzazione delle aree dismesse, processi orientati verso lo sviluppo locale (Arca Petrucci, 2003). Questa geografia di situazioni di volta in volta diverse, impegna da tempo gli studiosi. Fin dagli anni ‘80 sono stati prodotti studi per quantificare e classificare le realtà dismesse più significative, mentre negli ultimi anni sono stati realizzati incontri e lavori di un certo rilievo sui modi del recupero, senza però arrivare ad una descrizione efficace né della consistenza nazionale della dismissione e della sua evoluzione nel tempo e nello spazio, né delle diverse modalità con cui stanno avvenendo i processi di patrimonializzazione. Indubbiamente un grosso ostacolo sulla via dell’analisi quali-quantitativa è costituito dal fatto che ci troviamo di fronte ad un concetto, quello di area dismessa, che presenta un forte carico di ambiguità. L’ambiguità è dovuta in prima istanza all’incertezza della stessa definizione di area dismessa che di volta in volta comprende aree vuote, aree ormai adibite ad altro uso, aree sottoutilizzate e aree in corso di dismissione. Ma è dovuta anche alla pluralità delle prospettive di ricerca, alla variabilità delle interpretazioni e all’eterogeneità dei metodi di indagine e delle fonti di informazione, connessa con il fatto che il tema ha sempre sollecitato una varietà di competenze: urbanistiche, economiche, storiche, geografiche e sociologiche. Tutto ciò ha ostacolato la comparazione delle indagini locali e ha reso difficile il tentativo di pervenire, come dicevamo, ad una conoscenza efficace del fenomeno a livello nazionale, sebbene questa sia apparsa sempre come indispensabile. Già nell’85 si lamentava la mancanza di un modello descrittivo che conducesse alla scelta di indicatori e a modalità di rappresentazione concordati. Tuttora, nonostante gli sforzi dell’Audis, l’Associazione delle aree urbane dismesse, che raccoglie a scala nazionale soggetti pubblici e privati interessati a scambiare informazioni sul tema e a premere sui governi regionali per avere coerenti politiche di intervento, siamo ancora lontani dall’avere una conoscenza adeguata sia della dismissione sia della rifunzionalizzazione. Qualcuno potrebbe chiedersi quale senso possa avere, in queste condizioni di insufficienza della strumentazione conoscitiva, continuare a produrre analisi che diano conto della dismissione e della rifunzionalizzazione locale, applicando criteri metodologici quantitativi e qualitativi decisamente discrezionali.
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La risposta è che lo stimolo a continuare in questo campo viene dalla constatazione che, al di là del dibattito sulle definizioni e sulle prospettive, che pure è importante, la rifunzionalizzazione delle aree dismesse e il conseguente processo di trasformazione della città e dei territori sono sintomi certi della capacità delle singole amministrazioni di rispondere, in modo più o meno innovativo, alle crisi produttive e al tentativo di ridefinire ruoli e funzioni dei sistemi locali in un contesto globale.Disporre pertanto di osservazioni sulle risposte del territorio alle politiche attuate, individuare i ruoli rivestiti dalla valorizzazione dei vuoti nelle dinamiche territoriali è una condizione imprescindibile per l’efficacia del governo del territorio. Sapere esattamente cosa e dove avvengono le trasformazioni connesse con la riconversione, quali forme di patrimonializzazione attivino, quali capacità auto-organizzative mettano in campo e con quali effetti e ricadute sulle dinamiche complessive delle aree e sulle loro condizioni culturali, sociali e ambientali è uno strumento essenziale per supportare la capacità propositiva delle politiche territoriali. A maggior ragione ciò si impone in contesti come quello della Provincia di Terni, in cui molta parte delle occasioni di riqualificazione del territorio e di rilancio della competitività dei sistemi locali si basa sulla riconversione delle aree dismesse. La Provincia di Terni rappresenta infatti un osservatorio privilegiato, non solo per le dimensioni della dismissione, paragonabile a quelle di Milano e Torino (Arca Petrucci, 1992), ma anche per il ruolo che la pianificazione provinciale e comunale ha assegnato alla rifunzionalizzazione delle aree dismesse, considerata uno strumento fondamentale di trasformazione urbana e di riposizionamento competitivo dei sistemi locali. E ancora di più le aree dismesse acquisteranno importanza in futuro, quando i processi di dismissione investiranno altre funzioni, come peraltro sta già avvenendo. Infatti, esaurita o quasi la fase della grande dismissione industriale, l’abbandono continua a prodursi in altri settori in modo non solo continuo, ma direi crescente, cioè con graduale estensione a funzioni e a territori nuovi. E’ la volta dei servizi alla popolazione, come le scuole, del grande commercio, come i supermercati, delle strutture del tempo libero, come i cinema e di tutta una vasta gamma spazi del terziario che stanno diventando obsoleti. In definitiva, rilevare, analizzare, seguire i processi di dismissione e ancor più quelli di patrimonializzazione è importante per tenere sotto controllo la capacità, che varia nel tempo e nello spazio, del sistema locale di rinnovarsi.
1.2. LA PROSPETTIVA DELLA RICERCA. IL MODELLO SLoT, I PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE ED I PAESAGGI DELL’ABBANDONO Il programma di ricerca, oltre ad accertare lo stato attuale della dismissione in ambito provinciale, intende verificare il contributo dato dalla rifunzionalizzazione e dalla riqualificazione dei vuoti alla costruzione di eventuali processi di sviluppo locale negli ultimi venti anni.Premesso che per sviluppo locale non si intende qui un generico processo di valorizzazione, ma quello che si basa sull’identità territoriale, sull’auto-organizzazione dei soggetti e sull’autonomia di certi contesti territoriali, la categoria analitica che consente di conseguire tale finalità è quella di sistema locale territoriale (SLoT). Con questo modello analitico, messo a punto da Dematteis2 e dal suo gruppo di ricerca. si intende un’entità socio-territoriale auto-organizzante, spesso coincidente con un aggregato di comuni, che tende ad operare come un soggetto collettivo e che si manifesta attraverso progetti comuni messi in atto dagli attori
2 Si veda in particolare Dematteis G. ( 2001) Per una geografia della territorialità attiva e dei valori territoriali, in Bonora P (a cura di), SLoT Quaderno 1, Baskerville, Bologna, pp. 11-30. Si veda anche dello stesso autore (2003) Il modello SloT come strumento di analisi dello sviluppo locale, in Rossignolo C, Imarisio C.S., (a cura di), SLoT Quaderno 3,Baskerville, Bologna, pp. 13-27.
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territoriali nell’intento di trasformare le potenzialità del milieu in risorse. Non è una identità geografica precisa e delimitata, ma un aggregato di soggetti in interazione reciproca. Non ha confini rigidi e delimitabili a priori, ma presenta confini a geometria variabile a seconda dei progetti portati avanti dagli attori territoriali. Le aree degli SLoT coincidono pertanto con le aree a maggiore densità di aggregazioni dei soggetti, a diverso livello scalare (Dematteis, Governa, 2005). Alla luce del concetto di sistema locale territoriale emergono in ambito provinciale nuove modalità di organizzazione dei territori, diverse da quelle del passato. Si tratta di processi di ricomposizione territoriale che, senza creare nuovi livelli amministrativi, stanno delineando ambiti di aggregazione dei comuni, i quali se certamente sono influenzati da scelte e logiche sovralocali, appaiono però fondati su strategie di sviluppo condivise a livello locale. Sono iterritori dell’azione collettiva, dati non tanto dalla semplice somma dei comuni coinvolti, quanto dal livello scalare al quale acquistano significato i progetti e le strategie degli attori, siano essi locali puri o trasversali o globali. Non si tratta di aggregazioni di comuni predisposte all’interno delle normali logiche di governo del territorio, ma della formazione di ambiti di senso, in cui cioè acquistano significato i processi auto-organizzativi e le logiche dei soggetti operanti a scale diverse.L’analisi dei sistemi locali territoriali della provincia consente di conoscere se e dove sono presenti le condizioni per l’auto-organizzazione dei soggetti territoriali e lo sviluppo locale e in che misura i processi di patrimonializzazione attivati a partire dalle aree dismesse contribuiscono alla formazione di detto sviluppo. In questa prospettiva la chiave di lettura delle aree dismesse più pertinente alle finalità della ricerca è quella che considera queste aree come lasciti della storia locale, componenti di un patrimonio da riconoscere e interpretare, ma anche come risorse inserite nelle dinamiche dei sistemi territoriali, per attivare possibili processi di sviluppo locale. Questa concezione delle aree dismesse è riassumibile nel termine francese di milieu, che consente di descrivere le aree dismesse, sia come un insieme di specificità che derivano da un processo di stratificazione di lungo periodo, sia come un insieme di risorse per lo sviluppo dei sistemi di riferimento. Il milieu in altri termini è, al tempo stesso, eredità del passato e capitale da investire per il futuro. Nel concetto di milieu il rapporto tra eredità del passato e attribuzione presente di valori e significati, tra conservazione e innovazione, tra patrimonio e patrimonializzazione appare in tutta la sua complessità. Il patrimonio dismesso diventa una frontiera temporale attraverso cui esplorare la capacità e il ruolo dell’identità storica locale nel ripensare le proprie dinamiche evolutive e nel favorire progetti di cambiamento3.Le aree dismesse entrano così in una visione dinamica e attiva. Il loro riconoscimento come lasciti del passato, materiali e immateriali, fondamento di una specifica identità collettiva, si incrocia con il riconoscimento del loro ruolo come insieme di potenzialità su cui costruire percorsi di sviluppo e strategie competitive (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Intorno ad esse si struttura la rete locale e si mobilitano i soggetti territoriali. Si creano relazioni di cooperazione, conflittualità o complementarità. Diventano oggetto di attribuzioni di valore, di interessi e aspettative. Su di esse si concentra la progettualità locale: musei di archeologia industriale, cittadelle del cinema, videocentri, poli universitari, centri di ricerca, parchi urbani, servizi sociali, aree produttive, strutture turistiche ed ecositi.
3 Questa prospettiva di ricerca è stata adottata da un gruppo nazionale di lavoro nell’ambito del Progetto Finalizzato “Beni Culturali” del CNR. Si veda a riguardo Dansero E, Emanuel C., Governa F. (a cura di) (2003), Ipatrimoni industriali, Franco Angeli, Milano. In particolare si vedano i saggi: Dansero E., Governa F:, Patrimoni industriali e sviluppo locale, pp. 11-42; Arca Petrucci M., Valorizzazione del patrimonio industriale e sviluppo locale. Il caso di Terni, pp. 99-120; Dematteis G. (2003), La geografia dei beni culturali come sapere progettuale, pp. 43-52.
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In alcune aree, le iniziative intraprese e i processi di patrimonializzazione attivati prefigurano operazioni sganciate dalle dinamiche evolutive contemporanee, nel senso che non sono connessi con le politiche di rilancio della competitività territoriale. In altre, al contrario, sono intimamente collegati e appaiono come risorse per complesse operazioni di riqualificazione territoriale finalizzate al riposizionamento competitivo dei sistemi territoriali. Gli esiti e i processi che però tali connessioni possono innescare sono differenti e per certi versi contraddittori. La distinzione operata da Dematteis tra processi di semplice valorizzazione territoriale, come le operazioni di marketing territoriale, e i ben più complessi processi di sviluppo locale ci aiuta a valutare la reale portata dei processi di patrimonializzazione. La semplice valorizzazione “si modella su esternalità derivate da condizioni locali date. E’ un processo reversibile che regredisce con la scomparsa delle condizioni esterne che lo hanno prodotto”, per esempio diminuzione della domanda, cambiamenti nella cultura generale ed altri mutamenti a livello globale. La valorizzazione semplice “ non richiede la presenza di sistemi locali con capacità auto-organizzative e auto-riproduttive. Al contrario, queste sono richieste nel caso dello sviluppo locale, in cui le condizioni locali decisive non sono quelle date, ma quelle prodotte nel processo auto-organizzativo del sistema locale”(Dematteis, 1994, pp.102-103).Alla luce di questa interpretazione, assumono particolare rilevanza i meccanismi di appropriazione delle risorse dei territori, il rapporto tra reti globali e reti locali e quello tra milieu sociale e milieu territoriale. In particolare, nell'ambito della cooperazione tra impresa e cultura, certi fenomeni di neomecenatismo e di sponsorizzazione culturale, ormai entrati a far parte delle strategie di marketing delle imprese e volti a ridisegnare l'immagine aziendale attraverso media atipici come i beni culturali, ivi comprese le aree dismesse, pongono molti interrogativi sull'affidabilità, continuità e selettività delle scelte culturali operate dalle imprese e lasciano intravedere i rischi del consumo e dell'erosione della risorsa patrimoniale. Tali preoccupazioni appaiono più che giustificate, in considerazione della diffusione sempre più ampia delle attività di comunicazione delle imprese, che trovano nella società contemporanea motivazioni decisive nel passaggio dai consumi di massa a quelli basati sulla qualità (Totola, 2000) e in considerazione della trasposizione del marketing delle imprese a quello dei territori. Anche il ruolo dei dispositivi simbolici territoriali sta diventando sempre più importante, sia perché consentono di creare immagini dei luoghi capaci di attrarre investimenti esterni e flussi turistici, in funzione di obiettivi di diversificazione dell'economia locale, sia perché permettono di cambiare l'immagine urbana dei contesti più dinamici, all'interno delle strategie di competizione globale. Tuttavia, l'adozione di modelli omologhi di riconoscimento di patrimoni differenti, come quelli del marketing, se da una parte ne garantisce la salvaguardia e ne diffonde la conoscenza, dall'altra ne semplifica i contenuti di per sé complessi. Inoltre, può escludere le popolazioni locali non privilegiate e innescare processi ad esempio di rifunzionalizzazione delle aree dismesse governati da variabili esogene che negano autonomia al sistema locale. Questi effetti, particolarmente evidenti là dove la costruzione dell'immagine aziendale o territoriale non è parte integrante di un processo auto-organizzativo della società locale, fanno rientrare le operazioni "riduttive" del marketing all'interno della semplice valorizzazione o di quello che Choay chiama il falso discorso sulla valorizzazione (1995). La pluralità degli attori e la dilatazione degli ambiti decisionali è senz'altro una premessa migliore per coagulare il consenso della collettività, armonizzare gli interessi delle parti sociali e per creare sintonia tra finalità, razionalità e potenzialità diverse. Là dove si realizza il coordinamento delle iniziative private in modo da tutelare il valore collettivo dei patrimoni, compreso quello abbandonato, e dove si produce il processo auto-organizzativo dei soggetti locali che consente la contemporanea messa in valore di tutte le componenti del patrimonio territoriale, l'attivazione del potenziale di risorse rappresentato dal patrimonio genera
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territorializzazioni coerenti con i principi dello sviluppo locale. In queste aree le strategie sono consensuali e capaci di mobilitare l'intervento pubblico a sostegno delle iniziative private. Le valenze storiche, culturali, simboliche, identitarie, economiche e ambientali del patrimonio sono considerate congiuntamente, in un progetto complessivo della società locale per la società locale. L'attivazione del milieu avviene in presenza di una rete locale complessa e di un intenso scambio relazionale fra gli attori. La sapienza e le competenze sedimentate nel passato costituiscono un potenziale di innovazione che è recuperato ai fini della ridefinizione dell'identità locale, per mantenere e riprodurre il capitale patrimoniale. In questo caso la composizione della molteplicità dei valori e degli interessi in gioco fa sì che la valorizzazione del patrimonio diventi il fondamento della produzione di ricchezza durevole. Nel processo di sviluppo locale è pertanto fondamentale la capacità del territorio di funzionare come un sistema dotato di una propria organizzazione interna, cioè dotato della capacità di creare forme di trasmissione di conoscenza che coinvolgano le imprese, la popolazione e le istituzioni, vale a dire forme integrate di organizzazione della società. In questo processo, è chiara l’importanza della rete locale dei soggetti territoriali, alla quale è delegata la duplice funzione di mantenere i contatti con l’esterno e di cogliere le potenzialità offerte dai patrimoni locali.Alla luce di questa prospettiva acquista una nuova declinazione anche il tema del paesaggio dell’abbandono, oggi al centro del dibattito interdisciplinare (Dansero, Vanolo, 2006). Il fatto è che attualmente esiste una crescente domanda di paesaggio che va di pari passo con il bisogno di rappresentazione simbolica dell’identità territoriale minacciata dalla globalizzazione e con la preoccupazione per la perdita di significato dello spazio vissuto. Questa sembra andare oltre il desiderio di conservare i luoghi della memoria, in quanto nasce dal bisogno di ricostruire nuove relazioni di senso con il patrimonio ereditato, in vista del futuro, nasce cioè dall’esigenza di rileggere il territorio al fine di immetterlo in un nuovo ciclo di produzione di valore (Arca Petrucci, 2006).In particolare le società che hanno vissuto processi di crisi o di declino industriale, attualmente alla ricerca di nuove identità, esprimono una chiara domanda sociale di “risignificazione” del paesaggio. In Italia, non possiamo ancora contare su progetti di rigenerazione del paesaggio come quello per l’IBA Emsher Park, dove si è operata una riconfigurazione paesistica della Ruhr, da paesaggio dell’abbandono a paesaggio postmoderno (Clementi, 2000). Tuttavia, alcune esperienze italiane vanno in questa direzione. Progetti come quello per la riconversione delle acciaierie di Cornigliano, del polo siderurgico di Bagnoli, della SIRI o della Carburo di Calcio di Terni tentano, seppure con difficoltà, di produrre nuove immagini territoriali, capaci di creare nuove identità per le società locali. Diventa pertanto interessante chiedersi: nella Provincia di Terni i progetti per le aree dismesse prendono in considerazione il paesaggio? Quali sono i processi sociali che portano ad una “risignificazione”collettiva del paesaggio? Questi progetti creano nuove immagini forti, capaci di produrre nuove identità? In Italia, la politica statale del paesaggio è ancora essenzialmente conservazionista, incentrata su misure che salvaguardano il diritto sociale alla qualità del paesaggio. Pertanto si applica a paesaggi limitati e solo a quelli giudicati di valore, nonostante le direttive della Convenzione Europea. E’ evidente l’inadeguatezza di questa politica rispetto alla domanda sociale di “risignificazione” del paesaggio, legata all’affermazione di nuove identità. L’occasione per ripensare il paesaggio è offerta dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio entrato in vigore nel 2004, che riconferma il ruolo protagonista delle regioni in materia di paesaggio (per la prima volta attribuito nell’85). Sebbene il Codice sia ambiguo e poco innovativo rispetto alla concezione tradizionale del paesaggio, lascia un certo spazio ad iniziative locali di qualificazione e riqualificazione del paesaggio derivanti dall’ascolto delle società locali. Diventa pertanto interessante interrogarsi sulle politiche del paesaggio nella provincia e chiedersi: la
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rappresentazione collettiva del paesaggio dell’abbandono nasce per convalidare le scelte politiche o avviene il processo inverso? Nel senso che è il governo del territorio a mutuare stimoli dalla rappresentazione del paesaggio propria delle società locali? Per concludere queste prime note metodologiche non sembra inutile sottolineare che la prospettiva di ricerca adottata è frutto delle profonde trasformazioni che oggi attraversano il pensiero scientifico. Queste, investendo i contenuti e le forme dell’elaborazione intellettuale, hanno coinvolto anche il sapere territorialista, che viene colpito nei suoi fondamenti teorici, nei metodi e negli strumenti della ricerca. Accantonati pertanto gli strumenti metodologici e concettuali consolidati, oggi si rende necessario uno sforzo di riflessione che impone al ricercatore l’analisi della soggettivitàterritoriale, più che la composizione dei quadri oggettivi della presunta realtà territoriale.
1.3. GLI OBIETTIVI SPECIFICI, I CAMPI DI ANALISI E LA METODOLOGIA ADOTTATA Poiché, come si è detto, l’obiettivo generale della ricerca è quello di conoscere, attraverso il modello SLoT, se e dove sono presenti sul territorio provinciale le condizioni dello sviluppo locale e in che misura la progettualità sui vuoti abbia contribuito alla formazione di detto sviluppo, gli obiettivi specifici di questo lavoro sono essenzialmente:
� produrre un inventario aggiornato delle aree dismesse nella provincia; � individuare, attraverso l’esame dei progetti di valorizzazione territoriale, la presenza
nell’ambito provinciale di eventuali SLoT, la loro ampiezza, la rete locale coinvolta, la loro stabilità e le relazioni con l’esterno e valutare, attraverso l’analisi del valore aggiunto territoriale e della sostenibilità territoriale, la capacità degli SLoT individuati di produrre sviluppo locale;
� studiare i processi di patrimonializzazione riguardanti le aree dismesse e valutare il contributo dato dalle aggregazioni di interessi intorno ai vuoti alla definizione e formazione dello SLoT e all’eventuale costruzione di sviluppo locale.
La prospettiva di ricerca adottata e gli obiettivi dell’indagine hanno richiesto di confrontarsi, da una parte, con le recenti trasformazioni del sistema economico e sociale della provincia e dall’altra con le attuali strategie dei sistemi territoriali, all’interno delle quali le aree dismesse assumono ruoli e significati diversi. Per l’impostazione della metodologia si è partiti dalle già citate esperienze di ricerca sui sistemi locali territoriali (Dematteis, 2001, 2003) e da quelle sui patrimoni industriali (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Si è poi proceduto ad una riflessione sul ruolo delle aree dismesse nelle dinamiche dei sistemi territoriali locali e nella produzione di sviluppo locale. Pertanto, il campo di analisi ha riguardato tre direttrici principali. - L’analisi delle dinamiche della dismissione e delle caratteristiche oggettive delle aree dismesse, interpretate come componenti del milieu (Fase 1 dell’analisi empirica). Particolare attenzione è stata dedicata alla sedimentazione dei vuoti, alla loro consistenza, ai loro caratteri e alla loro distribuzione spaziale, aggiornando i dati della ricerca condotta nell’89. - L’analisi degli SLoT e del loro funzionamento L’individuazione e lo studio dei sistemi locali territoriali è stato il passaggio obbligato per verificare la presenza nella provincia di processi di sviluppo locale, capaci cioè di attivare le risorse dell’identità territoriale e dell’auto-organizzazione (Fase 2 dell’analisi empirica). Lo studio è consistito in un esame dei progetti che, negli ultimi venti anni, hanno messo in rete i soggetti locali. E’ stato esaminato ogni singolo progetto, dal punto di vista: della portata territoriale, del ruolo dei soggetti partecipanti, della capacità innovativa del progetto, del rapporto con i livelli sovralocali e del rapporto con il milieu. In un momento successivo, sono state messe insieme tutte le informazioni relative ai progetti esaminati nella fase precedente per ricostruire la fisionomia del sistema locale. Le informazioni desunte dai progetti sono state inoltre confrontate con quelle oggettive desunte
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da varie fonti, in modo da scoprire l'eventuale corrispondenza dello SLoT con sistemi produttivi locali, con i sistemi del lavoro dell’ISTAT e con i sistemi insediativi e pertanto avanzare ipotesi sulla stabilità del sistema locale. In particolare l’analisi comparata dei progetti ha consentito di ricostruire: le modalità di aggregazione della rete locale, l’area del sistema locale, le relazioni con l’esterno, il rapporto con il milieu e la stabilità dello SLoT. Per quanto riguarda l’area dello SLoT, questa, come si diceva è stata individuata come l'area di maggiore densità di aggregazioni dei soggetti. La valutazione della capacità degli SLoT di innescare processi di sviluppo locale è stata fatta attraverso due strumenti: il valore aggiunto territoriale (Vat) e la sostenibilità territoriale. Il primo deriva dalla mobilitazione dei soggetti, dalla loro messa in rete e dalla mobilitazione delle risorse potenziali del milieu. La sostenibilità territoriale è intesa nelle sue dimensioni: sociale, ambientale e culturale e consente di verificare la stabilità nel tempo del valore aggiunto prodotto (Fase 3 dell’analisi empirica ). - L'analisi dei processi di patrimonializzazione riferiti alle aree dismesse. L’analisi ha avuto il fine di valutare se, dove e fino a che punto, le aggregazioni di soggetti intorno ai progetti di recupero abbiano contribuito all’affermazione del sistema locale e alla produzione di sviluppo locale. Lo studio è consistito nell'esame dei progetti di recupero delle aree dismesse elaborati o attuati negli ultimi 15 anni (Fasi 2 e 3 dell’analisi empirica). I progetti sono stati esaminati dal punto di vista: della portata territoriale, del ruolo dei soggetti partecipanti, del periodo temporale, della capacità innovativa del progetto, del rapporto rete locale/milieu, del rapporto con il paesaggio, del rapporto locale/globale, del valore aggiunto prodotto e della sostenibilità territoriale. In particolare l’analisi dei progetti di rifunzionalizzazione delle aree dismesse ha consentito di ricostruire: la genesi e le modalità di aggregazione della rete locale, la sua stabilità, le relazioni con l’esterno, il rapporto con le altre componenti del milieu, i processi di riconoscimento delle aree dismesse, quelli di risignificazione del paesaggio e l’eventuale produzione di valore aggiunto territoriale e di sostenibilità territoriale.
1.4. LE FASI DELL’ANALISI EMPIRICA Le fasi dell’analisi empirica possono essere delineate come segue. Nella Ia fase è stata condotta l’analisi oggettiva del milieu provinciale mettendo in luce le dinamiche emergenti, i processi di dismissione negli ultimi cinquanta anni e i caratteri del fenomeno aree dismesse. Questa fase ha consentito di verificare caratteri, tendenze e dinamiche già annunciate nella ricerca dell’89 sulla dismissione provinciale e in particolare: ilpassaggio dal modello industriale polarizzato allo sviluppo diffuso; il declino del sistema produttivo ternano-narnese; la dismissione industriale come esito dei processi suddetti; la polarizzazione dei servizi alla produzione e il decentramento di quelli alla popolazione; la dismissione dei servizi alla popolazione come esito della nuova distribuzione spaziale dei pesi demografici; la dismissione agricola come esito dei processi di ristrutturazione dell’agricoltura; le variazioni e le corrispondenze rispetto all’89 del quadro generale delle aree dismesse. Il fenomeno è stato descritto attraverso: la distribuzione delle aree dismesse per comune e per funzione svolta, per volume, per superficie, per frequenza, per anni di abbandono, per iniziative di recupero e per materiali impiegati nel recupero. Allo scopo è stata messa a punto una nuova Scheda di rilevamento dei siti dismessi (fig 1). In questa I fase gli strumenti di lavoro sono stati: raccolta di dati statistici ufficiali, bibliografie di riferimento, studi, rapporti, inventari relativi all'area e alle aree dismesse. Indagini sul campo, interviste a testimoni privilegiati e ricognizioni al fine di aggiornare l’inventario delle aree dismesse nel contesto provinciale e di rilevarne i caratteri. Nella IIa fase è stata condotta l’analisi dei progetti di trasformazione territoriale e dei progetti di recupero delle aree dismesse, derivanti dalla messa in rete di soggetti locali ed elaborati a partire dal 1985. Questa fase ha richiesto la messa a punto di una griglia per l’analisi dei progetti,
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capace di rilevare le caratteristiche del progetto, la portata territoriale, i soggetti territoriali coinvolti, i rapporti intersoggettivi, le componenti del milieu attivate, il rapporto locale/ globale, il valore aggiunto territoriale e la sostenibilità prodotti (fig.2).Per individuare l'eventuale presenza di SLoT nell'area considerata si è partiti dall'inventario della progettualità locale: tutti i programmi, piani e progetti proposti dai soggetti locali o ai quali essi partecipano. Particolare attenzione è stata dedicata ai progetti elaborati per le aree dismesse, al fine di valutare il contributo dato da questa progettualità alla definizione dello SLoT. Si è proceduto poi alla classificazione dei progetti in: istituzionali e non, pubblici e/o privati, formali o informali, progetti matrice, progetti rete e subprogetti, cercando nel contempo di collegarli con le grandi "famiglie" di politiche, come il PTCP, i programmi innovativi: Contratti d'area, Docup e i Programmi comunitari. Per quanto riguarda i progetti per le aree dismesse si è cercato di verificare se prefigurano semplici operazioni di speculazione immobiliare, oppure se sono portati avanti da attori privati, pubblici o misti, talvolta con grande peso sociale e capacità propositiva, per cui concorrono a formare ambiti decisionali “nuovi”, in materia di politiche di sviluppo e di politiche culturali. E’ stato poi effettuato l’esame del singolo progetto prendendo in considerazione: a) la portata territoriale ; (b) Il ruolo e il raggio di azione dei soggetti partecipanti (soggetti locali, trasversali, globali). Si individuano soggetti deboli o esclusi? Quali logiche, strategie e risorse sono a disposizione degli attori? Quali sono i loro obiettivi e le loro motivazioni? Qual è il loro raggio di azione? Qual è il loro carattere (istituzionale, economico, culturale,..)? Esiste un soggetto pivot? Quali relazioni vengono attivate dal progetto: conflittualità, cooperazione, contrattualità, disgregazione? In che misura il progetto tende a contrastare la frammentazione costruendo relazioni non gerarchiche e cooperative? c) La capacità innovativa del progetto. Il progetto produce innovazioni sociali/istituzionali (nuovi attori, nuove relazioni, nuovi ruoli, nuove reti)? d) Il rapporto con i livelli sovralocali. Il progetto deriva da: dipendenza esogena o processi endogeni di autoorganizzazione? E’ stato verificato il rapporto locale/globale istituito dal progetto, partendo dai tre modelli di interazione che si conoscono: topo-down, glocale e bottom-up. Il primo presuppone iniziative promosse dall’esterno. Potrebbe produrre un aumento di valore del territorio, cioè giochi tra gli attori a somma positiva e una valorizzazione delle specificità locali ( nel qual caso è positivo) oppure comportare dissipazione del territorio, insostenibilità culturale, ambientale e sociale, valorizzazione di alcune componenti a scapito di altre (nel qual caso è negativo). Il terzo presuppone una globalizzazione dal basso e giochi a somma positiva. e) Il rapporto con il territorio visto come milieu. Il tema ha imposto una serie di interrogativi: Quali sono gli obiettivi del progetto? Quali componenti del milieu diventano “prese” per il progetto? Quali valori assumono queste componenti? In particolare, per quanto riguarda i vuoti: quali valori hanno assunto nel passato? Che rapporto si stabilisce con le attribuzioni di valore del passato? Continuità, ridefininizione, negazione? Sono state considerate sia le componenti materiali del milieu (aree dismesse, infrastrutture, opifici, fiumi, laghi, etc.) sia quelle immateriali (vecchi mestieri, saperi del lavoro, conoscenze tecnologie, cultura del lavoro, aggregazioni di interessi, movimenti operai, organizzazioni imprenditoriali, etica del lavoro, immagini territoriali etc.). Infine è stata condotta l’analisi comparata dei progetti. L’obiettivo specifico di questa parte dell’indagine è stato quello di mettere a confronto le informazioni sui progetti, già singolarmente esaminati, dal punto di vista: della portata territoriale, della rete locale; delle relazioni con l'esterno, delle relazioni con il milieu e della corrispondenza dell’area SLoT con ripartizioni territoriali oggettive.Poiché l'area dello SLoT potenziale è l'area di maggiore densità di aggregazioni di soggetti all'interno della provincia, sono state individuate le porzioni di territorio dove si hanno le aggregazioni progettuali maggiori, tracciando così una prima geografia dello sviluppo locale.
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Sono state poi analizzate le caratteristiche delle reti locali, quelle dei milieux con i quali i soggetti interagiscono e le condizioni esterne che hanno influenzato gli SLoT. In definitiva ci si è chiesti: Quali sono le aree a maggiore intensità progettuale? Esistono attori collettivi? Come sono i rapporti con l’esterno? Di dipendenza o rapporti costruttivi, anche se stimolati dall’esterno? Quali sono gli stimoli all'aggregazione e alla progettualità? Da quali eventi o soggetti sovralocali provengono? Esistono forme di auto organizzazione capaci di dare risposte originali agli stimoli esterni? Quali risorse territoriali vengono riconosciute e mobilitate dalla rete locale attraverso i progetti? Qual è il peso della rifunzionalizzazione delle aree dismesse sulla definizione degli attori collettivi? Questa favorisce processi di auto-organizzazione? Rende il milieu più dinamico e disponibile per altri progetti? I territori in cui si definisce l'azione dei diversi soggetti sono indipendenti dalle ripartizioni amministrative? Coincidono con regioni storiche, aree di gravitazione per servizi, aree di pendolarità per lavoro, con sistemi produttivi locali, sistemi culturali o con altre aree funzionali? Nella IIa fase gli strumenti di lavoro sono stati: Interviste a responsabili di organizzazioni pubbliche e private, bibliografia, studi e rapporti relativi all'area, relazioni sui progetti, tutto il materiale utile all’esame del progetto. Inoltre, fonti documentali, cartografiche, bibliografiche, utili alla comprensione del ruolo territoriale delle aree dismesse. La IIIa fase ha avuto lo scopo di valutare fino a che punto gli SLoT individuati siano capaci di produrre sviluppo locale e quale sia il contributo dato dalla patrimonializzazione delle aree dismesse alla costruzione di questo tipo di sviluppo. Se guardiamo agli SLoT come a reti di soggetti che interagiscono tra loro e con le reti sovralocali per trasformare in valore certe risorse potenziali del milieu, occorre convenire che tale azione può portare all’erosione e dissipazione delle risorse del milieu o alla loro riproduzione, cioè allo sviluppo locale. Secondo Dematteis (2001, 2003), la valutazione della capacità degli SLoT di innescare processi di sviluppo locale può essere fatta attraverso due strumenti: il valore aggiunto territoriale (Vat) e la sotenibilità territoriale. Il Vat è inteso in due modi: a) come valore che si aggiunge in modo stabile al territorio: Va del progetto.Un progetto produce valore quando è territorializzato, cioè quando affonda le sue radici nelle specificità del milieu. Inoltre, più potenzialità del milieu attiva più valore produce. In altri termini il Va dei progetti dipende dal loro grado di radicamento territoriale. Per cui ci si è chiesti: Qual è il Va prodotto dai progetti? in particolare di quelli riferiti alle aree dismesse? b) Come valore che deriva dalla mobilitazione dei soggetti, dalla loro messa in rete e dalla mobilitazione delle risorse potenziali del milieu: Vat del territorio. Per il calcolo del Vat, Dematteis distingue le due modalità fondamentali con cui un territorio può generare valore: quella del legame sociale tra i soggetti e quella del radicamento delle azioni ai luoghi. Quali sono i rapporti intersoggettivi? Circolazione di conoscenza contestuale, fiducia, reciprocità, cooperazione, collaborazione? Quali potenzialità del milieu sono trasformate in risorse. Tutte quelle possibili? I criteri per graduare il Vat sono molteplici. Considerando la prima modalità, il criterio guida è stato il grado con cui la rete locale interagisce a sistema. Quanto alla capacità di mobilitare risorse è stato valutato in che misura tutto ciò che i soggetti locali si rappresentano come milieu è stato tradotto in prese e qual è lo scarto con le risorse attivate e quelle potenziali. Si è distinto inoltre tra: una componente esogena (passiva) della territorializzazione derivante da progetti facenti capo a soggetti esterni allo SLoT e una componente endogena (attiva) derivante da processi di autoorganizzazione locale. Inoltre, si è distinto tra una territorializzazione positiva, che produce valore localmente, e una territorializzazione negativa, che sottrae valore al territorio. La considerazione della sostenibilità territoriale dei progetti consente di valutare la “durabilità” nel tempo dello sviluppo che ne può derivare. E’ stata intesa essenzialmente nelle sue dimensioni: sociale, culturale e ambientale. La sostenibilità sociale è intesa come rafforzamento, accrescimento delle interazioni e dei soggetti. La sostenibilità culturale si riferisce alla riproduzione
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dell'identità. La sostenibilità ambientale è intesa nei termini di K naturale utilizzato (distrutto/riprodotto), potenziale non utilizzato (importato ed esportato dall'esterno). Gli interrogativi alla base di questa parte della ricerca sono stati: il progetto si pone esplicitamente obiettivi di sostenibilità e quali? Considera la sostenibilità ambientale? Si pone obiettivi di sostenibilità sociale e di sostenibilità culturale? Quali componenti ambientali attiva? Quali tipologie di impatto (positivo/negativo, locale/extralocale) prefigura? Quali risorse naturali utilizza?
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Fig. 1 - Scheda di rilevamento dei siti dismessi
AREA DISMESSA N. N° scheda Comune Indirizzo Denominazione Attività svolta Settore attività svolta Destinazione d'uso del PRG COORDINATE GEOGRAFICHE Ovest
Est Nord
COORDINATE METRICHE GAUSS Nord GAUSS Est
RIFERIMENTI CATASTALI Fogli nn° Part.nn°
ETA' Anno di costruzione CONSISTENZA superficie coperta
superficie scoperta superficie totale volume
STATO DI CONSERVAZIONE STRUTTURE strutture verticali
tamponature strutture orizzontali strutture copertura materiale manto di copertura
MATERIALI PRINCIPALI COSTITUENTI cemento altri leganti pietra metallo laterizio legnovetro peso totale
INFRASTRUTTURE A RETE allaccio acqua captazione idrica allaccio fogna
CARATTERI DEL SEDIME ambito territoriale uso del suolo litologia
PERICOLOSITA' GEOLOGICA Aree a Rischio per inondabilità Aree a Rischio per frana
PREGIO AMBIENTALE-NATURALISTICO-ARCHEOLOGICO Parco Naturale Sito di Interesse Comunitario Sito di Interesse Regionale Zona Protezione Speciale Altre aree
VINCOLI Vincolo idrogeologico Fiumi torrenti corsi d'acqua montagne sup 1200 m usi civici
STATO ATTUALE Rilevanza del sito Utilizzo Anno di dismissione Proprieta'
RIUTILIZZO progetto di riutilizzo soggetti proponenti attività prevista fondi da utilizzare
NOTE
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Fig. 2 - Griglia per l’analisi dei progetti
1. CARATTERISTICHE DEL PROGETTO 1.1 DENOMINAZIONE PROGETTO / PROGRAMMA: 1.2 TEMA PRINCIPALE 1.3 AREA INTERESSATA 1.4 SOGGETTI PROMOTORI 1.5 OBIETTIVI 1.6 AZIONI 1.7. DURATA : Complessiva Data inizio Data conclusione 1.8 COSTO COMPLESSIVO: 1.8.1 CANALI DI FINANZIAMENTO Pubblici Privati
Canale Fonte
2. COERENZA CON LA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE (PRG, PTCP, Pianificazione regionale, ecc.)
MODALITA' DI COSTRUZIONE DEL PROGETTO 3.ANALISI DELLA RETE LOCALE
3.1 TIPO DI ATTORI3.2 EFFETTIVA PARTECIPAZIONE DEI SINGOLI ATTORI AL PROGETTO3.3 MOTIVAZIONI E STRATEGIE DEI SINGOLI ATTORI 3.4 RELAZIONI TRA GLI ATTORI -Rapporto insider/outsider (rapporto tra visioni locali e sovralocali. Eventuale ruolo mediatore dei soggetti trasversali) -Grado di collaborazione dei singoli attori -Eventuali conflittualità
4. ANALISI DEL MILIEU LOCALE4.1 RELAZIONI TRA RETE LOCALE E MILIEU -Componenti del milieu che vengono attivate dal progetto-Valori assunti da tali componenti nell'ambito del progetto
5. ANALISI DELLA SOSTENIBILITÀ TERRITORIALEAMBIENTALE: capitale naturale utilizzato (distrutto o riprodotto), potenziale non utilizzato, importato ed esportato dall'esterno (energiaimportata, rifiuti prodotti, ecc.)
SOCIALE: accrescimento, rafforzamento delle interazioni e dei legami sociali e in genere di quanto fa parte del capitale sociale, compresa lacapacità organizzativa
CULTURALE: riproduzione dei saperi, della razionalità e dell'identità locale.
ECONOMICO: sviluppo di imprenditorialità locale in relazione alla valorizzazione delle risorse locali e alla formazione di filiere produttive intersettoriali.
6. VALORE AGGIUNTO TERRITORIALE VAT DEL PROGETTO SUL TERRITORIO (come valore che si aggiunge al territorio locale)VAT DEL TERRITORIO (come mobilitazione dei soggetti e attivazione delle potenzialità del milieu)
7. VALUTAZIONI
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2. PROCESSI DI DISMISSIONE E CARATTERI DELLE AREE DISMESSE
2.1. LE DINAMICHE TERRITORIALI IN ATTO ED I PRINCIPALI PROCESSI DI DISMISSIONE
2.1.1. I caratteri del milieu industriale. Dal modello polarizzato allo sviluppo industriale diffuso. Il declino del sistema produttivo ternano-narnese A partire dagli anni ‘70 le modalità territoriali dello sviluppo industriale della Provincia di Terni sono state caratterizzate dal passaggio, ormai attuato, da un modello di polarizzazione produttiva nell’area ternano-narnese ad un modello di industrializzazione diffusa, dato dall’articolazione territoriale dello sviluppo. Per valutare la distribuzione dell’industria nella provincia è stato utilizzato come indicatore sintetico il quoziente di localizzazione industriale che misura il rapporto tra le aliquote degli addetti dell’industria a livello di singolo comune sul totale gli addetti dell’industria della provincia e le aliquote degli addetti totali del singolo comune sul totale degli addetti complessivi della provincia. Un valore > 1 indica una concentrazione industriale, nel comune considerato, superiore alla media provinciale, al contrario un valore < 1 indica una concentrazione più bassa della media provinciale. L’analisi condotta conferma il processo di diffusione spaziale delle attività industriali, già rilevato nello studio sulle aree dismesse della provincia dell’89. Come si deduce dal quadro di comparazione del quoziente di localizzazione industriale (1951-2001) (fig.3) e dai relativi cartogrammi a mosaico (figg. 4 e 5), nel 1951, la massima concentrazione degli addetti si ha nel Comune di Terni, seguito da Narni e da Attigliano. Tutti gli altri comuni presentano valori inferiori alla soglia minima di 0,70. Ma, alla scadenza censuaria del 1971 parecchi di questi comuni passano alla classe di quoziente superiore, mentre alcuni superano la media provinciale (Guardea, San Gemini, San Venanzo e Stroncone).
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Fig. 3 - QUADRO DI COMPARAZIONE DEL QUOZIENTE DI LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE
comuni anno anno 1951 1961 1971 1981 1991 2001 51 61 71 81 91 01ACQUASPARTA 0,25 0,63 0,86 0,66 0,61 0,82ALLERONA 0,27 1,01 0,85 1,01 0,91 0,99ALVIANO 0,15 1,01 0,72 0,95 1,03 1,42AMELIA 0,34 0,82 0,92 0,79 0,99 1,05ARRONE 0,79 0,64 0,75 0,90 0,90 1,19ATTIGLIANO 1,48 0,46 0,61 1,08 1,23 1,07AVIGLIANO UMBRO 0,3 0,80 0,79 0,95 0,93 1,07BASCHI 0,14 1,37 0,68 1,33 0,95 1,05CALVI DELL'UMBRIA 0,09 0,68 0,67 0,76 1,05 1,19CASTEL GIORGIO 0,35 0,62 0,65 0,78 0,65 0,81CASTEL VISCARDO 0,34 0,69 0,86 0,93 1,19 1,54FABRO 0,27 0,46 0,99 0,46 0,55 0,77FERENTILLO 0,21 0,75 0,37 0,48 1,04 1,25FICULLE 0,31 0,73 0,63 0,97 0,97 1,08GIOVE 0,37 0,99 0,90 0,85 0,84 0,66GUARDEA 0,36 1,04 1,04 0,80 0,96 1,27LUGNANO IN TEVERINA 0,30 0,85 0,84 0,95 1,33 1,49MONTECASTRILLI 0,30 0,80 0,79 1,05 1,15 1,49MONTECCHIO 0,21 0,83 0,99 1,01 0,72 0,93MONTEFRANCO 0,52 0,59 0,76 0,76 1,06 1,02MONTEGABBIONE 0,10 0,54 0,77 0,96 1,30 1,38MONTELEONE DI ORVIETO 0,16 0,59 0,79 0,96 1,21 1,24NARNI 1,27 1,13 1,11 1,27 1,37 1,42ORVIETO 0,51 0,67 0,73 0,65 0,82 0,79OTRICOLI 0,19 0,60 1,00 1,06 0,89 1,03PARRANO 0,12 0,56 0,87 1,34 1,35 1,34PENNA IN TEVERINA 0,28 0,66 0,62 0,77 0,94 1,40POLINO 0,18 0,17 0,57 0,27 0,37 0,37PORANO 0,33 0,87 0,88 1,06 1,06 1,06SAN GEMINI 0,46 1,01 1,10 1,38 1,30 1,26SAN VENANZO 0,14 0,76 1,03 0,99 1,41 1,46STRONCONE 0,13 0,73 1,26 1,36 1,12 1,44TERNI 2,02 1,07 1,05 1,02 0,95 0,91
oltre 1,30 tra 1,30 e 1,10 tra 1,10 e 0,90 tra 0,90 e 0,70 minore di 0,70
Fonte: ISTAT, Censimento Industria e Servizi - Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 4 - QUOZIENTI DI LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE
anno 1951 anno 1961
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 5 - QUOZIENTI DI LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE
anno 1981 anno 2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Negli ultimi due decenni la concentrazione industriale aumenta in tre aree ben distinte: San Venanzo, Monteleone, Montegabbione e Castel Viscardo nell’Orvietano, Amelia, Alviano, Guardea, Lugnano in Teverina e Penna in Teverina nell’Amerino e Arrone, Ferentillo e Montefranco nella Valnerina nonostante le incertezze e le flessioni provvisorie ravvisabili nella tabella sulla dinamica occupazionale. Solo Fabro, Acquasparta e Castel Giorgio, nonostante il recente aumento degli addetti nell’industria, denunciano ancora un basso coefficiente di localizzazione. In ogni caso, a livello provinciale, le dinamiche positive non riescono a bilanciare le perdite occupazionali. Alla diffusione spaziale dell’industria nei comuni rurali della provincia si contrappone infatti la flessione e la deconcentrazione del polo tradizionale dello sviluppo industriale. Già a partire dal 1961 Terni ha cominciato a mostrare i primi sintomi di decremento. Nei decenni successivi, il declino del sistema produttivo ternano si fa sempre più evidente e assume i toni di una vera e propria caduta tra il 1981 ed il 1991, per poi stabilizzarsi nell’ultimo decennio (Cartogramma e Tabella sui differenziali di crescita. figg. 6 e 7). Tuttavia, nonostante la contrazione degli addetti
36
rispetto al 1951, la conca ternana, nucleo storico dell’industrializzazione, mantiene a tutt’oggi un discreto quoziente di aggregazione industriale, anche se inferiore alla media provinciale. Le dinamiche spaziali dell’industria, di cui si è detto, possono essere colte in maniera sintetica dal confronto delle curve di Lorenz alle scadenze censuali del 1951 e del 2001 (fig.8). Impiegando in ascissa e in ordinata le percentuali cumulate degli addetti all’industria e degli addetti complessivi, si ottiene una curva che quanto più si avvicina alla diagonale tanto più denota un’equa distribuzione delle attività industriali tra i comuni della provincia. E’ il caso della curva del 2001. Al contrario, quanto più si discosta dalla diagonale tanto più indica attività industriali concentrate in pochi comuni, come nella curva del 1951.
Fig. 6 - DINAMICA DEGLI ADDETTI NELL’INDUSTRIA 1991-2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 7 - DINAMICA DELL’ OCCUPAZIONE NELL'INDUSTRIA PER COMUNE
Variazioni percentuali Superficie popolazione residente
2001 Addetti industria
Quoziente di localizzazione
industriale comuni
Kmq V.A. densità
(ab./Kmq) 51 - 61 61 - 71 71 - 81 81 - 91 91 - 01 2001 ACQUASPARTA 79,58 4527 57 40,1% 75,3% -29,2% -17,4% 51,5% 0,82 ALLERONA 82,21 1822 22 185,5% -50,6% 28,0% 2,9% -35,5% 0,99 ALVIANO 23,81 1508 63 319,2% -54,1% 48,0% 33,8% 46,5% 1,42 AMELIA 132,55 11073 84 22,8% 60,2% -13,7% 23,2% -16,8% 1,05 ARRONE 40,98 2696 66 -30,9% 20,3% 47,2% -27,8% 33,1% 1,19 ATTIGLIANO 10,45 1700 163 -77,5% 80,0% 89,7% 9,5% -44,9% 1,07 AVIGLIANO UMBRO 51,32 2378 46 22,3% -9,6% 33,6% 9,4% -7,5% 1,07
BASCHI 68,31 2649 391276,7
% -89,2% 283,3% -47,6% -5,1% 1,05 CALVI DELL'UMBRIA 45,75 1830 40 110,5% -13,7% 27,5% 43,2% 2,4% 1,19 CASTEL GIORGIO 42,35 2162 51 -50,9% 30,0% 23,1% -32,8% 10,5% 0,81 CASTEL VISCARDO 26,25 3047 116 -5,9% 95,4% 16,1% 8,7% 39,1% 1,54 FABRO 34,33 2699 79 -1,0% 51,0% -74,9% 36,8% 33,0% 0,77 FERENTILLO 69,61 1904 27 -1,0% -64,8% 57,6% 130,8% 10,0% 1,25 FICULLE 64,80 1682 26 -17,3% -34,2% 114,5% -33,1% 0,0% 1,08 GIOVE 15,19 1791 118 40,2% 54,2% -17,2% -0,8% -36,1% 0,66 GUARDEA 39,30 1795 46 92,9% -2,6% -25,8% -13,8% 30,3% 1,27 LUGNANO IN TEVERINA 29,68 1606 54 0,0% 36,5% 9,8% 44,7% 2,2% 1,49 MONTECASTRILLI 62,43 4620 74 22,3% -9,6% 33,6% 36,0% 20,2% 1,49 MONTECCHIO 48,99 1747 36 34,2% 26,5% 37,9% -42,1% -6,1% 0,93 MONTEFRANCO 10,13 1262 125 -12,2% 37,2% 20,3% 84,5% -45,8% 1,02 MONTEGABBIONE 51,21 1241 24 40,0% 126,1% 6,3% 18,8% -19,2% 1,38 MONTELEONE DI ORVIETO 23,85 1629 68 17,5% 40,4% 37,9% 12,1% -2,0% 1,24 NARNI 197,86 20070 101 8,8% 8,0% 24,6% -18,2% -16,4% 1,42 ORVIETO 281,16 20705 74 2,0% 45,0% 4,8% 11,4% -1,4% 0,79 OTRICOLI 27,27 1831 67 -31,7% 279,0% 20,9% -41,6% -27,8% 1,03 PARRANO 39,89 579 15 -21,4% 45,4% 137,5% -28,9% -13,0% 1,34 PENNA IN TEVERINA 9,97 1045 105 -4,4% -23,2% 22,2% 11,4% 83,7% 1,40 POLINO 19,46 267 14 -62,5% 166,6% -37,5% -40,0% 0,0% 0,37 PORANO 13,54 1774 131 48,8% -25,0% 41,7% -2,9% 12,1% 1,06 SAN VENANZO 168,86 2295 14 -1,8% 128,3% 45,5% -10,5% -25,7% 1,46 SANGEMINI 27,58 4510 164 25,8% 80,1% 51,8% 4,0% -16,6% 1,26 STRONCONE 71,38 4414 62 186,5% 323,4% -4,8% -30,4% 35,4% 1,44 TERNI 211,90 105018 496 1,2% 15,9% -1,8% -30,3% -0,8% 0,91
Provincia di Terni 2121,95 219876 104 8,0% 17,9% 4,7% -19,9% -3,0%
Fonte: ISTAT, Censimento Industria e Servizi – Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 8 - CURVA DI LORENZ
anno 1951 anno 2001
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
130
3132
238
3318253
14729196222
21517
41115920101627
241
0 % 1 0 % 2 0 % 3 0 % 4 0 % 5 0 % 6 0 % 7 0 % 8 0 % 9 0 %
0 %
1 0 %
2 0 %
3 0 %
4 0 %
5 0 %
6 0 %
7 0 %
8 0 %
9 0 %
1 0 0 %
R ig a 31 11 7
1 83 1323
232 72 1261 63 0132 25 91 46
72 9
4 8252 021 9
3 311 0
1 Castel Viscardo 12 San Gemini 23 Otricoli 2 Lugnano in Teverina 13 Ferentillo 24 Montefranco 3 Montecastrilli 14 Monteleone d'Orvieto 25 Allerona 4 San Venanzo 15 Arrone 26 Montecchio 5 Stroncone 16 Calvi dell'Umbria 27 Terni 6 Alviano 17 Ficulle 28 Acquasparta 7 Narni 18 Attigliano 29 Castel Giorgio 8 Penna in Teverina 19 Avigliano Umbro 30 Orvieto 9 Montegabbione 20 Porano 31 Fabro 10 Parrano 21 Amelia 32 Giove 11 Guardea 22 Baschi 33 Polino
Fonte: ISTAT, Censimento Industria e Servizi – Elaborazione AUR, 2005
2.1.2. La dismissione industriale come esito dei processi in atto
Le grandi trasformazioni sociali, tecnologiche ed economiche degli ultimi decenni hanno modificato il sistema produttivo nel suo complesso e hanno contribuito alla formazione della dismissione industriale. Nel sistema industriale della conca ternana, le aree dismesse di origine industriale sono interpretabili come il frutto del declino industriale del sistema produttivo e al tempo stesso appaiono il risultato dei processi di ristrutturazione produttiva, all’interno della quale il trasferimento dell’industria verso le periferie urbane è stato strategico allo sviluppo dell’impresa. Nei comuni di Terni e Narni continua il processo di dismissione con eventi anche recentissimi (fig.9) mentre negli altri comuni, il processo di dismissione è appena iniziato e riguarda in misura più modesta le attività industriali. Sempre Terni e Narni presentano la maggior parte dei siti dismessi e non ancora riutilizzati della provincia (16 siti su 23), relativi ad attività industriali e artigianali, per una superficie complessiva di oltre 1.100.000 m2 di e un volume edificato di circa 1.300.000 m3 (fig.10).
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Fig. 9 - FREQUENZA DELLE AREE INDUSTRIALI E ARTIGIANALI ATTUALMENTE DISMESSE PER ANNO DI DISMISSIONE DELL’ATTIVITA’
0% 10% 20% 30% 40% 50%
Amelia
Arrone
Narni
Otricoli
Penna in Teverina
Sangemini
Terni
prima del 1971dal 1972 al 1981dal 1982 al 1991dal 1992 al 2001dopo il 2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 10 - SUPERFICI E VOLUMI ATTUALMENTE DISMESSI PER SETTORE DI ATTIVITA’
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)Superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
volume (m3)superficie totale (m2)
Acquasparta
Allerona
Amelia
Arrone
Calvi
Castel Viscardo
Guardea
Lugnano in Tev.
Narni
Orvieto
Otricoli
Parrano
Penna in Tev.
Sangemini
Terni
agricolturaartigianatoindustriaservizi
Settore attività svolta
100.000 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000 800.000 900.000
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
40
2.1.3. La mancata diffusione dei servizi alla produzione: un fattore indiretto di dismissione industriale nei comuni rurali
I servizi per la produzione (terziario intermedio, cioè strumentale + avanzato) costituiscono una componente importante dello sviluppo industriale dei territori, soprattutto nell’attuale contesto di globalizzazione economica. Tuttavia, nei comuni della provincia di recente industrializzazione, non si è verificata la diffusione di tali attività qualificate, che continuano invece a concentrarsi nel Comune di Terni, seguito da Orvieto come polo secondario del terziario intermedio. La presenza modesta del terziario intermedio nei comuni rurali induce a interpretare la diffusione spaziale dell’industria, di cui si è detto nel paragrafo precedente, come valorizzazione industriale incerta. Infatti, i bassi livelli del quoziente di concentrazione del terziario intermedio (figg. 11 e 12) nei comuni rurali investiti dall’industrializzazione, denotano la difficoltà dei sistemi produttivi locali di produrre autonomamente i servizi alla produzione. In altri termini, l’analisi del terziario intermedio rende evidente la fragilità produttiva dei territori investiti dalla proliferazione industriale. La qual cosa presenta indubbi legami con la vivace natalità e mortalità delle imprese e pertanto con i casi seppure modesti di dismissione industriale nei territori in questione. Questa stessa presenza, benché modesta di terziario intermedio, dimostra peraltro il ruolo svolto da alcuni territori come poli minori di aggregazione territoriale. Quelli che meglio denotano questa funzione sono Acquasparta, Amelia, Fabro, e Attigliano. Degno di nota è Acquasparta che, a fronte di un basso numero di residenti, presenta un quoziente di localizzazione del terziario intermedio di poco inferiore a Terni e a Orvieto, rivelando la capacità di stabilire sinergie con Todi, Massa Martana e altri comuni dell’area centro-meridionale della Provincia di Perugia e pertanto di proporsi come polo di una rete di centri di frontiera. Peraltro, tale fenomeno sembra interessare anche alcuni comuni dell’alto orvietano, organizzati in piccoli sistemi che coinvolgono l’area marscianese.
Fig. 11 - QUOZIENTE DI LOCALIZZAZIONE TERZIARIO INTERMEDIO ANNO 2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
41
Fig. 12 - QUOZIENTE DI LOCALIZZAZIONE TERZIARIO INTERMEDIO ANNO 2001
Popolazione residente 2001
Terziario 2001
Terziario strumentale
2001
Terziario avanzato2001
Terziario Intermedio
(strum.+ avanz.) 2001
Quoziente di localizzazione
terziario intermedio comuni
V.A. densità
ab./Kmq addetti %
residenti addetti%
residenti addetti%
residenti addetti %
residenti 2001 ACQUASPARTA 4527 57 578 12,77% 133 2,94% 105 2,32% 238 5,26% 1,05 ALLERONA 1822 22 116 6,37% 18 0,99% 12 0,66% 30 1,65% 0,54 ALVIANO 1508 63 97 6,43% 23 1,53% 14 0,93% 37 2,45% 0,60 AMELIA 11073 84 1096 9,90% 213 1,92% 190 1,72% 403 3,64% 0,80 ARRONE 2696 66 193 7,16% 36 1,34% 21 0,78% 57 2,11% 0,56 ATTIGLIANO 1700 163 162 9,53% 42 2,47% 18 1,06% 60 3,53% 0,79 AVIGLIANO UMBRO 2378 46 190 7,99% 19 0,80% 40 1,68% 59 2,48% 0,65 BASCHI 2649 39 234 8,83% 26 0,98% 37 1,40% 63 2,38% 0,53 CALVI DELL'UMBRIA 1830 40 122 6,67% 20 1,09% 17 0,93% 37 2,02% 0,56 CASTEL GIORGIO 2162 51 181 8,37% 20 0,93% 19 0,88% 39 1,80% 0,55 CASTEL VISCARDO 3047 116 200 6,56% 38 1,25% 27 0,89% 65 2,13% 0,43 FABRO 2699 79 546 20,23% 77 2,85% 67 2,48% 144 5,34% 0,70 FERENTILLO 1904 27 116 6,09% 9 0,47% 12 0,63% 21 1,10% 0,33 FICULLE 1682 26 92 5,47% 4 0,24% 19 1,13% 23 1,37% 0,41 GIOVE 1791 118 192 10,72% 26 1,45% 13 0,73% 39 2,18% 0,56 GUARDEA 1795 46 134 7,47% 19 1,06% 18 1,00% 37 2,06% 0,50 LUGNANO IN TEV. 1606 54 100 6,23% 10 0,62% 16 1,00% 26 1,62% 0,35 MONTECASTRILLI 4620 74 331 7,16% 61 1,32% 77 1,67% 138 2,99% 0,59 MONTECCHIO 1747 36 142 8,13% 10 0,57% 10 0,57% 20 1,14% 0,33 MONTEFRANCO 1262 125 94 7,45% 12 0,95% 12 0,95% 24 1,90% 0,57 MONTEGABBIONE 1241 24 62 5,00% 7 0,56% 11 0,89% 18 1,45% 0,42 MONTELEONE DI ORV. 1629 68 91 5,59% 7 0,43% 10 0,61% 17 1,04% 0,35 NARNI 20070 101 2121 10,57% 522 2,60% 390 1,94% 912 4,54% 0,67 ORVIETO 20705 74 4170 20,14% 627 3,03% 1063 5,13% 1690 8,16% 1,03 OTRICOLI 1831 67 107 5,84% 14 0,76% 12 0,66% 26 1,42% 0,53 PARRANO 579 15 34 5,87% 0 0,00% 9 1,55% 9 1,55% 0,42 PENNA IN TEV. 1045 105 62 5,93% 7 0,67% 7 0,67% 14 1,34% 0,36 POLINO 267 14 14 5,24% 1 0,37% 0 0,00% 1 0,37% 0,21 PORANO 1774 131 90 5,07% 10 0,56% 15 0,85% 25 1,41% 0,59 SAN GEMINI 4510 164 488 10,82% 145 3,22% 93 2,06% 238 5,28% 0,88 SAN VENANZO 2295 14 145 6,32% 30 1,31% 33 1,44% 63 2,75% 0,65 STRONCONE 4414 62 359 8,13% 57 1,29% 39 0,88% 96 2,17% 0,40 TERNI 105018 496 20066 19,11% 4051 3,86% 5890 5,61% 9941 9,47% 1,19
Provincia di Terni 219876 104 32725 14,88% 6294 2,86% 8316 3,78% 14610 6,64%
Fonte: ISTAT, Censimento Industria e Servizi – Elaborazione AUR, 2005
2.1.4. La nuova distribuzione spaziale dei pesi demografici e la dismissione dei servizi alla popolazione Secondo il censimento ISTAT, nel 2001 la popolazione della provincia ammonta a 219.876 abitanti di cui 105.018 residenti nel Comune di Terni e 20.070 nell’attiguo Comune di Narni, con una concentrazione demica nei due comuni della conca pari al 57% della popolazione provinciale.Il secondo comune per dimensione demografica è Orvieto (20.705 ab.) che supera di poco Narni. La restante parte della popolazione è diffusa in piccoli centri. Ventinove dei trentatrè comuni della provincia contano meno di 5000 abitanti e di questi 18 sono al di sotto dei 2000. La dinamica della popolazione residente, calcolata per periodi intercensuari tra il 1951 e il 2001 (figg. 13 e 14), consente di considerare in crescita consolidata i comuni nei quali la popolazione residente cresce almeno dal 1971, in declino consolidato quelli nei quali la popolazione residente diminuisce almeno dal 1971, in crescita recente i comuni che ultimamente aumentano i propri valori dopo un periodo di declino, in declino recente quelli che, dopo un lungo periodo di crescita registrano un’inversione di tendenza, e ad andamento incerto i casi con ripetute alternanze o con variazioni nell’ultimo periodo inferiori all’1%.
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Ferma restando una flessione generalizzata della popolazione a livello provinciale del 1,4%, rispetto al censimento del 1991, appare evidente il declino recente dell’area ternana (cui fa riscontro l’incremento dei comuni di San Gemini e Stroncone), quello di minore entità di Orvieto (in relazione con l’incremento di Porano e Castel Viscardo) e il declino demografico consolidato di gran parte dell’orvietano e della Valnerina. È altresì evidente la crescita recente che lega i comuni centrali della provincia seguendo l’asse Alviano - Acquasparta, a ulteriore conferma della presenza in quest’area di sinergie e dinamiche comuni. Il decremento demografico dell’area urbana di Terni non assume i toni della deurbanizzazione e tanto meno della controurbanizzazione, ma probabilmente è interpretabile come suburbanizzazione, che nel caso specifico si manifesta come spostamento della popolazione dal centro verso la periferia, ivi comprese le frange più estreme ricadenti nei comuni limitrofi. Tale fenomeno è solo parzialmente documentabile con informazioni statistiche, per mancanza di dati disaggregati a livello intraurbano riferibili a più scadenze censuali. Un indicatore indiretto della nuova distribuzione spaziale dei pesi demografici è il trasferimento dei servizi personali, sanitari, finanziari e culturali, vale a dire dei servizi alla popolazione. Questi, infatti, negli ultimi decenni hanno modificato il proprio modello localizzativo disperdendosi nelle aree periferiche, in linea con la suburbanizzazione della popolazione. Un fattore importante di spinta è stata come si diceva la necessità di assicurare un servizio omogeneo sul territorio in grado di corrispondere alla nuova distribuzione spaziale dei pesi demografici, ma è da considerare anche la spinta esercitata sui servizi sociali dalla congestione delle aree centrali e dalla mancanza di spazi adeguati. Di fatto, ne è derivato l’abbandono dei siti originari nell’area urbana centrale.
Fig. 13 - DINAMICA DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE – ANNO 1951/2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 14 - DINAMICA DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE – ANNO 1951/2001
Superficie popolazione residente 2001 Variazioni percentuali popolazione residente
comuniKmq V.A. densità
(ab./Kmq) 51 - 61 61 - 71 71 - 81 81 - 91 91 - 2001
ACQUASPARTA 79,58 4527 57 -6,7% -6,4% -1,1% -4,9% 2,2%ALLERONA 82,21 1822 22 -12,3% -21,4% 0,1% 6,6% 0,2%ALVIANO 23,81 1508 63 -5,3% -0,8% -7,8% 1,2% 7,9%AMELIA 132,55 11073 84 -4,9% -5,5% 2,6% 2,0% -1,2%ARRONE 40,98 2696 66 -17,2% -12,9% 1,7% 3,0% -1,9%ATTIGLIANO 10,45 1700 163 4,9% 9,0% 2,9% -1,5% 2,2%AVIGLIANO UMBRO 51,32 2378 46 -10,4% -12,8% -32,7% 3,7% 2,7%BASCHI 68,31 2649 39 -14,4% -18,8% -7,8% -1,3% -1,9%CALVI DELL'UMBRIA 45,75 1830 40 -15,5% -23,4% -9,5% -5,5% 0,4%CASTEL GIORGIO 42,35 2162 51 -5,0% -17,3% -0,2% -0,2% -3,2%CASTEL VISCARDO 26,25 3047 116 -6,8% -5,5% 0,0% 6,4% 7,7%FABRO 34,33 2699 79 -3,4% -7,1% 9,8% 2,3% -3,8%FERENTILLO 69,61 1904 27 -16,5% -13,7% -1,0% -4,0% -5,0%FICULLE 64,80 1682 26 -13,8% -30,6% -20,0% -4,4% 0,8%GIOVE 15,19 1791 118 -8,3% -15,8% 10,3% 7,9% 7,5%GUARDEA 39,30 1795 46 -3,5% -17,8% -6,0% -2,3% 5,0%LUGNANO IN TEVERINA 29,68 1606 54 -8,9% -15,9% -0,2% -1,1% 0,4%MONTECASTRILLI 62,43 4620 74 -10,4% -12,8% -32,7% 8,1% 6,2%MONTECCHIO 48,99 1747 36 -15,3% -21,9% -6,0% -1,7% -1,7%MONTEFRANCO 10,13 1262 125 -14,0% -4,8% -1,1% 6,3% 2,9%MONTEGABBIONE 51,21 1241 24 -13,6% -25,7% -11,3% -6,1% -1,8%MONTELEONE DI ORVIETO 23,85 1629 68 -12,2% -20,8% -8,8% -1,4% 1,4%NARNI 197,86 20070 101 2,7% -3,2% 0,3% -1,5% -1,8%ORVIETO 281,16 20705 74 2,7% -7,4% -1,6% -6,3% -3,3%OTRICOLI 27,27 1831 67 -15,6% -9,9% 1,7% -1,4% 3,2%PARRANO 39,89 579 15 -23,7% -33,9% -19,7% -11,1% -6,9%PENNA IN TEVERINA 9,97 1045 105 -6,5% -18,9% 8,7% 8,6% 3,9%POLINO 19,46 267 14 -3,1% -14,6% -10,8% -4,2% -11,0%PORANO 13,54 1774 131 -10,8% -14,2% -4,9% 50,4% 11,5%SAN GEMINI 27,58 4510 164 1,5% 1,3% 7,3% 10,7% 6,7%SAN VENANZO 168,86 2295 14 -25,6% -29,0% -14,0% -1,6% -1,3%STRONCONE 71,38 4414 62 -13,6% -7,7% 7,1% 3,8% 3,8%TERNI 211,90 105018 496 12,6% 12,5% 4,3% -3,0% -3,0%
Provincia di Terni 2121,95 219876 104 0,9% -0,8% 1,7% -1,6% -1,4%
Fonte: ISTAT, Censimento Popolazione – Elaborazione AUR, 2005
2.1.5. Dall'azienda agricola produttiva all'impresa polifunzionale. La dismissione agricolaI processi di ristrutturazione dell’agricoltura consentono di tracciare la geografia della dismissione agricola nella provincia e di avanzare ipotesi sulla reversibilità dei processi di abbandono. L’emigrazione che alla fine degli anni ’60 ha svuotato la collina e la montagna agricola, l’incerto tentativo di ripresa della grande proprietà in chiave di azienda a salariati, la mancanza di una adeguata diffusione dell’innovazione agricola, la meccanizzazione e la conseguente concentrazione dell’agricoltura nelle aree migliori, l’inarrestabile contrazione della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) e le difficoltà dell’impresa contadina di acquisire competitività hanno creato nell’ultimo mezzo secolo ripetute occasioni di abbandono delle sedi rurali sparse. Ad essere più colpite sono state le aree meno produttive o quelle nelle quali è meno facile utilizzare sistemi di coltivazione meccanizzata, oppure le aree dove la sottoutilizzazione dei terreni e dei manufatti edilizi è legata alla diffusione del part-time. Ultimamente, però queste stesse aree sono oggetto di profondi cambiamenti strutturali. Un esempio è dato dalla trasformazione dell’azienda produttiva agricola in azienda polifunzionale nella quale l’attività agrituristica costituisce un’opportunità di diversificazione della fonte di reddito, nonché di sostegno finanziario (grazie alle agevolazioni e ai canali di finanziamento istituiti). Questo
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processo di rivalorizzazione riguarda spesso le aree economicamente più svantaggiate, le quali, proprio in virtù della loro marginalità, presentano oggi caratteristiche di attrattività. A questo genere di ristrutturazione aziendale, negli ultimi anni si sta affiancando un’altra opportunità di valorizzazione e di recupero produttivo delle aree marginali. Infatti, sono proprio queste aree a offrire le migliori opportunità economiche per l’impianto di coltivazioni agricole a destinazione energetica, un settore economico in rapida evoluzione. Analizzando la dinamica delle aziende agricole nel decennio 1990 - 2000 (figg. 15 e 16) è possibile notare la netta contrapposizione tra l’area meridionale della provincia, in sostanziale contrazione del numero delle aziende e della SAU, e la parte settentrionale, a tendenza nettamente opposta. Ciò conferma lo sviluppo dell’agricoltura di qualità e della presenza agrituristica nell’area orvietana. L’aumento della superficie agricola utilizzata (SAU) in alcuni comuni (Monteleone di Orvieto, Montegabbione, Orvieto, Baschi e Acquasparta) dimostra anche la ritrovata vitalità del settore agricolo. In quest’area, le aziende agricole agrituristiche costituiscono una quota considerevole dell’offerta ricettiva. Non a caso, la pressione turistica media per comune, calcolata considerando la media giornaliera delle presenze dal 2000 al 2002 per 1000 abitanti residenti (figg. 17 e 18), è alta in tutta l’area, interessata anche da un notevole incremento delle aziende agricole. Probabilmente anche l’alta pressione turistica di Fabro, Parrano, Ferentillo, Montefranco, Polino e Calvi assume la veste del turismo verde. In questo contesto, eccezione fatta per Lugnano in Teverina, l’ambito amerino, tradizionalmente agricolo, denuncia una flessione della Sau che riguarda tutta la parte meridionale della provincia, ma che, nel caso specifico, sembra partecipare in minor misura alla rivalorizzazione dell’agricoltura attraverso il turismo verde. Il quadro delineato consente di cogliere le principali ragioni della dismissione agricola nella provincia, nonché permette di avanzare ipotesi sulla reversibilità dei processi di abbandono. Le sedi rurali sparse, che rappresentano la manifestazione più percepibile dell’abbandono agricolo, al punto da determinare un atteggiamento culturale diffuso nei confronti di tali insediamenti, a favore della loro conservazione e restauro, nonché della rifunzionalizzazione, sono le prime ad essere oggetto di recupero, nell’ottica della ristrutturazione dell’azienda agricola in impresa agrituristica, per il loro valore storico, in quanto testimonianze di antiche subculture e per la possibilità di declinare tale valore a favore dello sviluppo turistico.
Fig. 15 - DINAMICA NELL’AGRICOLTURA – ANNI 1990/2000
Aziende agricole Superficie Agricola Utilizzata (SAU)
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 16 - DINAMICA NELL’AGRICOLTURA – ANNI 1990/2000
1990 2000 variazione 1990-2000 comuni Aziende
agricole SAT SAU Aziende agricole SAT SAU Aziende
agricole SAT SAU
ACQUASPARTA 373 5732,83 3171,08 432 6564,67 3355,34 16% 15% 6% ALLERONA 235 5561,45 2726,85 232 5109,12 2333,49 -1% -8% -14%ALVIANO 399 1910,73 1271,21 406 1911,45 1186,86 2% 0% -7% AMELIA 1270 12215,80 6327,51 1178 10709,45 5732,08 -7% -12% -9% ARRONE 424 3296,76 1368,56 358 2979,12 994,01 -16% -10% -27%ATTIGLIANO 199 822,60 710,17 173 1053,44 844,26 -13% 28% 19% AVIGLIANO UMBRO 292 4702,76 2452,17 385 5183,99 2398,39 32% 10% -2% BASCHI 631 4891,81 2187,71 753 4806,69 2356,15 19% -2% 8% CALVI DELL'UMBRIA 481 3995,82 2182,08 481 3968,71 2069,48 0% -1% -5% CASTEL GIORGIO 249 4385,26 3120,95 291 3805,68 2532,21 17% -13% -19%CASTEL VISCARDO 629 2441,87 1464,90 711 2370,37 1444,54 13% -3% -1% FABRO 399 3355,80 2071,25 310 2849,12 1613,19 -22% -15% -22%FERENTILLO 480 6073,10 2494,53 497 5749,92 2038,36 4% -5% -18%FICULLE 401 4724,75 2348,57 436 4657,66 2332,59 9% -1% -1% GIOVE 384 1124,28 763,50 380 1246,73 859,95 -1% 11% 13% GUARDEA 364 2240,22 1169,96 412 2444,08 1113,55 13% 9% -5% LUGNANO IN TEVERINA 374 2481,86 1359,90 433 2567,91 1408,51 16% 3% 4% MONTECASTRILLI 554 5919,50 4318,34 474 5557,97 4144,98 -14% -6% -4% MONTECCHIO 585 4461,43 2111,42 688 4153,12 1966,91 18% -7% -7% MONTEFRANCO 159 606,82 371,16 254 670,08 441,61 60% 10% 19% MONTEGABBIONE 151 3807,23 1466,18 264 4662,62 1938,30 75% 22% 32% MONTELEONE DI ORV. 344 2233,14 1264,80 349 2657,50 1492,00 1% 19% 18% NARNI 1694 15078,95 9304,74 1723 12379,96 7911,28 2% -18% -15%ORVIETO 1604 22277,57 12390,93 1987 24430,83 13447,50 24% 10% 9% OTRICOLI 352 2148,02 1122,73 314 2228,72 1173,22 -11% 4% 4% PARRANO 123 3393,54 1077,14 113 3509,48 1383,21 -8% 3% 28% PENNA IN TEVERINA 225 926,22 571,92 219 889,64 675,51 -3% -4% 18% POLINO 72 2011,00 663,46 62 1862,65 694,49 -14% -7% 5% PORANO 101 1281,57 964,93 94 1137,13 724,47 -7% -11% -25%SAN GEMINI 292 1971,69 1618,07 220 2305,97 1847,07 -25% 17% 14% SAN VENANZO 254 17094,13 4275,27 348 18119,13 3998,56 37% 6% -6% STRONCONE 853 6776,92 3772,71 819 6571,51 3201,26 -4% -3% -15%TERNI 3962 16875,62 8536,49 3247 14542,26 6958,09 -18% -14% -18%
Provincia di Terni 18909 176821,05 91021,19 19043 173656,68 86611,42 1% -2% -5%
Fonte: ISTAT, Censimento Agricoltura – Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 17 - PRESSIONE TURISTICA MEDIA – ANNI 2000/2002
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 18 - PRESENZE TURISTICHE E PRESSIONE TURISTICA MEDIA ANNUA 2000 - 2002
Superficie Popolazione residente 2001
Presenze turistiche
2000
Presenze turistiche
2001
Presenze turistiche
2002 comuni
Kmq V.A. densità (ab./Kmq) V.A. V.A. V.A.
Presenze turistiche
giornaliere medie 2000 - 2002
Pressione turistica media annua
2000 - 2002
ACQUASPARTA 79,58 4527 57 46257 39602 33524 109,03 24,08 ALLERONA 82,21 1822 22 1718 2006 3593 6,68 3,67 ALVIANO 23,81 1508 63 14005 10468 6637 28,41 18,84 AMELIA 132,55 11073 84 24072 30986 31340 78,90 7,13 ARRONE 40,98 2696 66 7528 20238 12563 36,83 13,66 ATTIGLIANO 10,45 1700 163 16214 16346 21418 49,29 29,00 AVIGLIANO UMBRO 51,32 2378 46 1776 4111 6389 11,21 4,71 BASCHI 68,31 2649 39 9042 13358 16717 35,72 13,49 CALVI DELL'UMBRIA 45,75 1830 40 10113 9671 5539 23,13 12,64 CASTEL GIORGIO 42,35 2162 51 1688 416 320 2,21 1,02 CASTEL VISCARDO 26,25 3047 116 1750 2035 2262 5,52 1,81 FABRO 34,33 2699 79 28090 38661 46193 103,15 38,22 FERENTILLO 69,61 1904 27 18111 32742 16711 61,70 32,41 FICULLE 64,80 1682 26 9486 10978 10230 28,03 16,67 GIOVE 15,19 1791 118 1365 1724 1823 4,49 2,50 GUARDEA 39,30 1795 46 1079 730 1296 2,84 1,58 LUGNANO IN TEVERINA 29,68 1606 54 697 1046 748 2,27 1,42 MONTECASTRILLI 62,43 4620 74 1917 4324 4131 9,47 2,05 MONTECCHIO 48,99 1747 36 10679 10603 9991 28,56 16,35 MONTEFRANCO 10,13 1262 125 11276 18249 4914 31,45 24,92 MONTEGABBIONE 51,21 1241 24 2174 1435 2004 5,13 4,13 MONTELEONE DI ORV. 23,85 1629 68 2600 4541 6132 12,12 7,44 NARNI 197,86 20070 101 88720 88802 55944 213,21 10,62 ORVIETO 281,16 20705 74 187021 187826 200343 525,29 25,37 OTRICOLI 27,27 1831 67 2534 4115 4052 9,77 5,34 PARRANO 39,89 579 15 2270 3018 2794 7,38 12,75 PENNA IN TEVERINA 9,97 1045 105 48 70 45 0,15 0,14 POLINO 19,46 267 14 6409 5329 5038 15,32 57,38 PORANO 13,54 1774 131 836 1238 1231 3,02 1,70 SAN GEMINI 27,58 4510 164 19255 21103 16414 51,85 11,50 SAN VENANZO 168,86 2295 14 13655 18116 21539 48,68 21,21 STRONCONE 71,38 4414 62 10855 15804 13936 37,07 8,40 TERNI 211,90 105018 496 226381 228382 210171 607,25 5,78
Provincia di Terni 2121,95 219876 104 779621 848073 775982 2195 9,98
Fonte: ISTAT, Censimento Industria e Servizi – Elaborazione AUR, 2005
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2.2. LE AREE DISMESSE NELLA PROVINCIA DI TERNI Come già rilevato nell’introduzione metodologica, la difficoltà di conseguire una valutazione quantitativa della dismissione risiede nell’assenza a tutt’oggi di parametri di individuazione o di verifica ufficiali. Per cui si è imposta, in prima istanza, la necessità di pervenire alla formulazione di una metodologia di quantificazione che fosse rispondente a criteri di affidabilità e che, nel contempo, consentisse l’aggiornamento dei dati sulle aree dismesse contenuti nella ricerca “Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni: condizioni e fattori per il recupero”, pubblicata nel 1989. La disponibilità di uno studio antecedente di 15 anni, con una dettagliata raccolta di informazioni sui siti all’epoca dismessi, è sembrata infatti l’occasione da non perdere per ricostruire la dinamica evolutiva della dismissione sul territorio provinciale.Il primo passo è stato quello di fissare una definizione di area dismessa congruente con gli obiettivi di cui si è detto e alla quale rapportarsi nel corso della rilevazione empirica. La nozione operativa che si è adottata ha ripreso necessariamente la definizione fissata nell’89, la quale interpreta le aree dismesse come spazi edificati e non, tuttora materialmente presenti nel territorio, i quali in un passato recente o lontano hanno ospitato attività di trasformazione e/o produzione e/o di servizio e che siano stati interessati dalla cessazione delle attività senza che vi fosse alcuna sostituzione delle stesse, oppure con sostituzioni parziali e comunque non idonee alle caratteristiche locali. Rispetto però alla ricerca dell’89, si è deciso di innalzare la soglia minima dimensionale dei siti da censire, soprattutto in considerazione della scarsa rilevanza rivestita dalle aree di piccole dimensioni per le politiche dello sviluppo locale. La soglia prescelta, che è stata fissata intorno a valori pari a 3.000 m2 di superficie coperta e 10.000 m2 di superficie fondiaria, ha permesso di escludere episodi di dismissione poco significativi, quasi sempre frutto del normale avvicendamento delle attività produttive e/o legate ad attività di supporto. Ciò peraltro non ha precluso l’inserimento di aree che, pur essendo al di sotto della soglia dimensionale, sono state considerate rilevanti per l’analisi. Si fa riferimento in particolare alle sedi storiche. E’ ovvio che in presenza di aree alle quali si riconosce il valore di bene culturale la rilevanza per le politiche di governo del territorio esula da qualsiasi considerazione dimensionale e risiede nel significato assunto dal sito nel sistema delle relazioni territoriali del passato. Si tratta di sedi che da tempo costituiscono oggetto di schedatura e di studio a cura del Catalogo Regionale dei Beni culturali e degli uffici Beni culturali delle singole amministrazioni comunali. E’ pertanto a tali catalogazioni, onde evitare inutili sovrapposizioni, che si rimanda per informazioni sulle permanenze storiche, utili alle politiche di recupero per non comprometterne la leggibilità. Sulla base di queste considerazioni preliminari, è stata condotta l’indagine empirica, articolata in due fasi. Nella prima, è stata effettuata l’informatizzazione dei risultati conseguiti nella precedente ricerca in merito alla descrizione dei siti censiti. In particolare i database e le cartografie redatte nel 1989, ai fini della realizzazione delle successive elaborazioni, sono stati georeferenziati con coordinate metriche Gauss-Boaga, in formato GIS (Geographic Information System). Subito dopo, si è proceduto all’acquisizione delle informazioni necessarie per aggiornare l’inventario delle aree dismesse rilevate nello studio dell’89. Sono state individuate le aree censite all’epoca e ne è stata valutata la condizione odierna, in relazione alla persistenza o meno dello stato di dismissione, all’eventuale nuova attività ed ai tempi e modalità della rifunzionalizzazione. Allo scopo è stata redatta una scheda con cui sono state aggiornate le 312 aree dismesse rilevate nella precedente ricerca. Nella seconda fase dell’indagine sono state censite e analizzate le aree attualmente dismesse. Per rilevare il nuovo inventario, e nel contempo consentire l’aggiornamento del vecchio, è stata condotta un’inchiesta a tappeto presso gli uffici tecnici delle amministrazioni comunali, le organizzazioni di categoria, i consorzi delle aree industriali, le comunità montane, gli uffici della
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Provincia di Terni e della Regione Umbria. Inoltre è stata effettuata una capillare consultazione dei piani regolatori comunali, di piani e progetti redatti dai comuni per il recupero delle aree, di progetti di fabbricazione, di programmi complessi, nonché di cartografie catastali, Carta Tecnica Regionale e carta IGM. L’inchiesta è stata condotta anche attraverso ripetuti sopralluoghi da parte dei ricercatori allo scopo di verificare lo stato e la consistenza delle aree, nonché per realizzare un archivio fotografico dei siti. Nei casi, peraltro usuali, di proprietà privata delle aree è stato necessario ottenere permessi di accesso all’area, talora con difficoltà, e richiedere interviste ai proprietari, spesso restii a concederle. Le 46 aree dismesse così individuate sono state oggetto di nuova schedatura, utilizzando informazioni provenienti dalla pianificazione, dalla documentazione e dalla bibliografia raccolta, dalle interviste a testimoni privilegiati e dalle indagini sul terreno. Le schede raccolte in appendice contengono informazioni raccolte nel corso dell’indagine condotta tra aprile 2004 e febbraio 2005. Esse tengono conto, oltre che del modello di scheda dell’89, anche di modelli utilizzati per altri contesti. Ovviamente tale scheda è stata personalizzata in relazione agli obiettivi del presente lavoro ed alla disponibilità dei dati. Una visione d’insieme della dinamica evolutiva del fenomeno della dismissione in ambito provinciale tra il 1989 e il 2004 e al tempo stesso un quadro riassuntivo del lavoro svolto ai fini dell’aggiornamento dei dati e del nuovo inventario sono riportati nel diagramma di seguito esposto (fig.19); da esso si evince che più della metà dei siti rilevati nell’89 sono stati riutilizzati. Questo dato giustifica da solo le motivazioni alla base della ricerca, volta ad esplorare le dinamiche del recupero delle aree dismesse e a valutare l’apporto di tali dinamiche alla costruzione di processi di sviluppo locale.
Fig. 19 - AREE DISMESSE NELLA PROVINCIA DI TERNI
145
312
46
10 157
0 50 100 150 200 250 300 350
siti ricerca 1989
aggiornamento al 2004
siti rilevanti al 2004
dismessi parzialmente riutilizzati riutilizzati
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.1. Le aree dismesse nella ricerca del 1989
Nell’indagine dell’89 la scheda di rilevamento si configurava come un contenitore di informazioni dirette a costruire indicatori sull’entità e distribuzione spaziale delle aree dismesse ed a valutare il peso esercitato dai caratteri dei siti e del contesto territoriale su ipotetiche rifunzionalizzazioni. I risultati conseguiti hanno consentito di ricostruire la geografia delle aree dismesse in ambito provinciale, sinteticamente riassunta nel grafico e tabella di seguito riportate (figg. 20 e 21).
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Su un totale di 312 siti censiti, il carico di disattivazione maggiore, per consistenza numerica e per volumetrie interessate, si concentrava nella conca ternana, vale a dire nei comuni di Terni (29.2%) e Narni (17,6%).
Fig. 20 - AREE DISMESSE AL 1989 - RIPARTIZIONE PER COMUNE
0102030405060708090
100
Acq
uasp
arta
Alle
rona
Alv
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rano
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ino
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San
gem
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Str
onco
ne
Ter
ni
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005
Fig. 21 - AREE DISMESSE AL 1989 - RIPARTIZIONE PER COMUNE (valori assoluti e composizione percentuale di riga)
Comune numero percentuale Comune numero percentuale Terni 91 29,2% Montegabbione 2 0,6% Orvieto 62 19,9% Polino 2 0,6% Narni 55 17,6% Allerona 1 0,3% Amelia 40 12,8% Alviano 1 0,3% Acquasparta 9 2,9% Arrone 1 0,3% Otricoli 7 2,2% Attigliano 1 0,3% San Venanzo 7 2,2% Castel Giorgio 1 0,3% Ficulle 6 1,9% Fabro 1 0,3% Lugnano in Teverina 5 1,6% Montecastrilli 1 0,3% Ferentillo 4 1,3% Montecchio 1 0,3% Stroncone 4 1,3% Montefranco 1 0,3% Sangemini 3 1,0% Parrano 1 0,3% Castel Viscardo 2 0,6% Penna in Teverina 1 0,3% Guardea 2 0,6% TOTALE 312 100%
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005
Nei Comuni di Terni e Narni, tra gli anni ’40 e 70, il declino industriale e il superamento dei fattori di insediamento urbano delle industrie, come già rilevato, hanno favorito la dismissione della grossa industria di vecchio insediamento. Successivamente, a partire dagli anni ’70, la crisi della centralità urbana ha coinvolto nell’abbandono altre attività, come i servizi sanitari e culturali, vecchi mercati e infrastrutture obsolete. Nel contempo, l’emigrazione massiva che alla fine degli anni ’60 ha determinato lo svuotamento delle aree agricole di collina, l’incerto tentativo di recupero dei suoli con la conduzione a salariati e la fragilità del tessuto industriale dei comuni rurali, interessati a partire dagli anni ’70 dalla diffusione delle attività produttive, hanno offerto nuove occasioni di disattivazione (fig. 22). Tra i comuni interessati, si notano per la consistenza numerica delle disattivazioni il Comuni di Orvieto (19.9%) e di Amelia (12,8%) (fig. 21).
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Fig. 22 - AREE DISMESSE AL 1989 - I PERIODI DELLE DISMISSIONI NEI PRINCIPALI COMUNI
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35%
Terni
Orvieto
Narni
Amelia
prima del 1951dal 1952 al 1961dal 1962 al 1971dal 1972 al 1981dal 1982 al 1987
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005
La ripartizione delle sedi dismesse per attività svolta prima della dismissione (figg. 23 e 24) ha messo in evidenza l’abbandono prodottosi in agricoltura, (37%), particolarmente presente, come si evince dalla carta della distribuzione dei siti dismessi per settori di attività (fig. 25), nell’orvietano ed in subordine nel narnese-amerino. Un altro settore fortemente coinvolto dalla dismissione è stato quello dei servizi (29%), riguardante principalmente esercizi alberghieri, scuole, edifici religiosi e uffici sanitari, ubicati in contesti urbani. Quanto alla dismissione nell’industria (17%), questa ha interessato i poli produttivi storici (Terni e Narni) con sedi di elevata consistenza volumetrica. La dismissione di attività artigianali (14%) ha riguardato prevalentemente mulini da olio e da grano, il cui abbandono appariva strettamente connesso con i cambiamenti tecnologici avvenuti negli anni ’70 nei sistemi di trasformazione dei prodotti agricoli. Poiché l’analisi della consistenza numerica delle sedi dismesse per settore di attività tende ad oscurare l’ampiezza e la volumetria delle sedi, la ricerca dell’89 ha svolto anche un esame del fenomeno secondo la superficie e i volumi interessati, per il quale si rimanda al testo originale.
Fig. 23 - AREE DISMESSE AL 1989 - RIPARTIZIONE PER SETTORI DI ATTIVITA’
artigianato14%
agricoltura37%
commercio3%
industria17%
servizi29%
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 24 - AREE DISMESSE AL 1989 - RIPARTIZIONE PER SETTORI DI ATTIVITA’
(valori assoluti e composizione percentuale di riga)Settore di attività numero percentuale
artigianato 43 14% agricoltura 117 38% commercio 9 3% industria 54 17% servizi 89 29%
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione AUR, 2005
Fig. 25 - DISTRIBUZIONE DELLE AREE DISMESSE AL 1989 E SETTORI DI ATTIVITA’
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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2.2.2. Aggiornamento della ricerca del 1989 L’aggiornamento della ricerca dell’89 è stato condotto attraverso la compilazione della scheda articolata nelle voci principali riportate nella tabella di seguito (fig. 26).
Fig. 26 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE AL 1989 - PRINCIPALI DATI
UTILIZZO ATTUALE Dismessa Parzialmente Riutilizzata Riutilizzata CONSISTENZA superficie coperta (m2) superficie scoperta (m2) superficie totale (m2) volume (m3)
RILEVANZA DEL SITO Bassa Alta COORDINATE METRICHE Gauss Boaga
ATTIVITA’ ATTUALE Tipo Settore Anno di inizio PROPRIETA’
PROGETTO DI RIUTILIZZO FONDI UTILIZZATI
Fonte: Elaborazione AUR, 2005 Le informazioni raccolte, come già detto, hanno consentito di individuare quali delle aree censite come dismesse nell’89, siano state, in questi ultimi 15 anni, riutilizzate (interamente o parzialmente), se per iniziativa privata o pubblica, mediante quali progetti e con quali fondi, da quanto tempo sono state recuperate e quale sia l’attuale consistenza. Allo scopo di localizzare geograficamente i siti, sono state calcolate le coordinate metriche per ciascuno di essi; ciò ne ha permesso l’inserimento nel supporto GIS. I risultati sono riportati nella tabella di figura 27 e nelle schede riportate in Appendice (A).
Come si desume dalla figura 28, il 47% delle aree censite come dismesse nel 1989 risulta ancora dismesso, mentre il 53% è oggi interamente (50%) o parzialmente riutilizzato (3%).
Fig. 28 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE NEL 1989 - STATO ATTUALE
Riutilizzate50%
Dismesse47%
Parzialmente Riutilizzate
3%Fonte: Elaborazione AUR, 2005
La disaggregazione dei dati a livello comunale (figg. 29, 30 e 31) consente di individuare i comuni dove si è proceduto in misura maggiore alla rifunzionalizzazione delle aree dismesse, presumibilmente in relazione al dinamismo delle aree e alle politiche intraprese. Si distingue la conca ternana con elevati valori di riutilizzo, a Terni sono stati recuperati 65 siti (corrispondenti al 71% dei siti ternani), 33 a Narni (coincidenti con il 60% dei siti narnesi), e 22 ad Orvieto, pari al 35% dei casi locali.
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Fig. 29 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE NEL 1989 – DISTRIBUZIONE TERRITORIALE E STATO
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 30 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE NEL 1989 - RIPARTIZIONE PER COMUNE
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Acqu
aspa
rta
Alle
rona
Alvi
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Sang
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i
Stro
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e
Tern
i
num
ero
RIUTILIZZATI PARZIALMENTE RIUTILIZZATI DISMESSI
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 31 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE NEL 1989 - RIPARTIZIONE PER COMUNE
(valori assoluti e composizione percentuale di riga)RIUTILIZZATI PARZIALMENTE RIUTILIZZATI DISMESSI TOTALE Comune
numero percentuale numero percentuale numero percentuale Terni 65 71% 6 7% 20 22% 91 Orvieto 22 35% - - 40 65% 62 Narni 33 60% 2 4% 20 36% 55 Amelia 4 10% - - 36 90% 40 Acquasparta 4 44% - - 5 56% 9 Otricoli 7 100% - - - - 7 San Venanzo 1 14% - - 6 86% 7 Ficulle 5 83% - - 1 17% 6 Lugnano in Teverina 1 20% - - 4 80% 5 Ferentillo 2 50% - - 2 50% 4 Stroncone 4 100% - - - - 4 Sangemini - - 1 33% 2 67% 3 Castel Viscardo - - - - 2 100% 2 Guardea 1 50% 1 50% - - 2 Montegabbione 1 50% - - 1 50% 2 Polino 2 100% - - - - 2 Allerona - - - - 1 100% 1 Alviano - - - - 1 100% 1 Arrone - - - - 1 100% 1 Attigliano 1 100% - - - - 1 Castel Giorgio - - - - 1 100% 1 Fabro 1 100% - - - - 1 Montecastrilli 1 100% - - - - 1 Montecchio 1 100% - - - - 1 Montefranco - - - - 1 100% 1 Parrano - - - - 1 100% 1 Penna in Teverina 1 100% - - - - 1 TOTALE 157 50% 10 3% 145 47% 312
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni, Arca Petrucci (1989) – Elaborazione AUR, 2005
55
Quanto alle attività con cui sono state riutilizzate le aree (pari al 53% del totale), lo scenario che risulta è riassunto nelle figure 32, 33 e 34, in cui sono state indicate, raggruppate per settori e per comune, le attuali attività e le relative percentuali, sia rispetto alle aree riutilizzate che al totale delle aree.
Fig. 32 - AGGIORNAMENTO DELLE AREE DISMESSE NEL 1989 - DISTRIBUZIONE ED ATTIVITA’ ATTUALE DELLE AREE RIUTILIZZATE
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 33 - AGGIORNAMENTO AREE DISMESSE NEL 1989 - SETTORI DI ATTIVITA’ DELLE AREE RIUTILIZZATE
(valori assoluti e composizione percentuale di riga)Settore di attività numero percentuale rispetto al totale delle aree numero percentuale rispetto alle aree riutilizzate
artigianato 10 3% 10 6% agricoltura 22 7% 22 13% commercio 35 11% 35 21% industria 5 2% 5 3% servizi 95 30% 95 57%
dismessi 145 47% - - TOTALE 312 100% 167 100%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
56
Fig. 34 - AREE DISMESSE NEL 1989 - RIPARTIZIONE PER SETTORI DI ATTIVITA’ DELLE AREE RIUTILIZZATE
servizi57%
industria3%
commercio21%
agricoltura13%
artigianato6%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Risulta chiaro dalla figura 34 che la rifunzionalizzazione è avvenuta mediante attività nel settore dei servizi (57%) e del commercio (21%). Sono invece molto basse le percentuali relative ad altri settori, in particolare l’industria, probabilmente in relazione alle difficoltà oggettive poste dal riuso di siti preesistenti, rispetto a quelli di nuova edificazione.
Fig. 35 - CONFRONTO TRA LA SITUAZIONE ANTECEDENTE ALLA DISMISSIONE E LA SITUAZIONE ATTUALE
Situazione antecedente alla dismissione Situazione attuale artigianato
14%
agricoltura37%
commercio3%
industria17%
servizi29% dismessi
47%
servizi30%
industria2%
commercio11%
agricoltura7%
artigianato3%
Fonte: Elaborazione AUR
Il confronto tra la situazione antecedente alla dismissione e l’attuale, per quanto concerne le attività coinvolte, (fig. 35), riflette i cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nell’economia della provincia, decisamente orientati verso lo sviluppo del terziario. Si nota infatti l’aumento del commercio (dal 3% al 11%) e la tenuta dei servizi (dal 29 al 30%), a fronte di una contrazione dell’artigianato, dell’industria e dell’attività agricola.
57
Fig. 27 - Tabella relativa all’aggiornamento della ricerca del 1989 (disponibile nella tasca interna in fondo al volume)
59
2.2.3. Le aree dismesse attuali
L’ultima fase dell’indagine è stata dedicata alla descrizione delle aree dismesse presenti a tutt’oggi nel territorio provinciale, effettuata attraverso la scheda tipo riassunta in figura 36. La tabella di figura 37 riassume le informazioni raccolte mentre le schede compilate sono riportate in Appendice (B).
Fig. 36 - AREE DISMESSE AL 2004 – PRINCIPALI DATI RIASSUNTI NELLA SCHEDA
IDENTIFICAZIONE Numero scheda Denominazione Comune Indirizzo LOCALIZZAZIONE Coordinate geografiche Coordinate metriche Riferimenti catastali
ETA’ Anno di costruzione
CONSISTENZA superficie coperta (m2) superficie scoperta (m2) superficie totale (m2) volume (m3)
STATO DI CONSERVAZIONE Buono Discreto Cattivo Rovine STRUTTURE Strutture verticali Tamponature Strutture orizzontali Coperture Manto di Copertura MATERIALI COSTITUENTI Cemento Altri leganti Pietra Metallo Laterizio Legno Vetro Peso Totale
INFRASTRUTTURE A RETE Allaccio fogna Captazione idrica Allaccio acqua CARATTERI DEL SEDIME Ambito territoriale Uso del Suolo Litologia PERICOLOSITA’ GEOLOGICA
Fasce di inondabilità
Rischio per inondabilità
Rischio per frana
Pericolosità per frana
AREE GIA' INDIVIDUATE COME INQUINATE nel Piano Ragionale di Bonifica
Anagrafe dei siti contaminati
Lista A1 Lista A2 Lista A3 Lista A4
PREGIO NATURALISTICO E ARCHEOLOGICO
Parco naturale
Sito di Interesse Comunitario
Sito di Interesse Regionale
Zona Protezione Speciale
Altre aree
CARATTERI TERRITORIALI-AMBIENTALI
VINCOLI Idrogeologico Fiumi, Torrenti etc Montagne sup. 1200 m usi civici RIUTILIZZO Progetto di riutilizzo Soggetti Proponenti Attività prevista Fondi DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.1. La consistenza numerica e la distribuzione spaziale Le 46 aree dismesse oggetto di schedatura, sono distribuite in 15 comuni della provincia (figg. 38, 39 e 40); la consistenza numerica maggiore, relativa a 23 aree, vale a dire il 50% del totale, è situata nei Comuni di Terni e Narni.
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Fig. 38 - AREE DISMESSE 2004 - RIPARTIZIONE PER COMUNE
0
2
4
6
8
10
12
14Ac
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Alle
rona
Amel
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Tern
i
num
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Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 39 - AREE DISMESSE AL 2004 - RIPARTIZIONE PER COMUNE (valori assoluti e composizione percentuale di riga)
Comune numero percentuale Comune numero percentuale Terni 13 28% Sangemini 3 7% Narni 10 22% Lugnano in Teverina 2 4% Orvieto 3 7% Parrano 2 4% Amelia 3 7% Arrone 1 2% Castel Viscardo 3 7% Allerona 1 2% Acquasparta 1 2% Otricoli 1 2% Calvi 1 2% Penna in Teverina 1 2% Guardea 1 2% TOTALE 46 100%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
61
Fig. 40 - AREE DISMESSE AL 2004 - DISTRIBUZIONE E NUMERO DI RIFERIMENTO DELLA SCHEDA
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.2. I periodi della dismissione Per quanto riguarda l’analisi relativa ai periodi della dismissione, i dati disponibili hanno consentito di ricostruire l’andamento temporale della dismissione, riassunto nelle figure 41 e 42 dalle quale si evince che il periodo di maggiore dismissione è stato il decennio 1972-1981, soprattutto per i comuni interessati dalle attività industriali, seguito dal decennio 1982-1991. Da notare che il periodo successivo al 2001 denota una ripresa del fenomeno.
Fig. 41 – FREQUENZA PER ANNO DI DISMISSIONE DELL’ATTIVITA’
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
dopo il 2001dal 1992 al 2001dal 1982 al 1991dal 1972 al 1981prima del 1971
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
62
Fig. 42 - FREQUENZA PER ANNO DI DISMISSIONE DELL’ATTIVITA’
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30%
Acquasparta
Allerona
Amelia
Arrone
Calvi
Castel Viscardo
Guardea
Lugnano in Teverina
Narni
Orvieto
Otricoli
Parrano
Penna in Teverina
Sangemini
Terni
prima del 1971dal 1972 al 1981dal 1982 al 1991dal 1992 al 2001dopo il 2001
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.3. Le attività dismesse L’analisi della distribuzione spaziale delle attività dismesse, raggruppate per settori, ha messo in evidenza come il settore maggiormente interessato dalla dismissione sia quello dell’industria (37%), seguito dall’agricoltura (33%) (fig.43). Le dismissioni industriali appaiono localizzate prevalentemente nel ternano-narnese, al contrario la dismissione agricola riguarda l’orvietano e l’amerino. La dismissione nel settore dei servizi, seppure percentualmente non consistente per entità numerica, ma rilevante per volumetria, si concentra nei comuni di Narni ed Orvieto (fig. 44).
Fig. 43 - AREE DISMESSE AL 2004 - RIPARTIZIONE PER SETTORI DI ATTIVITÀ
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
artigianato13%
agricoltura33%
commercio0%
industria37%
servizi17%
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Fig. 44 - AREE DISMESSE AL 2004 – DISTRIBUZIONE E SETTORI DI ATTIVITÀ
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.4. Le attività previste nei progetti di recupero I dati raccolti hanno permesso di individuare le aree dismesse per le quali è in essere o in corso di elaborazione un progetto di recupero, esse rappresentano il 34% del totale (17 su un totale di 46 aree dismesse).
Fig. 45 - AREE DISMESSE AL 2004 PER LE QUALI E’ DEFINITO IL RIUSO CONFRONTO TRA LE ATTIVITA’ DISMESSE E QUELLE PREVISTE
Attività antecedente alla dismissione Attività previste
agricoltura6%
servizi35%
industria e artigianato
59%
servizi88%
industria e artigianato
12%agricoltura
0%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Dal grafico della figura 45 emerge che l’attività preminente con cui vengono rifunzionalizzate le aree dismesse coincide con i servizi alla popolazione (88%) mentre solo il 12% riguarda attività industriali ed artigianali.
64
2.2.3.5. Le destinazioni di uso nello strumento urbanistico comunale Relativamente alle ipotesi di riuso delle aree dismesse, è stata effettuata l’individuazione delle previsioni di piano, contenute negli strumenti urbanistici vigenti. Tale analisi ha comportato la semplificazione e il raggruppamento delle destinazioni d’uso di piano, per renderle omogenee tra i diversi piani e soprattutto confrontabili con i settori delle attività dismesse. Dal confronto tra le attività precedentemente svolte nelle aree dismesse e le ipotesi di destinazioni d’uso previste, ripartite per territorio comunale (figg. 46 e 47) emergono alcuni elementi interessanti di riflessione. Ad esempio, il 50% delle aree dismesse era originariamente dedicato ad attività industriale e/o artigianale, oggi si prevede l’utilizzo ad analoga attività solo per il 25% delle aree, con una riduzione del 50%; anche l’agricoltura, subisce un dimezzamento mentre sono in forte espansione i settori dei servizi e turistico ricettivo che insieme rappresentano il 39% del totale contro il 17% delle precedenti attività; da rilevare anche come il 17% delle aree venga riconvertita ad uso residenziale.
Fig. 46 - CONFRONTO TRA LE ATTIVITA’ DELLE AREE DISMESSE AL 2004 E LE DESTINAZIONI DI USO NELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE
Attività antecedente alla dismissione Destinazioni di uso di piano
artigianato13%
agricoltura33%
commercio0%
industria37%
servizi17% Industriale Artigianale
25%
Agricolo15%
Servizi24%
Turistico Ricettivo15%
Residenziale17%
Centro storico4%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
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Fig. 47 - CONFRONTO TRA LE ATTIVITA’ DELLE AREE DISMESSE AL 2004 E LE DESTINAZIONI DI USO NELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE
Attività antecedente alla dismissione Destinazioni di uso di piano
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14
Acquasparta
Allerona
Amelia
Arrone
Calvi
Castel Viscardo
Guardea
Lugnano in Teverina
Narni
Orvieto
Otricoli
Parrano
Penna in Teverina
Sangemini
Terni
numero
industria e artigianato agricoltura servizi
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14
Acquasparta
Allerona
Amelia
Arrone
Calvi
Castel Viscardo
Guardea
Lugnano in Teverina
Narni
Orvieto
Otricoli
Parrano
Penna in Teverina
Sangemini
Terni
numero
Industriale artigianale Agricolo ServiziTuristico Ricettivo Residenziale Centro Storico
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
In particolare, i grafici di figura 48 indicano come, nel caso di Terni, il 46% di attività industriali ed artigianali dismesse ed il 15% di attività agricole, vengano, nelle ipotesi di piano, riconvertite in servizi, residenze e strutture turistico-ricettive. Analoga situazione si ha per Narni dove il 30% delle attività industriali-artigianali ed il 10% di servizi vengono riconvertiti in attività turistico-ricettive ed in residenze.
Fig. 48 - CONFRONTO TRA LE ATTIVITA’ DELLE AREE DISMESSE AL 2004 E LE DESTINAZIONI DI USO NELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE
Città di Terni
77%
8%
31%
8%
23%23%
31%
Industriale Artigianale Agricolo Servizi Turistico Ricettivo Residenziale
attività precedente destinazione uso PRG
66
60%
40%
20% 20%
30%30%
Industriale Artigianale Agricolo Servizi Turistico Ricettivo Residenziale
attività precedente destinazione uso PRG
Città di Narni
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.6. La dimensione areale e volumetrica Più interessante dell’analisi sulla consistenza numerica delle aree è l’esame delle superfici, ripartite in superfici coperte e superfici scoperte, e delle volumetrie degli edifici coinvolti.
Fig. 49 - AREE DISMESSE AL 2004 – CONSISTENZA
Superfici coperte Volumi
1.000-4.999 m249%
> 30.000 m25%
10.000-29.999 m27%
5.000-9.999 m27%
< 999 m232%
50.000-99.999 mc7%
>100.000 mc7%
10.000-49.999 mc
28%
3000-4999 mc30%
5.000-9.999 mc28%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Si può notare dalla figura 49, relativamente alle superfici, come l’81% delle aree presenti una superficie coperta inferiore ai 5000 m2, mentre solo il 12% ha una estensione superiore a 10000 m2. Per quanto riguarda i volumi il 7% delle aree dismesse ha una consistenza superiore ai 100.000 mc. Dalle tabelle che seguono in cui sono indicati i valori assoluti dei volumi e delle superfici, ripartiti per comune ed attività, (figg. 50 e 51), si evince che il vuoto volumetrico maggiore riguarda l’industria ed è connesso con le grandi dismissioni industriali della conca ternana. Il volume sensibilmente inferiore riguarda i servizi ed è legato alla dismissione dei grandi contenitori orvietani. Le volumetrie del settore agricolo si riferiscono a comuni piccoli come San Gemini o Castel Viscardo. La superficie disattivata più ampia riguarda Narni ed è legata al settore industriale.
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Fig. 50 - AREE DISMESSE AL 2004 VOLUME RIPARTITO PER COMUNE ED ATTIVITÀ (valori assoluti in mc)
Comune agricoltura artigianato industria servizi Totale Acquasparta 3.360 3.360Allerona 8.860 8.860Amelia 2.768 8.735 11.503Arrone 4.375 4.375Calvi 4.616 4.616Castel Viscardo 19.691 4.398 24.089Guardea 3.150 3.150Lugnano in Teverina 11.287 11.287Narni 3.780 605.573 55.595 664.948Orvieto 27.984 276.285 304.269Otricoli 8.100 8.100Parrano 5.625 3.804 9.429Penna in Teverina 6.000 6.000Sangemini 30.144 40.880 71.024Terni 17.650 8.850 679.869 706.369Totale 135.135 29.465 1.336.697 340.082 1.841.379
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Fig. 51 - AREE DISMESSE AL 2004 SUPERFICIE TOTALE RIPARTITA PER COMUNE ED ATTIVITÀ
(valori assoluti in m2) Comune agricoltura artigianato industria servizi Totale Acquasparta 944 944Allerona 17.510 17.510Amelia 7.000 1.248 8.248Arrone 5.350 5.350Calvi 1.154 1.154Castel Viscardo 4.132 504 4.636Guardea 350 350Lugnano in Teverina 4.084 4.084Narni 666 909.484 11.526 921.676Orvieto 6.713 54.480 61.193Otricoli 7.050 7.050Parrano 41.450 634 42.084Penna in Teverina 1.005 1.005Sangemini 20.000 33.100 53.100Terni 112.843 1.870 227.139 341.852Totale 216.180 10.834 1.176.078 67.144 1.470.236
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.7. Le strutture ed i principali materiali costituenti Per le aree dismesse, come per qualsiasi altro oggetto di studio, l’indagine sulla sostenibilità ambientale basata sulla contabilità dei flussi di materia attivati dall’uomo, deve innanzi tutto partire dall’analisi dello stato di fatto per poi valutare le probabili ipotesi di trasformazione. Qualsiasi ipotesi di recupero, dal restauro alla demolizione e ricostruzione totale, determina un flusso di materiali che interessa sia quelli interni all’area dismessa sia quelli esterni. Da qui l’importanza di determinare, per grandi categorie, i materiali da costruzione presenti nelle aree dismesse indipendentemente dallo stato di conservazione dei manufatti. A questo scopo è stato messo a punto un metodo di rilevamento che si è avvalso dell’indagine diretta e del reperimento e verifica delle informazioni esistenti su base cartografica. L’indagine sui materiali è stata effettuata con sopralluoghi che spesso hanno comportato il rilevamento dimensionale diretto. Le restanti informazioni circa gli elementi non visibili e le
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caratteristiche costruttive sono state dedotte considerando le tipologie costruttive tipiche dell’epoca di edificazione. Tramite foglio elettronico, risalendo ai dosaggi standard, sono stati separati i materiali fondamentali di cui sono costituiti gli elementi edilizi dei più diffusi sistemi costruttivi: � tipo di copertura: in acciaio, cemento armato o legno con relativi manti di copertura; � tipo di struttura portante: in acciaio, cemento armato e muratura; � tipo di solai: in muratura, laterizio, legno, acciaio, cemento armato (compresi alcuni tipi
caratteristici come S.A.P., volterrane, volte, solai Hannebique, ecc.); � tipo di fondazione; � altri elementi complementari della costruzione (rivestimenti, serramenti, elementi metallici,
ecc…).Successivamente, con sistemi parametrici, le informazioni qualitative e volumetriche sono state trasformate in quantità di materiali immobilizzati nei vari siti. Ne è derivata la tabella della figura 52 nella quale per ogni area viene indicato il peso totale dei manufatti edilizi presenti, espressi in tonnellate, nonché i pesi dei seguenti fondamentali materiali componenti: cemento (Portland o altri); altri leganti; pietra naturale; metallo; laterizio; legno e vetro; sono state inoltre segnalate anche eventuali coperture in fibrocemento-amianto.1Ognuno dei materiali sopra elencati ha determinati costi ambientali e specifiche opportunità di riciclaggio. Ad esempio i cementi, a differenza della calce, non hanno la capacità di riassorbire durante l’indurimento l’anidride carbonica emessa nella fase di cottura nei forni e quindi aggravano l’effetto serra. Il recupero di edifici in cemento armato può evitare l’impiego di altro cemento. I materiali delle demolizioni in pietra possono essere reimpiegati in sostituzione dei tradizionali inerti di cava. Il metallo e il vetro possono essere indirizzati verso le modalità di riciclaggio esistenti. La rilevazione dei materiali può dar luogo a molteplici valutazioni. Dalla semplice quantificazione del materiale potenzialmente recuperabile o riciclabile in caso di demolizione, all’indagine sulla sostenibilità ambientale basata sulla contabilità dei flussi di materia attivati. Si può dire che il costruito rappresenta di per se una risorsa indipendentemente dal valore storico-culturale e artistico del manufatto. Sono pochi i volumi costruiti con struttura metallica e molti quelli in calcestruzzo armato e in muratura tradizionale, in laterizio, pietra o tufo con solai in latero-cemento o in legno; sono stati rilevati oltre 27.000 m2 di coperture in fibrocemento-amianto per un peso complessivo stimato di 390 tonnellate. Il peso complessivo dei materiali impiegati è 556.000 t di cui 27.000 t di cemento, 3.100 t di altri leganti, 430.000 t di pietra naturale, 12.900 t di metallo, 75.500 t di laterizio, 3.600 t di legno, 183 t di vetro. Terni, Orvieto e Narni possiedono l’85% del peso dei materiali immobilizzati dell’intera provincia. Questa stima sarebbe risultata sensibilmente maggiore se fosse stato possibile reperire informazioni, sulla totalità degli edifici dismessi di Narni e Terni.
1 La complessità del rilevamento e l’inevitabile indeterminatezza di alcune situazioni può comportare un certo margine d’errore che però, dato l’elevato numero di edifici censiti, può considerarsi accettabile per le nostre finalità. Spesso si tratta di sottostime dovute all’impossibilità di verificare la consistenza di parti interrate ed elementi complementari non visibili dall’esterno. In alcuni casi non è stato possibile raggiungere o individuare con certezza i manufatti edilizi dismessi per cui risultano mancanti le informazioni di quantità e qualità dei materiali componenti due siti di Narni (22-ex Elettrocarbonium e 23-ex Enichem) e tredi Terni (42-ex Enichem, 43-ex Montedison, 44-ex Montedison impianto di depurazione), per una volumetria di 608.000 mc su un totale di 1.851.000 mc censiti.
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Fig. 52 - PESO DEI MATERIALI UTILIZZATI NEGLI EDIFICI DELLE AREE DISMESSE
(valori assoluti in ton)ID comune superficie volume peso totale cemento altri leganti pietra metallo laterizio legno vetro 1 Acquasparta 480 3360 1743,9 74,3 0,0 925,3 16,7 727,4 0,0 0,22 Allerona 2332 8862 4949,3 385,3 9,0 4006,4 208,8 338,5 0,0 1,33 Amelia 780 3120 2212,3 22,5 0,0 1982,8 0,4 62,4 143,9 0,34 Amelia 468 5615 2107,5 0,1 1,2 1883,0 2,3 120,0 100,4 0,65 Amelia 647 2768 1309,7 22,9 0,0 1226,1 12,0 11,6 32,4 0,06 Arrone 1093 4375 3211,7 303,2 3,1 2568,7 91,1 244,6 0,0 1,17 Calvi 1154 4616 2421,5 94,7 2,2 1644,4 13,2 666,6 0,0 0,38 Castel Viscardo 1482 10891 5746,0 94,8 16,6 4725,1 41,0 552,6 314,2 1,89 Castel Viscardo 504 4398 3808,0 307,8 10,6 2889,7 87,2 512,6 0,0 0,010 Castel Viscardo 900 8800 3647,7 25,9 5,2 2804,2 6,2 646,2 158,9 1,111 Guardea 350 3150 5936,3 124,4 0,0 5433,9 0,0 172,8 205,2 0,012 Lugnano in Teverina 1684 5557 3797,2 121,4 0,0 2518,3 30,0 1127,5 0,0 0,013 Lugnano in Teverina 1895 5730 5312,1 330,1 4,1 3615,1 85,2 1250,1 0,0 0,314 Narni 2331 31735 14770,2 956,0 58,6 11032,1 239,6 2316,7 164,4 2,815 Narni 602 4816 1964,4 17,3 4,2 1789,6 1,8 118,6 33,0 0,016 Narni 1482 14820 6622,9 85,9 7,2 5377,1 15,3 879,6 257,5 0,317 Narni 484 4224 2834,5 95,3 7,5 2354,2 11,1 365,6 0,0 0,718 Narni 1459 9000 3630,6 124,3 20,8 3140,8 82,2 230,3 31,6 0,619 Narni 540 3780 1955,3 46,7 1,6 1424,4 20,9 410,4 50,8 0,620 Narni 23000 99573 65569,6 2701,1 72,6 45340,3 895,9 16000,6 324,5 2,121 Narni 1000 9000 1802,7 117,7 0,0 1527,6 155,3 0,0 0,0 2,222 Narni 55000 440000 - - - - - - - -23 Narni 6000 48000 - - - - - - - -24 Orvieto 3714 27984 13617,4 110,1 20,2 12389,9 0,1 297,1 798,7 1,325 Orvieto 11656 250000 139508,3 1842,4 2059,7 111688,3 2969,7 19262,8 437,5 60,426 Orvieto 1545 26285 13453,1 1296,7 78,7 8835,9 383,1 2726,6 0,0 7,227 Otricoli 3714 18570 6530,4 437,1 30,2 5438,0 379,7 244,2 0,0 1,228 Parrano 1450 5625 4280,1 146,3 15,4 3714,8 25,8 377,3 0,0 0,529 Parrano 634 3804 2082,0 177,0 6,4 1509,7 63,8 306,9 0,0 0,030 Penna in Teverina 1005 6000 3272,5 323,9 6,1 2750,3 96,7 94,1 0,0 1,531 Sangemini 1230 4880 3358,2 35,4 7,4 2610,7 0,9 611,6 91,6 0,632 Sangemini 5024 30144 9229,3 163,3 8,8 8722,8 171,5 90,5 0,0 0,033 Sangemini 3000 36000 13880,4 1095,7 59,5 9979,8 445,6 2193,6 15,0 5,634 Terni 2471 29000 15889,2 71,7 116,8 10314,8 21,6 5040,5 309,4 14,435 Terni 550 3850 1778,8 16,0 3,8 1654,2 2,2 50,0 52,3 0,436 Terni 490 3500 2362,8 89,4 4,5 2030,7 24,3 213,4 0,0 0,437 Terni 2904 8712 5873,8 108,0 0,0 5675,8 17,4 0,0 72,6 0,038 Terni 63061 26132,1 2118,8 125,5 19774,3 734,7 3286,6 75,6 16,639 Terni 450000 136592,9 12377,7 298,7 106991,9 5251,3 11619,9 0,0 53,440 Terni 720 5000 2388,5 135,5 18,6 1753,7 22,3 456,7 0,0 1,741 Terni 1750 10500 4256,0 111,7 6,2 3017,8 93,4 1026,0 0,0 1,042 Terni 6726 53808 - - - - - - - -43 Terni 4000 40000 - - - - - - - -44 Terni 12000 24000 - - - - - - - -45 Terni 1282 9500 4501,3 417,5 18,3 3304,8 123,3 636,6 0,0 0,746 Terni 1200 5400 1677,4 171,8 10,5 1021,9 62,0 411,3 0,0 0,0 TOTALE 172.732 1.851.813 556018 27298 3120 431389 12906 75700 3669 183
Un ulteriore elemento valutato mediante le osservazioni in sito è lo stato di conservazione delle parti edificate delle aree dismesse, tale valutazione è stata ricondotta a quattro classi: buono; discreto; cattivo; rovine. Nella figura 53 è riportato lo stato di conservazione degli edifici dismessi, con riferimento sia al numero delle aree che ai volumi dell’edificato.
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Fig. 53 - AREE DISMESSE AL 2004 – STATO DI CONSERVAZIONE
Numero di aree Volume rovine
7%
cattivo17%
discreto56%
buono20%
buono9%
discreto80%
cattivo10%
rovine1%
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
L’indagine sullo stato di conservazione (fig. 54) rivela che la maggiore quantità di materiale è impiegato in immobili ancora in discreto stato situati prevalentemente nei comuni di Terni e Orvieto.Pochi risultano i siti in buono e in pessimo stato (rovine). Orvieto ha la maggior quantità di materiale in edifici in buono stato e Guardea registra il record negativo per gli edifici in rovina.
Fig. 54 - PESO DEI MATERIALI UTILIZZATI NEGLI EDIFICI DISMESSI DISTINTI PER STATO DI CONSERVAZIONE
STATO DI CONSERVAZIONE Comune buono discreto cattivo rovine Totale
Acquasparta 1.744 1.744Allerona 4.949 4.949Amelia 3.417 2.212 5.629Arrone 3.212 3.212Calvi 2.421 2.421Castel Viscardo 3.648 9.554 13.202Guardea 5.936 5.936Lugnano in Teverina 9.109 9.109Narni 1.803 26.183 69.200 1.964 99.150Orvieto 13.453 139.508 13.617 166.579Otricoli 6.530 6.530Parrano 6.362 6.362Penna in Teverina 3.272 3.272Sangemini 23.110 3.358 26.468Terni 2.388 181.396 17.668 201.453Totale complessivo 29.520 402.987 112.252 11.259 556.018
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
2.2.3.8. I caratteri territoriali ed ambientali Per procedere all’individuazione delle caratteristiche ambientali di ogni area dismessa è stato utilizzato il sistema GIS (Geografic Information Sistem) che, trattando dati provvisti di riferimento geografico (shape file), consente una precisa sovrapposizione di più tematismi riferiti al medesimo sistema di coordinate; tale procedura ha reso possibile una immediata lettura ambientale delle 46 aree dismesse censite. La scelta delle tematiche è stata effettuata in base all’esigenza di definire i principali assetti ambientali del territorio in cui ricade l’area dismessa: le caratteristiche dell’area di sedime, la
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pericolosità geologica del contesto in cui il sito risulta inserito, il pregio ambientale naturalistico archeologico dell’area e l’esistenza o meno di vincoli ambientali e paesaggistici. Per ognuna delle tematiche prescelte, viene di seguito fornita una breve descrizione, con indicazione della fonte, unitamente ai risultati ottenuti. Per quanto riguarda i caratteri del sedime in cui insiste l’area dismessa sono stati considerati ed analizzati gli ambiti territoriali omogenei, l’uso del suolo e la litologia di sedime, tematismi che forniscono rispettivamente indicazioni sulle caratteristiche geomorfologiche, podologiche e geologiche del territorio. Per Ambito Territoriale Omogeneo si intende una superficie geografica che presenta al suo interno caratteristiche fisiche omogenee (litologia, morfologia, idrologia superficiale e sotterranea ecc.). Sono stati presi a riferimento i 6 ambiti territoriali omogenei definiti dal Piano Urbanistico Territoriale della Regione Umbria così descritti: rilievi montuosi, sistemi alto collinari, aree basso collinari, aree pianeggianti, aree tabulari, specchi lacustri. Il risultato ottenuto (fig.55) è che il 39% delle aree dismesse della Provincia di Terni si colloca nelle aree pianeggianti, mentre il 35% nelle aree basso collinari. Tale concentrazione trova spiegazione nel fatto che sia le grandi aree industriali che le estensioni agricole sono localizzate prevalentemente nelle zone di fondovalle o, comunque, in prossimità di queste, lungo le pendici dei rilievi collinari.
Fig. 55 - AREE DISMESSE ED AMBITO TERRITORIALE
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Per quanto riguarda la valutazione dell’uso del suolo così da poter risalire al tipo di contesto, naturale o meno, in cui risulta inserita l’area dismessa è stata utilizzata la Carta dell’Uso del Suolo redatta dalla Provincia di Terni, nell’ambito del PTCP costituita dalle categorie descritte in figura 56.
Fig. 56 - CATEGORIE DI USO DEL SUOLO
A - Acqua B - Bosco B1 - Altre leccete B2 - Leccio - Roverella - Corbezzolo - Carpino
nero
B3 - Pino d'aleppo - Leccio B4 - Leccio
B5 - Cerro - Carpino nero B6 - Cerro - Roverella B7 - Farneto B9 - Rovere B10 - Roverella B11 - Resinose
mediterranee
B12 - Pino d'aleppo naturale
B13 - Coltivazioni legnose specializzate
B14 - Boschi puri o misti di altre conifere dei
piani montani e submontani
B15 - Altre formazioni a prevalenze di latifoglie
B16 - Boschi puri o prevalenza
B18 - Boschi puri o a prevalenza di castagno
B19 - Boschi puri o a prevalenza di faggio CF - Frutteto CO - Oliveto CV - Vigneto E - Edificato N - Area nuda
P - Pascolo SA - Seminativo arborato
SS - Seminativo semplice
Agglomerato produttivo locale Polo produttivo Area dismessa
Fonte: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Terni, 2000
In accordo con la distribuzione spaziale delle aree dismesse, concentrata prevalentemente negli ambiti territoriali di bassa quota (39% in aree pianeggianti e 35% in aree basso collinari), si rileva che il 70% dei siti si trova in aree antropizzate (edificato, produttivo ed aree dismesse) ed il 22% in aree agricole (fig.57).
35%
39%
7%
15% 4% aree basso collinariaree pianeggianti
aree tabularirilievi montuosisistemi alto collinari
72
Fig. 57 - AREE DISMESSE ED USO DEL SUOLO
Fonte: Elaborazione AUR, 2005
Per quanto riguarda la valutazione della litologia del substrato di sedime, è stata utilizzata la Carta Geolitologica redatta nell’ambito del PTCP che risulta costituita dalle classi litologiche descritte in figura 58.
Fig. 58 - CLASSI DI LITOLOGIA
CLASSI DI LITOLOGIA depositi antropici (Z) detrito (D)
copertura eluviale (E) depositi alluvionali (AL) e terrazzati (AT) travertini (T) complesso detritico sabbioso
(Sd) depositi vulcanici (V)
complesso detritico conglomeratici (Cd limi e sabbie (Lt) argille sabbiose (As) argille grigie (Ag) argille sabbiose marine
(Asm) conglomerati (C) sabbie (S) argille (AR) arenarie (6) marne ed arenarie (5)
marne e calcari marnosi (4)
formazione calcareo argillosa con ofioliti (UL)
calcari e calcari marnosi (3)
marne argillose e calcari marnosi (2) dolomie e calcari (1)
Fonte: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Terni, 2000
L’indagine ha rilevato che circa il 46% delle aree dismesse insiste sui depositi alluvionali; tale dato concorda con quanto precedentemente emerso, tenuto conto che i depositi alluvionali caratterizzano, generalmente, gli ambiti di fondovalle (aree pianeggianti) ed i lembi dei rilievi collinari (aree basso collinari). Solo quattro siti sono localizzati su terreni calcarei, in particolare quelli posti negli abitati di Narni ed Amelia. Inoltre, attraverso l’analisi dei tematismi di seguito descritti è stato valutato l’inserimento dei siti dismessi in aree a specifico grado di pericolosità e rischio idrogeologico. Per la Pericolosità per fasce di inondabilità ci si è riferiti alle perimetrazioni individuate dall’Autorità di Bacino del Tevere, nella redazione del Piano di Assetto Idrogeologico, localizzate lungo i reticoli idrografici superficiali, potenzialmente soggette ad inondazione, distinte secondo un diverso e decrescente grado di pericolosità: Fascia A; Fascia B e Fascia C. Dei sette siti che ricadono in aree di accertata pericolosità per inondabilità, ben sei risultano localizzati nel territorio ternano–narnese e solo uno nell’orvietano; tali aree risultano distribuite nelle diverse fasce di inondabilità del P.A.I. secondo quanto riportato nella tabella di figura 59. Per quanto riguarda le aree a rischio di inondabilità, l’Autorità di Bacino del Tevere, nella redazione del P.A.I., ha individuato e perimetrato le aree a rischio di inondabilità, del reticolo principale e secondario, distinte per livello di rischio: � R2 - area a rischio medio; � R3 - area a rischio elevato; � R4 - area a rischio molto elevato. Dei sei siti che ricadono nelle aree a rischio del P.A.I., cinque riguardano l’area ternano-narnese ed uno l’orvietano, da segnalare che l’area n.45 a Terni ricade in R4 del reticolo secondario. La loro distribuzione nelle zone a diverso livello di rischio è dettagliata nella tabella di figura 59.
70%
22%6% 2% 0% altre aree naturali
aree antropizzate
aree agricole
aree boscate
pascoli
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Fig. 59 - FASCE DI INONDABILITÀ ED AREE DI RISCHIO DI INONDABILITÀ
Comune ID Denominazione Fascia di inondabilità Area di rischio Narni 19 Mulino da grano B R3 Narni 20 Ex-Spea A - Narni 21 Capannone I.M.I. C R2 Narni 23 Polo chimico- Ex Enichem A R4 Orvieto 26 Edificio B R3 Terni 34 Lanificio Gruber C R2 Terni 41 Ex Fonderia Froscianti B - Terni 45 Gorini - R4
Fonte: PAI, Autorità di Bacino del Tevere, 2002 – Elaborazione AUR
Per la valutazione della Pericolosità per presenza di frana si è fatto riferimento alla Nuova Carta Inventario dei movimenti franosi redatta dal CNR – IRPI per conto della Regione Umbria, nella quale sono state individuate le aree in frana distinte secondo diverse tipologie: colata di detrito, crollo, scivolamento quiescente e attivo e scivolamento relitto e incerto. Solamente tre siti risultano localizzati in aree in cui è stata riconosciuta la presenza di dissesto gravitativo; nello specifico due aree (n.24 - Complesso “La Trinità” di Orvieto e n.29 - Terme di Parrano) ricadono in corrispondenza di aree in frana classificate come scivolamenti relitti e incerti, mentre l’altro (n.28 - Allevamento di Parrano) è situato in un’area interessata da uno scivolamento quiescente e attivo. Per la valutazione delle Aree a rischio di frana ci si è basati sulla perimetrazione delle aree soggette a rischio di frana, redatta dall’Autorità di Bacino del Tevere, nel P.A.I.. Sono state individuate quattro diverse e crescenti classi di rischio: � R1 - livello di rischio moderato; � R2 - livello di rischio medio; � R3 - livello di rischio elevato; � R4 - livello di rischio molto elevato. Una sola area dismessa (n. 28 - Allevamento nel comune di Parrano), appare contraddistinta da un livello di rischio elevato (R3). Un’ulteriore analisi ha consentito di verificare se ed, eventualmente, quali siti ricadano in particolari aree di pregio ambientale, naturalistico ed archeologico quali: Parco Naturale, Sito di Interesse Comunitario (SIC), Sito di Interesse Regionale (SIR), Zona a Protezione Speciale (ZPS), zona ad elevata diversità floristico vegetazionale, zona di interesse naturalistico e zona di interesse archeologico. Nell’ambito del territorio provinciale ricadono le tre Aree Naturali Protette (Melonta, San Venanzo e Selva di Meana - Allerona) ricomprese nel Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale - STINA, il Parco fluviale del Nera e parte del Parco fluviale del Tevere. Solo quattro aree dismesse sono localizzate all’interno delle aree parco e, nello specifico, tre aree (n.6 - Sanitas di Arrone, n. 38 - Società Umbra Prodotti chimici di Terni e n.46 - Capannoni per funghi di Terni) nel Parco fluviale del Nera ed una (n.11 - Essiccatoio tabacco di Guardea) nel Parco fluviale del Tevere. Per i Siti di Interesse Comunitario (SIC), individuati nella Provincia di Terni, solo un’area dismessa (n.11 - Essiccatoio tabacco di Guardea) risulta ricompresa nel SIC “Lago di Alviano” distinto dal codice IT5220011; peraltro tale area ricade anche nel Parco Naturale del Tevere. Nessuna area dismessa è compresa tra i Siti di Interesse Regionale (SIR), al contrario quattro aree dismesse ricadono nelle Zone a Protezione Speciale (ZPS), di queste tre (n.6 - Sanitas di Arrone, n. 38 - Società Umbra Prodotti chimici di Terni e n.46 - Capannoni per funghi di Terni) sono ricompresi all’interno della ZPS “Bassa Valnerina: Monte Fionchi - Cascata delle
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Marmore” con codice IT 5220025, peraltro già ricomprese nell’area del Parco del Tevere ed una (n.11 - Essiccatoio tabacco di Guardea) nella ZPS “Valle del Tevere: Laghi Corbara – Alviano” con codice IT 5220024, peraltro già ricompresa nel SIC e nel Parco del Tevere. Per quanto riguarda altre aree di pregio come le zone ad elevata diversità floristico vegetazionale, le zone di interesse naturalistico e le zone di interesse archeologico, sono cinque le aree dismesse (n.6 - Sanitas di Arrone, n. 38 - Società Umbra Prodotti chimici di Terni e n.46 - Capannoni per funghi di Terni, n.11 - Essiccatoio tabacco di Guardea, n.39 - Carburo di Calcio di Terni) ricadono nelle zone di elevata diversità floristico vegetazionale, mentre due (n.19 - Mulino di grano di Narni e n.27 - Capannoni di Otricoli) sono ubicate in zone di interesse archeologico. Infine, è stato acceratato se l’area in cui ricade un determinato sito dismesso, sia soggetta o meno ad uno specifico vincolo ambientale e paesaggistico. Per ciò che riguarda il Vincolo idrogeologico di cui al R.D. n.3267/23 e 1126/26 sono undici le aree dismesse che ne risultano interessate, come si evince dalla tabella di figura 60.
Fig. 60 - VINCOLO IDROGEOLOGICO
Comune ID Denominazione Vincolo Idrogeologico Allerona 2 Allevamento bovini e suini presenteArrone 6 Sanitas presenteCastel Viscardo 9 Fonti di Tiberio presenteLugnano in Teverina 12 Allevamento bovini presenteLugnano in Teverina 13 Podere Casanova presenteNarni 14 Colonia "Opera Pia di Donato” presenteNarni 17 Scuola "Iniasa" presenteOrvieto 24 Complesso "LaTrinità" presenteParrano 29 Terme presenteSangemini 31 Fornace Briziarelli presenteTerni 39 Carburo di Calcio presente
Fonte: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Terni, 2000 – Elaborazione AUR
La Provincia di Terni nel PTCP ha inoltre individuato e perimetrato le parti di territorio provinciale soggette ad alcuni vincoli paesaggistici contenuti nel D.L. 490/99, quali: fiumi torrenti corsi d’acqua, montagne superiore ai 1200 m e usi civici. E’ emerso che una sola area dismessa (n.4 - mulino Folignoli di Amelia) ricade in usi civici, nessuna nel vincolo paesaggistico in montagne di altezza superiore ai 1200 metri s.l.m.. sei aree dismesse invece ricadono nella categoria 1 di fiumi, torrenti e corsi d’acqua (n.6 - Sanitas di Arrone, n.11 - Essiccatoio tabacco di Guardea, n.18 - Cartiera Boscherini di Narni, n.19 - Mulino di grano di Narni, n.22 - Elettrocarbonium S.p.a di Narni e n.38 - Società Umbra Prodotti Chimici di Terni).
2.2.3.9. La bonifica delle aree inquinate Il problema della bonifica delle aree produttive dismesse si pone ormai come uno dei temi centrali delle politiche ambientali in quanto la bonifica diviene il passaggio fondamentale per il riutilizzo di aree deindustrializzate caratterizzate da un elevato degrado ambientale, sia per perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, sia per preservare i lavoratori e la popolazione residente dai rischi per la salute derivanti dall’inquinamento. Con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 395 del 13 luglio 2004 è stato approvato il Piano regionale per la bonifica delle aree inquinate della Regione Umbria e la Legge Regionale n. 14 del 21/07/04 concernente "Ripristino ambientale dei siti inquinati e disciplina del piano regionale di bonifica delle aree inquinate". Il piano contiene l’Anagrafe dei siti da bonificare,
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vale a dire l’elenco dei siti per i quali si ha la certezza di inquinamento cioè di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dall’allegato 1 del D.M. 471/99. Tale Anagrafe contiene per la Provincia di Terni, alla data del 31/12/02, n.8 siti contaminati di competenza privata (fig.61), per i quali sono già state avviate le procedure di bonifica e ripristino ambientale. Tra questi compare solo un’area dismessa, oggetto del presente lavoro, in particolare l’area n.23 Enichem di Nera Montoro-Narni.
Fig. 61 - AREE DA BONIFICARE DELLA PROVINCIA DI TERNI INSERITE NEL PIANO REGIONALE –Anagrafe dei siti
Sito Comune Sigla Enichem Spa – Stabilimento di Nera Montoro Narni TR001
Alcantara Spa Narni TR002 Area ex Agricoltura - Enichem Spa Narni TR003
Agip Petroli Ex deposito carburanti Via Campania Terni TR004 Lotto "e" - Enichem SPA Area ex PVC Terni TR005
Siderumbra Spa Narni TR006 ESSO Italiana Punto Vendita n. 5420 Narni TR007 ESSO Italiana Punto Vendita n. 5434 Ferentillo TR008
Fonte: Piano Regionale delle Aree Inquinate, Regione Umbria 2004
Nella lista denominata A1 sono inserite aree che presentano una contaminazione delle acque sotterranee captate anche per uso idropotabile; queste aree, in considerazione della valenza di pubblica utilità che contraddistingue le risorse idriche sotterranee, sono considerate di competenza pubblica e per esse si prevedono, sulla base di un ordine di priorità, specifiche azioni ed indagini di approfondimento volte ad individuare la fonte e l’estensione della contaminazione indicando altresì la stima dei costi necessari all’effettuazione delle indagini e alla successiva bonifica. Nella Lista A1 non sono inserite aree in Provincia di Terni. La proposta di piano inoltre individua un insieme di siti (Lista A2) per i quali si ha forte presunzione di contaminazione ma per i quali non è ancora accertato il superamento dei valori di concentrazione limite accettabili (fig.62). Per essi si prevede che i responsabili dell’eventuale pericolo di inquinamento, ovvero i proprietari, conducano o completino gli accertamenti preliminari volti a dimostrare l’eventuale superamento dei valori di concentrazione limite accettabili o la condizione di non inquinamento del sito.
Fig. 62 - AREE DA BONIFICARE DELLA PROVINCIA DI TERNI INSERITE NEL PIANO REGIONALE - Lista A2
Sigla Sito Proprietà Comune Descrizione
TR011 Grillofer Privata Terni Attività di rottamazione autorizzata in essere TR012 Ex discarica Polymer Pubblica Terni Interramento di residui di lavorazione industria chimica TR013 Ex discarica Maratta 1 Privata Terni Deposito incontrollato di rifiuti speciali TR015 Ex discarica Maratta 2 Privata Terni Interramento fanghi industriali TR017 Area ASM Pubblica Terni Discarica ante D.P.R. 915/82 di RSU e altri rifiuti TR009 Vocabolo Fiore 1 Privata Terni In passato attività di rottamazione Ex deposito scorie e terre di fonderia TR010 Vocabolo Fiore 2 Privata Terni Ex deposito scorie e terre di fonderia TR014 Lago ex-cava Sabbione Privata Terni Deposito incontrollato di RU
TR020 Discarica Campo Sportivo Casteltodino Pubblica Montecastrilli Deposito incontrollato di RSU e altri rifiuti
TR016 Termica Narni Privata Narni Area industriale interna al polo chimico di Nera Montoro - Notifica ex art. 9 D.M. 471/99: Approvato piano di caratterizzazione ad iniziativa del proprietario
Fonte: Piano Regionale delle Aree Inquinate, Regione Umbria 2004
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Nella Lista A2 non sono inserite aree dismesse oggetto del presente lavoro. I siti per i quali è stata presentata notifica di inquinamento ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 del D.M. 471/99 sono invece stati raggruppati in una lista denominata Lista A3 (fig.63) e per essi si prevede l’obbligo di attivare la procedura di bonifica entro 6 mesi dalla data di approvazione del Piano Regionale.
Fig. 63 - AREE DA BONIFICARE DELLA PROVINCIA DI TERNI INSERITE NEL PIANO REGIONALE - Lista A3
Sigla Sito Proprietà Comune Descrizione
TR021 ESSO Italiana Srl, Ditta Giove Service Snc, Km 481+119 A1 RM/MI Privata Giove Potenziale inquinamento da idrocarburi
TR002 Alcantara Spa Privata Narni Inquinamento falda e sottosuolo da trielina
Fonte: Piano Regionale delle Aree Inquinate, Regione Umbria 2004
Nella proposta di piano è stata inoltre individuata una lista denominata lista A4 di “aree vaste” potenzialmente interessate da criticità ambientali (fig. 64). Si tratta di aree sulle quali insistono importanti comparti industriali caratterizzati da diverse tipologie di attività, alcune delle quali ritenute potenzialmente contaminanti anche in relazione alla pericolosità delle materie prime utilizzate nei cicli produttivi. Per esse si propongono specifiche azioni di monitoraggio volte ad acquisire ulteriori informazioni in merito alla qualità ambientale delle stesse.
Fig. 64 - AREE DA BONIFICARE DELLA PROVINCIA DI TERNI INSERITE NEL PIANO REGIONALE - Lista A4
Sito Comune SiglaPolo Chimico di Terni Terni TR022Polo Chimico di Nera Montoro Narni TR023Zona Industriale di Narni (Area SGL-Carbon e Sommer) Narni TR024Area industriale dismessa in Località Collestatte Piano (Area ex SNIA Viscosa ed ex Carburo) Terni TR025
Fonte: Piano Regionale delle Aree Inquinate, Regione Umbria 2004
Nella Lista A4 sono inserite sei aree dismesse, oggetto del presente lavoro, in particolare l’area n.33 – ex SNIA e SUPC di Collestatte di Terni, l’area n. 23 – ex. Enichem di Nera Montoro, l’area n.39 – Carburo di Calcio di Papigno, peraltro già inserito nei Siti da Bonificare di Interesse Nazionale e le aree nn.42, 43 e 44 del polo chimico di Terni.
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Fig. 37 - Tabella contenente i dati relativi alle aree dismesse 2004 (disponibile su tasca interna in fondo al volume)
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3. I SISTEMI LOCALI TERRITORIALI (SLoT) E LE DINAMICHE DELLO SVILUPPO LOCALE
3.1. I PROGETTI DI TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO COME STRUMENTI DI INDIVIDUAZIONE DI POSSIBILI SLoT L’analisi dei progetti di trasformazione del territorio è il passo obbligato per individuare eventuali SLoT all’interno della provincia e pertanto per identificare in prima approssimazione i possibili territori dello sviluppo locale. Occorre premettere che nell’esame dei progetti si è operata una selezione ed una schedatura di quelli ritenuti più significativi, in quanto a soggetti coinvolti, a relazioni attivate e a prese sul milieu. Inoltre, sono stati considerati solo i progetti approvati (coperti finanziariamente e la cui attivazione fosse in qualche modo verificabile), oppure già attuati e che hanno costruito aggregazioni di comuni e reti di attori a scala sovracomunale (Appendice: Griglie dei progetti di trasformazione territoriale). L’inventario dei progetti, piani o programmi proposti dai soggetti locali o a cui essi partecipano, che sono emersi dalle interviste effettuate a responsabili di organizzazioni pubbliche e private locali, ha messo in luce un quadro multiforme, composto da una pluralità di progetti distinguibili per: a) complessità progettuale (alcuni si configurano come progetti matrice nel senso che collegano una pluralità di progetti minori, altri appaiono come progetti-rete dove singoli progetti locali sono collegati a progetti sovralocali, altri sono progetti minori), b) per ambito interessato (alcuni progetti hanno un ambito limitato ad aree specifiche, altri come i progetti matrice si riferiscono a territori più vasti), c) tipologie di attori. Alcuni mettono in rete molteplici attori, pubblici e privati, altri costruiscono reti minime. Inoltre, l’inventario dei progetti, come si evince dalla tabella descrittiva (fig.65), ha rilevato:
� una indiscutibile ricchezza di iniziative che si è andata intensificando a mano a mano che ci avviciniamo ad anni recenti. Nel ternano-narnese, il processo di costruzione della rete locale e il riconoscimento progressivo del territorio come milieu, finalizzato alla trasformazione delle potenzialità in risorse avviene per fasi, in cui gradualmente si passa dalla rappresentazione industriale del territorio alle nuove rappresentazioni dell’area e alla nascita e sviluppo della componente endogena della territorializzazione;
� il progressivo affermarsi della cultura della cooperazione attraverso progetti come il Prusst, Pit, Leader Plus, Agenda 21 e Patti territoriali;
� la nascita di una nuova consapevolezza da parte degli attori, pubblici e privati, delle potenzialità del milieu. Giova ricordare che le potenzialità del milieu possono essere trasformate in risorse solo nel momento in cui vengono riconosciute come tali dagli attori locali;
� il ruolo centrale della Provincia e dei Comuni di Terni, Narni e Orvieto nel proporre idee e progetti, nel fare sistema, nella capacità tecnica di portarli avanti, nel superare i conflitti, nel tenere i contatti con il mondo esterno, nel cogliere le opportunità offerte da questo, nel consolidare i rapporti tra pubblico e privato e nel coinvolgere attori tradizionalmente esclusi;
� la nascita di nuovi soggetti territoriali che hanno elaborato progettualità locali (parchi, consorzi, musei del territorio, fondazioni, istituti di ricerca e osservatori)
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3.2. L’INVENTARIO DEI PROGETTI DI TRASFORMAZIONE TERRITORIALE: DALLE POLITICHE DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE ALLA PROGETTUALITA’ LOCALE L’inventario della progettualità locale è stato realizzato attraverso interviste a testimoni privilegiati, per lo più responsabili o referenti di organizzazioni pubbliche o private, con il supporto di un questionario elaborato ad hoc dal gruppo di lavoro. Il censimento ha rilevato in tutta la provincia di Terni 52 progetti di trasformazione territoriale e 40 progetti di riconversione delle aree dismesse, testimonianza di un’ampia e multiforme progettualità e della ricchezza di iniziative che si è andata intensificando negli anni recenti. In particolare, la partecipazione crescente a specifici programmi comunitari, nazionali, regionali ha premiato la realizzazione di progetti spesso caratterizzati da originalità e creatività, capaci di aggregare in modo organico sperimentazione metodologica ed operativa, attitudine all’integrazione, qualità progettuale, impiego di strumenti finanziari innovativi e adozione di forme gestionali efficaci, attenzione ai bisogni delle comunità insediate e lungimiranza dell’azione politica. La progettualità locale si dimostra pertanto ampia e multiforme, capace di attivare reti di attori complesse e inedite, nelle quali il ruolo delle istituzioni è importante nel favorire la diffusione e il rafforzamento di visioni e proposte di sviluppo integrato e sostenibile del territorio. Per valutare meglio la progettualità locale, la presente analisi intende confrontare il panorama descrittivo dei progetti più significativi con le grandi famiglie di politiche territoriali che si esprimono a tutti i livelli scalari attraverso le grandi azioni di programmazione e il sistema della finanza territoriale al fine di evidenziare eventuali collegamenti. In riferimento al territorio provinciale, il Patto per lo Sviluppo dell’Umbria sottoscritto nel 2002, individua “la cornice strategica e unitaria di tutti gli atti di programmazione con particolare riferimento ai programmi a valere sui fondi comunitari e agli strumenti della programmazione negoziata”1 insieme al Documento Annuale di Programmazione regionale 2003-2006 che ne rappresenta la modalità applicativa e al Piano Urbanistico Territoriale quale "piano delle regole" che, attraverso specifiche normative e prescrizioni cartografiche, costituisce il riferimento fondamentale per i piani locali. La relazione del PUT (2000) definisce come obiettivo principale del piano lo sviluppo regionale sostenibile in una prospettiva di compatibilità con i caratteri ambientali del territorio e di valorizzazione dei contesti culturali e sociali. Rientrano nella tipologia di programmi collegati con le politiche di sviluppo citate i PIC - Programmi di Iniziativa Comunitaria (Urban, Equal, Resider, Interreg e Leader), il DocUP 2000-2006, il POR - Programma Operativo Regionale per l’Umbria Ob. 3 2000-20062, i Prusst, i Pit, le Agende 21, i Piani di Sviluppo Rurale, ecc. Il sistema della finanza territoriale rappresenta il complemento di tale programmazione territoriale poiché consente di coniugare le risorse normative con quelle finanziarie premiando i programmi “innovativi” che richiedono alle amministrazioni locali di attivare dinamiche volte allo sviluppo locale e sostenibile attraverso gli strumenti della programmazione negoziata, in una ottica di connessione di scelte
1 Si veda in particolare: Regione Umbria, Documento Annuale di Programmazione, 2003-2005, pp. 52-53. 2 Il Programma Operativo Regionale per l’Umbria, Ob. 3 2000-2006 è stato approvato dalla Commissione Europea con decisione n. C/2000/2065 del 31/08/2000 ai fini dell’attuazione di un quadro comunitario di sostegno, composto di un insieme coerente di assi prioritari articolati in misure pluriennali, per la realizzazione del quale è possibile fare ricorso a molteplici strumenti finanziari esistenti. Ogni Programma Operativo Regionale è corredato di un complemento di programmazione che comprende: le misure di attuazione degli assi prioritari del P.O., la definizione delle categorie di beneficiari finali delle misure, il piano finanziario, le misure che devono assicurare la pubblicità del P.O., la descrizione delle modalità di scambio informatizzato dei dati per la gestione, la sorveglianza e la valutazione del P.O..
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strategiche e di interventi operativi, secondo una prospettiva di integrazione tra le politiche territoriali, volta al rafforzamento dell’efficienza economica e della competitività del territorio. Dalla programmazione regionale discendono le iniziative locali come il “Patto per lo Sviluppo di Terni, Narni e Amelia” presentato dal Comune di Terni e il nuovo modello di sviluppo per Orvieto delineato nel “Sistema Orvieto per una economia integrata ed uno sviluppo sostenibile”3. Un importante strumento innovativo è il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale – PTCP attuato dalla Provincia di Terni4, al quale sono stati conformati i piani regolatori comunali. Il PTCP si configura come piano generale in quanto indica l'assetto del territorio provinciale e di coordinamento della pianificazione di settore, individuando le trasformazioni necessarie per lo sviluppo socio-economico provinciale. Esso inoltre costituisce strumento di indirizzo e di coordinamento per la pianificazione urbanistica comunale avvalendosi della Conferenza degli Enti Locali. Il quadro analitico-descrittivo dei progetti rilevati si evince dalle specifiche tabelle riassuntive. Nella figura 65, relativa ai progetti di trasformazione territoriale, sono presentate le principali caratteristiche dei progetti censiti, attraverso l’indicazione del tema principale, degli obiettivi e di una breve descrizione. Ai fini di un’analisi generale del quadro progettuale locale in rapporto alle politiche di programmazione territoriale è utile osservare i progetti più significativi, distinti in base al livello di complessità in: progetti matrice quando collegano una pluralità di progetti minori o sub-progetti e in progetti-rete quando singoli progetti locali sono collegati a progetti sovra locali. Un aspetto importante che vale la pena mettere in evidenza riguarda l’assenza di singole iniziative progettuali isolate. L’analisi del rapporto tra progetti e politiche mette in evidenza l’elevato livello di integrazione raggiunto dalle iniziative. Sono definibili come progetti matrice le iniziative di trasformazione territoriale di ampio respiro, che coinvolgono ambiti territoriali vasti, con obiettivi che fanno riferimento alle azioni di programmazione territoriale locali e sovralocali sopra accennate. Il progetto-matrice realizza tali obiettivi individuando molteplici azioni, anche molto diverse tra loro che possono strutturarsi a loro volta in progetti minori o sub progetti. Tra i programmi-matrice attivi nella Provincia di Terni, i più significativi sono il Prusst, il Pit, l’Agenda 21, il contratto d’area, i patti territoriali e il Programma di Iniziativa Comunitaria Leader Plus. Il Prusst5, ovvero Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile nel Territorio che interessa i Comuni di Terni e Narni è denominato Il Nera: dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile. E’ un programma complesso di trasformazione urbana che si pone l’obiettivo della riqualificazione del sistema fluviale del Nera attraverso l’elaborazione di progetti ad alto grado di fattibilità suddivisi per comprensori territoriali (Marmore, Papigno, Urbano dell’industria, Centro città, Marattana, Gole del Nera-San Liberato), per ognuno dei quali è stato individuato un assetto futuro a partire dalle dinamiche e dalle potenzialità locali. Il Prusst interagisce con altri programmi, proponendo azioni che in buona parte trovano
3 Comune di Orvieto, Il Sistema Orvieto per una economia integrata ed uno sviluppo sostenibile. Appunti per il Consiglio Comunale Aperto del 27 novembre 2002. 4 Il PTCP è stato approvato dal Consiglio Provinciale con atto n. 150 del 14 settembre 2000 ed è in vigore dal 23 ottobre 2000. Il PTCP costituisce inoltre il riferimento per la verifica di compatibilità ambientale della pianificazione comunale. Infine il PTCP è piano di tutela nei settori della protezione della natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali. In base alla L. R. 34/1998, per assicurare il concorso dei comuni e delle comunità montane alla formazione dei PTCP, la legge prevede che il Presidente della Provincia convochi la Conferenza degli enti locali la quale deve esprimere un parere e formulare proposte. 5 I Prusst sono programmi promossi dal Ministero dei Lavori Pubblici (D.M. 8/10/1998) aventi lo scopo di favorire la realizzazione, l’adeguamento, il completamento di infrastrutture sia a rete che puntuali di importanza strategica, lo sviluppo sostenibile del territorio sotto il profilo economico, ambientale e sociale. Si veda anche il paragrafo 4.1 del presente volume.
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prosecuzione nel Pit. Essi mettono in connessione tra loro diversi aspetti nodali della programmazione presenti nel medesimo ambito territoriale, ognuno con la propria dotazione di strumenti normativo-tecnico-finanziari. Gli obiettivi di questi programmi trovano ordine in un quadro organico e unitario tale da assicurare un governo efficace ed ordinato delle diverse iniziative che concorrono allo sviluppo del territorio, con particolare riferimento ai patti territoriali e al Contratto d'area attivi nella provincia di Terni. Il Piano Integrato Territoriale di Terni, Narni e Amelia (Pit)6 si configura come modalità operativa specifica che persegue l’integrazione sociale e territoriale in un’ottica di sviluppo locale attraverso la rilettura dei diversi piani e programmi vigenti finalizzata all’elaborazione di un sistema di interventi generatori di sinergie al fine di potenziare le capacita produttive e valorizzare le potenzialità culturali, storiche e ambientali locali attraverso un processo di riconversione del sistema produttivo ternano-narnese. In tal senso il Pit aderisce attivamente ad alcune delle azioni strategiche del Patto per lo Sviluppo dell’Umbria7, quali il potenziamento della competitività, la tutela e la valorizzazione della risorsa Umbria e lo sviluppo del sistema integrato di istruzione, formazione e ricerca, collegando i progetti con il sistema della finanza territoriale (fondi comunitari, DocUP Ob. 2, Piano di Sviluppo Rurale e alle altre fonti di finanziamento). Dei 192 sub progetti inclusi nel Pit, molti di essi interagiscono sinergicamente con il Prusst. Tra questi vi sono progetti che fanno riferimento alle politiche di valorizzazione della filiera turismo-ambiente-cultura come il Progetto Integrato Marmore-Piediluco-Papigno e il Parco dei Laghi della conca ternano-narnese. Il primo intende riqualificare il territorio facendo leva sul recupero delle aree dismesse8 e sulla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali; il secondo intende salvaguardare i sistemi ecologici lacuali e fluviali dell’area e stimolare la creazione di oasi faunistiche e specchi d’acqua, promuovendo inoltre il recupero ambientale dei siti estrattivi dismessi. Il Polo Universitario Integrato è un progetto che si inserisce nell’ambito degli assi di sviluppo legati all’alta formazione e alla creazione di poli di eccellenza della ricerca. Nasce con l’accordo di programma tra Governo, Regione e Università di Perugia per il piano di sviluppo universitario di Terni, elaborato dall’ateneo perugino insieme alle istituzioni locali, coerentemente con il programma del sistema universitario 2001-2003 del MIUR volto alla costituzione di atenei a rete di sedi e alla creazione di facoltà e corsi di laurea innovativi. Il progetto di mobilità intermodale fa riferimento alle politiche di sviluppo della competitività territoriale attraverso il miglioramento infrastrutturale, nell’ambito della costituzione di una rete logistica regionale, che interessa Terni e Narni. Dagli esempi citai si osserva che Prusst e Pit attivano in maniera sinergica le componenti del milieu legate ai caratteri naturalistico-ambientali, al sistema delle infrastrutture, alle aree dismesse e a singoli sedimenti territoriali. A Orvieto e nel suo comprensorio è attivo un altro Prusst denominato S. Pietro in Tuscia ovvero il
6 Il Progetto Integrato Territoriale si definisce come un insieme di operazioni (infrastrutturali, produttive, di servizi, ecc.) tra loro esplicitamente collegate, finalizzate a un obiettivo di sviluppo e capaci di creare effetti sinergici e aggiuntivi rispetto alla semplice sommatoria di quelli prodotti dalle singole iniziative. Si caratterizza per: l’identificazione dell’ambito territoriale che rappresenta il contesto di riferimento; l’individuazione dell’idea-guida e della strategia del Pit, che si traduce nella definizione di uno o più obiettivi concreti, organizzati per filiere (filiera ambiente/beni culturali/servizi-turismo; filiera aree attrezzate, PMI, servizi, ecc.); l'individuazione dei progetti, elaborati a livello definitivo, che concorrono direttamente alla realizzazione della strategia del Pit e al conseguimento dei suoi obiettivi; la definizione di un accordo sottoscritto tra le parti che individui le assunzioni di responsabilità dei singoli contraenti e dei beneficiari finali. 7 Il Patto per lo Sviluppo dell’Umbria identifica sei azioni strategiche alle quali si conformano sia il Pit che il DocUP 2000-2006: 1. Potenziamento dei fattori di sviluppo economico e di competitività, 2. Tutela e valorizzazione della risorsa Umbria, 3. Riqualificazione e sostenibilità del sistema di welfare, tutela del diritto alla salute e promozione dei diritti di cittadinanza, 4. Politiche attive del lavoro, 5. Sviluppo del sistema integrato di istruzione, formazione e ricerca, 6. Riforma della pubblica amministrazione.8 Per una descrizione dei progetti di riconversione delle aree dismesse e per un’analisi della progettualità locale relativa a questo tema, si rimanda al capitolo IV del presente volume, paragrafo 4.1.
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territorio degli Etruschi”, il quale si caratterizza per un bacino territoriale di tipo sovra regionali che interessa Lazio, Toscana e Umbria. Vi partecipano numerosi comuni delle province di Civitavecchia, Roma, Viterbo, Grosseto e Terni. Si tratta di un progetto che raccoglie oltre 1000 iniziative tra pubblico e privato intorno all’obiettivo strategico dell’occupazione, attraverso l’implementazione delle strategie di sviluppo innovative, la definizione e la realizzazione di azioni integrate in settori quali il turismo, l’agricoltura e i servizi. La realizzazione di un ampio partenariato pubblico dimostra la volontà delle amministrazioni locali di assumere un ruolo attivo e propositivo, coagulando intorno al progetto 91 comuni, 4 province, 3 regioni, sovrintendenze, consorzi, comunità montane, autorità portuali e aziende private e creando una rete con i Prusst promossi a Terni e a Olbia9 attraverso la firma di protocolli di intesa. Il comprensorio di Orvieto partecipa al progetto con diverse proposte tra le quali l’istituzione di parchi nell’ambito delle iniziative volte alla valorizzazione della risorsa Umbria portate avanti a livello regionale: il Parco urbano e territoriale del Paglia e il PAAO – Parco archeologico e ambientale dell’ Orvietano. Il primo è inserito nei programmi urbani complessi10 attivati a livello urbano, con particolare riferimento alla qualificazione ambientale del tessuto urbano e alla valorizzazione del fiume. Il secondo progetto attiva le risorse ambientali e culturali mettendo a sistema le componenti archeologiche e ambientali e garantendone al contempo la gestione locale. A tale fine il Comune di Orvieto si è fatto promotore presso la Regione della proposta di una legge regionale istitutiva dei parchi culturali, coinvolgendo un’ampia rete di attori pubblici aperta alla partecipazione anche di soggetti privati.Altri Programmi-matrice attivi nella Provincia di Terni fanno riferimento ad alcuni strumenti della programmazione negoziata. Tra questi risultano particolarmente significativi per le dimensioni territoriali e per l’ampiezza della rete coinvolta, il contratto d’area e i patti territoriali, pienamente coerenti con gli obiettivi del Patto per lo Sviluppo dell’Umbria e con quelli del DocUP Ob. 2 2000-2006. Il contratto d’area11 di Terni-Narni-Spoleto costituisce lo strumento operativo finalizzato ad accelerare lo sviluppo e la creazione di nuova occupazione nei territori individuati dall’Obiettivo 2, investiti da una forte crisi dell’apparato produttivo, che ha raggiunto livelli di deindustrializzazione. In quanto espressione del principio del partenariato sociale, il Contratto d’area Terni-Narni-Spoleto ha attivato un ampia rete di attori pubblici e privati locali con il coordinamento di Sviluppumbria, agenzia di sviluppo regionale e attore trasversale capace di garantire il collegamento e l’interazione tra il sistema locale e il livello nazionale ed europeo, soprattutto per quanto concerne l’accesso ai finanziamenti. Le principali azioni-progetto promosse dal contratto d’area sono l’istituzione del Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali di Terni, Narni e Spoleto, uno strumento per riqualificare e razionalizzare le aree industriali esistenti, realizzarne di nuove, dotandole di servizi, nonché rifunzionalizzare e riutilizzare siti industriali dismessi, in funzione delle richieste imprenditoriali; la creazione dello sportello unico per le attività produttive, “Intrapresa”, che ha svolto anche funzione di sportello informativo del contratto d’area, finalizzato a fornire ai potenziali investitori il quadro completo delle opportunità di insediamento nell’area; “Business in Umbria”, un progetto di marketing territoriale con l’obiettivo di identificare e guidare gli investitori, offrire risorse che si adattino alle esigenze espresse e condurre le azioni opportune per stimolare gli investimenti nell’area. Le azioni condotte sono orientate a stimolare gli investimenti nell’area del contratto.
9 Il Comune di Olbia è soggetto promotore e capofila della proposta di Prusst “Nord-Est Sardegna”. 10 Per una trattazione più dettagliata dei programmi complessi si rimanda al paragrafo 4.1.11 Il contratto d’area è prefigurato nell’accordo per il lavoro del settembre 1996 e successivamente inserito all’interno degli strumenti di programmazione negoziata dalla legge 662/1996.
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Nella Provincia di Terni sono attivi due patti territoriali12 monotematici nei settori dell’agricoltura e della pesca denominati rispettivamente VATO13 Verde, un ampio progetto trans-regionale che nell’ambito provinciale interessa i 13 comuni del comprensorio dell’orvietano e Patto Territoriale Verde Ternano Narnese Amerino, al quale partecipano i 18 comuni del comprensorio. In entrambi i casi si tratta di accordi promossi da un’ampia rete di soggetti locali, quali le amministrazioni, le parti sociali, le associazioni di categoria e le aziende private. I patti monotematici mirano allo sviluppo dell’agricoltura e della pesca attraverso un programma di molteplici interventi integrati finalizzato all’attivazione di filiere nei settori agro-industriali, turismo-ambiente e cultura; al miglioramento dei servizi e delle infrastrutture, nonché al potenziamento delle Pmi locali, secondo specifici obiettivi di promozione dello sviluppo sostenibile. I patti territoriali rappresentano la conclusione di un processo di concertazione “dal basso” tra gli attori locali, nel quale viene esaltato il ruolo del partenariato sociale. L’Agenda 21 Locale della provincia di Terni è un programma-matrice a scala provinciale che si configura come progetto strategico per incoraggiare e controllare lo sviluppo sostenibile autocentrato con l’adozione di un piano di azione locale A21 condiviso e concertato. In sinergia con l’Agenda 21 provinciale e coerentemente con l’Agenda 21 regionale “La via umbra allo sviluppo sostenibile” sono state istituite l’Agenda 21 della conca ternana14, l’Agenda 21 dei comuni della Centrale Umbra15 e l’Agenda 21 di Orvieto. L’attivazione delle Agende 21 locali discende dalle politiche a scala internazionale16 che incoraggiano i poteri locali a implementare i loro programmi di sviluppo sostenibile in partenariato con le popolazioni interessate in un impegno comune. L’Agenda 21 rende possibile una buona coordinazione tra ambiente, economia e società, importanti fattori della sostenibilità ed è uno strumento utile per promuovere una transizione verso modelli produttivi e di consumo sostenibili, rapportandosi con la pianificazione esistente affinché risponda agli obiettivi individuati (VARANI, 2003, 90-92). A tale proposito le Agende 21 della provincia e dei comuni sono coerenti con il PTCP.
12 Il patto territoriale è stato introdotto per la prima volta con il D.L. 103/1995 e successivamente ridefinito dalla L. 662/1996 che detta una nuova disciplina per la programmazione negoziata. La delibera CIPE 29/1997 e successive delibere integrative o modificative specificano le finalità, le modalità attuative nonché gli impegni dei soggetti sottoscrittori del patto territoriale. La Delibera CIPE 11/11/98 sulla estensione degli strumenti previsti dalla programmazione negoziata all'agricoltura e alla pesca in attuazione dell'art. 10 del D.L. 30/4/98 n. 173 ha aperto possibilità di attivare patti monotematici. La pubblicazione del Decreto 1/12/99 sulle modalità applicative per l'estensione al settore agricolo dei patti territoriali e dei contratti d'area con le relative tabelle pubblicate sulla G.U. del 21/12/99 hanno creato i presupposti concreti per il patto territoriale monotematico VATO Verde e per il Patto Verde Ternano Narnese Amerino. 13 L’acronimo V.A.T.O. indica l’area transregionale tosco-umbra interessata dal patto: Valdichiana, Amiata, Trasimeno, Orvietano. 14 Il progetto relativo all’Agenda 21 della conca ternana costituisce uno dei tre forum d’area previsti all’interno del programma operativo per lo sviluppo dell’Agenda 21 regionale nel periodo 2001-2005 elaborata dalla Direzione Politiche Territoriali, Ambiente e Infrastrutture, previsti per aree particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale: così denominati: A21 d’Area Conca ternana, A21 d’Area Trasimeno, A21 d’Area Alta Umbria. 15 Acquasparta, Avigliano Umbro, Massa Martana, Montecastrilli, San Gemini. 16 L’Agenda 21 trova i suoi fondamenti nel vertice UNCED di Rio de Janeiro del 1992, durante il quale è stato sottoscritto il “piano di azione” delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e la protezione ambientale nel XXI secolo. All’interno dei 40 capitoli di cui si compone il documento, non viene introdotto alcun vincolo giuridico, limitandosi a fornire indicazioni e suggerimenti di carattere operativo. Stabilisce dei criteri ai quali si devono attenere le politiche dello sviluppo globale, nazionale e locale e fissa alcuni obiettivi, tra i quali quello che impegna i governi dei paesi firmatari ad istituire entro “Agende 21” a livello locale e ad vive indicatori di sostenibilità dello sviluppo. Nel 1995 l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha pubblicato la “Guida di Pianificazione dell’Agenda 21 Locale” con le indicazioni relative all’attuazione di Agende 21 locali in cui vengono individuati i fattori fondamentali per la realizzazione dell’iter pratico: impegno multisettoriale, consultazione, valutazione dei bisogni, elaborazione degli obiettivi, elaborazione delle procedure da seguire e di valutazione per definire gli indicatori.
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Inoltre le singole azioni previste rafforzano la programmazione negoziata e integrata quali i patti territoriali e il PIT. Tra i progetti-matrice rientrano anche i Programmi di Iniziativa Comunitaria, come il Leader17
Liason Entre Actions de DEveloppement Rural, programma finalizzato alla promozione dello sviluppo integrato, endogeno e sostenibile delle aree rurali. L’importanza del Leader risiede soprattutto nel radicamento territoriale dei Gal (Gruppi di Azione Locale) e nel fatto che si tratta di importanti strumenti della politica dello sviluppo rurale, una componente della politica agricola comunitaria sempre più centrale. L’innovazione avviata con il Leader I (1991-94), riproposta nel Leader II (1994-99) e confermata nel più recente Leader Plus (2000-06) è l’approccio bottom-up. Tale modello di partecipazione garantisce il coinvolgimento diretto della popolazione e delle aziende nello sviluppo locale, a partire dalla struttura giuridica dei Gal, associazioni senza fini di lucro, dove la presenza dei privati non può essere inferiore al 51%. Condizione essenziale per l’accesso ai fondi Leader è la presentazione di un Piano di Sviluppo Locale per ciascuno dei Gal che intende partecipare al programma. I progetti sono finanziatiquando costituiscono una novità per la zona, e sanno integrare i diversi settori economici (agricoltura, turismo, artigianato), ma soprattutto sono proposti e condivisi dalla collettività. Nella Provincia di Terni sono attivi tre Gal: il Gal Trasimeno-Orvietano, sorto nel 1994 con l’attivazione del Leader II (esteso a 8 comuni del comprensorio del Trasimeno in provincia di Perugia) e 11 del comprensorio orvietano; il Gal Media Valle del Tevere, attivo dal 1994 con il Leader II (riunisce 13 comuni della Provincia di Perugia e due comuni del ternano - Acquasparta e Avigliano Umbro) e il Gal Ternano, attivo dal 2000 con la partecipazione al solo programma Leader Plus. Il Leader Plus costituisce la terza edizione del programma e premia la realizzazione di progetti integrati, favorendo la costruzione di legami e l’interconnessione tra i diversi settori dell’ambiente rurale, sostenendo la sperimentazione di soluzioni originali, integrate e sostenibili ai problemi di sviluppo delle aree rurali che possano costituire un esempio per le future politiche dell'Unione Europea. L'iniziativa, quindi, si pone come il completamento dell’azione comunitaria per le aree rurali, il cui rilancio viene principalmente perseguito con i fondi strutturali, con i piani di sviluppo rurale e con i programmi operativi regionali18. Allo stesso tempo il programma fornisce gli strumenti e le modalità per la promozione di tali aree al di fuori dell’ambito regionale e per la realizzazione di reti e legami transnazionali. Il Leader Plus è emblematico del nuovo modello di sviluppo rurale messo a punto dall’Unione Europea e basato sulla “ricerca di equilibri e opportunità economiche e di situazioni sociali” (VARANI, 2003, 82) che tengono conto di tutti gli aspetti del milieu rurale. Pertanto la politica comunitaria pone l’accento su princìpi quali la concezione dell’ambiente come risorsa da valorizzare, la ricerca della multifunzionalità dell’economia rurale favorita dallo sviluppo di una imprenditoria nuova, la valorizzazione delle peculiarità produttive locali. Secondo tale prospettiva le istituzioni nazionali e locali diventano le principali protagoniste del processo di crescita, mentre le iniziative comunitarie sono il corollario della più ampia politica di sviluppo. La politica rurale è concepita come una politica quadro all’interno della quale la Commissione Europea agisce da catalizzatore agevolando il ruolo operativo delle istituzioni nazionali e regionali (IB., 2003, 90).
17 Leader è uno dei più importanti programmi europei per la valorizzazione e lo sviluppo del territorio. Tali iniziative sono comprese nel quadro dei Fondi Strutturali per il periodo 2000-2006 ai quali possono accedere i Gal E’ possibile attivare numerose azioni direttamente sui territori che rispondono ai requisiti richiesti dalla Comunità Europea. I destinatari dei fondi europei possono essere sia soggetti pubblici che privati. 18 Gli strumenti per attuare le direttive e le iniziative nell’ambito dello sviluppo rurale sono il FEOGA, strumento finanziario istituito nel 1962 per finanziare la politica agricola comune e lo sviluppo rurale. Più recentemente sono stati attivati i piani regionali di sviluppo rurale (PRSR o PSR) e i patti territoriali (PT) i quali si pongono l’obiettivo principale di favorire l’innesco di processi di sviluppo economico di natura endogena.
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Una delle peculiarità della programmazione Leader è quella di essere precursore della programmazione negoziata consentendo ai Gal di raccordarsi ai nuovi strumenti di programmazione territoriale. La costituzione di partenariati attivi che sanno elaborare strategie comuni rappresenta una potenzialità da rafforzare per la gestione di ulteriori iniziative a livello territoriale. Pertanto, i Gal hanno la possibilità di capitalizzare l’esperienza Leader proponendosi come agenti di sviluppo locale in grado di elaborare e gestire progetti facenti capo a più programmi di intervento. Tra i progetti territoriali specifici che partecipano al Leader Plus vi sono l’Ecomuseo del Paesaggio dell’Alto Orvietano, il PAAO - Parco Archeologico e Ambientale dell’Orvietano, il progetto Rio Grande - Fosso Bianco - Dorsale dell’Amerino. L’Ecomuseo dell’Alto Orvietano è un progetto originale e innovativo promosso dalla Provincia di Terni e dal Coordinamento delle Associazioni culturali e ambientaliste dell’Orvietano (CACAO) con la partecipazione della Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana per e costruire una rete ad un alto grado di cooperazione. In consonanza con la crescente considerazione del paesaggio nelle politiche locali, nazionali e comunitarie, il progetto è centrato sul paesaggio dell’alto orvietano nelle sue componenti materiali e immateriali. L’iniziativa intende promuovere processi di valorizzazione culturale e rilanciare lo sviluppo economico e sociale nel rispetto dell’identità locale. La visione sovralocale della provincia viene costruita sulle visioni locali di cui utilizza ampiamente i codici di lettura del territorio e del paesaggio, ad esempio attraverso la realizzazione di mappe di comunità. Oltre a partecipare al Leader, il progetto è stato presentato per il finanziamento DocUP, all’interno di un progetto integrato che interessa l’intero comprensorio dell’alto orvietano rappresentato da due iniziative denominate “Il paesaggio dell’acqua” e “La via dell’acqua”. Un’altra tipologia di programma matrice è rappresentata dal DocUP 2000-2006 ovvero Documento Unico di Programmazione19, un programma di sviluppo di iniziativa nazionale presentato alla commissione europea per l’accesso ai fondi strutturali. La selezione delle iniziative e dei progetti è affidata alle autorità regionali. A queste si devono infatti rivolgere gli attori socio-economici pubblici e privati che desiderano beneficiare di un contributo dei fondi strutturali, presentando i progetti direttamente oppure tramite gli enti locali. Nell’area della Provincia di Terni, il DocUP 2000-2006 rappresenta il programma attuativo regionale applicato alle aree Obiettivo 2 per favorire la riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali. Esso contiene la strategia e gli assi prioritari fissati per l’azione congiunta della Comunità europea e dello stato. I tre assi previsti dalla strategia di sviluppo regionale riguardano: la competitività del sistema regionale, la competitività del sistema imprese, la tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali. Un ulteriore asse (assistenza tecnica)
19 L'azione strutturale comunitaria è programmata su una base pluriennale (tre o sei anni) che prevede un coordinamento degli interventi dei fondi. La programmazione è oggetto di una procedura decisionale che si svolge in tre fasi: presentazione da parte degli stati membri dei piani di sviluppo; elaborazione del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) da parte della Commissione; presentazione da parte degli stati membri dell'intervento operativo. Allo scopo di accelerare la procedura decisionale si è prevista la possibilità per gli Stati membri di presentare un Documento Unico di Programmazione (DocUP), contenente sia il Piano di sviluppo sia l'intervento operativo. Gli interventi a titolo dell'Obiettivo 2 in Umbria sono attuati dalla Regione attraverso il DocUP 2000-2006 e i documenti di attuazione (Complementi di Programmazione), definiti in base al regolamento “base” n. 1260/1999 recante disposizioni in merito ai fondi strutturali. I 7 obiettivi definiti per il periodo 1994-1999 sono stati ridotti a 3 (la Provincia di Terni rientrava negli obiettivi 2 e 5b ora accorpati nell’obiettivo 2), introducendo alcune aree a sostegno transitorio (phasing out) pari a circa un quarto della superficie regionale, le quali godranno di una quota di risorse per abitante inferiore rispetto al periodo precedente, (rientrano tra queste alcune sezioni censuarie dei Comuni di Terni, Narni e Orvieto). La prima programmazione DocUP è stata attivata nel territorio regionale nel periodo 1994-1999, rappresentando un importante motore per lo sviluppo, considerando l’apporto delle risorse dei fondi strutturali per gli Obiettivi unite a quelle previste per i Programmi di iniziativa comunitaria, come Pmi, Retex, Resider II E Leader II, insieme agli ingenti contributi pubblici e la partecipazione di investimenti privati.
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concerne la realizzazione di misure e azioni volte a garantire una efficiente ed efficace implementazione del DocUP nel suo complesso, attraverso iniziative di assistenza tecnica per la sorveglianza, la valutazione e la pubblicità delle azioni attivate con il DocUP. Gli obiettivi globali sono poi declinati in altrettanti insiemi di obiettivi specifici che dettagliano la programmazione e identificano conseguenti linee di intervento. Il DocUP 2000-2006 in Umbria prevede azioni volte ad accelerare la crescita, l'occupazione, la riconversione e l'innovazione produttiva dei territori interessati, promuovendone l'integrazione con le aree maggiormente dinamiche della regione, favorendo altresì il completamento della riconversione delle aree in regime di sostegno transitorio. Molti dei progetti di trasformazione territoriale censiti dalla presente ricerca testimoniano lo stretto rapporto tra questo programma e la progettualità locale, fortemente plasmata dallo strumento del DocUP. Infatti, quasi l’intero corpo delle iniziative è concepito secondo modalità che consentano di “smontare” le azioni previste in singole parti, in linea con gli assi e le misure previste dalle norme di accesso ai fondi strutturali per l’Obiettivo 220. Tra i molteplici progetti presentati alcuni riguardano in maniera specifica la filiera turismo-ambiente-cultura21 e coinvolgono reti pubblico-private attraverso la costituzione di Associazioni Temporanee di Impresa (ATI)22.I progetti-rete raccordano iniziative locali e sovralocali non contigue. Rientra in questa tipologia il progetto “Essere Bene” il quale, attraverso iniziative di marketing territoriale raccorda a livello regionale singoli progetti locali di recupero e valorizzazione di fonti e siti termali dismessi23. A scala europea il PIC Interreg24 III B “Antiche vie romane dal Mediterraneo ai Balcani” è un progetto-rete poiché raccorda iniziative locali a livello nazionale con il livello sovralocale rappresentato da 15 regioni europee appartenenti a quattro paesi (Italia, Grecia, Spagna e Francia), proseguendo e integrando le iniziative avviate con l’edizione precedente Interreg II. Questa esperienza nasce negli anni Novanta e avvia processi di cooperazione nelle aree di frontiera interne all'Europa. In vista del progressivo ampliamento dei confini europei, oggi Interreg continua a sostenere la cooperazione e lo sviluppo di aree di frontiera ma con una visione di tipo transnazionale. Il programma ha creato una rete di collaborazione finalizzata alla valorizzazione del patrimonio naturalistico e culturale formatosi lungo le antiche vie romane. Il progetto Interreg III B si appoggia alle azioni attuate con Interreg II, avviando nuove azioni e
20 Si veda a proposito: D. A. Colombo, Un primo bilancio della Programmazione ’94-’99. Quali prospettive future? in “Europa Info” 1 (2000). 21 Il bando DocUP di riferimento è il bando integrato multimisura per la filiera turismo-ambiente-cultura codice C4. 22 Ciascuno dei progetti ha ricevuto una denominazione: “Vie dell’acqua” e “I paesaggi dell’acqua” nell’ambito dell’Alto Orvietano; “Terra ed Acqua” – La storia lungo le vie di comunicazione, nei comuni di Amelia e del Narnese; “Insieme per crescere” nell’ambito Amerino-Orvietano; “La terra dell’acqua e dei ciclamini”, per i comuni della Centrale Umbra; "Il parco dei laghi", "Vivere il Nera", "Recupero area industriale di Papigno", "Comprensorio Marmore e Piediluco" sono i progetti presentati dai comuni della conca ternana e della Valnerina. 23 Per una descrizione più ampia del progetto si rimanda al capitolo IV, paragrafo 4.1. 24 La Commissione europea ha avviato l'iniziativa comunitaria Interreg II C che propone una cooperazione transnazionale in materia di assetto del territorio. Proseguendo ed ampliando l'azione avviata con le iniziative Interreg I e II, Interreg II C estende l'ambito di cooperazione dalle zone transfrontaliere ai vasti spazi geografici, evitando che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l'integrazione del territorio, e sottolineando l'importanza del tessuto interregionale. L'iniziativa intende contribuire a riequilibrare il territorio europeo con interventi di ristrutturazione di interesse comunitario; facilitare la cooperazione transnazionale avviata dagli Stati membri e dalle autorità competenti in materia di assetto del territorio; migliorare l'impatto territoriale delle politiche comunitarie; aiutare gli stati membri e le loro regioni, mediate una strategia di prevenzione e cooperazione, a far fronte ai problemi di gestione delle risorse idriche provocati dalle inondazioni dalla siccità. I programmi operativi presentati e approvati, che comprendono l'area geografica dell'Italia riguardano l’assetto del territorio ed azioni di cooperazione transnazionale nei seguenti spazi: Europa Centrale, Adriatica, Danubiana e Sudorientale (CADSES); Austria, Germania, Grecia, Italia. Mediterraneo Occidentale e Alpi Latine (MED-OCC); Francia, Italia, Spagna) Assetto del territorio e lotta contro la siccità: SICCITA' Italia (Sardegna e Sicilia).
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ampliando la rete costituita con l’ingresso di nuovi soggetti e nuove aree fino a coprire il bacino del Mediterraneo25. Nell’area della Provincia di Terni l’iniziativa è promossa dalla Regione ma mobilita attori pubblici locali quali la Provincia di Terni, i Comuni di Acquasparta, Avigliano Umbro, Montecastrilli, Narni, Otricoli, San Gemini e Terni; la Soprintendenza Archeologica e la Direzione scolastica e coinvolge attivamente fruitori locali, favorendo il riconoscimento delle potenzialità del milieu culturale e ambientale e promuovendo la trasmissione della memoria locale. In particolare, le azioni condotte riguardano l’individuazione degli antichi tracciati e dei relativi beni, l’analisi delle aspettative locali e dei probabili fruitori, l’attivazione di nuove intese tra soggetti, la costruzione di scenari virtuali di valorizzazione dei siti interessati, l’attrazione dell’attenzione del pubblico costruendo siti a forte impatto visivo, l’organizzazione di corsi formativi sulle potenzialità espresse dal progetto.
25 Gli elementi su cui è basato Interreg III B sono i seguenti: assetto del territorio ed azioni di cooperazione transnazionale, riguardante spazi geografici raggruppanti almeno tre stati membri; assetto del territorio e prevenzione delle inondazioni con cooperazione transnazionale, riguardante bacini idrici transnazionali; assetto del territorio e lotta contro la siccità.
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3.3. I TERRITORI DELL’AZIONE COLLETTIVA COME INDIZI DI SLoT. VERSO UNA RICOMPOSIZIONE DEI TERRITORI Come già detto, lo SLoT non è un'identità geografica definita e delimitata, ma un aggregato di soggetti in interazione reciproca, i quali, in funzione di specifici rapporti con un dato milieu locale, si comportano come un soggetto collettivo (Dematteis, 2001). Pertanto, l’individuazione degli SLoT richiede l’identificazione delle aree a maggiore interazione progettuale, vale a dire i territori che partecipano più di altri a progetti condivisi di trasformazione del territorio. Per individuare le unioni ricorrenti di aree è stata costruita la tabella rappresentata nella figura 66, i cui elementi in colonna sono i comuni e quelli in riga i progetti considerati. Il colore scuro indica il numero di volte (la ricorrenza) che essi partecipano insieme ad un progetto. Questa semplice rappresentazione consente di individuare le aree della provincia a più forte densità delle aggregazioni territoriali, corrispondenti ad ipotetici SLoT.
� SLoT Terni Narni. E’ formato da quasi il 39% della progettualità censita. � SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona. Comprende circa il 19 % dei progetti.� SLoT Acquasparta San Gemini Montecastrilli Avigliano Umbro. Riguarda circa il
16% dei progetti.� SLoT Baschi Montecchio. Comprende circa il 16% dei progetti. � SLoT Alviano Guardea. Riguarda circa il 16% dei progetti. � SLoT Giove Attigliano. Concerne circa il 12% della progettualità. � SLoT Arrone Ferentillo Montefranco. Comprende circa il 12% della progettualità. � SLoT Porano Castel Giorgio. Riguarda circa il 12 % dei progetti.� SLoT Fabro Ficulle Monteleone d’Orvieto Montegabbione Parrano San
Venanzo. Comprende circa il 12% dei progetti. � SLoT Calvi Otricoli. E’ formato da circa il 10% dei progetti. � SLoT Amelia Lugnano in Teverina Penna in Teverina. Comprende circa il 10%
dei progetti.
Questa prima individuazione di potenziali SLoT, condotta attraverso l’identificazione delle aree che partecipano più di altre a progetti condivisi di valorizzazione territoriale, consente di tracciare una prima geografia dei possibili territori dello sviluppo locale (fig.67), anche se in questa fase dell’analisi si può parlare solo di indizi di SLoT, la cui esistenza verrà confermata o meno sulla base delle informazioni desunte dalla griglia per l’analisi dei progetti. Tuttavia, fin da ora è possibile riconoscere una decisa differenza nella capacità dei comuni di fare rete. Le aree che partecipano più delle altre alle medesime iniziative sono due: la Bassa Valle del Nera e la Valle del Paglia, che insieme accolgono il 58% delle iniziative di valorizzazione territoriale. Il primo è un sistema a forte progettualità costituito dai comuni di Terni e Narni, la cui unione ricorrente ad alta frequenza lascia pensare ad uno SLoT funzionante a tutti gli effetti. Il secondo è un sistema con una discreta interazione progettuale costituito dai comuni di Orvieto, Castel Viscardo e Allerona. Seguono le altre aggregazioni di comuni, caratterizzate da una ricorrenza in alcuni casi decisamente minore della partecipazione a progetti condivisi di trasformazione del territorio, al punto da far supporre solo l’esistenza di tracce di slot. E’ da notare che alcuni progetti mettono in luce aggregazioni potenziali più ampie, in qualche caso comprensive di tutta la provincia, o estese a territori contigui transprovinciali e transregionali. L’esistenza di sistemi territoriali più o meno funzionanti documenta l’affermazione nella provincia di nuove modalità di organizzazione dei territori, diverse da quelle del passato. In altri termini l’analisi della soggettività locale dimostra che sono in atto nella provincia processi di ricomposizione territoriale che, senza creare nuovi livelli amministrativi, stanno delineando ambiti di aggregazione dei comuni. I quali, se certamente sono influenzati da scelte e logiche sovralocali, appaiono però fondati su strategie di sviluppo condivise a livello locale. Sono i
92
territori dell’azione collettiva, dati non tanto dalla semplice somma dei comuni coinvolti, quanto dal livello scalare cui si riferiscono le strategie territoriali degli attori, siano essi locali puri, trasversali o globali. E’ evidente insomma nel processo di ricomposizione territoriale della provincia il cambiamento intervenuto nella logica territoriale: non si tratta di aggregazioni di comuni predisposte all’interno delle normali logiche di governo del territorio, ma si tratta della formazione di ambiti di senso, in cui cioè acquistano significato i processi auto-organizzativi e le logiche dei soggetti operanti a scale diverse. Questi territori della progettualità locale, possono essere pensati come l’esito di una pluralità di azioni e pratiche condotte dagli attori locali nell’ambito di specifiche territorialità, intendendo per territorialità il modo materiale e immateriale di rapportarsi con il territorio, cioè l’insieme delle pratiche territoriali condotte da una pluralità di attori, sulla base di specifici interessi e motivazioni e secondo logiche e strategie differenti. Diventa pertanto interessante analizzare in primis il tipo di territorialità presente negli ipotetici SLoT emersi da questa prima analisi della soggettività locale.
SLoT Terni Narni ( Bassa Valle del Nera). L’addensamento maggiore dei progetti di trasformazione territoriale corrisponde all’area dei Comuni di Terni e Narni e coincide con l’unità morfologica costituita dal tratto inferiore della Bassa Valle del Nera, al cui interno il fiume svolge il ruolo di connessione tra i centri urbani, le aree produttive e gli ambienti naturali. Si può notare come l’area sia interessata da forme diversificate di progettualità, tanto da accogliere quasi la metà delle iniziative considerate. Lo SLoT coincide con il maggiore sistema produttivo della provincia, indirizzato alla produzione di siderurgia, energia elettrica, sostanze chimiche, meccanica e materie plastiche e attualmente in corso di complessificazione funzionale, derivante dall’inserimento di attività legate alla ricerca, all’università, alla produzione multimediale e cinematografica e alla museografia. Nonostante la crisi dell’industria tradizionale, particolarmente evidente a partire dagli anni ‘80, che ha fortemente ridimensionato i settori siderurgici, chimici e meccanici, il ternano-narnese mantiene un buon quoziente di localizzazione dell’industria e un’alta concentrazione di servizi alle imprese, che ne sottolineano il ruolo di nodo della rete regionale nel campo del terziario intermedio. Tali dinamiche si ricollegano alla presenza di un’alta pressione umana e produttiva sull’ambiente della valle (nel passato uno degli ambiti naturali più suggestivi della regione per la presenza della Cascata delle Marmore), alla persistenza di un declino demografico particolarmente evidente a partire dal decennio ‘81-’91, ad un progressivo rallentamento dello sviluppo residenziale e alla formazione di un ampio patrimonio edilizio abbandonato. Le strategie territoriali dei diversi attori sono pertanto riconducibili all’interno di territorialità più o meno connesse con il patrimonio industriale e distinguibili in: -una territorialità industriale fordista, di natura esogena che ha plasmato il territorio e le sue auto-rappresentazioni. Pur essendo in declino, la presenza della grande industria tradizionalmente esogena condiziona ancora fortemente l’area. Le componenti del milieu che hanno consentito l’affermazione e il mantenimento di questa territorialità sono connesse con: la disponibilità di risorse idroelettriche, l’esistenza di una viabilità di raccordo tra il sistema tirrenico e quello umbro, la disponibilità di una forza lavoro abituata al lavoro in fabbrica e portatrice di saperi contestuali e con l’affermazione recente di centri di ricerca e di alta formazione specializzati nei settori industriali locali. Peraltro l’uso delle risorse locali è funzionale alle esigenze dell’ apparato industriale, che fa fatica a dialogare con il territorio nel quale è inserito, limitandosi ad impiegare i fattori produttivi locali. A partire dagli anni ’90 è in corso una rilettura multipla delle risorse del milieu, finalizzata alla ridefinizione dell’identità locale, che ha portato alla patrimonializzazione delle componenti materiali e immateriali dell’esperienza fordista. Da qui la nascita di nuovi attori nei campi dell’archeologia industriale (ICSIM, Istituto per la Cultura d’Impresa “Franco Momigliano”) del cinema, del multimediale (Videocentro), della
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reindustrializzazione (Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali, Osservatorio chimico provinciale) e dell’alta formazione (ISRIM) riconducibili all’interno di nuove territorialità. - una territorialità in fieri del cinema, del multimediale, dell’alta formazione. Coerente con i nuovi temi territoriali del multimediale, del cinema e dell’università, questa territorialità, derivante per buona parte dalla rifunzionalizzazione delle aree dismesse, si esprime in iniziative nei settori dell’animatronica, della realtà virtuale, della cinematografia e dell’alta formazione, avvalendosi del Centro Multimediale (in particolare del Videocentro, sorto tra il 1992 e il 1996 negli edifici in disuso delle Officine Bosco), degli studi cinematografici di Papigno (realizzati nell’ex Carburo di Calcio) e della creazione del polo universitario ternano (in parte derivante dalla riconversione di palazzi storici urbani), volto a implementare le nuove funzioni territoriali. I soggetti protagonisti di questa territorialità riconoscono potenzialità finora non sfruttate del milieu locale ed elaborano progetti per attivarle. - una territorialità delle risorse culturali che investe sul territorio della conca ternano-narnese in quanto sede di uno dei patrimoni archeologico-industriali di eccezionale spessore a livello europeo e che è volta alla conservazione attiva del patrimonio industriale, attraverso la creazione di un sistema museale capace di favorire la presa di coscienza dell’identità locale. La rilevanza di queste iniziative risiede nel fatto che dotano il sistema di una infrastruttura culturale destinata a rafforzare l’interazione circolare tra soggetti locali e patrimonio ereditato. -una territorialità industriale flessibile data dalla piccola e media impresa indirizzata alla lavorazione di metalli, materie plastiche, tessili e legno, nonché da attività artigianali inserite nella filiera delle imprese principali. In questo caso le componenti del milieu che ne consentono l’attivazione sono riconducibili soprattutto alla presenza di forza lavoro esperta. Questa territorialità sconta l’ambigua valenza della grande industria ternana, la quale da un lato ha creato competenze e una indiscutibile atmosfera industriale e dall’altro ha limitato la propensione locale all’imprenditoria. - una territorialità dei servizi alla produzione. La concentrazione nell’area del terziario intermedio (avanzato e strumentale), particolarmente evidente nel Comune di Terni, attesta il legame di questa territorialità con le imprese industriali, di cui i servizi suddetti costituiscono una componente importante di economie esterne.
SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona (Valle del Paglia), SLoT Porano Castel Giorgio e SLoT Baschi Montecchio. Lo SLoT Valle del Paglia, aggregante la maggior parte della progettualità dell’Orvietano, è incentrato su Orvieto, il cui ruolo territoriale è basato sull’aggregazione di risorse storiche e culturali di rilevanza internazionale. Gli SLoT contigui, caratterizzati da una minore partecipazione a progetti condivisi di trasformazione territoriale, coincidono con il breve tratto della valle del Tevere storicamente legato ad Orvieto. In complesso le territorialità presenti nell’area sono riconducibili a: - una territorialità turistica cui si deve la tenuta demografica e la vivacità economica di Orvieto, città di singolare bellezza e con un ricco patrimonio storico e architettonico, alla cui salvaguardia e fruibilità hanno notevolmente contribuito i lavori di consolidamento e risanamento della rupe e i grandi assi di scorrimento veloce che attraversano l’area. Negli ultimi anni l’affermazione di questa territorialità è collegata anche con una efficace politica promozionale e con la partecipazione ad associazioni come Cittàslow (rete internazionale di città del buon vivere, di cui attualmente Orvieto detiene la presidenza), nonché è connessa con l’aumento dell’offerta turistica mediante iniziative di valorizzazione della cultura eno-gastronomica, come il Palazzo del Gusto, la strada dei vini etrusco-romana e la programmazione di numerosi eventi. - una territorialità dell’alta formazione. Nel tentativo di ridefinire l’identità di Orvieto puntando sulla formazione come risorsa, l’amministrazione comunale ha istituito il Centro studi città di
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Orvieto che a partire dal 1998 ha attivato o programmato una serie di corsi di laurea, master e corsi di aggiornamento. Opponendosi all’idea del campus isolato dalla città, questo nuovo soggetto territoriale propone la rappresentazione di Orvieto come città universitaria, utilizzando le opportunità offerte dalla riconversione delle aree urbane dismesse, quasi tutte costituite da strutture storiche di pregio. - una territorialità delle risorse primarie, essenzialmente dell’agroindustria, particolarmente affermata nel settore vitivinicolo, tradizionalmente presente nella campagna orvietana. La fisionomia del paesaggio agrario è disegnata dal vigneto specializzato ( più di 2000 ettari impiantati riducendo progressivamente nel tempo la coltura promiscua), produttore di vini premiati ogni anno con i “3 bicchieri”. Discreta rilevanza conserva anche la coltivazione dell’olivo, cui è stato recentemente attribuito il marchio DOP.
SLoT Acquasparta San Gemini Montecastrilli Avigliano Umbro (Alta Valle del Naia)SLoT con tendenza transprovinciale . L’addensamento corrisponde all’Alta Valle del Naia fino ad includere per alcuni progetti il Comune di Massa Martana, in Provincia di Perugia. Le azioni dei diversi attori possono essere ricondotte all’interno di una duplice territorialità: termale e delle risorse primarie.- La prima fa presa sul patrimonio materiale e immateriale creato dalla singolare concentrazione di acque minerali: Sangemini, Fabia, Aura, Amerino, San Faustino e quella pressoché scomparsa di Furapane.Negli ultimi anni sono stati avviati progetti tendenti a ridefinire l’identità locale, al fine di promuovere accanto alla produzione di acqua minerale in bottiglia anche un turismo che tenga conto dei recenti cambiamenti del concetto di salute. Se fino ad anni recenti per salute si intendeva la semplice assenza di malattia, oggi invece “essere in salute”, significa non solo “stare bene”, ma anche evitare disturbi mediante adeguati strumenti di prevenzione. Da questo cambiamento deriva la conversione del turismo termale, in quanto turismo di cura o terapeutico, in turismo sanitario che, secondo la concezione attuale, non solo è cura, ma anche prevenzione, riabilitazione, movimento, alimentazione, estetica e, arricchendosi di contenuti nuovi, cultura, nel senso che coniuga la salute del corpo con quella dello spirito, in un ambiente attrezzato e culturalmente stimolante. Insomma il ricorso alle terme non avviene solo in presenza di una patologia, ma anche per finalità più generali dirette al mantenimento della salute fisica e del benessere interiore. La ricerca del benessere psico-fisico è destinata ad aumentare vertiginosamente nei prossimi anni, anche perché si configura sempre più come trasversale alle classi di reddito e di età. Di fronte alla necessità di identificare strategie in grado di rispondere alla nuova domanda di terme e nel contempo di elevare il tasso di qualità dello sviluppo economico, i soggetti economici e istituzionali dell’Alta Valle del Naia hanno elaborato strategie di valorizzazione delle risorse locali volte a creare sviluppo senza compromettere la profondità storica, l’identità, l’integrità, la complessità e l’originalità del patrimonio termale, a cominciare dalla risorsa acqua. Una proposta interessante, proveniente dai comuni locali in collaborazione con le imprese idrominerali e l’Università di Roma Tre, è il progetto per l’istituzione dell’Ecomuseo della cultura termale nell’Alta Valle del Naia. L’ecomuseo in questione, al di là dell'assonanza terminologica con le tematiche ambientali, prende in considerazione tutto il territorio nelle sue componenti ambientali e antropiche, materiali e immateriali, e ne racconta la storia con l’obiettivo di favorire la presa di coscienza dell’identità da parte della società locale, di veicolare all’esterno l’immagine di San Gemini e di promuovere forme di sviluppo turistico garanti del reale aumento di valore del territorio. Il progetto si distingue per l’obiettivo dichiarato di declinare i valori storico-culturali legati all’identità termale a favore dello sviluppo locale, inteso come sviluppo basato sull’auto-organizzazione dei soggetti locali. Introduce pertanto
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un’innovazione organizzativa volta a rafforzare l’identità locale e a costruire una cultura della cooperazione intorno all’obiettivo dello sviluppo turistico. Si tratta, come è intuibile, di una proposta innovativa di uso turistico del territorio, nel senso che la trasformazione della risorsa idrica locale in prodotto turistico genera qui scelte d'uso e di valorizzazione del territorio di segno opposto a quelle tradizionali, in quanto basa il progetto turistico sul mantenimento dell’identità locale, sulla riappropriazione dei saperi e delle sapienze ambientali locali, sull’offerta integrata di beni ambientali e culturali e sul coinvolgimento di enti e soggetti privati, rappresentativi delle diverse componenti sociali. Tutto ciò al fine di creare risorse aggiuntive, da affincare a quelle già esistenti legate all’imbottigliamento delle acque minerali, in un processo di produzione e riproduzione del milieu locale. - Il secondo tipo di territorialità punta sull’agricoltura di nicchia tentando una trasformazione delle aziende in senso biologico e creando una filiera di prodotti di qualità. Contestualmente attiva componenti ambientali e culturali del milieu rurale per creare le precondizioni del turismo verde, il cui principale punto di forza è rappresentato dalla complessità e leggibilità del paesaggio rurale locale.
SLoT Amelia Lugnano in Teverina Penna in Teverina, SLoT Giove Attigliano e SLoT Alviano Guardea L’area all’interno della quale ricadono i tre SLoT coincide in gran parte con la regione storica dell’Amerino, sulla quale ha sempre avuto una posizione preminente il centro di Amelia, città umbra poi romana, posta sulla antica Vejetana, poi Amerina, che collegava Roma con Todi e Perugia. Per capire la continuità del ruolo egemone di Amelia, persistente anche nelle epoche successive fino all’attualità, occorre ricordare l’inurbamento della proprietà fondiaria nei secoli XIII e XIV che lega le aree agricole alla città tramite vincoli strettissimi, in seguito rafforzati dalla politica dello stato pontificio. Tra Sette e Ottocento una delle espressioni del ruolo di Amelia come centro organizzatore del territorio circostante è leggibile nelle ville agricole della proprietà urbana che caratterizzano il paesaggio rurale e che rappresentano una delle principali componenti del milieu. Nel corso del XIX secolo, mentre il controllo della terra va sfuggendo di mano all’aristocrazia e si fa avanti la borghesia, il sistema mezzadrile dominante si consolida sviluppando una funzione conservativa del paesaggio rurale che stenta a scomparire anche quando si apre l’epoca delle grandi trasformazioni connesse con l’esodo e la meccanizzazione dell’agricoltura. In questi ultimi decenni, il riordinamento delle strutture agrarie attraverso le piccole e medie proprietà coltivatrici convertite in agriturismi e il diffuso recupero edilizio dei casali hanno conferito nuovo valore al paesaggio. Contemporaneamente la mobilitazione dei soggetti istituzionali locali (i comuni dell’Amerino, la Comunità montana e il Parco del Tevere) ha portato all’elaborazione di strategie di conservazione delle valenze paesaggistiche locali, all’interno di un programma generale di promozione turistica delle potenzialità storico-culturali dell’area. Tali iniziative assegnano alla città di Amelia la funzione di polo di una rete di servizi e di circuiti di promozione turistica, rafforzandone il ruolo territoriale all’interno del sistema insediativo a maglie larghe della dorsale amerina e della Valle del Tevere. Le territorialità prevalenti sono pertanto connesse con la gestione e valorizzazione delle risorse primarie e con la promozione turistica.
SLoT Fabro Ficulle Monteleone d’Orvieto Montegabbione Parrano San VenanzoL’area coincide in gran parte con il sistema locale del lavoro di Fabro, identificato sulla base degli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro della popolazione locale (ISTAT 1991) e con l’ambito territoriale dell’Alto Orvietano individuato nel PTCP. Quest’area con un alto grado di ruralità e con un modesto apparato industriale ha accusato un costante depauperamento demografico, alimentato negli anni ‘50 e ‘60 dall’esodo agricolo. L’autostrada e la direttissima Roma-Firenze, invocate a gran voce all’epoca del loro insediamento, in quanto ritenute
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potenziali generatrici di economie esterne, più che fattori di sviluppo sembrano aver favorito l’emigrazione verso Roma, Viterbo e Terni. Peraltro il malessere agricolo e la flessione demografica non sono state compensate dalla crescente terziarizzazione, né dalla dinamica dell’occupazione industriale, né dall’incremento delle presenze turistiche, tuttora inferiori alla media regionale, nonostante l’affermarsi della residenza per vacanze nell’uso del patrimonio edilizio urbano e rurale. In definitiva, il profilo economico e sociale mostra quadri poco dinamici e una stratificazione sociale orientata verso il terziario tradizionale. Attualmente gran parte della progettualità attivata è finalizzata soprattutto ad un confronto tra i soggetti locali sulle politiche di tutela e valorizzazione dell’ambiente montano e collinare nel campo della salvaguardia del bosco, dello sviluppo del sistema agro-silvo-pastorale, del paesaggio e del turismo sociale, quest’ultimo tendente a soddisfare la domanda turistica di anziani e portatori di handicap. Tra i progetti attuati merita attenzione l’Ecomuseo del paesaggio dell’Alto Orvietano, promosso dalla Provincia di Terni e dal Coordinamento delle Associazioni culturali e ambientali dell’Alto Orvietano (CACAO), il quale mira all’ Heritage Interpretation, nel senso anglosassone del termine, cioè all’individuazione, conoscenza, comunicazione e valorizzazione delle componenti patrimoniali, finalizzate al coinvolgimento attivo della popolazione locale. Le azioni degli attori locali sono pertanto riconducibili all’interno di una territorialità della salvaguardia e della valorizzazione dell’ambiente montano.
SLoT Arrone Ferentillo Montefranco SLoT montano della Bassa Valnerina, estensibile anche a Polino, economicamente vitale fino alla metà del secolo scorso in quanto inserito in un sistema produttivo basato sullo sfruttamento del bosco, del pascolo e dell’agricoltura di alta quota. Per molto tempo una fitta rete di strade ortogonali all’andamento della valle è stata funzionale agli scambi e alla mobilità stagionale legata soprattutto alla transumanza. Lo squilibrio territoriale degli ultimi cinquanta anni, accompagnato da una progressiva perdita di popolazione e dalla dissoluzione degli antichi itinerari è stato attenuato dalla recente mobilitazione di soggetti promotori del turismo verde e della valorizzazione ambientale. Attualmente il ruolo della Valnerina ternana è quello di ambito ad elevato valore ambientale e paesaggistico in cui sono in corso iniziative di promozione turistica legate alle bellezze naturali e agli sport montani. I caratteri del territorio hanno pertanto favorito l’affermazione di una territorialità delle risorse primarie e di una territorialità in fieri nel settore del turismo verde e dell’accoglienza agrituristica.
SLoT Calvi Otricoli Territorio rurale dominante la Valle del Tevere e legato ai tradizionali indirizzi di produzione agricola policolturale, ancora riconoscibili negli elementi costitutivi del vecchio paesaggio agrario. E’ un territorio debolmente organizzato in rete come documenta il basso valore di aggregazione progettuale. Ciò non di meno capace di raccordare le istanze locali con iniziative sovralocali di grande impegno, come attesta la partecipazione al progetto-rete Interreg, intorno al quale si è mobilitata la rete locale per la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale della Flaminia romana. Le azioni dei soggetti locali possono pertanto essere ricondotte all’interno di una territorialità delle risorse agrarie e culturali.
Delineate così le territorialità prevalenti della provincia, indipendentemente dal livello di aggregazione progettuale raggiunto, lo studio del funzionamento dei sistemi locali territoriali, esposto qui di seguito, sarà limitato ai due SLoT a maggiore capacità interattiva, cioè Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona, ritenuti fin da ora possibili portatori di modelli di sviluppo locale.
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3.4. GLI ATTORI TERRITORIALI CHE OPERANO NEGLI SLoT TERNI-NARNI E ORVIETO-CASTEL VISCARDO-ALLERONA Utilizzando alcune variabili chiave della network analysis e dell’analisi qualitativa delle politiche territoriali, è possibile esaminare (sulla base delle informazioni desunte dalle griglie per l’analisi dei progetti) i caratteri e il funzionamento delle reti locali che operano all’interno degli ambiti territoriali individuati e verificarne la coerenza con i principi dello sviluppo locale. L’analisi delle reti rappresenta uno dei punti cardine atti a misurare il valore aggiunto territoriale e si basa su una serie di valutazioni: quella dei soggetti, delle loro strategie e delle loro motivazioni; la valutazione delle relazioni di conflittualità, di cooperazione o di complementarità tra gli attori e quella del funzionamento complessivo della rete, nell’ipotesi che solo un funzionamento innovativo, dato cioè da un aggregato di attori consapevoli dell’identità locale e capaci di comportamenti collettivi autonomi, permetta l’attivazione di processi di sviluppo locale. In stretta relazione con gli ambiti spaziali disegnati dalle aggregazioni progettuali si delineano reti locali caratterizzate da modalità auto-organizzative diverse e aventi differenti capacità di costruire sinergie. Prima di entrare nel merito della valutazione delle due reti a maggiore capacità interattiva, appare utile trattare brevemente alcuni aspetti generali emergenti dal quadro complessivo degli attori operanti nell’ambito della provincia e riconducibili alle dinamiche qui di seguito sintetizzate:
� l’affermazione degli attori istituzionali nel quadro complessivo dei soggetti territoriali. Tra i soggetti propulsivi, particolarmente attivi, emergono la Provincia e i Comuni di Terni, Narni e Orvieto
� la formazione di soggetti pivot e di soggetti mediatori tra il globale e il locale; � il rafforzamento delle società locali e del loro grado di autonomia in opposizione a
forme di governo eterodirette, cioè la progressiva costruzione di un capitale sociale territoriale (Cst).
� l’aumento della fiducia nelle istituzioni pubbliche e nella loro capacità di guidare processi di sviluppo autocentrato.
� l’emergere di una conoscenza contestuale, fondata sulle competenze storicamente depositate sul territorio (spesso in contrasto con la conoscenza codificata degli esperti), accompagnata da una maggiore capacità di integrazione delle competenze presenti.
� la creazione di un effetto permanenza generato dagli accordi fra attori, cioè la produzione di relazioni intersoggettive destinate a durare nel tempo che favoriscono la realizzazione di nuovi progetti e nuove politiche.
� il costituirsi di relazioni intersoggettive che appaiono frutto del ruolo pivot dei soggetti istituzionali, più che di un’auto-organizzazione spontanea.
� la nascita di nuovi attori istituzionali (come il Consorzio per le aree industriali Terni Narni, il Consorzio Crescendo, il Parco scientifico e tecnologico Umbria Innovazione, l’ICSIM, l’Osservatorio chimico provinciale di Terni, il Centro studi città di Orvieto ) e l’emergere di soggetti fino ad anni recenti poco presenti sulla scena territoriale (come la Regione, l’UE, le Associazioni di categoria, le Comunità montane e le PMI).
Tali dinamiche concernenti la mobilitazione delle reti locali pongono l’accento su alcune problematiche che meritano di essere trattate brevemente. Innanzitutto evidenziano la transcalarità delle relazioni tra i soggetti territoriali che partecipano alla formazione dei sistemi territoriali. Nel processo di ricomposizione territoriale osservato intervengono attori multiscalari, cioè appartenenti contemporaneamente a scale diverse, da quella locale a quella europea e a quella globale. E’ innegabile che la transcalarità delle relazioni rappresenti una
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risorsa particolarmente importante per i sistemi territoriali, in quanto utile alla loro riproduzione.Un’altra problematica che giova sottolineare coincide con il ruolo rivestito dagli organi istituzionalilocali nella mobilitazione delle reti. Rispetto al passato, questi hanno modificato il proprio modello comportamentale, indirizzando le azioni verso una maggiore autonomia, nel senso che appaiono orientati ad assumere l’idea che è giunto il momento di uscire dalla fase adattiva, in cui le trasformazioni sono state dettate dall’adattamento a decisioni esogene e di imprimere una svolta alla vita della provincia, per entrare in una fase di auto-organizzazione dei soggetti e delle risorse endogene. Da qui il ruolo guida delle istituzioni nell’attivazione di canali di informazione sulle opportunità di finanziamento, nel monitoraggio delle potenzialità del territorio, nella ridefinizione delle relazioni che legano l’area alla rete globale e i soggetti al milieu locale e nell’attivazione di logiche concertative per risolvere i conflitti e per superare l’impasse tra progettualità e competenze spaziali. Naturalmente, non tutti i livelli istituzionali presenti sul territorio partecipano con lo stesso grado di mobilitazione al cambiamento in atto; alcuni sono più attivi, come la Provincia e i Comuni di Terni, Orvieto e Narni. Per quanto attiene al ruolo della Provincia, si evidenziano alcuni caratteri che meritano di essere sottolineati.
� La capacità di trasformare un’azione di governo dall’alto in stimoli forti per dare vita a forme di concertazione e di cooperazione, particolarmente opportuni in un contesto provinciale connotato da una tradizionale frammentazione.
� L’assunzione di un ruolo mediatore con il mondo globale, finalizzato all’adeguamento di risorse, idee e finanziamenti esogeni ai diversi contesti locali.
� La capacità di creare condizioni favorevoli allo sviluppo di rapporti sociali. � L’elaborazione di una rappresentazione unitaria degli interessi. � La capacità di sostenere le azioni dal punto di vista tecnico, finanziario e organizzativo. � L’esistenza di un forte collegamento tra i progetti di valorizzazione del patrimonio
locale e le politiche di sviluppo, dovuto alla visione non riduttiva che questo attore possiede.
� La convinzione che il governo del territorio debba mutuare stimoli dalle società locali.
Limitando l’analisi alle due aggregazioni territoriali a maggiore capacità interattiva, giova rilevare alcune valutazioni sul funzionamento delle rispettive reti. L’esame comparato dei progetti riferiti al sistema Terni Narni (fig. 68) mostra la presenza di una rete stabile e di un’interazione ampia e differenziata che coinvolge soggetti storici e nuovi, attori locali e sovralocali, pubblici e privati. La rete locale appare particolarmente articolata e rappresentativa delle diverse componenti sociali e dei differenti ambienti di vita: istituzionale, economico, culturale e sociale. Oltre alla presenza ripetuta della Provincia tra i soggetti promotori, emerge il ruolo egemone del Comune di Terni che agisce come soggetto promotore ad un livello scalare che supera il raggio di azione istituzionale. La presenza costante di questo attore collettivo nei progetti esaminati è evidente. Tale dinamismo è sintetizzabile in un insieme di competenze che vanno nella stessa direzione di quelle della Provincia.
� La capacità di instaurare relazioni traslocali e sovralocali. � L’abilità di adeguare gli stimoli finanziari e progettuali provenienti dall’esterno al
disegno della città, garantendo autonomia al contesto locale. � La capacità di costruire una territorializzazione endogena � La capacità di coniugare la patrimonializzazione culturale con le esigenze del mondo
produttivo locale e con il rilancio della competitività territoriale, vale a dire di trasformare le ragioni dello sviluppo e quelle della tutela in ragioni comuni.
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� La capacità di raccordare le molteplici istanze particolaristiche ai nuovi grandi temi urbani, al fine di ridefinire l’identità ternana.
Il Comune di Terni può essere considerato un soggetto storico, nel senso che da tempo svolge un ruolo attivo sul territorio, capitalizzando le esperienze che via via è venuto maturando, soprattutto nel campo dell’urbanistica ed in particolare del recupero delle aree dismesse. Essendo un soggetto territoriale con consolidate tradizioni di governance usa le politiche urbane e territoriali come uno strumento di interazione con la società locale, creando una relativa coesione sociale. Certamente rappresenta un punto di riferimento, un fattore decisivo e un supporto importante per l’ampia rete locale che nel tempo è venuta costituendosi. Oltre ad un’azione promotrice, svolge un’azione pivot, nel senso che tiene alta l’attenzione intorno ad una iniziativa e spinge nella direzione della realizzazione del progetto, spesso trasformando la sua specifica visione in una visione condivisa. Questo ruolo è evidente in progetti come il Prusst di Terni e Narni Il Nera dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile, in cui il Comune di Terni è impegnato a ricondurre progetti e azioni all’interno di una strategia comune. Anche all’interno del Pit, coordina molte iniziative, come pure è centrale il ruolo dell’amministrazione comunale nel progetto per il Polo Universitario Integrato, in cui svolge compiti di coordinamento, assistenza tecnica, informazione e collegamento con il livello sovralocale, in particolare l’Ateneo perugino, la Regione e il Governo. Svolge un ruolo analogo nei progetti connessi con la promozione del turismo in un’ottica di programmazione integrata degli interventi e di diversificazione dello sviluppo economico, come nel Progetto Integrato Marmore-Piediluco-Papigno e nel Parco del Nera in cui coinvolge attori pubblici e privati attivando iniziative in forma partecipata. Parimenti importante è il ruolo del comune nel progetto per la Mobilità intermodale. La base logistica di Terni prevista dal nuovo PRG è vista dall’amministrazione comunale come un’opportunità per rispondere all’esigenza dell’industria locale di movimentare grandi quantità di merci. Dall’analisi della rete locale si evince l’esistenza di un’interazione che si appoggia anche su altri soggetti istituzionali, tra i quali in prima istanza il Comune di Narni. Questo attore pubblico svolge un importante ruolo co-promotore, evidente nei progetti di ampio respiro e una palese funzione pivot in progetti specifici. Nel progetto ad esempio per il Parco dei laghi coinvolge gli attori attivi nella conservazione e valorizzazione ludico-ricreativa del patrimonio naturale della Bassa Valle del Nera, in quello per il Centro produzioni artistiche mira a costruire interrelazioni con il polo cinematografico di Papigno, il Videocentro di Terni, il Corso universitario in Scienze e tecnologie della Produzione artistica e con le opportunità derivanti dal riuso della SPEA e della Rocca di Narni. Il ruolo propulsivo degli attori istituzionali deriva spesso dal fatto di svolgere la funzione di soggetti trasversali, vale a dire di soggetti mediatori tra il locale e il globale. Nel Contratto d’area ad esempio questo ruolo è svolto da Sviluppumbria: attore con compiti di coordinamento, assistenza tecnica e informazione che garantisce il collegamento e l’interazione tra il sistema locale e il livello nazionale ed europeo, soprattutto per quanto concerne l’accesso ai finanziamenti. Oltre al ruolo di coordinamento dei soggetti firmatari del Contratto d'Area, Sviluppumbria funge in particolare da soggetto intermediario con il Ministero delle Attività Produttive e con l’Unione Europea. Nel progetto dell’Osservatorio chimico provinciale di Terni, la Provincia svolge, oltre al ruolo pivot, anche quello di mediazione con l’Osservatorio chimico nazionale. Anche nell’Agenda 21 della conca ternana la Provincia svolge un ruolo mediatore, questa volta con la Comunità Europea e la Regione. Nel Gal ternano-narnese, la Regione, pur non figurando come socio, provvede alla gestione amministrativa dei fondi e si pone come attore trasversale tra l’Associazione e la Commissione Europea.
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Negli ultimi anni la mobilitazione degli attori istituzionali è sostenuta dalla nascita di nuovi soggetti,come il Parco scientifico e tecnologico Ptu-Sithec, oggi Umbria Innovazione, l’ICSIM, il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali e l’Osservatorio chimico provinciale di Terni. Il Parco Umbria Innovazione, operante nel campo della cooperazione in materia di R&S tra le PMI umbre e soggetti sovralocali qualificati nel settore della ricerca e della tecnologia, sorge nel 1994; l’ICSIM, volto alla conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio storico di origine industriale si costituisce come associazione senza fini di lucro nel 1995; l’Osservatorio chimico provinciale, operante nel campo del monitoraggio, rifunzionalizzazione e messa in sicurezza dei siti chimici dismessi di Narni e Terni, al fine di attrarre nuova imprenditorialità e favorire la nascita di sistemi integrati tra la grande industria chimica e la piccola e media impresa, è avviato nel 2003; il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali, preposto alla reindustrializzazione dell’area e strettamente collegato al Contratto d’area nasce nel 1997. In particolare promuove le condizioni per la creazione e sviluppo di attività produttive e allo scopo gestisce e realizza infrastrutture e servizi alle imprese. L’ampiezza della rete si misura anche attraverso il coinvolgimento di attori tradizionalmente poco presenti sulla scena territoriale. Oltre ad una maggiore presenza della Regione rispetto al passato, appaiono più partecipi anche le imprese e le associazioni di categoria (coinvolte in progetti come l’Osservatorio chimico provinciale di Terni, il Contratto d’area, il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali, Leader Plus, Patto Verde TAN, Umbria Innovazione, PIT e DocUP), nonché le banche (coinvolte in progetti come il Polo universitario integrato, il Contratto d’area e Umbria Innovazione). In particolare, il Parco scientifico e tecnologico Umbria Innovazione raccoglie 92 associati, afferenti a 5 categorie: enti pubblici (regione, provincia, comuni di Terni e Narni), associazioni di categoria, centri di ricerca e formazione (ISRIM, CSM, Formit, Università di Perugia, BIC Umbria), banche e finanziarie locali, AST e oltre 60 PMI locali. La presenza delle piccole e medie imprese rurali, tra gli attori generalmente assenti dalla progettualità locale, rappresenta il punto di forza del Gal ternano-narnese, afferente al programma Leader Plus e coinvolgente 35 soci, tra i quali le associazioni di categoria (Coldiretti, Conf. Ital. Agricoltori, Confcooperative, Confagricoltura, Confartigianato, Lega Coop, Confcommercio, Conf. Nazionale artigianato e Camera di Commercio). Anche il Patto Territoriale Verde TAN coinvolge le associazioni di categoria del settore agricolo e artigianale e ben 70 imprese agroalimentari, realizzando una rete ampia e articolata. Le grandi imprese chimiche, fino a questo momento estranee alla progettualità locale, sono coinvolte nelle iniziative dell’Osservatorio chimico provinciale di Terni, promosso dall’Osservatorio chimico nazionale, la Provincia di Terni, la Regione e il Comune di Narni. Anche la rete attivata dal Contratto d’area, all’insegna del partenariato sociale, coinvolge attori tradizionalmente poco presenti: pubblici e privati, locali e sovralocali, come i sindacati, il Governo, le banche e le imprese. Il Contratto e’ stato sottoscritto dai rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dei Ministeri del Tesoro, Lavoro e Industria, dalla Regione, dalle Province di Perugia e Terni, dai Comuni di Terni, Narni e Spoleto, dalle organizzazioni sindacali e dalle imprese titolari dei progetti di investimento. Degna di nota è anche l’Agenda 21 conca ternana, che attiva sinergie di rete e migliora il rapporto tra soggetti deboli e amministrazioni, aumentando gli spazi della partecipazione pubblica. Rispetto ai soggetti suddetti, la grande impresa siderurgica, che nel passato ha giocato un ruolo fondamentale nell’organizzazione del territorio ternano-narnese, è di gran lunga meno attiva nell’attuale fase di svolta. Le sinergie che crea non fuoriescono dall’ambiente economico e raramente sono agganciate a progetti di trasformazione territoriale. Volendo valutare l’intensità e la valenza dei legami sociali, occorre riconoscere la capacità della rete di operare in certe circostanze come un attore collettivo, anche se più che il risultato di una auto-
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organizzazione spontanea, ciò appare la conseguenza delle azioni degli attori istituzionali, in particolare il Comune di Terni e la Provincia, capaci di gestire in maniera efficace le proprie competenze e i propri strumenti di governo, attori che da tempo hanno dimostrato di avere interessi comuni e medesime finalità.Tuttavia se è vero che nell’interazione tra i soggetti del sistema gioca un ruolo importante la presenza di istituzioni particolarmente dinamiche è anche vero che nei meccanismi di cooperazione intersoggettiva intervengono altre “forze”, come la prossimità culturale, cioè il sistema dei valori e delle credenze che distinguono il territorio locale. In altri termini la capacità di instaurare logiche di cooperazione tra attori economici, culturali, politici e sociali affonda probabilmente le proprie radici anche nella cultura industriale, all’interno della quale è maturato un sistema di risorse, attori e connessioni, in grado di creare sapienze, competenze, sinergie e organizzazioni utili nell’attuale fase di svolta. Si tratta di una cultura industriale formata soprattutto da una cultura tecnica (rappresentata dai saperi di intere generazioni di operai che hanno acquisito capacità e specializzazione grazie alla pratica del learning on job), da una solida tradizione di formazione professionale da tempo istituzionalizzata, da un radicato associazionismo politico, di fabbrica e assistenziale e da un quadro istituzionale consapevole delle regole dello sviluppo industriale. La progressiva costruzione di tali connessioni tra gli ambienti politico, sociale, formativo ed economico costituisce indubbiamente una buona base di partenza per creare sinergie e logiche cooperative. Alla luce dell’analisi delle reti, i progetti di trasformazione territoriale dello SLoT Terni-Narni appaiono come l’esito di azioni e pratiche sociali derivanti dall’auto-organizzazione dei soggetti territoriali, impegnati nello sforzo di gestire le dinamiche del sistema di cui sono parte integrante. Appare confermata dunque l’ipotesi di un sistema territoriale, al cui interno i soggetti locali siano in grado di esprimere un’identità collettiva.
Nell’ambito dello SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona, il primo dato che emerge dall’analisi della rete locale è il periodo relativamente recente in cui questa si forma. I soggetti si affermano sulla scena della valorizzazione territoriale sovracomunale a partire dalla metà degli anni ’90, anche se la genesi della rete locale si può far risalire ai primi anni ‘80, con il “Progetto Orvieto”, in cui l’amministrazione comunale propone la nuova rappresentazione di Orvieto come città-territorio fortemente integrata e fondata sulla messa in valore delle potenzialità locali. Ciò spiega la minore aggregazione della progettualità rispetto allo SLoT Terni-Narni, la più limitata ampiezza e diversificazione della rete e pertanto il carattere ancora “incompleto” del sistema territoriale locale. Sebbene progetti come il Leader II, il Prusst San Pietro in Tuscia, il Patto Territoriale Vato Verde e il PAAO (Parco Archeologico-Ambientale dell’Orvietano), mettano in luce ampie aggregazioni di interessi a scala comprensoriale e interazioni perfino transregionali, la stabilità e la rappresentatività della rete è ancora da costruire (fig.69). Il Prusst San Pietro in Tuscia, ad esempio, riguardante un’area transregionale ricadente in Umbria, Lazio e Toscana, sebbene costruisca una rete ampia formata da numerosi soggetti locali e sovralocali, mobilita prevaletemente gli attori istituzionali, limitando la rappresentatività della rete. Ciò non di meno, alcuni soggetti territoriali svolgono un ruolo propulsivo nella costruzione di sinergiee nell’individuazione delle componenti del milieu suscettibili di prese per lo sviluppo locale. In particolare si distingue il ruolo della Provincia, presente in quasi tutti i progetti e promotrice di molti di essi. Emblematico è il progetto per la Strada dei vini etrusco-romana, in cui l’amministrazione provinciale costituisce un riferimento importante per la rete locale costituita, oltre che dai comuni interessati, da attori privati, come le aziende vitivinicole, gli operatori della ricettività e le imprese artigianali.
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Nella costruzione dei rapporti intersoggettivi si distingue poi l’azione promotrice del Comune di Orvieto, che in alcuni casi, come nei progetti Sportello Unico e Consorzio Crescendo, travalica i confini dello SLoT e investe la scala comprensoriale. Il Comune di Orvieto è il soggetto capofila del PAAO, all’interno del quale svolge un ruolo mediatore tra il livello locale e quello regionale. Appare centrale anche nel portare avanti il progetto per il Parco Urbano e Territoriale del Paglia, all’interno del quale coordina le associazioni sportive, il Consorzio di bonifica e gli attori privati. Particolarmente attivo è anche nel progetto per la strada dei vini etrusco-romana. Peraltro la sua attività è riconducibile soprattutto nell’ambito della riqualificazione dei grandi contenitori urbani abbandonati all’interno della nuova rappresentazione di Orvieto come Città-sistema, a favore della quale il comune, come si assume un ruolo pivot particolarmente attivo nella mobilitazione della rete locale. Significativo è il ruolo della Comunità Montana Monte Peglia Selva di Meana, che partecipa attivamente a gran parte delle iniziative di valorizzazione, assumendo un ruolo promotore in progetti come il Patto Territoriale Vato Verde, il Leader II, il PAAO e lo STINA (Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale). In quest’ultimo la Comunità montanasvolge il duplice ruolo del soggetto pivot e del soggetto gestore, cui sono delegate: l’individuazione di sistemi ambientali e culturali e l’elaborazione del Piano e del Regolamento dello STINA. Anche nel patto territoriale monotematico VATO, che ha come base programmatica un protocollo di programmazione concertata, la Comunità montana svolge un ruolo promotore insieme alle Province di Siena, Perugia e Terni, alle Comunità Montane dell'Amiata Senese, del Monte Cetona e dei Monti del Trasimeno e alla società consortile a responsabilità limitata Patto Duemila. Partecipa inoltre al Gal Trasimeno Orvietano, insieme alla Comunità Montana Monti del Trasimeno. Figura infine tra i soggetti promotori del PAAO accanto alla Provincia di Terni e ai comuni dell’orvietano area obiettivo 2 (DocUP 2000-2006). L’azione dei soggetti istituzionali del sistema orvietano è sostenuta dalla nascita di nuovi attori territoriali, come il Gal Trasimeno Orvietano ( 1994) e il Consorzio Crescendo ( 1998). Il Primo nasce in funzione del Programma comunitario Leader II e svolge attività di coordinamento e di gestione tecnico - amministrativa di piani e progetti integrati a sostegno dello sviluppo socio-economico delle aree rurali. Il Gal è tra i pochi progetti che, oltre a costituire una rete ampia, aggrega anche attori tradizionalmente esclusi, ponendosi come un soggetto referente forte, con compiti trasversali di collegamento con il globale. Il Consorzio si configura come Ente Pubblico Economico, che opera nel campo dello sviluppo di attività produttive e della rifunzionalizzazione delle aree dismesse, creando sinergie di rete tra istituzioni e imprese. Tra i progetti in atto, lo STINA e il PAAO configurano senz’altro un’innovazione organizzativa dovuta, nel primo, all’adozione di una logica inclusiva e di un modello gestionale integrato e, nel secondo, al tentativo di gestire “localmente” il patrimonio archeologico normalmente oggetto di tutela della Soprintendenza. E’ da notare inoltre che il Patto Territoriale VATO, il Gal e La strada dei vini si confermano esperienze importanti per la crescita dell’interazione tra i soggetti locali. Tuttavia non si può ancora parlare della formazione di una rete stabile, anche se in questi progetti è evidente la ricorrenza degli stessi soggetti: i comuni, la provincia, la comunità montana, le associazioni di categoria e le piccole e medie imprese del settore agrituristico.
1 2 3 4
PIT - Progetto Integrato Territoriale Ternano Narnese Amerino
Patto Verde Ternano Narnese Amerino
Leader Plus - Gal ternano Consorzio AMU - Acque Minerali Umbre
StatoMin. Amb., Min. Beni Amb. e Cult.
Regione Umbria Umbria
Provincia Terni Terni Terni
Comuni
Terni, Narni, Amelia, Acquasparta, Alviano, Arrone, Attigliano, Avigliano, Calvi, Ferentillo, Giove, Guardea, Lugnano, Montecastrilli, Montefranco, Otricoli, Penna in Teverina, Polino, Sangemini, Stroncone
Acquasparta, Alviano, Amelia, Arrone, Attigliano, Avigliano, Calvi, Ferentillo, Giove, Guardea, Lugnano, Montecastrilli, Montefranco, Narni, Otricoli, Penna in Teverina, Sangemini, Stroncone, Terni.
Terni, Narni, Stroncone Acquasparta, Amelia, Avigliano U., Massa Martana, San Gemini
Com.Montana
Valle del Nera e Monte S. Pancrazio, Amerino-Croce di Serra
Valle del Nera e Monte S. Pancrazio, Amerino-Croce di Serra
Valle del Nera e Monte S. Pancrazio, Amerino-Croce di Serra
Parchi
Associazionidi categoria
Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura di Terni, Associazioni di categoria del settore agricoltura (C.I.A. U.P.A. Col diretti), Sindacati Confederali
Camera di Commercio di Terni, Fed. Prov. Coltiv. Diretti di Terni, Ass. artigiani prov. di Terni, Unione provinciale agricoltori di Terni, Confed. Nazionale dell’artigianato e della piccola media impresa,CIA - Conf. Ital. Agricolt., Confcommercio, Confcooperative, Confagricoltura, Confartigiananto,Lega Coop
Imprese(PMI,multinazionali)
ENDESA 70 aziende del settore agro-alimentare
Aziende agricole, Società Idrologica Umbra, Health Center Messegué, Hotel delle Terme S. Faustino
Università,Centri di ricerca e parchiscientifici e tecnologici
Università di Perugia
Sviluppumbria
Istituti di credito
Altri soggetti pubblici e privati
Consorzio aree industriali TNS, ENEL, ARPA, AGESA, ASL, ACEA, RFI
Gruppo di Azione Locale ternano-narnese Consorzio produttori agricoli Acque Minerali Umbre
LEGENDA soggetti promotori; soggetti pivot
Soggetticoinvolti
Fig. 68 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Terni-Narni
PROGETTI
5 6 7 8 9
Antiche Vie dal Mediterraneo ai Balcani
Pruust "Il Nera dalla prima industrializzazioneallo sviluppo sostenibile"
Umbria Innovazione Mobilità IntermodalePolo Universitario Integrato
Umbria Umbria Umbria Umbria Umbria
Terni Terni Terni Terni
Acquasparta, Avigliano Umbro, Montecastrilli, Narni, Otricoli, San Gemini, Terni
Terni, Narni Terni, Narni Terni, Narni
Associazioni di categoria Associazioni di impresa
Camera di Commercio,Assindustria,Confapi Terni
Ampia rete di imprese private, AST e oltre 60 PMI locali Imprese locali e sovralocali
del settore logistica
Centri di ricerca e formazione (ISRIM, CSM, Formit), Università di Perugia
Università di Perugia
Sviluppumbria Sviluppumbria
Banche e finanziarie locali Fondazione CARIT
Soprintendenza archeologica, Direzione scolastica regionale Bic Umbria
PROGETTI
Fig. 68 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Terni-Narni
10 11 12 13
Osservatorio chimico provinciale di Terni
Parco Archeologico Industriale IntrapresaContratto d’area Terni Narni Spoleto
Osservatorio Chimico Nazionale,Ministero dell’Industria, del Ministero dell’Ambiente, del Commercio estero, dell’Università e della Ricerca Scientifica e della Sanità.
Presidenza del Consiglio, Min. del Tesoro, del Lavoro, delle Attività Produttive
Umbria Umbria Umbria
Terni Terni, Perugia Terni Terni e Perugia
Narni Terni, Narni Narni, Terni, Orvieto, Spoleto Terni, Narni, Spoleto
Federchimica e di Unionchimica, Associazione Industriali di Terni, CONFAPI, CNA Terni, Organizzazioni sindacali territoriali e di categoria, Consorzio delle aree industriali Terni Narni Spoleto
Camera di Commercio di Terni
CGIL,CISL, UIL nazionali, provinciali e territoriali, Consorzio aree industriali Terni Narni,Associazioni Industriali PG e TR, API di Terni e Perugia, Associazioni dell’Agricoltura, dell’artigianato, del Commercio,della Cooperazione di Perugia e Terni, CGIL,CISL,UIL nazionali, provinciali e territoriali
Imprese chimiche Imprese ammesse
Fondazione Adriano Olivetti, ASSI - Associazione Studi Storia d'Impresa, ISUC - Ist. Per la Storia dell'Umbria Contemp.,TICCIH - Cultural Industrial Heritage, AIPAI -Assoc. Ital. Patrimonio Archeolog.,CSM - Centro Sviluppo Materiali, ANAI - Ass. Naz. Archivistica Italiana
ISRIM, Ptu Sitech,
Sviluppumbria
Cassa di Risparmio di Spoleto, Banca Popolare di Spoleto, Cassa di Risparmio di Terni e Narni
ICSIM - Istituto per la Cultura e la Storia d'Impresa "Franco Momigliano" SPI spa, Gepafin spa
PROGETTI
Fig. 68 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Terni-Narni
14 15 16 17 18 19 20
Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali Terni Narni Spoleto
Parco dei Laghi della Conca ternano-narnese
CentroProduzioniArtistiche
Agenda 21 conca ternana
Accordo di pianificazioneconca ternana
Docup C4 conca ternana - Valnerina
Strada dell'olio extra vergine DOP Umbria
Presidenza del Consiglio
Umbria Umbria Umbria Umbria
Terni Terni Terni Terni Terni Terni
Terni, Narni, Spoleto Terni, Narni Narni,Terni Narni, TerniTerni, Narni, Stroncone, San Gemini
Terni, Narni, Arrone, Ferentillo, Montefranco,Polino
Amelia, Arrone, Ferentillo, Narni, Stroncone, Terni, Trevi, Spoleto
Valle del Nera e Monte San Pancrazio
Valle del Nera e Monte S. Pancrazio
Parti sociali
AssociazioneProduttori olivicoli di Perugia, altre associazioni di categoria degli agricoltori
Imprese Imprese del settore turistico-ricettivo
Università di Perugia
Sviluppumbria
DITT-DistrettoTuristico di Terni
Fig. 68 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Terni-Narni
PROGETTI
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FIG. 69 - I SOGGETTI DELLA VALORIZZAZIONE TERRITORIALE NELLO SLoT ORVIETO CASTEL VISCARDO ALLERONA
1 2 3
Leader Plus - Gal Trasimeno Orvietano
Patto territoriale Vato Verde Prusst "S.Pietro in Tuscia ovvero il
territorio degli Etruschi"
Stato
Regione Lazio, Toscana, Umbria
Provincia Terni e Perugia Terni, Siena, Perugia Civitavecchia, Terni, Viterbo, Grosseto
Comuni
Montegabbione, Monteleone d'Orvieto, Orvieto, Allerona, Parrano, Porano, Castel Viscardo, Castel Giorgio, Fabro, Ficulle, SanVenanzo + 8 Comuni della provincia di Perugia
Orvietano: Allerona,Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Fabro, Ficulle, Montecchio, Montegabbione, Monteleone d'Orvieto, Orvieto, Parrano, Porano, San Venanzo; 16 in provincia di Siena (Valdichiana, Amiata), 10 in provincia di Perugia (Trasimeno)
92 comuni delle province di Civitavecchia, Viterbo e Terni (Orvieto e Allerona,Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Fabro, Ficulle, Montecchio, Montegabbione, Monteleone d'Orvieto, Orvieto, Parrano, Porano, San Venanzo
Com. MontanaMonte Peglia Selva di Meana (TR), Monti del Trasimeno (PG)
Monte Peglia e Selva di Meana (TR), Amiata Senese (SI), Monte Cetona, Monti del Trasimeno (PG)
Parchi
Associazioni di categoria
Confcommercio, Confartigianato Regionale, Coldiretti, AIAB Umbria, APT del Trasimeno, CNA Perugia, CIA di Orvieto
Associazioni di categoria, Consorzi di sviluppo operanti sul territorio, Camere di commercio
Imprese6 cooperative, 3 Aziende agricole,Euroservice S.r.l., 3 società di servizi
PMI
Università, Centri di ricerca e parchi
scientifici e tecnologici
Sviluppumbria
Istituti di credito
Banca dell'Umbria, Banca Trasimeno-Orvietano, Credito Cooperativo, Cassa di Risparmio di Orvieto,
Banche, finanziarie regionali
Altri soggetti pubblici e privati
Gruppo di Azione Locale Trasimeno-Orvietano , Istituto Socio Assistenziale
Società consortile "Patto Duemila"*
LEGENDA soggetti promotori; soggetti pivot
Soggetti coinvolti
Fig.69 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Orvieto Castel Viscardo Allerona
PROGETTI
4 5 6 7 8 9
Sportello Unico per le Attività
Produttive Orvieto
Parco Archeologico-Ambientale d. Orvietano
- PAAO
S.T.I.N.A.- Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale
Consorzio CrescendoParco urbano e
territoriale del Paglia
Strada dei vini etrusco-romana nella provincia di
Terni
Min. Politiche Agric. e forestali
Terni Terni Terni Terni
Orvieto
Orvieto, Allerona, Baschi, Castel Giorgio, Castel Viscardo, San Venanzo, Parrano, Porano, Montecchio,Montegabbione
AlleronaOrvieto, Allerona, Baschi, Castelgiorgio, Castel Viscardo, Fabro
Orvieto
Orvieto, Allerona, Amelia, Castelviscardo, Lugnano in T.,Ficulle, Montecchio, San Venanzo
Monte Peglia-Selva di Meana
Monte Peglia - Selva di Meana
Monte Peglia-Selva di Meana
Parco Fluviale del Tevere
FIPS - Federazione Italian Pesca Subacquea, associazioni sportive
Camera di Commercio di Terni, CNAOrvieto, Federazione Provinciale Col diretti Terni, Associazione Artigiani Terni, ConfederazioneItaliana Agricoltori Orvieto, Unione Provinciale Agricoltori Terni, Assindustria Pro Vicinia Terni
PMIAziende vitivinicole, operatori del turismo, agricoltori, imprese artigianali
Università di Perugia, Istituto sperimentale per la silvicoltura (AR)
Sviluppumbria Sviluppumbria
finanziaria della regione
Sovrintendenzaarcheologica dell’Umbria Consorzio di Bonifica Consorzio Orvieto Promotion,
Consorzio Tutela Vini Orvieto
Fig.69 - I soggetti della valorizzazione territoriale nello slot Orvieto Castel Viscardo Allerona
PROGETTI
111
3.5. LE COMPONENTI DEL MILIEU ATTIVATE DAI PROGETTI: I GRANDI TEMI TERRITORIALI Le modalità di attivazione delle componenti del milieu da parte dei progetti considerati, costituiscono un altro aspetto nodale che consente la misurazione del valore aggiunto territoriale e pertanto la valutazione dello sviluppo locale. In via generale si può osservare (figg. 70 e 71) una generale lettura innovativa dei sedimenti territoriali, in alcuni casi quasi sovversiva, in quanto basata sulla riscoperta di componenti del milieu per lungo tempo dimenticate, cioè non identificate più come risorse.
Nell’ambito dello SLoT Terni Narni le componenti del milieu attivate riguardano in maniera più o meno esplicita il patrimonio industriale, cosa che denota la presenza di un forte riconoscimento dell’identità locale (fig.70) Tale riconoscimento identitario si integra con le esigenze e le attese degli attori territoriali, pubblici e privati e con le loro immagini di cambiamento. Ciò che gli attori locali si auto-rappresentano come milieu industriale è un insieme di componenti materiali e immateriali, in cui le seconde hanno almeno la medesima rilevanza delle prime. Questo probabilmente dipende dal tipo di milieu presente nell’area, nel senso che i processi di sviluppo industriale sono espressione di una ridefinizione di valori, di abitudini di vita, di rapporti, di conoscenze tecniche e di competenze professionali, prima ancora che di strutture materiali. Tra le componenti immateriali attivate emergono: le abilità, i saperi, le conoscenze legate ai settori produttivi di base, le competenze tecniche e le specializzazioni, la cultura operaia e la memoria collettiva. Tra le componenti materiali hanno un indiscutibile rilievo le aree dismesse,riconosciute innanzitutto come espressioni di archeologia industriale e pertanto oggetto di attribuzioni di valori storico-culturali, ma anche come occasioni di riqualificazione e di trasformazione territoriale. Degna di nota è la reinterpretazione di componenti ambientali, come la Cascata delle Marmore e il fiume Nera, guardati nell’ultimo secolo con l’occhio dello sfruttamento energetico e dell’insediamento industriale e ora reinterpretati come beni spendibili per soddisfare la domanda fruitiva locale e quella turistica. Nell’insieme il milieu industriale ternano-narnese è percepito dai soggetti locali come un patrimonio spesso, ricco di potenzialità e plurispecializzato, suscettibile di diverse forme di valorizzazione connesse con:
� la tutela, la conservazione attiva e la trasmissione della memoria industriale (Parco archeologico-industriale, Prusst);
� il trasferimento delle conoscenze e delle innovazioni (Umbria Innovazione); � il potenziamento dell’alta formazione (Polo Universitario, Centro Produzioni
Artistiche, Pit);� la reindustrializzazione e la diversificazione produttiva (Contratto d’area, Consorzio per
lo sviluppo delle aree industriali, Osservatorio chimico provinciale, Intrapresa, Pit, Mobilità intermodale);
� lo sviluppo della filiera cinema-multimediale (Pit, Centro Produzioni Artistiche); � lo sviluppo del turismo (Parco Fluviale del Nera, Prusst, DocUP C4).
Il Parco Archeologico-industriale o Museo a cielo aperto è uno dei progetti operanti nell’ambito della conservazione attiva ed è connesso all’idea di Terni come capitale italiana dell’archeologia industriale. Viene pensato e progettato come parte integrante del sistema museale a rete dell’Umbria. Secondo quanto specificato nell’Accordo di Programma del 2000 (firmato dalla Regione Umbria, dalla Provincia di Terni, dal Comune di Terni e dal Comune di Narni), la conca ternana ospita un patrimonio di eccezionale valore nel contesto europeo, dovuto allo spessore dell’eredità industriale (manufatti e reperti dell’età industriale,
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documentazione cartacea, fotografica e iconografica). Tale eccezionalità è rivendicata ed affermata come risorsa dell’intera regione. Il progetto guarda al territorio locale come ad un vero e proprio museo a cielo aperto, costituito da un insieme organizzato e integrato di servizi culturali: biblioteca, pinacoteca, archivi, centri di documentazione, musei del ferro, dell’energia, delle armi, della cartolina illustrata, del lavoro femminile e della città, con le relative strutture di accoglienza e supporto. Anche i sedimenti del milieu attivati dal Prusst, numerosi e diversificati, sono interpretati come occasioni di conservazione attiva dell’eredità del passato legata alla grande dismissione industriale, ai caratteri naturalistico-ambientali, al sistema delle infrastrutture, al sistema delle acque e dei borghi storici. Il Contratto d’area è un progetto operante a favore della reindustrializzazione e diversificazione produttiva, un altro dei grandi temi territoriali. Costituisce lo strumento operativo di un programma finalizzato alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione nei settori dell'industria, agroindustria, servizi e turismo, attraverso condizioni di massima flessibilità amministrativa ed in presenza di investimenti qualificati, nonché di relazioni sindacali e di condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli. Tra le iniziative promosse, istituisce il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali, il quale, come già detto, cura i progetti di sviluppo produttivo, acquista ed espropria le aree destinate alla produzione, gestisce opere e servizi di interesse industriale e promuove la costituzione di società consortili. Anche l’Osservatorio chimico provinciale opera a favore del sistema produttivo, facendo leva sulla comune identità ternano-narnese e sul riconoscimento delle potenzialità presenti nei poli chimici (localizzazione strategica, aree dismesse, servizi, utilities, risorse umane qualificate, conoscenze tecnologiche e organizzazioni distributive), la cui attivazione è finalizzata alla creazione di nuove imprese più o meno integrate con la grande impresa chimica. Ugualmente, l’idea guida del Pit trova fondamento nel processo di declino industriale del ternano-narnese e nel conseguente problema dell’individuazione di nuove strategie di sviluppo, in presenza di un milieu ricco di potenzialità produttive, culturali, storiche e ambientali, non ancora attivate. Nella convinzione che la progettazione del nuovo sviluppo debba di necessità fare riferimento al milieu industriale, la sfida del Pit è quella di rilanciare una strategia che faccia leva sulla crescita qualitativa delle imprese, sulla loro integrazione produttiva, sulla valorizzazione delle risorse umane e sulla stretta connessione con la ricerca, in un contesto territoriale che, grazie alla forte integrazione intersettoriale raggiunta, diventi fattore di attrazione degli investimenti. In definitiva il Pit si pone l’obiettivo di attivare il processo di riconversione del sistema produttivo ternano-narnese e di integrarlo con l’intorno ambientale di alta qualità dell’Amerino e della Valnerina, costruendo un’immagine attraente dell’intero territorio, un ambiente di qualità nel quale siano presenti attività innovative e qualificate. Lo slogan del Pit è produrre qualità in un ambiente di qualità. Strettamente collegato alla promozione di attività produttive, di cui dovrebbe favorire la dimensione internazionale, è il Parco scientifico e tecnologico Umbria Innovazione. Opera in ambito regionale, seppure con particolare attenzione per il territorio locale, ed ha come obiettivi il trasferimento di conoscenze alle imprese, il sostegno all’innovazione e la facilitazione dell’accesso ai finanziamenti da parte del sistema imprenditoriale. Promuove e coordina azioni volte a incentivare la cooperazione in materia di R&S tra le PMI umbre e i soggetti sovralocali qualificati nel settore della ricerca e della tecnologia. Le azioni sono sintetizzabili in: diffusione dell’innovazione e trasferimento tecnologico verso le PMI; progetti di ricerca per singole PMI; progetti integrati di forte impegno e valenza strategica, implicanti diffuse collaborazioni e connessioni in rete a livello internazionale; creazione ed attrazione di nuove imprese ad alta tecnologia; formazione specialistica e mobilità delle risorse umane; servizi ausiliari all’impresa (financing, marketing, brokeraggio)
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Anche il progetto per la Mobilità intermodale è direttamente legato al potenziamento del settore produttivo, in quanto servizio alle imprese. Prevede la realizzazione di un centro per la distribuzione delle merci, di strutture di stoccaggio per i carichi ordinari e straordinari a servizio delle grandi industrie e di un centro servizi e raccordi con la rete ferroviaria e stradale. La localizzazione è significativamente prevista tra Terni e Narni , in posizione centrica rispetto al sistema produttivo e in modo da allontanare dai centri urbani la circolazione delle merci. La sua realizzazione è demandata al Consorzio per le aree industriali ed è destinata a potenziare il ruolo di Terni come polo del terziario intermedio. L’obiettivo del progetto per il Polo Universitario non è solo quello di produrre una risorsa legata al mercato del lavoro nei nuovi settori del cinema e dei materiali speciali, ma anche quella di promuovere una nuova atmosfera culturale, connessa al tema urbano dell’università. Il progetto per un polo didattico e scientifico con sede in Terni, dotato di una propria autonomia gestionale si afferma nel 2001 con la firma dell’Accordo di Programma tra il MIUR, l’Università di Perugia e la Regione. Terni diventa una delle sedi dell’Ateneo multicampus umbro. In particolare il progetto mira a creare un collegamento tra ricerca e formazione scientifica da una parte e mondo produttivo e culturale dall’altra. Allo scopo promuove corsi di laurea e di perfezionamento, la cui palestra è costituita dai grandi temi della dinamica urbana: il multimediale, il cinema e i materiali speciali.Il progetto per la costituzione del Centro Produzioni artistiche mira a costruire interrelazioni tra il polo cinematografico di Papigno, il Videocentro di Terni, il Corso universitario in Scienze e tecnologie della Produzione artistica e le attività previste per l’ex SPEA e la Rocca di Narni. L’idea è quella di utilizzare le potenzialità offerte dalla messa a sistema delle singole attività connesse con il cinema e il multimediale, al fine di costituire una massa critica significativa capace di intercettare le produzioni cinematografiche. Il progetto, come si dirà in seguito, deriva in gran parte dal riconoscimento del patrimonio industriale abbandonato come risorsa utile per la trasformazione territoriale. Fino a questo momento il sistema ternano-narnese è stato pressoché escluso dal movimento turistico. Da questa considerazione e dalla convinzione che il turismo possa costituire un volano utile per attuare politiche locali di riequilibrio nascono i progetti volti a costruire un prodotto integrato intorno alle risorse esistenti: naturali e storico-culturali. Il Progetto Integrato Marmore Piediluco Papigno mira a riqualificare il territorio facendo leva sul recupero delle aree industriali dismesse e sulla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali, al fine di migliorare la fruibilità locale e quella turistica, in un’ottica di programmazione integrata degli interventi Il progetto nasce dall’idea di reinterpretare in chiave turistica la Cascata delle Marmore e il Lago di Piediluco, considerate le risorse di maggior richiamo. Prevede pertanto la redazione di un piano di risanamento del sistema ambientale Marmore-Piediluco e la revisione dei piani particolareggiati esistenti. Al Piano Integrato è strettamente collegato il Parco Fluviale del Nera, inserito nel Prusst e nei PRU. Ha come obiettivi prioritari la salvaguardia ambientale e la promozione del turismo sportivo fluviale, puntando sulle capacità attrattive della Cascata delle Marmore e su quelle dei siti archeologici industriali lungo il Nera e interpretando il richiamo culturale a questi connesso come fattore integrante dell’offerta naturalistica. Opera a favore del miglioramento della fruibilità turistica anche il DocUP C4 Conca ternana Valnerina, il quale reinterpreta le componenti ambientali legate al fiume Nera e attiva sedimenti materiali e immateriali del milieu industriale, costruendo una vetrina delle potenzialità dell’area. Il progetto per il Parco dei Laghi promuove la riconversione delle aree estrattive a cielo aperto in oasi faunistiche lacuali, presentando buone relazioni di “presa” sul milieu turistico, oltre che infrastrutturale e ambientale. La fruizione turistica è l’obiettivo centrale anche di altri progetti che più propriamente stabiliscono relazioni di presa sul milieu rurale, considerato fino ad anni recenti un ambiente
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residuale di supporto al sistema industriale. Tra questi, il Patto territoriale Verde TAN attiva numerosi progetti capaci di riprodurre le risorse del settore agrituristico con ricadute positive sull’occupazione. Il progetto per la Strada dell’olio presenta un radicamento territoriale legato all’attivazione delle componenti del milieu olivicolo nell’ambito della filiera agro-turistico-alimentare. Il Leader Plus valorizza la cultura rurale con ricadute positive sul milieu turistico, nonché ambientale e occupazionale, come pure il progetto Antiche vie dal Mediterraneo ai Balcani attiva risorse del milieu culturale in un’ottica di fruizione turistica. Una considerazione a parte merita l’Agenda 21 della Conca ternana che si pone in maniera trasversale rispetto ai temi territoriali individuati, in quanto progetto volto a realizzare alleanze civiche, territoriali e istituzionali finalizzate alla sostenibilità sociale economica e ambientale, oltre che ad obiettivi specifici come la prevenzione del disagio sociale e l’aggregazione giovanile.In definitiva i campi di intervento ai quali si rivolgono le politiche e i progetti sono numerosi e rivelano una generale capacità di autorappresentazione di tutte o quasi le potenzialità locali, sia di quelle esplicite ed addirittura note, sia di quelle latenti, ovvero dimenticate. Basti pensare ai progetti di cui si è appena detto miranti a valorizzare il Nera e la Cascata delle Marmore, guardati nell’ultimo secolo solo come risorse energetiche e industriali ed ora reinterpretati come beni ambientali volti a soddisfare la domanda interna ed esterna di natura e divertimento. La capacità della rete locale di riconoscere le innumerevoli componenti del milieu e di assegnare loro valori anche diversi da quelli attribuiti negli ultimi centocinquanta anni (ad esempio valori storici, turistici e culturali) denota il grado di presa stabilito dai soggetti territoriali sul patrimonio locale. Documenta inoltre la capacità della rete locale di avviare una nuova fase di territorializzazione che, senza rinnegare il passato industriale, faccia leva su nuove prospettive di sviluppo. Le iniziative intraprese appaiono tra loro complementari e soprattutto coerenti con l’obiettivo generale del sistema di favorire la transizione economica sperimentando nuovi assi di sviluppo nei campi del cinema-multimediale, dell’università dell’archeologia industriale e del turismo, ritenuti capaci di conferire nuova competitività all’area. In uno studio condotto per il CNR tra il 1999 e il 2001, la società ternana, pur percependo l’esistenza di un patrimonio spesso e plurispecializzato, mostrava all’epoca qualche difficoltà nello stabilire buone relazioni di presa sul milieu, tanto che gli studiosi erano stati sollecitati a ritenere ancora in fieri il processo di radicamento territoriale (Dansero, Emanuel, Governa, 2003). Oggi l’impasse sembra superata. La progettualità attivata denota un evidente consolidamento delle prese sul milieu.
SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona Nella rappresentazione collettiva del milieu le componenti che vengono riconosciute come prese per attivare processi di sviluppo locale, pur apparendo articolate in un numero elevato di voci, sono riconducibili a pochi grandi temi territoriali: turismo verde, filiera vitivinicola, valorizzazione ambientale e conservazione attiva del patrimonio storico (fig.71). Le potenzialità del milieu rurale sono al centro di progetti a forte radicamento territoriale, come il Leader II, il Patto territoriale VATO Verde e la Strada dei vini e sono ritenute strategiche per attivare filiere intersettoriali integrate con il turismo verde e la fruizione enogastronomica.Il VATO Verde mira allo sviluppo dell'agricoltura e della pesca, attraverso l’attivazione di filiere nei settori: ambiente, agricoltura, pesca, prodotti tipici, turismo verde, beni culturali, qualificazione dei centri storici, valorizzazione risorse umane, innovazione tecnologica, pari opportunità, integrazione sociale, impiego, occupazione giovanile e formazione continua. Ha
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una visione integrata delle potenzialità locali di cui propone la rilettura soprattutto in chiave turistica. Il progetto Leader II punta sull’attivazione e sulla riproduzione del milieu rurale, in particolare sul recupero di aree naturali, di beni culturali e mestieri tradizionali, sulla promozione dei prodotti locali, sul rafforzamento dell’identità culturale, sulla realizzazione di interventi formativi connessi con lo sviluppo rurale e sulla cooperazione tra territori rurali. All’interno del progetto le componenti del milieu rurale assumono valori identitari, simbolici ed economici. La Strada dei vini etrusco-romana è un progetto a forte radicamento territoriale derivante dall’attivazione di molteplici componenti materiali e immateriali del milieu vitivinicolo. Il progetto rientra nel programma provinciale della promozione integrata del territorio in quanto unisce enogastronomia, agricoltura, artigianato, turismo, arte e natura. In particolare mira a valorizzare: gli indirizzi produttivi agricoli, il paesaggio e i saperi tradizionali, nonché a promuovere l’identità e l’immagine territoriale al fine di attivare le potenzialità turistiche in campo enogastronomico. E’ interessante notare come il capitale naturale non entri mai nei progetti citati con obiettivi di semplice tutela. Ciò è evidente anche nello STINA, un progetto che declina i valori ambientali a favore di obiettivi educativo-didattici e turistici. Guarda infatti al sistema dei boschi e al patrimonio faunistico e botanico dell’area montana dei monti Peglia e Piatto e dell’area collinare della Selva di Meana come ad una presa per lo sviluppo turistico di qualità e per l’educazione della società locale. Degna di nota è anche l’attivazione del milieu culturale da parte di progetti come il PAAO. Il progetto mostra evidenti potenzialità, che derivano in primis dal tentativo concertato tra gli attori protagonisti di gestire “localmente” il patrimonio archeologico, normalmente oggetto di tutela della Soprintendenza, integrandolo con quello ambientale e culturale. Le componenti del milieu attivate dal progetto sono numerose e diversificate: aree naturali, siti archeologici, beni storico-culturali, aree dismesse, attività artigianali e mestieri tradizionali (come l’oreficieria orvietana), industrie locali (come quella laterizia tradizionale, valorizzata dal museo del mattone di Castelviscardo), infrastrutture (come la sentieristica locale), culture del lavoro e saperi tradizionali. E’ significativo il fatto che le azioni di comunicazione condotte siano destinate a sensibilizzare e a coinvolgere le popolazioni locali, prima ancora che i fruitori esterni, con effetti evidenti di rafforzamento dell’identità locale e di ispessimento del milieu. Come il PAAO che ne costituisce uno dei subprogetti, anche il Prusst San Pietro in Tuscia attiva componenti del milieu soprattutto storico-culturale: aree dismesse, infrastrutture, borghi storici e strutture ricettive, in un’ottica integrata di miglioramento della fruibilità turistica. Nell’insieme i progetti del sistema orvietano denotano l’esistenza di iniziative plurime di valorizzazione del territorio che, se non raggiungono le forme di valorizzazione complessa del sistema ternano-narnese, ciò non di meno appaiono capaci di declinare in diversi modi il patrimonio territoriale locale e di inserirlo in una strategia unitaria di rilancio competitivo.
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3.6. LA CAPACITÀ DI PRODURRE SVILUPPO LOCALE. IL VALORE AGGIUNTO TERRITORIALE La capacità degli SLoT di produrre sviluppo locale dipende dalla produzione o meno di valore aggiunto territoriale (figg. 72 e 73). Quest’ultimo deriva dalle due modalità fondamentali attraverso cui un territorio può generare valore. La prima modalità riguarda le sinergie di rete create dagli attori e in questo caso il criterio guida per “misurare” il valore prodotto è il livello con cui i soggetti riescono a sviluppare interazioni sinergiche, l’ampiezza della rete, la molteplicità degli interessi rappresentati e la presenza o meno di attori deboli o generalmente poco presenti. La seconda modalità di produzione di valore aggiunto è data dalla capacità o meno di attivare le componenti del milieu. In questo caso il criterio di valutazione di tale capacità è dato dal radicamento territoriale del progetto. Si ha un alto radicamento territoriale là dove le componenti del milieu attivate sono tutte quelle potenzialmente attivabili.
Nello SLoT Terni Narni, spesso le sinergie di rete create sono inedite, nel senso che determinano una svolta nell’atteggiamento di non coinvolgimento di certi soggetti territoriali. Svolge questo ruolo, ad esempio, l’Osservatorio chimico provinciale nei confronti delle imprese chimiche tradizionalmente estranee alla progettualità locale. Lo stesso ruolo è svolto dal Contratto d’area, dal Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali e dal Leader Pus che coinvolgono le associazioni di categoria, generalmente poco presenti sulla scena della progettualità locale, oppure dal Parco archeologico-industriale che coinvolge associazioni culturali e fondazioni. In altri progetti le aggregazioni dei soggetti sono particolarmente ampie come nel caso del Pit, del Prusst, del Parco Umbria Innovazione, del Patto Verde TAN e del Gal ternano (fig.72). Quanto all’attivazione delle risorse potenziali del milieu, gran parte dei progetti hanno un elevato grado di radicamento territoriale, nel senso che appaiono connotati da buone relazioni di presa sul milieu rispetto a quelle potenzialmente attivabili e da buone capacità di riprodurre le risorse locali. E’ il caso di progetti come il Parco Archeologico-industriale, capace di conferire nuovo spessore al patrimonio industriale favorendo l’apprezzamento di peculiarità locali finora ritenute prive di valore patrimoniale. Tra le azioni già realizzate, l’esposizione al pubblico della Grande Pressa rappresenta il caso più eclatante di ispessimento patrimoniale. La valorizzazione culturale del patrimonio industriale ha accresciuto notevolmente la consapevolezza che il milieu locale costituisca un bagaglio comune dal quale partire per intraprendere le nuove direttrici dello sviluppo. Altri progetti, come il Prusst, il Pit, il Patto territoriale Verde e il DocUP C4 aumentano lo spessore del milieu locale attraverso l’attivazione di molteplici componenti economiche, culturali, sociali e ambientali e al tempo stesso arricchiscono le interazioni tra i soggetti territoriali riportando le azioni all’interno di una strategia unitaria.Tale capacità della rete locale di ricondurre progetti, obiettivi e azioni all’interno di un disegno complessivo di trasformazione e di ridefinizione dell’identità locale è garantito dalla coerenza delle iniziative intraprese con le politiche locali, aventi come obiettivo generale quello di guidare la transizione economica del sistema ternano-narnese e di rilanciarne la competitività. Nel passaggio da una territorializzazione industriale ad una nuova fase di costruzione del territorio il sistema ha corso il rischio della marginalizzazione e dell’oblio delle componenti del milieu depositate sul territorio in secoli di storia industriale. La reinterpretazione dei sedimenti materiali e immateriali del milieu in chiave multimediale, cinematografica, turistica e formativa da parte dei progetti e delle politiche di valorizzazione del territorio ha immesso tali componenti in un nuovo ciclo di valore, assicurando la riproduzione e la continuità del sistema. In sintesi, la capacità del sistema locale di attivare innumerevoli componenti del mileu e di
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inscriverle in una strategia del territorio nel suo insieme finalizzata al rilancio della competitività locale consente di parlare di valorizzazione territoriale complessa.In tali dinamiche le istituzioni locali svolgono un ruolo fondamentale, mettendo in atto interventi di gestione di eventuali conflitti, ponendosi come soggetti trasversali con il mondo globale, canalizzando verso il sistema locale finanziamenti, risorse e idee, tenendo desta l’attenzione intorno agli obiettivi generali dello sviluppo integrato e sostenibile e coinvolgendo soggetti deboli o tradizionalmente assenti dalla progettualità locale. Da erogatrici di servizi, le istituzioni diventano protagoniste nel rafforzamento di attori portatori di obiettivi di valorizzazione del territorio, per cui aumenta il protagonismo di questi ultimi nei confronti degli attori dissipativi delle risorse territoriali, esogeni ed endogeni. In definitiva il processo di trasformazione delineato si distingue per la molteplicità delle componenti del milieu attivate, per il disegno integrato delle iniziative, per il loro ancoraggio culturale al territorio, per il protagonismo dei soggetti istituzionali, per l’essere attivato mediante strumenti di concertazione e per l’ampiezza e diversificazione della rete locale. Si può dire che è in corso un processo di valorizzazione territoriale innovativo volto a trasformare il patrimonio ereditato in un insieme di prese per la collettività e finalizzato a disegnare uno scenario condiviso. Gli effetti attesi si inscrivono pertanto nell’aumento del valore aggiunto del territorio e nella produzione dello sviluppo locale.
Nello SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona la genesi recente della rete locale fa ritenere, come si è detto, il sistema orvietano ancora in via di costruzione. Infatti, da una parte il Vat appare connotato da buone relazioni di presa sul milieu e pertanto da un buon radicamento territoriale delle azioni (fig.73). La capacità di alcuni progetti di “ aggiungere” risorse al milieu e la pluralità delle componenti attivate determina un evidente ispessimento del patrimonio locale. Nell’individuazione delle componenti del milieu suscettibili di “prese” per lo sviluppo svolgono un ruolo propulsivo i soggetti istituzionali: la Provincia, il Comune di Orvieto e la Comunità montana, il cui impegno è volto all’inserimento dei progetti in una strategia unitaria. Ciò ne aumenta la valenza e accresce la capacità del sistema di produrre sviluppo locale. Dall’altra parte sono meno evidenti le capacità di costruire sinergie all’interno di una rete ampia, stabile e diversificata. Lo stesso STINA, sebbene configuri una territorializzazione endogena positiva, che mette in campo la creazione di innovazioni organizzative legate alla gestione integrata e all’adozione di una logica inclusiva, crea legami sociali prevalentemente tra soggetti pubblici.
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125
FIG. 73 - VALORE AGGIUNTO TERRITORIALE CREATO DA ALCUNI PROGETTI DELLO SLoT ORVIETO CASTEL VISCARDO ALLERONA
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3.7. LA SOSTENIBILITA’ TERRITORIALE Una prospettiva di lungo periodo richiede di affiancare al Vat la considerazione della sostenibilità territoriale considerata nelle sue dimensioni sociale, culturale e ambientale. La sostenibilità sociale si riferisce alla riproduzione del capitale sociale, attraverso l’accrescimento delle relazioni intersoggettive. Nel sistema territoriale Terni Narni, la grande maggioranza dei progetti esaminati rafforza le interazioni e i legami sociali, aumentando il capitale sociale, compresa la capacità istituzionale e organizzativa (fig.74). Progetti come il Contratto d’area, il Pit, il Leader Plus e il Polo Universitario Integrato introducono innovazioni organizzative nei rapporti tra i soggetti pubblici. La sostenibilità culturale è intesa come riproduzione dei saperi e dell’identità locale. Il Prusst è uno dei primi progetti capace di riconoscere l’identità comune ternano-narnese, il Parco archeologico-industriale rafforza l’identità industriale della conca e costruisce l’immagine territoriale di Terni come capitale dell’archeologia industriale, ma anche l’Accordo di Pianificazione Terni-Narni e il Centro Produzioni artistiche riproducono i saperi e la razionalità locale. Meno efficaci da questo punto di vista sono quei progetti, generalmente di origine sovralocale, che associano il ternano-narnese di volta in volta allo spoletino (come il Contratto d’area) o all’Amerino (come il Patto Verde TAN), aventi identità storico-culturali diverse. La sostenibilità ambientale è stata intesa in termini di capitale naturale utilizzato (distrutto o riprodotto) o non utilizzato, importato o esportato dall’esterno. La valutazione quantitativa della sostenibilità ambientale avrebbe richiesto lo studio dell’impronta ecologica e una serie di informazioni difficilmente reperibili attraverso le griglie di analisi adottate. L’esame qualitativo effettuato consente di segnalare alcune iniziative che tentano una lettura del rapporto uomo ambiente in chiave ecosistemica, come l’Agenda 21 Conca ternana, il Leader, il Parco dei Laghi, il Parco fluviale del Nera e il Patto Territoriale Verde, mentre altre prefigurano un discreto impatto, come la Mobilità Intermodale, che per altri versi risolve il problema urbano del traffico pesante.
Nel sistema Orvieto Castel Viscardo Allerona, la maggior parte dei progetti presenta i caratteri della sostenibilità ambientale e culturale (fig.75). Il Leader II, il PAAO, il VATO Verde e lo STINA, hanno tra i principali obiettivi la riproduzione del capitale naturale e dell’identità culturale. Al contrario sono pochi i progetti sostenibili dal punto di vista sociale come lo STINA o il PAAO che introducono innovazioni organizzative nella rete locale e che pertanto creano capitale sociale.
Ambientale Sociale Culturale
1PIT - Progetto Integrato Territoriale TernanoNarnese Amerino
bonifica di aree dismesse e valorizzazione delle risorse ambientali
costruzione e consolidamento di sinergie già attivate; realizzazione di una rete ampia e diversificata che coinvolge anche attori normalmente poco presenti nella progettualità locale
rilettura e reinterpretazione dell'identità locale
2 Patto Verde Ternano Narnese Amerino
salvaguardia del paesaggio rurale e sviluppo di agricoltura sostenibile
creazione di una rete di attori locali e sovralocali secondo un modello ampio e inclusivo di coinvolgimento dei soggetti
valorizzazione e riproduzione della comune identità del territorio
3 Leader Plus- Gal ternano
interventi sull'ambiente, tra i quali quelli sulla sentieristica, proposti di concerto con l'Agenzia Regionale per l'Ambiente-ARPA
miglioramento delle componenti sociali e delle relazioni locali dell'area
rafforzamento delle identità locali; aumento del sentimento di appartenenza al territorio
5 Consorzio Amu creazione di attività agricole biologiche e di bioturismo
creazione di una rete locale pubblico-privata salvaguardia del patrimonio locale
6 Antiche Vie dal Mediterraneo ai Balcani tutela del patrimonio naturale
costruzione di capitale territoriale sociale e potenziamento della capacità organizzativa; attuazione di una logica inclusiva con il coinvolgimento di fasce più deboli di popolazione
riconoscimento e riproduzione delle identità locali
7Pruust Il Nera dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile
esecuzione di studi di pre-fattibilità con misurazione dell'impatto ambientale; buone pratiche nella gestione ambientale; coerenza del programma con le normative ambientali e territoriali grazie all'introduzione della componente ecosistemica; adozione di criteri di recupero e di rifunzionalizzazione coerenti con la salvaguardia delle caratteristiche strutturali e formali preesistenti
costruzione di una rete e di sinergie fino a quel momento inattivate; miglioramento della capacità organizzativa locale; ricadute positive dal punto di vista occupazionale in un'area critica
riconoscimento dell'identità comune del ternano narnese e attivazione delle potenzialità specifiche, non solo a livello dela progettazione delle azioni, ma anche favorendone la realizzazione
8 Umbria Innovazione creazione di innovazione organizzativa di ampia durata e duratura portata
riproduzione di saperi tecnologici e dell'identità locale
9 Parco dei Laghi della Conca ternano-narnese
riqualificazione, salvaguardia e riproduzione del capitale naturale
creazione di interazioni tra attori istituzionali e attori privati
rilettura e reinterpretazione dell'identità locale; rafforzamento dell'identità di Terni come città del cinema
10 Mobilità Intermodale
impatto sul paesaggio e sull'ambiente della conca, sia nella fase di costruzione delle opere, sia nelle fasi successive; allontanamento del traffico pesante dal centro urbano
ricadute in termini di occupazione temporanea e permanente
il modello globale della mobilità intermodale è la giustificazione alla base di questa politica territoriale sovralocale, le cui ragioni possono non trovare corrispondenza con le visioni locali
Progetti
Fig.74 - Sostenibilità territoriale in alcuni progetti dello SLoT Terni-Narni
Ambientale Sociale CulturaleProgetti
Fig.74 - Sostenibilità territoriale in alcuni progetti dello SLoT Terni-Narni
11 Polo universitario integrato
rifunzionalizzazione di aree con destinazione d'uso a maggiore salvaguardia dell'ambiente
attivazione di sinergie a diverso livello scalare; concrete opportunità occupazionali
recupero e conservazione di siti dismessi; salvaguardia dei valori storici e della tradizione locale nel campo della formazione
12 Osservatorio chimico provinciale di Terni
riqualificazione delle aree produttive; prospettiva di riuso ad alta compatibilità ambientale
costruzione di una rete e di sinergie inedite
riconoscimento dell'identità comune del Ternano-Narnese; attivazione di potenzialità specifiche
13 Parco Archeologico Industriale recupero di siti dismessi e degradati
creazione di sinergie di rete e rafforzamento del sentimento di appartenenza al luogo; creazione di premesse per opportunità occupazionali
rafforzamento dell'identità ternano-narnese e contributo alla creazione di nuove direzioni di sviluppo coerenti con quest'ultima; rilettura attiva delle componenti del patrimonio culturale
14 Intrapresa costruzione di una rete e di sinergie tra istituzioni e imprenditoria locale
rafforzamento delle fasce giovanili socialmente più deboli; il progetto configura un adattamento del sistema locale alle regole del sistema sovralocale
15 Contratto d’areacostruzione di sinergie tra lo Stato e l'ambiente locale; introduzione di innovazione organizzativa
riproduzione dell'identità locale; le azioni sono coerenti con le tradizioni industriali del territorio. Inoltre tendono alla diversificazione del tessuto produttivo con particolare riferimento ai nuovi materiali e alla ricerca tecnologica
16
Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali del comprensorio Terni Narni Spoleto
bonifica e recupero di aree industriali dismesse; tendenza all'artificializzazione dell'ambiente della conca che ospita i migliori terreni agricoli dell'area. In relazione ai nuovi processi produttivi potrebbe aumentare la pressione industriale sull'ambiente
attivazione di sinergie a diverso livello scalare; creazione di concrete opportunità occupazionali
recupero e conservazione degli elementi architettonici originari dei fabbricati; salvaguardia dei valori storici
17 Centro Produzioni Artistiche
creazione di capitale sociale; costituzione di reti forti nel settore del cinema
sviluppo di saperi legati alla cultura cinematografica e rafforzamento dell'identità della conca ternana come polo cinematografico
Ambientale Sociale CulturaleProgetti
Fig.74 - Sostenibilità territoriale in alcuni progetti dello SLoT Terni-Narni
18 Agenda 21 conca ternana
Il progetto intende affrontare le fragilità tra i sistemi ambientali della Conca Ternana, rilevati dal PTCP, secondo l’approccio dello sviluppo sostenibile. Viene considerato il problema dell’aumento del grado di antropizzazione, in particolare relativamente all’impatto dell’industrializzazione sul territorio e sulle condizioni di qualità della vita e della salute pubblica. Inoltre si intende affrontare il problema dello sviluppo di processi di banalizzazione del mosaico ambientale e l’impoverimento degli ecosistemi in generale.
Allarga la partecipazione all’iniziativa alle giovani generazioni attraverso le scuole. Costruisce nuove aggregazioni di soggetti, ampliando il processo di partecipazione locale. Migliora la capacità organizzativa locale
Rafforza la conoscenza contestuale e l’identità locale
19Accordo di pianificazione della Conca ternana
tutela del paesaggio, prevenzione del rischio idrogeologico, applicazione di risorse energetiche rinnovabili
creazione di sinergie tra progetti preesistenti e le istituzioni locali, che compongono la rete degli attori
riproduzione dell'identità locale
20
Docup 2000-2006 Bando Integrato Multimisura Cod. C4 - Conca ternana e Valnerina
Il progetto è concepito in funzione di uno sviluppo economico integrato, a basso impatto ambientale e orientato alla qualità. Il progetto “Parco dei Laghi” considera in primo luogo la compatibilità tra il territorio e le diverse destinazioni d’uso prendendo in considerazione l’eco-sostenibilità delle scelte, prevedendo l'adozione di tecniche di ingegneria naturalistica
Il progetto prevede un aumento della fruibilità endogena del territorio e una ricaduta occupazionale
Riproduzione dei saperi locali. Valorizzazione del paesaggio e reinterpretazione dell'identità locale
21 Strada dell'olio extra vergine DOP Umbria
Tutela del paesaggio e valorizzazione delle colture biologiche
Crea sinergie tra progetti preesistenti e attori locali
Riproduzione dell'identità locale, rafforzamento dell’immagine territoriale, valorizzazione dei saperi.
131
FIG. 75 - SOSTENIBILITÀ TERRITORIALE DI ALCUNI PROGETTI DEL SISTEMA ORVIETO CASTEL VISCARDO ALLERONA
Ambientale Sociale Culturale
1 Leader - Gal Trasimeno Orvietano
interventi sull'ambiente proposti di concerto con l'ARPA
creazione di capitale sociale territoriale; creazione di occupazione
rafforzamento delle identità locali; incremento del sentimento di appartenenza al territorio
2 Patto territoriale VATO Verde
salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente attraverso proposte per un'agricoltura rispettosa dell'ambiente anche sviluppando produzioni biologiche
creazione di una rete ampia di attori locali e sovralocali (coinvolgimento Università, Etruria innovazione, Euro-Bic Toscana Sud eSviluppumbria.); creazione di opportunità occupazionali anche per le categorie sociali deboli ( favorendo ad esempio la crescita della professionalità femminile)
valorizzazione e riproduzione della comune identità che caratterizza storicamente questo territorio a cavallo di due regioni e che rappresenta uno dei tratti unificanti e di coesione delle popolazioni ivi insediate
3Prusst S.Pietro in Tuscia ovvero Il territorio degli Etruschi
riqualificazione di sistemi ambientali (Parco del Paglia); adozione di criteri di recupero e di rifunzionalizzazione coerenti con la salvaguardia delle caratteristiche strutturali e formali preesistenti
costruzione di una rete e di sinergie fino a quel momento inattivate. Costruzione di capitale sociale; miglioramento della capacità organizzativa
l’identità dell’Orvietano è estesa ad alcuni comuni dell’Amerino. Il progetto del Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano favorisce il rafforzamento dell’identità locale
4 Sportello per le Attività Produttive Orvieto
costruzione di una rete e di sinergie tra istituzioni e imprenditoria locale
rafforzamento delle fasce giovanili socialmente più deboli;
5 Parco Archeologico-Ambientale d. Orvietano
il progetto interagisce con la valorizzazione ambientale dell’asta fluviale del Tevere
sperimentazione di innovazione organizzativa.
rafforzamento dell’identità locale, riproduzione dei saperi locali e valorizzazione di mestieri decaduti, privilegiando azioni a destinazione interna.
6S.T.I.N.A. - Sistema Territoriale di Interesse Naturalistico Ambientale
salvaguardia e riproduzione del capitale naturale sinergie tra attori istituzionali ed enti di ricerca riproduzione di saperi tradizionali legati al mondo
rurale
7Strada dei vini etrusco romana nella provincia di Terni
promozione dei sistemi biologici di produzione agricola
costruzione di rapporti cooperativi tra gli attori pubblici
riproduzione dei saperi, della razionalità e dell’identità locali. consolidamento dell’immagine territoriale
8 Parco urb e terr. Paglia salvaguardia e riproduzione del capitale naturale
creazione di sinergie di rete e rafforzamento del sentimento di appartenenza al luogo; creazione di premesse per opportunità occupazionali
rafforzamento dell'identità locale, in particolare rispetto al recupero del rapporto tra la popolazione locale e il fiume Paglia
Progetti
Fig.75 - Sostenibilità territoriale in alcuni progetti dello SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona
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4. IL RUOLO DELLE AREE DISMESSE NELLA PRODUZIONE DELLO SVILUPPO LOCALE. I PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE L’obiettivo di questa parte della ricerca è quello di individuare il ruolo delle aree dismesse nelle attuali dinamiche territoriali e di analizzare se e dove la riconversione abbia contribuito alla produzione di sviluppo locale. L’analisi riguarda pertanto in primis il riconoscimento delle aree dismesse come risorse del milieu e i valori attribuiti oggi al patrimonio abbandonato da parte dei soggetti locali, in una parola riguarda i processi di patrimonializzazione delle aree dismesse. In un secondo momento, si concentra sui ruoli e i significati che la patrimonializzazione dei siti abbandonati assume nelle strategie dei sistemi territoriali individuati: Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona, vale a dire i due sistemi in cui è più alta la mobilitazione progettuale. L’analisi si conclude con la valutazione del contributo che la patrimonializzazione delle aree dismesse apporta ai processi di sviluppo locale nei due sistemi menzionati. La chiave di lettura utilizzata per misurare tale apporto è il valore aggiunto territoriale (Vat). Tenendo conto delle modalità con cui può essere conseguito (capitolo I), vengono analizzati due tipi di possibile apporto: quello dato alla creazione di reti locali e legami sociali stabili e differenziati e quello offerto al rafforzamento delle dinamiche identitarie e al radicamento territoriale. Come strumenti di lettura dei processi in atto vengono utilizzati i progetti di rifunzionalizzazione delle aree dismesse, più o meno formalizzati o già realizzati negli ultimi venti anni. Di questi si è operata una selezione in base al livello di significatività. Sono stati considerati solo i progetti che hanno costruito reti anche minime di attori e che hanno instaurato prese multiple sul milieu. Ciò ha portato all’esclusione delle iniziative coincidenti con le semplici operazioni immobiliari. (Appendice C: Griglie dei progetti di rifunzionalizzazione delle aree dismesse).
4.1. L’INVENTARIO DEI PROGETTI DI RECUPERO DELLE AREE DISMESSE: LA COERENZA CON LE POLITICHE TERRITORIALI L’analisi dei progetti di recupero delle aree dismesse intende mettere in evidenza quali dei 40 progetti presentati e descritti sinteticamente nella figura 76 si configurino come operazioni isolate o legate a volontà speculative e quali invece si colleghino a politiche territoriali e a visioni strategiche dello sviluppo, sia a livello sovra locale, sia a quello locale. La maggiore concentrazione dei progetti riferiti alle aree dismesse si verifica nei Comuni di Terni, Narni e Orvieto rispettivamente con 14, 11 e 7 progetti, a conferma del ruolo di protagonisti nella trasformazione territoriale del territorio provinciale. A questi si affianca Amelia con due iniziative, mentre singoli progetti sono promossi dai Comuni di Acquasparta, Allerona, Calvi dell’Umbria, Castel Viscardo, Parrano e San Gemini. Il quadro delineato dai principali progetti di riconversione delle aree dismesse consente di osservare la stretta connessione tra i processi di valorizzazione di questi sedimenti del milieu locale e le politiche di sviluppo territoriale, da un lato allontanando in maniera significativa i rischi di operazioni di speculazione immobiliare, dall’altro rafforzando un modello di sviluppo auto-organizzato e fortemente centrato sull’attivazione delle potenzialità locali. In particolare, si osserva la prassi ormai consolidata dell’utilizzo dei programmi complessi come strumenti di trasformazione urbanistica. Questi programmi hanno impresso un forte impulso al superamento della monofunzionalità degli assetti urbanistici, alla integrazione delle risorse pubbliche con quelle private, alla rivitalizzazione delle parti di città degradate e in abbandono e quindi anche delle aree industriali dismesse. I progetti che vi rientrano sono spesso caratterizzati da originalità e creatività, connesse alla capacità di aggregare in un organico progetto trasformativo sperimentazione metodologica ed operativa, attitudine all’integrazione, qualità progettuale, impiego di strumenti finanziari innovativi, adozione di forme gestionali efficaci, attenzione ai bisogni delle comunità insediate e lungimiranza dell’azione politica.
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(STENGHELLINI, 2000). Altri progetti sono inseriti nel Pit e nel DocUP. L’inserimento dello stesso progetto in progetti-matrice ne moltiplica gli effetti sinergici, favorendo l’integrazione tra la singola iniziativa e la visione strategica complessiva dello sviluppo. Ai programmi complessi appartengono i programmi di riqualificazione urbana (PRIU)1, i programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile nel territorio (Prusst)2, i programmi integrati di intervento (PII)3, i programmi di recupero urbano (PRU)4, i programmi urbani complessi (PUC)5, i contratti di quartiere (CQ)6 e strumenti analoghi quali le società di trasformazione urbana (STU)7.Nell’area ternano-narnese il Comune di Terni ha maturato negli anni una notevole esperienza nel campo dei programmi complessi8. In linea con la propria tradizione di urbanistica operativa fondata sulla sperimentazione e su un approccio pragmatico ai temi della trasformazione
1 I programmi di riqualificazione urbana, istituiti con il D.M. 21 dicembre 1994, sono particolari tipi di programmi integrati rivolti alla trasformazione di ambiti nei quali sia rilevante la presenza di aree industriali dismesse. Si propongono la riqualificazione urbana e ambientale di aree edificate ove sia significativa una trasformazione necessaria per pervenire ad un assetto differente. Essi sono caratterizzati da pluralità di funzioni, integrazione di diverse tipologie di intervento, incidenza sulla riorganizzazione urbana e concorso di più operatori e risorse finanziarie pubbliche e private. 2 I Prusst, promossi dal Ministero dei lavori pubblici, oggi Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si pongono l'obiettivo di realizzare, all'interno di quadri programmatici organici, interventi orientati all’ampliamento e alla riqualificazione delle infrastrutture e del tessuto economico-produttivo-occupazionale, il recupero e la riqualificazione dell'ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati. 3 I programmi integrati di intervento sono strumenti urbanistici introdotti e disciplinati dall'articolo 16 della L. 17 febbraio 1992 n. 179 e del D.Lgs 22/97. La loro finalità è quella della riqualificazione ambientale e funzionale delle parti degradate e/o delle aree dismesse della città, attraverso un progetto operativo che impegni l'amministrazione pubblica ed i privati con suddivisione degli oneri e dei vantaggi. Data la limitata disponibilità di risorse pubbliche, l’integrazione di risorse private, di funzioni introdotte e di attuatori del progetto rende i programmi integrati più efficaci ed aderenti alle necessità locali e più operativamente realizzabili. 4I programmi di recupero urbano, istituiti con la L. n. 493/1993, art. 11, sono un insieme sistematico di opere finalizzate al miglioramento dei servizi e degli impianti a rete dei quartieri degradati di proprietà pubblica. Sono proposti dai comuni alle regioni e possono finanziare le opere a servizio prevalente del patrimonio residenziale pubblico e la manutenzione delle case popolari utilizzando i fondi Gescal. I programmi di recupero urbano si distinguono da quelli di riqualificazione urbana perché riguardano solo i quartieri di edilizia residenziale pubblica mentre i secondi possono riguardare qualunque parte di città, ritenuta strategica dal comune. 5 La formazione dei programmi urbani complessi è disciplinata dalla L.R. 11 aprile 1997, n. 13. (in attuazione dell'art. 20 dello Statuto regionale e in conformità alle leggi 17 febbraio 1992, n. 179 e 4 dicembre 1993, n. 493), in armonia con gli obiettivi generali individuati dal Piano urbanistico territoriale, al fine di riqualificare la città sotto il profilo urbanistico, edilizio ed ambientale mediante la riorganizzazione del sistema della residenza, dei servizi, delle urbanizzazioni e delle infrastrutture ed il recupero del patrimonio edilizio esistente in particolare nei centri storici. Il PUC è uno strumento operativo di programmazione economica e territoriale, attuato mediante progetti unitari di interesse pubblico, di dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città, caratterizzato da una pluralità di funzioni; tipologie di intervento, tra le quali le opere di urbanizzazione e le infrastrutture; operatori, pubblici e privati; risorse finanziarie, pubbliche e private. 6 I contratti di quartiere sono programmi sperimentali di recupero urbano finanziati dal Ministero dei Lavori Pubblici. Prevedono soprattutto il restauro, il risanamento e la ristrutturazione delle case popolari, e solo in minima parte opere di urbanizzazione. Nell'ottica di un rinnovo del welfare capace di coniugare politiche abitative e disagio urbano, la 21/2001 e il successivo D.M. 27/12/2001 (modificato dal decreto ministeriale del 31/12/2002), hanno finanziato per la seconda volta i Contratti di quartiere (CQ2). La Regione dell’Umbria, con propria Delibera n. 1408/03, ha lanciato il bando per la presentazione delle proposte di “Contratto di Quartiere 2”, il cui obiettivo è quello di promuovere la riqualificazione urbana e forme di sperimentazione ad essa connesse, attraverso azioni e strategie articolate che interessino i vari aspetti urbanistici, edilizi, ambientali, economici e sociali e che prevedano il coinvolgimento diretto dei cittadini in un processo partecipativo. 7 Le società di trasformazione urbana sono state introdotte dall'art. 17, comma 59, della L. 15/05/1997 n. 127 e riproposte nel D.Lgs n. 267/00, art. 120. Alla costituzione delle società suddette, oltre alle città metropolitane ed ai comuni, possono partecipare anche le province e le regioni nonché soggetti privati scelti tramite procedura di evidenza pubblica. 8 Per un approfondimento si rinvia a Tarquini A (2002)., I Programmi Urbani Complessi, Comune di Terni, Terni.
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urbana, la sperimentazione dei programmi complessi ha riguardato le varie tipologie che nel corso degli anni sono state istituite in sede comunitaria, nazionale e regionale. A titolo esemplificativo è interessante il caso del recupero e della riqualificazione funzionale delle ex-Officine Bosco, indicativo della capacità innovativa messa in campo dall’amministrazione comunale a metà degli anni Novanta del secolo scorso. Il progetto è in corso di completamento attraverso la costituzione di una STU tra il Comune e attori privati, per realizzare la trasformazione urbana di un’area di circa 150.000 m2 di evidente pregio urbanistico e funzionale, prevalentemente finalizzata alla promozione del terziario avanzato, che ha portato alla realizzazione del Videocentro di Terni, avviando un modello di sviluppo centrato sulla filiera del cinema e della multimedialità. Anche a livello comunitario, la sperimentazione dei programmi complessi attuata nella conca ternana è in sintonia con gli obiettivi e le modalità attuative dei Programmi di Iniziativa Comunitaria (PIC), con i quali interagisce e che nel Ternano-Narnese hanno portato all’attivazione di Urban9, con il recupero del Lanificio Gruber per la realizzazione di un polo sociale, di Resider10, con i progetti relativi alla ex-Carburo di Calcio di Papigno, destinato ad accogliere attività relative alla filiera cinema-multimediale all’ex-Lanificio di Narni per il quale il progetto di recupero intende realizzare un centro che ospiti attività turistico-artigianali e iniziative legate al settore della formazione e del lavoro nel settore turistico e culturale. Entrambi i programmi hanno operato in stretta integrazione con le strategie e gli interventi proposti nel DocUP Ob.2 e con gli altri PIC operanti nell’area. Tra i programmi attivati nella provincia di Terni, rivestono particolare importanza nell’ambito del recupero delle aree dismesse il Prusst Il Nera: dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile, il Pit Ternano Narnese Amerino e il DocUP, programmi-matrice già trattati nella parte III, i quali hanno operato in maniera sinergica inserendo i progetti per i siti dismessi nel programma di trasformazione della conurbazione industriale Terni-Narni, caratterizzata da grandi comprensori industriali degradati e totalmente o parzialmente dismessi e da sedimenti del patrimonio storico-architettonico da riqualificare nell’ambito del più generale riassetto delle funzioni urbane. Il Prusst, come già rilevato, è un programma complesso che rappresenta la nuova fase di programmazione territoriale nata dall'esperienza dei programmi di riqualificazione urbana, dei quali rappresenta l’evoluzione in senso territoriale in quanto trova applicazione nei contesti di area vasta. Il Nera: dalla prima industrializzazione allo sviluppo sostenibile, nei comuni di Terni e Narni, realizza i suoi obiettivi attraverso azioni di recupero delle aree industriali dismesse e di bonifica dei siti; l’attivazione di nuovi settori economici, la riqualificazione del sistema insediativo, lo sviluppo di settori innovativi, del turismo e della tutela ambientale, utilizzando la concertazione pubblico-privato, come è testimoniato dall’ampia rete di attori locali (enti pubblici e soggetti privati) e sovralocali (Regione Umbria, Ministero Lavori Pubblici). Le principali aree industriali dismesse entrano nel progetto in maniera congiunta. Sono oggetto di strategie e obiettivi comuni, diventando nodi di una progettualità complessiva, strategica per l’area nel suo insieme, evitando il pericolo del recupero isolato. Nel campo della dismissione, il Prusst interagisce ampiamente con i PUC, ad esempio nel riutilizzo con indirizzo
9 Il Programma Pilota Urban I, attivato in due fasi (1990 e 1996) ha avuto l’obiettivo di supportare l’innovazione nell’ambito della pianificazione e della rigenerazione urbana nelle città colpite dalla crisi e dal degrado industriale e dall’esclusione sociale, inserendo tali problematiche all’interno dell’ampia cornice rappresentata dalle politiche comunitarie riferite alla promozione economica e alla coesione sociale. 10 Resider II ha operato nel periodo 1994-97 con l’intento di costruire delle condizioni infrastrutturali e di servizio che arricchissero e qualificassero le potenzialità localizzative e attrattive dell’area, nonché la diversificazione ed innovazione del tessuto economico-produttivo, mediante la promozione di attività turistiche basate sul patrimonio industriale esistente, e la realizzazione servizi innovativi per le piccole e medie imprese dei settori prioritari dell’area, perseguendo inoltre la collaborazione tra imprese ed istituti di ricerca.
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multifunzionale di siti quali le industrie di Papigno, il cui recupero è stato avviato nel ’96 con la partecipazione al PIC Resider II, per essere destinato a funzioni museali, culturali, cinematografiche e sportive; la SIRI11, destinata ad accogliere il museo della città e funzioni culturali, sociali e residenziali. Particolarmente significativi sono il recupero del Lanifico Gruber, avviato nel ’94 con il PIC Urban e finalizzato alla realizzazione di una “Cittadella dei servizi sociali” con asili nido, centri giovanili, centri per famiglie, laboratori creativi, una casa per la prima accoglienza e l’ufficio di cittadinanza; la riconversione del complesso Snia Viscosa, con attività alberghiere, museali e ludico-sportive; la riqualificazione del fronte della grande industria sul fiume attraverso la percorribilità delle sponde e il recupero della ex SPEA. Il Prusst coniuga il recupero dei siti industriali con il miglioramento della fruibilità turistica e ricreativa (turismo ambientale e culturale) basata sulla ricettività diffusa. In una prima fase del programma l’attivazione di sinergie tra vari canali di finanziamento e le diverse modalità di programmazione hanno favorito l’attivazione delle componenti del milieu prevalentemente negli aspetti della progettazione delle opere. Tale impostazione è finalizzata alla valorizzazione delle capacità progettuali locali che vengono messe in rapporto con gli obiettivi di sviluppo europei, nazionali e regionali. Tuttavia, recentemente, il Prusst ha finanziato anche la realizzazione di alcuni progetti, ampliando ulteriormente le possibilità del programma. Nel ridisegno e nella riqualificazione delle funzioni urbane si inseriscono alcune delle operazioni promosse e realizzate recentemente dal Comune di Orvieto, quali la rilocalizzazione del mattatoio (inserita nel Prusst San Pietro in Tuscia ovvero il territorio degli Etruschi) e la riqualificazione funzionale di Mola Ioni, quest’ultima realizzata nell’ambito dei PUC attivati sul territorio con destinazioni residenziali e commerciali. In definitiva, il ruolo svolto dai programmi complessi è importante perché indirizzano la pubblica amministrazione verso obiettivi qualificati e unificanti, promuovono la progettualità locale e favoriscono in modo concreto una grande attenzione alla sostenibilità e alla coesione sociale. Inoltre, favoriscono un nuovo rapporto tra pubblico e privato, sollecitando il superamento della tradizionale impostazione dirigistica a favore di quella cooperativa, basata sulla promozione e sulla regolamentazione. Il Pit Ternano Narnese Amerino12 si configura come programma operativo di sviluppo locale intersettoriale basato su un modello di sviluppo sovraterritoriale, integrato e di sistema, attraverso la condivisione dei progetti, delle risorse e dei tempi di attuazione. E’ stato istituito sulla base del “Patto per lo sviluppo dell’Umbria” e ruota intorno all’idea-forza secondo la quale la ricerca di una nuova fase di sviluppo dell’area deve fare riferimento alla storica vocazione industriale del territorio ternano13. Tali indirizzi si integrano con le principali azioni previste dai programmi-matrice e dai programmi complessi come il Prusst, proponendo iniziative che interessano molte delle aree produttive dismesse, accogliendo un totale di 192 sub progetti diversi per caratteristiche, dimensioni e tipologia, ma collocabili all’interno delle tre
11 Il caso della SIRI è emblematico del ruolo svolto dai programmi complessi e dalla loro integrazione nel progetto di recupero. Nel PRU attivato nel 1994, il blocco storico degli edifici dismessi e di quelli demoliti/ricostruiti veniva destinato a funzioni cittadine di pregio, mentre i restanti edifici erano riservati a funzioni residenziali, ricettive, artigianali e commerciali. In realtà il Progetto Pilota consentiva di realizzare solo il recupero dell’opificio storico e l’acquisizione degli immobili da parte del comune. L’opportunità finanziaria successiva è stata offerta dai PUC attraverso il programma straordinario della Regione per gli eventi sismici del ’97, con il quale veniva previsto il recupero di tutti gli edifici storici e delle case operaie, mentre si estendeva la quota proprietaria del comune. Nel PUC le destinazioni d’uso per gli edifici storici pubblici hanno riguardato attività cittadine di pregio (museo, teatro, università), mentre si sono confermate le già previste funzioni commerciali e residenziali per gli edifici storici privati. 12 In Umbria è attivo un altro progetto integrato che interessa le aree terremotate del 1997 denominato Piano Integrato Aree Terremoto (PIAT). 13 Si veda la nota 9 nel paragrafo 3.2.
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filiere strategiche individuate14. Nel campo della dismissione il Pit accoglie la maggior parte dei progetti di recupero censiti, interagisce con il Prusst e con i PUC dei Comuni di Terni e Narni, condividendo con i programmi complessi l’approccio congiunto ed integrato. I progetti riguardanti le aree dismesse inseriti nel Pit riguardano la bonifica di aree industriali di Terni e Narni, il riuso del complesso edificato SPEA con attività connesse con l’industria della comunicazione, della cinematografia e dell’università; la riqualificazione della foresta planiziale della SPEA con la creazione di un parco urbano; la riqualificazione della ferrovia dismessa lungo le Gole del Nera, finalizzata al collegamento dei siti storico-naturalistici della vallata e mediante la realizzazione di “gallerie intelligenti”, ospitanti centri di ricerca e di innovazione; la realizzazione di un museo industriale e di laboratori didattici presso la Linoleum di Narni e del museo delle armi presso la Fabbrica d’Armi a Terni; il recupero del Mattatoio di Narni con servizi sanitari e amministrativi, in stretta relazione con il nuovo ospedale comprensoriale narnese-amerino; il riuso del complesso della Nuova Bosco con attività produttive, attuato dal Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali di Terni Narni e Spoleto, nell’ambito della sua azione di rifunzionalizzazione di siti industriali dismessi e il completamento dell’intervento di restauro conservativo di Palazzo degli Scolopi (Palazzo dei Priori ), attraverso l’attuazione del PUC del centro storico di Narni. Nel Pit, alcuni progetti di recupero di siti industriali e storici sono messi a sistema nell’ambito della filiera strategica relativa all’istruzione, formazione e ricerca, con particolare riferimento ad iniziative legate al rafforzamento del polo universitario di Terni e Narni. In tal senso sono coinvolti il complesso di San Pietro a Terni, la Rocca di Albornoz, il complesso di Pescecotto e Palazzo degli Scolopi a Narni. Altri progetti di recupero messi a sistema nel Pit sono coerenti con il progetto regionale per la realizzazione di un sistema museale in rete, come previsto dal Piano di Sviluppo della Regione e dall’Accordo di Programma Quadro tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Umbria, siglato nel 2001. Nella conca ternana tale percorso si snoda da Carsulae alla Valnerina attraverso i centri urbani di Terni e Narni, coinvolgendo siti industriali già citati come la SIRI, Papigno, la Fabbrica d’armi, la ex Linoleum di Narni e alcuni palazzi storici dismessi dalle attività del terziario, come Palazzo Carrara, futuro Polo della memoria della città di Terni; a Narni la Rocca di Albornoz, come centro integrato per le arti contemporanee; Palazzo degli Scolopi, i complessi “Le Grazie” e S. Girolamo. In un raggio di azione più ampio il progetto coinvolge il recupero del Collegio Boccarini e dell’ex-orfanotrofio S. Angelo di Amelia e la realizzazione di un centro di educazione ambientale a Calvi dell'Umbria, nell’ambito del PUC che interessa il progetto di riconversione del monastero delle Suore Orsoline. Prusst e Pit si propongono pertanto come elementi di connessione tra insiemi di programmi e di iniziative già esistenti di varia origine, di composizione pubblica o privata, specialmente nelle aree interessate, come nel caso di Terni e Narni, da processi di concertazione quali i patti territoriali e il Contratto d’area15. Essi attivano in maniera sinergica le componenti del milieu legate alle aree dismesse, ai caratteri naturalistico-ambientali, al sistema delle infrastrutture e a singoli sedimenti territoriali. La strategia del DocUP 2000-200616, viene perseguita in un quadro di integrazione con le altre politiche territoriali, affidate a strumenti diversi di origine comunitaria, nazionale e regionale. L’obiettivo generale si identifica da un lato con il rafforzamento dell’efficienza economica e della competitività del territorio attraverso azioni sul tessuto produttivo; dall’altro lato con la
14 Le linee strategiche di intervento individuate dal Pit, in linea con quelle previste nel Patto per lo sviluppo dell’Umbria riguardano 1. Il potenziamento dei fattori di sviluppo economico e di competitività 2. La tutela e la valorizzazione della risorsa Umbria - TAAC (turismo, ambiente, agricoltura, cultura) 3. Lo sviluppo del sistema integrato di istruzione, formazione e ricerca. 15 Tali programmi sono stati trattati nel paragrafo 3.2. 16 Per il DocUP si rimanda anche alla presentazione nel capitolo III, paragrafo 3.2.
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valorizzazione delle imponenti risorse immobili di cui il territorio dispone sul piano del patrimonio naturale, ambientale e culturale, industriale e infrastrutturale, in una prospettiva di continuità e rafforzamento di quanto già avviato e realizzato dalla programmazione regionale. Alcuni progetti di recupero che hanno interessato siti dismessi di origine industriale, rurale e del terziario sono rientrati negli assi prioritari17 programmatici del DocUP, con riferimento alle misure e alle azioni derivanti per l’accesso ai finanziamenti del programma. Nell’ambito degli obiettivi prioritari del tavolo tematico relativo alla tutela e valorizzazione della risorsa Umbria, presenti nel Patto dello Sviluppo per l’Umbria, progetti significativi di recupero rientrano nella cornice del progetto integrato di marketing territoriale “Essere Bene”, di iniziativa regionale ed elaborato da Sviluppumbria nell’ambito della misura 1.2 ‘Promozione del territorio e marketing d’area’ del DocUP 2000-2006 Ob. 2 e finalizzata alla valorizzazione delle sorgenti di acqua termale non utilizzate o abbandonate. Si tratta di un progetto-rete che si pone l’obiettivo generale di valorizzare un nuovo prodotto turistico di qualità legato al benessere e capace di attrarre investimenti e servizi rivolti a turisti e residenti, sviluppando in Umbria veri e propri poli di eccellenza del benessere così da creare un’offerta integrata di promozione complessiva del territorio, dalle terme alle ricchezze ambientali e paesaggistiche, al patrimonio storico e culturale fino all’enogastronomia. I progetti di recupero delle terme di Parrano e delle Terme di Tiberio a Castel Viscardo rappresentano l’esito di una selezione18
rigorosa finalizzata alla valorizzazione dei caratteri di eccellenza. In questa prospettiva il progetto di rifunzionalizzazione delle terme di Parrano è promosso dal comune secondo la proposta di una rilettura dell’identità urbana di Parrano come “borgo del benessere” e prevede la riqualificazione dell’edificio delle terme realizzato negli anni Ottanta e mai terminato, destinandolo a struttura sanitaria di supporto all’attività termale, in un’ottica di turismo di qualità, per realizzare un polo di eccellenza del benessere. Lo stesso obiettivo viene perseguito per le Fonti di Tiberio, a Castel Viscardo, oggetto di un progetto di recupero che mira alla realizzazione di una beauty farm, integrata con il territorio circostante secondo caratteristiche di eccellenza qualitativa. L’azione di marketing relativa ai siti termali abbandonati svolta dal progetto “Essere Bene” ha stimolato iniziative anche a favore di altri due siti termali, favorendo anche una ampia concertazione pubblico-privato. E’ il caso del parco delle terme dell’Amerino che, nel quadro dell’intervento complessivo che destina l’intero parco a centro benessere, interessa l’area di proprietà del Comune di Acquasparta. Il progetto prevede il recupero e la rifunzionalizzazione dell’ex stabilimento di imbottigliamento e di una parte del parco delle terme, ai fini del ripristino della mescita e del consumo dell’acqua minerale, da affiancare alla realizzazione di un laboratorio didattico permanente. L’iniziativa promossa dal comune è parte integrante del progetto sovracomunale “La terra dell’acqua e dei ciclamini”, finalizzato alla valorizzazione delle risorse storico-artistico-culturali del territorio, e capace di attivare una rete di attori istituzionali (Comuni di Acquasparta, Avigliano U., Montecastrilli, San Gemini) e un gruppo di PMI locali del settore turistico-ricettivo. Anche il progetto di riuso di parte del vecchio stabilimento di imbottigliamento dell’acqua minerale Sangemini è inserito in strategie innovative di sviluppo nell’ambito della valorizzazione delle risorse termali, in linea con il progetto regionale. La mobilitazione dei soggetti locali intorno al progetto di recupero, ha rafforzato le sinergie precostituite dal progetto per la costituzione dell’“Ecomuseo dell’Alta valle del Naia”19, ampliando l’azione concertata pubblico-privato.
17 Le linee strategiche di intervento del DocUP definiscono gli assi prioritari: 1) competitività del sistema regionale 2) competitività del sistema delle imprese 3) tutela e valorizzazione delle risorse ambientali e culturali 4) assistenza tecnica 18 Gli altri siti della rete “Essere Bene” sono Cerreto di Spoleto e Nocera Umbra. 19 Il progetto di trasformazione territoriale “Ecomuseo dell’Alta valle del Naia” partecipa al programma comunitario Cultura 2000, ai fini della creazione di una rete di ecomusei europei, secondo un approccio
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Il recupero e la rifunzionalizzazione di un sito rurale è alla base del progetto per la realizzazione dell’Ecosito Belvedere Podere di Meana. L’iniziativa rientra nelle strategie di valorizzazione innovativa incentivate dal DocUP, con particolare riferimento alla misura 3.2 del codice C3 relativa alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali del territorio. Il progetto si inserisce nelle politiche di potenziamento delle strutture di presidio del territorio e del paesaggio e nella valorizzazione delle risorse e delle peculiarità locali. I progetti codice C3 sono presentati da soggetti pubblici. In questo caso la rete si struttura intorno alla Comunità Montana Monte Peglia e Selva di Meana, promotrice del progetto insieme al comune di Allerona e al CNR. Alcuni tra i progetti legati alla riqualificazione dei siti produttivi e del tessuto industriale discendono dalle azioni finalizzate al potenziamento delle aree di insediamento produttivo di Terni-Narni inserite nelle politiche di programmazione regionale con particolare riferimento all’azione 1.6. del DocUP, specificamente introdotta per stimolare la crescita delle aree industriali attrezzate di insediamento produttivo. E’ il caso dei progetti di rifunzionalizzazione di alcuni fabbricati della ex-Enichem, attuati dal Consorzio delle aree industriali all’interno della cornice del Contratto d’area di Terni Narni e Spoleto. Anche la rifunzionalizzazione della ex-Lebole a Orvieto si inserisce all’interno di azioni di miglioramento della competitività del territorio, attraverso la misura 1.1 volta alla riqualificazione dell’offerta insediativa per le attività produttive. La ex industria tessile è stata trasformata in incubatore di imprese ad opera di Crescendo, il Consorzio di sviluppo delle aree industriali attivo nell’Orvietano grazie alla cornice di condizioni favorevoli attivate dal Piano di sviluppo dell’Umbria nell’ambito del Tavolo Territoriale Trasimeno-Orvietano20. Per la ex Caserma Piave, situata nel centro storico di Orvieto, è prevista una destinazione multifunzionale, finanziata attraverso la partecipazione al bando Integrato Industria del DocUP, codice B4. Alcuni dei progetti censiti non rientrano nei programmi complessi o integrati; tuttavia le singole iniziative appaiono ugualmente ancorate alle linee della programmazione e della pianificazione comunale, arginando il rischio della speculazione immobiliare. Tali iniziative hanno interessato siti produttivi dismessi di origine industriale e del terziario. E’ il caso di alcuni progetti relativi ad imprese chimiche di Terni e Narni, monitorate e messe in sicurezza (come la SGL Carbon di Narni), dall’Osservatorio chimico provinciale di Terni, soggetto istituzionale che favorisce la nascita di sistemi integrati tra la grande industria chimica e la piccola e media impresa. Altre imprese chimiche, come la ex Montedison-Meraklon di Terni sono oggetto di interesse e di riconversione parziale da parte di privati. Alle attività dismesse del terziario fanno riferimento altre iniziative di recupero che hanno interessato alcuni siti del patrimonio architettonico dei centri storici di Terni e Orvieto, come l’ex “Palazzo Sanità”, ceduto in parte dal comune di Terni a privati in cambio della realizzazione nella parte restante del complesso di “Palazzo Primavera”, un contenitore culturale pubblico; la ex Casa Circondariale di Terni, trasformata in edificio multifunzionale
innovativo alla conservazione dei valori storico-culturali, in un’ottica di sviluppo locale. All’interno del progetto dell’Ecomuseo locale le destinazioni d’uso previste dal progetto di recupero di alcuni immobili dell’ex stabilimento Sangemini riguardano la realizzazione di un museo d’impresa, un’esposizione permanente, un centro benessere e uno showcase dell’innovazione. 20 Il Consorzio Crescendo è il consorzio per lo sviluppo industriale designato per l’ambito orvietano. E’ un soggetto importante nell’attivare una nuova sensibilità e nell’agire come attore trasversale tra il mondo delle imprese e gli enti pubblici, oltre che nel proporre iniziative progettuali, nel reperire e nel gestire fondi destinati allo sviluppo industriale locale. Tra le attività di competenza del consorzio vi sono l’acquisizione e rifunzionalizzazione di aree, la realizzazione di opere di urbanizzazione, infrastrutture, impianti; aree tecnologicamente attrezzate, piattaforme, laboratori, opifici ed edifici per attività imprenditoriali e di servizio alle imprese ed ai lavoratori dell'area. Il consorzio collabora con gli organi di sviluppo e di promozione presenti nell'area per la realizzazione e lo sviluppo di attività produttive in conformità agli indirizzi stabiliti dagli enti pubblici partecipanti e dalla Regione.
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ridenominato Officina Sociale “La Siviera” destinata ad attività socio-culturali attraverso l’attivazione di originali sinergie con le associazioni socio-culturali del territorio; l’ex Ospedale civico S. Maria della Stella di Orvieto, trasformato in sede universitaria e il Palazzo del Gusto nato dalla riconversione del Complesso S. Giovanni. Tali progetti sono coerenti con una concezione della pianificazione comunale che privilegia la progettualità della conoscenza e la sua finalizzazione alla valorizzazione del territorio, riconoscendo la centralità della concertazione istituzionale nelle scelte di governo del territorio e dell'ambiente. In definitiva quasi tutti i progetti per le aree dismesse si inseriscono in una politica di sviluppo del territorio in linea con le strategie presentate nel Patto per lo Sviluppo dell’Umbria e con gli strumenti della finanza territoriale, nonché sono coerenti con gli assi prioritari del DocUP e con le linee-guida della programmazione provinciale.
Fig. 76 - I progetti di rifunzionalizzazione delle aree dimesse
Presentazione del progetto
Comune Aree dismesse Tema principale Obiettivi Descrizione
1 Narni SGL CARBON - EX ELETTROCARBONIUM
Recupero e rifunzionalizzazione area industriale dismessa
Rifunzionalizzazione di un'area dismessa del comparto chimico e riconversione industriale ai fini dell'attrazione e dello sviluppo di imprenditorialità industriale, con particolare attenzione ad attività legate all’innovazione tecnologica. La rifunzionalizzare interesserebbe fabbricati e/o aree tuttora attrezzate ed infrastrutturate nelle quali è cessata l’attività produttiva e che sono state, fino al 2003 adibite a magazzino o ad attività complementari oggi dismesse completamente.
Il piano di rifunzionalizzazione dell'area è stato proposto da un accordo quadro sottoscritto nel 2003 tra la SGL/Carbon e i Sindacati. L’Osservatorio Chimico Provinciale di Terni si è fatto promotore di un progetto pilota presentato nello stesso anno. Tale proposta prevede la sottoscrizione di un accordo di programma tra vari soggetti istituzionali (Regione Umbria, Comune di Narni, Osservatorio Chimico Provinciale di Terni, Associazione degli Industriali, Sindacati), ratificato dall’Osservatorio chimico nazionale. L'iniziativa potrebbe essere finanziata da misure e incentivazioni ad hoc. La bonifica e la rifunzionalizzazione del sito verrebbero affidati al Consorzio per lo sviluppo delle aree industriale di Terni Narni e Spoleto.
2 Narni FERROVIA GOLE DEL NERA
Riqualificazione infrastruttura dismessa
Riqualificazione di 5 km di sede ferroviaria dismessa e realizzazione di un percorso attrezzato storico-naturalistico che verrà messo a disposizione dei cittadini e dei turisti.
Il progetto è promosso dal Comune di Narni e dalla Provincia di Terni in collaborazione con soggetti privati. Reinterpreta in chiave ambientale e turistica il fiume Nera, guardato nell'ultimo secolo secondo la prospettiva dello sfruttuamento energetico e industriale. Il progetto raggiunge un buon livello di integrazione con diversi progetti di trasformazione territoriale, quali Prusst, Pit, progetto SPEA e progetto integrato Parco dei laghi della conca ternana.
3 Narni EX LINOLEUM - EDIFICIO EX DOPOLAVORO
Recupero e rifunzionalizzazione area industriale dismessa
Il progetto prevede la ristrutturazione generale dell’edificio, la sistemazione dello spazio a verde esterno e l'allestimento di vari spazi funzionali. Al primo piano è prevista la realizzazione di un sistema flessibile di aule e di spazi di servizio utilizzabili sia per seminari e convegni di studio sia per fini didattici e formativi. Al secondo piano verranno allestiti un museo dedicato al modello di industrializzazione del Narnese e alla storia della Linoleum/Tarkett con spazio di accoglienza e bookshop; un archivio storico; un centro di documentazione sul patrimonio industriale. La nuova struttura potrà operare con il supporto delle nuove tecnologie, permettendo la sinergia dei due nuclei o lo svolgersi di loro attività autonome e contemporanee.
Il progetto, promosso dal Comune di Narni insieme alla Società chimica Tarkett-Sommer e all'Associazione Industriali della Provincia di Terni, intende creare una struttura multifunzionale per la valorizzazione dell’identità industriale legata non solo al sedimento materiale specifico, ma anche alla cultura e ai saperi industriali del Narnese. Il complesso sarà anche il punto di partenza di itinerari tematici di carattere storico-culturale-ambientale costruiti su tutto il territorio comunale che si collegano a siti pre-esistenti di archeologia industriale, ma anche al percorso del fiume Nera. L'iniziativa partecipa al Pit e al progetto integrato presentato nel 2005 dai Comuni di Terni, Narni, Arrone, Ferentillo, Montefranco e Polino nell’ambito del DocUP 2000-2006 per la filiera turismo-ambiente-cultura, codice C4. L’intervento relativo alla Ex Linoleum si inserisce a pieno titolo nel Prodotto d’Area “Storie d’Umbria”.
4 Narni EX SPEA (Narni Scalo) Recupero area industriale dismessa
1. Riuso dei capannoni e dei manufatti dismessi (10 ha) finalizzato all'attività del Centro Multimediale di Terni 2. Salvaguardia e valorizzazione della 'area della foresta planiziale e riuso di piccoli manufatti edilizi ad uso dell Polo universitario integrato Terni-Narni 3. Realizzazione di un parco urbano nell'area lungo il Nera 4. Costruzione di un nuovo edificio che accolga un multisala cinematografico e di un palazzetto dello sport.
Il progetto di riqualificazione è stato promosso dal comune di Narni.E' inserito sia nel Prusst che nel Pit ed è parte integrante del programma integrato Marmore - Piediluco - Papigno e del progetto per la realizzazione del polo universitario integrato di Terni e Narni. L'iniziativa rappresenta un'occasione per inserire il progetto all’interno di una strategia complessiva di sviluppo integrato ternano-narnese, che privilegia le problematiche connesse con la filiera del cinema e dell’università.
5 Narni COMPLESSO S. GIROLAMO
Recupero e rifunzionalizzazione edificio storico
Realizzazione di una struttura ricettiva di livello adeguato, integrata con il polo sportivo-ricreativo che circonda il complesso.
L’intervento si inserisce nell'attività di potenziamento del sistema turistico-ricettivo promosso dal Comune di Narni ed è inserito nel Pit Ternano Narnese Amerino. Risulta strettamente integrato con tutte le iniziative riguardanti la valorizzazione del centro storico, il potenziamento del polo universitario, le future attività connesse con la SPEA, la Rocca ed il progetto di riqualificazione del complesso “Le Grazie”. Si tratta di un’infrastruttura a valenza pubblica con innesco di attività private: le opere previste per la parte pubblica verranno gestite dai soggetti proprietari ad eccezione degli interventi relativi agli spazi sociali di proprietà comunale affidati in gestione a circoli e associazioni culturali in base ad apposite convenzioni.
6 Narni COMPLESSO DI PESCECOTTO
Recupero e rifunzionalizzazione edificio storico
Realizzazione di strutture a servizio del polo universitario ternano-narnese sia come sede di istituti specialistici e di ricerca, sia come sede per l’attività didattica; realizzazione di un centro museale a tema in collaborazione con la Regione ed i vari Centri Studi Storici del territorio.
Il complesso è di proprietà del Comune di Narni che inserisce l’intervento nell’ambito del generale potenziamento del polo universitario integrato per ospitare corsi o costituire sede di istituti. L’immobile di elevato valore storico e l'agevole localizzazione consentirebbero di dotare l’Università di una sede di prestigio per attività anche direzionali e di valorizzare il cospicuo patrimonio storico documentale dell’area con la realizzazione di un eventuale museo a tema in collaborazione con la Regione ed i vari Centri Studi Storici del territorio. Il progetto è inserito nel Prusst di Terni e Narni e nel Pit Ternano Narnese Amerino.
7 Narni EX COLONIA “LE GRAZIE”
Restauro e riconversionefunzionale complesso architettonico storico
Restauro conservativo degli agglomerati edilizi che rivestono carattere storico e di particolare pregio ambientale. Realizzazione di una struttura ricettiva di supporto alle attività universitarie ed espositive del centro urbano.
Il progetto è promosso dal comune di Narni e rientra nelle attività di potenziamento del sistema turistico-ricettivo della conca ternana. In particolare l'iniziativa è inserita nel PIT e si integra sia con il progetto del Polo universitario integrato di Terni che con le attività presenti nella Rocca di Albornoz di Narni.
8 Narni EX LANIFICIO – PALAZZO SACRIPANTI
Recupero e riconversionefunzionale sito dismesso
Realizzazione di attività legate alla filiera formazione-lavoro e alla filiera turismo-cultura.
Il progetto prevede il restauro e il recupero del complesso ex "Lanificio" di Palazzo Sacripanti, da adibire a centro di attività turistico artigianali al servizio di manifestazioni storico-rievocative, accanto alla realizzazione di un parcheggio interrato. Il complesso intende ospitare attività legate al settore della formazione e del lavoro nel settore turistico e culturale; tra queste vi avranno sede le attività di artigianato artistico strettamente connesse alla Corsa all'Anello e altre iniziative. All’interno dello stesso progetto si prevedono azioni che daranno nuova veste e vitalità a quella parte del centro storico, come la sistemazione della piazza antistante. Nel 1997 il progetto di recupero dell’immobile ex-lanificio con la relativa area di pertinenza viene inserito nel progamma di iniziativa comunitaria "Resider II" - Azione A - Misura 7E "Valorizzazione Turistica del patrimonio industriale e progetti di archeologia industriale".
9 Narni EX MATTATOIO Recupero e rifunzionalizzazione area dismessa
Nuova localizzazione di servizi sanitari.
L’amministrazione comunale inserisce la rifunzionalizzazione dell'area nell'ambito della riqualificazione del centro urbano. Il progetto è parte integrante del generale riassetto del servizio sanitario regionale e di quello locale, in stretta relazione con la realizzazione del nuovo Ospedale Comprensoriale del Narnese-Amerino. Tuttavia la destinazione d’uso prevista dal PRG è ancora suscettibile di ulteriori precisazioni da parte dell’amministrazione comunale.
10 Narni PALAZZO DEI PRIORI (PALAZZO DEGLI SCOLOPI)
Recupero e rifunzionalizzazione edificio storico
Il progetto prevede il completamento dell’intervento di ristrutturazione del complesso immobiliare al fine di realizzare spazi di prestigio, per qualità e collocazione, collegati al sistema universitario da adibire ad attività didattiche, congressuali, ricettive e direzionali da affiancare a destinazioni di residenza speciale, attività commerciale e valorizzazione dei prodotti tipici. Si prevede l’inserimento del sito nella rete del Sistema Museale Regionale.
Il progetto è promosso dal comune di Narni insieme all'Associazione Studi Universitari e alla Provincia di Terni ed è strettamente collegato al potenziamento del sistema universitario e più in generale al complessivo processo di riqualificazione della città. Il progetto rientra nel PIT Ternano Narnese Amerino.
11 Narni ROCCA DI ALBORNOZ
Restauro e riconversionefunzionale edificio storico
Realizzazione di una struttura destinata a funzioni espositive, formative e produttive. Verrà eseguito uno sbancamento di 400 metri2 per aumentare gli spazi espositivi; inoltre si prevede la realizzazione di un ristorante.
Dopo il restauro l’edificio medievale rappresenta uno dei fiori all'occhiello del patrimonio di beni culturali dell'intera regione dell'Umbria. Per essa il Comune di Narni ha elaborato un progetto per realizzare una struttura multifunzionale, un "centro intermodale" della cultura artistica in grado di creare e ospitare interconnessioni tra i fatti dell'arte e gli elementi portanti di un più complesso sviluppo integrato: il sapere, le tecnologie, le innovazioni, la formazione alla ricerca di un percorso aperto e relativo.
12 Terni EX BOSCO Recupero e riqualificazione area industriale dismessa
Recupero degli edifici storici finalizzato alla realizzazione di attività nel settore multimediale.
Il sito è di proprietà del Comune di Terni che ha promosso l'intero progetto di riuso, nell'ambito della i riqualificazione del quartiere urbano storico dell'industria in partenariato con attori privati attraverso la costituzione di una STU – Società di Trasformazione Urbana. Il progetto ha usufruito di finanziamento DocUP Ob. 2.
13 Terni EX NUOVA BOSCO Recupero e riqualificazione area industriale dismessa
Rifunzionalizzazione del sito industriale a fini produttivi destinati all'attrazione di nuova imprenditorialità
Il progetto è stato realizzato dal Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali di Terni Narni e Spoleto con l'acquisto dell'area e degli immobili. L'operazione è stata in parte finanziata dai contributi di finanziamento previsti dalla legge 236 e dal DocUP Ob.2 e finalizzati all'acquisto e alla rifunzionalizzazione del sito.
14 Terni EX CARBURO DI CALCIO (Papigno)
Riuso e riqualificazione area industriale dismessa
Bonifica ambientale e recupero dell'ex edificio della direzione e dei capannoni limitrofi ai fini del potenziamento del settore della produzione cinematografica; allestimento di 7 teatri di posa di cui 3 esistenti, sale di montaggio, spazi ricettivi, parcheggi e spazi espositivi. Si intende realizzare anche servizi di supporto alle attività canoistiche e a quelle museali di archeologia industriale. Sono previsti anche la bonifica e il recupero ambientale dei ponti, della ciminiera, delle condotte, dell'area di pertinenza degli immobili e del terrazzamento ai piedi del borgo Papigno.
Il progetto rientra nel programma integrato di riqualificazione Marmore-Piediluco-Papigno, area compresa tra le acciaierie e la Cascata delle Marmore. E' promosso dal comune di Terni e attiva una cooperazione positiva degli attori, favorita dal ruolo trainante del Comune. Con l'inserimento nel Prusst e nel Pit e la richiesta di accesso ai fondi Docup 2000-2006, codice C4, l'area Papigno si conferma un'occasione per inserire il progetto all’interno di una strategia complessiva di sviluppo integrato ternano-narnese , che privilegia iniziative di sviluppo della filiera del cinema, in un'ottica di strategia unitaria di recupero della dismissione.
15 Terni POLO CHIMICO EX ENICHEM (S. Maria Magale)
Bonifica, recupero e riutilizzo area industriale dismessa
Bonifica, recupero e riutilizzo di un’area e di due fabbricati a fini produttivi destinati ad attività imprenditoriali ad alto contenuto tecnologico. Per uno dei fabbricati (n° 115) l'intervento è concluso, mentre per il n° 119 è stato predisposto un progetto che prevede il mantenimento degli elementi architettonici originari.
L'area è stata acquisita dal Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali di Terni Narni e Spoleto nel 1999. Il recupero è stato realizzato dal consorzio ed è stato preceduto dalla bonifica ambientale dell'area.
16 Terni FABBRICA D'ARMI
Recupero e rifunzionalizzazione di un fabbricato dismesso
Recupero dell’immobile, adeguamento funzionale ed impiantistico con allestimento finalizzato alla realizzazione di un museo delle armi.
Il progetto si inserisce nelle strategie comunali volte al recupero dei contenitori storici di proprietà pubblica. Le attività di recupero e di consolidamento sono realizzate dalla Soprintendenza ai Beni A.A.A.A.S. dell’Umbria, mentre l’allestimento del museo verrà realizzato dal comune. Il progetto rientra nel percorso museale che da Carsulae giunge a Marmore attraverso i vari siti museali della città di Terni e concepisce il recupero dei siti dismessi come obiettivo strategico per lo sviluppo della città. Il progetto è inserito nel Prusst e nel Pit.
17 Terni EX LANIFICIO GRUBER
Riuso e riqualificazione area industriale dismessa
Recupero e rifunzionalizzazione dell'ex Lanificio come polo di servizi sociali e come spazio aperto per il tempo libero, attraverso la riconversione funzionale di alcuni fabbricati dismessi e la realizzazione di un parco in continuità con il sistema verde lungo il Nera.
Il progetto rientra nel progetto di riqualificazione del quartiere urbano storico dell'industria, promosso dal comune di Terni e avviato nel 1994, con la partecipazione al programma comunitario URBAN, all’interno del programma triennale del comune (1994-'96). ll progetto prevedeva la bonifica del sito per un impegno finanziario di oltre 2 milioni di euro da realizzare con finanziamento pubblico. L’inserimento del progetto nel Prusst e nel Pit costituisce l’occasione per realizzare un’azione concertata pubblico/privato e per inserire il progetto all’interno di una strategia complessiva di sviluppo, che privilegia le attività legate al tema del welfare.
18 Terni EX MONTEDISON
Riuso e rifunzionalizzione produttiva di un'area industriale dismessa
L'area "ex parco imprese" è stata oggetto di acquisizione, recupero e rifunzionalizzazione da parte di una azienda privata che vi ha insediato un'attività di trasporti e logistica. L'area "ex impianto depurazione" è attualmente disponibile per nuove iniziative imprenditoriali.
La ex azienda chimica, nella parte "ex impianto depurazione" non è oggetto di progetti di recupero poiché il sito è in buone condizioni. Eventuali operazioni di adeguamento saranno realizzate dall'azienda che si insedierà. Al momento l'area è oggetto di interesse di una ditta finlandese che realizza prodotti sanitari con tessuto Meraklon.
19 Terni EX SIRI Riuso e riqualificazione area industriale dismessa
Il recupero degli edifici storici è finalizzato alla realizzazione di attività urbane di pregio di interesse pubblico. In particolare è previsto il restauro e la riqualificazione dell'edificio centrale e dei capannoni adiacenti destinati ad accogliere il museo, il teatro e l'università; il recupero della ex-portineria destinata ad accogliere un centro di informazione e documentazione sulla SIRI; il restauro della tettoia con capriate lignee come galleria di collegamento tra l'ingresso e l'edificio centrale; il recupero delle vasche di raccolta delle acque e dei canali. Gli altri edifici si prevede l'insediamento di attività artigianali, commerciali e residenziali, orientate a soddisfare le attese dei proprietari privati.
Il progetto di riuso del sito -di proprietà privata- rientra nelle iniziative di riqualificazione del quartiere urbano storico dell'industria, promosso dal Comune di Terni al quale partecipano anche attori privati, nell'ambito dei programmi di finanziamento DocUP Ob. 2 . L’inserimento del progetto nel PRUSST e nel PIT e l'attuazione attraverso il PRU - Programma di Riqualificazione Urbana e il PUC - Piano Urbano Complesso, conferma il ruolo dell'area della SIRI come polo di riqualificazione urbana del fiume Nera, parte integrante di un sistema integrato di funzioni: residenziale, di servizio, direzionale e culturale, che supporta l’idea del parco urbano fluviale, finalizzato alla fruizione delle sponde e alla qualificazione dei fronti urbani. L'iniziativa rientra in una strategia unitaria di recupero della dismissione e di sviluppo integrato di livello sovracomunale che privilegia le problematiche delle imprese e dell’imprenditoria, della copianificazione urbanistica, della concertazione permanente e dell’innovazione organizzativa.
20 Terni SNIA VISCOSA (Collestatte Piano)
Recupero e riqualificazione area industriale dismessa
Realizzazione di un'area attrezzata per la visita della Cascata delle Marmore con centro visita, parco, parcheggio, tourist shop. Recupero e conservazione dell'edificio centrale del complesso e dei due corpi di fabbrica aggiunti che costituiscono la parte del sito maggiormente rappresentativa dell'industria disattivata.
Il comune ha acquisito parzialmente gli edifici e intende finalizzare il recupero al potenziamento della ricettività dell’area e al completamento della riqualificazione dei siti dismessi di Marmore e Papigno. L’iniziativa intende completare la riqualificazione di un'area già indirizzata verso la fruibilità turistica e la salvaguardia ambientale. La mobilitazione della rete coinvolge attori istituzionali e privati, ma il modello di gestione si prevede misto. L’inserimento dell’iniziativa nel Progetto Integrato Marmore Piediluco Papigno, nel PRUSST e nel PIT ha garantito l’ampliamento della rete e la costruzione di sinergie sovralocali.
21 Terni EX TNT (Maratta) Recupero e riqualificazione area industriale dismessa
Il progetto ha inteso adeguare un sito produttivo dismesso al fine di promuovere l’area per attrarre iniziative esterne, sostenendo il trasferimento di aziende attive nell'innovazione tecnologica.
L'acquisizione dell’immobile da parte del Consorzio per le aree industriali di Terni Narni e Spoleto è avvenuta nel 2003. La rifunzionalizzazione è stata parzialmente finanziata dalla Legge 236/93 art. 1 ter Misura G2, oltre che dal Consorzio, e si è conclusa nel marzo 2004.
22 Terni COMPLESSO S. PIETRO
Recupero e riconversionefunzionale sito dismesso
Consolidamento e recupero strutturale; restauro e adeguamento funzionale, impiantistico e arredi. Recupero funzionale di una parte del complesso (chiostro e locali prospicienti) da destinare a sede per servizi universitari.
Il progetto si inserisce nelle strategie comunali volte al recupero dei contenitori storici di proprietà pubblica e all'innalzamento del rango delle funzioni culturali urbane. Attualmente il sito è parzialmente occupato da una scuola elementare, dalla Pubblica Assistenza, da una scuola per attori, dall’Associazione Partigiani e dall’Università della Terza Età.
23 Terni EX CARCERI - OFFICINA SOCIALE "LA SIVIERA"
Recupero e riconversionefunzionale edificio dismesso
Realizzazione di un edificio multifunzionale destinato ad attività socio-culturali; costruzione di una rete veramente dialogante e sinergica tra attori attivi nel sociale.
L’edificio è di proprietà del comune il quale ha avviato il progetto di recupero nel 2000, conclusosi nel 2004 con l’inaugurazione della struttura multifunzionale. Gli assessorati alle politiche sociali e giovanili e della pubblica istruzione sono stati i soggetti pubblici attivi: attraverso bandi di concorso per giovani nell’ambito socio-culturale hanno favorito l'emersione delle realtà giovanili presenti sul territorio. In seguito si è svolta l’attività di concertazione e di selezione dei progetti proposti dalle associazioni e la sottoscrizione di intese operative tra il comune e le associazioni selezionate, ai fini dell’assegnazione dei locali e di un finanziamento per l’allestimento e l’avvio delle attività. Una parte dell’edificio è stata destinata a servizi sociali gestiti direttamente dall’ufficio scolastico.
24 Terni PALAZZO CARRARA Recupero e rifunzionalizzazione di un edificio storico
Consolidamento e recupero strutturale dell’edificio, interventi di finitura, restauro, adeguamento funzionale e impiantistico; allestimento espositivo finalizzato alla realizzazione di un polo della memoria della città di Terni.
Il recupero funzionale dell'edificio ex-sede della biblioteca comunale e di proprietà del comune è parte integrante del Pit e rientra nel quadro della realizzazione di un circuito museale del territorio. In particolare, la realizzazione del polo della memoria della città di Terni prevede un archivio audiovisivo, la valorizzazione di testimonianze della storia della città e la conservazione documentale e archivistica. Il progetto si inserisce nelle strategie comunali volte al recupero dei contenitori storici di proprietà pubblica.
25 Terni PALAZZO PRIMAVERA - EX PALAZZO SANITA'
Restauro e riconversionefunzionale edificio storico
Il restauro dell'edificio insieme alla nuova denominazione sono coerenti con la nuova destinazione del sito a centro per le arti contemporanee con la realizzazione di un centro espositivo e di un auditorium di proprietà comunale. Si propone di essere un grande contenitore culturale, come testimonia la scelta di porvi la sede del Premio Città di Terni.
Il progetto è stato coordinato dal Comune di Terni ed è stato avviato nel 2000. Nel 2001 è stato sottoscritto un contratto di alienazione tra il comune e una ditta privata, con il quale quest'ultima si accordava per una ristrutturazione dell'edificio, restituendo in seguito all'amministrazione una parte dell'immobile che sarebbe rimasto di proprietà dell'ente pubblico. I lavori sono iniziati nel 2001 e si sono conclusi con l'inaugurazione del centro espositivo, avvenuta nell'aprile 2004.
26 Orvieto EX-LEBOLE
Recupero e rifunzionalizzazione area industriale dismessa
Realizzazione di un incubatore di imprese
Il Consorzio Crescendo è stato incaricato del recupero e della gestione del sito, realizzati con il contributo dei finanziamenti Docup Ob. 2. Il Comune di Orvieto ha promosso l'iniziativa all'interno del progetto di sviluppo elaborato dal Consorzio Crescendo. Progetto concluso nel dicembre 2004.
27 Orvieto AREA EX MOLAIONI
Recupero e rifunzionalizzazione area produttiva dismessa
Riqualificazione delle funzioni urbane in generale e residenziali in particolare. Il progetto prevede la realizzazione di nuova edilizia residenziale e commerciale.
Il progetto è promosso dal Comune di Orvieto e realizzato all'interno del PUC di Orvieto Scalo nell'ambito delle attività di riqualificazione delle funzioni urbane. Esso ha favorito la costruzione di una rete locale che ha coinvolto anche i residenti, attraverso il Consiglio di zona e altri soggetti privati.
28 Orvieto EX OSPEDALE SANTA MARIA DELLA STELLA
Recupero e rifunzionalizzazione sito storico-culturale dismesso
Interventi edilizi finalizzati alla riconfigurazione e alla costruzione di spazi destinati a sede direzionale, amministrativa, didattica, operativa, delle attività di ricerca del Centro Studi Città di Orvieto e degli istituti universitari italiani e stranieri che vi afferiscono.
L’amministrazione comunale ha inteso valorizzare un’area dall’elevato valore simbolico e storico per la città realizzando interventi volti ad elevare lo standard qualitativo urbano attraverso l'apertura all’università e la rivitalizzazione della piazza. Il progetto è promosso dal Comune di Orvieto in collaborazione con la Fondazione per il Centro Studi città di Orvieto e ha favorito la collaborazione attiva tra attori pubblici e privati, locali e sovralocali.
29 Orvieto EX CASERMA PIAVE
Recupero, rifunzionalizzazione area urbana dismessa
Il progetto di riconversione del sito viene concepito intorno a una serie di poli strategici: 1-il polo dell'economia dei turismi e del tempo libero 2- polo dell'economia della salute e dei servizi alla persona 3- polo dell'economia dei beni culturali 4- polo tecnologico 5- polo dello sviluppo dell'economia della conoscenza. In questa visione si inserisce l'adeguamento strutturale e la rifunzionalizzazione di una porzione dell’“edificio truppe”, secondo diverse destinazioni d'uso: residenza universitaria, laboratori di ricerca scientifica e tecnologica nei settori strategici delle telecomunicazioni e della sicurezza alimentare e laboratori di ricerca scientifica e tecnologica ed impianti di produzione di prototipi finalizzati allo sviluppo pre-competitivo, edilizia commerciale. Inoltre è prevista la realizzazione di un sistema museale costituito da 3 musei: Museo della Scienza Agroalimentare (MU.S.A.), dell’educazione tecnologica e della memoria.
La rifunzionalizzazione e riqualificazione del complesso della Caserma Piave si inserisce nel progetto del Comune di Orvieto in un'ottica di rivitalizzazione del centro urbano del quale si intende elevare il rango delle funzioni con destinazione sia locale che sovralocale, al fine di restituire un’immagine forte e al contempo attraente dell’edificio, così da trasformarlo in uno dei luoghi privilegiati della città. La realizzazione dello studio di fattibilità e il businness plan sono affidati alla Società Risorse Per Orvieto Spa, il cui azionista di maggioranza è il Comune di Orvieto. La Fondazione Centro Studi Città di Orvieto (CSCO) collabora con il comune alla rifunzionalizzazione e alla riqualificazione del sito.
30 Orvieto EX CONSORZIO AGRARIO
Rifunzionalizzazione area produttiva
Il progetto rientra negli obiettivi del comune di delocalizzare attività non più compatibili con le funzioni urbane e di migliorare la qualità dell’edilizia scolastica. Il consorzio agrario è stato dismesso e delocalizzato nel 2001 nell’area dell’ex-mattatoio. Dopo la demolizione dell’edificio abbandonato, il comune ha destinato l’area ad un nuovo edificio scolastico, con ampia area verde, inaugurato nel settembre 2004.
Il progetto rientra negli obiettivi del comune di delocalizzare attività non più compatibili con le funzioni urbane e di migliorare la qualità dell’edilizia scolastica.
31 Orvieto EX MATTATOIO Rifunzionalizzazione area produttiva
Il progetto rientra negli obiettivi del comune di delocalizzare attività non più compatibili con le funzioni urbane. Nel sito dell'ex mattatoio è stato delocalizzato il consorzio agrario.
Il mattatoio è stato edificato negli anni Settanta e dismesso tra il 1999 e il 2000. La delocalizzazione in un edificio realizzato appositamente in zona Bardano avviene nel 2001. Il consorzio agrario viene delocalizzato nello stesso anno. Il progetto è stato inserito nel Prusst "S. Pietro in Tuscia ovvero il territorio degli Etruschi" anche se è stato realizzato con fondi comunali.
32 Orvieto COMPLESSO DEL SAN GIOVANNI -PALAZZO DEL GUSTO
Riconversionefunzionale edificio storico
La riconversione funzionale del complesso architettonico ha inteso creare un luogo multifunzionale in cui avessero sede gli organismi legati alla valorizzazione e alla promozione del turismo enogastronomico, un luogo pubblico di raccordo per la ricerca scientifica (con la presenza di corsi di formazione, corsi universitari e ricerca) – che potesse ospitare associazioni (l’Enoteca Regionale, l’Istituto del Diritto del Vino, l’Associazione Cittaslow, l’Associazione Strada dei vini etrusco romana in provincia di Terni, Cooperativa Sistema Museo, Cooperativa Itinera), iniziative (Orvieto con Gusto, Gustarte) e attività promozionali ed eventi.
La riconversione funzionale del complesso è avvenuta a metà anni Novanta e testimonia di un'intensa collaborazione interistituzionale. La provincia, proprietaria dell'immobile, con il contributo finanziario della Regione Umbria , e in convenzione con il comune e la comunità montana nel corso di 10 anni, ha operato la riconversione dell’edificio in luogo per lo sviluppo di sinergie locali. Il progetto si inserisce nella prospettiva più ampia di una rigenerazione identitaria di Orvieto anche attraverso la valorizzazione della tradizione enogastronomica, all'interno della quale il Palazzo del Gusto rappresenta un'icona e una vetrina di Orvieto "città del buon vivere".
33 Acquasparta PARCO TERMALE DELL’AMERINO
Recupero e rifunzionalizzaione area dismessa
Il comune si propone di rivitalizzare una struttura edilizia e una parte di parco destinandole a mescita e consumo dell’acqua minerale nel quadro dell’intervento complessivo che destina l’intero parco a centro benessere.
Area di proprietà del comune di Acquasparta, per la quale è stato predisposto un progetto di recupero e rifunzionalizzazione nell'ambito del DocUP 2000-2006, codice C4 all’interno del progetto complessivo “La terra dell’acqua e dei ciclamini” al quale partecipano anche i Comuni di Avigliano U., Montecastrilli, San Gemini e un gruppo di PMI locali, finalizzato alla valorizzazione delle risorse storico-artistico-culturali.
34 Allerona ECOSITO PODERE BELVEDERE DI MEANA
Recupero e riqualificazione funzionale sito produttivo dismesso
Recupero architettonico e riconversione funzionale delle strutture esistenti, finalizzato alla realizzazione di un edificio multifunzionale ad uso agricolo attraverso l’adozione di tecniche di bioarchitettura e l’utilizzo di energie rinnovabili per la produzione di energia.
Il progetto testimonia di una intensa e attiva collaborazione interistituzionale nella quale la provincia, il comune, la comunità montana e la sovrintendenza, insieme al CNR, sono riusciti a coniugare il recupero di una struttura esistente con finalità qualitativamente elevate dal punto di vista della funzione e delle modalità di realizzazione. Il progetto ha partecipato alla richiesta di fondi DocUP 2000-2006.
35 Amelia COLLEGIO BOCCARINI
Recupero e rifunzionalizzazione edificio storico dismesso
Il recupero dell'edificio è stato finalizzato alla realizzazione del museo archeologico, della pinacoteca, della biblioteca e dell'archivio comunale di Amelia.
Il progetto è stato avviato e coordinato dal Comune di Amelia ed è stato parzialmente finanziato con i fondi DocUP Ob. 2
36 Amelia ORFANOTROFIO S. ANGELO
Restauro e riconversionefunzionale sito storico urbano
Il progetto di recupero prevede la realizzazione di un auditorium nella chiesa sconsacrata di S. Angelo. L'ex orfanotrofio era destinato a residenza pubblica popolare (IERP), ma attualmente è in corso una revisione del progetto che potrebbe modificare la precedente destinazione d'uso.
Il progetto di recupero è stato avviato da alcuni anni per iniziativa del Comune di Amelia, ma per la parte riguardante l'ex orfanotrofio, l'attività è al momento sospesa, in attesa di decisioni relativamente alla destinazione d'uso.
37 Calvi dell'Umbria
MONASTERO DELLE SUORE ORSOLINE
Ristrutturazione e riconversionefunzionale area dismessa
Realizzazione di un centro di educazione ambientale dotato di efficienti laboratori scientifici, di aule per la didattica e di un orto botanico nelle innumerevoli stanze che si affacciano su grandi parchi e giardini del ex-monastero. Il PUC consentirà la realizzazione della pavimentazione e l'attuazione del “piano del colore”.
Il progetto è promosso dal Comune di Calvi dell'Umbria ed è è già stato finanziato in parte dal Ministero dei Beni Culturali, mentre altri fondi verranno reperiti da quelli relativi al terremoto del 1997 e del 2000. L’approvazione del PUC (Piano urbano complesso) ha permesso al comune di procedere con l’attuazione di progetti che attendevano da anni di essere realizzati.
38 Castel Viscardo TERME DI TIBERIO
Recupero e riqualificazione sito termale dismesso
Il progetto propone di riattivare l’impianto termale preesistente con la realizzazione di una beauty farm, di sviluppare nuove iniziative imprenditoriali sia nel settore della ricettività che in quello dei servizi; di creare nuove motivazioni di vacanza al fine di elevare le presenze turistiche nell’area e diversificare l’offerta sul territorio.
L’iniziativa è promossa da Sviluppumbria, nell'ambito del progetto di marketing territoriale regionale "Essere Bene". A conclusione di una selezione rigorosa tra tutti i siti termali dismessi della regione, le terme di Castel Viscardo sono rientrate tra i 4 siti con caratteristiche di eccellenza. L’area si inserisce nella rete “Essere Bene” con l’obiettivo di concretizzare nuovi investimenti e/o completare gli investimenti esistenti legati al benessere per la realizzazione di un unico complesso di standard elevato.
39 Parrano TERME DI PARRANO
Riqualificazione e riconversionefunzionale sito ricettivo
Il progetto prevede il completamento dell’edificio termale costruito negli anni Ottanta e mai utilizzato. Con la riconversione funzionale del sito si intende realizzare una struttura sanitaria a servizio del progetto di valorizzazione dell’attività termale dell’area.
Il progetto si inserisce nell'iniziativa di marketing territoriale regionale “Essere bene", avviato nel 2003 e finalizzato alla valorizzazione delle risorse territoriali in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Nella prospettiva di promozione di Parrano come "borgo del benessere “, il comune si attiva per ottenere la custodia della concessione e inserisce il recupero e la rifunzionalizzazione dell’area dismessa nella prospettiva di una valorizzazione delle risorse termali con carattere di eccellenza, ampliando la collaborazione alla Comunità Montana Monte Peglia Selva di Meana e al Consorzio di Bonifica Valdichiana. A sostegno del progetto è stata presentata all'inizio del 2005 domanda di finanziamento per il DocUP Ob. 2 Mis. C3, finalizzato alla valorizzazione della sorgente attraverso la realizzazione di un nuovo punto di captazione e di un parco pubblico con laghetto termale in area SIC.
40 San Gemini INDUSTRIA MINERALE SANGEMINI
Recupero e riqualificazione area industriale dismessa
Recupero dell'ex stabilimento di imbottigliamento ottocentesco ai fini della realizzazione di un centro congressi, di un museo di impresa, di un'esposizione permanente, di un centro benessere e di uno show case dell'innovazione.
L'area è di proprietà della Società Sangemini Spa e l'attività di recupero è iniziata nel 1999. Dal 2003 il sito è entrato nel progetto dell'Ecomuseo dell'Alta valle del Naia, all'interno del quale costituisce il principale nodo di scambio degli itinerari ecomuseali. Nel 2005 l'iniziativa ha partecipato con il progetto "La terra dell'acqua e dei ciclamini" al DocUP 2000-2006 filiera turismo, ambiente, cultura (codice C4), insieme alle iniziative dei Comuni di Acquasparta, Montecastrilli, Avigliano U. e di varie imprese e associazioni locali del settore turistico-ricettivo.
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4.2. PATRIMONIO ABBANDONATO E PROCESSI DI PATRIMONIALIZZAZIONE: I GRANDI TEMI TERRITORIALI Alla luce della tabella sui progetti di riconversione promossi nella Provincia di Terni (fig. 76), è possibile osservare che il patrimonio abbandonato negli ultimi venti anni è stato considerato come un ambito rilevante di intervento, soprattutto negli SLoT Terni Narni Castel Viscardo Allerona , dove si nota la maggiore concentrazione delle iniziative. Prima di focalizzare l’analisi sui processi di patrimonializzazione delle aree dismesse attivati nei sistemi suddetti, appare utile rilevare alcune problematiche comuni a tutta la provincia. La sintesi comparata delle iniziative intraprese, come si evince dalla tabella (fig. 76) e dalle Griglie raccolte in Appendice C consente di apprezzare in prima approssimazione i valori che oggi le società locali attribuiscono alle aree dismesse, riconosciute come beni patrimoniali ereditati dal passato e permette nel contempo di individuare i grandi temi intorno ai quali ruotano i processi di patrimonializzazione:
� la conservazione attiva del patrimonio storico e ambientale; � la riqualificazione urbana e la costruzione di una nuova identità territoriale; � la reindustrializzazione e la diversificazione produttiva.
Come si può osservare, i temi della patrimonializzazione coincidono in gran parte con i temi della trasformazione territoriale (rilevati nel capitolo III con specifico riferimento ai sistemi Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona), cosa che consente di avanzare ipotesi sull’esistenza nella Provincia di Terni di una rilettura di questi beni patrimoniali capace di immetterli in un nuovo ciclo di produzione di valore, dopo un periodo di oblio durante il quale non sono stati percepiti come risorse potenziali del milieu. Anzi si può ritenere che l’affermazione di alcuni grandi temi territoriali come il cinema, il multimediale e l’università avvenga attraverso la riconversione di siti industriali dismessi in studi cinematografici, videocentri e sedi universitarie. In altri termini, i processi di patrimonializzazione appaiono strettamente collegati con le dinamiche territoriali degli SLoT provinciali, nel senso che le aree dismesse si configurano come occasioni per condurre operazioni complesse di riqualificazione urbana e di ridefinizione dell’identità locale, per praticare la conservazione attiva del patrimonio storico e per sperimentare nuovi percorsi produttivi. Fermo restando che in realtà i progetti considerati sono caratterizzati dalla compresenza e integrazione di più obiettivi che annullano qualsiasi tentativo di relegarli in maniera esclusiva all’interno di un singolo tema, ciò non di meno è possibile distinguere i progetti sulla base delle finalità prevalenti. Quasi tutti i progetti hanno tra le finalità dichiarate, anche se non esclusive, la salvaguardia e la valorizzazione dei valori storici e identitari, in una prospettiva di conservazione attiva del patrimonio, che come sappiamo trasforma le ragioni dello sviluppo e quelle della tutela in ragioni comuni.L’importanza attribuita a questa funzione si evince dalle azioni dei progetti di riconversione delle aree produttive abbandonate, orientate verso il recupero di edifici e aree dismesse, la raccolta, catalogazione, esposizione dei lasciti della storia locale, verso la rievocazione della memoria storica (mediante la documentazione dei processi produttivi e dei rapporti con il territorio) e verso la realizzazione di itinerari di archeologia industriale o storico-ambientali. Al riconoscimento dei legami tra i processi produttivi del passato e i vari territori si richiamano soprattutto i progetti museali di archeologia industriale e gli ecositi. Il Parco archeologico industriale della conca ternana, che riunisce in un unico programma musei, antenne e grandi macchinari è orientato, come già rilevato, all’evocazione congiunta delle componenti materiali e immateriali dei milieu e al riconoscimento delle valenze paesistiche. Ciò significa che non si concentra esclusivamente sui siti dismessi in quanto componenti materiali del milieu industriale, ma considera anche le componenti immateriali ad esse connesse, come i saperi, le
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competenze tecnologiche, gli stili di vita, le tradizioni associative, le quali contribuiscono spesso in maniera più incisiva, rispetto agli edifici e alle infrastrutture, alla definizione dell’identità e alla costruzione della memoria locale. Il progetto mira a documentare il particolare rapporto che si è instaurato tra le fabbriche e i territori locali e le specifiche culture industriali che ne sono derivate, attraverso la restituzione dei maggiori esempi di archeologia industriale, la fruibilità degli archivi della storia industriale e attraverso una nuova estetica del paesaggio. Gli interventi in corso di realizzazione o già realizzati nelle aree dismesse della Fabbrica d’Armi, della SIRI e di Papigno hanno posto le basi del futuro sistema museale archeologico industriale che oltre a coinvolgere altri siti dismessi del ternano (come Snia Viscosa e Gruber) e del narnese (come Linoleum e SPEA), riguarderà anche spazi espositivi e Antenne, vale a dire centri di documentazione sul patrimonio industriale con valenza turistica e didattica, volti a diffondere e a rafforzare la conoscenza del patrimonio industriale locale attraverso la consultazione di documenti, bibliografia e audiovisivi. Un caso particolare di patrimonializzazione finalizzata alla conservazione attiva del patrimonio produttivo abbandonato è rappresentata dal progetto dell’Ecosito per il borgo agricolo dismesso di Villa di Meana (Allerona), il quale coniuga la tutela e la valorizzazione di un’area ad alto valore ambientale con la riconversione del complesso agricolo di Villa di Meana in centro didattico, di ricerca, di sperimentazione e di produzione nell’ambito della filiera delle erbe tintorie. Anche in questo caso assumono particolare rilievo le componenti immateriali del milieu costituite dalla sedimentazione nel territorio locale di saperi e tecniche specifiche. La salvaguardia e la valorizzazione dei valori identitari, in una prospettiva di conservazione attiva del patrimonio, costituiscono anche gli obiettivi del progetto museale inserito nel recupero dell’ex Caserma Piave di Orvieto, il quale prevede la costituzione di un museo agro-alimentare, di un museo dedicato all’educazione tecnologica e di un Parco della memoria, finalizzati alla trasmissione dell’identità agricola e della cultura enogastronomica locale. Anche il progetto, già completato, della riconversione del Collegio Boccarini di Amelia in museo archeologico, biblioteca, pinacoteca e archivio comunale svolge un ruolo analogo in una prospettiva di valorizzazione delle antiche radici storiche di Amelia. Né si può fare a meno di citare una serie di riconversioni di palazzi e siti storici abbandonati in spazi museali ed espositivi più propriamente storici, artistici e archeologici come palazzo Carrara, l’attigua Casa Circondariale e Palazzo Primavera a Terni, nonché Palazzo degli Scolopi e la trecentesca Rocca Albornoz a Narni, riconvertita in museo di arte contemporanea, in quanto esempi ulteriori di rifunzionalizzazione di siti abbandonati finalizzata alla costituzione del sistema museale. Tali finalità si coniugano spesso con gli obiettivi della riqualificazione urbana dettati dalle nuove domande di qualità urbana e con quelli della ridefinizione dell’identità locale, connessi con i nuovi assi di sviluppo. Sebbene conservazione, riqualificazione e ridefinizione identitaria siano in molti casi strettamente congiunte, queste ultime caratteristiche diventano centrali in progetti del ternano-narnese, come quello per la riconversione di Papigno in cittadella del cinema, delle Officine Bosco in Videocentro, della Snia Viscosa in polo di servizi turistici, del Lanificio di Narni in complesso turistico-artigianale, della Siri in complesso polifunzionale, del Lanifico Gruber in centro di servizi sociali e spazio verde, del Palazzo Sanità in centro culturale e commerciale, della Spea in complesso multimediale e polo universitario, del seminario San Girolamo in struttura a servizio del turismo, della colonia Le Grazie in struttura ricettiva di supporto alle attività universitarie, del Palazzo degli Scolopi in centro universitario e dell’edificio storico Pescecotto in centro di ricerca e di didattica a servizio del polo universitario integrato Terni-Narni. Nelle destinazioni d’uso di tali progetti si ravvedono i grandi temi della ridefinizione dell’identità ternano-narnese: il cinema-multimediale, l’alta formazione e il turismo. Lo stesso intento di riqualificazione urbana è alla base della riconversione
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dell’Orfanotrofio S. Angelo di Amelia in auditorium e complesso residenziale pubblico nell’ambito dell’Istituto di Edilizia Residenziale Popolare (IERP). Si inseriscono in questa prospettiva di riqualificazione e ridefinizione dell’identità locale anche i progetti delle vecchie industrie idrominerali di Parrano, Castel Viscardo, San Gemini e Acquasparta convertite in centri benessere. Si tratta di una finalità coerente con il tema regionale del benessere, promosso dalla regione Umbria con il programma Esser Bene e oggi ampiamente utilizzato in Europa per ridisegnare l’identità dei centri termali di epoca moderna e contemporaneaI progetti orvietani come quello per la rifunzionalizzazione dell’Ospedale Santa Maria della Stella nel Centro studi “città di Orvieto”, della Caserma Piave in polo multifunzionale e del complesso San Giovanni nel Palazzo del Gusto, perseguono in maniera congiunta finalità conservative, di riqualificazione del contesto urbano e di riusi coerenti con le nuove istanze urbane nei campi dell’alta formazione, dell’enogastronomia e del turismo. Essi, inoltre, esplicitano chiaramente il tentativo da parte dei soggetti promotori di confrontarsi anche con la domanda attuale di paesaggio e quindi di costruire nuovi punti forti e luoghi ideologici dello spazio urbano, nell’intento di produrre nuove immagini territoriali, capaci di creare una nuova identità per la società orvietana. Sono strettamente legate alla riqualificazione della città storica anche alcune operazioni di rilocalizzazione di servizi e strutture commerciali come il consorzio agrario, il mattatoio e la Mola Ioni. Un altro grande tema al quale si ispirano i progetti di recupero delle aree dismesse è quello della reindustrializzazione e diversificazione produttiva, esplicitamente finalizzate all’aumento della competitività del sistema produttivo. Queste finalità sono centrali in progetti come quelli riguardanti: Enichem, Tnt, Montedison, Nuova Bosco ed Elettrocarbonium nel contesto ternano-narnese e Lebole in quello orvietano. Si tratta di una progettualità fortemente orientata verso il settore economico privato, che ha ricevuto un forte impulso dai finanziamenti sovralocali e dalla predisposizione degli strumenti di piano da parte dei comuni (Terni, Narni e Orvieto) e della Provincia e che attualmente è portata avanti da soggetti istituzionali nuovi, come il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali Terni-Narni-Spoleto, il Consorzio Crescendo (Orvietano) e l’Osservatorio Chimico Provinciale. I primi due, come già detto, realizzano e gestiscono infrastrutture, siti abbandonati, aree industriali e servizi alle imprese con l’obiettivo di creare nuove attività industriali, il terzo svolge attività di monitoraggio e di messa in sicurezza delle aree dismesse nell’ambito della chimica.
4.3. LE AREE DISMESSE COME “PRESE” PER LO SVILUPPO LOCALE NEI SISTEMI TERNI NARNI E ORVIETO-CASTEL VISCARDO-ALLERONA Da quanto detto la rifunzionalizzazione delle aree dismesse nel contesto provinciale appare
fortemente connessa con le strategie competitive dei sistemi locali, nel senso che questi beni patrimoniali si configurano come risorse utilizzate nel riposizionamento competitivo delle aree. A questo punto occorre verificare la reale portata e il significato di questi legami, considerando che tali operazioni possono comportare il rischio della banalizzazione del bene patrimoniale cioè il rischio di tradursi in operazioni di semplice valorizzazione. Quest’ultima, intesa come strumento per attrarre investitori esterni, pone sul mercato globale le risorse locali senza che ciò comporti la costruzione di una rete di soggetti capace di affermare l’autonomia e il “saper fare” del sistema locale nei confronti del mondo globale. Al contrario, quando si realizza l’auto-organizzzione dei soggetti locali, al fine di produrre quelle conoscenze contestuali difficilmente trasferibili in altri luoghi, la competitività del sistema locale assume i caratteri dello sviluppo locale.Nello studiare il significato assunto dai processi di patrimonializzazione delle aree dismesse nelle strategie dei sistemi di Terni-Narni e di Orvieto-Castel Viscardo-Allerona, occorre
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pertanto chiedersi: le politiche di valorizzazione delle aree dismesse banalizzano, sfruttano, dissipano il patrimonio come avviene spesso nel marketing territoriale? Oppure contribuiscono alla messa in rete degli attori locali, all’incremento della complessità della rete, all’ispessimento del milieu e alla costruzione dell’autorappresentazione locale? Per rispondere adeguatamente occorre condurre l’analisi diacronica del processo di patrimonializzazione delle aree dismesse all’interno del più ampio processo di formazione dei due sistemi territoriali. Nell’area ternano-narnese, il processo di formazione dello SLoT, come si dirà nel paragrafo successivo, avviene progressivamente, in tempi relativamente lunghi ed è in relazione all’affermazione del Comune di Terni in soggetto del cambiamento e alla crescente capacità locale di intercettare risorse e finanziamenti esterni. Nel passato queste occasioni avevano generato un modello economico di dipendenza i cui limiti appaiono progressivamente chiari a partire dagli anni ’70. A partire dal decennio successivo si tenta di dare spazio a progetti di sviluppo che non “usino” il territorio come puro supporto di funzioni economiche eterodirette, con effetti dissipativi delle risorse locali, ma al contrario siano garanti della loro produzione e riproduzione. Attraverso la messa in campo di numerosi progetti, i soggetti istituzionali locali: comuni e provincia indirizzano il modello di sviluppo verso una maggiore autonomia e una maggiore responsabilizzazione degli attori locali. Questi dimostrano di saper apprendere e di saper condividere il disegno comune, finalizzato alla costruzione dei nuovi assi di sviluppo. Fase dopo fase, con il progredire della comunicazione tra gli attori culturali, politici ed economici locali e con l’ampliamento della rete per la nascita di nuovi attori, aumenta la capacità di attualizzare le potenzialità del milieu e la possibilità per la rete locale di gestire il cambiamento, di reinterpretare i sedimenti patrimoniali e di integrare le istanze locali all’interno di uno scenario condiviso. In questo processo, i progetti di riconversione delle aree dismesse svolgono un ruolo strategico. Essendo tra i primi progetti locali realizzati con successo, contribuiscono a creare un clima di fiducia nell’istituzione comunale promotrice del recupero. In particolare favoriscono l’affermarsi della fiducia nel mutamento e nella possibilità da parte dell’ amministrazione comunale di gestirlo a favore del territorio locale. Questo clima genera un effetto propulsivo che si autoalimenta, favorendo la cooperazione, l’estensione della rete locale e la sua stabilità. La pluralità degli attori contribuisce ad incrementare la complessità della rete e nel contempo a promuovere l’apertura del sistema verso l’esterno. Ciò da una parte porta ad un aumento della conflittualità potenziale per il moltiplicarsi degli interessi e delle razionalità e dall’altra sollecita la soluzione dei conflitti. Questa si gioca sul ricorso ai nuovi strumenti della pianificazione. Infatti quasi tutti i progetti per le aree dismesse del ternano-narnese partecipano ai Programmi Complessi, come Prusst, PRIU (Programmi di Riqualificazione urbana), PUC (Programmi Urbani Complessi) e STU (Società di Trasformazione Urbana), nei quali si cerca di coniugare l’efficacia operativa con il coinvolgimento di una pluralità di attori attraverso procedure concertate. E’ da notare inoltre che i progetti di riconversione rendono il milieu più dinamico e disponibile per la sua rilettura da parte di progetti successivi, in particolare dei grandi progetti di trasformazione territoriale. Vale a dire che se da una parte favoriscono il riconoscimento delle componenti del milieu e dell’identità locale, dall’altra riproducono le risorse rendendole disponibili per una nuova patrimonializzazione.
Nello SLoT Orvieto Casteviscardo Allerona la mobilitazione della rete locale e la patrimonializzazione delle aree dismesse avviene in tempi più recenti. Ciò spiega il carattere ancora “incompleto” del sistema territoriale locale. Nonostante il ruolo pivot svolto dall’amministrazione comunale e la capacità di quest’ultima di far interagire a sistema attori
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vecchi e nuovi, la limitata ampiezza della rete, il suo carattere spiccatamente istituzionale e la minore aggregazione della progettualità rispetto allo SLoT Terni-Narni fa ritenere il sistema orvietano ancora in via di costruzione. Ciò non di meno il ruolo svolto in questo processo dalla rifunzionalizzazione dei siti dismessi è particolarmente incisivo, vuoi per la forte componente simbolica che accompagna la patrimonializzazione dei vuoti, vuoi per le finalità del recupero strettamente coerenti con i grandi temi urbani e pertanto con la ridefinizione dell’identità territoriale. La risignificazione del paesaggio urbano acquista in questi progetti un rilievo particolare contribuendo alla costruzione dei nuovi punti ideologici dello spazio orvietano e alle nuove attribuzioni di senso del territorio.
4.4. SLoT TERNI NARNI. IL RUOLO DELLE AREE DISMESSE NELLA PRODUZIONE DI SVILUPPO LOCALE, TRA STIMOLI ESTERNI E RISPOSTE DEL SISTEMA LOCALE La ricostruzione diacronica del processo di formazione del sistema territoriale Terni-Narni e dei contestuali processi di patrimonializzazione dei vuoti consente di mettere in evidenza fase dopo fase il ruolo svolto dalle aree dismesse nella produzione di sviluppo locale.
La prima fase del processo di formazione dello SLoT Terni-Narni si afferma tra la fine degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘80 ed è contraddistinta dal riconoscimento dello stato di crisi da parte del sistema locale e dal consuntivo di cento anni di lezione sulla grande industria. In questa vicenda, l’ambiente intellettuale svolge un ruolo di primo piano: istituti di ricerca, riviste e studiosi locali, nel denunciare la crisi, danno una lettura critica del modello di sviluppo industriale fino a quel momento perseguito e, nel contempo, lottano contro il ripiegamento della città sul proprio passato. Momento focale dell’identificazione del problema sono le celebrazioni per il centenario della fondazione delle acciaierie (1984). La ricorrenza non registra né discorsi celebrativi, né manifestazioni giubilari, bensì l’anamnesi e la diagnosi della crisi: si riflette sugli errori del passato, si prende atto del disorientamento contemporaneo e si constata la difficoltà di avviare processi di sviluppo autocentrato. Tra le iniziative promosse, che vedono tra gli attori più attivi l’Associazione Industriali e il Cestres (Centro ricerche economiche e sociali), appaiono significativi gli studi: La grande industria a Terni e il Documento dei dirigenti industriali alla soluzione dei problemi del comprensorio (Marianeschi e all, 1986; AA.VV., 1985), che sottolineano il carattere assistito dell’industria ternana e la necessità di ancorare all’esperienza maturata in cento anni di attività, il ripensamento della funzione produttiva di Terni21.In questi anni si fa largo una sensibilità e una coscienza nuove nei confronti del patrimonio industriale dismesso22. In particolare, tra i cultori di archeologia industriale nasce la convinzione che Terni costituisca un caso pressoché unico nella storia italiana per la complessità delle trasformazioni territoriali operate dall’industria sulle componenti del capitale naturale e
21. Particolarmente significative del modo in cui la città vive la crisi, sono anche altre iniziative come il progetto per l’Osservatorio congiunturale dell’industria ternana, proposto nel 1983 dal Cestres (Pica, 1983), il convegno sulle Opportunità per nuove iniziative imprenditoriali nel territorio ternano promosso dal Rotary Club (1985), l’incontro voluto dall’impresa siderurgica sulle nuove opportunità degli acciai inossidabili (1985), il Progetto cultura anni ‘80 del comune e le mostre sulla storia e la cultura ternana (1982-85), promosse dalle istituzioni locali: Frammenti di storia ternana (1982), 1884-1984, dalla storia al museo della città (1984) e L’istruzione tecnico industriale a Terni dal 1860 ai giorni nostri (1985), rispondenti all’obiettivo di favorire nella comunità la presa coscienza dell’identità. 22 Già nel 1978, Gino Papuli, studioso di archeologia industriale, cui si deve gran parte dell’opera di sensibilizzazione della città, aveva proposto l’istituzione di un Museo del ferro, destando l’interesse di istituzioni ed associazioni come il Comune, Italia Nostra, l’Associazione industriali, l’Associazione Italiana di metallurgia e il Cestres, che d’ora in poi ospiterà regolarmente nella rivista Indagini saggi di studiosi sull’argomento (Papuli, 1978; Nanni, Barbanera, 1978; Gallo, 1981; Moretti, 1988, 1991). L’anno successivo è realizzata per iniziativa del comune la mostra Permanenze e modernizzazione. Per una storia dell’industria in Umbria, caratterizzata da un’affluenza di pubblico che attesta la nascente domanda di cultura industriale (Nanni, 1979).
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antropico. Fin da questi anni il patrimonio industriale è inteso come un bene a destinazione interna, a servizio della cultura e dell’educazione locale, piuttosto che come risorsa del tempo libero, a prevalente destinazione esterna. Sulla base di questa consapevolezza si sviluppa una prima spinta verso la conservazione dei resti industriali, proveniente dagli intellettuali ternani e umbri, ai quali si deve una messe di studi, mostre, convegni e interviste. Tuttavia l’azione di ricerca e di progettazione si presenta ancora discontinua, nel senso che si procede per “strappi”, in un avvicendarsi contraddittorio di recuperi e distruzioni.
Nel corso della seconda fase, tra l’85 e il ‘90, l’area entra per la prima volta nel sistema degli incentivi nazionali ed europei, messi a disposizione a seguito del riconoscimento della situazione di declino industriale, beneficiando del Piano di reindustrializzazione dell’Iri (1988), della legge nazionale sulla reindustrializzazione (1989) e dei contributi europei Resider (1988). La risposta della comunità locale è resa esplicita nella Conferenza Economica di Terni (Reindustrializzazione e nuovo modello di sviluppo), accompagnata da incontri e dibattiti sulle riviste locali23, espressione della rinnovata capacità propositiva del comune di Terni. Oltre a mettere a confronto forze economiche, politiche e sociali, la conferenza intreccia un dialogo inedito con Stato e Regione. Non a caso, preannunciata per il 1985, è realizzata solo nel 1989, nel momento in cui si concretizzano le speranze di un concorso fattivo delle istituzioni sovralocali. I punti fermi sui quali l’accordo dei soggetti è unanime sono: il recupero da parte della città dell’autogoverno e della decisionalità e la tenuta dell’industria, alla quale accompagnare nuove opportunità produttive. In questa prospettiva si definisce anche il ruolo dell’archeologia industriale, che proprio in questi anni guadagna terreno come coscienza dell’eredità industriale. Nel 1985 il Lions Club Terni in collaborazione con la Camera di Commercio organizza un convegno internazionale di archeologia industriale, dedicato alla siderurgia, che consente un confronto con le esperienze francesi e inglesi (l’Ecomuseo di Le Creusot-Montceau les Mines e l’Ironbridge Museum di Londra). Nello stesso anno le ex Officine Bosco, sono acquistate dal comune e salvate dalla demolizione. Sempre nel 1985 la regione avvia un’attività di rilevazione dei siti archeologici finalizzata alla costruzione di un Catalogo regionale e sono portati a compimento lo Studio e la definizione progettuale del Sistema dei servizi museali per l’archeologia industriale a Terni (Covino e all., 1985). Nel 1987 la provincia promuove uno studio sulle condizioni ostative e permissive del recupero delle aree dismesse (Arca Petrucci, 1989). Sono le prime idee sulle possibilità di rispondere alle modificazioni della situazione esogena ed endogena attraverso l’attivazione delle risorse offerte dal patrimonio abbandonato. L’attenzione si concentra sulla zona est di Terni, dove si concentrano i siti industriali abbandonati più significativi per la storia della città e dove un ambito naturalistico di particolare pregio, quale la Cascata delle Marmore, è stato assoggettato agli obiettivi produttivi. Nell’89 il Comune avvia il progetto di riconversione parziale di Papigno con fondi europei Resider.
Nella prima metà degli anni ’90, si delinea una terza fase in cui l’ulteriore assegnazione di fondi pubblici, in parte derivanti da Fondi Strutturali europei (Urban, Obiettivo 2, nonché Stride), in parte assegnati da Stato e Regione nell’ambito degli incentivi del Contratto d’area e dei benefici del Prusst ed in parte predisposti dagli Enti Locali, svolge un ruolo determinante nella creazione di spinte al cambiamento. A partire da questi impulsi interni ed esterni al sistema, prende il via un processo di aggiustamento, all’interno del quale l’area fa ricorso alle prime
23. Tra le iniziative, nel 1986 il Cestres inaugura sul periodico Indagini il Dibattito sullo sviluppo, nello stesso anno la CISL promuove un Seminario sulle prospettive dell’area ternana. Nel 1987 la provincia propone Incontri di cultura economica per un’analisi comparata con altre situazioni europee e il seminario Progetto cultura, ricerca e formazione nell’area del terziario avanzato, mentre il periodico Terni provincia dedica ampi spazi al dibattito.
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innovazioni, senza rinnegare l’identità industriale: il multimediale, i materiali speciali, l’università e l’archeologia industriale. Si attivano le prime iniziative di diversificazione economica (il Centro Multimediale:CMM)24, di ricerca (Istituto Superiore di Ricerca e Formazione sui Materiali speciali per le Tecnologie avanzate: ISRIM), di formazione (Facoltà di Ingegneria dei materiali) e di archeologia industriale riconvertendo siti dismessi. Con la realizzazione del Videocentro, tra il 1992 e il 1996, nei capannoni in disuso delle Officine Bosco, sede della produzione e della comunicazione multimediale e parte integrante del CMM, si tenta di coniugare le istanze culturali dell’archeologia industriale e quelle economiche di un sistema industriale in crisi. Nel ’94 il Comune progetta nell’ambito del programma europeo Urban il recupero della Siri, del Lanifico Gruber e dello Jutifico Centurini. Tuttavia, alla fine di questa fase, il sistema, da un lato, appare ancora incerto nella progettazione dello sviluppo, incapace dello sforzo di elaborazione culturale necessario per passare da un modello territoriale di dipendenza esogena ad un modello di governo autocentrato e, dall’altro lato, sembra in difficoltà a livello operativo, per mancanza di un disegno generale forte. Particolarmente indicativa dello stato “emotivo” di incertezza in cui ancora la città vive è la necessità di individuare nuovamente le cause della crisi e le possibili soluzioni per risolverla, commissionando ad istituti di ricerca ulteriori rapporti (Fabbri, 1996).
Finalmente, a partire dal ’95, si delinea una nuova fase, in cui il processo di appropriazione degli stimoli esterni è sostenuto dalla mobilitazione della rete locale (Fig. 77). Si rafforza il ruolo promotore e pivot del comune di Terni, destinato a orientare l’organizzazione della rete anche negli anni successivi, ponendosi sempre più come perno della concertazione. In particolare, il ruolo dell’amministrazione comunale ternana è cruciale nell’immettere le aree dismesse in nuovi cicli di produzione di valore, nel cinema-multimediale, nell’alta formazione e nel turismo, coerenti con i grandi temi urbani e con le strategie competitive del sistema territoriale ternano-narnese. Si afferma sulla scena della valorizzazione territoriale anche il comune di Narni, che si fa coportatore di strategie integrate. Vengono coinvolti attori fino a questo momento poco attivi nella rete locale, quali la Camera di Commercio e la Regione. Nascono nuovi soggetti pivot, come l’Istituto per la Cultura e la Storia d’impresa “Franco Momigliano”(ICSIM), il Consorzio per le aree industriali Terni-Narni-Spoleto e l’Osservatorio chimico provinciale che assumono, su fronti diversi, la funzione di organizzare un insieme di attori locali e trasversali. Nel campo dell’archeologia industriale e della cultura d’impresa l’ICSIM, nato nel 1995, si pone come soggetto trasversale capace di coniugare le potenzialità culturali del sistema con il livello sovra-locale. Aggrega le province e i comuni di Terni e Perugia, l’Associazione Studi Storia d’Impresa di Milano, l’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea e la Fondazione Adriano Olivetti. Oltre a porsi come elemento di raccordo tra il mondo internazionale dell’impresa, le istituzioni e le società locali mira a creare una risorsa formativa e culturale per l’area. A tale scopo istituisce la scuola di economia e storia d’impresa Giampaolo Gallo. Inoltre, si pone l’obiettivo di costruire una sensibilità e una cultura storica nuova nei confronti del patrimonio industriale abbandonato. Attraverso documenti pubblicitari e discorsi veicolati dai media, l’Istituto propone con forza l’immagine di Terni come capitale italiana di archeologia industriale25. Nel 1998 progetta il Parco archeologico-industriale, come parte integrante di un sistema museale a rete dell’Umbria, proponendo, tra le prime azioni, il recupero della “Grande pressa”. Questa macchina idraulica di 12 mila t., progettata nel 1934 e disattivata nel 1993, di
24 È formato da una Bibliomediateca, nata nel 1994 come sede di servizi interattivi, e di un Videocentro della produzione e comunicazione multimediale. 25 Il movimento di protesta sorto contro la distruzione della centrale idroelettrica di Nera Montoro, in difesa dell’integrità storica dell’area, e il conflitto per l’ex Iutificio Centurini, industria simbolo del lavoro femminile a Terni, demolito a Terni nel 1977, sono indicativi del nuovo sentire comune.
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indiscutibile valore segnico, per le dimensioni inusitate, per il posto occupato nella storia della tecnologia e per l’alto costo della sua musealizzazione, viene collocata strategicamente nella piazza antistante la stazione ferroviaria, principale luogo di scambio intermodale della città e inizio dell’asse storico dell’industria, affinché possa essere “toccata e vista” da tutti (Papuli, 1999). La sua esposizione al pubblico come già detto conferisce nuovo spessore al patrimonio industriale favorendo l’apprezzamento di componenti finora ritenute prive di valore patrimoniale. Nel progetto di ridefinizione urbanistica della città la pressa è il punto di partenza di un percorso di archeologia industriale che verrà scandito dal recupero di altri vuoti. Fin dal 1989 Papigno, uno dei luoghi simbolo della storia industriale di Terni, come già detto, è interessato da progetti di riconversione che diventano sistematici a partire dal 1996 quando l’amministrazione comunale ne acquista una parte dall’Enichem. Le dimensioni del manufatto (oltre 200.000 mq. e 450.000 mc), l’utilizzazione antesignana dei fondi europei Resider, il suo degrado dovuto al lungo periodo di abbandono e la necessità della bonifica, fanno del recupero di quest’area il banco di prova del comune, proprietario dell’area. Questo ritiene che l’enorme patrimonio archeoindustriale di Papigno costituisca un bene culturale e simbolico di grande rilievo, di cui occorra individuare la giusta rifunzionalizzazione. Gli interventi e i progetti che in tempi diversi ne caratterizzano la patrimonializzazione appaiono orientati verso i grandi temi del sistema territoriale: in prima istanza quello del cinema, poi dell’archeologia industriale e della fruizione turistica. La storia di Terni come città del cinema inizia nel 1933, con il film di Ruttmann “Acciaio” girato a Terni e prosegue poi con altri films girati localmente da Comencini (1963),Visconti (1969), Monicelli e De Sica (1971), Fellini ( 1987) e Argento (1996). Lo stabilimento dismesso di Papigno diventa il set dove Benigni gira prima La vita è bella, poi Pinocchio, mentre finanziamenti pubblici e privati a seguito dell’ inserimento nel Prusst e nel Pit e impegnativi lavori di ristrutturazione consentono la nascita di un vero polo cinematografico, dotato di uno dei teatri di posa più grandi d’Europa. Contestualmente, si predispone il recupero di altre porzioni del complesso con attività connesse all’archeologia industriale, comprendenti spazi espositivi e museali. Si progetta la cittadella del cinema, un parco a tema con annesse infrastrutture per la mobilità legato alla valorizzazione turistica dell’area. E’ chiaro che gli interventi si integrano fortemente con la presenza nell’area del Centro multimediale e dell’ICSIM.Negli ultimi anni, l’amministrazione comunale promuove altri progetti di riconversione nel settore storico dell’industria, continuando a creare strette connessioni con le strategie del sistema locale nei campi dell’archeologia industriale, del multimediale, del turismo e dell’università (Fig. 78). Nel 1998 è completato il progetto di riconversione dell’area SIRI avviato nel 1994 e attualmente in corso di realizzazione. Il carattere privato dell’area (dopo la dismissione nell’85, l’area era stata acquistata da imprese edili) impone un equilibrio tra attese del privato e interessi pubblici. Nel PRU ( Programma di Riqualificazione Urbana e Progetto pilota di Riqualificazione Urbana), di emanazione statale, il blocco storico degli edifici dismessi e di quelli demoliti/ricostruiti è destinato a funzioni cittadine di pregio (museo, teatro, università), mentre i restanti edifici sono riservati a funzioni residenziali, ricettive, artigianali e commerciali. In realtà il Progetto Pilota consente di realizzare solo il recupero dell’opificio storico e l’acquisizione degli immobili da parte del Comune. L’opportunità finanziaria successiva è offerta dai PUC ed in particolare dal Programma di recupero urbano, un programma straordinario della regione per gli eventi sismici del ’97, con il quale si prevede il recupero di tutti gli edifici storici e delle case operaie, mentre consente di estendere la quota proprietaria del comune. Il PUC, oltre che confermare le destinazioni d’uso dell’area, che ne fanno un’operazione di riqualificazione urbana, assicura la gestione delle potenziali conflittualità tra le diverse razionalità rappresentate nel progetto.
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Tra i progetti più recenti, quello per la rifunzionalizzazione della Snia Viscosa comporta l’ennesima acquisizione parziale degli immobili da parte del comune ed è finalizzato al potenziamento della ricettività dell’area e al completamento della riqualificazione turistica del contesto. In particolare prevede la realizzazione di un’area attrezzata per la visita della Cascata delle Marmore, con salvaguardia dell’edifico centrale del complesso industriale costituente la parte più rappresentativa del sito e demolizione dei restanti edifici per favorire la visione della cascata. Più problematica appare la rifunzionalizzazione del Lanificio Gruber, di proprietà statale. Il progetto si pone l’obiettivo del riuso del Lanificio come polo di servizi sociali e come spazio aperto per il tempo libero. In particolare prevede il recupero funzionale di alcuni fabbricati dismessi e la realizzazione di un parco che continui il sistema verde lungo il Nera. Il progetto di recupero è iniziato nel ‘94 con il conseguimento dei finanziamenti per la bonifica, ma a tutt’oggi appare difficile la realizzazione delle altre azioni programmate. Nel contempo l’amministrazione comunale prevede il completamento della rifunzionalizza-zione della Bosco attraverso la costituzione di una STU, mediante la quale mira alla realizzazione di nuovi interventi (attività multimediali, parcheggi, commercio, trasporto pubblico, attività decisionali). Questo nuovo strumento di programmazione urbanistica concertata nasce con presenza pubblica maggioritaria per la promozione e gestione del Centro Multimediale e per l’implementazione delle imprese del settore. In particolare il progetto tende a completare la rifunzionalizzazione della Bosco con funzioni di terziario avanzato e con la riorganizzazione della mobilità e del sistema dei parcheggi, contando sull’attrazione di capitali privati nella fase di costituzione della STU e nella fase successiva per ricaduta degli interventi realizzati. Nell’ultimo decennio, le aree dismesse del settore est, sia urbano che extraurbano, offrono dunque al Comune di Terni una serie di opportunità di intervento che sono colte prontamente e con successo, innescando effetti positivi a catena che rafforzano la fiducia in questo soggetto istituzionale storico che già da tempo si è dotato, come si è visto, di strumenti di governance volti a dare ampio risalto ai progetti di valorizzazione del patrimonio industriale abbandonato. E’ evidente che il contributo dato dalla patrimonializazione dei vuoti industriali all’aumento della complessità della rete e alla formazione di capitale sociale è in relazione al fatto che si colloca in un momento di ripensamento della pianificazione urbana e territoriale, venendo a coincidere con il passaggio a procedure partecipate e concertate. Non a caso quasi tutti i progetti per le aree produttive dismesse partecipano ai programmi complessi, basati sul coinvolgimento di attori pubblici e privati. L’utilizzazione delle procedure di concertazione consente da un lato l’ampliamento dell’apparato decisionale e di controllo delle dinamiche locali, dall’altro permette di maturare esperienze da spendere in altri progetti.
In anni recenti giungono a maturazione nuovi progetti di riconversione connessi con l’implementazione del polo universitario. A partire dall’istituzione del polo didattico e scientifico di Terni nel 2001, tutta una serie di strutture abbandonate sono recuperate a questo scopo. Oltre al Corso di studio in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale, che sarà attivato all’interno della SIRI, il comune destina a sede del prorettorato la palazzina della foresteria della Terni, mentre recupera il convento San Valentino e Palazzo Gelasi di Collescipoli per ospitare i corsi di studio di ambito socio-economico. Prevede inoltre l’inserimento di Master e di corsi di formazione universitari nel complesso San Pietro. Tutto ciò amplifica la mobilitazione della rete e la diffusione della nuova cultura dello sviluppo nelle istituzioni, nelle imprese e presso la gente. Fa sì che migliori il sincretismo tra gli ambienti culturale, economico e politico, e il collegamento con l’esterno, assicurando nel contempo il
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radicamento della dinamica evolutiva urbana all’identità del sistema territoriale ternano-narnese. In questa prospettiva acquista un senso anche la rifunzionalizzazione dei siti dismessi di Narni, condotta con attenzione all’integrazione degli interventi ai grandi temi del sistema territoriale, in particolare a quelli dell’università, oltre che alla conservazione attiva del patrimonio storico. Il clima di collaborazione che si instaura tra il comune di Terni e quello di Narni (formalizzato dall’Accordo di Pianificazione) porta a rappresentare il tratto vallivo del Nera ricadente nei due comuni come un sistema territoriale unico contraddistinto da un’identità comune. Si inserisce in questo contesto il recupero della SPEA ( Soc. prodotti esplodenti autarchici). Situata a Narni Scalo, sulla destra del Nera, all’interno di una foresta planiziale deve la sua persistenza al carattere militare dell’area, perdurante dal 1939 (anno di insediamento della SPEA) fino al 1979 (anno in cui iniziano le procedure per la sdemanializzazione dell’area). Sottoposta già due volte, nel 1989 e nel 1990, ad opere di bonifica da parte della Marina Militare, proprietaria dell’area, per risolvere il problema degli ordigni bellici e dell’inquinamento da pentrite, attualmente è oggetto di un progetto di riqualificazione promosso dal Comune di Narni che prevede la rifunzionalizzazione del complesso dopo l’eventuale acquisto. Nel PRG sono previsti 4 interventi, di cui due di natura pubblica e due di natura privata. Il primo intervento riguarda il riuso dei manufatti dismessi con attività della comunicazione connesse con il centro multimediale di Terni ( teatri di posa, spazi per la proiezione cinematografica e spazi espositivi). Il secondo intervento riguarda l’area inedificata ricoperta dalla foresta planiziale. La riqualificazione di quest’area è finalizzata alla salvaguardia e alla valorizzazione della foresta e al riuso dei piccoli manufatti edilizi inseriti nel verde con attività legate al Polo universitario integrato Terni-Narni. Il terzo intervento riguarda l’area libera lungo il Nera, destinata ad ospitare attrezzature ludiche e turistiche. L’ultimo intervento prevede la costruzione di un nuovo edificio destinato ad accogliere sale cinematografiche e strutture sportive. Il progetto è entrato nel PRUSST in occasione dell’accordo quadro del 31 maggio 2002 e successivamente nel PIT. I tempi di realizzazione del progetto sono probabilmente allungati dalle resistenze del Ministero della difesa che frenano l’alienazione del complesso a favore del comune di Narni. Sono ispirati alla stessa finalità di costruire strutture a servizio del sistema universitario integrato Terni-Narni. anche i progetti di riconversione della colonia Le Grazie, del Palazzo degli Scolopi e dell’area Pescecotto di Narni. Il primo mira alla realizzazione di una struttura ricettiva di supporto alle attività universitarie dello SLoT e alle funzioni espositive della Rocca di Albornoz. Il secondo prevede il completamento, ristrutturazione e riqualificazione funzionale del “Palazzo degli Scolopi” con attività universitarie. Il terzo è finalizzato alla rifunzionalizzazione di un edificio storico in località Pescecotto con un centro di ricerca e di didattica universitaria. Anche questi ultimi progetti sono entrati nel PIT contribuendo a creare una rete allargata di soggetti e a rafforzare il radicamento territoriale delle azioni. Il progetto di recupero della Linoleum è condotto invece nel rispetto delle finalità del sistema territoriale nel campo dell’archeologia-industriale. Prevede infatti la realizzazione di un duplice museo: un museo del territorio dedicato al modello di industrializzazione del narnese ed un museo d’impresa dedicato alla Linoleum/Tarkett, la costituzione di un archivio storico e di un centro di documentazione sul patrimonio industriale locale e la realizzazione di itinerari tematici per la visita dei siti di archeologia industriale del narnese. Con il previsto recupero della Linoleum si completa il sistema museale della conca ternana progettato a partire dai siti dismessi e articolato per aree tematiche, con valenza non solo turistica ma anche didattica e di supporto al polo universitario. Il Museo della città, come già detto, è previsto in uno dei fabbricati recuperati della SIRI, il Museo delle Armi, trova collocazione all’interno della Fabbrica d’armi, il Museo dell’archeologia industriale, suddiviso in sezioni (la cultura del ‘900, la cascata delle Marmore e il cinema) sarà situato all’interno del sito abbandonato di Papigno. Tale sistema museale si
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completa con altri siti previsti all’interno della Snia Viscosa, delle Officine Bosco, del Lanifico Gruber e della SPEA e con l’individuazione di spazi espositivi a Palazzo Carrara, nell’edifico attiguo delle ex carceri, nell’ex Palazzo della Sanità e nella Rocca Albornoz di Narni. Recentemente, la nascita di nuovi soggetti, come il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali Terni-Narni-Spoleto e l’Osservatorio Chimico Provinciale ha incrementato la progettualità riferita alle aree dismesse e prodotto come si diceva un aumento della complessità della rete ternano-narnese. La creazione del Consorzio è espressione del primo tentativo di copianificazione tra i comuni di Terni, Narni e Spoleto in merito allo sviluppo economico ed occupazionale, mentre l’Osservatorio Chimico Provinciale segna un punto di svolta, come si diceva, nell’atteggiamento assenteista dell’impresa chimica sulla scena della progettualità territoriale. Grazie all’attività di questi nuovi attori, porzioni di siti dismessi o intere aree abbandonate offrono nuove opportunità di intervento, con effetti di ispessimento del milieu. Il Consorzio ha attuato la bonifica dell’area Enichem e il recupero del sito industriale dismesso. Contemporaneamente ha acquistato l’area e l’immobile della Nuova Bosco in previsione della sua rifunzionalizzazione come sito industriale. Le aree chimiche dismesse censite dall’Osservatorio sono state in parte recuperate con l’insediamento di nuove imprese: Papigno, Enichem di Nera Monitoro, Enichem di Terni e TNT ( Maratta), in parte sono in corso di recupero: Nuova Bosco ( Maratta), Giplast ( Maratta) e Montedison-Enichem (Terni), in parte sono da recuperare: Linoleum-Tarkett-Sommer,( Narni-Scalo), Montedison-Moplefan (Terni), Elettrocarbonium-SGL Carbon ( Narni scalo), Spea ( Narni scalo) e Neofil (Terni). Oltre a rendere la rete locale maggiormente rappresentativa dei diversi interessi sociali, l’Osservatorio, istituito nel 2000 (con il Protocollo d’intesa sulla chimica tra istituzioni locali, parti sociali e imprese), rappresenta un supporto importante a sostegno dell’attrazione di nuova imprenditoria e della verticalizzazione del settore.
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4.5. SLoT TERNI NARNI. VALORE AGGIUNTO E SOSTENIBILITA’ TERRITORIALI DELLA PATRIMONIALIZZAZIONE Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazione delle aree dismesse nello SLoT Terni Narni è rilevante non solo perché generato da un’ampia e multiforme progettualità, ma soprattutto perché caratterizzato da specifiche innovazioni territoriali (fig.79). In questa porzione di territorio infatti i progetti per le aree dismesse hanno favorito;
� la formazione di idee e pratiche che porteranno poi alla creazione dello SLoT; � la nascita della componente endogena della territorializzazione, in quanto progetti
attivati e gestiti direttamente dai soggetti locali; � l’affermarsi del ruolo pivot del comune di Terni e dell’ICSIM; � la prima apertura del sistema locale verso l'esterno; � il riconoscimento dell’identità locale e delle componenti del milieu industriale; � la creazione di un clima di fiducia nei confronti delle istituzioni, alimentato dai risultati
concreti raggiunti con PRU e PUC; � il consolidamento dei rapporti tra attori pubblici e privati; � l’attivazione di sedimenti che hanno reso il milieu più dinamico e disponibile per la sua
rilettura da parte dei progetti matrice, come Prusst e Pit; � l’affermarsi di nuovi soggetti, capitali e conoscenze: Consorzio per lo sviluppo delle
aree industriali e Osservatorio chimico provinciale; � l’aumento del grado di efficacia gestionale e di innovazione dell’amministrazione
comunale che assume il ruolo di soggetto storico della patrimonializzazione; � l’introduzione in maniera sistematica di strumenti di programmazione complessa; � la formazione di una infrastruttura culturale destinata a potenziare l’interazione rete
locale/milieu.
Tra i punti succitati giova discutere brevemente la capacità della patrimonializzazione di dotare il sistema territoriale di una infrastruttura culturale volta a favorire il riconoscimento delle potenzialità del milieu e pertanto a rafforzare l’interazione circolare tra soggetti locali e milieu. Svolgono questo compito soprattutto i progetti di archeologia industriale, il cui ruolo è quello di valorizzare la memoria e l’identità industriale in vista del futuro, prendendo coscienza dei traguardi raggiunti grazie all’industria in termini di centralità, progettualità, modernità, modelli culturali, conoscenze tecniche, esperienze di lavoro e di organizzazione acquisiti. Attraverso la valorizzazione culturale, la rete locale riconosce il bagaglio di cui il sistema dispone e dal quale parte per nuove strade: il multimediale, il cinema, l’università e il turismo in un disegno complessivo che tende a realizzare coerenza e sinergie tra le diverse sfere, intorno ad una nuova idea di città. Nell’insieme i punti sintetizzati nell’elenco invitano a credere che i processi di patrimonializzazione delle aree dismesse siano espressione dell’auto-organizzazione locale, intendendo con questo concetto la capacità dei soggetti di controllare le dinamiche del sistema di cui fanno parte e di gestire i rapporti con il mondo esterno, stabilendo nel contempo buone relazioni di presa sul milieu locale. Pur stimolati da spinte sovralocali ( finanziamenti europei, iniziative esogene), i soggetti locali, soprattutto istituzionali, gestiscono direttamente la progettualità, tanto da far parlare di una componente endogena della territorializzazione, che nel tempo sta assumendo un ruolo dominante nello sviluppo locale. Al tempo stesso si tratta di una territorializzazione positiva, in quanto crea valore aggiunto, sia di tipo sinergico che territoriale. Schematizzando si può dire che il contributo dato dalla valorizzazione delle aree dismesse si esplica:
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� nella produzione di valore aggiunto di tipo sinergico, in quanto precostituisce sinergie locali di rete che saranno consolidate dai progetti matrice di valorizzazione territoriale;
� nella produzione di valore aggiunto di tipo territoriale, in quanto rende dinamico e disponibile il milieu per altri progetti e in quanto realizza buone relazioni di presa sulle componenti del milieu, riconducibili a sedimenti materiali e immateriali della storia industriale.
La valutazione del contributo offerto dai progetti per le aree dismesse alla produzione di sviluppo locale non può prescindere dalla considerazione della sostenibilità territoriale, intesa nella sue componenti ambientale, culturale e sociale, la quale come già detto fa riferimento alla capacità dei sistemi di accrescere nel lungo periodo i valori culturale, sociale e ambientale del territorio locale senza compromettere quelli di altri territori (fig.80). La questione della sostenibilità culturale è legata alla rappresentazione, più volte ricordata, di queste aree come beni culturali, ad alto valore identitario e simbolico e pertanto è strettamente connessa con le problematiche del paesaggio dell’abbandono. Tutti i grandi manufatti storici dell’industria ternano-narnese, salvati dalla demolizione dallo sforzo congiunto di forze culturali e istituzionali costituiscono importanti luoghi ideologici, punti forti del paesaggio urbano. Alcuni, come il Lanificio Gruber, la Snia Viscosa, la SPEA sono in attesa di una ridefinizione e risignificazione: Altri partecipano attivamente alle nuove attribuzioni di senso conferite allo spazio e al paesaggio urbano. Si pensi al ruolo simbolico svolto da Papigno dalla Grande Pressa o alla riconversione della Bosco in Videocentro. Essi svolgono una funzione importante nella ricostruzione della nuova rappresentazione della città, nonché del nuovo paesaggio e del nuovo spazio vissuto. Tra i luoghi forti del paesaggio ternano Papigno esprime meglio di altri l’uso della memoria del mondo industriale come difesa nei confronti delle reti globali, una difesa che, ben lontana da tradursi in una chiusura localista, si esprime nella volontà dei soggetti locali di controllare le dinamiche del sistema di cui fanno parte e di gestire i rapporti con il mondo esterno. Gli interventi che in tempi diversi ne caratterizzano la patrimonializzazione ne fanno un modello della capacità del Comune di Terni di attrarre risorse e capitali esterni senza per questo compromettere la stabilità del sistema locale. Nel progetto di ridefinizione dell’immagine urbana e di risignificazione del paesaggio, il Videocentro prefigura il futuro di Terni nel campo della produzione e comunicazione multimediale. La struttura è concepita in modo da interagire con la città: la grande porta in ferro, eretta a difesa della vecchia officina è stata abbattuta, a sottolineare l’appartenenza del complesso alla città. Nei giardini e nei cortili, l’uso ampio e diversificato dell’acciaio, un materiale con connotazioni identitarie forti, ha portato alla realizzazione di parabole satellitari in veste di fiori di acciaio, che spuntano dai giardini a forte impatto visivo. Nel medesimo progetto di ridefinizione dell’identità, la Grande Pressa prefigura il futuro di Terni come “capitale dell’archeologia industriale”. E’ un’immagine materializzata che risponde all’esigenza di mettere in scena un sedimento abbandonato dal passato per conferirgli nuovo valore. Peraltro, anche altri luoghi ideologici esprimono il senso del patrimonio come bagaglio comune di cui si dispone e dal quale si parte per nuove strade. A tale riguardo appare esemplare la “ lancia di luce” di Arnaldo Pomodoro. La base della lancia è simbolo di una città che vive ancora le avventure del suo polo industriale, mentre la punta lucente comunica la sensazione dello slancio verso il futuro. La sostenibilità sociale fa riferimento alla capacità dei processi di patrimonializzazione di costruire capitale sociale e pertanto appare strettamente connessa con la capacità del sistema locale di produrre valore aggiunto di tipo sinergico. Particolarmente significative sono alcune
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iniziative di recupero volte all’inclusione dei gruppi sociali più deboli, come la riconversione delle ex carceri attigue a Palazzo Carrara in polo di associazioni no profit. Quanto alla componente ambientale della sostenibilità occorre riconoscere che, negli ultimi cento anni, questa non è stata per i soggetti del sistema locale una dotazione particolarmente importante. Solo di recente, come si è detto, è diventata una componente di rilievo nei progetti di valorizzazione territoriale e anche in quelli di recupero delle aree dismesse. In questi ultimi, la sostenibilità è connessa innanzitutto con l’impatto ambientale delle vecchie e delle nuove funzioni. Premesso che, come per i progetti di trasformazione territoriale, la valutazione della sostenibilità ambientale dei progetti di recupero, è stata di tipo qualitativo, le informazioni raccolte hanno consentito di segnalare alcune problematiche. Una riguarda i costi della bonifica che appaiono determinanti nei progetti di rifunzionalizza- zione, al punto di essere causa di grandi ritardi nelle operazioni di riconversione. Sono emblematici a riguardo gli interventi nei grandi contenitori dell’industria: SPEA, Papigno, Snia Viscosa. Quanto all’impatto creato dalle nuove attività, spesso questo è sottovalutato dai progetti per quanto riguarda gli aspetti ecologici ed energetici ed in alcuni casi è aggravato dal fatto che le operazioni di bonifica potrebbero non esaurirsi all’interno delle aree dismesse, ma esportare impatti in aree esterne. Peraltro, non mancano processi di patrimonializzazione che guardano alle aree dismesse in quanto beni ambientali. Nascono così insperati spazi verdi utilizzabili come open spaces o parchi urbani. Emblematico è il recupero del Lanifico Gruber, per il quale, nel PRG di Terni del 2004, sono previste azioni di bonifica e di riuso delle strutture esistenti con attività sociali e assistenziali, nonché azioni di recupero degli spazi liberi per attività ricreative e verde pubblico. L’area diventerà dunque un polo di servizi e attrezzature legate al tema del welfare, all’interno del quale il verde interesserà una superficie pari alla metà della superficie complessiva dell’area dismessa. Anche il progetto di recupero della SPEA si configura in parte come riqualificazione a verde di un’area dismessa. In particolare l’intervento riguardante l’area inedificata è finalizzato alla salvaguardia e alla valorizzazione della foresta planiziale e dell’area libera lungo il Nera. Queste iniziative sono in linea con altre esperienze significative condotte soprattutto nel mondo anglosassone, dove le aree urbane dismesse sono interpretate spesso come spazi destinati alla ricostruzione di ambienti naturali. Nella sola Londra, negli ultimi venti anni sono state realizzate circa 60 oasi urbane, molte delle quali realizzate riqualificando aree dismesse, costituenti oggi altrettanti spazi della biodiversità e della fruizione cittadina.
In merito alla componente ambientale della sostenibilità, diventata come si diceva un aspetto di rilievo dei progetti di rifunzionalizzazione, pare opportuno discutere brevemente le strategie che nel medio-lungo periodo assicurano una riproduzione del valore ambientale. Il contributo che segue esamina in particolare quella finalizzata alla produzione dell’energia diffusa nel sistema territoriale Terni-Narni.
163
FIG. 79 - IL VALORE AGGIUNTO TERRITORIALE CREATO DALLA PATRIMONIALIZZAZIONE NELLO SLoT TERNI NARNI
Messa in rete di soggetti locali e sinergie derivanti
Attivazione risorse potenziali del milieu locale
1
SGL CARBON - EXELETTROCARBONIUM
endogenapositiva
*disponibilità di nuovi spazi industriali bonificati di spazi e messi in sicurezza
*l’attivazione di una rete composta da attori locali e sovralocali
*valorizzazione delle componenti materiali e immateriali del milieu industriale
2FERROVIAGOLE DEL NERA
endogenapositiva
*recupero di una ferrovia dismessa *realizzazione di piste pedonali-ciclabili e mezzi su rotaia per il collegamento dei numerosi siti della vallata
*creazione di valore aggiunto soprattutto di tipo sinergico, in quanto crea una rete pubblico-privato *entra in sinergia con altriprogetti complessi (Prusst, Pit, SPEA eParco dei Laghi della Conca ternana) e con le reti da essi attivate
*attivazione delle componenti del milieu infrastrutturale e ambientale
3EX LINOLEUM - EDIFICIODOPOLAVORO
endogenapositiva
*realizzazione di un edificio polifunzionale legato alla cultura industriale nel quale sono inseriti un museo, un archivio e un centro di documentazione sull’industria e sull’archeologia industriale *realizzazione di un sistema flessibile di aule e di spazi di servizio utilizzabili sia per seminari e convegni di studio sia per fini didattici e formativi
*creazione di valore aggiunto soprattutto di tipo sinergico, in quanto crea una rete pubblico-privato coinvolgendo l'industria chimica, normalmente assente dalla scena territoriale
*forte radicamento territoriale dovuto alla molteplicità di componenti del milieu industriale attivate
4 EX SPEA (Narni Scalo)
endogenapositiva
*riuso di aree degradate, riqualificazione dell’area *creazione di posti di lavoro
*mobilitazione soggetti operanti nel sistema integrato ternano-narnese anche se al momento sembrerebbe attivare una rete di soggetti pubblici
*le potenzialità del milieu riconosciute sono diversificate *il progetto reinterpreta il fiume Nera e la foresta planiziale come beni sociali, ambientali e turistici
5 COMPLESSO S. GIROLAMO
endogenapositiva
*recupero e riqualificazione edificio storico dismesso
*sinergia con altri progetti (Pit, Spea, Rocca Albornoz, Complesso "Le Grazie", polo universitario integrato Terni-Narni) e con le reti da essi attivate
*valorizza le componenti materiali del milieu storico-culturale connesse con l'edificio dismesso
6 COMPLESSO DI PESCECOTTO
endogenapositiva
*recupero di un edificio storico *creazione di nuovi servizi per il polo universitario
*messa in rete attori pubblici locali e sovra locali.
*attivazione delle componenti materiali del milieu storico e immateriali del milieu formativo
7 EX COLONIA “LE GRAZIE”
endogenapositiva
*rifunzionalizzazione di un edificio storico
*raggiungimento di un buon livello di integrazione sinergica con altri progetti (polo universitario, sistema museale, future attività connesse con la SPEA e la Rocca, complesso S. Girolamo) e con le reti da essi attivate
*attivazione le potenzialità materiali del milieu storico-culturale
NARNI
Fig. 79 - Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazine nello slot Terni-Narni
Progetti aree dismesse
Territorializzazione(endogena/esogenapositiva/negativa)
VA del progetto sul territorio
VA del territorio (VAT)
Messa in rete di soggetti locali e sinergie derivanti
Attivazione risorse potenziali del milieu locale
Fig. 79 - Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazine nello slot Terni-Narni
Progetti aree dismesse
Territorializzazione(endogena/esogenapositiva/negativa)
VA del progetto sul territorio
VA del territorio (VAT)
8EX LANIFICIO – PALAZZOSACRIPANTI
endogenapositiva
*recupero edificio storico dismesso *realizzazione di un centro di attività turistico artigianali e di un parcheggio interrato *riqualificazione della piazza antistante l’edificio
*creazione di sinergie di rete tra attori pubblici locali e il livello sovra locale
*attivazione delle componenti materiali e immateriali del milieu storico-culturale
9 EX MATTATOIO (Narni)
endogenapositiva
*riqualificazione delle funzioni urbane *assenza di sinergie di rete *attivazione minima delle potenzialità
materiali e immateriali del milieu locale
10
PALAZZO DEI PRIORI(PALAZZODEGLISCOLOPI)
endogenapositiva
*recupero edificio storico dismesso *realizzazione di strutture che rafforzano il ruolo dell’università *realizzazione di un collegamento meccanizzato con il complesso di S. Agostino con miglioramento dell’accessibilità del centro antico
*buona capacità organizzativa tra gli attori locali
*attivazione di componenti materiali del milieu storico e immateriali del milieu formativo
11 ROCCA DI ALBORNOZ
endogenapositiva
*recupero e riconversione di un edificio storico *realizzazione di un museo, di spazi ad uso del polo universitario ternano-narnese e di spazi commerciali
*rafforzamento e amplificazione delle sinergie di rete tra soggetti pubblici locali e tra questi e il livello sovralocale con integrazione in progetti-matrice quale il Pit
*attiva le componenti del milieu connesse con il multimediale e l’alta formazione
12 EX BOSCO endogenapositiva
*riuso dell’area dismessa, creazione di nuove filiere industriali
*attivazione di una rete locale pubblico-privato che coinvolge il livello sovralocale *buone relazioni di presa sul milieu industriale
13 EX NUOVA BOSCO
endogenapositiva
*riuso dell’area dimessa *miglioramento dei servizi *attrazione di nuova imprenditorialità
*mancata attivazione di sinergie di rete
*attivazione milieu industriale con forte stimolo alla reindustrializzazione * incremento e potenziamento del tessuto produttivo locale delle PMI con miglioramento dei servizi
14EX CARBURO DI CALCIO (Papigno)
endogenapositiva
*riuso dell’area dismessa *riqualificazione ambientale
*attivazione di una rete locale che in una fase successiva coinvolge il livello sovralocale
*relazioni di presa sul milieu connesse con la rilettura delle componenti materiali dell'industria attraverso l'incentivazione allo sviluppo dell'industria cinematografica
15POLO CHIMICO EX ENICHEM(S. Maria Magale)
endogenapositiva
*recupero e rifunzionalizzazione di un’area e di 2 edifici industriali
*mancata attivazione di particolari sinergie di rete
*attivazione del milieu industriale con forte stimolo alla reindustrializzazione * incremento e potenziamento del tessuto produttivo locale delle PMI con miglioramento dei servizi
Messa in rete di soggetti locali e sinergie derivanti
Attivazione risorse potenziali del milieu locale
Fig. 79 - Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazine nello slot Terni-Narni
Progetti aree dismesse
Territorializzazione(endogena/esogenapositiva/negativa)
VA del progetto sul territorio
VA del territorio (VAT)
16 FABBRICAD'ARMI
endogenapositiva
*recupero di due capannoni della ex regia fabbrica di armi *realizzazione di un museo *realizzazione di un laboratorio di restauro
*attivazione delle componenti materiali e immateriali del milieu industriale e culturale legati alla storia e alla produzione delle armi
17 EX LANIFICIO GRUBER
endogenapositiva
*riuso dell’area dismessa *ripristino ambientale *creazione di servizi sociali
*l’inserimento del progetto nel PRUSST e nel PIT costituisce l’occasione per realizzare un’azione concertata pubblico/privato, attraverso l’impegno del Comune di Terni, che in progresso di tempo, prefigura un valore aggiunto di tipo sinergico, connesso specialmente con il coinvolgimento nel progetto del terzo settore
*relazioni di presa sul milieu industriale connesse con la rilettura delle componenti materiali
18 EXMONTEDISON
endogenapositiva
*recupero e rifunzionalizzazione area industriale dismessa
*mancata attivazione di sinergie di rete *attivazione delle potenzialità materiali del milieu industriale e dei servizi
19 EX SIRI endogenapositiva
*riuso dell’area dismessa *creazione di un polo di qualificazione urbana
*attivazione di una rete locale che coinvolge successivamente il livello sovralocale
*attivazione delle componenti materiali e immateriali del milieu con buone relazioni di presa sul milieu industriale e culturale
20 SNIA VISCOSA (Collestatte Piano)
endogenapositiva
*potenziamento della fruibilità locale e turistica *salvaguardia delle componenti ambientali *recupero del sito dismesso
*mobilitazione di una rete pubblica e privata *inserimento dell’iniziativa nel Progetto Integrato Marmore Piediluco Papigno, nel Prusst e nel Pit ha garantendo l’ampliamento della rete e la costruzione di sinergie sovralocali
*buone relazioni di presa sul milieu anche se limitate alle componenti materiali
21 EX TNT (Maratta) endogenapositiva
*recupero di un’area dismessa *realizzazione di nuove infrastrutture industriali *localizzazione di nuove imprese
*mancata attivazione di sinergie di rete
*attivazione del milieu industriale con forte stimolo alla reindustrializzazione * incremento e potenziamento del tessuto produttivo locale con attrazione di imprese all'avanguardia nel settore delle nanotecnologie
22 COMPLESSO S. PIETRO
endogenapositiva
*recupero di un’area dismessa *implementazione dell’offerta di strutture pubbliche a servizio del polo universitario ternano
*attivazione delle componenti materiali e immateriali del milieu culturale connesse con l'alta formazione
23
EX CARCERI - OFFICINASOCIALE "LA SIVIERA"
endogenapositiva
*riconversione di un edificio di detenzione in un edificio multifunzionale dedicato ad attività socio-culturali
*attivazione di una rete locale pubblico-privato caratterizzata dalla forte presenza delle associazioni culturali no-profit, normalmente poco presenti nelle progettualità locale
*attivazione delle componenti materiali e immateriali del milieu sociale
TERNI
Messa in rete di soggetti locali e sinergie derivanti
Attivazione risorse potenziali del milieu locale
Fig. 79 - Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazine nello slot Terni-Narni
Progetti aree dismesse
Territorializzazione(endogena/esogenapositiva/negativa)
VA del progetto sul territorio
VA del territorio (VAT)
24 PALAZZOCARRARA
endogenapositiva
*restauro di un edificio storico dimesso *realizzazione di un sito museale
*attivazione delle componenti immateriali del milieu urbano e industriale (saperi, associazionismo, cultura operaia)
25
PALAZZOPRIMAVERA - EX PALAZZO SANITA'
endogenapositiva
*recupero e rifunzionalizzazione di un sito storico urbano *realizzazione di un centro espositivo e di un auditorium *realizzazione di nuova edilizia commerciale e residenziale
*attivazione di una logica di collaborazione tra pubblico e privato positiva
*attivazione delle componenti materiali del milieu storico-architettonico legandole a iniziative che esercitano una buona presa sul milieu culturale
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4.6. SLoT TERNI NARNI. STRATEGIE DI SOSTENIBILITA AMBIENTALE NELLE OPERAZIONI DI RECUPERO: LA PRODUZIONE DI ENERGIA DIFFUSALa risorsa territoriale rappresentata da un’area industriale dismessa, viene rimessa in gioco in un quadro nel quale lo sviluppo ha forme ed esigenze diverse da quelle originarie, quindi è richiesta un’attenta analisi al fine di valutare se la sua nuova destinazione sia coerente con le mutate esigenze e non resti soggetta a dinamiche economiche di basso profilo che non tengano conto dell’importanza che anche un solo tassello del mosaico territoriale svolge ai fini di una gestione sostenibile delle risorse. Una qualunque strategia di sostenibilità deve necessariamente condurre ad interventi che siano in grado di utilizzare in modo durevole il patrimonio territoriale, ovvero, aumentare attraverso la co-evoluzione tra ambiente ed uomo, la rendita che può essere appropriata dal sistema socio-economico per supportarne lo sviluppo proprio e, quindi, di tutto il sistema territoriale che lo comprende. Come accennato, il reimpiego delle aree industriali dismesse rappresenta per dimensioni e potenzialità un momento fondamentale per il processo di sviluppo, i cui esiti possono esserne profondamente condizionanti in modo positivo o negativo. Se le opzioni di reimpiego vengono percorse attraverso proposte che consentono un aumento dell’efficienza di uso delle risorse ed un aumento della redditività complessiva del sistema territoriale, si ha un deciso contributo verso la sostenibilità; altrimenti, si opera a detrimento della capacità produttiva stessa del sistema territoriale e, quindi, della sua sostenibilità. Con la denominazione ecologia industriale vengono indicate le filiere produttive e di consumo che in stretta analogia con le leggi dell’ecologia adottano i principi dell’interdipendenza e dell’uso delle risorse a ciclo chiuso. Si tratta di un approccio essenziale per aumentare in modo consistente l’efficienza di uso delle risorse, riducendo gli impatti ambientali, le emissioni di reflui e la produzione di rifiuti. Un simile approccio deve partire da un’accurata rassegna dei processi produttivi esistenti in un determinato territorio e dalla valutazione della possibilità di utilizzare sistemi avanzati di abbattimento dei reflui (aeriformi e liquidi) per ottenere rifiuti o fanghi da utilizzare in altri processi come materiali in sostituzione di materie prime. Si possono così ottenere sensibili vantaggi ambientali come la riduzione dei rifiuti e dei siti di smaltimento, la riduzione dell’impatto dei reflui, la riduzione del prelievo di materie prime, la riduzione delle necessità di trasporto. Altrettanto sensibili sono i vantaggi economici potenziali: riduzione dei costi di smaltimento dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, valore aggiunto derivante dalla vendita dei materiali prodotti dai processi di riciclaggio, recupero dei contenuti energetici dei rifiuti, sviluppo di nuove filiere produttive, aumento della domanda di mano d’opera specializzata. Un’altra proposta dell’ecologia industriale consiste nel recupero dell’energia termica per alimentare utenze in sostituzione di combustibili fossili attraverso sistemi di teleriscaldamento o di integrazione nell’ambito di aree industriali attrezzate; la produzione combinata di energia elettrica e calore consente di passare da un’efficienza di impiego del combustibile (petrolio, carbone, gas) del 40% fino all’85%. Nell’ambito della rifunzionalizzazione delle aree dismesse in una strategia di sostenibilità ambientale una potenzialità è costituita dalla produzione di energia diffusa. L’analisi che segue è finalizzata ad illustrare questa potenzialità del territorio antropizzato con infrastrutture industriali nel campo della produzione diffusa di energia con sistemi oggi ancora poco disponibili sul mercato (essenzialmente a causa dell’elevato costo) ma che dovrebbero essere attentamente valutate ai fini della definizione di strategie di sostenibilità basate sull’uso efficiente delle risorse. Il territorio ha varie potenzialità di produzione di energia in modo diffuso:
168
� colture per produzione di biomasse energetiche; � sfruttamento di risorse eoliche; � sfruttamento dell’energia solare per produzione di acqua calda e di energia elettrica; � progettazione e realizzazione di infrastrutture più efficienti (per risorse ed energia) in
occasione delle ristrutturazioni. L’esempio di seguito riportato riguarda una tecnologia che può essere agevolmente collegata alla porzione di territorio già infrastrutturata con edifici ad uso produttivo o servizi, individuando una delle potenzialità del territorio, ancora poco e male utilizzate, ai fini dello sfruttamento della fonte energetica solare rinnovabile, e illustrando come il riuso di aree dismesse può rappresentare un’occasione di promozione di soluzioni innovative che può avere importanti effetti positivi. A tal fine gli enti preposti dovrebbero definire una forma di accordo generale per favorire l’installazione di questi sistemi e la loro connessione in rete, coinvolgendo anche i soggetti locali preposti alla produzione e distribuzione dell’energia, per reperire le eventuali risorse necessarie e redistribuire i proventi derivanti dall’eventuale vendita di energia e dei certificati verdi (qualora le quantità messe in rete superassero i valori previsti dalla norma). Questo aspetto dovrebbe essere visto come una vera e propria risorsa da valorizzare, che potrebbe avere nei progetti di recupero delle aree dismesse, la sua fase di partenza per poi essere estesa a tutti i siti produttivi. Tenuto conto che solo per il Comune di Terni è stimata una superficie coperta pari a 2 milioni di m2 si dispone di un vero e proprio patrimonio di superfici disponibili da utilizzare per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Per semplicità di esposizione sono stati utilizzati i dati delle superfici coperte degli edifici dismessi presenti nel territorio dei comuni di Terni e Narni, individuate nel presente lavoro ed oggetto di prossimo recupero, pari a c.a. 170.000 mq. Salvo verifiche puntuali, si può assumere che la superficie immediatamente utilizzabile delle suddette coperture non superi il 10% della superficie sopra indicata quindi c.a. 17.000 m2.Recenti valutazioni sul campo hanno dimostrato che nel Sud dell’Umbria si ha una produttività di 1.400 kWh/anno per kW di pannello fotovoltaico installato, che occupa una superficie massima di 10 m2; nel nostro caso quindi, si potrebbero installare pannelli fotovoltaici per una potenza di circa 1700 kW (170.000 m2 coperti, di cui il 10% fa 17.000 m2, che a 1 kW/10 m2,dà proprio il risultato indicato), dai quali si otterrebbe una produzione di 1700 kW x 1.400 kW/anno/kW installato = 2.380.000 kWh/anno da immettere in rete. Nelle condizioni attuali di costo dell’energia e di previsto incentivo di legge, il ricavo di questa produzione, per vent’anni, si attesterebbe su circa 0,2 €/kWh e, quindi, su di un totale di 2.380.000 kWh/anno x 0,2 €/kWh = 476.000 €/anno. Il costo dell’impianto, alle condizioni attuali (Rapporto Energia e Ambiente ENEA, 2004), si aggirerebbe intorno a 1700 kW x 4.500 €/kW = 7.650.000 € dei quali però circa un terzo riguarderebbe attività di assemblaggio elettromeccanico che potrebbero essere svolte localmente. Inoltre, va tenuto presente che l’impatto sul mercato nazionale di una commessa di dimensioni simili potrebbe determinare una discreta riduzione dei costi, in special modo se la realizzazione venisse programmata per fasi successive, cadenzate nell’arco di due-quattro anni. Volendo sviluppare la filiera secondo i criteri dell’ecologia industriale, sarebbe auspicabile anche la crescita a livello locale della fase di produzione di tutto o parte del sistema, sviluppando la produzione delle celle e/o la produzione dei pannelli a partire dalle celle, ipotesi che troverebbe in area ternana basi tecnologico produttive adeguate. Così come le attività di produzione dei sistemi elettrici e meccanici, dei montaggi meccanici delle celle in pannelli, delle parti elettriche per la conversione della corrente continua in corrente alternata e del montaggio dei pannelli nei siti finali, che come già indicato rappresentano il 70% dei costi, potrebbero essere sviluppati dalle imprese locali.
169
Non va nemmeno tralasciato il fatto che la realizzazione di un progetto di queste dimensioni giustificherebbe la proposta di attivare ricerche per lo sviluppo di sistemi fotovoltaici avanzati da utilizzare in fasi successive. I componenti base sono garantiti per 30 anni ed i tempi di garanzia si vanno allungando man mano che l’esperienza operativa dei primi impianti fornisce risultati sperimentali circa la durata delle celle che, attualmente, viene stimata in almeno 35-40 anni.Infine, un sistema produttivo di energia elettrica come il sopra descritto rispetto alle modalità produttive tradizionali, determinerebbe una riduzione di emissione di CO2 da vendere sul mercato o da utilizzare nel caso di una riduzione di emissione totale.
4.7. IL PROCESSO DI FORMAZIONE DELLO SLoT ORVIETO-CASTEL VISCARDO-ALLERONA. SIGNIFICATI E RUOLO DEL RECUPERO DELLE AREE DISMESSE La genesi della rete locale e l’avvio del riconoscimento delle potenzialità del territorio risale al 1980-82, con l’elaborazione del “Progetto Orvieto” da parte dell’amministrazione comunale. Preparato da eventi e documenti di piano realizzati nel decennio precedente (il Piano di zona del’73-‘74, la Variante al PRG del’76, il programma comunale dell’79 e il convegno “Orvieto, i luoghi della cultura” dell’81), il “Progetto Orvieto” prefigura per la prima volta un modello territoriale supportato da funzioni diverse da quelle svolte nei precedenti cento anni. Pone in maniera esplicita l’esigenza di superare un modello di sviluppo fondamentalmente agricolo, con qualche incursione nel turismo, e immagina una città-territorio fortemente integrata e fondata sulla messa in valore di potenzialità locali fino a quel momento poco conosciute. Con questo progetto di Orvieto per Orvieto, l’amministrazione comunale si fa portavoce delle principali istanze della società locale, una società che ridisegna la sua nuova identità territoriale e si auto-rappresenta alla ricerca delle risorse sulle quali disegnare il nuovo sviluppo. Tuttavia il “Progetto Orvieto” non riesce a sciogliere uno dei nodi problematici della città: la caserma Piave. Questa ingombrante presenza, auspicata a gran voce all’epoca del suo insediamento (1929) negli ultimi decenni è vissuta come un problema, per l’effetto “enclave” che produce e per l’alienazione di un ampio spazio all’interno della città storica, chiusa tra i bordi della rupe; tanto che il Piano Regolatore del’98 affronta esplicitamente il problema prevedendone la chiusura e la rifunzionalizzazione all’interno di un disegno generale di riorganizzazione dello spazio e della forma della città. Nel 2003 Le Forze Armate riconsegnano al comune gran parte del complesso edilizio della caserma Piave, che torna ad essere pienamente disponibile per la città. A partire da questo evento che segna anche simbolicamente la fine di un’epoca, la Città delle Caserme lascia il posto alla Città degli Studi, alla Città del Gusto e alla Città dei vini, viste in un’ottica integrata che porta alla rappresentazione di Orvieto come Città-sistema. E’ l’amministrazione comunale a gestire la transizione dal Progetto Orvieto alla Città-sistema, assumendo un ruolo pivot che favorisce la diffusione della nuova cultura dello sviluppo all’insegna della qualità e dell’integrazione, della mobilitazione della rete e della costruzione di sinergie inedite. Per iniziativa del comune nascono nuovi attori istituzionali, cui è demandato il compito di attualizzare il programma di sviluppo, tra i quali il Centro studi città di Orvieto e il Consorzio Crescendo(Fig. 81). Il primo, oltre a costruire una presa di coscienza delle potenzialità offerte dalla rappresentazione di Orvieto come città degli studi, promuove e organizza attività di formazione superiore volte a integrare l’Università nel contesto urbano. Nasce come Fondazione di Partecipazione cui afferiscono, oltre al comune di Orvieto, la Provincia e la Cassa di Risparmio di Orvieto. Lo strumento giuridico adottato ne consente l’apertura verso altri soggetti, nel senso che prevede la collaborazione dei soggetti istituzionali fondatori con attori privati co-fondatori, con attori aderenti, nonché con soggetti sostenitori. Il Centro ha
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sede nel complesso recuperato di Santa Maria della Stella, una struttura urbana, edificata tra XI e XII secolo, che per otto secoli ha ospitato l’Ospedale Civico. Recentemente abbandonata, a seguito della creazione dell’ospedale comprensoriale di Ciconia, nel 2000 è acquistata dal comune di Orvieto, che avvia una serie di interventi finalizzati ad adeguare lo stabile alla nuova funzione universitaria. L’operazione assume pertanto un alto valore simbolico, vuoi per la posizione del complesso in piazza del Duomo, vuoi per gli inevitabili effetti sulla risignificazione del paesaggio urbano comportati dalla trasformazione del luogo in polo universitario.In stretta connessione con la nuova funzione di Santa Maria della Stella, il Consiglio Comunale approva la costituzione della società di capitali "Risorse per Orvieto s.p.a." cui viene affidata la gestione del complesso immobiliare della ex Caserma Piave. Il processo di avvio della società per azioni giunge a conclusione di una prima fase istituzionale e partecipativa, iniziata a marzo 2003 (all'indomani della riconsegna alla Città dell'ex Caserma), con un Consiglio Comunale "aperto" alle diverse rappresentanze sociali, economiche, imprenditoriali e culturali cittadine (luglio 2003), nel quale viene approvato il documento di indirizzo contenente le cinque linee-guida per la rifunzionalizzazione della ex Caserma Piave, riferibili alla creazione di altrettanti poli: quello del turismo e del tempo libero; il polo della salute e dei servizi alla persona; quello dei beni culturali; il polo delle attività produttive e tecnologiche e il polo dell’alta formazione.Tra l’altro si prevede la realizzazione di un sistema museale, cofinanziato dal Comune di Orvieto e costituito da un museo agro-alimentare, un museo dedicato all’educazione tecnologica e un Parco della memoria, nell’insieme concepiti come una semplice promenadecapace di offrire anche viste verso l’esterno, sulla città. E’ chiaro che la definizione del progetto avviene in una prospettiva di rilancio del ruolo del centro storico nel sistema Orvieto, attraverso un'operazione di riqualificazione urbana centrata sulla Caserma.In perfetta sintonia con la rappresentazione di Orvieto come città-sistema, la Provincia promuove il recupero del complesso medievale San Giovanni, prima convento, poi caserma, con il Palazzo del Gusto. La nuova destinazione in centro di promozione della cultura enogastronomica configura un plafond di funzioni integrate: sede della Strada del Vino Etrusco-Romana, luogo di incontro tra produttori agricoli e istituzioni per la promozione del marchio Orvieto, luogo nodale per la ricerca enogastronomica, sede per progetti di formazione universitaria e professionale nel settore enogastronomico e vetrina dei prodotti agroalimentari. Con questo progetto la Provincia si pone come soggetto promotore di processi di patrimonializzazione coerenti con le nuove istanze cittadine di riqualificazione del contesto, garantendo nel contempo la continuità di uno dei luoghi ideologici della città. Coerentemente con le finalità di riqualificazione della città storica e della sua immediata periferia, il Comune delocalizza attività produttive e commerciali, non più compatibili con le funzioni urbane, creando nuovi vuoti. Emblematico è il trasferimento della Mola Ioni nell’area industriale, cui fa seguito la demolizione degli edifici originari e la ricostruzione di un nuovo complesso edilizio a destinazione commerciale e residenziale. La nuova destinazione d’uso genera un conflitto tra il comune e la popolazione di Orvieto Scalo che preferirebbe trasformare l’area in spazio verde anche per migliorare la visione panoramica degli edifici esistenti. Anche il Mattatoio di Orvieto è delocalizzato e rifunzionalizzato nel 2001 con la nuova sede del Consorzio Agrario. Questo, dopo il trasferimento, è demolito e l’area è destinata nel 2004 al nuovo edificio scolastico.La Città degli Studi, del Gusto e dei vini, la città del buon vivere, non può che inscriversi in un ambiente rurale di alta qualità. In quest’ottica la Provincia promuove il progetto dell’Ecosito per il borgo agricolo abbandonato di Villa di Meana (Allerona). Il progetto, che verrà attuato con il sostegno scientifico del CNR e con il contributo della Comunità Montana Monte Peglia-
171
Selva di Meana e del comune di Allerona, coniuga, come già detto, la tutela e la valorizzazione di un ambito ad alto valore ambientale, che ha conservato caratteristiche di unicità dal punto di vista botanico e faunistico, con la rifunzionalizzazione del complesso agricolo di Villa di Meana in centro didattico, di ricerca, di sperimentazione e di produzione nell’ambito della filiera delle erbe tintorie (Fig. 82).
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175
FIG. 82 - LE COMPONENTI DEL MILIEU ATTIVATE DALLA PATRIMONIALIZZAZIONE NELLO SLoT ORVIETO CASTEL VISCARDO
ALLERONA
ALLERONA CASTEL VISCARDO
EX-LEBOLE
AREA EX MOLAIONI
EXOSPEDALESANTAMARIADELLASTELLA
EXCASERMAPIAVE
EXCONSORZIOAGRARIO
EXMATTATOIO
PALAZZO DEL GUSTO - COMPLESSO S. GIOVANNI
ECOSITOPODEREBELVEDERE DI MEANA
FONTI DI TIBERIO
Industriale
Agricolo
Turistico
Infrastrutturale
Commerciale e deiservizi
Occupazionale
Sociale
Culturale
Ambientale
Del Paesaggio edell'immagineterritoriale
* Forte presa sul milieu
Componenti del milieu attivate*
ORVIETO
Fig.82 - Le componenti del milieu attivate dalla patrimonializzazione nello slot Orvieto Castel Viscardo Allerona
177
4.8. SLoT ORVIETO-CASTEL VISCARDO-ALLERONA. VALORE AGGIUNTO E SOSTENIBILITA’ TERRITORIALI DELLA PATRIMONIALIZZAZIONE Le modalità di attivazione del patrimonio abbandonato prefigurano un valore aggiunto territoriale che va ben oltre il valore creato dalla rifunzionalizzazione delle singole aree dismesse. Infatti, gli interventi sono parte integrante di un progetto complessivo di reinterpretazione dell’identità urbana e territoriale finalizzata alla riqualificazione della città e all’attribuzione di nuovi significati al paesaggio. In sintesi, come si evince dalla figura 83 riferita ad alcuni progetti, gli aspetti che connotano il Vat connesso con la patrimonializzazione sono riconducibili:
� al riconoscimento dell’identità locale e dello spessore del milieu; � al radicamento territoriale delle azioni; � alla coerenza degli interventi con il progetto della città; � ad una territorializzazione endogena gestita dai soggetti istituzionali locali; � all’assunzione del ruolo pivot del Comune di Orvieto; � al ruolo promotore della Provincia; � all’apertura del sistema locale verso l'esterno; � alla nascita di nuovi soggetti istituzionali.
In definitiva, da una parte la società locale percepisce la ricchezza e lo spessore del patrimonio abbandonato e mette in campo tutta una serie di iniziative destinate a fare presa sul milieu storico, culturale, economico, sociale ed ambientale, dall’altra tenta di stabilire relazioni sinergiche all’interno della rete locale. Tuttavia, la mancanza di una rete allargata e rappresentativa di tutte le componenti sociali e l’avvio relativamente recente del recupero riducono in parte l’apporto della patrimonializzazione alla costruzione di sviluppo locale. Degna di interesse appare la sostenibilità culturale della maggior parte degli interventi, vuoi per il valore simbolico dei siti, vuoi per la capacità della patrimonializzazione di ricostruire i luoghi ideologici del paesaggio urbano (Santa Maria della Stella, San Giovanni) (fig.84). La riconversione è accompagnata dal riconoscimento dei nuovi spazi da parte della popolazione locale che se ne appropria facendoli diventare parte integrante del vissuto. Ciò è dovuto al fatto che le operazioni di recupero non sono frammentate, al contrario sono fortemente interconnesse con il progetto Orvieto favorendo l’identificazione degli abitanti con lo spazio urbano e rafforzando il sentimento di appartenenza Emblematico della sostenibilità ambientale creata da alcuni progetti di riconversione è infine la realizzazione dell’Ecosito, volto alla salvaguardia e alla valorizzazione di un ambito di particolare rilevanza ambientale.
179
FIG. 83 - IL VALORE AGGIUNTO DELLA PATRIMONIALIZZAZIONE NELLO SLoT ORVIETO CASTEL VISCARDO ALLERONA
Messa in rete di soggetti locali e sinergie derivanti
Attivazione risorse potenziali del milieu locale
1 EX-LEBOLE esogena positiva
*recupero di area industriale dismessa *nuove infrastrutture industriali *creazione di un incubatore di imprese *creazione di nuove aree industriali *localizzazione di nuove imprese *Riuso di un’area dismessa. La ristrutturazione mira ad ottenere una serie di moduli indipendenti, flessibili ed in grado di ospitare imprese nel settore dei servizi.
*attivazione di una rete che coinvolge il livello locale e sovralocale con prevalenza di attori istituzionali
*valorizzazione del tessuto produttivo locale *attivazione di componenti materiali e immaterialidel milieu industriale
2 AREA EX MOLAIONI
endogenapositiva
*recupero di un’area degradata *riqualificazione ambientale
*attivazione di sinergie della rete locale attraverso l'interazione tra attori pubblici e privati
*attivazione di componenti materiali del milieu, in un’ottica di miglioramento della qualità urbana in generale e residenziale in particolare
3EX OSPEDALE SANTA MARIA DELLA STELLA
endogenapositiva
Creazione di un polo universitario orvietano, recupero di un’area urbana dall’alto valore storico-artistico dismessa
Attivazione di sinergie di rete innovative a livello locale e sovralocale
*reinterpretazione innovativa di componenti materiali del milieu urbano dei servizi.
4 EX CASERMA PIAVE
endogenapositiva
*rifunzionalizzazione area dismessa *realizzazione di un sistema museale integrato *realizzazione di edilizia sociale e di laboratori per la ricerca e la didattica
*attivazione di sinergie della rete locale
* attivazione delle potenzialità culturali e identitarie del milieu culturale con forte radicamento territoriale
5 EX CONSORZIO AGRARIO
endogenapositiva
*riqualificazione delle funzioni urbane
*assenza di sinergie di rete. Operazione puntuale
*poche componenti materiali e immateriali attivate
6 EX MATTATOIO endogenapositiva
*riqualificazione delle funzioni urbane *assenza di sinergie di rete
*attivazione minima delle potenzialità materiali e immateriali del milieu locale
7
COMPLESSODEL SAN GIOVANNI -PALAZZO DEL GUSTO
endogenapositiva
*riconversione di un sito storico urbano dall’elevato valore storico-identitario
*attivazione di sinergie tra attori istituzionali e privati
*attivazione del milieu legato alla filiera agroalimentare tradizionale e del milieu del paesaggio urbano e dell'immagine territoriale
8 ALLERONA
ECOSITOPODEREBELVEDERE DI MEANA
endogenapositiva
9 C VISCARDOTERME DI TIBERIO esogena positiva
ORVIETO
Fig.83 - Il valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazine nello slot Orvieto Castel Viscardo Allerona
Progetti aree dismesse
Territorializzazione(endogena/esogenapositiva/negativa)
V.A. del progetto sul territorio
VA del territorio (VAT)
181
FIG. 84 - LA SOSTENIBILITÀ TERRITORIALE DELLA PATRIMONIALIZZAZIONE NELLO SLoT ORVIETO CASTEL VISCARDO
ALLERONA
ambientale sociale culturale
1 EX-LEBOLE
Gli interventi di ristrutturazione sono rivolti all’eliminazione degli elementi di degrado e rispondono ai criteri di qualità ambientale. Inoltre sono stati creati nuovi spazi verdi
Mobilitazione di attori pubblici e privati
2 AREA EX MOLAIONI
Ragioni di sostenibilità ambientale e paesaggistica hanno determinato la modifica del progetto originario, migliorandone la qualità ambientale
Recupero di un’area degradata con creazione di funzioni commerciali e di spazi di relazione e di aggregazione
La demolizione dell’area dimessa non incrementa la sostenibilità culturale
3EX OSPEDALE SANTA MARIA DELLA STELLA
Rispetto dei parametri imposti dalla legge nel recupero di un sito di età medievale, riqualificazione del paesaggio urbano
L’organizzazione di un polo universitario favorisce la capacità organizzativa locale e rafforza il capitale sociale
Promozione e valorizzazione dell’alta formazione Reinterpretazione e rafforzamento dell’identità locale
4 EX CASERMA PIAVE
Realizzazione di edilizia sociale per studenti per compensare l’aumento degli affitti degli edifici del centro storico
All’interno del più vasto progetto di riqualificazione urbana che riguarda l’area delle caserme, la città di Orvieto potrà dotarsi di un grande contenitore espositivo, formativo ed interattivo, realizzato secondo le linee più moderne didatticamente e tecnologicamente avanzate, capace di attrarre nuove correnti turistiche e di essere soggetto attivo nella ricerca di settore e nella sperimentazione
5 EX CONSORZIO AGRARIO Riqualificazione di un’area urbana Miglioramento della qualità del servizio
scolastico Miglioramento dell’immagine urbana
6 EX MATTATOIO Riqualificazione ambientale e territoriale Miglioramento dell’immagine territoriale
7
COMPLESSO DEL SAN GIOVANNI -PALAZZO DEL GUSTO
Riscoperta, tutela e valorizzazione di colture tradizionali, colture biologiche
*valorizzazione del capitale sociale *valorizzazione dell’associazionismo culturale
Riproduzione dei saperi; rafforzamento della razionalità e dell'identità locale
8 ALLERONAECOSITO PODERE BELVEDERE DI MEANA
9 C VISCARDOTERME DI TIBERIO
ORVIETO
Progetti aree dismesse
Fig.84 - La sostenibilità territoriale della patrimonializzazione nello slot Orvieto Castel Viscardo Allerona
183
CONCLUSIONI
L’analisi della soggettività locale dimostra che sono in atto nella provincia nuove modalità di organizzazione dei territori, diverse da quelle del passato. Si tratta di processi di ricomposizione territoriale che, senza creare nuovi livelli amministrativi, stanno delineando ambiti di aggregazione dei comuni, i quali se certamente sono influenzati da scelte e logiche sovralocali, appaiono però fondati su strategie di sviluppo condivise a livello locale. Sono i territori dell’azione collettiva, dati non tanto dalla semplice somma dei comuni coinvolti, quanto dal livello scalare al quale acquistano significato i progetti e le strategie degli attori, siano essi locali puri o trasversali o globali. E’ evidente insomma, nel processo di ricomposizione territoriale della provincia, il cambiamento intervenuto nella logica territoriale: non si tratta di aggregazioni di comuni predisposte all’interno delle normali logiche di governo del territorio, ma si tratta della formazione di ambiti di senso, in cui cioè acquistano significato i processi auto-organizzativi e le logiche dei soggetti operanti a scale diverse. In queste dinamiche la Provincia svolge un ruolo pivot, i cui caratteri sono riassumibili: nella capacità di trasformare un’azione di governo dall’alto in stimoli forti per dare vita a forme di concertazione e di cooperazione; nell’assunzione di un ruolo mediatore con il mondo globale, finalizzato all’adeguamento di risorse, idee e finanziamenti esogeni ai diversi contesti locali, nella capacità di creare condizioni favorevoli allo sviluppo di rapporti sociali, nell’elaborazione di una rappresentazione unitaria degli interessi, nella capacità di sostenere le azioni dal punto di vista tecnico, finanziario e organizzativo; nella capacità di collegare i progetti di valorizzazione del patrimonio locale alle politiche di sviluppo e nella convinzione che il governo del territorio debba mutuare stimoli dalle società locali. L’esame della progettualità territoriale ha consentito di individuare nell’ambito della provincia due sistemi territoriali locali (SLoT) più o meno funzionanti come tali: Terni- Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona e aree a più debole interazione tra i soggetti interpretabili come tracce di SLoT. Nel primo, costituito dall’area a maggiore intensità progettuale, il processo di formazione del sistema locale territoriale, avviene progressivamente, in tempi relativamente lunghi ed è in relazione all’affermazione del comune di Terni in soggetto del cambiamento e alla crescente capacità locale di intercettare risorse e finanziamenti esterni. Nel passato queste occasioni avevano generato un modello economico di dipendenza i cui limiti appaiono progressivamente chiari a partire dagli anni ’70 del Novecento. Dal decennio successivo si tenta di dare spazio a progetti di sviluppo che non “usino” il territorio come puro supporto di funzioni economiche eterodirette, con effetti dissipativi delle risorse locali, ma al contrario siano garanti della loro produzione e riproduzione. Attraverso la messa in campo di numerosi progetti, i soggetti istituzionali locali indirizzano il modello di sviluppo verso una maggiore autonomia e una maggiore responsabilizzazione degli attori locali. Questi dimostrano di saper apprendere e di saper condividere il disegno comune, finalizzato alla costruzione dei nuovi assi di sviluppo nei campi del cinema-multimediale, dell’università e del turismo. Oggi, occorre riconoscere la capacità della rete locale di operare come un attore collettivo, anche se più che il risultato di una auto-organizzazione spontanea, ciò appare la conseguenza delle azioni degli attori istituzionali, in particolare la Provincia, il Comune di Terni e il Comune di Narni, capaci di gestire in maniera efficace le proprie competenze e i propri strumenti di governo, attori che da tempo hanno dimostrato di avere interessi comuni e medesime finalità. Peraltro, se è vero che nell’interazione tra i soggetti del sistema gioca un ruolo importante la presenza di istituzioni particolarmente dinamiche è anche vero che nei meccanismi di cooperazione intersoggettiva intervengono anche altre “forze”, come la prossimità culturale, cioè il sistema dei valori e delle credenze che distinguono il territorio locale e che affondano le
184
proprie radici nella cultura industriale, all’interno della quale è maturato un sistema di risorse, attori e connessioni, in grado di creare sapienze, competenze, sinergie e organizzazioni utili nell’attuale fase di svolta. I campi di intervento ai quali si rivolgono le politiche e i progetti dello SLoT Terni-Narni sono numerosi e rivelano una generale capacità di autorappresentazione di tutte o quasi le potenzialità locali, sia di quelle esplicite ed addirittura note, sia di quelle latenti, ovvero dimenticate. Basti pensare ai progetti miranti a valorizzare il Nera e la cascata delle Marmore, guardati nell’ultimo secolo solo come risorse energetiche e industriali ed ora reinterpretati anche come beni ambientali volti a soddisfare la domanda interna ed esterna di natura e divertimento. Ciò denota il grado di “presa” stabilito dai soggetti territoriali sul patrimonio locale e documenta la capacità della rete locale di avviare una nuova fase di territorializzazione che, senza rinnegare il passato industriale, fa leva su nuove prospettive di sviluppo. Nel passaggio da una territorializzazione industriale ad una nuova fase di costruzione del territorio il sistema ha corso il rischio della marginalizzazione e dell’oblio delle componenti del milieu depositate sul territorio in secoli di storia industriale. La reinterpretazione dei sedimenti materiali e immateriali del milieu in chiave multimediale, cinematografica, turistica e formativa da parte dei progetti e delle politiche di valorizzazione del territorio ha immesso tali componenti in un nuovo ciclo di valore, assicurando la riproduzione e la continuità del sistema. Tali capacità del sistema locale di auto-organizzarsi e di inscrivere le componenti del milieu in una strategia comune del territorio finalizzata al rilancio della competitività locale consente di parlare di aumento del valore aggiunto territoriale e di produzione di sviluppo locale. Nello SLoT Orvieto Castel Viscardo Allerona, il primo dato che emerge dall’analisi della rete locale è il periodo relativamente recente in cui questa si afferma sulla scena della valorizzazione territoriale sovracomunale. Ciò spiega la minore aggregazione della progettualità rispetto allo SLoT Terni-Narni, la più limitata ampiezza e diversificazione della rete e pertanto il carattere ancora “incompleto” del sistema locale territoriale. Ciò non di meno, alcuni soggetti territoriali svolgono un ruolo propulsivo nella costruzione di sinergie e nell’individuazione delle componenti del milieu suscettibili di prese per lo sviluppo locale. In particolare si distingue il ruolo della Provincia, presente in quasi tutti i progetti e promotrice di molti di essi, del Comune di Orvieto, che in alcuni casi travalica i confini dello SLoT e investe la scala comprensoriale e della Comunità Montana Monte Peglia Selva di Meana che partecipa attivamente a gran parte delle iniziative. Peraltro i progetti del sistema orvietano denotano l’esistenza di iniziative plurime di valorizzazione del territorio che, se non raggiungono le forme di valorizzazione complessa del sistema ternano-narnese, ciò non di meno appaiono capaci di declinare in diversi modi il patrimonio territoriale locale e di inserirlo in una strategia unitaria di rilancio competitivo. Tali capacità del sistema di “aggiungere” risorse al milieu determinandone un ispessimento e di inserire i progetti in una strategia unitaria migliora la capacità della rete locale di produrre sviluppo locale. All’interno di queste dinamiche, quale ruolo svolgono i processi di patrimonializzazione delle aree dismesse? Qual è il contributo dato all’eventuale produzione di sviluppo locale? Se è vero che l’attuale dibattito sulle aree dismesse dà ormai per attuato il passaggio da una visione di questi spazi da problema a risorsa, da spazi vuoti a spazi pieni di storia, di valori e di potenzialità, da aree di degrado a occasioni di riqualificazione urbana, è anche vero che sul piano dell’esperienza questo passaggio si presenta tuttora gremito di rischi. Un rischio è ben noto: nell’attribuire nuove funzioni alle aree dismesse il valore storico-culturale è spesso in concorrenza con il loro valore economico, derivante essenzialmente dalla rendita urbana (Scarpocchi, 2003). Se in una prospettiva economica il valore fondiario dell’area ne sollecita il recupero speculativo, in una visione storico-culturale l’area appare come un bene che corre il rischio di una perdita immateriale ben più grave di saperi, conoscenze e stili di vita
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unici e irripetibili. Nei casi in cui il riuso si orienta verso le soluzioni più vantaggiose dal punto di vista economico, il patrimonio è trattato come un qualsiasi lotto fondiario e la valorizzazione è lasciata ai meccanismi del mercato, mentre la salvaguardia dei valori storico-culturali assume tutto al più la veste di un’operazione estetica, come nei Docks londinesi (Scarpocchi, 2003). Un altro rischio, strettamente connesso con il primo, deriva dall’attivazione di processi di semplice valorizzazione. In alcune aree, le iniziative intraprese e i processi di patrimonializza-zione attivati non sono connessi con le politiche di rilancio della competitività territoriale. In altre, al contrario, sono intimamente collegati e appaiono come risorse per operazioni finalizzate al riposizionamento competitivo dei sistemi territoriali. Gli esiti e i processi che però tali connessioni possono innescare sono differenti e per certi versi contraddittori. In alcuni casi prefigurano operazioni riduttive di semplice valorizzazione territoriale come nelle operazioni di marketing territoriale, in altri invece i processi di patrimonializzazione delle aree dismesse sono centrali nel favorire le ben più complesse dinamiche dello sviluppo locale. La semplice valorizzazione è un processo reversibile che regredisce con la scomparsa delle condizioni esterne che lo hanno prodotto, per esempio diminuzione della domanda, cambiamenti nella cultura generale ed altri mutamenti a livello globale. Non richiede la presenza di sistemi locali con capacità auto-organizzative. Al contrario, queste sono richieste dalle dinamiche dello sviluppo locale, in cui le condizioni locali decisive non sono quelle date, ma quelle prodotte nel processo auto-organizzativo del sistema locale (Dematteis, 2003). Là dove le aree dismesse diventano “prese” per lo sviluppo locale, vengono iscritte in una logica capace di trasformare le ragioni della cultura e quelle dell’economia in ragioni comuni. In questa prospettiva il problema non è più quello di scegliere questa o quella via per innalzare la competività urbana. L’obiettivo si sposta sull’attivazione di giochi a somma positiva capaci di soddisfare la molteplicità degli interessi e delle rappresentazioni che contribuiscono a formare un sistema locale territoriale. In quanto “prese” per lo sviluppo locale, le aree dismesse diventano potenzialità da spendere nei processi di auto-organizzazione locale, luoghi in cui sperimentare innovazioni sociali e territoriali e al tempo stesso risorse non rinnovabili, utilizzabili per ricostruire la qualità del territorio nella consapevolezza della loro limitata disponibilità Vanno in questa direzione i processi di patrimonializzazione delle aree dismesse dei sistemi Terni-Narni e Orvieto-Castel Viscardo-Allerona, in cui i temi della patrimonializzazione coincidono in gran parte con i temi della trasformazione territoriale, cosa che consente di avanzare ipotesi sull’esistenza nella Provincia di Terni di una rilettura di questi beni capace di immetterli in un nuovo ciclo di produzione di valore, dopo un periodo di oblio durante il quale non sono stati percepiti come risorse potenziali del milieu. Anzi si può ritenere che l’affermazione dei temi territoriali del cinema, del multimediale e dell’università avvenga attraverso la riconversione di siti industriali dismessi in studi cinematografici, videocentri e sedi universitarie. In altri termini, i processi di patrimonializzazione appaiono strettamente collegati con le dinamiche territoriali dei due SLoT, nel senso che le aree dismesse si configurano come occasioni per condurre operazioni complesse di riqualificazione urbana e di ridefinizione dell’identità locale, per praticare la conservazione attiva del patrimonio storico e per sperimentare nuovi percorsi di sviluppo.Nel sistema Terni-Narni la presenza delle aree dimesse, originariamente “ingombrante”, innesca negli ultimi anni processi di patrimonializzazione strategici per la produzione di sviluppo locale. Oltre a rendere il milieu più dinamico e disponibile per una sua rilettura da parte della rete locale i progetti di rifunzionalizzazione contribuiscono a creare un clima di fiducia nelle istituzioni locali promotrici del recupero e nella loro capacità di gestire il cambiamento a favore del territorio.
186
Questo clima genera un effetto propulsivo che si autoalimenta, favorendo la cooperazione, l’estensione della rete locale e la sua stabilità. La pluralità degli attori contribuisce ad incrementare la complessità della rete e nel contempo a promuovere l’apertura del sistema verso l’esterno. Ciò da una parte porta ad un aumento della conflittualità potenziale per il moltiplicarsi degli interessi e delle razionalità e dall’altra sollecita la soluzione dei conflitti, che si gioca, come si diceva, sul ricorso ai nuovi strumenti della pianificazione, in particolare ai programmi complessi. Merita attenzione la capacità della patrimonializzazione di dotare il sistema territoriale di una infrastruttura culturale volta a favorire il riconoscimento delle potenzialità del milieu e pertanto a rafforzare l’interazione circolare tra soggetti locali e milieu. Svolgono questo compito soprattutto i progetti di archeologia industriale, il cui ruolo è quello di valorizzare la memoria e l’identità industriale in vista del futuro, prendendo coscienza dei traguardi raggiunti grazie all’industria in termini di centralità, progettualità, modernità, modelli culturali, conoscenze tecniche, esperienze di lavoro e di organizzazione acquisiti. L’esposizione al pubblico della Grande Pressa costituisce un caso eclatante di ispessimento del milieu, in quanto favorisce l’apprezzamento di componenti finora ritenute prive di valore patrimoniale. Attraverso la valorizzazione culturale, la rete locale riconosce il bagaglio di cui il sistema dispone e dal quale parte per nuove strade: il multimediale, il cinema, l’università e il turismo in un disegno complessivo che tende a realizzare coerenza e sinergie tra le diverse sfere, intorno ad una nuova idea di città. In questo processo giocano un ruolo fondamentale alcuni soggetti. Emerge il ruolo del Comune di Terni che agisce come soggetto promotore ad un livello scalare che supera il raggio di azione istituzionale. Il Comune di Terni può essere considerato un soggetto storico, nel senso che almeno dagli anni Settanta svolge un ruolo attivo capitalizzando le esperienze che è venuto maturando soprattutto nel campo dell’urbanistica. Essendo un soggetto con consolidate tradizioni di governance usa le politiche urbane come uno strumento di interazione con la società locale. Particolarmente significativo è il clima di collaborazione che instaura con il Comune di Narni, che porta a rappresentare la conca ternana come un sistema territoriale unitario nel quale sperimentare pratiche patrimoniali condivise. Un altro soggetto leader è la Provincia di cui merita di essere sottolineata la capacità di utilizzare la conoscenza del territorio come strumento dell’agire territoriale. Negli ultimi anni la mobilitazione della rete è sostenuta dalla nascita di nuovi attori, come il Consorzio per lo sviluppo delle aree industriali e l’Osservatorio chimico provinciale di Terni, che su fronti diversi stabiliscono buone relazioni di presa sul milieu Nel sistema Orvieto-Castel Viscardo-Allerona, le modalità di attivazione del patrimonio abbandonato prefigurano un valore aggiunto territoriale che va ben oltre il valore creato dalla rifunzionalizzazione delle singole aree dismesse. Infatti, gli interventi sono parte integrante di un progetto complessivo di reinterpretazione dell’identità urbana e territoriale finalizzata alla riqualificazione della città e all’attribuzione di nuovi significati al paesaggio. Gli aspetti che connotano il Valore aggiunto territoriale creato dalla patrimonializzazione sono riconducibili: al riconoscimento dell’identità locale e dello spessore del milieu, al radicamento territoriale delle azioni, alla coerenza degli interventi con il progetto della città, ad una territorializzazione endogena gestita dai soggetti istituzionali locali, al ruolo pivot del comune di Orvieto, alla funzione promotrice della Provincia, all’apertura del sistema locale verso l'esterno e alla nascita di nuovi soggetti istituzionali. In sintesi da una parte la società locale percepisce la ricchezza e lo spessore del patrimonio abbandonato e mette in campo tutta una serie di iniziative destinate a fare presa sul milieu storico, culturale, economico, sociale ed ambientale, dall’altra tenta di stabilire relazioni sinergiche all’interno della rete locale. Tuttavia, la mancanza di una rete allargata e
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rappresentativa di tutte le componenti sociali e l’avvio relativamente recente del recupero riducono in parte l’apporto della patrimonializzazione alla costruzione di sviluppo locale. Degna di interesse appare la sostenibilità culturale della maggior parte degli interventi, vuoi per il valore simbolico dei siti, vuoi per la capacità della patrimonializzazione di ricostruire i luoghi ideologici del paesaggio urbano. Le operazioni di recupero sono accompagnate dal riconoscimento da parte della popolazione locale dei nuovi spazi diventati parte integrante del vissuto. Ciò è dovuto anche al fatto che tali operazioni non sono frammentate, al contrario sono fortemente interconnesse con il progetto Orvieto favorendo l’identificazione degli abitanti con lo spazio urbano e rafforzando il sentimento di appartenenza.
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